Comments
Description
Transcript
segnaletica stradale orizzontale
SEGNALETICA STRADALE ORIZZONTALE NORMATIVA, MATERIALI, CARATTERISTICHE TECNICHE E METODOLOGIE DI CONTROLLO A CURA DEL CENTRO SPERIMENTALE STRADALE DELL’ANAS SPA ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale LA SEGNALETICA STRADALE ORIZZONTALE Caratteristiche dei materiali e prove in laboratorio. Premessa. Tra i vari sistemi disponibili per rendere visibile all’automobilista il percorso stradale nelle varie condizioni di guida (diurna, notturna, in condizioni di pioggia o di nebbia), la segnaletica stradale orizzontale è certamente il sistema più efficace, poiché consente all’utente di avere una precisa cognizione spaziale dei margini laterali e una visione a distanza del percorso in cui mantenere la direzione di marcia del proprio mezzo. La definizione dei limiti trasversali e del percorso longitudinale suggerisce al sistema di percezione ed elaborazione dell’utente una sorta di “canale ottico” al cui interno deve mantenere sotto costante controllo il movimento del proprio mezzo: è proprio l’interazione tra il grado di precisione delle informazioni ricevute dall’ambiente esterno, che muta continuamente, e l’attività di guida, che è sottoposta ad una serie di regole implicite (Codice della Strada), che definisce la complessiva condotta dell’utente. Controllare il mezzo è la sua principale attività in quanto coinvolge gran parte del suo sistema percettivo durante lo spostamento nello spazio: quest’attività finalizzata consiste nel realizzare una traiettoria definita con la scelta di una velocità e di una posizione sulla strada, che gli consenta di evitare gli ostacoli reali e potenziali potendo prevedere gli eventuali spostamenti necessari a tale fine. Un efficace sistema di riferimento esterno è quindi indispensabile. Il ruolo della segnaletica orizzontale e più in generale della delineazione stradale, intendendo con tale termine il complesso dei dispositivi disponibili finalizzati alla visualizzazione non ambigua dei percorsi (segnaletica orizzontale, delineatori di margine, inserti stradali catarifrangenti), è determinante per assicurare la visibilità della strada, in particolare nella condizione di guida notturna. E’ compito dell’ente gestore assicurare che la visibilità del percorso sia mantenuta costante nel tempo, e che non vi siano cadute nella prestazione del sistema deputato a tale funzione. I punti deboli della segnaletica orizzontale, com’è noto, sono legati ai seguenti fattori: - diminuzione progressiva del rapporto di contrasto con il manto superficiale d’usura della strada (riduzione della visibilità diurna del segnale); perdita dei dispositivi che consentono la visibilità notturna del percorso (riduzione della visibilità notturna); attenuazione dell’attrito dei pneumatici del mezzo sul segnale orizzontale rispetto alla limitrofa pavimentazione (riduzione del grado d’antiscivolosità). La riduzione del rapporto di contrasto, inteso come rapporto tra la luminanza del segnale e la luminanza del supporto, è dovuto generalmente a fenomeni d’ingrigimento della striscia causati dallo sporco, alle orme dei pneumatici, all’eventuale risalita del legante del substrato, all’ingiallimento del pigmento sotto l’azione dei raggi UV, all’ingrigimento dovuto ad un eccesso di sferette di vetro (perline) poste in opera dopo la stesa del segnale orizzontale (post-spruzzatura). La perdita o la ridotta quantità di perline nel segnale è in diretta relazione con la diminuzione della visibilità notturna del sistema di delineazione orizzontale. La perdita delle perline è dovuta all’azione dei pneumatici dei mezzi ed è in funzione del grado d’affondamento delle stesse nello strato che costituisce il segnale. Influisce nella riduzione della visibilità anche una non idonea granulometria delle perline premiscelate e un indice di 3 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale rifrazione inferiore al valore minimo stabilito (vetri opalescenti, con inclusioni gassose e con una forma non perfettamente sferica). L’attenuazione dell’attrito del pneumatico può diventare evidente nella fase iniziale di stesa del prodotto, poiché lo strato del segnale, il cui spessore medio è dell’ordine dei 400 micron, copre le asperità presenti sul tappeto d’usura, costituendo, di fatto, una riduzione dei punti di contatto tra pneumatico e inerti a spigoli vivi presenti nel conglomerato bituminoso superficiale. Si cerca di ovviare a tale fenomeno inserendo tra i componenti del prodotto segnaletico degli inerti di natura silicea (cariche) che contribuiscano a ricostituire l’originaria aderenza. L’individuazione di prodotti per la delineazione stradale orizzontale che consentissero per un lungo periodo il mantenimento di un livello di sicurezza accettabile, dilazionando in un intervallo ragionevole gli effetti descritti, ha portato i fabbricanti del settore e gli enti gestori interessati ad utilizzare dei prodotti che rappresentano un compromesso tra le conoscenze tecniche raggiunte, le prestazioni richieste e i costi che gli interventi comportano. L’obiettivo degli enti gestori è naturalmente quello di ottenere gli standard di prestazione più elevati con l’utilizzo delle limitate risorse finanziarie disponibili. L’individuazione dei prodotti più idonei per realizzare la segnaletica stradale orizzontale ha sempre posto agli enti interessati il dilemma sulle prescrizioni: privilegiare le prestazioni o individuare una composizione di materie prime da imporre agli applicatori, che garantissero almeno la certezza della qualità del prodotto? La semplice indicazione della percentuale in peso dei componenti era sufficiente per realizzare un lavoro corrispondente alle attese senza indicare le formule chimiche ed eventualmente indicare anche i fabbricanti dei prodotti? Una scelta del genere avrebbe comportato la realizzazione di un sistema pubblico d’omologazione dei prodotti che nel nostro paese, prescindendo da alcune iniziative private, non si è mai realizzato. Com’è da molto tempo riconosciuto nei paesi industrializzati, la composizione di una pittura non è così determinante come la scrupolosa applicazione della stessa: nel 90% dei casi gli insuccessi della segnaletica stradale orizzontale sono legati al tipo di supporto, alle condizioni superficiali dello stesso e alle modalità applicative dei prodotti. Le cause principali di cedimento sono note: perdita di materiale per abrasione; cedimento per perdita di coesione del film; rottura per fatica dell’adesione nell’interfaccia film-strato d’usura della pavimentazione a causa delle forze di taglio dovute al traffico veicolare. Rispetto ai controlli sulle prestazioni reali dei singoli prodotti applicati, la scelta iniziale di molti enti gestori ha privilegiato i controlli quantitativi in laboratorio dei prodotti segnaletici e, limitatamente ai pigmenti nobili, anche quelli qualitativi. A tal fine, in un settore le cui conoscenze in materia non erano ampiamente diffuse, si è ricorso ad una serie di prescrizioni tecniche, d’elaborazione autonoma (AM, UNICHIM) o mutuate dal corpo delle norme tecniche (ASTM, FTMS, BSI, ecc.) di quei paesi che ci hanno preceduto nel processo d’incremento della mobilità privata con i problemi d’incidentalità connessi, che consentissero un minimo controllo sulla qualità dei materiali utilizzati per la realizzazione del sistema di delineazione orizzontale prescritto dal nostro Codice della Strada. Per molti anni si è privilegiato il controllo in laboratorio dei prodotti, supponendo un’automatica corrispondenza tra conformità alle prescrizioni tecniche ed elevati standard prestazionali dopo la posa in opera. 4 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale Solo recentemente, dopo un considerevole numero di sperimentazioni effettuate in molti paesi, si è iniziato a privilegiare le verifiche prestazionali in sito rispetto alle analisi di laboratorio, anche in quei paesi dove vige il processo di preventiva omologazione dei prodotti. Tale orientamento è stato possibile grazie: - all’individuazione dei parametri significativi da misurare e alla loro definizione scientifica; alla determinazione dei valori minimi accettabili per avere i margini di sicurezza richiesti nel sistema di delineazione; alla costruzione e commercializzazione delle apparecchiature che consentono di rilevare tali parametri; alle metodologie di rilievo comuni e riconosciute tra i paesi interessati. Ad esempio, per quanto concerne la retroriflessione (il parametro che consente la visibilità notturna della segnaletica orizzontale), la norma di riferimento per i paesi dell’unione europea risale al 1997, mentre i valori minimi di retroriflessione per gli stati dell’America del nord risalgono al 1993 in base ad una legge approvata dal Congresso degli Stati Uniti nel 1992. I valori prescritti, le metodologie e gli strumenti di controllo in sito, sono oggetto di una memoria allegata alla presente raccolta (EN 1436/04). Per quanto concerne i controlli in laboratorio dei prodotti utilizzati nella segnaletica orizzontale, le prescrizioni di riferimento (norme volontarie) degli enti gestori, riguardavano inizialmente le pitture a solvente e in particolare le pitture spartitraffico del tipo con perline premiscelate. Successivamente, con lo sviluppo di nuovi prodotti, sono state introdotte delle prescrizioni relative ai materiali termoplastici (termocolati e termospruzzati) e specifiche indicazioni erano di volta in volta utilizzate per i prodotti definiti plastici a freddo (bi o multicomponenti), per le pitture definite “ecologiche” in quanto il solvente utilizzato è l’acqua e i cosiddetti segnali stradali preformati (nastri preformati rifrangenti, permanenti o temporanei, incollati o incassati). Recentemente, il CEN (Organismo europeo delegato al processo di normazione per i paesi dell’unione) ha emanato la norma EN 1871/97 in cui sono descritte le prove fisiche, da realizzare in laboratorio, necessarie per prequalificare i prodotti utilizzati per la delineazione stradale orizzontale: pitture, prodotti plastici a freddo e prodotti termoplastici. La norma EN 1790/97 definisce invece le caratteristiche prestazionali minime dei segnali stradali preformati. Le microsfere di vetro retroriflettenti destinate alla delineazione orizzontale, le sfere di vetro, sono state oggetto di specifiche norme: la EN 1423/97 relativa alle microsfere e ai granulati antiderapanti e la EN 1424/97 riguardante le microsfere di vetro da premiscelare. I capitolati tecnici nazionali e locali sulla segnaletica orizzontale, nella maggior parte dei casi, non hanno ancora immesso nelle proprie prescrizioni tecniche i riferimenti alle nuove norme che devono regolare (armonizzare) a livello europeo l’intero settore. I prodotti e le materie prime. I prodotti utilizzati nella realizzazione della segnaletica orizzontale permanente (strisce di colore bianco) e temporanea (strisce di colore giallo), differiscono fra loro, più che sulle materie prime costituenti il prodotto stesso, per la modalità d’applicazione e per gli spessori realizzati. 5 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale I prodotti disponibili per la realizzazione della segnaletica sono le pitture (a solvente della serie alifatica e all’acqua), i prodotti plastici applicabili a freddo (bicomponenti o multicomponenti), i prodotti plastici applicabili a caldo (termoplastici distinti secondo le modalità applicative in termocolati e termospruzzati) e i prodotti stradali preformati (incollati, applicati a caldo, in rilievo o incassati). I prodotti segnaletici sono generalmente composti dalle seguenti materie prime: - una parte inorganica o minerale costituita da: - - - una parte inorganica aggiuntiva, importante per la funzionalità del prodotto una volta steso su strada: - - perline di vetro: i cosiddetti prodotti vernicianti con perline premiscelate o postspruzzate; granulati antiscivolo: cristobaliti (ciottoli di mare macinati e calcinati), corindone, quarzo, grani di vetro; una parte organica costituita da: - - pigmenti: biossido di titanio per il colore bianco e cromato di piombo per il colore giallo. Il pigmento giallo realizzato con un metallo pesante quale il piombo e anche l’analogo pigmento realizzato con il cromo, sono soggetti a restrizioni da parte delle norme Comunitarie, ad iniziare dalla Direttiva 76/769/CEE, e dalle leggi nazionali che le hanno recepite, le quali considerano il cromato di piombo una sostanza tossica per la riproduzione, pericolosa per l’ambiente e sospetta d’attività cancerogena per l’uomo e gli animali. Attualmente l’uso di tali sostanze, pur non essendo espressamente proibito, è lasciato all’autonoma discrezione degli enti gestori, in relazione alla disponibilità di prodotti che abbiano analoghe caratteristiche con i menzionati pigmenti e che non siano tossici per l’ambiente; cariche (extender): carbonato di calcio, carbonato di magnesio, talco, caolino, farina fossile, quarzite, solfato di bario, ecc.; resine (legante o polimero): alchidiche, clorocaucciù, viniliche, fenoliche, acriliche, acriliche termoplastiche; ecc.; solventi: toluolo, cloruro di metilene, eptano, esano, tricloroetilene, acetone, ecc.; una parte costituita da composti di natura chimica diversificata, distinti in classi secondo la loro funzione, che ha il compito di correggere i difetti dei prodotti: - additivi: antipelle, antingiallenti, antiossidanti, antisedimentanti, stabilizzanti, plastificanti, ecc.; Nel contesto della composizione dei prodotti segnaletici, la parte minerale contribuisce: - al colore; alla resistenza meccanica; alla resistenza alla corrosione; alla resistenza all’abrasione; 6 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale - alla resistenza agli agenti atmosferici; all’antiscivolosità. - Le cariche, in particolare nel caso delle pitture, regolano i tempi d’evaporazione dei solventi e contrastano la risalita in superficie dei pigmenti. - Le perline, oltre ad assicurare la visibilità notturna, sono l’armatura dello strato di prodotto segnaletico applicato. La parte organica contribuisce: - alla facilità d’applicazione del prodotto, quindi a regolare la viscosità e la stesa sul supporto, consentendo la formazione di un film omogeneo (escludendo i preformati); all’essiccamento; a veicolare e inglobare nella massa tutte le materie prime; alla resistenza all’usura; all’adesione al supporto. La formazione del film, la composizione quantitativa dei vari prodotti e le caratteristiche essenziali. La formazione della pellicola nelle pitture spartitraffico ha inizio con l’evaporazione del solvente, la parte fisica del processo. Il fenomeno è evidente in quanto si ha una riduzione del volume e dello spessore dello strato steso. Contemporaneamente si ha l’attivazione dei processi di natura chimica che portano all’indurimento del film con la formazione della pellicola che avviene, nel caso delle resine alchidiche, attraverso l’assorbimento dell’ossigeno atmosferico da parte degli oli siccativi presenti nel legante, che si appropriano dell’ossigeno per fissarlo nella struttura anche con l’aiuto d’opportuni catalizzatori (prodotti che favoriscono nello stesso tempo la polimerizzazione). Il processo d’indurimento, in genere molto lento, è accelerato con l’introduzione di una miscela di solventi con diversi gradi d’evaporabilità che permettono un’abbreviazione del fenomeno. La presenza d’umidità ambientale può ostacolare il processo in quanto, com’è noto, la trasformazione in vapore dei solventi , originariamente allo stato liquido, avviene per assorbimento di calore e la superficie del prodotto verniciante tende a raffreddarsi. In particolari condizioni climatiche (elevata umidità relativa, assenza di ventilazione), quando la temperatura dello strato di pittura diventa minore di quella dell’aria, si condensa sulla sua superficie un velo d’umidità che rallenta i fenomeni d’ossidazione e il relativo processo d’essiccamento del film. Molto più rapidi sono i tempi d’essiccamento dei composti con resine acriliche che filmano per semplice evaporazione dei solventi. Nelle pitture spartitraffico usuali (Anas) è utilizzata una resina alchidica associata ad una resina dura come il clorocaucciù (nelle ricette classiche è generalmente suggerito il rapporto di 3:1 o 4:1). Nella realizzazione del composto si utilizza un clorocaucciù compatibile con le numerose resine alchidiche. Nelle pitture con solvente acquoso sono utilizzate le resine acriliche. Le pitture che utilizzano come solvente l’acqua, sono meno tossico rispetto a quelle ottenute con le miscele di solventi utilizzati nei prodotti tradizionali, hanno il difetto d’avere dei tempi d’essiccazione più lunghi che si dilatano ulteriormente se è presente, durante la stesa, una forte umidità ambientale. Le recenti innovazioni nel settore delle pitture spartitraffico ecologiche (emulsioni acriliche) con l’aggiunta di solventi coalescenti, consistono nel mantenere separati e sotto controllo i fattori che influenzano il processo 7 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale d’essiccazione in questo tipo di prodotti: la bassa temperatura ambientale, l’alta umidità relativa e la modesta velocità dell’aria. I tempi d’essiccazione si sono notevolmente ridotti rispetto ai prodotti all’acqua già presenti sul mercato ma non sono ancora comparabili ai 20 ÷ 60 secondi necessari per l’essiccamento fuori polvere, in condizioni atmosferiche favorevoli, delle migliori pitture alchidiche addizionate con il clorocaucciù. Lo spessore secco delle pitture a solvente è in genere inferiore ai 400 micron.. Nelle pitture la quantità stesa asciutta è inferiore in peso e volume alla quantità iniziale stesa bagnata. Nelle pitture senza perline premiscelate il residuo non volatile è in media del 70%, nelle pitture con perline premiscelate il residuo secco è superiore di circa 10 punti percentuali. Lo spessore del film secco nelle pitture standard può essere due volte inferiore al film bagnato e nel caso delle pitture con perline premiscelate la riduzione del volume è in media dell’ordine del 35 ÷ 40% (ipotizzando una densità media della parte volatile di 0.865 g/cm3). Il dosaggio per le pitture con perline da postspruzzare è di circa 1.0 kg /m2; nelle pitture con perline premiscelate la resa prescritta oscilla tra 1.2 e 1.5 kg/m2 (Capitolato Anas). 