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Psichiatria e OPG- L`Opinione di AMCA
Programmazione dell’intervento in ambito psichiatrico: Analisi della distanza tra i bisogni espressi dal territorio, possibilità di risposta clinica e assetto normativo-istituzionale attuale. L’opinione dell’AMCA su metodi e criticità degli ospedali psichiatrici giudiziari: chiuderli o riformarli? Pagina |2 Sommario La responsabilità a cui cerchiamo di conformarci ................................................................................... 3 Inquadramento generale ........................................................................................................................ 3 Criticità del quadro normativo per la psichiatria .................................................................................... 4 Piano Nazionale per la Salute Mentale (Allegato 1) ........................................................................ 4 Chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (Allegato 4 – pg.9-10 e pg.4) .................................. 6 Relazione Conclusiva sui Servizi per la Salute Mentale - Commissione Parlamentare di Inchiesta sull’efficacia ed efficienza dei Servizio Sanitario Nazionale (Allegato 2) ......................................... 7 Finanziamento per la Chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (Allegato6-Allegato7) .......... 8 Problemi di diagnosi e di trattamento dei disturbi psichiatrici. .............................................................. 8 Diagnosi differenziale e competenza medica .................................................................................. 9 Definizione del rapporto ottimale tra personale medico e pazienti nei servizi psichiatrici ambulatoriali ................................................................................................................................. 10 Il confronto con la responsabilità giuridica e gli obblighi di garanzia. .................................................. 13 Punto 1 – L’imputabilità ................................................................................................................ 14 Punto 2 – Rapporto tra obbligo di trattamento per il paziente ed obbligo di cura per il curante. 16 Punto 3 – Condotta esigibile ......................................................................................................... 18 Punto 4 – Nesso di causalità tra le condotte dello psichiatra e quelle dolose del paziente. ........ 19 Conclusioni ............................................................................................................................................ 21 Pagina |3 La responsabilità a cui cerchiamo di conformarci “L’antropologia culturale, la sociologia e la storia del pensiero giuridico mostrano che si è giunti al concetto di responsabilità attraverso un triplice processo di umanizzazione, individualizzazione ed interiorizzazione. Umanizzazione, perché ad un certo punto della storia si è rinunciato a giudicare, considerare colpevoli e punire gli animali, i cadaveri e gli oggetti inanimati. Solo l’essere umano, ad un certo stadio dell’evoluzione culturale, si presenta come soggetto possibile di responsabilità e di imputazione. Individualizzazione, perché la storia mostra un passaggio dalla pratica tradizionale della vendetta, fondata sul principio della responsabilità collettiva (il clan, la tribù, la famiglia), alla nozione di una responsabilità puramente individuale. Interiorizzazione, perché gradatamente si viene a considerare ciò che nell’uomo vi è di più intimo, ovvero la coscienza, il tribunale (il foro) interiore, dove si affrontano le potenze antagoniste del bene e del male, della ragione e della passione, tanto che il soggetto si trova esposto alle rimostranze di un giudice che è allo stesso tempo lui stesso e qualcun altro il cui sguardo lo insegue, la cui voce lo assilla. Il processo di interiorizzazione porta a distinguere il senso giuridico della responsabilità dal senso morale. La responsabilità morale non comporta alcuna sanzione se non quella dei sentimenti, quali ad esempio il rimorso e il senso di colpa. La responsabilità morale non può essere ridotta al risultato della costrizione sociale esercitata dal gruppo, perché altrimenti essa diventerebbe una semplice regola del gioco, a cui ci si potrebbe sottrarre con un po’ d’abilità. Nella responsabilità morale c’è qualcosa di più, perché il responsabile, oltre ad accettare l’obbligo di indennizzare la sua vittima o di sottomettersi alla pena a cui lo sottopone la società, prova, in aggiunta a tutto ciò, anche il sentimento, del tutto intimo e personale, di aver agito male. Questo senso di colpa, pur nella sua privatezza, appartiene in modo essenziale al fenomeno morale e la sua analisi ci consente di comprendere molto bene il salto compiuto attraverso il processo di interiorizzazione. Caratteristica fondamentale della responsabilità è il fatto che essa concerne necessariamente qualcuno, che si trova esposto alla responsabilità, che è capace di assumerla su di sé, considerandosi ad essa legittimamente sottomesso. Il soggetto responsabile è soggetto di responsabilità nel senso passivo di esservi assoggettato (soggetto all’obbligo di rispondere) e nel senso attivo di essere il soggetto dell’atto tramite cui egli consente all’obbligo di rendersi responsabile. Il soggetto responsabile è colui che viene riconosciuto causa dei suoi atti. Il soggetto è suscettibile d’imputazione perché i suoi atti non provengono da nessun altra causa che non sia lui stesso. Il soggetto del verbo fare si trova ad essere naturalmente affetto da un potere causale: è a causa sua – e di lui solo – che ciò che è stato fatto è, appunto, stato fatto. La responsabilità conseguente è dunque un “rispondere” nel senso di “rispondere davanti a”, ossia davanti alla vittima, davanti alla comunità, davanti ad un tribunale, oppure ancora davanti al tribunale della 1 propria coscienza, che è una voce che parla in noi, ma come se venisse da un’istanza a noi superiore.” E’ quindi dalla consapevolezza di doverci assumere la responsabilità di quello che sta accadendo e di assumerla nel pieno senso indicato da Turoldo che abbiamo deciso di esaminare e proporre la nostra analisi della situazione della psichiatria nel quadro della organizzazione della assistenza sanitaria nazionale. Inquadramento generale Confrontando il Pil pro capite dei paesi europei osserviamo che questo oscilla tra €30.500 Figura 1 della Germania e €22.800 della Spagna e che la spesa sanitaria incide per una percentuale che va dal 7,2% della Germania all’8,2% del Regno Unito. L’incidenza di questa voce di spesa in Italia sia colloca in linea con la differenza di Pil pro capite rilevata con l’unica eccezione della Germania che, evidentemente, ha una incidenza della spesa sanitaria inferiore a quella di tutti gli altri paesi europei. Ad una prima analisi non sembra quindi che su scala macro vi siano evidenti motivi per ritenere che questa spesa debba essere ridotta in Italia nel confronto con gli altri paesi europei, sembrerebbe piuttosto opportuno cercare di comprendere quali siano le differenze tra il modello tedesco e quelli delle altre nazioni considerate per rendere ragione del minore investimento nella spesa sanitaria che la Germania Figura 2 opera. Prendendo poi in esame la composizione della spesa sanitaria in Italia è evidente che oltre il 60% di questa è rappresentato dalle spese per il personale e per i beni e servizi. E’ noto a tutti che soprattutto nell’area dei beni e servizi vi siano enormi margini di miglioramento (si ricordi l’incredibile oscillazione di prezzi per i materiali sanitari, dai cerotti alle TAC, rilevata nelle varie regioni 1 Prof.Fabrizio TUROLDO docente di “Bioetica” presso il corso di laurea in Filosofia ed “Etica sociale e bioetica” presso il corso di laurea in Scienze della società e del servizio sociale, all’Università “Ca’ Foscari” di Venezia Pagina |4 italiane più volte denunciata o la drammatica evidenza che l’inefficienza amministrativa in ordine ai pagamenti dei fornitori impone a questi di maggiorare il prezzo delle forniture per assorbire, in parte, gli oneri aggiuntivi derivanti dal cronico ritardo dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni - per citare soltanto due esempi e senza entrare nel merito dei profili di illegalità nelle azioni dei vari comparti che afferiscono alla voce “beni e servizi”). E’ inoltre sempre più evidente l’improprio e spesso truffaldino utilizzo che parte del personale delle pubbliche amministrazioni fa dei benefici derivanti dalla natura del contratto di lavoro e che ha portato ad un sovradimensionamento di questa risorsa per poter garantire il funzionamento minimo delle singole strutture operative. Ma vorrei concentrare oggi la nostra attenzione sulla voce “Cure termali, dipendenze etc.” che incide per il 6% sulla spesa totale ed all’interno della quale si nasconde la spesa desinata alla psichiatria. E’ questo un esempio di accorpamento di spese nella descrizione del bilancio generale che lascia sconcertati. Ed è proprio da questa scelta descrittiva così generica e disomogenea che vogliamo partire per affrontare i temi relativi alle nostre responsabili preoccupazioni per la situazione della psichiatria nella nostra area e più in generale nel nostro paese. L’accorpamento si rende necessario perché è ancora molto difficile rendere conto in modo analitico dei percorsi di spesa in questi settori dal momento che i contratti stipulati in sede locale non obbediscono ad un unico modello e sono contabilizzati con sistemi di registrazione non omogenei. Questo rende in molti casi impossibile seguire in modo dettagliato i flussi di spesa dando luogo alla esigenza di fornire dati accorpati e conseguentemente difficilmente governabili. Criticità del quadro normativo per la psichiatria Prenderemo in esame quattro provvedimenti che per la loro attualità determinano le maggiori preoccupazioni sia per quanto concerne il merito sia per quanto concerne