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Tornare a vivere dopo il trauma cranico
IL MAGAZINE PER LA DISABILITÀ / NOVEMBRE 2015 / NUMERO 11 Redazione: Piazza Cavour 17 - 00193 Roma • Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale 70% - Milano MARCO IANNUZZI SUI BANCHI Con i paralimpici delle Forze armate A scuola con mio figlio autistico LA SFIDA DI EMILIO Tornare a vivere dopo il trauma cranico EDITORIALE di Luigi Sorrentini Direttore Centrale reggente Prestazioni Sanitarie e Reinserimento, Inail Trauma cranico. Al via l’accordo con la federazione delle famiglie O gni anno tra le 140mila e le 150mila persone vengono ricoverate in ospedale a seguito di trauma cranico. Migliaia di loro sono lavoratori e lavoratrici, soprattutto uomini, vittime di incidente durante l’attività lavorativa o sul percorso stradale casa-lavoro e viceversa. Molti sono giovani: hanno famiglie formate da poco, figli piccoli, percorsi professionali ancora tutti da costruire. A volte l’esito dell’infortunio è il coma, se ne può uscire ma solo uno su quattro potrà riprendere la vita di prima, spiega la Federazione nazionale trauma cranico (Fnatc). Gli altri saranno accompagnati da una disabilità permanente più o meno grave, un quarto rimarrà in stato vegetativo. In quanto infortunati sul lavoro, gli esiti dell’incidente sono di pieno interesse dell’Inail. Ogni anno l’Istituto prende in carico migliaia di vittime di infortunio: ma noi sappiamo bene che dietro ciascuna di quelle pratiche si nasconde una vita e, soprattutto, una persona che richiede attenzioni, cure, percorsi mirati. Per poter meglio accompagnare questa particolare categoria di infortunati l’Inail ha appena firmato un protocollo d’intesa con la Fnatc, orga- Obiettivo del protocollo d’intesa: nizzazione senza scopo di lucro che nel nostro Paese coordina l’attivi- validare un modello di presa tà di un grande numero di associazioni nate a sostegno delle persone in carico per il reinserimento con grave cerebrolesione acquisita e delle loro famiglie. Al centro del protocollo appena firmato la vocational rehabilitation, cioè un particolare modello di riabilitazione occupazionale che consiste in un sociale e lavorativo delle persone con esito da grave cerebrolesione acquisita processo “olistico” di presa in carico riabilitativa: in altre parole, un percorso finalizzato al recupero delle autonomie di vita e al reinserimento sociale e lavorativo degli infortunati. L’accordo, della durata di un anno, prevede da parte della Fnatc in particolare l’esame della documentazione scientifica in materia, ma anche l’analisi delle esperienze già realizzate o attualmente in corso. Una volta effettuata questa prima attività di ricognizione delle diverse esperienze, sarà possibile definire, in accordo con l’Istituto, progetti individuali e criteri di inclusione per l’accesso dei lavoratori infortunati ai percorsi proposti. Nell’elaborazione di tali percorsi si terrà ovviamente conto della situazione complessiva del lavoratore, delle sue capacità residue e del grado di autonomia nello svolgimento delle attività di vita quotidiana. L’obiettivo ultimo è quello di validare un modello di presa in carico per il reinserimento sociale e lavorativo delle persone con esito da grave cerebrolesione acquisita. SuperAbile INAIL 3 Novembre 2015 NUMERO undici Novembre 2015 EDITORIALE sotto la lente 3 Trauma cranico. Al via l’accordo 18 Compagni di banco con la federazione delle famiglie di Luigi Sorrentini ACCADE CHE... di Sara Mannocci visti da vicino 20 Dal blog al sito, in rete per 5 Pet therapy: finalmente le linee guida un “altro” punto di vista di Laura Badaracchi PORTFOLIO 6 A Castel di Sangro una piazzola 22 In passerella per i pescatori disabili L’INCHIESTA 8 Quella nuova vita dopo il coma di Antonella Patete INSUPERABILI 16 Ufficiale e gentiluomo, con di M.T. SPoRT 26 Silenzio, parla la palla ovale di Michela Trigari tempo libero 28 Dal Pollino alla Sila i paralimpici delle Forze armate in fuoristrada Intervista a Marco Iannuzzi di Laura Badaracchi SuperAbile Inail Anno IV - numero undici, novembre 2015 Direttore: Luigi Sorrentini In redazione: Antonella Patete, Laura Badaracchi e Diego Marsicano Direttore responsabile: Stefano Trasatti di Elisabetta Proietti CULTURA 30 Se l’autismo non è uno stigma Cooperativa Salvia di Michela Trigari con la follia» Moda Storia di Laura, l’imprenditrice di L.B. 34 Perception, horror interattivo (audace) con la sindrome per non vedenti di Down di M.T. di Antonio Storto 35 Un Emmy per Peter Dinklage 41 Cronache marziane La “prova San Tommaso” di A.P. per chi va a Expo RUBRICHE di Gianluca Nicoletti 36 Inail... per saperne di più Se ne sono andati Attività ricreative: la ricetta della Loi, gloria della scherma Filiale romana del Centro protesi paralimpica 37 Previdenza 42 Databile Invalidità civile. Liquidazione Sport e disabilità in Italia delle prestazioni economiche testi di Dino Collazzo, grafica di 38 Senza barriere Cristina Graziani/Agenda Persone con disabilità e grandi rischi: il manuale europeo 39 L’esperto risponde Mobilità, Scuola di L.B. 31 Stefano Dionisi: «Il mio incontro Hanno collaborato: Maria Gabriella Lanza, Sara Mannocci, Elisabetta Proietti, Antonio Storto, Serena Termini, Michela Trigari di Redattore Sociale; Dino Collazzo e Cristina Graziani/Agenda; Gianluca Nicoletti; Erica Battaglia, Rosanna Giovèdi, Gabriela Maucci, Daniela Orlandi del Consorzio sociale Coin; Maria Concetta Calandruccio, Ilaria Cannella, Cristina Cianotti, Francesca Iardino, Monica Marini, Mariella Pedroli dell’Inail Editore: Istituto Nazionale Progetto grafico: Giulio Sansonetti numero 45 del 13/2/2012 SuperAbile INAIL miscellanea 40 Che impresa per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro Redazione: SuperAbile Inail c/o agenzia di stampa Redattore Sociale Via Marsala 42 - 00185 Roma E-mail: [email protected] Stampa: Tipografia Inail Via Boncompagni 41 - 20139 Milano Autorizzazione del Tribunale di Roma 4 Novembre 2015 Un ringraziamento, per averci gentilmente concesso l’uso delle foto, ad Andrea Melato (pagg. 4, 18), Fabio Moscatelli (pag. 15), Diego Marsicano (pag. 16), The Dwarf Fashion Show (pag. 22), Ilaria Niccolini Production per FTL Moda (pag. 23), James Lyon per Models of diversity e Tenbo by Takafumi Tsuruta (pag. 24), Fondazione Vertical (pag. 25), Alessandra Rezza (pagg. 26-27), Riccardo Venturi (pag. 41). In copertina: foto di Stefano Dal Pozzolo ACCADE CHE... buone leggi Pet therapy: finalmente le linee guida L’ accordo approvato dalla Conferenza Stato-Regioni sulla pet therapy ha dato finalmente un quadro di riferimento omogeneo a tutti gli operatori in questo campo. «Prima gli interventi erano lasciati all’iniziativa di singole università o associazioni, adesso il ministero della Salute ha dato un riconoscimento ufficiale a questa terapia. L’Italia è diventato un modello da seguire per gli altri Paesi», ha commentato Luca Farina, direttore del Centro di referenza nazionale per gli interventi assistiti con gli animali, ente a cui è stato affidato il compito di promuovere la ricerca scientifica nel settore e organizzare corsi di formazione. Le linee guida sono frutto di un percorso iniziato nel 2011. In particolare il documento pone l’accento anche sul benessere dell’animale. Per la prima volta, poi, si riconosce il ruolo dei cani d’assistenza. Le Regioni terranno un registro delle strutture che effettuano pet therapy – alcuni esempi sono l’Azienda ospedaliera di Padova, il Niguarda di Milano, il Meyer di Firenze, Le Molinette di Torino, l’Umberto I di Roma, l’Ospedale di Macerata – e per attivare un percorso servirà la prescrizione di un medico. La terapia assistita con gli animali si rivolge a pazienti con problemi fisici, neurologici o psichiatrici, malati, detenuti, tossicodipendenti, bambini autistici e minori stranieri non accompagnati. L’Italia è all’avanguardia in questo campo e notevole è il numero di progetti portati avanti da onlus, enti pubblici e privati. Il beneficio? «L’animale può aprire canali di comunicazione inaspettati, ti accetta per come sei e questo aiuta ad avere una nuova consapevolezza di sé. La sua presenza permette alla persona di sentirsi accolta e di sorridere anche nei momenti di difficoltà», conclude Sonia Sdrubolini, presidente dell’associazione Noa pet therapy. [Maria Gabriella Lanza] grosseto Gara di solidarietà per i giovani disabili del pastificio artigianale A febbraio i ragazzi disabili che lavorano a Pasta di Sole avevano chiesto ai concittadini grossetani di dare una mano al pastificio artigianale in difficoltà. E i clienti non sono mancati. Fra i prodotti più richiesti, tortelli maremmani, cacio e pepe, gnocchi, tagliatelle e tortellini fatti a mano. Bene anche i sughi pronti, le lasagne, gli sformati e le crostate casalinghe. «Abbiamo avuto tanti attestati di solidarietà concreta da persone che sono venute al negozio a comprare i nostri prodotti», spiega Massimiliano Frascino, presidente della Fondazione e della cooperativa sociale Raggi di Sole che gestisce il negozio. «Il motivo di soddisfazione più grande per i ragazzi con disabilità che lavorano al pastificio – spiega Roberto Marcucci, socio volontario della cooperativa e coordinatore dei servizi della Fondazione – sta nella soddisfazione dei clienti per la bontà dei loro prodotti. Sin dall’inizio abbiamo detto loro che dovevamo produrre cose buone e di non contare semplicemente sulla solidarietà, e mi pare di poter dire che questo risultato è stato raggiunto». Info su Fondazioneilsole.it. SuperAbile INAIL 5 Novembre 2015 Trieste sperimenta il telefono per sordi. La Centrale radio della polizia locale è il primo ente in Italia ad aver adottato Pedius, il sistema di comunicazione per non udenti che converte un messaggio scritto o registrato in una telefonata vera e propria grazie alle tecnologie di riconoscimento vocale e viceversa. L’app è scaricabile dal sito Pedius.org. ACCADE CHE... TEMPO LIBERO A Castel di Sangro una piazzola per i pescatori disabili L’ ultima novità è una piazzola per la pesca con la mosca artificiale riservata alle persone in sedia a ruote. Si trova a Castel di Sangro (in scuola provincia dell’Aquila), in corrispondenza del ponte della Maddalena, ed è stata realizzata grazie alla collaborazione tra la Sim (Scuola italiana di pesca a mosca), l’associazione Pescasportivi Sangro, la onlus Caccia grossa e il Gruppo di azione locale Abruzzo Italico Alto Sangro. Nei pressi dell’area ci sono anche due posti auto. «Il prossimo anno – spiega Osvaldo Galizia, presidente della Sim – cercheremo di realizzare altre piazzole sul fiume Sangro dove si possano utilizzare anche altre tecniche di pesca, come spinning, fondo e mezzofondo, per dar modo davvero a tutti di coltivare la propria passione». Selfie anche per non i vedenti. Grazie a un team di ricercatori italiani della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa che ha messo a punto Tactile Blind Photography: un’app che funziona con i Tpad phone, smartphone speciali in grado di fornire dettagli tattili. Attivando l’applicazione gli utenti potranno rilevare l’immagine del volto in rilievo e scattare. lavoro Nella capitale alunni e insegnanti Sorsi e morsi, a Ferrara la tavola calda per aspiranti a lezione di buio cuochi con difficoltà psichiche e cognitive E sperienze al buio per i bambini e i ragazzi delle scuole elementari e medie di Roma e provincia. Sono quelle che gli alunni sperimentano all’interno della “black box” allestita nella sede del Centro regionale Sant’Alessio-Margherita di Savoia per i ciechi a partire proprio da novembre. Il progetto, “Illuminazioni – Il buio che insegna”, finanziato dall’Opera pia asilo Savoia, mira a coinvolgere anche gli insegnanti. Lo scopo? Sviluppare un’attenzione che, in una società dell’immagine, non utilizzi solo la vista e non faccia atrofizzare gli altri quattro sensi. «Ormai comunichiamo per lo più con gli sms e apprezziamo meglio i cibi e i profumi ben presentati», commenta Amedeo Piva, presidente del Sant’Alessio. A iuto-cuoco, cuoco, barista e cameriere. Quattro ruoli e otto tirocini formativi – per altrettante persone con disabilità psichica, psichiatrica e cognitiva – resi possibili grazie all’inaugurazione di Sorsi e morsi, il bar tavola calda di Ferrara (via Porta San Pietro SuperAbile INAIL 57/b) per la formazione professionale e l’inserimento lavorativo di chi proviene dal Dipartimento assistenziale integrato di Salute mentale e Dipendenze patologiche dell’Ausl. Gestito dalla cooperativa sociale Scacco Matto di Portomaggiore, il locale 6 Novembre 2015 conta 50 posti a sedere ed è stato ristrutturato da un gruppo di lavoratori svantaggiati della cooperativa che, tra le proprie attività, propone anche un servizio di tinteggiatura, uno di sgomberi e traslochi e il laboratorio protetto “La bottega degli Usvei”. SRI LANKA Senza assistenza i civili rimasti disabili a causa della guerra C ontinua ad avere molti strascichi il conflitto nello Sri Lanka terminato ormai sei anni fa. Stando a quanto riportato dall’agenzia Fidest, se i soldati ricevono ogni tipo di assistenza, remunerativa e sanitaria, da parte dello Stato, non è così per le ex Tigri Tamil e per i civili rimasti feriti in modo permanente o mutilati. L’Ufficio delle Nazioni Unite per la tutela dei di- agricoltura sociale trieste Da settembre una nuova legge per regolare il settore U n marchio per riconoscere l’agricoltura sociale, un punteggio in più per i suoi prodotti nei bandi per le mense scolastiche e ospedaliere, preferenza per aziende e cooperative che la praticano nell’assegnazione di beni demaniali o terreni confiscati alla criminalità organizzata. Sono alcune delle novità della nuova legge sull’agricoltura sociale entrata in vigore a fine settembre. Un quadro normativo che regola il settore e ne dà una definizione precisa. Secondo l’articolo 2, infatti, per agricoltura sociale si intendono le ritti umani ha sollecitato il governo a sviluppare una politica nazionale e stabilire un’adeguata ricompensa. La locale Fondazione per la riabilitazione dei disabili calcola che le persone rimaste invalide siano oltre 20mila ma, secondo altre fonti, le cifre sarebbero molto più elevate. Attualmente, anche nel distretto di Mullaitivu mancano programmi di sostegno. Un menù di bevande in Lis per facilitare le ordinazioni attività esercitate dagli imprenditori agricoli e dalle cooperative sociali dirette a realizzare