33 20 Solvente Legante Additivi Pigmento+Cariche 10 Perline 1 36 Fig. n. 1 – Composizione media (% in peso) di una pittura a solvente con perline premiscelate. L’aumento del tempo d’essiccamento oltre ai rischi di risalita del legante bituminoso del substrato, con la conseguente modificazione del colore del prodotto segnaletico, causa enormi disagi alla circolazione stradale. Per tale motivo sono stati messi a punto dei prodotti che consentono l’apertura della strada al traffico immediatamente dopo la stesa e garantiscono una maggiore durata in servizio. 50 50 30 22 Solvente Solvente Legante Legante Additivi Additivi Pigmenti+Cariche Pigmenti+Cariche 3 2 18 25 Fig. n. 2 – Esempio di composizione (% in peso) di una pittura a solvente senza perline premiscelate. Fig. n. 3 – Esempio di composizione (% in volume) di una pittura a solvente senza perline premiscelate. Questi sono prodotti particolari che richiedono delle macchine complesse e una notevole perizia da parte degli operatori addetti all’applicazione poiché i parametri da controllare contemporaneamente sono diversi: velocità d’avanzamento del mezzo, temperatura del prodotto, la pressione con cui il prodotto è steso, la portata. Devono inoltre controllare le perdite di carico nei circuiti, la viscosità del prodotto in funzione della temperatura, l’usura degli ugelli delle pistole spruzzatrici (nel caso che il prodotto non sia colato), la manutenzione del compressore e il controllo del serbatoio dell’aria compressa, la direzione del mezzo rispetto alla linea guida del pretracciamento, le condizioni della caldaia in cui sono fusi i prodotti, il grado d’omogeneizzazione degli stessi, ecc.. Come si può immaginare, la stesa di un prodotto segnaletico non è una 8 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale cosa semplice, ma richiede una serie di cognizioni e una particolare specializzazione se è vero, come la letteratura del settore afferma, che la cattiva applicazione causa più danni di un prodotto scadente all’origine. Simili per aspetto alle pitture, ma diversi nel comportamento, sono i prodotti plastici a freddo, normalmente formati da due componenti: una base e un indurente. Quest’ultimo componente svolge la funzione di catalizzatore e può presentarsi sia allo stato liquido che in polvere. L’indurimento del film, che avviene in assenza di solventi, è quasi immediato, infatti l’indurente agisce da catalizzatore del processo di polimerizzazione del composto liberando calore nell’ambiente circostante. Anche in questo caso la presenza di una forte umidità può ridurre i tempi d’essiccamento dello strato steso. Il dosaggio medio è di 2 kg/m2. Nei prodotti plastici a freddo lo spessore della striscia è compresa tra 1 e 3 mm. 23 28 Legante 71 Legante 74 Additivi 1 3 Additivi Pigmenti+Cariche+Perline Pigmenti+Cariche+Perline Fig. n. 4 – Composizione media (% in peso) di un prodotto plastico a freddo: a sinistra la base e a destra l’indurente. I prodotti plastici a freddo e quelli a caldo, questi ultimi chiamati usualmente termoplastici, hanno la caratteristica che lo spessore dello strato steso e lo spessore dello strato risultante una volta che il prodotto si è essiccato, corrisponde allo spessore iniziale di stesa. I termoplastici sono applicati con due metodi diversi che sono in funzione dello strato di prodotto che si vuole ottenere e dalla velocità di posa in opera: l’applicazione a spruzzo consente di ottenere degli strati tra 1 e 2 mm e una velocità media di 20 km/h; con l’applicazione per estrusione si hanno spessori tra i 2 e i 3 mm e una velocità media di 5 km/h. L’estrusione è stata la prima tecnica d’applicazione del prodotto ad essere stata sviluppata. Nel termocolato, rispetto al termospruzzato si ha una maggiore presenza di pigmenti e cariche e una minore percentuale di legante, inoltre la tecnica presenta l’inconveniente di richiedere una gran quantità di prodotto, da 3 a 6 kg/m2, e presenta il “difetto”, nei casi di pavimentazioni aperte, di ostruire il sistema drenante, annullare la macrorugosità e impedire il regolare deflusso trasversale dell’acqua. La temperatura d’applicazione è fondamentale per la riuscita della delineazione orizzontale. Considerando che la messa in opera avviene con temperature comprese tra i 150 e i 220 °C, secondo il tipo di resine utilizzate, il controllo delle stesse è determinante: una temperatura troppo alta rischia di bruciare il prodotto, una temperatura troppo bassa compromette l’adesione del prodotto al substrato. La scelta dei prodotti termoplastici da parte di molti enti gestori, in particolare quelli che amministrano autostrade o strade extraurbane di primaria importanza, è legata alla superiore durabilità e ai risparmi a lungo termine che si conseguono rispetto ai tradizionali prodotti a solvente: infatti, se applicata a regola d’arte, la striscia in materiale termoplastico costituisce la tecnica segnaletica più eccellente e duratura. 9 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale 18 25 75 Legante 82 Pigmenti+Cariche+Perline Legante Pigmenti+Cariche+Perline Fig. n. 5 – Composizione media (% in peso) di un prodotto plastico a caldo: a sinistra composizione del termospruzzato e a destra la composizione del termocolato. L’alternativa tra i due sistemi d’applicazione è legata ad una serie di valutazioni d’ordine economico e prestazionale: la velocità di posa in opera con la termospruzzatura è superiore di quattro volte rispetto alla termocolatura; la durata in servizio dei prodotti è in funzione degli spessori e dei flussi di traffico; i vantaggi prestazionali della spruzzatura sono in relazione alla possibilità di realizzare rivestimenti più sottili, avere una migliore adesione del prodotto al substrato e una migliore distribuzione delle perline nella massa; con la termocolatura si hanno delle strisce più spesse, con un profilo emergente più alto rispetto al piano di posa che garantiscono una migliore visibilità notturna in caso di pioggia. Fig. n. 6 – Schema produzione e applicazione dei termoplastici (processo di miscelazione a caldo): alla fine del ciclo il prodotto è raffreddato e scagliettato per il confezionamento, ovvero è immesso nella macchina operatrice per la stesa attraverso estrusione o spruzzatura. In alternativa all’uso di complesse apparecchiature per la stesa e con l’obiettivo di ridurre i tempi d’esecuzione, i produttori di segnaletica per la delineazione orizzontale, hanno messo a disposizione degli enti gestori i nastri stradali preformati o bande prefabbricate. 10 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale I materiali con cui è realizzato il nastro sono analoghi a quelli utilizzati per i termoplastici e la composizione in peso è simile. Il vantaggio di questo sistema è la semplicità della posa in opera, la velocità d’applicazione e l’alta durabilità. L’uso prevalente dei preformati è limitato al contesto urbano, anche se recentemente i nastri preformati da incasso iniziano ad essere utilizzati in ambito autostradale. Normalmente sono usati per realizzare passaggi pedonali, lettere, simboli, frecce, ecc.. 25 75 Legante I nastri sono distinti in permanenti e temporanei e le soluzioni applicative proposte sono diverse: colle monocomponenti, a due componenti, nastri bituminosi da applicare a caldo (sistema a fusione) e Fig. n.7 – Composizione media (%in peso) di un segnale stradale preformato. nastri preformati da incassare in fase di realizzazione del manto d’usura della pavimentazione stradale. I nastri ad incasso hanno una maggiore durata di quelli incollati. I nastri permanenti hanno uno spessore medio di 2 mm, quelli temporanei, di spessore inferiore a 1,5 mm, consistono in uno strato pigmentato con legante e perline, applicato ad un sottile nastro calandrato costituito di polimeri e cariche minerali con un sottile rivestimento autoadesivo. Nei prodotti temporanei, incluso nello strato adesivo, è presente un tessuto reticolato che permette una facile rimozione in fase di chiusura del cantiere. Pigmenti+Cariche+Perline Per la posa in opera dei segnali preformati, bisogna valutare attentamente lo stato della superficie della pavimentazione stradale, la sua macrorugosità e, in particolare, la tenuta del legante bituminoso superficiale. Il livello di retroriflessione delle perline presenti sui prodotti preformati è superiore a quello rilevabile sugli altri prodotti segnaletici per la delineazione orizzontale, poiché la produzione in fabbrica consente di controllare tutti i parametri che influenzano la resa fotometrica dei dispositivi ottici che rendono possibile la visibilità notturna del segnale. Fig. n. 8 – Segnaletica prefabbricata: schema di fabbricazione e posa in opera dei laminati elastoplastici. 11 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale I dispositivi ottici che consentono la retroriflessione. Tra le materie prime costituenti la parte inorganica dei prodotti per la segnaletica orizzontale sono state inserite, come componente aggiuntivo, non indispensabile perché si realizzi il processo di filmazione della pittura, anche le perline di vetro (unità catadiottriche). Nel contesto italiano, la maggior parte delle pitture utilizzate dagli enti gestori le strade e le autostrade, sia centrali, sia locali, sono del tipo premiscelato: le perline di vetro sono una parte determinante e qualificante della miscela prescritta nei vari capitolati. Dopo aver descritto sommariamente la composizione quantitativa dei vari prodotti segnaletici, è necessario accennare al ruolo delle perline di vetro, in particolare alla loro funzione di dispositivo ottico per consentire la visibilità notturna dei segnali orizzontali grazie alla retroriflessione. La retroriflessione è definita come il fenomeno fisico in cui la maggior parte della luce incidente è rinviata nella direzione vicina a quella di provenienza (la sorgente) e tale proprietà è conservata per elevate variazioni della direzione del raggio incidente. Si suole distinguere la retroriflessione dalla riflessione diffusa e dalla riflessione speculare. Ad esempio, in ambito stradale la pavimentazione presenta una rugosità dovuta all’insieme delle asperità superficiali presenti tra gli inerti (spazi intergranulari): un fascio di luce che colpisce il manto stradale in condizioni climatiche ordinarie, sarà rinviato in tutte le direzioni, dando luogo al fenomeno ottico definito riflessione diffusa, ma se sulla superficie stradale è presente un velo d’acqua, la riflessione si presenterà nella forma speculare. L’utilizzo delle perline di vetro nei prodotti segnaletici, premiscelate e/o postspruzzate, consente la visibilità della delineazione in condizioni notturne: illuminando il segnale con la luce radente dei fari, una piccola parte della luce che colpisce il segnale sarà diffusa ma una quota consistente, retroriflessa, raggiungerà il sistema visivo dell’automobilista, trasmettendo le informazioni necessarie a rendere agevole e sicura la guida di notte. Vari studi, condotti in particolare in Francia nel corso degli anni ’80, hanno dimostrato teoricamente e praticamente come avviene il fenomeno e con quali procedure si può controllare l’efficacia del sistema al fine di avere risultati sempre più soddisfacenti. Le sfere di vetro il cui indice di rifrazione è compreso tra 1.50 e 1.55, consentono una buona retroriflessione quando il grado d’affondamento nel prodotto segnaletico è compreso tra il 55 e il 60% del loro diametro. Un affondamento inferiore al 50%, pur consentendo in parte la retroriflessione, espone il sistema ottico all’asportazione da parte dei veicoli, mentre un affondamento superiore al 60 % limita il fenomeno, che è comunque compromesso quando l’affondamento supera l’85%. Il fenomeno è spiegato mediante l’osservazione che la superficie attiva della perlina, la superficie che consente la retroriflessione, è limitata alla parte immersa, nell’interfaccia tra vetro e prodotto: il prodotto che circonda la parte emisferica affondata Fig. n. 9 - Percorso della luce in una sfera di vetro in parte immersa in un prodotto segnaletico per un angolo d’incidenza radente. della perlina ha la funzione di superficie riflettente, così come in un normale specchio è possibile la riflessione dell’immagine grazie alla faccia posteriore del vetro opacizzata attraverso un processo di metallizzazione. Nel caso dei prodotti segnaletici, la qualità e la quantità del pigmento nobile presente (biossido di titanio) condiziona la resa della retroriflessione. 12 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale Foto n. 1 - Ingrandimento al microscopio rispettivamente, da sinistra a destra, perline premiscelate nel prodotto segnaletico, perline postpruzzate e una combinazione dei due metodi (Overlay). L’affondamento delle sfere di vetro nei prodotti segnaletici dipende da molti fattori, tra i quali: - - le modalità di stesa (premiscelate o postspruzzate cioè stese a gravità, a depressione o a pressione con aria compressa); la granulometria cioè la massa delle singole sfere; la spinta d’Archimede ricevuta dalle sfere una volta immesse nel prodotto; la viscosità del prodotto in cui sono immerse; i fenomeni di tensione superficiale che si innescano tra la superficie della sfera e il prodotto segnaletico, specialmente nei casi in cui le sfere hanno subito trattamenti per aumentarne l’aderenza e per impedirne l’affondamento (flottanti); a fenomeni legati ad un uso improprio delle perline trattate (ad es. per evitare che l’umidità agglomeri tra loro le perline, rendendo difficoltose le operazioni di postspruzzatura, le sfere sono trattate con prodotti idrorepellenti che devono essere asportati prima dell’applicazione). Attualmente sono disponibili sul mercato una serie di prodotti che consentono di controllare i vari parametri che influenzano la resa fotometrica delle perline: dal grado d’affondamento, con l’introduzione di prodotti che risolvono simultaneamente l’adesione e la flottazione, alla semplificazione delle procedure d’applicazione con la risoluzione dei problemi legati allo stoccaggio (impaccamento delle sfere). Per la soluzione di questo problema, le superfici delle microsfere di vetro sono rivestite con un leggerissimo strato di silicone (microsfere siliconate). Tale trattamento deve essere comunque eliminato prima della stesa, nel caso della postspruzzatura, e prima della miscelazione nel caso le sfere siano preventivamente inglobate nel prodotto segnaletico, poiché il silicone svolge il ruolo d’inibitore d’adesione. Foto n. 2 – Effetti del trattamento applicato per aumentare l’aderenza e la flottazione in una perlina immersa in un prodotto termoplastico. Un altro aspetto, di particolare importanza, riguarda la durabilità della retroriflessione nel tempo. Il problema è connesso da un lato al comportamento delle perline assoggettate alle sollecitazioni del traffico (l’entità di tali sollecitazioni è in funzione del grado d’affossamento, della loro granulometria e dell’intensità del 13 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale legame costituitosi nell’interfaccia superficie di vetro-prodotto segnaletico), dall’altro alla durabilità del prodotto segnaletico in quanto massa inglobante le perline. La granulometria e il dosaggio delle perline sono ulteriori fattori che influenzano la visibilità e la durata della stessa. In una composizione granulometrica in cui le perline sono di piccolo diametro o comunque con dimensioni inferiori allo spessore medio del prodotto steso, ad es. una pittura a solvente, le sfere tenderanno ad essere inglobate nella massa dal legante e ad essere, almeno in una prima fase della vita del segnale, totalmente invisibili. Si ha una retroriflessione debole (< 90 cd / lx m2) in fase d’applicazione iniziale anche nei casi di sovradosaggio (> 600 g/m2 per le pitture Anas). L’uso di sfere di diametro maggiore consente una retroriflessione iniziale sicuramente superiore alla minima prescritta (100 mcd / lx m2), ma la presenza di perline con affondamenti modesti riduce progressivamente la visibilità del segnale in quanto i pneumatici delle auto asporteranno progressivamente i dispositivi ottici (usura del prodotto). Il comportamento del sistema nei due casi è il seguente: la retroriflessione debole in fase iniziale aumenta lentamente e poi diminuisce rapidamente; la retroriflessione forte in fase iniziale aumenta velocemente e poi diminuisce rapidamente. Tali considerazioni sono valide se il dosaggio è uniforme e comunque superiore a quello determinabile teoricamente. Il problema è di garantire una retroriflessione elevata per un lungo tempo. L’introduzione di nuovi prodotti, come le perline con la superficie trattata per migliorare il legame sfera di vetromassa del segnale, e contemporaneamente l’introduzione di sistemi per controllarne e programmarne il grado d’affondamento, permetterà di aumentare il periodo della prestazione fotometrica prescritta dalle norme. Foto n. 3 – Microsfera trattata, predisposta per galleggiare e aderire al substrato. Durante l’applicazione si dovrà controllare il dosaggio, sia in fase di premiscelamento, sia di postspruzzatura. Inoltre, l’utilizzo di moderne apparecchiature dotate di sistemi che permettono un controllo continuo del processo di stesa dei prodotti, è un’ulteriore garanzia per rendere stabili le prestazioni fotometriche prescritte per un periodo ragionevole prima di programmare un nuovo intervento. La visibilità dei segnali orizzontali. Dopo aver sommariamente analizzato i materiali costitutivi e il tipo di prodotti disponibili per realizzare la delineazione orizzontale delle strade, e dopo aver accennato al ruolo dei dispositivi ottici che consentono la retroriflessione, sorge la questione centrale: quale è la distanza minima di visibilità del segnale orizzontale che permetterà al conducente di un’automobile di avere il tempo sufficiente per effettuare le manovre durante la guida? Inoltre, quali sono i valori minimi di retroriflessione e contrasto che assicurano tale distanza minima di visibilità? Nel tempo sono stati condotti vari studi a riguardo e in ambito europeo si è stabilito che il valore minimo della retroriflessione notturna dei segnali sia di 100 mcd/lx m2, valore al di sotto del quale la visibilità minima dei segnali diventa incerta e quindi si consiglia il rifacimento della segnaletica. Uno studio commissionato nel 1988 dalla Federal Highway Administration, degli Stati Uniti d’America, sui requisiti minimi per la visibilità della segnaletica orizzontale in strade non illuminate (studio eseguito con simulazioni al computer, osservazioni sul campo ed esperimenti condotti in laboratorio) ha concluso che per il controllo del veicolo nelle situazioni estreme, a brevi distanze, il limite di 2 secondi è il limite minimo 14 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale accettabile di sicurezza, cioè 2 secondi corrispondono al tempo necessario perché l’utente medio possa reagire agli imprevisti con un minimo di sicurezza. In funzione della velocità, a 2 secondi corrispondono le varie distanze minime di visibilità. Inoltre, lo stesso studio afferma che per le reazioni di guida nelle lunghe distanze, il margine di sicurezza è di 3 secondi. Il grafico n. 1 rappresenta i due casi. 120 110 100 90 80 Distanza in metri 70 60 50 40 30 20 10 0 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 130 Velocità ( km/h) Grafico n. 1 – Distanza minima di visibilità del segnale in funzione della velocità Il limite minimo accettabile di sicurezza (2 s) - Segmento tratteggiato. Margine di sicurezza a lunga distanza (3 s) - Segmento continuo. Per un utente che viaggia alla velocità di 50 km/h, e con riferimento al limite minimo accettabile di sicurezza, la striscia orizzontale deve essere visibile a 27.8 m, a 90km/h deve essere visibile a 50 m e a 130 km/h la minima visibilità della striscia deve essere a 72.2 m. Mentre per il limite minimo di sicurezza l’oggetto della visibilità è la segnaletica orizzontale, la striscia di margine o di mezzeria, per il margine di sicurezza nelle lunghe distanze, l'oggetto della visibilità sono anche gli altri sistemi della delineazione orizzontale: gli inserti stradali catarifrangenti e i delineatori normali di margine. Il limite minimo alle brevi distanze e il margine di sicurezza alle lunghe distanze è stato messo a punto considerando utenti in diverse fasce d’età, con una particolare attenzione verso gli automobilisti anziani che hanno una capacità visiva e psicofisica ridotta rispetto ad un utente giovane. In condizioni di visibilità notturna e di pavimentazione stradale asciutta, la visibilità minima della striscia, secondo il citato studio, deve essere di 93 mcd / lx m2. Per avere lo stesso effetto, in condizioni umide, il valore della retroriflessione deve essere di 180 mcd /lx m2, più del doppio che in condizione asciutta. Le strisce segnaletiche, a differenza dei segnali verticali, trasmettono un messaggio continuo e la visibilità è importante nei momenti di variazione del percorso (restringimento della corsia, curva, ecc.). L’attenzione dell’utente è intermittente e in condizioni di guida notturna, per reagire ad un imprevisto con un margine di sicurezza accettabile, è necessario che il contrasto tra il segnale e la superficie sia superiore a 2 e la retroriflessione minima sia superiore a 64 mcd/lx m2, e in ogni modo compresa entro 127 mcd/lx m2. 