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Tornare a vivere dopo il trauma cranico

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Tornare a vivere dopo il trauma cranico
IL MAGAZINE PER LA DISABILITÀ / NOVEMBRE 2015 / NUMERO 11
Redazione: Piazza Cavour 17 - 00193 Roma • Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale 70% - Milano
MARCO IANNUZZI
SUI BANCHI
Con i paralimpici
delle Forze armate
A scuola con mio figlio
autistico
LA SFIDA DI EMILIO
Tornare a vivere dopo il trauma cranico
EDITORIALE
di Luigi Sorrentini
Direttore Centrale reggente Prestazioni Sanitarie e Reinserimento, Inail
Trauma cranico. Al via l’accordo
con la federazione delle famiglie
O
gni anno tra le 140mila e le 150mila persone vengono ricoverate in ospedale a seguito di trauma cranico. Migliaia di loro sono lavoratori e lavoratrici,
soprattutto uomini, vittime di incidente durante l’attività lavorativa o sul
percorso stradale casa-lavoro e viceversa. Molti sono giovani: hanno famiglie formate da poco, figli piccoli, percorsi professionali ancora tutti da costruire. A volte
l’esito dell’infortunio è il coma, se ne può uscire ma solo uno su quattro potrà riprendere la vita di prima, spiega la Federazione nazionale trauma cranico (Fnatc).
Gli altri saranno accompagnati da una disabilità permanente più o meno grave,
un quarto rimarrà in stato vegetativo.
In quanto infortunati sul lavoro, gli esiti dell’incidente sono di pieno interesse dell’Inail. Ogni anno l’Istituto prende in carico migliaia di vittime di infortunio: ma
noi sappiamo bene che dietro ciascuna di quelle pratiche si nasconde una vita e,
soprattutto, una persona che richiede attenzioni, cure, percorsi mirati. Per poter meglio accompagnare questa particolare categoria di infortunati
l’Inail ha appena firmato un protocollo d’intesa con la Fnatc, orga- Obiettivo del protocollo d’intesa:
nizzazione senza scopo di lucro che nel nostro Paese coordina l’attivi- validare un modello di presa
tà di un grande numero di associazioni nate a sostegno delle persone
in carico per il reinserimento
con grave cerebrolesione acquisita e delle loro famiglie.
Al centro del protocollo appena firmato la vocational rehabilitation, cioè
un particolare modello di riabilitazione occupazionale che consiste in un
sociale e lavorativo delle
persone con esito da grave
cerebrolesione acquisita
processo “olistico” di presa in carico riabilitativa: in altre parole, un
percorso finalizzato al recupero delle autonomie di vita e al reinserimento sociale e lavorativo degli infortunati. L’accordo, della durata di un anno,
prevede da parte della Fnatc in particolare l’esame della documentazione scientifica in materia, ma anche l’analisi delle esperienze già realizzate o attualmente in corso.
Una volta effettuata questa prima attività di ricognizione delle diverse esperienze, sarà possibile definire, in accordo con l’Istituto, progetti individuali e
criteri di inclusione per l’accesso dei lavoratori infortunati ai percorsi proposti.
Nell’elaborazione di tali percorsi si terrà ovviamente conto della situazione complessiva del lavoratore, delle sue capacità residue e del grado di autonomia nello
svolgimento delle attività di vita quotidiana. L’obiettivo ultimo è quello di validare un modello di presa in carico per il reinserimento sociale e lavorativo delle
persone con esito da grave cerebrolesione acquisita.
SuperAbile INAIL
3 Novembre 2015
NUMERO undici Novembre 2015
EDITORIALE
sotto la lente
3 Trauma cranico. Al via l’accordo 18 Compagni di banco
con la federazione
delle famiglie
di Luigi Sorrentini
ACCADE CHE...
di Sara Mannocci
visti da vicino
20 Dal blog al sito, in rete per
5 Pet therapy: finalmente le linee guida
un “altro” punto di vista
di Laura Badaracchi
PORTFOLIO
6 A Castel di Sangro una piazzola 22
In passerella
per i pescatori disabili
L’INCHIESTA
8 Quella nuova vita dopo il coma
di Antonella Patete
INSUPERABILI
16 Ufficiale e gentiluomo, con
di M.T.
SPoRT
26 Silenzio, parla la palla ovale
di Michela Trigari
tempo libero
28 Dal Pollino alla Sila
i paralimpici delle Forze armate
in fuoristrada
Intervista a Marco Iannuzzi
di Laura Badaracchi
SuperAbile Inail
Anno IV - numero undici, novembre 2015
Direttore: Luigi Sorrentini
In redazione: Antonella Patete,
Laura Badaracchi e Diego Marsicano
Direttore responsabile: Stefano Trasatti
di Elisabetta Proietti
CULTURA
30 Se l’autismo non è uno stigma
Cooperativa Salvia
di Michela Trigari
con la follia»
Moda
Storia di Laura, l’imprenditrice
di L.B.
34 Perception, horror interattivo
(audace) con la sindrome
per non vedenti
di Down
di M.T.
di Antonio Storto
35 Un Emmy per Peter Dinklage
41 Cronache marziane
La “prova San Tommaso”
di A.P.
per chi va a Expo
RUBRICHE
di Gianluca Nicoletti
36 Inail... per saperne di più
Se ne sono andati
Attività ricreative: la ricetta della
Loi, gloria della scherma
Filiale romana del Centro protesi
paralimpica
37 Previdenza
42
Databile
Invalidità civile. Liquidazione
Sport
e disabilità in Italia
delle prestazioni economiche
testi
di
Dino Collazzo, grafica di
38 Senza barriere
Cristina Graziani/Agenda
Persone con disabilità e grandi
rischi: il manuale europeo
39 L’esperto risponde
Mobilità, Scuola
di L.B.
31 Stefano Dionisi: «Il mio incontro
Hanno collaborato: Maria Gabriella Lanza,
Sara Mannocci, Elisabetta Proietti, Antonio
Storto, Serena Termini, Michela Trigari di
Redattore Sociale; Dino Collazzo e Cristina
Graziani/Agenda; Gianluca Nicoletti; Erica
Battaglia, Rosanna Giovèdi, Gabriela
Maucci, Daniela Orlandi del Consorzio
sociale Coin; Maria Concetta Calandruccio,
Ilaria Cannella, Cristina Cianotti, Francesca
Iardino, Monica Marini, Mariella Pedroli
dell’Inail
Editore: Istituto Nazionale
Progetto grafico: Giulio Sansonetti
numero 45 del 13/2/2012
SuperAbile INAIL
miscellanea
40 Che impresa
per l’Assicurazione contro gli Infortuni
sul Lavoro
Redazione: SuperAbile Inail
c/o agenzia di stampa Redattore Sociale
Via Marsala 42 - 00185 Roma
E-mail: [email protected]
Stampa: Tipografia Inail
Via Boncompagni 41 - 20139 Milano
Autorizzazione del Tribunale di Roma
4 Novembre 2015
Un ringraziamento, per averci
gentilmente concesso l’uso delle foto,
ad Andrea Melato (pagg. 4, 18), Fabio
Moscatelli (pag. 15), Diego Marsicano
(pag. 16), The Dwarf Fashion Show (pag.
22), Ilaria Niccolini Production per FTL
Moda (pag. 23), James Lyon per Models
of diversity e Tenbo by Takafumi Tsuruta
(pag. 24), Fondazione Vertical (pag. 25),
Alessandra Rezza (pagg. 26-27), Riccardo
Venturi (pag. 41).
In copertina: foto di Stefano Dal Pozzolo
ACCADE CHE...
buone leggi
Pet therapy: finalmente le linee guida
L’
accordo approvato dalla Conferenza
Stato-Regioni sulla pet therapy
ha dato finalmente un quadro di
riferimento omogeneo a tutti gli
operatori in questo campo. «Prima gli
interventi erano lasciati all’iniziativa
di singole università o associazioni,
adesso il ministero della Salute ha
dato un riconoscimento ufficiale a
questa terapia. L’Italia è diventato un
modello da seguire per gli altri Paesi»,
ha commentato Luca Farina, direttore
del Centro di referenza nazionale per
gli interventi assistiti con gli animali,
ente a cui è stato affidato il compito
di promuovere la ricerca scientifica
nel settore e organizzare corsi di
formazione.
Le linee guida sono frutto di un
percorso iniziato nel 2011. In particolare
il documento pone l’accento anche sul
benessere dell’animale. Per la prima
volta, poi, si riconosce il ruolo dei cani
d’assistenza. Le Regioni terranno un
registro delle strutture che effettuano
pet therapy – alcuni esempi sono
l’Azienda ospedaliera di Padova, il
Niguarda di Milano, il Meyer di Firenze,
Le Molinette di Torino, l’Umberto I
di Roma, l’Ospedale di Macerata – e
per attivare un percorso servirà la
prescrizione di un medico.
La terapia assistita con gli animali
si rivolge a pazienti con problemi
fisici, neurologici o psichiatrici,
malati, detenuti, tossicodipendenti,
bambini autistici e minori stranieri
non accompagnati. L’Italia è
all’avanguardia in questo campo
e notevole è il numero di progetti
portati avanti da onlus, enti pubblici
e privati. Il beneficio? «L’animale
può aprire canali di comunicazione
inaspettati, ti accetta per come
sei e questo aiuta ad avere una
nuova consapevolezza di sé. La sua
presenza permette alla persona
di sentirsi accolta e di sorridere
anche nei momenti di difficoltà»,
conclude Sonia Sdrubolini, presidente
dell’associazione Noa pet therapy.
[Maria Gabriella Lanza]
grosseto
Gara di solidarietà per i giovani disabili del pastificio artigianale
A
febbraio i ragazzi disabili che lavorano a Pasta di
Sole avevano chiesto ai concittadini grossetani
di dare una mano al pastificio artigianale in difficoltà. E i clienti non sono mancati. Fra i prodotti più
richiesti, tortelli maremmani, cacio e pepe, gnocchi,
tagliatelle e tortellini fatti a mano. Bene anche i
sughi pronti, le lasagne, gli sformati e le crostate
casalinghe.
«Abbiamo avuto tanti attestati di solidarietà
concreta da persone che sono venute al negozio
a comprare i nostri prodotti», spiega Massimiliano
Frascino, presidente della Fondazione e della
cooperativa sociale Raggi di Sole che gestisce il
negozio. «Il motivo di soddisfazione più grande per
i ragazzi con disabilità che lavorano al pastificio
– spiega Roberto Marcucci, socio volontario
della cooperativa e coordinatore dei servizi della
Fondazione – sta nella soddisfazione dei clienti per
la bontà dei loro prodotti. Sin dall’inizio abbiamo
detto loro che dovevamo produrre cose buone e
di non contare semplicemente sulla solidarietà, e
mi pare di poter dire che questo risultato è stato
raggiunto». Info su Fondazioneilsole.it.
SuperAbile INAIL
5 Novembre 2015
Trieste sperimenta
il telefono per sordi.
La Centrale radio
della polizia locale è
il primo ente in Italia
ad aver adottato
Pedius, il sistema di
comunicazione per non
udenti che converte
un messaggio scritto
o registrato in una
telefonata vera e propria
grazie alle tecnologie
di riconoscimento
vocale e viceversa. L’app
è scaricabile dal sito
Pedius.org.
ACCADE CHE...
TEMPO LIBERO
A Castel di Sangro una piazzola per i pescatori disabili
L’
ultima novità è una
piazzola per la pesca
con la mosca artificiale
riservata alle persone
in sedia a ruote. Si trova
a Castel di Sangro (in
scuola
provincia dell’Aquila), in
corrispondenza del ponte
della Maddalena, ed è
stata realizzata grazie alla
collaborazione tra la Sim
(Scuola italiana di pesca
a mosca), l’associazione
Pescasportivi Sangro,
la onlus Caccia grossa
e il Gruppo di azione
locale Abruzzo Italico
Alto Sangro. Nei
pressi dell’area ci sono
anche due posti auto.
«Il prossimo anno –
spiega Osvaldo Galizia,
presidente della Sim –
cercheremo di realizzare
altre piazzole sul fiume
Sangro dove si possano
utilizzare anche altre
tecniche di pesca,
come spinning, fondo
e mezzofondo, per dar
modo davvero a tutti
di coltivare la propria
passione».
Selfie anche per non
i vedenti. Grazie a
un team di ricercatori
italiani della Scuola
superiore Sant’Anna
di Pisa che ha messo
a punto Tactile Blind
Photography: un’app
che funziona con i Tpad
phone, smartphone
speciali in grado di
fornire dettagli tattili.
Attivando l’applicazione
gli utenti potranno
rilevare l’immagine
del volto in rilievo e
scattare.
lavoro
Nella capitale alunni e insegnanti Sorsi e morsi, a Ferrara la tavola calda per aspiranti
a lezione di buio
cuochi con difficoltà psichiche e cognitive
E
sperienze al buio per i bambini e i ragazzi delle
scuole elementari e medie di Roma e provincia.
Sono quelle che gli alunni sperimentano all’interno
della “black box” allestita nella sede del Centro
regionale Sant’Alessio-Margherita di Savoia per i
ciechi a partire proprio da novembre. Il progetto,
“Illuminazioni – Il buio che insegna”, finanziato
dall’Opera pia asilo Savoia, mira a coinvolgere
anche gli insegnanti.
Lo scopo? Sviluppare un’attenzione che, in una
società dell’immagine, non
utilizzi solo la
vista e non faccia atrofizzare
gli altri quattro
sensi. «Ormai comunichiamo per
lo più con gli sms
e apprezziamo
meglio i cibi e i profumi ben presentati», commenta
Amedeo Piva, presidente del Sant’Alessio.
A
iuto-cuoco, cuoco,
barista e cameriere.
Quattro ruoli e otto
tirocini formativi – per
altrettante persone
con disabilità psichica,
psichiatrica e cognitiva –
resi possibili grazie
all’inaugurazione di
Sorsi e morsi, il bar
tavola calda di Ferrara
(via Porta San Pietro
SuperAbile INAIL
57/b) per la formazione
professionale e
l’inserimento lavorativo
di chi proviene
dal Dipartimento
assistenziale integrato
di Salute mentale e
Dipendenze patologiche
dell’Ausl. Gestito dalla
cooperativa sociale
Scacco Matto di
Portomaggiore, il locale
6 Novembre 2015
conta 50 posti a sedere
ed è stato ristrutturato
da un gruppo di
lavoratori svantaggiati
della cooperativa che,
tra le proprie attività,
propone anche un
servizio di tinteggiatura,
uno di sgomberi e
traslochi e il laboratorio
protetto “La bottega
degli Usvei”.
SRI LANKA
Senza assistenza i civili rimasti
disabili a causa della guerra
C
ontinua ad avere
molti strascichi il
conflitto nello Sri Lanka
terminato ormai sei
anni fa. Stando a quanto
riportato dall’agenzia
Fidest, se i soldati
ricevono ogni tipo di assistenza, remunerativa e
sanitaria, da parte dello
Stato, non è così per le
ex Tigri Tamil e per i civili rimasti feriti in modo
permanente o mutilati.
L’Ufficio delle Nazioni
Unite per la tutela dei di-
agricoltura sociale
trieste
Da settembre una nuova legge
per regolare il settore
U
n marchio per riconoscere l’agricoltura
sociale, un punteggio
in più per i suoi prodotti nei bandi per le
mense scolastiche e
ospedaliere, preferenza
per aziende e cooperative che la praticano
nell’assegnazione di
beni demaniali o terreni
confiscati alla criminalità organizzata. Sono
alcune delle novità della
nuova legge sull’agricoltura sociale entrata in
vigore a fine settembre.
