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CONOSCERLI, PER AIUTARLI
M E N S I L E D E L L A CA R I TA S I TA L I A N A - O R G A N I S M O PA S T O R A L E D E L L A C E I - A N N O X L I - N U M E RO 1 - W W W. CA R I TA S I TA L I A N A . I T POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1 COMMA 2 DCB - ROMA febbraio 2008 Italia Caritas HOMELESS: ANNI SENZA POLITICHE, QUALCOSA SI MUOVE? CONOSCERLI, PER AIUTARLI VIAGGIO AL SUD LA CALABRIA, TERRA PERSA? «NO, È COSA NOSTRA» HAITI IL CONFINE COLABRODO SULL’ISOLA DIVISA IN DUE BOSNIA UN PAESE CHE NON FUNZIONA, LABIRINTO SENZA USCITA? sommario ANNO XLI NUMERO 1 IN COPERTINA Organismo Pastorale della Cei via Aurelia, 796 00165 Roma www.caritasitaliana.it email: [email protected] M E N S I L E D E L L A CA R I TA S I TA L I A N A - O R G A N I S M O PA S T O R A L E D E L L A C E I - A N N O X L I - N U M E RO 1 - W W W. CA R I TA S I TA L I A N A . I T febbraio 2008 POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1 COMMA 2 DCB - ROMA Un uomo senza dimora alla stazione Termini di Roma. Da anni in Italia le politiche di contrasto della grave emarginazione sono carenti. Ora sta per partire una ricerca per mettere a fuoco il fenomeno foto Romano Siciliani Mensile della Caritas Italiana Italia Caritas Italia Caritas direttore Vittorio Nozza direttore responsabile Ferruccio Ferrante HOMELESS: ANNI SENZA POLITICHE, QUALCOSA SI MUOVE? CONOSCERLI, PER AIUTARLI coordinatore di redazione VIAGGIO AL SUD LA CALABRIA, TERRA PERSA? «NO, È COSA NOSTRA» HAITI IL CONFINE COLABRODO SULL’ISOLA DIVISA IN DUE BOSNIA UN PAESE CHE NON FUNZIONA, LABIRINTO SENZA USCITA? Danilo Angelelli, Paolo Beccegato, Livio Corazza, Salvatore Ferdinandi, Andrea La Regina, Renato Marinaro, Francesco Marsico, Walter Nanni, Giancarlo Perego, Domenico Rosati editoriale di Vittorio Nozza 3 progetto grafico e impaginazione Francesco Camagna ([email protected]) Simona Corvaia ([email protected]) 5 stampa Omnimedia via Lucrezia Romana, 58 - 00043 Ciampino (Rm) Tel. 06 7989111 - Fax 06 798911408 6 sede legale nazionale via Aurelia, 796 - 00165 Roma DI FREDDO NON SI DEVE MORIRE, CHI PENSA AI SENZA DIMORA? di Paolo Brivio, Raffaele Gnocchi e Paolo Pezzana database di Walter Nanni CALABRIA, TERRA PERSA? «NO, È COSA NOSTRA» di Paolo Brivio LA POLITICA RIMANE INDIETRO, MA C’È CHI CERCA VIE DI SVILUPPO di Giacomo Panizza dall’altro mondo di Luca Di Sciullo QUOTE A PORTATA DI CLICK: DEGLI IRREGOLARI COSA SARÀ? di Oliviero Forti contrappunto di Domenico Rosati 16 panoramacaritas SERVIZIO CIVILE, ROMANIA, KENYA progetti DIRITTO ALLA SALUTE 22 24 8 redazione tel. 06 66177226-503 offerte 13 14 [email protected] tel. 06 66177205-249-287-505 inserimenti e modifiche nominativi richiesta copie arretrate [email protected] tel. 06 66177202 spedizione 18 19 in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46) art.1 comma 2 DCB - Roma Autorizzazione numero 12478 del 26/11/1968 Tribunale di Roma Chiuso in redazione il 18/1/2008 21 AVVISO AI LETTORI Per ricevere Italia Caritas per un anno occorre versare un contributo alle spese di realizzazione di almeno 15 euro: causale contributo Italia Caritas. internazionale IL CONFINE COLABRODO SULL’ISOLA DIVISA IN DUE di Paolo Beccegato foto di Ana Becares casa comune di Gianni Borsa LA BOSNIA NON FUNZIONA, LABIRINTO SENZA USCITA? servizi e foto di Daniele Bombardi guerre alla finestra di Giovanni Sartor SIDR E I SUOI FRATELLI. «SIAMO UN PAESE A RISCHIO» di Alberto Chiara foto di Nino Leto contrappunto di Alberto Bobbio agenda territori villaggio globale 26 30 31 Le offerte vanno inoltrate a Caritas Italiana tramite: ● Versamento su c/c postale n. 347013 ● Bonifico una tantum o permanente a: - Intesa Sanpaolo, piazzale Gregorio VII, Roma Iban: IT20 D030 6905 0320 0001 0080 707 - UniCredit Banca, piazzale dell’Industria 46, Roma Iban: IT02 Y032 2303 2000 0000 5369 992 - Allianz Bank, via San Claudio 82, Roma Iban: IT26 F035 8903 2003 0157 0306 097 - Banca Popolare Etica, via N. Tommaseo 7, Padova Iban: IT23 S050 1812 1000 0000 0011 113 ● Donazione con Cartasì e Diners, telefonando a Caritas Italiana 06 66177001 Cartasì anche on line, sul sito www.caritasitaliana.it (Come contribuire) 39 incontri di servizio di Elisa Teja LA MALINCONIA DI MATILDE CHE RACCONTA PER CONDIVIDERE La Caritas Italiana, su autorizzazione della Cei, può trattenere fino al 5% sulle offerte per coprire i costi di organizzazione, funzionamento e sensibilizzazione. 35 36 40 44 47 di Vittorio Nozza PARI OPPORTUNITÀ, “CURA” CONTRO LA POVERTÀ Paolo Brivio in redazione PARI OPPORTUNITÀ, “CURA” CONTRO LA POVERTÀ parola e parole di Giovanni Nicolini FEMMINILE CENTRALE, L’UMANITÀ HA SETE DEL SIGNORE paese caritas di Giorgio Quici ANIMARE UN TERRITORIO, LA GIUSTIZIA NASCE DAI RIFIUTI editoriale 5 PER MILLE Per destinarlo a Caritas Italiana, firmare il primo dei quattro riquadri sulla dichiarazione dei redditi e indicare il codice fiscale 80102590587 Nel mondo i veri confini sono tra i poveri e i ricchi (Kofi Annan) na buona notizia di “pari opportunità”, nell’Anno europeo dedicato a questo tema. È nato l’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà (Inmp). Persone impoverite e immigrati sono i protagonisti, troppo spesso trascurati dalle istituzioni, cui vuole rivolgersi questa nuova struttura, che eredita l’esperienza consolidata di un ambulatorio per migranti nello storico ospedale San Gallicano tratta di persone, con storie, malattie, angosce, sogni, progetti ed emozioni protagonisti di centinaia di migliaia di incontri di umanità e prossimità con un gruppo di professionisti del diritto alla salute, medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, mediatori culturali, sociologi, impiegati, addetti alle pulizie. Tutti contribuiscono, pur nella diversità delle funzioni, ad accogliere persone fragili e vulnerabili, per cerdi Roma, specializzato nell’assistencare di capirle e di curarle con il riza a fasce deboli della popolazione. Inaugurato a Roma spetto che si deve a ogni creatura «Da oltre venticinque anni la mia un Istituto contro umana, considerando le diverse esperienza di lavoro si svolge nell’Ile malattie legate istanze culturali e religiose di cui stituto dermosifilopatico Santa Maa indigenza e migrazioni. ognuno è portatore. È un’avventura ria e San Gallicano. All’inizio ero coUn segnale incoraggiante, affascinante, incredibile e umanastretto a visitare nella camera mornell’Anno europeo mente straordinaria e drammatica. tuaria, luogo “non luogo” per ecceldedicato alle pari Come non lasciarsi provocare e solenza, fuori dall’orario di servizio, i opportunità: anche chi praffare da sofferenze di proporziopazienti immigrati irregolari, quindi sta ai margini, è cittadino ni antiche, da dolori indicibili e racprivi di documenti che ne “attestascontati in lingue sconosciute, con le sero l’esistenza” – ha raccontato il portatore di diritti mani, gli occhi, le lacrime, le urla, la giorno dell’inaugurazione dell’Inmp, pelle, ma sempre profondi, così mercoledì 9 gennaio, il suo direttore Aldo Morrone –. La scelta di accogliere decine e decine di profondi da non scorgerne mai la fine? migliaia di persone, provenienti da più di 150 paesi del È ormai accertata l’esistenza di un indubbio rapmondo, cercando di prendercene cura e di curare le loro porto tra fenomeni complessi: la crescita della povertà malattie, psichiche o fisiche che fossero, è stata sempre in molti paesi (non solo i cosiddetti “in via di svilupmolto contrastata e considerata extraistituzionale». Ep- po”), l’espansione delle migrazioni nel mondo, il livello pure si tratta di persone che sono “in regola” con le leggi di salute di una popolazione. Si tratta di relazioni che dell’universo. Sono zingari e nomadi, anziani pensionati interrogano la capacità dei sistemi sanitari di affrontaa reddito minimo, donne vittime della tratta a scopo di re le sfide che nascono da mutamenti profondi, di porsfruttamento, senza dimora, minori non accompagnati, tata globale. Nel contesto italiano, caratterizzato dalla richiedenti asilo politico e vittime di tortura. persistenza di una diffusa povertà economica (7,5 milioni di persone povere, il 12,9% della popolazione, ovSofferenze, provocazioni vero 2,6 milioni di famiglie, l’11,1% delle famiglie resiAl San Gallicano c’è il privilegio di incontrare persone denti) e da una crescita esponenziale, negli ultimi anni, straordinarie, soprattutto in un momento particolare dell’immigrazione (i residenti in Italia sono ormai 2,9 della loro vita, fatto di sofferenza, paura e solitudine. Si milioni), il nuovo Istituto vuole essere una risposta for- U I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 3 editoriale parola e parole di Giovanni Nicolini te e diretta della politica, delle istituzioni e del non profit. Obiettivo finale della nuova struttura è creare una rete di collaborazioni a livello regionale in tutta Italia: oltre alla regione Lazio, già coinvolta, insieme al ministero della salute, anche Sicilia e Puglia hanno aderito al progetto, creando a loro volta un centro regionale di riferimento. Le strutture socio-sanitarie regionali dovrebbero sorgere in stretta integrazione con i servizi territoriali, le Asl, i centri di ricerca scientifica e le associazioni del terzo settore locali, e dovrebbero venire incontro alle esigenze sanitarie fornendo visite specialistiche e informazioni aggiornate per la prevenzione delle malattie più comuni nelle regioni tropicali, le patologie della povertà, i disagi fisici tipici delle persone a rischio di esclusione sociale e degli immigrati, in un’ottica di inclusione e integrazione. Il destinatario degli interventi è, infatti, un individuocittadino, lavoratore o non, che si trova, per il suo essere transitoriamente in condizione di bisogno, in uno stato psico-fisico e sociale da cui un paese evoluto deve garantirgli di potersi sottrarre. È un’esperienza interdisciplinare, che non risponde solo ai bisogni ma che li anticipa, perseguendo l’eccellenza nella prevenzione, la diagnosi, l’assistenza, la ricerca e la formazione riguardo alle malattie prevalenti in persone povere e immigrate. Malattia trasmissibile Giunta all’inizio del 2008, questa è una buona notizia di “pari opportunità”. L’Italia, con questa scelta, adotta, entro la sua sanità pubblica, un modello virtuoso di attenzione alle persone in stato di estrema povertà. Lun- gi dal ghettizzarle in un circuito sanitario parallelo, le si riconosce come persone a tutti gli effetti, con pari dignità e diritti entro il sistema sanitario nazionale. È una buona notizia di “pari opportunità”, perché la sperimentazione, partendo e valorizzando un’esperienza storica e consolidata come quella del San Gallicano, guarda lontano, coinvolgendo nel progetto da subito altre regioni, soprattutto del sud, e mantenendo significative relazioni con l’Europa e l’Organizzazione mondiale della sanità. È l’ottica giusta, per non creare ulteriori divisioni o dimenticanze nel paese e impostare il contrasto alla grave emarginazione entro la prospettiva globale, che meglio può permettere di coglierne la complessità. È una buona notizia di “pari opportunità”, anche perché l’impegno dello stato italiano, che potrà dare luogo a una buona prassi di eccellenza a livello internazionale, è stato assunto mediante l’autorevole pronunciamento di due ministri e, soprattutto, alla presenza, non simbolica, della massima autorità dello stato, il presidente della repubblica Giorgio Napolitano. Ed è una buona notizia di “pari opportunità”, infine, perché l’avvio di tale servizio sembra collocarsi dentro i primi segnali della volontà di costruire, in Italia, una politica organica di contrasto della povertà. Tale politica non potrà che essere frutto di piena integrazione fra strumenti sociali e sanitari, fra azione dei soggetti pubblici e del privato sociale. Solo così si potrà arrivare a contrastare quella povertà che, come ha affermato lo stesso professor Morrone, «non è una malattia infettiva, ma di certo è una malattia trasmissibile». ‘‘ Integrando politiche e azioni, dobbiamo contrastare la povertà, che non è una malattia infettiva ma certamente è una malattia trasmissibile ’’ 4 I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 FEMMINILE CENTRALE, L’UMANITÀ HA SETE DEL SIGNORE «Signore – gli disse la donna – dammi di quest’acqua, perché‚ non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua» (Giovanni 4, 1-26) trappo qualche pensierino dalla meraviglia dell’incontro nuziale tra Gesù e la Donna di Samaria. Ma vorrei dire semplicemente “la Donna”. Grande predilezione di Gesù verso di loro, le nostre donne. Le nostre madri, le nostre spose, le nostre sorelle, le nostre figlie. Memorie privilegiate di incontri e dialoghi di Gesù con le donne: da Nazaret a Cana, dalla Visitazione alla Croce del Quarto Vangelo, dalla peccatrice del settimo capitolo di Luca a Maria di Betania e al suo contestato profumo... fino a qui, al pozzo della stanchezza e della sete di Dio. S Per Gesù, il Settimo, lo Sposo vero da sempre, è ormai vicina quell’ora delle Nozze nel suo Sangue che sembrava lontana a Cana, dove il vino nelle giare si poneva come primo segno delle grandi nozze d’amore della fine. Qui, al pozzo, nella stanchezza di quell’ora sesta che lo porterà sulla Croce, facendosi mendicante della donna – «Dammi da bere!» – Gesù vince le sue ultime resistenze e la porta alla trepidante domanda circa un fidanzamento nuovo e insperato: «Che sia forse il Messia?». D’altronde, questo è il grande progetto che da sempre accompagna la Al pozzo di Samaria Gesù storia dell’umanità. Creatura amata incontra “la Donna”. e perduta. Sposa amata e perduta, E in lei la Sposa amata, da ritrovare, da sanare, da trarre a Sè. Apostola degli Apostoli perduta, ritrovata È la grande ricerca che Dio fa dell’uCon un anticipo sulla mattina degli e sanata: l’umanità. manità: un po’ diversa da quella che angeli e delle donne, prima che la Il potere maschile i filosofi una volta pensavano fosse Maddalena si faccia “apostola” degli rischia sempre la ricerca che l’uomo fa di Dio. Oggi Apostoli per invitarli a uscire dalla lodi farsi imperversante. neppure i filosofi Lo cercano. D’altra ro paura con la Buona Notizia del RiLa potenza della Madre parte sant’Agostino, che di queste sorto, la Samaritana si fa grembo delcose se ne intendeva, diceva che la fede per i suoi eretici concittadini, genera la fede nell’umiltà non lo potremmo cercare, se Lui che sulla di lei parola credono in Lui. non ci avesse già trovati! Diversamente da un potere maLa Donna di Samaria mi conferma di questa centra- schile che rischia sempre di farsi imperversante e perenlità del “femminile” nel cuore di Dio. E rappresenta con ne, la potenza della Madre sa ritrarsi nell’umiltà di un efficacia drammatica le resistenze, i sospetti e insieme compito di fecondità che riconosce il suo compimento la sete, prima nascosta, ma alla fine prepotente, che la nella fede ormai matura dei figli: «Non è più sulla tua panostra povera umanità ha del suo Signore. Nessuno dei rola che noi crediamo…». Poco dopo, dalla Croce, al Dicinque mariti, più l’attuale sesto che non è suo marito, scepolo amato, Gesù consegnerà la Madre dicendogli: hanno saputo onorare e avvolgere la sua femminilità in- «Ecco la tua Madre». Da quel momento, il Discepolo amaquieta, costretta a farsi aggressiva per difendersi, ripara- to la prenderà con sè, Sposa e Madre, umanità nuova. ta dietro alla misera autosufficienza di una brocca per La Samaritana, come da lontano, presagisce. E attingere, ma in realtà desiderosa di trovare alla fine una preannuncia la grazia di Dio per la nostra inquieta umafonte zampillante. Anzi, di diventare fonte zampillante, nità. Dice ancora Agostino: “Signore, ci hai fatti per Te. E finalmente libera di esprimere tutta la fecondità esube- il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te”. Buon rante del suo femminile sponsale e materno. viaggio verso Pasqua. I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 5 paese caritas di Giorgio Quici direttore Caritas Caserta ANIMARE UN TERRITORIO, LA GIUSTIZIA NASCE DAI RIFIUTI I luogo, cerchiamo di “abitare” in modo responsabile e consapevole la realtà nella quale siamo immersi, a partire dalla capacità di osservare, ascoltare e discernere in modo critico (consapevole) ciò che ci circonda, cominciando dalla dimensione planetaria (custodia del creato) per approdare alla realtà sociale di quartiere, suggerendo riflessioni su come determinati stili di vita abbiano un impatto significativo negli equilibri ambientali anche locali, oltre che nelle disuguaglianze tra Nord e Sud del mondo. che ruotano intorno ai riti che scandiscono i tempi dell’anno liturgico, Nel casertano alle attività ordinarie legate alle catevi sono molte emergenze chesi, alle iniziative di aggregazione legali e sociali. Ma spesso nel territorio e ad attività caritative Denunciare, costruire l’azione e la sensibilità essenzialmente di tipo assistenziale. Accanto al lavoro di animazione parpastorale scorrono Ma nelle quali c’e, in buona sostanza, rocchiale, un problema ci interpella sui binari della normalità. scarsa attenzione (conoscenza) dei con particolare urgenza: l’emergenza bisogni presenti nel territorio. rifiuti. Il suo manifestarsi, in questi Fino a che un’emergenza Così l’esperienza di lavoro che ci anni (ben prima dell’ultima clamoronon ha fatto riscoprire caratterizza cerca di coniugare la sa crisi di dicembre e gennaio), ha foril ruolo autentico proposizione di una spiritualità Canito l’occasione per cominciare a diadell’azione Caritas… ritas con l’esigenza di dare risposte logare con varie realtà impegnate in concrete ai casi di bisogno che ambito sociale. La Caritas diocesana l’emergenza quotidianamente sottopone. Evitando, ha riscoperto il suo ruolo animatore, che non si sostituisce pertanto, di limitarsi a un mero spiritualismo di manie- all’impegno delle singole realtà sociali, ma incoraggia, prora o, al contrario, di scivolare verso forme di iper-effi- muove e favorisce iniziative volte alla denuncia di abusi e cientismo che oscurano il rapporto con l’altro. Nel no- alla proposta costruttiva di soluzioni legali ai problemi. stro lavoro prevediamo diversi livelli di approccio, sotCon numerose associazioni ambientaliste, da metolineando con forza l’importanza delle competenze, il si condividiamo lo sforzo di recuperare una situaziolavoro di équipe, il concetto di rete. ne di legalità, attraverso manifestazioni e la sensibilizCentrale, nell’impulso all’animazione pastorale che zazione delle parrocchie. Abbiamo dato vita a numecerchiamo di realizzare nelle parrocchie, è il recupero del- rose iniziative di protesta e denuncia, che hanno visto la dimensione teologica della carità, propellente essenzia- impegnato in prima linea il nostro vescovo, seguito da le per ricominciare (come insegna lo statuto Caritas) a diverse comunità parrocchiali. Dopo alcuni successi “scorgere Cristo nel volto dell’altro, soprattutto nel volto di degli ultimi mesi, sul piano giudiziario, resta ora la coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi, perché parte più difficile: lavorare in rete, per favorire un senella persona dei poveri c’è una sua presenza speciale, che rio recupero della coscienza civica, nel rispetto delimpone alla Chiesa un’opzione preferenziale”. In secondo l’ambiente e della legalità. 6 I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 Italia Caritas le notizie che contano un anno con Italia Caritas Nel 2004 abbiamo cambiato veste. Da allora abbiamo migliorato sempre. Contenuti incisivi. Opinioni qualificate. Dati capaci di sondare i fenomeni sociali. Storie che raccontano l’Italia e il mondo. Un anno a 15 euro, causale “Italia Caritas” M E N S I L E D E L L A CA R I TA S I TA L I A N A - O R G A N I S M O PA S T O R A L E D E L L A C E I - A N N O X L I - N U M E RO 1 - W W W. CA R I TA S I TA L I A N A . I T febbraio 2008 POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1 COMMA 2 DCB - ROMA l territorio casertano è animato da improvvisi sussulti di impegno civile, che intervallano lunghe pause di inerzia e una certa indifferenza alle emergenze ricorrenti, dalla microcriminalità allo smaltimento dei rifiuti. A tutto ciò vanno ad aggiungersi patologie socio-economiche sempre più diffuse: la precarietà del lavoro, perché flessibile e sempre meno tutelato; le fragilità economiche (nuove povertà); il massiccio fenomeno migratorio, particolarmente avvertito. Però anche nel casertano la vita nelle parrocchie, nella maggior parte dei casi, scorre su binari di “normalità”, Italia Caritas + HOMELESS: ANNI SENZA POLITICHE, QUALCOSA SI MUOVE? CONOSCERLI, PER AIUTARLI VIAGGIO AL SUD LA CALABRIA, TERRA PERSA? «NO, È COSA NOSTRA» HAITI IL CONFINE COLABRODO SULL’ISOLA DIVISA IN DUE BOSNIA UN PAESE CHE NON FUNZIONA, LABIRINTO SENZA USCITA? Occasione 2008 ABBONAMENTO CUMULATIVO CON VALORI È un mensile di economia sociale e finanza etica promosso da Banca Etica. Dieci numeri annui dei due mensili a 40 euro. Per fruire dell’offerta • versamento su c/c postale n. 28027324 intestato a Soc. Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1, 20125 Milano • bonifico bancario: c/c n. 108836 intestato a Soc. Cooperativa Editoriale Etica presso Banca Popolare Etica - Abi 05018 - Cab 12100 - Cin A Indicare la causale “Valori + Italia Caritas” e inviare copia dell’avvenuto pagamento al fax 02.67.49.16.91 L E G G I L A S O L I DA R I E T À , S C E G L I I TA L I A CA R I TA S Per ricevere il nuovo Italia Caritas per un anno occorre versare un contributo alle spese di realizzazione, che ammonti ad almeno 15 euro. A partire dalla data di ricevimento del contributo (causale ITALIA CARITAS) sarà inviata un’annualità del mensile. Per contribuire • Versamento su c/c postale n. 347013 • Bonifico una tantum o permanente a: - Banca Intesa Sanpaolo piazzale Gregorio VII, Roma Iban: IT20 D030 6905 0320 0001 0080 707 - UniCredit Banca piazzale dell'Industria 46, Roma Iban: IT02 Y032 2303 2000 0000 5369 992 - Allianz Bank via San Claudio 82, Roma Iban: IT26 F035 8903 2003 0157 0306 097 - Banca Popolare Etica, via N. Tommaseo 7, Padova Iban: IT23 S050 1812 1000 0000 0011 113 • Donazione con Cartasì e Diners, telefonando a Caritas Italiana 06.66.17.70.01 (orario d’ufficio) Cartasì anche on-line, sui siti www.caritasitaliana.it (Come contribuire) www.cartasi.it (Solidarietà) Per informazioni Caritas Italiana, via Aurelia 796, 00165 Roma tel 06.66.17.70.01 - fax 06.66.17.76.02 e-mail [email protected] nazionale grave emarginazione Quasi un decennio, in Italia, senza indagare né combattere un fenomeno in crescita. Ora qualcosa si muove: governo, Istat, Fio.psd e Caritas varano una ricerca inedita. E il parlamento deve approvare il primo nucleo di un Fondo anti-povertà QUANTI SONO? In Italia, negli ultimi anni, il fenomeno senza dimora è stato sottovalutato al punto, che si è persino omesso di indagare le sue reali dimensioni di Paolo Brivio Briciole, di buon auspicio uante sono le persone senza dimora? Quali sono i loro profili biografici, sociali, culturali? Come “utilizzano” il territorio? Quanti e quali sono i servizi che forniscono risposte ai loro bisogni? Ma, soprattutto, cosa fa la politica nazionale per conoscere questa galassia di storie e sofferenze sommerse, e soprattutto per accorciare le distanze nei confronti del popolo dei “senza casa” e dei poveri estremi, potenziando gli interventi di aiuto, recupero e risocializzazione loro rivolti? Sollevare questi interrogativi negli ultimi anni, in Italia, è equivalso a incassare, in replica, una serie di frustranti “Non si sa”, “Non si dispone di dati certi”, “Non esistono impegni concreti”. La capacità di indagine statistica e la volontà di azione politica hanno trascurato, per quasi un decennio, un’area sociale che, per quanto appartata, si è andata ingrossando e facendo più complessa. Ora, però, mentre le amministrazioni locali gestiscono Q 8 I TA L I A C A R I TA S | ROMANO SICILIANI DI FREDDO NON SI DEVE MORIRE, CHI PENSA AI SENZA DIMORA? tata da diversi indicatori e da alcune rilevazioni locali, secondo cui l’area della povertà estrema e della homelessness ha conosciuto un forte incremento. Il momento non potrebbe essere più opportuno, insomma, per promuovere una ricerca organica sull’argomento. Senza dati credibili e articolati, infatti, è impossibile imbastire politiche mirate ed efficaci, in grado di ridurre l’area della povertà estrema, onorando gli impegni che, sul fronte della lotta per l’inclusione sociale, derivano da recenti norme nazionali (in primis la legge 328/2000 sui servizi sociali e il Piano nazionale 2006-2008 per l’inclusione sociale varato dal governo), ma anche dall’esigente quadro normativo europeo. Conoscere per innovare la capacità di risposta: lo spirito della nuova ricerca si può sintetizzare così. E che di innovazione ci sia bisogno, anche in questo ambito, lo dimostra il fatto che l’Istituto nazionale di statistica ritenga necessaria la collaborazione degli enti del non profit, per far presa su un fenomeno per definizione mobile e sfuggente, “disperso” negli angoli più reconditi della società italiana. In una prima fase, la ricerca censirà i servizi, pubblici e privati, formali e informali, che agiscono nel nostro paese. In seguito, dovrà “inventarsi”, attraverso esperimenti e test in aree territoriali circoscritte, una metodologia di rilevazione quantitativa delle persone senza dimora e di indagine qualitativa dei loro profili, delle loro nicchie di insediamento nel territorio, delle prassi e delle “culture” che ne caratterizzano la quotidianità. FEBBRAIO 2008 modelli di intervento più o meno validi, comunque sempre costretti a fare i conti con bilanci risicati, approcci “stagionali” e tendenze securitarie, a livello governativo e parlamentare sembra scoccare qualche scintilla di risveglio riguardo a un fenomeno che interessa sì una componente marginale della comunità nazionale, ma si configura d’altro canto come “emergenza umanitaria permanente”. E dice qualcosa sulla qualità della vita e della convivenza che il modello sociale attuale, con la sua discutibile ripartizione delle risorse e delle attenzioni, rischia di apparecchiare a molti, anche nel nostro paese. Rilevazione da “inventare” Un primo segnale di attenzione è costituito dalla “Ricerca nazionale sul mondo della grave emarginazione adulta in Italia”, che si svilupperà tra il 2008 e il 2010, sulla base di una convenzione siglata, tra Natale e Capodanno scorsi, da ministero della solidarietà sociale, Istat, Fio.psd (Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora) e Caritas Italiana. L’ambizioso progetto (finanziato da governo e Caritas) mira anzitutto a colmare una lacuna che si andava facendo pesante: gli ultimi dati ufficiali sui senza dimora risalgono, in Italia, al 2000, quando la Fondazione Zancan di Padova, su incarico della Commissione di indagine sulla povertà allora in carica presso la presidenza del consiglio dei ministri, stimò il loro numero in circa 17 mila. Oggi Caritas ritiene quella cifra superata: il fenomeno non riguarda più, infatti, solo le aree metropolitane, ma anche i piccoli centri; interessa maggiormente i maschi e i maggiorenni, ma si va diffondendo anche tra i minori. Su un campione di 264 centri di ascolto Caritas in Italia, nel semestre aprile-settembre 2006 i senza dimora costituivano il 13,9% dell’utenza, e tra essi gli stranieri rappresentavano circa il 70%, mentre nell’indagine nazionale della Fondazione Zancan erano il 58,9%: elementi che confermano l’impressione, accredi- Tra i decisori politici che potranno fruire degli esiti dell’inedita esplorazione ci saranno governo e parlamento. Da almeno sette anni essi non prevedono nuovi stanziamenti o misure per la lotta alla povertà estrema e alla homelessness. Negli ultimi mesi del 2007, tuttavia, l’esecutivo ha stanziato, in un disegno di legge collegato alla Finanziaria 2008, 10 milioni di euro per costituire un Fondo nazionale contro le povertà estreme. “Sono pochi, qualcuno potrebbe dire briciole. Ma, rispetto alla totale disattenzione in cui sino a oggi si versava, vogliamo credere che sia un concreto primo passo, di buon auspicio verso migliori politiche future”, afferma Fio.psd, in un comunicato stampa di inizio gennaio, diffuso dopo la morte, avvenuta a Roma, di due clochard, nel quale si ribadisce che le emergenze non sono causate dai rigori dell’inverno, ma dalla “cronica mancanza di politiche giuste di accoglienza sociale e solidarietà”. Il disegno di legge, sebbene collegato alla Finanziaria, approvata prima di Natale, a inizio 2008 non era però I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 9 nazionale grave emarginazione ancora stato approvato, e neppure calendarizzato dal parlamento. Fio.psd ha così rivolto un appello alle camere, affinché approvassero al più presto il collegato alla Finanziaria, valutando anche l’opportunità di integrare lo stanziamento previsto con risorse aggiuntive, “come sarebbe doveroso per un paese che voglia dirsi civile”. Caritas Italiana ha rilanciato l’appello, sostenendo la necessità di “tutelare i diritti delle persone a prescindere dalla loro condizione e promuovere un’attenzione antropologica in grado di ribadire l’essenza della persona, con i suoi limiti e con una dignità non collegata alle competenze o alle prestazioni di cui è capace. Non è un libro dei sogni, ma un modo di garantire i diritti costituzionali anche per chi è ai margini”. COME RAGGIUNGERLI? Una ronda notturna porge una bevanda calda a una donna senza dimora nella stazione di Napoli. La nuova ricerca sugli homeless si avvarrà dell’esperienza dei volontari per incontrare le persone ai margini C’è un legame globale, che unisce chi vive in povertà in ogni parte del mondo. I senza casa devono tornare a costituire un paradigma per l’azione politica di Paolo Pezzana presidente nazionale Fio.psd ivere in condizioni di povertà estrema a Roma a Londra o a New York, oppure a Nuova Delhi, Belo Horizonte o Buenos Aires, può essere considerata la stessa cosa? La risposta, secondo il buon senso, appare scontata: la miseria è miseria, a prescindere dalla geografia! Se però si entra nel campo delle analisi sociali e politiche, le risposte cominciano a diversificarsi anche notevolmente. Tra povertà strutturali, povertà indotte, povertà di opportunità ed accesso, povertà di istruzione e di libertà, può apparire che nulla o quasi accomuni un homeless occidentale a un senza tetto indiano o africano. Dal punto di vista dei servizi che si occupano di emarginazione sociale, questa contraddizione non è irrilevante. Essa rivela un nervo scoperto dell’attività solidaristica, o comunque socio-assistenziale, ossia il suo rapporto con il tema della giustizia sociale, in una prospettiva ormai globale. Difficile occuparsi di poveri e povertà nel ricco mondo occidentale; e come pensare di farlo, occupandosi simultaneamente anche della povertà globale? Non accade a tutti di pensare così. Ma accade sempre più spesso. Eppure molti operatori e “addetti ai lavori” sono portati (anche inconsapevolmente) ad agire nei propri servizi, proponendo alle persone gravemente emarginate processi di inclusione in un tipo di “normalità” consumistica che, se raggiunta, avrebbe l’esito certo di contribuire a perpetrare lo stato di estrema povertà di altre persone in altre parti del mondo, in una sorta di perverso gioco a somma V 10 I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 zero, in cui al guadagno di uno deve per forza corrispondere una perdita per un altro. Il primo Forum mondiale di pastorale per le persone senza dimora, organizzato a fine novembre in Vaticano, ha costituito una significativa occasione di confronto sulla realtà della grave emarginazione nel mondo. Esso è stato soprattutto un’eccellente occasione per assumere coscienza di questa sorta di legame globale, che congiunge chi vive in povertà in ogni parte del mondo, chiamando in causa responsabilità altrettanto globali, ma con evidenti aspetti di esercizio locale e quotidiano, che riguardano tutti. ROMANO SICILIANI Per rinunciare alla giustizia basta escludere una sola esistenza delle persone in stato di grave emarginazione, che può testimoniare a una società “glocale” un possibile nuovo modo di guardare alle relazioni umane e sociali e alla sostenibilità del loro sviluppo. In definitiva, la persona senza dimora, ovunque essa si trovi e per qualunque motivazione, può e forse deve costituire un “paradigma” per l’azione politica nella società: o si afferma positivamente la responsabilità di tutti e di ciascuno verso di essa, o si rinuncia definitivamente all’inclusione sociale come obiettivo di giustizia politica per una società. Basta accettare di escludere una sola vita dalla possibilità di raggiungere una propria pienezza, magari in seguito a una valutazione utilitaristica in termini di costi e benefici, per aprire la porta a una deriva culturale che può portare, e forse già sta portando, pericolosamente lontano. Il Forum mondiale vaticano aveva obiettivi pastorali, e in tali obiettivi tale prospettiva è stata profondamente assunta. Per il mondo dei servizi alle persone senza dimora in Italia, ma non solo, si tratta di fare altrettanto, cercando di recuperare quella non rinunciabile funzione di animazione sociale che dovrebbe contraddistinguerlo e che può essere considerata, secondo una declinazione laica, una “pastorale dei valori e della giustizia”, senza i quali una società non solo non può dirsi cristiana, ma neppure civile. Aprire le porte alla deriva Una persona senza dimora, per come si è convenuto di definirla al Forum, è una persona con analoghi tratti di sofferenza e fragilità, ovunque essa si trovi: cambiano le condizioni ambientali, gli strumenti di contrasto alla povertà, l’ampiezza politica e culturale delle questioni da affrontare, ma non la persona in quanto tale e il suo disagio, né cambia lo “scandalo della povertà”, silenzioso grido globale che rimane troppo spesso trascurato. Tutto ciò può apparire scontato, ma non lo è. E rivela due aspetti poco considerati e dibattuti persino negli ambienti dei servizi rivolti agli homeless: il trattamento sociale del sofferente, come misura politica e morale del grado di civiltà di una società (elemento richiamato anche da papa Benedetto XVI nella recente enciclica Spe Salvi, al numero 38); il potenziale “profetico” insito nel modo di occuparsi La Chiesa a servizio della vita, bussola è la dignità della persona di Raffaele Gnocchi responsabile Area grave emarginazione adulta - Caritas Ambrosiana enza dimora, clochard, sans abrì, homeless, barboni… Sono alcuni degli appellativi comunemente utilizzati per identificare la composita realtà delle persone senza tetto. Un fenomeno diffuso sia nelle grandi capitali occidentali, sia nelle zone rurali del sud del mondo. Una realtà assai differenziata, ma caratterizzata a livello statistico con numeri importanti. Si calcola che nel mondo ci siano almeno un miliardo di per- S sone che vivono in strada e nella sola Europa tre milioni siano impossibilitate ad avere un alloggio adeguato. Se si pensa poi alla realtà dei paesi più poveri, il fenomeno indica una costante esposizione al pericolo di vita: ogni giorno muoiono circa 50 mila persone a causa di condizioni igieniche inidonee, accesso a fonti d’acqua inquinata, disponibilità di alloggi inadeguati. Il fenomeno dovrebbe interpellare le coscienze di tutti, anche perché appare non già I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 11 nazionale nazionale database esclusione politiche sociale sociali grave emarginazione ROMANO SICILIANI residuale, bensì strutturale, collegato direttamente ai pronon può fermarsi di fronte a stereotipi o credenze. Fra tutcessi di sviluppo economico e sociale, in virtù dei quali c’è te, la più insostenibile appare oggi quella secondo cui il visempre qualcuno che rimane “indietro”. vere in condizione marginali, di povertà assoluta, a rischio In una pubblicazione curata da Caritas Italiana (Così quotidiano di sopravvivenza, sia configurabile come scelvicini così lontani. Persone senza dimora: processi di escluta. Eppure questo modo di pensare legittima proposte e sione, percorsi di prossimità, Edb, Bologna 2004) il fenopolitiche imperniate sul concetto dell’emergenza, e quasi meno delle persone senza dimora era affrontato per conmai sostiene azioni di promozione umana. In questa protribuire alla comprensione dei processi di impoverimento, spettiva, si finiscono per privilegiare azioni assistenziali, rima anche alle possibili strategie di uscita dalla grave emarspetto alla costruzione di reti di socialità e prossimità. ginazione. Il tutto ponendo al centro la persona, la sua uniL’assise vaticana ha ribadito che l’intervento a favore cità, la sua dignità. A distanza di quattro anni, il tema apdei più poveri è strutturalmente presente nell’agire della pare ancora urgente. Tanto da essere stato al centro di un Chiesa universale. Occuparsi dei più poveri significa inincontro internazionale (“In Cristo e con la Chiesa a servinanzitutto dedicare loro il tempo, perché possa emergere zio dei senza fissa dimora”), promosso dal Pontificio Conil volto nascosto dalla sofferenza e sia recuperata la dignità siglio della pastorale per migranti e itineranti, svoltosi a dimenticata, affinché le persone diventino soggetto di diRoma a fine novembre e presieduto dal cardinal Renato ritto. “I poveri saranno sempre con voi”, afferma Gesù; ma Raffaele Martino. Il Forum ha seguito cronologicamente la la ricerca della giustizia deve cominciare dal riconoscipubblicazione del documento Orientamenti per la Pastomento della qualità di persona che è propria di ciascuno. rale della strada, avvenuta nel giuTra le consapevolezze che degno 2007, e due ulteriori convegni, vono restare ferme, vi è dunque il relativi alla pastorale per la liberafatto che la persona senza dimora, zione delle donne di strada e per i nonostante sia spesso definita a ragazzi di strada. partire dalla propria condizione, Il Forum sulle persone senza mantiene in sé una singolarità e dimora ha radunato 45 rappreuna unicità irripetibili. Inoltre, in sentanti di 28 paesi e delle più imuna società che rilegge i rapporti portanti organizzazioni caritative sociali come funzionali all’ottenimondiali; essi si sono confrontati, mento di un interesse economico, presentando le proprie attività nel la Chiesa deve impegnarsi a risettore, le considerazioni che dericonsegnare alla società il valore COME AIUTARLI? vano dalla loro esperienza e le Homeless in una mensa dei poveri a Roma della gratuità della relazione e il possibili prospettive, sia in ambito suo senso più profondo. pastorale sia in quello sociale. La Chiesa ha deciso, in altre Alcune note in termini esortativi, che compaiono nel parole, di fermarsi e ascoltare le indicazioni e le valutaziotesto finale del Forum, evidenziano che occorre perseverani provenienti da luoghi, culture ed esperienze diversi. re nell’umiltà del servizio, nella certezza che operare nella L’elemento capace di integrare i linguaggi è apparso il ricomplessità significa evitare la frammentazione. Sul fronconoscimento del fatto che al centro di ogni possibile aziote della programmazione degli interventi, una pastorale ne caritativa, pastorale e sociale debba esserci la persona. specifica per le persone senza dimora non può dimenticare l’opportunità di coordinamenti, intraecclesiali ed exDedicare loro il tempo traecclesiali, non per sollevare le autorità civili dalle rispetLa preoccupazione non deve apparire scontata. Se è già fative responsabilità, ma per sollecitarle a farsene carico. ticoso ribadire il concetto di persona, quindi il suo valore In conclusione, appare chiaro e definito il ruolo della nella società occidentale, la quale spesso commisura la diChiesa, quale soggetto chiamato a promuovere e animare gnità del soggetto alle sue capacità produttive e di consul’opera fornita dalle numerose persone attive nel campo mo, a maggior ragione appare difficile poter affermare i didella grave emarginazione adulta. Un catalogo di interritti di chi non ha neppure garantito quello – basilare – alventi quotidiani, nei quali il senso di prossimità e vicinanla vita, attraverso il possesso di cibo, acqua, vestiti e riparo. za e il riconoscimento del volto del povero sono alla base E il servizio alla vita, da quella nascente a quella morente, di un’esperienza di vera e profonda carità. 12 I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 LA PRESSIONE DEL CRIMINE CHE STROZZA IL COMMERCIO di Walter Nanni cilia e Puglia. Ciò farebbe pensare a una possibile connessione con la criminalità organizzata. Ogni giorno, più di 360 negozi sono visitati da malviventi grandi e piccoli, con un danno medio stimato in circa 7 mila euro per ogni esercizio. Una proiezione consente di stimare in oltre 1,6 miliardi il valore delle merci e del denaro sottratti agli imprenditori ogni anno. Ma la presenza massiccia delle della ristorazione, dell’edilizia. Però mafie sulle attività imprenditoriali diminuiscono le denunce: nel 2006 i non si limitata alla fase predatoria: Una mano nera denunciati per estorsione sono stati essa si estende ed espande su tutte sugli esercizi italiani. 