che devono essere quantitativamente e qualitativamente sufficienti
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che devono essere quantitativamente e qualitativamente sufficienti
Questa relazione è redatta in conformità a quanto previsto agli articoli 2, 3 e 4 della convenzione sopra citata. Di seguito sono riportati gli elementi rilevanti della stessa. Contratto n° 23, prot.. n° 2510, dd. 30.03.1998. Delib. G.R. n° 826, dd. 20.03.1998. Articolo 2. La realizzazione della mappa del Rischio Sismico Regionale, di cui all’art. 1 del presente atto, si articolerà in un programma triennale nel quale sono comprese tre fasi consecutive di durata di 12 mesi ciascuna… Articolo 3. Entro il terzo mese della fase successiva a quella di riferimento, l’Università di Udine – Dipartimento di Georisorse e Territorio – consegnerà alla regione gli elaborati previsti negli allegati n° 1 e n° 2 al presente atto, per la fase di riferimento, ed una relazione scientifica di sintesi illustrante i risultati conseguiti e comprovante l’esecuzione di quanto stabilito negli allegati alla presente convenzione. Articolo 4. Le relazioni e gli elaborati tecnico-scientifici di cui all’art.3…dovranno essere consegnati in un originale e quattro copie alla Regione. Allegato 1. 1° fase di ricerca (12 mesi). Università di Udine Le ricerche condotte nella prima fase porteranno alla definizione delle leggi di correlazione tra intensità, vulnerabilità e danno sulla base dei dati CNR-GNDT disponibili per il centro storico di Venzone e i dati L.R.17/76 relativi ai centri storici dei siti campione (Tarcento, San Daniele) precedentemente rilevati (punto 3.1.a). Tali leggi consentiranno la stima della vulnerabilità a livello di ambito urbano. Si procederà con studi preliminari sui dati INSIEL al fine di costruire le matrici di correlazione tra intensità, tipologia edilizia e danno, da utilizzare per una definizione speditiva della vulnerabiltà sismica delle tipologie edilizie caratteristiche del territorio regionale con particolare riguardo agli edifici esistenti in muratura (punto 3.1.b). I dati INSIEL saranno riorganizzati per la realizzazione di una monografia informatica sul terremoto del Friuli. I dati ISTAT saranno strutturati in modo da permettere la loro integrazione con una cartografia digitalizzata (punto 3.1.c). Allegato 2. 3.1.a – Leggi di correlazione tra danno, intensità e vulnerabilità sismica sulla base dei dati di Venzone, Tarcento e San Daniele. 3.1.b – Modelli per la valutazione della vulnerabilità sismica delle tipologie edilizie nei tre comuni. 3.1.c – Definizione degli standard informatici di gestione e rappresentazione dei dati per la compatibilità finale con il sistema informativo cartografico regionale. La convenzione è stata approvata con decreto dell’Assessore regionale alla Protezione Civile, in data 21 maggio 1998, trasmesso allo scrivente Dipartimento in data 2 giugno 1998. La quota corrispondente al 60% dell’importo del I anno è stata liquidata in data 27.10.1998. Il lavoro di ricerca del primo anno è stato caratterizzato da un notevole lavoro di organizzazione, informatizzazione ed analisi di dati. Come previsto dal programma scientifico, si sono applicate tecniche e metodologie messe a punto negli ultimi anni, nell’ambito del Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti. Esse consentono di valutare la vulnerabilità a posteriori a partire dall’analisi dei danni provocati dal terremoto del 1976 e sono già state testate in occasione del terremoto di Parma del 1983, di Bardi nel 1985, del 1997 in Umbria-Marche. Inoltre esse sono state applicate, in via sperimentale, per la valutazione dei livelli di rischio degli edifici pubblici strategici delle provincie di Lucca e Massa Carrara, in 77 comuni dell’Emilia-Romagna e nel comune di Toscolano Maderno in Lombardia. Si è, quindi, organizzata una banca dati (FRED – Friuli Earthquake Damages) costituita da: 1. Verbali di accertamento dei danni ad edifici per uso abitativo o misto compilati in forza della L.R.17/76 (84.780 documenti). 2. Base dati relazionale costruita sull’archivio dati su supporto magnetico dell’INSIEL. 3. Fogli in scala 1:1000, 1:2000 e planimetrie in scala 1.200 di parte degli edifici del NCEU di Artegna, Gemona del Friuli, Moggio Udinese, Osoppo, San Daniele del Friuli, Tarcento e Venzone. 4. Schede di computo della vulnerabilità per gli edifici dei comuni sopra citati per cui è disponibile il dato catastale al 6 maggio 1976. 5. Documentazione fotografica dall’archivio del comune di Venzone. 6. Schede di vulnerabilità di I e II livello per il comune di Venzone. È ormai dato acquisito che la vulnerabilità sismica di un edificio isolato (vulnerabilità intrinseca) è differente da quella di un edificio uguale inserito in aggregato (vulnerabilità effettiva). Inoltre la vulnerabilità varia in funzione dell’orientazione degli elementi strutturali resistenti in rapporto alla direzione prevalente dell’azione sismica. La vulnerabilità sismica, quindi, solo in primissima approssimazione può essere considerata una grandezza scalare. In realtà è più conveniente determinare, per ogni edificio l’ellisse di vulnerabilità effettiva. Sulla banca dati è stata, pertanto, effettuata un’operazione di ristrutturazione in modo che procedure e parametri fossero finalizzabili in tale senso. I sette parametri di riferimento sono: a) coefficiente C che valuta la resistenza degli elementi verticali lungo due direzioni mutuamente ortogonali; b) rapporto tra dimensioni di lato minore e maggiore in pianta; c) regolarità della distribuzione della resistenza e della rigidezza in elevazione; d) rapporto massimo tra interasse dei muri trasversali e spessore del muro maestro; e) età della costruzione; f) caratteristiche morfologiche e litologiche del terreno di fondazione; g) costo unitario di adeguamento antisismico dell’edificio, stimato dai tecnici che hanno redatto il verbale di accertamento. Mediante questi parametri è possibile calcolare, in maniera automatica, la vulnerabilità effettiva degli edifici. Il passo successivo, di taratura, consiste nel mettere in relazione la vulnerabilità con l’indice di danno che misura il danneggiamento strutturale. Ciò è stato fatto, non utilizzando il giudizio sintetico di danno degli operatori delle “terne”, ma utilizzando i dati del foglio 4 delle schede di rilevamento ex-lege 17/76, che quantificano in termini percentuali gli interventi necessari sugli elementi strutturali. Una prima verifica delle procedure è stata effettuata sul sito campione di Tarcento, scelto poiché l’accurato studio di microzonazione sismica affidato dalla regione all’Università di Trieste consente di astrarre dalle anomalie locali dell’accelerazione del suolo ed inoltre la piccola percentuale di edifici crollato od irrecuperabili, in una zona dove, peraltro. l’intensità sismica è stata valutata VIIIIX MSK consente di avere a disposizione per l’analisi un significativo numero di edifici con verbale di accertamento danni completo. Un secondo test è stato compiuto sugli edifici del comune di S.Daniele del Friuli che si trova nella stessa fascia di intensità sismica (VIII-IX MSK) e per il quale, dunque, è possibile ipotizzare analoghe condizioni di severità dell’azione del terremoto. Questo tipo di analisi è stato completato prendendo in considerazione l’abitato di Venzone per il quale è disponibile la completa documentazione fotografica dello stato antecedente il terremoto, il rilievo fotogrammetrico dell’agosto 1976, la restituzione grafica, in scala 1:50 del rilievo stesso per 60 edifici, il rilievo generale di tutto il centro storico eseguito per la stesura del piano particolareggiato e che, pur trovandosi in area a più intensa azione sismica (IX MSK), ha avuto un consistente numero di edifici danneggiati. La descrizione dettagliata del lavoro sopra riassunto ed i risultati sono oggetto dell’allegato 1 alla presente relazione. Il fine ultimo della ricerca è di fornire uno strumento atto costruire scenari di rischio sismico su scala regionale. Poiché non è ipotizzabile che, in tempi brevi, sia compiuto sull’intero territorio della regione, uno studio analitico di tutto il patrimonio edilizio, vanno individuati metodi che con sufficiente approssimazione, consentano di mappare le caratteristiche di vulnerabilità degli edifici a partire da elementi di conoscenza già esistenti ed adeguatamente informatizzati. La scelta non può che cadere sul censimento generale che contiene, al suo interno, notizie, sia pur sintetiche, sul patrimonio edilizio abitativo nazionale. Si è trattato, però, di verificare se le notizie ISTAT fossero sufficienti per costruire dei parametri confrontabili con quelli desunti dalle schede ex-lege 17/76 che, come abbiamo visto consentono di costruire affidabili correlazioni tra vulnerabilità e danno ed, in ultima analisi, di determinare, a posteriori, la vulnerabilità degli edifici danneggiati dal terremoto del 1976. Per migliorare la qualità delle valutazioni basate su una popolazione di dati eterogenea e largamente dipendente da criteri soggettivi dei rilevatori, si è ritenuto di sottoporre la base dati ad un’attenta valutazione. Per prima cosa è stato estratto un campione comprendente soli i verbali nei quali fossero stati considerati unicamente gli effetti delle scosse del 6 maggio onde evitare di attribuire alla vulnerabilità danni dovuti alla ripetizione dell’azione sismica su strutture in progressivo degrado. I verbali ricompresi nel campione così filtrato sono definiti utili. Essi costituiscono l’80,16 % del totale (60.821). Non tutti i verbali utili sono però completi di tutti i dati che consentono di determinare utilmente le caratteristiche tipologiche degli edifici. Quelli che lo sono, sono definiti appunto, completi (44.952) Infine si è operato un ulteriore filtraggio scegliendo i verbali sulla base della loro appartenenza a campioni significativi per qualità e numerosità. Con i criteri adottati il campione comprende 14 comuni rappresentativi per complessivi 9.241 verbali significativi. Successivamente si è proceduto ad un’accurata analisi dei dissesti tipici delle tipologie edilizie più comuni ed in base ad essa sono stati individuati gli indicatori sintetici più efficaci per stimare la vulnerabilità di un edificio in muratura. Essi sono (indicatori “ISTAT”): a) l’età di costruzione; b) la geometria del fabbricato; c) l’ubicazione dell’edificio nell’aggregato strutturale; d) la natura delle murature verticali; e) gli orizzontamenti e la copertura. Nelle schede di valutazione danno non tutti i sopra richiamati indicatori sono presenti o ricavabili direttamente. Quelli utilizzabili sono (indicatori “Schede L.R.17/76”): a) altezza minima; b) epoca di costruzione; c) struttura degli orizzontamenti; d) struttura di copertura; e) struttura verticale. Va rilevato, però, che nel caso friulano la numerosità del campione è tale da consentire di compensare la qualità del dato. In ultima analisi sono definite 29 classi tipologiche descrivibili con gli indicatori sopra elencati e significative per discriminarne il comportamento sismico. Con il risultato raggiunto sarà possibile determinare automaticamente la vulnerabilità sismica di tutti gli edifici in muratura censiti dopo il terremoto del ’76. L’ulteriore passo consisterà nella ridefinizione delle classi tipologiche dopo un’analisi comparata degli indicatori “ISTAT” e di quelli “Schede L.R.17/76”. La descrizione dettagliata del lavoro sopra riassunto ed i risultati sono oggetto dell’allegato 2 alla presente relazione. Sin dall’inizio della ricerca si sono attivate le procedure di consultazione con il Servizio per l’Informazione territoriale e la Cartografia della Direzione Regionale della Pianificazione Territoriale e con l’INSIEL al fine di ottemperare a quanto previsto dalla convenzione in tema di standard. Secondo gli accordi raggiunti con l’arch. Bertani è stato deciso che gli archivi alfanumerici alla base delle operazioni di tematizzazione cartografica saranno progettati tramite lo schema concettuale ER (Entità –Relazioni) ed implementati con una base di dati di tipo relazionale (Access 97 della Microsoft) conforme alla definizione standard e supportante interamente il linguaggio SQL. Il collegamento tra sistema informativo territoriale e gestore di basi di dati avviene tramite il protocollo ODBC/32 Bit (Open Database Connectivity) versione 3.5. I dettagli nell’allegato 3. Con quanto descritto nella presente relazione, nei tre allegati e nelle quattro appendici si ritiene di aver completamente ottemperato a quanto previsto nella sopra richiamata convenzione e nell’allegato 1 relativo alla prima fase. Udine, 5 luglio 1999 Il responsabile scientifico (Prof. Marcello Riuscetti) ALLEGATO 1 Leggi di correlazione tra danno, intensità e vulnerabilità sismica sulla base dei dati di Venzone, Tarcento e San Daniele del Friuli. A cura di Alessandra Chiarandini 1. IL RISCHIO SISMICO ........................................................................................1 2. LA RIDUZIONE DEL RISCHIO SISMICO ..........................................................4 3. LA VULNERABILITÀ SISMICA ..........................................................................7 3.1 Le misure dell’azione e del danno .................................................................8 3.2 Classificazione dei metodi di stima della vulnerabilità .................................10 3.3 La scelta dei metodi di stima della vulnerabilità ..........................................11 3.4 Gli studi di vulnerabilità a posteriori .............................................................12 4. LE METODOLOGIE PER LA VALUTAZIONE DELLA VULNERABILITÀ UTILIZZATE DAL CNR/GNDT ..........................................................................15 5. UN ESEMPIO DI STUDIO DELLA VULNERABILITÀ SISMICA A POSTERIORI: IL TERREMOTO DEL 1976 IN FRIULI .................................23 5.1 Le informazioni della banca dati ..................................................................24 5.2 La banca dati Fr.E.D. ..................................................................................25 5.3 I verbali di accertamento danni ....................................................................26 5.4 Le planimetrie delle unità immobiliari ..........................................................30 5.5 La vulnerabilità come entità anisotropa .......................................................32 5.6 La vulnerabilità intrinseca ed effettiva .........................................................34 5.7 La valutazione della vulnerabilità intrinseca ................................................35 5.8 La valutazione della vulnerabilità effettiva ...................................................42 5.9 Indice di danno ............................................................................................47 5.10 Applicazione nei siti campione ..................................................................48 6. L’APPLICAZIONE AL SITO CAMPIONE DI TARCENTO ................................51 6.1 L’elaborazione dei dati .................................................................................52 6.2 Le correlazioni indice di vulnerabilità - indice di danno .................................65 7. L’APPLICAZIONE AL SITO CAMPIONE DI SAN DANIELE ............................71 7.1 L’elaborazione dei dati .................................................................................72 i 7.2 Le correlazioni indice di vulnerabilità - indice di danno ................................ 73 8. L’APPLICAZIONE AL SITO CAMPIONE DI VENZONE .................................. 77 8.1 L’elaborazione dei dati ................................................................................ 78 8.2 Le correlazioni indice di vulnerabilità - indice di danno ............................... 79 9. LEGGE DI CORRELAZIONE DANNO – VULNERABILITÀ ............................ 83 ALLEGATO 2 Modelli per la valutazione della vulnerabilità sismica delle tipologie edilizie caratteristiche nei tre comuni. A cura di Cristiano Cecotti 1. INTRODUZIONE ............................................................................................. 86 2. CRITERI DI SELEZIONE DEI DATI ................................................................ 88 2.1 Il contenuto informativo dei verbali di accertamento danni ........................... 88 2.2 Classificazione dei verbali di accertamento danni ........................................ 89 2.3 I verbali utili .................................................................................................. 89 2.4 I verbali completi........................................................................................... 98 2.5 Criteri di selezione dei campioni significativi .............................................. 101 2.6 I filtro .......................................................................................................... 103 2.7 II filtro.......................................................................................................... 105 2.8 La caratterizzazione tipologica dei campioni .............................................. 109 3. STIMA DELLA VULNERABILITÀ DELLE TIPOLOGIE EDILIZIE ................. 110 3.1 L'analisi qualitativa dei dissesti ai fini della vulnerabilità sismica ................ 110 3.2 I dissesti tipici degli edifici in muratura........................................................ 111 3.3 Gli edifici appartenenti ad aggregati strutturali .......................................... 112 3.4 Le tipologie di "tessuto murario" ................................................................ 114 3.5 Le classi tipologiche di edifici ............................................................... ..... 116 3.6 Un esempio di valutazione della vulnerabilità sismica: il comune di Toscolano Maderno (BS) .......................................................................... 117 ii 3.7 Il confronto con le classi tipologiche definite in base ai dati riportati nei verbali di accertamento danni (L.R. 17/76) ..........................................118 3.8 Le classi di vulnerabilità .............................................................................121 3.9 La sperimentazione nel comune di Gemona del Friuli: costruzione di un catalogo tipologie edilizie-classi di vulnerabilità ..............................................125 3.10 La caratterizzazione tipologica .................................................................126 3.11 La definizione delle classi di vulnerabilità .................................................128 3.12 La costruzione di un catalogo tipologie edilizie-classi di vulnerabilità .......133 3.13 La verifica del catalogo tipologie edilizie-classi di vulnerabilità ................143 ALLEGATO 3 Definizione degli standard informatici di gestione e rappresentazione dei dati per la compatibilità finale con il sistema informativo regionale. A cura di Alessandra Chiarandini 1. DEFINIZIONE DEGLI STANDARD INFORMATICI ........................................156 BIBLIOGRAFIA ..................................................................................................158 iii 1. IL RISCHIO SISMICO Negli ultimi decenni il problema del rischio sismico è stato studiato ed analizzato al fine di determinare strategie e metodologie per la diminuzione delle conseguenze dovute alle grandi perdite economiche e sociali causate dai terremoti. Considerando la formalizzazione di rischio sismico data nel 1972 dalla commissione Unesco che studia i rischi naturali e le loro implicazioni, il rischio sismico viene definito come la probabilità che le conseguenze degli effetti di un terremoto superino in un certo intervallo di tempo una determinata soglia. Gli effetti si possono suddividere in tre classi: Θ Effetti Primari: sono dovuti direttamente dall'evento sismico ed includono danni alle persone (morti, feriti), danni agli edifici, danni alle infrastrutture (reti tecnologiche, reti viarie) e modificazioni all'ambiente naturale. Θ Effetti Secondari: sono dovuti agli effetti primari e considerano la perdita dell'abitazione, la cessazione o il rallentamento delle attività produttive, la discontinuità nell'erogazione di servizi comuni e le conseguenze psicologiche di tipo traumatico. Θ Effetti di Ordine Superiore: sono dovuti agli effetti secondari e si manifestano in tempi successivi al terremoto, ad esempio la disoccupazione, la mancanza di entrate familiari, le modifiche all'andamento demografico e al modo di vivere dei nuclei familiari, i cambiamenti al sistema produttivo, gli oneri finanziari per gli interventi di emergenza e ricostruzione, il senso di insicurezza che porta a scarsa propensione all’intrapresa. Da questo breve elenco è chiaro che il rischio sismico può essere identificato solamente quando un evento naturale interagisce con tutti i fattori di antropizzazione che sono esposti all'evento stesso. Quindi per definire il rischio R è necessario considerare tre elementi essenziali: la pericolosità sismica P, la vulnerabilità sismica V e l'esposizione E: R = P⊗V⊗E La pericolosità sismica consiste nella probabilità che si superi in un dato luogo ed entro un certo periodo di tempo, un evento con determinati effetti (ad esempio la 1 massima accelerazione o velocità del suolo, il massimo spostamento del suolo). La pericolosità è caratterizzata sia dalle proprietà fisiche del terremoto come ad esempio il tipo di sorgente, la localizzazione della zona di origine, l’energia che può produrre, sia dagli elementi geologici e morfologici locali. E’ quindi possibile parlare di pericolosità sismica indipendentemente dal fatto che sul territorio vi sia presente un’elevata concentrazione di popolazione oppure no. Accanto a questa pericolosità determinata esclusivamente dal verificarsi di un terremoto è possibile definire anche una pericolosità indotta, legata alla possibilità che la dinamica dell’evento inneschi instabilità dei terreni o incrementi processi in atto provocando frane, smottamenti o alluvioni. L’esposizione consiste nella valutazione qualitativa e quantitativa di tutti gli elementi che compongono una realtà umana e territoriale, che può essere influenzata dal verificarsi di un evento sismico. In particolare si devono conoscere la densità della popolazione presente sul territorio e le sue condizioni socioeconomiche, le caratteristiche d’uso e il ruolo strategico del patrimonio edilizio e delle reti infrastrutturali, la dislocazione, la consistenza, la qualità e il valore delle attività economiche in generale. La vulnerabilità sismica è definita come la predisposizione da parte di persone, beni o attività a subire danni o modificazioni a causa del verificarsi di un terremoto; essa misura sia la perdita o la diminuzione di efficienza sia la capacità residua di assicurare la propria funzione nel contesto territoriale. La Figura 1.1 presenta un diagramma che illustra le relazioni fondamentali fra i tre elementi che definiscono il rischio sismico considerando i fattori determinanti e le competenze necessarie per lo studio. Inizialmente per la stima del rischio sismico si può non valutare la presenza dell’uomo sul territorio e procedere alla determinazione della pericolosità sismica che è legata all’attività tettonica e alla sismicità dell’area di interesse. Le competenze scientifiche coinvolte sono geologiche, sismologiche e geotecniche e devono provvedere a tutti gli elementi necessari per valutare il fenomeno sismico e per formalizzare delle mappe di scuotibilità o pericolosità che descrivano le caratteristiche attese nei punti di pericolo sulla carta. Successivamente, considerando la presenza dell’uomo e di tutte le sue attività cioè di tutti i fattori di antropizzazione si può analizzare il rischio. Questa valutazione deve comprendere una stima sia 2 dell’esposizione cioè di quello che esiste grazie all’intervento dell’uomo, sia della vulnerabilità cioè della propensione degli elementi presenti sul territorio a subire danni più o meno gravi al verificarsi di un evento sismico. Le competenze necessarie in questa fase dell’analisi sono relative all’ingegneria sismica, all’urbanistica, all’economia e alla sociologia; in questo modo si può valutare, creando le mappe di rischio, la probabilità che determinate conseguenze su tutte le attività presenti sul territorio, superino un certo valore. FATTORI ATTIVITA’ TETTONICA SISMICITA’ ANALISI COMPETENZE ANALISI DI PERICOLOSITA’ GEOLOGIA SISMOLOGIA GEOTECNICA CARTE DI PERICOLOSITA’ ANTROPIZZAZIONE INGEGNERIA URBANISTICA ECONOMIA ESPOSIZIONE VULNERABILITA’ ANALISI DI RISCHIO CARTE DI RISCHIO Figura 1.1: diagramma per la definizione del rischio sismico. 3 2. LA RIDUZIONE DEL RISCHIO SISMICO Lo sviluppo di strategie di programmazione territoriale per la limitazione del rischio sismico è stato incentivato da due motivi fondamentali; il primo è la complessità sempre più elevata degli insediamenti abitativi a cui corrisponde un incremento della vulnerabilità sismica. Il secondo è l’impossibilità oggettiva di procedere ad una ristrutturazione antisismica di tutto il patrimonio edilizio per ragioni economiche e pratiche; questo impone la necessità di capire quali aree del territorio considerare a rischio più elevato per stabilire quindi priorità d’azione e di intervento. Ne consegue che la mitigazione del rischio sismico si realizza a livello di piano urbanistico quando nel piano stesso si inseriscono elementi di prevenzione del rischio che generalmente possono essere distinti in due fasi successive: la valutazione del rischio e la pianificazione per la sua riduzione. Il processo di valutazione del rischio è composto da tre fasi fondamentali: Θ La valutazione della pericolosità, dell’esposizione e della vulnerabilità dell’insediamento abitativo. Θ La stima sulla base delle tre componenti del punto precedente del rischio sismico vero e proprio, attraverso un insieme di indicatori come ad esempio il costo dei danni o il numero di morti e feriti. Θ La valutazione del livello di rischio accettabile dal momento che una sua riduzione totale non è possibile per ragioni teoriche ed economiche. Alla base della riduzione del rischio c’è un costo che deve essere valutato; infatti, se il livello di rischio è abbastanza elevato da prevedere che il costo sostenuto per la sua mitigazione sia compensato dai danni minori che deriveranno a causa di un futuro terremoto, allora ha senso intraprendere un processo di riduzione. In caso contrario il rischio non è elevato ed è anche possibile mantenere il livello esistente. Il processo di riduzione vera e propria del rischio deve analizzare due diversi casi: Θ La pianificazione per l’urbanizzazione di nuove aree. Questa è vincolata da limitazioni sull’uso del suolo nelle zone ad alto rischio per particolari tipologie abitative e produttive oppure sull’applicazione di determinate disposizioni costruttive. 