15 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale Le prove di laboratorio sui prodotti per la segnaletica stradale orizzontale. Le prove successivamente elencate e sommariamente descritte, sono le analisi normalmente eseguite in laboratorio per la caratterizzazione fisica, chimica e tecnologica, dei prodotti più utilizzati nell’ambito della segnaletica stradale orizzontale: le pitture spartitraffico a solvente organico. Le prove sono quelle prescritte dal Capitolato dell’ Anas s.p.a. relativo ai prodotti per la segnaletica orizzontale. Le prove prevalenti sui prodotti plastici a freddo e su quelli a caldo sono di tipo tecnologico: infiammabilità, rammollimento, tempo d’essiccamento, resistenza ai raggi UV, resistenza all’usura, resistenza ai sali, ecc.. La norma EN 1871/97, prescrive e descrive le varie prove fisiche alle quali devono essere sottoposti i vari prodotti per la segnaletica orizzontale: pitture, prodotti plastici a freddo e termoplastici. Tali prove dovranno integrare o sostituire quelle specifiche previste nei Capitolati nazionali dei paesi membri dell’Unione Europea. Le prove eventualmente in contrasto dovranno essere annullate. Relativamente alle prove sulle microsfere di vetro (perline), secondo quanto previsto dalle nuove norme europee (EN 1423 e 1424/97), dovranno essere integrate tra le norme tecniche di Capitolato le nuove procedure concernenti la determinazione della qualità e delle imperfezioni delle sfere di vetro, l’individuazione d’eventuali trattamenti superficiali subiti dalle perline (idrofughi, d’adesione e flottazione) e la determinazione del coefficiente di “friabilità” dei granulati antiderapanti. Inoltre, dovranno essere previsti i nuovi fusi granulometrici e le tre classi di perline distinte in funzione del loro indice di rifrazione. Prove sulle pitture. Massa volumica (densità) - ASTM D 1475 - Massa per unità di volume della pittura determinata ad una specifica temperatura T. Viene designata in grammi per millilitro (g/ml) e rappresenta il rapporto tra la massa della sostanza fluida, alla temperatura T, e la massa di un eguale volume d’acqua a 4° C. Il metodo utilizzato consente di determinare con notevole accuratezza la densità di un fluido viscoso, con presenza o meno di sfere di vetro premiscelate, e con componenti altamente volatili. La temperatura di prova suggerita dal metodo è di 25 ° ± 0.1° C. Residuo non volatile (materie non volatili) - ASTM D 1644 - Metodo A - Massa residua, definita anche residuo secco, ottenuta dopo che la pittura è stata riscaldata ad una temperatura e ad un tempo determinato. La prova consente di individuare la frazione di una pittura che è stabile all’azione della temperatura indicata dal metodo, 105 ° C per 3 ore, mentre i solventi volatili sono allontanati dalla massa. I componenti volatili non restano nella pellicola della pittura durante la formazione del film nella fase d’essiccamento, poiché la loro funzione è di mantenere separati, in condizioni di stabilità prima dell’applicazione, i leganti, i pigmenti, i riempitivi e le perline (residuo non volatile). Contenuto di pigmento e riempitivi (Contenuto di pigmento nella pittura) - Federal Test Method Std. No. 141a - Method 4021.1 - La prova consiste nell’estrarre dalla pittura il pigmento e i riempitivi con l’ausilio di una miscela di solventi, composta da etere etilico, benzene, alcool metilico e acetone, che solubilizzano la fase legante della stessa. La separazione della parte organica (veicolo e solventi) della pittura consente di avere un precipitato di pigmento, riempitivi (cariche) e perline. Una volta determinato il contenuto delle sole perline per differenza si ricava il contenuto di pigmento e di riempitivi. Potere coprente – Metodo di riferimento UNI ISO 3905 – Il metodo è definito per pitture chiare a resa stabilita. Nel caso delle pitture spartitraffico utilizzate dall’Anas, la resa media è di 1.35 m2/kg (la resa deve 16 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale essere compresa tra 1.2 e 1.5 m2/kg). Su dei supporti cartacei con superficie liscia e impermeabile, con la metà dell’area colorata bianca e l’altra metà nera, facilmente bagnabile dalle pitture a solvente, si stende un film di pittura aumentando progressivamente lo spessore in ogni cartoncino fino ad avere l’apparente copertura delle sottostanti aree colorate. Il principio del metodo è basato sul presupposto che per pitture pigmentate bianche, il rapporto di contrasto (opacità) sia una funzione lineare della resa superficiale. Di conseguenza, se si rappresentano in un grafico i rapporti di contrasto e le rese superficiali determinate sperimentalmente, si può determinare per interpolazione lineare la resa superficiale ricercata. Il potere coprente di una pittura è definito come la resa superficiale in corrispondenza di un rapporto di contrasto del 98%. Il rapporto di contrasto è determinato con l’ausilio di uno spettrofotometro, in condizioni d’illuminazione normalizzata (illuminante D65 corrispondente ad una temperatura di 6504 K). Con tale strumento si rileva la funzione colorimetrica Y che, com’è noto, è direttamente proporzionale al fattore di luminanza e pertanto misura la chiarezza di una superficie. Il rilievo della funzione colorimetrica è eseguito più volte sia sulla parte della pittura coprente l’area nera del cartoncino, sia sulla parte bianca. Per ogni provino si calcola il rapporto di contrasto, espresso in percentuale, tra il valore medio di Yn rilevato sul film che copre l’area nera del supporto e il valore di Yb rilevato sulla parte bianca. Il potere coprente di una pittura corrispondente al rapporto di contrasto C=98%, non rappresenta visivamente una completa copertura del supporto. Un film è definito opaco quando il valore di Y è lo stesso sia sulla parte nera, sia sulla parte bianca, e non aumenta se si aumenta lo spessore della pittura. Per ogni provino predisposto per valutare il potere coprente si calcola la massa della pellicola per unità di superficie, lo spessore umido e la resa superficiale: per l’elaborazione di questi dati è necessario conoscere la densità e il residuo non volatile della pittura. Contenuto di biossido di titanio (TiO2) - Metodo dell’acqua ossigenata (determinazione colorimetrica) - Dal precipitato di pigmento, riempitivi e perline, si preleva una determinata quantità e si macina finemente; successivamente si sottopone ad un processo di solubilizzazione con l’ausilio di una soluzione di solfato d’ammonio e acido solforico. La soluzione ottenuta (di colore giallo pallido), una volta filtrata e ossidata con l’aggiunta d’acqua ossigenata, è analizzata con uno spettrocolorimetro (λ = 410 nm). Con l’ausilio di un diagramma, si risale alla concentrazione del biossido di titanio presente nella soluzione e, successivamente, alla percentuale in peso sull’insieme del precipitato. Il Foto n. 4 – Predisposizione del pigmento nobile e della carica. diagramma di confronto rappresenta la curva di taratura costruita utilizzando delle soluzioni in cui la concentrazione di biossido di titanio è nota. Contenuto di cromato di piombo (PbCrO4) - FTMS No. 141a - Method 7131 - (Metodo volumetrico) - Dal precipitato di pigmento, riempitivi (cariche) e perline, si preleva una quantità rappresentativa e si sottopone ad un processo di dissoluzione con l’ausilio di una soluzione d’idrossido di potassio e acqua distillata. Si completa l’attacco con cloruro di potassio, acido cloridrico e ioduro di potassio. Successivamente la soluzione ottenuta è titolata con tiosolfato di sodio, usando come indicatore la salda d’amido. Conoscendo i ml di tiosolfato necessario per la titolazione, la normalità del tiosolfato nella soluzione e la normalità teorica, ed essendo nota la quantità di precipitato sottoposto ad analisi, così come la percentuale originaria nel contesto del campione di pittura, si calcola il contenuto percentuale del cromato di piombo. Consistenza - Metodo ASTM D 562 (Procedura A) - La prova consente di determinare in unità convenzionali la consistenza di una pittura. Il metodo definisce il termine consistenza come il peso in grammi necessario a produrre in un determinato tempo (30’’) una specifica velocità di taglio (misura della coppia torcente), ad una 17 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale data temperatura (25 °C) con l’apparecchiatura Krebs-Stormer (tale apparecchiatura viene pretarata con un olio a viscosità nota, tra i 10 e i 15 poise). Il risultato della prova è espresso in unità Krebs (UK). La prova consiste, attraverso ripetuti tentativi, nell’individuare il peso in grammi che, nel tempo prescritto, riesce a fare compiere al rotore immerso nel prodotto verniciante 100 giri. Il valore può essere ricavato interpolando la curva ottenuta dai risultati di prova. Il valore individuato è associato alle unità Krebs rilevate in un’apposita tabella. Il metodo è stato ideato negli USA in occasione di uno studio relativo alla consistenza delle pitture utilizzate per le pareti interne degli edifici. La procedura è rilevabile nella norma ASTM D562-55. Per consistenza s’intende la resistenza allo scorrimento della pittura dovuta alla sua viscosità. Si è rilevato che si ha un’alta consistenza quando le pitture si collocano sopra le 100 Unità Krebs, la consistenza è media al di sotto le 100 UK. Le unità prescritte dal capitolato Anas per le pitture spartitraffico sono comprese nell’intervallo 70 – 90 UK. Un’altra unità di misura utilizzata è quella determinata in base al tempo, in secondi, impiegato dalla pittura a defluire da un particolare recipiente attraverso un foro calibrato a sezione quadrata (viscosità in secondi Ford a 20 °C). La viscosità η, com’è noto, è misurata in Pascal-secondo o in milliPascal-secondo. Quest’ultima unità corrisponde ad un centiPoise (cP) che è un’altra unità di misura tipica della viscosità. Tempo d’essiccamento - Metodo ASTM D 711 - La prova determina in ambiente condizionato (25 °C e 5060 % W) il tempo d’essiccamento di un film di pittura dello spessore di 380 µm, steso su un supporto di vetro che è successivamente appoggiato su un piano inclinato di circa 10°. Sul film è fatto scorrere, ad intervalli regolari, un cilindro d’acciaio dotato d’anelli di gomma sintetica aventi caratteristiche meccaniche determinate. Il tempo d’essiccamento è dato dal tempo intercorso tra il tempo finale (tf), in cui la pittura non aderisce più agli anelli di gomma, e il tempo iniziale (ti) di stesa del film. Resistenza agli agenti chimici (carburanti, lubrificanti, cloruro di calcio e di sodio, acido solforico e cloridrico in soluzione) - Metodo sperimentale - Sono predisposti 6 provini di pittura dello spessore di 250 µm in un analogo numero di supporti metallici, e dopo averli condizionati a temperatura ambiente (23 ± 2 °C e 50 ± 5% W) per 7 giorni sono immersi nei liquidi di prova ad una determinata temperatura e per un tempo non superiore a 60’. Dopo un ulteriore periodo di stagionatura si osserva lo stato di conservazione della superficie della pittura in ogni singolo elemento. La prova s’intende superata se non sono rilevati sulla superficie distacchi, fessurazioni, bolle, sfarinamenti e perdita di perline; inoltre, dopo l’attacco degli aggressivi chimici, non dovranno modificarsi le caratteristiche fotometriche e colorimetriche iniziali dei provini. Resistenza all’abrasione – Metodo UNI 10559 – La prova consente di valutare la perdita di massa della pellicola di pittura dopo essere stata assoggettata all’azione di mole abrasive di durezza predefinita, alle quali si aggiungono dei pesi supplementari di 500 o 1000 g. Per eseguire la prova si utilizza l’apparecchio Taber Model 503 Abraser. La pittura è stesa con uno spessore umido di 250 micron su tre supporti d’acciaio aventi forma quadrata e i bordi smussati. Dopo un condizionamento per 24 ore, i campioni sono sottoposti alla prova d’abrasione utilizzando le mole CS-10 caricate di un peso di 500g, per 500 o 1000 giri (secondo la norma, lo spessore del prodotto, il tipo di mola, il peso e il numero di giri deve essere preventivamente concordato con il committente). Al termine della prova non si deve avere scoprimento del metallo in un solo punto dei supporti. Un’altra prova per determinare il grado d’abrasione 18 Foto n. 5 – Abrasimetro Taber – Modello 503 . ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale del film di pittura, è quella descritta nel metodo ASTM D 968, denominato metodo a caduta di sabbia. In questa prova, la resistenza all’abrasione del film di pittura è determinata dalla quantità d’abrasivo richiesto (sabbia silicea naturale, passante al setaccio ASTM n. 20 (850 micron) e trattenuta al setaccio ASTM n. 30 (600 micron) per esporre un’area di 3.9 mm di diametro del pannello metallico liscio, inclinato a 45°, su cui è steso un film dello spessore di 250 micron. La sabbia cade da una data altezza attraverso un tubo guida il cui bordo inferiore dista dal provino esposto 25.4 mm. La velocità d’efflusso deve essere di 2 litri di sabbia in 21÷23.5 secondi. Il risultato di prova è il coefficiente d’abrasione, dato dal rapporto V/T, dove V è il volume di sabbia utilizzato per abradere l’area di pittura prescritta e T (thickness) è lo spessore del film in mm. Resistenza all’azione dei raggi UV – Norma UNI 9397/89 – La prova consiste nell’esporre all’azione della luce emessa da una lampada allo xeno, che approssima lo spettro d’emissione della radiazione solare normalizzata D65, tre provini di pittura dello spessore umido di 380 micron. Un quarto provino è conservato come campione di riferimento. Dopo aver stagionato i provini, questi sono inseriti in uno speciale apparecchio per prove solari (la lampada è posta sul fuoco di un riflettore a parabola) e sottoposti per 48 ore consecutive all’azione della luce solare. Se richiesto, l’esposizione può essere prolungata per una durata determinata in multipli di 24 ore. Per i materiali sottoposti a normali condizioni di luce solare diretta, si usa un filtro che consente la simulazione di tali condizioni: il filtro intercetta tutte le radiazioni di lunghezza d’onda inferiore e permette l’emissione spettrale con inizio dalle radiazioni da 300 nm. Un sistema di specchi atti a riflettere la luce ultravioletta e visibile, è collocato nella parte superiore della lampada. A tale sistema, che consente il passaggio verso l’esterno degli infrarossi, è aggiunto un dispositivo di ventilazione che consente di mantenere costante la temperatura di prova tra i 45° e i 60°C. Sui provini sottoposti a prova si determina visivamente la presenza di screpolature, sfarinamenti, variazioni di colore e perdita di brillantezza. La valutazione visiva è accompagnata dalla determinazione strumentale del fattore di luminanza e delle coordinate cromatiche, prima e dopo la prova. Determinazione del contenuto di perline rifrangenti - Metodo AM-P.01/14 - Dopo aver ben omogeneizzato il prodotto, le perline sono separate dalla pittura con l’ausilio di una soluzione solvente (Etil Acetato, Xilene, Benzolo, Acetone) e tramite agitazione con una bacchetta di vetro. Il pigmento, più leggero delle perline, resta in sospensione ed è asportato mediante aspirazione. Si ripete l’operazione fino alla completa eliminazione delle tracce di pigmento dalle perline utilizzando, nella fase conclusiva dell’operazione, dell’acido cloridrico diluito. Per il lavaggio finale si usa acqua distillata. Il contenuto di perline è espresso come media percentuale sulla pittura dei valori ottenuti da due determinazioni. Granulometria delle perline rifrangenti - Metodo ASTM D 1214 - (metodo meccanico) - Dalle perline separate, di cui al punto m, si ricavano 2 campioni rappresentativi di 50 g ciascuno per essere avviati alla selezione granulometrica previo trattamento termico (105-110 °C) per eliminare eventuali tracce d’acqua residua. La prova consiste nel far attraversare alle perline, con l’ausilio di un agitatore meccanico, una serie di setacci disposti con le luci nette delle reti aventi valore decrescente verso il basso. Il sistema comprende un coperchio ed un fondo per la raccolta delle perline le cui dimensioni sono inferiori a 0.063 mm. Il risultato finale dell’analisi è espresso come media percentuale tra i due campioni delle perline passanti in ciascun setaccio. Sfericità delle perline - Metodo ASTM D 1155 - (Procedura A) - Una selezione di perline, rappresentative del campione di pittura, è suddivisa in 2 gruppi con l’ausilio del setaccio n.50 (300 µm). Successivamente ciascun gruppo è fatto cadere da 13 mm d’altezza, su un pannello di vetro inclinato rispetto all’orizzontale e di un angolo che è in funzione del diametro medio delle perline. Il pannello è sottoposto a vibrazione la cui frequenza fissa è di 60 impulsi al secondo. Le perline perfettamente sferiche si depositeranno, seguendo l’inclinazione del pannello, in un contenitore posto in 19 Foto n. 6 – Perline di vetro sferiche. ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale corrispondenza del bordo inferiore. Durante la vibrazione, le perline ovalizzate e le particelle di vetro di forma irregolare seguiranno il percorso opposto e si depositeranno in un recipiente sistemato in corrispondenza del limite superiore del pannello. Una volta separate, le perline sferiche saranno espresse in percentuale in peso rispetto alla selezione iniziale comprensiva di perline di forma regolare e irregolare. Questa prova dovrà essere integrata dalla procedura prevista nella norma EN 1423/97 relativa al metodo di determinazione delle imperfezioni delle microsfere di vetro. Le imperfezioni contemplate sono le seguenti: - microsfere ovalizzate; microsfere a goccia; microsfere fuse tra loro; microsfere con satelliti; microsfere opache; microsfere lattigginose; microsfere con inclusioni gassose; particelle di vetro con spigoli vivi; particelle di materiale diverso dal vetro. Attualmente la forma delle perline è determinata con sistemi più Foto n. 7 – Le varie forme con cui si presentano le perline osservate al microscopio. moderni. A tal fine si utilizza il microscopio associato ad una telecamera per il rilievo delle immagini delle sfere di vetro che sono successivamente elaborate da un computer con l’ausilio di un software predisposto per il calcolo automatico del numero di perline presenti nel campo di misura, delle loro dimensioni, della loro forma, del loro perimetro, ecc.. Il programma consente, infine, l’elaborazione statistica dei risultati e l’archiviazione delle immagini. Il metodo per la determinazione della qualità delle sfere di vetro è descritto nell’appendice D della norma EN 1423/97. Indice di rifrazione delle perline - Metodo UNI 9324/89 - (Metodo dell’immersione) - L’indice di rifrazione “ n “ è determinato con un microscopio a luce trasmessa e una serie di liquidi a bassa volatilità e indice di rifrazione conosciuto (Benzilacetato, Difelinetene, Metilene Ioduro, ecc.). Una piccola quantità di sfere di vetro, rappresentativa del campione di pittura, è immersa, in condizioni ambientali definite dal punto di vista temoigrometrico, in un liquido con “ n “ noto. Con il microscopio a luce trasmessa si osserva la presenza della linea di Becke, una frangia luminosa che si sposta verso il centro della perlina immersa, allontanando l’oggetto dal fuoco dell’obiettivo, se l’indice di rifrazione è maggiore nelle perline rispetto a quello del liquido di riferimento, ovvero se la linea luminosa si sposta verso il liquido, l’indice “ n “ è superiore nel liquido di riferimento rispetto a quello del vetro delle perline. Nel caso in cui la linea non compare, i due mezzi hanno lo stesso indice di rifrazione. Il metodo è così sensibile che è sufficiente una differenza di pochi millesimi, tra i due indici delle sostanze analizzate, perché compaia la linea di Becke. La norma En 1423/97, relativa alle microsfere di vetro, per la determinazione dell’indice di rifrazione adotta il metodo di “Schroder Van der Kolk” applicabile ai prodotti monorifrangenti come le sfere di vetro. Le differenze dell’indice di rifrazione sono già percepibili con l’illuminazione assiale degli oggetti, esse aumentano notevolmente con l’illuminazione obliqua, poiché le frange luminose o le strisce scure sono molto più accentuate su un lato della sfera di vetro rispetto all’altro. La posizione della striscia illuminata e di quella scura, dipende dalla direzione del raggio incidente e dalla differenza d’indice di rifrazione tra il vetro della perlina e il liquido d’indice noto in cui è immersa. L’illuminazione è ottenuta con l’ausilio di un cartoncino nero rigido che consente di produrre un’illuminazione obliqua nella parte visibile del campo, nascondendo metà del campo dell’oculare. Resistenza delle perline agli aggressivi chimici (Stabilità chimica delle perline) - Metodo sperimentale Una selezione rappresentativa di perline è sottoposta all’aggressione del cloruro di calcio e di sodio in soluzione normale (3 ore), dell’acido solforico diluito al 20% (1 ora) e dell’acido cloridrico in soluzione normale (1 ora). Trascorsi i relativi tempi d’aggressione, si separano le perline per filtrazione e sono accuratamente 20 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale lavate con acqua distillata e asciugate. Successivamente sono sottoposte a controllo comparativo, con le perline originarie non sottoposte al trattamento d’aggressione, con l’ausilio di un microscopio. Al termine della prova le perline devono mantenere inalterate le loro caratteristiche originarie: forme regolari, colore costante, trasparenza e potere riflettente. L’appendice B della norma EN 1423/97 prescrive la resistenza all’acqua, all’acido cloridrico diluito, al cloruro di calcio e al solfuro di sodio in soluzione. Spessore della pittura (Provini da predisporre in situ) - Metodo sperimentale - Durante la stesa in cantiere si disporranno, in corrispondenza dell’apparecchiatura erogatrice, 3 supporti metallici, preventivamente pesati, delle dimensioni di cm 50x30x0.05, che saranno ricoperti da altrettante strisce di pittura. Al termine della deposizione i lamierini saranno pesati (peso lordo umido) e lasciati asciugare nelle condizioni ambientali di stesa. Dopo l’essiccazione della pittura, i supporti sono nuovamente pesati (peso lordo secco) e se ne rileva lo spessore medio in micron con un misuratore di riporti elettronico. Infine, conoscendo la massa media di pittura deposta, la superficie media coperta in cm2 e lo spessore medio della pittura, si può risalire alla resa del prodotto verniciante in situ (m2/kg). In modo analogo si possono prelevare campioni di prodotti plastici a freddo o di termoplastici. Colore - EN 1436/04 – Il colore è determinato con l’ausilio di colorimetri o di spettrofotometri. La maggior parte dei colori sono individuati dalla chiarezza (fattore di luminanza Y), dal tono o tinta (coordinata cromatica x) e dal grado di saturazione (coordinata cromatica y). Il Fattore di luminanza e le coordinate cromatiche sono determinati utilizzando la sorgente luminosa normalizzata D65, una geometria d’illuminazione a 45° e una d’osservazione a 0°. Gli angoli sono misurati rispetto alla normale alla superficie del segnale orizzontale. L’area minima di misura è di 5 cm2. Il sistema colorimetrico di riferimento, è quello CIE del 1931. La norma EN 1436/97 prescrive sia il fattore di luminanza per i colori dei segnali orizzontali, sia i vertici delle regioni di cromaticità. Grafico n.2 - Figure piane definite dai vertici di cromaticità prescritti per il colore bianco e il giallo dalla norma EN 1436/97 Y1: Y2: 21 Segnaletica permanente. Segnaletica provvisoria. ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale Retroriflessione - EN 1436/04 – La retroriflessione, definita anche riflessione catadiottrica, è la riflessione caratterizzata dal rinvio dei raggi luminosi nel verso opposto alla direzione di provenienza, tale proprietà è conservata per rilevanti variazioni della direzione dei raggi incidenti. I dispositivi ottici che consentono tale fenomeno nei prodotti utilizzati per la segnaletica orizzontale sono le sfere di vetro. La misura. che si effettua sulla superficie del segnale, è definita “coefficiente di luminanza retroriflessa” (simbolo RL) e rappresenta il quoziente tra la luminanza L della superficie retroriflettente nella direzione d’osservazione, e l’illuminamento ricevuto attraverso un piano passante per il centro del retroriflettore e perpendicolare alla direzione della luce incidente. La misura rappresenta la visibilità notturna del segnale e le apparecchiature predisposte per il rilievo simulano una distanza di 30 m dall’area di misura con l’occhio dell’osservatore posto a 1.2 m dal piano stradale e la sorgente luminosa, il faro del veicolo, posto a 0.65 m rispetto alla pavimentazione. La geometria prevista per l’osservatore, in condizioni d’illuminazione radente e con la segnaletica asciutta, umida o bagnata, è un angolo d’osservazione di 2.29° e un angolo d’illuminazione di 1,24° (geometria europea). La norma En 1436/04 prescrive le classi minime di prestazione catadiottrica notturna della segnaletica orizzontale, ossia i valori minimi di RL sotto i quali la visibilità notturna del segnale, per l’utente medio, è difficoltosa e può contribuire a comprometterne la sicurezza di guida. Foto n. 8 – Retroriflettometro a geometria europea. Scivolosità – EN 1436/04– La prova è normalmente eseguita in sito e lo strumento utilizzato misura l’attrito radente del segnale orizzontale. Il grado di resistenza alla scivolosità è espresso in unità SRT, acronimo di Skid Resistance Test. L’apparecchiatura è stata messa a punto dal Transport and Road Research Laboratory (TRRL) inglese. La prova simula lo slittamento della ruota bloccata dell’automezzo, che viaggia ad una velocità di 50 km orari, sullo strato d’usura in conglomerato bituminoso in condizioni di bagnato. Il valore minimo, richiesto dalla norma, per la segnaletica orizzontale bagnata è 45. Foto n. 9 - Strumento per la misura dello Skid Resistance Test. 22 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale Prove sui prodotti termoplastici. Le norme di riferimento utilizzate per l’esecuzione delle prove di laboratorio sui materiali termoplastici, sono le British Standard, in particolare la BS 3262/87 parti 1, 2 e 3. La prima parte della norma relativa alla specificazione dei materiali costituenti e alle miscele, definisce la composizione media e le proprietà essenziali dei prodotti plastici a caldo. In particolare, per quanto riguarda le proprietà del prodotto, il punto di fusione non deve essere inferiore a 65°C; il fattore di luminanza del termoplastico bianco non deve essere inferiore a 70 e quello del giallo a 50; la stabilità al calore deve consentire in caso di rifusione del materiale un fattore di luminanza di 65 per il bianco e 45 per il giallo; la resistenza alla deformazione plastica (flow resistance) non deve essere superiore al 25%; la resistenza al derapaggio non deve essere minore di 45. Le proporzioni dei costituenti sono: 20% leganti (resine ed olio) e il restante 80% costituito da aggregati, pigmenti, extender e perline di vetro. La seconda parte della norma specifica le prestazioni su strada: fattore di luminanza, grado d’erosione e facilità di stesa del prodotto. La terza parte concerne le specificazioni per l’applicazione del prodotto su strada: determinazione del dosaggio d’applicazione e della distribuzione delle sfere di vetro sul prodotto; determinazione dello spessore; determinazione della densità relativa. Composizione media di un prodotto plastico a caldo (termocolato) Materie prime Costituente in % Resina idrocarbonica Plastificante Polimero Paraffine Sfere di vetro Biossido di titanio Carica Silice naturale Percentuale in massa nel totale della miscela da a 16 19 2.5 3 1.5 3 1 1.5 20 25 8 10 19.5 27 20 26 Un breve cenno alle prove previste dalla citata norma della British Standard è utile poiché alcune integrano e completano quelle previste dalla norma EN 1871/97, relativa ai vari prodotti per la segnaletica orizzontale, compresi i prodotti plastici a caldo (termoplastici). Per quanto riguarda il metodo di prelievo dei campioni e le prove, la norma BS 3262/1 suggerisce e descrive le seguenti: - modalità di prelievo dei campioni: il prelievo può avvenire da materiale polverizzato, da materiale prefuso o dal materiale fuso (è preferibile prelevare il campione dalla miscela fusa pronta per l’uso, direttamente dal preriscaldatore, che garantisce una migliore uniformità del prodotto). Per quanto concerne il materiale che si presenta polverizzato, bisogna prelevare con una sonda cilindrica con un’apertura di circa 5 cm da tre contenitori della stessa produzione, tre frazioni da 2 kg cadauna. Il prodotto prelevato deve essere conservato in un unico contenitore, sigillato ed etichettato con tutte le informazioni atte ad identificarlo in maniera univoca. Nel caso di materiale 23 Foto n. 10 – Termocolato con rilievi sonori. ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale prefuso in blocchi, bisogna frantumare il prodotto di tre contenitori e prelevare delle frazioni non inferiori ai 2 kg, eliminando le parti che, ad un sommario esame visivo, non si presentano omogenee. Nel caso di prelievo dalla massa fusa pronta per l’uso, si devono prelevare tre campioni di massa non inferiore ai 2 kg direttamente dal preriscaldatore o dal tracciatore, eliminando il 5% del prelievo iniziale e di quello finale. Nel momento in cui si prelevano i campioni la norma suggerisce di annotare la temperatura del prodotto. - modalità d’omogeneizzazione dei campioni: dopo aver determinato il punto di rammollimento del campione lo si preriscalda in una stufa ad una temperatura superiore a quella di rammollimento. Dopo un determinato tempo ad intervalli regolari si toglie il campione dalla stufa e lo si mescola energicamente. Quando il campione ha raggiunto una temperatura superiore di 50°C a quella del punto di rammollimento s’inizia a predisporre le quantità di campione necessarie per le varie prove. - modalità di preparazione dei provini: descrive le modalità di preparazione dei provini quando si devono predisporre le quantità necessarie per ogni singola prova. - determinazione del contenuto di legante: sono indicati tre metodi, il metodo per estrazione in bottiglia con un solvente (diclorometano), il metodo per estrazione a caldo con idoneo solvente anidro e il metodo per calcinazione (il più speditivo). Quest’ultimo metodo consiste nel riscaldare in una muffola per almeno un’ora a 500° C, circa 10 g di materiale fino a massa costante. Bisogna evitare di portare la temperatura a 550° C per evitare la decomposizione dei carbonati inorganici. Il contenuto di legante, calcolato come media % di due determinazioni, è dato dalla perdita di massa che è espressa in percentuale rispetto alla massa del campione originale. - determinazione e classificazione dei costituenti: i costituenti sono determinati e classificati dopo aver separato i vari componenti con il metodo per estrazione in bottiglia del legante. Il materiale ottenuto è calcinato e successivamente sottoposto a separazione granulometrica in accordo con la norma BS 812 – Parte 103. I componenti inorganici separati e riferiti alla massa totale iniziale del campione sono in genere: aggregati (sabbia bianca silicea, calcite frantumata, silice calcinata, quarzo ed altri aggregati chiari idonei), pigmenti e microsfere di vetro. - determinazione del contenuto di sfere di vetro: il materiale ottenuto con il metodo per estrazione in bottiglia, è versato su un vassoio metallico inclinato di 5° rispetto all’orizzontale. Con un pennello soffice si separano le perline dal restante materiale. Le perline separate si depositeranno per gravità nel fondo del vassoio grazie alla pendenza. La determinazione accurata della quantità di perline presenti nel campione è complicata dalla composizione e dalla densità relativa dei materiali presenti. Il metodo suggerito è il più semplice ma è anche quello che richiede un maggior tempo per raggiungere risultati accurati. - determinazione del punto di fusione (secondo il metodo BS 2000 con l’anello e la sfera di metallo); - determinazione del fattore di luminanza; - determinazione della stabilità al calore: metodo analogo a quello descritto nell’appendice G della norma EN 1871/97. - determinazione della resistenza alla deformazione plastica (flow resistance): un campione di forma conica preparato in uno stampo, con l’angolo al vertice di 60° e un’altezza di 10 cm, è lasciato raffreddare per 24 ore. Successivamente è estratto dall’apposito stampo, appoggiato su una superficie piana e condizionato ad una temperatura di 23°C per 48 ore. Dopo il periodo di condizionamento prescritto si misura l’abbassamento in mm dell’altezza iniziale e si esprime il risultato come media % della misura dell’altezza di due campioni; - determinazione della resistenza al derapaggio (skid resistance): la prova è eseguita con l’apparecchiatura British Portable Skid Resistance Tester del TRRL inglese. Su un supporto metallico largo 15 cm, lungo 85 cm e dello spessore di 1.6 mm, è stesa alla velocità di 37 mm/s una striscia di materiale termoplastico larga circa 10 cm e lunga circa 80 cm. Lo spessore del prodotto varia secondo la tipologia d’applicazione: se il prodotto è un termoplastico colato, lo spessore di stesa è di 3.0 mm; se il prodotto è un plastico a caldo termospruzzato, lo spessore e di 1.5 mm. Il risultato della prova è il valore medio di SRT ottenuto da tre letture eseguite su ciascuno dei due provini predisposti per la prova. In conclusione, la norma BS 3262/87 raccomanda di utilizzare delle etichette esplicative nelle confezioni contenenti materiale termoplastico, quando nel prodotto sia incluso del pigmento a base di piombo. 