6.696, rispetto ai 6.801 del 2005. Sele relazioni economiche e sul terriTaglieggiamenti, usura, condo una proiezione, nel 2007 le torio. L’agromafia, per esempio, ha rapine: aumentano denunce per estorsione si collocheun fatturato di oltre 7,5 miliardi di i reati predatori ai loro ranno su un livello pari al 2004. euro l’anno: la presenza mafiosa danni. Nel contempo Altro fenomeno gravissimo è nelle filiere giunge a condizionare diminuiscono l’usura. Sono oltre 150 mila i commeranche il prezzo al dettaglio dei prole denunce. cianti italiani coinvolti in rapporti dotti. Invece a Napoli, secondo uno Ma c’è dell’altro: il pane, usurari: molti si indebitano con più studio dell’assessorato all’agricoltuper la camorra, viene strozzini, al punto che le singole posira della provincia, la produzione solo dopo la droga… zioni debitorie possono essere stimagiornaliera di pane è assicurata da te in oltre 450 mila; almeno 50 mila soalmeno 2.500 panifici illegali, in no messe in atto da associazioni per delinquere di tipo odore di camorra (soltanto il pane venduto di domenimafioso. Gli interessi sono stabilizzati oltre il 10% mensile: ca, sulle bancarelle, vale 25 milioni di euro l’anno); seconnel complesso, il tributo pagato dai commercianti ogni do l’assessorato, il giro d’affari sarebbe pari a 500 milioni anno si aggira attorno ai 12 miliardi di euro. Questi dati so- di euro l’anno, dato che colloca il mercato del pane abuno peraltro stime per difetto. Nel contempo, il numero sivo al secondo posto dopo la droga, nella classifica dei delle denunce appare risibile: dal 1996, anno di emana- proventi della criminalità organizzata. zione della legge in materia, e tranne qualche segnale in Infine, secondo l’Istituto per il commercio estero, la controtendenza, si è assistito a un calo inarrestabile (-11% contraffazione costa all’Italia 7 miliardi di euro l’anno. tra 2005 e 2006, se riferita al 2004 la caduta è stata pari a Estesa a quasi tutti i settori manifatturieri, interessa ri-40%). Fa riflettere il calo delle denunce nel Lazio e a Roma, cambi aeronautici e automobilistici, apparecchi eletcon appena 19 reati scoperti nel 2006. trici, medicinali, giocattoli. Nel 2006 la Guardia di Finanza ha effettuato oltre 15 mila interventi anticontrafNon di solo pizzo fazione, con il sequestro di circa 89 milioni di articoli Nel triennio 2004-2007 ci sono state 47.656 rapine a eserci- contraffatti (il 28% in più rispetto ai 68,7 milioni di pezzi commerciali, con maggiore frequenza in Campania, Si- zi sequestrati nel 2005). aglieggiamenti, estorsioni, minacce e violenze. Il commercio, in Italia, è soggetto alla fortissima pressione della criminalità. Lo conferma il Rapporto 2007 della Confesercenti, che muove anzitutto dall’analisi del fenomeno delle estorsioni. In Italia risultano essere 160 mila gli esercizi taglieggiati, ovvero più del 20%. Il fenomeno è radicato soprattutto a sud: in Sicilia è colpito l’80% dei negozi di Catania e Palermo, pagano il pizzo il 70% delle imprese di Reggio Calabria, il 50% di quelle di Napoli, del nord barese e del foggiano, con punte che toccano la quasi totalità delle attività commerciali, T I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 13 nazionale viaggio al sud ATTI DI IMPEGNO ROMANO SICILIANI Il volume “È cosa nostra. Una pastorale ecclesiale per l’educazione delle coscienze in contesti di ‘ndrangheta” (Editoriale Progetto 2000, Cosenza, 2007, pagine 240, euro 15) contiene gli atti del convegno delle Caritas diocesane svoltosi a Falerna (Cz) nel gennaio 2007: testimonia il rinnovato impegno della Chiesa calabrese contro la cultura mafiosa Prima un convegno. Ora un libro, che si affianca al documento dei vescovi. Le Caritas diocesane analizzano la situazione di un territorio “prigioniero” della ’ndrangheta. Ma che ha in sé potenzialità di conversione e rinascita SEMI DI SPERANZA Giovani al lavoro nei campi (sottratti alla ‘ndrangheta) che la cooperativa Valle del Marro coltiva a melanzane nella Piana di Gioia Tauro CALABRIA, TERRA PERSA? «NO, È COSA NOSTRA» di Paolo Brivio on tacere. Denunciare, certo. Togliere gli alibi che derivano da un certo clima culturale. E magari da un malinteso ricorso ai simboli e ai riti della fede religiosa. Ma anche incoraggiare le forze migliori della regione. Esortare all’impegno della conversione e dello sviluppo. Perché la Calabria non è cosa delle cosche. La Calabria – recita provocatorio il titolo di un convegno ora tramutatosi in libro – “È cosa nostra”. Ad affermare con forza l’appartenenza della regione meridionale alle sue forze più sane, creative e coraggiose, sono state nel gennaio 2007 le Caritas dioce- N 14 I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 sane calabresi. I contenuti del convegno della loro Delegazione regionale, svoltosi a Falerna, sono ora raccolti in un testo che intende mettere in rete un importante sforzo di conoscenza, osservazione e discernimento, che si avvale del contributo di pastori, teologi, studiosi delle mafie, magistrati. Il documento è stato al centro di una conferenza ospitata a Roma, a metà dicembre, da Caritas Italiana, nell’eloquente intento di amplificare su scala nazionale il messaggio di una chiesa locale che dice basta all’assoggettamento di un territorio alla cultura e alla pratica mafiose, e prova a indicare piste concrete di riscatto. «La ‘ndrangheta è un cancro esiziale per la Calabria – ha ricordato don Ennio Stamile, delegato regionale Caritas, tra i curatori degli atti del convegno, aprendo la conferenza –. La struttura non verticistica, il carattere familiare, l’estrema pervasività consentono alle ‘ndrine di esercitare una signoria territoriale, che ne fa una sorta di antistato nello stato». La proiezione affaristica di questo cancro ha ormai confini planetari, ma continua a soffocare ogni dinamica territoriale, «tanto che si rischia di trovarsi coinvolti e collusi anche solo chiedendo una casa. Il nostro impegno, di Caritas e di chiesa, è tagliare questa trama pervasiva». Eppure si parte da uno scenario che rischia di apparire disperante. «Il primo latitante, in Calabria, è lo Stato», ha lamentato il vescovo monsignor Domenico Tarcisio Cortese, incaricato della Conferenza episcopale calabra per il servizio della carità. «Non parlo dell’azione di magistratura e forze dell’ordine – ha chiarito il presule –, ma dell’organizzazione dello stato e del funzionamento delle istituzioni locali. Ci offende pensare che piccole cosche, che rappresentano il 5-6% della popolazione, riescano a dominare il territorio in questo modo. Lo stato deve farsi carico della Calabria: finora non lo ha fatto, come se essa fosse un corpo malato. Dobbiamo svuotare dalla mentalità mafiosa le giovani generazioni». Ma non «moltiplicando gli organismi antimafia», bensì garantendo le condizioni fondamentali (e previste dalla Costituzione italiana) per lo sviluppo, «a cominciare dal lavoro, dalle infrastrutture, da servizi pubblici funzionanti». Proprio i vescovi delle chiese di Calabria hanno dedicato a fine ottobre un importante documento al tema della lotta alla ‘ndrangheta e dello sviluppo della regione, impartendogli un titolo drammatico, per far comprendere che la riscossa deve muovere da un profondo cambiamento, anzitutto interiore. “Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo”, gridano i vescovi con l’evangelista Luca. «E in effetti la salvezza – ha fatto eco al documento, raccolto negli atti del convegno Caritas, monsignor Ignazio Schinella, presidente della Fondazione Facite, che coordina molte esperienze di promozione sociale ed economica – non viene anzitutto dalla formazione e dall’educazione, pur necessarie, ma dalla conversione dal peccato». Il problema è che questo peccato si è fatto, per così dire, struttura burocratica. «Da sempre la mafia è un triangolo. Il lato della criminalità comunica con quelli dell’imprenditoria e della politica. Ma oggi la ‘ndrangheta infiltra i propri figli anche nell’amministrazione, persino negli apparati di sicurezza. Anche le realtà istituzionali vanno convertite, dinanzi al male devono reagire col bene». Guardarsi dentro, togliere il velo Convertirsi. Per farlo, si deve cominciare dal «guardarsi dentro, perché la caratteristica delle mafie è nella volontà di infiltrare e macchiare qualsiasi organismo, condizionandolo dall’interno». Marco Minniti, viceministro dell’interno, ha stabilito con queste parole la condizione di base di un percorso di lotta «che deve cancellare l’approccio emergenziale, per sostanziarsi di un impegno quotidiano e permanente, e deve avere come obiettivo la sconfitta della ‘ndrangheta», non la sua riconduzione all’alveo di una sua presunta fisiologia di presenza nel territorio. «Lo stato – ha ammesso il viceministro – non può delegare l’azione di prevenzione e repressione, né la politica può illudersi di governare l’abbraccio faustiano con la mafia, che vota e fa votare», e prima o poi presenta il conto. Ma cruciale è anche una «crescita civile», per la quale ogni soggetto «deve fare la sua parte». E il fatto che la chiesa calabrese dica parole chiare su «un certo rapporto con la religione» che contraddistingue «lo strano animale della ‘ndrangheta, capace di far convivere una forte arcaicità e un’altrettanto forte modernità, e di proiettarsi sui mercati internazionali proprio perché ha radici solidissime nel territorio», è un contributo straordinario alla lotta per la legalità e lo sviluppo della regione, «perché toglie un velo» di giustificazione alle motivazioni e alle azioni delle ‘ndrine. Nessuno può più permettersi, insomma, di sottovalutare la ‘ndrangheta, ha concluso Angela Napoli, presidente della Commissione parlamentare antimafia, com’è accaduto in passato. «Il legislatore ha grosse reI TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 15 nazionale viaggio al sud consigli comunali infiltrati, ma il mio timore è che la revisione del quadro legislativo si riveli parziale, e permangano buchi neri e contraddizioni». Timore non del tutto confortante. Ma la battaglia per una Calabria libera e giusta può contare su risorse che superano, per fortuna, le titubanze della politica. La politica rimane indietro, ma c’è chi cerca vie di sviluppo Fanalino di coda, anche in Europa. Terra di una cultura arretrata. Serbatoio di emigrazione. Ma si scorgono sintomi di un futuro di eccellenza e speranza di Giacomo Panizza ella “gente di Calabria” quale opinione di sviluppo locale è diffusa? Quale mutamento essa si aspetta, trovandosi in una quotidianità cruda, di fronte a dati che continuamente le confermano che abita nella regione più povera d’Italia? La Calabria risulta fanalino di coda, in Italia, negli indici di sviluppo umano, economico e sociale, a causa di disoccupazione, insuccessi scolastici, criticità del saldo migratorio, scarsa qualità della vita, carenza e inefficacia dei servizi alle persone. L’80% della popolazione calabrese, inoltre, si trova costretta a convivere nel territorio con gruppi criminali mafiosi e a sottostare al predominio della ’ndrangheta, attualmente ritenuta la mafia più pericolosa, a livello locale e globale. Nell’Unione europea, la Calabria è la residua regione italiana rimasta nell’Obiettivo uno, ovvero giudicata sotto le condizioni minime per potersi auto-sviluppare: è bisognosa di accrescere le proprie capacità di futuro, ma va accompagnata nel cambiamento, in particolare nella gestione ordinaria dei fondi dell’Unione, perché non persista nella condizione di regione a dipendenza assistita. In un simile quadro, si comprende la debolezza oggettiva dei calabresi che intendono scommettere sullo sviluppo locale, e il motivo per cui non diminuisce il numero di coloro che programmano di emigrare, piuttosto che avventurarsi a rischiare investimenti o a fare impresa in loco. Il sogno viene spesso infranto già in partenza. La Calabria, dall’istituzione del Regno d’Italia a oggi, si è imbattuta in ostacoli che le hanno impedito di praticare uno sviluppo endogeno, che partisse dalle sue città, dalle sue campagne, dai circa 700 chilometri di litorale e dai mari che la circondano. Anche dove esistevano condizioni fa- N 16 I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 vorevoli, invece di evolversi si sono indebolite, e le cause del peggioramento vanno addebitate soprattutto a una politica locale e nazionale miopi, per certi versi scellerate, oltre che all’azione devastante della criminalità organizzata. Fascino di miti e riti I calabresi residenti nella regione sono due milioni. Ma ci sono centinaia di migliaia di emigrati in tutto il mondo, parecchi noti per i ruoli di responsabilità pubblica che ricoprono e per la loro abilità nel muovere economie positive e nel promuovere sviluppo locale. Ma altrove. Sarà possibile trasferire questa sfida anche nella propria terra? Quali risorse deve mettere in campo la società civile calabrese? La società civile, non senza la chiesa calabrese – poiché associazionismo di base, volontariato di servizio e cooperazione sociale sono realtà concrete, inizialmente promosse nel territorio regionale proprio dalla chiesa –, esprime organizzazioni di eccellenza, all’altezza di contrastare l’inequivocabile trend di impoverimento diffuso, che comporta anche l’inibizione di molte capacità lavorative e imprenditoriali locali. Questa società civile si manifesta però come risorsa puntiforme, minoritaria, collocata all’interno di una cultura intimidita, rassegnata alle logiche della ’ndrangheta. La quale ingaggia giovani anche esterni ai clan criminali e li attira approfittando della loro fame di pane, consumi e appartenenza simbolica e protettiva. Per rendersene meglio conto, basterebbe considerare il fascino esercitato su giovani e adolescenti da miti e riti mafiosi apparsi nella recente fiction televisiva sul “Capo dei capi”. La cultura generale popolare, pertanto, appare arretrata rispetto a quella dei vari gruppi, diffusi a macchia di leo- FRANCESCO CARLONI sponsabilità: le leggi antimafia sono nate storicamente in momenti emergenziali, ma proprio per questo si rivelano inadeguate a colpire la capacità riorganizzativa che le mafie esprimono di continuo. In Commissione stiamo lavorando bene per la revisione dei testi sulla confisca dei patrimoni mafiosi e lo scioglimento dei PROVE DI CAMBIAMENTO A sinistra, la conferenza stampa svoltasi a Roma sull’impegno Caritas contro la ‘ndrangheta; sopra, manifestazione dei ragazzi di Locri pardo, che esprimono le loro idee e la loro lotta attraverso organizzazioni di base ed esperienze assai dinamiche e coraggiose, dalle associazioni antiracket (come quelle della piana di Gioia Tauro e Lamezia Terme) alle reazioni giovanili della Locride e di Catanzaro, dalle esperienze di educazione alla legalità di Reggio Calabria e della Sibaritide all’uso sociale e produttivo (sempre più esteso) dei beni confiscati. Società civile e chiesa si trovano più volte insieme nel ruolo di promotrici di proteste contro mafie, corruzioni e ingiustizie. Ma si ritrovano anche a riflettere e a progettare per poter far scaturire decisioni politiche più favorevoli alla democrazia e capaci di coinvolgere la base popolare, economie più sociali, una società più accogliente. Esistono multiformi realtà sociali organizzate, in contatto con enti e soggetti di ispirazione cristiana, che promuovono insieme manifestazioni critiche verso coloro che il cambiamento non lo vogliono, e non da oggi. “Disattenzioni” non casuali Si capisce che stiamo parlando, a questo proposito, dei partiti politici. Accanto ad alcune lodevoli prese di posizione, come il sostegno al terzo settore che utilizza strutture confiscate alla mafia, o la copertura finanziaria di certe manifestazioni studentesche, o la promozione pubblicitaria sui mass media di una regione ricca di gioventù, ci sono elementi criticabili, perché denotano l’assenza della politica. In particolare, essa risulta evanescente laddove occorre regolare l’economia e le responsabilità; laddove si devono controllare i processi gestionali ed evolutivi; laddove occorre passare dall’annuncio del cambiamento alla pratica del cambiamento. Essa risulta molto “indietro” ri- spetto alla polis della società civile organizzata. Svariati gli esempi possibili. La Calabria non ha ancora attuato, per esempio, la legge 328 (che risale al 2000) di riforma dell’assistenza sociale; pur avendola recepita tre anni dopo, la tiene bloccata non varando il piano regionale degli interventi sociali né il regolamento dei servizi. La Calabria non ha nemmeno messo a punto la legge sulla cooperazione sociale, né ha recepito quella sulle associazioni di promozione sociale, e ha un’inadeguata legge sul volontariato. Non ha recepito la legge nazionale sull’handicap, pur in presenza della raccolta di migliaia di firme. Sul versante della legalità, basti dire che esistono depositati quattro disegni di legge sulle associazioni antiracket, criticati dalle stesse associazioni perché superflui; un quinto disegno li riassume inefficacemente e le associazioni antiracket ne propongono una correzione sostanziale. Ebbene: anch’esso è fermo da mesi, mentre chi si muove e cambia sono giunte, commissioni e incarichi dei politici. La gente semplice interpreta queste “disattenzioni” come risultato del fatto che in Consiglio regionale ci sono, dato certo, ventidue onorevoli indagati dalla magistratura per reati che vanno dall’associazione mafiosa al voto di scambio alla distorta applicazione della legge 488 (sulla concessione dei finanziamenti a fondo perduto e a credito agevolato), e altro ancora. In ogni caso, sebbene la politica appaia silenziosa sui temi dello sviluppo locale vero, nella società civile esistono soggetti che cercano, anche se con fatica, di disegnare il futuro di una Calabria diversa. È una minoranza alla quale la popolazione accorda fiducia morale; che è consapevole che ripartire col piede giusto si può. E si deve. I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 17 nazionale nazionale dall’altro mondo IL MODELLO ADRIATICO, L’ITALIA CHE SA INTEGRARE di Luca Di Sciullo integrazione degli immigrati è diventato un tema molto attuale in Europa, continente ormai fortemente caratterizzato dalla diversità. Sono circa 28 milioni gli immigrati in Europa ad aver conservato la cittadinanza di origine e quasi altrettanti hanno assunto la cittadinanza di uno degli stati membri. Di conseguenza, uno ogni dieci residenti nel vecchio continente ha un’estrazione culturale “altra”. È quindi importante conoscere, attraverso una serie di elementi “misurabili”, se gli immigrati si inseriscono positivamente nel nuovo L’ I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 QUOTE A PORTATA DI CLICK: DEGLI IRREGOLARI COSA SARÀ? di Oliviero Forti mento superficiale può concludere che non vengano messe in atto azioni e politiche per l’integrazione degli immigrati. Più sensato è invece considerare le problematiche condizioni strutturali di partenza, quindi l’esistenza di un quadro generale di potenzialità ridotte. Partecipazione attiva Le province che esibiscono un mascontesto. Sulla base del quinto Rapsimo potenziale d’integrazione sono porto Cnel-Caritas sugli Indici di in25: oltre Trento e Bolzano, vi sono inDal Trentino (nuovo tegrazione degli immigrati in Italia, cluse ben sette lombarde, cinque primatista) all’ Abruzzo: che ha utilizzato dati aggiornati al 31 emiliano-romagnole, tre del Friuli il rapporto Cnel-Caritas dicembre 2004, si delinea, quanto al Venezia Giulia e tre piemontesi. Le conferma che si afferma nostro paese, un quadro territoriale uniche presenze non settentrionali una via all’accoglienza piuttosto differenziato. Sono cosono Prato (terza), la cui immigrae all’inserimento stantemente le regioni settentrionazione a nettissima componente cidegli immigrati, a partire li, in particolare nord-orientali, a ofnese presenta caratteristiche del tutdai piccoli contesti. frire in Italia le condizioni più favoto particolari, e le marchigiane AnDove relazioni cona e Macerata (15ª e 19ª). Per il rerevoli per l’integrazione socio-lavoistituzionali e umane rativa degli immigrati. Nell’ultima sto, se si esclude Bologna (28ª), che sono meno anonime rilevazione il Trentino Alto Adige ha si posiziona in fascia alta, gli altri scavalcato il Veneto in cima alla gragrandi capoluoghi di regione si conduatoria. Ciò accade tanto a livello regionale quanto a li- centrano per lo più a metà graduatoria. Tra il 50° e il 63° vello provinciale (Trento è prima nella classifica delle posto se ne trovano ben sei: Torino (50ª), Perugia (51ª), province per il più alto potenziale d’integrazione degli Roma (54ª), Firenze (55ª), Pescara (57ª) e Genova (63ª). immigrati, Bolzano è al 16° posto). Ma la distanza di In generale sembra possibile affermare che nei picpunteggio del Trentino Alto Adige da Veneto e Lombar- coli contesti, dove il rapporto con strutture, servizi e istidia (entrambe seconde) è talmente insignificante (2 tuzioni è più immediato e le relazioni umane sono mepunti) che si potrebbe parlare di un trittico di regioni so- no “anonime” rispetto ai grandi agglomerati urbani o stanzialmente allineate. Altre regioni ad alto potenziale metropolitani, si svolgono in maniera più proficua i ded’integrazione sono Emilia Romagna, Marche e Friuli licati processi di integrazione sociale, quelli che portano Venezia Giulia. Sembra così affermarsi un “modello a essere e a sentirsi parte integrante del tessuto in cui si adriatico” di integrazione, che dal Friuli Venezia Giulia vive e che implicano non solo la possibilità di accesso arriva perlomeno fino all’alto Abruzzo. reale e paritario ai servizi, ma anche la partecipazione Circa le aree meridionali-insulari, collocate nella fa- attiva alla vita del luogo e l’instaurazione di relazioni scia bassa (anche se, per alcuni specifici indicatori, si umane significative nel territorio, basate sull’accettatrovano a un livello più soddisfacente), solo un ragiona- zione e il riconoscimento reciproco. 