la loro concreta applicabilità. Il primo di questi documenti costituisce la base normativa su cui dovrà organizzarsi l’assistenza psichiatrica (Allegato 1), il secondo contiene le norme che devono regolare la definitiva chiusura degli Ospedali Psichiatrici e le proposte di suddivisione dei fondi destinati alla chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (Allegato 4), mentre il terzo è il frutto del lavoro della Commissione di Inchiesta sull’efficacia ed efficienza del Servizio Sanitario Nazionale (Allegato 2) ed in particolare dei Servizi di Salute Mentale. Il quarto è il Decreto del Ministero della Salute di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze pubblicato sulla G.U. del 7 febbraio 2013 (Allegato 7)relativo alla ripartizione dei fondi destinati alla chiusura degli OPG. Per tutti questi documenti prenderemo in esame il metodo con cui si è giunti alla loro stesura limitandoci ad alcune considerazioni in merito ai contenuti specifici in essi espressi. Piano Nazionale per la Salute Mentale (Allegato 1) Emanato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 24-01-2013, il Piano Nazionale per la Salute Mentale, integrato su indicazione del Ministero di “ulteriori punti critici” si fonda sul lavoro del GISM (Gruppo Tecnico Interregionale Salute Mentale) che ha iniziato i suoi lavori nel 2008 Figura 3 costituendosi di un rappresentante per ogni regione italiana e pervenendo alla stesura del citato documento preliminare nel 2010. Tre anni dopo e con le modifiche indicate dal Ministero vede la luce in forma definitiva. Si tratta quindi di un percorso di 5 anni tra il momento in cui è stata rilevata l’esigenza di fornire indirizzi per la assistenza psichiatria ed in momento in cui tali indirizzi sono stati emanati. Noi riteniamo che questi tempi siano incompatibili con i cambiamenti sociali e scientifici che si determinano in 5 anni e che determinano le esigenze e, soprattutto, le possibilità di assistenza che il servizio pubblico può offrire. Inoltre le modalità e le possibilità di assistenza, oltre che la sensibilità sociale nei confronti della patologia mentale, sono molto diversificate e difficilmente riconducibili ad un modello unico. Nella nostra realtà non è difficile apprezzare un diverso approccio al problema della patologia mentale a seconda che si prenda in considerazione il centro della città o le zone periferiche, le zone della “bassa” piuttosto che l’area 2 collinare e montuosa. . 2 In effetti è nota una correlazione tra la concentrazione della popolazione per chilometro quadrato ed il benessere psichico di chi vi abita. Un esempio di tale correlazione è l’incidenza del fenomeno suicidio che è più frequente nelle zone ad alta concentrazione di abitanti ed in quelle in cui vi sia una bassissima concentrazione di abitanti, e si può indicare in 120.000 abitanti/kmq la concentrazione ottimale in cui viene rilevato il tasso di suicidalità più basso. Pagina |5 Pervenire quindi ad una generalizzazione su base nazionale del modello di assistenza da privilegiare è compito difficile in sé e certamente ciò che si poteva immaginare di “poter fare” nel 2008/2009 deve confrontarsi con un drammatico cambiamento di scenario sociale nel 2013. La impossibilità di pervenire ad una generalizzazione condivisa potrebbe in parte rendere ragione della difficoltà nell’indicare obiettivi realistici e definiti. Infatti dire che si desidera costruire Figura 4 percorsi di intensità differenziata, flessibili e personalizzati in relazione ai singoli bisogni mantenendo efficienza ed appropriatezza delle cure e riducendo la spesa ricorda molto chi si propone di mantenere la botte piena e la moglie ubriaca. Nessun problema ci sarebbe se un testo come questo non determinasse il costituirsi nella popolazione di aspettative di servizi che in realtà nessuno gli può fornire come cercheremo di dimostrare esaminando nel dettaglio la situazione della nostra provincia che, sottolineiamolo sempre, è una delle meglio organizzate del nostro Paese. L’incidenza di nuovi casi per la Provincia di Bologna indicata nella “Bozza aggiornata al 25 gennaio 2013” (Allegato 3) del “Progetto di Valutazione per Percorso Assistenziale” curato dal Laboratorio Management e Sanità della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa in collaborazione con il Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna è di 6,51 nuovi casi per 1.000 abitanti mentre la prevalenza è di 18,84 nuovi casi per 1.000 abitanti calcolata sui dati relativi all’anno 2010. Nella Tabella 1 abbiamo confrontato i dati di prevalenza sui CSM rilevati nel 2011 con quelli attesi. POPOLAZIONE RESIDENTE CAS 110.626 VER 57.732 BUD 59.448 GIO 96.840 GIV 82.250 SLA 76.614 NAN 59.146 SCA 68.541 TIA 66.965 ZAN 79.361 MAZ 108.620 TOTALE 866.143 ATTESI OSSERVATI PREVALENZA ANNO 2011 2084,19 2124 1087,67 941 1120,00 1336 1824,47 1622 1549,59 1578 1443,41 1426 1114,31 1313 1291,31 1362 1261,62 1305 1495,16 1367 2046,40 1718 16318,13 16092 Tabella 1 Gli scostamenti, pur presenti e significativamente rilevanti se considerati al livello dei singoli quartieri e Comuni, sembrano concordare sulle dimensioni complessive delle esigenze assistenziali espresse dal nostro territorio. Molto diversa è la situazione se vengono considerati i ricoveri il cui tasso per popolazione maggiorenne nel 2010 viene indicato in 260,46 ogni 100.000 abitanti per la Provincia di Bologna. Questo valore determina un valore atteso per di ricoveri nel 2011 di 2255,96 ricoveri contro i 3421 realmente osservati. Si tratta di uno scostamento superiore al 50%. I 3421 ricoveri osservati sono composti da tutti i ricoveri effettuati presso i tre SPDC dell’area cittadina, i ricoveri SPOI presso Villa Baruzziana, i ricoveri presso le Residenze a Trattamento Intensivo pubbliche e private Oleandri, Arcipelago, Villa Baruzziana e Ai Colli e non comprendono i ricoveri effettuati presso strutture fuori della nostra Provincia. Uno scostamento di queste proporzioni può essere dovuto ad una diversa metodologia di calcolo degli eventi di ricovero ma impone una attenta valutazione dal momento che il 3421 ricoveri rappresentano un dato di realtà relativo alle esigenze di posti letto per le patologie psichiatriche che sarebbe pericoloso ignorare. Al contrario le iniziative in via di programmazione da parte della Azienda Sanitaria vanno Figura 5 nella direzione assolutamente contraria prevedendo una riduzione del numero di posti letto disponibili di 19 unità già a partire da questa estate Se a questo si dovesse aggiungere la modifica dei termini della convenzione AIOP a Figura 7 livello Regionale passando da un rimborso “a retta giornaliera” ad un rimborso secondo DRG, come da più parti è stato annunciato, si determinerebbe l’assoluta impossibilità di far fronte alle esigenze di ricovero psichiatrico nell’area provinciale. Infatti un rimborso a DRG garantirebbe Figura 6 una copertura economica per i ricoveri nelle case di cura convenzionate del tutto improponibile. Infatti come mostrato nelle Figure 5,6 e 7 il rimborso così concepito consentirebbe Pagina |6 economicamente ricoveri di meno di 4 giorni per il DRG 426 – Nevrosi Depressiva, di meno di 10 giorni per il DRG 430 – Psicosi e di meno di 7 giorni per il DRG 523 – Abuso/dipendenza da alcool e farmaci per citare solo alcuni esempi. Chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (Allegato 4 – pg.9-10 e pg.4) La stessa difficoltà di metodo che abbiamo segnalato nella stesura del Piano Nazionale per la Salute Mentale si ripropone ed ha mostrato le sue conseguenze pratiche nella evoluzione della normativa relativa alla chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Infatti al termine dell’iter normativo ci si è dovuti rendere conto che le difficoltà nel dare applicazione pratica ai disposti di legge sono tali da suscitare forti preoccupazioni e da suggerire uno spostamento dei termini di applicazione della Legge. La Società Italiana di Psichiatria ha prodotto un dettagliato documento (Allegato 8) che rende conto della concretezza delle difficoltà ed in sostanza della enorme distanza che ancora separa la realtà dei territori del nostro paese dalla possibilità di dare concreta attuazione alla lodevole intenzione di sostituire gli attuali Ospedali Psichiatrici Giudiziari con altre e più adeguate strutture di trattamento e sorveglianza. D’altra parte prendendo in esame i requisiti previsti dal Decreto 1 ottobre 2012 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.270 del 19 novembre 2012 (Allegato 5) del Ministro della Salute di concerto con il Ministro della Giustizia che precisa i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi delle strutture residenziali destinate ad accogliere le persone cui sono applicate le misure di sicurezza del Figura 8 ricovero in Ospedale Psichiatrico Giudiziario ci si rende conto di quanto giustificato sia l’allarme degli psichiatri. Nell’area provinciale di Bologna è stato necessario chiudere per il periodo estivo 2012 i 15 posti letto di Emergenza Psichiatrica, che servono tra l’altro il P.S. dell’Ospedale Sant’Orsola, per l’impossibilità di coprire i turni del personale addetto con il personale disponibile e nel 2013 si prospetta la ulteriore chiusura di 18 posti letto per gli stessi motivi nello stesso periodo e nella completa incertezza riguardo alla possibilità di ripristinarne la disponibilità dopo il periodo estivo. Se ne deduce che se si dovesse dare applicazione alla norma la chiusura degli OPG dovrebbe essere fatta riducendo la disponibilità assistenziale in posti letto per la popolazione generale. Va inoltre segnalato che nel citato decreto la sorveglianza perimetrale delle strutture previste viene delegata ad accordi con le Prefetture che, ad oggi, non risultano essere precisati e rischiano di gravare sui compiti generali della Polizia di Stato. Il dibattito generale in merito a questa problematica, che ha portato alla emanazione della normativa attuale, non è affatto nuovo. Il problema si è posto, da anni, a causa della permanenza e della obsolescenza delle