I principali processi che controllano la chimica delle acque
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I principali processi che controllano la chimica delle acque
Master Secondo Livello “BONIFICA DEI SITI INQUINATI” Caratterizzazione inquinamento da metalli nelle acque Università degli Studi di Pisa, 19-02-2016 I principali processi che controllano la chimica delle acque sotterranee e di superficie Luigi Marini Consulente in Geochimica Applicata e-mail: [email protected] website: www.appliedgeochemistry.it I principali processi che controllano la composizione della maggior parte delle acque sotterranee e di superficie sono (Nordstrom, 2003) : - La dissoluzione e la precipitazione della calcite; - La dissoluzione e la precipitazione del gesso; - L’ossidazione della pirite e la formazione degli ossiidrossidi ferrici; - La dissoluzione dei minerali silicatici (feldspati, miche, cloriti, anfiboli, olivine e pirosseni) e la formazione dei minerali delle argille (caolino, smectiti, illite, …) - La dissoluzione della dolomite e la precipitazione di calcite (dedolomitizzazione), - La formazione di dolomite (dolomitizzazione) - La riduzione del solfato e la formazione di pirite; - La precipitazione della silice; - L’evaporazione; - Lo scambio ionico. Questi processi sono spiegati in diversi libri di testo, fra cui: Appelo C. A. J. and Postma D. (1993) Geochemistry, Groundwater, and Pollution. A. A. Balkema, Rotterdam, 536 pp. Drever J. I. (1997) The Geochemistry of Natural Waters: Surface and Groundwater Environments, 3rd edn. Prentice Hall, NJ, 436 pp. Langmuir D. (1997) Aqueous Environmental Geochemistry. Prentice Hall, NJ, 600 pp. Stumm W. and Morgan J. J. (1996) Aquatic Chemistry, 3rd edn. Wiley, NY, 1022 pp. Le reazioni di dissoluzione di carbonati (calcite, dolomite, …) e silicati sono assimilabili a reazioni di neutralizzazione acidobase fra: (1) Acidi (acido carbonico, acido solforico, acidi organici), che sono prodotti per lo più da reazioni che avvengono nei suoli (con mediazione batterica) e si disciolgono nelle acque meteoriche; (2) Minerali silicatici e i carbonatici, che agiscono essenzialmente da basi. La produzione di acido carbonico nei suoli è schematizzabile attraverso la reazione seguente: Nella soluzione acquosa sono presenti sia l’acido carbonico (H2CO3) sia la CO2 disciolta (CO2(aq)), che vengono indicati nell’insieme come acido carbonico apparente (H2CO3*). In aree geotermiche e vulcaniche, l’acido carbonico viene anche prodotto per idratazione di CO2 profonda, a sua volta originata per: (1) reazioni metamorfiche fra carbonati e silicati (es. calcitequarzo-wollastonite): CaCO3 + SiO2 = CaSiO3 + CO2 (2) degassamento di masse magmatiche. La CO2 profonda tipicamente risale verso la superficie lungo faglie e fratture. Evidenza di termometamorfismo al Vesuvio (eruzione del 1631) Foto Claudia Principe Localmente, in Italia centro-meridionale avviene emissione di CO2 da vents localizzati. Questi rappresentano situazioni di pericolo per gli esseri viventi, poiché da essi vengono emessi grossi flussi di CO2 quasi pura che si incanalano come veri e propri fiumi nelle depressioni circostanti. Esempio di uso intelligente dei fumogeni da stadio. Foto Giovanni Chiodini Foto Giovanni Chiodini L’acido solforico è generato per ossidazione, catalizzata da batteri, di pirite e altri solfuri metallici: FeS2(s) + 15/4 O2 + 7/2 H2O → Fe(OH)3(s) + 4H+ + 2 SO42Torneremo a considerare questa reazione. Gli acidi organici (es. acidi umici e acidi fulvici) si formano per breakdown parziale della materia organica e