18 immigrazione U n anno foriero di avvenimenti significativi, che hanno mantenuto sempre alta l’attenzione su un tema, l’immigrazione, che ancora divide le coscienze degli italiani. Il 2007 ha fatto registrare tristi fatti di cronaca, che hanno coinvolto cittadini stranieri e hanno portato il governo ad adottare misure d’urgenza sul fronte della sicurezza. Ma ha “battezzato” anche una nuova procedura per regolare la cosiddetta “corsa alle quote”, ovvero la presentazione di domande da parte dei datori di lavoro che intendono assumere un cittadino straniero residente all’estero. E ha introdotto nuovi elementi anche sul fronte legislativo, della riforma del testo unico: per il 2008 il governo ha annunciato di voler richiedere al parlamento una “corsia preferenziale” per l’esame della nuova legge sull’immigrazione (Amato-Ferrero). Tornando alle quote, per procedere a quella che molti hanno definito una pseudo-regolarizzazione (in quanto le domande hanno riguardato soprattutto cittadini stranieri che già risiedevano irregolarmente in Italia), si è dovuta in realtà attendere la fine di ottobre. Solo in quella data è stato infatti pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto flussi varato dal governo, che ha autorizzato l’ingresso in Italia di 170 mila lavoratori extracomunitari non stagionali e 80 mila stagionali. La novità Nuova procedura informatizzata per non è stata certamente il ritardo con cui si è l’ingresso di lavoratori extracomunitari: proceduto alla determinazione delle quote (dovuto, a detta del governo, alla necessità di eliminato lo sconcio delle code. Ma tempi lunghi per lo smaltimento della moltitu- le domande sono quattro volte più dei posti. dine di pratiche accumulatesi in occasione delle regolarizzazioni e dei decreti flussi preceden- L’irregolarità è un dato strutturale: ti), bensì il fatto che, per la prima volta, la pre- serve una legge che ne prenda atto sentazione delle domande è stata informatizzata. Ai datori di lavoro è stata lasciata la scelta di affron- goria di aspiranti lavoratori. Secondo i dati disponibili a tare la procedura al proprio computer, grazie a un colle- inizio gennaio, semidefinitivi (si potrà fare richiesta di lagamento internet, o di rivolgersi alle associazioni di cate- voratori extracomunitari fino a fine maggio), in occasiogoria o ai patronati. In ogni caso l’iniziativa ha eliminato ne del primo “click day”, il 15 dicembre, sono state oltre lo sconcio delle file alle poste, triste memoria del recen- 400 mila le domande presentate, a fronte di 47mila intissimo passato, pur avendo mantenuto in piedi gressi in palio, riguardanti i lavoratori provenienti da pael’improbabile sistema degli ingressi per motivi di lavoro si che hanno stipulato accordi con l’Italia. I paesi più introdotto dalla legge Bossi-Fini, che solo la nuova legge coinvolti sono stati Marocco (circa 100 mila domande), sull’immigrazione potrà definitivamente superare. Il mi- Bangladesh (oltre 50 mila), Albania (28 mila), Pakistan nistero dell’interno ha peraltro assicurato che la proce- (poco più di 27 mila), Sri Lanka e Filippine (entrambi con dura informatizzata verrà estesa, nei prossimi mesi, an- circa 21 mila domande), Moldavia (poco più di 20 mila). che alle domande per ricongiungimento familiare. Per la maggior parte di queste nazionalità, la tipologia di domanda prevalente ha riguardato l’assunzione per laCentomila marocchini voro domestico; ciò si è rivelato vero anche per nazionaLa presentazione delle domande poteva avvenire in tre lità tradizionalmente dedite ad altre attività. È il caso del differenti date, ognuna dedicata a una particolare cate- Marocco: le domande per lavoro domestico hanno pesaI TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 19 nazionale nazionale contrappunto immigrazione IN FILA, MA ON LINE Immigrati fuori da un ufficio postale aspettano di presentare la propria domanda di regolarizzazione. Con i “click day” di dicembre le code si sono trasferite in internet IL POTERE SI ASCOLTA, IL GIORNALISTA SI CONFORMA di Domenico Rosati ncora sulle televisioni in Italia. Stavolta non sugli aspetti strutturali (concentrazioni, conflitto d’interessi, monopolio, leggi personalizzate o in gestazione perpetua). Piuttosto, su una questione più delicata, se si vuole più intima: il ruolo di chi opera nel ciclo delle immagini, dei palinsesti delle notizie video. Lo spunto viene dalle “rivelazioni” sui contatti intercorsi (e intercettati) tra dirigenti e operatori delle due aziende del duopolio italiano (Rai e Mediaset) per concordare tempi e modi di redazione e messa in onda di servizi giornalistici. Il tutto, al fine di favorire un determinato personaggio politico (o di non nuocergli) e appesantito dal fatto che alcuni attori coinvolti appartenevano, A to per il 56% sul totale di quelle presentate. Egitto, Tunisia e Albania sono invece i paesi per i quali è stata percentualmente superiore la richiesta di lavoratori per attività subordinate diverse dal lavoro domestico. Il secondo “click day”, il 18 dicembre, è stato riservato alla categoria di colf e badanti provenienti da paesi diversi da quelli che hanno stipulato accordi con l’Italia. In quell’occasione sono state registrate più di 143mila domande per 65mila ingressi autorizzati; è emerso un particolare coinvolgimento della Lombardia, regione che ha espresso circa il 30% del totale delle domande per colf e badanti. I cittadini stranieri maggiormente richiesti provengono da Ucraina, Cina, India e Perù. Infine, Il terzo “click day”, fissato per il 21 dicembre, ha riguardato tutti gli altri lavoratori e le conversioni dei permessi di soggiorno: circa 107 mila le domande ricevute, al cospetto di 56 mila posti disponibili. Non conviene a nessuno Alla fine della maratona di sostegni e adesioni in tre tappe, il Viminale ha dunque ricevuto circa 655 mila domande, a fronte dei 170 mila ingressi autorizzati dal decreto flussi. Si tratta di un rapporto di ben 4 a 1. La questione, adesso, è capire come comportarsi con quei tre quarti di lavoratori stranieri che non vinceranno la lotteria delle quote e che tuttavia già si trovano in Italia irregolarmente. Se poi a essi aggiungiamo coloro che, pur sog20 I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 giornando e lavorando irregolarmente nel nostro paese, non hanno potuto o non hanno voluto avvalersi del sistema dei flussi, sorge spontanea una domanda: non è il caso di affrontare seriamente la proposta di una regolarizzazione, alla quale far seguire una riforma della politica migratoria italiana che tenga conto dell’irregolarità come fattore strutturale del sistema, e non come fattore straordinario? Le risposte dovranno tener conto di questa dinamica dei flussi migratori, altrimenti ogni intervento e ogni riforma risulteranno non solo insufficienti, ma pure inadeguati. La presenza di irregolari nel paese non conviene a nessuno: non all’immigrato, perché è costretto a un’esistenza fatta di precarietà; non all’Italia, che deve sopportare costi elevati, soprattutto quando sono connessi alle procedure di allontanamento dal territorio nazionale. Lo stesso ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, all’indomani della chiusura della presentazione delle domande ha dichiarato che «dopo il 21 dicembre bisognerà fare una riflessione su quale strada intraprendere per dare una risposta ai tanti che restano fuori dai decreti flussi. Nel 2006 abbiamo scelto di fare un secondo decreto flussi, ma con l’attuale legge, la Bossi-Fini, si è visto che le procedure farraginose creano lungaggini. Non è più possibile proseguire così. La risposta più snella è la nuova legge». C’è da augurarselo, anche per evitare, in futuro, un’ipocrisia e un dibattito trascinatisi anche troppo a lungo, e che hanno impedito di affrontare con maggior vigore e incisività la sfida più importante, nel settore delle politiche dell’immigrazione: quella che, una volta disciplinati gli ingressi, deve organizzare e rendere efficaci le opportunità e i percorsi di integrazione. trarsi: esso chiama in causa direttamente gli operatori dell’informazione, che amano qualificarsi come “cani da guardia della democrazia”. Uniformarsi prima A me è accaduto di incontrarne uno che si vantava di non aver mai ricevuto direttive e rimproveri dal suo referente politico; ciò perché – spiegava compiaciuto – «sono capace di intuire il pensiero del capo e di in origine, all’azienda privata ed erano uniformarmi a esso prima che venpoi stati dislocati in quella pubblica ga espresso pubblicamente». Le rivelazioni sulla con compiti di riguardo. È il fenomeno del “conformismo “concertazione” tra Rai L’opinione media è stata sensibipreventivo”. Non esiste solo nel e Mediaset invitano a lizzata sul caso e ne sono emerse giornalismo. Riguarda politica, immeditare sulle abitudini prese, mondo religioso e associatidue posizioni: il rifiuto della meravidiffuse tra gli operatori vo. Appanna il sentimento di libertà glia («certe cose sono sempre accadell’informazione. e alimenta per mille rivoli il grande dute»); la denuncia della concertaIn Italia, oltre mare della tranquillità che è rapprezione premeditata, se non del comall’eccezione del “canale sentato da un costume di adeguaplotto politico-mediatico. Ma già in unico”, scontiamo mento acritico. Malanno sempre un’epoca in cui non esistevano né anche un deficit radio né televisione, un analista acgrave, che nella tv ottiene uno di “fattore umano” creditato come Carlo Marx sentenstraordinario effetto deformante. ziava che “attraverso la stampa il Il mondo delle immagini è per sua potere ascolta se stesso”. Non è detto che per ottenere lo natura esposto alla manipolazione culturale e tecnologica. scopo sia sempre necessario stabilire un rapporto tra Si pensi all’importanza del “montaggio” nel film. Anteporchi emette le direttive e chi le esegue. Accadeva ai tem- re un’immagine a un’altra muta il senso della sequenza. pi del fascismo, con il Minculpop (Ministero della cul- Presentare un personaggio “in favore di camera”, ben illutura popolare), che ogni giorno trasmetteva ai giornali minato e purificato dai difetti fisici, o confezionare il “panile disposizioni del regime: dare o non dare una notizia, no” delle notizie in modo che l’ultima parola tocchi all’invalorizzarla o minimizzarla, stabilendo pure l’ampiezza terlocutore preferito: mille sono le opzioni praticabili, per dei titoli; e per facilitare il compito degli addetti inviava rendere l’insieme funzionale a una finalità specifica. le “veline”, che non erano ragazze svestite, ma tracce di Nei casi recentemente venuti alla luce, accanto alargomenti da svolgere per indottrinare le masse. l’eccezione italiana, che porta alla logica del “canale Oggi tutto è cambiato e non si ricorre più a tecniche unico” per influsso della non risolta sovrapposizione di tanto invasive. Il potere, beninteso, continua ad ascoltare poteri, c’è dunque anche un deficit di “fattore umano”. se stesso, ma lo fa con mediazioni più sofisticate o, se si Giornalisti vittime delle circostanze, e/o parti attive? vuole, personalizzate. Ed è questo il punto su cui concen- Conviene meditare. I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 21 panoramacaritas PILLOLE MIGRANTI Italia “bocciata” per l’asilo, convenzione contro la tratta RAPPORTO ENAR: L’ITALIA DISCRIMINA I ROM. Critiche all’Italia per i campi nomadi, considerati ghetti veri e propri, arrivano dall’Enar (Rete europea contro il razzismo), che in un rapporto diffuso a fine 2007 denuncia l’aumento di organizzazioni e partiti estremisti nella Ue. Oltre 600 organizzazioni non governative (ong), riunite nell’Enar (Rete europea contro il razzismo), hanno denunciato un aumento notevole di organizzazioni e partiti estremisti nei paesi aderenti, nonostante “l’effetto positivo” della direttiva sull’eguaglianza razziale nell’Unione. ASILO, ITALIA E SEI PAESI INADEMPIENTI RISPETTO ALLE NORME UE. L’Italia e altri sei paesi europei non applicano le norme europee sui centri di accoglienza, previste nella direttiva 2003 sul diritto di asilo. È quanto emerge dal rapporto della Commissione europea sull’applicazione delle regole Ue. Complessivamente, “la direttiva è stata trasposta in modo soddisfacente nella maggior parte degli stati membri” e, contrariamente al diffuso timore che l’armonizzazione delle norme sul diritto d’asilo avrebbe abbassato gli standard, “solo tre stati membri hanno abbassato in settori particolari le condizioni di ricezione, mentre altri dodici li hanno migliorati”. Secondo la Commissione, “le informazioni ai richiedenti asilo sui diritti e i doveri sono generalmente fornite, tuttavia la consegna in tempo della documentazione e la predisposizione di centri di accoglienza capaci rimangono una sfida per molti stati”. A non applicare le norme sui Cpt, oltre all’Italia, sono Gran Bretagna, Belgio, Olanda, Polonia, Lussemburgo e Cipro. IN VIGORE CONVENZIONE SULLA LOTTA ALLA TRATTA. La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani entra in vigore il 1° febbraio 2008, in seguito alla ratifica da parte di Cipro, decimo stato a siglarla. Terry Davis, segretario generale del Consiglio, ha ribadito che «la Convenzione usa intenzionalmente la mano forte nei confronti dei trafficanti e fa la differenza per le vittime, che beneficeranno di un grande aiuto a tutela dei loro diritti fondamentali». Aperta a tutti i paesi europei (non solo Ue) e anche a paesi non europei, la convenzione prevede misure di assistenza obbligatoria e un periodo di recupero di almeno trenta giorni per le vittime; la possibilità di rilasciare permesso di soggiorno alle vittime non solo in ragione della loro cooperazione con le forze dell’ordine, ma anche per motivi umanitari; la possibilità di punire penalmente i “clienti”; una clausola che prevede la possibilità di non punire le vittime di tratta. 22 I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 CARITAS 32° Convegno ad Assisi a fine giugno Sono stati definiti data e luogo di svolgimento del 32° Convegno nazionale delle Caritas diocesane. Il tradizionale appuntamento, che raduna i rappresentanti dei 220 organismi attivi nelle diocesi di tutta Italia, si svolgerà dal 23 al 26 giugno a Santa Maria degli Angeli (Assisi). I lavori si svolgeranno principalmente nel Teatro Lyrick della località umbra. Titolo, programma e ospiti del Convegno verranno definiti nelle prossime settimane; l’assise sarà comunque dedicata a portare a compimento le riflessioni maturate, durante l’anno pastorale Caritas, sul tema “Animare al senso di carità attraverso le opere: conoscere, curare, tessere in rete”. KENYA Dai vescovi appello al dialogo, Caritas in azione Le violenze scoppiate in Kenya a fine dicembre, all’indomani delle elezioni politiche, il cui esito ha contrapposto (anche su base etnica) i sostenitori del presidente Mwai Kibaki e dello sfidante Raila Odinga, hanno creato grande apprensione anche IMMIGRAZIONE Legalità: il caso della Romania L’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei organizza, venerdì 8 febbraio, un incontro sul tema “Immigrati e legalità. Il controverso caso della Romania”. L’incontro, in programma a Roma a Villa Aurelia, durerà un’intera giornata e sarà l’occasione tra le altre cose per presentare un volume sull’argomento, che la redazione del Dossier statistico immigrazione CaritasMigrantes sta preparando. ARCHIVIUM Durante la mattinata si parlerà di flussi migratori dalla Romania, nel pomeriggio la discussione sarà incentrata sulla questione-rom. In entrambe le sessioni, porteranno la loro esperienza rappresentanti di Caritas Spagna e Caritas Romania. INFO www.chiesacattolica.it/ lavoro negli ambienti ecclesiali del paese. All’inizio dell’anno, mentre gli scontri si diffondevano, i vescovi del paese hanno inviato ai leader politici coinvolti un appello alla responsabilità e a mettere da parte la violenza, affinché ogni controversia sia chiarita con il confronto e il dialogo. Nel frattempo Caritas Kenya, mettendo a frutto la sua presenza capillare nel territorio nazionale, ha intrapreso interventi a favore delle vittime e degli sfollati a causa degli scontri, concentrando l’azione Il primo vescovo-presidente «Dobbiamo animare, anche nell’emergenza» “Archivium”. Una rubrica per “rileggere” la storia della carità, soprattutto di Caritas Italiana (del cui archivio storico il riordino è in fase d’avvio) e delle Caritas diocesane: figure, opere e parole che continuano a essere “memoria viva”. e gli aiuti soprattutto nelle diocesi di Bungoma ed Eldoret. «C’è bisogno urgente di beni di prima necessità e di sostegno psicologico», ha dichiarato sin dai primi giorni Janet Mangera, direttrice di Caritas Kenya, con la quale Caritas Italiana si è mantenuta in costante contatto nei giorni dell’emergenza. Caritas Kenya fa parte di un gruppo di lavoro interreligioso di agenzie umanitarie, che coordinano il loro lavoro a favore delle vittime dell’emergenza: Caritas Italiana (che da anni accompagna alcuni progetti, nelle baraccopoli di Nairobi e nella diocesi rurale di Bungoma, rivolti ai malati di Aids e per generare opportunità di lavoro), sosterrà anche gli interventi a favore delle vittime delle violenze post-elezioni. SERVIZIO CIVILE S. Massimiliano, largo ai pensieri dei giovani Si svolgerà a Reggio Emilia, il 12 marzo, ricorrenza di San Massimiliano di Tebessa, martire per obiezione di coscienza, l’incontro nazionale rivolto ai giovani in servizio civile. Promosso I GIOVANI CHE SERVONO Quest’anno a Reggio Emilia, l’anno scorso (nella foto, l’accoglienza) fu a Cassino: i giovani in servizio civile il 12 marzo festeggiano con un’assemblea la memoria di San Massimiliano da Caritas Italiana e dalle altre realtà aderenti al Tavolo ecclesiale per il servizio civile, l’incontro avrà come tema il messaggio del papa per la Giornata mondiale della Pace (“Famiglia umana, comunità di pace”), ma farà memoria anche della figura di don Giuseppe Dossetti, a 60 anni dall’entrata in vigore della Costituzione Italiana. La novità dell’incontro 2008 è la proposta ai giovani di elaborare lavori in forma libera (audio, video, foto, testi scritti, rappresentazioni artistiche, purché dotati di una versione pubblicabile in internet), che consentano di approfondire i temi del messaggio di Benedetto XVI e raccontare esperienze, incontri o riflessioni effettuati nel corso del servizio. I contributi vanno inviati entro il 20 febbraio all’Ufficio servizio civile di Caritas Italiana: ne saranno scelti tre, che saranno presentati durante l’incontro di Reggio Emilia. Gli altri saranno resi disponibili tramite il sito esseciblog.it. Un protagonista della storia ecclesiale italiana recente. È uscita la prima biografia di monsignor Giuseppe Motolese (1910-2005), scritta da Vittorio De Marco (Gugliemo Motolese. Un vescovo italiano del Novecento, S. Paolo, Cinisello B., 2007). Il volume dedica alcune pagine (232-241) agli anni in cui Motolese fu chiamato, nell’aprile 1976, a essere il primo presidente vescovo di Caritas Italiana. La sua nomina fu interpretata come segno di stima nei confronti dell’organismo, che compiva i suoi primi cinque anni di vita, da parte della Cei. Nel primo intervento nel Consiglio nazionale (24 novembre 1976), monsignor Motolese ricordò l’importante ruolo di coordinamento della Caritas. E il valore come strumento per interpretare l’esigenza conciliare di un nuovo dialogo tra Chiesa e mondo: “Senza la Caritas, la Chiesa in Italia sarebbe una Chiesa povera, non ancora perfettamente matura e docile nel vivere il precetto del Signore, nell’essere Sua presenza storica. Sarebbe cioè una Chiesa non ancora del tutto aperta al mondo”. Per questa ragione, Motolese sognava per ogni diocesi e tra parrocchie una “scuola della carità”, strumento di formazione al senso personale ed ecclesiale del gesto di carità. L’impegno come presidente di Caritas Italiana si protrasse fino al 1981. In quei cinque anni il vescovo di Taranto si innamorò della Caritas, che accompagnò in anni difficili per la vita politica e sociale italiana, nella scelta del servizio civile, nella prima indagine sulle opere socio-assistenziali (1979). Condivise anche numerosi viaggi, dopo i terremoti di Romania (1977) e Guatemala (1978), un ciclone in India (1979), nei campi profughi di vietnamiti e cambogiani in Malesia (1979) e Tailandia (1980). In Italia, il suo impegno fu particolarmente volto ad affrontare gli effetti del terremoto in Irpinia (novembre 1980). Monsignor Motolese chiuse il suo mandato con una preoccupazione bene espressa al Consiglio permanente della Cei (12-15 ottobre 1981): “Questo spazio così ampio riservato alle emergenze potrebbe dare della Caritas un’immagine distorta, quasi fosse un’agenzia di aiuto nelle calamità, (…) se non si tiene presente che l’animazione va fatta nella realtà concreta della vita, che è fatta di semplici atti quotidiani e anche di situazioni straordinarie (…): è comunque necessario che le Caritas diocesane ricordino sempre la loro prevalente funzione pedagogica, anche nelle emergenze”. Giancarlo Perego I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 23 internazionale progetti > diritto alla salute MICROPROGETTI “La famiglia nella realtà della malattia”. È il tema della Chiesa italiana per la Giornata mondiale del malato 2008, che quest’anno coincide con i 150 anni dalle apparizioni della Madonna a Lourdes. Dal mondo della sanità emerge una forte domanda di speranza e umanizzazione. La Chiesa risponde con una presenza che è vicinanza alle famiglie e agli ammalati, i quali nella loro drammatica condizione sperimentano troppo spesso la solitudine e la mancanza di assistenza. Caritas Italiana, sostenendo progetti sanitari nel mondo, cerca di dare risposte concrete, piccoli semi di speranza che vanno accresciuti e valorizzati. [ Giamaica > Costo 3.334 euro > Causale MP 373/07 