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Il ruolo dell`Assistente Sociale in Psichiatria
“Il ruolo dell’Assistente Sociale in Psichiatria” Cinzia Lubiato Bressanone, 18 gennaio 2012 Salute: secondo l’O.M.S. la salute, diritto di ogni essere umano, viene definita come “ non solo assenza di malattia e infermità, ma un completo stato di benessere fisico, mentale, sociale” Salute: • La salute viene considerata quindi una risorsa di vita quotidiana che consente alle persone di condurre una vita produttiva a livello individuale, sociale ed economico. Prerequisiti della salute: Il fatto che la salute dipenda da molteplici fattori esterni di tipo sociale, ambientale, economico e genetico e non il semplice prodotto di una organizzazione sanitaria, ha portato a studiare e ad approfondire le conoscenze scientifiche sui determinanti della salute. Prerequisiti della salute: Abitazione - esiste una chiara evidenza che mostra un'associazione fra l'abitazione e la salute. Pace - La guerra incide in modo sostanziale sulla salute anche attraverso lo sfollamento della popolazione, che disgrega le reti sociali, nonché attraverso la distruzione dei servizi sociali e sanitari del territorio. Istruzione - I livelli di istruzione sono strettamente correlati a livelli di deprivazione causati dalle barriere economiche, culturali e sociali Alimentazione - la disponibilità di adeguate quantità di cibo di buona qualità costituisce un elemento centrale per promuovere la salute e il benessere. Economia (reddito e continuità delle risorse) - la disoccupazione pone dei rischi significativi alla salute Stabilità dell'ecosistema - un ecosistema è un'unità ecologica fondamentale, gli organismi sono legati da complesse interazioni e scambi di energia e di materia. Giustizia ed equità sociale - equità vuol dire giustizia. Equità nella salute significa che i bisogni delle popolazioni devono guidare la distribuzione delle opportunità per conseguire il benessere Analisi sociologica Il passaggio dalla società industriale o moderna alla società post industriale o post moderna non ha una data precisa ma si fa risalire al XX° secolo e richiama al passaggio tra la fiducia in un progresso lineare che aveva come obiettivo il continuo miglioramento delle condizioni sociali attraverso l‘applicazione delle conoscenze scientifiche sia in ambito tecnologico che sociale, all‘accettazione della precarietà e del rischio come componenti inevitabili del vivere umano. Modernità In termini relazionali la si può semplificare come il mito delle sicurezze: stabilità serenità e soddisfazione che possono essere riconducibili alle areee della famiglia, degli affetti e del denaro. Il concetto di salute in questo senso è dato dal benessere dell‘integrazione e della stabilità relazionale (famiglia stabile), e dall‘avere una situazione economica sicura (lavoro a tempo indeterminato) Postmodernità: In termini relazionali la società postmoderna viene definita come „società liquida“ L‘avvento della globalizzazione ha prodotto una contrazione delle distanze sia temporali che spaziali, la caduta di riferimenti temporali e spaziali ha investito l‘area delle relazioni: non ci sono più riferimenti Baumann parla di amore liquido, di identità liquida… di „paura liquida“ Postmodernità: Zigmunt Bauman parla di „solitudine del cittadino globale“, affermando che „la società postmoderna è tutta in movimento, fluida e liquefatta…sprezzante… di ciò che è fondamentale e ciò che è marginale… Una società fluida è quella che vede il cittadino sopraffatto dalla paura, dalla malinconia, messo da parte come „scarto“n se non dimostra di sapersi muovere nella stessa direzione degli altri, se dai fastidio, se non hai un ruolo sociale fai parte delle persone in esubero. L‘esclusione sociale non è più data dalla capacità di acquisto del necessario ma dal non poter comprare per sentirsi parte della modernità La persona vale per la sua capacità di stare sul mercato Il deserto di senso Una landa desolata, ove il vuoto, il non senso, l’aridità emozionale, l’incapacità di stabilire rapporti significativi con gli altri, l’indifferenza nei confronti della generazione dei padri, delle tradizioni da essi trasmesse e dell’ordinamento sociale, l’assenza di qualsivoglia progetto che vada al di là del vivere alla