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Traumi distorsivi di Caviglia - Università degli Studi di Urbino

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Traumi distorsivi di Caviglia - Università degli Studi di Urbino
Traumi distorsivi di Caviglia
•La distorsione è la perdita momentanea ed
incompleta dei rapporti articolari fra due
capi ossei.
•5000 traumi distorsivi ogni giorno in Italia
•20% traumi sportivi
•disfunzione cronica nel 30% dei casi e
frequenti recidive
•costi sociali elevati
Una caviglia lesa e instabile rappresenta il presupposto di
distorsioni recidivanti, si comprende quindi l'importanza
di una buona rieducazione dopo un episodio distorsivo
è uno dei traumi più comuni negli sport e nelle attività
ricreative.
La distorsione alla caviglia è il più frequente trauma
muscolo-scheletrico dell'arto inferiore. Gli sport dove
questo trauma è più frequente sono: pallavolo (56%),
basket (55%), calcio (51%)e la corsa (40%).
Legamenti




3 gruppi principali:
Legamenti della sindesmosi
Legamenti collaterali laterali
Legamenti collaterali mediali
sindesmosi
È composta da tre distinte porzioni :

Anteriormente il tibio peroneale anteriore(dal
tubercolo ant. Tibiale al Perone )

Posteriormente il tibio peroneale posteriore (
dal tubercolo posteriore al malleolo laterale )

Legamento interosseo ( in continuità con la
membrana interossea )
legamenti
Legamenti collaterali laterali



Legamento peroneo-astragalico
anteriore
Legamento peroneo-calcaneo
Legamento peroneo-astragalico
posteriore
Legamenti mediali
Legamento deltoideo
Formato da un : fascio superficiale
fascio profondo
Tibio-astragalico anteriore e posteriore
Tibio-scafoideo, Tibio-calcaneare

Strutture posteriori
Tendine di Achille
 Tendine Plantare
Lateralmente al tendine di Achille c’è il
nervo Surale

