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I principali processi che controllano la chimica delle acque

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I principali processi che controllano la chimica delle acque
Master Secondo Livello “BONIFICA DEI SITI INQUINATI”
Caratterizzazione inquinamento da metalli nelle acque
Università degli Studi di Pisa, 19-02-2016
I principali processi che controllano la
chimica delle acque sotterranee e di
superficie
Luigi Marini
Consulente in Geochimica Applicata
e-mail: [email protected]
website: www.appliedgeochemistry.it
I principali processi che controllano la composizione della
maggior parte delle acque sotterranee e di superficie sono
(Nordstrom, 2003) :
- La dissoluzione e la precipitazione della calcite;
- La dissoluzione e la precipitazione del gesso;
- L’ossidazione della pirite e la formazione degli ossiidrossidi ferrici;
- La dissoluzione dei minerali silicatici (feldspati, miche,
cloriti, anfiboli, olivine e pirosseni) e la formazione dei
minerali delle argille (caolino, smectiti, illite, …)
- La dissoluzione della dolomite e la precipitazione di calcite
(dedolomitizzazione),
- La formazione di dolomite (dolomitizzazione)
- La riduzione del solfato e la formazione di pirite;
- La precipitazione della silice;
- L’evaporazione;
- Lo scambio ionico.
Questi processi sono spiegati in diversi libri di testo, fra cui:
Appelo C. A. J. and Postma D. (1993) Geochemistry, Groundwater, and
Pollution. A. A. Balkema, Rotterdam, 536 pp.
Drever J. I. (1997) The Geochemistry of Natural Waters: Surface and
Groundwater Environments, 3rd edn. Prentice Hall, NJ, 436 pp.
Langmuir D. (1997) Aqueous Environmental Geochemistry. Prentice Hall,
NJ, 600 pp.
Stumm W. and Morgan J. J. (1996) Aquatic Chemistry, 3rd edn. Wiley, NY,
1022 pp.
Le reazioni di dissoluzione di carbonati (calcite, dolomite, …) e
silicati sono assimilabili a reazioni di neutralizzazione acidobase fra:
(1) Acidi (acido carbonico, acido solforico, acidi organici), che
sono prodotti per lo più da reazioni che avvengono nei suoli
(con mediazione batterica) e si disciolgono nelle acque
meteoriche;
(2) Minerali silicatici e i carbonatici, che agiscono
essenzialmente da basi.
La produzione di acido carbonico nei suoli è schematizzabile
attraverso la reazione seguente:
Nella soluzione acquosa sono presenti sia l’acido carbonico
(H2CO3) sia la CO2 disciolta (CO2(aq)), che vengono indicati
nell’insieme come acido carbonico apparente (H2CO3*).
In aree geotermiche e vulcaniche, l’acido carbonico viene
anche prodotto per idratazione di CO2 profonda, a sua volta
originata per:
(1) reazioni metamorfiche fra carbonati e silicati (es. calcitequarzo-wollastonite):
CaCO3 + SiO2 = CaSiO3 + CO2
(2) degassamento di masse
magmatiche.
La CO2 profonda tipicamente
risale verso la superficie
lungo faglie e fratture.
Evidenza di termometamorfismo
al Vesuvio (eruzione del 1631)
Foto Claudia Principe
Localmente, in Italia
centro-meridionale
avviene emissione di CO2
da vents localizzati.
Questi rappresentano
situazioni di pericolo per
gli esseri viventi, poiché
da essi vengono emessi
grossi flussi di CO2 quasi
pura che si incanalano
come veri e propri fiumi
nelle depressioni
circostanti.
Esempio di uso
intelligente dei fumogeni
da stadio.
Foto Giovanni Chiodini
Foto Giovanni Chiodini
L’acido solforico è generato per ossidazione, catalizzata da
batteri, di pirite e altri solfuri metallici:
FeS2(s) + 15/4 O2 + 7/2 H2O → Fe(OH)3(s) + 4H+ + 2 SO42Torneremo a considerare
questa reazione.