Un quadro normativo
che regola il settore e ne
dà una definizione precisa. Secondo l’articolo
2, infatti, per agricoltura
sociale si intendono le
ritti umani ha sollecitato
il governo a sviluppare
una politica nazionale
e stabilire un’adeguata
ricompensa. La locale
Fondazione per la riabilitazione dei disabili
calcola che le persone
rimaste invalide siano
oltre 20mila ma, secondo altre fonti, le cifre
sarebbero molto più
elevate. Attualmente,
anche nel distretto di
Mullaitivu mancano programmi di sostegno.
Un menù di bevande in Lis
per facilitare le ordinazioni
attività esercitate dagli
imprenditori agricoli e
dalle cooperative sociali dirette a realizzare
l’inserimento sociolavorativo di persone
disabili o svantaggiate e
a fornire servizi che affiancano e supportano
le terapie mediche, psicologiche e riabilitative,
comprese le fattorie
didattiche e gli agri-asili.
Le cooperative sociali
dovranno avere almeno
il 30% del fatturato
derivante da attività
agricola. Presso il ministero dell’Agricoltura
verrà istituito un osservatorio per studiare il
fenomeno in Italia (foto:
Stefano Dal Pozzolo).
M
enù sì, ma in lingua dei segni, per
ordinare da bere nei
bar e negli altri locali
triestini. Così da agevolare non solo le persone
sorde, ma soprattutto
i camerieri. L’iniziativa
“Ascoltare con gli occhi,
parlare con le mani”
è stata sviluppata
dall’Ente nazionale sordi
di Trieste su sollecitazione dell’assessorato comunale alle Politiche sociali e in collaborazione con la
Federazione italiana pubblici esercizi del capoluogo
friulano. «L’idea, nata dopo la realizzazione di un
“Aperitivo silenzioso”, è quella di utilizzare una sorta
di dizionario visivo come veicolo di comunicazione
fra i non udenti e il personale addetto alla ristorazione, facilitando la reciproca comprensione», ha
spiegato l’assessore Laura Famulari. Il menù comprende vari tipi di bevande, dal caffè al vino alle
bibite.
SuperAbile INAIL
7 Novembre 2015
Taxi negato
a Pancalli: «No a cali di
attenzione sui diritti»
Il caso del tassista che
a Torino si è rifiutato di
dare un passaggio al
presidente del Comitato
italiano paralimpico
perché non faceva
trasporto di “carrozzelle” ha fatto scalpore.
«Sono però convinto
che una nuvola non fa
una tempesta in una
città che reputo
all’avanguardia
nel percorso di
cultura e civiltà,
complici, soprattutto, quelle
straordinarie
Olimpiadi e
Paralimpiadi
invernali
del 2006 che mi hanno
visto tra i protagonisti
nella fase di organizzazione – ha detto Luca
Pancalli –. Ma sono
altresì convinto che
qualora fosse successo
a una persona diversa
da me, le conseguenze
sarebbero state peggiori. Questo dimostra
che non ci possiamo
permettere quei cali di
attenzione nei confronti
dei diritti delle persone
disabili che ogni tanto
notiamo in tutte le
grandi città del nostro
Paese».
l’inchiesta Stati di minima coscienza
Quella nuova
vita dopo il coma
Possono essere tante e di diversa gravità le conseguenze
di un trauma cranico. A volte conducono allo stato
vegetativo, altre a percorsi di lento e parziale recupero
delle capacità di muoversi e avere rapporti con il mondo
circostante. Spesso la lesione deriva da un incidente
stradale e in migliaia di casi si tratta di infortuni sul
lavoro, che chiamano in causa anche l’Inail. Abbiamo
scelto di raccontare la storia di tre lavoratori e delle loro
famiglie, alle prese con una delle prove più difficili
Antonella Patete/foto Stefano Dal Pozzolo
O
gni giorno, mattina e sera, senza mai scoraggiarsi né perdere di
vista l’obiettivo, Emilio Vendetta prova con tutte le forze a camminare, stringere, afferrare, conquistare un
faticoso e più soddisfacente equilibrio.
Passo dopo passo, segnando ogni giorno un impercettibile e nuovo traguardo, negli ultimi 15 anni ha combattuto
per riprendere in mano la sua vita. Raggiungendo risultati sorprendenti e insperati per uno che i medici avevano
SuperAbile INAIL
8 Novembre 2015
dato per spacciato. Aveva 23 anni quando un brutto infortunio sul lavoro ha
cambiato in un solo istante il corso del
destino. All’epoca lavorava come tecnico dell’alta tensione, un mestiere che lo
portava spesso e volentieri in giro per
l’Italia e all’estero. Di quei tempi Emilio
conserva ancora il carattere espansivo,
alcuni vecchi amici con cui condivide la
passione per i rally e le automobili sportive e la voglia di non mollare mai. Il resto sta ancora cercando di ricostruirlo
a poco a poco, grazie alla forza di vo-
lontà e a due genitori che, fin dal primo
momento, non hanno mai accettato di
arrendersi. Trentotto anni oggi, originario e tuttora residente a Valmontone,
a due passi da Roma, nel 2000 è stato
colpito alla testa da un bullone da due
chili e mezzo precipitato da 50 metri di
altezza mentre, insieme ai suoi colleghi,
smontava una torre faro in quel di Livorno. Un incidente che lo ha lasciato
in coma per circa un anno, al termine
del quale è cominciata una lunga e difficile ripresa, ancora in corso a dispetto
SuperAbile INAIL
9 Novembre 2015
delle difficoltà di movimento, di piena
comprensione del mondo circostante e
di parola.
Emilio è uno dei numerosi traumatizzati cranici assistiti dall’Inail attraverso una rendita mensile e percorsi di
accompagnamento a opera di assistenti
sociali ed équipe mediche in ogni parte
d’Italia. I numeri parlano chiaro: solo
tra il primo gennaio 2013 e il 30 giugno
2015 si contano quasi 50mila infortuni
sul lavoro con gravi cerebrolesioni acquisite, caratterizzate da stato vegetati-
l’inchiesta Stati di minima coscienza
vo o dalla presenza, dopo un periodo di
coma più o meno prolungato, di menomazioni cognitive e comportamentali.
Un dato non di poco conto, se comparato con la situazione nazionale: secondo le cifre diffuse recentemente dalla
Federazione nazionale associazione
trauma cranico (Fnatc), nel nostro Paese ogni anno sono tra le 140mila e le
150mila le persone colpite da trauma
cranico (cfr. box).
«Anche in situazioni così gravi sono molte le cose che possiamo fare per
i nostri assistiti – spiega Barbara Foianesi, assistente sociale della Sede Inail
Tuscolano, che segue personalmente il caso di Emilio –. Forniamo ausili
e presidi sanitari se sono ospiti presso
strutture sanitarie pubbliche o private
e provvediamo all’abbattimento delle
barriere architettoniche quando vivono
nella propria abitazione. A partire dal
2011, poi, c’è anche la possibilità di realizzare progetti personalizzati, come
l’inserimento nei laboratori occupazionali gestiti dalle cooperative sociali. Da
qualche settimana, infine, la nostra Sede ha organizzato un gruppo di automutuo aiuto, in cui sono presenti anche
alcuni familiari di persone in stato vegetativo».
Per far fronte all’incidente di Emilio e
alle sue conseguenze, la famiglia Ven-
detta ha dovuto mettere in campo tutte
le sue risorse fisiche, morali e materiali. Quindici anni dopo, Giulio, il padre di Emilio, è ancora scosso. «Era il
21 aprile, Venerdì santo – racconta –.
Io ero in officina, lavoravamo entrambi per una ditta leader nel trasporto di
energia elettrica, si faceva di tutto: ripetitori, pali elettrici, illuminazione».
A comunicargli la notizia fu il direttore dello stabilimento: «Emilio si è fatto
male, si è rotto una gamba – disse –. Bisogna andare subito a Livorno». Quel-
Trauma cranico: i numeri di un’epidemia silenziosa
I
n Italia sono tra le 140
mila e le 150mila – secondo la Federazione
nazionale associazione trauma cranico
(Fnatc) – le persone
ricoverate ogni anno in
ospedale per trauma
cranico. Un’epidemia silenziosa che conta circa 7mila
morti l’anno, 20mila individui con difficoltà residue
a lungo termine (fisiche,
mentali) e altri 14mila circa
in stato di coma più o
SuperAbile INAIL
meno protratto. Inoltre, su
100 persone solo il 25% riprende la vita precedente,
mentre un altro 25% presenta qualche limitazione
dell’autonomia. Dei restanti due quarti, una metà
è colpita da disabilità importanti e un’altra rimane
in stato vegetativo.
In Occidente sono gli
incidenti stradali la causa
principale del trauma
cranico (in Italia circa il
10 Novembre 2015
60% dei casi). Altre cause
importanti sono gli infortuni domestici (specie per
i bambini e gli anziani),
quelli sul lavoro (il 20% di
tutti i traumi fra i 30 e 60
anni) e quelli sportivi.
Il maggior numero di
traumi e decessi si registra
nella fascia fra i 15 e 35
anni, con netta prevalenza
del sesso maschile. Altre
fasce a rischio sono i bambini sotto i cinque anni e
gli anziani. [A.P.]
Ogni giorno, con
infinita forza d’animo
e determinazione,
Emilio Vendetta (nella
foto accanto con il
suo fisioterapista)
si impegna per
conquistare una fetta
di autonomia sempre
maggiore. Tra gli
esercizi più frequenti,
quelli per migliorare
la stabilità senza
l’aiuto delle stampelle
e affinare la presa
delle mani. Nelle
pagine precedenti,
Emilio insieme ai suoi
genitori e, a pagina
12, con la sua Lancia Hf
evoluzione, acquistata
prima dell’incidente.
Le automobili
costituiscono ancora
oggi la passione di
Emilio e la sua casa è
piena di foto di rally
e modellini (pag.
13). I suoi genitori
si sono spesi oltre
ogni limite per la sua
guarigione e il padre
Giulio ha una piccola
lista degli operatori
sanitari che sono
stati particolarmente
solleciti nei riguardi
del figlio. Tra questi
il medico di base,
dottor Vincenzo Pilozzi
che, al ritorno a casa
dall’ospedale, veniva a
trovarlo anche quattro
volte al giorno.
SuperAbile INAIL
11 Novembre 2015
la fretta, quella concitazione, tradivano
qualcosa di più grave di un arto spezzato. Durante il viaggio, in automobile, il
telefono del direttore squillava in continuazione, Giulio e sua moglie coglievano brandelli di un discorso animato,
capivano che era successo di peggio.
Quando arrivarono a Livorno i medici
sentenziarono: «Il ragazzo non c’è più».
Non gli davano nessuna possibilità, attendevano da un momento all’altro che
morisse. Ma Emilio teneva duro e così,
a sera, finalmente lo operarono. A mezzanotte il chirurgo avvertì: «Abbiamo
fatto il possibile, ma non passerà la notte. Domani mattina non ci sarà più».
La profezia non si avverò ed Emilio
rimase all’ospedale di Livorno per altri
40 giorni, fino a quando la famiglia non
decise, di comune accordo con il personale medico, di portarlo a Roma. «Pensavano di mandarlo a casa a morire»,
ricorda il padre. Ma ancora una volta
il ragazzo diede prova di una straordinaria capacità di resistenza. «Ad accoglierlo all’Aurelia Hospital, dove rimase
sei mesi, trovammo il professor Antonio Arcangeli che si prese cura di lui,
insieme al suo collega Delfino Leone»,
precisa Giulio che, dopo tanti rifiuti e
porte in faccia, ci tiene più che mai a
fare nome e cognome di coloro che gli
hanno teso una mano. «E anche lui pensava che sarebbe morto da un momento all’altro». Eppure Emilio sopravvisse
anche allo spirococco Mrsa, uno dei
batteri più aggressivi e pericolosi per
una persona nelle sue condizioni. Così,
per la seconda volta dopo Livorno, acquistarono la bara. Ma lui superò anche
questo: i medici erano spiazzati, quel
giovane sembrava sfidare le stesse leggi della medicina.
Nelle settimane che seguirono, il
dottor Arcangeli iniziò a spostare Emilio continuamente di stanza: l’ospedale, con le alte possibilità di contrarre
l’inchiesta Stati di minima coscienza
infezioni, poteva essere un luogo letale per lui. A dicembre Giulio si convinse a portarlo a casa, nonostante la peg,
il catetere, la cannula del respiratore.
Per la strumentazione necessaria si rivolse alla Asl di zona, ma gli proposero un ricovero nell’ospedale più vicino.
«Si trattava di una struttura inadatta
a ospitare un paziente nelle sue condizioni, perciò ci rifiutammo – spiega il
padre –. E siccome non ci fornivano le
attrezzature necessarie, ci pensammo
da soli». Si rivolsero a una ditta privata,
che aiutò la famiglia a costruire un piccolo reparto di rianimazione a casa propria. «Costava 28 milioni al mese delle
vecchie lire, io ne guadagnavo cinque e
mezzo. Mi sono venduto tutto, i fucili, i
cani da caccia, i prosciutti. Come capofficina coordinavo il lavoro di 140 persone, ma non avevo più neppure 5mila lire
al mese per comprare il blocchetto dei
buoni pasto della mensa».
Questa storia andò avanti per cinque
mesi, fino a che un giorno alla porta di
casa si presentò un signore che si qualificò come Angelo Mieli, l’allora sindaco di Valmontone. «Io non avevo tempo
per seguire la politica e non lo riconobbi», confessa Giulio, che tuttora nutre
un sentimento di gratitudine nei confronti dell’ex primo cittadino per aver
fatto «un’ordinanza in cui si assumeva
l’onere di pagare la ditta, salvo rivalersi successivamente sulla Asl». Ci vollero altri 15 mesi prima di smantellare
quell’ospedale casalingo: Emilio cominciava a dare i primi segnali evidenti di
miglioramento.
«Ad aprile del 2001 cominciò ad accennare un sorriso, un anno dopo riusciva a deglutire una goccia d’acqua.
Noi provavamo di tutto, gli facevamo
ascoltare la musica che amava e le voci dei sui amici registrate su una cassetta, Radio Montecarlo gli dedicò una
radiocronaca, dove il cronista di tanto
SuperAbile INAIL
12 Novembre 2015
in tanto lo chiamava, dicendo: “Emilio
svegliati, la Ferrari ti aspetta”». Se oggi Emilio parla di nuovo, partecipa alla
vita della famiglia, si impegna con tanta forza per conquistare ogni giorno un
piccolo pezzo di autonomia in più è merito sicuramente della sua tenacia, ma
anche dei suoi genitori, che si sono spesi oltre ogni limite. Giulio, che ora ha 67
anni, al tempo dell’incidente ne aveva
52, era nel pieno della carriera e coordinava gli operai di tre diverse fabbriche. Per tre anni, fino al giorno in cui
è andato in pensione, ha lavorato giorno e notte, la sera a casa lo chiamavano
di continuo per risolvere i tanti problemi che si presentavano in officina, ma
riusciva comunque a occuparsi di suo
figlio. «Ogni giorno, per otto mesi, in
pausa pranzo, partivo da Anagni, aiutavo Emilio a camminare su una pedana
che avevo costruito io stesso e mezz’ora
dopo tornavo al lavoro. Mangiavo e bevevo in auto, è stato un massacro».
«Il ruolo delle famiglie è sempre fondamentale quando si tratta di trauma cra-
nico o stato vegetati­vo», spiega Stefania
De Luca, assisten­te sociale della sede
Inail di Palermo. «L’esito finale dell’incidente dipende in gran parte dalla loro
capacità di trovare le soluzioni migliori e reg­gere il carico materiale ed emotivo che gli esiti del trauma comportano.