strutture e dei metodi di cura/detenzione per i ricoverati nei sei OPG italiani, a fronte della chiusura dei manicomi secondo il deliberato della legge 833/78. Il dibattito attuale sembra essere: chiudiamo i vecchi OPG e ne costruiamo di nuovi, con metodi di cura più adatti ai tempi. Tuttavia esiste anche una seconda ipotesi: chiudiamo definitivamente gli OPG e incanaliamo i pazienti su due strade: o il carcere o la assistenza psichiatrica . Per seguire questa seconda strada è tuttavia necessario cancellare dalla giurisdizione il concetto di Pericolosità Sociale e incanalare il reo, affetto da psicopatologia, secondo una delle due strade suddette: carcere o psichiatria. Quindi ci sono due opzioni sul tappeto: A) mantenere gli OPG; B) chiudere gli OPG. Nella discussione di convegni e tavoli tecnici si passa spesso da una ipotesi all’altra mentre sarebbe bene avere chiaro quale delle due ipotesi si vuole perseguire. Lo stesso problema fu affrontato a fine ‘800 quando sorsero gli OPG. Molti anni fa l’avvocato Achille Melchionda dedicò alcune lezioni magistrali a tale tema. Vale la pena ancora oggi riferirsi ad esse. Allora la questione era molto simile; il reo folle poteva essere indirizzato in una delle due strade : il carcere oppure la via psichiatrica (che allora era di piccole comunità e di visite private per i ricchi e il manicomio per i poveri: proprio in quegli anni ci fu la enorme crescita dei manicomi in Italia, Europa e Nord America). Nel dibattito di allora sorse tuttavia una questione che risultò insuperabile. Se in un procedimento penale gli avvocati fossero stati, o meno, particolarmente abili e/o il giudice particolarmente propenso per una ipotesi piuttosto che l’altra, sarebbe accaduto che: 1) finiva in carcere un reo particolarmente folle o 2) entrava nella “via” psichiatrica un folle particolarmente criminale. Dopo un ampio dibattito, intorno a questo punto, fu individuata la terza via: quella dell’OPG tramite le definizione della Pericolosità Sociale; in tal modo si sarebbero evitati i pericoli correlati come sopra esposti. Il clima culturale di allora era molto diverso dall’attuale: dominava il pensiero positivista e c’era una forte aspettativa che l’istituzione e la sua organizzazione avrebbero risolto il problema. Noi sappiamo che Pagina |7 non è stato così, ma il dibattito di allora ci è utile per focalizzare la motivazione giuridico/psichiatrica di origine dell’OPG, che è attuale tuttora. Proviamo a pensare cosa accadrebbe se, superato il concetto di pericolosità, si abolisse l’OPG e si seguisse la strada o Carcere o Psichiatria. Arriva in Carcere un condannato che presenta una psicopatologia. La psicopatologia implica aspetti soggettivi ed aspetti interpersonali. Se tali aspetti divengono incompatibili con la vita carceraria con altri detenuti, la persona deve essere isolata e curata per i suoi tratti. Deve quindi essere custodita e curata in una sezione o reparto speciale proprio come in un OPG; l’OPG uscito dalla porta rientra dalla finestra. Vale a dire che il Carcere si dovrà attrezzare con una sezione di custodia e cura specifico. In modo analogo un reo indirizzato dal Giudice verso la Psichiatria, nel caso compia atti criminali verso altri pazienti, dovrà essere accolto in un particolare luogo psichiatrico dove tali atti vengono circoscritti. Anche qui compare l’immagine della cura e della custodia, anche se forse in modo più attenuato rispetto al caso precedente. Quello che tuttavia preme segnalare è che la problematica congiunta della custodia e della cura si presentano di nuovo ma in luoghi diversi dall’OPG; luoghi che si dovranno attrezzare per curare una persona affetta da una psicopatologia e che abbia una restrizione della libertà ordinata da un Magistrato. Allora la domanda è: ne vale la pena? Cioè vale la pena chiudere gli OPG sapendo che poi dovranno essere prodotte strutture con la stessa funzione in Carcere e nella Psichiatria? Probabilmente si; ma solo perché viviamo in una fase di opposizione alle istituzioni, che sottilmente si congiunge alle grandi difficoltà finanziarie attuali tramite la minimizzazione del problema. Relazione Conclusiva sui Servizi per la Salute Mentale - Commissione Parlamentare di Inchiesta sull’efficacia ed efficienza dei Servizio Sanitario Nazionale (Allegato 2) Nella premessa della Relazione Conclusiva sui Servizi per la Salute Mentale redatta dalla Commissione Parlamentare di Inchiesta sull’efficacia ed efficienza del Servizio Sanitario Nazionale del Senato della Repubblica viene fatto esplicito riferimento alla “…filosofia di cura territoriale, individualizzata e centrata sui luoghi di vita delle persone, come delineato già dalla L180/78…” come normativa vigente che “offrirebbe sufficiente possibilità di attuazione ed organizzazione dei servizi”. Gli 11 articoli di cui si compone il testo della L.180/78 non indicano però quale debba essere l’organizzazione della cura territoriale e si limitano a delegare alle Regioni sia l’istituzione dei servizi di igiene mentale, attribuendo ad essi il personale che operava presso gli Ospedali Psichiatrici, sia il passaggio amministrativo dalla competenza provinciale a quella regionale della assistenza psichiatrica. Regola inoltre l’esecuzione e la revoca dei Trattamenti Sanitari Obbligatori e degli Accertamenti Sanitari Obbligatori. Indica il dimensionamento dei reparti di Diagnosi e Cura e la loro obbligatoria collocazione all’interno degli Ospedali Generali ed il collegamento ai servizi di assistenza territoriale. 3 La L.180/78 è stata poi assorbita nella Legge Istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale che Figura 11 all’Art. 2 declina tra gli obiettivi al “Comma g) la tutela della salute mentale privilegiando il momento preventivo e inserendo i servizi psichiatrici nei servizi sanitari generali in modo da eliminare ogni forma di discriminazione e di segregazione pur nella specificità delle misure Figura 12 terapeutiche, e da favorire il recupero ed il reinserimento sociale dei disturbati psichici”, negli Art. dal 33 al 35 riproponendo la regolamentazione dei procedimenti Obbligatori di Trattamento ed Accertamento Sanitario e nell’Art. 64 indicando le norme per il cosiddetto “periodo transitorio”. Figura 13 Nello stesso tempo lascia perplessi che la relazione, che dovrebbe prendere in considerazione tutto il territorio nazionale, si componga soltanto di sei pagine e sia priva di qualsiasi dato quali/quantitativo. L’impressione che se ne trae è che costituisca una riaffermazione Figura 14 di principi più che una “Relazione Conclusiva” di una inchiesta condotta con metodologia scientifica. La Commissione di Inchiesta ha infatti commissionato al Laboratorio Management e Sanità della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa in collaborazione con il Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna un progetto di Valutazione per Percorso Assistenziale 4 che è redatto in Bozza aggiornata al 25 gennaio 2013 (Allegato 3). In essa si chiarisce in premessa ai dati sulla salute mentale che: 3 4 Legge 23 dicembre 1978, n. 833 - Istituzione del S.S.N. Bozza aggiornata al 25/1/2013 del “Progetto indicatori di valutazione per percorso assistenziale” del MeS. Pagina |8 Ci sembra infine necessario sottolineare che la rappresentatività dei componenti della Figura 9 Commissione di Inchiesta del Senato, pur attenta alla rappresentatività politica dei suoi membri, non include nessuno psichiatra. La complessità ed articolazione del sistema della assistenza psichiatrica e le sue differenze per aree territoriali e per indirizzi scientifici, avrebbe suggerito la opportuna presenza di qualche addetto ai lavori. Finanziamento per la Chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (Allegato6-Allegato7) La proposta di ripartizione della quota destinata al finanziamento di parte corrente per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (Allegato 6) del Ministero della Salute prevedeva, per la regione EmiliaRomagna, circa € 2,2 Mln poi portati a complessivi € 3,2 Mln di euro per il 2013 nel Decreto del Ministero della Salute di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze pubblicato sulla G.U. del 7 febbraio 2013 (Allegato 7). Disponiamo quindi di una deliberazione sui fondi necessari dal 7 febbraio e nei rimanenti 52gg. che ci separano dal 31 marzo 2013 tali fondi dovrebbero concretamente essere resi disponibili, destinati e le strutture ed il personale messo in condizione di accogliere le persone attualmente ospitate negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e tutte quelle per cui dovessero essere disposte misure di sorveglianza da provvedimenti della Magistratura. E’ evidente che ciò è impossibile, ma a questo bisogna aggiungere la considerazione che se le strutture previste dalla legge devono rispondere agli standard previsti, il finanziamento è del tutto insufficiente. Infatti prendendo ad esempio la convenzione in essere con le Case di Cura convenzionate per l’assistenza psichiatrica, che hanno standard assistenziali e strutturali più bassi di quelli previsti per le strutture che stiamo ipotizzando, essa prevede una tariffa giornaliera di € 315 che per 365 giorni e per il numero di persone attualmente ospitate negli OPG di competenza dell’Emilia-Romagna (63), comporta una spesa complessiva annuale di oltre € 7,2 Mln. Tale cifra sui due anni presi in Figura 10 considerazione prevede per l’Emilia-Romagna per il 2012-2013 la somma di € 9.984.338,02 che non potrebbe certamente coprire gli oltre € 14,4 Mln che sarebbero necessari per la gestione ordinaria di strutture esistenti. Disgraziatamente in questo caso stiamo parlando di strutture che, ad oggi, non esistono. Problemi di diagnosi e di trattamento dei disturbi psichiatrici. Molte sono le discussioni suscitate dalla pubblicazione dell’ultima versione del Manuale Diagnostico Statistico delle Malattie Mentali. Allen Frances, professore emerito alla Duke University negli Stati Uniti e coordinatore di una delle versioni precedenti dello stesso manuale, ha messo