sono in grado di complessare e solubilizzare diversi metalli; notare la presenza di diversi gruppi funzionali: carbossilico, OH-fenolico, … L’acido ossalico è presente nella secrezione di alcuni organismi vegetali, può complessare Fe e Al e determinarne il trasporto in soluzione, almeno fino a che questi complessi non sono attaccati da microrganismi; conseguentemente, l’ossalato viene ossidato a CO2 e/o HCO3- e Fe ed Al precipitano. pK1 e pK2 per i differenti acidi di interesse a 25°C, 1 bar Nome Formula pK1 pK2 Acido solforico H2SO4 -3.00 1.98 Acido ossalico H 2 C 2 O4 1.27 4.27 COOH acidi humici 3.67-5.04 4.76 Acido acetico CH3COOH Acido carbonico H2CO3 6.35 10.33 Per un acido diprotico H2A abbiamo Nella curva di titolazione dell’acido acetico, il pH del punto di semi-equivalenza (=pK) è ben riconoscibile, trattandosi di un acido monoprotico. Nella curva di titolazione di un acido humico non è riconoscibile un punto di semi-equivalenza, a causa della presenza di differenti gruppi funzionali con pK differente. Dissoluzione dei silicati Grazie alle misure della cinetica di dissoluzione dei minerali, sappiamo che i silicati si disciolgono molto più lentamente dei carbonati. Pertanto la dissoluzione dei silicati determina variazioni chimiche meno evidenti nelle acque della dissoluzione dei carbonati. Però la dissoluzione dei silicati contribuisce il 45% del carico totale disciolto delle acque fluviali (Stumm & Wollast, 1990). Da Stumm and Morgan (1996), pag 782. Inizialmente la dissoluzione dei silicati è stata studiata nei suoli dove il weathering chimico agisce per lunghi periodi di tempo (migliaia di anni). Ecco come varia, con la profondità, la composizione mineralogica del suolo sviluppato su una granodiorite. Da Blatt et al. (1980) in Appelo and Postma (1996) Plagioclasio, biotite ed anfibolo si alterano più rapidamente di quarzo e K-feldspato. Questo controllo cinetico sulla distribuzione dei minerali silicatici primari venne riconosciuto già da Goldich (1938), che propose la seguente sequenza empirica di weathering. Inoltre, nel corso del weathering, si formano minerali secondari (es. argille e ossi-idrossidi di Fe) per dissoluzione incongruente dei silicati e degli Al-silicati primari. La formazione di minerali secondari è dovuta alla loro bassa solubilità. In prima approssimazione, si ha conservazione di Al nelle fasi solide. In effetti, in genere, l'Al3+ non entra stabilmente in soluzione acquosa, tranne che in condizioni di elevata acidità, determinate, per esempio, da presenza di acido solforico. Quali sono gli effetti della dissoluzione dei silicati sulla chimica delle acque? (1) Aggiunta di cationi e silice acquosa (2) Conversione di acidi nelle basi coniugate, in primo luogo l’H2CO3 in ione HCO3La dissoluzione dei silicati ha pertanto un effetto tampone sul pH della soluzione acquosa (coppia H2CO3/HCO3-) Da notare anche la produzione di fasi solide secondarie, denominati minerali accessori (es. gibbsite, Al(OH)3) e minerali argillosi da Essington (2005). In genere, le acque risultanti da dissoluzione dei silicati sono pertanto caratterizzate da: (1) alti contenuti di SiO2, specie se le acque interagiscono con vulcaniti ricche di vetri, (2) alti contenuti di ioni alcalini (Na+, K+) e/o alcalino terrosi (Ca2+, Mg2+) a seconda dei silicati in dissoluzione (e delle fasi secondarie prodotte), (3) alti contenuti di HCO3-, per ovvie ragioni di elettroneutralità della soluzione acquosa. Ruolo degli acidi organici nella dissoluzione dei silicati. Per investigare il ruolo degli acidi organici nella dissoluzione