Qui in Sicilia, il dato comune è la carente rete di servizi sanitari e sociali integrati in un unico progetto che consideri
i vari bisogni, soprattutto quelli di tipo riabilitativo e assistenziale. Spesso il
carico si aggrava per la difficoltà di far
fronte alle incombenze burocratiche e
amministrative necessarie per l’accesso alle numerose prestazioni richieste
dalla situazione, di cui sono competenti, in molti casi, servizi diversi. Pertanto, oltre ai compiti propri dell’Istituto
di fornitura dei vari ausili, si cerca, per
quanto possibile, di svolgere un ruolo di
informazione e facilitazione sia con i diretti interessati sia con i servizi del territorio». Al telefono la signora Laura di
Campofelice di Roccella, in provincia di
Palermo, si dice «abbiliata», termine siciliano che indica demoralizzazione e
avvilimento, per una brutta faccenda
di inghippi e lungaggini burocratiche
che a suo fratello Giuseppe, in stato vegetativo da undici anni, poteva costare
la vita. Quando l’abbiamo intervistata
l’alimentazione artificiale stava per finire e le nuove scorte tardavano ad arrivare. Così, in attesa che la situazione si
sbloccasse, la famiglia tirava avanti con
una piccola riserva ricevuta da una conoscente a cui era appena morto il marito e le sacche prese in prestito da una
signora la cui figlia fa uso della peg.
Come Giulio, anche Laura è andata
in pensione appena ha potuto, lasciando il suo impiego di assistente amministrativa in un istituto scolastico. E come
nel caso di Emilio, anche l’incidente di
Giuseppe è arrivato come un fulmine
a ciel sereno, anzi, per dirla con Laura,
SuperAbile INAIL
13 Novembre 2015
«come una pietra scagliata in uno stagno», che va a scompigliare le acque di
comportamenti e dinamiche cristallizzati da anni.
Quando il primo aprile del 2004 fu
investito nella sua corsia da un’automobile che sorpassava un camion a tutta
velocità sul rettilineo Faenza-Forlì, Giuseppe stava tornando a casa dal turno
di notte in una fabbrica di cucine. Aveva 41 anni e la sua vita era ripartita da
poco: c’era un nuovo lavoro, un nuovo
amore che lo aveva portato in Emilia
Romagna e una bambina di 15 giorni.
Lo schianto ha sbalzato la sua macchina 30 metri fuori dalla carreggiata,
provocandogli un grave danno cerebrale. Dopo l’incidente, nell’auto hanno
trovato i “bomboloni” che stava portando a casa per la colazione. Laura lo seppe di primo mattino, fu la compagna di
Giuseppe a telefonarle. «All’inizio non
riuscivo neppure a capire cosa fosse avvenuto – dice –. Poi compresi che mio
fratello stava per morire. Così quella
mattina feci un’unica cosa: telefonai a
tutti i monasteri di clausura che cono-
l’inchiesta Stati di minima coscienza
scevo e a quelli che trovai sull’elenco del
telefono chiedendo di pregare per lui.
Pensavo che il Signore avrebbe ascoltato gli altri e non me. Solo a sera tardi
sentii di poter pregare io stessa».
Giuseppe tornò nella casa paterna 18
mesi dopo, al termine di un pellegrinaggio tra Cesena, Faenza e Ferrara prima,
Troina e Cefalù dopo. Era in stato vegetativo, le sue condizioni erano stabili,
non c’era ragione di restare altro tempo
in ospedale. Ad attenderlo, oltre i suoi
genitori, c’era Laura, la sorella maggiore di otto anni, che nel tempo a seguire
si sarebbe presa cura di lui in maniera
quasi esclusiva. «Il suo arrivo è stato una
rivoluzione – racconta –. Prima c’è stato un fuggi fuggi generale. I più veloci
a sparire sono stati i fratelli e le sorelle del gruppo di preghiera con cui avevo
condiviso il percorso di fede degli ultimi dieci anni. Poi ogni cosa è cambiata
in famiglia: Giuseppe ha fatto emergere
tutto ciò che non andava, non è stato più
possibile infilare la testa sotto la sabbia».
Per affrontare al meglio il compito di caregiver, Laura ha deciso di lavorare innanzitutto su se stessa. «Mi ha avvertito
la psicologa inviata dalla Asl, vedendo
che litigavo con mia madre: se volevamo
che Giuseppe mettesse in campo tutte le
sue forze per continuare a vivere, dovevamo creare un ambiente sereno intorno a lui». Così intraprese un percorso di
psicoterapia, che si è rivelato fondamentale per affrontare tutte le intemperie
che la attendevano negli anni successivi: «Se all’inizio avessi saputo che quella
situazione si sarebbe protratta per oltre
un decennio, mi sarei sentita persa. E invece oggi posso dire che quello che ho ricevuto è più di quello che ho dato».
Dopo aver a lungo cercato la badante giusta, oggi Laura si dedica a tempo
pieno a suo fratello. Non si arrende mai,
ma trovare la persona adatta le sembra
ormai un’impresa impossibile: «Offro
un contratto regolare, pago fino all’ultimo centesimo – ci tiene a sottolineare –.
La formazione la faccio io, abbiamo tutto quello che serve: dal letto elettrico al
sollevatore. Lo sforzo fisico è limitato».
Ma l’impressione resta quella che non
ci sia nessuno seriamente intenzionato
ad avventurarsi nel misterioso mondo
di Giuseppe. Dove la dedizione, lo stato di continua allerta, la prontezza a cogliere i dettagli contano ancor più della
SuperAbile INAIL
14 Novembre 2015
semplice professionalità e delle cure di
chi non è disposto a fare i conti col fattore umano. Per controllare ogni suo possibile segnale, sorriso, cenno volontario
o involontario, Laura ha fatto installare
tre telecamere in camera di suo fratello.
E se non fosse gravata dal peso di tutta
quell’assistenza materiale, comincerebbe proprio da lì: dallo studio di quei filmati che possono rivelare la vita segreta
di Giuseppe e le sue esigenze più nascoste. C’è voluto del tempo per capire, ma
lui oggi per lei non è più quel libro indecifrabile di un tempo: «Per dire sì alza la
gamba sinistra o chiude gli occhi. Non
mi posso permettere di essere arrabbiata o nervosa, perché subito va in agitazione anche lui».
Circa 160 chilometri più a Est, a Siracusa,
da tre anni Carlo e Jasmine condividono
con i loro due bambini di sette e cinque
anni un menage familiare diverso da
quello che avrebbero mai potuto immaginare. Dove però la speranza vince ogni
giorno contro la disperazione. Infortunato sul lavoro e assistito dalla locale Sede dell’Inail, Carlo ha avuto l’incidente
che gli ha cambiato la vita a 29 anni, un
giovedì notte mentre guidava il pullman
che avrebbe dovuto portare a Mineo un
gruppo di persone dirette in Svizzera.
Jasmine, oggi appena ventiseienne, ricorda: «Fortunatamente era solo in quel
momento, non aveva ancora caricato i
passeggeri. Durante la notte l’ho chiamato più volte per sapere se era tutto a
posto, ma lui non rispondeva. Ho pensato che gli si fosse scaricato il cellulare
e non mi sono preoccupata più di tanto.
La mattina mi hanno telefonato dall’ufficio della compagnia e mi hanno detto che Carlo aveva avuto un incidente».
Quando Jasmine si precipita all’ospedale di Caltanissetta trova una situazione
ben peggiore di quello che aveva immaginato. «I medici mi dicono che è in
grave pericolo di vita e, se sopravviverà, non sarà più comunque come prima.
E per farmi capire meglio, mi spiegano
che ormai il suo cervello è come un colabrodo». Ma Carlo tiene duro, e 14 mesi
dopo è di nuovo a casa. Jasmine è sempre accanto a lui, a darle una mano con i
bambini è sua madre che, al tempo stesso, lavora come colf e si prende cura di
un’altra figlia disabile.
«Era in stato semivegetativo – racconta sua moglie –. Viveva in un mondo tutto suo, non diceva neanche se
aveva fame o sete, era completamente
assente». Così dopo qualche mese marito e moglie partono da soli per il Centro di riabilitazione San Giorgio, presso
l’Ospedale Sant’Anna di Ferrara, dove
restano per sette mesi. Qui Carlo recupera in maniera sorprendente: «Nessuno si aspettava progressi di tale portata
dopo due anni: ha migliorato la postura, ha ricominciato a parlare e soprattutto è tornato a essere presente». Dopo
un ulteriore soggiorno a Ferrara lo scorso anno, il giovane è migliorato ulteriormente. Oggi mangia da solo, si mette le
scarpe e risponde in maniera pertinente alle domande. Quando sua moglie gli
passa brevemente il telefono, il suo tono
è affabile e cordiale. Jasmine gli è sempre accanto: con la forza della speranza
e dell’amore è riuscita a vincere i momenti bui della depressione. Continua a
occuparsi di lui e, con l’aiuto della mamma, dei suoi due bambini che, dopo tante difficoltà, sono finalmente più sereni.
Carlo non smette di migliorare, ogni
giorno fa un piccolo passo verso il mondo che gli apparteneva. In programma
ci sono nuovi viaggi verso le strutture di
riabilitazione del Nord e il sogno di tornare alla vita di un tempo. Ma Jasmine
sa che è impossibile fare previsioni e che
l’unica via è gioire delle piccole conquiste quotidiane. Senza illudersi né disperare, il futuro è ancora tutto da scrivere.
Sleep of no dreaming: una finestra
sugli stati vegetativi
È
diventato finalmente
un volume Sleep of no
dreaming, il progetto del
fotografo romano Fabio
Moscatelli sull’esperienza
di Casa Iride, struttura
unica nel suo genere dedicata ad alcune persone
in stato vegetativo e ai
loro familiari. Collocata
tra il quartiere Don Bosco
e Torre Maura, nel quadrante est della capitale,
questa realtà, fondata
dall’associazione Risvegli
e sostenuta dall’amministrazione comunale e
regionale, rappresenta il
primo caso di co-housing
sanitario in Europa. E qui
vivono sei ospiti fissi,
circondati dalle proprie
famiglie che hanno così
la possibilità di incontrarsi e condividere spazi
comuni, ma soprattutto
di trascorrere l’intera
giornata con i loro cari.
Il progetto, che prende
il titolo da un brano del
gruppo britannico dei
SuperAbile INAIL
Porcupine tree, si è svolto
nell’arco di sei mesi. Ma
soprattutto ha preso le
mosse da un reportage
fotografico sulla vicenda
di Francesco Romagnoli,
pubblicato lo scorso
anno sulla nostra rivista
(SuperAbile Inail, giugno
2014). Ventisette anni al
momento dell’incidente e
35 oggi, Francesco è stato
investito da un autotreno
mentre raggiungeva in
moto il posto di lavoro e
rappresenta uno dei tanti
infortunati con grave
cerebrolesione acquisita
(Gca) assistiti dall’Inail.
Dal giorno di quel
primo reportage fotografico Fabio è tornato
più volte a Casa Iride,
fino a diventare parte di
quella piccola comunità,
sconosciuta alla maggior
parte dei romani. «I familiari aprono la porta della
casa, mi accolgono con il
sorriso, si muovono con
naturalezza, mi offrono
15 Novembre 2015
sempre qualcosa», ha
raccontato sul suo sito
(Fabiomoscatelli.com).
«Lo spunto me lo ha purtroppo fornito il famoso
campione di Formula
uno Michael Schumacher,
finito sotto i riflettori
della cronaca in seguito
all’incidente avvenuto
su una pista da sci – ha
aggiunto –. La domanda
che mi sono posto è
stata: quante persone
si trovano nella stessa
situazione senza avere
la stessa attenzione?».
Tante le sensazioni diverse e contrastanti nate
dall’incontro con le famiglie. Una per tutte: «Entro
nella stanza che ospita
Francesco e mamma
Ivana mi dice che stanno
parlando con gli occhi.
Poi chiede al figlio: “Vuoi
bene a mamma? Se sì,
strizza forte gli occhi”.
La risposta è un brivido
sulla mia pelle». [A.P.]
INSUPERABILI Intervista a Marco Iannuzzi
Ufficiale e gentiluomo,
con i paralimpici
delle Forze Armate
Dalla passione per il volo
a quella per le discipline
paralimpiche: dopo
un incidente ad alta
quota, il tenente colonnello
dell’Aeronautica militare
coordina la Sezione
promozione e sviluppo
della pratica sportiva per
il personale con disabilità
Laura Badaracchi
A
sei anni sognava di volare, a 21
un tragico incidente durante l’addestramento ha infranto i suoi
progetti, provocandogli una lesione
spinale lombare. Ma il tenente colonnello dell’Aeronautica militare Marco
Armando Iannuzzi si è reinventato la
vita e il 3 marzo 2003 è tornato in servizio. Non più ad alta quota, ma con grandi responsabilità e nuove sfide. Da due
anni, infatti, è coordinatore delle attività degli atleti paralimpici del ministero della Difesa: «Quando abbiamo
cominciato eravamo in undici, ora gli
atleti impegnati in varie discipline sportive sono 35, di cui due donne», riferisce orgoglioso. Nel settembre scorso, a
37 anni, si è sposato con Anna Lucia, ricercatrice in ematologia all’Università
La Sapienza di Roma.
SuperAbile INAIL
16 Novembre 2015
Quando è nata in lei la passione per il volo?
Uno zio paterno lavorava alla manutenzione degli aerei nella base dell’Aeronautica militare a Villafranca di Verona.
Per il mio sesto compleanno siamo andati a trovarlo durante le vacanze pasquali, con i miei genitori: ricordo tutto
di quel giorno, in cui ho deciso che da
grande avrei fatto il pilota. Indescrivibile l’emozione provata vedendo gli aerei e salendo a bordo.
Dove ha trovato la forza di ricominciare da ca- ce, nelle fasi di addestramento, negli
incidenti in itinere e anche quando sopo?
La famiglia di origine mi è stata vicino e mi ha fatto capire che c’erano altre
possibilità di futuro. Poi ho scoperto il
nuoto come sport agonistico, con nuovi stimoli e obiettivi: iniziando nel 2002
a gareggiare per gioco, in sette anni ho
vinto otto titoli italiani; se prima dell’incidente facevo 50 metri in 35 secondi, da
disabile ce ne ho messi 29,9, cinque in
meno. È stato decisivo anche rientrare
in servizio, l’ho chiesto con forza e conUna fantasia di bambino diventata realtà.
