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La prevenzione degli infortuni alla caviglia attraverso l´allenamento

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La prevenzione degli infortuni alla caviglia attraverso l´allenamento
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO
FACOLTA’ DI SCIENZE MOTORIE
corso di laurea triennale in scienze motorie, sport e salute
( l-22)
La prevenzione degli infortuni alla caviglia
attraverso l’allenamento propriocettivo
nella pallavolo.
Tesi di laurea di: ALICE BORTOLI
matricola: 745404
relatore: Prof. WALTER RAPETTI
ANNO ACCADEMICO 2010/2011
1
INDICE:
1. Introduzione .................................................................................................... 1
2. Traumi e lesioni della caviglia ....................................................................... 2
2.1 Anatomia della caviglia................................................................................................ 2
2.2 Distorsione dell’articolazione tibio-tarsica ..............................................................2
2.3 Fattori di rischio ...............................................................................................................4
2.4 Dati e percentuali ...........................................................................................................5
3. La prevenzione .....................................................................................................................7
4. L’allenamento propriocettivo .........................................................................................9
4.1 Cos’è la propriocezione? .............................................................................................9
4.2 La propriocezione di piede e caviglia .....................................................................12
4.3 Come la propriocezione può prevenire gli infortuni alla caviglia? .................13
4.4 Preparazione e strutturazione dell’allenamento propriocettivo .......................15
4.5 Dati sperimentali sull’efficacia della prevenzione propriocettiva ....................18
5. Esercizi propriocettivi per la prevenzione della caviglia ..................................20
5.1 Esercizi generali a carico naturale senza tavolette propriocettive.................21
5.2 Esercizi generali a carico naturale con tavolette propriocettive .....................22
5.3 Esercizio specifici a carico naturale con tavolette propriocettive ....................24
6. Conclusione .........................................................................................................................26
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1. INTRODUZIONE
Molto spesso, durante la pianificazione e programmazione annuale degli obiettivi
delle varie sessioni degli sport di squadra, si viene sopraffatti dalla paura della
mancanza di tempo, e vengono tralasciati aspetti dell’allenamento molto importanti,
erroneamente considerati secondari. Primo tra tutti la prevenzione.
La prevenzione, e il calcolo di determinati rischi sono argomenti che coinvolgono
varie figure all’interno di una squadra: il preparatore atletico, l’allenatore, il medico
sportivo e il fisioterapista. Attraverso la collaborazione reciproca tra staff tecnico e
staff medico bisogna riuscire a trovare un giusto equilibrio tra performance e
riduzione degli infortuni.
In uno sport come la pallavolo, gli aspetti dinamici e meccanici, espongono
costantemente l’atleta a rischio di sovraccarico funzionale e, talvolta, a eventi
traumatici; lo scopo della prevenzione è quindi mettere in sicurezza, o eliminare, una
o più cause che possono generare un dato infortunio.
La patologia traumatica più frequente in questo sport è la distorsione tibio-tarsica,
che incide tra il 17 e il 61%. È stato calcolato da alcuni autori norvegesi che il rischio
di distorsione alla caviglia è circa di 1 su 1000ore di attività, ed è 4 volte superiore in
partita che in allenamento. Inoltre il rischio di recidiva è 3,8 volte superiore rispetto
all’articolazione sana.
“Il piede è la piattaforma di un pallavolista”: incide sulla reattività in base alla sua
stiffness, sui cambi di direzione frontali e laterali e sul caricamento del salto grazie
alla flesso estensione e alla forza dell’asse sagittale e frontale. Ed è proprio dal piede
che si può cominciare a lavorare, attraverso la riproduzione di situazioni di instabilità
e la stimolazione degli organi ricettoriali contenuti nelle zone legamentose, capsulari,
muscolari e tendinee dell’articolazione della caviglia che informano i centri superiori
sulla posizione dei segmenti corporei nello spazio, in fase sia statica che dinamica.
3
2. TRAUMI E LESIONI DELLA CAVIGLIA
2.1 Anatomia Della Caviglia
La caviglia è un trasduttore di movimento di cui l’astragalo rappresenta il fulcro, le
coppie di forza sono muscolo tendinee (tricipite surale,peronei e tibiali), mentre la
stabilità di questa articolazione è assicurata dalla capsula e dai legamenti. Sono
proprio le lesioni capsulo-legamentose della caviglia che rappresentano una delle
patologie traumatiche più comuni, e nonostante siano spesso considerate banali, a
volte lasciano postumi invalidanti o portano a instabilità croniche.
Sulla parte anteriore e posteriore del piede, le strutture capsulo-legamentose sono
sottili per permettere i movimenti di flesso-estensione, si inspessiscono poi su
ciascun lato formando: il legamento collaterale mediale o deltoideo, che si inserisce
sul malleolo mediale e si estende con molti fasci verso il basso per connettersi hai
legamenti di sostegno dell’arco plantare del piede, e il legamento collaterale laterale,
suddiviso in tre rami principali (peroneo-astragalico anteriore,peroneo-astragalico
posteriore e peroneo-calcaneare)
2.2 Distorsione Dell’articolazione Tibio-Tarsica
La caviglia è un complesso articolare instabile, sottoposto a intense sollecitazioni che
tendono a condizionarne le rotazioni assiali e a spingerla in varo forzato (in fuori) e
in valgo forzato(in dentro), quindi l'evento distorsivo è dovuto a delle forze esterne
che sovraccaricano,nelle posizioni estreme, le strutture osteo-legamentose che
vigilano sulla stabilità articolare, è quindi la perdita momentanea ed incompleta dei
rapporti articolari fra due capi ossei.
4
La caviglia ha un range articolare in flesso-estensione di 70°, dei quali 40° di dorsiflessione e 30° di flessione plantare.
L’inversione e l’eversione hanno una modesta ampiezza. L’inversione associa
flessione plantare, supinazione e rotazione interna del piede, mentre l’eversione
associa flessione dorsale, pronazione e rotazione esterna del piede.
L’85% dei meccanismi lesivi avviene in inversione.
La classificazione delle lesioni legamentose viene illustrata in tabella.
Grado
0°
1°
2°
3°
Clinica
-modesta tumefazione
-talvolta piccolo ematoma
laterale
-dolenzia premalleolare
Laterale
-tumefazione laterale
crepitante con ematoma
-dolore angolo peroneotibiale
-carico con dolore
-ematoma laterale-mediale
-dolore sotto e premalleolare
-aumento mobilità laterale
-zoppia
-edema+ematoma angolo
tibioperonale anteriore
-dolore varizzato
-cassetto astragalgico
-non appoggio del piede
Radio dinamiche
Anatomia
Varo
anteropulsione
patologia
10°
5mm
Non rotture
legamentose
10°-15°
8mm
Rottura isolata
PAA
20°-25°
10-15mm
Rottura
PAA+PC+AC
30°
15mm
Rottura
PAA+PC+PA
±AC interosseo
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2.3 Fattori Di Rischio
La prevenzione delle lesioni sportive dipende dalla quantità e dal tipo di fattori di
rischio che concorrono a generare l’infortunio.
Nella pallavolo le modalità traumatiche possono avvenire con o senza contatto fisico:
consideriamo il contatto fisico un’azione che prevede che il piede appoggi
totalmente, o parzialmente, sopra il piede di un altro atleta, o che comunque venga a
contatto con altre basi in equilibrio instabile, o precario (come la ricaduta da un salto).
Il maggiore rischio endogeno di una disciplina sportiva è determinato dalla ripetizione
del suo gesto atletico nel tempo, soprattutto se eseguito in maniera errata.
Nella pallavolo il gesto che si ripete il maggior numero di volte è il salto, la peculiarità
sportiva determina un fattore di rischio verso un determinato infortunio che si chiama
incidenza.
In relazione a questo si possono individuare vari tipi di fattori di rischio esogeni:

Il contrasto con l’avversario: azione che può essere involontaria, ma che se
svolta a grandi velocità può generare infortuni gravissimi, non per niente il
50% degli infortuni avviene durante azioni di muro, mentre il 30% durante
azioni di attacco, quindi senza contatto fisico.

Lo stato psichico dell’atleta: questa condizione rappresenta “the last drop”,
ossia, l’ultima e definitiva causa di tante situazioni. La mancanza di
autocontrollo, l’impazienza, la rabbia e il poco fair play possono
deconcentrare e influenzare sia le situazioni di gioco che l’integrità fisica
dell’atleta.

Le condizioni ambientali: caldo e umidità aumentano il rischio di traumi
discorsivi alle caviglie e la condizione del terreno di gioco, soprattutto negli
sport indoor, rappresenta una delle principali fonti di preoccupazione (terreno
accidentato, pavimento scivoloso, mancanza degli spazi di sicurezza, etc…)
6

Lo stato fisico dell’atleta: la condizione organica e la struttura fisica. Una
condizione organica poco allenata o stanca può causare un movimento
ritardato, un gesto mal controllato o pericolose situazioni di disequilibrio e
instabilità, a cui il corpo non è in grado di rispondere o di fornire la resistenza
adeguata. La struttura fisica, inoltre, può risultare più o meno adeguata a
certi tipi di movimento o di azioni, in relazione anche al passato traumatico
dell’atleta, all’età e al sesso (fattori che influiscono sulla stabilità delle
articolazioni).
La predisposizione a certi tipi infortuni dipende anche da fattori che vengono spesso
definiti secondari come il dormire poco o male, e quindi stanchezza e irritabilità, il
consumo di alcolici, il tabagismo, una dieta disequilibrata e il sovrappeso sono tutti
fattori che mettono in pericolo la sicurezza e l’integrità dell’atleta.
2.4 Dati e Percentuali
Grazie a degli studi effettuati da “sport and reacreation Victoria“(1996/1999), De Loes
(1995),” Sydney Health service”, Bhairo (1992), Chan (1993), Solgard (1995), Kujala
(1996), Yttersta (1996), Schafle (1992), Watkins (1992), Aagaard (1996), Bahr
(1997),su giocatori di pallavolo di differenti età, sesso e livello, si è potuto affermare
che:

La fascia d’età più colpita è tra i 25 e i 29 anni (22% dei traumi) seguita dai 1519 anni (18.2%), 20-24 anni (15.5%) e infine 10-14 anni (12.4%)

Il rischio di infortunio, su 10.000 ore di pratica, è più alto nelle femmine che
nei maschi di età compresa tra i 14 ed i 20 anni ( rank 3,8:3). Ulteriori studi
non hanno trovato differenze così significative tra uomini e donne,
probabilmente dovuto a fattori come il numero delle ore di allenamento e il
livello di gioco.
7

Gli infortuni maggiormente riscontrati nei bambini sono: lesioni muscolari o
legamenti (70%), contusioni (20%), fratture (5.5%), lussazioni (4%). Negli
adulti: lesioni muscolari o tendinee (72%), fratture (10%), contusioni (8%),
lussazioni (3%)

