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Se oggi ti capiamo domani ti curiamo

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Se oggi ti capiamo domani ti curiamo
PANCREAS
Nuove strategie contro il cancro
Se oggi
ti capiamo
domani
ti curiamo
Il cancro del pancreas è ancora
difficile da trattare: oggi però
finalmente sappiamo perché
e possiamo agire con maggiore
efficacia per arginarne gli effetti
a cura di DANIELA OVADIA
a ricerca è, ancora
una volta, l’unica
arma per sconfiggere il più agguerrito dei nemici.
Un nuovo approccio concettuale alla malattia potrebbe
finalmente aprire prospettive innovative per la
cura di uno
dei tumori
ancora più
temuti,
quello del
pancreas.
“Per molti
anni non abbiamo troIAMPAOLO vato il banORTORA
dolo della
DOCENTE DI matassa e
ONCOLOGIA ancora oggi
utilizziamo
MEDICA A
prevalenteERONA
mente farmaci di vecchia concezione”
spiega Giampaolo Tortora,
L
G
T
V
,
professore di oncologia medica all’Università di Verona e
direttore dell’Oncologia medica clinicizzata del Policlinico G.B. Rossi.
In effetti questo tumore,
per fortuna raro dato che
rappresenta non più del 2,5
per cento delle forme oncologiche dell’adulto, non ha
una buona prognosi, come
spiega Tortora. “Nell’80 per
cento dei casi lo identifichiamo purtroppo quando è già
in fase avanzata e ha già dato
metastasi. Trovarlo presto
può fare davvero la differenza, come del resto anche per
gli altri tumori.
Ecco perché i ricercatori
puntano a identificare sintomi o marcatori biologici che
possano fungere da campanello d’allarme. “Non è affatto facile” continua Tortora.
“È una malattia subdola,
perché le cellule di carcinoma del pancreas sono altamente diffusibili. Inoltre i
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sintomi sono labili e la diagnostica strumentale è complessa, per la posizione e la
consistenza dell’organo.
Quando il cancro colpisce la
testa del pancreas, il paziente può svegliarsi tutto giallo per via dell’ittero, dovuto
al fatto che le cellule tumorali hanno invaso il coledoco, il canale che trasporta la
bile che a sua volta si riversa
nel circolo sanguigno. Viceversa, quando colpisce la
coda del pancreas spesso si
manifesta con un dolore alla colonna vertebrale. Il
malato pensa
prima a un’ernia o a una
contrattura,
fa diversi esami radiografici finché
non viene fuori la vera ragione. Così si perde tempo
prezioso, ma è anche vero
che è difficile immaginare
che un banale dolore possa
essere provocato da una malattia tutto sommato rara”.
POCHI ELEMENTI
DI RISCHIO
Anche i fattori di rischio
certi sono pochi: esiste una
piccolissima quota di natura
ereditaria (dal 3 al 9 per
cento del totale) e altre
forme sono conseguenza di
una pancreatite cronica,
un’infiammazione dell’organo che di solito è già nota al
paziente. In questi casi è possibile suggerire controlli
ecografici periodici ed esami
del sangue.
“Si è scoperto, però, che
non c’è una
relazione con
gli altri tipi
di pancreatite, per esempio quella acuta,
che è la più comune” spiega
l’esperto. Anche chi è diabetico da molti anni è a rischio, mentre un diabete che
Un tumore
raro
e complesso
da studiare
In questo articolo:
pancreas
farmaci biologici
microambiente
compare all’improvviso in
una persona sana più che un
fattore di rischio costituisce
un campanello d’allarme per
il manifestarsi della malattia
stessa.
“Come si vede, si tratta di
fattori di rischio troppo generici per essere davvero
utili, anche perché nella
stragrande maggioranza dei
casi chi si ammala non rientra in nessuna di queste categorie” spiega Tortora. “Esiste anche un marcatore nel
sangue, il Ca 19-9, che però
non viene eseguito di routine ma serve piuttosto per
valutare l’evoluzione della
malattia”.
DOTATO DI CORAZZA
Oltre che sulla diagnosi
precoce, bisogna contare
sulle cure, ma anche su questo fronte ci sono caratteristiche che rendono complicato il compito di medici e
ricercatori. “Intorno a questo
tipo di tumore si forma, fin
dalle fasi precoci, una sorta
di cotenna, uno spesso strato
di tessuto connettivo che
agisce come una corazza, impedendo ai farmaci di arrivare al bersaglio”.
In effetti, contrariamente
a quanto accade in tutti gli
altri tipi di tumore, nel caso
del pancreas non c’è angiogenesi, cioè non si formano
nuovi vasi per nutrire la
massa di cellule maligne:
anzi, i vasi sono rari e il tumore piccolo, ma circondato
dal suo strato di connettivo
protettivo.
“Ora che sappiamo ciò,
grazie a studi e ricerche
molto recenti, comprendiamo anche perché certi farmaci antiangiogenetici che
hanno avuto risultati ottimi
in altre forme oncologiche,
in questo caso sono stati
inefficaci” spiega Tortora.
“Inoltre, poiché conosciamo
i geni che favoriscono l’angiogenesi e li usiamo come
bersagli di farmaci intelligenti quando vogliamo sopprimere la formazione dei
nuovi vasi, c’è chi sta studiando come agire sugli stessi geni in senso opposto: per
formare nuovi vasi che portino sangue al tumore e, attraverso il sangue, anche i
farmaci chemioterapici”.