Quando a 14 anni portai a casa l’iscri- vinzione nonostante la difficoltà: le opzione all’Istituto tecnico aeronautico in- portunità sono quelli che ti poni.
vece che al liceo scientifico, in famiglia
hanno capito che facevo sul serio. A 16 Com’è stato il rientro al lavoro non fra le nuanni ho preso il brevetto civile, primo vole, ma dietro a una scrivania?
piccolo passo per diventare un pilota È cambiato tutto. All’inizio ho dovuto
con la P maiuscola. Quattro anni dopo, capire dove mi trovavo: per me l’Aeroal terzo tentativo, ho vinto il concorso in nautica militare era il volo, al massimo
Aeronautica militare da pilota: sono ar- l’hangar. Invece mi sono accorto che è
rivato 22esimo su 100. Nel tempo libero un mondo che va al di là delle Frecce tripraticavo scherma e podismo, nulla di colori e delle previsioni meteo. Prima ho
agonisticamente puro ma neppure a li- lavorato per la Rivista aeronautica, poi
nella comunicazione istituzionale, invello amatoriale.
vitando i giovani a investire su se stesDopo neanche due anni, l’incidente.
si, sull’impegno nello studio: in fondo
Era il gennaio del 2000. Durante una è quello che ho fatto su me stesso, punmissione di volo addestrativo, si è spen- tando sulle mie capacità.
to il motore dell’aereo; non abbiamo lasciato il velivolo perché era governabile Da due anni coordina i militari con disabilie poteva cadere sulle case, così l’istrut- tà che si cimentano nello sport agonistico. In
tore e io abbiamo tentato l’atterraggio che consiste il suo lavoro?
di emergenza. Ma lo spazio era trop- All’inizio c’erano solo fogli di carta e ripo angusto per fermare la corsa e sia- unioni, con tanta voglia di attivare la
mo caduti in una scarpata di 17 metri. Sezione promozione e sviluppo della
Il colpo dal basso verso l’alto ha provo- pratica sportiva per il personale disabicato l’esplosione di una vertebra lomba- le della Difesa. Che nel 2013 è diventare, completa ma bassa. Dopo due anni e ta una realtà capace di far vedere altri
mezzo di fisioterapia per sette-otto ore orizzonti ai militari che subiscono leal giorno (compresa quella in acqua), so- sioni permanenti nelle missioni di pano riuscito a camminare con stampelle
e tutori. Un percorso reso possibile gra- Lo scorso anno Marco Iannuzzi ha gareggiato
zie al sostegno dell’Aeronautica milita- agli Invictus Games di Londra riservati agli atleti
militari disabili, promossi dalla Royal Foundation
re, che ha coperto gran parte delle spese e dal ministero della Difesa britannico.
Foto: Diego Marsicano
della riabilitazione.
SuperAbile INAIL
17 Novembre 2015
no liberi dal servizio. Dopo un infortunio spesso e volentieri ci si perde in un
limbo di paure, perplessità e burocrazia
che non aiutano. Invece questa Sezione
ha l’obiettivo di non far sentire solo nessuno e di presentare le opportunità che
restano, compresa quella di praticare 22
discipline sportive.
Un impegno in sinergia con il Comitato italiano paralimpico?
A dicembre dello scorso anno il ministero della Difesa ha siglato un protocollo d’intesa con il Cip, così abbiamo
creato il quinto gruppo sportivo militare paralimpico: una novità assoluta nel
nostro ambito, in forte contrasto con
l’immaginario collettivo che ci vorrebbe sempre e solo fisicamente perfetti.
Inoltre ci tengo a sottolineare che il nostro ufficio non fa differenza tra le forze armate.
Cosa ama di più del suo lavoro?
Ricevo tante soddisfazioni grazie alle
imprese dei ragazzi. Alla sesta edizione
dei Giochi mondiali militari in Corea
del Sud, dal 2 all’11 ottobre, per la prima volta hanno partecipato atleti con
lesioni fisiche permanenti: in quattro
hanno vinto tre medaglie. Al di là del
podio, che dà il giusto riconoscimento
agli sforzi, la vera gioia sta nella partecipazione e nell’ottenere giusti risultati. Siamo un gruppo coeso, con un forte
spirito di appartenenza.
Le prossime sfide?
Alle Paralimpiadi di Rio 2016 avremo
una convocata per l’atletica, un altro
nella Nazionale di tiro a segno. Abbiamo anche un arciere con ottime premesse. Nel frattempo stiamo provando
a fare sport di squadra: sitting volley e
wheelchair rugby.
visti da vicino Genitori coraggiosi
Compagni di banco
Ogni mattina Vincenzo
D’Aucelli siede in classe
accanto al figlio Giulio, che
ha una diagnosi di autismo
ad alto funzionamento.
Una scelta d’amore,
mai rinnegata, per non
rassegnarsi all’invisibilità.
«Quando crescono le
persone autistiche rischiano
di sparire. Io voglio fare tutto
il possibile per evitarlo»
Sara Mannocci
«Vado a studiare con Giulio ché è
tardi». Sono passate da poco le 18.30
quando Vincenzo D’Aucelli mi fa capire chiaramente, non senza cortesia, che
è arrivato il momento di chiudere la telefonata. Suo figlio lo reclama, il tempo
corre e bisogna prepararsi per il giorno
di scuola successivo. Affrontare il terzo
anno di un istituto superiore è un impegno serio per chiunque, ancor di più per
chi non riesce a stare seduto a lungo e
a mantenere la concentrazione. «L’anno
scolastico è cominciato da poco, Giulio
deve ancora prendere bene il ritmo. Rimane attento le prime tre ore, poi tende
a perdersi», racconta Vincenzo, informatore scientifico, una laurea in farmaSuperAbile INAIL
18 Novembre 2015
cia, che dal 2013 con l’avvio del primo
anno di scuola superiore siede in classe accanto al proprio figlio autistico in
veste di tutor. Senza alcuna retribuzione, come un qualunque volontario che
aiuti la scuola nel compito di sostenere
chi ha più bisogno. Come un padre che
vuole e fa concretamente tutto il possibile per un figlio.
La fatica di essere presenti. Giulio ha
appena tre anni e mezzo quando arriva la diagnosi di autismo ad alto funzionamento. Le sue capacità cognitive sono
integre, ma ha difficoltà nel trasformare i pensieri in parole, e di conseguenza
nel creare relazioni, nell’interagire con
il mondo. Ma ha due genitori fin da su-
«Una fragile barchetta, tra le onde
del mare tempestoso»
L
bito determinati a dargli voce. «Finché
le persone autistiche sono piccole la società si mostra più o meno aperta all’accoglienza – interviene Cecilia Fallacara,
madre di Giulio, insegnante di scuola dell’infanzia –. Ma con la crescita rischiano di diventare invisibili».
Se la scuola materna, infatti, trascorre senza particolari problemi, alle elementari Giulio fatica: ci sono i compiti
da controllare, le verifiche, le prime interrogazioni. Le ore di sostegno non
bastano e la famiglia, a proprie spese, gli affianca una persona di fiducia per favorire la socializzazione. Alla
scuola media la situazione si aggrava,
Giulio cresce, i comportamenti diventano sempre meno gestibili, le sole dieci
ore di sostegno – se pur con l’affiancamento di uno psicologo – risolvono poco. «In classe mio figlio faceva la vita
del soprammobile», sottolinea Vincenzo, con cui Giulio è abituato a svolgere i
compiti a casa fin da piccolo. Non senza
fatica. Le potenzialità, pur presenti, sono offuscate dalla difficoltà nello stare
fermi e da numerose stereotipie, ovvero comportamenti rigidi e continuativi,
come ripetere più volte la stessa azione.
«La nostra esperienza con il sostegno
a scuola è stata negativa – precisa senza mezzi termini Vincenzo –. Non nego
che esistano insegnanti capaci, noi abbiamo incontrato persone che consideravano il loro ruolo come un ripiego. Il
disturbo autistico richiede una tale conoscenza che nemmeno gli insegnanti
più seri potrebbero fare molto. Io seguo
da vicino mio figlio da circa undici anni e ancora mi sembra di conoscerlo poco».
Con queste riflessioni la famiglia
D’Aucelli, di cui fanno parte altri due
figli maggiori, decide di intervenire in
modo più deciso nella vita di Giulio.
«Alle scuole superiori le ore di sostegno ci avrebbero permesso di lasciare
a nascita di un figlio
autistico è come uno
tsunami. Si apre così,
cercando di descrivere una condizione
di cui a oggi non sono
chiare le cause Amico
mio, sono felice, il libro
edito quest’anno da
Mondadori per la
collana Strade Blu, in
cui Vincenzo D’Aucelli
racconta in modo
spontaneo e autentico
la vita accanto al figlio
Giulio. Dalla nascita e i
primi mesi di assoluta
tranquillità, fino alla
comparsa dei campanelli d’allarme e dei
sintomi che portano alla
diagnosi, il libro descrive
il vissuto di un padre e
una madre di fronte a
nostro figlio alle nove e riprenderlo alle dodici – afferma la madre –. Quale lavoro poteva mai conciliarsi con questi
orari? Uno dei due, tra me e mio marito, avrebbe dovuto lasciare l’impiego.
È stato Giulio a scegliere suo padre. Ha
sempre studiato più volentieri con lui».
Una vita nuova insieme. Vincenzo fa
il passo che non si è mai pentito di fare, lascia un lavoro ben retribuito, rivoluziona la propria vita per tornare tra i
banchi con suo figlio. Studia dalle undici alle tre del mattino per laurearsi
in Scienze della formazione e proporsi
in un istituto superiore come tutor. Nel
2013 padre e figlio entrano in classe insieme all’Istituto tecnico commerciale
“Vitale Giordano di Bitonto”, in provincia di Bari. «Giulio sente quando viene
messo da parte – fanno capire con forza i coniugi D’Aucelli – e noi questo non
lo vogliamo, non vogliamo nasconderlo
né farlo sparire, anche se la nostra società non ha occhi».
In classe con suo padre, il ragazzo non fa quello che vuole. Non si alza
Nella pagina precedente, Giulio e suo padre
Vincenzo. Foto: Andrea Melato
SuperAbile INAIL
19 Novembre 2015
un figlio che sconvolge
loro la vita. Ma racconta
anche il primo caso in
Italia in cui un genitore viene ammesso a
presenziare in classe insieme al figlio. Il volume,
però, è soprattutto la
storia di una famiglia
che punta sulle potenzialità del proprio figlio.
Senza mai rassegnarsi a
una condizione che sarà
comunque permanente,
ma mai priva di sentimenti profondi e della
capacità di esprimerli a
proprio modo. [S.M.]
dal banco, non viene fatto uscire appena crea disturbo, partecipa alle lezioni, è
interrogato. Impara lentamente in questi due anni, con difficoltà, ma è vivo insieme agli altri. «Il sostegno previsto è
una presenza quasi formale – aggiunge Vincenzo –. Giulio si sente protetto e aiutato con me vicino, ma sa anche
come è tenuto a comportarsi. I docenti collaborano molto, rispettano i suoi
tempi, i compagni lo sostengono e così riesce ad avere buoni risultati. Questi
primi giorni del terzo anno sono ancora faticosi ma ce la farà. Io sento di aver
fatto la cosa giusta».
Vincenzo vive insieme a Giulio non
solo a scuola. Nel pomeriggio lo accompagna in piscina, in palestra, a suonare
pianoforte o a cavalcare. Dopo le ore di
attenzione in classe è necessario scaricare la tensione, sentirsi liberi e dedicarsi ad altro prima di concentrarsi sullo
studio a casa. «Nel campo dell’autismo a
mio parere siamo ancora a zero – sottolinea Vincenzo –. Le nostre leggi sono le
migliori al mondo ma nella pratica vedo
poco di buono. Io e mio figlio non ci nascondiamo, andiamo ovunque insieme
eppure siamo sempre solo noi. Possibile non ci siano altri ragazzi come Giulio? Non mi sento di dire che è un dono
di Dio, ma ognuno ama il figlio che ha,
e io mi dono a lui».
SOTTO LA LENTE Malattia di Stargardt
Dal blog
al sito, in rete
per un “altro”
punto di vista
Ipovedente, quattro anni fa
Donato Di Pierro ha aperto
un blog. Ed è diventato
consulente
di un’associazione che ha
appena lanciato un sito per
i pazienti e le loro famiglie
Laura Badaracchi
H
a 38 anni e lavora come farmacista. Anche se a causa della sua
malattia rara, la sindrome di
Stargardt, fa fatica a mettere a fuoco
dettagli e particolari: la patologia, infatti, colpisce la retina e al centro del
suo campo visivo Donato Di Pierro individua una macchia grigia, sfumata,
che progressivamente diventerà nera.
Proprio per cercare di mettere in rete
SuperAbile INAIL
20 Novembre 2015
chi, come lui, soffre di questa degenerazione maculare in età giovanile, alla fine del 2009 ha aperto il blog “Stargardt...
e dintorni” (http://donuzzo.blogspot.it).
«L’intento era quello di dar voce ad altre storie e anche di fornire gratuitamente consulenze grazie alla mia esperienza
professionale, visto che un ruolo importante nella progressione della malattia
lo giocano abitudini di vita, integratori, comportamenti alimentari», riferisce
il farmacista. Che nel quotidiano riesce
«a fare molto senza ausili particolari. Ma
per lavorare al computer uso occhiali ingrandenti, mentre sono munito di monocolo ingranditore se devo leggere il
nome di una strada o un cartello».
Di informazioni su questa malattia
rara retinica ne girano poche, anche sul
web. Sei anni fa ancora meno: «Dopo
aver ricevuto la diagnosi, ripresi in mano i miei appunti di genetica senza trovare elementi che potessero aiutarmi a
disegnare uno scenario. Non avevo idea
di cosa mi potesse prospettare il futuro.
Non trovavo nessuno che mi raccontasse come si potesse vivere con la malattia
di Stargardt, né tantomeno riuscivo ad
avere notizia di come questa nuova sfida avrebbe cambiato la mia vita – ricorda Di Pierro –. Così, dopo che proprio a
causa dei miei occhi malconci persi un
lavoro precario presso un istituto di ricerca, da disoccupato decisi di mettere
mano alla tecnologia per creare una finestra telematica dove riportare tutte le
informazioni provenienti dalla ricerca
scientifica, ma non solo. Visto che avrei
voluto sentire i racconti di chi con la
Stargardt ci conviveva già, iniziai a scrivere della mia vita con la malattia, delle sfide che mi presentava e delle piccole
vittorie raggiunte».
L’iniziativa di Donato si è incrociata
con l’associazione giovanile Ti accompagno, che ha avuto l’idea di costruire il
sito Noielastargardt.it per colmare ulteriormente la lacuna informativa. Grazie
al progetto Taco, nello spazio Internet
sono ospitati sia il blog sia la pagina Facebook “Sindrome di Stargardt Italia”
gestita da Christian Martinelli, un altro
malato. I loro post sono stati letti anche
da Maria Ausilia Mancini, presidente
dell’associazione di Castelnuovo Parano (Frosinone) che ha creduto nell’utilità sociale di questa attività. «Abbiamo
presentato l’iniziativa all’Università di
Roma La Sapienza all’inizio di settembre – spiega Mancini, che ha un nipote
affetto dalla stessa malattia rara –. Realizzate da un gruppo di giovani laureatisi al dipartimento di Ricerca sociale
e comunicazione diretto dal professor
Mario Morcellini, le pagine web saranno uno spazio in cui condividere esperienze, trovare informazioni e fare rete
per rendere meno faticosa la convivenza
con la patologia. In seguito produrremo
audiolibri; cerchiamo di partire dalle
criticità per trasformarle in una forza».
Ovviamente «non mancheranno costanti aggiornamenti sullo stato delle ricerche mondiali sulla Stargardt»,
assicura Donato, precisando che «il
progetto è aperto al contributo di tutti, interessati o direttamente coinvolti nella realtà di questa rara distrofia
retinica». E il dottor Benedetto Falsini
dell’Università Cattolica del Sacro Cuo-
Nella pagina a fianco, Donato cerca di leggere la
tabella orari del treno con il monocolo. Qui sopra,
con la compagna Elena e il figlio Massimo, tre anni
SuperAbile INAIL
21 Novembre 2015
re, uno dei massimi esperti della Stargardt in Italia, rimarca: «È importante
diffondere quanto più possibile la conoscenza di questa malattia che tarda
spesso a essere diagnosticata. Ma nel
nostro Paese manca ancora una stima
su quanti siano i pazienti, che hanno bisogno di dialogare dinamicamente con
medici, ricercatori e famiglie».
