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che devono essere quantitativamente e qualitativamente sufficienti

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che devono essere quantitativamente e qualitativamente sufficienti
Questa relazione è redatta in conformità a quanto previsto agli articoli 2, 3
e 4 della convenzione sopra citata. Di seguito sono riportati gli elementi rilevanti
della stessa.
Contratto n° 23, prot.. n° 2510, dd. 30.03.1998. Delib. G.R. n° 826, dd. 20.03.1998.
Articolo 2. La realizzazione della mappa del Rischio Sismico Regionale, di cui all’art. 1 del
presente atto, si articolerà in un programma triennale nel quale sono comprese tre fasi
consecutive di durata di 12 mesi ciascuna…
Articolo 3. Entro il terzo mese della fase successiva a quella di riferimento, l’Università di Udine –
Dipartimento di Georisorse e Territorio – consegnerà alla regione gli elaborati previsti
negli allegati n° 1 e n° 2 al presente atto, per la fase di riferimento, ed una relazione
scientifica di sintesi illustrante i risultati conseguiti e comprovante l’esecuzione di quanto
stabilito negli allegati alla presente convenzione.
Articolo 4. Le relazioni e gli elaborati tecnico-scientifici di cui all’art.3…dovranno essere
consegnati in un originale e quattro copie alla Regione.
Allegato 1. 1° fase di ricerca (12 mesi).
Università di Udine
Le ricerche condotte nella prima fase porteranno alla definizione delle leggi di
correlazione tra intensità, vulnerabilità e danno sulla base dei dati CNR-GNDT disponibili per il
centro storico di Venzone e i dati L.R.17/76 relativi ai centri storici dei siti campione (Tarcento,
San Daniele) precedentemente rilevati (punto 3.1.a).
Tali leggi consentiranno la stima della vulnerabilità a livello di ambito urbano. Si
procederà con studi preliminari sui dati INSIEL al fine di costruire le matrici di correlazione tra
intensità, tipologia edilizia e danno, da utilizzare per una definizione speditiva della vulnerabiltà
sismica delle tipologie edilizie caratteristiche del territorio regionale con particolare riguardo agli
edifici esistenti in muratura (punto 3.1.b).
I dati INSIEL saranno riorganizzati per la realizzazione di una monografia informatica sul
terremoto del Friuli. I dati ISTAT saranno strutturati in modo da permettere la loro integrazione
con una cartografia digitalizzata (punto 3.1.c).
Allegato 2.
3.1.a – Leggi di correlazione tra danno, intensità e vulnerabilità sismica sulla base dei dati di
Venzone, Tarcento e San Daniele.
3.1.b – Modelli per la valutazione della vulnerabilità sismica delle tipologie edilizie nei tre
comuni.
3.1.c – Definizione degli standard informatici di gestione e rappresentazione dei dati per la
compatibilità finale con il sistema informativo cartografico regionale.
La convenzione è stata approvata con decreto dell’Assessore regionale alla
Protezione Civile, in data 21 maggio 1998, trasmesso allo scrivente Dipartimento
in data 2 giugno 1998. La quota corrispondente al 60% dell’importo del I anno è
stata liquidata in data 27.10.1998.
Il lavoro di ricerca del primo anno è stato caratterizzato da un notevole
lavoro di organizzazione, informatizzazione ed analisi di dati. Come previsto dal
programma scientifico, si sono applicate tecniche e metodologie messe a punto
negli ultimi anni, nell’ambito del Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti.
Esse consentono di valutare la vulnerabilità a posteriori a partire dall’analisi dei
danni provocati dal terremoto del 1976 e sono già state testate in occasione del
terremoto di Parma del 1983, di Bardi nel 1985, del 1997 in Umbria-Marche.
Inoltre esse sono state applicate, in via sperimentale, per la valutazione dei livelli
di rischio degli edifici pubblici strategici delle provincie di Lucca e Massa
Carrara, in 77 comuni dell’Emilia-Romagna e nel comune di Toscolano Maderno
in Lombardia.
Si è, quindi, organizzata una banca dati (FRED – Friuli Earthquake
Damages) costituita da:
1. Verbali di accertamento dei danni ad edifici per uso abitativo o misto
compilati in forza della L.R.17/76 (84.780 documenti).
2. Base dati relazionale costruita sull’archivio dati su supporto magnetico
dell’INSIEL.
3. Fogli in scala 1:1000, 1:2000 e planimetrie in scala 1.200 di parte degli
edifici del NCEU di Artegna, Gemona del Friuli, Moggio Udinese,
Osoppo, San Daniele del Friuli, Tarcento e Venzone.
4. Schede di computo della vulnerabilità per gli edifici dei comuni sopra
citati per cui è disponibile il dato catastale al 6 maggio 1976.
5. Documentazione fotografica dall’archivio del comune di Venzone.
6. Schede di vulnerabilità di I e II livello per il comune di Venzone.
È ormai dato acquisito che la vulnerabilità sismica di un edificio isolato
(vulnerabilità intrinseca) è differente da quella di un edificio uguale inserito in
aggregato (vulnerabilità effettiva). Inoltre la vulnerabilità varia in funzione
dell’orientazione degli elementi strutturali resistenti in rapporto alla direzione
prevalente dell’azione sismica. La vulnerabilità sismica, quindi, solo in
primissima approssimazione può essere considerata una grandezza scalare. In
realtà è più conveniente determinare, per ogni edificio l’ellisse di vulnerabilità
effettiva.
Sulla banca dati è stata, pertanto, effettuata un’operazione di
ristrutturazione in modo che procedure e parametri fossero finalizzabili in tale
senso.
I sette parametri di riferimento sono:
a) coefficiente C che valuta la resistenza degli elementi verticali lungo
due direzioni mutuamente ortogonali;
b) rapporto tra dimensioni di lato minore e maggiore in pianta;
c) regolarità della distribuzione della resistenza e della rigidezza in
elevazione;
d) rapporto massimo tra interasse dei muri trasversali e spessore del muro
maestro;
e) età della costruzione;
f) caratteristiche morfologiche e litologiche del terreno di fondazione;
g) costo unitario di adeguamento antisismico dell’edificio, stimato dai
tecnici che hanno redatto il verbale di accertamento.
Mediante questi parametri è possibile calcolare, in maniera automatica, la
vulnerabilità effettiva degli edifici. Il passo successivo, di taratura, consiste nel
mettere in relazione la vulnerabilità con l’indice di danno che misura il
danneggiamento strutturale. Ciò è stato fatto, non utilizzando il giudizio sintetico
di danno degli operatori delle “terne”, ma utilizzando i dati del foglio 4 delle
schede di rilevamento ex-lege 17/76, che quantificano in termini percentuali gli
interventi necessari sugli elementi strutturali.
Una prima verifica delle procedure è stata effettuata sul sito campione di
Tarcento, scelto poiché l’accurato studio di microzonazione sismica affidato dalla
regione all’Università di Trieste consente di astrarre dalle anomalie locali
dell’accelerazione del suolo ed inoltre la piccola percentuale di edifici crollato od
irrecuperabili, in una zona dove, peraltro. l’intensità sismica è stata valutata VIIIIX MSK consente di avere a disposizione per l’analisi un significativo numero di
edifici con verbale di accertamento danni completo.
Un secondo test è stato compiuto sugli edifici del comune di S.Daniele del
Friuli che si trova nella stessa fascia di intensità sismica (VIII-IX MSK) e per il
quale, dunque, è possibile ipotizzare analoghe condizioni di severità dell’azione
del terremoto.
Questo tipo di analisi è stato completato prendendo in considerazione
l’abitato di Venzone per il quale è disponibile la completa documentazione
fotografica dello stato antecedente il terremoto, il rilievo fotogrammetrico
dell’agosto 1976, la restituzione grafica, in scala 1:50 del rilievo stesso per 60
edifici, il rilievo generale di tutto il centro storico eseguito per la stesura del piano
particolareggiato e che, pur trovandosi in area a più intensa azione sismica (IX
MSK), ha avuto un consistente numero di edifici danneggiati.
La descrizione dettagliata del lavoro sopra riassunto ed i risultati sono
oggetto dell’allegato 1 alla presente relazione.
Il fine ultimo della ricerca è di fornire uno strumento atto costruire scenari
di rischio sismico su scala regionale. Poiché non è ipotizzabile che, in tempi brevi,
sia compiuto sull’intero territorio della regione, uno studio analitico di tutto il
patrimonio edilizio, vanno individuati metodi che con sufficiente
approssimazione, consentano di mappare le caratteristiche di vulnerabilità degli
edifici a partire da elementi di conoscenza già esistenti ed adeguatamente
informatizzati.
La scelta non può che cadere sul censimento generale che contiene, al suo
interno, notizie, sia pur sintetiche, sul patrimonio edilizio abitativo nazionale. Si è
trattato, però, di verificare se le notizie ISTAT fossero sufficienti per costruire dei
parametri confrontabili con quelli desunti dalle schede ex-lege 17/76 che, come
abbiamo visto consentono di costruire affidabili correlazioni tra vulnerabilità e
danno ed, in ultima analisi, di determinare, a posteriori, la vulnerabilità degli
edifici danneggiati dal terremoto del 1976.
Per migliorare la qualità delle valutazioni basate su una popolazione di dati
eterogenea e largamente dipendente da criteri soggettivi dei rilevatori, si è ritenuto
di sottoporre la base dati ad un’attenta valutazione.
Per prima cosa è stato estratto un campione comprendente soli i verbali nei
quali fossero stati considerati unicamente gli effetti delle scosse del 6 maggio
onde evitare di attribuire alla vulnerabilità danni dovuti alla ripetizione dell’azione
sismica su strutture in progressivo degrado.
I verbali ricompresi nel campione così filtrato sono definiti utili. Essi
costituiscono l’80,16 % del totale (60.821).
Non tutti i verbali utili sono però completi di tutti i dati che consentono di
determinare utilmente le caratteristiche tipologiche degli edifici. Quelli che lo
sono, sono definiti appunto, completi (44.952)
Infine si è operato un ulteriore filtraggio scegliendo i verbali sulla base
della loro appartenenza a campioni significativi per qualità e numerosità. Con i
criteri adottati il campione comprende 14 comuni rappresentativi per
complessivi 9.241 verbali significativi.
Successivamente si è proceduto ad un’accurata analisi dei dissesti tipici
delle tipologie edilizie più comuni ed in base ad essa sono stati individuati gli
indicatori sintetici più efficaci per stimare la vulnerabilità di un edificio in
muratura.
Essi sono (indicatori “ISTAT”):
a) l’età di costruzione;
b) la geometria del fabbricato;
c) l’ubicazione dell’edificio nell’aggregato strutturale;
d) la natura delle murature verticali;
e) gli orizzontamenti e la copertura.
Nelle schede di valutazione danno non tutti i sopra richiamati indicatori
sono presenti o ricavabili direttamente. Quelli utilizzabili sono (indicatori “Schede
L.R.17/76”):
a) altezza minima;
b) epoca di costruzione;
c) struttura degli orizzontamenti;
d) struttura di copertura;
e) struttura verticale.
Va rilevato, però, che nel caso friulano la numerosità del campione è tale
da consentire di compensare la qualità del dato. In ultima analisi sono definite 29
classi tipologiche descrivibili con gli indicatori sopra elencati e significative per
discriminarne il comportamento sismico.
Con il risultato raggiunto sarà possibile determinare automaticamente la
vulnerabilità sismica di tutti gli edifici in muratura censiti dopo il terremoto del
’76.
L’ulteriore passo consisterà nella ridefinizione delle classi tipologiche
dopo un’analisi comparata degli indicatori “ISTAT” e di quelli “Schede
L.R.17/76”.
La descrizione dettagliata del lavoro sopra riassunto ed i
risultati sono oggetto dell’allegato 2 alla presente relazione.
Sin dall’inizio della ricerca si sono attivate le procedure di consultazione
con il Servizio per l’Informazione territoriale e la Cartografia della Direzione
Regionale della Pianificazione Territoriale e con l’INSIEL al fine di ottemperare a
quanto previsto dalla convenzione in tema di standard.
Secondo gli accordi raggiunti con l’arch. Bertani è stato deciso che gli
archivi alfanumerici alla base delle operazioni di tematizzazione cartografica
saranno progettati tramite lo schema concettuale ER (Entità –Relazioni) ed
implementati con una base di dati di tipo relazionale (Access 97 della Microsoft)
conforme alla definizione standard e supportante interamente il linguaggio SQL.
Il collegamento tra sistema informativo territoriale e gestore di basi di dati
avviene tramite il protocollo ODBC/32 Bit (Open Database Connectivity)
versione 3.5.
I dettagli nell’allegato 3.
Con quanto descritto nella presente relazione, nei tre allegati e nelle
quattro appendici si ritiene di aver completamente ottemperato a quanto previsto
nella sopra richiamata convenzione e nell’allegato 1 relativo alla prima fase.
Udine, 5 luglio 1999
Il responsabile scientifico
(Prof. Marcello Riuscetti)
ALLEGATO 1
Leggi di correlazione tra danno, intensità e vulnerabilità sismica
sulla base dei dati di Venzone, Tarcento e San Daniele del Friuli.
A cura di Alessandra Chiarandini
1. IL RISCHIO SISMICO ........................................................................................1
2. LA RIDUZIONE DEL RISCHIO SISMICO ..........................................................4
3. LA VULNERABILITÀ SISMICA ..........................................................................7
3.1 Le misure dell’azione e del danno .................................................................8
3.2 Classificazione dei metodi di stima della vulnerabilità .................................10
3.3 La scelta dei metodi di stima della vulnerabilità ..........................................11
3.4 Gli studi di vulnerabilità a posteriori .............................................................12
4. LE METODOLOGIE PER LA VALUTAZIONE DELLA VULNERABILITÀ
UTILIZZATE DAL CNR/GNDT ..........................................................................15
5. UN ESEMPIO DI STUDIO DELLA VULNERABILITÀ SISMICA
A POSTERIORI: IL TERREMOTO DEL 1976 IN FRIULI .................................23
5.1 Le informazioni della banca dati ..................................................................24
5.2 La banca dati Fr.E.D. ..................................................................................25
5.3 I verbali di accertamento danni ....................................................................26
5.4 Le planimetrie delle unità immobiliari ..........................................................30
5.5 La vulnerabilità come entità anisotropa .......................................................32
5.6 La vulnerabilità intrinseca ed effettiva .........................................................34
5.7 La valutazione della vulnerabilità intrinseca ................................................35
5.8 La valutazione della vulnerabilità effettiva ...................................................42
5.9 Indice di danno ............................................................................................47
5.10 Applicazione nei siti campione ..................................................................48
6. L’APPLICAZIONE AL SITO CAMPIONE DI TARCENTO ................................51
6.1 L’elaborazione dei dati .................................................................................52
6.2 Le correlazioni indice di vulnerabilità - indice di danno .................................65
7. L’APPLICAZIONE AL SITO CAMPIONE DI SAN DANIELE ............................71
7.1 L’elaborazione dei dati .................................................................................72
i
7.2 Le correlazioni indice di vulnerabilità - indice di danno ................................ 73
8. L’APPLICAZIONE AL SITO CAMPIONE DI VENZONE .................................. 77
8.1 L’elaborazione dei dati ................................................................................ 78
8.2 Le correlazioni indice di vulnerabilità - indice di danno ............................... 79
9. LEGGE DI CORRELAZIONE DANNO – VULNERABILITÀ ............................ 83
ALLEGATO 2
Modelli per la valutazione della vulnerabilità sismica delle tipologie
edilizie caratteristiche nei tre comuni.
A cura di Cristiano Cecotti
1. INTRODUZIONE ............................................................................................. 86
2. CRITERI DI SELEZIONE DEI DATI ................................................................ 88
2.1 Il contenuto informativo dei verbali di accertamento danni ........................... 88
2.2 Classificazione dei verbali di accertamento danni ........................................ 89
2.3 I verbali utili .................................................................................................. 89
2.4 I verbali completi........................................................................................... 98
2.5 Criteri di selezione dei campioni significativi .............................................. 101
2.6 I filtro .......................................................................................................... 103
2.7 II filtro.......................................................................................................... 105
2.8 La caratterizzazione tipologica dei campioni .............................................. 109
3. STIMA DELLA VULNERABILITÀ DELLE TIPOLOGIE EDILIZIE ................. 110
3.1 L'analisi qualitativa dei dissesti ai fini della vulnerabilità sismica ................ 110
3.2 I dissesti tipici degli edifici in muratura........................................................ 111
3.3 Gli edifici appartenenti ad aggregati strutturali .......................................... 112
3.4 Le tipologie di "tessuto murario" ................................................................ 114
3.5 Le classi tipologiche di edifici ............................................................... ..... 116
3.6 Un esempio di valutazione della vulnerabilità sismica: il comune di
Toscolano Maderno (BS) .......................................................................... 117
ii
3.7 Il confronto con le classi tipologiche definite in base ai dati riportati
nei verbali di accertamento danni (L.R. 17/76) ..........................................118
3.8 Le classi di vulnerabilità .............................................................................121
3.9 La sperimentazione nel comune di Gemona del Friuli: costruzione di un
catalogo tipologie edilizie-classi di vulnerabilità ..............................................125
3.10 La caratterizzazione tipologica .................................................................126
3.11 La definizione delle classi di vulnerabilità .................................................128
3.12 La costruzione di un catalogo tipologie edilizie-classi di vulnerabilità .......133
3.13 La verifica del catalogo tipologie edilizie-classi di vulnerabilità ................143
ALLEGATO 3
Definizione degli standard informatici di gestione e rappresentazione
dei dati per la compatibilità finale con il sistema informativo regionale.
A cura di Alessandra Chiarandini
1. DEFINIZIONE DEGLI STANDARD INFORMATICI ........................................156
BIBLIOGRAFIA ..................................................................................................158
iii
1. IL RISCHIO SISMICO
Negli ultimi decenni il problema del rischio sismico è stato studiato ed
analizzato al fine di determinare strategie e metodologie per la diminuzione delle
conseguenze dovute alle grandi perdite economiche e sociali causate dai
terremoti. Considerando la formalizzazione di rischio sismico data nel 1972 dalla
commissione Unesco che studia i rischi naturali e le loro implicazioni, il rischio
sismico viene definito come la probabilità che le conseguenze degli effetti di un
terremoto superino in un certo intervallo di tempo una determinata soglia. Gli
effetti si possono suddividere in tre classi:
Θ
Effetti Primari: sono dovuti direttamente dall'evento sismico ed includono danni
alle persone (morti, feriti), danni agli edifici, danni alle infrastrutture (reti
tecnologiche, reti viarie) e modificazioni all'ambiente naturale.
Θ
Effetti Secondari: sono dovuti agli effetti primari e considerano la perdita
dell'abitazione, la cessazione o il rallentamento delle attività produttive, la
discontinuità nell'erogazione di servizi comuni e le conseguenze psicologiche
di tipo traumatico.
Θ
Effetti di Ordine Superiore: sono dovuti agli effetti secondari e si manifestano in
tempi successivi al terremoto, ad esempio la disoccupazione, la mancanza di
entrate familiari, le modifiche all'andamento demografico e al modo di vivere
dei nuclei familiari, i cambiamenti al sistema produttivo, gli oneri finanziari per
gli interventi di emergenza e ricostruzione, il senso di insicurezza che porta a
scarsa propensione all’intrapresa.
Da questo breve elenco è chiaro che il rischio sismico può essere identificato
solamente quando un evento naturale interagisce con tutti i fattori di
antropizzazione che sono esposti all'evento stesso.
Quindi per definire il rischio R è necessario considerare tre elementi essenziali: la
pericolosità sismica P, la vulnerabilità sismica V e l'esposizione E:
R = P⊗V⊗E
La pericolosità sismica consiste nella probabilità che si superi in un dato luogo ed
entro un certo periodo di tempo, un evento con determinati effetti (ad esempio la
1
massima accelerazione o velocità del suolo, il massimo spostamento del suolo).
La pericolosità è caratterizzata sia dalle proprietà fisiche del terremoto come ad
esempio il tipo di sorgente, la localizzazione della zona di origine, l’energia che
può produrre, sia dagli elementi geologici e morfologici locali. E’ quindi possibile
parlare di pericolosità sismica indipendentemente dal fatto che sul territorio vi sia
presente un’elevata concentrazione di popolazione oppure no. Accanto a questa
pericolosità determinata esclusivamente dal verificarsi di un terremoto è possibile
definire anche una pericolosità indotta, legata alla possibilità che la dinamica
dell’evento inneschi instabilità dei terreni o incrementi processi in atto provocando
frane, smottamenti o alluvioni.
L’esposizione consiste nella valutazione qualitativa e quantitativa di tutti gli
elementi che compongono una realtà umana e territoriale, che può essere
influenzata dal verificarsi di un evento sismico. In particolare si devono conoscere
la densità della popolazione presente sul territorio e le sue condizioni socioeconomiche, le caratteristiche d’uso e il ruolo strategico del patrimonio edilizio e
delle reti infrastrutturali, la dislocazione, la consistenza, la qualità e il valore delle
attività economiche in generale.
La vulnerabilità sismica è definita come la predisposizione da parte di
persone, beni o attività a subire danni o modificazioni a causa del verificarsi di un
terremoto; essa misura sia la perdita o la diminuzione di efficienza sia la capacità
residua di assicurare la propria funzione nel contesto territoriale.
La Figura 1.1 presenta un diagramma che illustra le relazioni fondamentali
fra i tre elementi che definiscono il rischio sismico considerando i fattori
determinanti e le competenze necessarie per lo studio. Inizialmente per la stima
del rischio sismico si può non valutare la presenza dell’uomo sul territorio e
procedere alla determinazione della pericolosità sismica che è legata all’attività
tettonica e alla sismicità dell’area di interesse. Le competenze scientifiche
coinvolte sono geologiche, sismologiche e geotecniche e devono provvedere a
tutti gli elementi necessari per valutare il fenomeno sismico e per formalizzare
delle mappe di scuotibilità o pericolosità che descrivano le caratteristiche attese
nei punti di pericolo sulla carta. Successivamente, considerando la presenza
dell’uomo e di tutte le sue attività cioè di tutti i fattori di antropizzazione si può
analizzare il rischio. Questa valutazione deve comprendere una stima sia
2
dell’esposizione cioè di quello che esiste grazie all’intervento dell’uomo, sia della
vulnerabilità cioè della propensione degli elementi presenti sul territorio a subire
danni più o meno gravi al verificarsi di un evento sismico. Le competenze
necessarie in questa fase dell’analisi sono relative all’ingegneria sismica,
all’urbanistica, all’economia e alla sociologia; in questo modo si può valutare,
creando le mappe di rischio, la probabilità che determinate conseguenze su tutte
le attività presenti sul territorio, superino un certo valore.
FATTORI
ATTIVITA’ TETTONICA
SISMICITA’
ANALISI
COMPETENZE
ANALISI DI
PERICOLOSITA’
GEOLOGIA
SISMOLOGIA
GEOTECNICA
CARTE DI
PERICOLOSITA’
ANTROPIZZAZIONE
INGEGNERIA
URBANISTICA
ECONOMIA
ESPOSIZIONE
VULNERABILITA’
ANALISI DI
RISCHIO
CARTE DI
RISCHIO
Figura 1.1: diagramma per la definizione del rischio sismico.
3
2. LA RIDUZIONE DEL RISCHIO SISMICO
Lo sviluppo di strategie di programmazione territoriale per la limitazione del
rischio sismico è stato incentivato da due motivi fondamentali; il primo è la
complessità sempre più elevata degli insediamenti abitativi a cui corrisponde un
incremento della vulnerabilità sismica. Il secondo è l’impossibilità oggettiva di
procedere ad una ristrutturazione antisismica di tutto il patrimonio edilizio per
ragioni economiche e pratiche; questo impone la necessità di capire quali aree del
territorio considerare a rischio più elevato per stabilire quindi priorità d’azione e di
intervento. Ne consegue che la mitigazione del rischio sismico si realizza a livello
di piano urbanistico quando nel piano stesso si inseriscono elementi di
prevenzione del rischio che generalmente possono essere distinti in due fasi
successive: la valutazione del rischio e la pianificazione per la sua riduzione.
Il processo di valutazione del rischio è composto da tre fasi fondamentali:
Θ
La valutazione della pericolosità, dell’esposizione e della vulnerabilità
dell’insediamento abitativo.
Θ
La stima sulla base delle tre componenti del punto precedente del rischio
sismico vero e proprio, attraverso un insieme di indicatori come ad esempio il
costo dei danni o il numero di morti e feriti.
Θ
La valutazione del livello di rischio accettabile dal momento che una sua
riduzione totale non è possibile per ragioni teoriche ed economiche. Alla base
della riduzione del rischio c’è un costo che deve essere valutato; infatti, se il
livello di rischio è abbastanza elevato da prevedere che il costo sostenuto per
la sua mitigazione sia compensato dai danni minori che deriveranno a causa di
un futuro terremoto, allora ha senso intraprendere un processo di riduzione. In
caso contrario il rischio non è elevato ed è anche possibile mantenere il livello
esistente.
Il processo di riduzione vera e propria del rischio deve analizzare due diversi casi:
Θ
La pianificazione per l’urbanizzazione di nuove aree. Questa è vincolata da
limitazioni sull’uso del suolo nelle zone ad alto rischio per particolari tipologie
abitative e produttive oppure sull’applicazione di determinate disposizioni
costruttive.
4
Θ
La riduzione della vulnerabilità e quindi di rischio di aree urbane esistenti. Una
prima soluzione è l’individuazione di aree a rischio molto elevato dove
procedere ad interventi di consolidamento dell’edificato esistente; oppure è
possibile riorganizzare a livello urbanistico aree molto esposte ai fini di
abbassare la densità abitativa.
Il secondo caso si applica molto bene alla realtà italiana dove il metodo di
valutazione del rischio sismico è strettamente legato alla stima della vulnerabilità
del patrimonio edilizio caratterizzato da un notevole valore storico ed
architettonico. I piani urbanistici devono quindi porsi come obiettivo principale
l’abbassamento della vulnerabilità di aree urbane esistenti operando attraverso
l’adeguamento antisismico del patrimonio edilizio; considerati i costi elevati e le
numeroso risorse necessarie questi piani di adeguamento devono essere
programmati in più anni di intervento stabilendo quindi delle priorità di intervento
su scala urbana e territoriale.
Figura 2.1: la mappa per la valutazione del rischio sismico come unione di tre mappe distinte di
pericolosità, di vulnerabilità ed di esposizione.
5
Uno strumento necessario ed indispensabile per la determinazione delle
priorità e degli interventi di adeguamento sono le mappe di rischio sismico che
illustrano per una zona più o meno vasta, il rischio valutato sulla base di opportuni
indicatori ed associato ad elementi geografici territoriali come ad esempio
l’estensione di un comune, di una frazione oppure con un livello di dettaglio
maggiore un aggregato urbano o un singolo edificio. La Figura 2.1 evidenzia come
queste mappe di rischio possano essere ricavate da una sovrapposizione di tre
carte distinte che corrispondono ai tre elementi con cui il rischio è stato definito:
carta della pericolosità sismica, della vulnerabilità e dell’esposizione.
6
3. LA VULNERABILITA’ SISMICA
Stabilita la necessità di procedere al risanamento del patrimonio edilizio per
ridurre il livello di rischio sismico, si manifesta l’esigenza di identificare metodi e
criteri per la valutazione della vulnerabilità sismica. Gli studi sulla vulnerabilità
sono molto complessi ed articolati perché le entità a cui deve essere applicata la
sua valutazione sono varie ed eterogenee (singoli edifici di diversa tipologia,
aggregati urbani, infrastrutture, insediamenti) e anche perché gli scopi di tali studi
sono molteplici come la scelta delle priorità di intervento, la pianificazione
territoriale, l’adeguamento antisismico del singolo edificio e le decisioni in fase di
emergenza. (Corsanego, 1984)
In generale la vulnerabilità può essere definita per un qualunque organismo
in relazione all’ambiente con cui esso interagisce; successivamente, si consideri
un’azione aggressiva dell’ambiente e il danno subito dall’organismo. E’ possibile
introdurre due grandezze scalari a e d che misurano rispettivamente la violenza
dell’azione e la gravità del danno.
Considerando un approccio di tipo deterministico si può definire tra le due
grandezze una relazione d=d(a); la funzione d(a) è un attributo intrinseco
dell’entità ed è indicata come funzione di vulnerabilità in relazione all’azione
aggressiva e al danno considerati. In Figura 3.1 la funzione d(a) è una curva
rappresentata analiticamente nel piano cartesiano a-d da una curva di vulnerabilità
V. L’andamento della funzione è non decrescente e può presentare un certo
numero di discontinuità che denotano salti di livello del danno e identificano
passaggi dell’entità da uno stato all’altro. La grandezza d ha un limite superiore dc
che individua il collasso dell’entità e un limite inferiore non nullo; l’ascissa ac
identifica
l’azione
di
collasso
mentre
l’ascissa
che
indica
l’inizio
del
danneggiamento è generalmente diversa da zero. Nota quindi l’azione a, la curva
di vulnerabilità consente di determinare univocamente il danno d sofferto
dall’organismo. Una semplice variante alla definizione consiste nel considerare le
variabili a e d non più continue ma discrete; la variazione di a e d è espressa
considerando n valori ah e m valori dk, la vulnerabilità dell'entità è codificata dalle
corrispondenze [dk|ah] per k = 1..n e h = 1..m.
7
Figura 3.1: curve di vulnerabilità a variabili continue e discrete.
Parallelamente l’approccio di tipo probabilistico con variabili continue implica
la definizione di una funzione di densità di probabilità di danno P[d(a)] che
caratterizza in modo probabilistico la vulnerabilità. Usando variabili discrete
devono essere introdotte grandezze come Pkh[dk|ah] che indicano la probabilità di
osservare il danno dk condizionata dal verificarsi dell’azione ah; la matrice m x n il
cui elemento generico è definito come Pkh[dk|ah] è denominata matrice di
probabilità di danno ed è una rappresentazione di tipo probabilistico della
vulnerabilità.
I concetti generali esposti sono stati da tempo finalizzati alla valutazione della
vulnerabilità sismica degli edifici. Per un edificio la vulnerabilità è definibile come
un descrittore sintetico e qualitativo delle sue caratteristiche strutturali che
consente di spiegare un certo grado di danno per un determinato livello di azione
sismica e può essere considerata come la misura della minore o maggiore
propensione dell’edificio stesso a subire danni per effetto di un terremoto di date
caratteristiche.
3.1 Le misure dell’azione e del danno
Utilizzando variabili discrete la più semplice grandezza per rappresentare
l’azione sismica è l’intensità macrosismica, espressa nei gradi delle scale MM,
MCS, MSK o altre. Questo parametro permette di utilizzare la grande quantità di
notizie fornite dalla sismicità storica e dall’osservazione dei danni in siti colpiti
recentemente da terremoti di intensità nota (analisi a posteriori); d’altra parte è
estranea a considerazioni di tipo meccanico e strutturale essendo una misura
8
della gravità degli effetti piuttosto che una misura diretta della severità dell’azione.
Essa è adatta soprattutto per valutazioni su basi statistiche di grandi classi di
edifici a scala territoriale.
Considerando invece variabili che rappresentano l’entità dell’azione sismica
si possono utilizzare, per l’accelerazione, la velocità o lo spostamento i valori di
picco al suolo oppure i valori forniti dagli spettri di risposta in corrispondenza ai
periodi fondamentali degli edifici. Usando questo tipo di parametri si ha una
minore disponibilità di dati, che si limita ai terremoti recenti per cui si hanno
registrazioni strumentali ma si dispone di variabili dotate di significato meccanico;
l’utilizzo di queste misure è rivolto a valutazioni analitiche di edifici esaminati
singolarmente.
Per quanto riguarda la misura del danno, un parametro molto utilizzato è il
grado di danno inteso come il costo della riparazione di un edificio in rapporto al
costo di una sua ricostruzione completa. Il vantaggio fondamentale di tale
parametro è la sua continuità nell’intervallo di valori [0-1]; d’altra parte tale
rappresentazione è legata alle caratteristiche attuali e locali del mercato edilizio,
quindi è mutevole e difficilmente trasferibile da una realtà territoriale ad un’altra.
Inoltre questo parametro descrive solamente la perdita economica non
considerando il cosiddetto problema degli intangibili cioè dei danni (tipicamente la
perdita di vite umane o di opere d’arte) non direttamente traducibili in termini
monetari.