Gli acidi organici (es. acidi umici
e acidi fulvici) si formano per
breakdown parziale della materia
organica e sono in grado di
complessare e solubilizzare diversi
metalli; notare la presenza di
diversi gruppi funzionali:
carbossilico, OH-fenolico, …
L’acido ossalico è presente nella secrezione
di alcuni organismi vegetali, può complessare
Fe e Al e determinarne il trasporto in
soluzione, almeno fino a che questi complessi
non sono attaccati da microrganismi;
conseguentemente, l’ossalato viene ossidato a
CO2 e/o HCO3- e Fe ed Al precipitano.
pK1 e pK2 per i differenti acidi di interesse a 25°C, 1 bar
Nome
Formula
pK1
pK2
Acido solforico
H2SO4
-3.00
1.98
Acido ossalico
H 2 C 2 O4
1.27
4.27
COOH acidi humici
3.67-5.04
4.76
Acido acetico
CH3COOH
Acido carbonico
H2CO3
6.35 10.33
Per un acido diprotico H2A abbiamo
Nella curva di titolazione
dell’acido acetico, il pH del
punto di semi-equivalenza
(=pK) è ben riconoscibile,
trattandosi di un acido
monoprotico.
Nella curva di titolazione di
un acido humico non è
riconoscibile un punto di
semi-equivalenza, a causa
della presenza di differenti
gruppi funzionali con pK
differente.
Dissoluzione dei silicati
Grazie alle misure della
cinetica di dissoluzione dei
minerali, sappiamo che i
silicati si disciolgono molto più
lentamente dei carbonati.
Pertanto la dissoluzione dei
silicati determina variazioni
chimiche meno evidenti nelle
acque della dissoluzione dei
carbonati.
Però la dissoluzione dei
silicati contribuisce il 45% del
carico totale disciolto delle
acque fluviali (Stumm &
Wollast, 1990).
Da Stumm and Morgan (1996), pag 782.
Inizialmente la dissoluzione dei silicati è stata studiata nei suoli
dove il weathering chimico agisce per lunghi periodi di tempo
(migliaia di anni). Ecco come varia, con la profondità, la
composizione mineralogica del suolo sviluppato su una
granodiorite.
Da Blatt et al.
(1980) in
Appelo and
Postma
(1996)
Plagioclasio, biotite ed anfibolo si alterano più rapidamente di
quarzo e K-feldspato.
Questo controllo cinetico sulla distribuzione dei minerali
silicatici primari venne riconosciuto già da Goldich (1938), che
propose la seguente sequenza empirica di weathering.
Inoltre, nel corso del
weathering, si formano
minerali secondari (es.
argille e ossi-idrossidi di
Fe) per dissoluzione
incongruente dei
silicati e degli Al-silicati
primari.
La formazione di
minerali secondari è
dovuta alla loro bassa
solubilità.
In prima approssimazione, si ha conservazione di Al nelle
fasi solide.
In effetti, in genere, l'Al3+ non entra stabilmente in soluzione
acquosa, tranne che in condizioni di elevata acidità,
determinate, per esempio, da presenza di acido solforico.
Quali sono gli effetti della dissoluzione dei silicati sulla
chimica delle acque?
(1) Aggiunta di cationi e silice acquosa
(2) Conversione di acidi nelle basi coniugate, in primo luogo
l’H2CO3 in ione HCO3La dissoluzione dei silicati ha pertanto un effetto tampone sul
pH della soluzione acquosa (coppia H2CO3/HCO3-)
Da notare anche la produzione di fasi solide secondarie,
denominati minerali accessori (es. gibbsite, Al(OH)3) e
minerali argillosi da Essington (2005).
In genere, le acque risultanti da dissoluzione dei silicati sono
pertanto caratterizzate da:
(1) alti contenuti di SiO2, specie se le acque interagiscono con
vulcaniti ricche di vetri,
(2) alti contenuti di ioni alcalini (Na+, K+) e/o alcalino terrosi
(Ca2+, Mg2+) a seconda dei silicati in dissoluzione (e delle fasi
secondarie prodotte),
(3) alti contenuti di HCO3-, per ovvie ragioni di elettroneutralità
della soluzione acquosa.
Ruolo degli acidi organici nella dissoluzione dei silicati.