La parte anatomica maggiormente lesa è la caviglia (17/71%), seguita dal
ginocchio (6.1/59%), mani e dita (8/44%) e spalla (2/23.2%).
La maggior parte degli infortuni avviene sottorete, essendo 3 volte più pericoloso che
trovarsi in seconda linea, la maggior incidenza avviene nelle zone 3 e 4, dove si sono
registrati i 2/3 degli infortuni avvenuti (68% di tutte le distorsioni alle caviglie), la
difesa incide solo sul 6-10%, e l’alzata sul 2-4%
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3. LA PREVENZIONE
Dopo aver individuato ed analizzato i vari fattori di rischio di una determinata
disciplina sportiva, nel nostro caso della pallavolo, la prevenzione ha il compito di
cercare di eliminare, o per lo meno ridurre, la maggior parte delle cause
predisponenti l’infortunio.
Attraverso la prevenzione si cerca di impedire che qualcosa avvenga, o come già
detto, di diminuirne la frequenza. Si cerca quindi di gettare delle basi sulle quali si
potrà poi andare ad edificare; è sempre meglio prevenire che trattare un infortunio
già avvenuto, in quanto obbliga l’atleta a un periodo di inattività, a eventuali
limitazioni permanenti a carico delle strutture o alla perdita di eventuali capacità.
Possiamo indicare due direzioni nelle quali la prevenzione svolge il suo compito: una
collettiva, che dopo analisi e studi dei vari sport ha portato alla modifica di alcuni
regolamenti tecnici, con lo scopo di eliminare situazioni pericolose; l’altra individuale,
quindi caratteristica per ogni sport e riguarda metodi sia passivi che attivi.
Tra i metodi passivi, che sono indicati per ogni attività sportiva, vi è:

La visita di idoneità sportiva: valutazione clinica dell’atleta per accertarne
l’idoneità specifica alla pratica di un determinato sport.

Una corretta alimentazione: permette un equilibrato apporto proteico, lipidico e
glucidico in base al fabbisogno energetico del singolo atleta.