in guardia dal rischio legato alla proliferazione di diagnosi psichiatriche “medicalize normality result in a glut of unnecessary and harmful drug prescription“. In particolare preoccupa la presenza di evidenti conflitti di interesse che condizionano i rapporti tra la classe medica e le multinazionali farmaceutiche che finanziano le ricerche. La questione della diagnosi psichiatrica non potrà certamente essere risolta fino a quando non avremo dato soddisfacente risposta a due quesiti fondamentali: a) la natura ed eziologia dei disturbi psichici b) la definizione di cosa sia un disturbo psichico In letteratura si identificano orientamenti ideologici spesso rigidi: biologici contrapposti ad antibiologici, nominalisti contrapposti a pragmatici con il risultato di una sorta di babele informativa che esprime bene l’assoluta incertezza che ancora domina nel dare risposta ai quesiti cui si faceva riferimento. Gli sviluppi della ricerca interessano la genetica (Allegato 10) così come la biochimica (Allegato 11) e, per quanto promettenti, non sono ancora risolutivi. Questo impone al clinico la constatazione che “there are real people suffering from real psychopathology, but that our way of naming and defining the psychopathology may not accurately Pagina |9 5 represent the biological reality of those conditions” (Allegato 9) e non lo esime dalla necessità di predisporre le cure necessarie per migliorare la condizione dei pazienti. Il citato Piano Nazionale per la Salute Mentale pone la massima attenzione sugli aspetti auspicabili nella gestione ed organizzazione dei Dipartimenti di Salute Mentale, ma la quotidianità del rapporto tra il clinico ed i suoi pazienti non può nutrirsi di auspici. Le proposte del Gruppo Tecnico Interregionale Salute Mentale, che ha collaborato alla stesura del Piano Nazionale, fanno riferimento alle Linee Guida del Sistema Nazionale per le Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità che, per la psichiatria, riguardano esclusivamente gli “Interventi precoci nella schizofrenia” (Allegato 12) e forniscono indicazioni sulla forza di alcune raccomandazioni relative agli interventi per questa specifica patologia ricavate da un confronto con la letteratura disponibile fino al 2009. In particolare vengono presi in considerazione “Interventi precoci in soggetti a rischio e/o Figura 15 in fase prodromica di schizofrenia” e “Interventi precoci in soggetti al primo episodio psicotico”. Tra quelli considerati soltanto il precoce trattamento farmacologico al primo episodio di Figura 16 scompenso psicotico, la sua prosecuzione nel periodo che lo segue ed il trattamento psicoeducativo dei familiari al primo episodio di scompenso del loro congiunto risultano influire positivamente sulla prognosi, sulla base dei risultati di studi controllati randomizzati o di revisioni Figura 17 di studi controllati randomizzati. L’enfasi che il Piano Nazionale per la Salute Mentale pone sugli aspetti organizzativi sembra ignorare che gli unici dati certi di cui disponiamo sono questi tre. Per il clinico il Figura 18 problema, di fronte ad un disturbo schizofrenico, è instaurare nel piu’ breve tempo possibile un trattamento farmacologico idoneo e lavorare per migliorare l’aderenza al trattamento da parte del paziente con il sostegno dell’ambiente familiare che lo circonda. Non è dissimile la situazione per i disturbi del tono dell’umore in cui i pazienti possono, nella maggior parte dei casi, diventare consapevoli delle caratteristiche del loro disturbo e fronteggiare in parziale autonomia le periodiche oscillazioni del tono dell’umore in senso maniacale o depressivo con l’aiuto del loro medico. Diagnosi differenziale e competenza medica La specificità medica della diagnosi non può essere delegata ad altre figure professionali ed è parte essenziale di una corretta impostazione di un percorso di cura. Ciò che nel linguaggio corrente viene definito “psicosi” è infatti un insieme di sintomi che possono essere sostenuti da diverse patologie tra le quali deve essere posta diagnosi differenziale. La presenza di deliri, disordini del pensiero, allucinazioni o/e comportamenti abnormi può essere sostenuta da depressione, schizofrenia, assunzione di Figura 22 sostanze stupefacenti, disturbi organici di altri organi e apparati, disturbi dello spettro bipolare così come non essere associata ad alcuna patologia psichiatrica ed è responsabilità del medico porre questa diagnosi differenziale. E’ inoltre largamente riconosciuto che i trattamenti dei disturbi psichiatrici hanno la loro migliore efficacia quanto più precocemente vengono instaurati. L’organizzazione dei CSM della nostra area sembra ignorare del tutto questo aspetto delegando il cosiddetto “triage” agli infermieri. Il riferimento teorico è il “triage” dei Pronto Soccorso in cui la prima valutazione dell’urgenza da attribuire al caso viene affidata appunto agli infermieri. L’organizzazione degli undici CSM dell’area di competenza della AUSL di Bologna prevede un servizio di urgenza in libero accesso sulle 12 ore diurne. Chiunque può rivolgersi ad esso sia di Figura 19 propria iniziativa sia su richiesta del Medico di Famiglia. L’ipotesi di organizzare il CSM sulle 24 ore vorrebbe ampliare la questa disponibilità. La differenza tra il triage di un Pronto Soccorso e quello dei CSM è però che in Pronto Figura 20 Soccorso l’infermiere formula una prima valutazione in merito alla gravità del caso attribuendo un codice di priorità all’intervento richiesto, ma nessun paziente può essere dimesso dal Pronto Soccorso senza che sia stata effettuata una valutazione medica, mentre nei CSM l’attività di Figura 21 triage infermieristico può concludersi senza che la situazione sia stata valutata da un medico. Nel CSM il medico viene coinvolto nel primo contatto solo in caso di emergenza cioè quando l’intervento venga richiesto da altre agenzie come le forze dell’ordine, i servizi sociali, il medico di famiglia od altro e sia improcrastinabile. Purtroppo una richiesta di aiuto urgente che non si sia trasformata in emergenza sociale o di ordine pubblico, ha poche possibilità di avere accesso ad una visita medica psichiatrica immediata ed è molto più probabile che venga rimandata ad un appuntamento nelle settimane successive alla richiesta. Da una parte questo dipende dal rapporto tra numero di richieste e personale disponibile, dall’altra da una sorta di posizione ideologica che mira ad evitare la cosiddetta “medicalizzazione della psichiatria”. 5 “The six most essential questions in psychiatric diagnosis: a pluralogue. Part 4:general conclusion” - pg.8 - Philosophy, Ethics, and Humanities in Medicine 2012, 7:14 P a g i n a | 10 E’ sempre a partire da una serie di posizioni ideologiche che viene affrontato anche il problema del trattamento farmacologico dei disturbi mentali. Infatti da una parte si afferma che il trattamento dei disturbi dovrebbe essere precoce e possibilmente incoraggiato o iniziato dal medico di medicina generale, dall’altra si motiva e premia la diminuzione di prescrizioni di farmaci antidepressivi da parte dei medici di medicina generale; da una parte si sostiene che la continuità della presa in carico personalizzata e del Figura 23 trattamento favorisce il benessere dei pazienti, dall’altra si scoraggia o addirittura si sanziona l’utilizzo di farmaci in forma deposito che potrebbero garantire tale continuità, apparentemente ignorando che l’aderenza al trattamento farmacologico è bassa in tutti i pazienti ed è ovviamente ancora più bassa nei pazienti psichiatrici gravi che, per definizione, non Figura 24 riconoscono nemmeno la necessità di sottoporsi a cure. Non “medicalizzare” la psichiatria e marginalizzare la posizione dei medici che non si “sottomettono” ad una lettura “democratica” della patologia mentale, è l’ultimo frutto avvelenato di quello “spirito della 180” cui fa riferimento il Senatore Marino e che si era formato attorno alla convinzione che la malattia mentale non esiste ed è in realtà un precipitato sociale dei processi di segregazione manicomiale e di stigmatizzazione della patologia mentale. A nulla sembra valere l’evidenza proposta da studi come quello effettuato nella pur Figura 25 democratica Olanda e proposto nella figura 25 che dimostrano che in gioco non c’è un accademico confronto di posizioni ma la vita stessa degli ammalati. Definizione del rapporto ottimale tra personale medico e pazienti nei servizi psichiatrici ambulatoriali Obblighi deontologici Esigenze amministrative attuali Tempo da dedicare al paziente Riduzione del personale Corretto percorso diagnostico Riduzione dei posti letto Adeguatezza delle cure Risparmio sui farmaci L’equilibrio tra le esigenze amministrative e quelle cliniche è imprescindibile per il funzionamento di qualsiasi sistema di assistenza. Purtroppo in questi anni abbiamo assistito ad un progressivo e drammatico sbilanciamento. La riduzione del personale è costante e non esiste nessuna attenzione volta a definire quale sia il limite minimo al di sotto del quale non è più possibile erogare il servizio richiesto. Gli specialisti in psichiatria che operano nel Servizio Pubblico non dispongono di un chiaro riferimento relativo al numero massimo di pazienti che ciascuno di essi può curare. Questa condizione, associata alla constatazione che sempre più spesso vengono coinvolti in procedimenti penali come imputati di responsabilità colposa per reati commessi dai loro assistiti, rende necessaria ed urgente la definizione di parametri di riferimento cui il singolo professionista possa e debba adeguarsi. Infatti, mentre nell’esercizio della professione di psichiatra in ambito privato è il singolo specialista che determina il limite della propria operatività e gestisce i termini ed i limiti del rapporto con il proprio assistito, in ambito pubblico il professionista è inserito in un sistema di assistenza che, sulla carta, dovrebbe rispondere a qualsiasi richiesta di assistenza di natura psichiatrica afferisca al Dipartimento di Salute Mentale. Da ciò deriva una obiettiva