24 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale Prove fisiche previste dalla norma europea 1871/97 sulle pitture, sui prodotti plastici a freddo e sui termoplastici (ROAD MARKING MATERIALS – PHYSICAL PROPERTIES). Si ritiene utile fornire una panoramica delle prove previste dalla nuova norma europea, poiché si hanno precise indicazioni sul metodo con cui analizzare quei prodotti che in laboratorio presentano maggiori difficoltà di preparazione e manipolazione, i prodotti termoplastici in particolare. Tali prodotti per essere analizzati richiedono procedure laboriose e apparecchiature particolari, studiate per la simulazione delle prestazioni in presenza di condizioni molto avverse, come si possono riscontrare nei paesi del nord Europa (basse temperature e forte usura dovuta ai chiodi o alle catene dei pneumatici). La norma europea introduce nel settore della segnaletica orizzontale le definizioni univoche, valide per tutti i paesi membri dell’unione, dei significati dei principali prodotti che si utilizzano sulla strada e individua le prove principali per la caratterizzazione fisica dei prodotti. Tra le varie prove, è prevista la prova d’invecchiamento artificiale per irradiazione con raggi UV emessi da una lampada allo xenon. Le lunghezze d’onda scelte, a cui esporre i campioni di prodotto segnaletico, oscillano nell’intervallo dei raggi UV-A (315-400 nanometri) e UV-B (280-315 nanometri) e tra i 290 e gli 800 nanometri (dai raggi UV-B agli infrarossi). Le lunghezze d’onda più corte che il sole riesce a far giungere sulla superficie terrestre, comprese tra i 280 e i 315 nanometri (UV-B), sono quelle che causano il maggior danno ai materiali costituiti da polimeri. E’ noto che i raggi UV, che rappresentano solo il 5% della luce che colpisce la superficie terrestre, sono la causa esclusiva dei danni ai polimeri, qualsiasi siano le condizioni climatiche. Il restante 95% dei raggi solari è relativamente innocuo e l’unico effetto è un aumento della temperatura. La degradazione superficiale dei prodotti per la segnaletica orizzontale aumenta se all’emissione luminosa si associa la presenza dell’umidità. La norma 1871/97 prescrive che la prova d’invecchiamento abbia una durata variabile in funzione del tipo di prodotto, associando l’esposizione ai raggi UV e agli infrarossi dei periodi di nebulizzazione d’acqua demineralizzata. Nella norma sono elencate le seguenti definizioni dei prodotti utilizzati per la segnaletica orizzontale: - Pittura (roadmarking): un prodotto liquido contenente in sospensione del materiale solido in un solvente organico o in acqua. Può essere fornita come mono o a multi-componenti. Si applica a pennello, con il rullo e a spruzzo o mediante qualsiasi altro mezzo che sia adeguato per il tipo di prodotto. Si produce una pellicola coesiva attraverso il processo d’evaporazione del solvente e/o in base ad un processo chimico; - Termoplastico: prodotto privo di solventi fornito in blocchi, sotto forma di prodotto granulare o in polvere. Il prodotto è riscaldato fino alla fusione ed è steso con un apposito applicatore, manuale o meccanico. La pellicola coesiva si forma per un processo chimico; - Plastico a freddo: prodotto composto da uno o più componenti. Secondo il tipo, i componenti sono miscelati tra loro in varie proporzioni e stesi mediante un adeguato applicatore. La pellicola si forma attraverso un processo chimico. 25 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale Prove previste dalla norma UNI EN 1871/2002 – Tabella riepilogativa. Prove Prodotti Pitture Materiale Termoplastico Materiale plastico a freddo - Coordinate Cromatiche e Fattore di luminanza. Potere coprente. Stabilità all’immagazzinaggio. Invecchiamento ai raggi UV (480 ore d’esposizione agli UV-A per complessivi 40 cicli 8h+4h e 168 ore UV-B per complessivi 14 cicli da 8h+4h) * Resistenza all’affioramento. Resistenza agli alcali. - Coordinate Cromatiche e Fattore di luminanza. Punto di rammollimento. Resistenza agli alcali. Impatto a freddo. Invecchiamento ai raggi UV (480 ore d’esposizione agli UV-A per complessivi 40 cicli 8h+4h e 168 ore UV-B per complessivi 14 cicli da 8h+4h) * Stabilità termica. Dopo la prova di stabilità termica: - Coordinate Cromatiche e Fattore di luminanza - Punto di rammollimento. - Impronta. - Resistenza all’usura. - Invecchiamento ai raggi UV (1000 ore d’esposizione agli UV tra 290 nm e 800 nm per complessivi 500 cicli da 18’+102’) ** Dopo la prova di resistenza ai raggi UV - Resistenza all’usura dopo esposizione ai raggi UV. Coordinate Cromatiche e Fattore di luminanza. Stabilità all’immagazzinaggio. Invecchiamento ai raggi UV (480 ore d’esposizione agli UV-A per complessivi 40 cicli 8h+4h e 168 ore UV-B per complessivi 14 cicli da 8h+4h) * Resistenza agli alcali. Resistenza all’usura. Resistenza all’usura dopo esposizione ai raggi UV. * Ad ogni ciclo si hanno 8 ore d’irradiazione a 60°C e 4 ore di condensazione a 50°C. ** Ogni ciclo è costituito da 18 minuti di nebulizzazione d’acqua demineralizzata e 102 minuti d’esposizione ai raggi UV – U.R. 50% e temperatura del pannello nero di 45 °C. Descrizione sommaria delle prove. Pitture e prodotti plastici a freddo - Determinazione del colore e del fattore di luminanza: principi di misura e apparecchiature: la procedura è analoga a quella descritta per le pitture a solvente; dimensioni del pannello in alluminio (cm 15 x 7,5 x 0,06); procedura di stesa: deve essere applicato un film di 400 micron di spessore. Nel caso vi siano perline premiscelate, lo spessore del film corrisponde alla resa di 1 kg/m2. I pannelli predisposti sono fatti essiccare per 7 giorni in condizioni termoigrometriche definite (23°C 5 50% U.R.) in un luogo protetto dai raggi del sole e dalla polvere. Sul prodotto così condizionato si misura il fattore di luminanza e il colore. Pitture e prodotti plastici a freddo - Determinazione della stabilità all’immagazzinaggio (in barattolo o nella confezione): principio: il metodo proposto determina il grado di sospensione del pigmento e la facilità di miscelazione di un campione di pittura stagionata in condizioni omogenee e adatta per un uso immediato. apparecchiature: tra le varie il Tamping apparatus, apparato di scuotimento, costipamento. procedura di prova: 26 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale pitture: 3 recipienti ermeticamente chiusi con il campione di pittura sono pesati e collocati in un armadio termico a 45 °C per 30 giorni. Alla fine del periodo di condizionamento termico i tre recipienti sono posti nell’apparato di Tamping e assoggettati a 25.000 colpi d’assestamento. Al termine attraverso il vetro dei recipienti si osserva se le fasi componenti il campione si separano; plastici a freddo: prima della prova dovrà essere verificato se il campione di prodotto plastico a freddo contiene perossidi. Il campione si esamina come le pitture. Il Tamping test non sarà eseguito se il campione contiene perossidi; determinazione del grado di sospensione e facilità di miscelazione: è definita una scala di valutazione della sospensione, da un valore minimo ad uno massimo, da 0 a 10. Ad esempio: valutazione 10: sospensione che non cambia rispetto all’aspetto originale; valutazione 4: la spatola non riesce a passare attraverso la massa sedimentata né a toccare il fondo del recipiente per effetto della gravità. Con difficoltà si può spostare lateralmente la spatola nella massa sedimentata e si rileva una leggera resistenza ai bordi. Il prodotto può essere prontamente rimescolato e riportato allo stato omogeneo; valutazione 2: difficoltà a far compiere un movimento obliquo ad una spatola immersa con forza nel prodotto; valutazione 0: il prodotto è così compatto (agglomerato) che non può essere incorporato col liquido, mescolando manualmente, per formare una miscela omogenea senza grumi. Pitture: metodo di prova per la resistenza all’affioramento del legante bituminoso (modificazione cromatica del pigmento): principio: la pittura è applicata a una superficie bituminosa ed è esaminato lo scolorimento del film dopo un condizionamento di 72 ore; materiali: pannelli di supporto in truciolato o cartone pressato delle dimensioni di cm 10 x 20 x 1 la cui densità sia inferiore a 0,8 g/mc; bitume tipo B 70/100 o simile; preparazione del pannello di supporto: diversi supporti sono rivestiti con una soluzione di bitume e toluolo al 50% applicata a pennello. I supporti saranno collocati in un armadio termico per 72 ore a 45 °C, successivamente condizionati per 12 ore alla temperatura dell’ambiente di prova; procedura di prova: - una striscia adesiva trasparente della larghezza di cm 5 è collocata sul supporto, parallela al lato lungo, a cm 7,5 dal bordo in modo da ottenere una superficie coperta di 5 cm e una non coperta complessiva di 15 cm separata dall’adesivo centrale; - applicare il prodotto a pennello su tutto il supporto con uno spessore di 300 micron, in circa 4 secondi. - il supporto è fatto asciugare per 72 ore a 20 °C e poi per 24 ore a 45 °C. - è misurato il fattore di luminanza del nastro trasparente (β) e della pittura (β’) per ottenere ∆β = (β - β’). Pitture, prodotti plastici a freddo e prodotti termoplastici - metodo di prova per la determinazione della resistenza agli alcali (soda caustica diluita): principio: lo scopo di questo metodo è quello di contribuire a selezionare il prodotto per la segnaletica stradale orizzontale che è idoneo per essere applicato direttamente sopra substrati che reagiscono all’azione delle sostanze alcaline (pavimentazioni in cemento); 27 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale reagenti: idrossido di sodio, soluzione al 10% in acqua; numero di prove: bisogna preparare tre pannelli di prova per ogni prodotto, due saranno sottoposti all’azione dell’idrossido di sodio e il terzo sarà utilizzato per il confronto; prova: i prodotti saranno sottoposti all’azione della soluzione di idrossido di sodio per 48 ore a 45°C; - valutazioni della soluzione di prova e dello stato della superficie delle zone sottoposte all’azione della soluzione d’idrossido di sodio: una colorazione distinta e intensa della soluzione sarà il risultato del suo effetto sul legante, come una variazione del pigmento è il risultato dell’agitazione della soluzione; la condizione della superficie delle zone esposte all’azione della soluzione devono essere analizzate per evidenziare perdita di brillantezza, modificazione del colore, irruvidimento della superficie e fenomeni di abrasione; - valutazione dei materiali: la pittura è resistente agli alcali se non si riesce a staccare con una spazzola il film nelle zone soggette all’azione della soluzione di prova; i prodotti plastici a freddo e i prodotti termoplastici sono resistenti agli alcali se la soluzione di prova, dopo 48 ore di reazione, non presenta fenomeni di torbidità e intensa colorazione dovuta alla fuoriuscita del pigmento e se le zone di prova del materiale non presentano segni d’irruvidimento della superficie o esposizione delle microsfere. Termoplastici: determinazione del colore e del fattore di luminanza: principio: l’appendice A della norma, tralascia la misura del colore e del fattore di luminanza di un blocco solido di materiale termoplastico, il cui spessore è superiore ai 400 micron, previsti per il film di pittura stesa in un pannello d’alluminio. Questo metodo prevede un campione di prova di dimensione adeguata e spessore sufficiente per ottenere una superficie liscia con il massimo grado di riflessione. Si possono utilizzare altri campioni se si è verificato che hanno le stesse specifiche proprietà. apparecchiatura: sorgente luminosa e dispositivo di misura analogo a quello descritto nell’appendice C della norma EN 1436/97; stampo di gomma di silicone dello spessore di circa 1 cm, da utilizzare come base e una piastra d’analoga dimensione e spessore con un’apertura circolare di 10 cm di diametro; procedura di prova: fondere e colare la quantità di materiale sufficiente a riempire lo stampo in gomma per ottenere una lastra di prodotto termoplastico del diametro di 10 cm e dello spessore di 1 cm. Per ottenere una superficie inferiore liscia si può caricare con una massa di 5 kg il prodotto quando è ancora caldo. Dopo che il campione si è raffreddato estrarlo dallo stampo e misurare il fattore di luminanza e le coordinate cromatiche nella superficie inferiore. Termoplastici: determinazione del punto di rammollimento (softening point): principio: il principio di questo metodo determina il punto di rammollimento di un materiale termoplastico per la segnaletica stradale in accordo con Wilhelmi. Il punto di rammollimento è la temperatura, sotto le condizioni di collaudo previste da questo metodo, alla quale uno strato dato di materiale termoplastico subisce una deformazione sotto l'azione di una palla d'acciaio di 13,9 g di peso. apparecchiatura: tra i vari dispositivi ed accessori è previsto l’anello di Wilhelmi composto da un anello inferiore e da uno superiore con attacco a baionetta, che trattiene un’asta e dei perni sporgenti; provini: due provini costituiti da 50 g di materiale; preparazione dell’anello: il campione di prova deve essere fuso, colato nella metà inferiore dell’anello, successivamente è serrato tra le due metà dell’anello in modo da non essere deformato ai bordi; 28 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale procedura: il campione così preparato è collocato all’interno di un bicchiere a 50 mm dal fondo. Nel contenitore si versa il liquido di prova, acqua distillata o glicerina in funzione della temperatura di rammollimento del prodotto, successivamente si colloca sopra il campione di materiale termoplastico la sfera d’acciaio. Si aumenta uniformemente la temperatura del liquido di circa 5°C al minuto. Man mano che la temperatura aumenta il campione di materiale termoplastico tenderà ad incurvarsi verso il basso sotto il peso della sfera. Nel momento in cui il campione o la sfera toccheranno il fondo del contenitore, si rileva la temperatura con una approssimazione di ½ grado; risultati: il valore medio delle due temperature rilevate, relative ai due provini, rappresenta il punto di rammollimento secondo il metodo Wilhelmi. Termoplastici: determinazione della stabilità al calore (heat stability): - - - - principio: il metodo è stato predisposto per determinare la stabilità al calore di un materiale termoplastico utilizzato nella segnaletica stradale sotto condizioni prescritte. La prova simula il riscaldamento che si verifica durante la stesa in condizioni normali. descrizione della prova: il materiale termoplastico preventivamente fuso, è riscaldato per 6 ore alla temperatura d’applicazione. Successivamente, quando il materiale si è raffreddato a temperatura ambiente, devono essere determinati i seguenti parametri: fattore di luminanza e coordinate cromatiche, impronta, usura Tröger ed esposizione ai raggi UV; apparecchiatura: per l’esecuzione della prova è necessario un dispositivo che consenta di somministrare calore e mantenere costante la temperatura di 220°C, un agitatore elettrico dotato di particolari pale per omogeneizzare il Fig. n. 10 – Apparecchiatura per determinare la stabilità termica dei prodotti prodotto, in cui sia possibile controllare la termoplastici (EN 1871/97). rotazione delle stesse (100 giri al minuto), e un contenitore metallico il cui diametro interno sia di 10 cm e l’altezza di 13 cm; preparazione dei provini: una serie di frammenti per un peso complessivo di 1.7 kg, sono prelevati casualmente da un campione di peso superiore preventivamente frazionato; procedura: il campione è progressivamente riscaldato e omogeneizzato con l’agitatore fino a raggiungere la temperatura di prova prestabilita. Quando si è raggiunta tale temperatura (200°C è la massima temperatura applicabile), si mantiene il campione in condizioni termiche costanti per sei ore. Successivamente lo si lascia raffreddare a temperatura ambiente prima di eseguire le altre prove prescritte. Al termine delle varie prove i risultati sono comparati con il campione che non è stato sottoposto alla prova di stabilità al calore. 29 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale Termoplastici: resistenza all’impatto a freddo (cold impact): principio: il metodo misura la resistenza del materiale termoplastico che è stato conservato a basse temperature (a 0 e a -10 ° C) , all'impatto di una palla d’acciaio, del diametro di 25,4 mm per una temperatura di 0°C e di 30.0 mm per una temperatura di –10°C, che cade da un’altezza di 2 m. procedura: si ripete la prova su 10 provini e si registra il numero di campioni rimasti integri e quelli che presentano fessure o rotture. Termoplastici: metodo per la prova d’impronta (identation): principio: il metodo determina il valore “dell’intaccatura” di un materiale termoplastico. Il valore d’impronta è definito come il tempo in secondi necessari perché un cilindro metallico, con un’area di 1 cm2 e una forza di 515 N (52,52 kg), affondi di 10 mm nel materiale termoplastico a una temperatura di 20 °C. Termoplastici e prodotti plastici a freddo: metodo per la prova d’usura Tröger: - - principio: il metodo consente la determinazione della resistenza all'usura di un materiale termoplastico o di un prodotto plastico a freddo utilizzati nella segnaletica stradale. L’usura è prodotta in un apparato di Tröger su un campione che è applicato su un provino Marshall (30 mm spessore). La prova è eseguita a una temperatura di -10 °C. Il metodo consente di simulare l’azione delle ruote chiodate su un segnale termoplastico o in un prodotto plastico a freddo in condizioni di basse temperature. procedura: il materiale termoplastico, riscaldato e omogeneizzato, o il materiale plastico freddo è preparato ed applicato su un provino Marshall ed è successivamente condizionato a -10 °C per un periodo di tempo tra le 15 e le 20 ore. Al termine del periodo di condizionamento, il campione è montato in un apparato di Tröger. L’usura è provocata da una pistola ad aghi azionata da aria compressa. Durante la prova, dell’aria a –10 °C è soffiata continuamente sul campione in esame. La massa di materiale abraso è registrata pesando il campione prima e dopo la prova. 30 Fig. n. 11 – Apparecchiatura per determinare la resistenza all’usura secondo il metodo Trºger (EN 1871/97). ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale I CONTROLLI IN SITO SULLA SEGNALETICA ORIZZONTALE Tabelle con le classi dei vari parametri nelle condizioni previste dalla norma EN 1436/04. Premessa. Il controllo preventivo in laboratorio delle caratteristiche fisiche, chimiche, meccaniche, tecnologiche, fotometriche e colorimetriche dei materiali costituenti la segnaletica verticale, orizzontale e complementare, così come contemplato nel Capitolato, non è sufficiente a garantire la funzionalità degli stessi una volta posti in opera. Tra la maggior parte dei membri tecnici, componenti le commissioni nazionali ed europee che si sono occupati delle norme riguardanti i prodotti per la segnaletica, è diffusa l’opinione che non sussiste una correlazione tra i risultati conseguiti con le prove in laboratorio e quelli ottenuti con le verifiche delle caratteristiche prestazionali realizzate su strada. Secondo tale opinione, alle prove di laboratorio, che hanno un mero scopo di selezione quantitativa e qualitativa dei componenti nella fase antecedente la realizzazione della segnaletica, si devono associare delle prove di caratterizzazione su strada, sia in fase esecutiva, sia in fase di collaudo, con riferimento a precisi standard prestazionali, codificati nella convinzione che la sicurezza dell’utente debba avere la priorità rispetto all’identificazione analitica dei prodotti utilizzati. In particolare, per quanto concerne la segnaletica orizzontale, tale convinzione ha avuto un recente riscontro con l’approvazione della norma EN 1436, “Prestazioni della segnaletica orizzontale per gli utenti della strada”, ratificata dal CEN il 20.06.97, tradotta e pubblicata in Italia dall’UNI nel mese di maggio del 1998,successivamente aggiornata (allegato A1 ediz.04/03) e pubblicata nell’Aprile 2004. La norma, che ha lo status di norma nazionale, detta i requisiti minimi inerenti le prestazioni che la segnaletica orizzontale, permanente o provvisoria, deve conservare per tutta la durata della sua vita funzionale. Il significato della definizione “durata di vita funzionale di un segnale orizzontale”, uno dei concetti principali della norma europea, deve essere inteso come presenza contemporanea dei vari requisiti che le singole autorità stradali competenti riterranno opportuno individuare prima della realizzazione dell’impianto segnaletico, in relazione all’importanza della strada, alla frequenza del passaggio dei veicoli, alla densità del traffico, allo stato della superficie stradale e alle particolari condizioni climatiche. La norma specifica le prestazioni su strada della pittura bianca e gialla, in funzione della sicurezza degli utenti. Tali prestazioni sono definite da diversi parametri organizzati in classi crescenti, relativi alla visibilità diurna del segnale asciutto in condizioni di luce naturale, alla visibilità notturna in condizioni d’illuminazione artificiale del segnale asciutto, bagnato e durante la precipitazione uniforme di pioggia. Altri parametri prestazionali previsti dalla norma sono il fattore di luminanza, il colore e la resistenza al derapaggio (slittamento). Ulteriori parametri di carattere sperimentale, previsti nei lavori preparatori dei vari comitati tecnici per la predisposizione delle prove di caratterizzazione della segnaletica orizzontale, non espressamente richiamati dalla norma europea, riguardano il contrasto, l’aspetto, la durata e lo spessore della pittura. Ad integrazione delle informazioni relative alla norma EN 1436/04, di tali parametri sperimentali sarà fatto espresso cenno nell’ambito della descrizione delle prove di controllo e di collaudo dei lavori riguardanti la segnaletica. 31 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale Prestazioni della segnaletica orizzontale per gli utenti della strada. La norma UNI EN 1436 individua le prestazioni minime che la segnaletica orizzontale deve possedere per gli utenti della strada con le prove e i metodi di misurazione finalizzati alla verifica delle soglie individuate. Non è indicata una corrispondenza tra le varie classi di prestazione proposte e i sistemi con cui realizzare la segnaletica orizzontale, ma si lascia alle autorità stradali competenti la discrezionalità di adottare i sistemi che riterranno più opportuni (pittura a solvente, termoplastici, materiali plastici indurenti a freddo, laminati plastici e altri sistemi). La norma precisa che per uno stesso sistema non sempre è possibile ottenere, per due o più parametri contemporaneamente, classi di prestazione elevate. Per quanto concerne la durata di vita funzionale della segnaletica orizzontale, la rispondenza contemporanea a tutti i requisiti inizialmente specificati può essere mantenuta per un limitato periodo dell’anno, infatti le classi di prestazione di alcuni parametri possono abbassarsi velocemente, al di sotto delle soglie prescritte, a causa della presenza sulla strada di fattori aggressivi come acqua (ghiaccio), polvere, fango, e i residui delle emissioni dei veicoli, che contribuiscono, insieme all’invecchiamento naturale e all’usura dovuta al traffico, alla riduzione della durata. Nella norma sono indicati i parametri sensibili all’azione dei fattori citati. I requisiti della segnaletica orizzontale applicata su strada, sono espressi attraverso i seguenti parametri: Visibilità del prodotto segnaletico asciutto in condizioni di illuminazione diffusa (Visibilità diurna). La visibilità diurna è definita attraverso la misura del Coefficiente di luminanza in condizioni d’illuminazione diffusa – Simbolo Qd. La condizioni di misura sono le seguenti: - angolo di osservazione: 2,29°; - altezza dell’osservatore rispetto al piano stradale: m 1,2; - distanza visiva simulata : 30 metri dal prodotto segnaletico; - superficie minima di misurazione del prodotto in sito: 50 cm2; - dimensioni minime del campione steso su una piastra per le misure in laboratorio: 40 x 20 cm; - illuminante: D65. Le classi di prestazione richieste, relative al coefficiente di luminanza in condizioni di illuminazione diffusa, per la segnaletica orizzontale in condizioni di visibilità diurna, sono riportate nel seguente prospetto: Tabella A relativa alle classi di Qd per segnaletica orizzontale asciutta. Colore del segnale orizzontale Bianco Tipo di manto stradale Classe Asfalto Cemento Giallo Q0 Q2 Q3 Q4 Q0 Q3 Q4 Q5 Coefficiente di luminanza minimo in condizioni di illuminazione diffusa Qd mcd/m2*lx Nessun requisito Qd ≥ 100 Qd ≥ 130 Qd ≥ 160 Nessun requisito Qd ≥ 130 Qd ≥ 160 Qd ≥ 200 Q0 Q1 Q2 Q3 Nessun requisito Qd ≥ 80 Qd ≥ 100 Qd ≥130 Nota – La classe Q0 si applica quando la visibilità diurna si ottiene attraverso il valore del Fattore di luminanza β. 32 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale Visibilità del prodotto segnaletico in condizione di illuminazione con i proiettori dei veicoli (Visibilità notturna). La visibilità notturna è definita attraverso la misura del Coefficiente di luminanza retroriflessa – Simbolo RL. Tale aspetto prestazionale deve essere individuato misurando la retroriflessione in tre diverse situazioni meteorologiche: - in condizioni di segnaletica asciutta; - in condizioni di segnaletica bagnata; - in presenza di pioggia. La condizioni di misura sono le seguenti: - angolo di osservazione α : 2,29°; - angolo di illuminazione ε : 1,24°; - altezza dell’osservatore rispetto al piano stradale: 1,2 m; - distanza visiva simulata : 30 metri dal prodotto segnaletico; - altezza dei proiettori dal piano stradale: 0,65 m; - superficie minima di misurazione del prodotto: 50 cm2; - illuminante: A, ovvero proiettore di almeno 100 000 cd tale da fornire 100 lx. Le classi di prestazione richieste, relative al coefficiente di luminanza retroriflessa, per la segnaletica orizzontale asciutta in condizioni di visibilità notturna, sono riportate nel seguente prospetto: Tabella B 1 relativa alle classi di RL per segnaletica orizzontale asciutta. Tipo e colore del segnale orizzontale Bianco R0 R2 1) R3 1) Coefficiente minimo di luminanza retroriflessa RL mcd/m2*lx Nessun requisito RL≥ 100 RL≥ 150 R0 R1 1) RL ≥ 300 Nessun requisito RL≥ 80 R4 1) R5 1) Permanente Giallo Provvisorio Classe R3 1) R4 1) R0 1) R3 1) R5 1) RL ≥ 200 RL ≥ 150 RL ≥ 200 Nessun requisito RL ≥ 150 RL ≥ 300 1) – In alcuni Paesi queste classi possono essere mantenute per un limitato periodo dell’anno durante il quale la probabilità di prestazioni inferiori della segnaletica orizzontale è alta a causa della presenza di acqua, polvere, fango, ecc. Nota – La R0 si applica quando la visibilità della segnaletica orizzontale è ottenuta senza retriflessione in condizioni di illuminazione con i proiettori dei veicoli. La determinazione del coefficiente di luminanza retroriflessa RL in condizioni di bagnato si esegue bagnando uniformemente la superficie di prova con circa 10 litri d’acqua e rilevando la misura dopo 1 minuto dall’avvenuta umidificazione dell’area di misura. Le condizioni di misura sono le stesse di quelle prescritte per la misura di RL sulla segnaletica orizzontale asciutta. 33 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale Le classi di prestazione richieste, relative al coefficiente di luminanza retroriflessa, per la segnaletica orizzontale bagnata in condizioni di visibilità notturna, sono riportate nel seguente prospetto: Tabella B 2 relativa alle classi di RL per segnaletica orizzontale in condizioni di bagnato. Condizioni di bagnato Classe RW0 RW1 RW2 RW3 RW4 Come si presenta 1 minuto dopo l’inondazione della superficie con acqua Coefficiente minimo di luminanza retroriflessa RL mcd/m2*lx Nessun requisito RL≥ 25 RL ≥ 35 RL ≥ 50 RL ≥75 Nota – La classe RW0 riguarda situazioni in cui questo tipo di retroriflessione non è richiesta per ragioni economiche o tecnologiche. La determinazione del coefficiente di luminanza retroriflessa RL in condizioni di pioggia si esegue simulando una cascata di acqua chiara su un’area due volte più larga di quella di prova e rilevando la misura dopo 5 minuti di pioggia continua. Una determinazione di RL è richiesta anche in fase di precipitazione della pioggia. Le condizioni di misura sono le stesse di quelle prescritte per la misura di RL sulla segnaletica orizzontale asciutta. La determinazione del Coefficiente RL in condizioni di pioggia può essere determinato anche in laboratorio su campioni lunghi 2 m applicati su piastre rigide. Per la determinazione si applica la stessa procedura prescritta per le prove in sito con una serie di accortezze aggiuntive suggerite dalla stessa norma. Le classi di prestazione, relative al coefficiente di luminanza retroriflessa, per la segnaletica orizzontale in presenza di pioggia e in condizioni di visibilità notturna, sono riportate nel seguente prospetto: Tabella B 3 relativa alle classi di RL per segnaletica orizzontale in condizioni di pioggia. Condizioni di pioggia Classe RR0 RR1 RR2 RR3 RR4 Come si presenta dopo almeno 5 minuti di esposizione durante una precipitazione uniforme di 20 mm/h Coefficiente minimo di luminanza retroriflessa RL mcd/m2*lx Nessun requisito RL≥ 25 RL ≥ 35 RL ≥ 50 RL ≥ 75 Nota – La classe RR0 riguarda situazioni in cui questo tipo di retroriflessione non è richiesta per ragioni economiche o tecnologiche. Intensità luminosa e colore del prodotto segnaletico asciutto in condizione d’illuminazione diurna (Visibilità diurna) L’intensità luminosa apparente della superficie del campione rispetto alla luminanza di riferimento (superficie bianca perfettamente diffondente) e il colore dello stesso sono definite attraverso la misura del fattore di luminanza β e delle coordinate cromatiche x ed y. La condizioni di misura sono le seguenti: - angolo di misurazione : 0° ± 10°; - angolo di illuminazione: 45° ± 5°; 34 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale - area minima di misura: 5 cm2; - area minima di misura se la superficie del prodotto è molto ruvida: > 5 cm2 (suggeriti 25 cm2); - illuminante: D65. La norma consiglia, nel caso della segnaletica orizzontale profilata, la sostituzione del fattore di luminanza β con il coefficiente di luminanza in condizioni di illuminazione diffusa Qd. Le classi di prestazione richieste, relative al fattore di luminanza β, per la segnaletica orizzontale asciutta simulando le condizioni di visibilità diurna, sono riportate nel seguente prospetto: Tabella C 1 relativa alle classi del fattore di luminanza β per segnaletica orizzontale asciutta. Colore del segnale orizzontale Tipo di manto stradale Asfalto Bianco Cemento Giallo Classe B0 B2 1) Fattore minimo di luminanza β Nessun requisito β ≥ 0,30 B3 1) B4 1) β ≥ 0,40 β ≥ 0,50 B5 1) B0 B3 1) β ≥ 0,60 Nessun requisito β ≥ 0,40 B0 B1 1) β ≥ 0,60 Nessun requisito β ≥ 0,20 B4 1) B5 1) β ≥ 0,50 B2 1) B3 1) β ≥ 0,30 β ≥ 0,30 1) – In alcuni Paesi queste classi possono essere mantenute per un limitato periodo dell’anno durante il quale la probabilità di prestazioni inferiori della segnaletica orizzontale è alta a causa della presenza di acqua, polvere, fango, ecc. Nota – La classe B0 si applica quando la visibilità di giorno si ottiene attraverso il valore del coefficiente di luminanza i in condizioni di illuminazione diffusa Qd. Le classi di prestazione richieste, relative alle coordinate cromatiche x e y, per la segnaletica orizzontale asciutta e in condizioni di visibilità diurna, sono riportate nel seguente prospetto: Tabella C 2 relativa ai vertici delle regioni di cromaticità per segnaletica orizzontale bianca e gialla. Vertici Segnaletica orizzontale bianca Segnaletica orizzontale gialla classe Y1 Segnaletica orizzontale gialla classe Y2 x y x y x y 1 0.355 0.355 0.443 0.399 0.494 0.427 2 0.305 0.305 0.545 0.455 0.545 0.455 3 0.285 0.325 0.465 0.535 0.465 0.535 4 0.335 0.375 0.389 0.431 0.427 0.483 Nota – Le classi Y1 e Y2 di segnaletica orizzontale gialla si riferiscono rispettivamente alla segnaletica orizzontale permanente e a quella provvisoria. Resistenza del prodotto segnaletico orizzontale al derapaggio (Misurazione dell’attrito radente del segnale) La resistenza al derapaggio è espressa in unità SRT (Skid Resistence Test) . 35 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale La prova simula la resistenza al derapaggio di un veicolo che, alla velocità di 50 km / h, freni su una superficie stradale bagnata con pneumatici striati. L’apparecchio di misura è stato messo a punto dal Road Research Laboratory inglese. La prova consiste nel mettere in contatto un tratto della superficie del prodotto segnaletico, preventivamente bagnato con acqua, con un tassello in gomma normalizzata, applicato a un pendolo oscillante, che esercita sulla superficie di prova una forza costante di 22,2 N. All’aumentare della temperatura, si manifesta una diminuzione della resistenza al derapaggio dovuta alle caratteristiche fisiche della gomma. L’introduzione di valori correttivi, in funzione della temperatura, compensa l’imprecisione della misura. La norma sottolinea che a influenzare i risultati, oltre alla temperatura, è anche la modificazione progressiva, nel tempo, dello stato di levigatura della pavimentazione stradale. La misura della resistenza al derapaggio è sconsigliata in caso di segnaletica orizzontale profilata. Le classi di prestazione richieste, relative alla resistenza al derapaggio, per la segnaletica orizzontale bagnata, sono riportate nel seguente prospetto: Tabella D relativa alle classi di resistenza al derapaggio: Classe S0 S1 S2 S3 S4 S5 Valore SRT minimo Nessun requisito SRT ≥ 45 SRT ≥ 50 SRT ≥ 55 SRT ≥ 60 SRT ≥ 65 I risultati delle misure della resistenza al derapaggio di un segnale orizzontale sono condizionati dal tipo di pavimentazione e dallo stato della superficie d’usura. E’ noto che valori minori di resistenza all’attrito radente dipendono sia dal grado di chiusura superficiale delle pavimentazioni sottoposte all’azione del traffico, sia dalla natura, dalla forma e dall’attitudine all’usura degli inerti costituenti lo strato terminale (elementi di natura silicea e/o calcarea, di forma poliedrica con spigoli vivi ovvero elementi aventi forma arrotondata), che dall’eventualità che il legante rifluisca in superficie (strada lucida per eccesso di bitume). Il valore dello SRT dipende anche dal tempo intercorso dall’apertura al traffico della strada e il momento in cui si esegue la misura. Il Capitolato ANAS per le pitture stradali prescrive che “le prove di rugosità dovranno essere eseguite su stese nuove, in un periodo tra il 10° e il 30° giorno dell’apertura al traffico della strada”. In casi particolari, quando la resistenza al derapaggio della segnaletica orizzontale presenta valori vicini ai minimi prescritti nella tabella D, è importante verificare la resistenza all’attrito radente della pavimentazione limitrofa e la macrorugosità attraverso il sistema dell’altezza di sabbia. Tali determinazioni possono essere d’ausilio nella valutazione complessiva delle caratteristiche di antiscivolosità dell’impianto segnaletico, poiché consentono di discriminare tra una stesa di spessore eccessivo ed inidonea a consentire i fenomeni di adesione tra pneumatico e superficie viabile e una segnaletica realizzata su un supporto già compromesso sotto l’aspetto della rugosità superficiale. In teoria sarebbe auspicabile una valutazione preventiva della scivolosità della superficie viabile prima dell’esecuzione del lavoro e successivamente valutare l’opportunità, in caso si rilevino dei valori di aderenza vicini ai valori minimi stabiliti per i segnali orizzontali e non vi sia la possibilità di un rifacimento immediato del manto stradale, di stendere un prodotto verniciante la cui miscela sia stata corretta con l’aggiunta di granulati antiskid che consentano di raggiungere valori di SRT ammissibili rispetto alle condizioni al contorno. E’ opportuno adottare in tali casi, che di norma hanno carattere puntuale, la percentuale di tolleranza prescritta dal Capitolato ANAS per la resistenza al derapaggio: il valore dello SRT misurato sul segnale stradale non 36 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale deve essere inferiore all’80% di quello rilevato sulla pavimentazione limitrofa e, in ogni caso, non deve essere minore di quello previsto nella classe S1 della tabella D. Prestazioni aggiuntive della segnaletica orizzontale (Prove integrative a carattere sperimentale aggiuntive rispetto a quelle previste dalla norma EN 1436/04). Determinazione del rapporto di contrasto Cβ . Il rapporto di contrasto Cβ è il quoziente tra il fattore di luminanza misurato sul segnale orizzontale e il fattore di luminanza misurato sulla pavimentazione stradale limitrofa. La visibilità diurna del segnale orizzontale è in funzione del contrasto con la pavimentazione stradale, tanto più le densità luminose (luminanza) dei due sistemi riflettenti saranno diverse, tanto maggiore sarà la percettibilità del segnale da parte dell’utente. L’utilizzo in sito del fattore di luminanza β in luogo del coefficiente di luminanza q (quoziente tra la luminanza L di un punto della pavimentazione stradale e l’illuminazione E dello stesso punto dovuto all’illuminazione naturale e q dipende della geometria con cui è eseguita la misura) per la misurazione del contrasto, è dovuto sperimentalmente alla difficoltà di rilevare misure stabili nello spazio e nel