Le protezioni individuali: il bendaggio preventivo, eseguito da personale
esperto per evitare problemi di circolazione o fastidiose piaghe; un
abbigliamento adeguato, soprattutto le calzature, per le quali non bisogna
lasciarsi influenzare dall’apparenza nel momento dell’acquisto, ma devo
essere scelte in base alle caratteristiche della scarpa in relazione al proprio
piede.
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La prevenzione attiva invece è più specifica per ogni sport, e indirizzata verso gli
infortuni più frequenti in una data disciplina.
Il primo elemento su cui lavorare è l’allenamento, sia tecnico che fisico, per
migliorare l’equilibrio fra i vari gruppi muscolari e la coordinazione tra i vari segmenti
motori, inoltre il potenziamento di certi tipi di muscoli aumenta la stabilità corporea e il
suo controllo. Bisogna anche valutare il giusto equilibrio dei carichi di lavoro, e quindi
un giusto rapporto tra lavoro e recupero e variazione in genere dei carichi, dando la
giusta importanza al giorno di riposo. La prima prevenzione è una buona
pianificazione dell’allenamento.
Tutti questi sono fattori che possono portare a sovraccarico, a uno stress fisico e a
una stanchezza tale da aumentare situazioni pericolose e quindi la possibilità di
infortunio.
Inoltre, è importante lavorare sull’atteggiamento mentale e sulla rieducazione
posturale, elementi spesso considerati secondari, me che possono fare la differenza.
Più specificatamente, per quanto riguarda la distorsione alla caviglia nella pallavolo,
ci sono tre importanti binari sui quali concentrare l’allenamento preventivo, oltre a
quelli già citati:
1. La programmazione di esercizi con restrizioni nella “zona calda”, cioè la zona
sotto rete, quindi l’introduzione e l’utilizzo di esercizi con lo scopo di stimolare
la diminuzione di invasioni sotto rete, e quindi diminuire la grande quantità di
lesioni che avvengono in questa zona.
2. Le esercitazioni per stabilizzare le caviglie (esercizi di forza in flessoestensione e in eversione e inversione).
3. Gli allenamenti propriocettivi, che verranno approfonditi in seguito, attraverso
l’utilizzo di materiale disequilibrante con la funzione di allenare situazioni di
instabilità, cioè con appoggio variabile.
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4. L’ALLENAMENTO PROPRIOCETTIVO
4.1. Cos’è la propriocezione?
La propriocezione è il senso dei muscoli (gli occhi hanno la vista, le mani il tatto, le
orecchie l’udito …etc…), è il nostro sesto senso, capace di fornire informazioni riferite
al nostro corpo in movimento nello spazio.
La sensibilità propriocettiva è una rete nervosa separata da quella del tatto, del
dolore e della temperatura, raccoglie informazioni solo da tendini, muscoli e
articolazioni; questa quantità e qualità di dati ci permette di essere a conoscenza
dell’esatta posizione del corpo, dello stato di contrazione dei muscoli e anche della
velocità e direzione dello spostamento degli arti e della testa. Tutti ne sono dotati,
però in maniera differente.
Della propriocezione iniziò a parlarne un certo Charles Scott Sherringston nel 1906, e
dal quel momento sono stati fatti grandi passi in avanti nello studio di questo “sesto
senso”; purtroppo però gli agi della vita moderna, la mancanza di giochi naturali e il
continuo sviluppo della tecnologia, hanno portato l’uomo a crescere in un sistema
propriocettivo sottosviluppato, e quindi a una perdita della consapevolezza del
proprio corpo.
Questa percezione del nostro corpo nello spazio, o dei suoi movimenti, anche minimi,
è regolata da un meccanismo di relazione fra endocettori, esterocettori e il sistema
nervoso centrale, che formano il sistema-tonico-posturale. Attraverso le informazioni
dei recettori posturali con funzione estero e propriocettiva, il sistema nervoso centrale
viene informato e invia una risposta posturale specifica per ogni momento
determinato, modificando le catene muscolari e quindi gli equilibri osteo-articolari.
Gli esterocettori informano sulla nostra posizione in rapporto all’ambiente esterno,
captano le informazioni che provengono da fuori, e le inviano al sistema-tonicoposturale. Gli esterocettori universalmente riconosciuti sono fondamentalmente tre:
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1. I recettori labirintici, situati nel vestibolo, complesso sistema di recettori
dell’equilibrio collocato nella parte interna dell’orecchio. Questi recettori hanno
il compito di mandare informazioni riguardo alla posizione del capo in rapporto
alla verticale gravitaria.
L’entrata vestibolare è formata da due sistemi, uno semicircolare, sensibile
alle variazioni angolari, che si occupa quindi delle rotazioni del capo, e
interviene nell’equilibrio dinamico, in quanto la soglia minima di sensibilità alle
alterazioni, dei tre canali arciformi semicircolari, è superiore alle variazioni
oscillatorie del sistema posturale fine.
E un sistema otolitico, contenuto in due vescicole (sacculo e utricolo) sensibili
alla gravità e alle accelerazioni lineari, che partecipa alla regolazione posturale
fine. In qualunque caso queste informazioni devono essere paragonate e
confrontate con quelle propriocettive che ci permettono di sapere la posizione
del tronco rispetto al capo e quella del tronco rispetto alle caviglie, e
soprattutto le informazioni di pressione podalica, perché vengano poi
interpretate dal sistema-tonico-posturale.
2. I recettori visivi, situati nell’occhio.
L’entrata visiva,attiva solo per distanze di massimo 5 metri, attraverso la
retina permette la stabilità posturale per i movimenti antero-posteriori, grazie
alla visione periferica, e per i movimenti laterali, grazie alla visione centrale.
Le informazioni visive, per essere interpretate devono essere comparate con
quelle vestibolari e quelle di pressione plantare.
3. I recettori plantari del piede, che permettono di localizzare l’insieme della
massa corporea in rapporto con l’ambiente, in funzione delle misure di
pressione a livello della superficie cutanea plantare. La pianta del piede è
ricca di ricettori e possiede una soglia di sensibilità molto elevata, si comporta
quasi come una piattaforma stabilometrica.
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Queste informazioni sono le uniche che derivano da un recettore fisso, che è
sempre in diretto contatto che un ambiente esterno immobile: il suolo. Le
terminazioni nervose stimolate durante il mantenimento della stazione eretta e
il movimento fanno si che il piede venga considerato un vero e proprio organo
posturale e uno straordinario informatore del cervello.
Gli endocettori sono invece recettori sensitivi che informano il sistema tonicoposturale su quello che succede all’interno del corpo, in particolar modo informano
sulla posizione degli esocettori cefalici in relazione con quelli podalici.
Questo gruppo di recettori può essere suddiviso a sua volta in due grandi gruppi: i
recettori propriocettivi e i recettori enterocettivi o viscerali. I secondi provengono
dall’ambiente interno e profondo, mentre i primi hanno una funzione molto più
complessa.
I recettori propriocettivi, o propriocettori, sono terminazioni nervose con il compito di