Vietnam I TA L I A C A R I TA S Camerun GUINEA CONAKRY FEBBRAIO 2008 In Guinea Conakry vi è la necessità di aumentare la disponibilità di servizi sanitari per la popolazione delle zone periferiche e favorire l’accesso alle cure mediche da parte delle fasce sociali più povere. La chiesa cattolica locale, in particolare la diocesi di N’Zérékoré, situata nella zona forestale, è da anni impegnata in progetti sanitari e ha recentemente completato, anche grazie ai fondi raccolti dalla Chiesa italiana nel 2000, in occasione della campagna per la remissione del debito, la costruzione di un centro sanitario nella cittadina di Guecké. Caritas Italiana si è resa disponibile ad accompagnare la fase di avvio del piccolo ospedale, che prevede acquisto delle CAMERUN Accoglienza ai bambini dell’Aids Il problema dell’Aids si manifesta in modo tragico lungo le strade di Douala. Molti bambini, rimasti orfani dei genitori, sono abbandonati a se stessi. I bassi tassi di scolarizzazione e le continue morti testimoniano la gravità del problema. Una comunità parrocchiale ha deciso di reagire, creando luoghi di accoglienza e di ascolto per i bambini vittime dell’Aids. Il programma prevede l’acquisto di strumenti utili al funzionamento del progetto. > Costo 5.523 euro > Causale MP 377/07 Camerun Un centro sanitario nella zona delle foreste ] | Vietnam Guinea MODALITÀ OFFERTE E 5 PER MILLE A PAGINA 2 LISTA COMPLETA MICROREALIZZAZIONI, TEL. 06.66.17.72.22/8 24 VIETNAM Pulire l’acqua per evitare epidemie La popolazione di Ba My non dispone di acqua potabile. Gli abitanti usano abitualmente l’acqua dei fiumi o dei pozzi, molto sporca e infettata da sostanze tossiche, escrementi di animali o pesticidi usati in agricoltura. Durante la stagione estiva, il sale e l’allume contribuiscono non poco a peggiorare l’inquinamento delle falde. Tutto ciò si ripercuote sulla salute degli abitanti del villaggio, specialmente delle fasce più deboli (bambini e anziani). Il programma prevede l’acquisto e l’installazione di uno sterilizzatore per l’acqua e la costruzione di due cisterne per far fronte alle continue epidemie. attrezzature, selezione del personale e avvio vero e proprio delle attività. Il centro sanitario potrà garantire la disponibilità di una trentina di letti per i ricoveri, la presenza di un medico residente e un blocco operatorio in grado di far fronte alla piccola e media chirurgia, sia generale, sia ostetrica. Ogni anno potranno essere effettuati almeno 250 interventi, fornite cure ospedaliere ad almeno 800 degenti, effettuati circa 250 parti in sicurezza; inoltre si prevedono diverse migliaia di visite in ambulatorio. > Costo 50 mila euro > Causale Guinea Conakry / Centro sanitario Guecké GIAMAICA Medicinali per gli indigenti Il piccolo centro sanitario di Magotty è a servizio dei poveri della zona. Le suore infermiere che lo gestiscono fanno quello che possono, soprattutto per gli interventi d’urgenza. Il programma prevede l’acquisto di uno stock di medicinali di prima necessità, destinati ai bambini e alle mamme indigenti del villaggio. > Costo 3.811 euro > Causale MP 401/07 Giamaica I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 25 internazionale contrasti americani IL CONFINE COLABRODO SULL’ISOLA DIVISA IN DUE di Paolo Beccegato foto di Ana Becares IL PRESENTE NEL FANGO Una delle strade principali verso il centro di Haiti. Il pessimo stato della logistica è uno dei fattori frenanti dello sviluppo del paese caraibico assare la frontiera di Malpasse è come saltare di colpo da un cielo paradisiaco a un girone infernale. L’isola Quisqueya (Hispaniola all’epoca delle colonie, ma agli haitiani non piace chiamarla così: qui fece il suo primo sbarco Cristoforo Colombo) è spezzata in due. Non c’è un muro a separare la Repubblica Dominicana da Haiti, neppure canali o fossati, ma è come se ci fossero tutti. Presidiata non solo dalla polizia nazionale, ma spesso dall’esercito dominicano, sorvegliata talvolta anche dai novemila caschi blu Onu (la missione Minustah) e dalle stesse forze di polizia di Haiti, la frontiera che separa i due paesi è un colabrodo. Ogni sforzo è inutile. Giorno e notte decine, centinaia di haitiani – nessuno sa quanti con precisione – fuggono: da povertà e violenze, da crisi cicliche, da mancanza di sicurezza, da armi e omicidi quotidiani (140 morti ammazzati solo tra gennaio e marzo 2007, più della metà nel quartiere Martissant della capitale haitiana Port-au-Prince). È un flusso continuo, crescente, non regolamentato, che va ad alimentare la massa di immigrati irregolari haitiani sparsi ormai in tutta la Repubblica Dominicana, non solo nella capitale Santo Domingo. Forse non si passa dal cielo più alto del paradiso dantesco, e neppure si finisce nel girone più profondo, ma il viaggio tra i due paesi che si dividono il territorio della stessa isola caraibica – dal sud-est turistico e ridente, dai dintorni di La Romana e San Pedro de Macorìs, via via lungo la piacevole costa del sud, passando per Bani, Barahona, verso ovest, poi salendo su ancora verso l’incantevole lago Enriquillo, fino allo stridente impatto con il confine haitiano, nell’interno brullo e incolto dell’isola, con uomini che scavano in cave di pietra anche a mani nude, tra odori maleodoranti, baracche fatiscenti, strade sconnesse, acquitrini e vaste aree ancora inondate dall’uragano Noël –, questo viaggio fa certamente capire che qualcosa non va. Perché un baratro tanto abissale? P Semischiavi nelle batayes Quisqueya, la Hispaniola di Cristoforo Colombo, “ospita” due stati, Repubblica Dominicana e Haiti. Il primo si sviluppa a ritmi asiatici, il secondo rimane il più povero delle Americhe. Così i flussi migratori si fanno imponenti... La Repubblica Dominicana viaggia con tassi di crescita economica notevoli, 8,2% all’anno, secondi (nell’area delle Americhe) solo a Panama, roba da far invidia alle ruggenti Tigri asiatiche. Nove milioni di abitanti su una superficie pari a quella di Lombardia e Piemonte, indicatori socioeconomici rassicuranti, anche se il divario ricchi-poveri cresce e sacche di disagio non mancano. I quartieri poveri di Santo Domingo, soprattutto quelli lungo il fiume e a ridosso del mare, ne sono un esempio. Ma il gruppo sociale più povero è proprio quello degli immigranti haitiani. È certamente la questione delle questioni. Gli haitiani sono più di un milione e mezzo, forse due, nessuno vuole dirlo con precisione, perché parlarne implicherebbe prendere poi decisioni politiche concrete, sicuramente assai complesse. Lavorano nei settori più sgradevoli: edilizia, agricoltura, le donne spesso come collaboratrici domestiche. Molti minori, purtroppo, finiscono nei giri del commercio del sesso infantile. I diritti dei migranti haitiani sono lesi a tutti i livelli: sono talvolta malnutriti, non ricevono cure mediche adeguate, non partecipano alla vita politica, sociale e culturale del paese, il loro reddito è normalmente inferiore del 60% rispetto alla media nazionale. Eppure partecipano al progresso del paese: stanno scavando la prima metropolitana di Santo Domingo, si scorgono sulle impalcature o a picconare edifici da ristrutturare. Nella maggior parte dei casi, però, lavorano nelle piantagioni di canna di zucchero, le cosiddette batayes, in condizioni definite dalla Confederazione sindacale internazionale di semischiavitù, dove guadagnano 1,5 dollari al giorno e in qualche caso I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 27 internazionale contrasti americani non vengono pagati affatto. Così l’Onu ha inviato, a fine ottobre 2007, due ispettori nella Repubblica Dominicana, un relatore speciale sul razzismo, Doudou Diené, e una relatrice sui diritti delle minoranze, Gay McDougall, proprio per analizzare il trattamento riservato agli haitiani immigrati nel paese. Il verdetto? Il rapporto è appena stato consegnato all’Assemblea generale delle Nazioni Unite: razzismo sì, xenofobia no. “È assolutamente indispensabile che la Repubblica Dominicana riconosca l’esistenza del razzismo e adotti politiche per combatterlo”, hanno concluso lapidariamente i due ispettori. L’ambasciatore haitiano a Santo Domingo si è affrettato a precisare che “i rapporti tra i due paesi sono ottimi e gli haitiani sono trattati con ospitalità e accoglienza dagli amici dominicani”. Anche il ministro degli esteri di Santo Domingo aveva bollato tutte le accuse al suo paese come “irresponsabili e frutto di una campagna diffamatoria”, già prima dell’arrivo degli ispettori. E il consigliere capo della missione dominicana all’Onu, Francisco Alvarez, ha ribadito che i relatori del Palazzo di Vetro saranno sempre i benvenuti nel suo paese, ma ha qualificato il loro rapporto come pregiudizievole: “In un paese dove l’80% della popolazione è di ascendenza nera, non è possibile parlare di razzismo. Neghiamo categoricamente che nella Repubblica Dominicana esista il razzismo o discriminazioni razziali”. Raimundo senza pensione Non va meglio con la logistica, i trasporti e la viabilità. Raggiungere il centro del paese, non lontano dalla frontiera dominicana, è un’avventura. Sconsigliata a chi soffre il mal d’auto o ha premura. Finire fuori strada o bloccati nel fango, anche a bordo di jeep quattro per quattro, pullman o camion, non è un fatto sporadico. Si attraversano fiumi e frane: se piove il giorno prima, non conviene avviarsi. E così l’economia, le produzioni e il commercio restano bloccati, insieme ai mezzi di trasporto. E lo sviluppo non decolla. È vero che dalla parte di Port-au-Prince hanno cominciato a sistemarle, le strade, ma ai ritmi a cui si lavora ci vorranno anni, sempre ammesso che la pace regga e il paese non ripiombi in una delle crisi politico-militari che ha scandito la sua storia. E il nord, lungo la costa che porta da Port-de-Paix a Cap Haitien, è ancora più arretrato, mentre il sud-ovest, da Jeremie a Les Cayes, viene regolarmente colpito da catastrofi naturali (l’uragano Noël è stata solo l’ultima). Così è inevitabile che Williams, padre haitiano e madre dominicana, a 24 anni faccia il taxista a Santo Domingo e non a Puerto Plata, parte est di Quisqueya, dove è nato. Come i suoi tre fratelli, insieme alla moglie e ai tre figli, è riconoscente e molto affezionato al padre Raimundo, ormai in pensione. Almeno sulla carta: il vecchio infatti non percepisce nulla e vive solo grazie all’aiuto dei suoi ragazzi. Raimundo ha lavorato per vent’anni nella Repubblica Dominicana, dopo una fuga rocambolesca da Haiti, sempre senza contratti regolari. Prima nelle piantagioni di canna da zucchero, poi – date le competenze e l’affidabilità – guidando at- trezzi pesanti, trattori e ruspe. Più responsabilità e più stima, ma la stessa carenza di diritti e tutele. Il salario non è mai cresciuto, così i quattro figli non hanno potuto frequentare regolarmente la scuola dominicana e hanno dovuto farsi da sé. Papà Raimundo e mamma Noris hanno assicurato un pezzo di pane a tutti, ma spesso in famiglia si stringeva la cinghia. «Però non c’era scelta – commenta Williams –. Ad Haiti avremmo fatto la fame, forse rischiato la vita…». Così si torna alla frontiera: ci passa di tutto, è un groviera lungo 266 chilometri, che collega due mari. Impossibile controllarla, giorno e notte, 365 giorni all’anno. Però numerose organizzazioni per i diritti umani denunciano che manca una vera e propria politica migratoria tra i due paesi: le frequenti ondate di rimpatri forzati (3.600, tra settembre e ottobre 2007) di haitiani entrati illegalmente, tramite reti di trafficanti e spesso su richiesta dei datori di lavoro dominicani, sono lì a dimostrarlo. Anche negli uffici delle dogane “ufficiali”, del resto, tutti sanno che il lunedì e il venerdì si chiude un occhio. Così si incentiva ogni tipo di traffico: di uomini, soldi e merci, droghe comprese. La Repubblica Dominicana non è l’unica destinazione della fuga in massa: quasi un haitiano su tre ha lasciato il paese, mete ambite sono anche Stati Uniti, Guadalupe, Giamaica, persino Cuba. Dall’inferno, anche se riscaldato dal sole delle Antille, finché si può, conviene scappare. Chiesa samaritana e di frontiera la Caritas in aiuto delle donne VITTIME DESIGNATE l paese cresce, ma permangono forti tensioni, perché non si dà risposta ai problemi dei poveri: disoccupazione, disuguaglianze sociali, insicurezza. Però non bastano misure repressive, occorrono politiche sociali e sanitarie più attente ai gravi bisogni della gente – afferma monsignor Pierre André Dumas, vescovo ausiliare di Port-auPrince e presidente di Caritas Haiti –. Lo stato sta rafforzando le istituzioni, ma quelle giudiziarie restano deboli. Processi infiniti, detenzioni arbitrarie e prolungate, mancanza di certezza della pena. Bisogna invece dare speranza soprattutto ai giovani, incoraggiare la ripresa, cambiare le regole dello sviluppo, favorire una vera giustizia sociale». In chiave ecclesiale, monsignor Dumas osserva che «la Chiesa haitiana deve andare verso la gente, con una pastorale che abbiamo definito “samaritana”: missionaria, di materna per parto è altissima (solo il 24% delle nascite è seguito da personale sanitario qualificato); la malnutrizione cronica è assai diffusa tra le donne incinte. E molte mamme per partorire sono costrette a scappare negli ospedali appena oltre frontiera, anche passando il confine a piedi, di notte, lungo il fiume Masacre, correndo inevitabili rischi. Quanto ai bambini, solo il 60% frequenta la scuola, i maschi per quattro anni e le bambine per la metà del tempo. Ne consegue che la metà della popolazione è completamente analfabeta. E il 20% dei bambini che muoiono sotto i 5 anni in tutta l’America Latina sono haitiani. Caritas Italiana sta dunque sostenendo un progetto di 20 mila euro nella diocesi di Hinche, che mira a organizzare gruppi di donne e consentire ad essi l’accesso al credito, per l’avvio di microattività imprenditoriali. I risultati sono fenomenali; questa azione verrà rafforzata. «I 28 Dove sta la verità? Difficile a dirsi. Certo è che se l’effetto calamita continua ad attrarre masse di haitiani in Repubblica Dominicana, una ragione ci sarà. Ed è presto detta: povertà e violenza. Haiti, prima repubblica nera del mondo, indipendente dall’inizio dell’Ottocento, nonostante gli indiscutibili passi avanti e la relativa stabilità che regna nel paese, soprattutto da un anno e mezzo, resta un paese poverissimo, il più povero dell’America Latina. Quasi nove milioni di abitanti, distribuiti su una superficie pari a poco più di quella della Sicilia (una densità tra le più alte del centro America), hanno una speranza di vita alla nascita bassissima: 53 anni, contro i 69 della Repubblica Dominicana. Il 53,9% della popolazione vive in povertà assoluta, con meno di un dollaro al giorno (sono solo il 2,5% nella nazione confinante); il Pil pro capite annuo è di soli 400 dollari. Solo il 40% dei ragazzi ha accesso ai servizi sanitari di base; la percentuale di bambini vaccinati contro il morbillo nel primo anno di vita è meno della metà di quello registrato nell’Africa sub-sahariana (fonti Onu). Acqua potabile e corrente elettrica sono un privilegio per pochi. I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 prossimità, di animazione, attenta alle piccole comunità, capace di una rinnovata opzione per i più poveri». Sull’isola Quisqueya, l’opera della Chiesa si fa sentire. Le due Caritas nazionali, della Repubblica Dominicana e di Haiti, oltre ai consolidati impegni nei settori educativo, sanitario, agricolo, formativo, dello sviluppo integrale, delle emergenze (ultima l’uragano Noël, che ha colpito i due paesi e il Messico), hanno avviato di recente un interessante progetto, denominato “Fronteras”, per coordinare le sette diocesi situate lungo i due versanti del lungo confine, al fine di fornire aiuti, assistenza giuridico-legale e formazione linguistica a migranti e richiedenti asilo, ma anche per diffondere una mentalità di solidarietà e accoglienza. Violenza domestica Caritas Italiana sostiene il lavoro delle due Caritas. Oltre a Le donne, insieme ai bambini, sono spesso oggetto di violenze domestiche ad Haiti. E la mortalità materna per parto rimane altissima finanziare microprogetti in varie diocesi dei due paesi (potabilizzazione dell’acqua, sviluppo agricolo, avvio al lavoro dei giovani, assistenza sanitaria) e a sostenere interventi umanitari in seguito alle ricorrenti crisi haitiane, negli ultimi anni si è concentrata su progetti per donne e bambini. La violenza domestica nei loro confronti è un fenomeno che cresce di giorno in giorno, soprattutto ad Haiti, favorito dal contesto di instabilità e insicurezza . La mortalità I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 29 internazionale internazionale balcani inquieti casa comune DIRITTI, DOPPIO COLPO ORA LA CARTA È VINCOLANTE LA BOSNIA NON FUNZIONA, LABIRINTO SENZA USCITA? di Gianni Borsa inviato agenzia Sir a Bruxelles ffermare i diritti e poi verificarne il rispetto. È il significato dell’uno-due assestato dall’Unione europea a metà dicembre, con la proclamazione ufficiale della Carta dei diritti fondamentali (di fatto “allegata” al nuovo Trattato di riforma) e con la Relazione annuale sui diritti umani 2007. Anzitutto la Carta, definita dai capi di stato e di governo dell’Ue a Nizza già nel 2000, che assumerà valore vincolante con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1° gennaio 2009 (salvo ripensamenti A di eleggibilità alle elezioni del parlamento europeo, il diritto a una buona amministrazione, il diritto di accesso ai documenti e la tutela diplomatica e consolare. Infine, sesto capitolo, la “giustizia”, con la presunzione di innocenza, il diritto alla difesa e altri. Ancora troppe violazioni La Relazione annuale sui diritti umani per il periodo dal 1º luglio 2006 al a livello comunitario). La Carta, per 30 giugno 2007, presentata all’Eurola quale Regno Unito e Polonia hanparlamento dalla presidenza di turno Da gennaio sarà no ottenuto deroghe di applicaziodel Consiglio Ue, ha invece il compivincolante il testo che ne, riprende in un unico testo to di “fornire una panoramica delle afferma tutti i diritti l’insieme dei diritti civili, politici, attività dell’Unione europea” nel setdei cittadini Ue e di chi vi economici e sociali dei cittadini eutore e verificare l’efficacia delle azioni risiede: sei capitoli, dalla ropei e di coloro che vivono nel tercomunitarie presso i paesi terzi. Il tedignità alla giustizia. ritorio dell’Unione. sto esamina gli sviluppi – nel vasto Intanto presentata Tali diritti sono raggruppati in sei campo dei diritti – all’interno dell’Ula Relazione sui diritti nione e focalizza una lunga serie di grandi capitoli, preceduti da un umani. In attesa di un questioni tematiche relative anche a preambolo che fa riferimento ai valo“tribunale mondiale”… ri comuni su cui si fonda l’Unione. Il paesi “vicini di casa” dell’Ue oppure “titolo primo” è dedicato alla “dipresenti in altri continenti. gnità” dei cittadini e comprende, fra Tra le “questioni tematiche”, la regli altri, diritto alla vita, diritto all’integrità della persona, lazione si concentra sulla pena di morte (applicazione, proibizione della tortura, proibizione del lavoro forzato. Il moratorie, abolizione), sulle violazioni dei diritti dei bamsecondo capitolo è quello delle “libertà”: rispetto della vi- bini e delle donne, sulla tratta degli esseri umani, sui prota privata e della vita familiare, diritto di sposarsi e di co- blemi legati al rispetto dei migranti, delle minoranze, dei stituire una famiglia, libertà di pensiero, coscienza e reli- disabili. Osservazioni specifiche riguardano poi le (ancora gione, di espressione e informazione, di riunione e asso- molte) violazioni dei diritti in vari stati, fra cui Turchia, ciazione, diritto all’istruzione... Azerbaigian, Moldova, Bielorussia, Territori palestinesi, L’“uguaglianza” è il titolo terzo della Carta: uguaglian- Israele, Libia. Lunghi i paragrafi incentrati su Russia e Ciza davanti alla legge, non discriminazione, diversità cultu- na. In aumento i riferimenti al mancato rispetto delle lirale, religiosa e linguistica, parità tra donne e uomini, di- bertà religiose. ritti dei minori e degli anziani, inserimento delle persone Resta però una questione aperta: una volta denunciacon disabilità. Nel quarto capitolo, sulla “solidarietà”, rien- to il mancato rispetto di tali diritti fondamentali, non esitrano i diritti dei lavoratori, la sicurezza e l’assistenza so- ste ancora un “tribunale mondiale” in grado di farli rispetciale, la protezione della salute. Nel quinto ambito, sulla tare veramente, prevedendo pene e sanzioni in caso con“cittadinanza”, si inscrivono ad esempio il diritto di voto e trario. Un traguardo destinato a rimanere un sogno? 