l’inserimento sociolavorativo di persone disabili o svantaggiate e a fornire servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative, comprese le fattorie didattiche e gli agri-asili. Le cooperative sociali dovranno avere almeno il 30% del fatturato derivante da attività agricola. Presso il ministero dell’Agricoltura verrà istituito un osservatorio per studiare il fenomeno in Italia (foto: Stefano Dal Pozzolo). M enù sì, ma in lingua dei segni, per ordinare da bere nei bar e negli altri locali triestini. Così da agevolare non solo le persone sorde, ma soprattutto i camerieri. L’iniziativa “Ascoltare con gli occhi, parlare con le mani” è stata sviluppata dall’Ente nazionale sordi di Trieste su sollecitazione dell’assessorato comunale alle Politiche sociali e in collaborazione con la Federazione italiana pubblici esercizi del capoluogo friulano. «L’idea, nata dopo la realizzazione di un “Aperitivo silenzioso”, è quella di utilizzare una sorta di dizionario visivo come veicolo di comunicazione fra i non udenti e il personale addetto alla ristorazione, facilitando la reciproca comprensione», ha spiegato l’assessore Laura Famulari. Il menù comprende vari tipi di bevande, dal caffè al vino alle bibite. SuperAbile INAIL 7 Novembre 2015 Taxi negato a Pancalli: «No a cali di attenzione sui diritti» Il caso del tassista che a Torino si è rifiutato di dare un passaggio al presidente del Comitato italiano paralimpico perché non faceva trasporto di “carrozzelle” ha fatto scalpore. «Sono però convinto che una nuvola non fa una tempesta in una città che reputo all’avanguardia nel percorso di cultura e civiltà, complici, soprattutto, quelle straordinarie Olimpiadi e Paralimpiadi invernali del 2006 che mi hanno visto tra i protagonisti nella fase di organizzazione – ha detto Luca Pancalli –. Ma sono altresì convinto che qualora fosse successo a una persona diversa da me, le conseguenze sarebbero state peggiori. Questo dimostra che non ci possiamo permettere quei cali di attenzione nei confronti dei diritti delle persone disabili che ogni tanto notiamo in tutte le grandi città del nostro Paese». l’inchiesta Stati di minima coscienza Quella nuova vita dopo il coma Possono essere tante e di diversa gravità le conseguenze di un trauma cranico. A volte conducono allo stato vegetativo, altre a percorsi di lento e parziale recupero delle capacità di muoversi e avere rapporti con il mondo circostante. Spesso la lesione deriva da un incidente stradale e in migliaia di casi si tratta di infortuni sul lavoro, che chiamano in causa anche l’Inail. Abbiamo scelto di raccontare la storia di tre lavoratori e delle loro famiglie, alle prese con una delle prove più difficili Antonella Patete/foto Stefano Dal Pozzolo O gni giorno, mattina e sera, senza mai scoraggiarsi né perdere di vista l’obiettivo, Emilio Vendetta prova con tutte le forze a camminare, stringere, afferrare, conquistare un faticoso e più soddisfacente equilibrio. Passo dopo passo, segnando ogni giorno un impercettibile e nuovo traguardo, negli ultimi 15 anni ha combattuto per riprendere in mano la sua vita. Raggiungendo risultati sorprendenti e insperati per uno che i medici avevano SuperAbile INAIL 8 Novembre 2015 dato per spacciato. Aveva 23 anni quando un brutto infortunio sul lavoro ha cambiato in un solo istante il corso del destino. All’epoca lavorava come tecnico dell’alta tensione, un mestiere che lo portava spesso e volentieri in giro per l’Italia e all’estero. Di quei tempi Emilio conserva ancora il carattere espansivo, alcuni vecchi amici con cui condivide la passione per i rally e le automobili sportive e la voglia di non mollare mai. Il resto sta ancora cercando di ricostruirlo a poco a poco, grazie alla forza di vo- lontà e a due genitori che, fin dal primo momento, non hanno mai accettato di arrendersi. Trentotto anni oggi, originario e tuttora residente a Valmontone, a due passi da Roma, nel 2000 è stato colpito alla testa da un bullone da due chili e mezzo precipitato da 50 metri di altezza mentre, insieme ai suoi colleghi, smontava una torre faro in quel di Livorno. Un incidente che lo ha lasciato in coma per circa un anno, al termine del quale è cominciata una lunga e difficile ripresa, ancora in corso a dispetto SuperAbile INAIL 9 Novembre 2015 delle difficoltà di movimento, di piena comprensione del mondo circostante e di parola. Emilio è uno dei numerosi traumatizzati cranici assistiti dall’Inail attraverso una rendita mensile e percorsi di accompagnamento a opera di assistenti sociali ed équipe mediche in ogni parte d’Italia. I numeri parlano chiaro: solo tra il primo gennaio 2013 e il 30 giugno 2015 si contano quasi 50mila infortuni sul lavoro con gravi cerebrolesioni acquisite, caratterizzate da stato vegetati- l’inchiesta Stati di minima coscienza vo o dalla presenza, dopo un periodo di coma più o meno prolungato, di menomazioni cognitive e comportamentali. Un dato non di poco conto, se comparato con la situazione nazionale: secondo le cifre diffuse recentemente dalla Federazione nazionale associazione trauma cranico (Fnatc), nel nostro Paese ogni anno sono tra le 140mila e le 150mila le persone colpite da trauma cranico (cfr. box). «Anche in situazioni così gravi sono molte le cose che possiamo fare per i nostri assistiti – spiega Barbara Foianesi, assistente sociale della Sede Inail Tuscolano, che segue personalmente il caso di Emilio –. Forniamo ausili e presidi sanitari se sono ospiti presso strutture sanitarie pubbliche o private e provvediamo all’abbattimento delle barriere architettoniche quando vivono nella propria abitazione. A partire dal 2011, poi, c’è anche la possibilità di realizzare progetti personalizzati, come l’inserimento nei laboratori occupazionali gestiti dalle cooperative sociali. Da qualche settimana, infine, la nostra Sede ha organizzato un gruppo di automutuo aiuto, in cui sono presenti anche alcuni familiari di persone in stato vegetativo». Per far fronte all’incidente di Emilio e alle sue conseguenze, la famiglia Ven- detta ha dovuto mettere in campo tutte le sue risorse fisiche, morali e materiali. Quindici anni dopo, Giulio, il padre di Emilio, è ancora scosso. «Era il 21 aprile, Venerdì santo – racconta –. Io ero in officina, lavoravamo entrambi per una ditta leader nel trasporto di energia elettrica, si faceva di tutto: ripetitori, pali elettrici, illuminazione». A comunicargli la notizia fu il direttore dello stabilimento: «Emilio si è fatto male, si è rotto una gamba – disse –. Bisogna andare subito a Livorno». Quel- Trauma cranico: i numeri di un’epidemia silenziosa I n Italia sono tra le 140 mila e le 150mila – secondo la Federazione nazionale associazione trauma cranico (Fnatc) – le persone ricoverate ogni anno in ospedale per trauma cranico. Un’epidemia silenziosa che conta circa 7mila morti l’anno, 20mila individui con difficoltà residue a lungo termine (fisiche, mentali) e altri 14mila circa in stato di coma più o SuperAbile INAIL meno protratto. Inoltre, su 100 persone solo il 25% riprende la vita precedente, mentre un altro 25% presenta qualche limitazione dell’autonomia. Dei restanti due quarti, una metà è colpita da disabilità importanti e un’altra rimane in stato vegetativo. In Occidente sono gli incidenti stradali la causa principale del trauma cranico (in Italia circa il 10 Novembre 2015 60% dei casi). Altre cause importanti sono gli infortuni domestici (specie per i bambini e gli anziani), quelli sul lavoro (il 20% di tutti i traumi fra i 30 e 60 anni) e quelli sportivi. Il maggior numero di traumi e decessi si registra nella fascia fra i 15 e 35 anni, con netta prevalenza del sesso maschile. Altre fasce a rischio sono i bambini sotto i cinque anni e gli anziani. [A.P.] Ogni giorno, con infinita forza d’animo e determinazione, Emilio Vendetta (nella foto accanto con il suo fisioterapista) si impegna per conquistare una fetta di autonomia sempre maggiore. Tra gli esercizi più frequenti, quelli per migliorare la stabilità senza l’aiuto delle stampelle e affinare la presa delle mani. Nelle pagine precedenti, Emilio insieme ai suoi genitori e, a pagina 12, con la sua Lancia Hf evoluzione, acquistata prima dell’incidente. Le automobili costituiscono ancora oggi la passione di Emilio e la sua casa è piena di foto di rally e modellini (pag. 13). I suoi genitori si sono spesi oltre ogni limite per la sua guarigione e il padre Giulio ha una piccola lista degli operatori sanitari che sono stati particolarmente solleciti nei riguardi del figlio. Tra questi il medico di base, dottor Vincenzo Pilozzi che, al ritorno a casa dall’ospedale, veniva a trovarlo anche quattro volte al giorno. SuperAbile INAIL 11 Novembre 2015 la fretta, quella concitazione, tradivano qualcosa di più grave di un arto spezzato. Durante il viaggio, in automobile, il telefono del direttore squillava in continuazione, Giulio e sua moglie coglievano brandelli di un discorso animato, capivano che era successo di peggio. Quando arrivarono a Livorno i medici sentenziarono: «Il ragazzo non c’è più». Non gli davano nessuna possibilità, attendevano da un momento all’altro che morisse. Ma Emilio teneva duro e così, a sera, finalmente lo operarono. A mezzanotte il chirurgo avvertì: «Abbiamo fatto il possibile, ma non passerà la notte. Domani mattina non ci sarà più». La profezia non si avverò ed Emilio rimase all’ospedale di Livorno per altri 40 giorni, fino a quando la famiglia non decise, di comune accordo con il personale medico, di portarlo a Roma. «Pensavano di mandarlo a casa a morire», ricorda il padre. Ma ancora una volta il ragazzo diede prova di una straordinaria capacità di resistenza. «Ad accoglierlo all’Aurelia Hospital, dove rimase sei mesi, trovammo il professor Antonio Arcangeli che si prese cura di lui, insieme al suo collega Delfino Leone», precisa Giulio che, dopo tanti rifiuti e porte in faccia, ci tiene più che mai a fare nome e cognome di coloro che gli hanno teso una mano. «E anche lui pensava che sarebbe morto da un momento all’altro». Eppure Emilio sopravvisse anche allo spirococco Mrsa, uno dei batteri più aggressivi e pericolosi per una persona nelle sue condizioni. Così, per la seconda volta dopo Livorno, acquistarono la bara. Ma lui superò anche questo: i medici erano spiazzati, quel giovane sembrava sfidare le stesse leggi della medicina. Nelle settimane che seguirono, il dottor Arcangeli iniziò a spostare Emilio continuamente di stanza: l’ospedale, con le alte possibilità di contrarre l’inchiesta Stati di minima coscienza infezioni, poteva essere un luogo letale per lui. A dicembre Giulio si convinse a portarlo a casa, nonostante la peg, il catetere, la cannula del respiratore. Per la strumentazione necessaria si rivolse alla Asl di zona, ma gli proposero un ricovero nell’ospedale più vicino. «Si trattava di una struttura inadatta a ospitare un paziente nelle sue condizioni, perciò ci rifiutammo – spiega il padre –. E siccome non ci fornivano le attrezzature necessarie, ci pensammo da soli». Si rivolsero a una ditta privata, che aiutò la famiglia a costruire un piccolo reparto di rianimazione a casa propria. «Costava 28 milioni al mese delle vecchie lire, io ne guadagnavo cinque e mezzo. Mi sono venduto tutto, i fucili, i cani da caccia, i prosciutti. Come capofficina coordinavo il lavoro di 140 persone, ma non avevo più neppure 5mila lire al mese per comprare il blocchetto dei buoni pasto della mensa». Questa storia andò avanti per cinque mesi, fino a che un giorno alla porta di casa si presentò un signore che si qualificò come Angelo Mieli, l’allora sindaco di Valmontone. «Io non avevo tempo per seguire la politica e non lo riconobbi», confessa Giulio, che tuttora nutre un sentimento di gratitudine nei confronti dell’ex primo cittadino per aver fatto «un’ordinanza in cui si assumeva l’onere di pagare la ditta, salvo rivalersi successivamente sulla Asl». Ci vollero altri 15 mesi prima di smantellare quell’ospedale casalingo: Emilio cominciava a dare i primi segnali evidenti di miglioramento. «Ad aprile del 2001 cominciò ad accennare un sorriso, un anno dopo riusciva a deglutire una goccia d’acqua. Noi provavamo di tutto, gli facevamo ascoltare la musica che amava e le voci dei sui amici registrate su una cassetta, Radio Montecarlo gli dedicò una radiocronaca, dove il cronista di tanto SuperAbile INAIL 12 Novembre 2015 in tanto lo chiamava, dicendo: “Emilio svegliati, la Ferrari ti aspetta”». Se oggi Emilio parla di nuovo, partecipa alla vita della famiglia, si impegna con tanta forza per conquistare ogni giorno un piccolo pezzo di autonomia in più è merito sicuramente della sua tenacia, ma anche dei suoi genitori, che si sono spesi oltre ogni limite. Giulio, che ora ha 67 anni, al tempo dell’incidente ne aveva 52, era nel pieno della carriera e coordinava gli operai di tre diverse fabbriche. Per tre anni, fino al giorno in cui è andato in pensione, ha lavorato giorno e notte, la sera a casa lo chiamavano di continuo per risolvere i tanti problemi che si presentavano in officina, ma riusciva comunque a occuparsi di suo figlio. «Ogni giorno, per otto mesi, in pausa pranzo, partivo da Anagni, aiutavo Emilio a camminare su una pedana che avevo costruito io stesso e mezz’ora dopo tornavo al lavoro. Mangiavo e bevevo in auto, è stato un massacro». «Il ruolo delle famiglie è sempre fondamentale quando si tratta di trauma cra- nico o stato vegetativo», spiega Stefania De Luca, assistente sociale della sede Inail di Palermo. «L’esito finale dell’incidente dipende in gran parte dalla loro capacità di trovare le soluzioni migliori e reggere il carico materiale ed emotivo che gli esiti del trauma comportano. Qui in Sicilia, il dato comune è la carente rete di servizi sanitari e sociali integrati in un unico progetto che consideri i vari bisogni, soprattutto quelli di tipo riabilitativo e assistenziale. Spesso il carico si aggrava per la difficoltà di far fronte alle incombenze burocratiche e amministrative necessarie per l’accesso alle numerose prestazioni richieste dalla situazione, di cui sono competenti, in molti casi, servizi diversi. Pertanto, oltre ai compiti propri dell’Istituto di fornitura dei vari ausili, si cerca, per quanto possibile, di svolgere un ruolo di informazione e facilitazione sia con i diretti interessati sia con i servizi del territorio». Al telefono la signora Laura di Campofelice di Roccella, in provincia di Palermo, si dice «abbiliata», termine siciliano