In Taco l’aspetto interessante è soprattutto «il protagonismo, la progettazione partecipata degli stessi pazienti»,
spiega Renato Di Gregorio, amministratore della società Impresa insieme, che
fornisce consulenze all’associazione Ti
accompagno: «Durante i primi colloqui
con le persone affette dalla malattia rara
abbiamo riscontrato un’evidente opportunità nello scambio di informazioni fra
chi ha maturato esperienze, come Donato, e chi ha scoperto da poco la malattia, ma anche fra chi si prende cura
dei malati e chi fa ricerca per contenerne gli effetti, fra chi produce strumenti per alleviarne la fatica e chi si occupa
di comunicazione tenendo conto dei pazienti con questo problema visivo. Ecco
perché abbiamo creato una “piazza” virtuale in cui condividere notizie ed esperienze, ma anche come strumento di
sensibilizzazione, stimolo alla ricerca e
ai finanziamenti per sostenerla».
Intanto Donato continua a inventare
avventure sorprendenti: dopo aver compiuto tre anni fa una traversata a piedi
dal Tirreno all’Adriatico, zaino in spalla, per raccogliere fondi destinati alla
ricerca sulla Stargardt (esperienza confluita nel volume Scarpinare per la ricerca), a fine ottobre ha vissuto in solitaria
due giornate nelle foreste millenarie casentinesi, fra la Toscana e la Romagna:
«Agli ipovedenti il buio fa paura, rappresenta uno spettro di quello che potrebbe
un giorno essere la visione con cui convivere. Volevo cimentarmi con un’oscurità da sfidare».
portfolio In passerella
Un nuovo canone di bellezza si fa largo
nella moda e conquista le sfilate di tutto
il mondo. Protagonista è la disabilità,
che finalmente arriva sotto i riflettori
internazionali senza nessuna paura
di mostrare imperfezioni. Dalla settimana
della moda di Milano a quelle di Londra,
Tokyo e New York, il 2015 è stato l’anno
della svolta. Sedie a ruote, stampelle,
Trisomia 21, cecità, corpi amputati,
nanismo e malattie genetiche hanno
conquistato non solo gli stilisti italiani
e stranieri, ma anche il grande pubblico
del fashion. Un’idea che ha iniziato
a prendere forma in Inghilterra qualche
tempo fa, attraverso il network “Models
of diversity” fondato da Angel Sinclair
(che comprende anche le taglie forti), che
nel 2011, grazie alla Fondazione Vertical,
ha portato per la prima volta
le “carrozzine” sulle passerelle dell’alta
moda. Dove? È successo a Roma. [M.T.]
Due delle 15 modelle
acondroplasiche provenienti
da Francia, Regno Unito e Stati
Uniti: hanno sfilato lungo le
passerelle della Ville lumière
per la terza edizione di “The
Dwarf Fashion Show”, che si è
tenuta il mese scorso a Parigi.
La manifestazione è nata per
invertire i diktat discriminatori
della bellezza e dare la
possibilità alle persone
con questa malattia rara
di portare una prospettiva
nuova all’industria della
moda. All’insegna delle pari
opportunità per tutti.
SuperAbile INAIL
22 Novembre 2015
In questa pagina Madeline
Stuart (in alto a destra, con la
sindrome di Down), Rebekah
Marine (sopra, con il braccio
bionico) e Shaholly Ayers
(a destra, nata senza un
avambraccio). Sono le modelle
che, insieme a Leslie Irby
(paralizzata in seguito a un
incidente stradale) e Mikaya
Warren (che soffre di alopecia),
in settembre hanno sfilato
per i brand Carmen Steffens,
Alexandra Frida, Archana
Kochhar, Hendrik Vermeulen,
Anna’s Loud e Andrea Wild
all’ultima New York Fashion
Week.
Il progetto è stato realizzato
dalla piattaforma FTL
Moda in collaborazione con
Global Disability Inclusion,
dando vita alla campagna
#FashionFreeFromConfines.
SuperAbile INAIL
23 Novembre 2015
portfolio In passerella
Protesi e atlete paralimpiche
hanno conquistato anche le
passerelle di Londra e Tokyo. È
il caso della britannica Stefanie
Reid (sotto), cinque record del
mondo e tre medaglie nel salto
in lungo, che ha sfilato per
Lenie Boya all’ultima London
Fashion Week di settembre,
e della non vedente Rina
Akiyamaand, oro paralimpico
nel nuoto (a fianco), che ha
vestito per il marchio Tenbo
del giapponese Takafumi
Tsuruta durante la scorsa
Mercedes-Benz Fashion Week
di Tokyo (marzo 2015). Lo stilista
non è nuovo a creare linee
d’abbigliamento per le persone
disabili (in basso a destra).
SuperAbile INAIL
24 Novembre 2015
In questa pagina, il format “Modelle &
rotelle” creato nel 2011 dalla Fondazione
Vertical, un’organizzazione non profit
italiana impegnata nella ricerca
sulle lesioni midollari, grazie alla
collaborazione con AltaRoma.
I primi stilisti ad aderire sono stati Gai
Mattiolo, Renato Balestra e Gattinoni.
L’anno successivo il format ha ricevuto
la medaglia d’oro al valore sociale dal
presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano. «Con questa piattaforma
siamo finalmente in presenza di un
concept – ha detto Fabrizio Bartoccioni,
presidente di Vertical – che mostra una
passerella senza tabù».
SuperAbile INAIL
25 Novembre 2015
SPORT Nuove sfide
Silenzio, parla la palla ovale
L’obiettivo è creare la Nazionale non udenti. Intanto, gli atleti di Italia Rugby Sordi
si radunano una volta al mese per allenarsi e disputare qualche amichevole: alcuni
giocano nei rispettivi club di appartenenza, ma in tanti sono soltanto alle prime armi
Michela Trigari
S
ono grandi e grossi, anche se appena nati. E il loro motto prima
di ogni partita è «Abnormal», con
la A maiuscola, scritto anche sulla maglia nera che indossano. Sono i ragazzi di Italia Rugby Sordi, un’associazione
sportiva dilettantistica fondata proprio
quest’anno allo scopo di cercare nuovi
atleti non udenti per riuscire a giocare in maniera sempre più continuativa
SuperAbile INAIL
26 Novembre 2015
a rugby. Che siano alle prime armi, che
usino o meno la Lis (lingua italiana dei
segni) o che abbiano già esperienza con
la palla ovale, poco importa.
Il progetto, a dire la verità, risale al
2011 o – meglio – a un’idea del rugbista
sordo Loris Landi, ora capitano della
squadra, che viene dal “normalissimo”
Faenza e frequenta senza problemi sia
il mondo udente sia quello non. Il suo
sogno? Dar vita a una nazionale italia-
na di rugby per non udenti, riconosciuta dal proprio Paese, così come già ne
esistono in Europa e in altre parti del
mondo (i campioni in carica dei vari
test match internazionali sono i ragazzi
del Wales Deaf Rugby Union).
Ma il cammino è lungo. I primi passi
vengono mossi due anni fa: il 25 maggio
2013 a Misano si tiene infatti il primo
raduno di rugby per sordi, con solo otto ragazzi provenienti da ogni parte
d’Italia. «All’inizio abbiamo incontrato moltissime resistenze: in tanti non
avevano il coraggio di provare questo
sport, pensando erroneamente che fosse violento», racconta il vicepresidente di Italia Rugby Sordi Alan Valentino
Convito. Da quel giorno, però, il numero dei giocatori è salito, coinvolgendo sempre nuovi giovani anche al loro
primo allenamento. L’anno dopo viene
giocato un triangolare a Padova contro
due squadre locali: la “voce” si sparge
nel mondo dei sordi, arriva un po’ di
popolarità ed ecco che il 14 marzo scorso, grazie agli sforzi congiunti di alcuni
giocatori che hanno deciso «di rimboccarsi le maniche e occupare anche un
posto dirigenziale all’interno della società», è stato finalmente possibile dar
vita a questo progetto.
La squadra può essere contattata all’e-mail:
[email protected]. Foto: Alessandra Rezza
diano di mischia, seconda linea, terza
linea, ala e centro. «Al momento contiamo 18 membri fissi, organizziamo
raduni a cadenza quasi mensile, cambiando ogni volta il luogo di allenamento e toccando città come Genova,
Imola, San Marino e Ancona, siamo alla ricerca di sponsor per non doverci
sempre autofinanziare maglia, viaggio,
vitto e alloggio e puntiamo a partecipare alla Coppa del Mondo di catego-
Ora possono ricoprire tutti i ruoli richiesti da questo sport: pilone, tallonatore,
estremo, mediano di apertura, me-
ria che dovrebbe tenersi in Galles nel
2016 – dice Alan –. L’altro obiettivo,
non meno importante, è quello di aiutare i ragazzi sordi a integrarsi nella
vita quotidiana e insegnare i valori universali che il rugby trasmette: rispetto,
amicizia, altruismo, disponibilità, impegno, fratellanza e solidarietà. Valori
che purtroppo sono diventati rari nella
società attuale: ma quando si è uomini dentro il campo lo si è anche fuori».
Nel frattempo l’Italia Rugby Sordi
ha avviato i contatti con la Fir (Federazione italiana rugby) per avere un riconoscimento ufficiale e sperare in un
contributo significativo per supportare
e stimolare questo progetto anche nel
futuro. Perché il riconoscimento? «Soprattutto perché l’ufficialità consente di poter essere una Nazionale in casi
di partite contro le compagini straniere nelle competizioni internazionali»,
spiega Convito. Proprio di recente, il 31
ottobre, i ragazzi dell’Italia Rugby Sordi hanno giocato il loro primo incontro
ufficiale: si è trattato di un test match
contro l’England Deaf Rugby Union allo Stadio comunale di Monigo, un sobborgo di Treviso che ospita le partite
interne del Benetton Rugby. Tra mischie, touche, mete e calci piazzati, la
nuova avventura di questa squadra si
può seguire sulla pagina Facebook “Italia Rugby Sordi”. E, dopo, tutti al “terzo tempo”.
Uno sguardo oltreconfine
I
nghilterra, Galles e
Scozia, ma anche
Australia, Nuova Zelanda
e Sud Africa. Sono le
“unioni” della palla ovale
per sordi all’estero. In
Francia, invece, ci sono le
Associations des sourds
del Tolosa e del Clermont-
SuperAbile INAIL
Ferrand Rugby. Ma anche
l’America Latina, con il
Rugby Sordos di Argentina
e Cile, non sta a guardare.
Tutte squadre ormai
consolidate già da qualche
anno con tanto di sito
web e pagina Facebook
che, non potendo contare
27 Novembre 2015
su un campionato
nazionale per via della
scarsità di giocatori
non udenti impegnati
in questo sport, hanno
fatto delle manifestazioni
internazionali o delle
amichevoli il loro terreno
di gara. [M.T.]
TEMPO LIBERO Sport avventura
Elisabetta Proietti
«M
Dal Pollino alla Sila
in fuoristrada
A fine settembre otto infortunati sul lavoro hanno
attraversato, in qualità di co-piloti, un percorso
suggestivo e inesplorato tra le montagne lucane
e quelle calabresi. Un’esperienza possibile grazie
a un progetto targato Inail
SuperAbile INAIL
28 Novembre 2015
i sono divertito. E lo rifarei
cento volte». È racchiuso in
queste parole, per Gianfranco Di Lecce, il significato dell’esperienza che ha appena vissuto: quattro giorni
di sport avventura, tra Lucania e Calabria, grazie al progetto “Basilicata land
off 4x4”.
Gianfranco, lucano, ha subito un
incidente il primo giorno di lavoro:
un’impastatrice di pane di 25 quintali
gli è piombata addosso. Lui, come altre
sette persone disabili a causa del lavoro, ha partecipato al progetto targato
Inail che dal 19 al 22 settembre li ha visti percorrere su fuoristrada, in qualità
di co-piloti, tratti suggestivi e inesplorati del territorio compreso tra il Pollino e la Sila.
Oltre a una grande passione per i
motori, Di Lecce è partito «con lo spirito giusto», come dice, e la voglia di mettersi in gioco «nonostante le limitazioni
fisiche». Un passato da atleta nel lancio
del martello, l’incidente sul lavoro gli ha
fatto perdere una gamba: «Se non avessi fatto sport e fossi stato più gracile forse oggi non sarei qui – racconta –. La
muscolatura forte mi ha aiutato anche a
non perdere il braccio, che nell’incidente è rimasto offeso».
Gianfranco ha ripreso a fare molte cose, gestisce con la moglie un’attività commerciale e si alza tutte le mattine
alle cinque. Quando gli è stato proposto di partecipare alla spedizione non ci
ha pensato troppo su, e il bilancio è stato tutto positivo: «Ho conosciuto persone disponibili, dai compagni di viaggio
all’équipe di assistenti che ci ha affiancato. Ho conosciuto posti nuovi che non
avevo mai potuto esplorare».
Adattarsi alla vita di campeggio con
gli inevitabili disagi, condividere ogni
momento e sperimentare solidarietà reciproca sono alcuni dei tratti di questo
progetto, che ha avuto anche la funzione
di monitorare l’accessibilità dei luoghi.
Il tempo non sempre è stato clemente –
i campeggiatori sono stati colti da una
notte di «pioggia e uragano» –, e poi ci
si è dovuti scontrare con le sempre presenti barriere: a San Severino Lucano «i
bagni del campo non erano accessibili
– racconta Gianfranco –. Per me che se
non porto la protesi uso la sedia a ruote, è stato un problema, e così abbiamo
cercato una struttura accessibile, un bed
and breakfast, solo per poterci lavare e
metterci in ordine».
Andrea Zicaro è calabrese, lavorava come autista di camion quando a gennaio
2007 ha avuto un incidente che gli ha
fatto perdere in parte l’uso delle gambe; oggi si sposta aiutato da un paio di
stampelle. «Pronto a ripartire», ha trascorso «quattro giorni meravigliosi»,
a dispetto di tutte le difficoltà. «La vita di campeggio non è stata facile ma,
a cominciare dalla colazione al campo,
ci aiutavamo reciprocamente». Mentre
Andrea parla, gli scorrono davanti agli
occhi le immagini della Madonna del
Pollino e della Sila, quelle dei piccoli e
suggestivi centri storici incastonati tra
le montagne. «Escursioni la mattina, ritorno al campo nel primo pomeriggio,
pranzo con panini e poi di nuovo via
per nuove escursioni o a visitare qualche parco della zona. La mia esperienza lavorativa mi portava sempre in giro
– spiega – ed essermi ritrovato all’improvviso fermo non è stato facile. Aver
potuto girare attraverso questi luoghi è
stato fantastico».
Andrea ha anche ospitato il gruppo
di avventurieri a casa sua: «Abito vicino
all’autostrada, così nel tratto BasilicataCalabria ho offerto un aperitivo da me».
Ora i compagni di viaggio sono rimasti
in contatto e «tra breve ci ritroveremo
per condividere video e foto».
“Basilicata land off 4x4”: un successo
D
opo una prima edizione tutta lucana,
motori accesi per la
seconda volta per il
“Basilicata land off 4x4”:
coinvolgendo quest’anno,
in una inedita collaborazione tra direzioni Inail
e la Regione Calabria,
nell’ambito degli interventi di reinserimento
sociale e nella vita di
relazione dei propri infortunati sul lavoro mediante
la pratica sportiva. Ed è
stato un successo.
L’idea progettuale, fatta
propria da Inail, è della
onlus Dinamica One di
Potenza e ha preso forma
in un viaggio avventuroso
a bordo di otto fuoristrada
e un quad con un equipaggio di 21 persone: otto
piloti normodotati, otto
co-piloti disabili (quattro
lucani e quattro calabresi),
un cameraman, due
operatori sanitari e un addetto alla comunicazione.
L’itinerario – di 600 chilometri, quattro giorni e tre
notti – ha toccato il Parco
nazionale dell’Appennino
lucano Val d’Agri-Lagonegrese, il Parco nazionale
del Pollino e il Parco
nazionale della Sila. La
carovana è partita da
Potenza il 19 settembre.