30 I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 servizi e foto di Daniele Bombardi U no stato fantasma. Un paese che esiste solo sulle cartine geografiche. Un protettora- SPERARE, to moderno. In questi e in tanti altri modi viene descritta oggi la Bosnia e Erzegovi- UN AZZARDO? Giovani guardano na (BiH), paese uscito dodici anni fa dalla più tremenda guerra che l’Europa abbia Sarajevo da un’altura conosciuto dal 1945 a oggi. È arduo sintetizzare l’incredibile complessità di questa terra. La BiH è un paese circostante. Il futuro del paese con tre popoli: serbi, croati e bosniaci. Per rispettare la rappresentanza etnica di cia- è un’incognita, scuno, è stato formato un governo nazionale che ha tre presidenti (uno per etnia), tre primi mi- il 66% di loro nistri, tre ministri dell’economia, tre della giustizia e così via... Ogni membro delle “trojke” ha il vuole emigrare all’estero potere di veto sugli altri, per cui la stragrande maggioranza delle proposte di legge viene bloccata sul nascere: non c’è, quindi, una linea di governo, non ci sono decisioni prese in maniera continuativa. Uno stato fantasma, appunto. Ma non basta: il paese è diviso in due “entità” ammi- Due popoli, tre presidenti, cinque nistrative. Nella metà orientale c’è una repubblica (la Republika Srprska) a prevalenza serba, con un suo governo livelli di governo, il “protettorato” locale, un suo presidente, i suoi ministri. Nella metà oc- europeo. L’assetto istituzionale della cidentale c’è invece una federazione (la Federazione BiH sembra fatto apposta per frustrare musulmano-croata) divisa in dieci cantoni, a prevalenza bosgnacca e croata, con un governo federale e un gover- ogni tentativo di sviluppo. A partire no per ogni cantone. E poi le municipalità, anello infe- da quelli attuati da ong e società civile I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 31 internazionale balcani inquieti riore della catena di governo, con sindaci e assessori. Totale: quattro milioni scarsi di abitanti, cinque livelli di governo, cento ministri. Il caos istituzionale. Un paese che esiste solo sulle cartine geografiche, appunto. E sopra a tutto, come se non bastasse, troneggia un Alto rappresentante dell’Unione europea (in questo momento lo slovacco Lajcak) che ha amplissimi poteri: bloccare leggi, proporre decreti, rimuovere politici che lui considera non adatti. La gente dice della BiH che non si autogoverna, è uno slovacco a fare il bello e il cattivo tempo. E che questa terra è un protettorato moderno, un protettorato Ue. Pace, un nome fittizio L’attuale forma di questo paese è ancora quella stabilita nel 1995 a Dayton, con gli Accordi che chiusero la guerra jugoslava. La comunità internazionale (Usa e Ue in testa) li ha fortemente voluti e sottoscritti, e li ha chiamati Accordi di pace. Ma tutti in BiH sanno quanto sia fittizio questo nome: Dayton ha sì fermato la guerra, bloccando le aggressioni, ma non ha creato le condizioni per costruire la vera pace. La BiH è, insomma, un paese che non funziona. A dodici anni dal conflitto, non ha un governo che decida, non vanta incoraggianti indici di crescita economica, non presenta sintomi di sviluppo sociale, non ha suturato le ferite emotive e psichiche, né riappacificato gli animi delle persone e le relazioni tra le comunità. Le conseguenze sono evidenti. Una su tutte: nell’intera area balcanica più o meno tutti i paesi hanno iniziato il loro cammino verso l’Ue. La Slovenia è già entrata, la Croazia è prossima, Serbia e Macedonia stanno completando le riforme necessarie. Perfino il Montenegro, nato nemmeno due anni fa, ha già intrapreso con velocità il lungo cammino verso l’adesione. La BiH no: è uno stato senza autentico governo e non è riuscito nemmeno a raggiungere gli standard minimi richiesti dall’Unione per avviare la pratica. La complessità del sistema non si traduce solo nel mancato funzionamento del quadro istituzionale. Il peso di questo stallo lo portano sulle proprie spalle anche gli ultimi, i soggetti più vulnerabili. Senza crescita economica, il 40% della popolazione è senza lavoro. In assenza di sviluppo sociale, gli anziani ricevono pensioni da 50 euro al mese. Privi di futuro, i giovani appena possono scappano dal paese (secondo recenti sondaggi, il 66% dei ragazzi della BiH vuole emigrare all’estero). Incerta la riappacifi32 I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 L’INVERNO DEL LORO DISORIENTAMENTO Sguardo di un bambino da un’auto, una bambina in una fattoria: il lentissimo sviluppo sociale della BiH minaccia il loro futuro cazione, le tensioni interetniche e interreligiose sono all’ordine del giorno. La povertà, o meglio le povertà della BiH, hanno ancora dimensioni spaventose: secondo recenti stime delle principali agenzie internazionali, oltre il 25% della popolazione vive sotto la soglia di indigenza. Si tratta di oltre un milione di cittadini, quasi 200 mila dei quali sono ancora profughi o internal displaced persons: persone che, a tredici anni dalla fine della guerra, non sono ancora potute rientrare nella propria casa. Due settimane fa un mercato di Sarajevo è stato preso d’assalto perché la gente non riusciva più a comprarsi nemmeno il pane e l’olio, lievitati a prezzi insostenibili. Strategie di disimpegno Ma c’è qualcosa che rende questo scenario ancora più preoccupante. La BiH sta infatti mettendo a dura prova anche il settore dell’iniziativa sociale, le organizzazioni umanitarie, la cooperazione allo sviluppo. Sta mettendo alla prova lo stesso lavoro di Caritas. Uno sviluppo sostenibile ha, infatti, una condizione essenziale: che le azioni degli enti sociali e delle ong non si fermino all’assistenzialismo, ma servano anche a migliorare la capacità di governance delle istituzioni pubbliche (a livello locale, regionale e nazionale). Ciò significa, nel concreto, fare due cose. Anzitutto lavorare sulle istituzioni: non basta, cioè, dare aiuti ai poveri, ma occorre fare lobbying presso i decisori politici, fare advocacy dei diritti degli ultimi nei confronti delle istituzioni, spingere affinché esse adottino nuove strategie d’intervento. Tutto questo, ovviamente, presuppone che le istituzioni esistano e abbiano il potere di intervenire. Proprio ciò che manca in BiH: non esistono istituzioni funzionanti, non c’è chi abbia il potere di decidere, non ci sono soldi per implementare strategie e cambiamenti; se anche qualcuno vuole cambiare qualcosa, ci pensano i livelli successivi di gover- no a bloccare il suo operato. In questo quadro, le stesse ong internazionali, sconfortate da anni di risultati limitati, hanno lasciato e stanno ancora lasciando il paese: progetti che chiudono e strategie di uscita dal paese sono sempre più frequenti. Un circolo vizioso. Preoccupante. In secondo luogo, per attuare la funzione pedagogica bisogna promuovere un lavoro culturale. Perché se lo stato non risponde, società civile e comunità devono sopperire alle carenze istituzionali. Per questo è importante stimolare la partecipazione alla vita civile, educare alla solidarietà, promuovere un’attenzione speciale verso certi temi. La popolazione della BiH, però, in dodici anni ha perso fiducia e voglia di mettersi in gioco. Lo conferma monsignor Pero Sudar, vescovo vicario di Sarajevo: «Siamo stati e siamo continuamente sottoposti a tre prove durissime. La prova del sangue, quando in guerra eravamo a rischio di essere uccisi in ogni momento; la prova del pane, perché abbiamo sofferto la fame; la prova della speranza, perché da 15 anni viviamo senza attese di futuro. E non so – è l’amara conclusione – quali di queste prove sia la più terribile...». Enti immobili, fondi mancanti ma Ivana non smette di sorridere Centri per disabili a Mostar, progetti agricoli a Ostra Luka. Anche le iniziative “dal basso” sono penalizzate dalle contraddizioni del quadro istituzionale i sono due vicende che raccontano bene la Bosnia ed Erzegovina di oggi. Storie di persone e gruppi che si trovano a lavorare nel “labirinto senza uscita” che è questo paese. Non hanno perso la speranza di cambiarlo in meglio. Ma non sono ancora riusciti a trovare risposte ai bisogni e alle attese di cui sono portatori. La prima storia arriva dal capoluogo dell’Erzegovina, Mostar, città divisa per antonomasia: di qui i croati cattolici, di là i bosgnacchi musulmani. Separati da una guerra C fratricida, che ha distrutto i legami tra le persone e secoli di convivenza. La Caritas diocesana lavora per cercare di rispondere alle numerose povertà (economiche, sociali, relazionali, umane) presenti in città e nei dintorni. C’è un settore in cui ha deciso di lavorare con più forza e attenzione: la disabilità. Ultimi tra gli ultimi, in questa terra: “due volte disabili”, perché ai bisogni personali si aggiungono sovente le discriminazioni sociali. L’ambiente sociale, infatti, spesso preferisce nasconderli, invece di provare a reinserirli. Nel paese non esistono centri pubblici per la I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 33 internazionale internazionale balcani inquieti guerre alla finestra L’IMPEGNO CARITAS L’impegno di Caritas Italiana (e di molte Caritas diocesane italiane) in Bosnia e Erzegovina (BiH) è cominciato nei primi anni Novanta, come risposta ai bisogni materiali del periodo bellico (1992-1995). Con il tempo, l’approccio ha cercato di uscire dall’emergenza per dare risposta ai problemi di medio-lungo periodo. È stata dunque supportata la crescita della Caritas locale, a livello nazionale, diocesano e parrocchiale; ancora oggi c’è una forte attenzione allo sviluppo delle strutture parrocchiali mediante il programma regionale “Parish social ministry”. Rimane forte anche l’attenzione ai temi della promozione del volontariato, anche grazie all’azione in loco di due caschi bianchi italiani in servizio civile. Con il progetto sulla pace e la riconciliazione si è cercato di dare un supporto completo alle associazioni delle vittime di violenza e dei familiari di scomparsi durante la guerra. Dal 2001 si è investito anche nel reinserimento sociale e lavorativo dei rifugiati, dei rientrati e delle minoranze, mediante un progetto di sviluppo agricolo rivolto a questi gruppi emarginati. In collaborazione con la provincia di Bolzano, è stato avviato un progetto di inserimento lavorativo dei giovani emarginati e disoccupati del paese. A livello nazionale, Caritas BiH sviluppa autonomamente progetti di lotta al traffico di esseri umani, assistenza domiciliare agli anziani e promozione di scuole di pace, interreligiose e di volontariato. comunità. Ivana non perde né il sorriso né la dolcezza. Ma c’è molto ancora da lavorare, affinché non li perda in futuro. Chi paga l’atomizzatore? Un altro caso emblematico riguarda la Bosnia centrale. Riguarda un progetto, promosso da Caritas Italiana e dalla Caritas diocesana di Banja Luka, che offre sostegno ai rientrati e alle minoranze etniche (che non trovano lavoro, né pubblico né privato, perché discriminate), donando materiali per l’agricoltura e la formazione. L’obiettivo è creare occupazione stabile nel settore agricolo, coinvolgendo anche le istituzioni locariabilitazione dei bambini e degli li, per far sì che ciò diventi una poadulti speciali. licy delle municipalità, agevolanIvana è una di loro: diciotto ando il rientro di famiglie fuggite e ni, affetta da sindrome di down, dando loro sicurezza sociale. ma anche da un sorriso contagioIl progetto si sviluppa anche in so e da una dolcezza incredibile. un piccolo comune al confine tra Da anni è utente di due dei centri la Federazione musulmano-croache Caritas Mostar è riuscita a ta e la Republika Srprska, Ostra creare nel territorio: un centro Luka: era il fronte, una decina di diurno per la riabilitazione di anni fa. Lì si lavora soprattutto bambini e ragazzi in età scolare, sulla produzione della frutta, perun laboratorio di ceramica come NÉ FONDI NÉ LEGGI Attività in uno dei centri per disabili di Caritas ché il terreno è fertile e ci sono terapia lavorativa. Mostar, poco sostenuto dalle autorità locali enormi spazi di sviluppo. Ivana ha fatto fatica ad andare Qualche mese fa, proprio dalla municipalità di Ostra a scuola, perché le strutture pubbliche speciali a Mostar sono carenti. Caritas allora ha deciso di prendersi cura di Luka, è giunta a Caritas una richiesta: occorre acquistare lei, della sua crescita scolastica e lavorativa. Ma soprattut- un atomizzatore da mettere a disposizione (a un prezzo to umana: gli operatori assicurano attenzione e compren- minimo) dei produttori di frutta che Caritas supporta. sione in ogni momento dell’animazione, dell’insegna- Idea ottima: la municipalità propone finalmente un’attività a favore di tutte le famiglie della comunità, facendosi mento, del lavoro. A lei e ad altre decine di persone. Ma per Ivana, e per gli altri ragazzi come lei, le istituzio- carico dell’acquisto (il costo dell’apparecchio, 700 euro ni cosa fanno? Praticamente nulla: un sostegno economi- circa, è proibitivo per qualsiasi singolo coltivatore). Ma ecco simbolico per il laboratorio, nessun altro finanziamen- co il fatto incredibile: quando si valuta come acquistarlo, to concreto, nessuna riforma legislativa adeguata. I motivi si scopre che il costo dell’atomizzatore è proibitivo anche sono facilmente intuibili: da un lato la crisi economica, che per la municipalità. Mancano i fondi, anche quelli minilascia poche risorse a disposizione del settore sociale; mi, per lo sviluppo. L’istituzione locale, anche se vuole d’altro canto le ragioni politiche, concretizzate nella quasi aiutare e ha le idee giuste, non lo può fare, perché manca immobilità del comune, dove croati e bosgnacchi si bloc- delle capacità economiche. Dal labirinto ci sarà mai via d’uscita? cano a vicenda le proposte di sostegno all’una o all’altra 34 I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 L’ACCORDO NON DECOLLA LA PACE INTERESSA DAVVERO? di Giovanni Sartor ne di Abyei, Sudan centrale), alla trasparenza nella distribuzione dei proventi della vendita del petrolio, infine alla transizione democratica. La situazione di Abyei, soprattutto, appare di difficile soluzione: la regione è ricca di petrolio, l’accordo di pace prevede un’alternanza al potere tra Ncp e Splm durante il periodo transitorio, subordinata però alla ridefinizione dei confini della regione, su cui non c’è ancora consenso tra le parti. ribelle che rappresentava le regioni del Quanto alla transizione democraSud del paese, guidato dal suo leader Tre anni fa la firma tica, che a livello nazionale dovrebbe storico John Garang, deceduto poi nel che mise fine a 21 anni garantire le elezioni e poi il referenluglio 2005 in circostanze non ancora di guerra civile in Sudan. dum per l’autodeterminazione del pienamente chiarite. Ma oggi aleggia L’intesa ha retto Sud (previsto per il 2011), il passaggio nel paese una domanda di fondo, che militarmente. Ma molti da superare è ancora quello del cengià molti commentatori proponevano nodi (petrolio in testa) simento della popolazione, il cui ininei giorni successivi alla firma di Naizio è stato più volte rinviato (per morobi: le due parti contraenti, condiziorestano da sciogliere. tivi sia tecnici sia politici) e ora pare nate da fortissime pressioni esterne E le condizioni di vita fissato per il prossimo mese d’aprile. per arrivare all’accordo, sono veradella popolazione Alle considerazioni di carattere mente intenzionate a realizzarlo e a non migliorano politico bisogna aggiungerne alcune garantire la pace in Sudan, anche ridi carattere umanitario. A questo nunciando agli interessi di parte? La situazione non consente di dare oggi una risposta proposito, l’impatto dell’accordo di pace sul terreno, tra la esaustiva: bisogna riconoscere che l’accordo finora ha ret- popolazione, è ancora limitato. Non si vedono le infrato, evitando la ripresa del conflitto, tanto che in molti so- strutture promesse, le condizioni di vita per molti non sostengono che una nuova guerra non convenga a nessuna no migliorate in modo apprezzabile, gran parte degli sfoldelle parti in causa. Tuttavia è doveroso aggiungere che si lati interni e dei rifugiati non hanno ancora fatto ritorno ai sono avuti momenti di forte tensione, l’ultimo costituito loro villaggi d’origine. Vi sono poi alcune zone del Sud, in dalla sospensione, decisa dai vertici del Splm, dei suoi mi- Equatoria Occidentale, ma anche in altre aree, dove si ha nistri dal governo di unità nazionale, situazione risoltasi a notizia di scaramucce e tensioni tra diversi gruppi etnici. Da non dimenticare, infine, la situazione di conflitto dicembre dopo due mesi assai delicati. ancora in corso nella regione occidentale del Darfur: molti osservatori ritengono che in Sudan non si possa ragCensimento, è la volta buona? I problemi che restano aperti sono relativi al confine tra il giungere una pace duratura se i problemi che affliggono le Nord e il Sud del paese, al ritiro dei rispettivi eserciti nei diverse aree del paese non saranno affrontati in maniera due territori di appartenenza, alla situazione delle tre aree coordinata e non sarà ricercata una soluzione complessicosiddette “contese” (in particolare allo status della regio- va, che coinvolga tutte le parti in causa. tre anni dalla firma, avvenuta a Nairobi, in Kenya, dell’accordo complessivo di pace che mise fine alla più lunga guerra africana, in Sudan sono ancora molte le questioni ancora aperte, le tensioni non risolte, le inadempienze rispetto alla tabella di marcia prevista dall’accordo stesso. L’intesa fu siglata, all’inizio del gennaio 2005, dal governo del Sudan dell’epoca – praticamente il National Congress Party (Ncp), partito del presidente Omar El Bashir – e dal Sudan People Liberation Movement (Splm), il principale movimento A I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 35 internazionale bangladesh SIDR E I SUOI FRATELLI «SIAMO UN PAESE A RISCHIO» TRADITI DALL’ACQUA di Alberto Chiara foto di Nino Leto Scene dal Bangladesh dopo il passaggio del ciclone Sidr. A sinistra, una strada erosa dalla furia delle acque; sopra, sfollati si allontanano dai propri villaggi, un bambino appoggiato alla radice di un albero divelto Il Bangladesh, terra di miseria diffusa e brutale. Soprattutto, una tra le dieci nazi oni più esposte agli effetti dei mutamenti climatici, che aumentano il numero dei cicloni. Appello della chiesa: «Ripensiamo consumi e inquinamento» ercorri al buio il legno traballante che unisce il grande battello alla terra ferma e subito inciampi in uomini, donne e bambini che dormono per terra, avvolti in tessuti scoloriti, un tempo vestiti. Porto di Dacca, capitale del Bangladesh: un girone infernale, povero di luci e di speranza. Attraccarvi quando la notte sta per cedere pigramente il passo all’alba rende l’idea di cosa sia il paese, meglio di qualunque trattato colto. La miseria che prende alla gola il Bangladesh è incarnata da quanti – tanti, troppi – giacciono nella polvere, non lontano dai risciò e dalle bancarelle che tra un’ora al massimo si trasformeranno in un mercato vociante e odoroso: sono persone, non stracci, quelle che calpesti tuo malgrado se non guardi attentamente dove metti i piedi. P 36 I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 Poi, certo, le statistiche definiscono il problema e aiutano a capire. Rispetto all’Italia, il Bangladesh è grande la metà (147 mila chilometri quadrati), ma ha una popolazione quasi tre volte più numerosa: 152 milioni di abitanti, forse di più, molti di più, giacché da queste parti registrarsi all’anagrafe non è la prima preoccupazione della gente. I dati che angosciano, però, sono altri. L’aspettativa di vita, alla nascita, non supera i 64 anni; il reddito medio annuo pro capite è 470 dollari statunitensi; coloro che sanno leggere e scrivere rappresentano il 56% del totale. L’ultima cifra mette i brividi: il 35,6% della popolazione vive sotto la soglia della povertà estrema e rischia che ogni giorno sia l’ultimo perché non ha due dollari – talvolta neppure uno – per sfamarsi e bere (di curarsi non se ne parla, un sistema di welfare non esiste; visite e medicine si pagano). Il ciclone Sidr, con la sua triste scia di lutti e danni, non ha fatto che aggravare il problema della miseria del Bangladesh. Che già di suo era endemica. Diffusa. Brutale. E ha reso ancora più evidente, se possibile, il problema dei cambiamenti climatici. Le correnti fredde provenienti dall’Himalaya si scontrano con l’aria sempre più calda dell’Oceano Indiano, generando un maggior numero di cicloni. Una parte rilevante del paese è destinata a finire sott’acqua se il livello del mare s’innalza anche di poco. L’arcivescovo di Dacca, monsignor Paulinus Costa, e il vescovo ausiliare della capitale, nonché presidente di Caritas Bangladesh, monsignor Theotonius Gomes, sostengono che la questione ambientale è un’emergenza. «Le stagioni sono cambiate – spiegano –; monsoni e periodo secco si alternano in anticipo e con violenza mai vista. Le po- polazioni più povere sono le vittime principali. Il paese è uno dei dieci più a rischio del pianeta, se l’effetto serra cambia il clima. Questo frena investimenti e sviluppo, accrescendo la miseria. I cattolici non devono sottovalutare i fenomeni in atto. Anche questa è una loro responsabilità. Devono ripensare consumi e inquinamento. Altrimenti i più miseri ne faranno le spese». Romi, persa nella corrente Ritornano in mente gli sguardi spenti incrociati a sud, nelle zone devastate da Sidr. Risuonano le parole che hanno raccontato la tragedia. Come quelle di Khadiza, 30 anni, il vestito nero che pareva ingessarne il dolore. Parlava con un filo di voce, gli occhi fissi sul canale che attraversa il villaggio di Nachnapara, così apparentemente innocuo, il giorno in cui ci siamo incontrati: «All’arrivo del ciclone sono scappata