inviare informazioni al sistema nervoso; gli stimoli vengono percepiti da particolari
recettori situati all’interno dei muscoli, dei tendini e delle capsule articolari. Le
terminazioni generano impulsi nervosi che vengono quindi trasmessi al midollo
spinale, qui possono fermarsi, per la determinazione dei riflessi spinali, oppure
possono proseguire fino a altre zone del midollo spinale, o fino al cervello, per la
determinazione di funzioni specifiche.
I propriocettori hanno quindi una funzione importante nel controllo delle contrazioni
muscolari, e dell’apparato locomotore in generale; questo controllo avviene grazie a
determinati tipi di recettori, localizzati nei muscoli, tendini e articolazioni:
1. I fusi neuromuscolari, distribuiti nel corpo muscolare. Sovrintendono il riflesso
da stiramento, nel senso che se un muscolo è allungato improvvisamente,la
parte mediana del fuso è stirata, e invia direttamente un segnale al midollo
spinale, eccitando così le cellule nervose motrici che controllano le fibre
intorno al fuso.
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Quindi la risposta a un eccessivo allungamento è una contrazioni riflessa che
si oppone in automatico allo stiramento.
2. Gli organi tendinei del Golgi, posti nei tendini. Sovrintendono il riflesso
tendineo, o di stiramento inverso, rilevando l’entità della tensione e inviando
tale informazione al midollo spinale e al cervelletto A loro volta i centri nervosi
usano questa informazione per aggiustare con precisione la tensione.
3. I corpuscoli del Ruffini e del Pacini, recettori cinestetici situati nella capsule
articolari. Sovrintendono il riflesso tendineo come gli organi tendinei del Golgi
Attraverso la relazione delle varie informazione dei vari recettori, si creano come
delle entrate di informazioni, tra le più importanti l’entrata oculo-motrice, che permette
di comparare informazioni sulla posizione fornite dalla visione, con quelle
dell’orecchio interno, grazie ai sei muscoli oculo-motori, che assicurano la motricità
del globo oculare. L’entrata rachidea invece, informa il sistema posturale sulla
posizione di ogni vertebra e quindi sulla tensione di ogni muscolo; mentre l’entrata
propriocettiva podalica, grazie al controllo dello stiramento dei muscoli del piede e
della gamba, situa il corpo in rapporto ai piedi.
4.2. La propriocezione del piede e della caviglia
Descrivere e analizzare tutte le capacità sensoriali del piede e della caviglia risulta
abbastanza complicato, in quanto ha moltissime possibilità di analisi degli stimoli di
cui è dotato. Tre sono gli ambienti recettoriali diversi che informano il SNC di tutto
ciò che accade a livello del piede: la pelle, i muscoli e le articolazioni.
La prima “raccolta dati” viene effettuata dalla pelle i cui meccanocettori sono di tre
tipi: recettori a lento adattamento, sensibili alla pressione o allo stiramento (i dischi di
Merkel e i corpuscoli di Ruffini); recettori ad adattamento intermedio, adibiti al
controllo della velocità di movimento (i corpuscoli di Meissner); recettori ad
adattamento rapido, velocità di deformazione cutanea (i corpuscoli del Pacini).
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La seconda raccolta avviene nei muscoli intrinseci ed estrinseci del piede, attraverso
i fusi neuromuscolari e gli organi tendinei del Golgi.
Mentre il terzo ambiente di raccolta è rappresentato dai recettori articolari, i recettori
incapsulati e le terminazioni libere, che indagano su posizione e movimento.
Il piede ha inoltre un triplice ruolo: recettore,in quanto raccoglie i dati che poi
trasmette al sistema nervoso; attuatore, perché tramite variazioni di forza modifica il
suo stato e quello di tutto il corpo; adattatore, perché modifica forma e posizione per
compensare squilibri propri o di recettori posti più in alto, occhio e denti per esempio.
I piedi e le caviglie si può dire che siano i recettori della postura, quindi, non tenerli in
considerazione quando si allena vuol dire perdere dei grandi vantaggi. Sono elementi
causativi nel creare adattamenti, e sono anche elementi adattativi nel compensare
altre cause più distanti.
Un allenatore che tiene in considerazione piedi e caviglie durante la sua
programmazione avrà la possibilità di raggiungere livelli prestativi che altrimenti
sarebbero impossibili.
4.3. Come la propriocezione può prevenire gli infortuni alla caviglia?
Il lavoro propriocettivo è stato spesso indirizzato solo ed esclusivamente a scopi
puramente riabilitativi: un atleta infortunato effettuava questo tipo di lavori per poi
abbandonarlo completamente nel momento in cui ricominciava l’attività normalmente.
Questa idea, molto probabilmente, nasce del concetto, di per sé giusto, che il trauma
articolare danneggia anche i recettori articolari che trasmettono al S.N.C.
informazioni sulla posizione e i movimenti del corpo. Il deficit propriocettivo porta a
una diminuzione del controllo neuromuscolare, che associato all’instabilità dovuta
alla lesione, determina un instabilità funzionale, che è la principale causa delle
recidive.
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Le esercitazione propriocettive hanno un ruolo preventivo sia sulle recidive, come è
stato dimostrato da Lephard e Fu(2000), sia sulle strutture sane, dimostrato invece
già da Caraffa nel 1995 e riconfermato nel 2005 dallo studio effettuato dall’Università
di Santa Monica.
L’allenamento propriocettivo può infatti permettere delle risposte e degli adattamenti
migliori e anticipati rispetto al programma motorio originale. Di fatto i lavori
propriocettivi sono finalizzati a migliorare la percezione dei singoli segmenti corporei
nello spazio, in particolare degli arti inferiori; questo controllo permette di diminuire le
pericolose sollecitazioni, che durante un allenamento o una partita di pallavolo,
mettono a repentaglio la sicurezza delle caviglie.
Tutte le informazioni, che l’atleta raccoglie durante questo tipo di esercitazioni,
vengono inviate al cervello, dove vengono elaborate e integrate fra loro, per poi
essere memorizzate e utilizzate in caso di bisogno: tanto più cerchiamo di sviluppare
il sistema propriocettivo, tanto più il cervello avrà informazioni aggiuntive che potrà
elaborare per trovare una corretta strategia posturale, e quindi garantire una migliore
organizzazione del movimento, e di conseguenza una migliore realizzazione degli
spostamenti e del gesto tecnico in sicurezza.
L’allenamento propriocettivo è inoltre in grado di ridurre gli squilibri fra arti omologhi,
e secondo alcuni studi svolti all’estero può essere in grado, se ben programmato e
condotto, di migliorare la forza muscolare e di averne un maggior controllo; minori
squilibri muscolari legati quindi a un miglioramento dell’organizzazione motoria, sono
da considerare positivi in un’ottica di prevenzione degli infortuni.
Lo scopo dei lavori propriocettivi, usati come metodi preventivi, deve essere quello di
rendere più rapido ed automatico il controllo della muscolatura considerando che
durante il gioco l’atleta può incontrarsi in azioni imprevedibili e talvolta violente e
pericolose.
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Gli esercizi propriocettivi di prevenzione, che si fondano sulla progressiva capacità di
