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Si sente spesso affermare che, quando
ORDINE DEGLI ARCHITETTI P.P.C. DI MILANO
Note in merito all’onorario “a discrezione”
Approvata dal Consiglio dell’Ordine in data 4 luglio 2011
Si sente spesso affermare che, quando si applica il tipo di onorario “a discrezione”, il
valore del compenso stabilito è da ritenersi determinato in modo immodificabile.
È di tutta evidenza che ciò rappresenta una semplificazione che non ha alcuna ragione di
essere, stante la definizione contenuta nella legge ed il sistema di norme che la sorregge.
Occorre dunque approfondire l’argomento e definire il quadro normativo e la relativa prassi
operativa a cui attenersi.
Al professionista architetto è consentito applicare quattro tipi di onorario citati dall’articolo
2,
“Gli onorari, a seconda delle modalità inerenti alla loro determinazione, vengono distinti
nei seguenti quattro tipi:
a) onorari a percentuale, ossia in ragione dell'importo dell'opera;
b) onorari a quantità, ossia in ragione dell'unità di misura;
c) onorari a vacazione, ossia in ragione del tempo impiegato;
d) onorari a discrezione, ossia a criterio del professionista.”
secondo una precisa gerarchia dettata dalla natura della prestazione contemplata dalla
legge, oltre al rimborso delle spese e al compenso per diritti di proprietà intellettuale.
In via prioritaria, come affermato dall’articolo 3, se l’oggetto dell’attività professionale
riguarda la realizzazione di un’opera per la quale sono chiaramente individuabili le
caratteristiche della prestazione descritte dalla legge (vedi, ad esempio, l’articolo 19 e la
Tabella B) e vi è un riferimento alla natura (Classe e Categoria, articolo 14) e al valore
dell’opera, l’onorario è da valutare “a percentuale”. Questo concetto è chiaramente
espresso all’art.12.
“Agli effetti della determinazione degli onorari a percentuale, le prestazioni del
professionista possono riguardare:
a) la esecuzione di un'opera, cioè la compilazione del progetto e del preventivo, la
stipulazione dei contratti di esecuzione o di appalto, la direzione dei lavori, il collaudo e la
liquidazione;
b) la stima di un'opera esistente.
Per il primo gruppo di prestazioni si fa luogo alla applicazione dei compensi stabiliti dagli
articoli dal 15 al 23 e per il secondo gruppo di prestazioni a quelli degli articoli dal 24 al
28.”
Altri casi di onorari “a percentuale” sono elencati, per l’ingegneria navale, all’art.55 e
seguenti.
Molte delle prestazioni descritte al Capo III, Inventari e consegne, al Capo IV, Lavori
topografici, al Capo V, Cave e miniere, sono considerate come oggetto di onorari “a
quantità”, con integrazioni volta a volta enucleate e da considerare “a vacazione”.
I casi per i quali è prescritta invece l’applicazione del tipo di onorario “a vacazione” sono
elencati all’art.4:
“Gli onorari devono essere valutati in ragione di tempo e computati a vacazione in quelle
prestazioni di carattere normale nelle quali il tempo concorre come elemento precipuo di
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valutazione e alle quali non sarebbero perciò applicabili le tariffe a percentuale o a
quantità.
Sono in particolare da computarsi a vacazione:
a) i rilievi di qualunque natura e gli studi preliminari relativi; gli accertamenti per rettifiche di
confini e simili;
b) le competenze per trattative con le autorità e con confinanti, le pratiche per espropri e
locazioni, i convegni informativi e simili;
c) il tempo impiegato nei viaggi di andata e ritorno, quando i lavori da retribuirsi a
percentuale od a quantità debbono svolgersi fuori ufficio;
d) le varianti ai progetti di massima, durante il corso dello studio di questi, se conseguenti
a circostanze che il professionista non poteva prevedere.”
Le prestazioni contemplate da questo articolo possono costituire anche integrazione di
prestazioni i cui onorari appartengono ai tipi precedenti (“a percentuale” o “a quantità”).