Per investigare il ruolo degli acidi organici nella dissoluzione
dei silicati, facciamo riferimento alla albite ed all’acido ossalico
(Berner e Berner, 1996). Il fenomeno è descritto dalle reazioni:
che possono essere sommate in modo da cancellare gli ioni
H+, ottenendo:
Tuttavia, l'ossalato è relativamente instabile e viene ossidato
per l'intervento di batteri:
lo ione Al3+ liberato dal complesso Al-ossalato viene inglobato in
minerali argillosi, per esempio caolinite, Al2Si2O5(OH)4:
Moltiplicando per 2 la reazione di dissoluzione dell’albite governata
dall’acido ossalico e sommandola alle due successive si ottiene la
reazione complessiva seguente:
Quindi, anche se l'attacco acido è stato espletato dall'acido ossalico,
i prodotti finali presenti in soluzione acquosa sono Na+, HCO3-, SiO2
e CO2; la reazione è analoga a quella governata dall'acido carbonico:
Non vi è nessun ricordo dell'ossalato. Gli acidi organici fanno un
grosso lavoro di cui non rimane traccia.
Minerali prodotti nella dissoluzione incongruente dei
silicati
Facendo riferimento alla albite come fase primaria, la sua
dissoluzione incongruente, con precipitazione di differenti
prodotti solidi (montmorillonite, caolinite e gibbsite,
rispettivamente), può essere descritta dalle seguenti equazioni,
che comportano rimozione crescente di cationi e silice.
albite ⇒ montmorillonite: l’89% della silice rimane nel prodotto
solido
albite ⇒ caolinite: il 33% della silice rimane nel prodotto solido
albite ⇒ gibbsite: lo 0% della silice rimane nel prodotto solido
La formazione della montmorillonite è favorita da:
- climi relativamente secchi (⇒ suoli attraversati da flusso
idrici piccoli)
- lunghi tempi di residenza dell’acqua nei suoli, (⇒ alte
concentrazioni di ioni nella soluzione acquosa)
- materiali che si disciolgono rapidamente (es. rocce
vulcaniche vetrose).
Struttura della montmorillonite:
notare la presenza di cationi
scambiabili (e solvatati) fra due
sandwich, ciascuno formato da
uno strato di Al e Mg in
coordinazione ottaedrica e due
strati di Si in coordinazione
tetraedrica (da Essington 2005).
La formazione della gibbsite è favorita da:
- climi tropicali, intense precipitazioni e terreni ben drenati
- bassi tempi di residenza dell’acqua nei suoli (⇒ basse
concentrazioni degli ioni disciolti nella soluzione acquosa)
- esempio tipico: bauxite
Struttura della gibbsite, in cui
sono presenti solamente strati
di Al in coordinazione
ottaedrica. Notare l’assenza sia
di Si sia di cationi scambiabili
(da Essington 2005)
In condizioni intermedie si ha sviluppo di caolinite.
Struttura della caolinite, in
cui sono presenti strati di
Al in coordinazione
ottaedrica e strati di Si in
coordinazione tetraedrica,
ma non cationi scambiabili
(da Essington 2005).
Non solo il tipo, ma anche la
quantità dei prodotti del
weathering aumenta con la
piovosità, come mostrato
dalla distribuzione dei
prodotti del weathering nei
suoli delle Hawaii (Sherman,
1952)
In quali condizioni è favorita la
precipitazione di una fase piuttosto di
un’altra? La formula chimica dà una
indicazione qualitativa. Per es.
- pirofillite (Al4Si8O20(OH)4) Si/Al=2
- caolinite (Al2Si2O5(OH)4)
Si/Al=1
- gibbsite (Al(OH)3)
Si/Al=0
Quindi, l’aumento progressivo della
concentrazione di SiO2,aq favorisce la
formazione della caolinite rispetto alla
gibbsite, prima, e della pirofillite
rispetto alla caolinite, poi.
La trasposizione su basi
termodinamiche di questi concetti è
ottenuta mediante i diagrammi di
attività (Helgeson, 1968; Bowers et
al., 1984).
Diagramma di attività per il
sistema K2O-Al2O3-SiO2-H2O
a 25°C, 1 bar (Helgeson,
1979).
I circuiti idrici naturali sono
sistemi dinamici.