4 Θ La riduzione della vulnerabilità e quindi di rischio di aree urbane esistenti. Una prima soluzione è l’individuazione di aree a rischio molto elevato dove procedere ad interventi di consolidamento dell’edificato esistente; oppure è possibile riorganizzare a livello urbanistico aree molto esposte ai fini di abbassare la densità abitativa. Il secondo caso si applica molto bene alla realtà italiana dove il metodo di valutazione del rischio sismico è strettamente legato alla stima della vulnerabilità del patrimonio edilizio caratterizzato da un notevole valore storico ed architettonico. I piani urbanistici devono quindi porsi come obiettivo principale l’abbassamento della vulnerabilità di aree urbane esistenti operando attraverso l’adeguamento antisismico del patrimonio edilizio; considerati i costi elevati e le numeroso risorse necessarie questi piani di adeguamento devono essere programmati in più anni di intervento stabilendo quindi delle priorità di intervento su scala urbana e territoriale. Figura 2.1: la mappa per la valutazione del rischio sismico come unione di tre mappe distinte di pericolosità, di vulnerabilità ed di esposizione. 5 Uno strumento necessario ed indispensabile per la determinazione delle priorità e degli interventi di adeguamento sono le mappe di rischio sismico che illustrano per una zona più o meno vasta, il rischio valutato sulla base di opportuni indicatori ed associato ad elementi geografici territoriali come ad esempio l’estensione di un comune, di una frazione oppure con un livello di dettaglio maggiore un aggregato urbano o un singolo edificio. La Figura 2.1 evidenzia come queste mappe di rischio possano essere ricavate da una sovrapposizione di tre carte distinte che corrispondono ai tre elementi con cui il rischio è stato definito: carta della pericolosità sismica, della vulnerabilità e dell’esposizione. 6 3. LA VULNERABILITA’ SISMICA Stabilita la necessità di procedere al risanamento del patrimonio edilizio per ridurre il livello di rischio sismico, si manifesta l’esigenza di identificare metodi e criteri per la valutazione della vulnerabilità sismica. Gli studi sulla vulnerabilità sono molto complessi ed articolati perché le entità a cui deve essere applicata la sua valutazione sono varie ed eterogenee (singoli edifici di diversa tipologia, aggregati urbani, infrastrutture, insediamenti) e anche perché gli scopi di tali studi sono molteplici come la scelta delle priorità di intervento, la pianificazione territoriale, l’adeguamento antisismico del singolo edificio e le decisioni in fase di emergenza. (Corsanego, 1984) In generale la vulnerabilità può essere definita per un qualunque organismo in relazione all’ambiente con cui esso interagisce; successivamente, si consideri un’azione aggressiva dell’ambiente e il danno subito dall’organismo. E’ possibile introdurre due grandezze scalari a e d che misurano rispettivamente la violenza dell’azione e la gravità del danno. Considerando un approccio di tipo deterministico si può definire tra le due grandezze una relazione d=d(a); la funzione d(a) è un attributo intrinseco dell’entità ed è indicata come funzione di vulnerabilità in relazione all’azione aggressiva e al danno considerati. In Figura 3.1 la funzione d(a) è una curva rappresentata analiticamente nel piano cartesiano a-d da una curva di vulnerabilità V. L’andamento della funzione è non decrescente e può presentare un certo numero di discontinuità che denotano salti di livello del danno e identificano passaggi dell’entità da uno stato all’altro. La grandezza d ha un limite superiore dc che individua il collasso dell’entità e un limite inferiore non nullo; l’ascissa ac identifica l’azione di collasso mentre l’ascissa che indica l’inizio del danneggiamento è generalmente diversa da zero. Nota quindi l’azione a, la curva di vulnerabilità consente di determinare univocamente il danno d sofferto dall’organismo. Una semplice variante alla definizione consiste nel considerare le variabili a e d non più continue ma discrete; la variazione di a e d è espressa considerando n valori ah e m valori dk, la vulnerabilità dell'entità è codificata dalle corrispondenze [dk|ah] per k = 1..n e h = 1..m. 7 Figura 3.1: curve di vulnerabilità a variabili continue e discrete. Parallelamente l’approccio di tipo probabilistico con variabili continue implica la definizione di una funzione di densità di probabilità di danno P[d(a)] che caratterizza in modo probabilistico la vulnerabilità. Usando variabili discrete devono essere introdotte grandezze come Pkh[dk|ah] che indicano la probabilità di osservare il danno dk condizionata dal verificarsi dell’azione ah; la matrice m x n il cui elemento generico è definito come Pkh[dk|ah] è denominata matrice di probabilità di danno ed è una rappresentazione di tipo probabilistico della vulnerabilità. I concetti generali esposti sono stati da tempo finalizzati alla valutazione della vulnerabilità sismica degli edifici. Per un edificio la vulnerabilità è definibile come un descrittore sintetico e qualitativo delle sue caratteristiche strutturali che consente di spiegare un certo grado di danno per un determinato livello di azione sismica e può essere considerata come la misura della minore o maggiore propensione dell’edificio stesso a subire danni per effetto di un terremoto di date caratteristiche. 3.1 Le misure dell’azione e del danno Utilizzando variabili discrete la più semplice grandezza per rappresentare l’azione sismica è l’intensità macrosismica, espressa nei gradi delle scale MM, MCS, MSK o altre. Questo parametro permette di utilizzare la grande quantità di notizie fornite dalla sismicità storica e dall’osservazione dei danni in siti colpiti recentemente da terremoti di intensità nota (analisi a posteriori); d’altra parte è estranea a considerazioni di tipo meccanico e strutturale essendo una misura 8 della gravità degli effetti piuttosto che una misura diretta della severità dell’azione. Essa è adatta soprattutto per valutazioni su basi statistiche di grandi classi di edifici a scala territoriale. Considerando invece variabili che rappresentano l’entità dell’azione sismica si possono utilizzare, per l’accelerazione, la velocità o lo spostamento i valori di picco al suolo oppure i valori forniti dagli spettri di risposta in corrispondenza ai periodi fondamentali degli edifici. Usando questo tipo di parametri si ha una minore disponibilità di dati, che si limita ai terremoti recenti per cui si hanno registrazioni strumentali ma si dispone di variabili dotate di significato meccanico; l’utilizzo di queste misure è rivolto a valutazioni analitiche di edifici esaminati singolarmente. Per quanto riguarda la misura del danno, un parametro molto utilizzato è il grado di danno inteso come il costo della riparazione di un edificio in rapporto al costo di una sua ricostruzione completa. Il vantaggio fondamentale di tale parametro è la sua continuità nell’intervallo di valori [0-1]; d’altra parte tale rappresentazione è legata alle caratteristiche attuali e locali del mercato edilizio, quindi è mutevole e difficilmente trasferibile da una realtà territoriale ad un’altra. Inoltre questo parametro descrive solamente la perdita economica non considerando il cosiddetto problema degli intangibili cioè dei danni (tipicamente la perdita di vite umane o di opere d’arte) non direttamente traducibili in termini monetari. Una diversa rappresentazione del danno si basa su stati di danno simili a quelli delle scale macrosismiche ed espressi mediante termini diagnostici come ‘Nullo’, ‘Leggero’, ‘Medio’, ‘Grave’. Ogni stato è descritto più o meno dettagliatamente in base all’entità e all’estensione delle lesioni che gli corrispondono; la stima del danneggiamento non privilegia a priori nessuna delle conseguenze. D’altra parte c’è il rischio di interpretazioni soggettive della descrizione degli stati e si perde la caratteristica continua della variabile descrittiva. Ogni rappresentazione del danno è in qualche modo convenzionale; si devono però garantire alcuni requisiti fondamentali come la corrispondenza dei valori estremi della variabile considerata a reali situazioni estreme dell’edificio, la coerenza tra il suo aumentare ed un effettivo aggravamento delle condizioni 9 dell’edificio, l’assenza di ambiguità che possano creare incertezza in fase di rilevamento. (Corsanego, 1993) 3.2 Classificazione dei metodi di stima della vulnerabilità I metodi utilizzati per la costruzione delle curve di vulnerabilità, delle matrici di probabilità di danno o di altri strumenti che caratterizzano la vulnerabilità possono essere classificati, con riferimento agli aspetti metodologici, in due categorie distinte. (Corsanego,1994) La prima classe formula le previsioni del danno in base a calcoli analitici della risposta sismica dell’edificio e dello stato deformativo e tensionale che le corrisponde; la misura dell’azione sismica è espressa dall’accelerazione massima del suolo o da grandezze numeriche analoghe mentre la misura del danno è quantificata da variabili meccaniche. Tali metodi sono denominati metodi meccanici ed hanno l’attendibilità tipica delle analisi strutturali applicate alle costruzioni esistenti, recenti ed antiche. La seconda classe prevede il danno fondandosi sull’identificazione per l’edificio di un numero di indicatori di vulnerabilità consistenti in elementi tipologici, morfologici, dimensionali e materiali; la misura dell’azione è prevalentemente macrosismica mentre quella del danno o è basata sui costi oppure è macrosimica. All’interno di questa classe si possono distinguere ulteriormente due linee metodologiche. La prima si basa sulla possibilità di identificare classi di edifici caratterizzate da indicatori essenzialmente tipologici o funzionali come murature in pietra, mattoni, solai in legno; ad ogni classe si associa una curva di vulnerabilità o una matrice di probabilità. La verifica delle ipotesi formulate in sede di costruzione delle curve e matrici di vulnerabilità è affidata all’elaborazione statistica dei dati relativi ai danni causati da terremoti passati (analisi a posteriori). Questi metodi denominati metodi tipologici prevedono che assegnando un edificio ad una classe si associa automaticamente anche la curva o la matrice di vulnerabilità attribuita alla classe stessa. La seconda linea metodologica si basa sulla possibilità di attribuire ad ogni edificio un indice di vulnerabilità cioè un numero v determinato in base a certe regole sulla base di indicatori, non più interpretati come elementi su cui definire delle classi tipologiche, ma come fattori che indichino l’idoneità di un edificio a sopportare i terremoti come ad esempio l’efficienza dei collegamenti tra 10 le strutture murarie e la resistenza dei materiali. Questi metodi, denominati metodi semeiotici, prevedono che ad ogni valore dell’indice di vulnerabilità si associ una curva di vulnerabilità oppure una matrice di probabilità di danno. Una diversa classificazione dei metodi di stima della vulnerabilità si basa sul tipo di risultato che viene realizzato; si distinguono tre tecniche diverse: Θ Metodi Diretti: forniscono in un solo passo un risultato che consiste in un’effettiva previsione dei danni provocati dai terremoti; appartengono a questi metodi le tecniche tipologiche e meccaniche descritte in precedenza. Θ Metodi Indiretti: si compongono di due fasi fondamentali e ad ognuna corrisponde un risultato; la prima determina un indice di vulnerabilità V, la seconda costruisce una correlazione tra azione sismica e danno in funzione dell’indice. La tecnica semeiotica appartiene a questo metodo. Θ Metodi Convenzionali: come i metodi diretti, in una sola fase forniscono l’indice di vulnerabilità ma a differenza dei metodi indiretti, non associano a questo indice una previsione di danno. Sono utilizzati sostanzialmente per confrontare la vulnerabilità di edifici ubicati in aree di uguale sismicità. Infine un’altra classificazione può essere costruita sulla base del tipo di misure utilizzate per valutare l’azione sismica, il danno e la vulnerabilità. I metodi quantitativi esprimono le probabilità di danno oppure le equivalenti relazioni deterministiche in termini numerici; mentre i metodi qualitativi ricorrono a descrizioni di vulnerabilità con aggettivi come ‘bassa’, ‘media’, ‘alta’ e simili. 3.3 La scelta dei metodi di stima della vulnerabilità Nelle situazioni reali la scelta della metodologia per la stima della vulnerabilità deve essere fatta in relazione alla tipologia degli edifici analizzati e alla finalità dello studio. I metodi meccanici sono adatti per studi di dettaglio sui singoli edifici, in modo da mettere in evidenza, oltre alla geometria della struttura, lo stato di conservazione e le caratteristiche di resistenza dei materiali impiegati ed hanno come obiettivo decisioni riguardanti l’edificio considerato singolarmente. Appartengono a questo settore le analisi che precedono interventi di adeguamento antisismico o di riparazione, le analisi sullo stato attuale di edifici strategici (ospedali, municipio …) o appartenenti al patrimonio artistico-monumentale. 11 I metodi tipologici e semeiotici sono adatti quando l’indagine su un edificio produce risultati che vengono elaborati, unitamente alle analisi su altri edifici, per ottenere la stima della vulnerabilità di un insediamento o di un’area urbana; l’obiettivo è legato alla pianificazione territoriale per ridurre il rischio sismico. In questo contesto non è possibile né conveniente ipotizzare indagini dettagliate su ogni edificio appartenente all’area di studio, d’altra parte eventuali errori sulla stima della vulnerabilità del singolo campione si compensano in media analizzando un numero elevato di campioni. Per stime di larga massima si possono utilizzare le informazioni ottenute dai censimenti ISTAT quali l’età delle costruzioni, la destinazione d’uso, le caratteristiche funzionali; anche in questo caso i risultati ottenibili sono validi per aree molto estese come il territorio regionale o l’intero territorio nazionale. L’uso dei dati relativi ai censimenti ISTAT permette di utilizzare per la stima della vulnerabilità una fonte di dati già esistente e periodicamente aggiornata; i dati ISTAT permettono di definire classi di edifici in base a determinate caratteristiche tipologiche quindi i metodi di stima applicabili sono essenzialmente tipologici e semeiotici. In Figura 3.2 si presentano quattro approcci diversi per la stima della vulnerabilità; ogni approccio è caratterizzato da una diversa scala di intervento, da un obiettivo di programmazione, pianificazione o intervento e da un diverso risultato ottenuto per la valutazione della vulnerabilità. A livello regionale e comunale, la stima della vulnerabilità a livello territoriale permette la scelta e la programmazione di politiche di prevenzione, l’individuazione dei tempi e delle priorità di intervento e la definizione dei livelli di protezione da ottenere. A livello urbano la valutazione della vulnerabilità a livello di aggregato strutturale permette di delineare interventi a scala urbana, mentre a livello di singolo edificio l’approccio strutturale consente di progettare interventi per l’adeguamento antisismico. 3.4 Gli studi di vulnerabilità a posteriori Le metodologie proposte per la valutazione della vulnerabilità e la stima del danno atteso sono molteplici ma solamente alcune di queste sono state verificate e tarate sul campo con la possibilità di rifinire la correlazione tra vulnerabilità stimata e comportamento reale dei fabbricati. Infatti, non è ancora ben definita la 12 correlazione tra la componente della vulnerabilità identificata come danneggiabilità del costruito Vf e il danno D effettivamente rilevato a seguito di un evento sismico di azione A esplicitata come segue e fondamentale per la stima del danno atteso e quindi del rischio sismico. D = A ⊗ Vf Scala 1] Obiettivo Singolo Edifico Approccio Strutturale Aggregato Urbano Stima Danno Atteso a Livello Urbano Livello Comunale Stima Danno Atteso a Livello Comunale Livello Regionale Tecniche e Procedure di Consolidamento Pianificazione Interventi a Livello Urbano Valutazione Priorità Intervento Stima Danno Atteso a Livello Territoriale Programmazione Politiche Preventive Figura 3.2: livelli di dettaglio applicabili per lo studio del rischio sismico. La Figura 3.3 confronta il modo di procedere delle analisi di vulnerabilità previsionali e a posteriori. Nelle analisi previsionali una prima fase consiste nella valutazione della pericolosità sismica dell’area interessata allo studio e della vulnerabilità sismica degli edifici presenti; il livello di dettaglio considerato nella stima di pericolosità e vulnerabilità è legato all’obiettivo che si considera per la riduzione del rischio sismico. Noti in fase previsionale i parametri A dell’azione sismica ipotizzata e Vf della vulnerabilità, la relazione 1] permette di valutare il 13 danno atteso D per gli edifici appartenenti all’area di studio. La valutazione del rischio sismico si ottiene sovrapponendo una stima del valore esposto degli insediamenti del territorio in esame, con il danno atteso D. Nelle analisi a posteriori è necessario avere a disposizione dati relativi alle caratteristiche di terremoti passati unitamente alla descrizione dei danni subiti dagli edifici; sulla base di questi dati che devono essere quantitativamente e qualitativamente sufficienti, è possibile impostare un’analisi tipologica e quantitativa dei dissesti subiti dagli edifici per definire delle procedure di valutazione della vulnerabilità. Stimata la vulnerabilità V, si può raffinare la correlazione 1]. Analisi Previsionali Analisi a Posteriori Azione Sismica A nota Pericolosità Danno Registrato D Vulnerabilità Danno Atteso Correlazione D = A ⊗ Vf Esposizione Rischio Sismico Analisi dei Dissesti Procedure per la Stima della Vulnerabilità Vulnerabilità V Figura 3.3: differenze tra studi previsionali e a posteriori per la valutazione della vulnerabilità. Gli studi a posteriori rappresentano, allo stato attuale, l’unica possibilità di verifica e di correzione delle procedure di stima della vulnerabilità; un contributo fondamentale può essere ricavato dallo studio del terremoto del maggio 1976 in Friuli grazie alla notevole quantità di informazioni e di documentazione disponibile sui danni registrati per gli edifici allora presenti. 14 4. LE METODOLOGIE PER LA VALUTAZIONE DELLA VULNERABILITÀ UTILIZZATE DAL CNR/GNDT Al fine di valutare l’esposizione, la vulnerabilità e il danno per i singoli edifici, il CNR-GNDT (Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti) ha messo a punto delle schede di rilevamento strutturate in due parti e definite rispettivamente di I e II livello. Ogni scheda ha per oggetto un edificio definito come unità omogenea e distinguibile dagli altri edifici adiacenti grazie a parametri come la tipologia costruttiva, le differenze di altezza, l’età di costruzione. I dati raccolti attraverso la scheda di I livello hanno lo scopo di fornire le informazioni necessarie per conoscere l’esposizione ed un primo livello di vulnerabilità sismica di edifici in muratura, in cemento armato, in acciaio e misti. In relazione al loro numero e al loro grado di dettaglio, i dati rilevati mediante la scheda sono destinati prevalentemente ad elaborazioni di tipo statistico e quindi, una loro utilizzazione per analisi di informazioni relativamente ai singoli edifici è possibile tenendo in considerazione il loro grado di approssimazione. In generale la scheda di I livello è destinata al rilievo di edifici con destinazione abitativa, sono quindi escluse tipologie costruttive come gli edifici monumentali, gli impianti industriali, i capannoni. La scheda di I livello, di cui si presenta una copia in Appendice 1 , è composta da 8 sezioni distinte e di seguito descritte sommariamente: 1. Dati Relativi alla Scheda: si identificano la provincia e il comune di localizzazione dell’edificio e le informazioni necessarie (data di rilevamento, numero di scheda e di squadra) per distinguere la scheda all’interno dell’operato della squadra di rilevamento. 2. Localizzazione dell’Edificio: si riportano l’indirizzo dell’edificio, i riferimento catastali per la sua ubicazione, eventuali vincoli e zone urbanistiche, il numero dei fronti comuni con altri edifici. 3. Dati Metrici: per ogni piano dell’edificio in esame si elencano la superficie media coperta e l’altezza media dell’interpiano; per l’edificio nel suo complesso si riporta l’altezza massima e minima. 4. Uso: si specificano in questa sezione il numero totale e una descrizione sommaria delle unità d’uso (abitazioni, attività produttive, servizi pubblici) di cui 15 è composto l’edificio; inoltre si indicano lo stato e le condizioni d’uso dell’edificio. 5. Età della Costruzione – Interventi: si riportano l’età dell’edificio ed eventuali interventi di modifica o di adeguamento. 6. Stato delle Finiture e Impianti: si specifica lo stato di fatto (efficiente, non efficiente, inesistente) di intonaci, infissi, impianti elettrico - idrico riscaldamento, servizi igienici. 7. Tipologia Strutturale: per ogni piano dell’edificio si indica la tipologia strutturale delle strutture verticali, delle scale, degli orizzontamenti e delle coperture. 8. Estensione e Livello del Danno: questa sezione viene compilata solamente se il rilevo dell’edificio viene fatto dopo il verificarsi di un evento sismico. Il danno viene quantificato in sei livello da quello nullo (A) a quello più grave (F) e viene esaminato distintamente per ogni componente dell’edificio: strutture verticali, strutture orizzontali, scale, tamponature. Per ognuno di questi elementi, in relazione ad ogni piano dell’edificio, si esprime il livello di danno più grave rilevato, il livello di danno rilevato più estesamente e la sua percentuale di estensione. La scheda di II livello è strutturata in modo diverso a seconda che ci si riferisca ad edifici in muratura o in cemento armato e questo è dovuto alla natura stessa del problema della valutazione della vulnerabilità che non permette di individuare un unico strumento valido per diverse tipologie edilizie. Considerando edifici in muratura, la scheda di II livello (presentata in Appendice 2) raccoglie i dati finalizzati all’applicazione di un modello che permette di valutare la vulnerabilità in funzione di un certo numero di parametri ritenuti rappresentativi della propensione dell’edificio a subire danni per effetto di un evento sismico. I parametri considerati sono 11 e sono i seguenti: 1. Tipo ed organizzazione del sistema resistente. 2. Qualità del sistema resistente. 3. Resistenza convenzionale a forze orizzontali. 4. Posizione edificio e fondazioni. 5. Caratteristiche degli orizzontamenti. 6. Regolarità della configurazione planimetrica. 16 7. Regolarità della configurazione in elevazione. 8. Massimo rapporto tra la luce libera dei campi murari e spessore delle murature. 9. Caratteristiche della copertura. 10. Presenza di elementi non strutturali con comportamento critico sotto azioni sismiche. 