condizione di grave esposizione per lo psichiatra che, chiamato a rispondere civilmente e penalmente in merito a condotte delittuose eventualmente messe in atto dal proprio assistito, deve farsi carico singolarmente di tutti gli oneri di natura legale, psicologica ed economica che derivano dalla condizione di aver prestato assistenza. E’ infatti l’aver prestato assistenza a quell’individuo che poi ha commesso il reato che consente, giuridicamente, l’imputazione di responsabilità colposa del professionista che opera nel Servizio Pubblico. Questo professionista però è istituzionalmente sottoposto a vincoli operativi che sono determinati da esigenze socio-politiche sulle quali non ha alcuna voce in capitolo. Ciò determina una contraddizione insanabile dal momento che il medico è deontologicamente tenuto a prestare assistenza ma non dispone di strumenti di controllo né psicoterapeutici né farmacologici che “garantiscano” socialmente le condotte del proprio assistito così come non può opporsi ad una imposizione politico-amministrativa concernente l’organizzazione dei servizi stessi. P a g i n a | 11 Utilizzando come parametro di riferimento il tempo disponibile per ciascun professionista psichiatra abbiamo cercato di giungere alla definizione del numero massimo di persone che possono essere assistite contemporaneamente. Tale impostazione è imprescindibile dal momento che la primaria responsabilità giuridica degli interventi che vengono erogati nei servizi di salute mentale è del medico titolare del caso che ne diventa in prima persona responsabile. Non è quindi possibile, anche in questa circostanza, delegare a figure professionali diverse dal medico la titolarità della programmazione degli interventi sanitari e del loro periodico controllo. Partendo dalla constatazione che ciascuno psichiatra assunto a tempo pieno dispone di 38 ore settimanali di lavoro e che una visita di controllo psichiatrica non può essere espletata in meno di 30 minuti si può cercare di formulare una stima della utenza che può essere contemporaneamente seguita da un singolo psichiatra nell’area bolognese. La composizione dell’orario deve tenere presente che 16 ore al mese vengono dedicate alle guardie sui Pronto Soccorso degli Ospedali cittadini ed incidono quindi per 4 ore settimanali. Disponibili rimangono quindi 34 ore. Di queste 12 alla settimana sono dedicate all’urgenza presso gli ambulatori dei CSM portando la disponibilità per l’attività programmata a 22 ore la settimana. A queste devono essere aggiunte le ore dedicate alle riunioni, alla attività formativa ed agli spostamenti che stimiamo, ottimisticamente, in 2 ore la settimana. Le rimanenti 20 ore, suddivise in 5 giorni lavorativi settimanali rendono disponibili 4 ore al giorno per attività clinica programmata per complessive 40 visite la settimana e 160 visite in un mese. Per ogni Psichiatra Giorni lavorativi per settimana 5 Ore di Ambulatorio per giorno N°visite per ora 4 2 N°visite per settimana N°visite per mese 40 160 Tabella 2 Se poi immaginiamo la composizione della casistica di cui uno psichiatra si occupa suddividendola per gruppi diagnostici di appartenenza dei pazienti ed abituale frequenza con cui sarebbe auspicabile programmare i controlli sanitari, possiamo costruire una griglia che consenta di stimare la distribuzione auspicabile dei tempi di lavoro di ciascun professionista. Frequenza dei controlli per condizione clinica del paziente Per ogni paziente con Disturbi d'ansia compensati Disturbi del tono dell'umore compensati Disturbi schizofrenici compensati Disturbi d'ansia fase acuta Disturbi del tono dell'umore fase acuta Disturbi schizofrenici fase acuta visite in un mese Frequenza controlli in giorni 0,50 60 1,00 30 2,00 15 2,00 15 4,29 7 30,00 1 Tabella 3 Se il numero di persone assistite è parificato a 100 ed all’interno di questo gruppo si cerca di quantificare la numerosità di ciascuna classe diagnostica considerata ed il tempo necessario per assisterla in modo continuativo ed adeguato è possibile giungere ad un confronto tra tempo disponibile e tempo necessario allo svolgimento della funzione cui il professionista è delegato. P a g i n a | 12 Figura 26 50 100,00 45 45 90,00 40 80,00 35 70,00 27 30 60,00 25 50,00 18 20 40,00 15 30,00 10 20,00 5 3 5 2 10,00 0 0,00 Disturbi d'ansia Disturbi del Disturbi Disturbi d'ansia Disturbi del Disturbi compensati tono dell'umore schizofrenici fase acuta tono dell'umore schizofrenici compensati compensati fase acuta fase acuta n°pz visite disponibili per 60gg n°pz Disturbi Disturbi Disturbi Disturbi Disturbi Disturbi d'ansia compensati del tono dell'umore compensati schizofrenici compensati d'ansia fase acuta del tono dell'umore fase acuta schizofrenici fase acuta 45 27 18 5 3 2 100 controlli necessari in 60 gg visite disponibili per 60gg 54,38 65,26 87,01 24,17 31,18 58,01 320 controlli necessari in 60 gg 45 54 72 20 25,8 48 264,8 Una distribuzione del carico assistenziale così concepita saturerebbe l’83% del tempo disponibile lasciando un margine per far fronte ad eventi imprevisti come la malattia del medico o il presentarsi contemporaneo di più emergenze. Purtroppo la condizione in cui gli psichiatri che operano nell’area bolognese è molto lontana da Figura 27 questa auspicabile distribuzione. Infatti i dati del 2011 confermano che il 70% di loro è titolare di più di 100 N°pazienti per medico al 31 dic 2011 casi ed un sottogruppo di oltre il 30% è titolare di più di 200 casi. Normalmente il numero di casi attribuiti a oltre 200 30,30% ciascun medico aumenta in funzione dell’anzianità di 31,31 % servizio del professionista nel luogo in cui opera. >=150 e <200 Questo dipende dal fatto che i casi gravi e gravosi >=100 e <150 tendono a “sedimentare” all’interno del sistema di assistenza vista la impossibilità di pervenire ad una 14,14% meno 100 24,24% definitiva soluzione dei problemi di cui sono espressione e quindi alla dimissione del paziente. Il 30% dei professionisti che si occupa di meno di 100 pazienti è verosimilmente composto dal dirigenti medici che lavorano presso i Diagnosi e Cura e quindi non hanno pazienti in carico direttamente e da quelli che svolgono prevalentemente funzioni amministrativo-organizzative pur essendo inquadrati nel ruolo sanitario. P a g i n a | 13 Figura 28 100 160,00 90 90 140,00 80 120,00 70 100,00 54 60 80,00 50 36 40 60,00 30 40,00 20 10 6 10 4 0 20,00 0,00 Disturbi d'ansia Disturbi del Disturbi Disturbi d'ansia Disturbi del Disturbi compensati tono dell'umore schizofrenici fase acuta tono dell'umore schizofrenici compensati compensati fase acuta fase acuta n°pz visite disponibili per 60gg n°pz Disturbi Disturbi Disturbi Disturbi Disturbi Disturbi d'ansia compensati del tono dell'umore compensati schizofrenici compensati d'ansia fase acuta del tono dell'umore fase acuta schizofrenici fase acuta 90 54 36 10 6 4 200 controlli necessari in 60 gg visite disponibili per 60gg 54,38 65,26 87,01 24,17 31,18 58,01 320 controlli necessari in 60 gg 90 108 144 40 51,6 96 529,6 La saturazione del tempo disponibile nel caso di 200 pazienti è però di oltre il 160% e questo implica necessariamente che i pazienti non potranno essere visti con la frequenza auspicabile per una corretta gestione medica dei trattamenti. In conclusione pensiamo che la convergente influenza dall’aumento delle richiesta di assistenza psichiatrica così come il mutato atteggiamento sociale verso i medici e verso la psichiatria in particolare, insieme alla complessiva esigenza di riduzione della spesa sanitaria nel settore pubblico, stiano determinando una condizione di allarmante rischio professionale per gli psichiatri operanti nel settore pubblico. Questi infatti diventano il terminale unico di tutte queste criticità che, inevitabilmente, determinano insoddisfazione e a volte conseguenze drammatiche. Il confronto con la responsabilità giuridica e gli obblighi di garanzia. Minimizzata in alcuni contesti ed esasperata in altri, la questione della responsabilità giuridica in capo allo psichiatra è argomento che non può essere ignorato in un’analisi della situazione della psichiatria sul nostro territorio e più in generale nel nostro Paese. Il dibattito relativo alla “posizione di garanzia” dello psichiatra nei confronti del proprio assistito non trova confronti possibili con altre branche della medicina. Infatti se è vero che qualsiasi medico ha doveri di tutela verso il suo assistito (Art. 591 C.P. “abbandono di 6 incapace” ), nel caso dello psichiatra agli obblighi derivanti dall’art.591 si aggiunge la presunzione, 6 L’articolo 591 del codice penale stabilisce che il soggetto passivo di abbandono può essere: «un minore degli anni 14, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa». Autore del reato in questione è la persona che ha in custodia (anche in via occasionale e temporanea) o deve avere cura di un soggetto incapace e che in forza di detta relazione ha il dovere di non abbandonarlo. Se lo abbandona, con la coscienza e consapevolezza di lasciarlo in una situazione di pericolo, è penalmente responsabile. La Corte di Cassazione ha chiarito che la condotta criminosa di abbandono di incapace «consiste nel lasciare la persona in balia di se stessa o di soggetti inidonei a provvedere adeguatamente alla sua custodia ed alla cura o, comunque, insufficienti allo scopo, in modo tale che derivi un pericolo per la incolumità personale» P a g i n a | 14 giuridicamente consolidata, che egli debba intervenire prevedendo e prevenendo comportamenti auto o etero aggressivi che possano essere messi in atto dal proprio assistito. Su tale presunzione si fondano le ormai numerose sentenze che vedono gli psichiatri chiamati a rispondere delle conseguenze delle azioni auto o etero lesive messe in atto dai loro pazienti (Allegato 13). Nel caso di condotte etero lesive il Magistrato, di fronte alla non imputabilità del paziente affetto da malattia mentale, lo parifica ad un incapace maggiore di età la cui tutela viene di fatto ascritta allo psichiatra che lo ha in cura. Analogamente ed a fortiori nel caso di condotte auto lesive messe in atto dal paziente lo psichiatra è chiamato a rispondere per non avere messo in atto i provvedimenti necessari e sufficienti a prevenire l’evento. In sostanza laddove si determini un evento penalmente rilevante che preveda l’esplorazione delle responsabilità colpose, se l’autore del reato è dichiarato non imputabile per accertata incapacità di intendere e volere al momento dell’esecuzione del reato, lo psichiatra potrà essere chiamato in giudizio per rispondere del non avere adottato misure di tutela anche coattive dell’incapace volte ad evitare la commissione del reato. Questo ragionamento, giuridicamente accettato nell’evoluzione delle sentenze passate in giudicato, è però inaccettabile perché fondato su presupposti che la stessa giurisprudenza contraddice: 1. La possibilità per lo psichiatra di richiedere l’adozione di misure restrittive della libertà personale del proprio paziente è rappresentata dalla sua possibilità di proporre, al pari di qualsiasi altro medico, un provvedimento di Trattamento Sanitario Obbligatorio che deve essere convalidato da un medico in possesso di requisiti specifici e che contestualmente al medico richiedente verifica la presenza contemporanea dei tre requisiti che la Legge prevede perché il Sindaco disponga il Trattamento Sanitario Obbligatorio. 