La dissoluzione dei minerali
primari, la eventuale
precipitazione dei minerali
secondari e le variazioni delle
concentrazioni delle specie
disciolte nelle acque sono
pertanto condizionate da:
- velocità di dissoluzioneprecipitazione delle fasi solide;
- superficie di reazione dei
solidi;
- tempo di interazione;
Torneremo su questi concetti
attraverso la modellizzazione
del percorso di reazione.
Da Stumm and Morgan (1996), pag 782.
Dissoluzione dei carbonati
In genere, le reazioni di dissoluzione dei carbonati :
- sono congruenti;
- sono controllate da H2CO3 o acidi organici;
- determinano alte concentrazioni di HCO3-, Ca2+ (calcite) e
Mg2+ (dolomite o magnesite).
- queste concentrazioni sono
tanto più alte quanto più bassa
è la temperatura (la solubilità
dei carbonati aumenta al
diminuire della temperatura).
Da Bénézeth et al. 2011
Sia le reazioni di dissoluzione dei carbonati sia le reazioni
inverse di precipitazione sono fortemente condizionate dalla
PCO2.
Il degassamento (perdita di CO2) causa la precipitazione di
calcite e altri carbonati, come evidenziato da:
- Stalattiti e stalagmiti nelle cavità carsiche;
- Depositi di travertino nei pressi di sorgenti che scaricano
acque ricche di CO2;
- Scaling nei pozzi geotermici.
Le reazioni di dissoluzione dei
carbonati sono molto importanti in
differenti circuiti idrici sotterranei,
ossia:
(A) acquiferi in rocce carbonatiche
(calcari e dolomie), ove la
permeabilità è principalmente per
fratturazione e dissoluzione;
(B) acquiferi in sabbie e arenarie,
in cui i minerali carbonatici sono
presenti come clasti e/o cemento;
(C) acquiferi in rocce cristalline
(graniti, gneiss, …) , dove i minerali
carbonatici sono presenti o in vene
o come accessori (anche in piccole
quantità, vedi White et al. 1999).
(A)
(B)
(C)
A 25 °C, la velocità di
dissoluzione della calcite
e degli altri carbonati è
da 2 a 6 ordini di
grandezza (a seconda
del pH) superiore a
quella dei silicati.
Quindi, in presenza di
calcite, per qualunque
substrato roccioso, le
acque meteoriche
acquistano rapidamente
una composizione
bicarbonato-calcica.
Ciò è confermato sia dalle concentrazioni dei principali
costituenti disciolti calcolate per il weathering di una ‘sorgente’
costituita da crosta + sedimenti sia da quelle medie mondiali
misurate nei fiumi (da Lerman et al., 2007).
La dissoluzione della
calcite può avvenire in
condizioni di sistema
aperto o chiuso
rispetto alla CO2, cioè
connesso (o no) con
un serbatoio infinito di
CO2 che fissa la sua
pressione parziale.
saturazione
Notare i differenti
valori di pH, Ca (e
quindi HCO3) per la
soluzione in equilibrio
(saturazione) con la
calcite.
da Langmuir, 1971, modificato
Dissoluzione-precipitazione di gesso e anidrite
Gesso (CaSO4·2H2O) ed anidrite (CaSO4) sono minerali
tipici delle rocce evaporitiche di origine marina.
Durante l’evaporazione dell’acqua di mare, il gesso inizia a
precipitare quando il volume si è ridotto a ¼ di quello iniziale.
Volume cumulativo dei
minerali precipitati nel
corso dell’evaporazione
dell’acqua di mare (da
Bethke, 2008).
Ad 1 bar di pressione, la transizione gesso-anidrite avviene a
temperature che dipendono dalla attività dell’acqua nella
soluzione acquosa (Hardie, 1967).
Gesso e anidrite sono solidi ionici e sono quindi caratterizzati
da velocità di dissoluzione elevate.
La loro solubilità è alta a bassa temperatura, ma diminuisce
all’aumentare della temperatura.
Quindi, a bassa temperatura, le acque sotterranee
acquisiscono rapidamente una composizione solfato-calcica
per interazione con rocce evaporitiche contenenti gesso e/o
anidrite.
Il riscaldamento di queste
soluzioni acquose può
determinare precipitazione di
gesso (T<50°C circa a 1 bar)
oppure di anidrite (T>50°C
circa a 1 bar).
Cueva de los Cristales, Mina de Naica, Chihuahua, Mexico.