11. Stato di fatto dell’edificio. A ciascun parametro si attribuisce un valore, associandolo ad una delle quattro classi previste (A,B,C,D). La prima classe A viene assunta come riferimento ed identifica tutte le situazioni che si possono ritenere equivalenti a quelle ricavabili mediante una progettazione aderente alle normative vigenti; nelle altre classi sono raccolte situazioni sempre più vulnerabili. In generale, la seconda classe B comprende situazioni che non hanno riduzioni di resistenza significativa pur presentando differenze rispetto alle indicazioni delle normative; le ultime due classi rappresentano situazioni con incrementi di vulnerabilità considerevoli. Al fine di costruire un indice numerico, ad ogni classe di assegna un punteggio numerico (0, 5, 25, 45) a volte diverso da parametro a parametro così come riassunto in Tabella 4.1. L’indice di vulnerabilità si ricava da una somma pesata del valore degli undici parametri calcolati con i dati presenti nella scheda di II livello e con i pesi specificati, per ogni parametro, in Tabella 1. L’indice di Vulnerabilità iv può quindi essere espresso come segue: 11 iv = ∑ wi ⋅ pi i =1 dove pi e wi sono rispettivamente i valori dell’i-esimo parametro e peso. I pesi associati ad ogni parametro considerano la diversa importanza che i vari elementi assumono ai fini del comportamento sismico di una struttura; a tal fine si considerano tre gruppi di parametri: elementi di primaria importanza, elementi importanti ed elementi secondari. Questa suddivisione può essere tradotta in termini quantitativi attribuendo pesi decrescenti, passando dal valore di 1.5 a valori compresi tra 1 e 0.5 per arrivare a valori minori di 0.5. Questi pesi 17 sono stati assegnati dal GNDT come valori di prima stima e assumeranno un assetto definitivo solamente in seguito ad una sperimentazione sul campo. Edifici in Muratura – Punteggi e Pesi Relativi ai Singoli Parametri CLASSE PARAMETRO PESO A B C D Tipo e Org. del Sistema Resistente 0 5 20 45 1.0 Qualità Sistema Resistente 0 5 25 45 0.25 Resistenza Convenzionale 0 5 25 45 1.5 Posizione Edificio e Fondazioni 0 5 25 45 0.75 Orizzontamenti 0 5 15 45 var (0.5-1) Configurazione Planimetrica 0 5 25 45 0.5 Configurazione in Elevazione 0 5 25 45 var (0.5-1) Distanza Massima tra le Murature 0 5 25 45 0.25 Copertura 0 15 25 45 var (0.5-1) Elementi non Strutturali 0 0 25 45 0.25 Stato di Fatto 0 5 25 45 1.0 Tabella 4.1: punteggi e pesi utilizzati per il calcolo dell’indice di vulnerabilità. L’indice di vulnerabilità iv, calcolato con i valori di Tabella 4.1, varia tra 0 e 382.5; solitamente questo valore viene normalizzato nell’intervallo 0-100. Per capire il significato dei valori assegnati a pesi e parametri è necessario fornire una descrizione dettagliata degli undici elementi che compongono l’indice di vulnerabilità: Tipo e Organizzazione del Sistema Resistente Questo elemento valuta il grado di organizzazione degli elementi verticali indipendentemente dal materiale e dalle caratteristiche delle singole murature; l’elemento significativo è la presenza e l’efficacia dei collegamenti tra pareti ortogonali. Qualità del Sistema Resistente Si considerano i diversi tipi di muratura più frequentemente utilizzati, differenziando in modo qualitativo, le caratteristiche di resistenza. L’attribuzione di un edificio ad una delle quattro classi dipende da due fattori: il primo è il tipo di 18 materiale e la forma degli elementi costituenti, il secondo è l’omogeneità di materiale e della pezzatura per tutta l’estensione della parete. Resistenza Convenzionale L’entità e la distribuzione degli elementi resistenti sono fattori di primaria importanza ai fini della resistenza sismica di un edificio. La suddivisione in classi degli edifici, avviene sulla base della resistenza ultima degli elementi verticali, valutata come rapporto tra il taglio ultimo e lo sforzo perpendicolare alla base dell’edificio. Si tratta di una valutazione convenzionale e relativa: convenzionale nel senso che si procede ad un calcolo semplificato di tale resistenza, basato su alcuni elementi rilevati e su altri assegnati secondo valutazioni di massima; relativa nel senso che il punteggio viene assegnato per confronto con la resistenza convenzionale richiesta dalle normative (DM 02/07/1981 e relative circolari). Una valutazione così concepita è giustificata dallo spirito dello strumento di rilevamento che prevede l’esame di ogni singolo edificio ma con analisi sufficientemente speditive. Posizione dell’Edificio e Tipo di Fondazioni Questo parametro valuta in modo sintetico e qualitativo tre fattori che possono influenzare la resistenza sismica di un edificio: le caratteristiche litologiche dei terreni di fondazione, le caratteristiche morfologiche degli stessi, la presenza e il tipo di strutture di fondazione. Orizzontamenti La qualità degli orizzontamenti ha un peso notevole nel garantire un buon funzionamento degli elementi resistenti verticali; d’altra parte non è raro il caso di edifici nei quali si è verificato il collasso dei soli orizzontamenti con conseguenze notevoli in termini di danni e di vittime. Per questo parametro è previsto un peso variabile in base alla percentuale di orizzontamenti rigidi e ben collegati. Configurazione Planimetrica Si individuano gli indici di irregolarità sulla base dei quali l’edificio viene assegnato ad una classe. La regolarità della pianta è un elemento importante ai fini della distribuzione delle azioni sismiche tra i vari elementi resistenti. Configurazione in Elevazione Nel caso di edifici in muratura la principale causa di irregolarità è costituita dalla presenza di porticati, loggiati e altane. Altro elemento da valutare ai fine della 19 regolarità è la presenza di torri o torrette di altezza e massa significative rispetto la restante parte dell’edificio. La mancanza di regolarità in alzato può modificare significativamente il comportamento dinamico dell’edificio dando luogo ad un aggravio delle sollecitazioni sismiche. Distanza Massima tra le Murature Si considera con questo parametro la presenza di muri maestri intersecati da muri trasversali posti a distanza eccessiva tra loro. Le classi sono definite in funzione del rapporto tra l’interasse tra i muri trasversali e lo spessore del muro maestro. Copertura Gli elementi che caratterizzano l’influenza delle coperture sul comportamento sismico di un edificio sono due: la tipologia (spingente, non spingenti, poco spingenti) e il peso. Il primo elemento determina la classe di assegnazione, mentre il secondo influisce sul valore del peso. Elementi non Strutturali E’ un elemento secondario per la definizione della vulnerabilità e considera la presenza di elementi quali infissi e appendici che possono causare danno a cose e persone. Stato di Fatto E’ un fattore importante per il calcolo della vulnerabilità che considera lo stato di conservazione dell’edificio come la presenza di lesioni, fuori piombo, stato di degrado dei materiali. L’indice di vulnerabilità che si ottiene con la procedura sopra descritta, costituisce una misura convenzionale e relativa della propensione al danneggiamento che non fornisce una valutazione assoluta del danno atteso per un dato livello di severità dell’azione sismica. Affinché tale valutazione sia possibile, è necessario individuare una correlazione tra livello di danno, qualità dell’edificio e parametro utilizzato per misurare la severità dell’azione sismica, che consenta di passare dalla valutazione della pericolosità alla stima del rischio. La definizione di questa correlazione presenta qualche difficoltà; questo è dovuto al fatto che i modelli teorici disponibili per la valutazione del danno provocato dai terremoti richiedono elaborazioni molto complesse ed onerose ed un’analisi di dettaglio di ogni singolo edificio: tali modelli non sono quindi compatibili con 20 l’esigenza di valutazioni rapide sul patrimonio edilizio di un’intera regione. Si ricorre pertanto a relazioni basate su elaborazioni statistiche che mettono in relazione un indice di danno con un parametro atto a misurare la severità del moto del terreno, per diversi valori dell’indice di vulnerabilità precedentemente definito. L’indice di danno, necessario per definire tali correlazioni, è stato costruito utilizzando dati raccolti con la scheda di I livello; per ogni piano dell’edificio si rileva il danno alle strutture verticali, agli orizzontamenti, alle scale ed ai tamponamenti valutando, con una codifica in sei classi – assente, lieve, medio, grave, gravissimo, totale - , sia il massimo livello di danno presente, sia il livello del danno più diffuso unitamente alla sua estensione. L’indice di danno dij per i-esimo elemento strutturale e per il j-esimo piano si ottiene assegnando ad ogni classe di danno un valore numerico – 0, 0.2, 0.4 , 0.6, 0.8, 1 – e combinando il danno massimo con quello più diffuso mediante la relazione: dij = e ⋅ de + (1 − e ) ⋅ dm / 3 dove de è il livello di danno più diffuso, e è la relativa estensione e dm è il livello di danno massimo. L’indice di danno di relativo all’elemento strutturale i-esimo, è ottenuto come media pesata degli indici dij, utilizzando come pesi i volumi o le superfici di piano, in base al tipo di elemento strutturale considerato. Infine, l’indice di danno d relativo all’intero edificio, si ricava come media pesata degli indici di, dove i pesi sono costituiti dall’incidenza economica percentuale media del singolo elemento strutturale sul valore totale dell’edificio. Una prima sperimentazione di questa metodologia è stata l’indagine di vulnerabilità di circa 500 edifici in muratura (in correlazione con il rilievo del livello di danno) a seguito del terremoto di Parma del 1983; due anni dopo è stata eseguito un’indagine di I livello su circa 100 edifici privati lesionati nel comune di Bardi (PR), seguita nel 1988 da indagini di II livello per 25 edifici pubblici con danni, nei comuni di Bardi, Bedonia, Bore, Compiano e Varsi. Successivamente tale metodologia è stata applicata nel 1988 per la valutazione dei livelli di rischio degli edifici pubblici strategici delle provincie di Lucca e Massa Carrara ai fini della determinazione degli interventi per l’adeguamento antisismico. Nel 1993 è stato valutato il rischio sismico e i costi di intervento per gli edifici pubblici di 77 comuni 21 classificati in zona sismica nella regione Emilia Romagna; sempre nel 1993, nel comune di Toscolano Maderno in Lombardia, si è stimato il rischio sismico anche dell’edilizia ordinaria ai fini urbanistici. Infine, con riferimento al terremoto del 1997 in Umbria e Marche, il rilievo dei danni subiti dagli edifici pubblici e privati è stato fatto utilizzando la scheda CNR/GNDT di I livello. 22 5. UN ESEMPIO DI STUDIO DELLA VULNERABILITA’ SISMICA A POSTERIORI: IL TERREMOTO DEL 1976 IN FRIULI Nel campo della valutazione della vulnerabilità sismica degli edifici in muratura ci si trova in una situazione che non ha permesso di collaudare in modo soddisfacente le numerose metodologie operative offerte e soprattutto di verificare la validità di molte ipotesi alla base di questi approcci. Le proposte per affrontare il problema sono molte ma devono essere verificate; la strada più logica sembra la rilettura critica delle esperienze fatte in questo settore negli ultimi anni confrontando i dati raccolti sul campo: rilievo di danni, misure del comportamento di strutture sotto azioni dinamiche, dati di studi macrosismici. Un punto comune a tutte le metodologie proposte per procedere alla stima della vulnerabilità, è la necessità della conoscenza dello stato di fatto del sistema oggetto di studio (singolo edificio, aggregato urbano, intero territorio); è necessario determinare anche quali elementi dello stato di fatto devono essere assolutamente conosciuti perché indispensabili e quali invece sono di secondaria importanza e quindi possono anche non essere conosciuti. Un miglioramento della conoscenza può avvenire solo applicando la teoria espressa con modelli di comportamento, per una determinata azione sismica, alla sperimentazione utilizzando le osservazioni fatte sul campo. Per quanto riguarda gli edifici in muratura, il grado di perfezionamento delle conoscenze ricavate dall’interazione teoria - sperimentazione è in fase iniziale; la soluzione ideale sarebbe quella di procedere ad un rilievo capace di fornire una quantità di informazioni molto ampia da utilizzare sia per verificare i modelli teorici sia per approfondire altri aspetti legati alla prevenzione sismica. Questo comporterebbe costi molto elevati e un grosso impiego di risorse che trovano scarsa giustificazione a priori soprattutto se si pensa che lo stato di fatto è qualcosa che cambia nel tempo. In tale situazione è conveniente sfruttare dati già a disposizione anche se parziali o non strettamente collegati con il problema dello studio della vulnerabilità ma che possono dare qualche indicazione. In Friuli subito dopo il terremoto del maggio 1976, è stato fatto, per la prima volta in Italia, un censimento su larga scala dei danni causati dal sisma ai singoli edifici, questi dati erano raccolti in schede cartacee denominate Verbali di 23 Accertamento Danni. L’obiettivo di tale censimento era la conoscenza dello stato di fatto sulla base del quale poter decidere ed organizzare gli interventi, stabilire le priorità e stimare in modo attendibile il danno economico causato dal sisma; oltre a queste informazioni si raccoglievano anche dati di carattere descrittivo sulle costruzioni abbastanza simili a quelle riportate nella scheda di I livello del CNR/GNDT. I contenuti dei verbali di accertamento possono essere riletti e trasformati in schede di vulnerabilità fornendo una banca dati di notevoli dimensioni per procedere all’identificazione e alla verifica di procedure per il calcolo della vulnerabilità in ambito sia urbano sia territoriale. Il primo problema che si pone per arrivare alla definizione della banca dati è la riorganizzazione dei dati esistenti relativi ai Verbali di Accertamento e il reperimento degli elementi mancanti ma ricavabili da altre fonti di informazione in modo da ricostruire per ogni edificio una scheda di vulnerabilità analoga a quella di II livello del GNDT. La banca dati così costituita contiene elementi relativi sia alla previsione del comportamento di un edificio in relazione ad un’azione sismica sia agli effetti del sisma stesso in termini di danno all’edificio; tuttavia, non determina direttamente la valutazione dell’attuale vulnerabilità delle costruzioni. Le informazioni della banca dati costituiscono un caso di studio per interpretare il fenomeno di ‘danneggiamento da terremoto’; infatti, qualora si conoscano la vulnerabilità attuale degli edifici e le probabili caratteristiche di un terremoto atteso si possono proiettare in futuro le conseguenze sull’edificato. 5.1 Le informazioni della banca dati La fonte principale della banca dati è costituita dai verbali di accertamento danni, ma per la conversione di tali dati in schede di vulnerabilità questi devono essere integrati con altre informazioni. Confrontando i dati contenuti nella scheda di II livello del GNDT con quelli che possono essere estratti dai verbali di accertamento danni, si può notare che le informazioni mancanti sono essenzialmente di natura geometrica. Si pone quindi l’esigenza di avere a disposizione un rilievo dello stato di fatto al 5/5/76 di tutte le costruzioni censite; un rilievo diretto e mirato alle particolari necessità dello studio a più di vent’anni dal 24 sisma non è più possibile perché le opere di ricostruzione e riparazione hanno quasi sempre modificato il costruito. E’ necessario quindi trovare una fonte di documentazione che abbia la caratteristica di permettere la ricostruzione dei dati mancanti in modo unico ed automatico consentendo la realizzazione di uno studio a livello territoriale equivalentemente a quanto fattibile utilizzando i verbali di accertamento. La fonte individuata è quella relativa alle planimetrie delle unità immobiliari del Nuovo Catasto Edilizio Urbano. Tale fonte fornisce i dati per la maggior parte degli edifici censiti dai verbali di accertamento e permette anche la ricostruzione dello stato di fatto al 5/5/76; infatti, trattandosi di edifici in muratura, una possibile variazione d’uso che può aver interessato l’edificio tra la data di accatastamento e la data del terremoto non ha in genere cambiato l’assetto dell’organizzazione delle strutture portanti e quindi i dati geometrici sono sufficientemente attendibili. Inoltre i dati dei verbali di accertamento e quelli delle planimetrie delle unità immobiliari sono facilmente associabili perché entrambi fanno riferimento al numero di particella del nuovo catasto terreni sul quale è costruito ogni edificio. 5.2 La banca dati Fr.E.D. La banca dati Fr.E.D. (Friuli Earthquake Damages) è stata costruita nell'ambito delle ricerche sulla vulnerabilità, svolte presso il Dipartimento di Georisorse e Territorio dell'Università degli Studi di Udine, ed ha come scopo fondamentale quello di raccogliere dati relativi al terremoto del Friuli del 6 maggio 1976. Per questo motivo la banca dati è organizzata su più linee parallele, con diversi gradi di dettaglio, ed è costruita a partire da fonti documentali di origine eterogenea che includono: Θ Verbali di accertamento dei danni ad edifici per uso abitazione o misto, circa 85.000 schede originali compilate dalle squadre di rilevamento istituite immediatamente dopo il terremoto, sulla base della Legge Regionale n. 17 del 7/6/76. Θ Base di dati relazionale contenente per le 85.000 schede parte delle informazioni raccolte nel verbale di accertamento danni; tale archivio 25 riorganizza i dati raccolti su supporto magnetico da Insiel Spa immediatamente dopo la conclusione delle operazioni di rilevamento stabilite dalla Legge 17/76. Θ Per i comuni di Artegna, Gemona, Moggio Udinese, Osoppo, San Daniele, Tarcento e Venzone sono disponibili i fogli in scala 1:2000 o 1:1000 del Nuovo Catasto Edilizio Urbano e le planimetrie in scala 1:200 di parte degli edifici ad uso abitativi di questi comuni. Θ Per i comuni sopra citati, schede di computo dei parametri di vulnerabilità per gli edifici di cui si ha disponibilità dei dati catastali. Θ Documentazione fotografica dell’archivio del comune di Venzone. Θ Schede di vulnerabilità di I e II livello CNR/GNDT per il centro storico di Venzone. La parte di banca dati utilizzata per il l’analisi della vulnerabilità a posteriori riguarda esclusivamente la base di dati riportante i contenuti dei verbali di accertamento, le schede di computo dei dati catastali e i fogli e le planimetrie catastali. 5.3 I verbali di accertamento danni La Legge Regionale n. 17 del 7 giugno 1976 rappresenta la formalizzazione del primo di una lunga serie di interventi di urgenza per sopperire alle straordinarie ed impellenti esigenze abitative delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 6 maggio 1976. (Regione FVG, 1976) Il Capo II di questa legge sintetizza in tre punti il compito assegnato alle squadre di rilevamento costituite da un gruppo di tre tecnici ed operanti nell’ambito di ogni comune: Θ il rilevamento degli edifici destinati ad uso di abitazione civile o ad uso misto, compresi gli annessi rustici alle abitazioni rurali, non irrimediabilmente danneggiati dagli eventi tellurici del maggio 1976, che sia conveniente riparare e rendere abitabili; Θ la determinazione delle necessarie opere di riparazione; Θ la stima del costo delle opere di riparazione. Le istruzioni per i gruppi di rilevamento del 23 giugno e 1 luglio 1976 stabilivano che l’oggetto del rilevamento erano: 26 Θ gli edifici ad uso di abitazione civile; Θ gli edifici ad uso misto, cioè comprendenti anche vani adibiti ad attività produttive; Θ gli edifici ad uso di abitazione rurale, con o senza annessi rustici. Erano quindi esclusi dal rilevamento: gli edifici industriali, commerciali, più in generale a destinazione produttiva, gli edifici pubblici o ad uso pubblico, tutti gli altri edifici non ad uso di abitazione (depositi, stavoli ed altri edifici ad uso agricolo non annessi ad una abitazione). Per la gravità del danno subito non erano soggetti a rilevamento: Θ gli edifici completamente distrutti o demoliti; Θ gli edifici parzialmente crollati, la cui parte restante fosse inutilizzabile; Θ gli edifici che alla data del rilevamento fossero abitabili. Inoltre era stato disposto che il rilevamento procedesse a tappeto, cioè il censimento doveva comprendere tutti gli edifici purché non completamente distrutti o demoliti, per i comuni classificati disastrati in base al decreto 714 del 20/05/76 del Presidente della Giunta Regionale (Figura 5.1); tuttavia, tale metodo di rilevamento avrebbe costituito un appesantimento delle operazioni per i territori dei comuni classificati gravemente danneggiati e danneggiati. Nell’ambito di queste due categorie il rilevamento era relativo solo gli edifici non irrimediabilmente danneggiati e quelli non abitabili alla data del rilevamento. Il risultato delle operazioni di rilevamento è raccolto in un verbale di accertamento danni (Appendice 3) composto da cinque sezioni o fogli. Foglio 1 Il Foglio 1 raccoglie le notizie relative all’edificio nel suo insieme ed è composto da quattro sezioni. La prima riporta informazioni sulla localizzazione e sui riferimenti catastali dell’edificio. Sono riportati anche dati di carattere generale dell’edificio come il numero di piani fuori terra, il numero di fronti comuni, la presenza di scantinato e sottotetto, il numero di alloggi, la presenza di annessi rustici o di attività produttive e l’età presunta di costruzione. La seconda sezione riporta il giudizio sintetico del danno subito dall’edificio con una descrizione sommaria a livelli di danneggiamento: distrutto, non ripristinabile, ripristinabile parzialmente, ripristinabile totalmente, si rilevano inoltre situazioni di riparazioni 27 già eseguite o non necessarie e della necessità di riparazioni strutturali. La terza sezione determina il contributo per ciascun alloggio, abitazione rurale, attività produttiva in misura pari all’80% dell’importo stimato dei costi di riparazione che comunque non doveva superare un tetto massimo stabilito dalla stessa legge regionale. La quarta sezione prevedeva eventuali note ed indicazioni sulla conservazione dell’edificio. Foglio 2 Descrive le singole unità immobiliari costituenti l’edificio in esame che sono distinte in alloggi o abitazioni rurali, annessi rustici, attività produttive; quindi si possono avere più Fogli 2 per ogni Foglio 1. Foglio 3 Il Foglio 3 comprende una sezione per il computo del volume dell’edificio calcolato separatamente per le diverse tipologie; una seconda sezione permette di determinare la stima sommaria del valore dell’edificio al 5/5/76 sulla base dei valori unitari stabiliti dalla Regione a seconda della tipologia e dello stato di conservazione. Un’ultima sezione permette di calcolare il costo totale delle opera di riparazione sulla base dei volumi e del costo di intervento in Lire/mc determinato nel Foglio 4. Foglio 4 Il Foglio 4 è distinto in due sezioni: il Foglio 4a per gli edifici ad abitazione civile rurale o misto e il Foglio 4b per gli annessi rustici e le attività produttive. Il Foglio 4 contiene il prospetto per il computo del costo totale unitario di intervento. Il calcolo è organizzato per elementi costruttivi e per tipologia di questi, quantificando prima la loro presenza sul totale seguita da una stima delle percentuali che di tali elementi necessita di rifacimento integrale e di un intervento parziale. I costi unitari erano fissati per le singole voci dalla Regione. Foglio 5 Elenca eventuali indicazioni di massima sulle modalità tecniche dell’intervento di ripristino proposte dai tecnici incaricati della redazione del verbale. 28 Figura 5.1: classificazione dei comuni della regione in base al danno subito. La seguente tabella riassume la distribuzione dei circa 85.000 verbali compilati, in relazione alla classificazione dei comuni in base alla gravità del danno subito (LR 15/76): Classificazione Comuni Numero Comuni Numero Verbali Disastrati 45 39.976 Gravemente Danneggiati 40 19.820 Danneggiati 52 22.463 Non Classificati 82 2.521 Totale 219 84.780 Tabella 5.1: distribuzione dei verbali in base alla classificazione dei comuni. 29 Parte delle informazioni contenute nel primo e quarto Foglio del verbale di accertamento sono state informatizzate immediatamente dopo la loro acquisizione; questi dati inizialmente gestiti come file di record a lunghezza fissa sono stati convertiti e organizzati come base di dati relazionale (Chiarandini, 1998). Una tale organizzazione definisce la struttura dei dati, garantisce l’integrità degli stessi, facilita e velocizza il reperimento di dati in base a predicati di ricerca prestabiliti e realizza l’indipendenza tra dati e programmi di gestione. 5.4 Le planimetrie delle unità immobiliari I dati catastali che devono essere associati ai verbali di accertamento danni sono le planimetrie in scala 1:200 delle unità immobiliari del Nuovo Catasto Edilizio Urbano; da queste planimetrie è possibile estrapolare tutti i dati necessari di natura geometrica. La Figura 5.2 rappresenta un esempio di planimetria catastale di un immobile, da cui si possono ricavare le informazioni di natura geometrica. Se consideriamo un edificio oggetto di un verbale di accertamento, può risultare, a causa dell’organizzazione del Nuovo Catasto Edilizio Urbano, che la sua intera planimetria sia spezzettata in più planimetrie ognuna delle quali ne rappresenta una frazione; è necessario procedere ad un’operazione di unione per poter disporre della planimetria dell’intero edificio. Per semplificare e velocizzare il processo di estrapolazione dei dati geometrici dalle planimetrie è stata predisposta una scheda che permette di raccogliere in modo uniforme tutti gli elementi da inserire nella scheda di vulnerabilità ovvero nella parte della banca di dati di origine catastale. La scheda denominata “scheda per il computo dei parametri di vulnerabilità” (Appendice 4) si compone di cinque sezioni fondamentali così descritte: Sezione1 Si identifica l’edificio tramite il numero di mappale del nuovo catasto terreni e tutti i numeri di partita associati a tale mappale; si specificano i dati relativi ai tutti i verbali di accertamento (possono essere più di uno) relativi all’edificio in questione. Si riportano anche informazioni relative all’edificio come il numero dei piani e l’esistenza di un sottotetto praticabile. 30 Figura 5.2: esempio di planimetria del Nuovo Catasto Edilizio Urbano in scala 1:200 di un edificio. 31 Sezione 2 Per ogni piano dell’edificio si riportano l’altezza media, la superficie media coperta e la variazione percentuale di area dal piano superiore rispetto a quello inferiore. Si indicano inoltre l’area coperta media e l’altezza media di un piano per l’intero edificio. Si deve scegliere quale delle configurazioni riportate sulla scheda approssima meglio la pianta dell’edificio ed in relazione a questa si devono riportare anche alcuni valori metrici come lunghezza e larghezza dell’edificio. Sezione 3 Si deve scegliere quale delle configurazioni riportate sulla scheda approssima meglio la pianta dell’edificio ed in relazione a questa si devono riportare anche alcuni valori metrici come lunghezza e larghezza dell’edificio. Sezione 4 Questa sezione caratterizza la configurazione in elevazione dell’edificio; i parametri richiesti sono la massima variazione percentuale di superficie tra piani (calcolata in sezione 2) e l’altezza della parte di fabbricato che sta sopra il livello corrispondente alla massima variazione di superficie. Sezione 5 Si riportano i prospetti per il computo delle aree resistenti nelle due direzioni ortogonali del sistema di riferimento locale di rappresentazione dell’edificio e il rapporto max(D/S) tra spessore del muro portante e interasse dei muri trasversali. Si prevede anche uno spazio per tracciare lo schizzo della sovrapposizione dei perimetri delle planimetrie dei piani dell’edificio. I dati appartenenti alla scheda di computo sono stati informatizzati in fogli di calcolo elettronico permettendo sia l’organizzazione della struttura sia l’implementazione di procedure automatiche per il calcolo dell’indice di vulnerabilità. 5.5 La vulnerabilità come entità anisotropa Un edificio, così come definito nelle “Istruzioni per la compilazione della scheda di vulnerabilità di I livello” (AA. VV., 1993), è inteso come unità omogenea distinguibile da edifici adiacenti per tipologia costruttiva, differenza di altezza, età 32 di costruzione, sfalsamento dei piani. La procedura del CNR/GNDT. per la valutazione della vulnerabilità, basata sui dati raccolti con schede di rilevamento relative ai singoli edifici, porta a caratterizzare tale grandezza con un indice scalare, invariante rispetto alla direzione dell’azione sismica ed indipendente rispetto al contesto strutturale. Al contrario, le analisi dei dissesti subiti a causa dei terremoti sia da edifici isolati sia da aggregati strutturali, rivelano regolarmente l’esistenza di una direzionalità nell’azione sismica e una rilevante influenza delle strutture contigue quando presenti. I diversi comportamenti dinamici risultano evidenti al solo pensare alla distribuzione in pianta delle sezioni resistenti o agli effetti derivanti dall’introduzione di elementi di rinforzo con rigidezza spiccatamente diversa dal resto del sistema resistente. Edificio i-esimo Piano delle Ellissi Edificio Isolato N Y E N Ux Y X Uy Ellisse di Vulnerabilità Intrinseca X Figura 5.3: ellisse di vulnerabilità riferita alle direzioni principali di sollecitazione. Ne consegue che negli studi di correlazione tra azione, vulnerabilità e danno è opportuno disporre di informazioni riguardanti l’anisotropia della risposta strutturale e considerare quindi la vulnerabilità come entità anisotropa, rappresentabile idealmente con un’ellisse orientata (rappresentata schematicamente in Figura 5.3), avente gli assi proporzionali agli indici di vulnerabilità valutati per le due direzioni principali, tenendo conto anche degli effetti locali e globali del contesto strutturale. (Grimaz, 1993) 33 5.5 La vulnerabilità intrinseca ed effettiva Dall’analisi dei danni provocati da terremoti passati, si nota una differenza di comportamento tra edificio isolato ed edificio inserito in un aggregato strutturale; infatti, l’influenza del contesto strutturale sul comportamento sismico di un edificio è molto spesso rilevante. Nella valutazione della vulnerabilità di un edificio è allora necessario considerare gli effetti migliorativi o peggiorativi indotti dal contesto. (Grimaz, 1993) Considerando una schiera di fabbricati, si suppone di estrarre un edificio i e di valutarne la vulnerabilità come se fosse isolato, ottenendo la vulnerabilità intrinseca Ui propria dell’edificio considerato e di caratteristiche anisotrope (Figura 5.4). Se l’edificio viene riportato nella condizione effettiva, cioè all’interno della schiera, la vulnerabilità si modificherà a causa della mutua iterazione con gli edifici contigui; in base a quest’ultima condizione si può definire una vulnerabilità effettiva Vi. N N Y Y X X Condizione Effettiva E Ux E Uy Vx Ellisse di Vulnerabilità Intrinseca U Condizione Intrinseca Y X U Vy Ellisse di Vulnerabilità Effettiva V β V Funzione di Deformazione Figura 5.4: ellisse di vulnerabilità intrinseca ed effettiva. La variazione della possibilità di danneggiamento nel passaggio dalla condizione intrinseca (cioè isolata o estratta) a quella effettiva (cioè relativa al reale contesto strutturale in cui è inserita), può essere interpretata come una modificazione dell’ellisse di vulnerabilità intrinseca. Si può allora valutare la 34 variazione della vulnerabilità con una funzione, denominata funzione di deformazione, che quantifica la modificazione come effetto di tutti i fattori che possono influenzare la danneggiabilità ma che non sono presenti nella condizione intrinseca. Per l’edificio i-esimo la vulnerabilità effettiva Vi può essere esplicitata come segue: Vi = U i ⊗ β i dove Ui è la vulnerabilità intrinseca calcolata per l’edificio i e βi è la funzione di trasformazione che considera le modificazioni dovute al contesto strutturale. 