Una diversa rappresentazione del danno si basa su stati di danno simili a
quelli delle scale macrosismiche ed espressi mediante termini diagnostici come
‘Nullo’, ‘Leggero’, ‘Medio’, ‘Grave’. Ogni stato è descritto più o meno
dettagliatamente in base all’entità e all’estensione delle lesioni che gli
corrispondono; la stima del danneggiamento non privilegia a priori nessuna delle
conseguenze. D’altra parte c’è il rischio di interpretazioni soggettive della
descrizione degli stati e si perde la caratteristica continua della variabile
descrittiva.
Ogni rappresentazione del danno è in qualche modo convenzionale; si
devono però garantire alcuni requisiti fondamentali come la corrispondenza dei
valori estremi della variabile considerata a reali situazioni estreme dell’edificio, la
coerenza tra il suo aumentare ed un effettivo aggravamento delle condizioni
9
dell’edificio, l’assenza di ambiguità che possano creare incertezza in fase di
rilevamento. (Corsanego, 1993)
3.2 Classificazione dei metodi di stima della vulnerabilità
I metodi utilizzati per la costruzione delle curve di vulnerabilità, delle matrici
di probabilità di danno o di altri strumenti che caratterizzano la vulnerabilità
possono essere classificati, con riferimento agli aspetti metodologici, in due
categorie distinte. (Corsanego,1994)
La prima classe formula le previsioni del danno in base a calcoli analitici della
risposta sismica dell’edificio e dello stato deformativo e tensionale che le
corrisponde; la misura dell’azione sismica è espressa dall’accelerazione massima
del suolo o da grandezze numeriche analoghe mentre la misura del danno è
quantificata da variabili meccaniche. Tali metodi sono denominati metodi
meccanici ed hanno l’attendibilità tipica delle analisi strutturali applicate alle
costruzioni esistenti, recenti ed antiche.
La seconda classe prevede il danno fondandosi sull’identificazione per
l’edificio di un numero di indicatori di vulnerabilità consistenti in elementi tipologici,
morfologici, dimensionali e materiali; la misura dell’azione è prevalentemente
macrosismica mentre quella del danno o è basata sui costi oppure è macrosimica.
All’interno di questa classe si possono distinguere ulteriormente due linee
metodologiche. La prima si basa sulla possibilità di identificare classi di edifici
caratterizzate da indicatori essenzialmente tipologici o funzionali come murature in
pietra, mattoni, solai in legno; ad ogni classe si associa una curva di vulnerabilità o
una matrice di probabilità. La verifica delle ipotesi formulate in sede di costruzione
delle curve e matrici di vulnerabilità è affidata all’elaborazione statistica dei dati
relativi ai danni causati da terremoti passati (analisi a posteriori). Questi metodi
denominati metodi tipologici prevedono che assegnando un edificio ad una classe
si associa automaticamente anche la curva o la matrice di vulnerabilità attribuita
alla classe stessa. La seconda linea metodologica si basa sulla possibilità di
attribuire ad ogni edificio un indice di vulnerabilità cioè un numero v determinato in
base a certe regole sulla base di indicatori, non più interpretati come elementi su
cui definire delle classi tipologiche, ma come fattori che indichino l’idoneità di un
edificio a sopportare i terremoti come ad esempio l’efficienza dei collegamenti tra
10
le strutture murarie e la resistenza dei materiali. Questi metodi, denominati metodi
semeiotici, prevedono che ad ogni valore dell’indice di vulnerabilità si associ una
curva di vulnerabilità oppure una matrice di probabilità di danno.
Una diversa classificazione dei metodi di stima della vulnerabilità si basa sul
tipo di risultato che viene realizzato; si distinguono tre tecniche diverse:
Θ
Metodi Diretti: forniscono in un solo passo un risultato che consiste in
un’effettiva previsione dei danni provocati dai terremoti; appartengono a questi
metodi le tecniche tipologiche e meccaniche descritte in precedenza.
Θ
Metodi Indiretti: si compongono di due fasi fondamentali e ad ognuna
corrisponde un risultato; la prima determina un indice di vulnerabilità V, la
seconda costruisce una correlazione tra azione sismica e danno in funzione
dell’indice. La tecnica semeiotica appartiene a questo metodo.
Θ
Metodi Convenzionali: come i metodi diretti, in una sola fase forniscono l’indice
di vulnerabilità ma a differenza dei metodi indiretti, non associano a questo
indice una previsione di danno. Sono utilizzati sostanzialmente per confrontare
la vulnerabilità di edifici ubicati in aree di uguale sismicità.
Infine un’altra classificazione può essere costruita sulla base del tipo di misure
utilizzate per valutare l’azione sismica, il danno e la vulnerabilità. I metodi
quantitativi esprimono le probabilità di danno oppure le equivalenti relazioni
deterministiche in termini numerici; mentre i metodi qualitativi ricorrono a
descrizioni di vulnerabilità con aggettivi come ‘bassa’, ‘media’, ‘alta’ e simili.
3.3 La scelta dei metodi di stima della vulnerabilità
Nelle situazioni reali la scelta della metodologia per la stima della
vulnerabilità deve essere fatta in relazione alla tipologia degli edifici analizzati e
alla finalità dello studio.
I metodi meccanici sono adatti per studi di dettaglio sui singoli edifici, in
modo da mettere in evidenza, oltre alla geometria della struttura, lo stato di
conservazione e le caratteristiche di resistenza dei materiali impiegati ed hanno
come
obiettivo
decisioni
riguardanti
l’edificio
considerato
singolarmente.
Appartengono a questo settore le analisi che precedono interventi di adeguamento
antisismico o di riparazione, le analisi sullo stato attuale di edifici strategici
(ospedali, municipio …) o appartenenti al patrimonio artistico-monumentale.
11
I metodi tipologici e semeiotici sono adatti quando l’indagine su un edificio
produce risultati che vengono elaborati, unitamente alle analisi su altri edifici, per
ottenere la stima della vulnerabilità di un insediamento o di un’area urbana;
l’obiettivo è legato alla pianificazione territoriale per ridurre il rischio sismico. In
questo contesto non è possibile né conveniente ipotizzare indagini dettagliate su
ogni edificio appartenente all’area di studio, d’altra parte eventuali errori sulla
stima della vulnerabilità del singolo campione si compensano in media
analizzando un numero elevato di campioni.
Per stime di larga massima si possono utilizzare le informazioni ottenute dai
censimenti ISTAT quali l’età delle costruzioni, la destinazione d’uso, le
caratteristiche funzionali; anche in questo caso i risultati ottenibili sono validi per
aree molto estese come il territorio regionale o l’intero territorio nazionale. L’uso
dei dati relativi ai censimenti ISTAT permette di utilizzare per la stima della
vulnerabilità una fonte di dati già esistente e periodicamente aggiornata; i dati
ISTAT permettono di definire classi di edifici in base a determinate caratteristiche
tipologiche quindi i metodi di stima applicabili sono essenzialmente tipologici e
semeiotici.
In Figura 3.2 si presentano quattro approcci diversi per la stima della
vulnerabilità; ogni approccio è caratterizzato da una diversa scala di intervento, da
un obiettivo di programmazione, pianificazione o intervento e da un diverso
risultato ottenuto per la valutazione della vulnerabilità. A livello regionale e
comunale, la stima della vulnerabilità a livello territoriale permette la scelta e la
programmazione di politiche di prevenzione, l’individuazione dei tempi e delle
priorità di intervento e la definizione dei livelli di protezione da ottenere. A livello
urbano la valutazione della vulnerabilità a livello di aggregato strutturale permette
di delineare interventi a scala urbana, mentre a livello di singolo edificio l’approccio
strutturale consente di progettare interventi per l’adeguamento antisismico.
3.4 Gli studi di vulnerabilità a posteriori
Le metodologie proposte per la valutazione della vulnerabilità e la stima del danno
atteso sono molteplici ma solamente alcune di queste sono state verificate e tarate
sul campo con la possibilità di rifinire la correlazione tra vulnerabilità stimata e
comportamento reale dei fabbricati. Infatti, non è ancora ben definita la
12
correlazione tra la componente della vulnerabilità identificata come danneggiabilità
del costruito Vf e il danno D effettivamente rilevato a seguito di un evento sismico
di azione A esplicitata come segue e fondamentale per la stima del danno atteso e
quindi del rischio sismico.
D = A ⊗ Vf
Scala
1]
Obiettivo
Singolo
Edifico
Approccio Strutturale
Aggregato
Urbano
Stima Danno Atteso
a Livello Urbano
Livello
Comunale
Stima Danno Atteso
a Livello Comunale
Livello
Regionale
Tecniche e Procedure
di Consolidamento
Pianificazione Interventi
a Livello Urbano
Valutazione Priorità
Intervento
Stima Danno Atteso
a Livello Territoriale
Programmazione Politiche
Preventive
Figura 3.2: livelli di dettaglio applicabili per lo studio del rischio sismico.
La Figura 3.3 confronta il modo di procedere delle analisi di vulnerabilità
previsionali e a posteriori. Nelle analisi previsionali una prima fase consiste nella
valutazione della pericolosità sismica dell’area interessata allo studio e della
vulnerabilità sismica degli edifici presenti; il livello di dettaglio considerato nella
stima di pericolosità e vulnerabilità è legato all’obiettivo che si considera per la
riduzione del rischio sismico. Noti in fase previsionale i parametri A dell’azione
sismica ipotizzata e Vf della vulnerabilità, la relazione 1] permette di valutare il
13
danno atteso D per gli edifici appartenenti all’area di studio. La valutazione del
rischio sismico si ottiene sovrapponendo una stima del valore esposto degli
insediamenti del territorio in esame, con il danno atteso D. Nelle analisi a
posteriori è necessario avere a disposizione dati relativi alle caratteristiche di
terremoti passati unitamente alla descrizione dei danni subiti dagli edifici; sulla
base di questi dati che devono essere quantitativamente e qualitativamente
sufficienti, è possibile impostare un’analisi tipologica e quantitativa dei dissesti
subiti dagli edifici per definire delle procedure di valutazione della vulnerabilità.
Stimata la vulnerabilità V, si può raffinare la correlazione 1].
Analisi Previsionali
Analisi a Posteriori
Azione Sismica A nota
Pericolosità
Danno Registrato D
Vulnerabilità
Danno Atteso
Correlazione
D = A ⊗ Vf
Esposizione
Rischio Sismico
Analisi dei Dissesti
Procedure per la Stima
della Vulnerabilità
Vulnerabilità V
Figura 3.3: differenze tra studi previsionali e a posteriori per la valutazione della vulnerabilità.
Gli studi a posteriori rappresentano, allo stato attuale, l’unica possibilità di verifica
e di correzione delle procedure di stima della vulnerabilità; un contributo
fondamentale può essere ricavato dallo studio del terremoto del maggio 1976 in
Friuli grazie alla notevole quantità di informazioni e di documentazione disponibile
sui danni registrati per gli edifici allora presenti.
14
4. LE METODOLOGIE PER LA VALUTAZIONE DELLA VULNERABILITÀ
UTILIZZATE DAL CNR/GNDT
Al fine di valutare l’esposizione, la vulnerabilità e il danno per i singoli edifici,
il CNR-GNDT (Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti) ha messo a punto
delle schede di rilevamento strutturate in due parti e definite rispettivamente di I e
II livello. Ogni scheda ha per oggetto un edificio definito come unità omogenea e
distinguibile dagli altri edifici adiacenti grazie a parametri come la tipologia
costruttiva, le differenze di altezza, l’età di costruzione.
I dati raccolti attraverso la scheda di I livello hanno lo scopo di fornire le
informazioni necessarie per conoscere l’esposizione ed un primo livello di
vulnerabilità sismica di edifici in muratura, in cemento armato, in acciaio e misti. In
relazione al loro numero e al loro grado di dettaglio, i dati rilevati mediante la
scheda sono destinati prevalentemente ad elaborazioni di tipo statistico e quindi,
una loro utilizzazione per analisi di informazioni relativamente ai singoli edifici è
possibile tenendo in considerazione il loro grado di approssimazione. In generale
la scheda di I livello è destinata al rilievo di edifici con destinazione abitativa, sono
quindi escluse tipologie costruttive come gli edifici monumentali, gli impianti
industriali, i capannoni.
La scheda di I livello, di cui si presenta una copia in Appendice 1 , è composta da
8 sezioni distinte e di seguito descritte sommariamente:
1. Dati Relativi alla Scheda: si identificano la provincia e il comune di
localizzazione dell’edificio e le informazioni necessarie (data di rilevamento,
numero di scheda e di squadra) per distinguere la scheda all’interno
dell’operato della squadra di rilevamento.
2. Localizzazione dell’Edificio: si riportano l’indirizzo dell’edificio, i riferimento
catastali per la sua ubicazione, eventuali vincoli e zone urbanistiche, il numero
dei fronti comuni con altri edifici.
3. Dati Metrici: per ogni piano dell’edificio in esame si elencano la superficie
media coperta e l’altezza media dell’interpiano; per l’edificio nel suo complesso
si riporta l’altezza massima e minima.
4. Uso: si specificano in questa sezione il numero totale e una descrizione
sommaria delle unità d’uso (abitazioni, attività produttive, servizi pubblici) di cui
15
è composto l’edificio; inoltre si indicano lo stato e le condizioni d’uso
dell’edificio.
5. Età della Costruzione – Interventi: si riportano l’età dell’edificio ed eventuali
interventi di modifica o di adeguamento.
6. Stato delle Finiture e Impianti: si specifica lo stato di fatto (efficiente, non
efficiente, inesistente) di intonaci, infissi, impianti elettrico - idrico riscaldamento, servizi igienici.
7. Tipologia Strutturale: per ogni piano dell’edificio si indica la tipologia
strutturale delle strutture verticali, delle scale, degli orizzontamenti e delle
coperture.
8. Estensione e Livello del Danno: questa sezione viene compilata solamente
se il rilevo dell’edificio viene fatto dopo il verificarsi di un evento sismico. Il
danno viene quantificato in sei livello da quello nullo (A) a quello più grave (F)
e viene esaminato distintamente per ogni componente dell’edificio: strutture
verticali, strutture orizzontali, scale, tamponature. Per ognuno di questi
elementi, in relazione ad ogni piano dell’edificio, si esprime il livello di danno
più grave rilevato, il livello di danno rilevato più estesamente e la sua
percentuale di estensione.
La scheda di II livello è strutturata in modo diverso a seconda che ci si riferisca ad
edifici in muratura o in cemento armato e questo è dovuto alla natura stessa del
problema della valutazione della vulnerabilità che non permette di individuare un
unico strumento valido per diverse tipologie edilizie.
Considerando edifici in muratura, la scheda di II livello (presentata in
Appendice 2) raccoglie i dati finalizzati all’applicazione di un modello che permette
di valutare la vulnerabilità in funzione di un certo numero di parametri ritenuti
rappresentativi della propensione dell’edificio a subire danni per effetto di un
evento sismico. I parametri considerati sono 11 e sono i seguenti:
1. Tipo ed organizzazione del sistema resistente.
2. Qualità del sistema resistente.
3. Resistenza convenzionale a forze orizzontali.
4. Posizione edificio e fondazioni.
5. Caratteristiche degli orizzontamenti.
6. Regolarità della configurazione planimetrica.
16
7. Regolarità della configurazione in elevazione.
8. Massimo rapporto tra la luce libera dei campi murari e spessore delle
murature.
9. Caratteristiche della copertura.
10. Presenza di elementi non strutturali con comportamento critico sotto azioni
sismiche.
11. Stato di fatto dell’edificio.
A ciascun parametro si attribuisce un valore, associandolo ad una delle
quattro classi previste (A,B,C,D). La prima classe A viene assunta come
riferimento ed identifica tutte le situazioni che si possono ritenere equivalenti a
quelle ricavabili mediante una progettazione aderente alle normative vigenti; nelle
altre classi sono raccolte situazioni sempre più vulnerabili. In generale, la seconda
classe B comprende situazioni che non hanno riduzioni di resistenza significativa
pur presentando differenze rispetto alle indicazioni delle normative; le ultime due
classi rappresentano situazioni con incrementi di vulnerabilità considerevoli. Al fine
di costruire un indice numerico, ad ogni classe di assegna un punteggio numerico
(0, 5, 25, 45) a volte diverso da parametro a parametro così come riassunto in
Tabella 4.1.
L’indice di vulnerabilità si ricava da una somma pesata del valore degli undici
parametri calcolati con i dati presenti nella scheda di II livello e con i pesi
specificati, per ogni parametro, in Tabella 1. L’indice di Vulnerabilità iv può quindi
essere espresso come segue:
11
iv = ∑ wi ⋅ pi
i =1
dove pi e wi sono rispettivamente i valori dell’i-esimo parametro e peso.
I pesi associati ad ogni parametro considerano la diversa importanza che i
vari elementi assumono ai fini del comportamento sismico di una struttura; a tal
fine si considerano tre gruppi di parametri: elementi di primaria importanza,
elementi importanti ed elementi secondari. Questa suddivisione può essere
tradotta in termini quantitativi attribuendo pesi decrescenti, passando dal valore di
1.5 a valori compresi tra 1 e 0.5 per arrivare a valori minori di 0.5. Questi pesi
17
sono stati assegnati dal GNDT come valori di prima stima e assumeranno un
assetto definitivo solamente in seguito ad una sperimentazione sul campo.
Edifici in Muratura – Punteggi e Pesi Relativi ai Singoli Parametri
CLASSE
PARAMETRO
PESO
A
B
C
D
Tipo e Org. del Sistema Resistente
0
5
20
45
1.0
Qualità Sistema Resistente
0
5
25
45
0.25
Resistenza Convenzionale
0
5
25
45
1.5
Posizione Edificio e Fondazioni
0
5
25
45
0.75
Orizzontamenti
0
5
15
45
var (0.5-1)
Configurazione Planimetrica
0
5
25
45
0.5
Configurazione in Elevazione
0
5
25
45
var (0.5-1)
Distanza Massima tra le Murature
0
5
25
45
0.25
Copertura
0
15
25
45
var (0.5-1)
Elementi non Strutturali
0
0
25
45
0.25
Stato di Fatto
0
5
25
45
1.0
Tabella 4.1: punteggi e pesi utilizzati per il calcolo dell’indice di vulnerabilità.
L’indice di vulnerabilità iv, calcolato con i valori di Tabella 4.1, varia tra 0 e
382.5; solitamente questo valore viene normalizzato nell’intervallo 0-100. Per
capire il significato dei valori assegnati a pesi e parametri è necessario fornire una
descrizione dettagliata degli undici elementi che compongono l’indice di
vulnerabilità:
Tipo e Organizzazione del Sistema Resistente
Questo elemento valuta il grado di organizzazione degli elementi verticali
indipendentemente dal materiale e dalle caratteristiche delle singole murature;
l’elemento significativo è la presenza e l’efficacia dei collegamenti tra pareti
ortogonali.
Qualità del Sistema Resistente
Si considerano i diversi tipi di muratura più frequentemente utilizzati,
differenziando in modo qualitativo, le caratteristiche di resistenza. L’attribuzione di
un edificio ad una delle quattro classi dipende da due fattori: il primo è il tipo di
18
materiale e la forma degli elementi costituenti, il secondo è l’omogeneità di
materiale e della pezzatura per tutta l’estensione della parete.
Resistenza Convenzionale
L’entità e la distribuzione degli elementi resistenti sono fattori di primaria
importanza ai fini della resistenza sismica di un edificio. La suddivisione in classi
degli edifici, avviene sulla base della resistenza ultima degli elementi verticali,
valutata come rapporto tra il taglio ultimo e lo sforzo perpendicolare alla base
dell’edificio. Si tratta di una valutazione convenzionale e relativa: convenzionale
nel senso che si procede ad un calcolo semplificato di tale resistenza, basato su
alcuni elementi rilevati e su altri assegnati secondo valutazioni di massima;
relativa nel senso che il punteggio viene assegnato per confronto con la resistenza
convenzionale richiesta dalle normative (DM 02/07/1981 e relative circolari). Una
valutazione così concepita è giustificata dallo spirito dello strumento di rilevamento
che prevede l’esame di ogni singolo edificio ma con analisi sufficientemente
speditive.
Posizione dell’Edificio e Tipo di Fondazioni
Questo parametro valuta in modo sintetico e qualitativo tre fattori che possono
influenzare la resistenza sismica di un edificio: le caratteristiche litologiche dei
terreni di fondazione, le caratteristiche morfologiche degli stessi, la presenza e il
tipo di strutture di fondazione.
Orizzontamenti
La qualità degli orizzontamenti ha un peso notevole nel garantire un buon
funzionamento degli elementi resistenti verticali; d’altra parte non è raro il caso di
edifici nei quali si è verificato il collasso dei soli orizzontamenti con conseguenze
notevoli in termini di danni e di vittime. Per questo parametro è previsto un peso
variabile in base alla percentuale di orizzontamenti rigidi e ben collegati.
Configurazione Planimetrica
Si individuano gli indici di irregolarità sulla base dei quali l’edificio viene assegnato
ad una classe. La regolarità della pianta è un elemento importante ai fini della
distribuzione delle azioni sismiche tra i vari elementi resistenti.
Configurazione in Elevazione
Nel caso di edifici in muratura la principale causa di irregolarità è costituita dalla
presenza di porticati, loggiati e altane. Altro elemento da valutare ai fine della
19
regolarità è la presenza di torri o torrette di altezza e massa significative rispetto la
restante parte dell’edificio. La mancanza di regolarità in alzato può modificare
significativamente il comportamento dinamico dell’edificio dando luogo ad un
aggravio delle sollecitazioni sismiche.
Distanza Massima tra le Murature
Si considera con questo parametro la presenza di muri maestri intersecati da muri
trasversali posti a distanza eccessiva tra loro. Le classi sono definite in funzione
del rapporto tra l’interasse tra i muri trasversali e lo spessore del muro maestro.
Copertura
Gli elementi che caratterizzano l’influenza delle coperture sul comportamento
sismico di un edificio sono due: la tipologia (spingente, non spingenti, poco
spingenti) e il peso. Il primo elemento determina la classe di assegnazione,
mentre il secondo influisce sul valore del peso.
Elementi non Strutturali
E’ un elemento secondario per la definizione della vulnerabilità e considera la
presenza di elementi quali infissi e appendici che possono causare danno a cose
e persone.
Stato di Fatto
E’ un fattore importante per il calcolo della vulnerabilità che considera lo stato di
conservazione dell’edificio come la presenza di lesioni, fuori piombo, stato di
degrado dei materiali.
L’indice di vulnerabilità che si ottiene con la procedura sopra descritta,
costituisce
una
misura
convenzionale
e
relativa
della
propensione
al
danneggiamento che non fornisce una valutazione assoluta del danno atteso per
un dato livello di severità dell’azione sismica. Affinché tale valutazione sia
possibile, è necessario individuare una correlazione tra livello di danno, qualità
dell’edificio e parametro utilizzato per misurare la severità dell’azione sismica, che
consenta di passare dalla valutazione della pericolosità alla stima del rischio. La
definizione di questa correlazione presenta qualche difficoltà; questo è dovuto al
fatto che i modelli teorici disponibili per la valutazione del danno provocato dai
terremoti richiedono elaborazioni molto complesse ed onerose ed un’analisi di
dettaglio di ogni singolo edificio: tali modelli non sono quindi compatibili con
20
l’esigenza di valutazioni rapide sul patrimonio edilizio di un’intera regione. Si
ricorre pertanto a relazioni basate su elaborazioni statistiche che mettono in
relazione un indice di danno con un parametro atto a misurare la severità del moto
del terreno, per diversi valori dell’indice di vulnerabilità precedentemente definito.
L’indice di danno, necessario per definire tali correlazioni, è stato costruito
utilizzando dati raccolti con la scheda di I livello; per ogni piano dell’edificio si
rileva il danno alle strutture verticali, agli orizzontamenti, alle scale ed ai
tamponamenti valutando, con una codifica in sei classi – assente, lieve, medio,
grave, gravissimo, totale - , sia il massimo livello di danno presente, sia il livello del
danno più diffuso unitamente alla sua estensione. L’indice di danno dij per i-esimo
elemento strutturale e per il j-esimo piano si ottiene assegnando ad ogni classe di
danno un valore numerico – 0, 0.2, 0.4 , 0.6, 0.8, 1 – e combinando il danno
massimo con quello più diffuso mediante la relazione:
dij = e ⋅ de + (1 − e ) ⋅ dm / 3
dove de è il livello di danno più diffuso, e è la relativa estensione e dm è il livello di
danno massimo. L’indice di danno di relativo all’elemento strutturale i-esimo, è
ottenuto come media pesata degli indici dij, utilizzando come pesi i volumi o le
superfici di piano, in base al tipo di elemento strutturale considerato. Infine, l’indice
di danno d relativo all’intero edificio, si ricava come media pesata degli indici di,
dove i pesi sono costituiti dall’incidenza economica percentuale media del singolo
elemento strutturale sul valore totale dell’edificio.
Una prima sperimentazione di questa metodologia è stata l’indagine di
vulnerabilità di circa 500 edifici in muratura (in correlazione con il rilievo del livello
di danno) a seguito del terremoto di Parma del 1983; due anni dopo è stata
eseguito un’indagine di I livello su circa 100 edifici privati lesionati nel comune di
Bardi (PR), seguita nel 1988 da indagini di II livello per 25 edifici pubblici con
danni, nei comuni di Bardi, Bedonia, Bore, Compiano e Varsi. Successivamente
tale metodologia è stata applicata nel 1988 per la valutazione dei livelli di rischio
degli edifici pubblici strategici delle provincie di Lucca e Massa Carrara ai fini della
determinazione degli interventi per l’adeguamento antisismico. Nel 1993 è stato
valutato il rischio sismico e i costi di intervento per gli edifici pubblici di 77 comuni
21
classificati in zona sismica nella regione Emilia Romagna; sempre nel 1993, nel
comune di Toscolano Maderno in Lombardia, si è stimato il rischio sismico anche
dell’edilizia ordinaria ai fini urbanistici. Infine, con riferimento al terremoto del 1997
in Umbria e Marche, il rilievo dei danni subiti dagli edifici pubblici e privati è stato
fatto utilizzando la scheda CNR/GNDT di I livello.
22
5. UN ESEMPIO DI STUDIO DELLA VULNERABILITA’ SISMICA A
POSTERIORI: IL TERREMOTO DEL 1976 IN FRIULI
Nel campo della valutazione della vulnerabilità sismica degli edifici in
muratura ci si trova in una situazione che non ha permesso di collaudare in modo
soddisfacente le numerose metodologie operative offerte e soprattutto di verificare
la validità di molte ipotesi alla base di questi approcci. Le proposte per affrontare il
problema sono molte ma devono essere verificate; la strada più logica sembra la
rilettura critica delle esperienze fatte in questo settore negli ultimi anni
confrontando i dati raccolti sul campo: rilievo di danni, misure del comportamento
di strutture sotto azioni dinamiche, dati di studi macrosismici.
Un punto comune a tutte le metodologie proposte per procedere alla stima
della vulnerabilità, è la necessità della conoscenza dello stato di fatto del sistema
oggetto di studio (singolo edificio, aggregato urbano, intero territorio); è necessario
determinare anche quali elementi dello stato di fatto devono essere assolutamente
conosciuti perché indispensabili e quali invece sono di secondaria importanza e
quindi possono anche non essere conosciuti. Un miglioramento della conoscenza
può avvenire solo applicando la teoria espressa con modelli di comportamento,
per una determinata azione sismica, alla sperimentazione utilizzando le
osservazioni fatte sul campo. Per quanto riguarda gli edifici in muratura, il grado di
perfezionamento
delle
conoscenze
ricavate
dall’interazione
teoria
-
sperimentazione è in fase iniziale; la soluzione ideale sarebbe quella di procedere
ad un rilievo capace di fornire una quantità di informazioni molto ampia da
utilizzare sia per verificare i modelli teorici sia per approfondire altri aspetti legati
alla prevenzione sismica. Questo comporterebbe costi molto elevati e un grosso
impiego di risorse che trovano scarsa giustificazione a priori soprattutto se si
pensa che lo stato di fatto è qualcosa che cambia nel tempo. In tale situazione è
conveniente sfruttare dati già a disposizione anche se parziali o non strettamente
collegati con il problema dello studio della vulnerabilità ma che possono dare
qualche indicazione.
In Friuli subito dopo il terremoto del maggio 1976, è stato fatto, per la prima
volta in Italia, un censimento su larga scala dei danni causati dal sisma ai singoli
edifici, questi dati erano raccolti in schede cartacee denominate Verbali di
23
Accertamento Danni. L’obiettivo di tale censimento era la conoscenza dello stato
di fatto sulla base del quale poter decidere ed organizzare gli interventi, stabilire le
priorità e stimare in modo attendibile il danno economico causato dal sisma; oltre
a queste informazioni si raccoglievano anche dati di carattere descrittivo sulle
costruzioni abbastanza simili a quelle riportate nella scheda di I livello del
CNR/GNDT.
I contenuti dei verbali di accertamento possono essere riletti e trasformati in
schede di vulnerabilità fornendo una banca dati di notevoli dimensioni per
procedere all’identificazione e alla verifica di procedure per il calcolo della
vulnerabilità in ambito sia urbano sia territoriale.
Il primo problema che si pone per arrivare alla definizione della banca dati è
la riorganizzazione dei dati esistenti relativi ai Verbali di Accertamento e il
reperimento degli elementi mancanti ma ricavabili da altre fonti di informazione in
modo da ricostruire per ogni edificio una scheda di vulnerabilità analoga a quella
di II livello del GNDT. La banca dati così costituita contiene elementi relativi sia
alla previsione del comportamento di un edificio in relazione ad un’azione sismica
sia agli effetti del sisma stesso in termini di danno all’edificio; tuttavia, non
determina direttamente la valutazione dell’attuale vulnerabilità delle costruzioni. Le
informazioni della banca dati costituiscono un caso di studio per interpretare il
fenomeno di ‘danneggiamento da terremoto’; infatti, qualora si conoscano la
vulnerabilità attuale degli edifici e le probabili caratteristiche di un terremoto atteso
si possono proiettare in futuro le conseguenze sull’edificato.
5.1 Le informazioni della banca dati
La fonte principale della banca dati è costituita dai verbali di accertamento
danni, ma per la conversione di tali dati in schede di vulnerabilità questi devono
essere integrati con altre informazioni. Confrontando i dati contenuti nella scheda
di II livello del GNDT con quelli che possono essere estratti dai verbali di
accertamento danni, si può notare che le informazioni mancanti sono
essenzialmente di natura geometrica. Si pone quindi l’esigenza di avere a
disposizione un rilievo dello stato di fatto al 5/5/76 di tutte le costruzioni censite; un
rilievo diretto e mirato alle particolari necessità dello studio a più di vent’anni dal
24
sisma non è più possibile perché le opere di ricostruzione e riparazione hanno
quasi sempre modificato il costruito. E’ necessario quindi trovare una fonte di
documentazione che abbia la caratteristica di permettere la ricostruzione dei dati
mancanti in modo unico ed automatico consentendo la realizzazione di uno studio
a livello territoriale equivalentemente a quanto fattibile utilizzando i verbali di
accertamento.
La fonte individuata è quella relativa alle planimetrie delle unità immobiliari
del Nuovo Catasto Edilizio Urbano. Tale fonte fornisce i dati per la maggior parte
degli edifici censiti dai verbali di accertamento e permette anche la ricostruzione
dello stato di fatto al 5/5/76; infatti, trattandosi di edifici in muratura, una possibile
variazione d’uso che può aver interessato l’edificio tra la data di accatastamento e
la data del terremoto non ha in genere cambiato l’assetto dell’organizzazione delle
strutture portanti e quindi i dati geometrici sono sufficientemente attendibili. Inoltre
i dati dei verbali di accertamento e quelli delle planimetrie delle unità immobiliari
sono facilmente associabili perché entrambi fanno riferimento al numero di
particella del nuovo catasto terreni sul quale è costruito ogni edificio.
5.2 La banca dati Fr.E.D.
La banca dati Fr.E.D. (Friuli Earthquake Damages) è stata costruita
nell'ambito delle ricerche sulla vulnerabilità, svolte presso il Dipartimento di
Georisorse e Territorio dell'Università degli Studi di Udine, ed ha come scopo
fondamentale quello di raccogliere dati relativi al terremoto del Friuli del 6 maggio
1976. Per questo motivo la banca dati è organizzata su più linee parallele, con
diversi gradi di dettaglio, ed è costruita a partire da fonti documentali di origine
eterogenea che includono:
Θ
Verbali di accertamento dei danni ad edifici per uso abitazione o misto, circa
85.000 schede originali compilate dalle squadre di rilevamento istituite
immediatamente dopo il terremoto, sulla base della Legge Regionale n. 17 del
7/6/76.
Θ
Base di dati relazionale contenente per le 85.000 schede parte delle
informazioni raccolte nel verbale di accertamento danni; tale archivio
25
riorganizza i dati raccolti su supporto magnetico da Insiel Spa immediatamente
dopo la conclusione delle operazioni di rilevamento stabilite dalla Legge 17/76.