resistere agli squilibri, permettono di avere un appoggio sempre corretto del piede,
stimolando la muscolatura sollecitando gruppi o combinazioni di gruppi muscolari,
evitando così delle contrazioni isolate. La ripetizione di questo tipo di esercizi, ma
anche di esercizi in generale, permette all’atleta di acquistare sicurezza, rapidità e
precisione al gesto, automatizzandolo.
4.3. Preparazione e strutturazione dell’allenamento propriocettivo
La propriocezione è molto importante sia nella vita quotidiana, sia in chi pratica sport,
in quanto è legata alla coordinazione motoria, e più specificatamente all’equilibrio.
In particolare deve essere svolto in tutti quegli sport, come la pallavolo, caratterizzati
da ripetuti salti e cambi di direzione, dove, quindi, le caviglie e le ginocchia sono in
grave pericolo, anche perché la stanchezza fisica compare un maniera rilevante.
Nella pallavolo tutte le azioni sono caratterizzate da almeno un salto, nel quale il
piede viene riappoggiato al suolo dopo una fase di volo più o meno lunga, in questo
momento tutte le forze, che il corpo ha acquistato durante le fasi precedenti
all’atterraggio, devono essere supportate e contrastate dalla caviglia, cercando di
mantenere una certa stabilità in tutta la fase di ammortizzazione. Durante il salto
però, le forze che possono andare a modificare l’organizzazione posturale del corpo
dell’atleta in fase di volo, sono varie, e possono rendere incontrollata la ricaduta e
l’appoggio sul terreno. Attraverso i lavori propriocettivi si vuole quindi cercare di
ottenere stabilità e controllo di ogni arto.
L’allenamento deve essere impostato su situazioni che inducano l’atleta a perdere
equilibrio, e quindi ad attivare la muscolatura che permetta di recuperarlo
velocemente e correttamente. Per intraprendere questo tipo di percorso, però, l’atleta
deve essere coinvolto e motivato, tanto da diventare protagonista del proprio
miglioramento.
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Quando si prepara un allenamento propriocettivo bisogna però ricordarsi che la
condizione di equilibrio non è semplicemente qualcosa di statico, che una volta che
lo acquisiamo si mantiene, ma bensì il congiunto di una serie di adattamenti; “ciò che
è importante non è la capacità di conservare l’equilibrio, ma il saperlo riacquistare
rapidamente ogni qual volta lo si perde. Tale capacità è determinata principalmente
dalle informazioni di tipo propriocettivo che il soggetto riesce a riconoscere per
operare una opportuna correzione ed adattamento del movimento”(Sannicandro et
al.,2009)
Quando si lavora su questo fronte, bisogna inoltre fare attenzione, al fatto che il
nostro sistema ha due metodi differenti per cercare l’equilibrio: uno è il sistema di
controllo della verticalità che ci permette di mantenere l’equilibrio con micro
contrazioni non cambiando la postura del corpo; l’altro è il sistema di compenso che
permette di mantenere l’equilibrio attraverso gesti degli arti superiori e inferiori che
non hanno nulla a che vedere con il gesto tecnico che si sta svolgendo.
Purtroppo molto spesso ci si confonde, senza sapere che allenando il sistema
compensatorio i nostri atleti miglioreranno il loro equilibrio per il semplice fatto che
impareranno a rispondere più velocemente compensando, peggiorando cosi la
propria verticalità. È importante quindi affermare che la propriocezione si migliora
allenando la muscolatura posturale, non quella fasica.
Per acquisire efficacia, l’allenamento propriocettivo, come tutti i tipi di allenamento,
non deve uscire dalle regole generali di variabilità degli stimoli e di progressione del
carico. Altrimenti, come nel caso dell’allenamento delle altre capacità sia condizionali
che coordinative, si avrà un periodo iniziale di miglioramento, un periodo secondario
di stagnazione, seguito poi da un decadimento e peggioramento dei risultati ottenuti.
L’allenamento propriocettivo segue quindi un percorso graduale: dal facile al difficile
e dal semplice al complesso.
18
Per preparare un allenamento di questo tipo è quindi importante rispettare dei
parametri generali:
1. Frequenza di svolgimento: un allenamento di tipo propriocettivo, a scopo
preventivo, per vedere dei risultati positivi, deve proporsi almeno due volte a
settimana. La durata di ogni seduta varia dai 10 ai 15 minuti, può arrivare ai 30
minuti se viene proposto un allenamento individualizzato, e per ogni esercizi
vengono svolte, secondo dati generici, 6/8 ripetizioni della durata di 20
secondi. I tempi degli esercizi in realtà vengono preparati tenendo in
considerazione i valori dei risultati dei test svolti all’inizio del periodo di
allenamento (Romberg test con pedana stabilometrica).
2. La ripetizione: la continua riproduzione di uno stimolo, a cui bisogna cercare
una risposta immediata, aiuta il nostro corpo a migliorare tute le varie
capacità.
3. Il senso di sé: per allenare la propriocezione è importante che l’atleta impari a
“sentire ” il suo corpo, mantenere quindi un livello di concentrazione elevato
durante tutta la durata della seduta. Per questi motivi è bene informare gli
atleti sulla difficoltà e sul margine di errore dell’esercizio che stanno
svolgendo.
4. L’ambiente: l’ideale per lo svolgimento delle sedute è una palestra di
dimensioni ridotte, riscaldata e possibilmente dotata di specchi. Un miglior
risultato si ottiene effettuando l’allenamento a piedi nudi.
5. La difficoltà: come accennato in precedenza il livello di difficoltà, determinato
dall’aumento di carico deve essere progressivo e graduale, è importante
inoltre non passare a un esercizio di difficoltà superiore se quello precedente
non è stato completamente assimilato.
19
Per aumentare la difficoltà, degli esercizi propriocettivi, si passa prima di tutto
da esercizi in scario a esercizi in carico (soprattutto per gli atleti che
presentano già problemi alle caviglie); da appoggio bi podalico a
monopodalico, sia al suolo che su pedane instabili (anche la scelta
dell’attrezzo aumenta la difficoltà, aumentando i gradi di instabilità o le
direzioni di movimento); ai due tipi di appoggi si possono aggiungere altri due
fattori: occhi aperti o chiusi, e esercizi statici o dinamici.
La progressione per la programmazione degli esercizi, si può quindi riassumere nel
seguente modo: occhi aperti statico (bi podalico e mono podalico); occhi aperti
dinamico (bi podalico e monopodalico); occhi chiusi statico (bi podalico e
monopadalico); occhi chiusi dinamico (bi podalico e monopodalico).
Questi gruppi di esercizi possono essere racchiusi in due grandi categorie: esercizi
generali ed esercizi specifici.
Gli esercizi generali hanno la funzione di sviluppare la propriocezione generale,
mentre quelli specifici della pallavolo, cercano la riproduzione del gesto tecnico in
situazione di instabilità.
4.4. Dati sperimentali sull’efficacia della prevenzione propriocettiva
Molti sono gli studi che sono stati effettuati per affermare l’efficacia dell’allenamento
propriocettivo come metodo preventivo per la caviglia, e molti sono i risultati, che,
seppur differenti, nella maggior parte dei casi confermano l’utilità di questo tipo di
prevenzione.