che indica demoralizzazione e avvilimento, per una brutta faccenda di inghippi e lungaggini burocratiche che a suo fratello Giuseppe, in stato vegetativo da undici anni, poteva costare la vita. Quando l’abbiamo intervistata l’alimentazione artificiale stava per finire e le nuove scorte tardavano ad arrivare. Così, in attesa che la situazione si sbloccasse, la famiglia tirava avanti con una piccola riserva ricevuta da una conoscente a cui era appena morto il marito e le sacche prese in prestito da una signora la cui figlia fa uso della peg. Come Giulio, anche Laura è andata in pensione appena ha potuto, lasciando il suo impiego di assistente amministrativa in un istituto scolastico. E come nel caso di Emilio, anche l’incidente di Giuseppe è arrivato come un fulmine a ciel sereno, anzi, per dirla con Laura, SuperAbile INAIL 13 Novembre 2015 «come una pietra scagliata in uno stagno», che va a scompigliare le acque di comportamenti e dinamiche cristallizzati da anni. Quando il primo aprile del 2004 fu investito nella sua corsia da un’automobile che sorpassava un camion a tutta velocità sul rettilineo Faenza-Forlì, Giuseppe stava tornando a casa dal turno di notte in una fabbrica di cucine. Aveva 41 anni e la sua vita era ripartita da poco: c’era un nuovo lavoro, un nuovo amore che lo aveva portato in Emilia Romagna e una bambina di 15 giorni. Lo schianto ha sbalzato la sua macchina 30 metri fuori dalla carreggiata, provocandogli un grave danno cerebrale. Dopo l’incidente, nell’auto hanno trovato i “bomboloni” che stava portando a casa per la colazione. Laura lo seppe di primo mattino, fu la compagna di Giuseppe a telefonarle. «All’inizio non riuscivo neppure a capire cosa fosse avvenuto – dice –. Poi compresi che mio fratello stava per morire. Così quella mattina feci un’unica cosa: telefonai a tutti i monasteri di clausura che cono- l’inchiesta Stati di minima coscienza scevo e a quelli che trovai sull’elenco del telefono chiedendo di pregare per lui. Pensavo che il Signore avrebbe ascoltato gli altri e non me. Solo a sera tardi sentii di poter pregare io stessa». Giuseppe tornò nella casa paterna 18 mesi dopo, al termine di un pellegrinaggio tra Cesena, Faenza e Ferrara prima, Troina e Cefalù dopo. Era in stato vegetativo, le sue condizioni erano stabili, non c’era ragione di restare altro tempo in ospedale. Ad attenderlo, oltre i suoi genitori, c’era Laura, la sorella maggiore di otto anni, che nel tempo a seguire si sarebbe presa cura di lui in maniera quasi esclusiva. «Il suo arrivo è stato una rivoluzione – racconta –. Prima c’è stato un fuggi fuggi generale. I più veloci a sparire sono stati i fratelli e le sorelle del gruppo di preghiera con cui avevo condiviso il percorso di fede degli ultimi dieci anni. Poi ogni cosa è cambiata in famiglia: Giuseppe ha fatto emergere tutto ciò che non andava, non è stato più possibile infilare la testa sotto la sabbia». Per affrontare al meglio il compito di caregiver, Laura ha deciso di lavorare innanzitutto su se stessa. «Mi ha avvertito la psicologa inviata dalla Asl, vedendo che litigavo con mia madre: se volevamo che Giuseppe mettesse in campo tutte le sue forze per continuare a vivere, dovevamo creare un ambiente sereno intorno a lui». Così intraprese un percorso di psicoterapia, che si è rivelato fondamentale per affrontare tutte le intemperie che la attendevano negli anni successivi: «Se all’inizio avessi saputo che quella situazione si sarebbe protratta per oltre un decennio, mi sarei sentita persa. E invece oggi posso dire che quello che ho ricevuto è più di quello che ho dato». Dopo aver a lungo cercato la badante giusta, oggi Laura si dedica a tempo pieno a suo fratello. Non si arrende mai, ma trovare la persona adatta le sembra ormai un’impresa impossibile: «Offro un contratto regolare, pago fino all’ultimo centesimo – ci tiene a sottolineare –. La formazione la faccio io, abbiamo tutto quello che serve: dal letto elettrico al sollevatore. Lo sforzo fisico è limitato». Ma l’impressione resta quella che non ci sia nessuno seriamente intenzionato ad avventurarsi nel misterioso mondo di Giuseppe. Dove la dedizione, lo stato di continua allerta, la prontezza a cogliere i dettagli contano ancor più della SuperAbile INAIL 14 Novembre 2015 semplice professionalità e delle cure di chi non è disposto a fare i conti col fattore umano. Per controllare ogni suo possibile segnale, sorriso, cenno volontario o involontario, Laura ha fatto installare tre telecamere in camera di suo fratello. E se non fosse gravata dal peso di tutta quell’assistenza materiale, comincerebbe proprio da lì: dallo studio di quei filmati che possono rivelare la vita segreta di Giuseppe e le sue esigenze più nascoste. C’è voluto del tempo per capire, ma lui oggi per lei non è più quel libro indecifrabile di un tempo: «Per dire sì alza la gamba sinistra o chiude gli occhi. Non mi posso permettere di essere arrabbiata o nervosa, perché subito va in agitazione anche lui». Circa 160 chilometri più a Est, a Siracusa, da tre anni Carlo e Jasmine condividono con i loro due bambini di sette e cinque anni un menage familiare diverso da quello che avrebbero mai potuto immaginare. Dove però la speranza vince ogni giorno contro la disperazione. Infortunato sul lavoro e assistito dalla locale Sede dell’Inail, Carlo ha avuto l’incidente che gli ha cambiato la vita a 29 anni, un giovedì notte mentre guidava il pullman che avrebbe dovuto portare a Mineo un gruppo di persone dirette in Svizzera. Jasmine, oggi appena ventiseienne, ricorda: «Fortunatamente era solo in quel momento, non aveva ancora caricato i passeggeri. Durante la notte l’ho chiamato più volte per sapere se era tutto a posto, ma lui non rispondeva. Ho pensato che gli si fosse scaricato il cellulare e non mi sono preoccupata più di tanto. La mattina mi hanno telefonato dall’ufficio della compagnia e mi hanno detto che Carlo aveva avuto un incidente». Quando Jasmine si precipita all’ospedale di Caltanissetta trova una situazione ben peggiore di quello che aveva immaginato. «I medici mi dicono che è in grave pericolo di vita e, se sopravviverà, non sarà più comunque come prima. E per farmi capire meglio, mi spiegano che ormai il suo cervello è come un colabrodo». Ma Carlo tiene duro, e 14 mesi dopo è di nuovo a casa. Jasmine è sempre accanto a lui, a darle una mano con i bambini è sua madre che, al tempo stesso, lavora come colf e si prende cura di un’altra figlia disabile. «Era in stato semivegetativo – racconta sua moglie –. Viveva in un mondo tutto suo, non diceva neanche se aveva fame o sete, era completamente assente». Così dopo qualche mese marito e moglie partono da soli per il Centro di riabilitazione San Giorgio, presso l’Ospedale Sant’Anna di Ferrara, dove restano per sette mesi. Qui Carlo recupera in maniera sorprendente: «Nessuno si aspettava progressi di tale portata dopo due anni: ha migliorato la postura, ha ricominciato a parlare e soprattutto è tornato a essere presente». Dopo un ulteriore soggiorno a Ferrara lo scorso anno, il giovane è migliorato ulteriormente. Oggi mangia da solo, si mette le scarpe e risponde in maniera pertinente alle domande. Quando sua moglie gli passa brevemente il telefono, il suo tono è affabile e cordiale. Jasmine gli è sempre accanto: con la forza della speranza e dell’amore è riuscita a vincere i momenti bui della depressione. Continua a occuparsi di lui e, con l’aiuto della mamma, dei suoi due bambini che, dopo tante difficoltà, sono finalmente più sereni. Carlo non smette di migliorare, ogni giorno fa un piccolo passo verso il mondo che gli apparteneva. In programma ci sono nuovi viaggi verso le strutture di riabilitazione del Nord e il sogno di tornare alla vita di un tempo. Ma Jasmine sa che è impossibile fare previsioni e che l’unica via è gioire delle piccole conquiste quotidiane. Senza illudersi né disperare, il futuro è ancora tutto da scrivere. Sleep of no dreaming: una finestra sugli stati vegetativi È diventato finalmente un volume Sleep of no dreaming, il progetto del fotografo romano Fabio Moscatelli sull’esperienza di Casa Iride, struttura unica nel suo genere dedicata ad alcune persone in stato vegetativo e ai loro familiari. Collocata tra il quartiere Don Bosco e Torre Maura, nel quadrante est della capitale, questa realtà, fondata dall’associazione Risvegli e sostenuta dall’amministrazione comunale e regionale, rappresenta il primo caso di co-housing sanitario in Europa. E qui vivono sei ospiti fissi, circondati dalle proprie famiglie che hanno così la possibilità di incontrarsi e condividere spazi comuni, ma soprattutto di trascorrere l’intera giornata con i loro cari. Il progetto, che prende il titolo da un brano del gruppo britannico dei SuperAbile INAIL Porcupine tree, si è svolto nell’arco di sei mesi. Ma soprattutto ha preso le mosse da un reportage fotografico sulla vicenda di Francesco Romagnoli, pubblicato lo scorso anno sulla nostra rivista (SuperAbile Inail, giugno 2014). Ventisette anni al momento dell’incidente e 35 oggi, Francesco è stato investito da un autotreno mentre raggiungeva in moto il posto di lavoro e rappresenta uno dei tanti infortunati con grave cerebrolesione acquisita (Gca) assistiti dall’Inail. Dal giorno di quel primo reportage fotografico Fabio è tornato più volte a Casa Iride, fino a diventare parte di quella piccola comunità, sconosciuta alla maggior parte dei romani. «I familiari aprono la porta della casa, mi accolgono con il sorriso, si muovono con naturalezza, mi offrono 15 Novembre 2015 sempre qualcosa», ha raccontato sul suo sito (Fabiomoscatelli.com). «Lo spunto me lo ha purtroppo fornito il famoso campione di Formula uno Michael Schumacher, finito sotto i riflettori della cronaca in seguito all’incidente avvenuto su una pista da sci – ha aggiunto –. La domanda che mi sono posto è stata: quante persone si trovano nella stessa situazione senza avere la stessa attenzione?». Tante le sensazioni diverse e contrastanti nate dall’incontro con le famiglie. Una per tutte: «Entro nella stanza che ospita Francesco e mamma Ivana mi dice che stanno parlando con gli occhi. Poi chiede al figlio: “Vuoi bene a mamma? Se sì, strizza forte gli occhi”. La risposta è un brivido sulla mia pelle». [A.P.] INSUPERABILI Intervista a Marco Iannuzzi Ufficiale e gentiluomo, con i paralimpici delle Forze Armate Dalla passione per il volo a quella per le discipline paralimpiche: dopo un incidente ad alta quota, il tenente colonnello dell’Aeronautica militare coordina la Sezione promozione e sviluppo della pratica sportiva per il personale con disabilità Laura Badaracchi A sei anni sognava di volare, a 21 un tragico incidente durante l’addestramento ha infranto i suoi progetti, provocandogli una lesione spinale lombare. Ma il tenente colonnello dell’Aeronautica militare Marco Armando Iannuzzi si è reinventato la vita e il 3 marzo 2003 è tornato in servizio. Non più ad alta quota, ma con grandi responsabilità e nuove sfide. Da due anni, infatti, è coordinatore delle attività degli atleti paralimpici del ministero della Difesa: «Quando abbiamo cominciato eravamo in undici, ora gli atleti impegnati in varie discipline sportive sono 35, di cui due donne», riferisce orgoglioso. Nel settembre scorso, a 37 anni, si è sposato con Anna Lucia, ricercatrice in ematologia all’Università La Sapienza di Roma. SuperAbile INAIL 16 Novembre 2015 Quando è nata in lei la passione per il volo? Uno zio paterno lavorava alla manutenzione degli aerei nella base dell’Aeronautica militare a Villafranca di Verona. Per il mio sesto compleanno siamo andati a trovarlo durante le vacanze pasquali, con i miei genitori: ricordo tutto di quel giorno, in cui ho deciso che da grande avrei fatto il pilota. Indescrivibile l’emozione provata vedendo gli aerei e salendo a bordo. Dove ha trovato la forza di ricominciare da ca- ce, nelle fasi di addestramento, negli incidenti in itinere e anche quando sopo? La famiglia di origine mi è stata vicino e mi ha fatto capire che c’erano altre possibilità di futuro. Poi ho scoperto il nuoto come sport agonistico, con nuovi stimoli e obiettivi: iniziando nel 2002 a gareggiare per gioco, in sette anni ho vinto otto titoli italiani; se prima dell’incidente facevo 50 metri in 35 secondi, da disabile ce ne ho messi 29,9, cinque in meno. È stato decisivo anche rientrare in servizio, l’ho chiesto con forza e conUna fantasia di bambino diventata realtà. Quando a 14 anni portai a casa l’iscri- vinzione nonostante la difficoltà: le opzione all’Istituto tecnico aeronautico in- portunità sono quelli che ti poni. vece che al liceo scientifico, in famiglia hanno capito che facevo sul serio. A 16 Com’è stato il rientro al lavoro non fra le nuanni ho preso il brevetto civile, primo vole, ma dietro a una scrivania? piccolo passo per diventare un pilota È cambiato tutto. All’inizio ho dovuto con la P maiuscola. Quattro anni dopo, capire dove mi trovavo: per me l’Aeroal terzo tentativo, ho vinto il concorso in nautica militare era il volo, al massimo Aeronautica militare da pilota: sono ar- l’hangar. Invece mi sono accorto che è rivato 22esimo su 100. Nel tempo libero un mondo che va al di là delle Frecce tripraticavo scherma e podismo, nulla di colori e delle previsioni meteo. Prima ho agonisticamente puro ma neppure a li- lavorato per la Rivista aeronautica, poi nella comunicazione istituzionale, invello amatoriale. vitando i giovani a investire su se stesDopo neanche due anni, l’incidente. si, sull’impegno nello studio: in fondo Era il gennaio del 2000. Durante una è quello che ho fatto su me stesso, punmissione di volo addestrativo, si è spen- tando sulle mie capacità. to il motore dell’aereo; non abbiamo lasciato il velivolo perché era governabile Da due anni coordina i militari con disabilie poteva cadere sulle case, così l’istrut- tà che si cimentano nello sport agonistico. In tore e io abbiamo tentato l’atterraggio che consiste il suo lavoro? di emergenza. Ma lo spazio era trop- All’inizio c’erano solo fogli di carta e ripo angusto per fermare la corsa e sia- unioni, con tanta voglia di attivare la mo caduti in una scarpata di 17 metri. Sezione promozione e sviluppo della Il colpo dal basso verso l’alto ha provo- pratica sportiva per il personale disabicato l’esplosione di una vertebra lomba- le della Difesa. Che nel 2013 è diventare, completa ma bassa. Dopo due anni e ta una realtà capace di far vedere altri mezzo di fisioterapia per sette-otto