Oltre ai casi citati, esistono altri tre tipi di compenso che possono essere presenti
nell’attività del professionista architetto:
- le spese, di cui si tratta all’articolo 6 e all’articolo 13;
- i diritti di proprietà intellettuale del professionista per brevetti, concessioni ottenute in
proprio e simili, trattati all’articolo 11;
- gli onorari “a discrezione”, secondo quanto contenuto principalmente nell’articolo 5,
nell’articolo 22 e, in parte, anche in altri successivi articoli.
Le spese elencate nell’articolo 6 possono essere esposte “a pie’ di lista” e costituiscono un
effettivo rimborso dei costi sostenuti (quando l’onorario è computato “a percentuale”, “a
quantità” o “a vacazione”), o possono, per gli onorari “a percentuale”, essere “conglobate”,
assieme ai compensi per prestazioni accessorie di cui all’articolo 4, in una cifra rapportata
percentualmente all’onorario principale (non oltre il 60%). Le spese ed i compensi
accessori si intendono già compresi negli onorari “a discrezione” e non possono quindi
essere assommati a questi.
I diritti di proprietà intellettuale debbono liquidarsi a parte, caso per caso, con accordi
diretti con il cliente, dato che la legge 143 dichiara di non esserene competente.
Per le consulenze e per tutti i casi diversi da quelli fin qui descritti e in tutti quei casi in cui
non sia possibile applicare il criterio per analogia, l’architetto non può che applicare il tipo
di onorario chiamato “a discrezione”, ossia, come recita l’articolo 2, a criterio del
professionista.
L’onorario “a discrezione” non può quindi essere applicato per prestazioni il cui compenso
ha da essere valutato “a percentuale”, “a quantità”, o “a vacazione”,
Il “criterio del professionista” corrisponde ad un “libero arbitrio condizionato”.
Innanzitutto condizionato da quanto detta il Codice civile: “la misura del compenso deve
essere adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della professione”. Parimenti è
condizionato dalla necessità (o dall’obbligo, o dall’opportunità) di stabilire un criterio da
adottare. Infine è condizionato dalla preventiva accettazione da parte del cliente.
È significativo ricordare che, a partire da alcuni Ministeri (Lavori pubblici, Giustizia) fino al
CNA1, al CNI e agli Ordini Professionali, si è spesso e costantemente sentita la necessità
1
Vedi, ad esempio:
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di offrire ai professionisti precisi modelli di quei “criteri” che la legge indica come sostanza
del procedimento di valutazione degli onorari “a discrezione”: basti citare il campo
dell’urbanistica regolamentato dalla C.M.LL.PP. 1 dicembre 1969, n. 6679 (costruita su un
sistema che si appoggia ai criteri “a quantità” e “a vacazione”, oltre ad introdurre il principio
dell’adeguamento ISTAT) o la tariffa per i Consulenti dell’Autorità Giudiziaria (in parte “a
percentuale”, in parte “a quantità”), o ancora gli onorari per chi si occupa della Sicurezza
nei Cantieri (normata “a percentuale” per i lavori pubblici col Decreto 2001 - con valore di
legge -, ma ancor oggi “a discrezione” per l’edilizia privata, seppure il metodo di
computazione, elaborato e proposto fin dal 2000 dal CNA, sia identico).
Per non dire di tutte quelle prestazioni che non possono essere considerate secondo il
principio di analogia richiamato dalla legge e che rappresentano comunque buona parte
delle competenze richieste agli architetti: di qui le numerose elaborazioni, frutto di precisi
approfondimenti, contenute nei documenti approvati, ad esempio, dagli Ordini o dalla
Consulta Lombarda.
Va sottolineato che quasi tutte le valutazioni a cui gli architetti possono appellarsi si
appoggiano o al valore delle opere (come il Permesso di costruire, la Denuncia di Inizio
Attività, la Direzione artistica, ecc.) o alle quantità (Catasto, Vigili del fuoco, ecc.) o ancora
al tempo impiegato.
In tutti questi casi è palese che sia indispensabile proporre un onorario “a discrezione” ben
articolato secondo un preciso metodo di calcolo e coerente con l’effettivo impegno
professionale. È opportuno ricordare che tale onorario deve comprendere tutte le spese ed
i compensi accessori che si ritengono necessari.