Θ
Per i comuni di Artegna, Gemona, Moggio Udinese, Osoppo, San Daniele,
Tarcento e Venzone sono disponibili i fogli in scala 1:2000 o 1:1000 del Nuovo
Catasto Edilizio Urbano e le planimetrie in scala 1:200 di parte degli edifici ad
uso abitativi di questi comuni.
Θ
Per i comuni sopra citati, schede di computo dei parametri di vulnerabilità per
gli edifici di cui si ha disponibilità dei dati catastali.
Θ
Documentazione fotografica dell’archivio del comune di Venzone.
Θ
Schede di vulnerabilità di I e II livello CNR/GNDT per il centro storico di
Venzone.
La parte di banca dati utilizzata per il l’analisi della vulnerabilità a posteriori
riguarda esclusivamente la base di dati riportante i contenuti dei verbali di
accertamento, le schede di computo dei dati catastali e i fogli e le planimetrie
catastali.
5.3 I verbali di accertamento danni
La Legge Regionale n. 17 del 7 giugno 1976 rappresenta la formalizzazione
del primo di una lunga serie di interventi di urgenza per sopperire alle straordinarie
ed impellenti esigenze abitative delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 6
maggio 1976. (Regione FVG, 1976)
Il Capo II di questa legge sintetizza in tre punti il compito assegnato alle
squadre di rilevamento costituite da un gruppo di tre tecnici ed operanti nell’ambito
di ogni comune:
Θ
il rilevamento degli edifici destinati ad uso di abitazione civile o ad uso misto,
compresi gli annessi rustici alle abitazioni rurali, non irrimediabilmente
danneggiati dagli eventi tellurici del maggio 1976, che sia conveniente riparare
e rendere abitabili;
Θ
la determinazione delle necessarie opere di riparazione;
Θ
la stima del costo delle opere di riparazione.
Le istruzioni per i gruppi di rilevamento del 23 giugno e 1 luglio 1976 stabilivano
che l’oggetto del rilevamento erano:
26
Θ
gli edifici ad uso di abitazione civile;
Θ
gli edifici ad uso misto, cioè comprendenti anche vani adibiti ad attività
produttive;
Θ
gli edifici ad uso di abitazione rurale, con o senza annessi rustici.
Erano quindi esclusi dal rilevamento: gli edifici industriali, commerciali, più in
generale a destinazione produttiva, gli edifici pubblici o ad uso pubblico, tutti gli
altri edifici non ad uso di abitazione (depositi, stavoli ed altri edifici ad uso agricolo
non annessi ad una abitazione).
Per la gravità del danno subito non erano soggetti a rilevamento:
Θ
gli edifici completamente distrutti o demoliti;
Θ
gli edifici parzialmente crollati, la cui parte restante fosse inutilizzabile;
Θ
gli edifici che alla data del rilevamento fossero abitabili.
Inoltre era stato disposto che il rilevamento procedesse a tappeto, cioè il
censimento doveva comprendere tutti gli edifici purché non completamente
distrutti o demoliti, per i comuni classificati disastrati in base al decreto 714 del
20/05/76 del Presidente della Giunta Regionale (Figura 5.1); tuttavia, tale metodo
di rilevamento avrebbe costituito un appesantimento delle operazioni per i territori
dei comuni classificati gravemente danneggiati e danneggiati. Nell’ambito di
queste
due
categorie
il
rilevamento
era
relativo
solo
gli
edifici
non
irrimediabilmente danneggiati e quelli non abitabili alla data del rilevamento.
Il risultato delle operazioni di rilevamento è raccolto in un verbale di accertamento
danni (Appendice 3) composto da cinque sezioni o fogli.
Foglio 1
Il Foglio 1 raccoglie le notizie relative all’edificio nel suo insieme ed è
composto da quattro sezioni. La prima riporta informazioni sulla localizzazione e
sui riferimenti catastali dell’edificio. Sono riportati anche dati di carattere generale
dell’edificio come il numero di piani fuori terra, il numero di fronti comuni, la
presenza di scantinato e sottotetto, il numero di alloggi, la presenza di annessi
rustici o di attività produttive e l’età presunta di costruzione. La seconda sezione
riporta il giudizio sintetico del danno subito dall’edificio con una descrizione
sommaria a livelli di danneggiamento: distrutto, non ripristinabile, ripristinabile
parzialmente, ripristinabile totalmente, si rilevano inoltre situazioni di riparazioni
27
già eseguite o non necessarie e della necessità di riparazioni strutturali. La terza
sezione determina il contributo per ciascun alloggio, abitazione rurale, attività
produttiva in misura pari all’80% dell’importo stimato dei costi di riparazione che
comunque non doveva superare un tetto massimo stabilito dalla stessa legge
regionale. La quarta sezione prevedeva eventuali note ed indicazioni sulla
conservazione dell’edificio.
Foglio 2
Descrive le singole unità immobiliari costituenti l’edificio in esame che sono
distinte in alloggi o abitazioni rurali, annessi rustici, attività produttive; quindi si
possono avere più Fogli 2 per ogni Foglio 1.
Foglio 3
Il Foglio 3 comprende una sezione per il computo del volume dell’edificio
calcolato separatamente per le diverse tipologie; una seconda sezione permette di
determinare la stima sommaria del valore dell’edificio al 5/5/76 sulla base dei
valori unitari stabiliti dalla Regione a seconda della tipologia e dello stato di
conservazione. Un’ultima sezione permette di calcolare il costo totale delle opera
di riparazione sulla base dei volumi e del costo di intervento in Lire/mc determinato
nel Foglio 4.
Foglio 4
Il Foglio 4 è distinto in due sezioni: il Foglio 4a per gli edifici ad abitazione
civile rurale o misto e il Foglio 4b per gli annessi rustici e le attività produttive. Il
Foglio 4 contiene il prospetto per il computo del costo totale unitario di intervento.
Il calcolo è organizzato per elementi costruttivi e per tipologia di questi,
quantificando prima la loro presenza sul totale seguita da una stima delle
percentuali che di tali elementi necessita di rifacimento integrale e di un intervento
parziale. I costi unitari erano fissati per le singole voci dalla Regione.
Foglio 5
Elenca
eventuali
indicazioni
di
massima
sulle
modalità
tecniche
dell’intervento di ripristino proposte dai tecnici incaricati della redazione del
verbale.
28
Figura 5.1: classificazione dei comuni della regione in base al danno subito.
La seguente tabella riassume la distribuzione dei circa 85.000 verbali
compilati, in relazione alla classificazione dei comuni in base alla gravità del danno
subito (LR 15/76):
Classificazione Comuni
Numero Comuni
Numero Verbali
Disastrati
45
39.976
Gravemente Danneggiati
40
19.820
Danneggiati
52
22.463
Non Classificati
82
2.521
Totale
219
84.780
Tabella 5.1: distribuzione dei verbali in base alla classificazione dei comuni.
29
Parte delle informazioni contenute nel primo e quarto Foglio del verbale di
accertamento
sono
state
informatizzate
immediatamente
dopo
la
loro
acquisizione; questi dati inizialmente gestiti come file di record a lunghezza fissa
sono stati convertiti e organizzati come base di dati relazionale (Chiarandini,
1998). Una tale organizzazione definisce la struttura dei dati, garantisce l’integrità
degli stessi, facilita e velocizza il reperimento di dati in base a predicati di ricerca
prestabiliti e realizza l’indipendenza tra dati e programmi di gestione.
5.4 Le planimetrie delle unità immobiliari
I dati catastali che devono essere associati ai verbali di accertamento danni sono
le planimetrie in scala 1:200 delle unità immobiliari del Nuovo Catasto Edilizio
Urbano; da queste planimetrie è possibile estrapolare tutti i dati necessari di
natura geometrica. La Figura 5.2 rappresenta un esempio di planimetria catastale
di un immobile, da cui si possono ricavare le informazioni di natura geometrica. Se
consideriamo un edificio oggetto di un verbale di accertamento, può risultare, a
causa dell’organizzazione del Nuovo Catasto Edilizio Urbano, che la sua intera
planimetria sia spezzettata in più planimetrie ognuna delle quali ne rappresenta
una frazione; è necessario procedere ad un’operazione di unione per poter
disporre della planimetria dell’intero edificio.
Per semplificare e velocizzare il processo di estrapolazione dei dati
geometrici dalle planimetrie è stata predisposta una scheda che permette di
raccogliere in modo uniforme tutti gli elementi da inserire nella scheda di
vulnerabilità ovvero nella parte della banca di dati di origine catastale. La scheda
denominata “scheda per il computo dei parametri di vulnerabilità” (Appendice 4) si
compone di cinque sezioni fondamentali così descritte:
Sezione1
Si identifica l’edificio tramite il numero di mappale del nuovo catasto terreni e
tutti i numeri di partita associati a tale mappale; si specificano i dati relativi ai tutti i
verbali di accertamento (possono essere più di uno) relativi all’edificio in
questione. Si riportano anche informazioni relative all’edificio come il numero dei
piani e l’esistenza di un sottotetto praticabile.
30
Figura 5.2: esempio di planimetria del Nuovo Catasto Edilizio Urbano in scala 1:200 di un edificio.
31
Sezione 2
Per ogni piano dell’edificio si riportano l’altezza media, la superficie media
coperta e la variazione percentuale di area dal piano superiore rispetto a quello
inferiore. Si indicano inoltre l’area coperta media e l’altezza media di un piano per
l’intero edificio.
Si deve scegliere quale delle configurazioni riportate sulla scheda
approssima meglio la pianta dell’edificio ed in relazione a questa si devono
riportare anche alcuni valori metrici come lunghezza e larghezza dell’edificio.
Sezione 3
Si deve scegliere quale delle configurazioni riportate sulla scheda
approssima meglio la pianta dell’edificio ed in relazione a questa si devono
riportare anche alcuni valori metrici come lunghezza e larghezza dell’edificio.
Sezione 4
Questa sezione caratterizza la configurazione in elevazione dell’edificio; i
parametri richiesti sono la massima variazione percentuale di superficie tra piani
(calcolata in sezione 2) e l’altezza della parte di fabbricato che sta sopra il livello
corrispondente alla massima variazione di superficie.
Sezione 5
Si riportano i prospetti per il computo delle aree resistenti nelle due direzioni
ortogonali del sistema di riferimento locale di rappresentazione dell’edificio e il
rapporto max(D/S) tra spessore del muro portante e interasse dei muri trasversali.
Si prevede anche uno spazio per tracciare lo schizzo della sovrapposizione dei
perimetri delle planimetrie dei piani dell’edificio.
I dati appartenenti alla scheda di computo sono stati informatizzati in fogli di
calcolo
elettronico
permettendo
sia
l’organizzazione
della
struttura
sia
l’implementazione di procedure automatiche per il calcolo dell’indice di
vulnerabilità.
5.5 La vulnerabilità come entità anisotropa
Un edificio, così come definito nelle “Istruzioni per la compilazione della scheda di
vulnerabilità di I livello” (AA. VV., 1993), è inteso come unità omogenea
distinguibile da edifici adiacenti per tipologia costruttiva, differenza di altezza, età
32
di costruzione, sfalsamento dei piani. La procedura del CNR/GNDT. per la
valutazione della vulnerabilità, basata sui dati raccolti con schede di rilevamento
relative ai singoli edifici, porta a caratterizzare tale grandezza con un indice
scalare, invariante rispetto alla direzione dell’azione sismica ed indipendente
rispetto al contesto strutturale. Al contrario, le analisi dei dissesti subiti a causa dei
terremoti sia da edifici isolati sia da aggregati strutturali, rivelano regolarmente
l’esistenza di una direzionalità nell’azione sismica e una rilevante influenza delle
strutture contigue quando presenti. I diversi comportamenti dinamici risultano
evidenti al solo pensare alla distribuzione in pianta delle sezioni resistenti o agli
effetti
derivanti
dall’introduzione
di
elementi
di
rinforzo
con
rigidezza
spiccatamente diversa dal resto del sistema resistente.
Edificio i-esimo
Piano delle Ellissi
Edificio
Isolato
N
Y
E
N
Ux
Y
X
Uy
Ellisse di Vulnerabilità
Intrinseca
X
Figura 5.3: ellisse di vulnerabilità riferita alle direzioni principali di sollecitazione.
Ne consegue che negli studi di correlazione tra azione, vulnerabilità e danno è
opportuno disporre di informazioni riguardanti l’anisotropia della risposta
strutturale e considerare quindi la vulnerabilità come entità anisotropa,
rappresentabile
idealmente
con
un’ellisse
orientata
(rappresentata
schematicamente in Figura 5.3), avente gli assi proporzionali agli indici di
vulnerabilità valutati per le due direzioni principali, tenendo conto anche degli
effetti locali e globali del contesto strutturale. (Grimaz, 1993)
33
5.5 La vulnerabilità intrinseca ed effettiva
Dall’analisi dei danni provocati da terremoti passati, si nota una differenza di
comportamento tra edificio isolato ed edificio inserito in un aggregato strutturale;
infatti, l’influenza del contesto strutturale sul comportamento sismico di un edificio
è molto spesso rilevante. Nella valutazione della vulnerabilità di un edificio è allora
necessario considerare gli effetti migliorativi o peggiorativi indotti dal contesto.
(Grimaz, 1993)
Considerando una schiera di fabbricati, si suppone di estrarre un edificio i e
di valutarne la vulnerabilità come se fosse isolato, ottenendo la vulnerabilità
intrinseca Ui propria dell’edificio considerato e di caratteristiche anisotrope (Figura
5.4). Se l’edificio viene riportato nella condizione effettiva, cioè all’interno della
schiera, la vulnerabilità si modificherà a causa della mutua iterazione con gli edifici
contigui; in base a quest’ultima condizione si può definire una vulnerabilità effettiva
Vi.
N
N
Y
Y
X
X
Condizione
Effettiva
E
Ux
E
Uy
Vx
Ellisse di Vulnerabilità
Intrinseca U
Condizione
Intrinseca
Y
X
U
Vy
Ellisse di Vulnerabilità
Effettiva V
β
V
Funzione di Deformazione
Figura 5.4: ellisse di vulnerabilità intrinseca ed effettiva.
La variazione della possibilità di danneggiamento nel passaggio dalla
condizione intrinseca (cioè isolata o estratta) a quella effettiva (cioè relativa al
reale contesto strutturale in cui è inserita), può essere interpretata come una
modificazione dell’ellisse di vulnerabilità intrinseca. Si può allora valutare la
34
variazione della vulnerabilità con una funzione, denominata funzione di
deformazione, che quantifica la modificazione come effetto di tutti i fattori che
possono influenzare la danneggiabilità ma che non sono presenti nella condizione
intrinseca.
Per l’edificio i-esimo la vulnerabilità effettiva Vi può essere esplicitata come
segue:
Vi = U i ⊗ β i
dove Ui è la vulnerabilità intrinseca calcolata per l’edificio i e βi è la funzione
di trasformazione che considera le modificazioni dovute al contesto strutturale.
5.6 La valutazione della vulnerabilità intrinseca
La vulnerabilità intrinseca viene valutata facendo riferimento alla procedura e
ai parametri della scheda di II livello del CNR/GNDT. E’ necessario però adattare
sia la procedura sia i parametri alle informazioni disponibili nella banca dati che
comprende i dati dei verbali di accertamento e i dati di origine catastale. I
parametri considerati per il calcolo dell’indice di vulnerabilità sono sette e due di
questi presentano una caratteristica anisotropa. Ne consegue che anche la
vulnerabilità intrinseca è anisotropa nelle due direzioni principali X e Y. I sette
parametri considerati sono i seguenti:
Parametro 1
Questo è un parametro di caratteristica anisotropa e valuta lungo le due
direzioni X e Y la resistenza degli elementi verticali. Ogni edificio, anche se non
progettato esplicitamente per resistere ad azioni sismiche, possiede una certa
capacità di resistere a forze sismiche di determinata intensità; si può allora
valutare convenzionalmente questa resistenza determinando il coefficiente C
implicito in ogni edificio e calcolato sulla base della norma D.M. 2/7/81 che
prevede anche per gli edifici in muratura la possibilità di procedere alla verifica
sismica. Tale verifica si riferisce alla resistenza alla rottura della muratura e si
deve effettuare considerando sia i carichi statici previsti sia un sistema di forze
orizzontali con una risultante Ft, considerando il coefficiente sismico C, il
35
coefficiente di struttura β (assunto uguale a 4 ) e il peso totale dell’edificio Wt, Ft
può essere così esplicitata:
Ft = β ⋅ C ⋅ Wt
1]
Il calcolo del coefficiente C può essere fatto limitandosi a considerare la resistenza
alle forze di taglio in corrispondenza del piano di verifica (solitamente il piano
terra) confrontando la risultante delle forze orizzontali che agiscono al di sopra del
piano, con il peso della parte di edificio al di sopra del piano:
C=
Tu
β ⋅ Wt
2]
Tu è specificato:
Tu = Ares ⋅ τk ⋅ 1 +
σ0
1.5 ⋅ τk
3]
dove Ares è l’area resistente nella direzione di sollecitazione, τk è la resistenza
tangenziale di riferimento (il cui valore è ricavabile dalle tabelle dispositive del DM
2/7/81) e σ0 è definito come segue:
σ0 =
Wt
Ax + Ay
4]
dove Ax e Ay sono le aree resistenti nelle direzioni principali X e Y.
Se si ipotizza una densità di area resistente q costante ad ogni piano e come di
seguito definita dalla relazione 5], il peso Wt può essere espresso come nella
relazione 6]
q=
Ax + Ay
⋅ hmed ⋅ pm + ps
Atpv
Wt = q ⋅ ∑i Ati = q ⋅ N ⋅ Atmed
5]
6]
dove Atpv è l’area coperta del piano di verifica, hmed è l’altezza media dell’interpiano,
pm è il peso specifico della muratura, ps è il peso per unità di superficie
dell’orizzontamento che è trascurabile rispetto al primo addendo perché si trattano
edifici in muratura, Ati è l’area coperta del piano i-esimo, N è il numero dei piani
dell’edificio, Atmed è l’area coperta media.
Sostituendo nella 2] le relazioni 3] e 6] il coefficiente C è così definito:
C=
36
Ares ⋅ τk
q ⋅ N ⋅ Atmed
⋅ 1+
β q ⋅ N ⋅ Atmed
1 . 5 ⋅ τk ⋅ ( A x + A y )
1
⋅
7]
considerando come aree resistenti la Ax e la Ay si calcolano rispettivamente i
coefficienti Cx e Cy.
Per la determinazione dei valori di resistenza tangenziale di riferimento τk, data la
mancanza di informazioni dirette, si fa riferimento ai valori suggeriti dal D.M.
2/7/81 e relative circolari. La banca dati relativa ai verbali fornisce indicazioni sulla
tipologia strutturale esprimendo la percentuale totale delle varie tipologie: pietra,
laterizio, pilastri. Il valore τk viene allora valutato come media pesata dei valori di τk
di ciascuna tipologia.
Il punteggio di vulnerabilità si calcola sulla base del valore di Cx e Cy facendo
riferimento ad una funzione lineare a tratti così come definita nella seguente
tabella.
Dominii dei tratti lineari Equazione della retta
Punteggi di Vulnerabilità
5
5
C−
2
2
1.0 ≤ C ≤ 3.0
pv =
0.6 ≤ C < 1.0
pv = 50C − 25
5 – 25
0 .4 ≤ C < 0 .6
pv = 100C − 15
25 – 45
0 .0 ≤ C < 0 .4
pv = 75C + 45
45 – 75
0–5
Parametro 2
Il comportamento sismico di un edificio dipende, a parità di altri fattori, anche
dalla forma della pianta. Nel caso di edifici rettangolari è significativo il rapporto
percentuale β1 = a/l tra le dimensioni del lato minore e del lato maggiore. Nel caso
di piante che si differenziano da quella rettangolare, oltre alla forma allungata del
corpo principale (indice β1) è necessario considerare l’entità di tale scostamento
per mezzo del rapporto β2 = b/l dove b è la dimensione del corpo di fabbrica
annesso, misurata nella direzione perpendicolare al lato maggiore del corpo
principale.
Per l’assegnazione dei punteggi di vulnerabilità si fa riferimento alle funzioni
lineari a tratti definite per β1 e β2; valutati separatamente i due punteggi, si assume
come valore finale del parametro 2 il maggiore tra i due.
37
Dominii dei tratti lineari
80 ≤ β 1 ≤ 100
Equazione della retta
pv =
1
β 1 − 20
4
Punteggi di Vulnerabilità
0–5
60 ≤ β 1 < 80
pv = β 1 − 55
5 – 25
40 ≤ β 1 < 60
pv = β 1 − 15
25 – 45
0 ≤ β 1 < 40
Dominii dei tratti lineari
0 ≤ β 2 ≤ 10
pv =
3
β 1 + 45
4
Equazione della retta
pv =
1
β2
2
45 – 75
Punteggi di Vulnerabilità
0–5
10 < β 2 ≤ 20
pv = 2 β 2 − 15
5 – 25
20 < β 2 ≤ 30
pv = 2 β 2 − 15
25 – 45
30 < β 2 ≤ 100
pv =
3
225
β2+
7
7
45 – 75
Parametro 3
Una distribuzione regolare della resistenza e della rigidezza lungo l’altezza
dell’edificio costituisce un fattore significativo ai fini di un buon comportamento
sismico della struttura. Spesso questa regola viene disattesa, soprattutto nel caso
di nuove costruzioni, per ottenere delle forme estetiche d’effetto. Alla fine si hanno
configurazioni con rientranze o sporgenze verticali che peggiorano la risposta
sismica della costruzione.
Nel caso di edifici in muratura, le principali cause di irregolarità in elevazione
sono costituite dalla presenza di porticati, loggiati e altane e dalla presenza di torri
o torrette di altezza e massa significative rispetto a quella della restante parte
dell’edificio
La regolarità della distribuzione della resistenza e della rigidezza in
elevazione, viene rappresentata da tre parametri: il rapporto percentuale k1 =
max(∆A/A) come indice della massima variazione di superficie coperta e quindi di
massa da un piano all’altro, il rapporto percentuale k2 = T/H tra l’altezza del
38
fabbricato al di sopra del livello di variazione massima di massa e la sua altezza
totale, il rapporto percentuale k3 = Aport/Atot tra l’area del porticato e l’area totale
coperta. Per ognuno di questi parametri si fa riferimento ad una funzione lineare a
tratti, assegnando al parametro 3 il valore maggiore di questi.
Dominii dei tratti lineari
Equazione della retta
Punteggi di Vulnerabilità
0 ≤ k 1 ≤ 10
1
pv = k 1
3
0–5
10 < k 1 ≤ 20
pv = 2k 1 − 15
5 – 25
20 < k 1 ≤ 40
pv = k 1 + 5
25 – 45
40 < k 1 ≤ 80
Dominii dei tratti lineari
0 ≤ k 2 ≤ 20
pv =
3
k 1 + 15
4
Equazione della retta
pv =
1
k2
4
45 – 75
Punteggi di Vulnerabilità
0–5
20 < k 2 ≤ 40
pv = k 2 − 15
5 – 25
40 < k 2 ≤ 70
pv =
2
5
k2 +
3
3
25 – 45
Dominii dei tratti lineari
0 ≤ k 3 ≤ 10
Equazione della retta
pv =
1
k3
2
Punteggi di Vulnerabilità
0–5
10 < k 3 ≤ 20
pv = 2k 3 − 15
5 – 25
20 < k 3 ≤ 40
pv = k 3 + 5
25 – 45
39
Parametro 4
Questo parametro considera la presenza di muri maestri intersecati da muri
trasversali posti a distanza eccessiva tra loro. Si determina il rapporto massimo
D/s dove D è l’interasse dei muri trasversali e s è lo spessore del muro maestro;
con questo parametro si vuole considerare il livello di organizzazione delle
strutture verticali, indipendentemente dal materiale e dalle caratteristiche delle
singole murature: il punteggio di vulnerabilità si assegna con la seguente funzione
lineare a tratti.
Dominii dei tratti lineari Equazione della retta
Punteggi di Vulnerabilità
0 ≤ max( D / s ) ≤ 15
1
pv = max( D / s)
3
0–5
15 < max( D / s ) ≤ 25
pv = 2 max( D / s ) − 25
5 – 25
25 < max( D / s ) ≤ 30
pv = 4 max( D / s ) − 75
25 – 45
30 < max( D / s ) ≤ 35
pv = 6 max( D / s ) − 135
45 – 75
Parametro 5
Si associa all’età della costruzione la tipologia costruttiva di orizzontamenti,
copertura e qualità del sistema resistente in base alle tradizioni costruttive della
zona oggetto di studio. Si suppone che la danneggiabilità aumenti con il grado di
invecchiamento della costruzione. Il punteggio di vulnerabilità viene assegnato,
differentemente dagli altri parametri fino ad ora considerati, per classi tipologiche e
non più con funzioni lineari a tratti.
Parametro 6
Con questo parametro si considerano le caratteristiche morfologiche e
litologiche superficiali del terreno di fondazione e della presenza di differenti quote
di imposta delle fondazioni per parti significative della costruzione. Un edificio
posto su un terreno con pendenza accentuata, che poggia su terreni sciolti e le cui
fondazioni sono poste a quote sfalsate presenta una vulnerabilità maggiore di una
struttura con le stesse caratteristiche ma posto su terreno pianeggiante.
40
Le
informazioni
necessarie
per
definire
questo
parametro
sono
essenzialmente tre:
Θ
Tipo di terreno (roccia o terreno sciolto)
Θ
Pendenza
Θ
Presenza dello scantinato
Il valore del parametro, di caratteristiche anisotrope lungo le due direzioni
principali, viene calcolato in base a quattro situazioni individuate sulle informazioni
sopra elencate.
Pendenza
Terreno
0% ≤ p ≤ 10%
Roccia
Fondazioni
Punteggi di Vulnerabilità
Quota unica
0
Quota unica
5
Quota unica
25
Quote sfalsate
45
Terreni sciolti
10% < p ≤ 30%
Roccia
10% < p ≤ 20%
Terreni sciolti
Roccia
30% < p ≤ 50%
Terreni sciolti
p > 50%
p > 30%
Roccia
Terreni sciolti
Parametro 7
Si fa riferimento al costo unitario di adeguamento antisismico dell’edificio
stimato dai tecnici che hanno redatto il verbale di accertamento. Tale costo è
indice del tipo e dell’organizzazione del sistema resistente che valuta il grado di
organizzazione degli elementi verticali, indipendentemente dal materiale e dalle
caratteristiche
delle
singole
murature.
L’assegnazione
del
punteggio
di
vulnerabilità si basa su un indice dato dal costo di adeguamento antisismico
normalizzato a 10.000 Lit/mc e fa riferimento alla seguente funzione lineare a
tratti:
41
Dominii dei tratti lineari Equazione della retta
Punteggi di Vulnerabilità
0 ≤ IAs ≤ 0.1
pv = 50 IAs
0–5
0.1 < IAs ≤ 0.2
pv = 200 IAs − 15
5 – 25
0.2 < IAs ≤ 0.4
pv = 100 IAs + 5
25 – 45
0.4 < IAs ≤ 0.8
pv = 75 IAs − 15
45 – 75
Sulla base del valore dei sette parametri considerati, il valore della
vulnerabilità intrinseca per un edificio nelle due direzioni principali X e Y viene
calcolata come per la scheda di II livello del CNR/GNDT assegnando ad ogni
parametro un peso Wi che moltiplica i punteggi di vulnerabilità pi:
Ux = ∑i =1 pxi ⋅ Wi
7
Uy = ∑i =1 pyi ⋅ Wi
7
8]
I valori dei pesi assegnati ai parametri sono identificati di volta in volta, in
dipendenza dal sito in cui sono localizzati gli edifici oggetto di studi campione.
5. 8 La valutazione della vulnerabilità effettiva
Il problema della valutazione della vulnerabilità effettiva di un edificio
appartenente ad un aggregato strutturale viene ricondotto alla definizione della
funzione β che trasforma la vulnerabilità intrinseca U di un edificio nella
corrispondente vulnerabilità effettiva V:
Vi = U i ⊗ β i
9]
L’attenzione si concentra sulla variazione della vulnerabilità che si ha nel
passaggio dalla condizione intrinseca a quella effettiva del contesto strutturale. I
fattori che intervengono nel passaggio da U a V sono molteplici; in prima ipotesi si
può definire la funzione β nel modo seguente:
42
βik = 1 + δβik
dove k è la direzione presa in esame e δβik rappresenta la variazione percentuale
di vulnerabilità che si ha nel passaggio dalla condizione intrinseca a quella
effettiva. Se si considera che la percentuale complessiva di variazione può essere
ricavata sovrapponendo gli effetti di variazione dovuti alle singole condizioni che
determinano il contesto in cui l’edificio è inserito, il fattore δβik può essere
determinato come sommatoria degli elementi sikj variazioni dovuta al j-esimo
fattore elementare per l’edificio e nella direzione k. La relazione 9] può quindi
essere espressa:
Vi = Ui ⋅ (1 + ∑ j sij )
Una volta individuati i fattori elementari che caratterizzano la condizione
effettiva in cui si trova l’edificio, si calcola la funzione βi e di conseguenza la
vulnerabilità effettiva Vi. Per un edificio isolato la funzione assume valore unitario,
non essendoci influenze dovute al contesto strutturale i termini sj sono nulli.
Una volta determinate le vulnerabilità effettive di tutti gli edifici appartenenti
all’aggregato, si può rappresentare la vulnerabilità dell’intero aggregato strutturale
con la figura che si ottiene sommando, in ogni direzione, i raggi delle ellissi di
vulnerabilità effettive dei singoli edifici. Equivalentemente, scelte due direzioni
principali per l’aggregato, si possono sommare i raggi delle ellissi dei singoli edifici
in tali direzioni, ottenendo gli assi principali dell’ellisse di vulnerabilità
dell’aggregato.
Nella valutazione della vulnerabilità effettiva, l’inserimento dell’edificio
considerato nel suo contesto strutturale comporta una variazione della
vulnerabilità da intrinseca ad effettiva perché si possono attivare nuovi
meccanismi di rottura oppure si possono modificare dei meccanismi già presenti
nella condizione intrinseca. Alla prima classe di meccanismi di rottura, quelli
possibili solamente nella condizione effettiva, appartengono i fenomeni di
martellamento dovuti all’interazione dinamica con edifici contigui, le spinte a vuoto
indotte da elementi strutturali che risultano spingenti su parti dell’edificio. Alla
43
seconda categoria appartengono i meccanismi di parete, modificabili nella
condizione effettiva ma già presenti nella condizione intrinseca e che sono indotti
dalla modifica dei vincoli e causati dalla variazione del comportamento a causa
della presenza di edifici contigui.
Se si considera una parete lunga come elemento caratteristico di una schiera
di edifici in linea alla quale appartiene una parete dell’edificio in esame, in base
all’analisi dei dissesti, si sono valutate le variazioni di danneggiamento nel
passaggio dalla condizione in cui la parete è considerata estratta dalla schiera e la
condizione nella quale la stessa fa parte della parete lunga. La valutazione
procede per fasi successive, inizialmente l’ipotesi è una parete omogenea per
rigidezza e geometria, poi questo presupposto viene eliminato avvicinandosi alle
condizioni reali e considerando tutti i fattori che inducono variazione rispetto alla
vulnerabilità iniziale come le diverse geometrie in elevazione, la presenza di
grandi aperture, la disomogeneità dei materiali o della distribuzione della
finestrature.
I meccanismi di rottura individuati appartengono a tre classi:
Θ
meccanismi di parete;
Θ
meccanismi di interazioni dinamica;
Θ
spinte a vuoto.
La Figura 5.4 riassume, per i meccanismi di parete, le varie tipologie che si
possono riscontrare nel caso reale e che sono correlate a fattori elementari di
deformazione. La tipologia viene individuata definendo la zona ed il profilo che la
parete dell’edificio costituisce nel contesto di una parete lunga così da ottenere
una zona interna I e una di estremità E. Come sottoclassi si possono identificare la
zona interna alta Ia, bassa Ib e a scalare Is, la zona di estremità alta Ea e bassa Eb;
si considerano inoltre la presenza di disomogeneità di rigidezza e/o di
distribuzione delle aperture D, inoltre la presenza di grandi aperture GA che
interrompono la continuità della parete lunga.
La Figura 5.5 illustra i meccanismi di interazione dinamica e i tre tipi di spinte
a vuoto S che possono essere definiti.
Ogni fattore elementare di deformazione provoca una variazione della
vulnerabilità intrinseca dell’edificio; la Tabella 5.2 identifica per ogni fattore il tipo di
variazione percentuale apportata alla vulnerabilità l’entità di tale variazione.