dei silicati, facciamo riferimento alla albite ed all’acido ossalico (Berner e Berner, 1996). Il fenomeno è descritto dalle reazioni: che possono essere sommate in modo da cancellare gli ioni H+, ottenendo: Tuttavia, l'ossalato è relativamente instabile e viene ossidato per l'intervento di batteri: lo ione Al3+ liberato dal complesso Al-ossalato viene inglobato in minerali argillosi, per esempio caolinite, Al2Si2O5(OH)4: Moltiplicando per 2 la reazione di dissoluzione dell’albite governata dall’acido ossalico e sommandola alle due successive si ottiene la reazione complessiva seguente: Quindi, anche se l'attacco acido è stato espletato dall'acido ossalico, i prodotti finali presenti in soluzione acquosa sono Na+, HCO3-, SiO2 e CO2; la reazione è analoga a quella governata dall'acido carbonico: Non vi è nessun ricordo dell'ossalato. Gli acidi organici fanno un grosso lavoro di cui non rimane traccia. Minerali prodotti nella dissoluzione incongruente dei silicati Facendo riferimento alla albite come fase primaria, la sua dissoluzione incongruente, con precipitazione di differenti prodotti solidi (montmorillonite, caolinite e gibbsite, rispettivamente), può essere descritta dalle seguenti equazioni, che comportano rimozione crescente di cationi e silice. albite ⇒ montmorillonite: l’89% della silice rimane nel prodotto solido albite ⇒ caolinite: il 33% della silice rimane nel prodotto solido albite ⇒ gibbsite: lo 0% della silice rimane nel prodotto solido La formazione della montmorillonite è favorita da: - climi relativamente secchi (⇒ suoli attraversati da flusso idrici piccoli) - lunghi tempi di residenza dell’acqua nei suoli, (⇒ alte concentrazioni di ioni nella soluzione acquosa) - materiali che si disciolgono rapidamente (es. rocce vulcaniche vetrose). Struttura della montmorillonite: notare la presenza di cationi scambiabili (e solvatati) fra due sandwich, ciascuno formato da uno strato di Al e Mg in coordinazione ottaedrica e due strati di Si in coordinazione tetraedrica (da Essington 2005). La formazione della gibbsite è favorita da: - climi tropicali, intense precipitazioni e terreni ben drenati - bassi tempi di residenza dell’acqua nei suoli (⇒ basse concentrazioni degli ioni disciolti nella soluzione acquosa) - esempio tipico: bauxite Struttura della gibbsite, in cui sono presenti solamente strati di Al in coordinazione ottaedrica. Notare l’assenza sia di Si sia di cationi scambiabili (da Essington 2005) In condizioni intermedie si ha sviluppo di caolinite. Struttura della caolinite, in cui sono presenti strati di Al in coordinazione ottaedrica e strati di Si in coordinazione tetraedrica, ma non cationi scambiabili (da Essington 2005). Non solo il tipo, ma anche la quantità dei prodotti del weathering aumenta con la piovosità, come mostrato dalla distribuzione dei prodotti del weathering nei suoli delle Hawaii (Sherman, 1952) In quali condizioni è favorita la precipitazione di una fase piuttosto di un’altra? La formula chimica dà una indicazione qualitativa. Per es. - pirofillite (Al4Si8O20(OH)4) Si/Al=2 - caolinite (Al2Si2O5(OH)4) Si/Al=1 - gibbsite (Al(OH)3) Si/Al=0 Quindi, l’aumento progressivo della concentrazione di SiO2,aq favorisce la formazione della caolinite rispetto alla gibbsite, prima, e della pirofillite rispetto alla caolinite, poi. La trasposizione su basi termodinamiche di questi concetti è ottenuta mediante i diagrammi di attività (Helgeson, 1968; Bowers et al., 1984). Diagramma di attività per il sistema K2O-Al2O3-SiO2-H2O a 25°C, 1 bar (Helgeson, 1979). I circuiti idrici naturali sono sistemi