I farmaci biologici, o farmaci intelligenti, quelli che
agiscono su un preciso bersaglio molecolare, hanno dato
risultati limitati nella battaglia contro il cancro del pancreas. “Finora è stato effettivamente così” continua Tortora.
“I bersagli validi per altri organi non lo sono in questo caso.
Ma qualche tempo fa, sulla rivista Science, è stato pubblicato uno studio che ha identifi-
UN DIALOGO SERRATO
TRA IL TUMORE E IL MICROAMBIENTE
SE IL SISTEMA
IMMUNITARIO TRADISCE
un gruppo di cellule del sistema immunitario a
dare il via libera al tumore del pancreas: invece
di eliminarle, spalanca le porte alla malattia.
Come spiegano i ricercatori guidati da Maria Pia
Protti del gruppo di Immunologia dei tumori
dell’Istituto San Raffaele di Milano, per riuscire a
convincere le nostre difese naturali a “tradire”
l’organismo, le cellule tumorali dialogano a ritmo
serrato con il microambiente che le circonda.
Un discorso a livello molecolare che viene
descritto in dettaglio sul Journal of Experimental
Medicine in una ricerca finanziata anche da AIRC. In
genere i linfociti T producono speciali proteine
“d’attacco”, chiamate citochine, capaci di
combattere il tumore. I linfociti T “deviati”, invece,
cominciano a produrre citochine che ne favoriscono
la crescita.
I ricercatori milanesi sono riusciti a identificare
le molecole coinvolte in questo complesso
meccanismo pro-cancro: per alcune di queste
molecole sono già disponibili anticorpi capaci di
bloccarne l’attività.
È
cato 12 gruppi di proteine di
segnale che sono tipiche del
tumore pancreatico. Ora stiamo cercando anche qui a Verona – dove ha sede un gruppo di ricerca per l’analisi gene-
tica di questi tumori, che fa
capo al grande progetto internazionale Cancer Research
Project per la mappatura totale dei geni del cancro – di capire quali di questi possono
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PANCREAS
BERE MOLTO CONTRIBUISCE A CREARE
I PRESUPPOSTI DELLA MALATTIA
UN NEMICO
CHIAMATO ALCOL
he l’alcol non sia amico del pancreas è cosa nota: i
forti bevitori sono soggetti a rischio per le
pancreatiti. Ora un ampio studio epidemiologico
pubblicato su Archives of Internal Medicine e condotto
dall’American Cancer Society dimostra che chi beve ha
anche un rischio di ammalarsi di cancro del pancreas
che cresce del 36 per cento (un incremento importante
sebbene si tratti di un tumore raro in numeri assoluti).
A rischio sono coloro che bevono almeno tre dosi di
superalcolici al giorno, mentre birra e vino non
sembrano essere in relazione con la malattia. I dati sono
stati ottenuti da questionari somministrati a oltre
400.000 persone non fumatrici. Secondo gli autori
dell’analisi, non è chiaro se sia il tipo di alcol o la
quantità a determinare l’effetto nefasto: quel che è certo
è che ai mali dell’alcolismo va aggiunto anche questo.
C
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diventare i bersagli di nuove
terapie. Spesso le case farmaceutiche hanno già in archivio sostanze utili, capaci di interagire con nuovi bersagli.
L’obiettivo di questi studi è di
dare loro il suggerimento giusto perché il paziente possa
contare, entro un tempo relativamente breve, su una
nuova opzione terapeutica”.
NOVITÀ CONCRETE
Già ora sono entrate nei
protocolli nuove combinazioni, frutto delle scoperte
più recenti: se la cura più tipica rimane un cocktail di
gemcitabina e capecitabina,
due chemioterapici classici,
un gruppo
francese
ha introdotto una nuova
combinazione nota con la
sigla folfirinox. Il tumore
sembra rispondere al folfirinox circa tre volte più che
con i farmaci classici, ma non
è ancora la soluzione.
“C’è una nuova molecola
sul mercato, l’abraxane, che
combina un farmaco della famiglia dei tassoli con l’albumina. È importante perché
sfrutta un meccanismo d’azione diverso da quello degli
strumenti finora a disposizione e si sa che nei tumori è
utile combinare sostanze
che colpiscono il tumore in
punti deboli diversi” spiega
l’esperto. Nel caso specifico,
l’abraxane riesce
a frantumare la co-
razza protettiva e quindi apre
la strada alle altre sostanze.
“Infine ci sono le ricerche
sul microambiente, cioè sull’interazione tra le cellule tumorali e l’ambiente circostante” aggiunge Tortora. “È
il momento cardine dello
sviluppo della malattia, cioè
quel processo che porta le
cellule del pancreas a trasformarsi nella corazza connettiva. In futuro speriamo
di poter interferire con questo processo e, di conseguenza, aumentare l’efficacia
delle terapie”. E conclude:
“C’è stato un momento in
cui noi
che ci occupiamo
di questo
tipo di tumore vedevamo i
progressi
nella cura di tutte le altre
forme oncologiche, mentre
per i nostri pazienti non
cambiava nulla. Oggi siamo
invece ottimisti, perché capire la malattia è il primo
passo verso la messa
a punto di terapie
efficaci”.
Nuovi farmaci
facilitano
l’azione di quelli
più vecchi
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