Quando vi sono valori iniziali presunti delle opere o parametri di valutazione mutevoli in
corso d’opera, occorre fare particolare attenzione nel fissare un rapporto con lo sviluppo
del lavoro (si pensi, ad esempio, alle varianti) e con lo stato di fatto corrispondente alla
conclusione della prestazione: il principio della valutazione “a consuntivo” è una evidente
garanzia che sia rispettato il rapporto tra effettivo impegno professionale e compenso.
I Protocolli Prestazionali redatti dal CNA e pubblicati lo scorso anno, fanno spesso
riferimento agli onorari “a discrezione” dell’articolo 5. Come risulta evidente, le prestazioni
che sono considerate in questa casistica sono di pari dignità e assolutamente organiche
alle prestazioni canoniche definite dalla Legge 143, di norma considerate oggetto degli
onorari “a percentuale”. Risulta quindi coerente con lo spirito stesso della costruzione della
tariffa, trattare in maniera analoga tutti gli impegni professionali legati ad una prestazione e
non può che ritenersi doveroso applicare in modo generalizzato, se verificate le condizioni
dette prima, le eventuali parzializzazioni ed il principio della verifica “a consuntivo”.
Se si applicano e vengono esplicitati criteri originali elaborati per l’occasione o si utilizzano
schemi di calcolo espressi da organismi autorevoli come i Ministeri o gli Ordini, quella
Guida alla compilazione delle parcelle
(pubblicato in «L’ARCHITETTO», Mensile del Consiglio Nazionale degli Architetti, numero 8 - maggio 1985)
………………………………..
3) Nel caso in cui, per richieste particolari (vedi presentazione progetti alle autorità comunali) o comunque per prestazioni della Tabella B non interamente eseguite, non possa essere applicata l'intera aliquota relativa, stante la legislazione vigente, il compenso relativo viene determinato in ragione del lavoro effettivamente svolto, comprensivo delle
spese eventualmente conglobate ed esposto a discrezione.
………………………
. A titolo indicativo si riporta quanto più usualmente adottato dagli Ordini, ai fini della parzializzazione delle aliquote base
del calcolo per la determinazione dei compensi discrezionali.
- Progetto preliminare di indagine o volumetrico: viene valutato sulla base della metà (0,05) del progetto di massima.
- Progetto per il rilascio della concessione edilizia (ad integrazione del progetto di massima e preventivo sommario già
compensati a percentuale): viene valutato dallo 0,08 allo 0,12 (quota parte dell’aliquota del progetto esecutivo) secondo
la complessità della documentazione richiesta.
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“discrezione”, una vota citata nel contratto, diventa, per quella particolare prestazione,
parte della tariffa professionale e come tale va applicata e rispettata.
Se si ricorre, per necessità, ad una semplificazione nella definizione del compenso “a
discrezione”, senza cioè appoggiarsi a particolari criteri elaborati per l’occasione o proposti
da enti autorevoli, è comunque anche qui necessario far riferimento a parametri certi, da
cui far dipendere una equa verifica dell’onorario dovuto, rapportato al lavoro svolto.
Ad esempio, se il parametro fosse il valore dell’opera (e non si vuol esporre esplicitamente
un calcolo desunto dalle disposizioni del CNA), e si scrivesse
“….. in rapporto al valore presunto dell’opera che si assume pari a € ……………..,
l’onorario relativo alla prestazione di Coordinatore alla Sicurezza in fase di progettazione è
definito “a discrezione” in € …….”;
oppure, se si considerasse determinante il tempo, e si concordasse che
“… per la consulenza di cui al presente disciplinare, che si presume si completi nel corso
dei prossimi tre mesi, l’onorario è definito “a discrezione” in € …….”.
queste sarebbero formule che potrebbero logicamente consentire, anche in questo caso,
una rivalutazione proporzionale dei compensi una volta verificata la modifica del
parametro di riferimento (a evitare disguidi, meglio, comunque, ribadire questo criterio in
una clausola del contratto).
