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Il cancro è più grave quando non lo si capisce

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Il cancro è più grave quando non lo si capisce
MIGRANTI
Diritto alla salute
In questo articolo:
immigrazione
prevenzione
campagne informative
Il cancro è più grave
quando non lo si capisce
Un rapporto dell’Associazione italiana di oncologia
medica lancia l’allarme: gli immigrati muoiono
più facilmente di cancro perché non conoscono
le regole della prevenzione.
Un progetto mira a diffondere anche tra chi
è arrivato da poco i principi della diagnosi precoce
a cura di DANIELA OVADIA
n Italia c’è chi muore più degli
altri per colpa del cancro. Non
perché la malattia si presenti in
forma più aggressiva ma perché
la diagnosi arriva troppo tardi,
quando le cure più efficaci sono già
fuori tempo massimo. Sono le persone immigrate che, in media, secondo
dati presentati a un recente convegno
dall’Associazione italiana di oncologia medica (AIOM) scoprono di essere malati con circa 12 mesi di ritardo
rispetto ai loro vicini di casa.
La ragione principale è la mancanza di accesso alle informazioni: le misure di screening
e di diagnosi precoce sono poco
note e anche
quando lo sono il
rapporto con il
servizio sanitario
non è semplice sia per questioni linguistiche sia per ragioni normative.
Per questo AIOM ha deciso di avviare un progetto multietnico intitolato Problematiche oncologiche nei migranti: dall’emergenza alla gestione.
“Fino a qualche anno fa la medicina
dei migranti era essenzialmente una
medicina di emergenza, che risolveva malattie acute legate alla povertà
e alla precarietà. Oggi non è più così:
I
gli immigrati sono una quota importante della società italiana e sono
parte integrante della popolazione
sulla quale il sistema sanitario nazionale si trova ad agire” spiega l’oncologo Carmelo Iacono che per
AIOM ha presieduto il convegno che
si è tenuto a Bologna per il lancio del
progetto.
Una mediazione
culturale
Con 4,5 milioni di stranieri residenti (il 7,5 per cento di tutta la popolazione), si
comprende facilmente come il sistema sanitario
italiano abbia bisogno di mediatori in grado di
facilitare la comunicazione tra malato, medico e ospedale, soprattutto
quando si parla di prevenzione.
“Contiamo di realizzare opuscoli informativi in diverse lingue da diffondere
in collaborazione con
altre società scientifiche e di creare un’area del nostro sito dedicata ai ragazzi im-
Nate
in Italia, le seconde
generazioni
informano le prime
26 | FONDAMENTALE | APRILE 2012
migrati, che sono quasi un milione,
di cui più della metà nati in Italia”
spiega Iacono. “Dobbiamo spiegare
loro che cosa è la malattia, per sfatare
miti e credenze e diffondere i principi della prevenzione e della diagnosi
precoce affinché facciano da mediatori, loro che vivono a cavallo tra due
lingue e due ambienti diversi”. Se infatti è ormai comune che un ospedale possa contare su un servizio di traduzione e di mediazione linguistica e
culturale, questo intervento, pur utilissimo, arriva spesso quando il male
è compiuto e la malattia si è instaurata: in sostanza non ha un impatto
misurabile sulla diagnosi precoce.
Stili di vita sbagliati
I dati AIOM sono preoccupanti
anche perché registrano un aumento
dei tumori più direttamente correlati a
stili di vita sbagliati: polmone, testacollo, colon-retto, stomaco. Crescono
ovviamente anche quelli legati al mancato accesso allo screening: collo dell’utero, seno e ancora colon-retto.
Infine in molte popolazioni immigrate si verifica una maggiore incidenza di cancro del fegato dovuto a cirrosi
epatica, in gran parte provocata da
un’infezione da epatite B cronica. “Si
tratta di persone provenienti da Paesi
dove questa infezione ha una diffusione molto ampia e dove la vaccinazione, che in Italia è obbligatoria, praticamente non esiste” continua Iacono.
Sulla salute dei migranti non può
non pesare anche la
Stili di vita
sbagliati
accrescono
il rischio
tra gli
stranieri
“
C’È CHI L’HA GIÀ FATTO
difficile condizione di vita, e infatti in
oltre il 30 per cento dei casi i tumori
sono in qualche modo riconducibili a
una dieta scorretta. L’abitudine al fumo
è molto diffusa e spesso rappresenta
un momento conviviale a portata di tasche non fornitissime e quindi è ancora più difficile da contrastare della stessa abitudine in una persona con una
vita lavorativa e sociale stabile. Che
questo sia il punto importante lo dimostrano anche le statistiche che registrano un miglioramento degli stili di
vita nei migranti che raggiungono appunto la stabilità: il cibo diventa più
sano, i luoghi di abitazione più salubri
e anche l’abitudine al fumo cala.
Ciò che più preoccupa è però l’adesione agli esami di screening. Per
quel che riguarda la mammografia,
per esempio, si registra già un diva-
Il problema del rapporto tra
immigrati e servizio sanitario non è solo
italiano. Mentre alcuni Paesi di più
antica tradizione immigratoria come la
Francia dispongono da almeno un
decennio di strumenti di
intermediazione linguistica e culturale
altri che, come l’Italia, affrontano il
problema da meno anni si affidano alle
iniziative delle associazioni non profit. È
il caso della Svizzera, Paese nel quale
la locale Lega per la lotta contro i
rio tra Nord e Centro-Sud (l’esame è
eseguito in media dal 55 per cento
delle donne del Nord e dal 40 per
cento di quelle del Centro-Sud) ma
cala ulteriormente se si considerano
le comunità straniere.
Serve più
consapevolezza
“C’è un problema di consapevolezza
del rischio, che è molto sottostimato
specie dalle donne che vivono sole
e che svolgono lavori stancanti
come la badante” spiega ancora
Iacono. In molti casi la responsabilità è dei datori di lavoro
”
tumori ha promosso un progetto di
educazione alla salute e
accompagnamento dello straniero lungo
tutto il percorso che va dalla
prevenzione alla diagnosi fino alla cura.
I materiali di base (schede multilingue,
istruzioni per facilitare l’accesso al
sistema sanitario e alle assicurazioni
private e molte altre informazioni) sono
raccolti nel sito del progetto Migesplus
(www.migesplus.ch) e sono disponibili
anche con la traduzione in italiano.
che non concedono alla lavoratrice le
ore di riposo previste dal contratto o i
giorni di permesso per l’esecuzione di
esami diagnostici. In altri casi, invece,
bisogna fare i conti con usi e costumi
che impediscono a una donna di farsi
visitare o esaminare da un uomo. Un
problema che è stato persino sollevato
presso i comitati etici di alcuni ospedali: se da un lato non è concesso a nessuno di scegliere il proprio medico all’interno del sistema sanitario nazionale,
dall’altro rifiutarsi di garantire la visita
da parte di un medico donna può mettere in serio pericolo l’incolumità della
donna straniera, specie se invece che di
prevenzione si parla di cure necessarie,
come quelle oncologiche.
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