Dedolomitizzazione
La dedolomitizzazione può avvenire in acquiferi che
contengono calcari e dolomie assieme a strati di gesso e/o
anidrite. A seguito di dissoluzione dei solfati, la dolomite si
scioglie e la calcite precipita. In dettaglio:
La dissoluzione del gesso
determina un aumento della concentrazione di Ca2+, che
causa la precipitazione di calcite
La conseguente diminuzione della concentrazione di CO32favorisce la dissoluzione di dolomite
Appelo e Postma (1996) discutono questo processo mostrando
che il trasferimento complessivo di massa è conforme alla
reazione seguente:
Una dedolomite tipica consistente
in un aggregato di cristalli di calcite
entro una matrice micritica. I cristalli
originali di dolomite sono stati
sostituiti da calcite per flusso di
acque a solfato di calcio.
La foto ha una dimensione
massima di 2.2 mm.
Vedi
http://lib.utexas.edu/geo/balcones_esca
rpment/pages101-114.html?p=print
Il processo inverso (dolomitizzazione) è stato oggetto di ricerca per
oltre 200 anni, ma è ancora molto controverso (Machel, 2004).
Dissoluzione ossidativa della pirite
La pirite (e altri solfuri) vengono ossidati e decomposti per
interazione con acque ricche di O2 disciolto.
Nelle zone minerarie si formano:
- acque acide (acid mine drainage) e
- suoli acidi a solfati, favorito da abbassamento della tavola
d’acqua.
Ciò determina contaminazioni da metalli nel reticolo idrico
superficiale e nelle acque sotterranee. Infatti
• le mineralizzazioni a solfuri non sono costituite solo da
pirite (che comunque non è una fase pura), ma anche da
altri solfuri metallici: galena (PbS), blenda (ZnS), calcopirite
(CuFeS2), arsenopirite (FeAsS),...
• I metalli sono in parte eliminati per precipitazione e
adsorbimento, ma l’impatto ambientale è enorme!
• Per mitigare lo acid mine drainage vengono spesi ogni
giorno 1.000.000 US$ negli Stati Uniti (Evangelou, 1995).
Consideriamo la Miniera di Libiola (Sestri Levante,
Genova).
In base ai documenti disponibili
al Distretto Minerario di
Carrara, dalla miniera di Libiola
furono estratti, dal 1878 al
1954:
- Circa 6 × 108 kg di pirite, con
un contenuto di Cu dello 1-2%
- Circa 4 × 108 kg di minerali
di Cu, con un tenore medio del
5-10 % Cu, (Galli e Penco,
1996).
Questa attività mineraria
prolungata nel tempo ha
lasciato una quantità
considerevole di scorie e
tailings, principalmente in
forma di accumuli privi di
vegetazione, distribuiti su
un’area di ∼500,000 m2.
Ida out-flow
Gromolo
river
and
Castagna
mine
waters
Accornero, 2005
Accornero, 2005
Gromolo and Boeno rivers with Ida
mine waters
Accornero, 2005
Depositi di ossi-idrossidi di Fe, miniera di Libiola (Sestri
Levante, Genova)
Depositi di ossi-idrossidi di Fe, miniera di Libiola (Sestri
Levante, Genova)
http://www.flickr.com/photos/74199798@N00/151966369/
in/photostream/
Precipitati di idrossi-solfati di Al (il colore
azzurro è dovuto alla presenza di Cu) nei
pressi della galleria Margherita, miniera di
Libiola (Sestri Levante, Genova).
Le fasi di neoformazione, soprattutto gli ossi-idrossidi di Fe(III)
tendono ad adsorbire i metalli disciolti dalla soluzione acquosa,
dando luogo ad una sorta di attenuazione naturale.
Ciò è dovuto, almeno in parte, alla loro elevatissima superficie
specifica, tipicamente di circa 600 m2/g; si tratta di un numero
enorme se confrontato con la superficie di una sfera di 1 g
dello stesso materiale (ρ = 3.85 g/cm3), che è di soli 2 cm2.