5.6 La valutazione della vulnerabilità intrinseca La vulnerabilità intrinseca viene valutata facendo riferimento alla procedura e ai parametri della scheda di II livello del CNR/GNDT. E’ necessario però adattare sia la procedura sia i parametri alle informazioni disponibili nella banca dati che comprende i dati dei verbali di accertamento e i dati di origine catastale. I parametri considerati per il calcolo dell’indice di vulnerabilità sono sette e due di questi presentano una caratteristica anisotropa. Ne consegue che anche la vulnerabilità intrinseca è anisotropa nelle due direzioni principali X e Y. I sette parametri considerati sono i seguenti: Parametro 1 Questo è un parametro di caratteristica anisotropa e valuta lungo le due direzioni X e Y la resistenza degli elementi verticali. Ogni edificio, anche se non progettato esplicitamente per resistere ad azioni sismiche, possiede una certa capacità di resistere a forze sismiche di determinata intensità; si può allora valutare convenzionalmente questa resistenza determinando il coefficiente C implicito in ogni edificio e calcolato sulla base della norma D.M. 2/7/81 che prevede anche per gli edifici in muratura la possibilità di procedere alla verifica sismica. Tale verifica si riferisce alla resistenza alla rottura della muratura e si deve effettuare considerando sia i carichi statici previsti sia un sistema di forze orizzontali con una risultante Ft, considerando il coefficiente sismico C, il 35 coefficiente di struttura β (assunto uguale a 4 ) e il peso totale dell’edificio Wt, Ft può essere così esplicitata: Ft = β ⋅ C ⋅ Wt 1] Il calcolo del coefficiente C può essere fatto limitandosi a considerare la resistenza alle forze di taglio in corrispondenza del piano di verifica (solitamente il piano terra) confrontando la risultante delle forze orizzontali che agiscono al di sopra del piano, con il peso della parte di edificio al di sopra del piano: C= Tu β ⋅ Wt 2] Tu è specificato: Tu = Ares ⋅ τk ⋅ 1 + σ0 1.5 ⋅ τk 3] dove Ares è l’area resistente nella direzione di sollecitazione, τk è la resistenza tangenziale di riferimento (il cui valore è ricavabile dalle tabelle dispositive del DM 2/7/81) e σ0 è definito come segue: σ0 = Wt Ax + Ay 4] dove Ax e Ay sono le aree resistenti nelle direzioni principali X e Y. Se si ipotizza una densità di area resistente q costante ad ogni piano e come di seguito definita dalla relazione 5], il peso Wt può essere espresso come nella relazione 6] q= Ax + Ay ⋅ hmed ⋅ pm + ps Atpv Wt = q ⋅ ∑i Ati = q ⋅ N ⋅ Atmed 5] 6] dove Atpv è l’area coperta del piano di verifica, hmed è l’altezza media dell’interpiano, pm è il peso specifico della muratura, ps è il peso per unità di superficie dell’orizzontamento che è trascurabile rispetto al primo addendo perché si trattano edifici in muratura, Ati è l’area coperta del piano i-esimo, N è il numero dei piani dell’edificio, Atmed è l’area coperta media. Sostituendo nella 2] le relazioni 3] e 6] il coefficiente C è così definito: C= 36 Ares ⋅ τk q ⋅ N ⋅ Atmed ⋅ 1+ β q ⋅ N ⋅ Atmed 1 . 5 ⋅ τk ⋅ ( A x + A y ) 1 ⋅ 7] considerando come aree resistenti la Ax e la Ay si calcolano rispettivamente i coefficienti Cx e Cy. Per la determinazione dei valori di resistenza tangenziale di riferimento τk, data la mancanza di informazioni dirette, si fa riferimento ai valori suggeriti dal D.M. 2/7/81 e relative circolari. La banca dati relativa ai verbali fornisce indicazioni sulla tipologia strutturale esprimendo la percentuale totale delle varie tipologie: pietra, laterizio, pilastri. Il valore τk viene allora valutato come media pesata dei valori di τk di ciascuna tipologia. Il punteggio di vulnerabilità si calcola sulla base del valore di Cx e Cy facendo riferimento ad una funzione lineare a tratti così come definita nella seguente tabella. Dominii dei tratti lineari Equazione della retta Punteggi di Vulnerabilità 5 5 C− 2 2 1.0 ≤ C ≤ 3.0 pv = 0.6 ≤ C < 1.0 pv = 50C − 25 5 – 25 0 .4 ≤ C < 0 .6 pv = 100C − 15 25 – 45 0 .0 ≤ C < 0 .4 pv = 75C + 45 45 – 75 0–5 Parametro 2 Il comportamento sismico di un edificio dipende, a parità di altri fattori, anche dalla forma della pianta. Nel caso di edifici rettangolari è significativo il rapporto percentuale β1 = a/l tra le dimensioni del lato minore e del lato maggiore. Nel caso di piante che si differenziano da quella rettangolare, oltre alla forma allungata del corpo principale (indice β1) è necessario considerare l’entità di tale scostamento per mezzo del rapporto β2 = b/l dove b è la dimensione del corpo di fabbrica annesso, misurata nella direzione perpendicolare al lato maggiore del corpo principale. Per l’assegnazione dei punteggi di vulnerabilità si fa riferimento alle funzioni lineari a tratti definite per β1 e β2; valutati separatamente i due punteggi, si assume come valore finale del parametro 2 il maggiore tra i due. 37 Dominii dei tratti lineari 80 ≤ β 1 ≤ 100 Equazione della retta pv = 1 β 1 − 20 4 Punteggi di Vulnerabilità 0–5 60 ≤ β 1 < 80 pv = β 1 − 55 5 – 25 40 ≤ β 1 < 60 pv = β 1 − 15 25 – 45 0 ≤ β 1 < 40 Dominii dei tratti lineari 0 ≤ β 2 ≤ 10 pv = 3 β 1 + 45 4 Equazione della retta pv = 1 β2 2 45 – 75 Punteggi di Vulnerabilità 0–5 10 < β 2 ≤ 20 pv = 2 β 2 − 15 5 – 25 20 < β 2 ≤ 30 pv = 2 β 2 − 15 25 – 45 30 < β 2 ≤ 100 pv = 3 225 β2+ 7 7 45 – 75 Parametro 3 Una distribuzione regolare della resistenza e della rigidezza lungo l’altezza dell’edificio costituisce un fattore significativo ai fini di un buon comportamento sismico della struttura. Spesso questa regola viene disattesa, soprattutto nel caso di nuove costruzioni, per ottenere delle forme estetiche d’effetto. Alla fine si hanno configurazioni con rientranze o sporgenze verticali che peggiorano la risposta sismica della costruzione. Nel caso di edifici in muratura, le principali cause di irregolarità in elevazione sono costituite dalla presenza di porticati, loggiati e altane e dalla presenza di torri o torrette di altezza e massa significative rispetto a quella della restante parte dell’edificio La regolarità della distribuzione della resistenza e della rigidezza in elevazione, viene rappresentata da tre parametri: il rapporto percentuale k1 = max(∆A/A) come indice della massima variazione di superficie coperta e quindi di massa da un piano all’altro, il rapporto percentuale k2 = T/H tra l’altezza del 38 fabbricato al di sopra del livello di variazione massima di massa e la sua altezza totale, il rapporto percentuale k3 = Aport/Atot tra l’area del porticato e l’area totale coperta. Per ognuno di questi parametri si fa riferimento ad una funzione lineare a tratti, assegnando al parametro 3 il valore maggiore di questi. Dominii dei tratti lineari Equazione della retta Punteggi di Vulnerabilità 0 ≤ k 1 ≤ 10 1 pv = k 1 3 0–5 10 < k 1 ≤ 20 pv = 2k 1 − 15 5 – 25 20 < k 1 ≤ 40 pv = k 1 + 5 25 – 45 40 < k 1 ≤ 80 Dominii dei tratti lineari 0 ≤ k 2 ≤ 20 pv = 3 k 1 + 15 4 Equazione della retta pv = 1 k2 4 45 – 75 Punteggi di Vulnerabilità 0–5 20 < k 2 ≤ 40 pv = k 2 − 15 5 – 25 40 < k 2 ≤ 70 pv = 2 5 k2 + 3 3 25 – 45 Dominii dei tratti lineari 0 ≤ k 3 ≤ 10 Equazione della retta pv = 1 k3 2 Punteggi di Vulnerabilità 0–5 10 < k 3 ≤ 20 pv = 2k 3 − 15 5 – 25 20 < k 3 ≤ 40 pv = k 3 + 5 25 – 45 39 Parametro 4 Questo parametro considera la presenza di muri maestri intersecati da muri trasversali posti a distanza eccessiva tra loro. Si determina il rapporto massimo D/s dove D è l’interasse dei muri trasversali e s è lo spessore del muro maestro; con questo parametro si vuole considerare il livello di organizzazione delle strutture verticali, indipendentemente dal materiale e dalle caratteristiche delle singole murature: il punteggio di vulnerabilità si assegna con la seguente funzione lineare a tratti. Dominii dei tratti lineari Equazione della retta Punteggi di Vulnerabilità 0 ≤ max( D / s ) ≤ 15 1 pv = max( D / s) 3 0–5 15 < max( D / s ) ≤ 25 pv = 2 max( D / s ) − 25 5 – 25 25 < max( D / s ) ≤ 30 pv = 4 max( D / s ) − 75 25 – 45 30 < max( D / s ) ≤ 35 pv = 6 max( D / s ) − 135 45 – 75 Parametro 5 Si associa all’età della costruzione la tipologia costruttiva di orizzontamenti, copertura e qualità del sistema resistente in base alle tradizioni costruttive della zona oggetto di studio. Si suppone che la danneggiabilità aumenti con il grado di invecchiamento della costruzione. Il punteggio di vulnerabilità viene assegnato, differentemente dagli altri parametri fino ad ora considerati, per classi tipologiche e non più con funzioni lineari a tratti. Parametro 6 Con questo parametro si considerano le caratteristiche morfologiche e litologiche superficiali del terreno di fondazione e della presenza di differenti quote di imposta delle fondazioni per parti significative della costruzione. Un edificio posto su un terreno con pendenza accentuata, che poggia su terreni sciolti e le cui fondazioni sono poste a quote sfalsate presenta una vulnerabilità maggiore di una struttura con le stesse caratteristiche ma posto su terreno pianeggiante. 40 Le informazioni necessarie per definire questo parametro sono essenzialmente tre: Θ Tipo di terreno (roccia o terreno sciolto) Θ Pendenza Θ Presenza dello scantinato Il valore del parametro, di caratteristiche anisotrope lungo le due direzioni principali, viene calcolato in base a quattro situazioni individuate sulle informazioni sopra elencate. Pendenza Terreno 0% ≤ p ≤ 10% Roccia Fondazioni Punteggi di Vulnerabilità Quota unica 0 Quota unica 5 Quota unica 25 Quote sfalsate 45 Terreni sciolti 10% < p ≤ 30% Roccia 10% < p ≤ 20% Terreni sciolti Roccia 30% < p ≤ 50% Terreni sciolti p > 50% p > 30% Roccia Terreni sciolti Parametro 7 Si fa riferimento al costo unitario di adeguamento antisismico dell’edificio stimato dai tecnici che hanno redatto il verbale di accertamento. Tale costo è indice del tipo e dell’organizzazione del sistema resistente che valuta il grado di organizzazione degli elementi verticali, indipendentemente dal materiale e dalle caratteristiche delle singole murature. L’assegnazione del punteggio di vulnerabilità si basa su un indice dato dal costo di adeguamento antisismico normalizzato a 10.000 Lit/mc e fa riferimento alla seguente funzione lineare a tratti: 41 Dominii dei tratti lineari Equazione della retta Punteggi di Vulnerabilità 0 ≤ IAs ≤ 0.1 pv = 50 IAs 0–5 0.1 < IAs ≤ 0.2 pv = 200 IAs − 15 5 – 25 0.2 < IAs ≤ 0.4 pv = 100 IAs + 5 25 – 45 0.4 < IAs ≤ 0.8 pv = 75 IAs − 15 45 – 75 Sulla base del valore dei sette parametri considerati, il valore della vulnerabilità intrinseca per un edificio nelle due direzioni principali X e Y viene calcolata come per la scheda di II livello del CNR/GNDT assegnando ad ogni parametro un peso Wi che moltiplica i punteggi di vulnerabilità pi: Ux = ∑i =1 pxi ⋅ Wi 7 Uy = ∑i =1 pyi ⋅ Wi 7 8] I valori dei pesi assegnati ai parametri sono identificati di volta in volta, in dipendenza dal sito in cui sono localizzati gli edifici oggetto di studi campione. 5. 8 La valutazione della vulnerabilità effettiva Il problema della valutazione della vulnerabilità effettiva di un edificio appartenente ad un aggregato strutturale viene ricondotto alla definizione della funzione β che trasforma la vulnerabilità intrinseca U di un edificio nella corrispondente vulnerabilità effettiva V: Vi = U i ⊗ β i 9] L’attenzione si concentra sulla variazione della vulnerabilità che si ha nel passaggio dalla condizione intrinseca a quella effettiva del contesto strutturale. I fattori che intervengono nel passaggio da U a V sono molteplici; in prima ipotesi si può definire la funzione β nel modo seguente: 42 βik = 1 + δβik dove k è la direzione presa in esame e δβik rappresenta la variazione percentuale di vulnerabilità che si ha nel passaggio dalla condizione intrinseca a quella effettiva. Se si considera che la percentuale complessiva di variazione può essere ricavata sovrapponendo gli effetti di variazione dovuti alle singole condizioni che determinano il contesto in cui l’edificio è inserito, il fattore δβik può essere determinato come sommatoria degli elementi sikj variazioni dovuta al j-esimo fattore elementare per l’edificio e nella direzione k. La relazione 9] può quindi essere espressa: Vi = Ui ⋅ (1 + ∑ j sij ) Una volta individuati i fattori elementari che caratterizzano la condizione effettiva in cui si trova l’edificio, si calcola la funzione βi e di conseguenza la vulnerabilità effettiva Vi. Per un edificio isolato la funzione assume valore unitario, non essendoci influenze dovute al contesto strutturale i termini sj sono nulli. Una volta determinate le vulnerabilità effettive di tutti gli edifici appartenenti all’aggregato, si può rappresentare la vulnerabilità dell’intero aggregato strutturale con la figura che si ottiene sommando, in ogni direzione, i raggi delle ellissi di vulnerabilità effettive dei singoli edifici. Equivalentemente, scelte due direzioni principali per l’aggregato, si possono sommare i raggi delle ellissi dei singoli edifici in tali direzioni, ottenendo gli assi principali dell’ellisse di vulnerabilità dell’aggregato. Nella valutazione della vulnerabilità effettiva, l’inserimento dell’edificio considerato nel suo contesto strutturale comporta una variazione della vulnerabilità da intrinseca ad effettiva perché si possono attivare nuovi meccanismi di rottura oppure si possono modificare dei meccanismi già presenti nella condizione intrinseca. Alla prima classe di meccanismi di rottura, quelli possibili solamente nella condizione effettiva, appartengono i fenomeni di martellamento dovuti all’interazione dinamica con edifici contigui, le spinte a vuoto indotte da elementi strutturali che risultano spingenti su parti dell’edificio. Alla 43 seconda categoria appartengono i meccanismi di parete, modificabili nella condizione effettiva ma già presenti nella condizione intrinseca e che sono indotti dalla modifica dei vincoli e causati dalla variazione del comportamento a causa della presenza di edifici contigui. Se si considera una parete lunga come elemento caratteristico di una schiera di edifici in linea alla quale appartiene una parete dell’edificio in esame, in base all’analisi dei dissesti, si sono valutate le variazioni di danneggiamento nel passaggio dalla condizione in cui la parete è considerata estratta dalla schiera e la condizione nella quale la stessa fa parte della parete lunga. La valutazione procede per fasi successive, inizialmente l’ipotesi è una parete omogenea per rigidezza e geometria, poi questo presupposto viene eliminato avvicinandosi alle condizioni reali e considerando tutti i fattori che inducono variazione rispetto alla vulnerabilità iniziale come le diverse geometrie in elevazione, la presenza di grandi aperture, la disomogeneità dei materiali o della distribuzione della finestrature. I meccanismi di rottura individuati appartengono a tre classi: Θ meccanismi di parete; Θ meccanismi di interazioni dinamica; Θ spinte a vuoto. La Figura 5.4 riassume, per i meccanismi di parete, le varie tipologie che si possono riscontrare nel caso reale e che sono correlate a fattori elementari di deformazione. La tipologia viene individuata definendo la zona ed il profilo che la parete dell’edificio costituisce nel contesto di una parete lunga così da ottenere una zona interna I e una di estremità E. Come sottoclassi si possono identificare la zona interna alta Ia, bassa Ib e a scalare Is, la zona di estremità alta Ea e bassa Eb; si considerano inoltre la presenza di disomogeneità di rigidezza e/o di distribuzione delle aperture D, inoltre la presenza di grandi aperture GA che interrompono la continuità della parete lunga. La Figura 5.5 illustra i meccanismi di interazione dinamica e i tre tipi di spinte a vuoto S che possono essere definiti. Ogni fattore elementare di deformazione provoca una variazione della vulnerabilità intrinseca dell’edificio; la Tabella 5.2 identifica per ogni fattore il tipo di variazione percentuale apportata alla vulnerabilità l’entità di tale variazione. 44 Figura 5.4: fattori di deformazione per i meccanismi di parete. 45 Figura 5.5: fattori di deformazione per meccanismi di interazione dinamica e spinte a vuoto. Tabella 5.2: variazione percentuale della vulnerabilità per i fattori di deformazione. 46 5.9 Indice di danno La particolarità di uno studio di vulnerabilità a posteriori è la possibilità di relazionare l’indice di vulnerabilità con il danno osservato per un particolare evento sismico. Per ogni edificio censito dai verbali di accertamento danni e di cui si conosce la vulnerabilità, calcolata sulla base dei dati presenti nella scheda di computo di vulnerabilità, è possibile definire un indice di danno che misuri il danneggiamento strutturale. Nel Foglio 1 del verbale di accertamento è stata riportata una stima sintetica del danno subito dall’edificio espressa mediante aggettivi qualificativi; l’edificio poteva essere classificato distrutto, non ripristinabile, ripristinabile parzialmente o totalmente oppure non erano necessari interventi di ripristino. Inoltre nel caso si rendessero necessarie le riparazioni queste potevano essere strutturali oppure no. Per la definizione di un indice di danno analitico che si basi sulla stima dei costi di intervento e non sul giudizio sintetico del danno, è necessario utilizzare i dati relativi al foglio 4 del verbale di accertamento che quantificano in termini percentuali gli interventi agli elementi costruttivi strutturali (strutture verticali, orizzontamenti, coperture). Per ogni elemento strutturale si può definire un indice dell’entità di intervento: Strutture Verticali % Isv = %totale %totale ⋅ (% RifInt + α % IntParz )pietra + ⋅ (% RifInt + α % IntParz )laterizio 100 100 Orizzontamenti % Iorr = 1 ⋅ (% RifInt + α % IntParz ) 100 Copertura % Icop = %totale %totale ⋅ (% RifInt + α % IntParz ) ≤ 2 p + ⋅ (% RifInt + α % IntParz ) > 2 p 100 100 47 dove α è definito come il rapporto tra il costo unitario dell’intervento parziale e il costo unitario del rifacimento integrale, cifre stabilite dalla Legge Regionale 17/76 e riportate nel Foglio 4 del Verbale di Accertamento; tale rapporto α è circa uguale a 0.5. Sulla base di questi tre indici di intervento può essere definito un indice di intervento strutturale per l’intero edificio: % IS = ksv ⋅ (% Isv ) + korr ⋅ (% Iorr ) + kcop ⋅ ( Icop ) dove i parametri ki sono definiti dalla media pesata sulla base dell’incidenza economica del singolo elemento strutturale e per un edificio adibito ad abitazione civile valgono: Elemento Costruttivo Ki Strutture Verticali 0.737 Orizzontamenti 0.088 Copertura 0.175 Si assume che l’indice di intervento strutturale per l’intero edificio sia il suo indice di danno strutturale che risulta essere espresso come danno percentuale rispetto al crollo e quindi è separato dal costo di intervento. 5. 10 Applicazione nei siti campione La procedura di stima della vulnerabilità a posteriori è stata applicata ad un certo numero di edifici in determinati siti campione, utilizzando i dati appartenenti ai Verbali di Accertamento ed alla Scheda di Computo della Vulnerabilità. La Tabella 5.3 riporta la quantificazione degli edifici analizzati: 48 Comune Edifici Isolati Edifici Aggregati Num. Aggregati Venzone - 72 12 Tarcento 49 72 15 - 120 13 180 7 - 46 6 16 44 11 San Daniele Osoppo Artegna Moggio Udinese Tabella 5.3: comuni analisi di siti campione e numero di edifici analizzati. Per ognuno degli edifici indicati sono state reperite le planimetrie catastali in scala 1:200 di tutte le sue unità immobiliari e il Verbale di Accertamento Danni; sulla base dei dati geometrici ricavabili dalle planimetrie è stata costruita la Scheda di Computo della Vulnerabilità. In base ai dati a disposizione, per ogni edificio è stato computato l’indice di vulnerabilità nelle due direzioni di sollecitazione e l’indice di danno utilizzando la procedura descritta precedentemente. La disponibilità di questi dati permette di costruire dei diagrammi a dispersione tra indice di vulnerabilità e indice di danno che sono alla base della definizione della correlazione tra danno e vulnerabilità. Per approfondire ed affinare tale correlazione sono stati considerati in dettaglio tre particolari siti campione: Tarcento, San Daniele e Venzone; il motivo principale è la completezza delle informazioni disponibili relative ai verbali di accertamento e alle schede di computo della vulnerabilità. Tarcento e San Daniele in occasione del terremoto del maggio 1976 si sono trovate entrambe in una fascia di intensità macrosismica valutata intorno al VIII-IX grado della scala MSK (Figura 5.6); tale circostanza permette di elaborare i risultati a parità di azione sismica e di utilizzarli reciprocamente. Relativamente a Venzone, che è stata associata alla fascia di intensità macrosismica del IX grado della scala MSK, si nota la disponibilità di molti dati e studi eseguiti anche in periodi immediatamente successivi al terremoto del 1976. La sua rilevanza come bene architettonico e la sua importanza dal punto di vista storico ed artistico ha fatto in modo che la Soprintendenza, nel periodo dal 1973 al 1975, eseguisse una schedatura degli 49 edifici del centro storico. Sulla base di questi studi è stato possibile compilare per gli edifici del centro storico e a distanza di anni dal terremoto, le schede di vulnerabilità di II livello del CNR/GNDT; appare dunque interessante confrontare i risultati della correlazione danno-vulnerabilità ottenuti tramite la metodologia del GNDT con quanto ricavabile con la metodologia di studio a posteriori. 50 6. L’APPLICAZIONE AL SITO CAMPIONE DI TARCENTO Il centro storico di Tarcento è stato scelto come ambito della prima sperimentazione delle procedure per la formazione della banca dati e della verifica dei risultati in termini di correlazione danno - vulnerabilità. Il motivo principale di tale scelta è la disponibilità di uno studio di microzonazione dell’area, da cui è possibile estrarre indicazioni sull’influenza della risposta sismica locale; su questa base è possibile operare una correzione dei livelli di danno in modo da riferirli ad una risposta di tipo omogeneo per tutta l’area così da far dipendere il danno dalla sola vulnerabilità del costruito. Tarcento, in occasione del terremoto del maggio 1976, si è trovato in una fascia di intensità macrosismica stimata tra l’VIII e il IX grado della scala MSK, quindi di tipo distruttivo. L’abitato di Tarcento, pur subendo danni gravi, ha registrato un numero ridotto di crolli e di danni irreparabili; tale situazione rende significativo il numero di edifici con verbale di accertamento completo per i quali è possibile ricavare le schede di computo di vulnerabilità (con indicazioni simili alle schede di II livello del CNR/GNDT) su cui basare le analisi di correlazione danno - vulnerabilità. L’abitato di Tarcento è costituito da due parti principali (Figura 6.1); il centro storico propriamente detto, si sviluppa a Nord fino alla sponda destra del torrente Torre e il Borgo Amore che si trova più a sud all’altezza della strada che giunge dalla frazione Molinis. L’area centrale, ove sorge la chiesa, costituisce la zona di collegamento delle vie principali che portano a sud verso il Borgo Amore, a nord verso le frazioni di Bulfons e Zomeais e a nord-ovest verso il ponte sul Torre che collega il centro alle frazioni di Oltretorre e Erba. Gli edifici del centro storico si sviluppano su tali vie e formano aggregati strutturali di forma lineare; nella parte di Borgo Amore il sistema viario è più articolato e definisce zone su cui sorgono aggregati più compatti che in alcuni casi sono definiti a corte. Gli edifici del centro storico possono essere caratterizzati in base ai dati presenti nei verbali di accertamento. La Figura 6.2 rappresenta una classificazione degli edifici in base all’età di costruzione; si può notare un’elevata percentuale di edifici costruiti prima del 1920 e la presenza di qualche edificio più recente di età compresa tra il 1920 e il 1950. Gli aggregati sono omogenei dal punto di vista dell’età di costruzione. 50 Un’altra classificazione del centro storico sulla base dei dati dei verbali di accertamento è presentata in Figura 6.3, dove gli edifici sono associati al proprio numero di piani; si può notare una predominanza di edifici con tre piani fuori terra. Per quanto riguarda il materiale costruttivo, la Figura 6.4 indica che sono equamente distribuiti edifici in pietra, laterizio e pietra-laterizio anche se ci sono tre edifici con struttura intelaiata o a setti di cemento armato. La Figura 6.5 illustra la distribuzione dei giudizi di danno per gli edifici censiti dai verbali di accertamento; si deve sottolineare che questo giudizio di danno è soggettivo e può essere influenzato dalla convenienza del ripristino di edifici molto danneggiati ma di interesse storico o architettonico. E’ interessante mettere in relazione questa caratterizzazione sulla base del giudizio di danno con l’indice di danno strutturale calcolato con la metodologia illustrata al punto 5.9. 