verso il rifugio. Ero con mia figlia Romi, 8 anni. Per essere sicura, l’ho legata a me, come facevo quand’era bambina». La pioggia battente, la piccola diga che tratteneva il fiume Andarmanik finita in pezzi alle sue spalle, il canale di irrigazione diventato di colpo un’alta muraglia di acqua e di fango... «È stato un attimo: lo scialle con cui Romi era legata a me ci stava strozzando, l’ho allentato per andare più forte, ma la corrente mi ha raggiunta strappandomi Romi e trascinandola via, morta». A poca distanza da Khadiza, un’altra donna se ne stava come impietrita di fronte a quella che fu la sua casa. Salma, 19 anni, teneva in braccio Sadia, di 18 mesi. Lei, la figlioletta e il marito, Alom, erano salvi, ma avevano perso tutto. Salma indossava lo stesso salwar kamiz che aveva la notte maledetta, pantaloni gialli e ampio scialle viola-azzurro. «Hanno avvertito del pericolo imminente attorno alle 21.30 del 14 novembre – ci ha raccontato –. Non tutti hanno dato credito all’annuncio, giorni prima c’era stato un allarme tsunami risultato infondato. Pioveva sì, ma solo da qualche ora e non da un paio di giorni, come generalmente accade alla vigilia di un ciclone. Mio marito, io e la nostra Sadia siamo comunque scappati». I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 37 internazionale internazionale contrappunto bangladesh L’IMPEGNO CARITAS Il ciclone Sidr ha lasciato sul campo un lungo elenco di vittime e danni materiali: Nachnapara il ciclone Sidr ha ucciso la piccola Romi, lì attorno, nella quasi 2 milioni di famiglie (circa 8,5 milioni di persone) colpite più o meno gravemente, 3.448 municipalità di Tiakhali, ha stronmorti ufficiali, 39.756 feriti, 880 dispersi, 540mila case distrutte e 885.280 danneggiate, senza cato 48 vite. E in tutto il Bangladecontare i danni inferti a campi, piantagioni, scuole, strade, ponti, attività commerciali. Il tutto in sh meridionale il bilancio è stato un paese che, già prima del ciclone, era penultimo tra i paesi asiatici per indice di sviluppo umano. pesantissimo. In risposta a questa ennesima emergenza Caritas Bangladesh ha previsto un piano di interventi di circa 6,5 milioni di euro per gli aiuti d’urgenza e la fase di riabilitazione-ricostruzione La reazione, per fortuna, è stata (10.100 case e 57 scuole), più altri 5 milioni circa per la costruzione di 50 rifugi anticiclone. pronta. «Grazie al personale e ai Il programma, della durata di due anni, prevede tra le altre cose la distribuzione mezzi della marina militare ameridi generi di prima necessità (entro gennaio) a 51 mila famiglie e la creazione di 360 mila cana, di molte organizzazioni non giornate di lavoro come manovalanza (cash for work) per 4.500 famiglie. governative e di alcune agenzie Caritas Italiana ha contribuito con 400 mila euro al finanziamento della prima fase delle Nazioni Unite, in 72 ore sono del complesso programma d’intervento. Benché il ritorno alla normalità si profili assai lento, alcuni stati riallacciati i collegamenti eletrisultati sono già stati raggiunti. Grazie alla mobilitazione dei soccorsi si sono evitate epidemie trici ed è stato sventato il rischio di e denutrizione tra gli sfollati; il problema principale, nell’immediato, resta quello di dare un’abitazione dignitosa e un lavoro alle famiglie sfollate, prima che si creino disagi ancor più pesanti. Per il futuro epidemie», è il riepilogo di Pius CoCaritas Italiana ha in programma di supportare Caritas Bangladesh nella costruzione di almeno sta, sottosegretario del ministero 5 rifugi anticlone: obiettivo ambizioso, dal costo di circa 500 mila euro, ma in grado di salvare della terra. La rete internazionale la vita a circa 10 mila persone (negli anni Novanta ne furono finanziati da Caritas Italiana ben 66). Caritas ha fatto e fa molto. Lungo i circa 150 chilometri che La famiglia ha provato a rida Barisal portano a sud, fino all’opararsi nel rifugio, ma era già ceano Indiano, si era (e si è ancora) tutto pieno. «Non c’era più pocostretti a percorrere vie che – per sto per noi – ha proseguito Salinterminabili tratti – dell’asfalto ma –. Siamo dovuti tornare inconservano un vago ricordo. Tutte dietro, attraversare nuovamenpolvere e buche, le strade dribblate tutta Nachnapara e cercare no paesaggi differenti (dalla foresta salvezza in un ambulatorio. Ce alle risaie) e sovente cedono il pasl’abbiamo fatta per un pelo. La so a traghetti arrugginiti, che connostra casa non ha retto la furia sentono di passare da una sponda del vento, che è diventato irresiall’altra delle decine di fiumi che stibile per ore, il 15 novembre. costituiscono il delta. Lungo questo Era talmente forte da sollevare itinerario, i responsabili Caritas lodue traghetti e scaraventarli INTERVENTO CAPILLARE cali hanno raggiunto molti villaggi, Alcuni bengalesi preparano gli aiuti alimentari, qua vicino, sulla terraferma». registrando bisogni e angosce, imdistribuiti da Caritas nella fase dell’emergenza bastendo le prime trame di aiuto. L’asfalto, un ricordo Alle porte di Shakrail, il ciclone ha eroso l’unica via di Sembrava impossibile tanta violenza. Mentre i sopravvis- collegamento con il resto del mondo. Il villaggio, dunque, suti rivivevano il loro calvario, il “delta del mondo” – dove era raggiungibile tramite uno strettissimo sentiero, costruicorrono a gettarsi nel Golfo del Bengala fiumi come Gan- to costeggiando il fiume Chanda, oppure – meglio – a borge, Brahmaputra e Meghna, con l’intricato gomitolo dei do di una barca. I taccuini si riempivano d’appunti. Ma per loro affluenti – si presentava esattamente come annun- svelare definitivamente il suo aspetto quotidiano, strazianciato dai libri: ricco di fascino, frutto di una natura tropi- te, il Bangladesh ha atteso il termine della navigazione notcale prodiga di colori, suoni, magia. turna che da Barisal riconduce a Dacca. Inciampare – apEppure è successo realmente. Ore d’inferno, l’urlo stroz- pena sbarcati – in tanta umanità dolente, ha reso inutili le zato del vento lanciato a 250 chilometri all’ora, lo schianto parole. Quella gente avrà un futuro solo se noi sapremo tradegli alberi caduti al suolo, il rumore delle lamiere sbattute durre la commozione in fatti. Nutrienti come il pane. Bequa e là, trasformate in implacabili ghigliottine. E la pioggia nefici come un ambulatorio o un dispensario. Resistenti improvvisa, torrenziale, che ha gonfiato i corsi d’acqua. Se a come i rifugi anticiclone. 38 I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 VANITÀ DI FINE MANDATO, OCCASIONE IN MEDIO ORIENTE di Alberto Bobbio numerosi leader. A Taba, in Egitto, nel 2001, si era arrivati vicini alla soluzione dei due stati. Si era discusso addirittura di un ragionevole scambio di territori. Ma poi i negoziati furono interrotti e vennero accusati naturalmente i palestinesi. In realtà Barak e Arafat ebbero paura di arrivare a una soluzione: sarebbe stata la fine del sionismo e della lotta identitaria palestinese. Ma già nel 1976 gli Usa avevano messo il veto su una risoluzione dell’Onu che suggeriva la creazione di Meglio: non sono pronti i vecchi L’eterno confronto tra due stati e riproponeva una risoluzioleader, secondo i quali il pianeta si dine precedente, la famosa 242 del vide comunque tra chi odia Israele, israeliani e palestinesi 1967. La storia, da quelle parti, è un chi lo sostiene, chi lo ama e lo appogè ripartito da Annapolis. contrappunto di risoluzioni internagia. Il Medio Oriente non possiede La soluzione possibile zionali, a cui mai è stato dato seguito. un’identità collettiva. Bensì diversità è quella proposta Eppure l’ultimo vertice ad Annapolis collettive: religiose, linguistiche, culda tempo: due stati, torna proprio a riproporre tutto ciò, turali. E soprattutto una diversità relacon confini garantiti. segno che altra soluzione non esiste, tiva alla percezione di sé. I potenti del Sarà la volta buona? che l’unica proposta realistica sono mondo, in prima fila Europa e Stati Forse, se il comandante due stati con confini garantiti. Uniti, invece di fare diventare la diverin capo ha capito… È d’accordo anche Hamas, che lo sità una risorsa, l’hanno sempre conha ripetutamente detto alla stampa siderata occasione di conflitto. Andava bene così e in Medio Oriente si sono compensati tanti americana. E forse sono d’accordo anche l’Iran e i suoi scuguai del mondo. Per decenni gli Stati Uniti hanno fatto di dieri nella regione, anche se non lo ammettono. E la stessa tutto per concentrare tra il Mediterraneo e il Golfo l’odio posizione è espressa dalla Lega Araba. Cosa faranno gli Stadi milioni di musulmani verso l’occidente. Si è visto, dopo ti Uniti? Continueranno nel loro ruolo di “onesti” mediatori, oppure questa volta, dato che c’è un presidente che cerl’11 settembre, che è stata una politica fallimentare. ca di passare alla Storia per qualcosa di positivo, cercheranno di cambiare la loro politica? Ebbero paura Gli Usa sono il padrone che gli israeliani chiamano alPer trovare una soluzione bisogna tornare alla percezione di sé, salvaguardando le diversità. Cioè arrivare a una pa- leato, di cui gli altri accettano il ruolo di mediatore. tria per gli israeliani e una per i palestinesi. Occorre con- L’Europa è presa in mezzo e di solito balbetta. Intanto il vincere tutti della bontà della questione, anche chi vuole tempo avanza e si rischia che le posizioni più radicali abfar sparire Israele dalla faccia della terra, come l’Iran o co- biano il sopravvento. Invece va colta l’opportunità di un me Osama e i suoi numerosi nipotini. Ma forse i primi da presidente Usa assai vanitoso e che ha capito, forse, di aver convincere sono gli israeliani, l’opinione pubblica e i suoi fin qui sbagliato tutto nel ruolo di comandante in capo. n altro anno. E adesso si riparte da Annapolis. Sette anni fa si ripartì da Taba e prima ancora da altre località, diventate mito geografico di nulla mai accaduto, di pace promessa e mai attuata. Quando si è andati vicini, qualcosa ha fatto saltare il banco di prova di un nuovo Medio Oriente: l’assassinio di Rabin, i litigi israeliani, i litigi arabi, la condotta americana. In realtà il banco è sempre stato tenuto insieme dall’indifferenza degli interlocutori rispetto a una qualsiasi soluzione, perché comporre la larga questione mediorientale sarebbe una svolta epocale, più ancora della caduta del Muro di Berlino. E forse il mondo non è pronto. U I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 39 agenda territori ottoxmille ROMA Il resto al bar può essere un aiuto, inaugurato il “Salotto Alzheimer” Doppia iniziativa di Caritas Roma. “Per te è solo il resto. Per una famiglia in difficoltà è tutto”: con questo slogan, in oltre 500 bar della capitale è stata lanciata una campagna di solidarietà (nella foto, la locandina) a favore delle famiglie disagiate, promossa dalla Caritas diocesana e da Assobar. Nei locali capitolini si potrà contribuire, versando il resto in appositi salvadanai: il ricavato finanzierà un progetto per fornire aiuti alimentari e vestiario a centinaia di famiglie assistite dalla Caritas e dalle parrocchie romane. Negli esercizi commerciali è stato distribuito anche materiale informativo per sostenere le attività Caritas attraverso il volontariato. È stato invece inaugurato a metà gennaio, nel centro “Sacro Cuore”, il “Salotto Alzheimer” promosso dall’associazione “Sos Alzheimer” e dalla Caritas diocesana. È un innovativo punto di aggregazione, in cui i malati e i familiari potranno usufruire dell’aiuto di esperti e confrontare le reciproche esperienze. CUNEO Lotta all’usura, sguardo al territorio e mano tesa all’India Un convegno sull’usura. Per capire le ricadute locali del fenomeno e promuovere un’azione di solidarietà su scala internazionale. L’iniziativa è della Caritas diocesana di Cuneo e dell’associazione Libera, che a metà gennaio hanno organizzato una serata di informazione e confronto, alla quale hanno partecipato don Marcello Cozzi, presidente nazionale delle associazioni antiusura, Alberto Valmaggia, sindaco del capoluogo piemontese, Tommaso Pastore, funzionario della locale questura e dirigente del pool antiusura cittadino. L’incontro fa parte di un percorso incominciato in autunno dal presidio cuneese di Libera, in collaborazione con la Caritas, che l’ha sostenuto grazie alle offerte raccolte in occasione 40 I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 dell’Avvento 2007. L’intento dell’incontro era aprire una discussione con la cittadinanza, l’amministrazione comunale e le istituzioni, a fronte dei segnali inquietanti che giungono dal territorio. Parte delle offerte ricevute in Avvento saranno infine destinate alla campagna di Caritas India “Save farmers, save India”, a favore dei contadini stretti nella morsa dei debiti. MILANO Soldarietà alla lotta per non deviare il fiume brasiliano Caritas Ambrosiana appoggia, con numerose attività di sensibilizzazione, la battaglia del vescovo francescano brasiliano monsignor Luiz Cappio (nella foto), che a fine novembre ha intrapreso un nuovo digiuno di preghiera per impedire la trasposizione del fiume Saõ Francisco. L’opera, che consiste nella deviazione delle acque verso i fiumi del Nord-Este del paese, è stata riproposta a gennaio 2007 dal governo brasiliano, che la ritiene decisiva per vincere la sete negli stati nordestini, mentre secondo gli oppositori avrà pesanti effetti ambientali e sociali nei territori e sulle comunità coinvolti. In agosto era partita da Belo Horizonte una carovana nazionale contro la trasposizione: ne faceva parte anche monsignor Cappio, portavoce di un ampio fronte di associazioni, movimenti e comunità, che propongono di “rivitalizzare” il fiume Saõ Francisco e tutelarlo dall’inquinamento, invece di deviarlo. La battaglia è sostenuta da oltre duecento sigle, tra cui la Conferenza episcopale e la Caritas brasiliane. Caritas Ambrosiana ha invitato persone, parrocchie e associazioni a conoscere il problema e poi a inviare alle autorità brasiliane una lettera di sostegno alla protesta di monsignor Cappio e della società civile brasiliana. di servizi per offrire aiuto a chi si trova in queste situazioni di sofferenza e solitudine. A metà dicembre ha promosso un incontro pubblico con il professor Francesco Campione, uno dei massimi esperti italiani in materia, docente di psicologia clinica all’Università di Bologna e coordinatore di un progetto di aiuto psicosociale alle persone in lutto della provincia emiliana. Durante la serata, sono stati presentati i servizi che la Caritas Vicentina sta attivando nell’ambito del lutto, inseriti nel Progetto Dialogo, finalizzato ad aiutare le famiglie toccate da diversi tipi di sofferenza. In particolare, è stato aperto uno spazio di ascolto gestito da volontari, testimoni in prima persona di percorsi possibili per una positiva rielaborazione del lutto. Inoltre sono stati attivati un numero di telefono, contattabile in orario serale, e un gruppo on line, per consentire un ascolto immediato e uno scambio in rete con chi ha vissuto l’esperienza di un lutto. Da gennaio, infine, è cominciato un percorso per costituire un gruppo di auto-mutuo aiuto, rivolto a chi rimane dopo il suicidio di un familiare. INFO www.umavidapelavida.com.br diritti [email protected] BOLZANO-BRESSANONE VICENZA Raccolta di cellulari, vantaggio ecologico e per chi è in difficoltà Lutti e suicidi, volontari e strumenti per non restare soli Lo strazio, che appare insuperabile, per la morte di un figlio, un genitore, la moglie o il marito, un amico; l’insostenibilità del quotidiano che ti fa desiderare di morire. Queste sofferenze segnano l’esistenza di tante persone, anche perché spesso si rimane soli di fronte a esse. Così la Caritas diocesana di Vicenza ha deciso di avviare una serie La Caritas diocesana di BolzanoBressanone ha raccolto in tutto l’Alto Adige, dal 3 al 26 gennaio, cellulari guasti o vecchi, grazie a raccoglitori di cartone collocati nelle filiali della catena di supermercati Despar. Per ogni apparecchio raccolto, la Caritas riceverà 3 euro da un’azienda non profit, di Adalberto Chimera Coppie “antenne” e un consultorio, il disagio relazionale trova ascolto Tutto è cominciato nel 2005, con una riflessione all’interno dell’équipe della Caritas diocesana di Gorizia. I centri di ascolto attivi in diocesi e le case di accoglienza della Caritas incontravano e ascoltavano storie di grave emarginazione sociale. Ma esisteva una povertà nascosta e invisibile, che Caritas, associazioni di volontariato e servizi pubblici non riuscivano a intercettare. Famiglie, che vivevano una vita quotidiana difficile, con imbarazzo, senza chiedere aiuto a nessuno. Persone che non vivevano soltanto l’indigenza economica, ma anche la difficoltà di essere padre, madre, figlio, marito o moglie. Molti problemi che nella cultura contadina erano intercettati da una solidarietà interfamiliare (“di pianerottolo” e “di cortile”) si acuiscono nell’attuale società postmoderna. Famiglie “normali”. E animatrici Da queste considerazioni nel 2006, grazie a un progetto finanziato dai fondi otto per mille della chiesa italiana, la Caritas diocesana di Gorizia, insieme alla Pastorale familiare diocesana, ha dato avvio al progetto “Antenne”, che mira a formare e animare “coppie antenne” all’interno delle comunità parrocchiali dell’arcidiocesi. L’obiettivo è fare di alcune famiglie “normali” altrettanti nuclei capaci di sviluppare una solidarietà familiare vissuta “nel quotidiano”. Non si punta a costituire famiglie che svolgano un ruolo da pseudo-psicologi o assistenti sociali, ma che sostengano e aiutino altre famiglie in difficoltà con gesti semplici: l’ascolto, l’offerta di un servizio di accudimento dei figli per alcune ore del giorno, o di persone anziane o malate. Queste famiglie dovrebbero essere un volano, perché altre coppie seguano le loro orme. Finora una decina di coppie hanno aderito al progetto e con difficoltà, ma anche con tenacia stanno tentando di animare le rispettive comunità. Il disagio che queste “antenne” sono chiamate a intercettare è spesso di natura relazionale. Per questa ragione il progetto ha anche dato vita a un consultorio familiare di ispirazione cristiana, con lo scopo di offrire un servizio di consulenza familiare alle coppie con problemi di crisi, ai genitori e figli in conflitto tra loro, a persone che non riescono a relazionarsi con familiari malati, in genere a qualsiasi problema legato ai rapporti interfamiliari. Nei primi otto mesi di servizio, il consultorio ha incontrato venti persone. Il cammino è agli inizi, ma già prezioso, nella sua necessaria discrezione. I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 41 agenda territori sto in campagna di Marco Iazzolino Come va l’impegno per l’aiuto ai paesi poveri? L’Italia è terzultima tra le 21 nazioni più avanzate L’indice Quanti aiuti sono destinati dai paesi avanzati (tra essi l’Italia) a quelli poveri? E come sono utilizzati questi aiuti? Questi temi – che stanno particolarmente a cuore a Cidse e Caritas Internationalis, promotori della campagna internazionale “Make aid work”, rilanciata in Italia con il motto “Prima che sia troppo tardi” da Focsiv e Caritas Italiana – sono centrali in un rapporto, pubblicato di recente negli Stati Uniti, del Center for Global Development, giovane e indipendente istituto di ricerca, che vanta tra i fondatori i premi nobel Amartya Sen e Joseph Stiglitz. Il rapporto si occupa dell’Indice di impegno per lo sviluppo (Cdi), che classifica i 21 paesi più ricchi del mondo in base – appunto – all’impegno nell’attuazione di ricerche a beneficio delle nazioni povere. La ricerca ha una cadenza quadriennale e valuta l’operato delle nazioni del nord del mondo in sette importanti aree di intervento: aiuti allo sviluppo, ma anche commercio, investimenti, migrazione, ambiente, sicurezza e tecnologia. Qual è l’indice Cdi del nostro paese? L’Italia si è classificata al terzultimo posto nel 2007, nella graduatoria capeggiata da Olanda, Danimarca e Svezia, che svettano nettamente sugli altri paesi; peggio di noi hanno fatto solo Grecia e Giappone. Il punteggio finale è stato di 4,4 (decimi), con una leggera variazione in positivo rispetto all’analoga rilevazione del 2003. La nostra posizione Guardando alla prima delle aree di impegno, quella degli aiuti allo sviluppo, il rapporto non solo rileva l’importo lordo degli aiuti in percentuale al Pil, ma lo mette in relazione a un paio di indicatori interessanti: esso penalizza gli aiuti vincolati (oltre il 70% degli aiuti italiani), perché costringono i destinatari a spendere le risorse ricevute solo per beni e servizi prodotti dal donatore, e premia gli aiuti forniti a paesi poveri ma relativamente incorrotti. L’Italia, quanto agli, aiuti si classifica 18ª. Sul versante dell’ambiente, i paesi ricchi adottano una quantità sproporzionata di risorse e i paesi poveri sono maggiormente vulnerabili a problemi di carattere ecologico. Il Cdi ha valutato soprattutto l’impatto delle politiche ambientali su clima, pesca sostenibile e biodiversità: il gran numero di importazioni di specie ittiche a rischio di estinzione e l’aumento di emissioni di gas a effetto serra nel decennio 1995-2005 hanno fatto classificare l’Italia al 15° posto. Gli investimenti nei paesi più poveri contribuiscono invece al trasferimento di tecnologie, al miglioramento della gestione e alla creazione di posti di lavoro. Il Cdi contiene un elenco di politiche a sostegno di investimenti centrati sulla promozione umana nei paesi del sud del mondo: l’Italia non partecipa alla cosiddetta “Iniziativa di trasparenza dei settori estrattivi” né all’“Iniziativa Kimberley” sui diamanti insanguinati. E si classifica 15ª. Infine, la sicurezza è condizione essenziale per lo sviluppo. La ricerca premia i contributi a operazioni per il mantenimento della pace sanciti a livello internazionale e gli interventi umanitari che non richiedono l’uso della forza. Riguardo all’Italia sono stati rilevati scarsi contributi finanziari e di personale agli interventi umanitari, e viceversa forti esportazioni di armi a governi poveri e antidemocratici: 14° posto in classifica. 