tempo. L’instabilità della misura dipende dal continuo variare di E (misurato con il luxmetro) e alla laboriosità del rilievo di L (misurato con il luminanzometro) dovuta alla necessità di rispettare la geometria prescritta. Le pavimentazioni in conglomerato bituminoso presentano in genere fattori di luminanza molto modesti ed è quindi agevole, con un segnale orizzontale bianco che risponda ai requisiti minimi indicati nella tabella C1, ottenere un valore di contrasto visivamente apprezzabile dall’utente della strada. Su pavimentazioni chiare (prevalenza di inerti di natura calcarea, pavimentazioni in cemento) si possono ottenere fattori di luminanza relativamente elevati e può essere difficoltoso ottenere un contrasto accettabile agendo esclusivamente sulla luminanza del segnale. In tali casi si può ricorrere a soluzioni alternative quali la realizzazione di una cornice nera intorno al segnale bianco. Tabella E relativa al rapporto di contrasto Cβ (Minimo rapporto di contrasto) Formula Valore minimo Cβ = βs / βp Cβ > 3 dove: βs = fattore di luminanza β della segnaletica orizzontale; βp = fattore di luminanza β della pavimentazione. L’aspetto. L’aspetto di una segnale stradale orizzontale è rilevabile attraverso la ricognizione dei tratti ancora integri ed efficienti ed è valutabile con l’ausilio di un sistema di videoripresa che registrerà l’intera estensione di stesa del segnale ovvero i tratti compromessi. I tratti di segnale soggetti ad usura e quindi considerati inefficienti in quanto hanno una ridotta visibilità diurna e notturna, saranno quelli in cui: - si riscontra un assottigliamento visibile dello spessore e si nota l’emergere del substrato nero della pavimentazione; 37 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale - si rileva la presenza di inquinanti assorbiti, inasportabili anche con un vigoroso lavaggio, che modificano profondamente la visibilità del segnale; - si rileva l’asportazione completa o parziale del segnale dal supporto stradale. Le immagini dei tratti critici, preindividuati visivamente, saranno sottoposte ad un’analisi quantitativa con la determinazione dell’estensione delle relative aree compromesse attraverso il sistema d’analisi d’immagine. Le aree di segnale compromesse, distinte in base al tipo d’usura (distacco, assottigliamento, modificazione del colore, perdita dei dispositivi retroriflettenti), saranno poste in relazione all’intera area di stesa del segnale analizzato. L’aspetto del segnale sarà misurato esprimendo in percentuale l’area del segnale inidoneo a svolgere la sua funzione rispetto a quella della sua stesa totale. Tale valore sarà associato al rilievo, nelle aree compromesse, dei parametri previsti dalla norma UNI EN 1436/04. L’utilizzo di tale sistema di valutazione dello stato dell’impianto segnaletico, può essere attivato dalle stazioni di manutenzione per programmare gli interventi temporali di ripristino della segnaletica orizzontale. La durata. La durata è il periodo durante il quale il segnale orizzontale è rispondente, in tutta l’area d’estensione dell’impianto, ai requisiti specificati dalla norma UNI EN 1436/04. La decadenza di un solo requisito, come si desume dalla stessa norma, comporta la fine della vita utile. La valutazione della durata sarà verificata periodicamente con la misura dei parametri relativi alla prestazione della segnaletica orizzontale anche in funzione della frequenza dei passaggi, della densità del traffico, della macrorugosità e microrugosità della pavimentazione e delle condizioni climatiche prevalenti. Lo spessore in sito. In sito è possibile determinare lo spessore teorico e quello reale della segnaletica orizzontale, sia in fase di stesa che dopo l’avvenuta essiccazione sulla pavimentazione stradale. Per quanto concerne i prodotti vernicianti a solvente, la determinazione dello spessore è un parametro utile, insieme alla massa volumica e al residuo non volatile, per determinare la resa (m2/l o m2/kg) e la quantità effettiva di prodotto steso in sito. Lo spessore teorico. Determinazione dello spessore del film teorico in fase di stesa: - all’atto della stesa della pittura si disporranno, lungo la traiettoria della macchina stenditrice, una serie (il numero sarà concordato tra la Direzione dei lavori e l’Impresa esecutrice del lavoro) di lamierini d’acciaio lunghi 60 cm, larghi 30 cm e spessi 0,05 cm; - in movimento e senza variare le condizioni di pressione della macchina con cui avviene la stesa, l’operatore avrà cura di disporre sui supporti predisposti (minimo tre per ogni sezione di riferimento) delle strisce di larghezza analoga a quella di stesa e della lunghezza dei lamierini in acciaio; - le strisce di pittura, stese sui lamierini, saranno lasciate ad essiccare nei punti in cui sono stati collocati e nelle stesse condizioni climatiche e termoigrometriche in cui avviene la stesa della segnaletica; - sulle strisce di pittura essiccate, preventivamente contrassegnate, saranno eseguite un minimo di 30 rilevazioni di spessore con l’ausilio di un misuratore di riporti magnetico; - sarà successivamente redatto un rapporto di prova provvisorio in cui sarà annotato il valore medio degli spessori rilevati, che corrisponderà alla media delle rilevazioni effettuate su ogni singolo supporto (ulteriori dati statistici potranno corredare il rapporto: scarto tipo, mediana, valore massimo, valore minimo, ecc.). 38 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale Lo spessore reale. Determinazione dello spessore reale del film di pittura essiccato: - su di una serie di sezioni di riferimento, concordate tra la Direzione dei lavori l’Impresa esecutrice, sarà prelevato un campione, costituito da un minimo di tre tasselli, in corrispondenza della striscia di pittura essiccata stesa sulla pavimentazione stradale; - il prelievo dei campioni dovrà essere realizzato con accortezza evitando di frazionare il tassello in frammenti; - ogni singolo tassello dovrà essere contrassegnato; - per ogni prelievo dovrà essere redatto un verbale da cui risulti il n° di tasselli prelevati, l’ubicazione nella sezione di riferimento, il giorno di stesa della pittura, ed altri elementi che consentano un’identificazione univoca di ogni singolo Foto n. 1 – Taglio del tassello dalla striscia del prodotto segnaletico. campione; - per ogni campione, due tasselli saranno sezionati in laboratorio, in senso longitudinale e trasversale, ed un tassello sarà conservato come riscontro; - delle sezioni ricavate se ne otterranno delle immagini con l’ausilio di una telecamera collocata su un microscopio e collegata ad un computer; - le immagini saranno elaborate con l’ausilio di un software predisposto che consente la misurazione dello spessore dello strato bianco della pittura discriminandolo dal substrato nero appartenente alla pavimentazione; - la rappresentazione con grafici delle elaborazioni realizzate sugli spessori costituiranno parte integrante del rapporto di prova, insieme alle tabelle numeriche di riepilogo delle misure effettuate. . Foto n. 2 – Immagine dello strato di prodotto segnaletico sezionato visto al microscopio. Foto n.3 – Elaborazione dell’immagine reale utilizzando i colori per individuare le classi di spessore predeterminate con l’ausilio del software. 39 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale STRUMENTI DI MISURA CON GEOMETRIE RIFERITE ALLA NORMA UNI EN 1436/04 Riflettometro per la misura della visibilità della segnaletica orizzontale in condizioni di illuminazione diffusa. Il coefficiente di luminanza Qd si deve rilevare sulla segnaletica orizzontale asciutta, in condizioni di visibilità diurna e alla presenza di un’illuminazione diffusa, analoga a quella che si osserva quando il cielo è coperto e la linea dell’orizzonte è identificabile senza difficoltà. La prova consiste nel misurare la parte di luce diurna, riflessa in modo diffuso, che colpisce l’utente della strada mentre osserva il segnale da 30 m di distanza e con l’apparato visivo posto 1,2 m dal piano della pavimentazione stradale. La norma EN 1436/04 suggerisce, per la simulazione in laboratorio, l’uso di una sfera fotometrica detta anche sfera integrante e storicamente nota come sfera di Ulbricht-Kugel. La sfera ha la funzione di diffondere la luce in modo uniforme ed isotropico al fine di far giungere alla superficie del campione, collocato su un’apertura del dispositivo, un’illuminazione emisferica. La luminanza delle pareti interne della sfera deve essere “pressoché uniforme per effetto dei fenomeni di riflessione e interriflessione”. La sfera fotometrica possiede una superficie interna altamente riflettente e diffondente: il fattore di riflessione ρ del rivestimento (rapporto tra il flusso incidente e quello riflesso) con cui è realizzata la superficie, è esso stesso una proprietà caratterizzante la sfera. La norma europea prescrive che il campione di segnaletica orizzontale, per la misura del Qd, dovrà essere colpito dal flusso di luce, inviata dalla sorgente normalizzata (D65), esclusivamente in modo indiretto. L’apparecchiatura suggerita dalla norma è una sfera integrante da laboratorio, ma per le misure in sito è molto più agevole l’apparecchiatura, illustrata nella foto n.1, che è di tipo portatile e si distingue, da quella indicata dalla norma, in quanto l’illuminazione diretta cade nella metà superiore invece che in quella inferiore: le condizioni ottiche e geometriche prescritte sono comunque rispettate. Nel centro della sfera è installata la sorgente luminosa (lampada alogena) per ottenere l’illuminazione emisferica e uno schermo, posto nella parte inferiore della sorgente, impedisce che una parte del fascio colpisca direttamente la superficie del prodotto segnaletico sottoposto a misura fotometrica (v. figura n.1). Parte della luce diffusa dal segnale lascia la sfera attraverso un condotto (tunnel), avente un angolo di 2,29° rispetto al piano stradale, e il flusso luminoso, deflesso da uno specchio, è successivamente inviato, attraverso una lente, al sistema di misura (Detector unit) controllato da un microcomputer. La riflessione in condizioni d’illuminazione diffusa (Qd), è visibile immediatamente sul display del sistema nell’unità di misura prescritta: mcd/m2*lx. Fig. n. 1 - Schema di funzionamento del Riflettometro da campo. Illuminazione emisferica indiretta (diffusa), con il fascio luminoso emesso dalla sorgente diretto verso l’alto e misura di una parte del flusso riflesso, proveniente dall’area del campione di segnaletica, secondo l’angolo formato tra la direzione di osservazione del flusso riflesso e il piano della superficie stradale (2,29°). Foto n. 5 – Esempio di riflettometro da campo per la misura della visibilità diurna dei segnali stradali orizzontali asciutti. 40 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale Retroriflettometro per la misura della visibilità della segnaletica orizzontale in condizioni di visibilità notturna. Il coefficiente di luminanza retroriflessa RL deve essere rilevato sulla segnaletica orizzontale in condizioni di visibilità notturna, vale a dire in una condizione di visibilità analoga a quella che l’utente della strada osserva con l’ausilio dell’illuminazione artificiale fornita dai proiettori del proprio veicolo. La prova consiste nel misurare la parte di luce retroriflessa, rinviata dai dispositivi catadiottrici presenti nel segnale orizzontale, che colpisce l’osservatore collocato a 30 m di distanza e con l’apparato visivo a 1,2 m dal piano viabile. L’altezza dei proiettori del veicolo che illumina il segnale è a 0,65 m rispetto alla superficie stradale. La prova può essere eseguita sia in sito, sia in laboratorio. Foto n. 6 – Esempio di retroriflettometro da campo per la misura della visibilità notturna dei segnali stradali orizzontali. Attualmente sono disponibili sul mercato una serie d’apparecchiature portatili che quali consentono di simulare di giorno le condizioni di visibilità notturna e di misurare la retroriflessione della segnaletica senza difficoltà. Il principio di funzionamento dei retroriflettometri portatili è quello di riprodurre artificialmente la geometria d’illuminazione e d’osservazione che si verifica nella situazione reale. Gli apparecchi, pur funzionando in base ad uno schema geometrico semplificato, sono stati tarati su una serie di dati, elaborati statisticamente, relativi alle rilevazioni del coefficiente di retroriflessione ottenuto simulando in laboratorio la complessa geometria di misurazione reale che tiene conto di una serie di parametri aggiuntivi oltre a quelli menzionati (v. pubblicazione CIE n. 73/88, “Aspects visuels des marquages routiers”). I modelli di retroriflettometro usati fino Fig. n. 2 - Schema di funzionamento del retroriflettometro da campo. ad un passato recente, ma ancora validi con l’applicazione di opportuni fattori di conversione, simulavano delle distanze di osservazione di 13, 15 e 50 m. Il retroriflettometro illustrato nella foto n.2, un modello moderno che utilizza per la misura della retroriflessione la nuova geometria europea prescritta dalla norma EN 1436/04, è composto: - da una sorgente luminosa (una lampada alogena al tungsteno): 41 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale - da un sistema costituito da una lente e da un dispositivo per inviare la luce (l’angolo di illuminazione ε corrisponde a 1,24°) sull’area di misura che è di 90 cm2; da un sistema di captazione, lettura e calcolo del flusso retroriflesso. La parte di luce retroriflessa, secondo l’angolo d’osservazione α, è deviata da uno specchio nella direzione di una lente che orienta il percorso del flusso luminoso verso un fascio di fibre ottiche che, a loro volta, lo canalizzano verso un filtro ottico e questo, infine, lo guida verso un dispositivo fotomoltiplicatore (v. figura n. 2). Il sistema, gestito da un microcomputer, consente la visualizzazione del valore di RL su un display nell’unità di misura prescritta. L’apparecchio è dotato di una piastrina di calibrazione con la taratura certificata da un istituto metrologico riconosciuto in ambito europeo. Il colorimetro e lo spettrofotometro per la misura del colore e del fattore di luminanza percentuale. E’ noto che i fotorecettori dell’occhio umano (i coni e i bastoncelli) hanno una sensibilità limitata nel campo del più ampio spettro delle onde elettromagnetiche, che oscilla da lunghezze d’onda inferiori a 10–8 nanometri fino a lunghezze d’onda superiori a 1016 nanometri. La capacità dei fotorecettori umani è limitata alla banda spettrale compresa tra i 380 e i 760 nanometri (102 nm), ma la sensibilità dell’occhio diminuisce rapidamente sotto i 400 nm (zona dell’ultravioletto) e sopra i 700 nm (zona dell’infrarosso). E’ altresì noto che le sensazioni luminose dei vari colori, da quelle pure, dette monocromatiche, a quelle complesse, sono causate dalla sapiente miscelazione di una terna di luci colorate che corrispondono ai colori primari blu, verde e rosso. Nel 1931 la CIE ha definito un sistema colorimetrico per l’osservatore standard (campo visivo di 2°) basato su tre colori di lunghezza d’onda opportunamente scelta. In tale sistema non è possibile riprodurre uno dei colori Foto n. 7 – Esempio di colorimetro tristimolo portatile a riflessione. primari prescelti con la semplice miscelazione degli altri due, mentre è possibile riprodurre la maggior parte dei colori miscelando luci e intensità dei colori primari. Tale sistema colorimetrico è definito sistema di riferimento RGB: R = rosso; G = green, verde; B = blu. Ai tre colori prescelti sono state associate tre quantità di luci primarie, scelte in unità arbitrarie, che miscelate costituiscono la base per le misure cromatiche. La sensazione luminosa, prodotta dallo stimolo “equienergetico” delle tre luci, corrisponde approssimativamente, per composizione spettrale ed effetto cromatico, alla luce bianca naturale (E= cromaticità dello stimolo equienergetico). R, G e B sono anche definiti valori del tristimolo o componenti tricromatiche perché fra i coefficienti tricromatici, individuati dalle relative funzioni colorimetriche, sussiste la relazione r+g+b=1 nota come equazione dell’unità tricromatica. I coefficienti tricromatici r e g sono le coordinate cartesiane che individuano nel piano a due dimensioni (proiezione del piano unitario individuato nello spazio del tristimolo a tre dimensioni) un determinato colore. Nel sistema di riferimento RGB, la presenza di funzioni colorimetriche in parte positive e in parte negative, rendono laborioso il calcolo per la determinazione delle coordinate cromatiche, inoltre la luminanza degli stimoli primari monocromatici, determinante nell’attivazione dei fotorecettori dell’occhio, rappresenta una componente aggiuntiva del sistema. Sulla base del sistema RGB la CIE ha realizzato un nuovo sistema di riferimento, denominato XYZ, in cui la componente Y rappresenta la luminanza associata allo stimolo di colore. Tale scelta ha comportato che una 42 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale delle tre funzioni colorimetriche del nuovo sistema, la y (λ), sia eguale alla curva normale di visibilità (fattore spettrale di visibilità – v. allegato 1). Il vettore relativo alla luminanza, quarta componente del sistema RGB, nel nuovo sistema risulta parallelo all’asse Y. Inoltre le tre funzioni correlate alle componenti cromatiche, sono sempre a valore positivo. Nel nuovo sistema, i coefficienti delle funzioni colorimetriche di riferimento sono stati scelti in modo che la luce bianca naturale resti individuata come nel sistema RGB. Ai coefficienti delle funzioni colorimetriche X, Y e Z (v. allegato 2), sono associate una terna di variabili, x, y e z, denominate coordinate tricromatiche, e i valori di due delle tre coordinate sono sufficienti ad individuare nel piano cartesiano un colore. Anche in questo sistema sussiste la relazione x+y+z=1. Con tale procedura è stato costruito il diagramma cromatico illustrato nell’allegato 4. Il diagramma ha una forma grossolanamente triangolare e la linea curva rappresenta il luogo dei punti corrispondenti alle radiazioni monocromatiche, mentre i punti interni corrispondono alle luci colorate aventi spettro complesso. La luce bianca naturale approssimata, definita E, cioè la quantità delle tre luci primarie che occorre miscelare per ottenere la sensazione luminosa equivalente al bianco di riferimento, è definita dalle coordinate x=y=z=1/3. Un punto nel diagramma cromatico individua la qualità di una luce, il suo colore, in modo indipendente dalla sua quantità. Gli stimoli di colore sono spesso identificati associando alla cromaticità (x,y) la luminanza Y e si scrive (Y; x, y). La funzione colorimetrica Y è direttamente proporzionale al fattore di luminanza β e misura la chiarezza di una superficie, cioè la capacità di un corpo di trasmettere o riflettere per diffusione una frazione più o meno elevata della luce incidente, a prescindere dalla cromaticità delle sue superfici. Nel sistema XYZ, la CIE raccomanda che le componenti tricromatiche dei colori delle superfici siano espressi attraverso una scala che ha una componente tricromatica Y=100 (fattore di luminanza percentuale), per un diffusore perfettamente riflettente e a parità di condizioni di illuminazione e osservazione. Per cui Y, trasformata in una grandezza adimensionale nelle misure del colore con apparecchiature automatiche come i colorimetri e gli spettrofotometri, può essere convertita nel fattore di luminanza β dividendo il valore rilevato per 100 (β=Y/100). Le coordinate cromatiche x, y e z sono definite dalle seguenti equazioni: x = X/X+Y+Z; y=Y/X+Y+Z; z=Z/X+Y+Z, che soddisfano il vincolo x+y+z=1. In pratica: - x si può sommariamente associare al tono o tinta del colore: rosso, giallo, verde, ecc., che corrisponde alla misura oggettiva definita “lunghezza d’onda dominante”; - y corrisponde alla saturazione: rosso chiaro, rosso medio , rosso puro, ed è correlato alla “purezza colorimetrica” dello stimolo. - Y corrisponde alla chiarezza del colore (fattore di luminanza percentuale). Il diagramma di cromaticità bidimensionale permette una valutazione visiva grafica del colore impensabile da effettuare nell’originario sistema tridimensionale. Sul diagramma, una volta individuato il punto definito dalle coordinate x e y, e note le coordinate dell’illuminante, si possono individuare, tra le altre, le Foto n. 8 – Esempio di spettrofotometro per misure cromatiche in condizioni d’illuminazione a 45° e osservazione a 0° . seguenti proprietà del colore: la lunghezza d’onda dominante, il fattore di purezza e la lunghezza d’onda complementare. La lunghezza d’onda dominante e il fattore di purezza possono essere considerati come la determinazione quantitativa del tono e della saturazione. Gli strumenti con cui usualmente si eseguono le misure di colore sono il colorimetro e lo spettrofotometro. 