E’ estremamente
importante
riconoscere la
presenza di
queste fasi e
caratterizzarle
(XRD, SEM, TEM,
etc.).
http://www.geochem.geos.vt.edu/hoche
lla/french.html
Jönsson et al. (2005)
Acqua solfato-acida, miniera di Libiola
(Sestri Levante, Genova)
Acqua solfato-acida, miniera di Libiola
(mg/L)
T
9.2°C
pH
2.5
Eh
613 mV
(mg/L)
(µg/L)
Al
175
Mn
5.5
As
5
Ca
230
Na
30
Cd
65
Cl
30
Ni
4.5
Co
1500
Cu
150
Si
37
Cr
1200
Fe
480
SO4
5800
Pb
6
K
18
Zn
20
Mg
830
Dissoluzione ossidativa della pirite governata dallo O2
Il processo globale è:
FeS2 + 15/4O2 + 7/2H2O → Fe(OH)3 + 2SO42- + 4H+
Formalmente possiamo distinguere:
Ossidazione del disolfuro a solfato:
FeS2+7/2O2+H2O → Fe2++2SO42-+2H+
Ossidazione del Fe2+ a Fe3+:
Fe2++1/4O2+H+→ Fe3++½ H2O
che precipita come Fe(OH)3 o FeOOH.
(1)
(2)
(3)
Due contesti idrogeologici limite
1. Sistema chiuso. L’acqua si satura in O2 e reagisce con la
pirite fino a consumo dell’O2 stesso. L’acqua satura con aria
contiene 0.33 mmol/L di O2. Quindi il ∆mSO4 massimo è
2 × (2/7) × 0.33 = 0.19 mmol/L per l’ossidazione incompleta
(reazione 2 slide precedente)
2 × (4/15) × 0.33 = 0.18 mmol/L per l’ossidazione completa
(reazione 1 slide precedente).
2. Sistema aperto. Rifornimento continuo di O2 alla
soluzione acquosa che continua a reagire con al pirite.
Si raggiungono alti contenuti di SO42- e Fe2+ e bassi pH (22.5). Questi determinano alte concentrazioni di Al e
precipitazione di solfati (gesso, jarosite, jurbanite, ....)
La cinetica della ossidazione della pirite
Vi è un grande numero di specie
intermedie dello zolfo fra il solfuro
ed il solfato.
Per ossidare il gruppo S22- della
pirite a solfato è necessario
trasferire 14 elettroni.
In ogni reazione elementare
possono essere trasferiti 1 o 2
elettroni.
Quindi è necessaria una catena di
reazioni fra le specie dello zolfo.
La cinetica del processo globale è controllata dal passo più
lento, ma sia questo, sia il percorso di reazione possono
variare a seconda delle condizioni in cui si verifica la
ossidazione della pirite.
Cinetica della ossidazione della pirite da O2 a pH neutro
Basse concentrazioni di O2: forte aumento del
rate con l’aumento della concentrazione di O2.
Alte concentrazioni di O2: effetto limitato per
saturazione dei siti di superficie della pirite
dove avviene adsorbimento di O2. Il fenomeno
è descrivibile con una isoterma di
adsorbimento di Langmuir (Nicholson et al.,
1988):
R = velocità di ossidazione della pirite,
Rm = limite massimo che assume R per saturazione di tutti i siti di
superficie (5.05 10-8 mol/h g),
K = costante di adsorbimento dello O2 sulla pirite (1.36 m3/mol),
C = concentrazione di O2.
I dati di laboratorio mostrano che l’ossidazione abiotica della
pirite da parte dello O2 è un processo lento.
Dissoluzione ossidativa della pirite governata dal Fe3+
Altro meccanismo di ossidazione di pirite è quello ad opera
dello ione ferrico:
FeS2 + 14Fe3+ + 8H2O → 15Fe2+ +2 SO42- + 16H+
La velocità di reazione
(ossia la pendenza
della curva Fe2+ tempo) diminuisce nel
tempo a causa della
diminuzione della
concentrazione di
Fe3+ (differenza fra la
curva Fetotale e Fe2+)
A saturazione con FeOOH, la concentrazione del Fe3+
diminuisce secondo una funzione del terzo ordine allo
aumentare del pH.
Quindi l’ossidazione della pirite da parte del Fe3+ è
importante ai bassi pH.
La ossidazione della pirite da parte del Fe3+ è circa 10 volte
più veloce di quella governata dallo O2.