giornata, rimbombano drammaticamente, spingendo i soggetti ad adottare qualunque soluzione che allevi l’insostenibile angoscia di essere nessuno. Umberto Galimberti 2008 Definizione di desocializzazione La desocializzazione è una riduzione massiccia dell’articolazione sociale e progressivo estraneamento da quelle che sono le regole sociali correnti e le situazioni sociali significative Lavoro sociale Il lavoro sociale interviene quando la “non abilità” e la “non consapevolezza” causata dalla malattia diventa disfunzionale per il singolo rispetto al contesto relazionale che lo circonda. Interconnessione Io-------//----------------------contesto sociale disfunzionale Dichiarazione di consenso (WHO 1996) La riabilitazione è un processo che deve fornire agli individui che abbiano un danno, una disabilità o un handicap (causati da una malattia mentale) tutte le opportunità per raggiungere il proprio livello ottimale di funzionamento indipendente nella comunità. Dunque la Riabilitazione Psicosociale implica sia un miglioramento delle competenze individuali sia l’introduzione di modifiche ambientali. Fare riabilitazione : significa lavorare insieme all’utente per attivare un cambiamento, che miri alla conquista o ri-conquista di ruoli sociali soddisfacenti (differenti dal ruolo di malato) adatti al suo contesto di vita. Tale cambiamento riguarda l’apprendimento di abilità sociali, cognitive e strumentali, ma anche una crescita emotiva ed affettiva che guidi l’utente nella ri-appropriazione dei suoi bisogni e desideri. Riabilitazione però, anche come lavoro contestuale, che punta a conservare ed attivare i rapporti con il proprio ambiente di vita, attraverso un aumento dell’articolazione sociale. Carozza, 2003, Farkas, 2003 . Oggetto del lavoro sociale: “La scienza del lavoro sociale studia la capacità di azione, intesa come risultante parzialmente indeterminata di flussi interni ed esterni dei soggetti sociali interessati al mantenimento o al recupero di standard minimi, socialmente definiti, di benessere che li riguardano” (M. Payne 1996) “ Il lavoro sociale studia i modi attraverso cui quella parte di soggettività, qui definita come “capacità di azione” dei soggetti interessati, che potrebbe anche presentarsi limitata o tendente a zero, interagisce con quella parte di “sistema sociale” che si identifica nelle istituzioni di welfarestate socio-assistenziale, da intendersi prima ancora che come attività di strutture e servizi organizzati, come interventi “micro” di operatori professionali nel quadro delle politiche pubbliche o del mercato o dell’auto organizzazione comunitaria o di un loro intreccio” (A. Giddens 1994) "La disfunzionalità non scaturisce da un individuo al singolare ma da reti di soggetti in interazione. La capacità di agire per il benessere è pertanto un fenomeno che ha una realtà intermedia tra l’individuale e il collettivo, un fenomeno reticolare.” ( F. Folgheraiter 1998) Salute mentale e lavoro di rete Il lavoro di rete (networking) è un processo finalizzato a promuovere percorsi relazionali, utilizzando su un piano di continuo interscambio le abilità dell‘utente (capacità di fare), il proprio modo di stare ( capacità di essere dentro la malattia), e la necessità che il contesto sociale ha, di favorire il benessere delle persone che vi appartengono (necessità di inclusione sociale). Possiamo semplificare dicendo che il lavoro sociale è attuabile attraverso l’approccio metodologico del lavoro di rete dentro il paradigma della prospettiva relazionale. Quando parliamo di prospettiva relazionale ci riferiamo ad un prodotto di due o più elementi che si influenzano a vicenda. Tuttavia ci riferiamo più specificatamente a “sistema relazionale” quando sottendiamo più ad un lavoro psicoterapeutico, mentre parliamo di “rete sociale” quando ci addentriamo nel lavoro sociale. Lavoro di rete Reinserimento sociale del singolo Lavoro di comunità Lavoro di comunità Lavoro su territorio di appartenenza della persona con la quale si fa un progetto di reinserimento sociale Lavoro sul contesto delle istituzioni affinchè vi siano tutti i presupposti per favorire l’inclusione sociale Riferimenti normativi Già nella L. 833/78 si faceva menzione alla necessità di una gestione coordinata e integrata di servizi dell’Unità Sanitaria