43 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale Il colorimetro è utilizzato nei casi in cui si ha bisogno di misure facili e veloci, mentre lo spettrofotometro necessita di laboriose integrazioni matematiche per determinare i valori del tristimolo. In pratica, i due strumenti, nelle versioni più recenti, sono dotati di microcomputer e sono predisposti per assolvere a una molteplicità di funzioni relative ai vari parametri prescritti dalla colorimetria in riferimento ai sistemi standard della CIE. Il colorimetro illustrato nella foto n. 7 è in grado di misurare le varie componenti cromatiche in funzione dei vari angoli di osservazione (foveale ed extrafoveale), in funzione dei vari illuminanti normalizzati (A, C, D65 – v. allegato 3) e con un tempo di misurazione dell’ordine di pochi secondi. In passato, ma ancora oggi negli studi sulla percezione del colore, si utilizzavano i colorimetri visivi il cui funzionamento si basa sul confronto tra un colore noto e un altro da individuare, posti su un campo costituito da due parti separate tra loro da un diaframma. L’osservatore è l’agente che modifica i vari parametri che individuano il colore conosciuto per ottenere nel campo bipartito un solo colore. I parametri modificati per il colore noto individuano il colore da caratterizzare. Nei processi industriali sono utilizzati i colorimetri fotoelettrici. Questi apparecchi sostituiscono alla soggettività della valutazione umana applicata nei colorimetri visivi, l’oggettività di un sistema combinato composto da una serie di filtri correttori di risposta spettrale (RGB) che inviano il segnale luminoso a dei fotorivelatori (fotocellule al silicio) i quali sono tarati per riprodurre la risposta delle funzioni colorimetriche CIE. Le fotocellule trasmettono il segnale ad un sistema per il calcolo automatico e il colorimetro fornisce su un display i valori cromatici nel sistema di riferimento prescelto. Un’alternativa al colorimetro fotoelettrico è il colorimetro con monocromatore a maschere X, Y e Z. Lo spettro del flusso luminoso proveniente dalla superficie di misura è disperso dal monocromatore su tre maschere, definite X, Y e Z in modo da riprodurre le funzioni colorimetriche CIE. La risposta della fotocellula è tarata in presenza di uno spettro equienergetico in modo da visualizzare correttamente i valori delle componenti cromatiche. La norma EN 1436/04 indica, per il rilievo del fattore di luminanza e delle coordinate cromatiche, una geometria di misura 45/0° (illuminazione 45°/osservazione 0°). La scelta di questa geometria è motivata dal fatto che in presenza di campioni di segnaletica la cui superficie è lucida, una parte della luce sarà riflessa con un angolo di 45°, mentre la luce diffusa sarà captata dal sistema di misura, simulando la visione reale dell’utente della strada. Nel sistema a luce diffusa e osservazione a 0°, il campione è illuminato in tutte le direzioni con una luminanza costante. Questo sistema corrisponde alle condizioni di osservazione normale degli oggetti, in presenza di luce diurna o artificiale, ed è applicabile nella maggior parte delle situazioni della vita reale in cui si vuole una misura oggettiva del colore. Lo spettrofotometro (foto n.8) è un’apparecchiatura in grado di caratterizzare con maggiore precisione del colorimetro il colore di un segnale stradale orizzontale. A differenza del colorimetro che, come si è visto, misura la quantità di luce riflessa o trasmessa a tre diverse lunghezze d’onda, corrispondenti alle componenti del sistema CIE XYZ (rosso, verde e blu), lo spettrofotometro misura lo spettro visibile (da 400 a 700 nm) con un passo fisso di 10 nm, suddividendolo in 30 settori e analizzando, per ogni settore, la luce emergente dal campione. Successivamente, con l’ausilio di un microcomputer, lo strumento opera le integrazioni necessarie per individuare univocamente il colore misurato nelle coordinate del sistema prescelto. I moderni spettrofotometri, utilizzati nell’analisi di routine del colore, sono definiti strumenti multicanale, per la presenza di una batteria di sensori che operano in parallelo. Il sistema di controllo legge in sequenza i segnali delle misure spettrali prodotti dai sensori, come medie pesate delle lunghezze d’onda relative all’intervallo dato dall’ampiezza di banda (10 nm). 44 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale Lo Skid Resistance Tester per la misura della resistenza al derapaggio La misurazione della resistenza al derapaggio, vale a dire la determinazione del grado di aderenza tra pneumatico e segnaletica stradale orizzontale, è realizzata con un’apparecchiatura portatile da campo per determinazioni puntuali. L’apparecchio misura l’attrito in unità convenzionali, definite unità SRT (Skid Resistance Tester Value). Lo strumento (foto n. 9) è un dispositivo costituito essenzialmente da un braccio oscillante e da un supporto per un pattino di gomma, naturale o sintetica, avente caratteristiche prefissate. La resistenza allo slittamento, opposta dalla superficie del prodotto segnaletico, è correlata all’altezza raggiunta dal dispositivo oscillante. In assenza d’attrito, il braccio si muoverà liberamente e, dopo aver descritto una traiettoria semicircolare, si fermerà in un punto prestabilito, segnalato da un ago indicatore mobile (l’indice) che si sposta in funzione del movimento del pendolo. L’ago indicatore descrive un angolo di 90°. L’intervallo di misura, che insiste su un angolo minore di 90°, reca incise delle tacche di riferimento con numeri convenzionali indicanti le unità di resistenza allo slittamento, da 0 a 150 con un intervallo di 5 punti (visivamente si può apprezzare l’unità). Tanto più bassa sarà l’oscillazione del pendolo quanto maggiore sarà stata l’energia cinetica assorbita nel contatto dinamico tra i due materiali eterogenei. La prova simula lo slittamento tra la ruota bloccata del veicolo e la strada in condizioni di bagnato alla velocità di 50 km/h. La norma europea EN 1436/97 come la corrispondente norma italiana, B.U. CNR n. 105/85, raccomandano particolare attenzione al pattino o cursore di gomma, definendone le caratteristiche di resa elastica e di durezza (IRHD) in funzione della temperatura e prescrivendone il condizionamento prima dell’uso in sito. La temperatura ambientale e quella della pavimentazione modificano la prestazione standard del cursore: all’aumentare della temperatura diminuisce la resistenza all’attrito. Sopra i 40° e sotto i 5°, considerate temperature estreme, è sconsigliata l’esecuzione delle misure. Per temperature comprese tra i 5 e 40° sono previsti dei fattori di correzione per le unità SRT rilevate (la temperatura è misurata sopra la pavimentazione in un punto limitrofo all’area di prova). Per ottenere misure sempre attendibili, oltre all’accettabilità dei risultati rilevati con il criterio della ripetibilità, bisogna sottoporre l’apparecchio ad una serie di verifiche programmate nel tempo, in funzione dell’uso e delle condizioni di conservazione: - il cursore di gomma deve essere controllato in laboratori specializzati; - bisogna verificare periodicamente il centro di gravità; - bisogna prestare particolare attenzione che non vi siano spostamenti tra il centro di gravità e il centro d’oscillazione del dispositivo mobile; - bisogna verificare che la massa del pendolo sia costante; - bisogna effettuare almeno una volta all’anno la taratura dello strumento presso un centro riconosciuto (di norma lo stesso costruttore), ovvero comparando le misure ottenute con un pendolo di riferimento, tarato e certificato, non sottoposto a stress di prova e utilizzato esclusivamente per questa finalità. Foto n. 9 – Elenco delle parti costituenti l’apparecchio portatile a pendolo del TRRL. (da CNR BU n. 105/85) 45 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale Sistema d’analisi d’immagine per la verifica dello spessore puntuale in sito In fase di collaudo, ma anche durante gli interventi di controllo in fase esecutiva della segnaletica stradale orizzontale, può essere utile conoscere il reale spessore del prodotto, sia per le verifiche contabili, sia per eventuali riscontri sperimentali. Le odierne modalità per la verifica dello spessore dello strato del prodotto steso sulla pavimentazione stradale, si limitano al prelievo su un supporto metallico di una porzione di striscia durante la fase di stesa e al riscontro dello spessore in laboratorio con l’ausilio di calibri digitali o spessimetri magnetici. Lo spessore, in questo caso, è da considerarsi teorico poiché la superficie del supporto in cui il prodotto è steso, ha una natura e una planarità completamente diversa da quella reale: assenza di macrorugosità e microrugosità superficiali tipiche dello strato d’usura di una pavimentazione in conglomerato bituminoso. L’applicazione del sistema di analisi d’immagine su sezioni campione del prodotto, ricavate da una serie di carote prelevate in funzione del grado di fiducia statistica che si vuole ottenere per la misura cercata, può contribuire a individuare lo spessore reale in sito della segnaletica orizzontale. Il software di gestione del sistema d’analisi d’immagine, calibra tutte le dimensioni, i limiti, le aree ed altri parametri in pixel (l’unità di base per la rappresentazione delle immagini elettroniche). Tutti i risultati delle misurazioni sono convertiti in unità assolute conosciute secondo il fattore di calibrazione prestabilito. La lunghezza in mm, ad es., è ottenuta moltiplicando la lunghezza in pixel per il fattore di calibrazione. La calibrazione è memorizzata e può essere utilizzata, essendo una funzione indipendente dall’acquisizione occasionale, per elaborare e misurare una pluralità di immagini. La calibrazione, operazione essenziale per ottenere misure attendibili, è effettuata chiudendo un oggetto di dimensioni note dentro un quadro rettangolare generato dal software. La sequenza con cui il sistema opera è identificabile da una serie di stadi separati, comuni alla maggior parte delle applicazioni: - caricamento dell’immagine; - prima elaborazione dell’immagine grigia (è una funzione utile per migliorare il contrasto); - rilevazione dell’oggetto che si desidera misurare (definizione dei contorni e separazione delle aree d’interesse dallo sfondo); - elaborazione d’immagine binaria (ulteriore definizione dell’immagine attraverso correzioni manuali, erosione o dilatazione, separazione nei punti di contatto, riempimento di vuoti, ecc., alla presenza di sporco, graffi, ed altri elementi non richiesti nella misura); - misurazione (la misurazione consiste nell’individuare ad es. l’area, la lunghezza, l’altezza, il perimetro, la rotondità, il diametro di feret, il conteggio degli elementi); - emissione dei dati (i dati possono essere rappresentati sullo schermo sia numericamente, sia attraverso grafici, istogrammi, ecc.; le immagini e i dati possono essere trattati come files immagini e dati e stampati, archiviati e/o trasferiti su altri software per l’uso finale). Foto n. 10 – Esempio di sistema di analisi d’immagine costituito da un microscopio, una telecamera digitale a colori, un personal computer e il software di gestione. 46 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale GRAFICI 1. Variazioni della sensibilità dell'occhio per radiazioni di diversa lunghezza d'onda nell'ambito dello spettro visibile. 1 0,9 Sensibilità relativa 0,8 Visione scotopica (max 507 nm) Visione fotopica (max 555 nm) 0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0 380 390 400 410 420 430 440 450 460 470 480 490 500 510 520 530 540 550 560 570 580 590 600 610 620 630 640 650 660 670 680 690 700 710 720 730 740 750 760 770 780 Lunghezza d'onda in nanometri 47 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale 2. Funzioni colorimetriche nel sistema di riferimento XYZ CIE 1931. 2,0 Valori del tristimolo 1,8 1,6 1,4 1,2 1,0 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0 380 390 400 410 420 430 440 450 460 470 480 490 500 510 520 530 540 550 560 570 580 590 600 610 620 630 640 650 660 670 680 690 700 710 720 730 740 Lunghezza d'onda in nanometri. 48 750 760 770 780 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale 3. Distribuzione spettrale relativa degli illuminanti A e D65 definiti dalla CIE 280 270 260 250 240 230 220 210 200 Distribuzione spettrale relativa 190 180 Illuminante A 170 160 150 140 130 120 110 Illuminante D65 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 300 320 340 360 380 400 420 440 460 480 500 520 540 560 580 600 620 640 660 680 700 720 740 Lunghezza d'onda in nanometri 49 760 780 800 820 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale 4. Diagramma colorimetrico CIE 1931 50 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale 5. Regioni di cromaticità di segnaletica orizzontale bianca e gialla nel grafico di cromaticità CIE 51 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale 6. Distanza osservatore-segnale in funzione dell'angolo di divergenza e dell'altezza osservatore-proiettori. 600 Distanza dal segnale (m) 550 500 450 400 350 300 TIR 250 Monovolume 200 Automobile 150 100 50 0 0,00 0,10 0,20 0,30 0,40 0,50 0,60 0,70 0,80 0,90 1,00 1,10 1,20 1,30 1,40 1,50 1,60 1,70 1,80 1,90 2,00 Angolo di divergenza (gradi sessadecimali) 52 ANAS SPA - Centro Sperimentale Stradale DOCUMENTI, NORME, STUDI E TESTI DI RIFERIMENTO. 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) 17) 18) 19) 20) 21) 22) 23) 24) Vocabulaire international de l’eclairage – CIE Pubblicazione n.17.4. Technical report – Colorimetry – CIE Pubblicazione 15.2. Retroreflection definition and measurement – CIE Pubblicazione n. 54. Rapport technique commun de la CIE et de l’AIPCR: Surfaces routieres et eclairage – 1984. Rapport technique commun de la CIE et de l’AIPCR: Aspect visuels des marquages routiers – 1988. Fundamentals of the visual task of night driving – CIE Pubblicazione n. 100/92 UNI EN 1436 – 2004 Prestazione della segnaletica orizzontale per gli utenti della strada. UNI 7948-87 Colorimetria Termini e definizioni. UNI 8941-87 Parte I^ Colorimetria Principi. UNI CNR 10017-91 Illuminotecnica – Illuminanti A e D65 per colorimetria. UNI CNR 10019-91 Illuminotecnica – Osservatori CIE per la colorimetria. CNR B.U. N. 94/83 Norme per la misura delle caratteristiche superficiali delle pavimentazioni: Metodo di prova per la misura della macro-rugosità superficiale con il sistema della altezza di sabbia. CNR B.U. N. 105/85 Norme per la misura delle caratteristiche superficiali delle pavimentazioni: Metodo di prova per la misura della resistenza di attrito radente con l’apparecchio portatile a pendolo. Schmidt-Clausen: “La luminanza dei segnali di traffico retroriflettenti di notte”. Luce n. 1/85. Cupo-Pagano, Muscarà Ricci: “Caratteristiche funzionali dei prodotti per la segnaletica orizzontale: la visibilità diurna”. Studio sperimentale del Dipartimento di Idraulica, Trasporti e Strade dell’Università di Roma “La Sapienza”, del Centro Sperimentale Stradale dell’Anas, del Laboratorio della Camera di Commercio di Roma e dell’Istituto Sperimentale delle Ferrovie dello Stato. Roma 1987. Atti XXI Convegno Nazionale Stradale AIPCR – Trieste 1990. Hubert, Canestrelli, Richard: “Le laboratoire de photometrie pour les etudes de visibilité et de la qualité des equipements”. Bull. Liaison LCPC n. 176/91. Muscarà, Lalli, Frau: “Note sulle caratteristiche funzionali della segnaletica stradale orizzontale”. Dimensione Strada, Anno I, nn. 3-4. Bry, Krauze: “Recherche de seuils de contraste de luminance pour les marques de chaussées”. Bulletin des Laboratoires des ponts et Chaussées n° 206/96. Barducci I.: Fotometria e colorimetria. ESA 1982. Forcolini G.: Illuminazione di interni. Hoepli 1988 Forcolini G.: Illuminazione di esterni. Hoepli 1993. Autori vari: Misurare il colore. Spettrofotometria, fotometria e colorimetria. Fisiologia e percezione. Hoepli 1998. Siti Internet : - CSS – Centro Sperimentale Stradale dell’Anas – http://www.stradeanas.it - LCPC –Laboratoires des Ponts et Chaussées - http://www.lcpc.fr - UNI – http://www.unicei.it - CEN –http://www.cenorm.be - CIE – http://www. cie.co.at/cie 53 ANAS SpA C.S.S. - Novembre 2007