MUSCOLI DELLA CAVIGLIA
Flessori
 m. estensore lungo dell’alluce
 m. tibiale anteriore
 m. estensore comune delle dita
 m. peroneo anteriore
Peroneo anteriore
Flette (flessione dorsale) il
piede (a), lo solleva
lateralmente (pronazione) (b) e
lo ruota in fuori (abduzione)
(d).
I primi due sono anche adduttori e supinatori;
gli altri due sono anche abduttori e pronatori,
quindi l’azione complessiva è di sinergismo e antagonismo, risultandone una flessione pura.
Estensore lungo
dell’alluce
Flette (flessione dorsale)
l'alluce e il piede (a).
In sinergia con il Tibiale
anteriore solleva il piede
medialmente (supinazione)
(b) e lo ruota in dentro
(adduzione) (c).
Tibiale anteriore
Flette (flessione dorsale) il piede
(a), lo solleva medialmente
(supinazione) (b) e lo ruota in
dentro (adduzione) (c).
Con il piede in massima
estensione (flessione plantare)
rafforza l’arco della volta plantare
(avvicina i metatarsi al calcagno).
MUSCOLI DELLA CAVIGLIA
Estensori
•m tricipite surale
•m peronei laterali breve e lungo
•m tibiale posteriore
•m flessore comune delle dita
•m flessore lungo dell’alluce.
In pratica solo il muscolo
tricipite (soleo e gemelli o
gastrocnemi) è efficace.
Tutti i movimenti che
comportano sia una estensione
della caviglia che del ginocchio
come l’arrampicarsi e la corsa
favoriscono la
compartecipazione dei gemelli.
Il tricipite surale offre la sua
massima potenza quando,
partendo da caviglia flessa e
ginocchio esteso.
Peroneo breve
Estende (flessione plantare) il
piede (a), lo ruota in fuori
(abduzione) (b) e lo solleva
lateralmente (pronazione) (c).
Agisce sulla concavità dell'arco
plantare.
Peroneo lungo
Estende (flessione plantare) il
piede (a), lo ruota in fuori
(abduzione) (b) e lo solleva
lateralmente (pronazione)
(c).
Agisce sulla concavità
dell'arco plantare.
MUSCOLI DELLA CAVIGLIA
Estensori
I muscoli estensori accessori,
quando il tendine di Achille è rotto
possono quindi estendere
attivamente la caviglia essendo il
piede libero, senza appoggio.
Ma solo il tricipite permette la
elevazione sulla punta del piede.
La perdita della capacità di elevarsi
sulla punta del piede è quindi il test
della rottura del tendine d’Achille.
Flessore lungo dell’alluce
Estende (flessione plantare) la
seconda falange dell’alluce sulla prima
e la prima sul metatarso (a).
Estende (flessione plantare) il piede
(b).
Solleva il piede medialmente
(supinazione) (c).
Ha un ruolo importante nel sorreggere
l’arco maggiore della volta plantare.
Gemelli (o Gastrocnemio)
Estendono (flessione plantare) il
piede (a) e flettono la gamba sulla
coscia (b).
Nella estensione del piede agiscono
insieme al Soleo con il quale
formano il Tricipite surale.
L'inserzione prossimale dei due
tendini (capo mediale e capo
laterale) sui condili del femore, fa si
che l'estensione del piede eseguita
con le ginocchia flesse, quindi
avvicinamento dei capi estremi di
inserzione, ne attenui notevolmente
la capacità di esprimere tensione.
Tibiale posteriore
Estende (flessione plantare) il
piede sulla gamba (a), lo solleva
medialmente (supinazione) (b)
e lo ruota in dentro (adduzione)
(c).
Col piede in massima
estensione (flessione plantare)
rafforza l’arco della volta
plantare (avvicina i metatarsi al
calcagno).
MUSCOLI DELLA CAVIGLIA
Estensori
Soleo
Estende (flessione plantare) il
piede sulla gamba.
Agisce insieme ai Gemelli
formando il Tricipite surale.
I traumi distorsivi possono essere acuti (in seguito ad
urti, contrasti, scontri o improvvisi cambi di direzione)
o
cronici
(dopo
carichi
notevoli
e
prolungati).
L'evento traumatico può portare, nella
caviglia di un atleta, ad una patologia articolare,
suddivisa in due quadri:
quello della lassità, con lesioni capsulari, distensioni e
lacerazioni del comparto legamentoso laterale e
mediale della tibiotarsica e della sottoastragalica, che
determinano una escursione articolare oltre i limiti
fisiologici;
quello dell' instabilità, che l'atleta avverte come un
segno di cedimento articolare durante il gesto sportivo
ed anatomopatologicamente obiettivabile in una
rottura più o meno totale dei legamenti.
Nella distorsione alla caviglia quasi sempre rimane un dolore
residuo abbastanza significativo che comporta una limitazione
funzionale. Anche dopo che il trauma è stato curato si ha una
percentuale variabile di pazienti, che va dal 10% al 30%, che
lamentano una sintomatologia cronica caratterizzata da sinoviti,
tendinopatie, rigidità, aumento di volume, dolore ed insufficienza
muscolare, associati o meno ad instabilità del collo del piede con
difficoltà a deambulare su terreni irregolari o episodi distorsivi
recidivanti, a prescindere dal trattamento dell'episodio acuto. Questo
avviene perché il danno del trauma distorsivo non avviene solo a
carico del tessuto legamentoso, ma anche del tessuto nervoso e
muscolo-tendineo, intorno al complesso della caviglia.
Il movimento
Caviglia :
Flessione dorsale
Flessione plantare
Inversione =
adduzione ,supinazione,
flessione plantare
Eversione=
abduzione pronazione estensione
Abduzione
Adduzione
Distorsione della caviglia
La distorsione di caviglia
produce un danno
legamentoso, più o meno
complesso a seconda del
numero di legamenti coinvolti,
la cui estensione e gravità
viene quantificata in tre gradi
Distorsione della caviglia:




