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missione_vdp 20 ottobre 2013

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missione_vdp 20 ottobre 2013
domenica, 20 ottobre 2013
missione
5
nuovi parroci – due africani di congregazioni missionarie guideranno le parrocchie di san gioacchino e maria speranza nostra
Ora c’è «Baba Speranza»
Due parroci africani per le
chiese di Maria Speranza Nostra, in Barriera di Milano e
San Gioacchino, a Porta Palazzo, per una missione che si fa
viva tra le vie della città nella
Chiesa torinese ed in particolare nell’Unità Pastorale 14, Barriera di Milano. Padre Godfrey
Msumange e padre Benjamin
Okon ricevono dall’Arcivescovo Cesare Nosiglia, domenica
20 ottobre, in Duomo durante la veglia missionaria, il
mandato di guide delle loro
nuove comunità. «È un segno importante per le nostre
comunità – dice don Marco
Prastaro, direttore dell’Ufficio
Missionario della diocesi – A
Porta Palazzo la presenza di
una congregazione missionaria africana animerà la presenza cattolica in un quartiere
multietnico, a Maria Speranza
Nostra i missionari della Consolata sapranno dare vigore
all’impegno missionario del
quartiere».
Le comunità di missionari sostituiscono due preti diocesani, don Claudio Curcetti che
da Maria Speranza Nostra passa all’Assunzione – Lingotto,
e don Mario Marin, destinato
da San Gioacchino alla parrocchia di Andezeno.
Da Iringa
Ma chi sono i due nuovi parroci? Padre («Baba» nella sua lingua madre, lo swahili) Godfrey
Msumange, missionario della
Consolata, nuovo parroco
della Speranza, è nato ad Iringa, in Tanzania. Ha 40 anni, è
stato ordinato sacerdote nel
2005, ha studiato alla Pontificia Università Gregoriana e
trascorso cinque anni a Vittorio Veneto prima di arrivare,
nel 2010, a Torino, dove con
padre Nicholas Muthoka che
sarà vice-parroco alla Speranza, si occupa del Centro di animazione missionaria. A loro
fanno riferimento, per i corsi
di preparazione missionaria,
le necessità pratiche e le indicazioni di viaggio, le decine di
laici che ogni anno partono,
soprattutto d’estate, per raggiungere le missioni della Consolata nel mondo.
Dalla Nigeria
Padre Benjamin Okon, 44
anni, nigeriano, è il superiore
provinciale per l’Italia della
congregazione dei Missionari
di San Paolo di Nigeria e nuovo pastore di San Gioacchino.
Ha studiato alla Pontificia
Università San Tommaso d’Aquino – Angelicum, a Roma;
dal 2008 nella diocesi di Padova è stato collaboratore parrocchiale presso due comunità della città e si è occupato
della comunità cattolica degli
immigrati anglofoni. «È un’esperienza che mi sarà utile in
un quartiere di immigrazione come Porta Palazzo – dice
padre Benjamin – In questi
anni ho maturato un affetto
particolare per tutti i migranti, per le loro storie e spesso
per le loro sofferenze». Sulla
nuova esperienza che inizia
in parrocchia, dice: «Aspetto di incontrare i miei nuovi
parrocchiani: da loro desidero
imparare molto e spero di trasmettere loro un po’ del calore
e dell’entusiasmo africano».
Padre Benjamin ha già conosciuto la città e la diocesi: per
alcuni mesi durante l’estate ha
prestato servizio nelle parrocchie di San Mauro, nel 2007, e
Rivalta, due anni fa.
Andrea CIATTAGLIA
Piazza Castello,
festa di missione
Padre Benjamin Okon, nuovo parroco di San Gioacchino. A destra: padre Godfrey Msumange, nuovo curato della Speranza
Padre
Godfrey
e padre Benjiamin
ricevono
il mandato
dall’arcivescovo
durante la veglia
missionaria
«Abbiamo molto
da dare
e da imparare»
Vicini alle
sofferenze dei
tanti migranti
che oggi vivono
in città
La missione scende in piazza. Sabato
19 ottobre, in occasione della giornata
missionaria mondiale, per l’intero
pomeriggio il centro città, piazza Castello,
ospiterà gruppi di giovani, cori, missionari
che racconteranno la loro esperienza e
stand informativi dedicati all’impegno
di evangelizzazione in luoghi lontani.
È l’iniziativa «Piazza la missione» 2013,
un appuntamento tradizionale, che
quest’anno per rendere più ricca l’iniziativa
è curato insieme dall’Ufficio Missionario
diocesano, dai missionari della Consolata,
dall’Ufficio Pastorale Giovanile, da
Migrantes e altre realtà presenti in diocesi.
Piazza Castello diventa teatro di un giro del
mondo attraverso le voci delle missioni di
Argentina, Kenya, Mongolia, Giordania,
Benin, Burkina Faso, Brasile, Tanzania,
India ed Equador.
Si inizia alle 15 con il coro Latinos e
l’introduzione della giornata da parte di
don Marco Prastaro, direttore dell’Ufficio
Missionario e padre Godfrey Msumange,
responsabile del Cam dei missionari della
Consolata. Seguono le testimonianze dei
laici che si sono recati in missioni nei mesi
passati e quelle dei padri della Consolata
Gigi Anataloni e Antonio Rovelli, di don
Mauro Gaino, fidei donum della diocesi
di Torino a Nairobi, e di Sergio Durando,
direttore dell’Ufficio Pastorale Migranti.