44
Figura 5.4: fattori di deformazione per i meccanismi di parete.
45
Figura 5.5: fattori di deformazione per meccanismi di interazione dinamica e spinte a vuoto.
Tabella 5.2: variazione percentuale della vulnerabilità per i fattori di deformazione.
46
5.9 Indice di danno
La particolarità di uno studio di vulnerabilità a posteriori è la possibilità di
relazionare l’indice di vulnerabilità con il danno osservato per un particolare evento
sismico. Per ogni edificio censito dai verbali di accertamento danni e di cui si
conosce la vulnerabilità, calcolata sulla base dei dati presenti nella scheda di
computo di vulnerabilità, è possibile definire un indice di danno che misuri il
danneggiamento strutturale.
Nel Foglio 1 del verbale di accertamento è stata riportata una stima sintetica
del danno subito dall’edificio espressa mediante aggettivi qualificativi; l’edificio
poteva essere classificato distrutto, non ripristinabile, ripristinabile parzialmente o
totalmente oppure non erano necessari interventi di ripristino. Inoltre nel caso si
rendessero necessarie le riparazioni queste potevano essere strutturali oppure no.
Per la definizione di un indice di danno analitico che si basi sulla stima dei
costi di intervento e non sul giudizio sintetico del danno, è necessario utilizzare i
dati relativi al foglio 4 del verbale di accertamento che quantificano in termini
percentuali gli interventi agli elementi costruttivi strutturali (strutture verticali,
orizzontamenti, coperture).
Per ogni elemento strutturale si può definire un indice dell’entità di intervento:
Strutture Verticali
% Isv =
%totale
%totale
⋅ (% RifInt + α % IntParz )pietra +
⋅ (% RifInt + α % IntParz )laterizio
100
100
Orizzontamenti
% Iorr =
1
⋅ (% RifInt + α % IntParz )
100
Copertura
% Icop =
%totale
%totale
⋅ (% RifInt + α % IntParz ) ≤ 2 p +
⋅ (% RifInt + α % IntParz ) > 2 p
100
100
47
dove α è definito come il rapporto tra il costo unitario dell’intervento parziale e il
costo unitario del rifacimento integrale, cifre stabilite dalla Legge Regionale 17/76
e riportate nel Foglio 4 del Verbale di Accertamento; tale rapporto α è circa uguale
a 0.5.
Sulla base di questi tre indici di intervento può essere definito un indice di
intervento strutturale per l’intero edificio:
% IS = ksv ⋅ (% Isv ) + korr ⋅ (% Iorr ) + kcop ⋅ ( Icop )
dove i parametri ki sono definiti dalla media pesata sulla base dell’incidenza
economica del singolo elemento strutturale e per un edificio adibito ad abitazione
civile valgono:
Elemento Costruttivo
Ki
Strutture Verticali
0.737
Orizzontamenti
0.088
Copertura
0.175
Si assume che l’indice di intervento strutturale per l’intero edificio sia il suo indice
di danno strutturale che risulta essere espresso come danno percentuale rispetto
al crollo e quindi è separato dal costo di intervento.
5. 10 Applicazione nei siti campione
La procedura di stima della vulnerabilità a posteriori è stata applicata ad un
certo numero di edifici in determinati siti campione, utilizzando i dati appartenenti
ai Verbali di Accertamento ed alla Scheda di Computo della Vulnerabilità. La
Tabella 5.3 riporta la quantificazione degli edifici analizzati:
48
Comune
Edifici Isolati
Edifici Aggregati
Num. Aggregati
Venzone
-
72
12
Tarcento
49
72
15
-
120
13
180
7
-
46
6
16
44
11
San Daniele
Osoppo
Artegna
Moggio Udinese
Tabella 5.3: comuni analisi di siti campione e numero di edifici analizzati.
Per ognuno degli edifici indicati sono state reperite le planimetrie catastali in
scala 1:200 di tutte le sue unità immobiliari e il Verbale di Accertamento Danni;
sulla base dei dati geometrici ricavabili dalle planimetrie è stata costruita la
Scheda di Computo della Vulnerabilità. In base ai dati a disposizione, per ogni
edificio è stato computato l’indice di vulnerabilità nelle due direzioni di
sollecitazione
e
l’indice
di
danno
utilizzando
la
procedura
descritta
precedentemente.
La disponibilità di questi dati permette di costruire dei diagrammi a
dispersione tra indice di vulnerabilità e indice di danno che sono alla base della
definizione della correlazione tra danno e vulnerabilità.
Per approfondire ed affinare tale correlazione sono stati considerati in
dettaglio tre particolari siti campione: Tarcento, San Daniele e Venzone; il motivo
principale è la completezza delle informazioni disponibili relative ai verbali di
accertamento e alle schede di computo della vulnerabilità. Tarcento e San Daniele
in occasione del terremoto del maggio 1976 si sono trovate entrambe in una fascia
di intensità macrosismica valutata intorno al VIII-IX grado della scala MSK (Figura
5.6); tale circostanza permette di elaborare i risultati a parità di azione sismica e di
utilizzarli reciprocamente. Relativamente a Venzone, che è stata associata alla
fascia di intensità macrosismica del IX grado della scala MSK, si nota la
disponibilità di molti dati e studi eseguiti anche in periodi immediatamente
successivi al terremoto del 1976. La sua rilevanza come bene architettonico e la
sua importanza dal punto di vista storico ed artistico ha fatto in modo che la
Soprintendenza, nel periodo dal 1973 al 1975, eseguisse una schedatura degli
49
edifici del centro storico. Sulla base di questi studi è stato possibile compilare per
gli edifici del centro storico e a distanza di anni dal terremoto, le schede di
vulnerabilità di II livello del CNR/GNDT; appare dunque interessante confrontare i
risultati della correlazione danno-vulnerabilità ottenuti tramite la metodologia del
GNDT con quanto ricavabile con la metodologia di studio a posteriori.
50
6. L’APPLICAZIONE AL SITO CAMPIONE DI TARCENTO
Il centro storico di Tarcento è stato scelto come ambito della prima
sperimentazione delle procedure per la formazione della banca dati e della verifica
dei risultati in termini di correlazione danno - vulnerabilità.
Il motivo principale di tale scelta è la disponibilità di uno studio di
microzonazione dell’area, da cui è possibile estrarre indicazioni sull’influenza della
risposta sismica locale; su questa base è possibile operare una correzione dei
livelli di danno in modo da riferirli ad una risposta di tipo omogeneo per tutta l’area
così da far dipendere il danno dalla sola vulnerabilità del costruito. Tarcento, in
occasione del terremoto del maggio 1976, si è trovato in una fascia di intensità
macrosismica stimata tra l’VIII e il IX grado della scala MSK, quindi di tipo
distruttivo. L’abitato di Tarcento, pur subendo danni gravi, ha registrato un numero
ridotto di crolli e di danni irreparabili; tale situazione rende significativo il numero di
edifici con verbale di accertamento completo per i quali è possibile ricavare le
schede di computo di vulnerabilità (con indicazioni simili alle schede di II livello del
CNR/GNDT) su cui basare le analisi di correlazione danno - vulnerabilità.
L’abitato di Tarcento è costituito da due parti principali (Figura 6.1); il centro
storico propriamente detto, si sviluppa a Nord fino alla sponda destra del torrente
Torre e il Borgo Amore che si trova più a sud all’altezza della strada che giunge
dalla frazione Molinis. L’area centrale, ove sorge la chiesa, costituisce la zona di
collegamento delle vie principali che portano a sud verso il Borgo Amore, a nord
verso le frazioni di Bulfons e Zomeais e a nord-ovest verso il ponte sul Torre che
collega il centro alle frazioni di Oltretorre e Erba. Gli edifici del centro storico si
sviluppano su tali vie e formano aggregati strutturali di forma lineare; nella parte di
Borgo Amore il sistema viario è più articolato e definisce zone su cui sorgono
aggregati più compatti che in alcuni casi sono definiti a corte.
Gli edifici del centro storico possono essere caratterizzati in base ai dati
presenti nei verbali di accertamento. La Figura 6.2 rappresenta una classificazione
degli edifici in base all’età di costruzione; si può notare un’elevata percentuale di
edifici costruiti prima del 1920 e la presenza di qualche edificio più recente di età
compresa tra il 1920 e il 1950. Gli aggregati sono omogenei dal punto di vista
dell’età di costruzione.
50
Un’altra classificazione del centro storico sulla base dei dati dei verbali di
accertamento è presentata in Figura 6.3, dove gli edifici sono associati al proprio
numero di piani; si può notare una predominanza di edifici con tre piani fuori terra.
Per quanto riguarda il materiale costruttivo, la Figura 6.4 indica che sono
equamente distribuiti edifici in pietra, laterizio e pietra-laterizio anche se ci sono tre
edifici con struttura intelaiata o a setti di cemento armato.
La Figura 6.5 illustra la distribuzione dei giudizi di danno per gli edifici censiti
dai verbali di accertamento; si deve sottolineare che questo giudizio di danno è
soggettivo e può essere influenzato dalla convenienza del ripristino di edifici molto
danneggiati ma di interesse storico o architettonico. E’ interessante mettere in
relazione questa caratterizzazione sulla base del giudizio di danno con l’indice di
danno strutturale calcolato con la metodologia illustrata al punto 5.9.
6.1 L’elaborazione dei dati
La procedura seguita nella raccolta dei dati per il calcolo della vulnerabilità è
equivalente a quella descritta al punto 5; costruita la cartografia di riferimento sulla
base dei fogli catastali di scala 1:1.000 si sono individuati gli aggregati strutturali di
interesse (Figura 6.6) e per ogni aggregato gli edifici rilevanti.
Estratti i verbali di accertamento disponibili si sono determinati gli edifici per i
quali procedere al rilievo dei dati catastali; tale rilievo è stato esteso anche ad
edifici contigui nel contesto del singolo aggregato al fine di determinare le
condizioni al contorno. Sono stati identificati un totale di 88 edifici; di 61 edifici si
ha a disposizione sia il verbale di accertamento sia la scheda di computo di
vulnerabilità, di 26 edifici si dispone solo della scheda di computo e un unico
edificio è caratterizzato dai soli dati del verbale (Figura 6.7).
L’elaborazione dei dati disponibili per ogni edificio è stata suddivisa in più
fasi. La prima fase è costituita nella costruzione di una base di dati che raccolga,
per ogni edificio, le informazioni relative al verbale di accertamento e alla scheda
di computo di vulnerabilità. Successivamente questi dati vengono elaborati per
ottenere il valore della vulnerabilità intrinseca con la metodologia descritta nel
capitolo 5.7, e gli indici necessari allo studio dell’influenza delle condizioni al
contorno come ad esempio i periodi fondamentali.
51
Per ogni edificio analizzato si sono individuati i fattori di deformazione attivati,
i parametri di contesto e nel caso di Tarcento anche l’appartenenza alle
microzone. La fase successiva dell’elaborazione consiste nella valutazione della
vulnerabilità degli edifici nel loro contesto strutturale; si determinano le ellissi di
vulnerabilità effettive dalle quali si ricostruisce l’indice di vulnerabilità da correlare
all’indice di danno.
In linea di principio il danneggiamento di una struttura dipende dalla direzione di
sollecitazione prevalente oltre che da altre caratteristiche come l’intensità, il
dominio di frequenza, la distribuzione spettrale, la durata, ma il terremoto
rappresenta un sollecitazione che è ripetitiva e che cambia le sue caratteristiche
da una scossa a quella successiva. Il danneggiamento degli edifici è il risultato di
una serie ripetuta di sollecitazioni che possono avere caratteristiche diverse e che
soprattutto agiscono su strutture che sono già state sollecitate e che possono aver
cambiato tipologia di comportamento. Si è allora considerato come indice di
vulnerabilità il massimo delle vulnerabilità ottenute dalle ellissi di vulnerabilità
effettiva per le due direzioni ortogonali di sollecitazione che si suppone abbiano
investito l’abitato di Tarcento. Il calcolo dell’indice di vulnerabilità per ogni edificio,
applicando la procedura descritta nel capitolo 5 con i dati disponibili per il centro
storico di Tarcento, si è svolto in due fasi. Nella prima è stata calcolata la
vulnerabilità intrinseca di ogni edificio dipendente solamente dal valore dei sette
parametri descritti nel capitolo 5.7 e dal valore dei pesi associati ai parametri che
sono di seguito specificati in Tabella 6.1. Il risultato di questa prima elaborazione è
riportato in Figura 6.8.
Nella fase successiva in base alla procedura descritta in capitolo 5.8, è stata
calcolato l’indice di vulnerabilità effettiva per ogni edificio applicando la funzione di
deformazione β al valore della vulnerabilità intrinseca. La funzione β si ricava per
ogni edificio considerando i suoi fattori elementari di deformazione, presentati in
Figure 5.4 e 5.5, dovuti all’inserimento dell’edificio nel suo contesto strutturale.
52
Parametro
Punto 1 Punto 2 Punto 3 Punto 4 Peso
1 – Resistenza Convenzionale
F
0
5
25
45
1.5
2 – Irregolarità Pianta
F
0
5
25
45
0.5
3 – Irregolarità Elevazione
F
0
5
25
45
1
4 – D max murature
F
0
5
25
45
0.25
5–
C
36.25
77.5
102.5
112.5
1
6 - Fondazioni
C
0
5
25
45
0.75
7 – Indice Adeg. Antisismico
F
0
5
25
45
1
Età costruzione
Tabella 6.1: Punteggi e pesi utilizzati per il calcolo della vulnerabilità intrinseca per Tarcento.
6.2 Le correlazioni indice di vulnerabilità - indice di danno
L’indice di danno per ogni edificio è stato calcolato sulla base della procedura di
capitolo 5.9 e si basa esclusivamente su dati appartenenti al Foglio 4 del verbale
di accertamento e quindi può essere definito un indice di danno strutturale (Figura
6.10). Tuttavia, lo studio di microzonazione sismica condotto nell’area di Tarcento
ha definito delle microzone che si differenziano per il tipo di risposta sismica
locale. Si può pensare di apportare una correzione al livello di danno registrato in
modo che sia riferito ad una risposta sismica omogenea per tutta l’area così che
risulti estraneo agli effetti derivanti dalle caratteristiche locali dell’azione sismica e
dipenda solamente dalla vulnerabilità del costruito. L’area oggetto di studio
interessa tre delle microzone definite; la correzione all’indice di danno, rifacendosi
ad un ipotesi già proposta dal CNR/GNDT, si basa sul fatto che il livello di danno
cresce linearmente al crescere dell’intensità di accelerazione del suolo. Lo studio
ha proposto dei coefficienti ε1 ed ε2 che sono i coefficienti amplificativi
dell’accelerazione di progetto, quindi la correzione ipotizzata per l’indice di danno
può essere così espressa:
i.d. corretto = i.d./ ε1
dove i valori di ε1 valgono rispettivamente 1, 1.6, 1 e 1.3 per le zone A, B, C e D.
Per ogni edificio si è individuata la zona di appartenenza e si è proceduto al
calcolo dell’indice di danno corretto (Figura 6.11).
65
Per procedere alla definizione della correlazione danno-vulnerabilità sono
stati considerati i 61 edifici provvisti di verbale di accertamento e di scheda di
computo della vulnerabilità.
I verbali di accertamento degli edifici studiati sono stati compilati da più terne di
tecnici ma la maggior parte di essi sono stati censiti dalle squadre 1 e 3 per un
totale di 46 edifici; si è fatto riferimento per omogeneità dei giudizi ai soli edifici
rilevati da queste due squadre. Di questi 4 risultavano con giudizio di danno
distrutto o non ripristinabile e censiti per questo motivo in un secondo tempo;
quindi è stato assegnato un indice di danno forfetario che risulta poco significativo
nella correlazione.
I diagrammi a dispersione di punti, per valutare la correlazione tra danno e
vulnerabilità, sono stati costruiti basandosi su 42 edifici del centro di Tarcento; tali
diagrammi riportano in ascissa l’indice di vulnerabilità normalizzato a 800 e in
ordinata l’indice di danno.
Per i Grafici 6.1 e 6.2 si è considerato il calcolo della vulnerabilità intrinseca degli
edifici comparata prima all’indice di danno assoluto e poi all’indice di danno
corretto in base all’appartenenza alle microzone; non è possibile definire nessuna
correlazione tra i due indici. Il Grafico 6.3 rappresenta per gli edifici censiti dalla
squadra 1 la correlazione tra vulnerabilità effettiva e indice di danno non corretto;
la correlazione è abbastanza buona ma bisogna considerare che tale squadra ha
operato esclusivamente nella microzona 4. Il Grafico 6.4 rappresenta la stessa
correlazione per gli edifici della squadra 3; si nota una maggiore dispersione
dovuta al fatto che la squadra 3 ha operato in tre diverse microzone.
Il Grafico 6.5 indica la correlazione tra indice di vulnerabilità effettiva e indice di
danno corretto per la squadra; l’appartenenza ad un’unica microzona implica una
traslazione verso il basso dei punti rispetto al grafico 6.3. Nel Grafico 6.6 si spiega
che l’apparente disomogeneità di giudizio espressa nel grafico 6.4 sia da imputarsi
alla diversa accelerazione del terreno nelle varie zone.
Gli ultimi due grafici 6.7 e 6.8 rappresentano la correlazione tra indice di danno
(considerato prima assoluto e poi corretto) e l’indice di vulnerabilità effettiva; da tali
grafici è possibile definire delle correlazioni lineari che sono alla base della
definizione di una legge di correlazione che sarà definita nel capitolo 9.
66
Correlazione Danno-Vulnerabilità
100
90
80
Indice di Danno
70
60
50
40
30
20
10
0
0
100
200
300
400
500
600
700
800
700
800
Indice di Vulnerabilità Intrinseca
Grafico 6.1: Correlazione indice di vulnerabilità intrinseca e indice di danno.
Correlazione Danno - Vulnerabilità
100
90
80
Indice di Danno Corretto
70
60
50
40
30
20
10
0
0
100
200
300
400
500
600
Indice di Vulnerabilità Intrinseca
Grafico 6.2: Correlazione indice di vulnerabilità intrinseca e indice di danno corretto.
67
Correlazione Danno Vulnerabilità - Squadra 1
100
90
80
70
Indice di Danno
60
50
40
30
20
10
0
0
100
200
300
400
500
600
700
800
Indice di Vulnerabilità Effettiva
Grafico 6.3: Correlazione indice di vulnerabilità effettiva - indice di danno - squadra 1.
Correlazione Danno Vulnerabilità - Squadra 3
100
90
80
Indice di Danno
70
60
50
40
30
20
10
0
0
100
200
300
400
500
600
700
Indice di Vulnerabilità Effettiva
Grafico 6.4: Correlazione indice di vulnerabilità effettiva - indice di danno - squadra 3.
68
800
Correlazione Danno Vulnerabilità - Squadra 1
100
90
80
Indice di Danno Corretto
70
60
50
40
30
20
10
0
0
100
200
300
400
500
600
700
800
Indice di Vulnerabilità Effettiva
Grafico 6.5: Correlazione indice di vulnerabilità effettiva - indice di danno corretto - squadra 1.
Correlazione Danno Vulnerabilità
100
90
80
Indice di Danno Corretto
70
60
50
40
30
20
10
0
0
100
200
300
400
500
600
700
800
Indice di Vulnerabilità Effettiva
Grafico 6.6: Correlazione indice di vulnerabilità effettiva - indice di danno corretto – squadra 3.
69
Correlazione Danno Vulnerabilità
100
90
80
Indice di Danno
70
60
50
40
30
20
10
0
0
100
200
300
400
500
600
700
800
700
800
Indice di Vulnerabilità Effettiva
Grafico 6.7: Correlazione indice di vulnerabilità effettiva - indice di danno.
Correlazione Danno Vulnerabilità - Squadra 3
100
90
80
Indice di Danno Corretto
70
60
50
40
30
20
10
0
0
100
200
300
400
500
600
Indice di Vulnerabilità Effettiva
Grafico 6.8: Correlazione indice di vulnerabilità effettiva - indice di danno corretto.
70
7. L’APPLICAZIONE AL SITO CAMPIONE DI SAN DANIELE
Accanto alla scelta del sito campione di Tarcento è stato individuato un altro
centro urbano per la sperimentazione: San Daniele. Questo centro è stato scelto
tra gli insediamenti urbani in Friuli per cui si hanno a disposizione i verbali di
accertamento danni e tutte le informazioni necessarie per il calcolo della
vulnerabilità effettiva. Tale decisione è legata al fatto che San Daniele, in
occasione del terremoto del maggio 1976, si trovava in una fascia di intensità
macrosismica valutata intorno al VIII-XI grado della scala MSK, che è la stessa
che interessa Tarcento. Tale circostanza consente di ottenere delle elaborazioni
dei risultati a parità di severità di azione sismica, i quali possono essere utilizzati
reciprocamente.
Per il comune di San Daniele è stato considerato il centro storico in
prossimità del duomo. Sono stati individuati 12 aggregati strutturali di interesse
(Figura 7.1) che presentano sia una configurazione lineare (aggregati 1, 2, 3, 12 e
11) sia una configurazione a corte. Gli edifici del centro storico possono essere
caratterizzati in base ai dati dei verbali di accertamento. La Figura 7.2 rappresenta
una classificazione degli edifici in base all’età di costruzione; si può notare
un’elevata percentuale di edifici antichi cioè costruiti prima del 1850 e la presenza
di qualche edificio più recente, di età posteriore al 1950. Gli aggregati non sono
molto omogenei dal punto di vista dell’età di costruzione.
Un’altra classificazione del centro storico sulla base dei dati dei verbali di
accertamento è presentata in Figura 7.3, dove gli edifici sono associati al proprio
numero di piani; si può notare una predominanza di edifici con tre piani fuori terra.
Per quanto riguarda il materiale costruttivo, la Figura 7.4 indica che sono
predominanti edifici in pietra anche se ci sono tre edifici con struttura intelaiata.
La Figura 7.5 illustra la distribuzione dei giudizi di danno per gli edifici censiti
dai verbali di accertamento; vi è una netta predominanza di edifici ripristinabili
totalmente con necessità di interventi strutturali. Questo è dovuto al fatto che
questo giudizio di danno è soggettivo e può essere influenzato dalla convenienza
del ripristino di edifici molto danneggiati ma di interesse storico o architettonico.
71
7.2 L’elaborazione dei dati
La procedura per il calcolo della vulnerabilità effettiva è stata sperimentata su
60 edifici del centro storico; in un primo momento in base alle schede disponibili
erano stati definiti 127 edifici ma questo numero è stato drasticamente ridotto per
un insieme di motivi. Prima di tutto per alcuni edifici, muniti di scheda di computo,
non era disponibile il verbale di accertamento e questo fatto ha impedito il calcolo
dell’indice di danno per questi edifici. Altri edifici sono stati eliminati, nonostante si
disponesse di tutte le informazioni per il calcolo della vulnerabilità, perché limitrofi
a edifici di cui non si conosceva la geometria.
Nel calcolo della vulnerabilità di un edificio appartenente ad un aggregato , è
necessario valutare la variazione di potenziale danneggiabilità rispetto alla
condizione isolata, generata dagli effetti legati al contesto in cui la costruzione è
inserita. Gli aspetti che si devono controllare riguardano sia effetti di contesto
locali che quelli globali. Questi parametri influenzano la vulnerabilità di riferimento
tramite una funzione di deformazione, caratteristica degli edifici inseriti in un
aggregato.
V = R⊗β
con
β = 1 + Scl + Scg + Sds
Scl = influenza dei fattori di contesto locale
Scg = influenza dei fattori di contesto globale
Sds = influenza dei fattori di disomogenità strutturale
L’elaborazione dei dati disponibili è stata suddivisa in più fasi. La prima è
l’individuazione dell’aggregato di appartenenza, la seconda è l’individuazione delle
possibili interruzioni e la terza è la localizzazione dell’edificio oggetto di studio su
cui si devono svolgere ulteriori operazioni. Queste elaborazioni aggiuntive sono la
definizione del contesto locale e di conseguenza del calcolo degli indici
caratterizzanti gli effetti locali e la definizione della posizione nell’ambito
dell’aggregato in esame.
Ciascuno degli elementi costituenti la funzione di deformazione, deve essere
tenuto in considerazione, per il calcolo della vulnerabilità, come una percentuale
che incrementa o attenua la vulnerabilità riferita all’edificio idealmente regolare, in
modo proporzionale al peso che viene assegnato al parametro in questione.
Anche in questo caso è necessario associare a ciascun indice una funzione
72
tramite la quale attribuire un punteggio di vulnerabilità, che è tanto più importante
nell’ambito della sommatoria degli effetti di contesto, quanto maggiore è il peso
relativo. Per il centro storico di San Daniele, l’influenza esercitata sull’edificio per il
fatto che è inserito in un aggregato, viene tenuta in considerazione tramite degli
indici rappresentativi di effetti che coinvolgono la struttura nel suo complesso.
L’elemento che collega le due diverse procedure è rappresentato dal concetto di
posizione occupata dall’edificio nell’ambito della schiera. Nella sperimentazione di
San Daniele si è stabilita la configurazione dei parametri illustrata in Tabella 7.1
Contesto Locale
Contesto Globale
Disomogenità Strutturale
Indici di Deformazione
Peso
F1c
0.02
F2c
0.05
F3c
0.08
F4c
0.15
N
0.0
Af
0.25
I
0.3
E
0.3
Afa
0.25
Afd
0.25
GA
0.15
Aa
0.4
Ad
0.4
∆t
0.00
Dm
0.15
Tabella 7.1: pesi utilizzati per il calcolo della vulnerabilità effettiva per gli edifici di San Daniele.
7.2 Le correlazioni indice di vulnerabilità – indice di danno
Per verificare l’importanza esercitata dal contesto sulla vulnerabilità degli edifici
inseriti in un aggregato, è stata applicata dapprima la sola modellazione per il
calcolo della vulnerabilità di riferimento, utilizzando i pesi derivati dalla
73
sperimentazione sul centro di Tarcento. La nuvola di punti del Grafico 7.1 ha una
dispersione notevole, soprattutto non ha la forma di una serie di punti racchiusi in
una fascia stretta e di andamento crescente. Successivamente sono state
aggiunte le informazioni derivanti dai fattori di contesto locale, poi quelli di
contesto globale; infine si sono tenuti in considerazione anche gli effetti legati alle
disomogenità strutturali. Il Grafico 7.2 considera la vulnerabilità calcolata con i
fattori del contesto locale; il Grafico 7.3 valuta la vulnerabilità anche sulla base dei
fattori del contesto globale. Infine nel Grafico 7.4 l’indice di vulnerabilità è
espresso anche considerando la disomogenità strutturale. Tali nuvole diventano
sempre più compatte attorno alla curva che idealmente rappresenta la migliore
correlazione tra i dati registrati e quelli ottenuti dall’applicazione della procedura.
Correlazione Danno Vulnerabilità
100
90
80
Indice di Danno
70
60
50
40
30
20
10
0
0
10
20
30
40
50
60
70
80
Indice di Vulnerabilità
Grafico 7.1: Correlazione indice di vulnerabilità effettiva - indice di danno.
74
90
100
Correlazione Danno Vulnerabilità
100
90
80
60
50
40
30
20
10
0
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
Indice di Vulnerabilità
Grafico 7.2: Correlazione indice di vulnerabilità effettiva calcolata con i fattori di contesto locale indice di danno.
Correlazione Danno Vulnerabilità
100
90
80
70
Indice di Danno
Indice di Danno
70
60
50
40
30
20
10
0
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
Indice di Vulnerabilità
Grafico 7.3: Correlazione indice di vulnerabilità effettiva calcolata con i fattori di contesto globale indice di danno
75
Correlazione Danno Vulnerabilità
100
90
80
Indice di Danno
70
60
50
40
30
20
10
0
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
Indice di Vulnerabilità
Grafico 7.4: Correlazione indice di vulnerabilità effettiva calcolata con i fattori di disomogenità
strutturale - indice di danno
76
100
8. L’APPLICAZIONE AL SITO CAMPIONE DI VENZONE
Per il centro storico di Venzone è stato possibile realizzare il censimento di
vulnerabilità e danno, come previsto dalle schede del CNR/GNDT (capitolo 4),
grazie all’esistenza presso l’amministrazione comunale di una raccolta di materiale
fotografico. La documentazione disponibile presso il comune comprende una
raccolta di fotografie eseguite in vari periodi di tempo da fotografi, professionisti e
soprintendenza che però non ha la caratteristica di essere sistematica come
invece si può constatare per l’archivio delle stampe del rilievo fotogrammetrico
eseguito nell’agosto 1976. La restituzione grafica in scala 1:50 del rilievo
fotogrammetrico, che ha interessato 60 edifici, ha permesso di ricavare dati metrici
e di quantificare il danno subito. I dati metrici sono stati ottenuti anche dalle
informazioni catastali, dal rilievo generale su tutto il centro storico eseguito per la
stesura del piano particolareggiato ed inoltre da ricostruzioni grafiche di prospetti
eseguite nel periodo post terremoto. Accanto a queste preziose fonti, l’archivio
dispone di una schedatura eseguita negli anni 1973-1975 per conto della
Soprintendenza, che descrive la successione temporale degli interventi eseguiti
sull’edificio.
Esistono
inoltre
i
verbali
di
accertamento
danni
compilati
immediatamente dopo il terremoto di maggio 1976.
Considerando la successione degli eventi sismici dalla scossa principale del
6 maggio 1976 alle repliche di intensità paragonabile alla prima di settembre 1976,
è stato possibile compilare la scheda di vulnerabilità relativa allo stato di fatto
precedente al sisma e a quello corrispondente al periodo tra i due eventi. Sono
stati rilevati anche i danni dopo i due eventi ma non è stato possibile censire la
vulnerabilità dopo il secondo evento in quanto gran parte degli edifici ha subito
notevoli distruzioni o è stata soggetta a demolizione. La disponibilità di tali dati
permette quindi di operare una correlazione danno-vulnerabilità sia a partire da
una configurazione iniziale con gli edifici integri sia da una configurazione con
edifici che hanno subito danni sismici; sono stati considerati 13 aggregati per un
totale di 80 edifici di cui si dispone della scheda di I e II livello CNR/GNDT.
Venzone in occasione del terremoto del maggio 1976, si è trovato in una
fascia di intensità macrosismica stimata del IX grado della scala MSK; pur
subendo danni molto gravi, Venzone ha registrato un numero elevato di crolli e di
77
danni irreparabili solamente dopo l’evento sismico dei settembre. Il centro storico
è raccolto all’interno delle mura medioevali (Figura 8.1) e sulla base del piano
particolareggiato di ricostruzione è possibile definire 18 aggregati strutturali che si
presentano di forma compatta e che in alcuni casi sono definiti a corte.
Sulla base dei dati presenti nelle schede di I e II livello del CNR/GNDT è possibile
caratterizzare gli edifici del centro storico. La Figura 8.2 rappresenta una
classificazione degli edifici in base all’età di costruzione; si può notare che tutti gli
edifici esaminati sono stati costruiti prima del 1919. Gli aggregati sono omogenei
dal punto di vista dell’età di costruzione.
Un’altra classificazione del centro storico sulla base dei dati delle schede del
CNR/GNDT presentata in Figura 8.3, dove gli edifici sono associati al proprio
numero di piani; si può notare una predominanza di edifici con quattro piani fuori
terra.
8.1 L’elaborazione dei dati
La procedura seguita nella raccolta dei dati per il calcolo della vulnerabilità è
equivalente a quella messa a punto dal CNR/GNDT e descritta al capitolo 4;
costruita la cartografia di riferimento sulla base del piano particolareggiato di
ricostruzione di scala 1:500 si sono individuati gli aggregati strutturali di interesse
(Figura 8.1) e per ogni aggregato gli edifici rilevanti.
Estratte le schede di I e II livello disponibili, si sono determinati gli edifici per i
quali procedere al rilievo dei dati catastali. Sono stati identificati un totale di 80
edifici; di 80 edifici si ha a disposizione la scheda di I e II livello del CNR/GNDT e
la scheda di computo della vulnerabilità, di 51 di questi edifici si dispone anche del
verbale di accertamento danni .
L’elaborazione dei dati disponibili per ogni edificio è stata suddivisa in più
fasi. La prima fase è costituita nella costruzione di una base di dati che raccolga,
per ogni edificio, le informazioni relative al verbale di accertamento e alla scheda
di computo di vulnerabilità e alle schede di I e II livello del CNR/GNDT.
Successivamente questi dati vengono elaborati per ottenere il valore della
vulnerabilità intrinseca con la metodologia descritta nel capitolo 4, e gli indici
necessari allo studio dell’influenza delle condizioni al contorno come ad esempio i
periodi fondamentali.