42 I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 che impiega persone socialmente svantaggiate e che sottoporrà i cellulari a test di funzionamento: quelli difettosi, se possibile, saranno riparati, gli altri avviati a smaltimento secondo criteri ecologici corretti. Due ricercatori dell’Università di Vienna hanno stimato che ogni anno 45 persone su mille gettano il vecchio cellulare; in Alto Adige, secondo questo calcolo, ogni anno sarebbero ventimila i telefonini cestinati. I cellulari riparati verranno rivenduti in negozi dell’usato e in altre istituzioni sociali, oppure in Africa, Asia e America Latina. Con i proventi della raccolta, la Caritas aiuterà persone in stato di bisogno in Alto Adige. TRENTO Uomini e scarpe uguali: il poster dei ragazzi è terzo in Europa È stato il vicepresidente della Commissione europea, Franco Frattini, a premiare a Bruxelles, in dicembre, i ragazzi del gruppo giovani (nella foto) della Caritas diocesana di Trento. Dopo aver vinto la selezione nazionale nel concorso per la lotta alle discriminazioni indetto dall’Unione europea (vedi IC 10/2007), il poster realizzato dai giovani trentini, intitolato “Scarpe diverse ma sempre scarpe. Uomini diversi ma sempre uomini”, si è piazzato terzo nella finale europea. Il concorso intendeva promuovere la conoscenza dei temi legati al principio di non discriminazione, sancito nell’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue. Il gruppo (otto ragazzi fra i 15 e i 18 anni) ha partecipato al concorso nell’ambito delle attività di volontariato estivo “Il Vento e la Vela”. di Giuseppe Pollice I GIOVANI CHE SERVONO La bussola del condividere, la scoperta di ciò che si perde Tornare a casa, confrontare il nostro sistema di vita con la realtà che ho conosciuto in Ruanda: ne ho concluso che noi, qui, ci perdiamo qualcosa. A quattro mesi dal mio ritorno dall’esperienza da “casco bianco” Caritas nel paese africano, sto ancora dentro la forbice fra il voler ripartire e il desiderare di riorganizzare la mia vita qui, in Italia. Ho 27 anni, vengo da San Giorgio a Cremano (Napoli) e dopo aver conseguito la laurea in tecnologia alimentare avevo deciso di vivere un anno di formazione e fare un’esperienza di vita “diversi”. Consigliato dal mio padre spirituale, ho scelto il servizio civile internazionale volontario. Superate le selezioni, i responsabili di Caritas Italiana mi hanno ritenuto idoneo per seguire lo sviluppo dei progetti di inserimento scolastico a Gisenyi, ovest del Ruanda, al confine con il Congo. Ripenso spesso all’anno trascorso laggiù. E devo partire dall’inizio. Quando sono arrivato, mi sono sentito un “diverso”. Questa percezione mi ha portato a impostare il lavoro con le persone che incontravo basandolo su una bussola che poi mi ha guidato in tutti i momenti di dubbio: la condivisione. Una scelta che con il passare delle settimane ha dato i suoi frutti, ed è stata ricambiata con fiducia e amicizia. Così ho vissuto un’esperienza unica per scoprire me stesso, i miei limiti, la sfida della differenza. Nei miei dodici mesi in Ruanda ho seguito, insieme ai componenti di un’équipe della diocesi locale e ad altri due caschi bianchi, l’inserimento scolastico dei bambini: duemila nella scuola primaria e trecento nella secondaria. Abbiamo dedicato particolare attenzione al recupero di ex ragazzi di strada. Ancora, ho partecipato all’avviamento al lavoro di alcuni giovani attraverso il microcredito: piccoli prestiti, da investire (e restituire quando l’attività si consolida) in botteghe di barbiere, meccanico, parrucchiera, sarta, per aprire un autolavaggio, comprare la moto e diventare mototassista. Questa esperienza mi ha formato come persona e come cristiano. Influenzerà positivamente e per sempre le mie scelte future. Ma soprattutto mi ha insegnato una cosa sorprendente e incoraggiante al tempo stesso: si può lodare Dio e ringraziarlo con naturalezza e immediatezza, come fanno i ruandesi, anche quando si è tremendamente sofferto, come è accaduto nella loro storia recente. Così ho capito, scoprendo che è come se il nostro vivere convulso ci portasse a un rapporto con Dio più contorto e conflittuale, ciò che noi davvero rischiamo di perdere... (testimonianza raccolta da Laura Guerra) I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 43 villaggio globale a tu per tu INTERNET Navigare tra i conflitti dimenticati, non esistono guerre “di serie B” È nato il 1° gennaio, Giornata mondiale della pace, il nuovo sito www.conflittidimenticati.it, promosso insieme da Caritas Italiana e Pax Christi Italia, che da tempo hanno avviato una collaborazione sul tema. «Obiettivo del progetto – ricordano nella presentazione del sito monsignor Francesco Montenegro, presidente di Caritas Italiana, e monsignor Tommaso Valentinetti, presidente di Pax Christi Italia – è rafforzare la linea di impegno verso una migliore informazione per quanti non accettano che ci siano guerre di “serie A” e guerre di “serie B”, nonché svolgere un ruolo educativo nel porre le condizioni per una crescita della consapevolezza delle minacce alla pace e dei segnali di speranza che si accendono nelle situazioni di conflitto». Su Conflittidimenticati.it, i cui contenuti verranno completati nei prossimi mesi, è possibile trovare informazioni storiche sulle guerre in corso, approfondimenti sul tema del conflitto e del diritto internazionale, strumenti per la formazione e l’animazione pastorale, nonché le testimonianze delle vittime. Il progetto fa tesoro delle esperienze e delle reti internazionali nei quali sono attive Caritas Italiana e Pax Christi. Ma soprattutto è in continuità con le due ricerche (Conflitti dimenticati e Guerre alla finestra) pubblicate nel 2003 e nel 2005 da Caritas Italiana, in collaborazione con Famiglia Cristiana e Il Regno, mentre è in preparazione un nuovo rapporto sullo stesso tema. SUSSIDI Mi sarete testimoni, “cubo della preghiera” al centro dell’opuscolo Nel tempo di Avvento-Natale la riflessione è caduta sul tema dell’annuncio della lieta notizia. Per Quaresima 2008, gli uffici Cei (tra cui Caritas Italiana) propongono di riflettere e pregare sulla testimonianza della carità, conseguenza di un annuncio interiorizzato e vissuto, tramite un kit di sussidi caratterizzato dalla parola evangelica Mi sarete testimoni. Nell’opuscolo per famiglie ci sono testimonianze di diversi personaggi, ma anche di tanta gente “qualunque”; 44 I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 in un inserto centrale, le istruzioni per costruire “Il cubo della preghiera”, piccolo strumento per pregare tutti i giorni insieme. Ai ragazzi si indirizza l’album, che intraprende un viaggio, toccando tanti popoli e ambienti della terra. Del kit fanno parte anche poster, salvadanaio e scheda per l’animazione pastorale. FILM-DVD La rivincita di Grace, viaggio da nord a sud tra i tormenti del Sudan Un film-documentario, per raccontare, attraverso l’esperienza di una bimba, la drammatica situazione del Sudan. La rivincita di Grace narra di una dodicenne che affronta, con il padre, un lunghissimo viaggio attraverso il paese africano: dalla capitale Khartum, dove la famiglia si è rifugiata allo scoppiare della guerra civile, a Nazareth, nel sud, dove si trovano le sue origini. È un viaggio duro, metafora di un percorso interiore: dalla condizione di profuga a nuove attese di vita. Prodotto dall’ong Vis (all’interno della campagna “Tutti a scuola”, per costruire venti scuole in Sud Sudan) e da Don Bosco network, il documentario si avvale della regia di Franco Angeli, già aiuto di Ettore Scola e Bernardo Bertolucci. Nel dvd anche una galleria di foto sul Sudan. Francesca e il lato sconosciuto di Iacchetti «Sono un buffone ma racconto storie di amore per la vita» WEB RADIO Il Wwf è on line, l’ambiente raccontato dalla gente comune È nata Radio Wwf, web radio fatta di musica e contenuti; la programmazione (al sito www.radiowwf.it) prevede un notiziario giornaliero e rubriche per informare e coinvolgere in modo leggero ma autorevole, dando voce anche a chi sull’ambiente non si è mai pronunciato: cittadini, personaggi di sport e spettacolo. Il palinsesto prevede anche interviste di strada per “testare” il grado di conoscenza dei cittadini sui temi ambientali; curiosità e scoperte sulle specie animali; presentazioni di libri e mostre; storie dell’ambientalismo vissute sul campo. Una sezione è dedicata al “Viaggio nelle oasi” (130) gestite dal Wwf in Italia. Altri spazi: “Io lo faccio già”, pillole di “saggezza” affidate a personaggi come Fulco Pratesi, Mario Tozzi e Luca Mercalli, e il contatto diretto con gli ascoltatori-navigatori, invitati a scrivere o inviare contributi audio. di Danilo Angelelli NON SOLO STRISCIA Sopra, un bel sorriso di Enzo Iacchetti. Sotto, una scena del “corto” Pazza di te. Informazioni: Vida Produzioni, Piacenza, indirizzo mail: vidaproduzioni @yahoo.it Chi lo avrebbe mai detto. Enzo Iacchetti, tra uno sberleffo e una denuncia di Striscia la notizia, il programma più visto della nostra televisione, che da vent’anni fa agrodolce compagnia agli italiani nella fascia dell’access prime time, trova il tempo e il modo di mostrare il suo lato più sensibile e profondo. Ed eccolo lì, a presentare, in giro per l’Italia e all’estero, il cortometraggio che ha prodotto e diretto. Un lavoro importante, dal titolo Pazza di te. Cosa ha voluto raccontare con questo film di 16 minuti? Anzitutto ci tengo a dire che non voglio mandare alcun messaggio. Ho voluto solo narrare una storia di una persona che ama la vita. La storia di Francesca, 35enne, che resta incinta del suo compagno, Andrea, il quale, però, non vuole prendersi la responsabilità di essere padre. Francesca, allora, va in una località di montagna a portare a termine la gravidanza e a vivere una vita semplice, lei che semplice, a dire il vero, lo è sempre stata, con il suo desiderio di un mondo più buono. Alla fine del film si vede Francesca con in braccio il figlio. Una scritta in sovrimpressione ci fa sapere che Pau, questo il nome del bambino, è down. E che Francesca, pur sapendo che il bambino sarebbe nato con questa sindrome, non ha avuto nessun dubbio nel portare a termine la gravidanza. Dove trova Francesca l’entusiamo e la forza? Nel suo grande amore per la vita, e la consapevolezza che porta in grembo un bimbo down accentuano questo suo entusiasmo e coraggio. Anzi, grazie a Pau trova un rinnovato senso della vita. Francesca è una persona che ha incontrato davvero? Posso dire che un giorno ero all’estero e ho visto una ragazza bionda come Francesca, che se ne andava fiera in bicicletta con un bambino down nel seggiolino. Intorno a questa donna si muovevano diversi passanti che giravano lo sguardo altrove, magari per non mettere in imbarazzo una persona così “sfortunata”, che secondo loro stava soffrendo. Beh, quella donna era l’immagine della felicità. Lei sta accompagnando il film nelle varie proiezioni. Quali riscontri ha ottenuto? Anzitutto sono sorpreso dall’entusiasmo e dal fatto che un po’ tutti quelli che l’hanno visto riescano a cogliere la tenerezza di questa storia. Non mi aspettavo neanche che il film, rifiutato a Venezia, venisse accolto da tanti Festival stranieri. E poi è bello collegare la proiezione a serate in cui si raccolgono fondi per beneficenza. Ogni volta con un obiettivo diverso. Questo cortometraggio sta contribuendo a dare un’immagine diversa di Enzo Iacchetti… Sì. È tanto che voglio far capire al pubblico che non sono solo quello di Striscia la notizia, che Enzo Iacchetti, pur facendo il buffone in tv, non è mai stato distaccato da questioni sociali. Voglio che si conosca quest’altro mio aspetto. Anche se non posso che essere felice di prendere parte a un programma televisivo come Striscia, che ha un impatto così forte sul pubblico. E poi è grazie al successo in tv che può permettersi di “rischiare” con prodotti meno commerciali e meno visibili… È vero, ma bisogna sentirle, certe cose. Conosco tante persone del mondo dello spettacolo che amano la vita mondana, le spese folli. Io la sera vado a letto presto, faccio una vita molto tranquilla e i miei soldi preferisco investirli anche facendo qualcosa per gli altri. Dentro e fuori da un film. I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 45 incontri di servizio villaggio globale SEGNALAZIONI La democrazia e i suoi confini, la trappola Iraq Nadia Urbinati, Ai confini della democrazia. Opportunità e rischi dell’universalismo democratico (Donzelli, pagine 137). Democrazia è insieme il nome di una forma di governo e di un ideale politico e morale. La doppia natura dà alla parola un significato complesso: ne consegue che alla democrazia si chiede a volte troppo, a volte troppo poco. Osservatorio Asia (a cura di), Cina. La conoscenza é un fattore di successo (Il Mulino, pagine 311). Nonostante l’ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio e il suo ruolo internazionale, la Cina è ancora percepita lontana e differente. Ne soffrono le relazioni economiche. L’Italia non trae i vantaggi che potrebbe dall’emersione del gigante asiatico. Jean Benjamin Sleiman, Nella trappola irachena (Edizioni Paoline, pagine 138). La testimonianza, l’analisi e la denuncia di un vescovo che “ha provato la miseria” di un popolo intrappolato in un paese ormai provato fino allo stremo e alla disperazione. Luciano Piras, La favola del Re Storpio (Angelica editore, pagine 92). Spesso giudichiamo gli altri solo per le loro “esteriorità”. Ma chi l’ha detto che dietro la figura di una persona storpia, non si nasconda una grandissima personalità? È il caso di Re Arturo. Adatto ai bambini, ma anche gli adulti capiranno... 46 I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 pagine altre pagine di Francesco Dragonetti L’Onu dedica l’anno alla Terra, ecologia e giustizia a confronto: ma dove sta andando il pianeta? L’Onu, nella sessione plenaria del 22 dicembre 2005, ha proclamato il 2008 “Anno internazionale del pianeta terra” (Aipt). L’iniziativa, promossa, sostenuta e patrocinata dall’Unesco, si estende in realtà all’intero triennio 2007-2009. Le scienze della terra negli ultimi decenni hanno realizzato straordinari progressi, ma l’opinione pubblica planetaria non ha ancora fatto proprie le relazioni fondamentali che esistono fra le conquiste della comunità scientifica e il futuro del pianeta. Per un futuro equo. Conflitti sulle risorse e giustizia globale, curato da Wolfgang Sachs e Tilman Santarius per conto del Wuppertal Institut (Feltrinelli, pagine 292), pone una domanda rilevante sullo stato di salute del pianeta: è possibile l’incontro tra ecologia e giustizia sociale? Il rapporto dell’istituto di ricerca risponde positivamente al quesito, a patto però che la sostenibilità ecologica dello sviluppo economico e la giustizia sociale si incontrino a livello globale. State of the World 2007. Rapporto sullo stato del pianeta. Il nostro futuro urbanizzato (Worldwatch Institute, 2007, pagine 432), nell’edizione italiana a cura di Gianfranco Bologna, punta l’attenzione sui problemi che i sistemi urbani di tutto il mondo si trovano ad affrontare. Le città si espandono in modo incontrollato, trasformandosi in megalopoli ingestibili dal punto di vista sociale e ambientale. Sono anche focolai di inquinamento, la cui crescente impronta ecologica è ben visibile nelle immagini satellitari, e sono tra le maggiori responsabili del cambiamento climatico. Ma qual è il destino della terra? Il nostro pianeta andrà incontro a una morte naturale lontana miliardi di anni, o essa sarà accelerata da eventi imprevisti o dall’azione dell’uomo? A tali domande tenta di rispondere anche il volume Dove va la Terra?, di Guido Visconti (Boroli, 2006, pagine 206). Il libro tratta tematiche complesse con un linguaggio accessibile a tutti. Per provare a capire quale sarà il futuro del pianeta, analizzandone la storia fin dalla nascita. Infine Il Pianeta fragile. Immagini di un mondo in pericolo, autori vari (De Agostini, 2007 pp. 271), grazie a immagini di straordinario impatto mostra i cambiamenti del nostro pianeta dovuti ad aggressioni di origine naturale o antropica, dai terremoti alla deforestazione, dalle tempeste alle conseguenze del riscaldamento globale. E prova a immaginare come sarà la terra in futuro, se non la sapremo salvaguardare. a cura di Elisa Teja “casco bianco” Caritas in Argentina LA MALINCONIA DI MATILDE CHE RACCONTA PER CONDIVIDERE o sguardo di Matilde brilla di una luce che fa a pugni con il velo leggero che appanna i suoi occhi di nonna. È una luce viva, profonda; eppure è anche carica di fatica e di troppi pensieri cupi. Mentre mi fissa, Matilde giochicchia con un rosario di plastica che attorciglia intorno alle dita: ha mani ossute e segnate dagli anni. Questa vecchia argentina si racconta cercando nel vuoto le immagini e i suoni di un tempo. Nella penombra della sua baracca, nel barrio Bajo de Lujan, periferia di Mendoza, l’afa ci avvolge e intanto sul fornello traballante sta per bollire l’acqua per preparare un mate. Fuori dalla porta di legno marcio c’è una bicicletta vecchia e impolverata; un po’ più lontano un mucchio di stracci logori stesi al sole, un secchio di acqua putrida e alcuni pezzi di lamiera arrugginita. La abuela continua a parlarmi e non la interrompono neanche le grida di un paio di nipoti che giocano davanti a noi; le loro voci si accavallano e fanno un baccano infernale. Questa è la nuova vita che mi gira intorno. E pian piano, grazie a doña Matilde, sto scoprendo che ha davvero senso il mio essere qui. In questa confusione, immersa nel caldo soffocante, mi è difficile assorbire qualunque cosa, persino le parole. Mi pare di avvertire invece un silenzio e una calma irreali. Sto forse cercando di non ascoltare? Le storie e i drammi che questa Matilde mi sta sbattendo in faccia mi pungono troppo? In fondo neanche mi conosce, perché mi parla così? O magari non devo preoccuparmi, tanto i suoi racconti mi stanno semplicemente scivolando addosso e domani non ricorderò più nulla, sarà tutto già passato? La vecchia doña Matilde è stato uno dei miei primi – e più intensi – incontri Uno sguardo luminoso, da quando, ormai qualche mese fa, sono arrivata in Argentina. Ci siamo viste nonostante i pensieri per la prima volta in un normale pomeriggio ma, nonostante tutte queste mie cupi. Un rosario domande e perplessità, ricordo ogni momento di quella giornata. Grazie al cielo. attorcigliato alle dita. Grazie al cielo ricordo anche le sue lacrime, il suo stringere forte i pugni e i suoi I nipoti che fanno timidi sorrisi. La sua malinconia amara, la sua realtà quotidiana in una baraccopoli chiasso nella baracca. di periferia, insieme a tanta altra gente che va avanti ai limiti della sopravvivenza. Una vita sradicata: Una realtà violenta e penosa; pur senza quasi mai uscire dal barrio, queste eppure la nonna persone hanno una vita sradicata da tutto: smarriti, instabili, disordinati. va avanti, contenta Un groviglio fitto e irrisolto di complicazioni. La miseria è nelle loro storie e nei di rendere qualcuno loro ricordi. Eppure, nonostante questa povertà lacerante, vanno avanti, anzi partecipe della sua vita sono sempre felici di potersi raccontare e di rendere qualcuno partecipe della loro non facile vita. Forse non arriverò mai a capire bene perché, forse non sarò mai in grado di fare qualcosa per farli stare meglio. Ma gradualmente capisco che alla fine sono soprattutto io ad aver bisogno di loro: cerco un confronto, un dialogo continuo. Ho voglia di condividere un po’ della mia vita insieme a questa gente semplice. Lasciamo perdere le frasi fatte: ma l’incontro con gli altri, l’aprirsi agli altri è davvero la molla che può generare un cambiamento, una voglia di crescere e di mettersi in gioco. Ogni giorno mi rendo sempre più conto che questi “altri” stanno aiutando me, svegliano le mie domande e mi scuotono dall’indifferenza. Grazie al cielo: io ho paura del non scuotermi, del non sentire più nulla, dell’incapacità di reagire, del rimanere impassibile e del non farmi più domande. L I TA L I A C A R I TA S | FEBBRAIO 2008 47 I lettori, utilizzando il c.c.p. allegato e specificandolo nella causale, possono contribuire ai costi di realizzazione, stampa e spedizione di Italia Caritas, come pure a progetti e interventi di solidarietà, con offerte da far pervenire a: Caritas Italiana - c.c.p. 347013 - via Aurelia, 796 - 00165 Roma - www.caritasitaliana.it