dinamici. La dissoluzione dei minerali primari, la eventuale precipitazione dei minerali secondari e le variazioni delle concentrazioni delle specie disciolte nelle acque sono pertanto condizionate da: - velocità di dissoluzioneprecipitazione delle fasi solide; - superficie di reazione dei solidi; - tempo di interazione; Torneremo su questi concetti attraverso la modellizzazione del percorso di reazione. Da Stumm and Morgan (1996), pag 782. Dissoluzione dei carbonati In genere, le reazioni di dissoluzione dei carbonati : - sono congruenti; - sono controllate da H2CO3 o acidi organici; - determinano alte concentrazioni di HCO3-, Ca2+ (calcite) e Mg2+ (dolomite o magnesite). - queste concentrazioni sono tanto più alte quanto più bassa è la temperatura (la solubilità dei carbonati aumenta al diminuire della temperatura). Da Bénézeth et al. 2011 Sia le reazioni di dissoluzione dei carbonati sia le reazioni inverse di precipitazione sono fortemente condizionate dalla PCO2. Il degassamento (perdita di CO2) causa la precipitazione di calcite e altri carbonati, come evidenziato da: - Stalattiti e stalagmiti nelle cavità carsiche; - Depositi di travertino nei pressi di sorgenti che scaricano acque ricche di CO2; - Scaling nei pozzi geotermici. Le reazioni di dissoluzione dei carbonati sono molto importanti in differenti circuiti idrici sotterranei, ossia: (A) acquiferi in rocce carbonatiche (calcari e dolomie), ove la permeabilità è principalmente per fratturazione e dissoluzione; (B) acquiferi in sabbie e arenarie, in cui i minerali carbonatici sono presenti come clasti e/o cemento; (C) acquiferi in rocce cristalline (graniti, gneiss, …) , dove i minerali carbonatici sono presenti o in vene o come accessori (anche in piccole quantità, vedi White et al. 1999). (A) (B) (C) A 25 °C, la velocità di dissoluzione della calcite e degli altri carbonati è da 2 a 6 ordini di grandezza (a seconda del pH) superiore a quella dei silicati. Quindi, in presenza di calcite, per qualunque substrato roccioso, le acque meteoriche acquistano rapidamente una composizione bicarbonato-calcica. Ciò è confermato sia dalle concentrazioni dei principali costituenti disciolti calcolate per il weathering di una ‘sorgente’ costituita da crosta + sedimenti sia da quelle medie mondiali misurate nei fiumi (da Lerman et al., 2007). La dissoluzione della calcite può avvenire in condizioni di sistema aperto o chiuso rispetto alla CO2, cioè connesso (o no) con un serbatoio infinito di CO2 che fissa la sua pressione parziale. saturazione Notare i differenti valori di pH, Ca (e quindi HCO3) per la soluzione in equilibrio (saturazione) con la calcite. da Langmuir, 1971, modificato Dissoluzione-precipitazione di gesso e anidrite Gesso (CaSO4·2H2O) ed anidrite (CaSO4) sono minerali tipici delle rocce evaporitiche di origine marina. Durante l’evaporazione dell’acqua di mare, il gesso inizia a precipitare quando il volume si è ridotto a ¼ di quello iniziale. Volume cumulativo dei minerali precipitati nel corso dell’evaporazione dell’acqua di mare (da Bethke, 2008). Ad 1 bar di pressione, la transizione gesso-anidrite avviene a temperature che dipendono dalla attività dell’acqua nella soluzione acquosa (Hardie, 1967). Gesso e anidrite sono solidi ionici e sono quindi caratterizzati da velocità di dissoluzione elevate. La loro solubilità è alta a bassa temperatura, ma diminuisce all’aumentare della temperatura. Quindi, a bassa temperatura, le acque sotterranee acquisiscono rapidamente una composizione solfato-calcica per interazione con rocce evaporitiche contenenti