Rimanendo sempre nel campo della discrezionalità sancita dall’articolo 5, non si può
negare che esista, in taluni casi, la necessità (o l’obbligo) di sottoscrivere un valore
dell’onorario fisso e immodificabile fin dall’affidamento dell’incarico e per tutta la durata
dello stesso: questo è certamente il criterio che il professionista adotta o accetta quando
non può (o non sa, o non vuole) fare appello ad un metodo di calcolo e ad una procedura.
Si tratta del cosiddetto “forfait” che esclude qualsiasi revisione e che, in linea di principio e
a meno di specifiche condizioni introdotte nel contratto, non consente di vedere
riconosciuta neppure alcuna parzializzazione del compenso in caso, ad esempio, di
mancata conclusione della prestazione.
Va ricordato, per allontanare qualsiasi equivoco o cattiva interpretazione, che il cosiddetto
“forfait” è consentito solo ed esclusivamente come forma di onorario “a discrezione”
previsto dall’articolo 5 e quindi solo per le prestazioni per le quali è stabilito questo tipo di
valutazione.
Tornando all’affermazione iniziale da cui nascono tutte queste considerazioni, è chiaro che
il “forfait” è solo una delle possibili clausole contrattuali che il professionista può
liberamente sottoscrivere, ma che non corrisponde per necessità a tutte le forme di
onorario “a discrezione”, che, come descritto prima, sono ben più varie e articolate.
Va ribadito comunque che nel definire un compenso “a discrezione”, nulla va dato per
sottinteso: neppure una dimostrazione a posteriori della congruità del calcolo delle somme
richieste con una disposizione dell’Ordine o della Consulta, può consentire aggiornamenti
o revisioni determinati da circostanze intervenute nel corso della prestazione (prestazioni
parziali, interruzioni di incarico, maggiori oneri per incremento di valori, ecc.).
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Una carenza di argomentazione a supporto del criterio adottato per determinare l’importo
dell’onorario, non può che essere interpretata come un tacito ricorso al “forfait”.
Se poi, come qualcuno artatamente cerca di sostenere come principio inderogabile, si
volesse affermare che la forma “a discrezione” è sinonimo, in tutti i casi, di “forfait”,
basterebbe scorrere qualsiasi vocabolario della lingua italiana per rendersi conto della
inconsistenza di quella ipotesi.
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Vocabolario TRECCANI
discrezióne s. f. [dal lat. tardo discretio -onis, der. di discernĕre «discernere», part. pass.
discretus].
1. Facoltà, potere di discernere, come norma del giudicare e del volere: lo più bello ramo
che de la radice razionale consurga si è la d. (Dante); anni della d., età della d., età in cui il
fanciullo raggiunge la capacità di discernere il male dal bene e di regolare su tale giudizio
le proprie azioni: il nostro Abbondio ... s’era dunque accorto, prima quasi di toccar gli anni
della d., d’essere, in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in
compagnia di molti vasi di ferro (Manzoni). Intendere a d., locuz. oggi poco com.,
intendere (per virtù del proprio discernimento) ciò che altri dice o scrive in modo poco
chiaro.
2.
a. Moderazione, senso di opportunità e di misura: chiedere con d.; uomo senza d., privo di
d.; abbiate un po’ di d.!; la d. del contadino, lo stesso, ma meno com., che creanza del
contadino (v. creanza).
b. Capacità di mantenere un segreto: mi affido alla tua discrezione.
3. Arbitrio, potere, libero volere: essere, trovarsi alla (o a) d. di qualcuno, alla sua
mercé; arrendersi a d., resa a d., senza condizioni, rimettendosi all’arbitrio del vincitore;
per estens., pane, minestra a d., c’era da bere a d., o sim., a volontà.
4. ant. Interesse di somme prestate per bisogni pubblici (così detto forse perché
inizialmente la facoltà di fissare l’ammontare era rimessa alla discrezione di coloro che,
per la carica ricoperta, erano designati a emettere il prestito).