Locale con i servizi sociali, ma la logica di una presa in carico unitaria della salute tra servizi sanitari e sociali acquista progressivamente connotazioni più precise, rispettivamente con il Piano sanitario nazionale 1998-2000, il decreto legislativo n.229/99 “riforma ter della sanità”, la L. 328/2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”. l’integrazione socio-sanitaria La L. 328/2000 individua un percorso da seguire per il raggiungimento dell’integrazione, proponendo “il metodo della programmazione e dell’operatività per progetti, …l’oggetto principale di tale esercizio programmatorio…é…la rete integrata dei servizi sociali coordinati con quelli sanitari…tramite la concertazione tra le autonomie locali e le aziende Usl (con particolare attenzione alle prestazioni a elevata integrazione sociosanitaria)… Oltre agli enti pubblici, sono soggetti attivi della programmazione e realizzazione concordata degli interventi le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (onlus), la cooperazione, l’associazionismo volontario, le fondazioni, gli enti di patronato e i soggetti privati.”[1] [1] Foglietta F., “Nuove soluzioni per la gestione unitaria dei servizi alle persone”, relazione tenuta nell’ambito del seminario di ricerca organizzato dalla Zona Alta Val di Cecina - Azienda Usl di Pisa in collaborazione con la Fondazione E. Zancan, sul tema: “Nuovi modelli gestionali per qualificare i servizi alle persone nella comunità locale”, Volterra, 23-24 ottobre 2000. l’integrazione socio-sanitaria Nel Piano sanitario nazionale 1998-2000, si considera l’integrazione sociosanitaria, il mezzo che consente di ottimizzare il rapporto tra l’efficacia e l’efficienza di molteplici interventi. Le dimensioni dell’integrazione sono: “l’integrazione istituzionale, che nasce dalla necessità di promuovere collaborazioni fra istituzioni diverse che si organizzano per conseguire comuni obiettivi di salute; l’integrazione gestionale, che si colloca a livello di struttura operativa: in modo unitario nel distretto e, in modo specifico, in diversi servizi che lo compongono, individuando configurazioni organizzative e meccanismi di coordinamento atti a garantire l’efficace svolgimento delle attività, dei processi e delle prestazioni; l’integrazione professionale, che è strettamente correlata all’adozione di…linee guida finalizzate a orientare il lavoro professionale.”[1] Il luogo deputato all’attuazione dell’integrazione è il distretto. [1]Foglietta F., “Nuove soluzioni per la gestione unitaria dei servizi alle persone”, relazione tenuta nell’ambito del seminario di ricerca organizzato dalla Zona Alta Val di Cecina - Azienda Usl di Pisa in collaborazione con la Fondazione E. Zancan, sul tema: “Nuovi modelli gestionali per qualificare i servizi alle persone nella comunità locale”, Volterra, 23-24 ottobre 2000. l’integrazione socio-sanitaria Il d. lgs. 229/99, oltre a riprendere i punti del Piano sanitario nazionale 1998-2000, assume come priorità per il funzionamento delle strutture sanitarie, l’integrazione sociale e sanitaria individuando prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, e prestazioni sociali a rilevanza sanitaria. Tra le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria, troviamo, tra le altre, le patologie psichiatriche. Integrazione e servizio sociale L’aver individuato, quindi, l’integrazione sociosanitaria come obiettivo strategico per la salvaguardia della salute, considerata come recupero di un corretto rapporto tra l’individuo ed il suo di contesto vita, ha avallato il ruolo dell’assistente sociale, conferendogli maggiori possibilità d’intervento anche in un ambito storicamente “sanitario”, qual è stato quello della patologia psichiatrica. La “Legge 14 febbraio 1904, n. 36” la prima legge del regno unito Il malato era congenitamente pericoloso, e la società non poteva che difendersi con la sua reclusione indeterminata. “Egli era: dichiarato pericoloso o scandaloso con atto giuridico; recluso con provvedimento giudiziario di carattere obbligatorio, adottato, senza termine certo, su iniziativa di terzi; interdetto civilmente; escluso dalla sfera politico-elettorale; irresponsabile penalmente; dimissibile solo in prova o esperimento, per volontà del giudice; iscritto al casellario giudiziario; trasferibile a un altro manicomio con autorizzazione del procuratore, indipendentemente dalla propria volontà; iscritto su due registri (presso la procura e presso il tribunale); elencato, dopo la dimissione, sul registro di “dimessi dal manicomio” (sui quali era esercitato un controllo di polizia); suscettibile di coercizione fisica; mantenuto a carico di fondi pubblici diversi da quelli ospedalieri.”