gesso e/o anidrite. Il riscaldamento di queste soluzioni acquose può determinare precipitazione di gesso (T<50°C circa a 1 bar) oppure di anidrite (T>50°C circa a 1 bar). Cueva de los Cristales, Mina de Naica, Chihuahua, Mexico. Dedolomitizzazione La dedolomitizzazione può avvenire in acquiferi che contengono calcari e dolomie assieme a strati di gesso e/o anidrite. A seguito di dissoluzione dei solfati, la dolomite si scioglie e la calcite precipita. In dettaglio: La dissoluzione del gesso determina un aumento della concentrazione di Ca2+, che causa la precipitazione di calcite La conseguente diminuzione della concentrazione di CO32favorisce la dissoluzione di dolomite Appelo e Postma (1996) discutono questo processo mostrando che il trasferimento complessivo di massa è conforme alla reazione seguente: Una dedolomite tipica consistente in un aggregato di cristalli di calcite entro una matrice micritica. I cristalli originali di dolomite sono stati sostituiti da calcite per flusso di acque a solfato di calcio. La foto ha una dimensione massima di 2.2 mm. Vedi http://lib.utexas.edu/geo/balcones_esca rpment/pages101-114.html?p=print Il processo inverso (dolomitizzazione) è stato oggetto di ricerca per oltre 200 anni, ma è ancora molto controverso (Machel, 2004). Dissoluzione ossidativa della pirite La pirite (e altri solfuri) vengono ossidati e decomposti per interazione con acque ricche di O2 disciolto. Nelle zone minerarie si formano: - acque acide (acid mine drainage) e - suoli acidi a solfati, favorito da abbassamento della tavola d’acqua. Ciò determina contaminazioni da metalli nel reticolo idrico superficiale e nelle acque sotterranee. Infatti • le mineralizzazioni a solfuri non sono costituite solo da pirite (che comunque non è una fase pura), ma anche da altri solfuri metallici: galena (PbS), blenda (ZnS), calcopirite (CuFeS2), arsenopirite (FeAsS),... • I metalli sono in parte eliminati per precipitazione e adsorbimento, ma l’impatto ambientale è enorme! • Per mitigare lo acid mine drainage vengono spesi ogni giorno 1.000.000 US$ negli Stati Uniti (Evangelou, 1995). Consideriamo la Miniera di Libiola (Sestri Levante, Genova). In base ai documenti disponibili al Distretto Minerario di Carrara, dalla miniera di Libiola furono estratti, dal 1878 al 1954: - Circa 6 × 108 kg di pirite, con un contenuto di Cu dello 1-2% - Circa 4 × 108 kg di minerali di Cu, con un tenore medio del 5-10 % Cu, (Galli e Penco, 1996). Questa attività mineraria prolungata nel tempo ha lasciato una quantità considerevole di scorie e tailings, principalmente in forma di accumuli privi di vegetazione, distribuiti su un’area di ∼500,000 m2. Ida out-flow Gromolo river and Castagna mine waters Accornero, 2005 Accornero, 2005 Gromolo and Boeno rivers with Ida mine waters Accornero, 2005 Depositi di ossi-idrossidi di Fe, miniera di Libiola (Sestri Levante, Genova) Depositi di ossi-idrossidi di Fe, miniera di Libiola (Sestri Levante, Genova) http://www.flickr.com/photos/74199798@N00/151966369/ in/photostream/ Precipitati di idrossi-solfati di Al (il colore azzurro è dovuto alla presenza di Cu) nei pressi della galleria Margherita, miniera di Libiola (Sestri Levante, Genova). Le fasi di neoformazione, soprattutto gli ossi-idrossidi di Fe(III) tendono ad adsorbire i metalli disciolti dalla soluzione acquosa, dando luogo ad una sorta di attenuazione naturale. Ciò è dovuto, almeno in parte, alla loro elevatissima superficie specifica, tipicamente di circa 600 m2/g; si tratta di un numero enorme se confrontato con la superficie di una sfera di 1 g