2. Il Trattamento Sanitario Obbligatorio è una misura sanitaria che viene presa nell’esclusivo interesse del paziente e che ha come obiettivo il recupero dello stesso alla disponibilità a sottoporsi alle cure necessarie e che deve essere immediatamente revocato una volta ottenuta l’adesione alle cure e la risoluzione delle alterazioni psichiche che ne avevano determinato la necessità. Il Trattamento Sanitario Obbligatorio è quindi, e deve essere, un provvedimento temporaneo volto a superare una condizione di acuta crisi nell’attualità del suo manifestarsi e non può in alcun modo essere considerata una misura che può essere adottata in maniera preventiva o sulla base di una anticipazione delle possibili condotte future del paziente. La sua necessità non può quindi essere desunta “ex post” sulla base di eventi successivi a quelli in cui il paziente è stato valutato dal professionista. L’altro presupposto inaccettabile che si desume dalla lettura delle sentenze è che i farmaci di cui lo psichiatra dispone siano in grado di determinare e/o controllare il comportamento. Ciò è evidentemente falso. I farmaci sono in grado di determinare una riduzione, ed in alcuni casi, la scomparsa di alcuni sintomi specifici delle malattie psichiatriche ma non possono determinare il comportamento delle persone. E’ vero che con l’uso opportuno di farmaci è possibile ottenere in acuto la risoluzione di una crisi di aggressività, di agitazione o una crisi suicidaria producendo una sedazione del paziente, ma questo è molto diverso dal sostenere che è possibile intervenire farmacologicamente sulle determinazioni del paziente in ordine alle proprie condotte abituali o future. Per fare qualche esempio una persona con attitudine collerica o paranoidea può essere opportunamente sedata in un Pronto Soccorso, quando vi venga condotta dalle Forze dell’Ordine dopo che ha aggredito qualcuno, ed è ragionevole aspettarsi che nel giro di poche ore superi la crisi acuta che lo ha portato a mettere in atto l’aggressione, ma questo non significa che sia possibile ottenere per via farmacologica che non sia più collerico o paranoide in futuro. Lo stesso vale per un suicida che giunga alla osservazione medica per avere minacciato o agito una autolesione. E’ possibile agire farmacologicamente per fargli superare la crisi suicidaria ed è ancora possibile impostare un trattamento con anti depressivi, ma questo non può offrire alcuna reale garanzia che un nuovo tentativo di autolesione si possa escludere in seguito. Tutto ciò premesso vale la pena prendere in esame alcuni punti che sostanziano od escludono nella giurisprudenza consolidata la chiamata in giudizio dello psichiatra. Punto 1 – L’imputabilità Lo psichiatra può essere imputato di un reato colposo di cui si sia reso protagonista uno dei suoi pazienti quando tale reato sia previsto nel Codice Penale in forma colposa. P a g i n a | 15 Figura 29 La struttura incriminatrice tipica per le condotte auto – etero lesive del paziente Il concorso colposo nel delitto doloso, ai sensi degli artt. 110 e 113 cp., è previsto se il delitto doloso sia previsto dalla legge come punibile anche a titolo di Vale a dire che mentre per il reato di omicidio, che prevede la responsabilità colposa, lo psichiatra può essere imputato per colpa come chiunque altro, mentre per il reato di stupro, che non prevede la 7 perseguibilità per colpa, lo psichiatra non è imputabile . La caratteristica specifica della imputazione colposa dello psichiatra è che la condotta che gli viene contestata non è direttamente collegata al danno che colposamente ha prodotto, ma tale collegamento è mutuato dalla condotta del paziente che, a sua volta, può essere condizionata e sostenuta da motivi od occasioni diverse dalla condotta contestata allo psichiatra. Da ciò deriva che il rapporto tra la condotta eventualmente contestata allo psichiatra e l’evento doloso deve essere dimostrato. Il rapporto fra la condotta dello psichiatra e l’evento (morte o lesione) non è diretto ma è mutuato dalla condotta del paziente. Figura 30 Elementi rilevanti per lo psichiatra Il tempo intercorso tra la condotta dello psichiatra e l’evento (morte o lesione) con dimostrazione di eventi intercorrenti, non conoscibili da parte del professionista, potenzialmente influenti sulla condotta del paziente (provocazione o stressor) La presenza di eventi simili nell’anamnesi del paziente non collegabili alla specifica condotta contestata alla psichiatra. Il riconoscimento della parziale capacità di intendere e volere del paziente al momento dei delitti di cui si sia reso autore. Se il paziente è giudicato parzialmente capace di intendere e volere sarà quindi più difficile ricondurre alla condotta pregressa dello psichiatra la condotta del paziente, così come la presenza di eventi intercorrenti tra l’azione dello psichiatra e quella del paziente che possano aver sostenuto l’azione dolosa del 8 paziente interromperebbero la consequenzialità tra l’una e l’altra . 7 Nel caso del suicido è evidente dall’esame delle sentenze che, anche se il suicidio non è un reato nel nostro ordinamento giuridico, si dà piu’ volte il caso che lo psichiatra venga imputato e, qualche volta condannato. 8 Si segnala che lo stesso costrutto della non imputabilità per vizio totale di mente è soggetta in alcuni ambienti a critica severa laddove si sostiene che in nessun caso il disturbo psichiatrico determina una totale mancanza di discernimento relativamente alla qualità della azione commessa. Nello stesso tempo i tentativi di costruire strumenti scientifici per la valutazione basata su criteri standardizzati della capacità di intendere e volere non ha ancora dato risultati soddisfacenti ed univoci. Si veda in proposito: Guan W, Cai W, Huang F, Wu J. The application of diminished criminal responsibility rating scale to mental retardation offenders. Fa Yi Xue Za Zhi [serial online]. October 2009;25(5):352-354. Anche in ambito neurofisiologico gli studi non sono in grado di dare una risposta definitiva ma sembra assodato che il giudizio normativo sia il risultato della contemporanea attività di diversi sistemi e che coinvolga in maniera rilevante il sistema delle emozioni. Si può quindi immaginare quale difficoltà vi possa essere nell’esprimere un giudizio ex post riguardo alle capacità di intendere e volere di un soggetto. In proposito si suggerisce la lettura di: Goodenough O.R., Prehn K Un modello neuroscientifico del giudizio normativo nel diritto e nella giustizia i-lex Scienze Giuridiche, Scienze Cognitive e Intelligenza Artificiale Rivista quadrimestrale on-line: www.i-lex.it Gennaio 2005, numero 2. In ordinamenti giuridici diversi da quello italiano infine la incapacità di intendere e volere non esclude il soggetto dal giudizio, ma è presa in considerazione nello definizione della sentenza. Si veda in proposito: Samuels A, O'Driscoll C, Allnutt S. When killing isn't murder: psychiatric and psychological defences to murder when the insanity defence is not applicable. Australasian Psychiatry: Bulletin Of Royal Australian And New Zealand College Of Psychiatrists [serial online]. December 2007;15(6):474-479. P a g i n a | 16 Naturalmente quanto maggiore è la distanza temporale tra le azioni dolose del paziente e la condotta contestata al medico tanto maggiore sarà la probabilità che eventi intercorrenti possano aver condizionato la condotta dolosa del paziente. Punto 2 – Rapporto tra obbligo di trattamento per il paziente ed obbligo di cura per il curante. L’obbligatorietà della cura prevista dalla legge determinerebbe e sostanzierebbe l’obbligatorietà dell’intervento da parte dello psichiatra. L’intervento dovrebbe essere “attivato” ogniqualvolta lo psichiatra rilevi il rischio di degenerazione della patologia del paziente ed essere “applicato coattivamente” quando ne ricorrano le condizioni. Di qui la conseguenza che sussista per lo psichiatra una posizione di garanzia verso il proprio paziente e verso il sistema sociale da cui riceve il mandato. La “degenerazione della patologia” deve essere prevenuta dallo psichiatra che ha a disposizione per questo, quando ne ricorrano le condizioni di Legge, anche lo strumento della coazione. In questa accezione sembra quindi che i doveri di prevenzione attribuiti allo psichiatra si estendano molto oltre l’abituale concezione relativa alla valutazione del se ricorrano o meno le condizioni di Legge per procedere ad un Trattamento Sanitario Obbligatorio. Se immaginiamo l’obbligo di agire dello psichiatra verso il paziente come una condizione presente in ogni situazione clinica con cui questi si imbatta, ciò che sarebbe variabile è il “gradiente di intensità” dell’obbligo di cura cui lo psichiatra è sottoposto