78
Anche in questo caso si è considerato come indice di vulnerabilità il massimo
delle vulnerabilità ottenute dalle ellissi di vulnerabilità intrinseca per le due
direzioni ortogonali di sollecitazione che si suppone abbiano investito il centro
storico di Venzone. Il calcolo dell’indice di vulnerabilità per ogni edificio,
applicando la procedura descritta nel capitolo 4 con i dati disponibili per il centro
storico di Venzone, si è svolto calcolando la vulnerabilità intrinseca di ogni edificio
dipendente solamente dal valore degli 11 parametri descritti nel capitolo 4 e dal
valore dei pesi associati ai parametri che sono di seguito specificati in Tabella 8.1.
Il risultato di questa prima elaborazione è riportato in Figura 8.4.
PARAMETRO
Classe 1 Classe 2 Classe 3 Classe 4
Peso
Tipo e Org. del Sistema Resistente
0
5
20
45
1.0
Qualità Sistema Resistente
0
5
25
45
0.25
Resistenza Convenzionale
0
5
25
45
1.5
Posizione Edificio e Fondazioni
0
5
25
45
0.75
Orizzontamenti
0
5
15
45
var (0.5-1)
Configurazione Planimetrica
0
5
25
45
0.5
Configurazione in Elevazione
0
5
25
45
var (0.5-1)
Distanza Massima tra le Murature
0
5
25
45
0.25
Copertura
0
15
25
45
var (0.5-1)
Elementi non Strutturali
0
0
25
45
0.25
Stato di Fatto
0
5
25
45
1.0
Tabella 8.1: Punteggi e pesi utilizzati per il calcolo della vulnerabilità intrinseca per Venzone.
8.2 Le correlazioni indice di vulnerabilità - indice di danno
L’indice di danno per ogni edificio è stato calcolato sulla base della procedura
di capitolo 4 e si basa esclusivamente su dati appartenenti alla scheda di I livello
del CNR/GNDT e quindi può essere definito un indice di danno strutturale (Figura
8.5).
Per procedere alla definizione della correlazione danno-vulnerabilità sono
stati considerati gli 80 edifici provvisti delle schede di I e II livello del CNR/GNDT.
I diagrammi a dispersione di punti, per valutare la correlazione tra danno e
vulnerabilità, sono stati costruiti basandosi sugli 80 edifici del centro storico di
79
Venzone; tali diagrammi riportano in ascissa l’indice di vulnerabilità CNR/GNDT e
in ordinata l’indice di danno.
Il Grafico 8.1 considera il calcolo della vulnerabilità intrinseca degli edifici
comparata all’indice di danno assoluto calcolato con la procedura del CNR/GNDT.
Si è poi considerata l’ipotesi di rendere il parametro 3 (Resistenza Convenzionale)
anisotropo; in questo caso sono state definite due direzioni fondamentali x e y su
cui può essere valutata distintamente la vulnerabilità. I Grafici 8.2 e 8.3
rappresentano per gli edifici del centro storico la correlazione tra vulnerabilità
intrinseca valutata nella direzione x e y e l’indice di danno.
Nella procedura per il calcolo dell’indice di danno, descritta nel capitolo 4,
quattro elementi concorrono, tramite una sommatoria, alla determinazione di
questo indice; sono i livelli di danno riportati alle strutture verticali, agli
orizzontamenti, ai tamponamenti e alle scale. I Grafici 8.4 e 8.5 considerano
rispettivamente l’indice di danno rilevato per gli elementi verticali dell’edificio e gli
orizzontamenti e rappresentano la correlazione tra tale indice e la vulnerabilità
intrinseca.
Correlazione Danno Vulnerabilità
1.20
Indice di Danno CNR/GNDT
1.00
0.80
0.60
0.40
0.20
0.00
0
50
100
150
200
250
300
350
Indice Vulnerabilità CNR/GNDT
Grafico 8.1: Correlazione indice di vulnerabilità CNR/GDNT e indice di danno.
80
400
Correlazione Danno Vulnerabilità
1.20
Indice di Danno CNR/GNDT
1.00
0.80
0.60
0.40
0.20
0.00
0
50
100
150
200
250
300
350
400
Indice di Vulnerabilità CNR/GNDT direzione Y
Grafico 8.2: Correlazione indice di vulnerabilità lungo la direzione x e indice di danno.
Correlazione Danno Vulnerabilità
1.20
Indice di Danno CNR/GNDT
1.00
0.80
0.60
0.40
0.20
0.00
0
50
100
150
200
250
300
350
400
Indice di Vulnerabilità CNR/GNDT direzione X
Grafico 8.3: Correlazione indice di vulnerabilità lungo la direzione y e indice di danno.
81
Correlazione Danno Vulnerabilità
1.20
Indice di Danno Strutture Verticali
1.00
0.80
0.60
0.40
0.20
0.00
0
50
100
150
200
250
300
350
400
Indice di Vulnerabilità CNR/GNDT
Grafico 8.4: Correlazione indice di vulnerabilità e indice di danno per le strutture verticali.
Correlazione Danno Vulnerabilità
1.20
Indice di Danno Orizzontamenti
1.00
0.80
0.60
0.40
0.20
0.00
0
50
100
150
200
250
300
350
Indice di Vulnerabilità CNR/GNDT
Grafico 8.5: Correlazione indice di vulnerabilità e indice di danno per gli orizzontamenti.
82
400
9. LEGGE DI CORRELAZIONE DANNO - VULNERABILITA’
Riprendendo la definizione della vulnerabilità sismica data nel capitolo 3, si
può supporre di definire una relazione tra le grandezze danno e azione sismica;
considerando un approccio di tipo deterministico si può definire tra le due
grandezze una relazione D=D(a). La funzione D(a) è indicata come funzione di
vulnerabilità in relazione all’azione aggressiva e al danno considerati.
d
1
0
a
yc
yi
Figura 9.1: Legge deterministica trilineare accelerazione-danno.
Tenendo presente le ampie incertezze che gravano sulle diverse leggi di
correlazione tra l’accelerazione e il danno, sembra ragionevole considerare valido
l’approccio proposto da diversi autori (Grandori e Petrini, 1976; Grandori, 1982;
Corsanego, 1982) di considerare una legge trilineare di seguito definita.
Ricordando il significato dei valori di yi accelerazione di inizio danneggiamento e di
yc accelerazione di collasso; la relazione danno - accelerazione può essere
definita nel modo seguente:
⎧0
⎪
⎪ ( y − yi )
D ( y ,V ) = ⎨
⎪ ( yc − yi )
⎪⎩1
per y ≤ yi
per yi ≤ y ≤ yc
1]
per yc ≤ y
(Figura 9.1) dove le relazioni tra yi, yc e la vulnerabilità sono espresse da:
yi = α i ⋅ e − β i (V −Vs )
yc = [α c + β c ⋅ (V − Vs )γ ]−1
83
In queste relazioni il convenzionale intervallo di vulnerabilità compreso tra 0 e
100 viene ora esteso tra Vs e 100, considerando quindi anche valori negativi, allo
scopo di includere anche gli edifici con prestazioni antisismiche migliori rispetto
agli edifici in muratura di pietrame. Come relazione tra accelerazione di picco ed
intensità macrosismica viene assunta
la seguente espressione (Gaugenti e
Petrini, 1989)
ln y = aI − b
con a = 0.602 e b = 7.073.
Le relazioni D(y,V) sono state ottenute correlando i dati di vulnerabilità e di
danneggiamento osservati sugli edifici durante il terremoto del Friuli e del centro
Italia (1976, 1984). In particolare i dati considerati provengono da quattro siti
campione Venzone, Tarcento, San Daniele e Barrea.
Figura 9.2: curve ottenute dell’interpolazione dei dati di Tarcento, San Daniele, Venzone e Barrea
Dall’elaborazione dei dati visualizzati in Figura 9.2, costituiti da un campione di più
di 300 edifici, è possibile ottenere una serie di parametri per la relazione danno
intensità attraverso i quali, utilizzando il processo di interpolazione ai minimi
84
quadrati (Tabella 9.1) si ottengono le migliori curve che mettono in relazione
l’azione sismica la vulnerabilità e il danno.
αi
βi
αc
βc
γ
0.08
0.013037
1.5371
0.00097401
1.8087
Tabella 9.1: Valori dei parametri per le relazioni di pagina precedente.
Sugli stessi dati, considerando gli effetti sugli edifici alle diverse intensità, è stato
possibile migliorare la correlazione tra vulnerabilità e danno e quindi tracciare in
base alla 1] il grafico di Figura 9.3
Figura 9.3: funzione D=D(y,V) Vulnerabilità – danno – accelerazione, con parametri stimati sui dati
di Venzone , Tarcento, San Daniele e Barrea (Grimaz et al., 1998)
Qui si correla il danno atteso ad un dato valore di intensità del sisma (espresso in
funzione di g) per una data vulnerabilità.
85
1. INTRODUZIONE
E’ noto che il problema della vulnerabilità sismica delle costruzioni esistenti è
divenuto d’attualità negli ultimi decenni in cui i frequenti terremoti hanno messo in
luce che il numero di vittime e le perdite economiche, dirette ed indirette,
dipendono in larga parte dal comportamento sismico degli edifici. Occorrono criteri
di valutazione della vulnerabilità del patrimonio edilizio alle varie scale, da quella
locale a quella nazionale, per dare risposta a problemi di intervento ai vari livelli,
dalla ristrutturazione di un singolo edificio alla programmazione e pianificazione
degli interventi di adeguamento antisismico delle costruzioni sull’intero territorio
nazionale (Colonna et al.,1994).
Nell’ambito dei metodi attualmente in uso per la determinazione della
vulnerabilità sismica delle costruzioni si fa riferimento al quadro metodologico che
identifica il problema con quello dell’individuazione di una legge che metta in
relazione il danno subito da un edificio campione all’occorrere di un terremoto ed il
terremoto stesso e nella conseguente definizione di un indice di vulnerabilità
sismica dell’edificio.
In tale quadro s’inseriscono, ad esempio, i metodi messi a punto dal
CNR/GNDT attraverso la “scheda di rilevamento dell’esposizione e della
vulnerabilità sismica degli edifici” sperimentata in collaborazione con le Regioni
Toscana, Emilia Romagna, Marche e Piemonte (AA. VV., 1993).
E’ evidente che un rilevamento tramite la scheda menzionata dell’intero
patrimonio edilizio nazionale sia inattuabile per ragioni economico – organizzative;
d’altro canto è noto che l’unico strumento che svolge un’indagine del costruito a
livello nazionale è il censimento ISTAT. Questo però non contempla alcuna analisi
di tipo strutturale e tanto meno sul comportamento sismico.
Con il metodo tipologico si propone di attribuire la vulnerabilità sismica agli
edifici attraverso l’individuazione di parametri che siano al contempo indicatori
dello stato di vulnerabilità sismica secondo i verbali di accertamento danni (L.R.
17/76) e presenti nelle tabulazioni ISTAT. Ciò consente di definire dei criteri di
valutazione della vulnerabilità sismica delle costruzioni in muratura a partire da
indagini non specifiche e già effettuate a livello nazionale. Di conseguenza, per la
natura e la composizione dei dati ai quali fa riferimento, questo approccio permette
86
di identificare una serie di tipologie edilizie dalle forti analogie comportamentali dal
punto di vista sismico, ma non permette di individuare quei parametri capaci di
descrivere l’attitudine di una singola struttura a sopportare le sollecitazioni
derivanti dai terremoti. Ci si pone quindi il problema di raggruppare gli edifici in
"classi" che siano omogenee dal punto di vista del comportamento sismico. Di
conseguenza, la metodologia proposta sarà finalizzata quasi esclusivamente
all'analisi delle tipologie ordinarie escludendo di fatto le tipologie speciali, come gli
edifici
monumentali,
dalle
problematiche
troppo
dissimili
dai
fabbricati
normalmente adibiti ad abitazione, per i quali meglio si configura uno studio
particolareggiato relativo al singolo edificio.
Da quanto sopra detto, l’analisi dei dati contenuti in Fr.E.D. (paragrafo 5.2),
che oltre a fornire informazioni molto simili alla scheda di vulnerabilità di primo
livello G.N.D.T, riporta un giudizio circa il grado di danneggiamento subìto dagli
edifici in seguito al sisma del 1976, consente di individuare i parametri
essenzialmente tipologici che permettono di definire delle classi omogenee dal
punto di vista del comportamento sismico.
Per ciascuna classe tipologica diventa quindi possibile stabilire l’effettivo
grado di danneggiamento subìto in base alla severità del sisma e definire un
criterio per la classificazione delle tipologie in base alla loro vulnerabilità.
Questo consentirà di estendere quanto dedotto dal campione, costituito dagli
edifici danneggiati dal sisma del 1976, all’intero patrimonio edilizio della regione
I risultati di questo lavoro, il cui obiettivo principale è di giungere alla
definizione di una procedura speditiva di stima della vulnerabilità a scala
territoriale, consisteranno in una descrizione qualitativa in termini di vulnerabilità
ad esempio "bassa", "media" e "alta".
87
2. CRITERI DI SELEZIONE DEI DATI
2.1 Il contenuto informativo dei verbali di accertamento danni
Ogni verbale di accertamento danni è stato sintetizzato in un record di dati
contenente informazioni sulla localizzazione spazio-temporale del verbale stesso
(COMUNE, CODICE, DATA), sulle caratteristiche tipologiche del fabbricato
rilevato (ETÀ, PIANI, SCANTINATO, FRONTI COMUNI, MATERIALE) e sul grado
di danneggiamento subito (DANNO).
L'analisi dei dati riportati nei verbali, essendo questi sufficientemente diffusi
sul territorio, permette innanzitutto di valutare la distribuzione e la quantificazione
del danno nell'area interessata dal sisma. La mappatura del danno a livello
territoriale consente di effettuare alcune importanti considerazioni. Il danno fisico
può essere espresso come una funzione D = D( A) detta funzione di vulnerabilità
che esplicitata assume la nota forma simbolica (cfr. 1):
D f = A ⊗V f
1]
in cui Df è il danno fisico, A è l'azione sismica e V f la vulnerabilità fisica degli
edifici. Essendo la vulnerabilità fisica direttamente dipendente dalle caratteristiche
tipologiche degli edifici e considerando un campione tipologicamente omogeneo,
le indicazioni sul grado di danneggiamento possono fornire un quadro complessivo
dell'intensità macrosismica del terremoto e della sua distribuzione sul territorio;
infatti, a parità di V f , si ha la seguente relazione:
Df = A
2]
L'aspetto più importante è quindi legato alla possibilità di effettuare degli studi
a posteriori sul comportamento degli edifici sottoposti all'azione del sisma; questo
permette di mettere in relazione il grado di danneggiamento con alcune
caratteristiche tipologiche e costruttive degli edifici rilevati e quindi di stimare una
correlazione tra danno, azione sismica e vulnerabilità degli edifici. Infatti, se
88
consideriamo un campione di edifici che hanno subito un sisma della stessa
intensità A, si ha
Df = Vf
3]
Il danno fornisce quindi una misura indiretta della vulnerabilità degli edifici
esaminati. Estrapolando dal campione le tipologie edilizie maggiormente
significative, è possibile effettuare per ciascuna una valutazione qualitativa della
vulnerabilità; in questo modo si può realizzare un abaco in cui si classificano tutte
le tipologie edilizie in base al loro grado di vulnerabilità.
Naturalmente tutte le valutazioni che si effettueranno, dato che la fonte di dati è un
censimento dei danni nell'area danneggiata dal sisma eseguito al fine di stabilire i
contributi per la ricostruzione e non finalizzato alla raccolta di dati sulle
caratteristiche costruttive degli edifici, sono da considerarsi significative a livello
territoriale e non consentono quindi di esprimere giudizi sul singolo edificio ma
solo sull'intero patrimonio edilizio di un certo ambito territoriale ad esempio il’intero
territorio comunale.
2.2 Classificazione dei verbali di accertamento danni
Per
valutare
la
qualità
delle
informazioni
contenute
nei
verbali
d'accertamento danni e quindi stabilire l'attendibilità dei risultati che si possono
ottenere dalla loro elaborazione, è necessario farne una preventiva classificazione
con riferimento:
Θ
alla data di compilazione del verbale (Tabella 1.1);
Θ
alla completezza dei dati riportati sul verbale con particolare attenzione a quelli
riguardanti le caratteristiche tipologiche degli edifici rilevati.
2.3 I verbali utili
La prima classificazione ha la finalità di estrarre dall'intera banca dati
solamente i verbali relativi ai fabbricati danneggiati in seguito all'evento sismico del
maggio 1976 e quindi considerare gli effetti di un sola azione sismica A.
89
La sequenza delle scosse sismiche distruttive che si sono verificate in Friuli nel
1976 è la seguente:
Data
Ora (GMT)
Magnitudo
Intensità media stimata (scala MCS)
6 maggio
20.00
6,4
9 1/2 – 10
9 maggio
00.53
5,3
7 1/2 – 8
11 settembre
16.31
5,1
11 settembre
16.35
5,6
15 settembre
3.15
5,8
15 settembre
9.21
6,1
IX – X
VII – VIII
7½
VII – VIII
8
VIII
8½
VII – IX
9
IX
Tabella 1.1: la sequenza delle principali scosse distruttive del 1976.
Si può quindi osservare come tutti i verbali di accertamento danni redatti
dall'11 settembre in poi descrivono i danni sugli edifici provocati sia dalla
sequenza sismica di maggio sia dalla sequenza di settembre; questi ultimi verbali
sono allora rappresentativi degli effetti prodotti dall'azione combinata A' di due
eventi sismici distanti nel tempo e con caratteristiche diverse.
Nello stabilire una legge del tipo
D = D( A) si devono prendere in
considerazione due elementi, il danno D e l'azione sismica A, legati da una legge
causa-effetto; per questo si ritiene opportuno trascurare tutti quei verbali compilati
in tempi troppo distanti dall'evento sismico e che quindi descrivono effetti non
direttamente legati all'azione sismica A.
Inoltre, è presumibile che molti dei verbali compilati in tempi successivi siano
poco attendibili dal punto di vista della descrizione del danno poiché
probabilmente influenzati da ragioni economiche valutate a posteriori e legate
all'assegnazione dei contributi per la ricostruzione.
Un altro elemento a favore di questa classificazione è costituito dalla
necessità di stabilire l'intensità macrosismica del terremoto per ogni campione di
edifici individuato; questo può essere fatto solamente in base alla mappa delle
90
isosisme del terremoto del 6 maggio 1976 redatta dall'O.G.S. (Giorgetti, 1976) che
considera solo gli effetti del sisma di maggio e non quelli delle repliche di
settembre.
In conformità a queste considerazioni si suddividono i verbali d’accertamento
danni in due distinte categorie:
Θ
verbali redatti prima dell'11 settembre 1976 e quindi relativi agli effetti delle
scosse sismiche di maggio; questi verbali verranno indicati come verbali utili;
Θ
verbali redatti prima dall'11 settembre 1976 e quindi comprensivi degli effetti
delle scosse sismiche di maggio e di settembre; questi verbali non verranno
presi in considerazione.
I comuni nei quali sono stati redatti dei verbali di accertamento danni prima dell’11
settembre saranno denominati Comuni Utili.
In base a questa classificazione è possibile caratterizzare la banca dati
operativa, mettendo in evidenza gli aspetti legati alla distribuzione ed alla
composizione dei verbali utili
Nel primo prospetto viene riportato, distinto per provincia, il numero dei
comuni e dei verbali utili in rapporto al numero totale di comuni rilevati e di verbali
redatti; si osserva come tutti i verbali redatti nelle province di Gorizia e Trieste
(peraltro non moltissimi) sono stati compilati dopo l'11 settembre e quindi
rimangono rappresentative degli effetti del sisma di maggio solo le province di
Udine e Pordenone.
Nel secondo prospetto si mette in evidenza il numero di verbali utili per le
province di Udine e di Pordenone in relazione alle fasce di danneggiamento
stabilite in base alla L.R. 15/76.
Infine, nel terzo prospetto, si riporta il numero di verbali utili per le province di
Udine e Pordenone in relazione all'intensità macrosismica assegnata in base alla
mappa delle isosisme del terremoto del 6 maggio (Giorgetti, 1976).
In tutti questi prospetti, i dati relativi al numero di verbali sono riferiti ai soli
Comuni Utili.
91
PRIMO PROSPETTO
NUMERO DI COMUNI CON VERBALI UTILI - COMUNI UTILI
200
200
180
160
140
126
120
120
98
N. Comuni utili
100
N. Comuni rilevati
80
51
60
40
21
22
20
0
0
Gorizia
Trieste
2
0
Udine
Pordenone
FRIULI V.G.
NUMERO DI VERBALI UTILI PER PROVINCIA
90000
75879
80000
70000
60821
60506
60000
48779
50000
N. verbali redatti
N. verbali utili
40000
30000
15373
20000
12042
10000
0
0
0
0
0
Udine
92
Pordenone
Gorizia
Trieste
FRIULI V.G.
% VERBALI UTILI SUL TOTALE DEI VERBALI REDATTI
100%
19,38%
21,67%
19,84%
80%
60%
% verbali non utili
% verbali utili
40%
80,62%
78,33%
80,16%
Udine
Pordenone
FRIULI V.G.
20%
0%
93
SECONDO PROSPETTO
NUMERO DI VERBALI UTILI PER I COMUNI DISASTRATI IN BASE ALLA L.R. 15/76
39976
40000
38117
35000
29742 28516
30000
25000
N. verbali redatti
20000
N. verbali utili
15000
10234
9601
10000
5000
0
Udine
Pordenone
FRIULI V.G.
% VERBALI UTILI SUL TOTALE DEI VERBALI REDATTI - COMUNI DISASTRATI
100%
4,12%
6,19%
4,65%
95,88%
93,81%
95,35%
Udine
Pordenone
FRIULI V.G.
80%
60%
% verbali non utili
40%
20%
0%
94
% v.a.d. utili
NUMERO DI VERBALI UTILI PER I COMUNI GRAVEMENTE DANNEGGIATI IN BASE ALLA L.R. 15/76
40000
35000
30000
25000
19820
17713
N. verbali redatti
20000
16022
14818
N. verbali utili
15000
10000
2107
5000
1204
0
Udine
Pordenone
FRIULI V.G.
% VERBALI UTILI SUL TOTALE DEI VERBALI REDATTI - COMUNI GRAVEMENTE DANNEGGIATI
100%
16,34%
80%
19,16%
42,86%
60%
% verbali non utili
40%
% v.a.d. utili
83,66%
80,84%
57,14%
20%
0%
Udine
Pordenone
FRIULI V.G.
95
NUMERO DI VERBALI UTILI PER I COMUNI DANNEGGIATI IN BASE ALLA L.R. 15/76
40000
35000
30000
25000
N. verbali redatti
20000
N. verbali utili
16047
13015
15000
10000
5444
6681
3032
5000
1237
0
Udine
Pordenone
FRIULI V.G.
% VERBALI UTILI SUL TOTALE DEI VERBALI REDATTI - COMUNI DANNEGGIATI
100%
80%
58,17%
59,20%
58,37%
60%
% verbali non utili
% v.a.d. utili
40%
20%
41,83%
40,80%
41,63%
Udine
Pordenone
FRIULI V.G.
0%
96
TERZO PROSPETTO
NUMERO DI VERBALI UTILI PER CLASSI DI INTENSITA' MACROSISMICA
25000
20776
20000
18969
15351
13610
15000
13976
12424
N. verbali redatti
9212
N. verbali utili
10000
5000
4417 4213
6388
5376 5147
3407 3211
152 71
0
7
6
5
4
3
2
1
0
Classi di intensità macrosismica
% DI VERBALI UTILI PER CLASSI DI INTENSITA' MACROSISMICA
100%
4,62%
4,26%
5,75%
8,70%
90%
11,34%
25,85%
80%
54,29%
70%
53,29%
60%
50%
% verbali non utili
95,38%
95,74%
94,25%
91,30%
40%
% v.a.d. utili
88,66%
74,15%
30%
20%
45,71%
46,71%
1
0
10%
0%
7
6
5
4
3
2
Classi di intensità macrosismica
97
2.4 I verbali completi
Da una prima analisi dei dati riportati nei verbali utili, si può osservare come
molti verbali di accertamento danni non riportino in maniera completa le
informazioni sulle caratteristiche degli edifici rilevati.
L'assenza di certi dati sulle caratteristiche tipologiche è dovuto in primo luogo
alle modalità di rilevamento, che escludevano dal rilievo completo gli edifici distrutti
o parzialmente crollati e gli edifici illesi; in alcuni casi invece, l'assenza è dovuta
all'impossibilità oggettiva di rilevare alcune informazioni, alla presenza di situazioni
particolari che i tecnici rilevatori valutavano in sito oppure ad inevitabili imprecisioni
in fase di compilazione.
L'incompletezza dei verbali d’accertamento danni giustifica quindi l'adozione
di una classificazione dei verbali utili in:
Θ
verbali utili in cui sono presenti tutti i dati relativi alle caratteristiche tipologiche
degli edifici; questi verbali saranno denominati verbali completi;
Θ
verbali utili in cui manca almeno una delle caratteristiche tipologiche che
descrivono gli edifici rilevati; questi verbali sono denominati verbali incompleti.
In base a quest'ultima classificazione è possibile caratterizzare ulteriormente
la banca dati operativa, mettendo in evidenza gli aspetti legati alla distribuzione ed
alla composizione dei verbali completi. Nel seguente grafico si riporta, distinto per
provincia, il numero di verbali completi in rapporto al numero totale di verbali utili.
NUMERO DI VERBALI COMPLETI PER PROVINCIA
90000
80000
70000
60821
60000
48779
44952
50000
N. verbali utili
37369
N. verbali completi
40000
30000
12042
20000
7583
10000
0
Udine
98
Pordenone
FRIULI V.G.
Di seguito si riporta, distinta per provincia, la percentuale di verbali completi e
la percentuale di verbali incompleti.
% VERBALI COMPLETI SUL TOTALE DEI VERBALI UTILI
100%
23,39%
26,09%
37,03%
80%
60%
% verbali incompleti
% verbali completi
40%
76,61%
73,91%
62,97%
20%
0%
Udine
Pordenone
FRIULI V.G.
In questo grafico si vuole analizzare, per l'intera banca dati disponibile, il numero
di verbali completi ed incompleti al variare del grado di danneggiamento espresso
attraverso i giudizi di danno:
% DI DATI INCOMPLETI IN FUNZIONE DEI GIUDIZI DI DANNO
100%
15,42%
12,90%
28,85%
80%
60%
80,94%
99,41%
100,00%
84,58%
40%
87,10%
% verbali incompleti
% verbali completi
71,15%
20%
19,06%
0%
D
NR
RP
RT-ST
RT-NS
NS
Giudizi di danno
99
Si può osservare che per gli edifici distrutti (giudizio di danno D) i verbali
sono tutti incompleti mentre la percentuale di verbali completi per gli edifici non
riparabili (giudizio di danno NR) oppure per gli edifici illesi (giudizio di danno NS) è
molto bassa.
Infine, in quest'ultima rappresentazione grafica si vuole stabilire quali siano le
caratteristiche
tipologiche
mancanti
responsabili
in
maggior
misura
dell'incompletezza dei verbali di accertamento danni.
% DI DATI INCOMPLETI IN FUNZIONE DELLA CARATTERISTICA TIPOLOGICA MANCANTE
100%
2,42%
0,47%
2,29%
0,14%
29,89%
80%
60%
97,58%
99,53%
97,71%
% verbali incompleti
99,86%
% verbali completi
40%
70,11%
20%
0%
ETA'
PIANI
SCANTINATO
FRONTI
COMUNI
MATERIALE
Caratteristiche tipologiche mancanti
Come previsto, il dato mancante in maggior misura è quello relativo al
MATERIALE in quanto questo tipo di informazione era richiesta solamente nei casi
in cui si dovesse procedere al calcolo del contributo per il ripristino con
l'esclusione quindi dei fabbricati con giudizi di danno D, NR e NS. Un quadro
complessivo dell'influenza del grado di danneggiamento e dei singoli parametri
tipologici sulla percentuale di verbali incompleti, può essere data dal grafico che
segue.
Si possono quindi fare le seguenti osservazioni:
Θ
per i verbali con giudizi di danno D, NR, RT-NS e NS l'incompletezza dei dati è
dovuta essenzialmente al MATERIALE;
Θ
per i verbali con giudizi di danno RP e RT-ST l'incompletezza dei dati è dovuta
in buona parte al MATERIALE ma anche ai dati riguardanti l'ETÀ e lo
SCANTINATO.
100
Mentre l'incompletezza dei verbali con giudizi di danno D, NR e NS è
giustificata dalle modalità di compilazione dei verbali stessi, tutte le altre
mancanze sono dovute alla difficoltà di reperire i dati necessari per la redazione
dei verbali, a valutazioni specifiche fatte dai tecnici sul luogo del rilievo oppure ad
imprecisioni in fase di redazione dei verbali stessi.
CARATTERIZZAZIONE DEI VERBALI INCOMPLETI : % di verbali incompleti a causa di una singola
caratteristica tipologica mancante rispetto al numero totale di verbali incompleti per singolo giudizio di danno
100,00%
80,00%
60,00%
MATERIALE
40,00%
FRONTI COMUNI
20,00%
SCANTINATO
PIANI
Caratteristiche
tipologiche
0,00%
D
NR
ETA'
RP
RT-ST
RT-NS
Giudizi di danno
NS
2.5 Criteri di selezione dei campioni significativi
Le informazioni riportate nei verbali di accertamento danni non possono
essere gestite ed analizzate globalmente ma devono essere accorpate per
campioni omogenei al fine di poter ottenere dei risultati significativi ed estendibili
ad altri campioni aventi le stesse caratteristiche.
I criteri d’omogeneità riguardano:
Θ
l'intensità macrosismica del terremoto del 6 maggio 1976;
Θ
le caratteristiche geomorfologiche locali;
Θ
le caratteristiche tipologiche e le tecniche costruttive tradizionali.
Per analisi a livello territoriale, il campione omogeneo più adatto che si può
ottenere è quello delimitato dai confini amministrativi del comune; si andranno
quindi a considerare separatamente i verbali di accertamento danni redatti
all'interno di ogni singolo territorio comunale.
101
Quest’unità campione, pur non essendo sempre delimitata da confini fisici o
tipologici ben precisi, rappresenta un insieme di dati che, oltre ad essere
sufficientemente omogeneo, è facilmente definibile in base alle indicazioni dei
verbali, infatti:
Θ
per ogni comune, con buona approssimazione, è definibile l'intensità
macrosismica del terremoto in base alla mappa delle isosisme elaborate
dall'O.G.S. (Giorgetti, 1976) (Figura 5.6);
Θ
all'interno del territorio comunale le caratteristiche tipologiche e le tecniche
costruttive tradizionali sono abbastanza uniformi, soprattutto in comuni non
molto estesi e con caratteristiche ambientali non molto diverse;
Θ
in ogni verbale di accertamento danni è riportato il nome del comune in cui è
stato redatto, per cui il campione è facilmente individuabile.
Il campione formato su base comunale mantiene inoltre una sufficiente numerosità
che
gli
permette
d’essere
significativo
sul
piano
statistico
(soglia
di
rappresentatività). Infatti, cercando di suddividere il campione "comune" in
sottocampioni rappresentativi d’ogni singolo agglomerato urbano (capoluogo,
frazioni, località), si ottiene sicuramente una maggiore omogeneità con riferimento
soprattutto alle caratteristiche geomorfologiche locali ed a quelle costruttive, però
si hanno due inconvenienti:
1. la definizione di queste singole unità, in base alle indicazioni dei verbali di
accertamento danni, non è sempre possibile a causa delle inevitabili
imprecisioni nella descrizione della località oggetto di rilevamento;
2. la formazione di campioni troppo piccoli che riducono il grado di significatività
dei risultati.
In definitiva, con il grado d’approssimazione proprio delle valutazioni a scala
territoriale, il campione costituito dall'insieme dei verbali d’accertamento danni
redatti all'interno d’ogni singolo comune rappresenta la soluzione più idonea per il
tipo d’elaborazione che si vuole effettuare.
Stabilito che la dimensione ottimale del campione è quella dell'ambito
comunale, è necessario procedere alla selezione dei campioni più significativi,
cioè di quei comuni che hanno un elevato contenuto informativo sia dal punto di
vista quantitativo (numerosità del campione) sia da quello qualitativo (significatività
dei dati).
102
Naturalmente, i criteri di selezione che che verranno utilizzati (filtri), saranno
finalizzati al raggiungimento degli obiettivi preposti e quindi dipenderanno dal
grado d’affidabilità richiesta ed effettivamente raggiungibile in un’analisi su scala
territoriale.