[1] [1] Pantozzi G., Storia delle idee e delle leggi psichiatriche, Edizioni Centro Studi Erikson, Trento, 1994, pag. 133. Storia:L‘assistente sociale e la psichiatria Solo dopo la seconda guerra mondiale, e dopo la promulgazione della Costituzione repubblicana, che l’assistente sociale, istituzionalmente chiamata ad assolvere compiti di tutela di tutte le categorie svantaggiate, entrerà a far parte anche degli ospedali psichiatrici. Inizialmente il suo ruolo è intercambiabile con quello dell’assistente sanitaria, e svolge funzioni prevalentemente burocratiche o di “segretariato di reparto (relazioni, inchieste sociali).”[1] Inoltre in una logica ospedalocentrica, è tenuta a seguire le disposizioni dello psichiatra, mantenendo i contatti con la famiglia o con altri enti e servizi solo per ragioni di carattere amministrativo. [1] Civenti G., Cocchi A., L’assistente sociale nei servizi psichiatrici, La nuova Italia Scientifica, Roma, 1994, pag. 48. Storia:L‘assistente sociale e la psichiatria La Legge 431/68 ha abolito l’iscrizione del malato di mente al casellario giudiziario (abrogazione dell’art. 604, n. 2 del codice penale), e ha sancito il ricovero volontario, nonché la possibilità di trasformazione dell’internamento obbligatorio in volontario. L’ospedale psichiatrico acquista una struttura più definita, e vengono date le qualifiche e gli standard del personale che ne deve far parte: “Ogni ospedale psichiatrico deve avere un direttore psichiatra, un medico igienista, uno psicologo e per ogni divisione (non più di 125 letti) un primario, un aiuto e almeno un assistente. L’ospedale deve inoltre avere il personale idoneo per un’assistenza sanitaria specializzata e sociale. Deve essere in ogni caso assicurato un infermiere ogni tre posti letto e un’assistente sanitaria o sociale ogni cento posti letto.”[1] [1] Civenti G., Cocchi A., L’assistente sociale nei servizi psichiatrici, La nuova Italia Scientifica, Roma, 1994, pag. 50. Il 1968 Nell’ottobre del 1968 in occasione del 30° Congresso della Società Italiana di Psichiatria si scontrarono due fazioni, quella a favore della recente legge n. 431, ed il gruppo riformista per nulla soddisfatto da una legge ritenuta obsoleta sul nascere. Tra i riformisti non poteva mancare Franco Basaglia che auspicava un vero rinnovamento che potesse “trasformare il malato mentale da sorvegliato di polizia ad utente dei servizi, e la malattia mentale da oggetto di ordine pubblico…a soggetto, di prevenzione e cura”.[1] Su questa linea anche l’intervento di Gentili:”La psichiatria diventerà sempre meno un’operazione di vertice, l’ospedale psichiatrico non avrà più ragione di esistere e l’assistenza si articolerà sull’equipe multiprofessionale.”[2] [1] Civenti G., Cocchi A., L’assistente sociale nei servizi psichiatrici, La nuova Italia Scientifica, Roma, 1994, pag. 37. [2] Gentili C., “L’assistenza psichiatrica e la nuova strutturazione del servizio sanitario nazionale”, Atti del XXX Congresso della SIP, Il lavoro neuropsichiatrico, XLIV, I, pag.163 30° Congresso della Società Italiana di Psichiatria Sempre in quel congresso Ferranti e Zampighi, due assistenti sociali cercano di individuare nuovi spazi d’intervento sociale nel settore psichiatrico: “le principali nuove direzioni verso le quali dovrà orientarsi il servizio sociale, in collaborazione con le altre discipline nella prevenzione sociale della malattia di mente, a nostro parere ed a grandi linee dovranno essere le seguenti: a) sensibilizzazione dell’opinione pubblica alla malattia di mente ed ai problemi sociali connessi, con programmi formativi ed informativi ad ampia diffusione; b) creazione di adeguate strutture sociali là dove mancano, ad esempio, laboratori protetti, focolari, centri di cultura, club ecc.; c) influenza sulle attuali strutture sociali e situazioni di vita, quali la famiglia, la scuola, il lavoro, le organizzazioni per l’occupazione del tempo libero, i rapporti umani ecc. Sinora il servizio sociale è stato utilizzato principalmente nella sua metodologia di case-work quale complesso di interventi di carattere psico-sociale rivolti a sanare le conseguenze dannose di un disadattamento individuale in atto. Di recente sono state introdotte alcune esperienze di servizio sociale di gruppo, allo stesso scopo riabilitativo. Si ritiene invece che, nella funzione preventiva, debba essere dato massimo incremento alla <<ricerca sociale>> anch’essa metodologia propria del servizio sociale, sinora però sconosciuta al servizio psichiatrico.”