Però il processo ossidativo consuma in fretta il Fe3+ e la
ossidazione della pirite smette se il sistema non è rifornito di
Fe3+ per ossidazione del Fe2+ da parte dello O2:
Come mostra il diagramma, per
pH < 4 la ossidazione del Fe2+ da
parte dello O2 è molto lenta e
indipendente dal pH (Singer &
Stumm, 1970).
Però i batteri ferroossidanti (e.g., Thiobacillus
ferrooxidans) aumentano
la velocità di ossidazione
del Fe2+ fino a 5 ordini di
grandezza.
Questa diventa quindi dello stesso ordine di grandezza della
velocità di ossidazione della pirite da parte del Fe3+, spiegando
il processo naturale (Nordstrom, 1982).
La riduzione del solfato e la formazione di pirite
La riduzione abiotica del solfato a solfuro è una reazione molto
lenta (Ohmoto e Lasaga, 1982), soprattutto a bassa
temperatura, ma avviene grazie alla mediazione da parte di
batteri anaerobici eterotrofi. Il processo è generalmente
schematizzato mediante le reazioni semplificate:
in cui CH2O indica la materia organica. Il pK1 dell’H2S (a 25°C,
1 bar) è 6.99 e quello dell’H2CO3 è 6.35; inoltre, l’OH- è
generalmente presente in quantità trascurabili nelle acque
naturali; quindi la prima reazione è preferibile alla seconda.
Ciò non esclude che i solfuri prodotti siano presenti in parte
come H2S ed in parte come HS- e che i carbonati prodotti siano
presenti in parte come H2CO3 ed in parte come HCO3-, in
funzione del pH.
Lo H2CO3 prodotto favorisce la
dissoluzione di calcite, mentre lo HCO3prodotto favorisce la sua precipitazione.
Nei lithifying microbial mats (foto da
Baumgartner et al., 2006) la riduzione del
solfato favorisce la precipitazione di
calcite (l’acqua di mare ha pH ~8.2), ma
non è detto che sia così ovunque.
Il solfuro prodotto può reagire con i
minerali contenenti Fe formando vari
solfuri di Fe che si trasformano poi in
pirite.
Il fattore limitante dell’intero processo è
generalmente la disponibilità di materia
organica.
Lo stato formale di ossidazione dell’atomo di C nella molecola
CH2O è 0. Se il processo coinvolge composti organici i cui atomi
di C hanno stato di ossidazione formale ≠ 0, le reazioni
ossidoriduttive avranno stechiometria differente da come sopra
indicato. La relazione fra stato formale di ossidazione degli
atomi di C, <C>, e stechiometria di reazione è (Marini et al.,
2000):
Questa relazione vale per
qualunque classe di composti
organici e, all’interno di ogni
classe si osserva uno
spostamento progressivo verso
il punto CH4 al crescere della
lunghezza della catena alchilica
(es. formato → acetato →
propionato → butirrato …).
La precipitazione della silice
I principali minerali della silice sono quarzo, calcedonio (quarzo
criptocristallino), cristobalite, opale-CT (cristobalite-tridimite
disordinata) e silice amorfa (o opale), in ordine di solubilità
crescente.
La solubilità di tutti questi minerali
aumenta progressivamente con la
temperatura → geotermometri
I geotermometri della silice (Fournier, 1973)
E- quarzo
T(°C) = [1309/(5.19 – log SiO2)] – 273.15
D- calcedonio
T(°C) = [1032/(4.69 – log SiO2)] – 273.15
C- α-cristobalite
T(°C) = [1000/(4.78 – log SiO2)] – 273.15
B- opale-CT
T(°C) = [781/(4.51 – log SiO2)] – 273.15
A- silice amorfa
T(°C) = [731/(4.52 – log SiO2)] – 273.15
Concentratione di SiO2 in mg/kg.
Fournier R.O. (1973) Silica in thermal
waters: laboratory and field
investigations. Proc. Int.l Symp.
Hydrogeochemistry and
Biogeochemistry, Tokyo, pp. 122-139.
Sia la velocità di dissoluzione del quarzo sia la velocità di dissoluzione
della silice amorfa aumentano all’aumentare della temperatura (in
linea con la legge di Arrhenius).