ore orizzonti ai militari che subiscono leal giorno (compresa quella in acqua), so- sioni permanenti nelle missioni di pano riuscito a camminare con stampelle e tutori. Un percorso reso possibile gra- Lo scorso anno Marco Iannuzzi ha gareggiato zie al sostegno dell’Aeronautica milita- agli Invictus Games di Londra riservati agli atleti militari disabili, promossi dalla Royal Foundation re, che ha coperto gran parte delle spese e dal ministero della Difesa britannico. Foto: Diego Marsicano della riabilitazione. SuperAbile INAIL 17 Novembre 2015 no liberi dal servizio. Dopo un infortunio spesso e volentieri ci si perde in un limbo di paure, perplessità e burocrazia che non aiutano. Invece questa Sezione ha l’obiettivo di non far sentire solo nessuno e di presentare le opportunità che restano, compresa quella di praticare 22 discipline sportive. Un impegno in sinergia con il Comitato italiano paralimpico? A dicembre dello scorso anno il ministero della Difesa ha siglato un protocollo d’intesa con il Cip, così abbiamo creato il quinto gruppo sportivo militare paralimpico: una novità assoluta nel nostro ambito, in forte contrasto con l’immaginario collettivo che ci vorrebbe sempre e solo fisicamente perfetti. Inoltre ci tengo a sottolineare che il nostro ufficio non fa differenza tra le forze armate. Cosa ama di più del suo lavoro? Ricevo tante soddisfazioni grazie alle imprese dei ragazzi. Alla sesta edizione dei Giochi mondiali militari in Corea del Sud, dal 2 all’11 ottobre, per la prima volta hanno partecipato atleti con lesioni fisiche permanenti: in quattro hanno vinto tre medaglie. Al di là del podio, che dà il giusto riconoscimento agli sforzi, la vera gioia sta nella partecipazione e nell’ottenere giusti risultati. Siamo un gruppo coeso, con un forte spirito di appartenenza. Le prossime sfide? Alle Paralimpiadi di Rio 2016 avremo una convocata per l’atletica, un altro nella Nazionale di tiro a segno. Abbiamo anche un arciere con ottime premesse. Nel frattempo stiamo provando a fare sport di squadra: sitting volley e wheelchair rugby. visti da vicino Genitori coraggiosi Compagni di banco Ogni mattina Vincenzo D’Aucelli siede in classe accanto al figlio Giulio, che ha una diagnosi di autismo ad alto funzionamento. Una scelta d’amore, mai rinnegata, per non rassegnarsi all’invisibilità. «Quando crescono le persone autistiche rischiano di sparire. Io voglio fare tutto il possibile per evitarlo» Sara Mannocci «Vado a studiare con Giulio ché è tardi». Sono passate da poco le 18.30 quando Vincenzo D’Aucelli mi fa capire chiaramente, non senza cortesia, che è arrivato il momento di chiudere la telefonata. Suo figlio lo reclama, il tempo corre e bisogna prepararsi per il giorno di scuola successivo. Affrontare il terzo anno di un istituto superiore è un impegno serio per chiunque, ancor di più per chi non riesce a stare seduto a lungo e a mantenere la concentrazione. «L’anno scolastico è cominciato da poco, Giulio deve ancora prendere bene il ritmo. Rimane attento le prime tre ore, poi tende a perdersi», racconta Vincenzo, informatore scientifico, una laurea in farmaSuperAbile INAIL 18 Novembre 2015 cia, che dal 2013 con l’avvio del primo anno di scuola superiore siede in classe accanto al proprio figlio autistico in veste di tutor. Senza alcuna retribuzione, come un qualunque volontario che aiuti la scuola nel compito di sostenere chi ha più bisogno. Come un padre che vuole e fa concretamente tutto il possibile per un figlio. La fatica di essere presenti. Giulio ha appena tre anni e mezzo quando arriva la diagnosi di autismo ad alto funzionamento. Le sue capacità cognitive sono integre, ma ha difficoltà nel trasformare i pensieri in parole, e di conseguenza nel creare relazioni, nell’interagire con il mondo. Ma ha due genitori fin da su- «Una fragile barchetta, tra le onde del mare tempestoso» L bito determinati a dargli voce. «Finché le persone autistiche sono piccole la società si mostra più o meno aperta all’accoglienza – interviene Cecilia Fallacara, madre di Giulio, insegnante di scuola dell’infanzia –. Ma con la crescita rischiano di diventare invisibili». Se la scuola materna, infatti, trascorre senza particolari problemi, alle elementari Giulio fatica: ci sono i compiti da controllare, le verifiche, le prime interrogazioni. Le ore di sostegno non bastano e la famiglia, a proprie spese, gli affianca una persona di fiducia per favorire la socializzazione. Alla scuola media la situazione si aggrava, Giulio cresce, i comportamenti diventano sempre meno gestibili, le sole dieci ore di sostegno – se pur con l’affiancamento di uno psicologo – risolvono poco. «In classe mio figlio faceva la vita del soprammobile», sottolinea Vincenzo, con cui Giulio è abituato a svolgere i compiti a casa fin da piccolo. Non senza fatica. Le potenzialità, pur presenti, sono offuscate dalla difficoltà nello stare fermi e da numerose stereotipie, ovvero comportamenti rigidi e continuativi, come ripetere più volte la stessa azione. «La nostra esperienza con il sostegno a scuola è stata negativa – precisa senza mezzi termini Vincenzo –. Non nego che esistano insegnanti capaci, noi abbiamo incontrato persone che consideravano il loro ruolo come un ripiego. Il disturbo autistico richiede una tale conoscenza che nemmeno gli insegnanti più seri potrebbero fare molto. Io seguo da vicino mio figlio da circa undici anni e ancora mi sembra di conoscerlo poco». Con queste riflessioni la famiglia D’Aucelli, di cui fanno parte altri due figli maggiori, decide di intervenire in modo più deciso nella vita di Giulio. «Alle scuole superiori le ore di sostegno ci avrebbero permesso di lasciare a nascita di un figlio autistico è come uno tsunami. Si apre così, cercando di descrivere una condizione di cui a oggi non sono chiare le cause Amico mio, sono felice, il libro edito quest’anno da Mondadori per la collana Strade Blu, in cui Vincenzo D’Aucelli racconta in modo spontaneo e autentico la vita accanto al figlio Giulio. Dalla nascita e i primi mesi di assoluta tranquillità, fino alla comparsa dei campanelli d’allarme e dei sintomi che portano alla diagnosi, il libro descrive il vissuto di un padre e una madre di fronte a nostro figlio alle nove e riprenderlo alle dodici – afferma la madre –. Quale lavoro poteva mai conciliarsi con questi orari? Uno dei due, tra me e mio marito, avrebbe dovuto lasciare l’impiego. È stato Giulio a scegliere suo padre. Ha sempre studiato più volentieri con lui». Una vita nuova insieme. Vincenzo fa il passo che non si è mai pentito di fare, lascia un lavoro ben retribuito, rivoluziona la propria vita per tornare tra i banchi con suo figlio. Studia dalle undici alle tre del mattino per laurearsi in Scienze della formazione e proporsi in un istituto superiore come tutor. Nel 2013 padre e figlio entrano in classe insieme all’Istituto tecnico commerciale “Vitale Giordano di Bitonto”, in provincia di Bari. «Giulio sente quando viene messo da parte – fanno capire con forza i coniugi D’Aucelli – e noi questo non lo vogliamo, non vogliamo nasconderlo né farlo sparire, anche se la nostra società non ha occhi». In classe con suo padre, il ragazzo non fa quello che vuole. Non si alza Nella pagina precedente, Giulio e suo padre Vincenzo. Foto: Andrea Melato SuperAbile INAIL 19 Novembre 2015 un figlio che sconvolge loro la vita. Ma racconta anche il primo caso in Italia in cui un genitore viene ammesso a presenziare in classe insieme al figlio. Il volume, però, è soprattutto la storia di una famiglia che punta sulle potenzialità del proprio figlio. Senza mai rassegnarsi a una condizione che sarà comunque permanente, ma mai priva di sentimenti profondi e della capacità di esprimerli a proprio modo. [S.M.] dal banco, non viene fatto uscire appena crea disturbo, partecipa alle lezioni, è interrogato. Impara lentamente in questi due anni, con difficoltà, ma è vivo insieme agli altri. «Il sostegno previsto è una presenza quasi formale – aggiunge Vincenzo –. Giulio si sente protetto e aiutato con me vicino, ma sa anche come è tenuto a comportarsi. I docenti collaborano molto, rispettano i suoi tempi, i compagni lo sostengono e così riesce ad avere buoni risultati. Questi primi giorni del terzo anno sono ancora faticosi ma ce la farà. Io sento di aver fatto la cosa giusta». Vincenzo vive insieme a Giulio non solo a scuola. Nel pomeriggio lo accompagna in piscina, in palestra, a suonare pianoforte o a cavalcare. Dopo le ore di attenzione in classe è necessario scaricare la tensione, sentirsi liberi e dedicarsi ad altro prima di concentrarsi sullo studio a casa. «Nel campo dell’autismo a mio parere siamo ancora a zero – sottolinea Vincenzo –. Le nostre leggi sono le migliori al mondo ma nella pratica vedo poco di buono. Io e mio figlio non ci nascondiamo, andiamo ovunque insieme eppure siamo sempre solo noi. Possibile non ci siano altri ragazzi come Giulio? Non mi sento di dire che è un dono di Dio, ma ognuno ama il figlio che ha, e io mi dono a lui». SOTTO LA LENTE Malattia di Stargardt Dal blog al sito, in rete per un “altro” punto di vista Ipovedente, quattro anni fa Donato Di Pierro ha aperto un blog. Ed è diventato consulente di un’associazione che ha appena lanciato un sito per i pazienti e le loro famiglie Laura Badaracchi H a 38 anni e lavora come farmacista. Anche se a causa della sua malattia rara, la sindrome di Stargardt, fa fatica a mettere a fuoco dettagli e particolari: la patologia, infatti, colpisce la retina e al centro del suo campo visivo Donato Di Pierro individua una macchia grigia, sfumata, che progressivamente diventerà nera. Proprio per cercare di mettere in rete SuperAbile INAIL 20 Novembre 2015 chi, come lui, soffre di questa degenerazione maculare in età giovanile, alla fine del 2009 ha aperto il blog “Stargardt... e dintorni” (http://donuzzo.blogspot.it). «L’intento era quello di dar voce ad altre storie e anche di fornire gratuitamente consulenze grazie alla mia esperienza professionale, visto che un ruolo importante nella progressione della malattia lo giocano abitudini di vita, integratori, comportamenti alimentari», riferisce il farmacista. Che nel quotidiano riesce «a fare molto senza ausili particolari. Ma per lavorare al computer uso occhiali ingrandenti, mentre sono munito di monocolo ingranditore se devo leggere il nome di una strada o un cartello». Di informazioni su questa malattia rara retinica ne girano poche, anche sul web. Sei anni fa ancora meno: «Dopo aver ricevuto la diagnosi, ripresi in mano i miei appunti di genetica senza trovare elementi che potessero aiutarmi a disegnare uno scenario. Non avevo idea di cosa mi potesse prospettare il futuro. Non trovavo nessuno che mi raccontasse come si potesse vivere con la malattia di Stargardt, né tantomeno riuscivo ad avere notizia di come questa nuova sfida avrebbe cambiato la mia vita – ricorda Di Pierro –. Così, dopo che proprio a causa dei miei occhi malconci persi un lavoro precario presso un istituto di ricerca, da disoccupato decisi di mettere mano alla tecnologia per creare una finestra telematica dove riportare tutte le informazioni provenienti dalla ricerca scientifica, ma non solo. Visto che avrei voluto sentire i racconti di chi con la Stargardt ci conviveva già, iniziai a scrivere della mia vita con la malattia, delle sfide che mi presentava e delle piccole vittorie raggiunte». L’iniziativa di Donato si è incrociata con l’associazione giovanile Ti accompagno, che ha avuto l’idea di costruire il sito Noielastargardt.it per colmare ulteriormente la lacuna informativa. Grazie al progetto Taco, nello spazio Internet sono ospitati sia il blog sia la pagina Facebook “Sindrome di Stargardt Italia” gestita da Christian Martinelli, un altro malato. I loro post sono stati letti anche da Maria Ausilia Mancini, presidente dell’associazione di Castelnuovo Parano (Frosinone) che ha creduto nell’utilità sociale di questa attività. «Abbiamo presentato l’iniziativa all’Università di Roma La Sapienza all’inizio di settembre – spiega Mancini, che ha un nipote affetto dalla stessa malattia rara –. Realizzate da un gruppo di giovani laureatisi al dipartimento di Ricerca sociale e comunicazione diretto dal professor Mario Morcellini, le pagine web saranno uno spazio in cui condividere esperienze, trovare informazioni e fare rete per rendere meno faticosa la convivenza con la patologia. In seguito produrremo audiolibri; cerchiamo di partire dalle criticità per trasformarle in una forza». Ovviamente «non mancheranno costanti aggiornamenti sullo stato delle ricerche mondiali sulla Stargardt», assicura Donato, precisando che «il progetto è aperto al contributo di tutti, interessati o direttamente coinvolti nella realtà di questa rara distrofia retinica». E il dottor Benedetto Falsini dell’Università Cattolica del Sacro Cuo- Nella pagina a fianco, Donato cerca di leggere la tabella orari del treno con il monocolo. Qui sopra, con la compagna Elena e il figlio Massimo, tre anni SuperAbile INAIL 21 Novembre 2015 re, uno dei massimi esperti della Stargardt in Italia, rimarca: «È importante diffondere quanto più possibile la conoscenza di questa malattia che tarda spesso a essere diagnosticata. Ma nel nostro Paese manca ancora una stima su quanti siano i pazienti, che hanno bisogno di dialogare dinamicamente con medici, ricercatori e famiglie». In Taco l’aspetto interessante è soprattutto «il protagonismo, la progettazione partecipata degli stessi pazienti», spiega Renato Di Gregorio, amministratore della società Impresa insieme, che fornisce consulenze all’associazione Ti accompagno: «Durante i primi colloqui con le persone affette dalla malattia rara abbiamo riscontrato un’evidente opportunità nello scambio di informazioni fra chi ha maturato esperienze, come Donato, e chi ha scoperto da poco la malattia, ma anche fra chi si prende cura dei malati e chi fa ricerca per contenerne gli effetti, fra chi produce strumenti per alleviarne la fatica e chi si occupa di comunicazione tenendo conto dei pazienti con questo problema visivo. Ecco perché abbiamo creato una “piazza” virtuale in cui condividere notizie ed esperienze, ma anche come strumento di sensibilizzazione, stimolo alla ricerca e ai finanziamenti per sostenerla». Intanto Donato continua a inventare avventure sorprendenti: dopo aver compiuto tre anni fa una traversata a piedi dal Tirreno all’Adriatico, zaino in spalla, per raccogliere fondi destinati alla ricerca