[1] [1] Ferranti L., Zampighi G., “Prospettive del servizio sociale psichiatrico nell’ambito della riforma sanitaria e dell’assistenza psichiatrica di settore”, Atti del XXX Congresso della SIP, Il lavoro neuropsichiatrico, XLIV, II, pag.443. Basaglia e la legge 180/78 Basaglia divenne nel 1971 direttore del manicomio di Trieste, e lì sperimentò con successo le sue teorie, attirando l’attenzione degli ambienti psichiatrici di tutta Europa. Il movimento antimanicomialista ottenne un consenso così vasto, che quando in Italia nel 1977 il partito radicale promosse il referendum abrogativo della legge 36/1904, gli stessi psichiatri, certi di un esito positivo del referendum, fecero pressione perché non si lasciasse un vuoto legislativo. Una commissione di esperti guidata dallo psichiatra genovese Bruno Orsini, allora sottosegretario alla sanità, ebbe il compito di emanare una legge che evitasse il referendum: nacque così la Legge n.180 del 15 maggio 1978. Legge 833 del 28 dicembre 1978 Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale La legge 180/1978 fu presto assorbita dalla Legge 833 del 28 dicembre 1978, Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale,[1] fu questa la vera legge di riforma non solo per la psichiatria, ma per la sanità nel suo complesso. Si tratta di una legge cornice, che pone i principi, dando indicazioni chiare sui diritti del malato, gli obiettivi della sanità ed i servizi offerti al cittadino, ma demanda i contenuti più specifici alla legislazione regionale, con lo scopo di una maggiore contestualizzazione dei servizi sul territorio. [1] la L. 180/78 è stata assorbita dagli artt. 33, 34, 35, 64 della L. 833/78. Il mandato istituzionale La DLGP 711/96 „Una moderna rete terapeuticoassistenziale per i malati psichici“, definisce a livello provinciale il mandato istituzionale del Servizio, sia riguardo l‘assetto organizzativo, sia in funzione del contenuto cui mirano le attivitá del CSM, sia rispetto l‘integrazione funzionale con gli altri servizi territoriali. La salute mentale è un problema di tutti ! L‘aspetto importante di questa delibera, è l‘aver creato, a livello provinciale, i presupposti teorici, oltre che organizzativi, per ritenere che il disturbo psichico non sia solo un problema di chi ne soffre ed eventualmente dei suoi familiari, ma è e deve essere considerato un problema sociale. Cos‘è il Centro di Salute Mentale ? Il Centro di Salute Mentale rappresenta l‘unitá organizzativa che all‘interno del Servizio Psichiatrico si modula in spazi e ruoli professionali con l‘obiettivo di svolgere „attivitá di salute mentale“ sul territorio. Occuparsi di salute mentale Per „attivitá di salute mentale“ s‘intende l‘insieme di interventi di prevenzione, cura, riabilitazione e reinserimento sociale offerti al singolo cittadino o a gruppi, anche tramite l‘integrazione funzionale con le attivitá dei servizi sociali. L‘equipe. Il CSM, al fine di raggiungere con piú facilitá l‘utenza, si suddivide in equipe territoriali composte ciascuna da medico, psicologo, assistente sociale, infermieri e operatori sanitari. La DLGP 711/96 La DLGP 711/96 prevede la presenza in organico di un’assistente sociale ogni 30.000 abitanti, questo comporta che ogni assistente sociale assunta a tempo pieno lavori in due equipe territoriali. La DLGP 711/96 ha decretato che il disturbo psichico debba essere affrontato attraverso un approccio globale, considerando “gli aspetti biologici, psicologici e sociali con pari dignità nel trattamento complessivo”, prevedendo quindi che l’offerta all’utente debba “muoversi sulle quattro assi funzionali: terapia e riabilitazione, abitare, lavoro e professione, tempo libero