6.1 L’elaborazione dei dati La procedura seguita nella raccolta dei dati per il calcolo della vulnerabilità è equivalente a quella descritta al punto 5; costruita la cartografia di riferimento sulla base dei fogli catastali di scala 1:1.000 si sono individuati gli aggregati strutturali di interesse (Figura 6.6) e per ogni aggregato gli edifici rilevanti. Estratti i verbali di accertamento disponibili si sono determinati gli edifici per i quali procedere al rilievo dei dati catastali; tale rilievo è stato esteso anche ad edifici contigui nel contesto del singolo aggregato al fine di determinare le condizioni al contorno. Sono stati identificati un totale di 88 edifici; di 61 edifici si ha a disposizione sia il verbale di accertamento sia la scheda di computo di vulnerabilità, di 26 edifici si dispone solo della scheda di computo e un unico edificio è caratterizzato dai soli dati del verbale (Figura 6.7). L’elaborazione dei dati disponibili per ogni edificio è stata suddivisa in più fasi. La prima fase è costituita nella costruzione di una base di dati che raccolga, per ogni edificio, le informazioni relative al verbale di accertamento e alla scheda di computo di vulnerabilità. Successivamente questi dati vengono elaborati per ottenere il valore della vulnerabilità intrinseca con la metodologia descritta nel capitolo 5.7, e gli indici necessari allo studio dell’influenza delle condizioni al contorno come ad esempio i periodi fondamentali. 51 Per ogni edificio analizzato si sono individuati i fattori di deformazione attivati, i parametri di contesto e nel caso di Tarcento anche l’appartenenza alle microzone. La fase successiva dell’elaborazione consiste nella valutazione della vulnerabilità degli edifici nel loro contesto strutturale; si determinano le ellissi di vulnerabilità effettive dalle quali si ricostruisce l’indice di vulnerabilità da correlare all’indice di danno. In linea di principio il danneggiamento di una struttura dipende dalla direzione di sollecitazione prevalente oltre che da altre caratteristiche come l’intensità, il dominio di frequenza, la distribuzione spettrale, la durata, ma il terremoto rappresenta un sollecitazione che è ripetitiva e che cambia le sue caratteristiche da una scossa a quella successiva. Il danneggiamento degli edifici è il risultato di una serie ripetuta di sollecitazioni che possono avere caratteristiche diverse e che soprattutto agiscono su strutture che sono già state sollecitate e che possono aver cambiato tipologia di comportamento. Si è allora considerato come indice di vulnerabilità il massimo delle vulnerabilità ottenute dalle ellissi di vulnerabilità effettiva per le due direzioni ortogonali di sollecitazione che si suppone abbiano investito l’abitato di Tarcento. Il calcolo dell’indice di vulnerabilità per ogni edificio, applicando la procedura descritta nel capitolo 5 con i dati disponibili per il centro storico di Tarcento, si è svolto in due fasi. Nella prima è stata calcolata la vulnerabilità intrinseca di ogni edificio dipendente solamente dal valore dei sette parametri descritti nel capitolo 5.7 e dal valore dei pesi associati ai parametri che sono di seguito specificati in Tabella 6.1. Il risultato di questa prima elaborazione è riportato in Figura 6.8. Nella fase successiva in base alla procedura descritta in capitolo 5.8, è stata calcolato l’indice di vulnerabilità effettiva per ogni edificio applicando la funzione di deformazione β al valore della vulnerabilità intrinseca. La funzione β si ricava per ogni edificio considerando i suoi fattori elementari di deformazione, presentati in Figure 5.4 e 5.5, dovuti all’inserimento dell’edificio nel suo contesto strutturale. 52 Parametro Punto 1 Punto 2 Punto 3 Punto 4 Peso 1 – Resistenza Convenzionale F 0 5 25 45 1.5 2 – Irregolarità Pianta F 0 5 25 45 0.5 3 – Irregolarità Elevazione F 0 5 25 45 1 4 – D max murature F 0 5 25 45 0.25 5– C 36.25 77.5 102.5 112.5 1 6 - Fondazioni C 0 5 25 45 0.75 7 – Indice Adeg. Antisismico F 0 5 25 45 1 Età costruzione Tabella 6.1: Punteggi e pesi utilizzati per il calcolo della vulnerabilità intrinseca per Tarcento. 6.2 Le correlazioni indice di vulnerabilità - indice di danno L’indice di danno per ogni edificio è stato calcolato sulla base della procedura di capitolo 5.9 e si basa esclusivamente su dati appartenenti al Foglio 4 del verbale di accertamento e quindi può essere definito un indice di danno strutturale (Figura 6.10). Tuttavia, lo studio di microzonazione sismica condotto nell’area di Tarcento ha definito delle microzone che si differenziano per il tipo di risposta sismica locale. Si può pensare di apportare una correzione al livello di danno registrato in modo che sia riferito ad una risposta sismica omogenea per tutta l’area così che risulti estraneo agli effetti derivanti dalle caratteristiche locali dell’azione sismica e dipenda solamente dalla vulnerabilità del costruito. L’area oggetto di studio interessa tre delle microzone definite; la correzione all’indice di danno, rifacendosi ad un ipotesi già proposta dal CNR/GNDT, si basa sul fatto che il livello di danno cresce linearmente al crescere dell’intensità di accelerazione del suolo. Lo studio ha proposto dei coefficienti ε1 ed ε2 che sono i coefficienti amplificativi dell’accelerazione di progetto, quindi la correzione ipotizzata per l’indice di danno può essere così espressa: i.d. corretto = i.d./ ε1 dove i valori di ε1 valgono rispettivamente 1, 1.6, 1 e 1.3 per le zone A, B, C e D. Per ogni edificio si è individuata la zona di appartenenza e si è proceduto al calcolo dell’indice di danno corretto (Figura 6.11). 65 Per procedere alla definizione della correlazione danno-vulnerabilità sono stati considerati i 61 edifici provvisti di verbale di accertamento e di scheda di computo della vulnerabilità. I verbali di accertamento degli edifici studiati sono stati compilati da più terne di tecnici ma la maggior parte di essi sono stati censiti dalle squadre 1 e 3 per un totale di 46 edifici; si è fatto riferimento per omogeneità dei giudizi ai soli edifici rilevati da queste due squadre. Di questi 4 risultavano con giudizio di danno distrutto o non ripristinabile e censiti per questo motivo in un secondo tempo; quindi è stato assegnato un indice di danno forfetario che risulta poco significativo nella correlazione. I diagrammi a dispersione di punti, per valutare la correlazione tra danno e vulnerabilità, sono stati costruiti basandosi su 42 edifici del centro di Tarcento; tali diagrammi riportano in ascissa l’indice di vulnerabilità normalizzato a 800 e in ordinata l’indice di danno. Per i Grafici 6.1 e 6.2 si è considerato il calcolo della vulnerabilità intrinseca degli edifici comparata prima all’indice di danno assoluto e poi all’indice di danno corretto in base all’appartenenza alle microzone; non è possibile definire nessuna correlazione tra i due indici. Il Grafico 6.3 rappresenta per gli edifici censiti dalla squadra 1 la correlazione tra vulnerabilità effettiva e indice di danno non corretto; la correlazione è abbastanza buona ma bisogna considerare che tale squadra ha operato esclusivamente nella microzona 4. Il Grafico 6.4 rappresenta la stessa correlazione per gli edifici della squadra 3; si nota una maggiore dispersione dovuta al fatto che la squadra 3 ha operato in tre diverse microzone. Il Grafico 6.5 indica la correlazione tra indice di vulnerabilità effettiva e indice di danno corretto per la squadra; l’appartenenza ad un’unica microzona implica una traslazione verso il basso dei punti rispetto al grafico 6.3. Nel Grafico 6.6 si spiega che l’apparente disomogeneità di giudizio espressa nel grafico 6.4 sia da imputarsi alla diversa accelerazione del terreno nelle varie zone. Gli ultimi due grafici 6.7 e 6.8 rappresentano la correlazione tra indice di danno (considerato prima assoluto e poi corretto) e l’indice di vulnerabilità effettiva; da tali grafici è possibile definire delle correlazioni lineari che sono alla base della definizione di una legge di correlazione che sarà definita nel capitolo 9. 66 Correlazione Danno-Vulnerabilità 100 90 80 Indice di Danno 70 60 50 40 30 20 10 0 0 100 200 300 400 500 600 700 800 700 800 Indice di Vulnerabilità Intrinseca Grafico 6.1: Correlazione indice di vulnerabilità intrinseca e indice di danno. Correlazione Danno - Vulnerabilità 100 90 80 Indice di Danno Corretto 70 60 50 40 30 20 10 0 0 100 200 300 400 500 600 Indice di Vulnerabilità Intrinseca Grafico 6.2: Correlazione indice di vulnerabilità intrinseca e indice di danno corretto. 67 Correlazione Danno Vulnerabilità - Squadra 1 100 90 80 70 Indice di Danno 60 50 40 30 20 10 0 0 100 200 300 400 500 600 700 800 Indice di Vulnerabilità Effettiva Grafico 6.3: Correlazione indice di vulnerabilità effettiva - indice di danno - squadra 1. Correlazione Danno Vulnerabilità - Squadra 3 100 90 80 Indice di Danno 70 60 50 40 30 20 10 0 0 100 200 300 400 500 600 700 Indice di Vulnerabilità Effettiva Grafico 6.4: Correlazione indice di vulnerabilità effettiva - indice di danno - squadra 3. 68 800 Correlazione Danno Vulnerabilità - Squadra 1 100 90 80 Indice di Danno Corretto 70 60 50 40 30 20 10 0 0 100 200 300 400 500 600 700 800 Indice di Vulnerabilità Effettiva Grafico 6.5: Correlazione indice di vulnerabilità effettiva - indice di danno corretto - squadra 1. Correlazione Danno Vulnerabilità 100 90 80 Indice di Danno Corretto 70 60 50 40 30 20 10 0 0 100 200 300 400 500 600 700 800 Indice di Vulnerabilità Effettiva Grafico 6.6: Correlazione indice di vulnerabilità effettiva - indice di danno corretto – squadra 3. 69 Correlazione Danno Vulnerabilità 100 90 80 Indice di Danno 70 60 50 40 30 20 10 0 0 100 200 300 400 500 600 700 800 700 800 Indice di Vulnerabilità Effettiva Grafico 6.7: Correlazione indice di vulnerabilità effettiva - indice di danno. Correlazione Danno Vulnerabilità - Squadra 3 100 90 80 Indice di Danno Corretto 70 60 50 40 30 20 10 0 0 100 200 300 400 500 600 Indice di Vulnerabilità Effettiva Grafico 6.8: Correlazione indice di vulnerabilità effettiva - indice di danno corretto. 70 7. L’APPLICAZIONE AL SITO CAMPIONE DI SAN DANIELE Accanto alla scelta del sito campione di Tarcento è stato individuato un altro centro urbano per la sperimentazione: San Daniele. Questo centro è stato scelto tra gli insediamenti urbani in Friuli per cui si hanno a disposizione i verbali di accertamento danni e tutte le informazioni necessarie per il calcolo della vulnerabilità effettiva. Tale decisione è legata al fatto che San Daniele, in occasione del terremoto del maggio 1976, si trovava in una fascia di intensità macrosismica valutata intorno al VIII-XI grado della scala MSK, che è la stessa che interessa Tarcento. Tale circostanza consente di ottenere delle elaborazioni dei risultati a parità di severità di azione sismica, i quali possono essere utilizzati reciprocamente. Per il comune di San Daniele è stato considerato il centro storico in prossimità del duomo. Sono stati individuati 12 aggregati strutturali di interesse (Figura 7.1) che presentano sia una configurazione lineare (aggregati 1, 2, 3, 12 e 11) sia una configurazione a corte. Gli edifici del centro storico possono essere caratterizzati in base ai dati dei verbali di accertamento. La Figura 7.2 rappresenta una classificazione degli edifici in base all’età di costruzione; si può notare un’elevata percentuale di edifici antichi cioè costruiti prima del 1850 e la presenza di qualche edificio più recente, di età posteriore al 1950. Gli aggregati non sono molto omogenei dal punto di vista dell’età di costruzione. Un’altra classificazione del centro storico sulla base dei dati dei verbali di accertamento è presentata in Figura 7.3, dove gli edifici sono associati al proprio numero di piani; si può notare una predominanza di edifici con tre piani fuori terra. Per quanto riguarda il materiale costruttivo, la Figura 7.4 indica che sono predominanti edifici in pietra anche se ci sono tre edifici con struttura intelaiata. La Figura 7.5 illustra la distribuzione dei giudizi di danno per gli edifici censiti dai verbali di accertamento; vi è una netta predominanza di edifici ripristinabili totalmente con necessità di interventi strutturali. Questo è dovuto al fatto che questo giudizio di danno è soggettivo e può essere influenzato dalla convenienza del ripristino di edifici molto danneggiati ma di interesse storico o architettonico. 71 7.2 L’elaborazione dei dati La procedura per il calcolo della vulnerabilità effettiva è stata sperimentata su 60 edifici del centro storico; in un primo momento in base alle schede disponibili erano stati definiti 127 edifici ma questo numero è stato drasticamente ridotto per un insieme di motivi. Prima di tutto per alcuni edifici, muniti di scheda di computo, non era disponibile il verbale di accertamento e questo fatto ha impedito il calcolo dell’indice di danno per questi edifici. Altri edifici sono stati eliminati, nonostante si disponesse di tutte le informazioni per il calcolo della vulnerabilità, perché limitrofi a edifici di cui non si conosceva la geometria. Nel calcolo della vulnerabilità di un edificio appartenente ad un aggregato , è necessario valutare la variazione di potenziale danneggiabilità rispetto alla condizione isolata, generata dagli effetti legati al contesto in cui la costruzione è inserita. Gli aspetti che si devono controllare riguardano sia effetti di contesto locali che quelli globali. Questi parametri influenzano la vulnerabilità di riferimento tramite una funzione di deformazione, caratteristica degli edifici inseriti in un aggregato. V = R⊗β con β = 1 + Scl + Scg + Sds Scl = influenza dei fattori di contesto locale Scg = influenza dei fattori di contesto globale Sds = influenza dei fattori di disomogenità strutturale L’elaborazione dei dati disponibili è stata suddivisa in più fasi. La prima è l’individuazione dell’aggregato di appartenenza, la seconda è l’individuazione delle possibili interruzioni e la terza è la localizzazione dell’edificio oggetto di studio su cui si devono svolgere ulteriori operazioni. Queste elaborazioni aggiuntive sono la definizione del contesto locale e di conseguenza del calcolo degli indici caratterizzanti gli effetti locali e la definizione della posizione nell’ambito dell’aggregato in esame. Ciascuno degli elementi costituenti la funzione di deformazione, deve essere tenuto in considerazione, per il calcolo della vulnerabilità, come una percentuale che incrementa o attenua la vulnerabilità riferita all’edificio idealmente regolare, in modo proporzionale al peso che viene assegnato al parametro in questione. Anche in questo caso è necessario associare a ciascun indice una funzione 72 tramite la quale attribuire un punteggio di vulnerabilità, che è tanto più importante nell’ambito della sommatoria degli effetti di contesto, quanto maggiore è il peso relativo. Per il centro storico di San Daniele, l’influenza esercitata sull’edificio per il fatto che è inserito in un aggregato, viene tenuta in considerazione tramite degli indici rappresentativi di effetti che coinvolgono la struttura nel suo complesso. L’elemento che collega le due diverse procedure è rappresentato dal concetto di posizione occupata dall’edificio nell’ambito della schiera. Nella sperimentazione di San Daniele si è stabilita la configurazione dei parametri illustrata in Tabella 7.1 Contesto Locale Contesto Globale Disomogenità Strutturale Indici di Deformazione Peso F1c 0.02 F2c 0.05 F3c 0.08 F4c 0.15 N 0.0 Af 0.25 I 0.3 E 0.3 Afa 0.25 Afd 0.25 GA 0.15 Aa 0.4 Ad 0.4 ∆t 0.00 Dm 0.15 Tabella 7.1: pesi utilizzati per il calcolo della vulnerabilità effettiva per gli edifici di San Daniele. 7.2 Le correlazioni indice di vulnerabilità – indice di danno Per verificare l’importanza esercitata dal contesto sulla vulnerabilità degli edifici inseriti in un aggregato, è stata applicata dapprima la sola modellazione per il calcolo della vulnerabilità di riferimento, utilizzando i pesi derivati dalla 73 sperimentazione sul centro di Tarcento. La nuvola di punti del Grafico 7.1 ha una dispersione notevole, soprattutto non ha la forma di una serie di punti racchiusi in una fascia stretta e di andamento crescente. Successivamente sono state aggiunte le informazioni derivanti dai fattori di contesto locale, poi quelli di contesto globale; infine si sono tenuti in considerazione anche gli effetti legati alle disomogenità strutturali. Il Grafico 7.2 considera la vulnerabilità calcolata con i fattori del contesto locale; il Grafico 7.3 valuta la vulnerabilità anche sulla base dei fattori del contesto globale. Infine nel Grafico 7.4 l’indice di vulnerabilità è espresso anche considerando la disomogenità strutturale. Tali nuvole diventano sempre più compatte attorno alla curva che idealmente rappresenta la migliore correlazione tra i dati registrati e quelli ottenuti dall’applicazione della procedura. Correlazione Danno Vulnerabilità 100 90 80 Indice di Danno 70 60 50 40 30 20 10 0 0 10 20 30 40 50 60 70 80 Indice di Vulnerabilità Grafico 7.1: Correlazione indice di vulnerabilità effettiva - indice di danno. 74 90 100 Correlazione Danno Vulnerabilità 100 90 80 60 50 40 30 20 10 0 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 Indice di Vulnerabilità Grafico 7.2: Correlazione indice di vulnerabilità effettiva calcolata con i fattori di contesto locale indice di danno. Correlazione Danno Vulnerabilità 100 90 80 70 Indice di Danno Indice di Danno 70 60 50 40 30 20 10 0 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 Indice di Vulnerabilità Grafico 7.3: Correlazione indice di vulnerabilità effettiva calcolata con i fattori di contesto globale indice di danno 75 Correlazione Danno Vulnerabilità 100 90 80 Indice di Danno 70 60 50 40 30 20 10 0 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 Indice di Vulnerabilità Grafico 7.4: Correlazione indice di vulnerabilità effettiva calcolata con i fattori di disomogenità strutturale - indice di danno 76 100 8. L’APPLICAZIONE AL SITO CAMPIONE DI VENZONE Per il centro storico di Venzone è stato possibile realizzare il censimento di vulnerabilità e danno, come previsto dalle schede del CNR/GNDT (capitolo 4), grazie all’esistenza presso l’amministrazione comunale di una raccolta di materiale fotografico. La documentazione disponibile presso il comune comprende una raccolta di fotografie eseguite in vari periodi di tempo da fotografi, professionisti e soprintendenza che però non ha la caratteristica di essere sistematica come invece si può constatare per l’archivio delle stampe del rilievo fotogrammetrico eseguito nell’agosto 1976. La restituzione grafica in scala 1:50 del rilievo fotogrammetrico, che ha interessato 60 edifici, ha permesso di ricavare dati metrici e di quantificare il danno subito. I dati metrici sono stati ottenuti anche dalle informazioni catastali, dal rilievo generale su tutto il centro storico eseguito per la stesura del piano particolareggiato ed inoltre da ricostruzioni grafiche di prospetti eseguite nel periodo post terremoto. Accanto a queste preziose fonti, l’archivio dispone di una schedatura eseguita negli anni 1973-1975 per conto della Soprintendenza, che descrive la successione temporale degli interventi eseguiti sull’edificio. Esistono inoltre i verbali di accertamento danni compilati immediatamente dopo il terremoto di maggio 1976. Considerando la successione degli eventi sismici dalla scossa principale del 6 maggio 1976 alle repliche di intensità paragonabile alla prima di settembre 1976, è stato possibile compilare la scheda di vulnerabilità relativa allo stato di fatto precedente al sisma e a quello corrispondente al periodo tra i due eventi. Sono stati rilevati anche i danni dopo i due eventi ma non è stato possibile censire la vulnerabilità dopo il secondo evento in quanto gran parte degli edifici ha subito notevoli distruzioni o è stata soggetta a demolizione. La disponibilità di tali dati permette quindi di operare una correlazione danno-vulnerabilità sia a partire da una configurazione iniziale con gli edifici integri sia da una configurazione con edifici che hanno subito danni sismici; sono stati considerati 13 aggregati per un totale di 80 edifici di cui si dispone della scheda di I e II livello CNR/GNDT. Venzone in occasione del terremoto del maggio 1976, si è trovato in una fascia di intensità macrosismica stimata del IX grado della scala MSK; pur subendo danni molto gravi, Venzone ha registrato un numero elevato di crolli e di 77 danni irreparabili solamente dopo l’evento sismico dei settembre. Il centro storico è raccolto all’interno delle mura medioevali (Figura 8.1) e sulla base del piano particolareggiato di ricostruzione è possibile definire 18 aggregati strutturali che si presentano di forma compatta e che in alcuni casi sono definiti a corte. Sulla base dei dati presenti nelle schede di I e II livello del CNR/GNDT è possibile caratterizzare gli edifici del centro storico. La Figura 8.2 rappresenta una classificazione degli edifici in base all’età di costruzione; si può notare che tutti gli edifici esaminati sono stati costruiti prima del 1919. Gli aggregati sono omogenei dal punto di vista dell’età di costruzione. Un’altra classificazione del centro storico sulla base dei dati delle schede del CNR/GNDT presentata in Figura 8.3, dove gli edifici sono associati al proprio numero di piani; si può notare una predominanza di edifici con quattro piani fuori terra. 8.1 L’elaborazione dei dati La procedura seguita nella raccolta dei dati per il calcolo della vulnerabilità è equivalente a quella messa a punto dal CNR/GNDT e descritta al capitolo 4; costruita la cartografia di riferimento sulla base del piano particolareggiato di ricostruzione di scala 1:500 si sono individuati gli aggregati strutturali di interesse (Figura 8.1) e per ogni aggregato gli edifici rilevanti. Estratte le schede di I e II livello disponibili, si sono determinati gli edifici per i quali procedere al rilievo dei dati catastali. Sono stati identificati un totale di 80 edifici; di 80 edifici si ha a disposizione la scheda di I e II livello del CNR/GNDT e la scheda di computo della vulnerabilità, di 51 di questi edifici si dispone anche del verbale di accertamento danni . L’elaborazione dei dati disponibili per ogni edificio è stata suddivisa in più fasi. La prima fase è costituita nella costruzione di una base di dati che raccolga, per ogni edificio, le informazioni relative al verbale di accertamento e alla scheda di computo di vulnerabilità e alle schede di I e II livello del CNR/GNDT. Successivamente questi dati vengono elaborati per ottenere il valore della vulnerabilità intrinseca con la metodologia descritta nel capitolo 4, e gli indici necessari allo studio dell’influenza delle condizioni al contorno come ad esempio i periodi fondamentali. 78 Anche in questo caso si è considerato come indice di vulnerabilità il massimo delle vulnerabilità ottenute dalle ellissi di vulnerabilità intrinseca per le due direzioni ortogonali di sollecitazione che si suppone abbiano investito il centro storico di Venzone. Il calcolo dell’indice di vulnerabilità per ogni edificio, applicando la procedura descritta nel capitolo 4 con i dati disponibili per il centro storico di Venzone, si è svolto calcolando la vulnerabilità intrinseca di ogni edificio dipendente solamente dal valore degli 11 parametri descritti nel capitolo 4 e dal valore dei pesi associati ai parametri che sono di seguito specificati in Tabella 8.1. Il risultato di questa prima elaborazione è riportato in Figura 8.4. PARAMETRO Classe 1 Classe 2 Classe 3 Classe 4 Peso Tipo e Org. del Sistema Resistente 0 5 20 45 1.0 Qualità Sistema Resistente 0 5 25 45 0.25 Resistenza Convenzionale 0 5 25 45 1.5 Posizione Edificio e Fondazioni 0 5 25 45 0.75 Orizzontamenti 0 5 15 45 var (0.5-1) Configurazione Planimetrica 0 5 25 45 0.5 Configurazione in Elevazione 0 5 25 45 var (0.5-1) Distanza Massima tra le Murature 0 5 25 45 0.25 Copertura 0 15 25 45 var (0.5-1) Elementi non Strutturali 0 0 25 45 0.25 Stato di Fatto 0 5 25 45 1.0 Tabella 8.1: Punteggi e pesi utilizzati per il calcolo della vulnerabilità intrinseca per Venzone. 8.2 Le correlazioni indice di vulnerabilità - indice di danno L’indice di danno per ogni edificio è stato calcolato sulla base della procedura di capitolo 4 e si basa esclusivamente su dati appartenenti alla scheda di I livello del CNR/GNDT e quindi può essere definito un indice di danno strutturale (Figura 8.5). Per procedere alla definizione della correlazione danno-vulnerabilità sono stati considerati gli 80 edifici provvisti delle schede di I e II livello del CNR/GNDT. I diagrammi a dispersione di punti, per valutare la correlazione tra danno e vulnerabilità, sono stati costruiti basandosi sugli 80 edifici del centro storico di 79 Venzone; tali diagrammi riportano in ascissa l’indice di vulnerabilità CNR/GNDT e in ordinata l’indice di danno. Il Grafico 8.1 considera il calcolo della vulnerabilità intrinseca degli edifici comparata all’indice di danno assoluto calcolato con la procedura del CNR/GNDT. Si è poi considerata l’ipotesi di rendere il parametro 3 (Resistenza Convenzionale) anisotropo; in questo caso sono state definite due direzioni fondamentali x e y su cui può essere valutata distintamente la vulnerabilità. I Grafici 8.2 e 8.3 rappresentano per gli edifici del centro storico la correlazione tra vulnerabilità intrinseca valutata nella direzione x e y e l’indice di danno. Nella procedura per il calcolo dell’indice di danno, descritta nel capitolo 4, quattro elementi concorrono, tramite una sommatoria, alla determinazione di questo indice; sono i livelli di danno riportati alle strutture verticali, agli orizzontamenti, ai tamponamenti e alle scale. I Grafici 8.4 e 8.5 considerano rispettivamente l’indice di danno rilevato per gli elementi verticali dell’edificio e gli orizzontamenti e rappresentano la correlazione tra tale indice e la vulnerabilità intrinseca. Correlazione Danno Vulnerabilità 1.20 Indice di Danno CNR/GNDT 1.00 0.80 0.60 0.40 0.20 0.00 0 50 100 150 200 250 300 350 Indice Vulnerabilità CNR/GNDT Grafico 8.1: Correlazione indice di vulnerabilità CNR/GDNT e indice di danno. 80 400 Correlazione Danno Vulnerabilità 1.20 Indice di Danno CNR/GNDT 1.00 0.80 0.60 0.40 0.20 0.00 0 50 100 150 200 250 300 350 400 Indice di Vulnerabilità CNR/GNDT direzione Y Grafico 8.2: Correlazione indice di vulnerabilità lungo la direzione x e indice di danno. Correlazione Danno Vulnerabilità 1.20 Indice di Danno CNR/GNDT 1.00 0.80 0.60 0.40 0.20 0.00 0 50 100 150 200 250 300 350 400 Indice di Vulnerabilità CNR/GNDT direzione X Grafico 8.3: Correlazione indice di vulnerabilità lungo la direzione y e indice di danno. 81 Correlazione Danno Vulnerabilità 1.20 Indice di Danno Strutture Verticali 1.00 0.80 0.60 0.40 0.20 0.00 0 50 100 150 200 250 300 350 400 Indice di Vulnerabilità CNR/GNDT Grafico 8.4: Correlazione indice di vulnerabilità e indice di danno per le strutture verticali. Correlazione Danno Vulnerabilità 1.20 Indice di Danno Orizzontamenti 1.00 0.80 0.60 0.40 0.20 0.00 0 50 100 150 200 250 300 350 Indice di Vulnerabilità CNR/GNDT Grafico 8.5: Correlazione indice di vulnerabilità e indice di danno per gli orizzontamenti. 