sulla Stargardt (esperienza confluita nel volume Scarpinare per la ricerca), a fine ottobre ha vissuto in solitaria due giornate nelle foreste millenarie casentinesi, fra la Toscana e la Romagna: «Agli ipovedenti il buio fa paura, rappresenta uno spettro di quello che potrebbe un giorno essere la visione con cui convivere. Volevo cimentarmi con un’oscurità da sfidare». portfolio In passerella Un nuovo canone di bellezza si fa largo nella moda e conquista le sfilate di tutto il mondo. Protagonista è la disabilità, che finalmente arriva sotto i riflettori internazionali senza nessuna paura di mostrare imperfezioni. Dalla settimana della moda di Milano a quelle di Londra, Tokyo e New York, il 2015 è stato l’anno della svolta. Sedie a ruote, stampelle, Trisomia 21, cecità, corpi amputati, nanismo e malattie genetiche hanno conquistato non solo gli stilisti italiani e stranieri, ma anche il grande pubblico del fashion. Un’idea che ha iniziato a prendere forma in Inghilterra qualche tempo fa, attraverso il network “Models of diversity” fondato da Angel Sinclair (che comprende anche le taglie forti), che nel 2011, grazie alla Fondazione Vertical, ha portato per la prima volta le “carrozzine” sulle passerelle dell’alta moda. Dove? È successo a Roma. [M.T.] Due delle 15 modelle acondroplasiche provenienti da Francia, Regno Unito e Stati Uniti: hanno sfilato lungo le passerelle della Ville lumière per la terza edizione di “The Dwarf Fashion Show”, che si è tenuta il mese scorso a Parigi. La manifestazione è nata per invertire i diktat discriminatori della bellezza e dare la possibilità alle persone con questa malattia rara di portare una prospettiva nuova all’industria della moda. All’insegna delle pari opportunità per tutti. SuperAbile INAIL 22 Novembre 2015 In questa pagina Madeline Stuart (in alto a destra, con la sindrome di Down), Rebekah Marine (sopra, con il braccio bionico) e Shaholly Ayers (a destra, nata senza un avambraccio). Sono le modelle che, insieme a Leslie Irby (paralizzata in seguito a un incidente stradale) e Mikaya Warren (che soffre di alopecia), in settembre hanno sfilato per i brand Carmen Steffens, Alexandra Frida, Archana Kochhar, Hendrik Vermeulen, Anna’s Loud e Andrea Wild all’ultima New York Fashion Week. Il progetto è stato realizzato dalla piattaforma FTL Moda in collaborazione con Global Disability Inclusion, dando vita alla campagna #FashionFreeFromConfines. SuperAbile INAIL 23 Novembre 2015 portfolio In passerella Protesi e atlete paralimpiche hanno conquistato anche le passerelle di Londra e Tokyo. È il caso della britannica Stefanie Reid (sotto), cinque record del mondo e tre medaglie nel salto in lungo, che ha sfilato per Lenie Boya all’ultima London Fashion Week di settembre, e della non vedente Rina Akiyamaand, oro paralimpico nel nuoto (a fianco), che ha vestito per il marchio Tenbo del giapponese Takafumi Tsuruta durante la scorsa Mercedes-Benz Fashion Week di Tokyo (marzo 2015). Lo stilista non è nuovo a creare linee d’abbigliamento per le persone disabili (in basso a destra). SuperAbile INAIL 24 Novembre 2015 In questa pagina, il format “Modelle & rotelle” creato nel 2011 dalla Fondazione Vertical, un’organizzazione non profit italiana impegnata nella ricerca sulle lesioni midollari, grazie alla collaborazione con AltaRoma. I primi stilisti ad aderire sono stati Gai Mattiolo, Renato Balestra e Gattinoni. L’anno successivo il format ha ricevuto la medaglia d’oro al valore sociale dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. «Con questa piattaforma siamo finalmente in presenza di un concept – ha detto Fabrizio Bartoccioni, presidente di Vertical – che mostra una passerella senza tabù». SuperAbile INAIL 25 Novembre 2015 SPORT Nuove sfide Silenzio, parla la palla ovale L’obiettivo è creare la Nazionale non udenti. Intanto, gli atleti di Italia Rugby Sordi si radunano una volta al mese per allenarsi e disputare qualche amichevole: alcuni giocano nei rispettivi club di appartenenza, ma in tanti sono soltanto alle prime armi Michela Trigari S ono grandi e grossi, anche se appena nati. E il loro motto prima di ogni partita è «Abnormal», con la A maiuscola, scritto anche sulla maglia nera che indossano. Sono i ragazzi di Italia Rugby Sordi, un’associazione sportiva dilettantistica fondata proprio quest’anno allo scopo di cercare nuovi atleti non udenti per riuscire a giocare in maniera sempre più continuativa SuperAbile INAIL 26 Novembre 2015 a rugby. Che siano alle prime armi, che usino o meno la Lis (lingua italiana dei segni) o che abbiano già esperienza con la palla ovale, poco importa. Il progetto, a dire la verità, risale al 2011 o – meglio – a un’idea del rugbista sordo Loris Landi, ora capitano della squadra, che viene dal “normalissimo” Faenza e frequenta senza problemi sia il mondo udente sia quello non. Il suo sogno? Dar vita a una nazionale italia- na di rugby per non udenti, riconosciuta dal proprio Paese, così come già ne esistono in Europa e in altre parti del mondo (i campioni in carica dei vari test match internazionali sono i ragazzi del Wales Deaf Rugby Union). Ma il cammino è lungo. I primi passi vengono mossi due anni fa: il 25 maggio 2013 a Misano si tiene infatti il primo raduno di rugby per sordi, con solo otto ragazzi provenienti da ogni parte d’Italia. «All’inizio abbiamo incontrato moltissime resistenze: in tanti non avevano il coraggio di provare questo sport, pensando erroneamente che fosse violento», racconta il vicepresidente di Italia Rugby Sordi Alan Valentino Convito. Da quel giorno, però, il numero dei giocatori è salito, coinvolgendo sempre nuovi giovani anche al loro primo allenamento. L’anno dopo viene giocato un triangolare a Padova contro due squadre locali: la “voce” si sparge nel mondo dei sordi, arriva un po’ di popolarità ed ecco che il 14 marzo scorso, grazie agli sforzi congiunti di alcuni giocatori che hanno deciso «di rimboccarsi le maniche e occupare anche un posto dirigenziale all’interno della società», è stato finalmente possibile dar vita a questo progetto. La squadra può essere contattata all’e-mail: [email protected]. Foto: Alessandra Rezza diano di mischia, seconda linea, terza linea, ala e centro. «Al momento contiamo 18 membri fissi, organizziamo raduni a cadenza quasi mensile, cambiando ogni volta il luogo di allenamento e toccando città come Genova, Imola, San Marino e Ancona, siamo alla ricerca di sponsor per non doverci sempre autofinanziare maglia, viaggio, vitto e alloggio e puntiamo a partecipare alla Coppa del Mondo di catego- Ora possono ricoprire tutti i ruoli richiesti da questo sport: pilone, tallonatore, estremo, mediano di apertura, me- ria che dovrebbe tenersi in Galles nel 2016 – dice Alan –. L’altro obiettivo, non meno importante, è quello di aiutare i ragazzi sordi a integrarsi nella vita quotidiana e insegnare i valori universali che il rugby trasmette: rispetto, amicizia, altruismo, disponibilità, impegno, fratellanza e solidarietà. Valori che purtroppo sono diventati rari nella società attuale: ma quando si è uomini dentro il campo lo si è anche fuori». Nel frattempo l’Italia Rugby Sordi ha avviato i contatti con la Fir (Federazione italiana rugby) per avere un riconoscimento ufficiale e sperare in un contributo significativo per supportare e stimolare questo progetto anche nel futuro. Perché il riconoscimento? «Soprattutto perché l’ufficialità consente di poter essere una Nazionale in casi di partite contro le compagini straniere nelle competizioni internazionali», spiega Convito. Proprio di recente, il 31 ottobre, i ragazzi dell’Italia Rugby Sordi hanno giocato il loro primo incontro ufficiale: si è trattato di un test match contro l’England Deaf Rugby Union allo Stadio comunale di Monigo, un sobborgo di Treviso che ospita le partite interne del Benetton Rugby. Tra mischie, touche, mete e calci piazzati, la nuova avventura di questa squadra si può seguire sulla pagina Facebook “Italia Rugby Sordi”. E, dopo, tutti al “terzo tempo”. Uno sguardo oltreconfine I nghilterra, Galles e Scozia, ma anche Australia, Nuova Zelanda e Sud Africa. Sono le “unioni” della palla ovale per sordi all’estero. In Francia, invece, ci sono le Associations des sourds del Tolosa e del Clermont- SuperAbile INAIL Ferrand Rugby. Ma anche l’America Latina, con il Rugby Sordos di Argentina e Cile, non sta a guardare. Tutte squadre ormai consolidate già da qualche anno con tanto di sito web e pagina Facebook che, non potendo contare 27 Novembre 2015 su un campionato nazionale per via della scarsità di giocatori non udenti impegnati in questo sport, hanno fatto delle manifestazioni internazionali o delle amichevoli il loro terreno di gara. [M.T.] TEMPO LIBERO Sport avventura Elisabetta Proietti «M Dal Pollino alla Sila in fuoristrada A fine settembre otto infortunati sul lavoro hanno attraversato, in qualità di co-piloti, un percorso suggestivo e inesplorato tra le montagne lucane e quelle calabresi. Un’esperienza possibile grazie a un progetto targato Inail SuperAbile INAIL 28 Novembre 2015 i sono divertito. E lo rifarei cento volte». È racchiuso in queste parole, per Gianfranco Di Lecce, il significato dell’esperienza che ha appena vissuto: quattro giorni di sport avventura, tra Lucania e Calabria, grazie al progetto “Basilicata land off 4x4”. Gianfranco, lucano, ha subito un incidente il primo giorno di lavoro: un’impastatrice di pane di 25 quintali gli è piombata addosso. Lui, come altre sette persone disabili a causa del lavoro, ha partecipato al progetto targato Inail che dal 19 al 22 settembre li ha visti percorrere su fuoristrada, in qualità di co-piloti, tratti suggestivi e inesplorati del territorio compreso tra il Pollino e la Sila. Oltre a una grande passione per i motori, Di Lecce è partito «con lo spirito giusto», come dice, e la voglia di mettersi in gioco «nonostante le limitazioni fisiche». Un passato da atleta nel lancio del martello, l’incidente sul lavoro gli ha fatto perdere una gamba: «Se non avessi fatto sport e fossi stato più gracile forse oggi non sarei qui – racconta –. La muscolatura forte mi ha aiutato anche a non perdere il braccio, che nell’incidente è rimasto offeso». Gianfranco ha ripreso a fare molte cose, gestisce con la moglie un’attività commerciale e si alza tutte le mattine alle cinque. Quando gli è stato proposto di partecipare alla spedizione non ci ha pensato troppo su, e il bilancio è stato tutto positivo: «Ho conosciuto persone disponibili, dai compagni di viaggio all’équipe di assistenti che ci ha affiancato. Ho conosciuto posti nuovi che non avevo mai potuto esplorare». Adattarsi alla vita di campeggio con gli inevitabili disagi, condividere ogni momento e sperimentare solidarietà reciproca sono alcuni dei tratti di questo progetto, che ha avuto anche la funzione di monitorare l’accessibilità dei luoghi. Il tempo non sempre è stato clemente – i campeggiatori sono stati colti da una notte di «pioggia e uragano» –, e poi ci si è dovuti scontrare con le sempre presenti barriere: a San Severino Lucano «i bagni del campo non erano accessibili – racconta Gianfranco –. Per me che se non porto la protesi uso la sedia a ruote, è stato un problema, e così abbiamo cercato una struttura accessibile, un bed and breakfast, solo per poterci lavare e metterci in ordine». Andrea Zicaro è calabrese, lavorava come autista di camion quando a gennaio 2007 ha avuto un incidente che gli ha fatto perdere in parte l’uso delle gambe; oggi si sposta aiutato da un paio di stampelle. «Pronto a ripartire», ha trascorso «quattro giorni meravigliosi», a dispetto di tutte le difficoltà. «La vita di campeggio non è stata facile ma, a cominciare dalla colazione al campo, ci aiutavamo reciprocamente». Mentre Andrea parla, gli scorrono davanti agli occhi le immagini della Madonna del Pollino e della Sila, quelle dei piccoli e suggestivi centri storici incastonati tra le montagne. «Escursioni la mattina, ritorno al campo nel primo pomeriggio, pranzo con panini e poi di nuovo via per nuove escursioni o a visitare qualche parco della zona. La mia esperienza lavorativa mi portava sempre in giro – spiega – ed essermi ritrovato all’improvviso fermo non è stato facile. Aver potuto girare attraverso questi luoghi è stato fantastico». Andrea ha anche ospitato il gruppo di avventurieri a casa sua: «Abito vicino all’autostrada, così nel tratto BasilicataCalabria ho offerto un aperitivo da me». Ora i compagni di viaggio sono rimasti in contatto e «tra breve ci ritroveremo per condividere video e foto». “Basilicata land off 4x4”: un successo D opo una prima edizione tutta lucana, motori accesi per la seconda volta per il “Basilicata land off 4x4”: coinvolgendo quest’anno, in una inedita collaborazione tra direzioni Inail e la Regione Calabria, nell’ambito degli interventi di reinserimento sociale e nella vita di relazione dei propri infortunati sul lavoro mediante la pratica sportiva. Ed è stato un successo. L’idea progettuale, fatta propria da Inail, è della onlus Dinamica One di Potenza e ha preso forma in un viaggio avventuroso a bordo di otto fuoristrada e un quad con un equipaggio di 21 persone: otto piloti normodotati, otto co-piloti disabili (quattro lucani e quattro calabresi), un cameraman, due operatori sanitari e un addetto alla comunicazione. L’itinerario – di 600 chilometri, quattro giorni e tre notti – ha toccato il Parco nazionale dell’Appennino lucano Val d’Agri-Lagonegrese, il Parco nazionale del Pollino e il Parco nazionale della Sila. La carovana è partita da Potenza il 19 settembre. Guida su sterrato, sabbia e suolo roccioso, uso del Gps e lettura delle mappe sono le operazioni nelle quali si sono cimentati i partecipanti. «Gli otto copiloti coinvolti sono tutte persone disabili gravi a Per il direttore regionale Inail Basilicata Lucia Carmen Angiolillo «l’entusiasmo» è il filo conduttore del progetto fin dalla progettazione. «Abbiamo ragionato sul concetto di sport declinato come avventura e ne è nata un’esperienza sui generis che puntava a rafforzare l’autostima e l’autonomia nei partecipanti, a riscoprire le proprie abilità, che permangono anche dopo l’infortunio. Abbiamo voluto mettere le persone in grado di superare sentimenti di sfiducia, inadeguatezza, diversità, puntando anche sulle emozioni». Ma esiste anche un altro obiettivo: «Con questo progetto si vuol mettere in risalto l’Inail come ente dinamico, non solo erogatore di indennità, ma in costante movimento