L’inversione è la più frequente.
L’entità è misurabile dal grado
di interessamento delle
strutture adiacenti (legamenti,
capsula, tessuto osseo).
Anche dopo il recupero rimane
spesso un dolore significativo
che comporta dolore e
limitazione funzionale.
Importante il protocollo di
rieducazione.
Stabilizzazione laterale
Peroneo astragalico anteriore
(più debole, prima struttura interessata)
Peroneo astragalico posteriore
(più forte ultima struttura ineressata)
Peroneo calcaneare
(seconda struttura interessata)
Distorsione in eversione
Stabilizzazione mediale:
Legamento deltoideo
Maggiore ampiezza del
malleolo mediale
Quando il piede è supinato il
legamento deltoideo è rilasciato
per cui il danno interesserà il lato
Laterale
SINTOMI
Sensazione di rottura spesso percepita dal soggetto
Dolore acuto
Impotenza funzionale immediata , non sempre completa ( a volte
è possibile riprendere l’attività dopo qualche minuto)
Tumefazione esterna da ematoma , successivamente si evidenzia
l’ecchimosi (rottura della piccola arteria che passa sopra il
legamento perone astragalico anteriore )
Instabilità
La palpaziome è dolorosa davanti e sotto il malleolo
Qualora si riporti una distorsione alla
caviglia in luoghi avversi, lontano da
possibili soccorsi, è bene non togliersi la
scarpa per esaminare la lesione. Il
conseguente dolore associato a gonfiore
potrebbe
infatti
ostacolare
il
reinserimento del piede nella scarpa.
CASSETTO ANTERIORE
Si posiziona una mano al tallone ed una
sulla tibia. La mano sul tallone spinge in
avanti mentre la mano sulla tibia spinge
indietro.( leg. Peroneo astragalico
anteriore).
Test di Inversione
Una mano stabilizza la gamba, l’altra
esercita uno stress in inversione su
astragalo e calcagno( leg perone
calcaneare).
Test di Eversione
Una mano blocca la tibia, l’altra provoca
uno stress in eversione sul calcagno (
leg. deltoideo
Fratture associate:
Malleolari
V metatarso
Dal punto di vista della diagnostica
strumentale è indispensabile un
esame radiografico per escludere
presenza di fratture. Altri esami,
come la RMN, in generale sono
poco utili nell’immediatezza del
trauma per l’importante spandimento
emorragico che altera l’indagine.
Possono essere eseguite radiografie
sotto stress, cioè mobilizzando
forzatamente la caviglia, per
documentare la presenza di anomala
apertura dell’articolazione.
CLASSIFICAZIONE DELLE
DISTORSIONI




Grado 0: tilt astragalico inferiore a 8°, non
rotture legamentose;
Grado 1: tilt astragalico (10°-20°), rottura
legamento peroneo- astragalico anteriore;
Grado 2: tilt astragalico (20°-30°), rottura
legamento peroneo- astragalico anteriore e
peroneo calcaneare;
Grado 3: tilt astragalico superiore a 30°,
rottura di tre legamenti
FASE ACUTA
Bendaggio elastico per 15-21 gg in alternativa tutori rimovibili
tipo “AIRCAST” ,I II GRADO
Gambaletto gessato da carico per 35-45 gg ( controverso),
lesioni gravi in alternativa all’intervento chirurgico
A volte è preferito l’intervento chirurgico di sutura per favorire
una migliore cicatrizzazione delle fibre, seguita da gesso
IL BENDAGGIO FUNZIONALE previene l'insorgere
di ricadute o recidive quando si riprende l'attività
motoria;
evita
i
danni
di
una
prolungata
immobilizzazione o inattività funzionale;
riduce i
tempi di recupero
a) controllo del tilt astragalico
b)limitazione della flessione plantare (di un certo grado di flessione
plantare abbiamo bisogno altrimenti ci resta difficile il gesto
tecnico),
c) controllo del movimento sull’asse longitudinale del piede, vale a
dire la prono supinazione.
Tutore bivalve per caviglia (a sn) e tutore rigido tipo Walker (a dx)
utilizzati nelle lesioni legamentose acute di caviglia.
Riabilitazione