dello stesso materiale (ρ = 3.85 g/cm3), che è di soli 2 cm2. E’ estremamente importante riconoscere la presenza di queste fasi e caratterizzarle (XRD, SEM, TEM, etc.). http://www.geochem.geos.vt.edu/hoche lla/french.html Jönsson et al. (2005) Acqua solfato-acida, miniera di Libiola (Sestri Levante, Genova) Acqua solfato-acida, miniera di Libiola (mg/L) T 9.2°C pH 2.5 Eh 613 mV (mg/L) (µg/L) Al 175 Mn 5.5 As 5 Ca 230 Na 30 Cd 65 Cl 30 Ni 4.5 Co 1500 Cu 150 Si 37 Cr 1200 Fe 480 SO4 5800 Pb 6 K 18 Zn 20 Mg 830 Dissoluzione ossidativa della pirite governata dallo O2 Il processo globale è: FeS2 + 15/4O2 + 7/2H2O → Fe(OH)3 + 2SO42- + 4H+ Formalmente possiamo distinguere: Ossidazione del disolfuro a solfato: FeS2+7/2O2+H2O → Fe2++2SO42-+2H+ Ossidazione del Fe2+ a Fe3+: Fe2++1/4O2+H+→ Fe3++½ H2O che precipita come Fe(OH)3 o FeOOH. (1) (2) (3) Due contesti idrogeologici limite 1. Sistema chiuso. L’acqua si satura in O2 e reagisce con la pirite fino a consumo dell’O2 stesso. L’acqua satura con aria contiene 0.33 mmol/L di O2. Quindi il ∆mSO4 massimo è 2 × (2/7) × 0.33 = 0.19 mmol/L per l’ossidazione incompleta (reazione 2 slide precedente) 2 × (4/15) × 0.33 = 0.18 mmol/L per l’ossidazione completa (reazione 1 slide precedente). 2. Sistema aperto. Rifornimento continuo di O2 alla soluzione acquosa che continua a reagire con al pirite. Si raggiungono alti contenuti di SO42- e Fe2+ e bassi pH (22.5). Questi determinano alte concentrazioni di Al e precipitazione di solfati (gesso, jarosite, jurbanite, ....) La cinetica della ossidazione della pirite Vi è un grande numero di specie intermedie dello zolfo fra il solfuro ed il solfato. Per ossidare il gruppo S22- della pirite a solfato è necessario trasferire 14 elettroni. In ogni reazione elementare possono essere trasferiti 1 o 2 elettroni. Quindi è necessaria una catena di reazioni fra le specie dello zolfo. La cinetica del processo globale è controllata dal passo più lento, ma sia questo, sia il percorso di reazione possono variare a seconda delle condizioni in cui si verifica la ossidazione della pirite. Cinetica della ossidazione della pirite da O2 a pH neutro Basse concentrazioni di O2: forte aumento del rate con l’aumento della concentrazione di O2. Alte concentrazioni di O2: effetto limitato per saturazione dei siti di superficie della pirite dove avviene adsorbimento di O2. Il fenomeno è descrivibile con una isoterma di adsorbimento di Langmuir (Nicholson et al., 1988): R = velocità di ossidazione della pirite, Rm = limite massimo che assume R per saturazione di tutti i siti di superficie (5.05 10-8 mol/h g), K = costante di adsorbimento dello O2 sulla pirite (1.36 m3/mol), C = concentrazione di O2. I dati di laboratorio mostrano che l’ossidazione abiotica della pirite da parte dello O2 è un processo lento. Dissoluzione ossidativa della pirite governata dal Fe3+ Altro meccanismo di ossidazione di pirite è quello ad opera dello ione ferrico: FeS2 + 14Fe3+ + 8H2O → 15Fe2+ +2 SO42- + 16H+ La velocità di reazione (ossia la pendenza della curva Fe2+ tempo) diminuisce nel tempo a causa della diminuzione della concentrazione di Fe3+ (differenza fra la curva Fetotale e Fe2+) A saturazione con FeOOH, la concentrazione del Fe3+ diminuisce secondo una funzione del terzo ordine allo aumentare del pH. Quindi l’ossidazione della pirite da parte del Fe3+ è importante ai bassi pH. La ossidazione della pirite da parte del Fe3+ è circa 10 volte più veloce di quella governata dallo O2. Però il processo ossidativo consuma in fretta il Fe3+ e la ossidazione della pirite smette se il sistema non