proprio come il viaggio: si rinnova continuamente, si mette in gioco, insieme agli infortunati, per garantire tutela a 360 gradi. Siamo vicini ai nostri assiSuperAbile INAIL 29 Novembre 2015 causa del lavoro», spiega Filomena Zaccagnino, funzionario socio-educativo della Sede Inail Potenza, responsabile del coordinamento del progetto insieme a Chiara Maria Gigliotti della Sede Inail Cosenza e in collaborazione con Giuliana Galasso di Inail Matera. L’iniziativa ha avuto la consulenza e l’assistenza del Centro protesi Inail di Vigorso di Budrio (Bologna) per l’adeguamento della dotazione tecnica dei fuoristrada. In particolare, l’ingegner Gregorio Teti del Centro protesi ha partecipato alla conferenza stampa di presentazione e salutato la spedizione in partenza. [E.P.] stiti non solo dopo l’evento lesivo: prendiamo in carico la persona e non solo il lavoratore, aiutandola a rialzarsi e riacquistare fiducia». Una terza edizione? «Ci sarà sicuramente, con qualche variante: forse partiremo dalla Calabria e introdurremo qualche ausilio tecnico per implementare le possibilità offerte ai partecipanti, grazie alla collaborazione con il Centro protesi di Vigorso di Budrio, in provincia di Bologna». Soddisfazione anche nelle parole di Emidio Silenzi, direttore regionale Inail Calabria, che pone l’accento sull’obiettivo raggiunto di «sensibilizzare il territorio sull’argomento disabilità. I nostri assistiti – prosegue – sono ritornati nelle loro case più forti e più sicuri di sé, alla fine di un’avventura in cui le differenze sono state apprezzate come un valore: ed è nata una rete di sostegno, un vero gruppo di amici». La saga Millennium è diventata anche una serie tv di produzione svedese-danese, ispirata alla celebre trilogia di Stieg Larsson: tre film divisi in due puntate ciascuno, disponibili in cofanetto dvd. Lisbeth è interpretata da Noomi Rapace (nella foto). editoria Se l’autismo non è uno stigma icuramente è uno dei fenome- S ni editoriali di quest’ultimo decennio. La saga Millennium – costituita finora dai tre romanzi pubblicati postumi dello svedese Stieg Larsson, scomparso nel 2004 – ha superato nel nostro Paese i quattro milioni di copie. E dal 27 agosto è arrivato nelle librerie di tutto il mondo Quello che non uccide (tradotto in Italia da Marsilio, 504 pagine, 22 euro) che in poche settimane ha raggiunto quota 170mila copie vendute. Con Calcio, tifo e disabilità. Cosa conta di più? In una piazza di Testaccio, un quartiere popolare di Roma, Mirko gioca a calcio con gli amici. Dietro un muretto c’è Luana. I due dodicenni si piacciono subito, ma per il ragazzino c’è una sorpresa in agguato. Due piedi sinistri è due novità sostanziali: stavolta il volume è scritto dal giornalista 53enne David Lagercrantz e, oltre alla protagonista femminile Lisbeth Salander in odore di sindrome di Asperger, l’intreccio si arricchisce di un altro personaggio chiave: August, un bambino autistico che non parla ma sembra capire molte scene misteriose e avere un’abilità straordinaria nel decifrare i numeri. Fin dalle prime pagine August conquista il lettore, quasi che quei puzzle composti e ricomposti compulsivamente ipnotizzassero chi divora le pagine e viene risucchiato dalla personalità singolare del ragazzino. Così, oltre alla hacker dark un cortometraggio di Isabella Salvetti, prodotto da Lea Film, che in poco più di sei minuti racconta come, a volte, tifare per la Roma o per la Lazio possa contare più di una sedia a ruote. Vincitore del Globo d’oro 2015, tra i cinque finalisti all’ultimo David di Donatello come miglior cortometraggio SuperAbile INAIL Lisbeth – geniale nell’informatica (Wasp è il suo nickname) ma introversa e problematica nelle relazioni umane –, la trama si spalanca ad accogliere August, con il padre Frans che decide di recuperare il rapporto con lui, rimasto finora con la madre e con il suo nuovo inquietante compagno. Al di là del giallo, via via dipanato in modo avvincente, un altro mistero avvolge la genesi di questo quarto volume della serie: l’autore si è basato su appunti lasciati da Larsson? Di certo la stesura è stata commissionata allo svedese Lagercrantz dal padre e dal fratello dello scrittore prematuramente scomparso; inoltre il lancio del libro è coinciso con il decimo anniversario dell’uscita di Uomini che odiano le donne, prima “puntata” della saga. Bypassando l’operazione commerciale, resta la sostanza di due personaggi con problemi dovuti a varie forme di autismo: è questa umanità a catturare emotivamente. Le disabilità fanno parte dell’esistenza e sono sdoganate con naturalezza, evitandone pericolose mitizzazioni. I comportamenti anomali vengono riconosciuti come tali, ma se ne indagano le cause. Insomma, il pregiudizio verso la diversità non abita qui. [L.B.] e, tra gli altri premi, menzione speciale della giuria al Rome Independent Film Festival di quest’anno, il video è visibile su Youtube. Piace perché è fresco, ironico e irriverente, non solo nell’affrontare il tema della disabilità ma anche e soprattutto nel linguaggio. [M.T.] 30 Novembre 2015 libri Stefano Dionisi: «Il mio incontro con la follia» l disagio mentale non è facile da dichia- I Stefano Dionisi La barca dei folli Viaggio nei vicoli bui della mia mente Mondadori 2015 144 pagine, 18 euro rare apertamente. Perché suscita paura, imbarazzo, senso di inadeguatezza, in alcuni casi disprezzo. Se poi a raccontarlo è un attore noto, vuol dire che lo stigma resiste e che lui ha sentito il bisogno di intaccare questo muro, di romperlo per far vedere alla luce del sole cosa succede quando vieni risucchiato in un tunnel dentro la tua testa e ti senti (o chi dovrebbe curarti ti fa sentire) come «delle merde incapaci di stare al mondo». Con un linguaggio crudo e struggente Stefano Dionisi mette nero su bianco i ricordi della sua esperienza durante un trattamento sanitario obbligatorio, «il ricovero coatto di pazienti con disturbi psichici presso i reparti psichiatrici degli ospedali pubblici», spiega in La barca dei folli, pubblicato a settembre da Mondadori. «Tutti i pazienti vengono prelevati, in un giorno qualsiasi della loro vita, nell’attimo in cui danno in escandescenze», spiega Dionisi come spettatore e insieme protagonista di un dramma che non ha nulla di poetico. Per lui quel giorno qualsiasi si è materializzato in Spagna, dove stava girando Sant’Antonio di Padova. A causa di un attacco di panico, fugge dal set e si abbarbica sul tetto di una casa, SuperAbile INAIL dopo aver gettato il passaporto e il portafogli. Un disagio profondo che per i 14 anni successivi viene curato in varie cliniche, con psicofarmaci e psicoterapia freudiana. Distorsione della realtà, manie persecutorie, crisi psicotiche e molto altro derivano da un disturbo ereditario: alcuni geni non funzionano come dovrebbero. L’attore romano, oggi 49enne, ha condiviso questa situazione con un’umanità dolente che suscita empatia, sprofondata com’è in una solitudine abissale e nella capacità di discernere i gesti umani da quelli falsi, di circostanza. Nonostante gli ansiolitici e i neurolettici, sopravvive con ostinazione nei protagonisti una lucidità impressionante nel riconoscimento dei veri affetti, delle cure che fanno bene, così come la consapevolezza di quanto siano illusori ma benefici i piaceri passeggeri di una sigaretta, di un caffè, di una luce accesa. Piccoli riti che scandiscono il ritmo di giornate replicate all’infinito, sempre uguali, all’interno di un reparto psichiatrico. Dove la ricerca della propria identità è un bisogno a cui aggrapparsi con le unghie e con i denti. Dionisi ha il merito – e il coraggio – di squarciare il velo di pietismo che ricopre con ipocrisia questo mondo parallelo, che nessuno vuole vedere. Con la forza di una testimonianza in prima persona, di chi non si erge a giudice ma tiene per mano coloro che hanno condiviso la discesa nella «Calle del Infierno». [L.B.] 31 Novembre 2015 libri bili, attraverso il comitato IdeaChiara onlus, che svolge attività di beneficenza, formazione e assistenza. [L.B.] Padri si diventa ogni giorno C ’ Arturo, una gamba in meno e tante passioni Arturo Mariani, 22 anni, è nato senza la gamba destra. Si racconta in Nato così. Diario di un giovane calciatore (Edizioni Croce), ripercorrendo la sua esistenza da quando era ancora nel grembo materno fino a oggi. Da qualche anno è diventato titolare della Nazionale italiana amputati del Csi (Centro sportivo italiano), partecipando ai Campionati mondiali del 2014 in Messico. Ma lo sport non è la sua unica passione: il vulcanico ragazzo fa anche l’animatore nel gruppo giovanile Arcobaleno della parrocchia Sacro Cuore a Guidonia Montecelio, in provincia di Roma, e lo speaker a Radiogiovaniarcobaleno, web radio della diocesi di Tivoli. I genitori, il fratello e la sorella, gli amici, i compagni di scuola, le esperienze di volontariato sono i suoi punti di riferimento da sempre. I proventi delle vendite saranno devoluti all’associazione romana SalvabebèSalvamamme. [L.B.] è una coppia che il 26 dicembre di 13 anni fa si sposa, con il sogno di formare una famiglia. Michele e Monica vedono nascere la prima figlia Marina e a questa gioia vogliono che si unisca una seconda figlia, Chiara. Ma la bambina viene alla luce con una disabilità complessa: paralisi cerebrale infantile di tipo tetraplegico e una forma di epilessia (sindrome di Lennox–Gastaut). Una malattia rara, che in pratica non le consente di parlare né di muoversi. Può ascoltare ed emette versi per comunicare. L’impatto con questa nuova vita è traumatico per papà Michele, attore e regista, autore di Un regalo rotto, pubblicato da Edizioni San Paolo. In cui racconta prima la ribellione iniziale di fronte a una situazione che doveva provocare gioia e invece getta nello smarrimento, poi il tentativo di trovare canali di comunicazione alternativi con la sua bambina. Lo evidenzia l’attore Alessio Boni nella prefazione: «Per interagire con Chiara non si deve pretendere che sia lei ad avvicinarsi ai comportamenti dei normali. Al contrario: sta ai genitori tendere mani, orecchie e cuore verso il mondo – per usare una loro espressione – disabilese. A Chiara occorre un ascolto diverso, perché lei parla un linguaggio diverso, che i genitori imparano sintonizzandosi sulle sue frequenze». Un impegno allargato ad altre famiglie con figli disaSuperAbile INAIL libri Michele Tarallo Il regalo rotto Edizioni San Paolo 2015 352 pagine, 12,90 euro Claudia Hernández Fastidio di avere un rinoceronte e altri racconti Le Lettere 2015 pagine 112, euro 14,50 32 Novembre 2015 Sguardi onirici sulla diversità l Salvador è un Paese che ha E una storia segnata dalla violenza, spesso gratuita e causa talvolta di disabilità, straniamento, morte. In questa realtà dolente si incuneano le storie della scrittrice quarantenne Claudia Hernández, tradotte da Emanuela Jossa per Le Lettere. La raccolta, intitolata Fastidio di avere un rinoceronte e altri racconti, presenta una galleria di personaggi feriti nella loro relazione con le altre persone a motivo della loro fragilità, dei loro corpi “incompleti”. Come il protagonista della narrazione che dà il “la” al volume: gli manca un braccio e ha un rinoceronte, come se la mancanza di un arto possa essere supplita da un mastodontico animale che lo segue quasi fosse un cane. Paradossi spiegati in chiave ironica: «La gente di queste città carine e pacifiche non è abituata a vedere un tipo con un braccio in meno e un rinoceronte in più che gli salta intorno. Uno diventa un’attrazione in città noiose come questa ed è costretto a camminare per la strada sopportando che la gente lo guardi». Appare come siano crudeli certi sguardi giudicanti di chi si rende spettatore, senza sentirsi emotivamente coinvolto, di queste disabilità provocate da am- putazioni degli arti. La scrittrice smaschera queste reazioni, dimostrando che la diversità (e non la rigida simmetria) è parte inevitabile della vita, di ogni vita. [L.B.] non è altro che un acronimo costituito dalle parole help (aiuto), optimism (ottimismo), physician (medico) ed exercise (esercizio). libri RAGAZZI Una speranza per vincere il Parkinson ope in inglese vuol dire spe- H ranza: un sentimento che i malati di Parkinson spesso negano a se stessi, perché il tremore e il rallentamento dei movimenti tipici di questo disturbo neurodegenerativo provocano vergogna e insicurezza nelle persone che ne sono affette. In altre parole un senso di rinuncia, che il volume Hope (Mattioli 2015) dello statunitense Hal Newsom vuole combattere, infondendo fiducia e ottimismo a coloro a cui è stata diagnosticata la malattia, soprattutto se all’inizio del percorso. Come in molti libri autobiografici appartenenti a quello che ormai si può definire un genere letterario vero e proprio, Hal, un pubblicitario in pensione diagnosticato all’età di 66 anni, parte dalla sua esperienza personale di persona con il Parkinson. Persona e non paziente, ci tiene a sottolineare l’autore, che vuole mettere in discussione il concetto stesso di assistenza e cura da parte di altri, per puntare invece sul potere che i cosiddetti malati hanno di incidere sulla propria vita e sul modo in cui la società vede ancora oggi la malattia del Parkinson. D’altra parte lo stesso titolo Hope [A.P.] Hal Newsom Hope. Una speranza per il Parkinson Mattioli 2015 pagine 96, euro 12 Virginia MacGregor Quello che gli altri non vedono Giunti 2014 400 pagine, 12 euro età: 11-13 anni Non bastano gli occhi per vedere bene ignificativa la decisione di S Virginia MacGregor di scegliere come protagonista del suo primo romanzo un ragazzo affetto da retinite pigmentosa, malattia agli occhi che lo rende gravemente ipovedente (e che lo porterà alla cecità), ma che al tempo stesso potenzia gli altri suoi quattro sensi. A soli nove anni, ha la capacità di intuire quali sono le persone che tengono davvero a lui. Come nonna Lou, ormai colpita da una demenza senile che le fa combinare parecchi guai, ma che ha insegnato al nipote l’attenzione ai particolari, dal tono della voce agli odori e ai rumori. Quello che gli altri non vedono, pubblicato da Giunti, è un romanzo che ricorda Il piccolo principe, quando afferma che «non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi». Milo, infatti, si accorge – dando fiducia alle sue sensazioni – che la clinica Nontiscordardimé in cui sua madre ha deciso di ricoverare Lou è un luogo accogliente solo in apparenza, dove i sorrisi falsi del personale