Secondo degli studi di McGuine e Keene, effettuati su 765 giocatori e
giocatrici di calcio e basket delle scuole superiori, nello stato del Wisconsin, un
allenamento propriocettivo della durata di 5 settimane, riduce del 38% il tasso
di distorsione alla caviglia.
20

Gli studi di Carolyn, Emery, Cassidy, Klassen, Rosychuk e Rowe, su 127
alunni di scuole di Calgary, selezionati casualmente, dimostrano che: si
osservano notevoli miglioramenti su equilibrio statico e dinamico dopo 6
settimane di allenamento propriocettivo con tavolette; mentre solo dopo 6
mesi di allenamenti si è riscontrata una diminuzione delle lesioni.

Eils e Rosenbaum, dimostrano che attraverso un programma di 6 settimane di
circuit training con esercizi propriocettivi, su 30 soggetti con instabilità cronica
alla caviglia, si riscontra una effettiva diminuzione di traumi, con miglioramento
significativo della posizione comune e del senso dell'oscillazione posturale.
Viene quindi raccomandato come programma preventivo anche per soggetti
anziani, oltre che riabilitativo.

Studi di Hoffman e Payane con soggetti sani, affermano che un programma di
allenamento propriocettivo con tavolette di 10 settimane porta a grandi
miglioramenti e diminuzione del tasso di lesione alla caviglia, grazie a un
incremento del controllo neuromuscolare.

Fort Vanmeerhaghe, Costa Totusaus, de Antolin Ruiz e Masso Ortigosa
dimostrano che un programma di 6 mesi di allenamenti propriocettivi TRAL
(terapia riequilibriatrice dell’apparato locomotore), su 28 giocatori di pallavolo
di entrambi i sessi, diminuisce la frequenza di lesioni alla caviglia.