è rifornito di Fe3+ per ossidazione del Fe2+ da parte dello O2: Come mostra il diagramma, per pH < 4 la ossidazione del Fe2+ da parte dello O2 è molto lenta e indipendente dal pH (Singer & Stumm, 1970). Però i batteri ferroossidanti (e.g., Thiobacillus ferrooxidans) aumentano la velocità di ossidazione del Fe2+ fino a 5 ordini di grandezza. Questa diventa quindi dello stesso ordine di grandezza della velocità di ossidazione della pirite da parte del Fe3+, spiegando il processo naturale (Nordstrom, 1982). La riduzione del solfato e la formazione di pirite La riduzione abiotica del solfato a solfuro è una reazione molto lenta (Ohmoto e Lasaga, 1982), soprattutto a bassa temperatura, ma avviene grazie alla mediazione da parte di batteri anaerobici eterotrofi. Il processo è generalmente schematizzato mediante le reazioni semplificate: in cui CH2O indica la materia organica. Il pK1 dell’H2S (a 25°C, 1 bar) è 6.99 e quello dell’H2CO3 è 6.35; inoltre, l’OH- è generalmente presente in quantità trascurabili nelle acque naturali; quindi la prima reazione è preferibile alla seconda. Ciò non esclude che i solfuri prodotti siano presenti in parte come H2S ed in parte come HS- e che i carbonati prodotti siano presenti in parte come H2CO3 ed in parte come HCO3-, in funzione del pH. Lo H2CO3 prodotto favorisce la dissoluzione di calcite, mentre lo HCO3prodotto favorisce la sua precipitazione. Nei lithifying microbial mats (foto da Baumgartner et al., 2006) la riduzione del solfato favorisce la precipitazione di calcite (l’acqua di mare ha pH ~8.2), ma non è detto che sia così ovunque. Il solfuro prodotto può reagire con i minerali contenenti Fe formando vari solfuri di Fe che si trasformano poi in pirite. Il fattore limitante dell’intero processo è generalmente la disponibilità di materia organica. Lo stato formale di ossidazione dell’atomo di C nella molecola CH2O è 0. Se il processo coinvolge composti organici i cui atomi di C hanno stato di ossidazione formale ≠ 0, le reazioni ossidoriduttive avranno stechiometria differente da come sopra indicato. La relazione fra stato formale di ossidazione degli atomi di C, <C>, e stechiometria di reazione è (Marini et al., 2000): Questa relazione vale per qualunque classe di composti organici e, all’interno di ogni classe si osserva uno spostamento progressivo verso il punto CH4 al crescere della lunghezza della catena alchilica (es. formato → acetato → propionato → butirrato …). La precipitazione della silice I principali minerali della silice sono quarzo, calcedonio (quarzo criptocristallino), cristobalite, opale-CT (cristobalite-tridimite disordinata) e silice amorfa (o opale), in ordine di solubilità crescente. La solubilità di tutti questi minerali aumenta progressivamente con la temperatura → geotermometri I geotermometri della silice (Fournier, 1973) E- quarzo T(°C) = [1309/(5.19 – log SiO2)] – 273.15 D- calcedonio T(°C) = [1032/(4.69 – log SiO2)] – 273.15 C- α-cristobalite T(°C) = [1000/(4.78 – log SiO2)] – 273.15 B- opale-CT T(°C) = [781/(4.51 – log SiO2)] – 273.15 A- silice amorfa T(°C) = [731/(4.52 – log SiO2)] – 273.15 Concentratione di SiO2 in mg/kg. Fournier R.O. (1973) Silica in thermal waters: laboratory and field investigations. Proc. Int.l Symp. Hydrogeochemistry and Biogeochemistry, Tokyo, pp. 122-139. Sia la velocità di dissoluzione del quarzo sia la velocità di dissoluzione della silice amorfa aumentano all’aumentare della temperatura (in linea con la legge di Arrhenius). Tuttavia, la seconda è circa un ordine di grandezza maggiore della prima, a parità di T e