Obiettivi :
1 - recupero ROM
2 -recupero Forza muscolare
TRATTAMENTO
RIABILITATIVO
􀂄􀂄
RECUPERO MOBILITA’ ARTICOLARE
con esercizi in scarico e in carico
leggero
􀂄􀂄
POTENZIAMENTO dei muscoli
stabilizzatori attivi
􀂄􀂄
PROPRIOCETTIVITA’ dei muscoli
stabilizzatori attivi
POTENZIAMENTO
MUSCOLI STABILIZZATORI ATTIVI:
􀂄􀂄
Tibiale posteriore
􀂄􀂄
Flessore comune delle dita
􀂄􀂄
Muscolo flessore lungo dell’alluce
􀂄􀂄
peronieri
IL TRATTAMENTO CONSERVATIVO
E’ diviso in 3 fasi : Acuta, Sub-acuta ,Di Rieducazione
Funzionale
FASE ACUTA
 Il protocollo più accreditato per le lesioni acute è il P.R.I.C.E.
Protection Rest Ice Compression Elevation In fase acuta
gli obiettivi sono: a) L’immobilizzazione; b) Diminuzione
degli “irritanti chimici” che causano dolore e favoriscono la
“stasi tissutale” (ovvero l’edema); c) La prevenzione di ulteriori
sollecitazioni meccaniche della struttura lesa.
FASE SUBACUTA
 In fase sub-acuta lo scopo del trattamento è quello di sottoporre
il tessuto leso ad una serie di sollecitazioni meccaniche, utili per
promuovere l’orientamento fisiologico delle fibre collagene. Gli
obbiettivi in questa fase sono: a) L’eliminazione del dolore; b) Il
recupero della particolarità; c) L’eliminazione dello spasmo
muscolare; d) L’eliminazione dell’edema; e) Il recupero della
forza muscolare. Per raggiungere questi obbiettivi si utilizzano
massaggi, terapie fisiche, mobilizzazione passiva ,attiva
,deambulazione a carico parziale .Iniziano gli esrcizi
proriocettivi senza carico.

FASE DI RIEDUCAZIONE FUNZIONALE
( circa 3 settimane dopo l’evento acuto, fase in cui avviene la cicatrizzazione del
legamento)
•Nella fase di rieducazione funzionale si mira al: a) Recupero della
propriocettività
• b) Recupero dell’equilibrio
•c). Recupero della forza e della resistenza
•d) Deambulazione correta
•e) Prevenzione delle recidive
FASE INIZIALE
 La rieducazione propriocettiva deve essere iniziata
precocemente, anche quando ancora al paziente non è
concesso il carico sull'arto traumatizzato. In questa fase
gli esercizi sono eseguiti da seduto, ad arto quasi
completamente "scarico“rispettando il range del dolore.
Migliorare la percezione della posizione articolare ,inizio
fine movimento, esercizi anche ad occhi chiusi.
Si utilizzano tavolette oscillanti , movimento lento ,
monoassiale,
Flesso-estensione.
FASE INTERMEDIA A CARICO LIMITATO
•In questa fase gli esercizi proposti in precedenza, vengono
eseguiti dal soggetto in piedi, con il piede sano poggiato al
suolo e quello infortunato sulla tavoletta. Il carico sul piede
traumatizzato viene aumentato progressivamente sempre
comunque in un range di assenza di dolore.
Si inseriscono movimenti di prono supinazione.
Tavolette multidirezionali.Anche ad occhi chiusi.
FASE DI RIEDUCAZIONE FUNZIONALE
•Nella fase di rieducazione funzionale si mira al: a) Recupero della
propriocettività b) Recupero della forza; c) Prevenzione delle recidive.
Esercizi in carico, si aumenta l’instabilità, si riduce la base di appoggio.
La propriocezione vive sul continuo scambio di
informazioni che raggiungono il sistema nervoso e di
azioni indotte dallo stesso per far sì che il soggetto
rispetti in ogni momento le caratteristiche di
equilibrio, confort e non dolore.
Nel momento in cui il soggetto subisce l'insulto
articolare i recettori a livello muscolare e articolare
vengono traumatizzati e le sensazioni di tipo
propriocettivo vengono alterate.
Dopo una distorsione TT ,anche trattata , un soggetto
può portare il peso sull'altro piede e alla fine avvertire
dolori al ginocchio controlaterale o alla schiena o in
altri distretti corporei.
Propriocettiva:




Con essa alleni i recettori nervosi principalmente presenti
nelle strutture articolari.
Essi inviano informazioni sullo stato di stiramento dei
tessuti per permettere al sistema nervoso di reagire in
modo adeguato ed estremamente rapido con contrazioni
della muscolatura, idonee a stabilizzare l'articolazione e
quindi conservare i rapporti articolari stessi, anche in
situazioni dinamiche particolarmente stressanti per la
caviglia.
Tali recettori forniscono anche informazioni al cervelletto,
insieme ai recettori visivi, vestibolari e uditivi, necessarie
per il mantenimento dell'equilibrio nello spazio.
Nel piede i propriocettori si situano in particolare sulla
capsula e sui legamenti dell'articolazione tibiotarsica,
sottoastragalica e metatarso-falangee del primo dito: zone
"fondamentali" per una dinamica ottimale in stazione
eretta.
Le linee guida per
propriocettiva sono
una
corretta
rieducazione
1. Il soggetto deve essere collaborativo
2. Bisogna eseguire 2 sedute al giorno da 20 minuti
3. Bisogna aver raggiunto un buon tono muscolare.
4. Bisogna aver recuperato la mobilità articolare.
5. Deve essere fatta per almeno 3 settimane dopo la
guarigione del trauma.
6.Bisogna
poi
effettuare
delle
sedute
di
mantenimento della durata di 30 minuti 2 volte alla
settimana.
Il tempo necessario per il recupero funzionale
completo, qualunque sia il trattamento riservato al
paziente (chirurgico o conservativo), varia dalle 3 alle
5 settimane; il tempo necessario prima di tornare al
lavoro varia dalle 4 alle 7 settimane; e prima che il
paziente possa ritornare alla pratica sportiva
occorrono 10 settimane. I tempi di recupero, di solito,
negli sportivi professionisti sono più corti perché il
tempo riservato alla riabilitazione è molto maggiore
rispetto ad esempio ad uno sportivo amatoriale.
"Una caviglia lesa e instabile rappresenta il
presupposto di distorsioni recidivanti, si comprende
quindi l'importanza di una buona rieducazione dopo
un episodio distorsivo"
Fascite Plantare


Infiammazione
dell’aponeurosi plantare
(dal calcagno ai
legamenti delle falangi).
Questa fascia, durante
ciascun passo, sopporta
due volte il peso
dell’intero corpo.
L’infiammazione è spesso
conseguenza di un
sovraccarico sportivo o
posturale.
1) Fascite plantare distale 2) Fascite
plantare prossimale 3) Sindrome dolorosa
del cuscinetto adiposo del calcagno 4)
Intrappolamento del nervo
Colpisce prevalentemente atleti amatoriali oltre i quarantenni d’età
che pratichino corsa e tennis. Riconosce un sovraccarico funzionale
associato soventemente ad alterazioni degenerative ossee (artrosi).
Il dolore, avvertito in sede plantare soprattutto alla flessione delle
dita, in fase iniziale regredisce con il semplice riposo. Quando
cronicizza esso diviene persistente rendendo difficoltosa la
deambulazione; in questa fase diviene necessario l’uso di terapia
farmacologia, fisica ed eventuale ortesi.
L’intervento chirurgico sull’aponeurosi viene riservato ai casi ribelli
alla terapia.
Sintomatologia





L’esordio è solitamente legato alla fase
iniziale del gesto sportivo (corsa).
A riposo scompare completamente.
Zoppia nei primi passi della giornata,
accompagnata da rigidità, scompare dopo
un breve riscaldamento.
Dolore alla marcia sulle punte o sui talloni.
Il dolore è spesso associato a rigidità del
tendine di Achille.
Intervento:








Spesso basta il riposo dall’attività.
Applicazioni di ghiaccio.
Si sconsiglia il caldo (dilatazione della fascia connettiva
compressione nervosa).
Utilizzare eventuale supporto ortopedico per limitare il carico.
Sostituire gli esercizi di impatto con altri in scarico (nuoto –
bici).
Effettuare esercizi di allungamento per l’aponeurosi plantare, il
tendine di Achille, i muscoli del polpaccio.
Possono venire prescritti tutori notturni (di allungamento per la
fascia).
Può essere previsto l’intervento chirurgico (risolve il 75 – 80%
dei casi).
ALTERAZIONI
STATICHE DEL PIEDE
PIEDE PIATTO DEL BAMBINO
DEFINIZIONE
Per “piattismo” si intende un aumento della superficie di appoggio del piede
accompagnato da un abbassamento della volta plantare; in effetti il piede piatto è una
deformità complessa caratterizzata da una eccessiva pronazione del piede che comporta
un abbassamento della parte interna, una deviazione verso l’esterno del calcagno
(valgismo) e una deviazione all’infuori della parte anteriore del piede (abduzione).
Nei primi anni di vita il piede è fisiologicamente piatto sia per la conformazione delle
ossa del piede che per la relativa insufficienza muscolare. Con la crescita il piede
acquisisce progressivamente la struttura che avrà nell’età adulta; generalmente questo si
verifica entro i 6-8 anni.
Esistono tuttavia situazioni nelle quali il piede mantiene un anomalo piattismo (o
meglio una anomala “pronazione”) verosimilmente per effetto di una condizione
congenita e spesso a carattere familiare.
Ovviamente possono esistere differenti stadi di gravità; il criterio più importante non è
tanto quello morfologico, basato sull’esame del piede in posizione statica, quanto un
criterio funzionale basato essenzialmente sulla persistenza di una anomala pronazione
nella fase propulsiva del passo, momento nel quale nel piede normale interviene una
fisiologica supinazione che irrigidisce il piede e lo rende adatto ad una funzione di
spinta.
SINTOMATOLOGIA
Nella maggior parte dei casi il piede
piatto nel bambino non determina
sintomatologia dolorosa; solo in
alcuni casi il piccolo paziente
lamenta dolorabilità alla parte interna
del piede o alla pianta.
L’esame obiettivo è caratterizzato da
un abbassamento della volta mediale
del piede, da un valgismo del
calcagno e da deviazione all’esterno
della parte anteriore del piede con
una conseguente deambulazione “a
punte in fuori”.
TRATTAMENTO
Non esiste un trattamento accettato unanimemente.
Salvo casi particolari nei primi anni di vita non vengono presi particolari provvedimenti
che rischierebbero di interferire con la normale maturazione del piede.
Dopo i 6 anni di età si può considerare il trattamento con plantari anche se non esistono
sicure prove sulla loro reale efficacia correttiva; probabilmente quelli con maggiore
efficacia sono i plantari avvolgenti al tallone che mantengono la posizione di correzione
del calcagno riducendo il valgismo.
L’indicazione chirurgica viene posta in genere dopo gli 8-10 anni in presenza di piedi
piatti che non dimostrano miglioramento e che presentano alterazioni funzionali
importanti (in particolare il persistere della pronazione nella fase propulsiva del passo).
In questi casi l’intervento di elezione è la correzione con endortesi; l’intervento consiste
nell’inserimento nel piede di un dispositivo simile ad una vite che ha lo scopo di
limitare l’eccessiva pronazione e di mantenere il calcagno in una posizione verticale.
L’intervento da i migliori risultati quando il piede è ancora in crescita in modo che le
ossa e le strutture molli si adattino alla nuova situazione.
Oltre al posizionamento dell’endortesi può essere necessario aggiungere l’allungamento
chirurgico del tendine di Achille che viene effettuato con piccole incisioni posteriori o
la ritensione dei legamenti della parte interna del piede che col tempo perdono tensione.
Piede piatto
Scomparsa volta plantare,
deviazione valgismo del
calcagno
Valutazione:
Ispezione in scarico e carico
Deambulazione
Riducibilità o meno della
deformità
Trattamento:
Plantare correttivo
,Fkt,chirurgia
Piede piatto dell’adulto
Perdita di efficienza muscolare, in particolare per quanto riguarda il
tibiale posteriore, che determina lo scompenso ed il progressivo
peggioramento; venendo meno il sostegno muscolare l’effetto stesso del
carico deforma progressivamente il piede peggiorandone il piattismo.
SINTOMATOLOGIA
Dal punto di vista dei disturbi soggettivi in un primo tempo il Paziente
riferisce dolore prevalentemente sul versante mediale del piede a causa
della distensione progressiva dei legamenti e delle capsule articolari
In fase più avanzata il dolore è riferito anche alla parte laterale del piede
espressione di sofferenza artrosica dell’articolazione tra astragalo e
calcagno e dell’articolazione mediotarsica.
Calcagno valgo
Accentuazione del fisiologico valgismo
del calcagno, frequentemente
osservabile in un piede piatto
Piede piatto valgo
Conseguenze posturali:
Valgo calcaneare
Rotazione interna gamba e cascia
Convergenza rotulea
Apertura bacino, antiversione
iliaca
Iperlordosi lombare
Ipercifosi dorsale
Iperlordosi cervicale
Piede cavo
Eccessiva altezza e concavità
della volta plantare, tra il
tallone e l’appoggio
anteriore dell’area
metatarsale
Con il termine di piede cavo si intende una conformazione del piede caratterizzata da
una eccessiva concavità della volta plantare che comporta una superficie di appoggio
più ridotta in genere limitata al tallone ed alla parte anteriore con esclusione della
porzione intermedia della pianta. Tale conformazione dipende da un eccessivo dislivello
tra la parte posteriore del piede, che risulta normale, e quella anteriore che invece è
flessa plantarmente; ne deriva che quando il piede è in appoggio la caviglia viene
sollecitata in flessione dorsale, il calcagno tende a verticalizzarsi ed il tendine di Achille
risulta stirato ed in tensione.
I soggetti portatori di piede cavo presentano pertanto un carico prevalente
sull’avampiede sia perché la superficie di appoggio risulta minore, e pertanto aumenta il
carico per cm quadrato, sia soprattutto perché l’avampiede durante il passo arriva prima
del normale a terra e rimane in appoggio per un periodo maggiore.
Ovviamente esistono situazioni differenti di gravità; in effetti il piede cavo non è
necessariamente una patologia ( circa un terzo della popolazione è portatore di un certo
cavismo del piede ) ma lo può diventare se il cavismo è eccessivo o se è causato da
malattie neuromuscolari.
In quest’ultimo caso il piede cavo è spesso familiare e assume generalmente un aspetto
molto caratteristico in quanto si associa una deviazione in varismo (all’interno) del
calcagno ed una deformità ad artiglio delle dita.
TRATTAMENTO
Deve essere proporzionale all’entità della deformità e dei disturbi.
Nei casi più modesti può essere sufficiente l’uso di un plantare costruito
su calco che ha lo scopo di distribuire in maniera più uniforme su tutta la
superficie della pianta il carico.
Nei casi più gravi e sintomatici occorre ricorrere a trattamenti chirurgici
che in genere consistono nella correzione del cavismo a livello osseo;
interventi solo sulle parti molli come fasciotomia plantare o trasposizioni
tendinee sono utilizzabili solo in età pediatrica o nel giovane adulto ed in
casi particolari.
Si associano spesso.
CALCAGNO VARO
EQUINISMO
DITA IN GRIFFES
Trattamento
Fkt
Plantari
Chirurgia
Piede cavo
Conseguenze posturali:
Varo calcaneare
Rotazione esterna femore e
coscia
Divergenza rotulea
Recurvato
Verticalizzazione sacro
Ipolordosi lombare
Retroversione iliaca
Sintomatologia:


Dolore alternante, continuo, progressivo a
livello dell’avampiede in statica eretta e
durante la deambulazione.
Spesso per evitare il dolore si alterano i
normali appoggi plantari con conseguenza di
iperattività in zone specifiche e susseguente
comparsa di fenomeni di ipercheratosi
(callosità sulla regione calcaneare), borsiti
sierose, dita a griffe…
ALLUCE VALGO
CHE COS’È L’ALLUCE VALGO
L’alluce valgo è una deformità molto comune del piede che interessa di preferenza il
sesso femminile con un rapporto maschi/femmine di circa 1/10.
È caratterizzato dalla deviazione all’infuori (in valgo) dell’alluce e da una
contemporanea deviazione all’interno del 1° metatarsale, l’osso situato immediatamente
a monte dell’alluce con il quale si articola.
La deviazione angolare dei due segmenti ossei determina la formazione della
caratteristica prominenza sul bordo interno del piede; questa non è pertanto dovuta ad
osso “in più” ma semplicemente ad una anomala posizione di ossa normalmente
presenti nel piede.
Anche se la deviazione verso l’esterno dell’alluce è l’elemento più caratteristico,
l’alluce valgo è in effetti una deformità che interessa contemporaneamente tutti i piani
dello spazio; infatti l’alluce risulta anche più o meno ruotato con l’unghia che guarda
verso l’interno del piede ed il metatarsale tende a sollevarsi, appoggiando in maniera
minore.
Con il tempo le parti molli ( muscoli, tendini e legamenti ) si adattano progressivamente
a questa situazione favorendo il mantenimento ed il peggioramento della deformità.
Alluce valgo:







Progressiva deviazione della 1° artic. Metatarso –
falangea con intersezione del 1° sul 2° dito nella fase
più evoluta.
Le cause:
Ipermobilità del 1° raggio nella deambulazione con un
aggravamento dato da un’alterata postura plantare.
Malattie reumatiche: l’artrite provoca un’infiammazione
con tumefazione che altera i rapporti muscoli – tendini Piede normale
(flessori ed estensori dell’alluce).
Patologie neuromuscolari: portano a squilibri muscolari
con conseguente alterazione della normale fisiologia
del passo.
Alterazioni post-intervento.
Nei casi di 2° - 3° il 1° dito perde la funzione di dito
propulsore nella fase di spinta del passo, che viene
trasferita alla 2° - 3° testa metatarsale.
Alluce valgo di 3°
CHE CONSEGUENZE PROVOCA L’ALLUCE VALGO
La conseguenza più importante dell’alluce valgo è l’insufficienza funzionale
dell’alluce durante la deambulazione.
Nel piede normale è l’alluce a dare la spinta finale durante l’ultima fase del
passo; questa funzione è efficace se l’alluce è allineato con il resto del piede ma
diventa sempre meno utile via via che l’alluce è deviato all’esterno.
Se la spinta dell’alluce in fase propulsiva è poco efficace il carico normalmente
sopportato dall’alluce viene trasferito sulla parte più laterale del piede.
Pertanto le dita ed i metatarsali centrali sono obbligati ad uno sforzo maggiore e vanno
con il tempo incontro a fenomeni di fatica ed a deformità; compaiono pertanto callosità
nella pianta del piede, tumefazione e dolore a livello della articolazioni metatarsofalangee, deformità a martello delle dita, tutte espressioni di carichi e sollecitazioni
eccessive.
Inoltre con il tempo l’articolazione dell’alluce, poiché lavora su un asse obliquo, tende
ad usurarsi ed a sviluppare una artrosi.
Con il tempo pertanto l’alluce valgo induce alterazioni che finiscono per interessare
tutto l’avampiede.
Alluce valgo
Fkt
Correzione chirurgica


Termine generico
indicante sofferenza a
Metatarsalgia
livello dei metatarsi
(diffusa o localizzata ad un
singolo).
L’origine: biomeccanica,
secondaria, mista.
nella maggior parte dei casi si
verifica in piedi cavi, che
presentano comunque un carico
prevalente all’avampiede, o in
soggetti con alluce valgo; in
questo caso la metatarsalgia
interessa i raggi centrali (II e III
in particolare) per insufficienza
funzionale del I° metatarsale.
Cause primarie:

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Alterazione nell’azione delle forze che agiscono sui distretti
metatarsali (per volume o intensità). Conseguenza di:
Predisposizione congenita: alterazioni nell’allineamento
spaziale dei metatarsi, differenza di lunghezza tra
metatarsi.
Secondarie di tipo biomeccanico: successivamente a
traumi (fratture), interventi o per alterazioni neuromuscolari
(dita griffe, piede cavo), di tipo capsulolegamentose (alluce
valgo) o ancora per alterazioni osteocondrali (alluce rigido
o sesamoiditi).
Secondarie a malattie: malattie articolari (artrosi, artrite
deformante), malattie vascolari (gotta, diabete)
neurologiche (algodistrofie riflesse).
Miste: impossibilità nel definire la causa primaria.
metatarsalgie
Studio attento in carico
Plantare
Correzione chirurgica
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