5. ant. Divisione, distinzione: dal grado in giù che fiede A mezzo il tratto le due d. (Dante),
le due divisioni dei beati.
discèrnere v. tr. [dal lat. discernĕre, comp. di dis-1 e cernĕre: v. cernere] (pass. rem.
discernéi, ecc., raro; mancano il part. pass. e i tempi composti). –
1.
a. Vedere chiaro, con la vista (per estens., ant., anche con altri sensi) o con l’intelletto:
la notte era sì buia e sì oscura che egli non poteva d. ove s’andava (Boccaccio); l’errante
fantasia mi porta A d. il vero (Foscolo).
b. Più comunemente, distinguere: d. le differenze, le somiglianze; d. il bene dal male, il
vero dal falso; o distinguere e riconoscere insieme: non è chi, al primo vederlo [il
Resegone], non lo discerna tosto, a un tal contrassegno (Manzoni).
2. ant. Giudicare: Ond’io per lo tuo me’ penso e discerno Che tu mi segui (Dante).
discrezionale agg. [der. di discrezione, sul modello dell’ingl. discretional e del fr.
discrétionnaire]. – Libero da vincoli, da speciali determinazioni: facoltà discrezionale. In
partic.: potere d., quello liberamente esercitato da una autorità giudiziaria o amministrativa
entro i limiti fissati dalla legge; con riferimento all’attività giurisdizionale, il potere che il
giudice ha di giudicare i fatti e di operare secondo la propria coscienza; atto d., quello, di
natura amministrativa, derivante dall’esercizio del potere discrezionale.
discréto agg. [dal lat. discretus, part. pass. di discernĕre «discernere»]. –
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1. letter. ant.
a. Che ha discrezione, cioè capacità di discernimento: appo coloro che d. erano
(Boccaccio); anni d., gli anni della discrezione, l’età cioè in cui si acquista la capacità di
discernere il bene dal male.
b. Distinto, chiaro, ben visibile: molti, quando vogliono leggere, si dilungano le scritture da
li occhi, ... e in ciò più rimane la lettera d. ne la vista (Dante).
2. In giudizî qualitativi, abbastanza buono, soddisfacente: un d. pittore; un d. sarto; un
allievo d.; un’opera d.; avere una d. posizione sociale; godere di una d. salute, di un d.
benessere economico; ottenere risultati d.; riportare d. voti agli esami; rivelare d. attitudini
letterarie; il tempo si mantiene d.; nell’uso scolastico, valutazione e giudizio corrispondente
all’incirca al voto 7 (nella scala da 1 a 10).
3.
a. Con riferimento a quantità, moderato, contenuto entro giusti limiti, non eccessivo: fare
uso d. delle bevande alcoliche; il prezzo mi pare discreto. Talvolta, in espressioni
attenuate o ironiche, indica quantità più che sufficiente: potremo realizzare un d.
guadagno; ho un d. appetito; si andava a d. velocità; hai una d. dose di sfacciataggine.
b. In patologia, di forma clinica attenuata di una determinata malattia, per lo più infettiva:
vaiolo d.; tubercolosi miliare discreta.
4.
a. Riferito a persona, limitato nelle esigenze, moderato nei desiderî: il venditore è stato d.
nel prezzo; siate d. nel chiedere.
b. Che agisce o si comporta con discrezione, con senso di opportunità e di misura,
quindi non importuno, non invadente: è una persona d.; un ospite d.; oppure che sa tacere
al momento opportuno, che è capace di mantenere un segreto (cfr. discrezione): confìdati
pure con lui, è una persona discreta.
5. In espressioni scientifiche e tecniche, e talora nell’uso letter. e filosofico, diviso, distinto,
discontinuo (e anche, in qualche caso, sinon. di digitale2 o numerico). In partic.: in
matematica, di un insieme di punti (di una retta, di un piano, dello spazio, ecc.) quando per
ogni punto di esso esiste un intorno nel quale non cadono punti dell’insieme stesso; in
fisica, spettro d. o discontinuo quello costituito da un numero più o meno grande di righe
sottili, brillanti, di diverso colore, separate l’una dall’altra da intervalli oscuri, o di zone
luminose, apparentemente continue, anch’esse separate da intervalli oscuri.
6. Con altra accezione, in fisica, il termine è spesso usato, in relazione a sorgenti di
energia raggiante, nel sign. di «localizzato» (e in contrapp. a esteso, diffuso): sorgente
discreta.