82 400 9. LEGGE DI CORRELAZIONE DANNO - VULNERABILITA’ Riprendendo la definizione della vulnerabilità sismica data nel capitolo 3, si può supporre di definire una relazione tra le grandezze danno e azione sismica; considerando un approccio di tipo deterministico si può definire tra le due grandezze una relazione D=D(a). La funzione D(a) è indicata come funzione di vulnerabilità in relazione all’azione aggressiva e al danno considerati. d 1 0 a yc yi Figura 9.1: Legge deterministica trilineare accelerazione-danno. Tenendo presente le ampie incertezze che gravano sulle diverse leggi di correlazione tra l’accelerazione e il danno, sembra ragionevole considerare valido l’approccio proposto da diversi autori (Grandori e Petrini, 1976; Grandori, 1982; Corsanego, 1982) di considerare una legge trilineare di seguito definita. Ricordando il significato dei valori di yi accelerazione di inizio danneggiamento e di yc accelerazione di collasso; la relazione danno - accelerazione può essere definita nel modo seguente: ⎧0 ⎪ ⎪ ( y − yi ) D ( y ,V ) = ⎨ ⎪ ( yc − yi ) ⎪⎩1 per y ≤ yi per yi ≤ y ≤ yc 1] per yc ≤ y (Figura 9.1) dove le relazioni tra yi, yc e la vulnerabilità sono espresse da: yi = α i ⋅ e − β i (V −Vs ) yc = [α c + β c ⋅ (V − Vs )γ ]−1 83 In queste relazioni il convenzionale intervallo di vulnerabilità compreso tra 0 e 100 viene ora esteso tra Vs e 100, considerando quindi anche valori negativi, allo scopo di includere anche gli edifici con prestazioni antisismiche migliori rispetto agli edifici in muratura di pietrame. Come relazione tra accelerazione di picco ed intensità macrosismica viene assunta la seguente espressione (Gaugenti e Petrini, 1989) ln y = aI − b con a = 0.602 e b = 7.073. Le relazioni D(y,V) sono state ottenute correlando i dati di vulnerabilità e di danneggiamento osservati sugli edifici durante il terremoto del Friuli e del centro Italia (1976, 1984). In particolare i dati considerati provengono da quattro siti campione Venzone, Tarcento, San Daniele e Barrea. Figura 9.2: curve ottenute dell’interpolazione dei dati di Tarcento, San Daniele, Venzone e Barrea Dall’elaborazione dei dati visualizzati in Figura 9.2, costituiti da un campione di più di 300 edifici, è possibile ottenere una serie di parametri per la relazione danno intensità attraverso i quali, utilizzando il processo di interpolazione ai minimi 84 quadrati (Tabella 9.1) si ottengono le migliori curve che mettono in relazione l’azione sismica la vulnerabilità e il danno. αi βi αc βc γ 0.08 0.013037 1.5371 0.00097401 1.8087 Tabella 9.1: Valori dei parametri per le relazioni di pagina precedente. Sugli stessi dati, considerando gli effetti sugli edifici alle diverse intensità, è stato possibile migliorare la correlazione tra vulnerabilità e danno e quindi tracciare in base alla 1] il grafico di Figura 9.3 Figura 9.3: funzione D=D(y,V) Vulnerabilità – danno – accelerazione, con parametri stimati sui dati di Venzone , Tarcento, San Daniele e Barrea (Grimaz et al., 1998) Qui si correla il danno atteso ad un dato valore di intensità del sisma (espresso in funzione di g) per una data vulnerabilità. 85 1. INTRODUZIONE E’ noto che il problema della vulnerabilità sismica delle costruzioni esistenti è divenuto d’attualità negli ultimi decenni in cui i frequenti terremoti hanno messo in luce che il numero di vittime e le perdite economiche, dirette ed indirette, dipendono in larga parte dal comportamento sismico degli edifici. Occorrono criteri di valutazione della vulnerabilità del patrimonio edilizio alle varie scale, da quella locale a quella nazionale, per dare risposta a problemi di intervento ai vari livelli, dalla ristrutturazione di un singolo edificio alla programmazione e pianificazione degli interventi di adeguamento antisismico delle costruzioni sull’intero territorio nazionale (Colonna et al.,1994). Nell’ambito dei metodi attualmente in uso per la determinazione della vulnerabilità sismica delle costruzioni si fa riferimento al quadro metodologico che identifica il problema con quello dell’individuazione di una legge che metta in relazione il danno subito da un edificio campione all’occorrere di un terremoto ed il terremoto stesso e nella conseguente definizione di un indice di vulnerabilità sismica dell’edificio. In tale quadro s’inseriscono, ad esempio, i metodi messi a punto dal CNR/GNDT attraverso la “scheda di rilevamento dell’esposizione e della vulnerabilità sismica degli edifici” sperimentata in collaborazione con le Regioni Toscana, Emilia Romagna, Marche e Piemonte (AA. VV., 1993). E’ evidente che un rilevamento tramite la scheda menzionata dell’intero patrimonio edilizio nazionale sia inattuabile per ragioni economico – organizzative; d’altro canto è noto che l’unico strumento che svolge un’indagine del costruito a livello nazionale è il censimento ISTAT. Questo però non contempla alcuna analisi di tipo strutturale e tanto meno sul comportamento sismico. Con il metodo tipologico si propone di attribuire la vulnerabilità sismica agli edifici attraverso l’individuazione di parametri che siano al contempo indicatori dello stato di vulnerabilità sismica secondo i verbali di accertamento danni (L.R. 17/76) e presenti nelle tabulazioni ISTAT. Ciò consente di definire dei criteri di valutazione della vulnerabilità sismica delle costruzioni in muratura a partire da indagini non specifiche e già effettuate a livello nazionale. Di conseguenza, per la natura e la composizione dei dati ai quali fa riferimento, questo approccio permette 86 di identificare una serie di tipologie edilizie dalle forti analogie comportamentali dal punto di vista sismico, ma non permette di individuare quei parametri capaci di descrivere l’attitudine di una singola struttura a sopportare le sollecitazioni derivanti dai terremoti. Ci si pone quindi il problema di raggruppare gli edifici in "classi" che siano omogenee dal punto di vista del comportamento sismico. Di conseguenza, la metodologia proposta sarà finalizzata quasi esclusivamente all'analisi delle tipologie ordinarie escludendo di fatto le tipologie speciali, come gli edifici monumentali, dalle problematiche troppo dissimili dai fabbricati normalmente adibiti ad abitazione, per i quali meglio si configura uno studio particolareggiato relativo al singolo edificio. Da quanto sopra detto, l’analisi dei dati contenuti in Fr.E.D. (paragrafo 5.2), che oltre a fornire informazioni molto simili alla scheda di vulnerabilità di primo livello G.N.D.T, riporta un giudizio circa il grado di danneggiamento subìto dagli edifici in seguito al sisma del 1976, consente di individuare i parametri essenzialmente tipologici che permettono di definire delle classi omogenee dal punto di vista del comportamento sismico. Per ciascuna classe tipologica diventa quindi possibile stabilire l’effettivo grado di danneggiamento subìto in base alla severità del sisma e definire un criterio per la classificazione delle tipologie in base alla loro vulnerabilità. Questo consentirà di estendere quanto dedotto dal campione, costituito dagli edifici danneggiati dal sisma del 1976, all’intero patrimonio edilizio della regione I risultati di questo lavoro, il cui obiettivo principale è di giungere alla definizione di una procedura speditiva di stima della vulnerabilità a scala territoriale, consisteranno in una descrizione qualitativa in termini di vulnerabilità ad esempio "bassa", "media" e "alta". 87 2. CRITERI DI SELEZIONE DEI DATI 2.1 Il contenuto informativo dei verbali di accertamento danni Ogni verbale di accertamento danni è stato sintetizzato in un record di dati contenente informazioni sulla localizzazione spazio-temporale del verbale stesso (COMUNE, CODICE, DATA), sulle caratteristiche tipologiche del fabbricato rilevato (ETÀ, PIANI, SCANTINATO, FRONTI COMUNI, MATERIALE) e sul grado di danneggiamento subito (DANNO). L'analisi dei dati riportati nei verbali, essendo questi sufficientemente diffusi sul territorio, permette innanzitutto di valutare la distribuzione e la quantificazione del danno nell'area interessata dal sisma. La mappatura del danno a livello territoriale consente di effettuare alcune importanti considerazioni. Il danno fisico può essere espresso come una funzione D = D( A) detta funzione di vulnerabilità che esplicitata assume la nota forma simbolica (cfr. 1): D f = A ⊗V f 1] in cui Df è il danno fisico, A è l'azione sismica e V f la vulnerabilità fisica degli edifici. Essendo la vulnerabilità fisica direttamente dipendente dalle caratteristiche tipologiche degli edifici e considerando un campione tipologicamente omogeneo, le indicazioni sul grado di danneggiamento possono fornire un quadro complessivo dell'intensità macrosismica del terremoto e della sua distribuzione sul territorio; infatti, a parità di V f , si ha la seguente relazione: Df = A 2] L'aspetto più importante è quindi legato alla possibilità di effettuare degli studi a posteriori sul comportamento degli edifici sottoposti all'azione del sisma; questo permette di mettere in relazione il grado di danneggiamento con alcune caratteristiche tipologiche e costruttive degli edifici rilevati e quindi di stimare una correlazione tra danno, azione sismica e vulnerabilità degli edifici. Infatti, se 88 consideriamo un campione di edifici che hanno subito un sisma della stessa intensità A, si ha Df = Vf 3] Il danno fornisce quindi una misura indiretta della vulnerabilità degli edifici esaminati. Estrapolando dal campione le tipologie edilizie maggiormente significative, è possibile effettuare per ciascuna una valutazione qualitativa della vulnerabilità; in questo modo si può realizzare un abaco in cui si classificano tutte le tipologie edilizie in base al loro grado di vulnerabilità. Naturalmente tutte le valutazioni che si effettueranno, dato che la fonte di dati è un censimento dei danni nell'area danneggiata dal sisma eseguito al fine di stabilire i contributi per la ricostruzione e non finalizzato alla raccolta di dati sulle caratteristiche costruttive degli edifici, sono da considerarsi significative a livello territoriale e non consentono quindi di esprimere giudizi sul singolo edificio ma solo sull'intero patrimonio edilizio di un certo ambito territoriale ad esempio il’intero territorio comunale. 2.2 Classificazione dei verbali di accertamento danni Per valutare la qualità delle informazioni contenute nei verbali d'accertamento danni e quindi stabilire l'attendibilità dei risultati che si possono ottenere dalla loro elaborazione, è necessario farne una preventiva classificazione con riferimento: Θ alla data di compilazione del verbale (Tabella 1.1); Θ alla completezza dei dati riportati sul verbale con particolare attenzione a quelli riguardanti le caratteristiche tipologiche degli edifici rilevati. 2.3 I verbali utili La prima classificazione ha la finalità di estrarre dall'intera banca dati solamente i verbali relativi ai fabbricati danneggiati in seguito all'evento sismico del maggio 1976 e quindi considerare gli effetti di un sola azione sismica A. 89 La sequenza delle scosse sismiche distruttive che si sono verificate in Friuli nel 1976 è la seguente: Data Ora (GMT) Magnitudo Intensità media stimata (scala MCS) 6 maggio 20.00 6,4 9 1/2 – 10 9 maggio 00.53 5,3 7 1/2 – 8 11 settembre 16.31 5,1 11 settembre 16.35 5,6 15 settembre 3.15 5,8 15 settembre 9.21 6,1 IX – X VII – VIII 7½ VII – VIII 8 VIII 8½ VII – IX 9 IX Tabella 1.1: la sequenza delle principali scosse distruttive del 1976. Si può quindi osservare come tutti i verbali di accertamento danni redatti dall'11 settembre in poi descrivono i danni sugli edifici provocati sia dalla sequenza sismica di maggio sia dalla sequenza di settembre; questi ultimi verbali sono allora rappresentativi degli effetti prodotti dall'azione combinata A' di due eventi sismici distanti nel tempo e con caratteristiche diverse. Nello stabilire una legge del tipo D = D( A) si devono prendere in considerazione due elementi, il danno D e l'azione sismica A, legati da una legge causa-effetto; per questo si ritiene opportuno trascurare tutti quei verbali compilati in tempi troppo distanti dall'evento sismico e che quindi descrivono effetti non direttamente legati all'azione sismica A. Inoltre, è presumibile che molti dei verbali compilati in tempi successivi siano poco attendibili dal punto di vista della descrizione del danno poiché probabilmente influenzati da ragioni economiche valutate a posteriori e legate all'assegnazione dei contributi per la ricostruzione. Un altro elemento a favore di questa classificazione è costituito dalla necessità di stabilire l'intensità macrosismica del terremoto per ogni campione di edifici individuato; questo può essere fatto solamente in base alla mappa delle 90 isosisme del terremoto del 6 maggio 1976 redatta dall'O.G.S. (Giorgetti, 1976) che considera solo gli effetti del sisma di maggio e non quelli delle repliche di settembre. In conformità a queste considerazioni si suddividono i verbali d’accertamento danni in due distinte categorie: Θ verbali redatti prima dell'11 settembre 1976 e quindi relativi agli effetti delle scosse sismiche di maggio; questi verbali verranno indicati come verbali utili; Θ verbali redatti prima dall'11 settembre 1976 e quindi comprensivi degli effetti delle scosse sismiche di maggio e di settembre; questi verbali non verranno presi in considerazione. I comuni nei quali sono stati redatti dei verbali di accertamento danni prima dell’11 settembre saranno denominati Comuni Utili. In base a questa classificazione è possibile caratterizzare la banca dati operativa, mettendo in evidenza gli aspetti legati alla distribuzione ed alla composizione dei verbali utili Nel primo prospetto viene riportato, distinto per provincia, il numero dei comuni e dei verbali utili in rapporto al numero totale di comuni rilevati e di verbali redatti; si osserva come tutti i verbali redatti nelle province di Gorizia e Trieste (peraltro non moltissimi) sono stati compilati dopo l'11 settembre e quindi rimangono rappresentative degli effetti del sisma di maggio solo le province di Udine e Pordenone. Nel secondo prospetto si mette in evidenza il numero di verbali utili per le province di Udine e di Pordenone in relazione alle fasce di danneggiamento stabilite in base alla L.R. 15/76. Infine, nel terzo prospetto, si riporta il numero di verbali utili per le province di Udine e Pordenone in relazione all'intensità macrosismica assegnata in base alla mappa delle isosisme del terremoto del 6 maggio (Giorgetti, 1976). In tutti questi prospetti, i dati relativi al numero di verbali sono riferiti ai soli Comuni Utili. 91 PRIMO PROSPETTO NUMERO DI COMUNI CON VERBALI UTILI - COMUNI UTILI 200 200 180 160 140 126 120 120 98 N. Comuni utili 100 N. Comuni rilevati 80 51 60 40 21 22 20 0 0 Gorizia Trieste 2 0 Udine Pordenone FRIULI V.G. NUMERO DI VERBALI UTILI PER PROVINCIA 90000 75879 80000 70000 60821 60506 60000 48779 50000 N. verbali redatti N. verbali utili 40000 30000 15373 20000 12042 10000 0 0 0 0 0 Udine 92 Pordenone Gorizia Trieste FRIULI V.G. % VERBALI UTILI SUL TOTALE DEI VERBALI REDATTI 100% 19,38% 21,67% 19,84% 80% 60% % verbali non utili % verbali utili 40% 80,62% 78,33% 80,16% Udine Pordenone FRIULI V.G. 20% 0% 93 SECONDO PROSPETTO NUMERO DI VERBALI UTILI PER I COMUNI DISASTRATI IN BASE ALLA L.R. 15/76 39976 40000 38117 35000 29742 28516 30000 25000 N. verbali redatti 20000 N. verbali utili 15000 10234 9601 10000 5000 0 Udine Pordenone FRIULI V.G. % VERBALI UTILI SUL TOTALE DEI VERBALI REDATTI - COMUNI DISASTRATI 100% 4,12% 6,19% 4,65% 95,88% 93,81% 95,35% Udine Pordenone FRIULI V.G. 80% 60% % verbali non utili 40% 20% 0% 94 % v.a.d. utili NUMERO DI VERBALI UTILI PER I COMUNI GRAVEMENTE DANNEGGIATI IN BASE ALLA L.R. 15/76 40000 35000 30000 25000 19820 17713 N. verbali redatti 20000 16022 14818 N. verbali utili 15000 10000 2107 5000 1204 0 Udine Pordenone FRIULI V.G. % VERBALI UTILI SUL TOTALE DEI VERBALI REDATTI - COMUNI GRAVEMENTE DANNEGGIATI 100% 16,34% 80% 19,16% 42,86% 60% % verbali non utili 40% % v.a.d. utili 83,66% 80,84% 57,14% 20% 0% Udine Pordenone FRIULI V.G. 95 NUMERO DI VERBALI UTILI PER I COMUNI DANNEGGIATI IN BASE ALLA L.R. 15/76 40000 35000 30000 25000 N. verbali redatti 20000 N. verbali utili 16047 13015 15000 10000 5444 6681 3032 5000 1237 0 Udine Pordenone FRIULI V.G. % VERBALI UTILI SUL TOTALE DEI VERBALI REDATTI - COMUNI DANNEGGIATI 100% 80% 58,17% 59,20% 58,37% 60% % verbali non utili % v.a.d. utili 40% 20% 41,83% 40,80% 41,63% Udine Pordenone FRIULI V.G. 0% 96 TERZO PROSPETTO NUMERO DI VERBALI UTILI PER CLASSI DI INTENSITA' MACROSISMICA 25000 20776 20000 18969 15351 13610 15000 13976 12424 N. verbali redatti 9212 N. verbali utili 10000 5000 4417 4213 6388 5376 5147 3407 3211 152 71 0 7 6 5 4 3 2 1 0 Classi di intensità macrosismica % DI VERBALI UTILI PER CLASSI DI INTENSITA' MACROSISMICA 100% 4,62% 4,26% 5,75% 8,70% 90% 11,34% 25,85% 80% 54,29% 70% 53,29% 60% 50% % verbali non utili 95,38% 95,74% 94,25% 91,30% 40% % v.a.d. utili 88,66% 74,15% 30% 20% 45,71% 46,71% 1 0 10% 0% 7 6 5 4 3 2 Classi di intensità macrosismica 97 2.4 I verbali completi Da una prima analisi dei dati riportati nei verbali utili, si può osservare come molti verbali di accertamento danni non riportino in maniera completa le informazioni sulle caratteristiche degli edifici rilevati. L'assenza di certi dati sulle caratteristiche tipologiche è dovuto in primo luogo alle modalità di rilevamento, che escludevano dal rilievo completo gli edifici distrutti o parzialmente crollati e gli edifici illesi; in alcuni casi invece, l'assenza è dovuta all'impossibilità oggettiva di rilevare alcune informazioni, alla presenza di situazioni particolari che i tecnici rilevatori valutavano in sito oppure ad inevitabili imprecisioni in fase di compilazione. L'incompletezza dei verbali d’accertamento danni giustifica quindi l'adozione di una classificazione dei verbali utili in: Θ verbali utili in cui sono presenti tutti i dati relativi alle caratteristiche tipologiche degli edifici; questi verbali saranno denominati verbali completi; Θ verbali utili in cui manca almeno una delle caratteristiche tipologiche che descrivono gli edifici rilevati; questi verbali sono denominati verbali incompleti. In base a quest'ultima classificazione è possibile caratterizzare ulteriormente la banca dati operativa, mettendo in evidenza gli aspetti legati alla distribuzione ed alla composizione dei verbali completi. Nel seguente grafico si riporta, distinto per provincia, il numero di verbali completi in rapporto al numero totale di verbali utili. NUMERO DI VERBALI COMPLETI PER PROVINCIA 90000 80000 70000 60821 60000 48779 44952 50000 N. verbali utili 37369 N. verbali completi 40000 30000 12042 20000 7583 10000 0 Udine 98 Pordenone FRIULI V.G. Di seguito si riporta, distinta per provincia, la percentuale di verbali completi e la percentuale di verbali incompleti. % VERBALI COMPLETI SUL TOTALE DEI VERBALI UTILI 100% 23,39% 26,09% 37,03% 80% 60% % verbali incompleti % verbali completi 40% 76,61% 73,91% 62,97% 20% 0% Udine Pordenone FRIULI V.G. In questo grafico si vuole analizzare, per l'intera banca dati disponibile, il numero di verbali completi ed incompleti al variare del grado di danneggiamento espresso attraverso i giudizi di danno: % DI DATI INCOMPLETI IN FUNZIONE DEI GIUDIZI DI DANNO 100% 15,42% 12,90% 28,85% 80% 60% 80,94% 99,41% 100,00% 84,58% 40% 87,10% % verbali incompleti % verbali completi 71,15% 20% 19,06% 0% D NR RP RT-ST RT-NS NS Giudizi di danno 99 Si può osservare che per gli edifici distrutti (giudizio di danno D) i verbali sono tutti incompleti mentre la percentuale di verbali completi per gli edifici non riparabili (giudizio di danno NR) oppure per gli edifici illesi (giudizio di danno NS) è molto bassa. Infine, in quest'ultima rappresentazione grafica si vuole stabilire quali siano le caratteristiche tipologiche mancanti responsabili in maggior misura dell'incompletezza dei verbali di accertamento danni. % DI DATI INCOMPLETI IN FUNZIONE DELLA CARATTERISTICA TIPOLOGICA MANCANTE 100% 2,42% 0,47% 2,29% 0,14% 29,89% 80% 60% 97,58% 99,53% 97,71% % verbali incompleti 99,86% % verbali completi 40% 70,11% 20% 0% ETA' PIANI SCANTINATO FRONTI COMUNI MATERIALE Caratteristiche tipologiche mancanti Come previsto, il dato mancante in maggior misura è quello relativo al MATERIALE in quanto questo tipo di informazione era richiesta solamente nei casi in cui si dovesse procedere al calcolo del contributo per il ripristino con l'esclusione quindi dei fabbricati con giudizi di danno D, NR e NS. Un quadro complessivo dell'influenza del grado di danneggiamento e dei singoli parametri tipologici sulla percentuale di verbali incompleti, può essere data dal grafico che segue. Si possono quindi fare le seguenti osservazioni: Θ per i verbali con giudizi di danno D, NR, RT-NS e NS l'incompletezza dei dati è dovuta essenzialmente al MATERIALE; Θ per i verbali con giudizi di danno RP e RT-ST l'incompletezza dei dati è dovuta in buona parte al MATERIALE ma anche ai dati riguardanti l'ETÀ e lo SCANTINATO. 100 Mentre l'incompletezza dei verbali con giudizi di danno D, NR e NS è giustificata dalle modalità di compilazione dei verbali stessi, tutte le altre mancanze sono dovute alla difficoltà di reperire i dati necessari per la redazione dei verbali, a valutazioni specifiche fatte dai tecnici sul luogo del rilievo oppure ad imprecisioni in fase di redazione dei verbali stessi. CARATTERIZZAZIONE DEI VERBALI INCOMPLETI : % di verbali incompleti a causa di una singola caratteristica tipologica mancante rispetto al numero totale di verbali incompleti per singolo giudizio di danno 100,00% 80,00% 60,00% MATERIALE 40,00% FRONTI COMUNI 20,00% SCANTINATO PIANI Caratteristiche tipologiche 0,00% D NR ETA' RP RT-ST RT-NS Giudizi di danno NS 2.5 Criteri di selezione dei campioni significativi Le informazioni riportate nei verbali di accertamento danni non possono essere gestite ed analizzate globalmente ma devono essere accorpate per campioni omogenei al fine di poter ottenere dei risultati significativi ed estendibili ad altri campioni aventi le stesse caratteristiche. I criteri d’omogeneità riguardano: Θ l'intensità macrosismica del terremoto del 6 maggio 1976; Θ le caratteristiche geomorfologiche locali; Θ le caratteristiche tipologiche e le tecniche costruttive tradizionali. Per analisi a livello territoriale, il campione omogeneo più adatto che si può ottenere è quello delimitato dai confini amministrativi del comune; si andranno quindi a considerare separatamente i verbali di accertamento danni redatti all'interno di ogni singolo territorio comunale. 101 Quest’unità campione, pur non essendo sempre delimitata da confini fisici o tipologici ben precisi, rappresenta un insieme di dati che, oltre ad essere sufficientemente omogeneo, è facilmente definibile in base alle indicazioni dei verbali, infatti: Θ per ogni comune, con buona approssimazione, è definibile l'intensità macrosismica del terremoto in base alla mappa delle isosisme elaborate dall'O.G.S. (Giorgetti, 1976) (Figura 5.6); Θ all'interno del territorio comunale le caratteristiche tipologiche e le tecniche costruttive tradizionali sono abbastanza uniformi, soprattutto in comuni non molto estesi e con caratteristiche ambientali non molto diverse; Θ in ogni verbale di accertamento danni è riportato il nome del comune in cui è stato redatto, per cui il campione è facilmente individuabile. Il campione formato su base comunale mantiene inoltre una sufficiente numerosità che gli permette d’essere significativo sul piano statistico (soglia di rappresentatività). Infatti, cercando di suddividere il campione "comune" in sottocampioni rappresentativi d’ogni singolo agglomerato urbano (capoluogo, frazioni, località), si ottiene sicuramente una maggiore omogeneità con riferimento soprattutto alle caratteristiche geomorfologiche locali ed a quelle costruttive, però si hanno due inconvenienti: 1. la definizione di queste singole unità, in base alle indicazioni dei verbali di accertamento danni, non è sempre possibile a causa delle inevitabili imprecisioni nella descrizione della località oggetto di rilevamento; 2. la formazione di campioni troppo piccoli che riducono il grado di significatività dei risultati. In definitiva, con il grado d’approssimazione proprio delle valutazioni a scala territoriale, il campione costituito dall'insieme dei verbali d’accertamento danni redatti all'interno d’ogni singolo comune rappresenta la soluzione più idonea per il tipo d’elaborazione che si vuole effettuare. Stabilito che la dimensione ottimale del campione è quella dell'ambito comunale, è necessario procedere alla selezione dei campioni più significativi, cioè di quei comuni che hanno un elevato contenuto informativo sia dal punto di vista quantitativo (numerosità del campione) sia da quello qualitativo (significatività dei dati). 102 Naturalmente, i criteri di selezione che che verranno utilizzati (filtri), saranno finalizzati al raggiungimento degli obiettivi preposti e quindi dipenderanno dal grado d’affidabilità richiesta ed effettivamente raggiungibile in un’analisi su scala territoriale. 