piuttosto che il suo paziente. Tale “gradiente di intensità” sembra essere legato in primo luogo alla valutazione, che allo psichiatra compete, della eventuale influenza della psicopatologia sulle condotte del paziente ed in secondo luogo alla valutazione del se tale influenza possa compromettere una corretta rappresentazione della realtà esterna ed una successiva coerente valutazione delle sue scelte d’azione. Quando queste condizioni siano entrambe presenti l’obbligo di cura diviene inderogabile per lo psichiatra e, laddove non sia possibile ottenere la collaborazione del paziente alle cure necessarie, inderogabile diventa anche per il paziente che deve essere sottoposto a Trattamento Sanitario Obbligatorio. Al contrario non sussiste alcun obbligo di cura né per il paziente né per lo psichiatra laddove lo psichiatra verifichi che il paziente è in grado di operare una corretta rappresentazione della realtà esterna ed una successiva coerente valutazione delle proprie scelte d’azione. La previsione di una forma obbligatoria d’intervento rende evidente la sussistenza di un obbligo dello psichiatra di attivare gli interventi terapeutici volti a prevenire la degenerazione della patologia e di applicarli coattivamente quando ne ricorrano le condizioni Figura 31 L’influenza della psicopatologia sulle condotte del paziente è tale da compromettere una corretta rappresentazione della realtà esterna ed una OBBLIGO ISTITUZIONALE DI ADOTTARE PROVVEDIMENTI DI CURA O SEGNALAZIONE successiva coerente valutazione delle proprie scelte La previsione di una forma obbligatoria POSIZIONE DI GARANZIA d’intervento rende evidente la sussistenza di un obbligo dello psichiatra di attivare gli interventi terapeutici volti a prevenire la degenerazione della patologia e di applicarli coattivamente quando ne ricorrano le condizioni Il paziente è in grado di operare una corretta rappresentazione della realtà esterna ed una successiva coerente valutazione delle proprie scelte MANCANZA DI ISTITUZIONALI OBBLIGHI P a g i n a | 17 Non è comunque possibile ignorare che l’influenza della psicopatologia sulle condotte del paziente e su una corretta rappresentazione della realtà esterna non è una condizione stabile che viene determinata una volta per tutte per una persona affetta da una data patologia psichiatrica. E’ invece condizionata sia dal tipo di patologia sia dalla fase della patologia che, in molti casi, si sviluppa e viene trattata per periodi di tempo molto lunghi. Cercando quindi di dare logica consequenzialità ad un tale modo di interpretare la funzione dello psichiatra se ne può derivare la richiesta sociale e giuridica di provvedere ad una sistematica valutazione di questi aspetti da parte del curante ad ogni controllo oltre che al momento della presa in carico. Il controllo non sarebbe quindi, come per qualsiasi altra branca della medicina, controllo dello stato di salute o della efficacia ed appropriatezza dei provvedimenti terapeutici prescritti, ma anche controllo della eventuale 9;10 del sistema di pensieri che il paziente via via organizza relativamente a sé stesso ed “pericolosità sociale” al mondo che lo circonda. Dovremmo quindi formulare una valutazione della intensità dell’influenza della psicopatologia sulle scelte d’azione del paziente in base al tipo di patologia, alla fase di malattia ed alla fase del trattamento. Figura 32 Figura 33 Fase del trattamento 1° visita Interventi urgenti Interventi programmati Dimissione Cosa può influire sulla rappresentazione della realtà esterna e sulla coerente valutazione delle scelte d’azione del paziente? Scompenso acuto in patologia cronica Patologia stabilizzata Remissione dei sintomi < 6mesi Remissione dei sintomi > 6mesi POSIZIONE DI GARANZIA Fase della patologia Esordio acuto Tipo di patologia Fase del decorso Area schizofrenia e altri disturbi psicotici Esordio fase acuta Delirium varie etiologie Area disturbi del tono dell’umore Area disturbi d’ansia Scompenso acuto in patologia cronica Cronico stabilizato Con aspetti psicotici Tipo di personalità Disturbi di personalità gruppo A Disturbi di personalità gruppo B Senza aspetti psicotici Disturbi di personalità gruppo C dr. pietro abbati 9 Valga qui ricordare che il concetto di “pericolosità sociale” è escluso con forza dal dibattito che ha dato luogo alla formulazione della Legge 180 e che tale dibattito non si è mai spento nel corso di questi anni. In proposito valga citare l’intervento della dott.ssa Rita Zaccariello presentato a Bologna nel 2008 su “QUESTIONI IN TEMA DI RESPONSABILITA’ PENALE DELLO PSICHIATRA PER CONDOTTE AUTO O ETERO LESIVE POSTE IN ESSERE DAL PAZIENTE” laddove afferma che “se non vi è dubbio che la stretta correlazione tra malattia mentale e pericolosità stabilita dalla legge del 1904 fosse arbitraria perché fondata su un mero pregiudizio e sia assolutamente incostituzionale, è altresì vero che il venire meno di tutti i riferimenti normativi alla pericolosità derivante da causa psicopatologica – salvo il caso in cui l’infermo di mente abbia già commesso un reato – non ha potuto cancellare un dato di realtà, ossia la possibilità che un determinato soggetto versi in uno stato psicopatologico di tale intensità da renderlo, in concreto, pericoloso per sé e per altri, quindi incline a porre in essere comportamenti auto o etero lesivi che non sono espressione di un autodeterminazione consapevole ma espressione della malattia” 10 La legge 663/1986, ha abrogato ogni fattispecie di pericolosità presunta risolvendo definitivamente il problema del binomio pericolosità sociale infermità mentale, "consentendo così di considerare quest'ultima non più come una causa 'speciale' di pericolosità, ma come un qualsiasi fattore che, interagendo con gli altri, può esercitare un'efficacia criminogena; si può quindi escludere l'applicazione della misura non solo quando l'infermità è venuta meno o è migliorata, ma anche quando, pur essendo questa immutata rispetto all'epoca della commissione dei fatti, risulti comunque improbabile che il soggetto ponga nuovamente in essere comportamenti lesivi degli interessi della collettività: in altri termini si può affermare che anche la pericolosità sociale dell'infermo di mente deve accertarsi non soltanto sulla base di emergenze di natura medicopsichiatrica, ma sulla base di tutti quei criteri di valutazione di cui all' art. 133 c.p.; quindi il giudice è legittimato a prendere in esame qualsiasi elemento utile a detto accertamento, compreso l' ambiente in cui il soggetto liberato verrebbe a vivere ed operare e la presenza ed efficienza o meno di presidi territoriali socio-sanitari ai fini della continuità nell'assistenza psichiatrica; da ciò consegue che detto accertamento è compito esclusivo del giudice, che non può abdicarvi a favore di altri soggetti, quali il perito, né rinunciarvi, pur dovendo tener conto dei dati relativi alle condizioni mentali e comportamentali in cui si trova il soggetto interessato, eventualmente indicati dal perito. La conseguenza dell'attuale disciplina è che, nei confronti dell'autore di reato, anche gravissimo, che sia stato prosciolto per vizio totale e che non venga riconosciuto pericoloso, non è previsto nessun provvedimento ed egli sfugge a qualsiasi terapia o cura appropriata. Naturalmente ciò che i critici della capacità predittiva della psichiatria contestano non è la necessità di formulare predizioni nella quotidianità del vivere, bensì il fatto di gabellare per scientifiche, ovvero dotate di certezza, prognosi che non sarebbero più sicure di quelle basate sul senso comune. Resta però il fatto che, se si deve ammettere che al folle residua pur sempre uno spazio di libertà, sappiamo anche che ogni disturbo mentale comporta una riduzione di questa area. Inoltre le dinamiche dei disturbi mentali sono note alla psichiatria e le reazioni dei soggetti che ne sono affetti sono più rigide di quelle delle persone sane, più frequentemente stereotipate e più agevoli ad essere previste. Nonostante ciò, non sono possibili certezze, perché il malato non è guidato nella propria condotta soltanto dalle dinamiche psicopatologiche, che, seppur rilevanti, non eliminano la sua libertà di scelta. Le predizioni psichiatriche sono pertanto possibili, ma contengono un margine ineliminabile di errore, che impedisce di farle assurgere a dignità di certezze scientifiche. Posto però che il diritto penale vigente deve poter disporre, per il suo corretto funzionamento, così come dei giudizi di colpevolezza, anche di quelli di pericolosità sociale del reo malato di mente, la psichiatria può fornire al giudice ulteriori elementi di valutazione, ma la responsabilità ultima del giudizio di pericolosità è pur sempre del giudice, nella veste di peritus peritorum, non potendo attribuirsi al perito la funzione di arbitro del conflitto fra la sicurezza sociale e la libertà individuale. Si comprende quindi come sia necessario abbandonare ogni apriorismo, ogni presunzione di pericolosità fondata su criteri di nosografia psichiatrica.” P a g i n a | 18 Punto 3 – Condotta esigibile Figura 34 Condotta Effettiva conoscenza da parte psichiatra delle condizioni del paziente. dello Che abbia agito secondo, le regole dell’arte medica e sulla base delle “cognizioni generali e fondamentali proprie di un medico specialista nel relativo campo”. Nell’esame della condotta del medico nei confronti del paziente viene spesso sottovalutata l’importanza degli aspetti relativi alla documentazione; soprattutto per quello che riguarda la dimostrazione della “effettiva conoscenza da parte dello psichiatra delle condizioni del paziente”. Infatti, nel caso di indagine da parte della Magistratura relativa ad un fatto doloso di cui il paziente si sia reso responsabile, l’esame della documentazione clinica contenuta nella cartella costituisce parte fondamentale delle operazioni volte a desumere il grado di conoscenza di cui il professionista disponeva al momento dei fatti. Spesso gli eventi devono essere ricostruiti a distanza di tempo dal momento del loro effettivo svolgimento ed affidarsi alla sola memoria non appare essere né prudente né professionalmente accettabile. 