7. s. m. Delegato eletto dal capitolo provinciale dei frati minori al capitolo generale, di cui
fa parte di diritto.
Avv. discretaménte, sufficientemente bene, in modo o in quantità soddisfacente:
guadagna, campa discretamente; l’esame è andato discretamente; di salute sto
discretamente (anche, pop., discretamente bene); iron.: è discretamente ignorante. Meno
com., con moderazione, con discrezione: chiedere, desiderare, agire, comportarsi
discretamente; o con discernimento, in modo giudizioso: discretamente in ciò ha il mio
padre adoperato (Boccaccio).
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forfait1 ‹forfè› s. m., fr. [propr. «mercato fatto, accordo fatto», comp. di for- (alterazione di
un antico fur «mercato», che è il lat. forum, secondo forfait «crimine») e fait part. pass. di
faire «fare»] (qualche volta adattato in italiano nella forma forfè). – Prezzo globale,
convenuto in misura fissa e in blocco per un servizio o una prestazione, o anche
come corrispettivo di un bene, di una merce: fare un f., fissare un forfait. Più spesso nella
locuz. avv. a forfait, in espressioni come compensare, pagare a f., comprare, vendere una
partita a f., o sim.; e con valore aggettivale in altre espressioni partic.: salario a f., a
cottimo; nelle negoziazioni mercantili, prezzo a f., somma complessiva unica per l’intera
partita negoziata; nei contratti di trasporto marittimo, nolo a f., il nolo espresso in una
somma complessiva unica per l’oggetto o l’intera partita da trasportare; nel linguaggio
bancario, sconto a f., o f. di sconto, operazione di sconto cambiario in cui, per accordo
intercorso tra la banca e il cedente, questi viene liberato dalla coobbligazione cambiaria
nascente dalla girata degli effetti; girata a f., la girata senza garanzia con cui si esclude la
responsabilità del girante per il pagamento.
forfetàrio (o forfettàrio, disus. forfaitàrio ‹forfet-›) agg. [dal fr. forfaitaire, der. di forfait1].
– A forfait, cioè in misura fissa, precedentemente convenuta, e in blocco: contratto,
prezzo, compenso f.; una prestazione, una collaborazione f., compensata a forfait. Avv.
forfet(t)ariaménte, a forfait: una collaborazione compensata forfetariamente; assolvere
forfetariamente un’imposta.
il Sabatini Coletti
discrezione
[di-scre-zió-ne] s.f.
1 Misura, criterio SIN prudenza, equilibrio, moderazione: agire con d.
2 Riserbo SIN riservatezza: mi raccomando alla tua d.
3 Volere, arbitrio, scelta || a d., senza limiti, senza condizioni: resa a d.; a volontà: vino a
d. • loc. prep. a d. di, secondo l'arbitrio, il volere, il giudizio di qlcu.: l'entità della pena è a
d. del giudice
4 Discernimento, criterio, giudizio: scegliere con d.
5 ant. Divisione, distinzione
• sec. XIII
discreto
[di-scré-to] agg.
1 Che si comporta in modo appropriato alla situazione, con misura, senza mancare di
riguardo SIN prudente, riguardoso: persona d.; in partic., riservato: mi fido di lui perché sa
essere d.
2 Abbastanza buono, più che soddisfacente: un d. scrittore; il tempo è d.; non piccolo,
notevole: avere un d. patrimonio; anche, moderato, non eccessivo: fa un uso d. della
libertà di cui gode
3 Composto di elementi distinti, separati tra di loro || mat. insieme d. di punti, quello
costituito da un numero finito o da un'infinità numerabile di punti
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• avv. discretamente 1. In modo sufficiente: siamo discretamente soddisfatti dei risultati;
abbastanza bene: sa guidare discretamente; 2. Con discrezione, con tatto: comportarsi
discretamente
• sec. XIII
forfait
1 s.m. fr. (pl. forfaits); in it. s.m. inv. (o pl. orig.)
• Accordo con cui si stabilisce in precedenza un determinato prezzo,
indipendentemente sia dall'ammontare del bene consumato sia dal tempo impiegato
a compiere la prestazione a cui il prezzo si riferisce
• a. 1851
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