medico celano i maltrattamenti e le truffe ai danni degli anziani ospiti. [L.B.] SuperAbile INAIL 33 Novembre 2015 Una madre, un figlio, la Duchenne e un diario «Pensavo che l’arrivo di un bimbo avrebbe solo arricchito la mia vita e quella di mio marito senza, però, arrivare a stravolgerle. E invece mi sono dovuta ricredere». Sono le parole che si leggono nell’introduzione di A te... Lettere di una madre al proprio figlio, un diario, pubblicato da Booksprint Edizioni, in cui Ilaria Baldi racconta la scoperta e la convivenza con la distrofia di Duchenne del suo piccolo Alessandro insieme alla «speranza che, quando sarà grande, potrà trovare la mia stessa forza nel combattere la sua malattia». Un libro-testimonianza realizzato anche grazie all’associazione Parent project onlus di cui l’autrice fa parte. Il ricavato del volume è destinato al Fondo Alessandro Cannella (che oggi ha sei anni) per il finanziamento della ricerca scientifica sulla distrofia muscolare di Duchenne. [M.T.] audiogame Perception, horror interattivo perchonon vedenti Bluff è un complesso re- E sidenziale nella cittadina statunitense di Gloucester, Massachusetts. Cassie ci è arrivata cercando la casa abbandonata che continua a visitare nei suoi incubi ma, giunta sul posto, sarà costretta a fare i conti con una presenza anche peggiore. No, non è la trama di una delle decine di horror che ultimamente spopolano al cinema, ma la premessa di un videogioco di prossima pubblicazione. Anche se, in realtà, il prefisso “video” in questo caso è fuori luogo. La protagonista di questa avventura, infatti, è cieca. Nella sua lotta contro la presenza demoniaca che infesta il complesso di Echo Bluff, potrà fare affida- mento soltanto sull’intuito, il suo bastone, uno smartphone e su un udito incredibilmente sviluppato. Perception appartiene al genere degli audiogame, i videogiochi “senza video” che si rivolgono al mercato delle persone cieche e ipovedenti. Non una novità, dal momento che il genere vanta già un paio di kolossal, uno dei quali (A blind legend) ve lo avevamo presentato lo scorso aprile. Un paio di sostanziali novità, comunque, ci sono. La prima riguarda il genere, quello dell’horror, una strada finora inesplorata in un mercato che pure si era confrontato con opere fantasy e fantascientifiche. La seconda e più grande innovazione, invece, è l’introduzione del silent night mode, una modalità di gioco in cui, ai fini di un maggior realismo, la protagonista parlerà solo quando strettamente necessario ai fini della trama (generalmente gli audiogame sono fin troppo ricchi di dialoSuperAbile INAIL ghi, nda). «Mentre progettavamo il gioco – spiega Bill Gardner della casa produttrice Deep End Games – abbiamo interpellato diversi puristi dell’horror, che si sono trovati tutti d’accordo sul fatto che Cassie parlasse troppo, per gli stilemi del genere». Per finanziare Perception, Gardner e il suo team hanno lanciato una campagna di crowdfunding che in sei mesi ha raggiunto la ragguardevole somma di 150mila dollari, a dimostrazione delle potenzialità del mercato dei giochi per non vedenti. Se la campagna dovesse arrivare ai 215mila dollari, la Deep End ha già annunciato che assumerà Josh Hale Fialkov, autore di fumetti per mostri sacri del calibro di Marvel, Image e Dc comics, che nel 2007 ha anche partecipato all’animazione del manga Afro Samurai. Fialkov si occuperà di sviluppare un livello bonus nel videogioco, sezione speciale slegata dalla trama principale. Secondo quanto annunciato dagli sviluppatori, inoltre, Perception si svolgerà in diverse epoche storiche: i giocatori potranno così ripercorrere le vicende delle varie generazioni di inquilini che si sono dati il cambio all’interno della residenza infestata di Echo Bluff, soggetta a tutti i mutamenti architettonici e decorativi del caso. L’uscita del gioco è annunciata entro la fine del 2016, ma la campagna di crowdfunding è ancora aperta: chi fosse interessato può visitare il sito Thedeependgames. com. [Antonio Storto] 34 Novembre 2015 televisione Un Emmy per Peter Dinklage na bella sorpresa per il pic- U colo schermo. È andato a Peter Dinklage l’Emmy 2015 come migliore attore non protagonista drama per il personaggio di Tyrion Lannister nella serie tv Il trono di spade. Statunitense, 46 anni, acondroplasico, Dinklage calca le scene cinematografiche da un ventennio. In Italia è divenuto famoso soprattutto per il ruolo del nano Trumpkin nell’episodio Il principe Caspian, secondo capitolo della saga cinematografica Le cronache di Narnia. Nella pluripremiata serie Il trono di spade, che quest’anno si è aggiudicata ben dodici statuette, Dinklage interpreta il ruolo del principe “folletto”: un personaggio così chiamato per le sue caratteristiche fisiche, che vengono più volte sottolineate nei vari episodi, ma anche un carattere al tempo stesso generoso e crudele, capace di grande intelligenza e sarcasmo. Una performance, questa, che è già fruttata a Dinklage, sempre come attore non protagonista, un precedente Emmy nel 2012 e un Golden Globe nel 2013, ma soprattutto che gli ha assicurato la fama a livello planetario. Tyrion, infatti, è uno dei personaggi più amati dal pubblico della serie, che ne apprezza soprattutto la forza di spirito e l’ironia. Se è innegabile che il successo di Dinklage è legato alla sua statura di appena 133 centimetri, è altrettanto fuori discussione che, fin dall’inizio, l’attore ha rifiutato di limitarsi ai soli ruoli nel fantasy, tradizionalmente interpretati dalle persone acondroplasiche. Tra le migliori performance della sua carriera, infatti, il personaggio di Fin in Station Agent nel 2003: un uomo introverso e solitario che, alla morte del padre, eredita una stazione ferroviaria in disuso nel New Jersey. [A.P.] La serie statunitense Il trono di spade ha debuttato nel 2011 sul canale via cavo Hbo come adattamento televisivo del ciclo di romanzi Cronache del ghiaccio e del fuoco. Attualmente in attesa della sesta stagione, in Italia è stata trasmessa sempre a partire dal 2011 prima su Sky Cinema 1 e poi su Sky Atlantic. Dal 2013 la serie è in onda su Rai 4, che trasmette la quarta a partire dal 16 novembre. SuperAbile INAIL 35 Novembre 2015 Piccole donne, ma solo di statura Moderne, aggressive, fascinose e sensuali. È arrivato anche in Italia Piccole donne Los Angeles, il docu-reality sull’acondroplasia al femminile. In onda la domenica alle 23 su Mtv8, con replica il martedì, e dal lunedì al venerdì alle 14.15 su Lei (Sky 129), è la storia di un gruppo di sei amiche, un po’ come in Sex and the city, ma tutte sotto il metro e 30. Iniziata a metà ottobre e in programma fino a dicembre, in prima assoluta nel nostro Paese, negli Stati Uniti la serie tv è già alla terza stagione e a due spin-off: Terra’s Little Family e Little Women NY. Terra, Tonya, Elena, Christy, Briana e Traci sono le protagoniste di shopping e feste glamour, ma anche di litigi, amori, matrimoni. Spezzoni di vita vera – anche se un po’ esagerata, forse per esigenze di “sceneggiatura” –, intervallati dai commenti di queste donne che nella realtà come nel documentario sono madri single (tre di loro) e star dello spettacolo: lo erano ancor prima di girare la serie. [M.T.] RUBRICHE Inail... per saperne di più Maria Concetta Calandruccio* Attività ricreative: la ricetta della Filiale romana del Centro protesi Tante le opportunità di svago per gli ospiti in regime residenziale o semiresidenziale. Dai giochi da tavolo agli spettacoli teatrali, dalla scherma ai momenti di confronto non mancano le occasioni per distrarsi e per riflettere I disegni di questa sezione del Magazine sono di Saul Steinberg D a tempo si avvertiva il bisogno di realizzare all’interno della Filiale di Roma del Centro protesi Inail una serie di attività socio-ricreative volte ad alleggerire, per quanto possibile, le giornate che gli assistiti trascorrono in Filiale. In piena sintonia con l’articolo 44 della circolare n. 61/2011, dal mese di aprile 2015 queste attività sono finalizzate al raggiungimento, al recupero e al mantenimento delle condizioni psicofisiche degli assistiti che si trovano in regime di accoglienza residenziale e semiresidenziale, ma anche di coloro che, avendo concluso il percorso protesico-riabilitativo, sentono l’esigenza di socializzare, comunicare e condividere un po’ del loro tempo libero in uno spazio ricreativo dedicato. Migliorare la qualità di vita dei pazienti e la loro compliance ai trattamenti durante la degenza, rafforzare le relazioni sociali, conquistare sicurezza verso se stessi e fiducia verso gli altri sono tra i principali obiettivi che possono rafforzare la buona riuscita di ogni progetto protesico-riabilitativo e post-riabilitativo. Dallo sviluppo delle idee alla loro attuazione c’è un passaggio fondamentale: l’analisi dei bisogni effettuata durante i colloqui che il servizio psico-sociale della Filiale di Roma svolge con gli assistiti al momento della visita tecnico-sanitaria e che vengono registrati su un’ap- posita scheda dalla quale emergono dati utili alla messa in atto di attività ludiche mirate. Sono inoltre in programma eventi che saranno aperti anche ai familiari degli infortunati interni ed esterni. L’obiettivo è intrattenere i destinatari attraverso incontri mirati, relativi all’informazione, all’educazione, alla salute e alla prevenzione, così come incontri culturali e di testimonianza, cioè “storie di disabilità” raccontate da chi le vive in prima persona. La partecipazione a questi eventi in cui vengono raccontate storie personali può rappresentare un aiuto per intraprendere un percorso di indipendenza e vita autonoma, ma anche per l’acquisizione di metodi utili soprattutto al recupero dell’autostima per quelle SuperAbile INAIL 36 Novembre 2015 persone che improvvisamente, a causa di un infortunio sul lavoro, hanno perso la loro autonomia. A tal proposito, nell’ambito delle attività socio-ricreative è già stato realizzato il primo evento “Scherma day in carrozzina”, che ha destato molto interesse negli utenti e loro familiari. Si sono esibiti campioni paralimpici e maestri campioni del mondo dell’Accademia nazionale di scherma Musumeci Greco, e qualche paziente si è lanciato in alcune prove. Visti i riscontri positivi, la scherma è stata inserita tra le attività ricreative pomeridiane con la presenza di maestri esperti che operano da anni accanto alle persone con disabilità. Le lezioni sono di tipo non agonistico ma solo ludico. La scelta delle iniziative e la programmazione delle attività socio-ricreative vengono curate dal servizio psico-sociale della Filiale di Roma in condivisione con lo psicologo del reparto Unità spinale unipolare del CtoAsl Rm C; i pazienti del reparto Usu insieme ai pazienti della Filiale partecipano a giochi da tavolo, spettacoli teatrali e musicali, tennis da tavolo, karaoke e quant’altro, con il supporto costante di associazioni di volontari che già operavano al Cto. Le attività socio-ricreative e sport-terapiche vengono pianificate mensilmente e rese note attraverso una brochure, che viene consegnata ai pazienti e ai loro familiari. Il servizio psico-sociale e tutta la Filiale – personale amministrativo, fisioterapisti, personale sanitario e tecnico – si adoperano con sensibilità e professionalità sin dal primo accesso in struttura per rendere più armonioso e meno pesante il periodo in accoglienza residenziale e semiresidenziale degli assistiti. *Assistente sociale della Filiale di Roma del Centro protesi Inail RUBRICHE Previdenza Gabriela Maucci Invalidità civile. Liquidazione delle prestazioni economiche Non è sempre facile districarsi nella normativa che regola le controversie con l’Inps in materia di cecità, sordità, handicap e disabilità. Ecco alcuni chiarimenti per far valere i propri diritti senza rimanere schiacciati dalla burocrazia C ome funziona il ricorso negli accertamenti di invalidità civile e handicap? Cosa deve sapere un cittadino con disabilità? Cosa è cambiato in questi anni? Cos’è l’accertamento tecnico? Quando sono liquidabili le prestazioni economiche? Facendo un breve riepilogo, in passato il cittadino che ricorreva in giudizio – nel caso non si ritenesse adeguato il giudizio emesso dalle Commissioni mediche per l’accertamento dell’invalidità civile e l’handicap –, presentava ricorso giudiziale entro, e non oltre, sei mesi dalla notifica del verbale. Il giudice nominava il consulente tecnico d’ufficio (Ctu) incaricato della perizia che, una volta effettuata, veniva acquisita agli atti insieme alla documentazione sanitaria allegata dal ricorrente all’atto di presentazione del ricorso e alla documentazione presentata dalla controparte. Con l’approvazione del decreto legge 6 luglio 2011 n. 98 – convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011 n. 111 – è stato modificato il Codice di procedura civile (Cpc) introducendo il nuovo articolo 445 bis. Il nuovo articolo sancisce per le controversie in materia di invalidità civile (cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità) l’obbligatorietà dell’accertamento tecnico preventivo ai fini della verifica delle condizioni sanitarie esibite a sostegno delle pretese che si inten- dono far valere in giudizio. In considerazione delle numerose richieste di chiarimenti da parte delle strutture territoriali, l’Inps con messaggio 16 luglio 2015, n. 4.818 fornisce alcuni chiarimenti in merito alle modalità di verifica dei requisiti amministrativi da parte delle strutture medesime e ai tempi di liquidazione delle prestazioni economiche. Il V comma dell’articolo 445 bis del Codice di procedura civile prevede che il decreto di omologa, emesso dal giudice a seguito dell’accertamento sanitario per mezzo del Ctu, sia notificato SuperAbile INAIL 37 Novembre 2015 all’Inps che provvede al pagamento delle relative prestazioni entro 120 giorni, previa verifica di tutti i requisiti amministrativi. Per la liquidazione della prestazione economica di invalidità civile è quindi necessario che si verifichi sia il grado d’invalidità riconosciuto sia la presenza degli altri requisiti amministrativi. Come sopra specificato, l’Istituto procede alla liquidazione della prestazione entro 120 giorni dalla notifica del decreto di omologa, subordinatamente all’accertamento degli altri requisiti amministrativi. Nel caso questi controlli diano riscontro positivo, l’operatore potrà liquidare la prestazione economica in via provvisoria. Tale liquidazione dovrà avvenire