2.6 I Filtro
I criteri di selezione che compongono il I filtro si basano su tre elementi:
Θ
l'appartenenza del comune ad una delle fasce di danneggiamento previste
dalla L.R. 15/76
Θ
la percentuale di verbali utili rispetto al totale dei verbali redatti per comune
Θ
il numero totale di verbali utili per comune
Con il primo elemento si vogliono considerare le modalità di rilevamento e di
compilazione dei verbali di accertamento danni. In base alla L.R. 15/76 erano
individuate tre categorie di comuni in relazione alla gravità del danno subito:
Θ
comuni disastrati
Θ
comuni gravemente danneggiati
Θ
comuni danneggiati
Per i comuni disastrati il rilievo fu esteso a tutti gli edifici presenti sul territorio
(rilievo a tappeto) perciò i verbali d’accertamento danno, costituiscono una specie
di censimento di tutto il patrimonio costruttivo presente alla data del sisma (ad
eccezione delle tipologie non residenziali). Per gli altri comuni, il rilievo era di tipo
puntuale e finalizzato al censimento dei soli edifici danneggiati.
Per questo motivo gli unici comuni attendibili per valutazioni sul
danneggiamento prodotto dal sisma sono quelli classificati come disastrati, perché
permettono di estendere le stime di danno su tutto il patrimonio costruttivo
esistente alla data del sisma.
Il secondo elemento è di fondamentale importanza per comprendere in quale
misura i verbali d’accertamento danni descrivono gli effetti sugli edifici dell'evento
sismico del maggio 1976 e non gli effetti combinati delle scosse sismiche di
maggio e di settembre. Un'alta percentuale di dati utili indica che quasi tutto il
patrimonio edilizio danneggiato è stato rilevato subito dopo l'evento sismico di
maggio e quindi i danni possono essere messi in relazione ad un unico evento
103
sismico. Invece se la percentuale di verbali utili è bassa significa che le operazioni
di rilievo si sono estese lungamente nel tempo e che quindi risentono degli effetti
peggiorativi prodotti dalle scosse sismiche di settembre.
Si può osservare dall'analisi dei dati a disposizione che in tutti i comuni
disastrati la percentuale di verbali utili in rapporto al totale dei verbali redatti è
sempre superiore al 70%; questa percentuale è assunta come valore limite al di
sotto del quale il comune non può essere preso in considerazione.
Infine il terzo elemento è importante per stabilire se la numerosità del
campione è sufficiente per fornire dei risultati attendibili; infatti, le valutazioni che si
vogliono effettuare sono approssimate ed hanno valore solo a livello territoriale in
quanto si basano sull'ipotesi che le casistiche particolari e gli inevitabili errori si
compensino in media. Da una prima analisi sui dati a disposizione si osserva
come tutti i campioni costituiti dai comuni disastrati hanno un numero di verbali utili
superiore a 100. Al fine di comprendere nell'analisi tutti i comuni disastrati si è
considerato come soglia di rappresentatività un campione costituito da 100 verbali
utili. I criteri di selezione del I filtro si esplicano quindi nelle seguenti tre condizioni:
Θ
comuni classificati come "disastrati" secondo la L.R. 15/76;
Θ
comuni con una percentuale di verbali utili rispetto al totale dei verbali redatti
maggiore o uguale al 70 %;
Θ
comuni con un numero di verbali di accertamento utili maggiore di 100.
In base a questi criteri vengono selezionati tutti i 45 comuni definiti disastrati;
questi saranno denominati Comuni Rappresentativi in quanto, idati per essi
dispnibili, sono rappresentativi degli effetti sulle costruzioni dell'evento sismico del
maggio 1976.
Inoltre, in base alla percentuale di verbali utili presenti, è possibile assegnare un
grado di rappresentatività al comune considerato, secondo le indicazioni del
prospetto di seguito riportato.
Il grado di rappresentatività fornisce una misura della qualità dell'informazione
contenuta nel singolo campione con riferimento alla relazione causa-effetto che
esiste tra l'azione sismica e i danni conseguiti dagli edifici; un alto grado di
rappresentatività indica infatti una buona corrispondenza tra l'azione sismica del 6
maggio (causa) e i danni prodotti agli edifici (effetto).
104
% Verbali utili
Grado di rappresentatività
≥ 90%
ALTO
80 − 90%
MEDIO
70 − 80%
BASSO
< 70%
NON RAPPRESENTATIVO
2.7 II Filtro
Dall'analisi dei verbali di accertamento danni si può osservare come la
grande maggioranza dei verbali incompleti è associata ai giudizi di danno distruttivi
(D e NR) oppure ai giudizi formulati per i fabbricati illesi (NS); inoltre, la causa
principale dell'incompletezza dei verbali è costituita dall'assenza di dati sul
materiale di costruzione delle murature.
Siccome l'obiettivo prefissato è quello di cercare una relazione dannotipologia edilizia, risulta opportuno concentrare l'attenzione sui verbali riportanti
giudizi di danno intermedi (RP, RT-ST e RT-NS) in quanto forniscono un'alta
percentuale di verbali completi che permettono di definire le caratteristiche delle
tipologie edilizie danneggiate, anche se in questo modo vengono perse delle
informazioni relative agli edifici distrutti dal sisma (età di costruzione, numero di
piani, numero di fronti comuni, scantinato).
Si è creato quindi un II filtro in cui il criterio di selezione si basa sulla
percentuale di verbali completi per ogni singolo giudizio di danno. Per determinare
la soglia massima di verbali incompleti per giudizio di danno sono state
considerate due distinte esigenze:
Θ
mantenere, per ogni giudizio di danno intermedio, il minor numero possibile di
verbali incompleti;
Θ
selezionare il massimo numero possibile di comuni al fine di ottenere un buon
numero di campioni su cui effettuare le elaborazioni ed i test di verifica delle
ipotesi assunte.
105
Il valore della soglia che meglio soddisfa queste due esigenze è stato valutato pari
al 15% di verbali incompleti per ogni singolo giudizio di danno.
L'elenco dei comuni selezionati attraverso questo criterio è riportato qui di seguito:
% di verbali completi ed incompleti - giudizi di danno Intermedi
RP
RT-ST
RT-NS
Comuni
selezionati
% verbali
completi
% verbali
incompleti
% verbali
completi
% verbali
incompleti
% verbali
completi
% verbali
incompleti
Amaro
92,00%
8,00%
97,53%
2,47%
100,00%
0,00%
Artegna
94,39%
5,61%
97,92%
2,08%
98,81%
1,19%
Bordano
96,00%
4,00%
99,59%
0,41%
100,00%
0,00%
Chiusaforte
88,89%
11,11%
95,55%
4,45%
94,90%
5,10%
Faedis
100,00%
0,00%
98,12%
1,88%
92,06%
7,94%
Gemona del
Friuli
88,89%
11,11%
94,86%
5,14%
89,80%
10,20%
Lusevera
90,70%
9,30%
98,65%
1,35%
98,39%
1,61%
Montenars
100,00%
0,00%
93,98%
6,02%
85,71%
14,29%
Taipana
95,18%
4,82%
94,94%
5,06%
94,62%
5,38%
Tolmezzo
96,77%
3,23%
90,69%
9,31%
86,62%
13,38%
Trasaghis
89,61%
10,39%
91,80%
8,20%
92,59%
7,41%
Tricesimo
100,00%
0,00%
94,74%
5,26%
87,03%
12,97%
Venzone
88,89%
11,11%
96,40%
3,60%
90,35%
9,65%
Frisanco
88,57%
11,43%
91,27%
8,73%
86,70%
13,30%
Tutti i campioni costituiti dai comuni che rispettano i criteri di selezione del I e
del II filtro possono essere considerati significativi per effettuare degli studi a
posteriori sulle possibili relazioni tra il grado di danneggiamento e le caratteristiche
tipologiche degli edifici rilevati e quindi per mettere a punto degli strumenti per
valutare, a livello territoriale, la vulnerabilità sismica del patrimonio edilizio
esistente. Infatti questi comuni hanno la duplice proprietà di essere rappresentativi
degli effetti del sisma del maggio 1976, tramite la definizione di un giudizio di
106
danno, e di riportare, per un'alta percentuale di casi e per ogni giudizio di danno, le
caratteristiche tipologiche degli edifici danneggiati. Questi comuni saranno in
seguito denominati Comuni Significativi per valutazioni sulla vulnerabilità degli
edifici.
Inoltre è possibile assegnare un grado di significatività al comune
selezionato, considerando i seguenti elementi:
Θ
il grado di rappresentatività del comune;
Θ
la somma delle percentuali di verbali incompleti per i giudizi di danno RP, RTST e RT-NS.
A tal fine si può costruire un parametro %INC definito nel seguente modo
% INC = ∑ (%verbali incompleti )RP, RT − ST , RT − NS
in base al quale si possono distinguere tre classi:
1.
%INC < 15%
2. 15% ≤ %INC < 30%
3.
30% ≤ %INC ≤ 45%
Nella prima classe si ipotizza, per ogni giudizio di danno intermedio, una
percentuale massima di verbali incompleti del 5%, nella seconda del 10% e nella
terza del 15% pari alla soglia massima stabilita.
Il grado di significatività verrà assegnato ad ogni comune selezionato in base
a quanto riportato nella seguente tabella:
Grado di rappresentatività
Basso
Medio
Alto
SIGNIFICATIVITA' DEI COMUNI
< 15
%INC
15÷30
30÷45
OTTIMA
BUONA
DISCRETA
BUONA
BUONA
DISCRETA
DISCRETA DISCRETA DISCRETA
107
Il grado di significatività fornisce un giudizio sulla qualità dell'informazione
contenuta
all'interno
di
ogni
campione
selezionato,
in
relazione
alla
determinazione di una correlazione tipologia edilizia-vulnerabilità.
Accanto ai giudizi relativi alla qualità dell'informazione è necessario anche
considerare l'ampiezza del campione che si considera, per cui nel seguente
prospetto si riporta l'elenco dei Comuni Significativi con il rispettivo grado di
significatività ed il numero di verbali completi.
Comune
Significatività Verbali completi
Amaro
OTTIMA
263
Artegna
OTTIMA
597
Bordano
OTTIMA
290
Chiusaforte
BUONA
455
Faedis
OTTIMA
1094
GemonadelFriuli
BUONA
2020
Lusevera
OTTIMA
307
Montenars
BUONA
197
Taipana
BUONA
615
Tolmezzo
DISCRETA
654
Trasaghis
BUONA
668
Tricesimo
BUONA
1184
Venzone
BUONA
400
Frisanco
DISCRETA
497
Non si ritiene necessaria una ulteriore classificazione dei Comuni Significativi in
base al numero di verbali completi contenuti in quanto l'analisi dei dati riguarda
l'individuazione di tipologie edilizie tipiche e non dei dati complessivi a livello
comunale e quindi è la dimensione del campione costituito dalla singola tipologia
edilizia ad essere significativo. Naturalmente i comuni con un elevato numero di
108
verbali
completi
hanno
una
maggiore
possibilità
di
contenere
tipologie
numericamente significative, quindi si analizzeranno prima i comuni più numerosi,
che possono fornire un modello comportamentale degli edifici ed in seguito si
effettueranno delle verifiche su tutti gli altri.
Nelle tavole grafiche seguenti vengono individuati i comuni selezionati attraverso i
criteri sopra esposti ed in particolare:
Θ
Tavola 1 - Comuni Utili classificati in base al numero di verbali utili;
Θ
Tavola 2- Comuni Rappresentativi del sisma del 6 maggio 1976 classificati in
base al grado di rappresentatività;
Θ
Tavola 3 - Comuni Significativi per la stima della vulnerabilità sismica degli
edifici.
2.8 La caratterizzazione tipologica dei campioni
Nei precedenti paragrafi si sono stabiliti dei criteri di selezione dei comuni al
fine di ottenere un campione significativo per le valutazioni specifiche di questa
trattazione.
Un elemento importante su cui si vuole porre l'attenzione riguarda la
caratterizzazione tipologica del campione attraverso la quale si vuole ottenere un
quadro completo delle caratteristiche tipologiche, contenute nei verbali di
accertamento danni, degli edifici presenti sul territorio alla data del sisma del
maggio 1976.
Una volta selezionati i campioni (dei Comuni Significativi), si procede ad una
loro sistematica caratterizzazione tipologica particolareggiata. Di seguito verrà
definito un criterio di stima della vulnerabilità sismica delle tipologie edilizie e
quindi la ricerca di una relazione tra tipologie edilizie e danno.
109
3. LA STIMA DELLA VULNERABILITÀ DELLE TIPOLOGIE EDILIZIE
3.1 L'analisi qualitativa dei dissesti ai fini della vulnerabilità sismica
L'esame dei danni effettivamente provocati dai terremoti costituisce una delle
fonti principali da cui attingere per l'interpretazione e la previsione del
comportamento sismico degli edifici in muratura. Con questo tipo di analisi è
possibile ricercare le cause di dissesto e risalire quindi al probabile
comportamento della struttura sottoposta all'azione sismica, individuando i
meccanismi di lesionamento e di collasso che si sono attivati.
L'analisi dei dissesti ha il vantaggio di essere sintetica e cioè di
schematizzare il problema complesso del comportamento dinamico della struttura
muraria con un modello statico con sole considerazioni di equilibrio integrate da
considerazioni teoriche che, anche se convenzionali o approssimate, tengono in
qualche modo conto delle leggi costitutive e della natura dinamica del fenomeno.
Si tratta quindi di una analisi qualitativa che permette di fare valutazioni sulla
vulnerabilità delle varie tipologie edilizie e cioè di fare previsioni, per strutture simili
e quindi per analogia, sul probabile grado di danneggiamento atteso. Infatti la
vulnerabilità, essendo
indipendente dalla pericolosità e quindi dall'intensità
dell'azione sismica, è legata alla possibilità di attivazione di un determinato
meccanismo di collasso ed all'entità del danneggiamento prodotto.
L'analisi dei dissesti rappresenta quindi uno strumento fondamentale per
affrontare uno studio della vulnerabilità delle strutture, soprattutto quando si opera
con metodi di valutazione tipologici che studiano il danneggiamento delle tipologie
edilizie in modo da associare la stessa vulnerabilità ad elementi di tipologia simile.
Questo approccio, se da un lato offre il vantaggio di dare valutazioni dirette sugli
effetti, dall'altro non permette di estendere tali valutazioni alle tipologie non ancora
analizzate.
Infine l'analisi dei dissesti, eseguita su insiemi di edifici, può servire per
produrre una mappatura a scala territoriale del livello di danneggiamento. Il poter
disporre di una mappa del danno è di notevole importanza quando si riscontra una
omogeneità di tipologie costruttive, al fine di conoscere il comportamento locale
dei terreni di fondazione e valutare l'entità della sollecitazione sismica. In questo
110
modo si possono individuare possibili scenari di amplificazione della pericolosità e
verificare gli effetti di particolari condizioni geomorfologiche dei terreni di
fondazione (per esempio la presenza di terreni incoerenti su pendii).
3.2 I dissesti tipici degli edifici in muratura
Le vecchie costruzioni in muratura risultano in generale poco idonee a
resistere alle sollecitazioni dinamiche impresse loro da forti movimenti sismici. Ciò
è dovuto principalmente al fatto che la notevole massa di cui sono composte si
traduce in forze d'inerzia di notevole entità all'atto del sisma. Queste forze vanno a
sollecitare un insieme di strutture precariamente collegate fra loro e quindi
soggette a distaccarsi l'una dall'altra offrendo, via via, una sempre minore
resistenza.
Le condizioni di instabilità alle forze orizzontali sono legate:
Θ
alla qualità della tessitura muraria;
Θ
alla cattiva qualità dei materiali leganti, spesso deteriorati dal tempo;
Θ
alla inadeguatezza dei vincoli tra le pareti ortogonali;
Θ
alla insufficiente rigidezza dei solai nel loro piano ed al cattivo collegamento tra
questi e le pareti: tutto ciò ostacola il trasferimento delle azioni orizzontali alle
pareti di controvento;
Θ
alla presenza di coperture spingenti.
Oltre a ciò vanno considerate le modifiche che spesso i vecchi edifici hanno
subito nel corso degli anni e che talvolta sono causa di indebolimento, come per
esempio la realizzazione di aperture nelle pareti. Ai fini della sicurezza delle
persone giocano un ruolo importante anche certi particolari costruttivi come i
balconi, le cornici, i comignoli, i rivestimenti, ecc. che per primi possono distaccarsi
dal corpo principale qualora non siano stati eseguiti a regola d'arte.
Grande influenza, nei riguardi dei dissesti, viene esercitata dall'insieme
terreno-fabbricato, in quanto, per determinate frequenze delle onde sismiche, a
parità di condizioni strutturali degli edifici, variando la qualità e la consistenza del
terreno si verificano degli incrementi o decrementi delle accelerazioni e, di
111
conseguenza, incrementi o decrementi delle forze d'inerzia che vanno a sollecitare
le strutture.
I dissesti da sisma vengono poi esaltati da una non omogenea resistenza del
terreno nell'ambito dell'impronta del fabbricato o dalla diversità delle tensioni
trasmesse al suolo, che può dipendere sia da cattiva progettazione che da
interventi successivi come soprelevazioni realizzate su di una sola porzione della
copertura.
Particolare
attenzione
va
inoltre
riposta
nello
studio
degli
effetti
dell'interazione esistente tra edifici contigui appartenenti ad aggregati strutturali;
questi aggregati sono molto comuni nelle strade principali dei vecchi centri urbani
dove un gran numero di fabbricati sono stati costruiti l'uno accanto all'altro, spesso
con murature in comune. In questi edifici si possono avere lesioni o dissesti per
effetto di oscillazioni non sincronizzate dei vari elementi strutturali. Le cause di
dissesto possono essere di scorrimento, di scollamento o di martellamento con
lesioni in genere rappresentate da fessurazioni pseudo verticali. Tale tipo di
dissesto ha probabilità crescente di verificarsi al crescere della diversità delle
caratteristiche di comportamento dinamico (massa, rigidezza, periodo del primo
modo di oscillare) proprie dell'edificio rispetto a quelle degli edifici contigui.
3.3 Gli edifici appartenenti ad aggregati strutturali
Dall'analisi dei danni prodotti dai terremoti passati si è quindi visto che il
comportamento di un edificio sottoposto ad un'azione sismica è influenzato dalla
presenza delle strutture che costituiscono l'aggregato al quale appartiene.
Gli effetti del sisma su un edifico appartenente ad un aggregato possono
essere distinti in due categorie (Grimaz, 1991; Mallardo, 1993):
Θ
effetti di contesto locale
Θ
effetti di contesto globale
Il contesto locale definisce quell'insieme strutturale locale che influisce in
modo significativo sul comportamento sismico dell'edificio in termini di effetti al
contorno, modificando tale comportamento rispetto alla condizione ideale di
edificio isolato. In pratica il contesto locale può essere assimilato all'insieme delle
strutture contenute nella fascia perimetrale definita a partire dai muri esterni
112
dell'edificio in esame per una distanza pari all'incirca all'altezza media delle pareti
esterne.
Gli elementi che caratterizzano il contesto locale e che quindi possono
influenzare il comportamento degli edifici sono essenzialmente:
Θ
l'allungamento e le irregolarità in pianta dell'edificio rispetto al contesto in cui è
inserito;
Θ
eventuale formazione di un meccanismo ad arco con i puntoni finali che
scaricano a terra gli sforzi che investono la parete;
Θ
presenza di brusche variazioni di altezza passando da un edificio all'altro.
Un altro elemento che può ritenersi significativo nell'ambito del contesto locale, è
l'interazione dinamica tra gli edifici limitrofi, con la quale si intendono gli stati
tensionali o il martellamento indotti a causa delle differenti caratteristiche
dinamiche di due edifici contigui. L'effetto sulle strutture, in termini di danno atteso,
può ritenersi proporzionale alla differenza fra i periodi propri degli edifici isolati.
Per contesto globale si intende l'intero insieme strutturale continuo al quale
appartiene l'edificio esaminato. Dalle osservazioni sul campo, si vede che i danni
rilevati sugli edifici inseriti in un contesto, non sono influenzati solo dalle strutture
limitrofe. Infatti, pur riconoscendo la proprietà "smorzante " delle strutture murarie,
cioè quella capacità che esse hanno di attutire fino ad annullare, ad una
determinata distanza, gli effetti delle condizioni al contorno, si devono considerare
gli effetti di amplificazione o di attenuazione dinamica delle deformazioni al variare
della posizione occupata dall'edificio nella morfologia planivolumetrica globale.
In linea di massima si possono distinguere due tipi di aggregato:
Θ
regolare, cioè caratterizzato da edifici contigui, allineati lungo una direzione
principale, senza interruzioni; nel caso in cui si abbia uno sviluppo in lunghezza
maggiore o uguale a 2, 5 ÷ 3, 0 volte l'altezza media degli edifici considerati, si
può parlare di schiera;
Θ
non regolare, che comprende tutti gli altri casi.
Un edificio appartenente ad un aggregato può trovarsi in una zona d'estremità, in
una zona interna oppure in una posizione articolata rispetto alla direzione
principale dell'aggregato considerato.
113
Si è potuto osservare, in via generale, che gli edifici posizionati in una zona
d'estremità di una schiera, subiscono dei danni maggiori rispetto a quelli di un
edificio ideale isolato con le stesse caratteristiche planivolumetriche e tipologiche.
Gli edifici posizionati invece all'interno di una schiera, in genere presentano
un grado di danneggiamento minore, sempre rispetto al caso di un edificio ideale
isolato a parità di tutte le altre condizioni. Questo comportamento è dovuto
essenzialmente a due motivi:
1. parte delle forze inerziali della zona interna si scaricano, a causa dei
meccanismi di parete, sui fabbricati posti all'estremità della schiera;
2. l'effetto benefico di contenimento esercitato dai muri confinanti che attenuano
gli effetti torsionali e di svergolamento locali provocati dalle azioni sismiche.
Gli edifici disposti in posizioni articolate hanno comportamenti particolari che
comprendono un elevato numero di casistiche che vanno valutate singolarmente.
In conclusione, dall'analisi dei dissesti si osserva come l'influenza delle condizioni
al contorno sul comportamento sismico dell'edificio sia spesso rilevante e quindi
come questa debba essere tenuta in considerazione nella valutazione della
vulnerabilità di un edificio.
3.4 Le tipologie di "tessuto murario"
Si definisce "tessuto murario" l'insieme, più o meno omogeneo, che
costituisce lo scheletro resistente del fabbricato attraverso i suoi componenti:
pietrame, mattoni, laterizi e blocchi, malta di allettamento ed intonaco. Risulta
interessante passare in rassegna i principali tipi di tessuto murario che si
incontrano nelle vecchie costruzioni in muratura o in quelle più recenti.
Un primo tipo è formato da pietrame arrotondato e di piccole dimensioni,
come ciottoli di fiume, disposto quasi a formare un conglomerato con malta aerea
(raramente idraulica) e senza intonaco per uno spessore dai 40 ai 60 cm; esso
non presenta alcuna coesione e quindi può sopportare una sollecitazione
trasversale solo per attrito.
Un secondo tipo con pietrame a spigoli vivi di maggiori dimensioni con l'uso
di un buon legante presenta un comportamento migliore; la resistenza aumenta se
114
è presente l'intonaco sul paramento esterno oppure se sono stati eseguiti dei
ricorsi a mattoni pieni ad intervalli regolari.
Un terzo tipo di tessuto murario è costituito dalle murature a sacco in cui due
fodere in pietrame, ognuna di modesto spessore, formano il "sacco" che è in
genere riempito con materiale di varia natura senza nessuna capacità di legame
tra i due fogli esterni. La mancanza di collegamenti tra i due strati ne determina un
funzionamento indipendente sotto l'azione di forze orizzontali; in tali condizioni si
riscontra spesso il crollo di uno dei due strati che a sua volta innesca la crisi di
altre parti della struttura, come solai e coperture gravanti su di esso.
La maggior parte degli edifici in muratura recenti sono costruite in mattoni e
laterizi oppure in blocchi in cemento. La caratteristica di tale tessuto è una buona
resistenza, soprattutto se viene allettato e intonacato con malta di cemento, offerta
dall'aderenza tra elemento ed elemento e dalla resistenza dei singoli elementi.
Il comportamento di un tessuto murario può essere inoltre influenzato da
alcuni fattori che ne modificano sensibilmente la qualità; i più importanti sono legati
all'omogeneità della struttura muraria, all'età delle murature ed al loro degrado
oppure alla presenza degli intonaci.
Il primo fattore dipende dalla presenza, all'interno del tessuto murario, di
elementi a comportamento diverso (rigidezza e resistenza) capaci di influenzare
anche in senso peggiorativo il comportamento complessivo della muratura; infatti
in molti casi essi assolvono da soli la funzione resistente sotto l'azione del sisma,
giungendo rapidamente al collasso e danneggiando il tessuto murario circostante.
Un altro caso comune è quello legato all'inserimento di murature diverse, come ad
esempio le soprelevazioni di vecchi fabbricati, in cui sono frequenti lesioni di
distacco o di scorrimento se non vengono inseriti opportuni elementi di
connessione. La presenza di ricorsi di mattoni estesi a tutto lo spessore del muro
oppure di pietre di dimensioni sensibilmente maggiori in corrispondenza di
aperture o di angoli di un edificio non può invece essere considerata come un
elemento di disomogeneità per una muratura in pietra ma anzi come un fattore
positivo che migliora la qualità del tessuto murario.
Per quanto riguarda l'età delle murature, si può affermare che generalmente i
leganti subiscono un degrado nel tempo, sia con l'azione degli agenti meteorici ed
atmosferici (es. gelività) e soprattutto in assenza di intonaci esterni, sia per l'effetto
115
di microfessurazione prodotto dal peso agente su di essi. In alcuni casi anche la
componente lapidea del tessuto murario, o gli stessi mattoni, non protetti
dall'intonaco esterno, sono soggetti agli stessi fenomeni di degrado. Infine gli
intonaci interni ed esterni, se bene eseguiti, rappresentano un fattore migliorativo
per il comportamento della muratura.
Si vuole inoltre osservare come le tessiture murarie qui descritte
costituiscono solo una sintetica classificazione in quanto le tipologie presenti sul
territorio sono molteplici e legate essenzialmente alle tradizioni costruttive delle
località in esame ed alla disponibilità dei materiali da costruzione.
3.5 Le classi tipologiche di edifici
Nella valutazione della vulnerabilità attraverso i metodi "tipologici",
l'osservazione del grado di danneggiamento attraverso l'analisi a posteriori degli
effetti di un sisma, assume un ruolo fondamentale. Essa consente di individuare
quegli indicatori (in questo caso tipologici) che permettono di individuare le classi
omogenee di edifici dal punto di vista del comportamento sismico.
Questi indicatori devono descrivere sinteticamente le principali caratteristiche
morfologiche e tipologiche dell'edificio senza entrare in merito a considerazioni di
tipo strutturale (organizzazione delle strutture verticali, distribuzione degli elementi
resistenti, ecc.). Dalle indicazioni fornite precedentemente è possibile individuare
quali siano, in linea generale, le caratteristiche più importanti e necessarie per
descrivere qualitativamente un edificio al fine di stimarne la sua vulnerabilità e
quindi la sua capacità di resistere ad un evento sismico:
Θ
l'età di costruzione
Θ
la geometria del fabbricato
Θ
la localizzazione dell'edificio nell'aggregato strutturale
Θ
la natura delle murature verticali
Θ
gli orizzontamenti e la copertura
116
Per ognuno di questi elementi sono individuabili degli indicatori più o meno
sintetici che dipendono essenzialmente dal tipo di informazione che si ha a
disposizione e dal grado di attendibilità della stima che si vuole ottenere.
3.6 Un esempio di valutazione della vulnerabilità sismica: il comune di
Toscolano Maderno (BS)
I metodi tipologici di valutazione della vulnerabilità a scala territoriale hanno
trovato una applicazione significativa nello studio effettuato dall'Istituto di Ricerca
sul Rischio Sismico del CNR in collaborazione con la Regione Lombardia per la
determinazione del rischio sismico a fini urbanistici nel comune di Toscolano
Maderno (CNR e Regione Lombardia, 1993). La parte più interessante di questo
lavoro è quella riguardante la valutazione della vulnerabilità del patrimonio edilizio
esistente, soprattutto per la parte che riguarda la definizione delle classi
tipologiche significative. Questo esempio può risultare molto utile per trarre delle
indicazioni per la messa a punto di una metodologia analoga basata sui dati
ricavabili dai verbali di accertamento danni ed applicabile nella nostra regione.
Per la valutazione della vulnerabilità, in questa analisi si è seguito un metodo
derivato dal modello adottato nell'ambito del Gruppo Nazionale per la Difesa dai
Terremoti (Benedetti e Petrini, 1983) che si esplica nelle seguenti fasi:
1. definizione di una serie di parametri rappresentativi della vulnerabilità e
predisposizione di una scheda di rilievo;
2. rilievo di tutto il patrimonio edilizio del comune in esame;
3. determinazione dei tipi strutturali più frequenti;
4. scelta dei campioni rappresentativi dei tipi più frequenti e valutazione per essi
dell'indice di vulnerabilità definito dal CNR-GNDT;
5. estrapolazione della vulnerabilità a tutto il patrimonio edilizio rilevato.
La definizione dei parametri rappresentativi della vulnerabilità è stata fatta
prendendo come base la scheda di I livello del CNR-GNDT ed estraendone i dati
ragionevolmente ottenibili nell'ottica di limitare al minimo le operazioni sul campo e
comunque escludendo, quasi completamente, operazioni di rilievo all'interno delle
117
abitazioni. In funzione di questi dati è stata redatta una scheda attraverso la quale
il rilievo è stato esteso a tutto il patrimonio edilizio ordinario esistente nel comune.
Si sono poi cercate le classi tipologiche di edifici più rappresentative
calcolando la ricorrenza delle combinazioni dei parametri ritenuti maggiormente
indicativi della vulnerabilità. Essi sono stati scelti fra le grandezze riportate nella
scheda di rilievo e sono i seguenti:
Θ
altezza minima;
Θ
epoca di costruzione;
Θ
struttura degli orizzontamenti;
Θ
struttura di copertura;
Θ
struttura verticale.
Di tutte le classi individuate sono state selezionate poi quelle caratterizzate
dal comprendere al loro interno un numero minimo di edifici e per queste è stato
determinato, per un numero limitato di edifici campione, l'indice di vulnerabilità in
base al modello del CNR-GNDT.
La vulnerabilità di tutti gli edifici con le caratteristiche identiche a quelle dei
campioni è stata assunta uguale alla vulnerabilità dei campioni stessi. Per i
restanti edifici l'estrapolazione è stata ottenuta con tecniche che hanno permesso
di assegnare ad ogni classe un opportuno indice di vulnerabilità ed in questo modo
sono stati coperti dall'analisi tutti gli edifici del comune esaminato.
3.7 Il confronto con le classi tipologiche definite in base ai dati riportati nei
verbali di accertamento danni (L.R. 17/76)
Nelle due seguenti tabelle vengono messe a confronto le caratteristiche
tipologiche considerate per la "Determinazione del rischio sismico a fini urbanistici
in Lombardia" nel comune di Toscolano Maderno (BS) e quelle riportate nei verbali
di accertamento danni (L.R. 17/76).
Nella prima tabella vengono individuate le classi di caratteristiche tipologiche
considerate nei due casi presi in esame, prendendo come riferimento le
articolazioni categoriali definite nella scheda di I livello per il rilevamento
118
dell'esposizione e della vulnerabilità degli edifici in muratura messa a punto dal
CNR-GNDT.
SCHEDA DI I LIVELLO
Esempio Toscolano
Verbali di accertamento
Caratteristiche tipologiche
Maderno (BS)
danni
aggregato strutturale
---
---
posizione dell'edificio
---
---
numero di fronti comuni
---
numero di fronti comuni
superficie media coperta
---
---
altezza media interpiano
---
---
numero piani
---
numero di piani
altezza massima
---
---
altezza minima
altezza minima
---
classi d'età
classi d'età
classi d'età
strutture verticali
strutture verticali
strutture verticali
scale
---
---
strutture orizzontali
strutture orizzontali
---
coperture
coperture
---
LOCALIZZAZIONE
DELL'EDIFICIO
DATI METRICI
ETÀ
DELL'EDIFICIO
TIPOLOGIA
STRUTTURALE
Come si può osservare, nella metodologia applicata nel comune di Toscolano
Maderno non viene presa in considerazione la localizzazione degli edifici
all'interno degli aggregati strutturali mentre vengono riportate indicazioni sulle
strutture orizzontali e su quelle di copertura.