Guida su sterrato, sabbia
e suolo roccioso, uso del
Gps e lettura delle mappe
sono le operazioni nelle
quali si sono cimentati i
partecipanti. «Gli otto copiloti coinvolti sono tutte
persone disabili gravi a
Per il direttore regionale Inail Basilicata Lucia Carmen Angiolillo «l’entusiasmo» è il filo conduttore del progetto
fin dalla progettazione. «Abbiamo ragionato sul concetto di sport declinato
come avventura e ne è nata un’esperienza sui generis che puntava a rafforzare
l’autostima e l’autonomia nei partecipanti, a riscoprire le proprie abilità, che
permangono anche dopo l’infortunio.
Abbiamo voluto mettere le persone in
grado di superare sentimenti di sfiducia, inadeguatezza, diversità, puntando
anche sulle emozioni». Ma esiste anche
un altro obiettivo: «Con questo progetto si vuol mettere in risalto l’Inail come ente dinamico, non solo erogatore
di indennità, ma in costante movimento proprio come il viaggio: si rinnova
continuamente, si mette in gioco, insieme agli infortunati, per garantire tutela
a 360 gradi. Siamo vicini ai nostri assiSuperAbile INAIL
29 Novembre 2015
causa del lavoro», spiega
Filomena Zaccagnino, funzionario socio-educativo
della Sede Inail Potenza,
responsabile del coordinamento del progetto
insieme a Chiara Maria
Gigliotti della Sede Inail
Cosenza e in collaborazione con Giuliana Galasso
di Inail Matera. L’iniziativa
ha avuto la consulenza
e l’assistenza del Centro
protesi Inail di Vigorso
di Budrio (Bologna) per
l’adeguamento della
dotazione tecnica dei
fuoristrada. In particolare,
l’ingegner Gregorio Teti
del Centro protesi ha partecipato alla conferenza
stampa di presentazione
e salutato la spedizione in
partenza. [E.P.]
stiti non solo dopo l’evento lesivo: prendiamo in carico la persona e non solo
il lavoratore, aiutandola a rialzarsi e riacquistare fiducia». Una terza edizione?
«Ci sarà sicuramente, con qualche variante: forse partiremo dalla Calabria
e introdurremo qualche ausilio tecnico
per implementare le possibilità offerte ai partecipanti, grazie alla collaborazione con il Centro protesi di Vigorso di
Budrio, in provincia di Bologna».
Soddisfazione anche nelle parole di
Emidio Silenzi, direttore regionale Inail
Calabria, che pone l’accento sull’obiettivo raggiunto di «sensibilizzare il territorio sull’argomento disabilità. I nostri
assistiti – prosegue – sono ritornati nelle loro case più forti e più sicuri di sé,
alla fine di un’avventura in cui le differenze sono state apprezzate come un valore: ed è nata una rete di sostegno, un
vero gruppo di amici».
La saga Millennium
è diventata
anche una serie
tv di produzione
svedese-danese,
ispirata alla celebre
trilogia di Stieg
Larsson: tre film
divisi in due puntate
ciascuno, disponibili
in cofanetto
dvd. Lisbeth è
interpretata da
Noomi Rapace
(nella foto).
 editoria 
Se l’autismo non
è uno
stigma
icuramente è uno dei fenome-
S
ni editoriali di quest’ultimo
decennio. La saga Millennium – costituita finora dai tre
romanzi pubblicati postumi dello
svedese Stieg Larsson, scomparso
nel 2004 – ha superato nel nostro
Paese i quattro milioni di copie.
E dal 27 agosto è arrivato nelle librerie di tutto il mondo Quello che
non uccide (tradotto in Italia da
Marsilio, 504 pagine, 22 euro) che
in poche settimane ha raggiunto
quota 170mila copie vendute. Con
Calcio, tifo e disabilità.
Cosa conta di più?
In una piazza di Testaccio, un
quartiere popolare di Roma,
Mirko gioca a calcio con gli
amici. Dietro un muretto c’è
Luana. I due dodicenni si
piacciono subito, ma per il
ragazzino c’è una sorpresa in
agguato. Due piedi sinistri è
due novità sostanziali: stavolta il
volume è scritto dal giornalista
53enne David Lagercrantz e, oltre alla protagonista femminile
Lisbeth Salander in odore di sindrome di Asperger, l’intreccio si
arricchisce di un altro personaggio chiave: August, un bambino
autistico che non parla ma sembra capire molte scene misteriose e avere un’abilità straordinaria
nel decifrare i numeri. Fin dalle
prime pagine August conquista
il lettore, quasi che quei puzzle
composti e ricomposti compulsivamente ipnotizzassero chi divora
le pagine e viene risucchiato dalla personalità singolare del ragazzino. Così, oltre alla hacker dark
un cortometraggio di Isabella
Salvetti, prodotto da Lea Film,
che in poco più di sei minuti
racconta come, a volte, tifare
per la Roma o per la Lazio
possa contare più di una sedia
a ruote. Vincitore del Globo
d’oro 2015, tra i cinque finalisti
all’ultimo David di Donatello
come miglior cortometraggio
SuperAbile INAIL
Lisbeth – geniale nell’informatica (Wasp è il suo nickname) ma
introversa e problematica nelle relazioni umane –, la trama si spalanca ad accogliere August, con il
padre Frans che decide di recuperare il rapporto con lui, rimasto
finora con la madre e con il suo
nuovo inquietante compagno.
Al di là del giallo, via via dipanato in modo avvincente, un altro mistero avvolge la genesi di
questo quarto volume della serie: l’autore si è basato su appunti lasciati da Larsson? Di certo
la stesura è stata commissionata allo svedese Lagercrantz dal
padre e dal fratello dello scrittore prematuramente scomparso;
inoltre il lancio del libro è coinciso con il decimo anniversario
dell’uscita di Uomini che odiano
le donne, prima “puntata” della saga. Bypassando l’operazione
commerciale, resta la sostanza di
due personaggi con problemi dovuti a varie forme di autismo: è
questa umanità a catturare emotivamente. Le disabilità fanno
parte dell’esistenza e sono sdoganate con naturalezza, evitandone pericolose mitizzazioni. I
comportamenti anomali vengono riconosciuti come tali, ma se
ne indagano le cause. Insomma,
il pregiudizio verso la diversità
non abita qui. [L.B.]
e, tra gli altri premi, menzione
speciale della giuria al Rome
Independent Film Festival di
quest’anno, il video è visibile
su Youtube. Piace perché è
fresco, ironico e irriverente,
non solo nell’affrontare il tema
della disabilità ma anche e
soprattutto nel linguaggio.
[M.T.]
30 Novembre 2015
 libri 
Stefano Dionisi: «Il mio
incontro
con la follia»
l disagio mentale non è facile da dichia-
I
Stefano Dionisi
La barca dei folli
Viaggio nei vicoli
bui della mia
mente
Mondadori 2015
144 pagine, 18 euro
rare apertamente. Perché suscita paura,
imbarazzo, senso di inadeguatezza, in
alcuni casi disprezzo. Se poi a raccontarlo è
un attore noto, vuol dire che lo stigma resiste e che lui ha sentito il bisogno di intaccare questo muro, di romperlo per far vedere
alla luce del sole cosa succede quando vieni risucchiato in un tunnel dentro la tua testa e ti senti (o chi dovrebbe curarti ti fa
sentire) come «delle merde incapaci di stare al mondo». Con un linguaggio crudo e
struggente Stefano Dionisi mette nero su bianco i ricordi
della sua esperienza durante un trattamento
sanitario obbligatorio, «il ricovero
coatto di pazienti con disturbi
psichici presso i
reparti psichiatrici degli ospedali pubblici»,
spiega in La barca dei folli, pubblicato a settembre da
Mondadori.
«Tutti i pazienti vengono prelevati, in un giorno qualsiasi della loro vita,
nell’attimo in cui danno in escandescenze», spiega Dionisi come spettatore e
insieme protagonista di un dramma che
non ha nulla di poetico. Per lui quel giorno qualsiasi si è materializzato in Spagna,
dove stava girando Sant’Antonio di Padova. A causa di un attacco di panico, fugge
dal set e si abbarbica sul tetto di una casa,
SuperAbile INAIL
dopo aver gettato il passaporto e il portafogli. Un disagio profondo che per i 14 anni successivi viene curato in varie cliniche,
con psicofarmaci e psicoterapia freudiana.
Distorsione della realtà, manie persecutorie, crisi psicotiche e molto altro derivano da un disturbo ereditario: alcuni geni
non funzionano come dovrebbero. L’attore romano, oggi 49enne, ha condiviso questa situazione con un’umanità dolente che
suscita empatia, sprofondata com’è in una
solitudine abissale e nella capacità di discernere i gesti umani da quelli falsi, di
circostanza. Nonostante gli ansiolitici e i
neurolettici, sopravvive con ostinazione
nei protagonisti una lucidità impressionante nel riconoscimento dei veri affetti, delle
cure che fanno bene, così come
la consapevolezza di quanto
siano illusori ma benefici i piaceri passeggeri
di una sigaretta, di
un caffè, di una luce accesa. Piccoli
riti che scandiscono il ritmo di
giornate replicate all’infinito,
sempre uguali,
all’interno di un
reparto psichiatrico. Dove la ricerca
della propria identità
è un bisogno a cui aggrapparsi con le unghie e
con i denti.
Dionisi ha il merito – e il coraggio –
di squarciare il velo di pietismo che ricopre
con ipocrisia questo mondo parallelo, che
nessuno vuole vedere. Con la forza di una
testimonianza in prima persona, di chi non
si erge a giudice ma tiene per mano coloro
che hanno condiviso la discesa nella «Calle
del Infierno». [L.B.]
31 Novembre 2015
 libri 
bili, attraverso il comitato IdeaChiara onlus, che svolge attività
di beneficenza, formazione e assistenza. [L.B.]
Padri si diventa
ogni giorno
C
’
Arturo, una
gamba in
meno e tante
passioni
Arturo Mariani,
22 anni, è
nato senza la
gamba destra.
Si racconta in
Nato così. Diario
di un giovane
calciatore (Edizioni Croce),
ripercorrendo la sua esistenza da
quando era ancora nel grembo
materno fino a oggi. Da qualche
anno è diventato titolare della
Nazionale italiana amputati del
Csi (Centro sportivo italiano),
partecipando ai Campionati
mondiali del 2014 in Messico. Ma lo
sport non è la sua unica passione:
il vulcanico ragazzo fa anche
l’animatore nel gruppo giovanile
Arcobaleno della parrocchia Sacro
Cuore a Guidonia Montecelio, in
provincia di Roma, e lo speaker a
Radiogiovaniarcobaleno, web radio
della diocesi di Tivoli. I genitori,
il fratello e la sorella, gli amici, i
compagni di scuola, le esperienze
di volontariato sono i suoi punti di
riferimento da sempre. I proventi
delle vendite saranno devoluti
all’associazione romana SalvabebèSalvamamme. [L.B.]
è una coppia che il 26 dicembre di 13 anni fa si sposa,
con il sogno di formare una
famiglia. Michele e Monica vedono nascere la prima figlia Marina e a questa gioia vogliono che si
unisca una seconda figlia, Chiara. Ma la bambina viene alla luce con una disabilità complessa:
paralisi cerebrale infantile di tipo
tetraplegico e una forma di epilessia (sindrome di Lennox–Gastaut). Una malattia rara, che in
pratica non le consente di parlare né di muoversi. Può ascoltare
ed emette versi per comunicare.
L’impatto con questa nuova vita è traumatico per papà Michele,
attore e regista, autore di Un regalo rotto, pubblicato da Edizioni
San Paolo. In cui racconta prima la ribellione iniziale di fronte
a una situazione che doveva provocare gioia e invece getta nello
smarrimento, poi il tentativo di
trovare canali di comunicazione
alternativi con la sua bambina.
Lo evidenzia l’attore Alessio
Boni nella prefazione: «Per interagire con Chiara non si deve
pretendere che sia lei ad avvicinarsi ai comportamenti dei normali. Al contrario: sta ai genitori
tendere mani, orecchie e cuore
verso il mondo – per usare una
loro espressione – disabilese. A
Chiara occorre un ascolto diverso, perché lei parla un linguaggio
diverso, che i genitori imparano sintonizzandosi sulle sue frequenze». Un impegno allargato
ad altre famiglie con figli disaSuperAbile INAIL
 libri 
Michele Tarallo
Il regalo rotto
Edizioni San Paolo 2015
352 pagine, 12,90 euro
Claudia Hernández
Fastidio di avere un
rinoceronte e altri
racconti
Le Lettere 2015
pagine 112, euro 14,50
32 Novembre 2015
Sguardi onirici
sulla
diversità
l Salvador è un Paese che ha
E
una storia segnata dalla violenza, spesso gratuita e causa
talvolta di disabilità, straniamento, morte. In questa realtà dolente si incuneano le storie della
scrittrice quarantenne Claudia
Hernández, tradotte da Emanuela Jossa per Le Lettere.
La raccolta, intitolata Fastidio
di avere un rinoceronte e altri racconti, presenta una galleria di personaggi feriti nella loro relazione
con le altre persone a motivo della loro fragilità, dei loro corpi “incompleti”. Come il protagonista
della narrazione che dà il “la” al
volume: gli manca un braccio e ha
un rinoceronte, come se la mancanza di un arto possa essere supplita da un mastodontico animale
che lo segue quasi fosse un cane.
Paradossi spiegati in chiave ironica: «La gente di queste città carine
e pacifiche non è abituata a vedere
un tipo con un braccio in meno e
un rinoceronte in più che gli salta intorno. Uno diventa un’attrazione in città noiose come questa
ed è costretto a camminare per la
strada sopportando che la gente lo
guardi».
Appare come siano crudeli certi sguardi giudicanti di chi
si rende spettatore, senza sentirsi
emotivamente coinvolto, di queste disabilità provocate da am-
putazioni degli arti. La scrittrice
smaschera queste reazioni, dimostrando che la diversità (e non la
rigida simmetria) è parte inevitabile della vita, di ogni vita. [L.B.]
non è altro che un acronimo costituito dalle parole help (aiuto),
optimism (ottimismo), physician
(medico) ed exercise (esercizio).
 libri 
 RAGAZZI 
Una speranza
per vincere
il Parkinson
ope in inglese vuol dire spe-
H
ranza: un sentimento che i
malati di Parkinson spesso
negano a se stessi, perché il tremore e il rallentamento dei movimenti tipici di questo disturbo
neurodegenerativo provocano
vergogna e insicurezza nelle persone che ne sono affette. In altre
parole un senso di rinuncia, che il
volume Hope (Mattioli 2015) dello statunitense Hal Newsom vuole combattere, infondendo fiducia
e ottimismo a coloro a cui è stata
diagnosticata la malattia, soprattutto se all’inizio del percorso.
Come in molti libri autobiografici appartenenti a quello che
ormai si può definire un genere
letterario vero e proprio, Hal, un
pubblicitario in pensione diagnosticato all’età di 66 anni, parte
dalla sua esperienza personale di
persona con il Parkinson. Persona e non paziente, ci tiene a sottolineare l’autore, che vuole mettere
in discussione il concetto stesso
di assistenza e cura da parte di
altri, per puntare invece sul potere che i cosiddetti malati hanno
di incidere sulla propria vita e sul
modo in cui la società vede ancora oggi la malattia del Parkinson.
D’altra parte lo stesso titolo Hope
[A.P.]
Hal Newsom
Hope. Una speranza
per il Parkinson
Mattioli 2015
pagine 96, euro 12
Virginia MacGregor
Quello che gli altri
non vedono
Giunti 2014
400 pagine, 12 euro
età: 11-13 anni
Non bastano
gli occhi per
vedere
bene
ignificativa la decisione di
S
Virginia MacGregor di scegliere come protagonista del
suo primo romanzo un ragazzo
affetto da retinite pigmentosa,
malattia agli occhi che lo rende gravemente ipovedente (e che
lo porterà alla cecità), ma che al
tempo stesso potenzia gli altri
suoi quattro sensi.