A metà pomeriggio si tiene la sfilata in
costumi tipici dei luoghi di missione dei
bambini presenti in piazza. Ad animare il
pomeriggio sono previsti i canti dei cori
Amani dell’Unità Pastorale 55 – Nichelino,
le voci della comunità filippina torinese e
del coro ecumenico.
A conclusione della manifestazione
di piazza, alle 20.45 in cattedrale, si
tiene la Veglia missionaria presieduta
dall’arcivescovo. Durante la celebrazione
sono previste altre testimonianze
missionarie e la consegna del mandato
ai religiosi missionari che assumono la
cura pastorale delle parrocchie torinesi
di San Gioacchino – padri della Società
missionaria di San Paolo, e Maria
Speranza Nostra – missionari della
Consolata.
A. C.
domani la missione – il card. njue, arcivescovo di nairobi, in visita alla chiesa torinese: speranza e fraternità
«Abbiamo ricevuto, e restituiremo»
Il card. Njue in visita al Seminario
Maggiore di Torino
Il cardinale John Njue, arcivescovo di Nairobi dal 1°
novembre 2007, è venuto in
visita la scorsa settimana a
Torino dove ha incontrato
l’Arcivescovo, mons. Cesare
Nosiglia. A Nairobi due sacerdoti fidei donum della diocesi, don Mauro Gaino e don
Beppe Gobbo, amministrano
la parrocchia del quartiere
Tassia, un sobborgo della capitale in veloce espansione. Il
loro servizio è la più recente
espressione della cooperazione fra la diocesi di Torino e le
comunità cristiane del Kenya.
Cardinale Njue, la collaborazione fra la Chiesa torinese e il Kenya continua da due
anni a questa parte (dopo
25 anni di cura pastorale
della parrocchia di Lodokejek, nella diocesi di Mararal, da parte dei sacerdoti
fidei donum della diocesi di
Torino) con la presenza dei
nostri preti nella diocesi di
Nairobi. Cosa significa per
lei questo incontro?
«Prima di tutto ne sono mol-
to contento, perché significa che le nostre Chiese sono
vive. La Chiesa per sua natura è missionaria: le diocesi e
le parrocchie non tengono
la buona Novella solo per sé,
ma hanno il mandato e la responsabilità di comunicarla
agli altri. Oggi la cooperazione tra le diocesi di Torino e
Nairobi è come il camminare
insieme su un percorso di fratellanza».
Quali sono i programmi per
il futuro?
«Si tratta di un reciproco
dono. Come dicevo all’inizio:
la Chiesa è missionaria. Da noi
abbiamo un canto che dice:
‘Tanto vi è stato dato, cosa
avete dato in ritorno?’. Ecco,
se sarà necessario, la Chiesa di
Nairobi sarà pronta ad essere
evangelizzatrice a sua volta.
Forse proprio a Torino, città
e Chiesa con cui i cristiani del
mio paese hanno un legame
profondo, perché i missionari
della Consolata furono tra le
prime congregazioni ad evangelizzare il Kenya».
Qual è la situazione della
diocesi di Nairobi, oggi?
«È una Chiesa vivace, una
diocesi fondata da più di un
secolo, nella quale le vocazioni
continuano. Conta 109 parrocchie, 180 sacerdoti diocesani indigeni, 80 congregazioni
maschili, 60 femminili e una
partecipazione dei laici molto
consistente sia alle Messe, sia
alle iniziative diocesane che
stiamo sviluppando».
Quali iniziative, in particolare?
«Soprattutto grandi manifestazioni e programmi pastorali per educare i fedeli
a mantenere e rafforzare la
propria identità di cristiani e
kenyani: le giornate della Santa Infanzia, per esempio, che
hanno visto la partecipazione
di quasi 50 mila persone, e la
manifestazione diocesana dei
giovani, con 10 mila ragazzi
partecipanti. Sono occasioni
in cui ci si sente parte di una
comunità: è un antidoto alle
spinte della secolarizzazione,
che spesso vengono dall’e-
sterno del paese, ma anche
alla voglia di fuggire verso
l’Occidente».
Sappiamo che si verificano
spesso attacchi dei fondamentalisti islamici ai danni
delle comunità cristiane del
Kenya, specie nel nord del
paese. Anche il massacro al
centro commerciale Westgate di Nairobi portava la firma di movimenti estremisti
religiosi. Come vivete questa
condizione di allarme?
«Nei giorni successivi all’attacco al Westgate sono andato dai feriti e dai sopravvissuti
in ospedale: erano molto spaventati e preoccupati. È stata
una tragedia che ci dice di
stare più attenti alle questioni della sicurezza nazionale.
Questi fatti di sangue non
fanno altro che accrescere le
tensioni. L’unica soluzione
alle violenze è il dialogo interreligioso in tutta l’Africa sub
sahariana: dalla Nigeria, dove
gli scontri sono feroci, alla
Somalia».
A. C.
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