2.6 I Filtro I criteri di selezione che compongono il I filtro si basano su tre elementi: Θ l'appartenenza del comune ad una delle fasce di danneggiamento previste dalla L.R. 15/76 Θ la percentuale di verbali utili rispetto al totale dei verbali redatti per comune Θ il numero totale di verbali utili per comune Con il primo elemento si vogliono considerare le modalità di rilevamento e di compilazione dei verbali di accertamento danni. In base alla L.R. 15/76 erano individuate tre categorie di comuni in relazione alla gravità del danno subito: Θ comuni disastrati Θ comuni gravemente danneggiati Θ comuni danneggiati Per i comuni disastrati il rilievo fu esteso a tutti gli edifici presenti sul territorio (rilievo a tappeto) perciò i verbali d’accertamento danno, costituiscono una specie di censimento di tutto il patrimonio costruttivo presente alla data del sisma (ad eccezione delle tipologie non residenziali). Per gli altri comuni, il rilievo era di tipo puntuale e finalizzato al censimento dei soli edifici danneggiati. Per questo motivo gli unici comuni attendibili per valutazioni sul danneggiamento prodotto dal sisma sono quelli classificati come disastrati, perché permettono di estendere le stime di danno su tutto il patrimonio costruttivo esistente alla data del sisma. Il secondo elemento è di fondamentale importanza per comprendere in quale misura i verbali d’accertamento danni descrivono gli effetti sugli edifici dell'evento sismico del maggio 1976 e non gli effetti combinati delle scosse sismiche di maggio e di settembre. Un'alta percentuale di dati utili indica che quasi tutto il patrimonio edilizio danneggiato è stato rilevato subito dopo l'evento sismico di maggio e quindi i danni possono essere messi in relazione ad un unico evento 103 sismico. Invece se la percentuale di verbali utili è bassa significa che le operazioni di rilievo si sono estese lungamente nel tempo e che quindi risentono degli effetti peggiorativi prodotti dalle scosse sismiche di settembre. Si può osservare dall'analisi dei dati a disposizione che in tutti i comuni disastrati la percentuale di verbali utili in rapporto al totale dei verbali redatti è sempre superiore al 70%; questa percentuale è assunta come valore limite al di sotto del quale il comune non può essere preso in considerazione. Infine il terzo elemento è importante per stabilire se la numerosità del campione è sufficiente per fornire dei risultati attendibili; infatti, le valutazioni che si vogliono effettuare sono approssimate ed hanno valore solo a livello territoriale in quanto si basano sull'ipotesi che le casistiche particolari e gli inevitabili errori si compensino in media. Da una prima analisi sui dati a disposizione si osserva come tutti i campioni costituiti dai comuni disastrati hanno un numero di verbali utili superiore a 100. Al fine di comprendere nell'analisi tutti i comuni disastrati si è considerato come soglia di rappresentatività un campione costituito da 100 verbali utili. I criteri di selezione del I filtro si esplicano quindi nelle seguenti tre condizioni: Θ comuni classificati come "disastrati" secondo la L.R. 15/76; Θ comuni con una percentuale di verbali utili rispetto al totale dei verbali redatti maggiore o uguale al 70 %; Θ comuni con un numero di verbali di accertamento utili maggiore di 100. In base a questi criteri vengono selezionati tutti i 45 comuni definiti disastrati; questi saranno denominati Comuni Rappresentativi in quanto, idati per essi dispnibili, sono rappresentativi degli effetti sulle costruzioni dell'evento sismico del maggio 1976. Inoltre, in base alla percentuale di verbali utili presenti, è possibile assegnare un grado di rappresentatività al comune considerato, secondo le indicazioni del prospetto di seguito riportato. Il grado di rappresentatività fornisce una misura della qualità dell'informazione contenuta nel singolo campione con riferimento alla relazione causa-effetto che esiste tra l'azione sismica e i danni conseguiti dagli edifici; un alto grado di rappresentatività indica infatti una buona corrispondenza tra l'azione sismica del 6 maggio (causa) e i danni prodotti agli edifici (effetto). 104 % Verbali utili Grado di rappresentatività ≥ 90% ALTO 80 − 90% MEDIO 70 − 80% BASSO < 70% NON RAPPRESENTATIVO 2.7 II Filtro Dall'analisi dei verbali di accertamento danni si può osservare come la grande maggioranza dei verbali incompleti è associata ai giudizi di danno distruttivi (D e NR) oppure ai giudizi formulati per i fabbricati illesi (NS); inoltre, la causa principale dell'incompletezza dei verbali è costituita dall'assenza di dati sul materiale di costruzione delle murature. Siccome l'obiettivo prefissato è quello di cercare una relazione dannotipologia edilizia, risulta opportuno concentrare l'attenzione sui verbali riportanti giudizi di danno intermedi (RP, RT-ST e RT-NS) in quanto forniscono un'alta percentuale di verbali completi che permettono di definire le caratteristiche delle tipologie edilizie danneggiate, anche se in questo modo vengono perse delle informazioni relative agli edifici distrutti dal sisma (età di costruzione, numero di piani, numero di fronti comuni, scantinato). Si è creato quindi un II filtro in cui il criterio di selezione si basa sulla percentuale di verbali completi per ogni singolo giudizio di danno. Per determinare la soglia massima di verbali incompleti per giudizio di danno sono state considerate due distinte esigenze: Θ mantenere, per ogni giudizio di danno intermedio, il minor numero possibile di verbali incompleti; Θ selezionare il massimo numero possibile di comuni al fine di ottenere un buon numero di campioni su cui effettuare le elaborazioni ed i test di verifica delle ipotesi assunte. 105 Il valore della soglia che meglio soddisfa queste due esigenze è stato valutato pari al 15% di verbali incompleti per ogni singolo giudizio di danno. L'elenco dei comuni selezionati attraverso questo criterio è riportato qui di seguito: % di verbali completi ed incompleti - giudizi di danno Intermedi RP RT-ST RT-NS Comuni selezionati % verbali completi % verbali incompleti % verbali completi % verbali incompleti % verbali completi % verbali incompleti Amaro 92,00% 8,00% 97,53% 2,47% 100,00% 0,00% Artegna 94,39% 5,61% 97,92% 2,08% 98,81% 1,19% Bordano 96,00% 4,00% 99,59% 0,41% 100,00% 0,00% Chiusaforte 88,89% 11,11% 95,55% 4,45% 94,90% 5,10% Faedis 100,00% 0,00% 98,12% 1,88% 92,06% 7,94% Gemona del Friuli 88,89% 11,11% 94,86% 5,14% 89,80% 10,20% Lusevera 90,70% 9,30% 98,65% 1,35% 98,39% 1,61% Montenars 100,00% 0,00% 93,98% 6,02% 85,71% 14,29% Taipana 95,18% 4,82% 94,94% 5,06% 94,62% 5,38% Tolmezzo 96,77% 3,23% 90,69% 9,31% 86,62% 13,38% Trasaghis 89,61% 10,39% 91,80% 8,20% 92,59% 7,41% Tricesimo 100,00% 0,00% 94,74% 5,26% 87,03% 12,97% Venzone 88,89% 11,11% 96,40% 3,60% 90,35% 9,65% Frisanco 88,57% 11,43% 91,27% 8,73% 86,70% 13,30% Tutti i campioni costituiti dai comuni che rispettano i criteri di selezione del I e del II filtro possono essere considerati significativi per effettuare degli studi a posteriori sulle possibili relazioni tra il grado di danneggiamento e le caratteristiche tipologiche degli edifici rilevati e quindi per mettere a punto degli strumenti per valutare, a livello territoriale, la vulnerabilità sismica del patrimonio edilizio esistente. Infatti questi comuni hanno la duplice proprietà di essere rappresentativi degli effetti del sisma del maggio 1976, tramite la definizione di un giudizio di 106 danno, e di riportare, per un'alta percentuale di casi e per ogni giudizio di danno, le caratteristiche tipologiche degli edifici danneggiati. Questi comuni saranno in seguito denominati Comuni Significativi per valutazioni sulla vulnerabilità degli edifici. Inoltre è possibile assegnare un grado di significatività al comune selezionato, considerando i seguenti elementi: Θ il grado di rappresentatività del comune; Θ la somma delle percentuali di verbali incompleti per i giudizi di danno RP, RTST e RT-NS. A tal fine si può costruire un parametro %INC definito nel seguente modo % INC = ∑ (%verbali incompleti )RP, RT − ST , RT − NS in base al quale si possono distinguere tre classi: 1. %INC < 15% 2. 15% ≤ %INC < 30% 3. 30% ≤ %INC ≤ 45% Nella prima classe si ipotizza, per ogni giudizio di danno intermedio, una percentuale massima di verbali incompleti del 5%, nella seconda del 10% e nella terza del 15% pari alla soglia massima stabilita. Il grado di significatività verrà assegnato ad ogni comune selezionato in base a quanto riportato nella seguente tabella: Grado di rappresentatività Basso Medio Alto SIGNIFICATIVITA' DEI COMUNI < 15 %INC 15÷30 30÷45 OTTIMA BUONA DISCRETA BUONA BUONA DISCRETA DISCRETA DISCRETA DISCRETA 107 Il grado di significatività fornisce un giudizio sulla qualità dell'informazione contenuta all'interno di ogni campione selezionato, in relazione alla determinazione di una correlazione tipologia edilizia-vulnerabilità. Accanto ai giudizi relativi alla qualità dell'informazione è necessario anche considerare l'ampiezza del campione che si considera, per cui nel seguente prospetto si riporta l'elenco dei Comuni Significativi con il rispettivo grado di significatività ed il numero di verbali completi. Comune Significatività Verbali completi Amaro OTTIMA 263 Artegna OTTIMA 597 Bordano OTTIMA 290 Chiusaforte BUONA 455 Faedis OTTIMA 1094 GemonadelFriuli BUONA 2020 Lusevera OTTIMA 307 Montenars BUONA 197 Taipana BUONA 615 Tolmezzo DISCRETA 654 Trasaghis BUONA 668 Tricesimo BUONA 1184 Venzone BUONA 400 Frisanco DISCRETA 497 Non si ritiene necessaria una ulteriore classificazione dei Comuni Significativi in base al numero di verbali completi contenuti in quanto l'analisi dei dati riguarda l'individuazione di tipologie edilizie tipiche e non dei dati complessivi a livello comunale e quindi è la dimensione del campione costituito dalla singola tipologia edilizia ad essere significativo. Naturalmente i comuni con un elevato numero di 108 verbali completi hanno una maggiore possibilità di contenere tipologie numericamente significative, quindi si analizzeranno prima i comuni più numerosi, che possono fornire un modello comportamentale degli edifici ed in seguito si effettueranno delle verifiche su tutti gli altri. Nelle tavole grafiche seguenti vengono individuati i comuni selezionati attraverso i criteri sopra esposti ed in particolare: Θ Tavola 1 - Comuni Utili classificati in base al numero di verbali utili; Θ Tavola 2- Comuni Rappresentativi del sisma del 6 maggio 1976 classificati in base al grado di rappresentatività; Θ Tavola 3 - Comuni Significativi per la stima della vulnerabilità sismica degli edifici. 2.8 La caratterizzazione tipologica dei campioni Nei precedenti paragrafi si sono stabiliti dei criteri di selezione dei comuni al fine di ottenere un campione significativo per le valutazioni specifiche di questa trattazione. Un elemento importante su cui si vuole porre l'attenzione riguarda la caratterizzazione tipologica del campione attraverso la quale si vuole ottenere un quadro completo delle caratteristiche tipologiche, contenute nei verbali di accertamento danni, degli edifici presenti sul territorio alla data del sisma del maggio 1976. Una volta selezionati i campioni (dei Comuni Significativi), si procede ad una loro sistematica caratterizzazione tipologica particolareggiata. Di seguito verrà definito un criterio di stima della vulnerabilità sismica delle tipologie edilizie e quindi la ricerca di una relazione tra tipologie edilizie e danno. 109 3. LA STIMA DELLA VULNERABILITÀ DELLE TIPOLOGIE EDILIZIE 3.1 L'analisi qualitativa dei dissesti ai fini della vulnerabilità sismica L'esame dei danni effettivamente provocati dai terremoti costituisce una delle fonti principali da cui attingere per l'interpretazione e la previsione del comportamento sismico degli edifici in muratura. Con questo tipo di analisi è possibile ricercare le cause di dissesto e risalire quindi al probabile comportamento della struttura sottoposta all'azione sismica, individuando i meccanismi di lesionamento e di collasso che si sono attivati. L'analisi dei dissesti ha il vantaggio di essere sintetica e cioè di schematizzare il problema complesso del comportamento dinamico della struttura muraria con un modello statico con sole considerazioni di equilibrio integrate da considerazioni teoriche che, anche se convenzionali o approssimate, tengono in qualche modo conto delle leggi costitutive e della natura dinamica del fenomeno. Si tratta quindi di una analisi qualitativa che permette di fare valutazioni sulla vulnerabilità delle varie tipologie edilizie e cioè di fare previsioni, per strutture simili e quindi per analogia, sul probabile grado di danneggiamento atteso. Infatti la vulnerabilità, essendo indipendente dalla pericolosità e quindi dall'intensità dell'azione sismica, è legata alla possibilità di attivazione di un determinato meccanismo di collasso ed all'entità del danneggiamento prodotto. L'analisi dei dissesti rappresenta quindi uno strumento fondamentale per affrontare uno studio della vulnerabilità delle strutture, soprattutto quando si opera con metodi di valutazione tipologici che studiano il danneggiamento delle tipologie edilizie in modo da associare la stessa vulnerabilità ad elementi di tipologia simile. Questo approccio, se da un lato offre il vantaggio di dare valutazioni dirette sugli effetti, dall'altro non permette di estendere tali valutazioni alle tipologie non ancora analizzate. Infine l'analisi dei dissesti, eseguita su insiemi di edifici, può servire per produrre una mappatura a scala territoriale del livello di danneggiamento. Il poter disporre di una mappa del danno è di notevole importanza quando si riscontra una omogeneità di tipologie costruttive, al fine di conoscere il comportamento locale dei terreni di fondazione e valutare l'entità della sollecitazione sismica. In questo 110 modo si possono individuare possibili scenari di amplificazione della pericolosità e verificare gli effetti di particolari condizioni geomorfologiche dei terreni di fondazione (per esempio la presenza di terreni incoerenti su pendii). 3.2 I dissesti tipici degli edifici in muratura Le vecchie costruzioni in muratura risultano in generale poco idonee a resistere alle sollecitazioni dinamiche impresse loro da forti movimenti sismici. Ciò è dovuto principalmente al fatto che la notevole massa di cui sono composte si traduce in forze d'inerzia di notevole entità all'atto del sisma. Queste forze vanno a sollecitare un insieme di strutture precariamente collegate fra loro e quindi soggette a distaccarsi l'una dall'altra offrendo, via via, una sempre minore resistenza. Le condizioni di instabilità alle forze orizzontali sono legate: Θ alla qualità della tessitura muraria; Θ alla cattiva qualità dei materiali leganti, spesso deteriorati dal tempo; Θ alla inadeguatezza dei vincoli tra le pareti ortogonali; Θ alla insufficiente rigidezza dei solai nel loro piano ed al cattivo collegamento tra questi e le pareti: tutto ciò ostacola il trasferimento delle azioni orizzontali alle pareti di controvento; Θ alla presenza di coperture spingenti. Oltre a ciò vanno considerate le modifiche che spesso i vecchi edifici hanno subito nel corso degli anni e che talvolta sono causa di indebolimento, come per esempio la realizzazione di aperture nelle pareti. Ai fini della sicurezza delle persone giocano un ruolo importante anche certi particolari costruttivi come i balconi, le cornici, i comignoli, i rivestimenti, ecc. che per primi possono distaccarsi dal corpo principale qualora non siano stati eseguiti a regola d'arte. Grande influenza, nei riguardi dei dissesti, viene esercitata dall'insieme terreno-fabbricato, in quanto, per determinate frequenze delle onde sismiche, a parità di condizioni strutturali degli edifici, variando la qualità e la consistenza del terreno si verificano degli incrementi o decrementi delle accelerazioni e, di 111 conseguenza, incrementi o decrementi delle forze d'inerzia che vanno a sollecitare le strutture. I dissesti da sisma vengono poi esaltati da una non omogenea resistenza del terreno nell'ambito dell'impronta del fabbricato o dalla diversità delle tensioni trasmesse al suolo, che può dipendere sia da cattiva progettazione che da interventi successivi come soprelevazioni realizzate su di una sola porzione della copertura. Particolare attenzione va inoltre riposta nello studio degli effetti dell'interazione esistente tra edifici contigui appartenenti ad aggregati strutturali; questi aggregati sono molto comuni nelle strade principali dei vecchi centri urbani dove un gran numero di fabbricati sono stati costruiti l'uno accanto all'altro, spesso con murature in comune. In questi edifici si possono avere lesioni o dissesti per effetto di oscillazioni non sincronizzate dei vari elementi strutturali. Le cause di dissesto possono essere di scorrimento, di scollamento o di martellamento con lesioni in genere rappresentate da fessurazioni pseudo verticali. Tale tipo di dissesto ha probabilità crescente di verificarsi al crescere della diversità delle caratteristiche di comportamento dinamico (massa, rigidezza, periodo del primo modo di oscillare) proprie dell'edificio rispetto a quelle degli edifici contigui. 3.3 Gli edifici appartenenti ad aggregati strutturali Dall'analisi dei danni prodotti dai terremoti passati si è quindi visto che il comportamento di un edificio sottoposto ad un'azione sismica è influenzato dalla presenza delle strutture che costituiscono l'aggregato al quale appartiene. Gli effetti del sisma su un edifico appartenente ad un aggregato possono essere distinti in due categorie (Grimaz, 1991; Mallardo, 1993): Θ effetti di contesto locale Θ effetti di contesto globale Il contesto locale definisce quell'insieme strutturale locale che influisce in modo significativo sul comportamento sismico dell'edificio in termini di effetti al contorno, modificando tale comportamento rispetto alla condizione ideale di edificio isolato. In pratica il contesto locale può essere assimilato all'insieme delle strutture contenute nella fascia perimetrale definita a partire dai muri esterni 112 dell'edificio in esame per una distanza pari all'incirca all'altezza media delle pareti esterne. Gli elementi che caratterizzano il contesto locale e che quindi possono influenzare il comportamento degli edifici sono essenzialmente: Θ l'allungamento e le irregolarità in pianta dell'edificio rispetto al contesto in cui è inserito; Θ eventuale formazione di un meccanismo ad arco con i puntoni finali che scaricano a terra gli sforzi che investono la parete; Θ presenza di brusche variazioni di altezza passando da un edificio all'altro. Un altro elemento che può ritenersi significativo nell'ambito del contesto locale, è l'interazione dinamica tra gli edifici limitrofi, con la quale si intendono gli stati tensionali o il martellamento indotti a causa delle differenti caratteristiche dinamiche di due edifici contigui. L'effetto sulle strutture, in termini di danno atteso, può ritenersi proporzionale alla differenza fra i periodi propri degli edifici isolati. Per contesto globale si intende l'intero insieme strutturale continuo al quale appartiene l'edificio esaminato. Dalle osservazioni sul campo, si vede che i danni rilevati sugli edifici inseriti in un contesto, non sono influenzati solo dalle strutture limitrofe. Infatti, pur riconoscendo la proprietà "smorzante " delle strutture murarie, cioè quella capacità che esse hanno di attutire fino ad annullare, ad una determinata distanza, gli effetti delle condizioni al contorno, si devono considerare gli effetti di amplificazione o di attenuazione dinamica delle deformazioni al variare della posizione occupata dall'edificio nella morfologia planivolumetrica globale. In linea di massima si possono distinguere due tipi di aggregato: Θ regolare, cioè caratterizzato da edifici contigui, allineati lungo una direzione principale, senza interruzioni; nel caso in cui si abbia uno sviluppo in lunghezza maggiore o uguale a 2, 5 ÷ 3, 0 volte l'altezza media degli edifici considerati, si può parlare di schiera; Θ non regolare, che comprende tutti gli altri casi. Un edificio appartenente ad un aggregato può trovarsi in una zona d'estremità, in una zona interna oppure in una posizione articolata rispetto alla direzione principale dell'aggregato considerato. 113 Si è potuto osservare, in via generale, che gli edifici posizionati in una zona d'estremità di una schiera, subiscono dei danni maggiori rispetto a quelli di un edificio ideale isolato con le stesse caratteristiche planivolumetriche e tipologiche. Gli edifici posizionati invece all'interno di una schiera, in genere presentano un grado di danneggiamento minore, sempre rispetto al caso di un edificio ideale isolato a parità di tutte le altre condizioni. Questo comportamento è dovuto essenzialmente a due motivi: 1. parte delle forze inerziali della zona interna si scaricano, a causa dei meccanismi di parete, sui fabbricati posti all'estremità della schiera; 2. l'effetto benefico di contenimento esercitato dai muri confinanti che attenuano gli effetti torsionali e di svergolamento locali provocati dalle azioni sismiche. Gli edifici disposti in posizioni articolate hanno comportamenti particolari che comprendono un elevato numero di casistiche che vanno valutate singolarmente. In conclusione, dall'analisi dei dissesti si osserva come l'influenza delle condizioni al contorno sul comportamento sismico dell'edificio sia spesso rilevante e quindi come questa debba essere tenuta in considerazione nella valutazione della vulnerabilità di un edificio. 3.4 Le tipologie di "tessuto murario" Si definisce "tessuto murario" l'insieme, più o meno omogeneo, che costituisce lo scheletro resistente del fabbricato attraverso i suoi componenti: pietrame, mattoni, laterizi e blocchi, malta di allettamento ed intonaco. Risulta interessante passare in rassegna i principali tipi di tessuto murario che si incontrano nelle vecchie costruzioni in muratura o in quelle più recenti. Un primo tipo è formato da pietrame arrotondato e di piccole dimensioni, come ciottoli di fiume, disposto quasi a formare un conglomerato con malta aerea (raramente idraulica) e senza intonaco per uno spessore dai 40 ai 60 cm; esso non presenta alcuna coesione e quindi può sopportare una sollecitazione trasversale solo per attrito. Un secondo tipo con pietrame a spigoli vivi di maggiori dimensioni con l'uso di un buon legante presenta un comportamento migliore; la resistenza aumenta se 114 è presente l'intonaco sul paramento esterno oppure se sono stati eseguiti dei ricorsi a mattoni pieni ad intervalli regolari. Un terzo tipo di tessuto murario è costituito dalle murature a sacco in cui due fodere in pietrame, ognuna di modesto spessore, formano il "sacco" che è in genere riempito con materiale di varia natura senza nessuna capacità di legame tra i due fogli esterni. La mancanza di collegamenti tra i due strati ne determina un funzionamento indipendente sotto l'azione di forze orizzontali; in tali condizioni si riscontra spesso il crollo di uno dei due strati che a sua volta innesca la crisi di altre parti della struttura, come solai e coperture gravanti su di esso. La maggior parte degli edifici in muratura recenti sono costruite in mattoni e laterizi oppure in blocchi in cemento. La caratteristica di tale tessuto è una buona resistenza, soprattutto se viene allettato e intonacato con malta di cemento, offerta dall'aderenza tra elemento ed elemento e dalla resistenza dei singoli elementi. Il comportamento di un tessuto murario può essere inoltre influenzato da alcuni fattori che ne modificano sensibilmente la qualità; i più importanti sono legati all'omogeneità della struttura muraria, all'età delle murature ed al loro degrado oppure alla presenza degli intonaci. Il primo fattore dipende dalla presenza, all'interno del tessuto murario, di elementi a comportamento diverso (rigidezza e resistenza) capaci di influenzare anche in senso peggiorativo il comportamento complessivo della muratura; infatti in molti casi essi assolvono da soli la funzione resistente sotto l'azione del sisma, giungendo rapidamente al collasso e danneggiando il tessuto murario circostante. Un altro caso comune è quello legato all'inserimento di murature diverse, come ad esempio le soprelevazioni di vecchi fabbricati, in cui sono frequenti lesioni di distacco o di scorrimento se non vengono inseriti opportuni elementi di connessione. La presenza di ricorsi di mattoni estesi a tutto lo spessore del muro oppure di pietre di dimensioni sensibilmente maggiori in corrispondenza di aperture o di angoli di un edificio non può invece essere considerata come un elemento di disomogeneità per una muratura in pietra ma anzi come un fattore positivo che migliora la qualità del tessuto murario. Per quanto riguarda l'età delle murature, si può affermare che generalmente i leganti subiscono un degrado nel tempo, sia con l'azione degli agenti meteorici ed atmosferici (es. gelività) e soprattutto in assenza di intonaci esterni, sia per l'effetto 115 di microfessurazione prodotto dal peso agente su di essi. In alcuni casi anche la componente lapidea del tessuto murario, o gli stessi mattoni, non protetti dall'intonaco esterno, sono soggetti agli stessi fenomeni di degrado. Infine gli intonaci interni ed esterni, se bene eseguiti, rappresentano un fattore migliorativo per il comportamento della muratura. Si vuole inoltre osservare come le tessiture murarie qui descritte costituiscono solo una sintetica classificazione in quanto le tipologie presenti sul territorio sono molteplici e legate essenzialmente alle tradizioni costruttive delle località in esame ed alla disponibilità dei materiali da costruzione. 3.5 Le classi tipologiche di edifici Nella valutazione della vulnerabilità attraverso i metodi "tipologici", l'osservazione del grado di danneggiamento attraverso l'analisi a posteriori degli effetti di un sisma, assume un ruolo fondamentale. Essa consente di individuare quegli indicatori (in questo caso tipologici) che permettono di individuare le classi omogenee di edifici dal punto di vista del comportamento sismico. Questi indicatori devono descrivere sinteticamente le principali caratteristiche morfologiche e tipologiche dell'edificio senza entrare in merito a considerazioni di tipo strutturale (organizzazione delle strutture verticali, distribuzione degli elementi resistenti, ecc.). Dalle indicazioni fornite precedentemente è possibile individuare quali siano, in linea generale, le caratteristiche più importanti e necessarie per descrivere qualitativamente un edificio al fine di stimarne la sua vulnerabilità e quindi la sua capacità di resistere ad un evento sismico: Θ l'età di costruzione Θ la geometria del fabbricato Θ la localizzazione dell'edificio nell'aggregato strutturale Θ la natura delle murature verticali Θ gli orizzontamenti e la copertura 116 Per ognuno di questi elementi sono individuabili degli indicatori più o meno sintetici che dipendono essenzialmente dal tipo di informazione che si ha a disposizione e dal grado di attendibilità della stima che si vuole ottenere. 