Nella seconda tabella vengono confrontate le categorie in cui si esplicano le
caratteristiche tipologiche individuate nei due casi in esame.
Si può osservare una buona corrispondenza tra i dati utilizzati per il comune
di Toscolano Maderno ed i dati riportati nei verbali di accertamento danni anche se
una considerazione a parte si deve effettuare per le strutture verticali dove l'ampia
varietà di tessuti murari in pietra o in laterizio viene raggruppata nelle uniche classi
PIE e LAT. Se negli edifici in laterizio il comportamento delle varie casistiche
individuate può ritenersi abbastanza omogeneo questo non può essere
certamente verificato per gli edifici in pietra in cui il comportamento di una
muratura in ciottoli di pietra è sicuramente diverso da quello di una muratura con
119
ricorsi in mattoni o in pietra squadrata. Questo fatto deve essere quindi tenuto in
debito conto nelle valutazioni del livello di danneggiamento delle tipologie in pietra.
Caratteristiche tipologiche
LOCALIZZAZIONE
DELL'EDIFICIO
ALTEZZA
ETÀ DELL'EDIFICIO
STRUTTURE VERTICALI
STRUTTURE ORIZZONTALI
COPERTURE
120
Esempio Toscolano Maderno (BS)
----------minima: 0-4 m
minima: 4-8 m
minima: 8-12 m
minima: 12-16 m
prima 1919
1919-1960
1961-1971
1972-1981
dopo 1981
muratura in pietra sbozzata o
arrotondata
muratura in pietra sbozzata o
arrotondata con rinforzi, mazzette
e ricorsi
muratura in pietra squadrata
muratura in blocchi pesanti
muratura in blocchi leggeri
muratura in mattoni pieni e semipi.
muratura in mattoni forati
pareti cls non armato
pareti cls armato
telai di c.a. non tamponati
telai di c.a. con tamp. Deboli
telai di c.a. con tamp. Consistenti
ossatura metallica
miste pietrame-c.a.
miste mattoni-c.a.
Legno
legno con catene
putrelle,voltine o tavelloni
putrelle,voltine o tavel. con catene
laterocemento o solette in c.a.
volte senza catene
volte con catene
miste volte solai
miste volte solai con catene
legno poco spingenti
laterocemento o solette in c.a.
acciaio non spingenti
miste non spingenti
Verbali di accertamento
danni
0 fronti comuni (isolato)
1 fronti comuni
2 fronti comuni
3 fronti comuni
ecc.
1, 2 piani
2, 3, 4 piani
4, 5 piani
>5 piani
ante 1850
1850-1920
1920-1950
dopo 1950
PIE
LAT
INT, CA
--PPIL
LPIL
---------------------------
Una classificazione così semplificata può però ritenersi soddisfacente nel
nostro caso, in quanto si ha a disposizione un campione molto elevato e quindi è
possibile individuare un livello di danneggiamento delle singole tipologie edilizie
mediato su un gran numero di edifici. Inoltre il campione di edifici considerato è
suddiviso per comune e quindi permette di fare delle valutazioni sulle
caratteristiche costruttive locali e sulla loro influenza in termini di comportamento
sismico degli edifici.
3.8 Le classi di vulnerabilità
La relazione Df = A ⊗ Vf , a meno del termine A, rappresenta un legame diretto
tra il livello di danno subito da un edificio e la sua vulnerabilità ( Df = Vf ): a diversi
livelli di danneggiamento corrispondono diversi livelli di vulnerabilità fisica degli
edifici.
L'analisi a posteriori dei danni causati dal terremoto del 1976 in Friuli
attraverso i verbali di accertamento danni consente di valutare quali siano, per
ogni livello di danno, le caratteristiche tipologiche di un campione molto ampio di
edifici e quindi di definire delle classi tipologiche tipiche di quel livello di danno.
Questa procedura di valutazione è tipica dei metodi tipologici di stima della
vulnerabilità sismica e consente di effettuare una graduatoria fra le varie tipologie
edilizie in base al livello di vulnerabilità. Operativamente è possibile costruire un
catalogo di tipologie edilizie classificate in base a opportune classi di vulnerabilità,
che sintetizzano un certo livello di danno subito e desunto dall'analisi a posteriori
degli effetti sugli edifici del terremoto del 1976 in Friuli. In questo modo si può
estendere la stima della vulnerabilità a tutta la popolazione di edifici di cui il
campione risulta significativo in quanto, inserendo un edificio in una classe
tipologica, gli si assegna automaticamente la vulnerabilità che compete alla classe
stessa.
121
Figura 3.1: schema per la costruzione delle tipologie edilizie.
E' importante ribadire come una tale classificazione delle tipologie edilizie,
essendo effettuata a meno del parametro A rappresentante la severità dell'azione
sismica, ha un valore puramente relativo ed indica quali siano le classi più
danneggiabili di altre, ma non permette, almeno in questa prima parte del lavoro,
di effettuare valutazioni assolute sul livello di danno raggiunto per quel valore
dell'azione sismica.
Lo schema del procedimento seguito per la definizione delle classi di
vulnerabilità e la costruzione del catalogo delle tipologie edilizie è riportato nella
Figura 3.1. In questa figura, le caratteristiche tipologiche riportate nei verbali di
122
accertamento danni ed utilizzate per definire le classi di edifici, sono indicate
attraverso le seguenti notazioni:
Θ
MAT
materiale da costruzione delle strutture verticali;
Θ
ETÀ
epoca di costruzione;
Θ
PIANI
numero di piani;
Θ
FC
numero di fronti comuni;
Θ
SCANT
scantinato.
I livelli di danno considerati corrispondono ai tre giudizi di danno intermedi
riportati nei verbali di accertamento danni, in quanto solo in questi casi si ha
un'alta percentuale di verbali completi. In particolare:
D1 = RT-NS
D2 = RT-ST
D3 = RP
Procedendo
alla
sperimentazione
in
uno
dei
Comuni
Significativi
precedentemente selezionati si individueranno, per ognuno dei tre giudizi di
danno, le tipologie edilizie maggiormente rappresentative T1, T2 e T3 . Per ognuna
di queste tipologie si analizzerà la distribuzione delle frequenze relative dei giudizi
di danno:
T1 (% D11 , % D21 , % D31 )
T2 (% D12 , % D22 , % D32 )
T3 (% D13 , % D23 , % D33 )
Queste osservazioni serviranno per definire delle distribuzioni di riferimento
che andranno a costituire, vista la corrispondenza tra danno e vulnerabilità, le
seguenti classi di vulnerabilità Vj :
V1 = (% D11, rif , % D 21, rif , % D31, rif
V 2 = (% D12 , rif , % D 22 , rif , % D32 , rif
V3 = (% D13, rif , % D 23, rif , % D33, rif
)
)
)
123
Le classi di vulnerabilità costituiranno le distribuzioni di riferimento attraverso le
quali effettuare la classificazione di tutte le altre tipologie edilizie individuate nel
campione.
Le fasi da seguire nella classificazione delle tipologie edilizie sono le seguenti:
Θ
individuazione delle tipologie edilizie significative, cioè di quelle classi
tipologiche caratterizzate dal contenere al loro interno un numero minimo N di
edifici rilevati;
Θ
determinazione per ogni tipologia edilizia significativa T della distribuzione dei
giudizi di danno T (% D1 , % D2 , % D3 ) ;
Θ
assegnazione di una delle classi di vulnerabilità V j .
Il criterio di assegnazione delle classi di vulnerabilità si basa sulla valutazione
della "distanza" esistente tra la distribuzione reale
(% D1 , % D2 , % D3 )
e le
distribuzioni di riferimento; ad una certa tipologia T sarà assegnata la classe per la
quale tale distanza risulta minima.
La misura della distanza tra le due distribuzioni è stata ottenuta empiricamente
sommando i valori assoluti degli scarti tra la distribuzione reale e quelle di
riferimento e dividendo questo valore per il massimo scarto che può generarsi. In
questo modo si ottiene, per ogni distribuzione di riferimento j, un indice di
adattamento I.A. che può variare tra 0 e 1 e che fornisce una misura
dell'adattamento alla distribuzione reale:
k
% Dij , rif − % Di
i =1
∆ % D max
(I . A.) j = ∑
dove:
k = numero di giudizi di danno considerati
%Dij,rif = frequenza relativa del giudizio di danno i-esimo nella classe di
vulnerabilità di riferimento V j
%Di = frequenza relativa del giudizio di danno i-esimo
∆%D max = massimo scarto che si può verificare tra una classe V j ed una
ipotetica distribuzioni di giudizi di danno
124
Per I.A.=0 la distribuzione reale coincide perfettamente con una delle j
distribuzioni di riferimento mentre per I.A.=1 si ha la massima "distanza" possibile;
quindi alla tipologia T si assegnerà la classe di vulnerabilità V j per la quale I.A.
risulta minore.
La possibile valutazione della discrepanza tra frequenze osservate e
frequenze di riferimento (teoriche) attraverso il test del chi-quadrato è stato
abbandonata in quanto non fornisce risultati soddisfacenti. La statistica χ2 si
calcola nel seguente modo:
k
χ2 =∑
(ni
i =1
− np io )
np io
2
dove:
k = numero di classi
ni = numero di elementi per classe (frequenza osservata)
n = numero totale di elementi che costituiscono il campione
pio = frequenza relativa attesa
npio = frequenza attesa
Le
ragioni
dell'inadeguatezza
di
questo
test
sono
essenzialmente
riconducibili al fatto che il termine al numeratore (ni − npio ) viene diviso per la
2
frequenza attesa, ipotizzando che una certa deviazione di ni da npio deve avere
più peso quando la frequenza attesa è piccola che non quando è grande. Nel caso
in esame invece, tutti i termini della sommatoria hanno lo stesso peso in quanto si
effettua un confronto fra frequenze relative.
3.9 Costruzione di un catalogo tipologie edilizie - classi di vulnerabilità:
il comune di Gemona del Friuli.
Il comune di Gemona del Friuli costituisce il migliore campione su cui
effettuare la classificazione delle tipologie edilizie in base alla vulnerabilità in
quanto:
125
Θ
la rappresentatività del campione è ALTA;
Θ
la significatività del campione è BUONA;
Θ
il campione è costituito da un elevato numero di verbali di accertamento danni
e quindi di edifici rilevati (2020 verbali completi).
Fra tutti i comuni rilevati, Gemona è quello che permette quindi di individuare il
numero più ampio di classi tipologiche significative e cioè quelle caratterizzate da
comprendere al loro interno almeno un certo numero di casi (soglia di
rappresentatività); allo stesso tempo soddisfa ottimamente i criteri di selezione dei
comuni esposti nel paragrafo precedente.
3.10 La caratterizzazione tipologica
Complessivamente nel comune di Gemona del Friuli sono state individuate
279 classi tipologiche diverse, definite in base ai dati riportati nei verbali di
accertamento danni. Analizzando quantitativamente il campione di dati a
disposizione e mettendo in rilievo il numero di edifici che ricadono all'interno di
ogni classe, si ottiene il seguente quadro sintetico:
Numero di edifici per
classe
Numero di classi
tipologiche
Numero di edifici
complessivo
<10
233
595
10 ÷20
25
339
20 ÷30
6
144
30 ÷100
13
639
>100
2
303
Al fine di ridurre il numero di combinazioni, cioè di concentrare al massimo gli
edifici rilevati nelle classi precedentemente formate, sono stati effettuati i seguenti
raggruppamenti:
Θ
MATERIALE: sono stati raggruppati gli edifici in pietra-pilastri e laterizio-pilastri
nella classe PPIL+LPIL e gli edifici intelaiati ed in c.a. nella classe INT+CA in
126
quanto sono presenti in un numero limitato ed inoltre si ritiene abbiano un
comportamento simile;
Θ
ETÀ: la classe "ante 1850" è stata raggruppata con la classe "1850-1920" in
modo da ottenere una unica classe "ante 1920" che comprenda tutti gli edifici
costruiti prima della prima guerra mondiale;
Θ
PIANI: sono stati raggruppati tutti gli edifici con un numero di piani superiore a
4 nella classe "> 4" in quanto sono presenti in numero limitato;
Θ
FRONTI COMUNI: sono stati raggruppati tutti gli edifici con un numero di fronti
comuni superiore a 2 nella classe "> 2" in quanto rappresentano un caso molto
particolare e presente in un numero limitato di casi.
In questo modo le classi tipologiche si riducono a 243 con la seguente
composizione:
Numero di edifici per
classe
Numero di classi
tipologiche
Numero di edifici
complessivo
<10
194
514
10 ÷ 20
29
381
20 ÷ 30
5
115
30 ÷ 100
13
707
>100
2
303
Con queste premesse iniziali si procede alla caratterizzazione tipologica del
comune di Gemona del Friuli al fine di evidenziare quali siano le caratteristiche
costruttive prevalenti degli edifici che ne costituiscono il patrimonio edilizio. Tale
caratterizzazione viene effettuata a due livelli:
1. generale, attraverso la redazione di una apposita scheda descrittiva in cui sono
riportate le distribuzioni dei singoli parametri tipologici;
2. particolare, nella quale si mettono in evidenza le correlazioni che esistono tra i
vari parametri tipologici. Questa caratterizzazione permette di conoscere a
fondo quali siano le caratteristiche del patrimonio edilizio presente nel comune
e quindi di giustificarne il comportamento sotto l'azione del sisma.
127
3.11 La definizione delle classi di vulnerabilità
Nei seguenti grafici sono riportate le distribuzioni delle caratteristiche tipologiche,
individuate nel comune di Gemona del Friuli attraverso i verbali di accertamento
danni, al variare dei giudizi di danno RP, RT-ST e RT-NS.
COMPOSIZIONE DEI LIVELLI DI DANNO IN BASE AL MATERIALE
100%
10,56%
90%
8,56%
80%
42,53%
52,60%
70%
PIE
60%
PLAT
50%
16,05%
LAT
73,93%
40%
PPIL-LPIL
INT+CA
24,48%
30%
36,51%
20%
10%
20,83%
0%
RP
RT-ST
RT-NS
GIUDIZI DI DANNO
COMPOSIZIONE DEI LIVELLI DI DANNO IN BASE ALL'ETA'
100%
4,14%
7,89%
90%
28,39%
80%
40,63%
70%
60%
23,27%
ante 1920
50%
1920-1950
87,97%
40%
40,10%
30%
48,35%
20%
10%
19,27%
0%
RP
RT-ST
GIUDIZI DI DANNO
128
RT-NS
dopo 1950
COMPOSIZIONE DEI LIVELLI DI DANNO IN BASE AL NUMERO DI PIANI
100%
11,10%
90%
15,10%
19,86%
80%
70%
41,18%
1
60%
2
50%
59,38%
3
64,79%
4
40%
>4
30%
45,19%
20%
10%
21,35%
10,23%
0%
RP
RT-ST
RT-NS
GIUDIZI DI DANNO
COMPOSIZIONE DEI LIVELLI DI DANNO IN BASE AL NUMERO DI FRONTI COMUNI
100%
90%
32,81%
80%
42,23%
70%
78,88%
60%
50%
0
1
37,50%
2
30,89%
40%
>2
30%
20%
27,60%
25,28%
14,57%
10%
6,28%
0%
RP
RT-ST
RT-NS
GIUDIZI DI DANNO
129
COMPOSIZIONE DEI LIVELLI DI DANNO IN BASE ALLO SCANTINATO
100%
90%
27,41%
80%
58,17%
70%
71,35%
60%
29,41%
assente
parziale
50%
totale
40%
30%
24,77%
20%
43,18%
19,27%
10%
17,05%
9,38%
0%
RP
RT-ST
RT-NS
GIUDIZI DI DANNO
Dall'osservazione di questi grafici sono state individuate tre tipologie edilizie
rappresentative di ogni livello di danno. Ognuna di queste tipologie ha una sua
caratteristica distribuzione dei giudizi di danno che viene riportata qui di seguito:
TIPOLOGIA T1 - DISTRIBUZIONE DEI GIUDIZI DI DANNO
100,00%
90,00%
81,46%
80,00%
70,00%
60,00%
50,00%
40,00%
30,00%
20,00%
17,98%
10,00%
0,00%
0,00%
D
0,56%
NR
0,00%
0,00%
RP
RT-ST
RT-NS
NS
GIUDIZI DI DANNO
TIPOLOGIA 1 - Caratteristiche costruttive
Materiale
Età
Piani Fronti comuni Scantinato
LAT
130
dopo 1950
2
0
totale
TIPOLOGIA T2 - DISTRIBUZIONE DEI GIUDIZI DI DANNO
100,00%
90,00%
80,00%
70,00%
60,00%
45,65%
50,00%
41,30%
40,00%
30,00%
20,00%
10,00%
0,00%
2,17%
10,87%
0,00%
0,00%
D
NR
RP
RT-ST
RT-NS
NS
GIUDIZI DI DANNO
TIPOLOGIA 2 - Caratteristiche costruttive
Materiale
Età
Piani Fronti comuni Scantinato
PLAT
dopo 1950
3
0
tutto
TIPOLOGIA T3 - DISTRIBUZIONE DEI GIUDIZI DI DANNO
100,00%
90,00%
80,00%
75,79%
70,00%
60,00%
50,00%
40,00%
30,00%
20,00%
8,42%
9,47%
10,00%
6,32%
0,00%
0,00%
0,00%
D
NR
RP
RT-ST
RT-NS
NS
GIUDIZI DI DANNO
TIPOLOGIA 3 - Caratteristiche costruttive
Materiale
Età
Piani Fronti comuni Scantinato
PIE
ante 1920
3
2
assente
131
In base alle distribuzioni di queste tre tipologie edilizie significative vengono
individuate tre distribuzioni di riferimento, ognuna caratteristica di un certo livello di
danneggiamento:
%RP
%RT-ST
%RT-NS
V1
V2
0
0
25
50
75
50
V3
15
75
10
Dall'osservazione dei livelli di danneggiamento delle varie tipologie emerge la
necessità di inserire anche una quarta distribuzione V4 che descriva le classi molto
danneggiate, con elevate percentuali di giudizi del tipo RP e percentuali
praticamente nulle di giudizi del tipo RT-NS:
V4
50
50
0
Le distribuzioni di riferimento così definite costituiscono delle classi di
vulnerabilità che permettono di effettuare una classificazione relativa tra tutte le
tipologie edilizie individuate nel comune di Gemona del Friuli.
Sinteticamente le Vj distribuzioni vengono così denominate:
Θ
V1=(0,25,75) ⇒ BASSA VULNERABILITA'
⇒
CLASSE B
Θ
V2 =(0,50,50) ⇒ MEDIA VULNERABILITA'
⇒
CLASSE M
Θ
V3 =(15,75,10) ⇒ ALTA VULNERABILITA'
Θ
V4 =(50,50,0) ⇒ ALTISSIMA VULNERABILITA' ⇒ CLASSE AA
⇒ CLASSE A
La rappresentazione grafica delle classi di vulnerabilità di riferimento è riportata
nel seguente diagramma:
132
CLASSI DI VULNERABILITA' DI RIFERIMENTO
100,00%
90,00%
80,00%
70,00%
Classe AA
60,00%
Classe A
50,00%
Classe M
40,00%
Classe B
30,00%
20,00%
10,00%
0,00%
D
NR
RP
RT-ST
RT-NS
NS
GIUDIZI DI DANNO
Per la valutazione dell'indice I.A. il valore ∆%Dmax risulta pari a 200 e
corrisponde per esempio al caso in cui si confronti la classe B con una
distribuzione reale di giudizi di danno costituita dal 100% di giudizi RP.
Nei casi in cui le distribuzioni di giudizi di danno reali sono distanti nella
stessa misura da due classi di vulnerabilità si inseriscono le seguenti valutazioni
intermedie in cui, per esempio I.A.(B) indica la distanza dalla classe B:
se I . A.(M ) − I . A.(B ) < 0,1
se I . A.( A) − I . A.(M ) < 0,1
⇒
⇒
se I . A.( AA) − I . A.( A) < 0,05 ⇒
CLASSE M-B
CLASSE M-A
CLASSE A-AA
3.12 La costruzione di un catalogo tipologie edilizie-classi di vulnerabilità
Il primo aspetto da considerare riguarda la scelta delle classi tipologiche da
classificare. Una scelta preventiva può essere fatta in base al numero di edifici
rilevati che rientrano all'interno di ogni singola classe. La classificazione risulta
attendibile solo per le classi tipologiche sufficientemente numerose e l'attendibilità
aumenta all'aumentare del numero di edifici considerati.
133
Il numero delle classi tipologiche caratterizzate dal comprendere al loro
interno al minimo una determinata quantità di edifici (soglia di rappresentatività N)
aumenta al diminuire della soglia stessa fino a diventare molto elevato quando la
soglia diventa pari all'unità e sono compresi tutti gli edifici. A tal proposito sono
state analizzate tre possibili soglie di rappresentatività ottenendo i seguenti
risultati:
Soglia di
rappresentatività
10
Numero di classi
tipologiche
49
Numero di edifici
complessivo
1506
% sul totale di
edifici rilevati
75,55
20
20
1125
55,69
30
15
1010
50,00
Si passa da 15 classi con un totale di 1010 edifici su un totale di 2020 edifici
rilevati (50,00%) a 20 classi con 1125 edifici (55,69%) a 49 classi con 1506 edifici
(75,55%).
La scelta più conveniente sembra senz'altro la prima con N=30 edifici in
quanto si hanno poche classi, con una numerosità molto alta e che rappresentano
il 50% di tutti gli edifici rilevati.
La soglia N=20 edifici non porta ad un sensibile aumento di classi mentre con
N=10 edifici il numero di classi aumenta moltissimo. In quest'ultimo caso molte
classi sono composte da un numero ridotto di edifici e quindi con livelli di
attendibilità minori ma a priori non è conveniente trascurare una così ampia
varietà di tipologie. Quindi, per una prima classificazione delle tipologie si
selezionano tutte le 49 classi con una numerosità superiore a 10. In sintesi il
campione è così composto in base al numero di elementi per classe tipologica:
Numero di edifici per classe
10 ÷ 20
Numero di classi tipologiche
29
20 ÷ 30
5
>30
15
Dall'osservazione delle 49 tipologie individuate emerge la possibilità di
raggruppare alcune tipologie in classi più ampie in modo da aumentare il numero
134
di edifici rientranti all'interno di ogni singola classe senza peraltro perdere
informazioni. I parametri tipologici su cui si può intervenire sono i seguenti:
Θ
FRONTI COMUNI - l'influenza del parametro costituito dal numero di fronti
comuni sul livello di danneggiamento di un edificio può essere evidenziata in
modo molto più efficace, dal punto di vista del numero di edifici considerati,
raggruppando gli edifici con più di un fronte comune in un unica classe; in
questa maniera si ottengono i seguenti due nuovi parametri tipologici:
ƒ
ISOLATO comprende gli edifici con 0 fronti comuni
ƒ
SCHIERA comprende gli edifici con 1, 2 o con più di 2 fronti comuni
Comunque, per gli edifici a SCHIERA, si mantiene anche la distinzione
originaria tra 1 e 2 fronti comuni nelle tipologie (per esempio negli edifici in
pietra) in cui la numerosità di queste sottoclassi risulti sufficiente;
Θ
SCANTINATO - la suddivisione per tipo di scantinato risulta significativa solo
per gli edifici isolati in laterizio mentre per le altre tipologie in genere lo
scantinato è assente. Risulta quindi conveniente trascurare l'influenza di
questo parametro tipologico salvo nel caso specifico sopra indicato, nel qual
caso si manterranno delle sottoclassi in cui sarà evidenziato il tipo di
scantinato.
In questo modo si ottiene un catalogo composto da 29 tipologie edilizie e da
12 sottoclassi individuate in base al numero di fronti comuni ed allo scantinato.
Il risultato della classificazione delle tipologie edilizie in base alle classi di
vulnerabilità è illustrato nelle seguenti tabelle in cui per ogni tipologia è riportata la
classe di vulnerabilità corrispondente, il numero di edifici che ricadono in tale
classe tipologica ed il coefficiente di adattamento alla distribuzione di riferimento;
in grigio sono inoltre evidenziate le sottoclassi tipologiche individuate in base al
numero di fronti comuni ed allo scantinato.
Per facilitare una migliore interpretazione dei risultati le classi tipologiche
sono state preventivamente suddivise in base al materiale di costruzione.
135
EDIFICI IN PIETRA
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive
Materiale
Età
PIE
ante 1920
3
Isolato
tutto
PIE
ante 1920
4
Schiera
PIE
ante 1920
4
PIE
ante 1920
PIE
Classe di
Vul.
Piani F. comuni Scantinato
Caratteristiche della classe
Numero
Adattamento
A
22
0,26
tutto
A-AA
83
0,30-0,32
1
tutto
A
19
0,27
4
2
tutto
A-AA
59
0,32-0,32
ante 1920
3
Schiera
tutto
A
194
0,11
PIE
ante 1920
3
1
tutto
A
66
0,15
PIE
ante 1920
3
2
tutto
A
123
0,11
PIE
ante 1920
2
Schiera
tutto
A
41
0,19
PIE
ante 1920
2
1
tutto
M-A
20
0,25-0,20
PIE
ante 1920
2
2
tutto
A
18
0,19
PIE
1920-1950
3
Isolato
tutto
M-A
23
0,28-0,23
PIE
1920-1950
4
Schiera
tutto
A-AA
11
0,40-0,36
PIE
1920-1950
3
Schiera
tutto
A
93
0,10
PIE
1920-1950
3
1
tutto
A
55
0,13
PIE
1920-1950
3
2
tutto
A
36
0,07
PIE
1920-1950
2
Schiera
tutto
A
19
0,06
PIE
dopo 1950
3
Isolato
tutto
M-A
38
0,16-0,24
PIE
dopo 1950
4
Schiera
tutto
A
19
0,12
PIE
dopo 1950
3
Schiera
tutto
M-A
46
0,24-0,16
PIE
dopo 1950
3
1
tutto
M-A
23
0,24-0,16
PIE
dopo 1950
3
2
tutto
M-A
23
0,24-0,16
PIE
dopo 1950
2
Schiera
tutto
M
14
0,14
Per gli edifici in pietra appartenenti ad aggregati strutturali è possibile osservare,
all'interno di ogni classe d'età, un aumento della vulnerabilità all'aumentare del
numero di piani:
PIE ante 1920
PIE ante 1920
4 schiera tutto A-AA
3 schiera tutto
A
PIE ante 1920
2 schiera tutto
A
PIE 1920-1950 4 schiera tutto A-AA
PIE 1920-1950 3 schiera tutto
A
PIE 1920-1950 2 schiera tutto
136
A
PIE Dopo 1950 4 schiera tutto A
PIE Dopo 1950 3 schiera tutto M-A
PIE Dopo 1950 2 schiera tutto
M
Inoltre, a parità di altre caratteristiche, gli edifici isolati hanno un livello di
vulnerabilità minore o uguale di quelli a schiera:
PIE
ante 1920
3
isolato tutto
A
PIE
ante 1920
3
schiera tutto
A
PIE
1920-1950
3
isolato
PIE
1920-1950
3
schiera tutto
PIE
Dopo 1950
3
isolato
PIE
Dopo 1950
3
schiera tutto M-A
tutto M-A
A
tutto M-A
In generale è possibile osservare un aumento dell'influenza dei parametri
legati al numero di piani e dei fronti comuni per gli edifici più recenti.
Per quanto riguarda le sottoclassi, si può osservare come non sia possibile
stabilire, con il tipo di informazioni a disposizione, se gli edifici con un unico fronte
comune siano più o meno vulnerabili degli edifici con due fronti comuni. Infatti per
esprimere un tale giudizio sono necessarie almeno delle informazioni sull'altezza
degli edifici contigui per valutare l'effetto del contesto locale (Grimaz, 1991) e la
posizione assunta dall'edificio all'interno dell'aggregato strutturale per valutare
l'effetto del contesto globale (Mallardo, 1993). I risultati confermano questa
necessità in quanto, a volte risultano più danneggiati gli edifici con un unico fronte
comune, a volte quelli con due ed a volte hanno lo stesso livello di
danneggiamento. Risulta quindi giustificata la scelta di raggruppare gli edifici
appartenenti ad aggregati strutturali in un'unica classe (edifici a schiera) al fine di
confrontarli con quelli isolati.
Nella seguente tabella è riportato l'elenco delle tipologie edilizie significative
in pietra, ordinate in base alle classi di vulnerabilità:
137
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche
Classe
costruttive
di Vul.
Materiale
Età
Piani F. comuni Scant.
Caratteristiche della
classe
Numero Adattamento
PIE
ante 1920
4
schiera
tutto
A-AA
83
0,30-0,32
PIE
1920-1950
4
schiera
tutto
A-AA
11
0,40-0,36
PIE
ante 1920
3
isolato
tutto
A
22
0,26
PIE
ante 1920
3
schiera
tutto
A
194
0,11
PIE
ante 1920
2
schiera
tutto
A
41
0,19
PIE
1920-1950
3
schiera
tutto
A
19
0,06
PIE
1920-1950
2
schiera
tutto
A
93
0,10
PIE
dopo 1950
4
schiera
tutto
A
19
0,12
PIE
1920-1950
3
isolato
tutto
M-A
23
0,28-0,23
PIE
dopo 1950
3
isolato
tutto
M-A
38
0,16-0,24
PIE
dopo 1950
3
schiera
tutto
M-A
46
0,24-0,16
PIE
dopo 1950
2
schiera
tutto
M
14
0,14
EDIFICI IN PIETRA-LATERIZIO
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche
Classe
costruttive
di Vul.
Materiale
Età
Piani F. comuni Scant.
Caratteristiche della
classe
Numero Adattamento
PLAT
ante 1920
3
schiera
Tutto
A
30
0,15
PLAT
ante 1920
3
1
tutto
AA
17
0,15
PLAT
ante 1920
3
2
tutto
A
13
0,06
PLAT
1920-1950
3
isolato
tutto
A
25
0,19
PLAT
1920-1950
3
schiera
tutto
A
36
0,08
PLAT
1920-1950
3
1
tutto
A
27
0,05
PLAT
dopo 1950
3
isolato
tutto
M
47
0,13
PLAT
dopo 1950
2
isolato
tutto
M
29
0,16
PLAT
dopo 1950
4
schiera
tutto
A
17
0,09
PLAT
dopo 1950
3
schiera
tutto
M-A
39
0,22-0,21
PLAT
dopo 1950
3
1
tutto
M-A
25
022-0,18
Per queste tipologie valgono tutte le considerazioni effettuate per gli edifici in
pietra.
Nella seguente tabella è riportato l'elenco delle tipologie edilizie significative
in pietra-laterizio, ordinate in base alle classi di vulnerabilità:
138
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche
Classe
costruttive
di Vul.
Materiale
Età
Piani F. comuni Scant.
Caratteristiche della
classe
Numero Adattamento
PLAT
ante 1920
3
schiera
tutto
A
30
0,15
PLAT
1920-1950
3
isolato
tutto
A
25
0,19
PLAT
1920-1950
3
schiera
tutto
A
36
0,08
PLAT
dopo 1950
4
schiera
tutto
A
17
0,09
PLAT
dopo 1950
3
schiera
tutto
M-A
39
0,22-0,21
PLAT
dopo 1950
3
isolato
tutto
M
47
0,13
PLAT
dopo 1950
2
isolato
tutto
M
29
0,16
EDIFICI IN LATERIZIO
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche
Classe Caratteristiche della
costruttive
di Vul.
classe
Materiale
Età
Piani F. comuni Scant.
Numero Adattamento
LAT
1920-1950
3
isolato
tutto
A
64
0,15
LAT
1920-1950
3
schiera
tutto
A
51
0,12
LAT
1920-1950
3
1
tutto
A
42
0,14
LAT
dopo 1950
3
isolato
tutto
M-B
282
0,11-0,16
LAT
dopo 1950
3
isolato
totale
B
77
0,05
LAT
dopo 1950
3
isolato
parziale
M-B
125
0,09-0,19
LAT
dopo 1950
3
isolato
assente
M
76
0,03
LAT
dopo 1950
2
isolato
tutto
B
303
0,02
LAT
dopo 1950
2
isolato
totale
B
178
0,07
LAT
dopo 1950
2
isolato
parziale
B
75
0,06
LAT
dopo 1950
2
isolato
assente
M-B
47
0,13-0,16
LAT
dopo 1950
1
isolato
tutto
B
77
0,07
LAT
dopo 1950
1
isolato
totale
B
54
0,06
LAT
dopo 1950
3
schiera
tutto
M
102
0,08
LAT
dopo 1950
3
1
tutto
M
84
0,08
LAT
dopo 1950
3
2
tutto
M
17
0,18
LAT
dopo 1950
2
schiera
tutto
M-B
28
0,18-0,11
LAT
dopo 1950
2
1
tutto
M-B
21
0,17-0,08
Per gli edifici in laterizio il fattore che influisce in maggior modo sul livello di
vulnerabilità è l'età, infatti vi è una sostanziale differenza tra gli edifici costruiti nel
periodo 1920-1950 e quelli costruiti dopo il 1950.