A soli nove anni, ha la capacità di intuire quali sono le persone
che tengono davvero a lui. Come
nonna Lou, ormai colpita da una
demenza senile che le fa combinare parecchi guai, ma che ha
insegnato al nipote l’attenzione
ai particolari, dal tono della voce agli odori e ai rumori. Quello
che gli altri non vedono, pubblicato da Giunti, è un romanzo che
ricorda Il piccolo principe, quando afferma che «non si vede bene
che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi».
Milo, infatti, si accorge – dando fiducia alle sue sensazioni –
che la clinica Nontiscordardimé
in cui sua madre ha deciso di ricoverare Lou è un luogo accogliente solo in apparenza, dove i
sorrisi falsi del personale medico
celano i maltrattamenti e le truffe
ai danni degli anziani ospiti. [L.B.]
SuperAbile INAIL
33 Novembre 2015
Una madre,
un figlio, la
Duchenne e un
diario
«Pensavo che
l’arrivo di un
bimbo avrebbe
solo arricchito
la mia vita
e quella di mio marito senza,
però, arrivare a stravolgerle. E
invece mi sono dovuta ricredere».
Sono le parole che si leggono
nell’introduzione di A te... Lettere
di una madre al proprio figlio, un
diario, pubblicato da Booksprint
Edizioni, in cui Ilaria Baldi racconta
la scoperta e la convivenza con
la distrofia di Duchenne del suo
piccolo Alessandro insieme alla
«speranza che, quando sarà grande,
potrà trovare la mia stessa forza
nel combattere la sua malattia».
Un libro-testimonianza realizzato
anche grazie all’associazione
Parent project onlus di cui l’autrice
fa parte. Il ricavato del volume è
destinato al Fondo Alessandro
Cannella (che oggi ha sei anni)
per il finanziamento della ricerca
scientifica sulla distrofia muscolare
di Duchenne. [M.T.]
 audiogame 
Perception,
horror interattivo
perchonon
vedenti
Bluff è un complesso re-
E
sidenziale nella cittadina
statunitense di Gloucester,
Massachusetts. Cassie ci è arrivata cercando la casa abbandonata che continua a visitare nei suoi
incubi ma, giunta sul posto, sarà costretta a fare i conti con una
presenza anche peggiore. No, non
è la trama di una delle decine di
horror che ultimamente spopolano al cinema, ma la premessa di
un videogioco di prossima pubblicazione. Anche se, in realtà, il
prefisso “video” in questo caso
è fuori luogo. La protagonista di
questa avventura, infatti, è cieca.
Nella sua lotta contro la presenza
demoniaca che infesta il complesso di Echo Bluff, potrà fare affida-
mento soltanto sull’intuito, il suo
bastone, uno smartphone e su un
udito incredibilmente sviluppato.
Perception appartiene al genere degli audiogame, i videogiochi “senza video” che si rivolgono
al mercato delle persone cieche e
ipovedenti. Non una novità, dal
momento che il genere vanta già
un paio di kolossal, uno dei quali (A blind legend) ve lo avevamo
presentato lo scorso aprile. Un paio di sostanziali novità, comunque, ci sono. La prima riguarda
il genere, quello dell’horror, una
strada finora inesplorata in un
mercato che pure si era confrontato con opere fantasy e fantascientifiche. La seconda e più grande
innovazione, invece, è l’introduzione del silent night mode, una
modalità di gioco in cui, ai fini di
un maggior realismo, la protagonista parlerà solo quando strettamente necessario ai fini della
trama (generalmente gli audiogame sono fin troppo ricchi di dialoSuperAbile INAIL
ghi, nda). «Mentre progettavamo
il gioco – spiega Bill Gardner della casa produttrice Deep End
Games – abbiamo interpellato diversi puristi dell’horror, che si sono trovati tutti d’accordo sul fatto
che Cassie parlasse troppo, per gli
stilemi del genere».
Per finanziare Perception,
Gardner e il suo team hanno lanciato una campagna di
crowdfunding che in sei mesi
ha raggiunto la ragguardevole somma di 150mila dollari, a
dimostrazione delle potenzialità del mercato dei giochi per non vedenti. Se la
campagna dovesse arrivare
ai 215mila dollari, la Deep
End ha già annunciato
che assumerà Josh
Hale Fialkov, autore
di fumetti per mostri
sacri del calibro di Marvel,
Image e Dc comics, che nel
2007 ha anche partecipato all’animazione del manga Afro Samurai. Fialkov si occuperà di
sviluppare un livello bonus nel videogioco, sezione speciale slegata
dalla trama principale.
Secondo quanto annunciato
dagli sviluppatori, inoltre, Perception si svolgerà in diverse epoche storiche: i giocatori potranno
così ripercorrere le vicende delle
varie generazioni di inquilini che
si sono dati il cambio all’interno
della residenza infestata di Echo
Bluff, soggetta a tutti i mutamenti
architettonici e decorativi del caso. L’uscita del gioco è annunciata
entro la fine del 2016, ma la campagna di crowdfunding è ancora
aperta: chi fosse interessato può
visitare il sito Thedeependgames.
com. [Antonio Storto]
34 Novembre 2015
 televisione 
Un Emmy per
Peter
Dinklage
na bella sorpresa per il pic-
U
colo schermo. È andato a
Peter Dinklage l’Emmy 2015
come migliore attore non protagonista drama per il personaggio di Tyrion Lannister nella serie
tv Il trono di spade. Statunitense,
46 anni, acondroplasico, Dinklage calca le scene cinematografiche da un ventennio. In Italia è
divenuto famoso soprattutto per il
ruolo del nano Trumpkin nell’episodio Il principe Caspian, secondo
capitolo della saga cinematografica Le cronache di Narnia.
Nella pluripremiata serie Il
trono di spade, che quest’anno si
è aggiudicata ben dodici statuette, Dinklage interpreta il ruolo del
principe “folletto”: un personaggio così chiamato per le sue caratteristiche fisiche, che vengono più
volte sottolineate nei vari episodi,
ma anche un carattere al tempo
stesso generoso e crudele, capace
di grande intelligenza e sarcasmo.
Una performance, questa, che è
già fruttata a Dinklage, sempre
come attore non protagonista, un
precedente Emmy nel 2012 e un
Golden Globe nel 2013, ma soprattutto che gli ha assicurato la fama
a livello planetario. Tyrion, infatti, è uno dei personaggi più amati dal pubblico della serie, che ne
apprezza soprattutto la forza di
spirito e l’ironia.
Se è innegabile che il successo di Dinklage è legato alla sua
statura di appena 133 centimetri, è altrettanto fuori discussione che, fin dall’inizio, l’attore ha
rifiutato di limitarsi ai soli ruoli nel fantasy, tradizionalmente interpretati dalle persone
acondroplasiche. Tra le migliori performance della sua carriera, infatti, il personaggio di Fin
in Station Agent nel 2003: un uomo introverso e solitario che, alla morte del padre, eredita una
stazione ferroviaria in disuso nel
New Jersey. [A.P.]
La serie statunitense
Il trono di spade
ha debuttato nel
2011 sul canale via
cavo Hbo come
adattamento
televisivo del ciclo
di romanzi Cronache
del ghiaccio e del
fuoco. Attualmente
in attesa della sesta
stagione, in Italia
è stata trasmessa
sempre a partire dal
2011 prima su Sky
Cinema 1 e poi su Sky
Atlantic. Dal 2013 la
serie è in onda su Rai
4, che trasmette la
quarta a partire dal
16 novembre.
SuperAbile INAIL
35 Novembre 2015
Piccole donne, ma solo di statura
Moderne, aggressive, fascinose e
sensuali. È arrivato anche in Italia
Piccole donne Los Angeles, il docu-reality sull’acondroplasia al femminile.
In onda la domenica alle 23 su Mtv8,
con replica il martedì, e dal lunedì al
venerdì alle 14.15 su Lei (Sky 129), è
la storia di un gruppo di sei amiche,
un po’ come in Sex and the city, ma
tutte sotto il metro e 30. Iniziata a
metà ottobre e in programma fino
a dicembre, in prima assoluta nel
nostro Paese, negli Stati Uniti la
serie tv è già alla terza stagione e a
due spin-off: Terra’s Little Family e
Little Women NY. Terra, Tonya, Elena,
Christy, Briana e Traci sono le protagoniste di shopping e feste glamour,
ma anche di litigi, amori, matrimoni.
Spezzoni di vita vera – anche se un
po’ esagerata, forse per esigenze di
“sceneggiatura” –, intervallati dai
commenti di queste donne che nella
realtà come nel documentario sono
madri single (tre di loro) e star dello
spettacolo: lo erano ancor prima di
girare la serie. [M.T.]
RUBRICHE Inail... per saperne di più
Maria Concetta Calandruccio*
Attività ricreative: la ricetta della
Filiale romana del Centro protesi
Tante le opportunità di svago per gli ospiti in regime
residenziale o semiresidenziale. Dai giochi da tavolo agli
spettacoli teatrali, dalla scherma ai momenti di confronto
non mancano le occasioni per distrarsi e per riflettere
I disegni di questa sezione del Magazine sono di Saul Steinberg
D
a tempo si avvertiva il bisogno
di realizzare all’interno della Filiale di Roma del Centro protesi
Inail una serie di attività socio-ricreative volte ad alleggerire, per quanto
possibile, le giornate che gli assistiti
trascorrono in Filiale. In piena sintonia con l’articolo 44 della circolare n.
61/2011, dal mese di aprile 2015 queste
attività sono finalizzate al raggiungimento, al recupero e al mantenimento delle condizioni psicofisiche
degli assistiti che si trovano in regime di accoglienza residenziale e semiresidenziale, ma anche di coloro che,
avendo concluso il percorso protesico-riabilitativo, sentono l’esigenza di
socializzare, comunicare e condividere un po’ del loro tempo libero in uno
spazio ricreativo dedicato.
Migliorare la qualità di vita dei pazienti e la loro compliance ai trattamenti durante la degenza, rafforzare
le relazioni sociali, conquistare sicurezza verso se stessi e fiducia verso gli
altri sono tra i principali obiettivi che
possono rafforzare la buona riuscita
di ogni progetto protesico-riabilitativo e post-riabilitativo. Dallo sviluppo
delle idee alla loro attuazione c’è un
passaggio fondamentale: l’analisi dei
bisogni effettuata durante i colloqui
che il servizio psico-sociale della Filiale di Roma svolge con gli assistiti al
momento della visita tecnico-sanitaria e che vengono registrati su un’ap-
posita scheda dalla quale emergono
dati utili alla messa in atto di attività ludiche mirate.
Sono inoltre in programma eventi
che saranno aperti anche ai familiari degli infortunati interni ed esterni.
L’obiettivo è intrattenere i destinatari attraverso incontri mirati, relativi
all’informazione, all’educazione, alla salute e alla prevenzione, così come
incontri culturali e di testimonianza,
cioè “storie di disabilità” raccontate da chi le vive in prima persona. La
partecipazione a questi eventi in cui
vengono raccontate storie personali
può rappresentare un aiuto per intraprendere un percorso di indipendenza
e vita autonoma, ma anche per l’acquisizione di metodi utili soprattutto
al recupero dell’autostima per quelle
SuperAbile INAIL
36 Novembre 2015
persone che improvvisamente, a causa di un infortunio sul lavoro, hanno
perso la loro autonomia. A tal proposito, nell’ambito delle attività socio-ricreative è già stato realizzato il primo
evento “Scherma day in carrozzina”,
che ha destato molto interesse negli
utenti e loro familiari. Si sono esibiti
campioni paralimpici e maestri campioni del mondo dell’Accademia nazionale di scherma Musumeci Greco,
e qualche paziente si è lanciato in alcune prove. Visti i riscontri positivi, la
scherma è stata inserita tra le attività
ricreative pomeridiane con la presenza di maestri esperti che operano da
anni accanto alle persone con disabilità. Le lezioni sono di tipo non agonistico ma solo ludico.
La scelta delle iniziative e la programmazione delle attività socio-ricreative vengono curate dal servizio
psico-sociale della Filiale di Roma in
condivisione con lo psicologo del reparto Unità spinale unipolare del CtoAsl Rm C; i pazienti del reparto Usu
insieme ai pazienti della Filiale partecipano a giochi da tavolo, spettacoli teatrali e musicali, tennis da tavolo,
karaoke e quant’altro, con il supporto costante di associazioni di volontari che già operavano al Cto. Le attività
socio-ricreative e sport-terapiche vengono pianificate mensilmente e rese note attraverso una brochure, che
viene consegnata ai pazienti e ai loro familiari. Il servizio psico-sociale
e tutta la Filiale – personale amministrativo, fisioterapisti, personale sanitario e tecnico – si adoperano con
sensibilità e professionalità sin dal
primo accesso in struttura per rendere più armonioso e meno pesante il
periodo in accoglienza residenziale e
semiresidenziale degli assistiti.
*Assistente sociale della Filiale di Roma del Centro
protesi Inail
RUBRICHE Previdenza
Gabriela Maucci
Invalidità civile. Liquidazione
delle prestazioni economiche
Non è sempre facile districarsi nella normativa che regola
le controversie con l’Inps in materia di cecità, sordità,
handicap e disabilità. Ecco alcuni chiarimenti per far valere
i propri diritti senza rimanere schiacciati dalla burocrazia
C
ome funziona il ricorso negli accertamenti di invalidità civile e handicap? Cosa deve sapere
un cittadino con disabilità? Cosa è
cambiato in questi anni? Cos’è l’accertamento tecnico? Quando sono liquidabili le prestazioni economiche?
Facendo un breve riepilogo, in passato il cittadino che ricorreva in giudizio – nel caso non si ritenesse adeguato
il giudizio emesso dalle Commissioni
mediche per l’accertamento dell’invalidità civile e l’handicap –, presentava
ricorso giudiziale entro, e non oltre,
sei mesi dalla notifica del verbale. Il
giudice nominava il consulente tecnico d’ufficio (Ctu) incaricato della perizia che, una volta effettuata, veniva
acquisita agli atti insieme alla documentazione sanitaria allegata dal ricorrente all’atto di presentazione del
ricorso e alla documentazione presentata dalla controparte.
Con l’approvazione del decreto legge 6 luglio 2011 n. 98 – convertito con
modificazioni dalla legge 15 luglio 2011
n. 111 – è stato modificato il Codice di
procedura civile (Cpc) introducendo
il nuovo articolo 445 bis. Il nuovo articolo sancisce per le controversie in
materia di invalidità civile (cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità) l’obbligatorietà dell’accertamento
tecnico preventivo ai fini della verifica delle condizioni sanitarie esibite
a sostegno delle pretese che si inten-
dono far valere in giudizio. In considerazione delle numerose richieste
di chiarimenti da parte delle strutture territoriali, l’Inps con messaggio
16 luglio 2015, n. 4.818 fornisce alcuni chiarimenti in merito alle modalità
di verifica dei requisiti amministrativi da parte delle strutture medesime e
ai tempi di liquidazione delle prestazioni economiche.
Il V comma dell’articolo 445 bis del Codice di procedura civile prevede che il
decreto di omologa, emesso dal giudice a seguito dell’accertamento sanitario per mezzo del Ctu, sia notificato
SuperAbile INAIL
37 Novembre 2015
all’Inps che provvede al pagamento
delle relative prestazioni entro 120
giorni, previa verifica di tutti i requisiti amministrativi. Per la liquidazione
della prestazione economica di invalidità civile è quindi necessario che si
verifichi sia il grado d’invalidità riconosciuto sia la presenza degli altri requisiti amministrativi.