concentrazione dello NaCl, come mostrato nel diagramma (da Icenhower and Dove, 2000), in cui: (i) i cerchi indicano i dati cinetici del quarzo mentre i rombi si riferiscono ai dati cinetici della silice amorfa; (ii) le aree ombreggiate sottolineano l’aumento della velocità di dissoluzione di entrambi i minerali passando dall’acqua deionizzata (trend inferiore) ad una soluzione 0.05 molale di NaCl (trend superiore). I liquidi NaCl dei serbatoi geotermici raggiungono la condizione di equilibrio con il quarzo, es. punto R. La precipitazione della silice amorfa può avvenire per raffreddamento conduttivo (R --> C) o a seguito di raffreddamento per ebollizione (es. R --> E). Lo scaling da silice amorfa è il principale problema che limita lo sfruttamento efficiente dei fluidi geotermici di alta temperatura (e.g., Gunnarsson e Arnorsson, 2003). … nonostante possa determinare scenari attraenti come alla Blue Lagoon, alimentata dai liquidi scaricati dal campo geotermico di Svarsengi, Islanda. La concentrazione di silice nelle acque dei circuiti poco profondi è generalmente limitata dalla saturazione rispetto a fasi meno solubili della silice amorfa. Il diagramma si riferisce ad acque sotterranee che interagiscono con rocce granitoidi e gneiss (Apollaro et al., dati non pubblicati). L’evaporazione L’evaporazione rimuove molecole d’acqua e concentra i soluti. Ciò può portare alla precipitazione di fasi solide quando viene superato il loro prodotto di solubilità. Abbiamo già visto i sali che precipitano per evaporazione di acqua di mare (studiati per la prima volta da Usiglio, 1849). Volume cumulativo dei minerali precipitati nel corso dell’evaporazione dell’acqua di mare (da Bethke, 2008). Poiché le acque naturali non contengono ioni in rapporti stechiometrici uguali a quelli dei solidi in precipitazione, quando precipita un generico solido AB, si ha: - arricchimento di A nella soluzione se il rapporto A/B nella soluzione è maggiore del rapporto A/B nel solido; - impoverimento di A nella soluzione se il rapporto A/B nella soluzione è minore del rapporto A/B nel solido. Evoluzione delle molalità dei componenti chimici nel corso della evaporazione simulata di acqua di mare a 25°C (da Bethke, 2008). Notare la divergenza fra: - HCO3 vs. Ca e Mg (dolomite) - SO4 vs. Ca (gesso) - Cl vs. Na (halite) Alcuni possibili percorsi evolutivi nel corso della evaporazione delle acque naturali in base al modello di Hardie e Eugster (1970). Con questo approccio possono essere spiegate le differenti composizioni chimiche dei laghi salati. Lake Bogoria (Kenya) Lake Bogoria (Kenya) Lo scambio ionico Nelle aree costiere, dove avviene ingressione di acqua di mare, si incontrano acque Na-Cl di alta salinità, che si trasformano in acque Ca-Cl di alta salinità per scambio ionico. Na + + 0.5Ca − X 2 ↔ Na − X + 0.5Ca 2 + Nelle zone affette da ingressione di acqua di mare, in cui tornano a circolare acque Ca-HCO3 di bassa salinità (freshening), la reazione di scambio ionico si inverte: Na − X + 0.5Ca 2+ ↔ Na + + 0.5Ca − X 2 Si originano così acque Na-HCO3 di bassa salinità. I processi di scambio ionico sono importanti non solo nelle regioni costiere, ma in tutti i contesti in cui sono presenti materiali con cariche non saturate alla superficie. Tali materiali possono avere: - Capacità di scambio cationico (CEC), se hanno una carica netta negativa; - Capacità di scambio anionico (AEC), se hanno una carica netta positiva. Tabella da Langmuir (1997) Lo scambio ionico è utilizzato anche come tecnica di analisi … e per la purificazione (demineralizzazione) delle acque