11 Per quello che riguarda la presa in carico di un nuovo caso con diagnosi di Asse I sarà opportuno annotare in cartella alcuni elementi desumibili dalla anamnesi del paziente: • • Presenza/assenza di familiare o gruppo di riferimento supportivo e affidabile. • Valutazione attuale del livello di interferenza della patologia con una corretta rappresentazione della realtà esterna ed una coerente valutazione delle scelte d’azione • Trattamenti farmacologici ed eventuali ospedalizzazioni volontarie od obbligatorie pregresse. • • Abituale scansione temporale delle visite di controllo. Presenza/Assenza di condotte auto od etero-lesive attuali o/e pregresse riferibili al disturbo psicopatologico. Indicazione di data e ora della visita di controllo successiva. Ad ogni controllo sarà comunque necessario valutare e descrivere la fase di malattia in cui il paziente si trova ed assumere i comportamenti conseguenti. Per comportamenti conseguenti si intendono sia le azioni rivolte direttamente alla tutela della salute del paziente sia quelle relative agli obblighi istituzionali del medico psichiatra. Rispetto a questi ultimi sarebbe di grande utilità pervenire ad un orientamento condiviso riguardo alla segnalazione ai servizi per la tutela dei minori della condizione di rischio di minori conviventi che, pur apparendo ovvia, risulta essere spesso disattesa; o riguardo agli obblighi dello psichiatra relativi al riconoscimento della condizione di abituale incapacità ad attendere ad i propri interessi, prerequisito per il riconoscimento della esigenza di Amministrazione di Sostegno, Inabilitazione o Interdizione. 11 Discorso a parte merita la presa in carico di pazienti con prevalente disturbo di Asse II e nessun disturbo di Asse I. In questi casi è discutibile lo stesso concetto di presa in carico. Infatti essendo i disturbi di personalità, per definizione, “modello abituale di esperienza o comportamento che si discosta notevolmente dalla cultura a cui l'individuo appartiene” ed essendo nella maggior parte tale condizione del tutto ego-sintonica, lo psichiatra non può avere grande spazio nel trattamento che, necessariamente, richiede una adesione minima del paziente ad una prospettiva di cambiamento. Ciò non toglie che recenti pronunciamenti della Magistratura abbiano riconosciuto a pazienti portatori di diagnosi di disturbo Borderline di Personalità la totale infermità di mente e quindi la non imputabilità. P a g i n a | 19 Figura 35 Disturbi di Asse I In corso di esordio acuto In corso di scompenso acuto in patologia cronica In periodo di patologia stabilizzata •Trattamento farmacologico immediato volontario o obbligatorio. •Trattamento farmacologico di mantenimento impostato. •Adozione di misure di protezione (ospedalizzazione volontaria o obbligatoria o identificazione di care giver affidabile). •Scansione temporale dei controlli programmati. •Livello di interferenza della eventuale patologia residua con una corretta rappresentazione della realtà esterna ed una coerente valutazione delle scelte d’azione da parte del paziente patologia residua con una corretta rappresentazione della realtà esterna ed una coerente valutazione delle scelte d’azione da parte del paziente •Livello di interferenza della eventuale •Tempi di verifica della efficacia degli interventi adottati. POSIZIONE DI GARANZIA Punto 4 – Nesso di causalità tra le condotte dello psichiatra e quelle dolose del paziente. La complessa articolazione nella costruzione di un nesso di causalità tra le azioni dello psichiatra e le conseguenze dolose delle condotte del paziente rende ragione della grande variabilità delle sentenze che hanno coinvolto gli psichiatri e della fondamentale importanza del diritto processuale “vivente” che nel singolo processo contribuisce alla formazione del giudizio finale appannaggio esclusivo del Giudice. Figura 36 Verifica della effettiva sussistenza di una acutizzazione della patologia connessione fra la condotta del medico e l’aggravamento della patologia. Rapporto fra l’acutizzazione della patologia e condotta del medico nesso di causalità rapporto fra l’aggravamento della patologia e la condotta omicidiaria o suicidiaria Fattori imponderabili atti ad alterare il percorso della storia del paziente Il paz. venga ritenuto parzialmente capace d’intendere e di volere Elementi rilevanti per lo psichiatra compito del perito individuare i dati sintomatici dell’acutizzarsi del quadro psicotico (per es. manifestazioni deliranti, condotte aggressive, etc.) di cui il gesto auto o etero lesivo è manifestazione e non prova questo rapporto non può prescindere dalla casistica riguardante la materia (linee guida), ma non può tradursi in una mera prognosi probabilistica. Va verificato attraverso l’analisi della storia clinica del paziente e delle manifestazioni di aggravamento della condizione psicopatologica che hanno portato all’evento delittuoso determinano rottura del nesso di causalità tra azione del medico ed evento delittuoso Determina la possibilità che il paziente abbia operato una corretta rappresentazione della realtà esterna ed una successiva coerente valutazione delle proprie scelte d’azione P a g i n a | 20 Tale giudizio sarà infatti la risultante del contributo degli stessi psichiatri di cui il Giudice si avvale come Consulenti Tecnici, dei precedenti giudizi espressi così come dell’esame diretto degli elementi di fatto del processo. Purtroppo la conflittualità dottrinale che è propria della psichiatria si esprime anche in una conflittualità di valutazioni che può essere determinante quando gli orientamenti dottrinali dello psichiatra imputato e dello psichiatra perito divergano. Una maggiore collegialità e l’adozione di criteri scientifici piu’ rigorosi nella valutazione tecnica delle singole situazioni oggetto di procedimento penale sarebbe per questo auspicabile e dovrebbe tenere presente la non univocità del pensiero scientifico in merito alla materia psichiatrica e la sostanziale mancanza di quelle evidenze di natura fattuale che il giudice richiede al perito che in ambito psichiatrico sono spesso assenti. Come giustamente osservato da Stracciari, Bianchi e Sartori in “Neuropsicologia Forense” “…sopravvive in ambito neuropsichiatrico – molto piu’ che in altri settori – una forte resistenza ad accettare di corroborare il proprio giudizio clinico con sorgenti di evidenza diverse dall’intuizione e dall’esperienza accumulata, per cui sovente i loro pareri [dei periti del Giudice n.d.a.] finiscono per risultare mere “opinioni 12 autorevoli”, non di rado del tutto autoreferenziali (ipse dixit)”. Va inoltre segnalato che spesso i periti sono disponibili ed in parte richiesti di esprimersi in modo diretto su questioni di natura strettamente giuridica. Accade infatti che nelle relazioni peritali venga travalicato il compito proprio del perito che è di valutazione clinica e vengano espressi giudizi diretti in merito 13 alla responsabilità del soggetto esaminato relativamente agli atti per cui viene chiamato in giudizio . 12 A.Stracciari, A.Bianchi, G.Sartori “Neuropsicologia forense” genn.2010 – Il Mulino – Bologna pg.14 Su questo argomento si veda l’interessante lavoro: Hardie T, Elcock S, Mackay R. Are psychiatrists affecting the legal process by answering legal questions?. Criminal Behaviour And Mental Health: CBMH 2008;18(2):117-128 e le considerazioni in merito alle possibili manipolazioni da parte del paziente in: Heitzman J, Opio M, Waszkiewicz-Białek E. Disease--defence--manipulation: the difficulties in providing forensic-psychiatry opinions. Psychiatria Polska July 2008;42(4):609-622 13 P a g i n a | 21 Conclusioni • • • • • • • • • • • • Nessun sistema di assistenza sanitaria può sopportare un disequilibrio tra esigenze cliniche ed esigenze amministrative. Nessuna riduzione del personale può considerarsi risparmio se non è confrontata con la numerosità della popolazione servita ed il tempo necessario per erogare l’assistenza dovuta Il risparmio sui farmaci è l’uso appropriato dei farmaci esistenti e non il loro prezzo di mercato L’organizzazione dei servizi sanitari non può prescindere dalla accurata valutazione dei bisogni elaborata dai medici che operano sul campo I provvedimenti di Legge relativi alla programmazione dell’attività psichiatrica sono inapplicabili e determinano una grande differenza tra quanto prescritto e quanto concretamente attuabile facendo ricadere sui professionisti l’onere della insoddisfazione dei pazienti e dei loro familiari. L’esigenza di riduzione della spesa non puo’ prescindere dalla preventiva analisi e valutazione dei dati del territorio a cui viene applicata eseguita e discussa con i medici che operano in quell’area La gestione sanitaria dei disturbi psichiatrici non può essere delegata a figura diversa dal medico per la complessità dei problemi diagnostici, farmacologici e relazionali che devono contemporaneamente essere considerati La decisione di procedere alla chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari in assenza di presidi territoriali idonei è pericolosa. Per quanto concerne l’abolizione degli ospedali psichiatrici giudiziari l’AMCA fa rilevare che quanto stanziato per la Regione Emilia-Romagna potrebbe coprire le spese soltanto per 1/3 fatta salva la necessità di reperire altri fondi per garantire la sorveglianza perimetrale dei luoghi di ricovero Gli Psichiatri, sin da ora, declinano ogni responsabilità per quanto attiene il controllo di possibili eventi avversi riferibili ai propri pazienti ed in particolare in coloro che sono o saranno sottoposti a misure di sorveglianza in ragione dell’avvenuto riconoscimento della pericolosità sociale stabilito da sentenze della Magistratura L’azione del medico deve essere sempre assunta come «pro bono» e nessun medico può essere chiamato a rispondere per azioni commesse da un suo paziente E’ demagogico ritenere che la patologia psichiatrica cronica non esista o sia un precipitato sociale.