Come sopra specificato, l’Istituto procede alla liquidazione della prestazione entro 120 giorni dalla notifica
del decreto di omologa, subordinatamente all’accertamento degli altri requisiti amministrativi. Nel caso questi
controlli diano riscontro positivo, l’operatore potrà liquidare la prestazione economica in via provvisoria. Tale
liquidazione dovrà avvenire entro 60
giorni dalla notifica del decreto di
omologa, da comunicare al richiedente attraverso i consueti canali.
Anche le provvidenze di invalidità civile non soggette alla verifica del
requisito reddituale (come l’indennità
di accompagnamento) saranno liquidate in via provvisoria entro il termine
sopra indicato di 60 giorni dalla notifica del decreto. L’operatore chiederà
all’utente, almeno contestualmente alla liquidazione in via provvisoria della
prestazione, la compilazione del modello AP70, affinché, anche dopo tale
liquidazione, sia accertata la sussistenza dei requisiti non reddituali. Con
detto modello AP70 verrà resa dichiarazione di responsabilità (per esempio, in ordine alla frequenza, allo stato
di non ricovero e di inattività lavorativa). In caso di mancata presentazione del modello AP70, rimane fermo
quanto previsto dai provvedimenti
amministrativi Inps in materia di dichiarazioni annuali Icric, Iclav e Red,
con particolare riferimento alla verifica della permanenza della titolarità
del diritto alla prestazione.
RUBRICHE Senza barriere
Daniela Orlandi
Persone con disabilità e grandi
rischi: il manuale europeo
Cosa accade ai cittadini disabili in caso di inondazioni
e terremoti? Secondo una ricerca delle Nazioni Unite
solo uno su cinque ha la possibilità di farsi trasportare
senza difficoltà. Un kit targato UE spiega cosa fare
S’
intitola Grandi rischi e persone
con disabilità: un kit di buona
pratica il manuale realizzato
dal Consiglio d’Europa che fornisce linee guida e buone pratiche
per ridurre la vulnerabilità alle catastrofi delle persone con
disabilità. Il manuale, seguendo l’approccio del “Design for all”, si rivolge ai
professionisti della protezione civile e ai decisori, agli
addetti e ai responsabili nelle situazioni di emergenza,
alle organizzazioni delle persone con disabilità, ma anche
alle stesse persone disabili e ai loro familiari. Scopo: facilitare il coinvolgimento “proattivo” nelle attività di
gestione delle calamità.
Il documento sottolinea come la sicurezza delle persone con disabilità sia
inevitabilmente connessa al grande tema dei diritti umani basilari e come
la condivisione delle informazioni, la
diffusione delle buone pratiche e degli approcci standardizzati tra i Paesi
europei siano elementi essenziali per
migliorare la risposta nelle situazioni di rischio senza discriminazioni. Il
Consiglio d’Europa, in questo senso,
ha voluto offrire uno strumento utile per rispondere alla criticità emersa da un’indagine delle Nazioni Unite,
secondo la quale le persone con disabilità sono particolarmente a rischio
fi. Quindi presenta le pratiche adottate negli Stati membri del Consiglio
d’Europa, oltre a esempi provenienti
da tutto il mondo.
Tra le varie soluzioni vi sono gli avvisi tramite dispositivi mobili, i corsi
di Lingua dei segni per i vigili del fuoco e i materiali di comunicazione per
soccorritori e persone con disabilità.
ll manuale si pone, infine, come uno
strumento aperto. È possibile far pervenire al Consiglio d’Europa ulteriori
contributi da inserire nelle successive edizioni, compilando un apposito
modulo reperibile sul sito di riferimento Coe.int.
Per chiarire i contorni del
problema è utile riprendere
nelle situazioni emergenziali, con una
percentuale di mortalità più alta dalle due alle quattro volte rispetto alla
popolazione non disabile. Non a caso lo studio citato si affianca ad altri
due precedenti elaborati del Consiglio
d’Europa: Principi etici sulla riduzione del rischio di catastrofi e resilienza
delle persone del 2012 e Grandi rischi e
persone con disabilità del 2014.
Tornando al manuale, infatti, il testo parte dal quadro normativo internazionale e introduce il criterio del
“Design for all” applicato nel campo
della riduzione dei rischi da catastroSuperAbile INAIL
38 Novembre 2015
alcuni dati emersi dall’indagine realizzata dalle Nazioni Unite e presentata nel
preambolo del manuale. Si
tratta di una ricerca realizzata dall’Unisdr (United nations office for disaster risk
reduction) e pubblicata il 10 ottobre 2013, che si basa su 5.450 interviste a persone con disabilità in
126 Paesi.
L’obiettivo era capire come si preparavano ad affrontare le situazioni di
rischio e calamità (Unisdr.org/archive/35032). Da questa indagine è emerso che il 71% degli intervistati non ha
un piano personale di preparazione
ai disastri e che solo il 31% ha sempre
qualcuno che l’assista, mentre il 13%
non dispone di nessuno.
Nei casi in cui vi fosse la necessità
di evacuare, come durante inondazioni o terremoti, solo il 20% degli intervistati potrebbe essere trasportato
senza difficoltà, il 6% non sarebbe in
grado di mettersi al sicuro e il restante
sarebbe in grado di farlo ma con qualche difficoltà.
l’ESPERTO RISPONDE
numero verde 800/810810
Mobilità
Salve, sono una persona con patente
B speciale con “ridotte o impedite
capacità motorie” come da verbale di
invalidità. Volevo sapere qual è l’iter
da seguire per richiedere il contributo
alla spesa per l’installazione dei
comandi guida prescritti dalla
Commissione medica locale.
Occhiello
articolo 27 comma 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha previsto di concedere dei contributi (20% della spesa degli
adattamenti) alle persone con disabilità,
titolari di patente di guida speciale, che
adattano i loro veicoli con ausili di guida,
prescritti dalla Cml (Commissione medica
locale) di competenza. Per la richiesta deve presentare idonea istanza alla Asl territorialmente competente, con allegata la
documentazione indicata nel modulo da
ritirare presso la Asl stessa (di
solito copia della paten-
L’
te speciale e copia della fattura relativa alla
spesa sostenuta). Se l’adattamento consiste
in un dispositivo di serie o già installato nel
mezzo, tipo cambio automatico o servosterzo, deve essere indicato sulla fattura qual è
il costo di tale componente. Siccome questa competenza è ricaduta sulle Regioni, le
stesse hanno emanato delle specifiche leggi con possibili aumenti di percentuale di
rimborso della spesa e sui termini di presentazione della domanda e per questo consigliamo di verificare anche la normativa
della sua regione di riferimento.
Scuola
Nella mia scuola, a un alunno con
Piano educativo individualizzato (Pei)
differenziato, alle prove dell’esame di
Stato sono stati attribuiti i seguenti
voti: prima prova 15, seconda prova
5 e terza prova 3. Immagino il
vostro sbigottimento, ma le ragioni
dipendono in gran parte da attriti
tra docenti. Vorrei sapere, dal punto
di vista normativo, quali sono i
riferimenti per un eventuale ricorso,
considerato anche che non è stato
nominato alcun docente di sostegno
per l’alunno e che è stato impedito
ad altri due docenti di sostegno,
nominati per altri due alunni, di
aiutare il ragazzo.
Occhiello
econdo quanto stabilito dall’articolo 22 comma 1, Ordinanza ministeriale
29 maggio 2015, n. 11 «il docente di sostegno e le eventuali altre figure a supporto
dell’alunno con disabilità vengono nominati dal presidente della Commissione sulla base delle indicazioni del documento del
consiglio di classe, acquisito il parere della Commissione». Per quanto riguarda le
prove d’esame per studenti con Piano educativo individualizzato (Pei) differenziato,
l’articolo 22 comma 4 della stessa Ordinanza dispone che «i candidati che hanno seguito un percorso didattico differenziato
e sono stati valutati dal consiglio di classe con l’attribuzione di voti e di un credito
scolastico relativi unicamente allo svol-
S
SuperAbile INAIL
gimento di tale piano possono sostenere
prove differenziate, coerenti con il percorso svolto finalizzate solo al rilascio dell’attestazione di cui all’articolo 13 del decreto
del Presidente della Repubblica n. 323 del
1998. Essi sostengono l’esame con le prove differenziate di cui all’art. 15, comma 4,
dell’Ordinanza ministeriale n. 90 del 2001.
I testi delle prove scritte sono elaborati dalle Commissioni sulla base della documentazione fornita dal consiglio di classe». Per
altri riferimenti normativi, consulti il decreto del Presidente Repubblica 22 giugno
2009, n. 122 (articoli 4 e 9), l’Ordinanza ministerale 21 maggio 2001, n. 90 (art. 15) e la
legge 5 febbraio 1992, n. 104 (art. 16 commi 1 e 3).
39 Novembre 2015
Miscellanea
moda Storia di Laura, l’imprenditrice (audace) con la sindrome di Down
N
on vedendo grandi possibilità di lavoro, ha
deciso di mettersi in proprio. E lo ha fatto
a dispetto della Trisomia 21. Di se stessa dice:
«Io sono una donna d’affari, una donna che
gestisce la propria attività». Che nello specifico
si tratta di realizzare e vendere gioielli, borse e
accessori per capelli. Questa è Laura Green, una
ragazza di 28 anni con la sindrome di Down che
vive a Runcorn, Cheshire, una piccola cittadina
in Inghilterra. Con la sua tenacia e caparbietà,
e grazie al supporto di alcuni amici, nel 2010 ha
fondato la sua Serendipity, un’azienda di moda
il cui nome si ispira al neologismo coniato dallo
scrittore inglese Horace Walpole, che indica la
capacità o la fortuna di fare per caso scoperte
inattese ma felici. Grazie all’aiuto del gruppo
Health Speak Out, infatti, Laura ha capito che
il suo sogno era proprio questo. Anche perché,
fino ad allora, opportunità professionali non ce
n’erano state. Come fare, allora, a mettersi in
proprio? Semplice: per prima cosa utilizzare la
propria quota di assistenza sociale (una specie
di assegno d’invalidità) per avviare – e poi
portare avanti – la propria attività, in secondo
luogo farsi aiutare da un assistente personale,
regolarmente retribuito. Che dire? Una vera
self-made woman. [M.T.]
che impresa Cooperativa Salvia
È
indirizzo: via Bivio 58
39100 Bolzano
tel.: 366/5740543
e-mail: [email protected]
sito web: Salvia.bz.it
tipo: cooperativa sociale
anno di nascita: 2013
fatturato: 100mila euro
soci: 110, di cui 6 disabili
lavoratori: 10, di cui 5 disabili
tipologia di contratti: part-time
stipendio medio: 600 euro
nata da appena due anni ma
ha già all’attivo cinque ragazzi
disabili regolarmente assunti e
ben 160mila piante aromatiche
biologiche prodotte nel 2014. Si
tratta della cooperativa sociale
Salvia di Bolzano, che tra i suoi
fondatori non annovera solo
«giardinieri specializzati, ma
anche chef stellati come Anna
SuperAbile INAIL
Matscher, Herbert Hintner e
Norbert Niederkofler, medici,
pedagogisti, imprenditori, commercianti, agricoltori di prodotti
biologici, nonché genitori di
bambini disabili e giovani con
disabilità», spiega la consulente
della cooperativa Giuliana
Boscheri. Salvia è stata creata
per «offrire un vero e proprio
40 Novembre 2015
sbocco professionale ai ragazzi
disabili che finiscono la scuola:
nessun laboratorio protetto, ma
un’attività lavorativa consona
e retribuita per promuovere le
capacità individuali di ciascuno».
Nelle sue serre si coltivano piante
ed erbe aromatiche certificate
bio, che vengono poi vendute a
grossisti, ristoranti, negozi, mercati, imprese di trasformazione,
cooperative di consumatori oppure su ordinazione. I contributi
pubblici garantiti dalle leggi
altoatesine sono solo una piccola
parte. Ma l’obiettivo è quello di
ingrandirsi. «Vogliamo arrivare
ad assumere altri cinque giovani
e a raddoppiare la produzione
entro il 2016: questo ci permetterebbe di fare nuovi investimenti
e quindi di crescere – conclude
Boscheri –. Per ora siamo in fase
di espansione». [M.T.]
il ricordo Vittorio, gloria della scherma paralimpica
La “prova
San Tommaso”
per chi va a Expo
Foto: Riccardo Venturi
U
È
scomparso uno dei pionieri dello
sport paralimpico italiano e uno degli
azzurri più medagliati di sempre: a 72
anni, Vittorio Loi si è spento lo scorso
15 ottobre a Roma. Tra i soci fondatori
della prima Federazione italiana sport
disabili, lo schermidore di origine sarda
ha ricoperto anche ruoli internazionali,
come quello di vicepresidente dell’Iwasf
(International Wheelchair & Amputee
Sport Federation). Cinque Paralimpiadi
da atleta e altrettante da tecnico della
Nazionale nella disciplina della scherma,
Loi aveva conquistato le medaglie
d’oro nel fioretto a squadre nel ’68 a Tel
Aviv, quattro anni dopo a Heidelberg
nel fioretto individuale e a squadre.
A questi successi si aggiungono tre
argenti e tre bronzi ottenuti ai Giochi
paralimpici di Tel Aviv, Heidelberg,
Toronto e Anheim, oltre a tre titoli
mondiali vinti dal 1962 al 1974.
SuperAbile INAIL
41 Novembre 2015
na storia passatista
e un po’ luddista: lei
è una simpatica ragazza
cieca. Lei ha un marito che
è un saggio giornalista
cieco. I due hanno una splendida bambina
che allevano aiutati dal loro cane guida. La
famigliola, cane compreso, decide di fare
una tranquilla gitarella di famiglia a Expo,
con al seguito anche due badanti che necessariamente devono accompagnare la
trasferta. Dal sito ufficiale leggono che si
ha diritto alla riduzione, se si rientra in certe
categorie di disabili (non meglio specificate)
e che anche l’accompagnatore entra gratis.
Il biglietto agevolato però non si può acquistare online come invece può fare ogni
normodotato, questo perché, giustamente,
prima di concedere il beneficio devono verificare la reale disabilità. La nostra ragazza
cieca scrive una mail ma non ottiene risposta, chiama il numero indicato nel sito e
risponde Sandra, operatrice, che dice di fare
il biglietto direttamente a Expo. La ragazza
cieca s’intigna e dice che vorrebbe usufruire
del servizio prenotazione online come tutto
il resto del mondo, si impegna e legge sul
sito che il servizio biglietti per disabili online
prenderà la sua mail di richiesta in carico
solo nelle successive 72 ore dall’invio. Lei
scrive martedì, ma solo venerdì arriva la
mail che spiega come attivare le procedure
per l’acquisto. Non si fa in tempo naturalmente ad avviare la pratica. Quindi ciechi,
cane, bambina e accompagnatori partono
lo stesso. Alla fine va bene. Alla biglietteria
non gli fanno fare la coda e gli accompagnatori non pagano. Morale della favola: non
perdete tempo sul web a dimostrare agli
organizzatori di Expo quanto siete disabili,
andate direttamente in biglietteria e affidatevi alla “prova San Tommaso”, così farete
prima.
databile Sport e disabilità in Italia
testi di Dino Collazzo, grafica di Cristina Graziani per
Per molte persone disabili in Italia praticare dello sport è ancora un miraggio. La carenza
di strutture adeguate e le difficoltà economiche delle società sportive hanno fatto calare
il numero di atleti che scelgono di svolgere una disciplina in maniera agonistica
SuperAbile INAIL
42 Novembre 2015
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