entro 60 giorni dalla notifica del decreto di omologa, da comunicare al richiedente attraverso i consueti canali. Anche le provvidenze di invalidità civile non soggette alla verifica del requisito reddituale (come l’indennità di accompagnamento) saranno liquidate in via provvisoria entro il termine sopra indicato di 60 giorni dalla notifica del decreto. L’operatore chiederà all’utente, almeno contestualmente alla liquidazione in via provvisoria della prestazione, la compilazione del modello AP70, affinché, anche dopo tale liquidazione, sia accertata la sussistenza dei requisiti non reddituali. Con detto modello AP70 verrà resa dichiarazione di responsabilità (per esempio, in ordine alla frequenza, allo stato di non ricovero e di inattività lavorativa). In caso di mancata presentazione del modello AP70, rimane fermo quanto previsto dai provvedimenti amministrativi Inps in materia di dichiarazioni annuali Icric, Iclav e Red, con particolare riferimento alla verifica della permanenza della titolarità del diritto alla prestazione. RUBRICHE Senza barriere Daniela Orlandi Persone con disabilità e grandi rischi: il manuale europeo Cosa accade ai cittadini disabili in caso di inondazioni e terremoti? Secondo una ricerca delle Nazioni Unite solo uno su cinque ha la possibilità di farsi trasportare senza difficoltà. Un kit targato UE spiega cosa fare S’ intitola Grandi rischi e persone con disabilità: un kit di buona pratica il manuale realizzato dal Consiglio d’Europa che fornisce linee guida e buone pratiche per ridurre la vulnerabilità alle catastrofi delle persone con disabilità. Il manuale, seguendo l’approccio del “Design for all”, si rivolge ai professionisti della protezione civile e ai decisori, agli addetti e ai responsabili nelle situazioni di emergenza, alle organizzazioni delle persone con disabilità, ma anche alle stesse persone disabili e ai loro familiari. Scopo: facilitare il coinvolgimento “proattivo” nelle attività di gestione delle calamità. Il documento sottolinea come la sicurezza delle persone con disabilità sia inevitabilmente connessa al grande tema dei diritti umani basilari e come la condivisione delle informazioni, la diffusione delle buone pratiche e degli approcci standardizzati tra i Paesi europei siano elementi essenziali per migliorare la risposta nelle situazioni di rischio senza discriminazioni. Il Consiglio d’Europa, in questo senso, ha voluto offrire uno strumento utile per rispondere alla criticità emersa da un’indagine delle Nazioni Unite, secondo la quale le persone con disabilità sono particolarmente a rischio fi. Quindi presenta le pratiche adottate negli Stati membri del Consiglio d’Europa, oltre a esempi provenienti da tutto il mondo. Tra le varie soluzioni vi sono gli avvisi tramite dispositivi mobili, i corsi di Lingua dei segni per i vigili del fuoco e i materiali di comunicazione per soccorritori e persone con disabilità. ll manuale si pone, infine, come uno strumento aperto. È possibile far pervenire al Consiglio d’Europa ulteriori contributi da inserire nelle successive edizioni, compilando un apposito modulo reperibile sul sito di riferimento Coe.int. Per chiarire i contorni del problema è utile riprendere nelle situazioni emergenziali, con una percentuale di mortalità più alta dalle due alle quattro volte rispetto alla popolazione non disabile. Non a caso lo studio citato si affianca ad altri due precedenti elaborati del Consiglio d’Europa: Principi etici sulla riduzione del rischio di catastrofi e resilienza delle persone del 2012 e Grandi rischi e persone con disabilità del 2014. Tornando al manuale, infatti, il testo parte dal quadro normativo internazionale e introduce il criterio del “Design for all” applicato nel campo della riduzione dei rischi da catastroSuperAbile INAIL 38 Novembre 2015 alcuni dati emersi dall’indagine realizzata dalle Nazioni Unite e presentata nel preambolo del manuale. Si tratta di una ricerca realizzata dall’Unisdr (United nations office for disaster risk reduction) e pubblicata il 10 ottobre 2013, che si basa su 5.450 interviste a persone con disabilità in 126 Paesi. L’obiettivo era capire come si preparavano ad affrontare le situazioni di rischio e calamità (Unisdr.org/archive/35032). Da questa indagine è emerso che il 71% degli intervistati non ha un piano personale di preparazione ai disastri e che solo il 31% ha sempre qualcuno che l’assista, mentre il 13% non dispone di nessuno. Nei casi in cui vi fosse la necessità di evacuare, come durante inondazioni o terremoti, solo il 20% degli intervistati potrebbe essere trasportato senza difficoltà, il 6% non sarebbe in grado di mettersi al sicuro e il restante sarebbe in grado di farlo ma con qualche difficoltà. l’ESPERTO RISPONDE numero verde 800/810810 Mobilità Salve, sono una persona con patente B speciale con “ridotte o impedite capacità motorie” come da verbale di invalidità. Volevo sapere qual è l’iter da seguire per richiedere il contributo alla spesa per l’installazione dei comandi guida prescritti dalla Commissione medica locale. Occhiello articolo 27 comma 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha previsto di concedere dei contributi (20% della spesa degli adattamenti) alle persone con disabilità, titolari di patente di guida speciale, che adattano i loro veicoli con ausili di guida, prescritti dalla Cml (Commissione medica locale) di competenza. Per la richiesta deve presentare idonea istanza alla Asl territorialmente competente, con allegata la documentazione indicata nel modulo da ritirare presso la Asl stessa (di solito copia della paten- L’ te speciale e copia della fattura relativa alla spesa sostenuta). Se l’adattamento consiste in un dispositivo di serie o già installato nel mezzo, tipo cambio automatico o servosterzo, deve essere indicato sulla fattura qual è il costo di tale componente. Siccome questa competenza è ricaduta sulle Regioni, le stesse hanno emanato delle specifiche leggi con possibili aumenti di percentuale di rimborso della spesa e sui termini di presentazione della domanda e per questo consigliamo di verificare anche la normativa della sua regione di riferimento. Scuola Nella mia scuola, a un alunno con Piano educativo individualizzato (Pei) differenziato, alle prove dell’esame di Stato sono stati attribuiti i seguenti voti: prima prova 15, seconda prova 5 e terza prova 3. Immagino il vostro sbigottimento, ma le ragioni dipendono in gran parte da attriti tra docenti. Vorrei sapere, dal punto di vista normativo, quali sono i riferimenti per un eventuale ricorso, considerato anche che non è stato nominato alcun docente di sostegno per l’alunno e che è stato impedito ad altri due docenti di sostegno, nominati per altri due alunni, di aiutare il ragazzo. Occhiello econdo quanto stabilito dall’articolo 22 comma 1, Ordinanza ministeriale 29 maggio 2015, n. 11 «il docente di sostegno e le eventuali altre figure a supporto dell’alunno con disabilità vengono nominati dal presidente della Commissione sulla base delle indicazioni del documento del consiglio di classe, acquisito il parere della Commissione». Per quanto riguarda le prove d’esame per studenti con Piano educativo individualizzato (Pei) differenziato, l’articolo 22 comma 4 della stessa Ordinanza dispone che «i candidati che hanno seguito un percorso didattico differenziato e sono stati valutati dal consiglio di classe con l’attribuzione di voti e di un credito scolastico relativi unicamente allo svol- S SuperAbile INAIL gimento di tale piano possono sostenere prove differenziate, coerenti con il percorso svolto finalizzate solo al rilascio dell’attestazione di cui all’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 323 del 1998. Essi sostengono l’esame con le prove differenziate di cui all’art. 15, comma 4, dell’Ordinanza ministeriale n. 90 del 2001. I testi delle prove scritte sono elaborati dalle Commissioni sulla base della documentazione fornita dal consiglio di classe». Per altri riferimenti normativi, consulti il decreto del Presidente Repubblica 22 giugno 2009, n. 122 (articoli 4 e 9), l’Ordinanza ministerale 21 maggio 2001, n. 90 (art. 15) e la legge 5 febbraio 1992, n. 104 (art. 16 commi 1 e 3). 39 Novembre 2015 Miscellanea moda Storia di Laura, l’imprenditrice (audace) con la sindrome di Down N on vedendo grandi possibilità di lavoro, ha deciso di mettersi in proprio. E lo ha fatto a dispetto della Trisomia 21. Di se stessa dice: «Io sono una donna d’affari, una donna che gestisce la propria attività». Che nello specifico si tratta di realizzare e vendere gioielli, borse e accessori per capelli. Questa è Laura Green, una ragazza di 28 anni con la sindrome di Down che vive a Runcorn, Cheshire, una piccola cittadina in Inghilterra. Con la sua tenacia e caparbietà, e grazie al supporto di alcuni amici, nel 2010 ha fondato la sua Serendipity, un’azienda di moda il cui nome si ispira al neologismo coniato dallo scrittore inglese Horace Walpole, che indica la capacità o la fortuna di fare per caso scoperte inattese ma felici. Grazie all’aiuto del gruppo Health Speak Out, infatti, Laura ha capito che il suo sogno era proprio questo. Anche perché, fino ad allora, opportunità professionali non ce n’erano state. Come fare, allora, a mettersi in proprio? Semplice: per prima cosa utilizzare la propria quota di assistenza sociale (una specie di assegno d’invalidità) per avviare – e poi portare avanti – la propria attività, in secondo luogo farsi aiutare da un assistente personale, regolarmente retribuito. Che dire? Una vera self-made woman. [M.T.] che impresa Cooperativa Salvia È indirizzo: via Bivio 58 39100 Bolzano tel.: 366/5740543 e-mail: [email protected] sito web: Salvia.bz.it tipo: cooperativa sociale anno di nascita: 2013 fatturato: 100mila euro soci: 110, di cui 6 disabili lavoratori: 10, di cui 5 disabili tipologia di contratti: part-time stipendio medio: 600 euro nata da appena due anni ma ha già all’attivo cinque ragazzi disabili regolarmente assunti e ben 160mila piante aromatiche biologiche prodotte nel 2014. Si tratta della cooperativa sociale Salvia di Bolzano, che tra i suoi fondatori non annovera solo «giardinieri specializzati, ma anche chef stellati come Anna SuperAbile INAIL Matscher, Herbert Hintner e Norbert Niederkofler, medici, pedagogisti, imprenditori, commercianti, agricoltori di prodotti biologici, nonché genitori di bambini disabili e giovani con disabilità», spiega la consulente della cooperativa Giuliana Boscheri. Salvia è stata creata per «offrire un vero e proprio 40 Novembre 2015 sbocco professionale ai ragazzi disabili che finiscono la scuola: nessun laboratorio protetto, ma un’attività lavorativa consona e retribuita per promuovere le capacità individuali di ciascuno». Nelle sue serre si coltivano piante ed erbe aromatiche certificate bio, che vengono poi vendute a grossisti, ristoranti, negozi, mercati, imprese di trasformazione, cooperative di consumatori oppure su ordinazione. I contributi pubblici garantiti dalle leggi altoatesine sono solo una piccola parte. Ma l’obiettivo è quello di ingrandirsi. «Vogliamo arrivare ad assumere altri cinque giovani e a raddoppiare la produzione entro il 2016: questo ci permetterebbe di fare nuovi investimenti e quindi di crescere – conclude Boscheri –. Per ora siamo in fase di espansione». [M.T.] il ricordo Vittorio, gloria della scherma paralimpica La “prova San Tommaso” per chi va a Expo Foto: Riccardo Venturi U È scomparso uno dei pionieri dello sport paralimpico italiano e uno degli azzurri più medagliati di sempre: a 72 anni, Vittorio Loi si è spento lo scorso 15 ottobre a Roma. Tra i soci fondatori della prima Federazione italiana sport disabili, lo schermidore di origine sarda ha ricoperto anche ruoli internazionali, come quello di vicepresidente dell’Iwasf (International Wheelchair & Amputee Sport Federation). Cinque Paralimpiadi da atleta e altrettante da tecnico della Nazionale nella disciplina della scherma, Loi aveva conquistato le medaglie d’oro nel fioretto a squadre nel ’68 a Tel Aviv, quattro anni dopo a Heidelberg nel fioretto individuale e a squadre. A questi successi si aggiungono tre argenti e tre bronzi ottenuti ai Giochi paralimpici di Tel Aviv, Heidelberg, Toronto e Anheim, oltre a tre titoli mondiali vinti dal 1962 al 1974. SuperAbile INAIL 41 Novembre 2015 na storia passatista e un po’ luddista: lei è una simpatica ragazza cieca. Lei ha un marito che è un saggio giornalista cieco. I due hanno una splendida bambina che allevano aiutati dal loro cane guida. La famigliola, cane compreso, decide di fare una tranquilla gitarella di famiglia a Expo, con al seguito anche due badanti che necessariamente devono accompagnare la trasferta. Dal sito ufficiale leggono che si ha diritto alla riduzione, se si rientra in certe categorie di disabili (non meglio specificate) e che anche l’accompagnatore entra gratis. Il biglietto agevolato però non si può acquistare online come invece può fare ogni normodotato, questo perché, giustamente, prima di concedere il beneficio devono verificare la reale disabilità. La nostra ragazza cieca scrive una mail ma non ottiene risposta, chiama il numero indicato nel sito e risponde Sandra, operatrice, che dice di fare il biglietto direttamente a Expo. La ragazza cieca s’intigna e dice che vorrebbe usufruire del servizio prenotazione online come tutto il resto del mondo, si impegna e legge sul sito che il servizio biglietti per disabili online prenderà la sua mail di richiesta in carico solo nelle successive 72 ore dall’invio. Lei scrive martedì, ma solo venerdì arriva la mail che spiega come attivare le procedure per l’acquisto. Non si fa in tempo naturalmente ad avviare la pratica. Quindi ciechi, cane, bambina e accompagnatori partono lo stesso. Alla fine va bene. Alla biglietteria non gli fanno fare la coda e gli accompagnatori non pagano. Morale della favola: non perdete tempo sul web a dimostrare agli organizzatori di Expo quanto siete disabili, andate direttamente in biglietteria e affidatevi alla “prova San Tommaso”, così farete prima. databile Sport e disabilità in Italia testi di Dino Collazzo, grafica di Cristina Graziani per Per molte persone disabili in Italia praticare dello sport è ancora un miraggio. La carenza di strutture adeguate e le difficoltà economiche delle società sportive hanno fatto calare il numero di atleti che scelgono di svolgere una disciplina in maniera agonistica SuperAbile INAIL 42 Novembre 2015