Verhagen, Van Der Beek, Twisk, Bouter, Bahr e Mechelen, seguendo in
modo prospettico 116 squadre di pallavolo, maschili e femminili, durante la
stagione 2001-2002, dimostrano che allenamenti propriocettivi con uso di
tavoletta instabile portano a una diminuzione delle lesioni alla caviglia,
soprattutto in soggetti con un passato di distorsioni a tale articolazione.
21
5. ESERCIZI PROPRIOCETTIVI PER LA PREVENZIONE DELLA CAVIGLIA
Vengono riportati in questo capitolo alcuni esercizi, e la corrispondente
raffigurazione, specifici per la propriocezione della caviglia nella pallavolo. L’ordine in
cui sono disposti gli esercizi vuole seguire, con la maggiore coerenza possibile, i
principi di progressione prima indicati.
Gli attrezzi che ho scelto di utilizzare sono le tavolette instabili, e più precisamente la
tavoletta rotonda tipo freeman (circonferenza di circa 40 cm di diametro, sotto la
quale è fissata una semisfera; crea situazioni di instabilità in tutte le direzioni) e la
tavoletta rettangolare (tavoletta di circa 40 x 30cm sotto la quale è fissato un
semicilindro; crea situazioni di instabilità laterali), in quanto sono gli attrezzi che, oltre
a permettere di lavorare specificatamente sulla caviglia, sono anche i più semplici da
incontrare in una palestra e i più facili da realizzare, e più economici, nel caso non
fossero ancora presenti nella propria struttura di allenamento.
La maggior parte degli esercizi possono essere comunque svolti con i dischi di
gomma skimmy, bosu, temix, resizer o palla tool, che sono però attrezzi più ricercati
e difficili da trovare in una palestra. Rimangono comunque una grande quantità di
esercizi propriocettivi per caviglie eseguibili con semplici materassini airrex o palloni
di vario materiale, forma e dimensione.
La progressione di difficoltà di ognuno dei prossimi esercizi prevede:
1. Occhi aperti con compensazione delle braccia (anche con possibile
appoggio:palo, muro, compagno …)
2. Occhi aperti senza compensazione delle braccia (braccia lungo i fianchi, ai
finachi, dietro la nuca, distese in alto, conserte)
3. Occhi chiusi con compensazione delle braccia.
4. Occhi chiusi senza compensazione delle braccia.
22
5.1.
Esercizi generali a carico naturale senza tavolette propriocettive
L’efficacia dei seguenti esercizi aumenta effettuandoli senza scarpe, variando il
terreno di appoggio (erba, sabbia, materassi), modificando la pendenza del terreno e
il senso di marcia (in avanti, indietro, laterale).
Esercizio 1: Camminate particolari con appoggio: sulle punte, sui talloni, sula bordo
esterno e interno del piede.
Durata: 2’ per tipo di camminata.
Esercizio 2: Ricerca e mantenimento dell’equilibrio in appoggio monopodalico, con
ginocchio in appoggio semiflesso.
Durata: 20’’/30’’ (3 ripetizioni per arto)
Esercizio 3: Saltare con un piede solo a destra e a sinistra (avanti e
indietro). Ricerca e mantenimento dell’equilibrio.
Durata: 20’’/30’’ (3 ripetizioni per arto)
Esercizio 4: Salto con un piede e ruoto il corpo di 180° gradi, atterraggio
monopodalico. Ricerca e mantenimento dell’equilibrio.
Durata: 2 serie da 6 ripetizioni (entrambi gli arti)
Esercizio 5: Salto con spinta del compagno e atterraggio bipodalico. Ricerca e
mantenimento dell’equilibrio.
Durata: 2 serie da 6 salti
Esercizio 6: Salto con spinta del compagno e atterraggio
monopodalico. Ricerca e mantenimento dell’equilibrio.
Durata: 2 serie da 6 salti (entrambi gli arti)
23
Esercizio 7: Cercare l’equilibrio su un piede e tentare di mantenerlo mentre si spinge
il compagno.
Durata: 20’’/30’’ (3 ripetizioni per arto)
5.2.
Esercizi generali a carico naturale con tavolette propriocettive
Esercizio 8: Ricerca e mantenimento dell’equilibrio in appoggio bipodalico su
tavoletta rettangolare posizionata in orizzontale, in verticale e in
diagonale. Ginocchia semiflesse.
Durata: 20’’/30’’ (3 ripetizioni)
Esercizio 9: Ricerca e mantenimento dell’equilibrio in appoggio bipodalico su
tavoletta Freeman. Ginocchia semiflesse.
Durata:20’’/30’’ (3 ripetizioni)
Esercizio 10: Ricerca e mantenimento dell’equilibrio in appoggio monopodalico su
tavoletta rettangolare posizionata in orizzontale, in verticale e in
diagonale. Ginocchio d’appoggio semiflesso.
Durata: 20’’/30’’ (3 ripetizioni per arto)
Esercizio 11: Ricerca e mantenimento dell’equilibrio in appoggio monopodalico su
tavoletta Freeman. Ginocchio in appoggio semiflesso.
Durata:20’’/30’’ (3 ripetizioni per arto)
Esercizio 12: Ricerca e mantenimento dell’equilibrio in appoggio
bipodalico su tavoletta (rettangolare e freeman) e controllando un
pallone:
- raccogliere il pallone da terra e riappoggiarlo
- farsi girare il pallone intorno al corpo
Durata:20’’/30’’ (3 ripetizioni)
24
Esercizio 14: Vedi esercizio 12 ma in appoggio monopodalico
Durata:20’’/30’’ (3 ripetizioni per arto)
Esercizio 16: ricerca e mantenimento dell’equilibrio in appoggio bipodalico su
tavoletta (rettangolare e freeman) prima, dopo e durante la ricezione e
restituzione di una palla lanciata da un compagno. La
palla viene
passata:
- lanciandola
- facendola scorrere al suolo (bowling)
Durata:20’’/30’’
Esercizio 17: balzi monopodalici e bipodalici partendo dal suolo e atterrando sulla
tavoletta (sia rettangolare che freeman). Ricerca e mantenimento
dell’equilibrio (eseguibile anche con un ostacolo da superare).
Durata: 3 ripetizioni da 15 serie
Esercizio 18: balzi monopodalici e bipodalici partendo dalla tavoletta (sia rettangolare
che freeman) e atterrando al suolo. Ricerca e mantenimento
dell’equilibrio (eseguibile anche con un ostacolo da superare).
Durata: 3 ripetizioni da 15 serie
Esercizio 19: percorso di balzi bi e monopodalici su tavolette rettangolari orientate in
diversi modi, alternate con tavolette freeman (per aumentare la difficoltà
si possono mettere fra le tavolette degli ostacoli da superare).
Durata: 2’
25
5.3.. Esercizi specifici a carico naturale con tavolette propriocettive
Esercizio 20: affondo monopodalico laterale e frontale su tavoletta freeman, in
posizione di bagher.
Durata: 3 serie da 15 ripetizioni
Esercizio 21: eseguire dei bagher rimanendo in equilibrio, in appoggio bipodalico, su
tavoletta rettangolare, orientata nelle varie direzioni
(orizzontale, verticale e diagonale), o ogni piede su
una tavoletta freeman.
Durata: 30’’/60’’
Esercizio 22: eseguire dei palleggi rimanendo in equilibrio, in appoggio bipodalico, su
tavoletta rettangolare, orientata nelle varie direzioni
(orizzontale, verticale e diagonale), o ogni piede su una
tavoletta freeman.
Durata: 30’’/60’’
Esercizio 23: eseguire dei muri, prima senza attaccante, e poi con
attaccante, su una tavoletta rettangolare, partendo in
appoggio bipodalico e riatterrando
dal salto nella stessa posizione.
Durata: 3 serie da 15 ripetizioni
26
Esercizio 24: eseguire la rincorsa della schiacciata, riatterrando dal salto su una
tavoletta rettangolare, cercando di trovare e mantenere l’equilibrio.
Durata: 3 serie da 15 ripetizioni.
27
6. CONCLUSIONE
La tendenza alla ricerca della spettacolarità nei vari sport, tra cui la pallavolo, a
iniziare dall’introduzione del rally point system, ha portato inevitabilmente a
dimenticarsi di certi aspetti fondamentali dell’allenamento, attribuendo importanza
solo ad altri.
Fortunatamente in questo ultimo periodo la scoperta e lo studio della propriocezione
come metodo preventivo, l’interessamento e lo sviluppo di questo tema a livello
mondiale, e la positività della maggior parte dei risultati degli esperimenti e test, ha
portato grandi cambiamenti nelle programmazioni annuali degli allenatori, cambiando
radicalmente certe credenze e tendenze di pensiero, portando cosi a una riscontrata
diminuzione delle lesioni all’articolazione della caviglia, in allenamento e partita.
Nonostante i passi avanti che sono stati fatti, ci sono ancora tante parentesi aperte
sui tempi di allenamento, sulla durata dell’effetto di un programma propriocettivo, sul
miglioramento dei picchi di forza, e altri punti di disaccordo su cui sono già in corso
vari studi.
La potenza è nulla senza il controllo, riportava una famosa pubblicità, quanta verità in
poche parole.
28
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