139
Per gli edifici, costruiti dopo il 1950, è possibile osservare un aumento della
vulnerabilità all'aumentare del numero di piani. Inoltre a parità di piani risultano più
vulnerabili gli edifici appartenenti ad aggregati strutturali.
Per quanto riguarda le sottoclassi si possono fare le seguenti valutazioni:
Θ
per gli edifici costruiti dopo il 1950, isolati ed a 3 piani si osserva un aumento
del livello di danneggiamento passando da edifici con lo scantinato esteso a
tutto il piano (totale), ad edifici con lo scantinato parziale ed infine ad edifici
senza scantinato (assente); la stesso aumento, anche se meno marcato si
osserva per gli edifici a 2 piani. In ogni caso il fattore scantinato non influisce in
modo significativo sul livello di vulnerabilità per cui è possibile trascurarlo
(tutto);
Θ
non si osserva una variazione nel livello di danneggiamento cambiando il
numero di fronti comuni per cui rimane significativo il parametro SCHIERA.
Nella seguente tabella è riportato l'elenco delle tipologie edilizie significative in
laterizio, ordinate in base alle classi di vulnerabilità:
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche
costruttive
Materiale
Età
Piani F. comuni Scant.
Classe di Caratteristiche della
Vul.
classe
Numero Adattamento
LAT
1920-1950
3
isolato
tutto
A
64
0,15
LAT
1920-1950
3
schiera
tutto
A
51
0,12
LAT
dopo 1950
3
schiera
tutto
M
102
0,08
LAT
dopo 1950
3
isolato
tutto
M-B
282
0,11-0,16
LAT
dopo 1950
2
schiera
tutto
M-B
28
0,18-0,11
LAT
dopo 1950
2
isolato
tutto
B
303
0,02
LAT
dopo 1950
1
isolato
tutto
B
77
0,07
140
ALTRI MATERIALI
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive Classe di Caratteristiche della
Vul.
classe
Materiale
Età
Piani F. Comuni Scant.
Numero Adattamento
INT+CA
dopo 1950
3
Isolato
tutto
M
17
0,09
INT+CA
dopo 1950
2
Isolato
tutto
M-B
25
0,10-0,15
LPIL+PPIL
dopo 1950
2
Isolato
tutto
M
20
0,05
Da queste osservazioni risulta quindi giustificata la scelta di accorpare le
informazioni sul numero di fronti comuni in due classi più ampie costituite dagli
edifici ISOLATI e dagli edifici a SCHIERA; i dati a disposizione non permettono di
verificare
l'esatta
influenza
dell'aggregato
strutturale
sul
comportamento
dell'edificio ma consentono però di affermare che in "media" gli edifici appartenenti
a tali aggregati risultano più danneggiati degli edifici isolati a parità delle altre
caratteristiche tipologiche.
Per quanto riguarda il parametro SCANTINATO, essendo significativo solo
per gli edifici in laterizio, si preferisce trascurarlo nella definizione delle classi
tipologiche anche perché la sua influenza non è molto rilevante.
Unendo
le
tabelle
precedentemente
illustrate
ottiene
un
catalogo
complessivo composto da 29 tipologie edilizie. Ordinando tutte le tipologie edilizie
individuate in base alle classi di vulnerabilità si ottiene complessivamente il
seguente catalogo:
141
CATALOGO TIPOLOGIE EDILIZIE - CLASSI DI VULNERABILITA'
PER IL COMUNE DI GEMONA DEL FRIULI
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche
costruttive
Materiale
Età
Piani F. comuni Scant.
Classe
di Vul.
Caratteristiche della
classe
Numero Adattamento
PIE
ante 1920
4
schiera
tutto
A-AA
83
0,30-0,32
PIE
1920-1950
4
schiera
tutto
A-AA
11
0,40-0,36
PIE
ante 1920
3
isolato
tutto
A
22
0,26
PIE
ante 1920
3
schiera
tutto
A
194
0,11
PIE
ante 1920
2
schiera
tutto
A
41
0,19
PIE
1920-1950
3
schiera
tutto
A
93
0,10
PIE
1920-1950
2
schiera
tutto
A
19
0,06
PIE
dopo 1950
4
schiera
tutto
A
19
0,12
PLAT
ante 1920
3
schiera
tutto
A
30
0,15
PLAT
1920-1950
3
isolato
tutto
A
25
0,19
PLAT
1920-1950
3
schiera
tutto
A
36
0,08
PLAT
dopo 1950
4
schiera
tutto
A
17
0,09
LAT
1920-1950
3
isolato
tutto
A
64
0,15
LAT
1920-1950
3
schiera
tutto
A
51
0,12
PIE
1920-1950
3
isolato
tutto
M-A
23
0,28-0,23
PIE
dopo 1950
3
isolato
tutto
M-A
38
0,16-0,24
PIE
dopo 1950
3
schiera
tutto
M-A
46
0,24-0,16
PLAT
dopo 1950
3
schiera
tutto
M-A
39
0,22-0,21
PIE
dopo 1950
2
schiera
tutto
M
14
0,14
PLAT
dopo 1950
3
isolato
tutto
M
47
0,13
PLAT
dopo 1950
2
isolato
tutto
M
29
0,16
LAT
dopo 1950
3
schiera
tutto
M
102
0,08
INT+CA dopo 1950
3
isolato
tutto
M
17
0,09
LPIL+PPIL dopo 1950
2
isolato
tutto
M
20
0,05
LAT
dopo 1950
3
isolato
tutto
M-B
282
0,11-0,16
LAT
dopo 1950
2
schiera
tutto
M-B
28
0,18-0,11
INT+CA dopo 1950
2
isolato
tutto
M-B
25
0,10-0,15
LAT
dopo 1950
2
isolato
tutto
B
303
0,02
LAT
dopo 1950
1
isolato
tutto
B
77
0,07
142
In questo catalogo vengono individuate e classificate le tipologie edilizie
rilevate nel comune di Gemona del Friuli. La classificazione è essenzialmente una
classificazione relativa in quanto permette di ordinare le tipologie dalla più
vulnerabile alla meno vulnerabile ma non offre indicazioni assolute, per esempio,
sulla percentuale di edifici distrutti per ogni classe di vulnerabilità e per una certa
severità del sisma. Questo fatto è pienamente in accordo con la definizione di
vulnerabilità in quanto la vulnerabilità degli edifici è un fattore indipendente
dall'azione sismica ma dipende solamente dalle caratteristiche comportamentali
dell'edificio stesso; al variare dell'azione sismica è poi possibile valutare l'entità
assoluta del danno attraverso una opportuna relazione del tipo D = A ⊗ Vf .
3.13 La verifica del catalogo tipologie edilizie-classi di vulnerabilità
Per quantificare l'attendibilità delle valutazioni riportate nel catalogo tipologie
edilizie-classi di vulnerabilità redatto nel comune di Gemona del Friuli, al fine di
dimostrare che la classificazione effettuata non è eccessivamente influenzata dalle
particolari caratteristiche costruttive degli edifici oppure da particolari condizioni
geomorfologiche della zona ed è quindi estendibile, con un certo grado di
approssimazione, a tutti i comuni della regione, si effettueranno una serie di
verifiche attraverso l'analisi degli altri Comuni Significativi.
La verifica del catalogo sarà effettuata secondo due modalità:
1. a parità di azione sismica e quindi considerando i Comuni Significativi con la
stessa intensità macrosismica di Gemona;
2. al variare dell'azione sismica e quindi considerando i Comuni Significativi con
intensità macrosismica diversa da quella di Gemona.
Affinché la verifica risulti soddisfatta, nel primo caso le classi di vulnerabilità
assegnate alle tipologie edilizie devono coincidere, in quanto la severità del sisma
è la stessa; nel secondo caso invece, è sufficiente che venga rispettata la
classificazione relativa tra le tipologie anche se le classi non sono le stesse e
questo perché l'intensità del sisma è diversa e quindi è diverso anche il grado di
danneggiamento degli edifici a parità di tipologia.
143
Verifica a parità di azione sismica A
Nella seguente tabella sono confrontate le classi di vulnerabilità assegnate
alle tipologie edilizie individuate nel comune di Gemona del Friuli, che costituisce il
campione da verificare e nei comuni di Trasaghis e di Montenars. Tutti questi
comuni hanno un alto grado di rappresentatività degli effetti del sisma (percentuale
verbali utili superiore a 90%) con una significatività dei dati buona per cui il
confronto viene effettuato tra campioni omogenei dal punto di vista della qualità
delle informazioni a disposizione.
Naturalmente sono prese in considerazione solo lo classi tipologiche
numericamente significative e cioè con un numero di edifici superiore alle 10 unità.
CLASSE MACROSISMICA 7
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive
Fronti
Materiale
Età
Piani comuni Scantinato
PIE
ante 1920
4
schiera
tutto
PIE
1920-1950
4
schiera
tutto
PIE
ante 1920
3
isolato
tutto
PIE
ante 1920
3
schiera
tutto
PIE
ante 1920
2
schiera
tutto
PIE
1920-1950
3
schiera
tutto
PIE
1920-1950
2
schiera
tutto
PIE
dopo 1950
4
schiera
tutto
PLAT
ante 1920
3
schiera
tutto
PLAT
1920-1950
3
isolato
tutto
PLAT
1920-1950
3
schiera
tutto
PLAT
dopo 1950
4
schiera
tutto
LAT
1920-1950
3
isolato
tutto
LAT
1920-1950
3
schiera
tutto
PIE
1920-1950
3
isolato
tutto
PIE
dopo 1950
3
isolato
tutto
PIE
dopo 1950
3
schiera
tutto
PLAT
dopo 1950
3
schiera
tutto
PIE
dopo 1950
2
schiera
tutto
PLAT
dopo 1950
3
isolato
tutto
PLAT
dopo 1950
2
isolato
tutto
LAT
dopo 1950
3
schiera
tutto
INT+CA
dopo 1950
3
isolato
tutto
LPIL+PPIL dopo 1950
2
isolato
tutto
LAT
dopo 1950
3
isolato
tutto
LAT
dopo 1950
2
schiera
tutto
INT+CA
dopo 1950
2
isolato
tutto
LAT
dopo 1950
2
isolato
tutto
LAT
dopo 1950
1
isolato
tutto
144
Gemona
Montenars Trasaghis
del Friuli
A-AA
A-AA
A
A
A
A
A
A
A
A
A
A
A
A
M-A
M-A
M-A
M-A
M
M
M
M
M
M
M-B
M-B
M-B
B
B
A
AA
A
A
A
A
A
A
M
M
M
B
Nel comune di Montenars le tipologie numericamente significative sono
solamente due ed entrambe caratterizzate da un alta vulnerabilità. Nel comune di
Trasaghis 8 tipologie edilizie su 10 rispettano la graduatoria del campione di
riferimento costituito da Gemona; le tipologie rimanenti si discostano solo di una
classe intermedia di vulnerabilità. Vengono purtroppo a mancare le verifiche sulle
tipologie con una classe di vulnerabilità medio-alta.
Verifica al variare dell'azione sismica A
In questa verifica vengono considerati tutti gli altri Comuni Significativi
selezionati nel paragrafo precedente. In particolare i comuni di Lusevera e
Taipana, in quanto appartenenti alla stessa classe di intensità macrosismica e
geograficamente vicini, vengono considerati insieme.
Analizzando campioni in cui la severità del sisma è minore, è possibile
distinguere dei comportamenti delle tipologie edilizie che per il comune di Gemona
risultavano simili.
Infatti, osservando per esempio il modello di vulnerabilità per edifici in
muratura rappresentato nella figura seguente (CNR-GNDT, 1993), risulta evidente
che per due livelli diversi di severità dell'azione sismica (rappresentata dal
rapporto tra l'accelerazione prodotta dal sisma e l'accelerazione di gravità) il
numero di tipologie che si riescono a distinguere in base al livello di
danneggiamento (indice di danno) è maggiore per il livello di severità più basso.
145
Con questa verifica quindi, oltre a ricercare la conferma della graduatoria
redatta per il comune di Gemona, si vuole tentare di mettere in evidenza ulteriori
differenze di comportamento tra le tipologie edilizie.
Come per Gemona, sono prese in considerazione solo lo classi tipologiche
numericamente significative e cioè con un numero di edifici superiore alle 10 unità.
CLASSE MACROSISMICA 6
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche
costruttive
Artegna Bordano Venzone
Fronti
Materiale
Età
Piani comuni Scantinato
PIE
ante 1920
4
schiera
tutto
A
AA
PIE
1920-1950
4
schiera
tutto
A
PIE
ante 1920
3
isolato
tutto
PIE
ante 1920
3
schiera
tutto
A
A
A-AA
PIE
ante 1920
2
schiera
tutto
AA
A
A
PIE
1920-1950
3
schiera
tutto
A
A
PIE
1920-1950
2
schiera
tutto
PIE
dopo 1950
4
schiera
tutto
PLAT
ante 1920
3
schiera
tutto
AA
PLAT
1920-1950
3
isolato
tutto
PLAT
1920-1950
3
schiera
tutto
A
PLAT
dopo 1950
4
schiera
tutto
LAT
1920-1950
3
isolato
tutto
LAT
1920-1950
3
schiera
tutto
PIE
1920-1950
3
isolato
tutto
A
PIE
dopo 1950
3
isolato
tutto
PIE
dopo 1950
3
schiera
tutto
PLAT
dopo 1950
3
schiera
tutto
PIE
dopo 1950
2
schiera
tutto
PLAT
dopo 1950
3
isolato
tutto
PLAT
dopo 1950
2
isolato
tutto
LAT
dopo 1950
3
schiera
tutto
INT+CA dopo 1950
3
isolato
tutto
LPIL+PPIL dopo 1950
2
isolato
tutto
LAT
dopo 1950
3
isolato
tutto
M-A
M
LAT
dopo 1950
2
schiera
tutto
INT+CA dopo 1950
2
isolato
tutto
LAT
dopo 1950
2
isolato
tutto
M
M-B
LAT
dopo 1950
1
isolato
tutto
M
M-B
146
Tutti questi campioni hanno un alto grado di rappresentatività mentre per
quanto riguarda la significatività, per i comuni di Artegna e Bordano è ottima e per
Venzone buona.
Per gli edifici in laterizio viene confermata la graduatoria individuata per il
campione di riferimento. Per gli edifici in pietra, pur considerando l'influenza del
tipo di tessitura muraria che può variare da paese a paese in base alle tradizioni
costruttive locali, si può osservare una buona corrispondenza con la graduatoria
individuata per il campione di riferimento costituito dal comune di Gemona del
Friuli. Vengono purtroppo a mancare le verifiche sulle tipologie con una classe di
vulnerabilità media. Significativi sono i dati di Venzone in cui, per gli edifici in
pietra, costruiti prima del 1920 ed appartenenti ad aggregati strutturali, si osserva
un aumento della vulnerabilità all'aumentare del numero di piani:
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche
costruttive
Materiale
Età
Piani F. comuni Scantinato
Venzone
PIE
ante 1920
4
schiera
tutto
AA
PIE
ante 1920
3
schiera
tutto
A-AA
PIE
ante 1920
2
schiera
tutto
A
Complessivamente si osserva infine una netta distinzione tra tipologie in
pietra e tipologie in laterizio
CLASSE MACROSISMICA 5
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive
Amaro
Fronti
Materiale
Età
Piani
Scantinato
comuni
A-AA
Lusevera
Taipana
PIE
ante 1920
4
schiera
tutto
A
PIE
1920-1950
4
schiera
tutto
M-A
PIE
ante 1920
3
isolato
tutto
A
PIE
ante 1920
3
schiera
tutto
A
A
PIE
ante 1920
2
schiera
tutto
A
M
PIE
1920-1950
3
schiera
tutto
M-A
PIE
1920-1950
2
schiera
tutto
M
147
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive
Amaro
Fronti
Materiale
Età
Piani
Scantinato
comuni
PIE
dopo 1950
4
schiera
tutto
PLAT
ante 1920
3
schiera
tutto
PLAT
1920-1950
3
isolato
tutto
PLAT
1920-1950
3
schiera
tutto
PLAT
dopo 1950
4
schiera
tutto
LAT
1920-1950
3
isolato
tutto
LAT
1920-1950
3
schiera
tutto
PIE
1920-1950
3
isolato
tutto
PIE
dopo 1950
3
isolato
tutto
PIE
dopo 1950
3
schiera
tutto
PLAT
dopo 1950
3
schiera
tutto
PIE
dopo 1950
2
schiera
tutto
PLAT
dopo 1950
3
isolato
tutto
PLAT
dopo 1950
2
isolato
tutto
LAT
dopo 1950
3
schiera
tutto
INT+CA
dopo 1950
3
isolato
tutto
LPIL+PPIL
dopo 1950
2
isolato
tutto
LAT
dopo 1950
3
isolato
tutto
LAT
dopo 1950
2
schiera
tutto
INT+CA
dopo 1950
2
isolato
tutto
LAT
dopo 1950
2
isolato
tutto
LAT
dopo 1950
1
isolato
tutto
Lusevera
Taipana
A
M-A
M-A
B
M
B
Tutti questi campioni hanno un alto grado di rappresentatività ed un ottima
significatività. Nel comune di Amaro, pur essendo poche le tipologie individuate,
viene confermata la graduatoria proposta per Gemona, confermando la netta
distinzione tra edifici in laterizio ed edifici in pietra. L'analisi dei comuni di Lusevera
e Taipana consente di distinguere il comportamento delle tipologie edilizie che nel
comune di Gemona erano raggruppate in un'unica classe di vulnerabilità. Appare
subito evidente, per gli edifici a schiera costruiti nella stessa epoca, l'aumento
della vulnerabilità all'aumentare del numero di piani:
148
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive
Materiale
Età
Piani F. comuni Scantinato
Lusevera
Taipana
PIE
ante 1920
4
schiera
tutto
A
PIE
ante 1920
3
schiera
tutto
A
PIE
PIE
ante 1920
1920-1950
2
4
schiera
schiera
tutto
tutto
M
M-A
PIE
1920-1950
3
schiera
tutto
M-A
PIE
1920-1950
2
schiera
tutto
M
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive
Fronti
Materiale
Età
Piani
Scantinato
comuni
Lusevera
Taipana
PIE
dopo 1950
4
schiera
tutto
A
PIE
dopo 1950
3
schiera
tutto
M-A
Inoltre si può osservare che gli edifici a tre piani sia a schiera che isolati hanno
la stessa vulnerabilità:
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive
Fronti
Materiale
Età
Piani
Scantinato
comuni
Lusevera
Taipana
PIE
ante 1920
3
isolato
tutto
A
PIE
ante 1920
3
schiera
tutto
A
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive
Fronti
Materiale
Età
Piani
Scantinato
comuni
Lusevera
Taipana
PIE
1920-1950
3
isolato
tutto
M-A
PIE
1920-1950
3
schiera
tutto
M-A
149
CLASSE MACROSISMICA 4
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive
Chiusaforte Tolmezzo
Fronti
Materiale
Età
Piani
Scantinato
comuni
PIE
ante 1920
4
schiera
tutto
PIE
1920-1950
4
schiera
tutto
PIE
ante 1920
3
isolato
tutto
A
A
PIE
ante 1920
3
schiera
tutto
A
A
PIE
ante 1920
2
schiera
tutto
M
A
PIE
1920-1950
3
schiera
tutto
M-A
PIE
1920-1950
2
schiera
tutto
A
PIE
dopo 1950
4
schiera
tutto
PLAT
ante 1920
3
schiera
tutto
PLAT
1920-1950
3
isolato
tutto
PLAT
1920-1950
3
schiera
tutto
PLAT
dopo 1950
4
schiera
tutto
LAT
1920-1950
3
isolato
tutto
LAT
1920-1950
3
schiera
tutto
PIE
1920-1950
3
isolato
tutto
PIE
dopo 1950
3
isolato
tutto
PIE
dopo 1950
3
schiera
tutto
PLAT
dopo 1950
3
schiera
tutto
PIE
dopo 1950
2
schiera
tutto
PLAT
dopo 1950
3
isolato
tutto
PLAT
dopo 1950
2
isolato
tutto
LAT
dopo 1950
3
schiera
tutto
INT+CA dopo 1950
3
isolato
tutto
LPIL+PPIL dopo 1950
2
isolato
tutto
LAT
dopo 1950
3
isolato
tutto
LAT
dopo 1950
2
schiera
tutto
INT+CA dopo 1950
2
isolato
tutto
LAT
dopo 1950
2
isolato
tutto
LAT
dopo 1950
1
isolato
tutto
M
A
A
A
M
M-A
La rappresentatività del comune di Chiusaforte è media mentre quella di
Tolmezzo è bassa. La significatività è buona per Chiusaforte e discreta per
150
Tolmezzo. Nel comune di Chiusaforte, fra gli edifici a schiera risultano più
vulnerabili quelli con tre piani rispetto a quelli con due o quattro piani:
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche
costruttive
Chiusaforte
Fronti
Materiale
Età
Piani
Scantinato
comuni
PIE
ante 1920
4
schiera
tutto
M
PIE
ante 1920
3
schiera
tutto
A
PIE
ante 1920
2
schiera
tutto
M
Nel comune di Tolmezzo la classificazione è abbastanza uniforme per cui non si
riescono a distinguere tra di loro le tipologie edilizie.
CLASSE MACROSISMICA 3
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive
Fronti
Materiale
Età
Piani
Scantinato
comuni
PIE
ante 1920
4
schiera
tutto
PIE
1920-1950
4
schiera
tutto
PIE
ante 1920
3
isolato
tutto
PIE
ante 1920
3
schiera
tutto
PIE
ante 1920
2
schiera
tutto
PIE
1920-1950
3
schiera
tutto
PIE
1920-1950
2
schiera
tutto
PIE
dopo 1950
4
schiera
tutto
PLAT
ante 1920
3
schiera
tutto
PLAT
1920-1950
3
isolato
tutto
PLAT
1920-1950
3
schiera
tutto
PLAT
dopo 1950
4
schiera
tutto
LAT
1920-1950
3
isolato
tutto
LAT
1920-1950
3
schiera
tutto
PIE
1920-1950
3
isolato
tutto
PIE
dopo 1950
3
isolato
tutto
PIE
dopo 1950
3
schiera
tutto
PLAT
dopo 1950
3
schiera
tutto
PIE
dopo 1950
2
schiera
tutto
PLAT
dopo 1950
3
isolato
tutto
PLAT
dopo 1950
2
isolato
tutto
LAT
dopo 1950
3
schiera
tutto
INT+CA dopo 1950
3
isolato
tutto
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive
Fronti
Materiale
Età
Piani
Scantinato
comuni
Faedis
Frisanco
A
M-A
M-A
M-A
A
A
M-A
A
A
M-A
A
A
A
M
Faedis
Frisanco
151
LPIL+PPIL
LAT
LAT
INT+CA
LAT
LAT
Sia
il
dopo 1950
dopo 1950
dopo 1950
dopo 1950
dopo 1950
dopo 1950
comune
di
2
3
2
2
2
1
isolato
isolato
schiera
isolato
isolato
isolato
Faedis
che
tutto
tutto
tutto
tutto
tutto
tutto
quello
M
M-B
B
di
Frisanco
hanno
un'alta
rappresentatività, mentre per quanto riguarda la significatività, per Faedis è ottima
e per Frisanco è discreta. Per il comune di Frisanco si ripresenta la stessa
situazione particolare di
Chiusaforte con gli edifici a schiera a tre piani più
vulnerabili di quelli con due o quattro piani:
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche
costruttive
Fronti
Materiale
Età
Piani
Scantinato
comuni
Frisanco
PIE
ante 1920
4
schiera
tutto
M-A
PIE
ante 1920
3
schiera
tutto
A
PIE
ante 1920
2
schiera
tutto
M-A
In ogni caso la classificazione delle tipologie in pietra è molto omogenea e si
differenzia al più per una classe intermedia. Per il comune di Faedis viene
confermata la graduatoria degli edifici in laterizio e la netta distinzione con gli
edifici in pietra; un caso particolare è costituito dagli edifici isolati, con tre piani e
costruiti dopo il 1950 che hanno la stessa vulnerabilità sia se realizzati in laterizio
che in pietra:
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive
Fronti
Materiale
Età
Piani
Scantinato
comuni
Faedis
PIE
dopo 1950
3
isolato
tutto
M
LAT
dopo 1950
3
isolato
tutto
M
Per le altre tipologie in pietra la classificazione è molto uniforme e non permette di
effettuare distinzioni significative.
CLASSE MACROSISMICA 2
TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive
152
Tricesimo
Materiale
Età
Piani
F.comuni
Scantinato
PIE
ante 1920
4
schiera
tutto
PIE
1920-1950
4
schiera
tutto
PIE
ante 1920
3
isolato
tutto
A
PIE
ante 1920
3
schiera
tutto
A
PIE
ante 1920
2
schiera
tutto
A
PIE
1920-1950
3
schiera
tutto
M-A
PIE
1920-1950
2
schiera
tutto
PIE
Dopo 1950
4
schiera
tutto
PLAT
ante 1920
3
schiera
tutto
A
PLAT
1920-1950
3
isolato
tutto
A
PLAT
1920-1950
3
schiera
tutto
PLAT
Dopo 1950
4
schiera
tutto
LAT
1920-1950
3
isolato
tutto
LAT
1920-1950
3
schiera
tutto
PIE
1920-1950
3
isolato
tutto
PIE
Dopo 1950
3
isolato
tutto
PIE
Dopo 1950
3
schiera
tutto
PLAT
Dopo 1950
3
schiera
tutto
PIE
Dopo 1950
2
schiera
tutto
PLAT
Dopo 1950
3
isolato
tutto
PLAT
Dopo 1950
2
isolato
tutto
LAT
Dopo 1950
3
schiera
tutto
INT+CA
Dopo 1950
3
isolato
tutto
LPIL+PPIL Dopo 1950
2
isolato
tutto
A
A
B
LAT
Dopo 1950
3
isolato
tutto
B
LAT
Dopo 1950
2
schiera
tutto
INT+CA
Dopo 1950
2
isolato
tutto
LAT
Dopo 1950
2
isolato
tutto
B
LAT
Dopo 1950
1
isolato
tutto
B
Il campione di dati di Tricesimo è caratterizzato da un alto grado di
rappresentatività e da una buona significatività. Da tale campione si può osservare
una netta distinzione di comportamento tra le tipologie in pietra e quelle in laterizio.
Nella seguente tabella viene fornita una sintesi dei risultati ottenuti dalle
verifiche effettuate sul catalogo definito per il comune di Gemona del Friuli. Nella
prima colonna vengono riportati i comuni considerati nella verifica, nella seconda
153
la classe di intensità macrosismica corrispondente, nella terza il numero di
tipologie significative individuate all'interno del campione di dati del comune e nella
quarta il numero di tipologie che rispettano la classificazione definita sul campione
di dati del comune di Gemona del Friuli.
COMUNE
ANALIZZATO
Classe di
intensità
macrosismica
Numero di
tipologie
edilizie
verificate
8
Percentuale di
tipologie
verificate
7
Numero di
tipologie
edilizie
individuate
10
TRASAGHIS
MONTENARS
7
2
1
50%
ARTEGNA
6
9
7
78%
BORDANO
6
5
3
60%
VENZONE
6
6
6
100%
AMARO
5
5
5
100%
LUSEVERA
5
11
6
55%
TAIPANA
5
11
6
55%
CHIUSAFORTE
4
5
4
80%
TOLMEZZO
4
9
6
67%
FAEDIS
3
13
10
77%
FRISANCO
3
4
3
75%
TRICESIMO
2
12
10
83%
80%
I risultati ottenuti dalle verifiche sui Comuni Significativi sono sufficientemente
soddisfacenti e confermano la bontà delle valutazioni effettuate per il comune di
riferimento. Il catalogo tipologie edilizie-classi di vulnerabilità definito sulla base dei
dati del campione del comune di Gemona, corrisponde abbastanza bene con le
classificazioni effettuate per campioni di edifici sottoposti ad un sisma di diversa
intensità. I campioni di dati su cui è stata effettuata la verifica sono inoltre dislocati
su un'area territoriale abbastanza estesa, con condizioni geomorfologiche e
tradizioni costruttive locali anche molto diverse, per cui i risultati ottenuti possono
ritenersi senz'altro significativi ed applicabili a scala territoriale.
La variabilità dei risultati in certi comuni può essere giustificata dal fatto che
vengono a mancare sufficienti indicazioni sulle caratteristiche costruttive delle
murature degli edifici in pietra e sulla localizzazione di tali edifici nell'aggregato
154
strutturale; in tali condizioni non è quindi possibile controllare tutte le variabili che
influenzano la vulnerabilità di un edifico.
In ogni caso la classificazione ottenuta può costituire un primo valido
riferimento per stime di massima, a scala territoriale, della vulnerabilità sismica del
patrimonio edilizio esistente.
155
1. DEFINIZIONE DEGLI STANDARD INFORMATICI
Gli obiettivi fondamentali per la definizione della mappa della vulnerabilità
sismica degli edifici in muratura possono essere così descritti:
Θ
Estrapolazione delle correlazioni tra caratteristiche delle costruzioni colpite dal
terremoto e danni subiti, sulla base dei danni rilevati con i verbali di
accertamento danni della LR 17/76.
Θ
Definizione di modelli strutturali speditivi per la valutazione della vulnerabilità
sismica di tipologie edilizie tipiche dell’area friulana interessata alla mappatura
di rischio.
Θ
Realizzazione di una banca dati informatica che consenta di gestire
contemporaneamente dati di provenienza ISTAT e relativi ai verbali di
accertamento danni, strutturata in modo da essere integrata con una
cartografia digitalizzata così da permettere una mappatura tematica del
territorio.
La definizione degli standard per la gestione e la rappresentazione informatizzata
dei dati utilizzati per la mappatura del territorio, deve garantire la compatibilità
finale con i sistemi informativi utilizzati dagli uffici regionali.
La produzione della mappa di vulnerabilità sismica degli edifici in muratura e
la successiva integrazione con una mappa della pericolosità sismica e del valore
esposto
per
la
produzione
della
mappa
di
rischio
sismico,
impone
l’implementazione di un sistema informativo territoriale e di una banca dati che
raccolga le informazioni alfanumeriche alla base delle elaborazioni cartografiche.
L’Articolo 5 della Convenzione tra Università di Udine e Regione FriuliVenezia Giulia, impone che tutte le mappe prodotte nel contesto della ricerca
siano realizzate secondo le specifiche tecniche contenute nel documento ‘Indirizzi
di normalizzazione per il trasferimento di dati numerici’ relativo al Progetto
Generale dei Sistema Cartografico. In particolare, questo documento impone che
ogni file georeferenziato prodotto da elaborazioni utili alla determinazione del
rischio sismico, deve essere disponibile in uno dei formati informatici elencati nel
documento stesso.
Per l’implementazione del sistema informativo territoriale è stato scelto il
software MicroStation, versione SE, prodotto da Bentley Systems; tale software è
156
un sistema Cad che può essere esteso, tramite il modulo GeoGraphics, con
funzionalità per la gestione cartografica e lo sviluppo di sistemi informativi
territoriali come le operazioni topologiche, la risimbolizzazione tematica e le
interrogazioni spaziali. Tale software è attualmente in uso presso numerosi Enti e
Direzioni della Regione Friuli-Venezia Giulia che gestiscono problematiche
connesse al territorio.
Per quanto riguarda la cartografia numerica di riferimento, la Convenzione
sopra citata impone l’utilizzo della Carta Regionale Numerica (CRN) alla scala di
1:25.000. Il Servizio per l’Informazione Territoriale e la Cartografia della Direzione
Regionale della Pianificazione Territoriale si è dichiarato disponibile a fornire i file
della carta regionale numerica in formato DGN, formato nativo di MicroStationGeoGraphics.
Gli archivi alfanumerici alla base delle operazioni di tematizzazione
cartografica, saranno progettati tramite lo schema concettuale ER (EntitàRelazioni) ed implementati con una base di dati di tipo relazionale. Il software
scelto per la realizzazione delle basi di dati relazionali è Access, versione 97, di
Microsoft. Il modello relazionale su cui si base Access 97 è conforme alla
definizione standard e supporta interamente il linguaggio SQL.
Il collegamento tra sistema informativo territoriale e gestore di basi di dati
relazionali è gestito con il protocollo ODBC/32 Bit (Open Database Connectivity)
versione 3.5.
157
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