e comunicazione.” L‘equipe. L’equipe è uno strumento che pervade gran parte del lavoro dell’assistente sociale, soprattutto nell’ottica dell’integrazione sociosanitaria e riabilitativa, per come sono state precedentemente definite. La riunione d’equipe, infatti, viene utilizzata sia all’interno del servizio, sia all’esterno con altri servizi pubblici o privati, nonché con le figure ritenute importanti per un lavoro di rete. L‘equipe. L’equipe si basa sui principi generali del lavoro di gruppo, ed il momento della riunione potrà avere come oggetto, aspetti organizzativi, informativi, o essere “sul caso”. Lavorare in equipe dovrebbe presupporre la condivisione delle modalità operative all’interno del gruppo, vale a dire che nelle riunioni d’equipe di fronte a problemi che si pongono di volta in volta, si definiscono gli obiettivi che si vogliono raggiungere, ci sarà uno scambio d’informazioni, ed infine si concorderà una procedura di lavoro, alla quale i singoli operatori del gruppo decidono di attenersi. L‘equipe. Il lavoro d’equipe ha una sua legittimazione, solo se la gerarchia, che pure esiste in ogni servizio non è fine a se stessa, ma si utilizza in un lavorare insieme con compiti diversi nella condivisione di competenze specifiche. La configurazione ideale dell’equipe è il cerchio, e presuppone che il cliente sia al centro dell’attenzione, la responsabilità, le capacità e l’autorità siano collettive il controllo e il coordinamento sono dati da una comunicazione continua, ci si aspetta che le singole persone siano manager di se stesse e siano responsabili dell’intero lavoro. Il territorio / comunità L’assistente sociale svolge buona parte del suo lavoro sul territorio, deve conoscerlo, sapere quali sono i bisogni di chi vive in quell’ambito territoriale, deve saper quali risorse esistono e quali invece debbano essere create o potenziate. Deve poter muoversi con familiarità tra le varie risorse, al fine di farle conoscere e renderle facilmente usufruibili, deve poter farsi promotore affinché le risorse siano tra loro coordinate. Il territorio / comunità La prospettiva territoriale coinvolge in sostanza tutti gli aspetti della vita dell’utente dall’abitazione al lavoro, alla gestione economica, alle relazioni sociali ed affettive. Non va poi dimenticato l’aspetto della prevenzione, inteso tra l’altro, come informazione sulla malattia mentale per evitare pregiudizi e stigmatizzazione nei confronti di chi ha problemi psichiatrici; solo in una comunità “accogliente” è possibile fare riabilitazione. Il lavoro con l’utente. Per l’assistente sociale, l’utente può essere il singolo individuo, la famiglia, il gruppo; tuttavia in ambito psichiatrico, la famiglia ed il gruppo, opportunamente sostenuti, possono rappresentare delle risorse per chi ha problemi di salute mentale. Sono essi, infatti, la “comunità” più prossima del singolo Il lavoro con l’utente. Generalmente il rapporto dell’utente con il servizio di salute mentale s’instaura a seguito del manifestarsi del sintomo psichiatrico, quindi il primo approccio avviene con il personale infermieristico ed il medico. Sono queste le figure che nella relazione con il paziente, rilevano l’utilità di un intervento dell’assistente sociale e segnalano il caso. Da questo momento è auspicabile che il lavoro dell’assistente sociale rientri nella logica del lavoro d’equipe, in un contesto territoriale, nell’ottica riabilitativa Utente / equipe / territorio Nel dettaglio i compiti svolti dall’assistente sociale si possono così sintetizzare: Rapporto con l’utenza: 1) Consulenza psicosociale e intervento socio assistenziale: Primo colloquio anamnestico analisi del problema formulazione del piano di intervento attuazione piano di intervento attraverso: a)uso del rapporto interpersonale (sostegno, chiarificazione); b)uso di risorse e servizi (assistenza domiciliare, sussidi economici, inserimenti lavorativi, interventi di volontariato); – c)lavoro di equipe e collaborazione con altri servizi – d) attivazione della rete sociale – e) collaborazioni con gli organi giudiziari – – – – – – 2) Segretariato sociale Utente / equipe / territorio Promozione ed organizzazione di servizi, prestazioni, strutture, e risorse istituzionali e comunitarie – – – – – – Collaborare alla gestione di servizi (soggiorni estivi, tempo libero, centro diurno, centro orientamento professionale) Informare e proporre agli organismi decisionali progetti per l’attuazione di servizi e prestazioni Collaborare con operatori di altri servizi o del volontariato Informare su problemi sociali e su servizi Costruire gruppi come risorse (volontari per il tempo libero e per soggiorni estivi) integrare servizi e risorse pubbliche e private Collaborare con il privato sociale e servizi pubblici per ottimizzare l’inserimento sociale e lavorativo (SIL, laboratori, cooperative, aziende, centri ascolto ) Utente / equipe / territorio Individuazione e studio dei problemi e delle risorse del territorio ed elaborazione piani di intervento. – promuovere e collaborare a ricerche per la conoscenza dei problemi e delle risorse del territorio – mappatura delle risorse articolato per settori (tempo libero, lavoro, casa, ecc.) con l’indicazione di strutture, servizi, gruppi persone disponibili – Formulare piani di intervento per affrontare e risolvere i problemi e promuovere e potenziare le risorse (coop. di lavoro, il Nostro Spazio, soggiorni estivi, comunità abitative). Protocolli d’intesa: Partecipazione alla stesura di protocolli d’intesa di settori con specificità sociale: – protocollo d’intesa con il SIL – protocollo d’intesa con l’IPES – Abitare in autonomia e collaborazione con i distretti Partecipazione alla stesura e alle verifiche periodiche di protocolli d’intesa in collaborazione nell’ottica dell’interdisciplinarietà: – – – – Piano di Settore (Fachplan) dell’Azienda Servizi Sociali di Bolzano Protocolli d’intesa con il Servizio psicologico Protocollo d’intesa con il SERT Protocolli d’intesa tra distretti e servizio psicologico Formazione – Partecipazione a convegni, seminari, riunioni periodiche, iniziative di formazione permanente, corsi di perfezionamento – Tutoraggio dei tirocini in collaborazione con le Università di Trento e Bolzano – Partecipazione come docenti alle attività didattiche in alcuni corsi di formazione. LINEE-GUIDA PER L’INDIVIDUAZIONE DEGLI INDICATORI DEGLI ESITI RIABILITATIVI Gli indicatori dovrebbero riferirsi anche a fattori più soggettivi, quali la soddisfazione, l’efficacia personale, l’interesse, l’attitudine, i valori, e non soltanto alla maggiore o minore correttezza dei comportamenti osservati. Gli indicatori dovrebbero sempre riferirsi ad elementi – soggettivi ed oggettivi – osservati in ambienti reali e non in ambienti istituzionali (ospedali, strutture, ambito dei servizi). Gli indicatori dovrebbero essere individuati con gli utenti e significare la percezione che essi hanno sui programmi, sui progressi e sugli esiti. Fonte: Anthony, Cohen, Farkas, Gagne (2003) - tratto da Carozza, 2006 Supported Housing “Avere una casa propria è indice di dignità sociale“ Destinatari Obiettivo è favorire la riconquista dell’autonomia nel proprio contesto abitativo e sociale – singoli o piccoli gruppi di utenti – pazienti con disturbi mentali anche gravi Salute mentale e lavoro di rete Abitare in Autonomia vuol dire essere „dentro“ il contesto sociale prendendo in considerazione tutti gli aspetti relazionali collaborazione con le Comunità Comprensoriali e l’Azienda dei Servizi Sociali di Bolzano per soddisfare il bisogno abitativo di 57 persone con disturbi mentali in 32 appartamenti Il percorso riabilitativo in ambito occupazionale Attualmente il percorso praticato è quello comune ad altre realtá italiane, ovvero quello del „train and place“ (sperimentazione e collocamento), ed avviene attraverso un percorso che prevede l‘inserimento in laboratori protetti per le persone con maggiori difficoltà, passando via via in strutture con richieste di funzionamento più elevato, quali i centri di training professionale, con la possibilità di sperimentarsi poi in stages in cooperativa e/o progetti di tirocinio nelle aziende con il supporto dell‘ufficio di inserimento lavorativo, e solo nella fase finale si arriva all‘assunzione. “Schizofrenia e reinserimento sociale” Analisi dei fattori che caratterizzano la socializzazione nella schizofrenia e le relazioni che intercorrono con il trattamento clinico. Esistono buone pratiche nel reinserimento sociale? Presupposti giuridici ed intervento sociale. Cinzia Lubiato Bolzano, 23 febbraio 2010 GRAZIE