Tuttavia, la seconda è circa un ordine di grandezza maggiore della
prima, a parità di T e concentrazione dello NaCl, come mostrato nel
diagramma (da Icenhower and Dove, 2000), in cui:
(i) i cerchi indicano i dati cinetici del quarzo mentre i rombi si
riferiscono ai dati cinetici della silice amorfa;
(ii) le aree ombreggiate
sottolineano l’aumento della
velocità di dissoluzione di
entrambi i minerali passando
dall’acqua deionizzata (trend
inferiore) ad una soluzione
0.05 molale di NaCl (trend
superiore).
I liquidi NaCl dei serbatoi geotermici raggiungono la condizione di
equilibrio con il quarzo, es. punto R.
La precipitazione
della silice
amorfa può
avvenire per
raffreddamento
conduttivo (R -->
C) o a seguito di
raffreddamento
per ebollizione
(es. R --> E).
Lo scaling da silice amorfa è il
principale problema che limita lo
sfruttamento efficiente dei fluidi
geotermici di alta temperatura
(e.g., Gunnarsson e Arnorsson,
2003).
… nonostante possa
determinare scenari
attraenti come alla Blue
Lagoon, alimentata dai
liquidi scaricati dal campo
geotermico di Svarsengi,
Islanda.
La concentrazione di
silice nelle acque dei
circuiti poco profondi
è generalmente
limitata dalla
saturazione rispetto
a fasi meno solubili
della silice amorfa.
Il diagramma si
riferisce ad acque
sotterranee che
interagiscono con
rocce granitoidi e
gneiss (Apollaro et
al., dati non
pubblicati).
L’evaporazione
L’evaporazione rimuove molecole d’acqua e concentra i soluti.
Ciò può portare alla precipitazione di fasi solide quando viene
superato il loro prodotto di solubilità.
Abbiamo già visto i
sali che precipitano
per evaporazione di
acqua di mare (studiati
per la prima volta da
Usiglio, 1849).
Volume cumulativo dei
minerali precipitati nel
corso dell’evaporazione
dell’acqua di mare (da
Bethke, 2008).
Poiché le acque naturali non contengono ioni in rapporti
stechiometrici uguali a quelli dei solidi in precipitazione, quando
precipita un generico solido AB, si ha:
- arricchimento di A nella soluzione se il rapporto A/B nella soluzione
è maggiore del rapporto A/B nel solido;
- impoverimento di A nella soluzione se il rapporto A/B nella soluzione
è minore del rapporto A/B nel solido.
Evoluzione delle molalità
dei componenti chimici nel
corso della evaporazione
simulata di acqua di mare a
25°C (da Bethke, 2008).
Notare la divergenza fra:
- HCO3 vs. Ca e Mg
(dolomite)
- SO4 vs. Ca (gesso)
- Cl vs. Na (halite)
Alcuni possibili percorsi evolutivi nel corso della
evaporazione delle acque naturali in base al
modello di Hardie e Eugster (1970). Con questo
approccio possono essere spiegate le differenti
composizioni chimiche dei laghi salati.
Lake Bogoria (Kenya)
Lake Bogoria (Kenya)
Lo scambio ionico
Nelle aree costiere, dove avviene ingressione di acqua di
mare, si incontrano acque Na-Cl di alta salinità, che si
trasformano in acque Ca-Cl di alta salinità per scambio
ionico.
Na + + 0.5Ca − X 2 ↔ Na − X + 0.5Ca 2 +
Nelle zone affette da ingressione di acqua di mare, in cui
tornano a circolare acque Ca-HCO3 di bassa salinità
(freshening), la reazione di scambio ionico si inverte:
Na − X + 0.5Ca 2+ ↔ Na + + 0.5Ca − X 2
Si originano così acque Na-HCO3 di bassa salinità.
I processi di scambio ionico sono importanti non solo nelle
regioni costiere, ma in tutti i contesti in cui sono presenti
materiali con cariche non saturate alla superficie.
Tali materiali possono avere:
- Capacità di scambio cationico (CEC), se hanno una carica
netta negativa;
- Capacità di scambio anionico (AEC), se hanno una carica
netta positiva.
Tabella da
Langmuir (1997)
Lo scambio ionico è utilizzato anche come tecnica di analisi
… e per la
purificazione
(demineralizzazione)
delle acque
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