3.6 Un esempio di valutazione della vulnerabilità sismica: il comune di Toscolano Maderno (BS) I metodi tipologici di valutazione della vulnerabilità a scala territoriale hanno trovato una applicazione significativa nello studio effettuato dall'Istituto di Ricerca sul Rischio Sismico del CNR in collaborazione con la Regione Lombardia per la determinazione del rischio sismico a fini urbanistici nel comune di Toscolano Maderno (CNR e Regione Lombardia, 1993). La parte più interessante di questo lavoro è quella riguardante la valutazione della vulnerabilità del patrimonio edilizio esistente, soprattutto per la parte che riguarda la definizione delle classi tipologiche significative. Questo esempio può risultare molto utile per trarre delle indicazioni per la messa a punto di una metodologia analoga basata sui dati ricavabili dai verbali di accertamento danni ed applicabile nella nostra regione. Per la valutazione della vulnerabilità, in questa analisi si è seguito un metodo derivato dal modello adottato nell'ambito del Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti (Benedetti e Petrini, 1983) che si esplica nelle seguenti fasi: 1. definizione di una serie di parametri rappresentativi della vulnerabilità e predisposizione di una scheda di rilievo; 2. rilievo di tutto il patrimonio edilizio del comune in esame; 3. determinazione dei tipi strutturali più frequenti; 4. scelta dei campioni rappresentativi dei tipi più frequenti e valutazione per essi dell'indice di vulnerabilità definito dal CNR-GNDT; 5. estrapolazione della vulnerabilità a tutto il patrimonio edilizio rilevato. La definizione dei parametri rappresentativi della vulnerabilità è stata fatta prendendo come base la scheda di I livello del CNR-GNDT ed estraendone i dati ragionevolmente ottenibili nell'ottica di limitare al minimo le operazioni sul campo e comunque escludendo, quasi completamente, operazioni di rilievo all'interno delle 117 abitazioni. In funzione di questi dati è stata redatta una scheda attraverso la quale il rilievo è stato esteso a tutto il patrimonio edilizio ordinario esistente nel comune. Si sono poi cercate le classi tipologiche di edifici più rappresentative calcolando la ricorrenza delle combinazioni dei parametri ritenuti maggiormente indicativi della vulnerabilità. Essi sono stati scelti fra le grandezze riportate nella scheda di rilievo e sono i seguenti: Θ altezza minima; Θ epoca di costruzione; Θ struttura degli orizzontamenti; Θ struttura di copertura; Θ struttura verticale. Di tutte le classi individuate sono state selezionate poi quelle caratterizzate dal comprendere al loro interno un numero minimo di edifici e per queste è stato determinato, per un numero limitato di edifici campione, l'indice di vulnerabilità in base al modello del CNR-GNDT. La vulnerabilità di tutti gli edifici con le caratteristiche identiche a quelle dei campioni è stata assunta uguale alla vulnerabilità dei campioni stessi. Per i restanti edifici l'estrapolazione è stata ottenuta con tecniche che hanno permesso di assegnare ad ogni classe un opportuno indice di vulnerabilità ed in questo modo sono stati coperti dall'analisi tutti gli edifici del comune esaminato. 3.7 Il confronto con le classi tipologiche definite in base ai dati riportati nei verbali di accertamento danni (L.R. 17/76) Nelle due seguenti tabelle vengono messe a confronto le caratteristiche tipologiche considerate per la "Determinazione del rischio sismico a fini urbanistici in Lombardia" nel comune di Toscolano Maderno (BS) e quelle riportate nei verbali di accertamento danni (L.R. 17/76). Nella prima tabella vengono individuate le classi di caratteristiche tipologiche considerate nei due casi presi in esame, prendendo come riferimento le articolazioni categoriali definite nella scheda di I livello per il rilevamento 118 dell'esposizione e della vulnerabilità degli edifici in muratura messa a punto dal CNR-GNDT. SCHEDA DI I LIVELLO Esempio Toscolano Verbali di accertamento Caratteristiche tipologiche Maderno (BS) danni aggregato strutturale --- --- posizione dell'edificio --- --- numero di fronti comuni --- numero di fronti comuni superficie media coperta --- --- altezza media interpiano --- --- numero piani --- numero di piani altezza massima --- --- altezza minima altezza minima --- classi d'età classi d'età classi d'età strutture verticali strutture verticali strutture verticali scale --- --- strutture orizzontali strutture orizzontali --- coperture coperture --- LOCALIZZAZIONE DELL'EDIFICIO DATI METRICI ETÀ DELL'EDIFICIO TIPOLOGIA STRUTTURALE Come si può osservare, nella metodologia applicata nel comune di Toscolano Maderno non viene presa in considerazione la localizzazione degli edifici all'interno degli aggregati strutturali mentre vengono riportate indicazioni sulle strutture orizzontali e su quelle di copertura. Nella seconda tabella vengono confrontate le categorie in cui si esplicano le caratteristiche tipologiche individuate nei due casi in esame. Si può osservare una buona corrispondenza tra i dati utilizzati per il comune di Toscolano Maderno ed i dati riportati nei verbali di accertamento danni anche se una considerazione a parte si deve effettuare per le strutture verticali dove l'ampia varietà di tessuti murari in pietra o in laterizio viene raggruppata nelle uniche classi PIE e LAT. Se negli edifici in laterizio il comportamento delle varie casistiche individuate può ritenersi abbastanza omogeneo questo non può essere certamente verificato per gli edifici in pietra in cui il comportamento di una muratura in ciottoli di pietra è sicuramente diverso da quello di una muratura con 119 ricorsi in mattoni o in pietra squadrata. Questo fatto deve essere quindi tenuto in debito conto nelle valutazioni del livello di danneggiamento delle tipologie in pietra. Caratteristiche tipologiche LOCALIZZAZIONE DELL'EDIFICIO ALTEZZA ETÀ DELL'EDIFICIO STRUTTURE VERTICALI STRUTTURE ORIZZONTALI COPERTURE 120 Esempio Toscolano Maderno (BS) ----------minima: 0-4 m minima: 4-8 m minima: 8-12 m minima: 12-16 m prima 1919 1919-1960 1961-1971 1972-1981 dopo 1981 muratura in pietra sbozzata o arrotondata muratura in pietra sbozzata o arrotondata con rinforzi, mazzette e ricorsi muratura in pietra squadrata muratura in blocchi pesanti muratura in blocchi leggeri muratura in mattoni pieni e semipi. muratura in mattoni forati pareti cls non armato pareti cls armato telai di c.a. non tamponati telai di c.a. con tamp. Deboli telai di c.a. con tamp. Consistenti ossatura metallica miste pietrame-c.a. miste mattoni-c.a. Legno legno con catene putrelle,voltine o tavelloni putrelle,voltine o tavel. con catene laterocemento o solette in c.a. volte senza catene volte con catene miste volte solai miste volte solai con catene legno poco spingenti laterocemento o solette in c.a. acciaio non spingenti miste non spingenti Verbali di accertamento danni 0 fronti comuni (isolato) 1 fronti comuni 2 fronti comuni 3 fronti comuni ecc. 1, 2 piani 2, 3, 4 piani 4, 5 piani >5 piani ante 1850 1850-1920 1920-1950 dopo 1950 PIE LAT INT, CA --PPIL LPIL --------------------------- Una classificazione così semplificata può però ritenersi soddisfacente nel nostro caso, in quanto si ha a disposizione un campione molto elevato e quindi è possibile individuare un livello di danneggiamento delle singole tipologie edilizie mediato su un gran numero di edifici. Inoltre il campione di edifici considerato è suddiviso per comune e quindi permette di fare delle valutazioni sulle caratteristiche costruttive locali e sulla loro influenza in termini di comportamento sismico degli edifici. 3.8 Le classi di vulnerabilità La relazione Df = A ⊗ Vf , a meno del termine A, rappresenta un legame diretto tra il livello di danno subito da un edificio e la sua vulnerabilità ( Df = Vf ): a diversi livelli di danneggiamento corrispondono diversi livelli di vulnerabilità fisica degli edifici. L'analisi a posteriori dei danni causati dal terremoto del 1976 in Friuli attraverso i verbali di accertamento danni consente di valutare quali siano, per ogni livello di danno, le caratteristiche tipologiche di un campione molto ampio di edifici e quindi di definire delle classi tipologiche tipiche di quel livello di danno. Questa procedura di valutazione è tipica dei metodi tipologici di stima della vulnerabilità sismica e consente di effettuare una graduatoria fra le varie tipologie edilizie in base al livello di vulnerabilità. Operativamente è possibile costruire un catalogo di tipologie edilizie classificate in base a opportune classi di vulnerabilità, che sintetizzano un certo livello di danno subito e desunto dall'analisi a posteriori degli effetti sugli edifici del terremoto del 1976 in Friuli. In questo modo si può estendere la stima della vulnerabilità a tutta la popolazione di edifici di cui il campione risulta significativo in quanto, inserendo un edificio in una classe tipologica, gli si assegna automaticamente la vulnerabilità che compete alla classe stessa. 121 Figura 3.1: schema per la costruzione delle tipologie edilizie. E' importante ribadire come una tale classificazione delle tipologie edilizie, essendo effettuata a meno del parametro A rappresentante la severità dell'azione sismica, ha un valore puramente relativo ed indica quali siano le classi più danneggiabili di altre, ma non permette, almeno in questa prima parte del lavoro, di effettuare valutazioni assolute sul livello di danno raggiunto per quel valore dell'azione sismica. Lo schema del procedimento seguito per la definizione delle classi di vulnerabilità e la costruzione del catalogo delle tipologie edilizie è riportato nella Figura 3.1. In questa figura, le caratteristiche tipologiche riportate nei verbali di 122 accertamento danni ed utilizzate per definire le classi di edifici, sono indicate attraverso le seguenti notazioni: Θ MAT materiale da costruzione delle strutture verticali; Θ ETÀ epoca di costruzione; Θ PIANI numero di piani; Θ FC numero di fronti comuni; Θ SCANT scantinato. I livelli di danno considerati corrispondono ai tre giudizi di danno intermedi riportati nei verbali di accertamento danni, in quanto solo in questi casi si ha un'alta percentuale di verbali completi. In particolare: D1 = RT-NS D2 = RT-ST D3 = RP Procedendo alla sperimentazione in uno dei Comuni Significativi precedentemente selezionati si individueranno, per ognuno dei tre giudizi di danno, le tipologie edilizie maggiormente rappresentative T1, T2 e T3 . Per ognuna di queste tipologie si analizzerà la distribuzione delle frequenze relative dei giudizi di danno: T1 (% D11 , % D21 , % D31 ) T2 (% D12 , % D22 , % D32 ) T3 (% D13 , % D23 , % D33 ) Queste osservazioni serviranno per definire delle distribuzioni di riferimento che andranno a costituire, vista la corrispondenza tra danno e vulnerabilità, le seguenti classi di vulnerabilità Vj : V1 = (% D11, rif , % D 21, rif , % D31, rif V 2 = (% D12 , rif , % D 22 , rif , % D32 , rif V3 = (% D13, rif , % D 23, rif , % D33, rif ) ) ) 123 Le classi di vulnerabilità costituiranno le distribuzioni di riferimento attraverso le quali effettuare la classificazione di tutte le altre tipologie edilizie individuate nel campione. Le fasi da seguire nella classificazione delle tipologie edilizie sono le seguenti: Θ individuazione delle tipologie edilizie significative, cioè di quelle classi tipologiche caratterizzate dal contenere al loro interno un numero minimo N di edifici rilevati; Θ determinazione per ogni tipologia edilizia significativa T della distribuzione dei giudizi di danno T (% D1 , % D2 , % D3 ) ; Θ assegnazione di una delle classi di vulnerabilità V j . Il criterio di assegnazione delle classi di vulnerabilità si basa sulla valutazione della "distanza" esistente tra la distribuzione reale (% D1 , % D2 , % D3 ) e le distribuzioni di riferimento; ad una certa tipologia T sarà assegnata la classe per la quale tale distanza risulta minima. La misura della distanza tra le due distribuzioni è stata ottenuta empiricamente sommando i valori assoluti degli scarti tra la distribuzione reale e quelle di riferimento e dividendo questo valore per il massimo scarto che può generarsi. In questo modo si ottiene, per ogni distribuzione di riferimento j, un indice di adattamento I.A. che può variare tra 0 e 1 e che fornisce una misura dell'adattamento alla distribuzione reale: k % Dij , rif − % Di i =1 ∆ % D max (I . A.) j = ∑ dove: k = numero di giudizi di danno considerati %Dij,rif = frequenza relativa del giudizio di danno i-esimo nella classe di vulnerabilità di riferimento V j %Di = frequenza relativa del giudizio di danno i-esimo ∆%D max = massimo scarto che si può verificare tra una classe V j ed una ipotetica distribuzioni di giudizi di danno 124 Per I.A.=0 la distribuzione reale coincide perfettamente con una delle j distribuzioni di riferimento mentre per I.A.=1 si ha la massima "distanza" possibile; quindi alla tipologia T si assegnerà la classe di vulnerabilità V j per la quale I.A. risulta minore. La possibile valutazione della discrepanza tra frequenze osservate e frequenze di riferimento (teoriche) attraverso il test del chi-quadrato è stato abbandonata in quanto non fornisce risultati soddisfacenti. La statistica χ2 si calcola nel seguente modo: k χ2 =∑ (ni i =1 − np io ) np io 2 dove: k = numero di classi ni = numero di elementi per classe (frequenza osservata) n = numero totale di elementi che costituiscono il campione pio = frequenza relativa attesa npio = frequenza attesa Le ragioni dell'inadeguatezza di questo test sono essenzialmente riconducibili al fatto che il termine al numeratore (ni − npio ) viene diviso per la 2 frequenza attesa, ipotizzando che una certa deviazione di ni da npio deve avere più peso quando la frequenza attesa è piccola che non quando è grande. Nel caso in esame invece, tutti i termini della sommatoria hanno lo stesso peso in quanto si effettua un confronto fra frequenze relative. 3.9 Costruzione di un catalogo tipologie edilizie - classi di vulnerabilità: il comune di Gemona del Friuli. Il comune di Gemona del Friuli costituisce il migliore campione su cui effettuare la classificazione delle tipologie edilizie in base alla vulnerabilità in quanto: 125 Θ la rappresentatività del campione è ALTA; Θ la significatività del campione è BUONA; Θ il campione è costituito da un elevato numero di verbali di accertamento danni e quindi di edifici rilevati (2020 verbali completi). Fra tutti i comuni rilevati, Gemona è quello che permette quindi di individuare il numero più ampio di classi tipologiche significative e cioè quelle caratterizzate da comprendere al loro interno almeno un certo numero di casi (soglia di rappresentatività); allo stesso tempo soddisfa ottimamente i criteri di selezione dei comuni esposti nel paragrafo precedente. 3.10 La caratterizzazione tipologica Complessivamente nel comune di Gemona del Friuli sono state individuate 279 classi tipologiche diverse, definite in base ai dati riportati nei verbali di accertamento danni. Analizzando quantitativamente il campione di dati a disposizione e mettendo in rilievo il numero di edifici che ricadono all'interno di ogni classe, si ottiene il seguente quadro sintetico: Numero di edifici per classe Numero di classi tipologiche Numero di edifici complessivo <10 233 595 10 ÷20 25 339 20 ÷30 6 144 30 ÷100 13 639 >100 2 303 Al fine di ridurre il numero di combinazioni, cioè di concentrare al massimo gli edifici rilevati nelle classi precedentemente formate, sono stati effettuati i seguenti raggruppamenti: Θ MATERIALE: sono stati raggruppati gli edifici in pietra-pilastri e laterizio-pilastri nella classe PPIL+LPIL e gli edifici intelaiati ed in c.a. nella classe INT+CA in 126 quanto sono presenti in un numero limitato ed inoltre si ritiene abbiano un comportamento simile; Θ ETÀ: la classe "ante 1850" è stata raggruppata con la classe "1850-1920" in modo da ottenere una unica classe "ante 1920" che comprenda tutti gli edifici costruiti prima della prima guerra mondiale; Θ PIANI: sono stati raggruppati tutti gli edifici con un numero di piani superiore a 4 nella classe "> 4" in quanto sono presenti in numero limitato; Θ FRONTI COMUNI: sono stati raggruppati tutti gli edifici con un numero di fronti comuni superiore a 2 nella classe "> 2" in quanto rappresentano un caso molto particolare e presente in un numero limitato di casi. In questo modo le classi tipologiche si riducono a 243 con la seguente composizione: Numero di edifici per classe Numero di classi tipologiche Numero di edifici complessivo <10 194 514 10 ÷ 20 29 381 20 ÷ 30 5 115 30 ÷ 100 13 707 >100 2 303 Con queste premesse iniziali si procede alla caratterizzazione tipologica del comune di Gemona del Friuli al fine di evidenziare quali siano le caratteristiche costruttive prevalenti degli edifici che ne costituiscono il patrimonio edilizio. Tale caratterizzazione viene effettuata a due livelli: 1. generale, attraverso la redazione di una apposita scheda descrittiva in cui sono riportate le distribuzioni dei singoli parametri tipologici; 2. particolare, nella quale si mettono in evidenza le correlazioni che esistono tra i vari parametri tipologici. Questa caratterizzazione permette di conoscere a fondo quali siano le caratteristiche del patrimonio edilizio presente nel comune e quindi di giustificarne il comportamento sotto l'azione del sisma. 127 3.11 La definizione delle classi di vulnerabilità Nei seguenti grafici sono riportate le distribuzioni delle caratteristiche tipologiche, individuate nel comune di Gemona del Friuli attraverso i verbali di accertamento danni, al variare dei giudizi di danno RP, RT-ST e RT-NS. COMPOSIZIONE DEI LIVELLI DI DANNO IN BASE AL MATERIALE 100% 10,56% 90% 8,56% 80% 42,53% 52,60% 70% PIE 60% PLAT 50% 16,05% LAT 73,93% 40% PPIL-LPIL INT+CA 24,48% 30% 36,51% 20% 10% 20,83% 0% RP RT-ST RT-NS GIUDIZI DI DANNO COMPOSIZIONE DEI LIVELLI DI DANNO IN BASE ALL'ETA' 100% 4,14% 7,89% 90% 28,39% 80% 40,63% 70% 60% 23,27% ante 1920 50% 1920-1950 87,97% 40% 40,10% 30% 48,35% 20% 10% 19,27% 0% RP RT-ST GIUDIZI DI DANNO 128 RT-NS dopo 1950 COMPOSIZIONE DEI LIVELLI DI DANNO IN BASE AL NUMERO DI PIANI 100% 11,10% 90% 15,10% 19,86% 80% 70% 41,18% 1 60% 2 50% 59,38% 3 64,79% 4 40% >4 30% 45,19% 20% 10% 21,35% 10,23% 0% RP RT-ST RT-NS GIUDIZI DI DANNO COMPOSIZIONE DEI LIVELLI DI DANNO IN BASE AL NUMERO DI FRONTI COMUNI 100% 90% 32,81% 80% 42,23% 70% 78,88% 60% 50% 0 1 37,50% 2 30,89% 40% >2 30% 20% 27,60% 25,28% 14,57% 10% 6,28% 0% RP RT-ST RT-NS GIUDIZI DI DANNO 129 COMPOSIZIONE DEI LIVELLI DI DANNO IN BASE ALLO SCANTINATO 100% 90% 27,41% 80% 58,17% 70% 71,35% 60% 29,41% assente parziale 50% totale 40% 30% 24,77% 20% 43,18% 19,27% 10% 17,05% 9,38% 0% RP RT-ST RT-NS GIUDIZI DI DANNO Dall'osservazione di questi grafici sono state individuate tre tipologie edilizie rappresentative di ogni livello di danno. Ognuna di queste tipologie ha una sua caratteristica distribuzione dei giudizi di danno che viene riportata qui di seguito: TIPOLOGIA T1 - DISTRIBUZIONE DEI GIUDIZI DI DANNO 100,00% 90,00% 81,46% 80,00% 70,00% 60,00% 50,00% 40,00% 30,00% 20,00% 17,98% 10,00% 0,00% 0,00% D 0,56% NR 0,00% 0,00% RP RT-ST RT-NS NS GIUDIZI DI DANNO TIPOLOGIA 1 - Caratteristiche costruttive Materiale Età Piani Fronti comuni Scantinato LAT 130 dopo 1950 2 0 totale TIPOLOGIA T2 - DISTRIBUZIONE DEI GIUDIZI DI DANNO 100,00% 90,00% 80,00% 70,00% 60,00% 45,65% 50,00% 41,30% 40,00% 30,00% 20,00% 10,00% 0,00% 2,17% 10,87% 0,00% 0,00% D NR RP RT-ST RT-NS NS GIUDIZI DI DANNO TIPOLOGIA 2 - Caratteristiche costruttive Materiale Età Piani Fronti comuni Scantinato PLAT dopo 1950 3 0 tutto TIPOLOGIA T3 - DISTRIBUZIONE DEI GIUDIZI DI DANNO 100,00% 90,00% 80,00% 75,79% 70,00% 60,00% 50,00% 40,00% 30,00% 20,00% 8,42% 9,47% 10,00% 6,32% 0,00% 0,00% 0,00% D NR RP RT-ST RT-NS NS GIUDIZI DI DANNO TIPOLOGIA 3 - Caratteristiche costruttive Materiale Età Piani Fronti comuni Scantinato PIE ante 1920 3 2 assente 131 In base alle distribuzioni di queste tre tipologie edilizie significative vengono individuate tre distribuzioni di riferimento, ognuna caratteristica di un certo livello di danneggiamento: %RP %RT-ST %RT-NS V1 V2 0 0 25 50 75 50 V3 15 75 10 Dall'osservazione dei livelli di danneggiamento delle varie tipologie emerge la necessità di inserire anche una quarta distribuzione V4 che descriva le classi molto danneggiate, con elevate percentuali di giudizi del tipo RP e percentuali praticamente nulle di giudizi del tipo RT-NS: V4 50 50 0 Le distribuzioni di riferimento così definite costituiscono delle classi di vulnerabilità che permettono di effettuare una classificazione relativa tra tutte le tipologie edilizie individuate nel comune di Gemona del Friuli. Sinteticamente le Vj distribuzioni vengono così denominate: Θ V1=(0,25,75) ⇒ BASSA VULNERABILITA' ⇒ CLASSE B Θ V2 =(0,50,50) ⇒ MEDIA VULNERABILITA' ⇒ CLASSE M Θ V3 =(15,75,10) ⇒ ALTA VULNERABILITA' Θ V4 =(50,50,0) ⇒ ALTISSIMA VULNERABILITA' ⇒ CLASSE AA ⇒ CLASSE A La rappresentazione grafica delle classi di vulnerabilità di riferimento è riportata nel seguente diagramma: 132 CLASSI DI VULNERABILITA' DI RIFERIMENTO 100,00% 90,00% 80,00% 70,00% Classe AA 60,00% Classe A 50,00% Classe M 40,00% Classe B 30,00% 20,00% 10,00% 0,00% D NR RP RT-ST RT-NS NS GIUDIZI DI DANNO Per la valutazione dell'indice I.A. il valore ∆%Dmax risulta pari a 200 e corrisponde per esempio al caso in cui si confronti la classe B con una distribuzione reale di giudizi di danno costituita dal 100% di giudizi RP. Nei casi in cui le distribuzioni di giudizi di danno reali sono distanti nella stessa misura da due classi di vulnerabilità si inseriscono le seguenti valutazioni intermedie in cui, per esempio I.A.(B) indica la distanza dalla classe B: se I . A.(M ) − I . A.(B ) < 0,1 se I . A.( A) − I . A.(M ) < 0,1 ⇒ ⇒ se I . A.( AA) − I . A.( A) < 0,05 ⇒ CLASSE M-B CLASSE M-A CLASSE A-AA 3.12 La costruzione di un catalogo tipologie edilizie-classi di vulnerabilità Il primo aspetto da considerare riguarda la scelta delle classi tipologiche da classificare. Una scelta preventiva può essere fatta in base al numero di edifici rilevati che rientrano all'interno di ogni singola classe. La classificazione risulta attendibile solo per le classi tipologiche sufficientemente numerose e l'attendibilità aumenta all'aumentare del numero di edifici considerati. 133 Il numero delle classi tipologiche caratterizzate dal comprendere al loro interno al minimo una determinata quantità di edifici (soglia di rappresentatività N) aumenta al diminuire della soglia stessa fino a diventare molto elevato quando la soglia diventa pari all'unità e sono compresi tutti gli edifici. A tal proposito sono state analizzate tre possibili soglie di rappresentatività ottenendo i seguenti risultati: Soglia di rappresentatività 10 Numero di classi tipologiche 49 Numero di edifici complessivo 1506 % sul totale di edifici rilevati 75,55 20 20 1125 55,69 30 15 1010 50,00 Si passa da 15 classi con un totale di 1010 edifici su un totale di 2020 edifici rilevati (50,00%) a 20 classi con 1125 edifici (55,69%) a 49 classi con 1506 edifici (75,55%). La scelta più conveniente sembra senz'altro la prima con N=30 edifici in quanto si hanno poche classi, con una numerosità molto alta e che rappresentano il 50% di tutti gli edifici rilevati. La soglia N=20 edifici non porta ad un sensibile aumento di classi mentre con N=10 edifici il numero di classi aumenta moltissimo. In quest'ultimo caso molte classi sono composte da un numero ridotto di edifici e quindi con livelli di attendibilità minori ma a priori non è conveniente trascurare una così ampia varietà di tipologie. Quindi, per una prima classificazione delle tipologie si selezionano tutte le 49 classi con una numerosità superiore a 10. In sintesi il campione è così composto in base al numero di elementi per classe tipologica: Numero di edifici per classe 10 ÷ 20 Numero di classi tipologiche 29 20 ÷ 30 5 >30 15 Dall'osservazione delle 49 tipologie individuate emerge la possibilità di raggruppare alcune tipologie in classi più ampie in modo da aumentare il numero 134 di edifici rientranti all'interno di ogni singola classe senza peraltro perdere informazioni. I parametri tipologici su cui si può intervenire sono i seguenti: Θ FRONTI COMUNI - l'influenza del parametro costituito dal numero di fronti comuni sul livello di danneggiamento di un edificio può essere evidenziata in modo molto più efficace, dal punto di vista del numero di edifici considerati, raggruppando gli edifici con più di un fronte comune in un unica classe; in questa maniera si ottengono i seguenti due nuovi parametri tipologici: ISOLATO comprende gli edifici con 0 fronti comuni SCHIERA comprende gli edifici con 1, 2 o con più di 2 fronti comuni Comunque, per gli edifici a SCHIERA, si mantiene anche la distinzione originaria tra 1 e 2 fronti comuni nelle tipologie (per esempio negli edifici in pietra) in cui la numerosità di queste sottoclassi risulti sufficiente; Θ SCANTINATO - la suddivisione per tipo di scantinato risulta significativa solo per gli edifici isolati in laterizio mentre per le altre tipologie in genere lo scantinato è assente. Risulta quindi conveniente trascurare l'influenza di questo parametro tipologico salvo nel caso specifico sopra indicato, nel qual caso si manterranno delle sottoclassi in cui sarà evidenziato il tipo di scantinato. In questo modo si ottiene un catalogo composto da 29 tipologie edilizie e da 12 sottoclassi individuate in base al numero di fronti comuni ed allo scantinato. Il risultato della classificazione delle tipologie edilizie in base alle classi di vulnerabilità è illustrato nelle seguenti tabelle in cui per ogni tipologia è riportata la classe di vulnerabilità corrispondente, il numero di edifici che ricadono in tale classe tipologica ed il coefficiente di adattamento alla distribuzione di riferimento; in grigio sono inoltre evidenziate le sottoclassi tipologiche individuate in base al numero di fronti comuni ed allo scantinato. Per facilitare una migliore interpretazione dei risultati le classi tipologiche sono state preventivamente suddivise in base al materiale di costruzione. 135 EDIFICI IN PIETRA TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive Materiale Età PIE ante 1920 3 Isolato tutto PIE ante 1920 4 Schiera PIE ante 1920 4 PIE ante 1920 PIE Classe di Vul. Piani F. comuni Scantinato Caratteristiche della classe Numero Adattamento A 22 0,26 tutto A-AA 83 0,30-0,32 1 tutto A 19 0,27 4 2 tutto A-AA 59 0,32-0,32 ante 1920 3 Schiera tutto A 194 0,11 PIE ante 1920 3 1 tutto A 66 0,15 PIE ante 1920 3 2 tutto A 123 0,11 PIE ante 1920 2 Schiera tutto A 41 0,19 PIE ante 1920 2 1 tutto M-A 20 0,25-0,20 PIE ante 1920 2 2 tutto A 18 0,19 PIE 1920-1950 3 Isolato tutto M-A 23 0,28-0,23 PIE 1920-1950 4 Schiera tutto A-AA 11 0,40-0,36 PIE 1920-1950 3 Schiera tutto A 93 0,10 PIE 1920-1950 3 1 tutto A 55 0,13 PIE 1920-1950 3 2 tutto A 36 0,07 PIE 1920-1950 2 Schiera tutto A 19 0,06 PIE dopo 1950 3 Isolato tutto M-A 38 0,16-0,24 PIE dopo 1950 4 Schiera tutto A 19 0,12 PIE dopo 1950 3 Schiera tutto M-A 46 0,24-0,16 PIE dopo 1950 3 1 tutto M-A 23 0,24-0,16 PIE dopo 1950 3 2 tutto M-A 23 0,24-0,16 PIE dopo 1950 2 Schiera tutto M 14 0,14 Per gli edifici in pietra appartenenti ad aggregati strutturali è possibile osservare, all'interno di ogni classe d'età, un aumento della vulnerabilità all'aumentare del numero di piani: PIE ante 1920 PIE ante 1920 4 schiera tutto A-AA 3 schiera tutto A PIE ante 1920 2 schiera tutto A PIE 1920-1950 4 schiera tutto A-AA PIE 1920-1950 3 schiera tutto A PIE 1920-1950 2 schiera tutto 136 A PIE Dopo 1950 4 schiera tutto A PIE Dopo 1950 3 schiera tutto M-A PIE Dopo 1950 2 schiera tutto M Inoltre, a parità di altre caratteristiche, gli edifici isolati hanno un livello di vulnerabilità minore o uguale di quelli a schiera: PIE ante 1920 3 isolato tutto A PIE ante 1920 3 schiera tutto A PIE 1920-1950 3 isolato PIE 1920-1950 3 schiera tutto PIE Dopo 1950 3 isolato PIE Dopo 1950 3 schiera tutto M-A tutto M-A A tutto M-A In generale è possibile osservare un aumento dell'influenza dei parametri legati al numero di piani e dei fronti comuni per gli edifici più recenti. Per quanto riguarda le sottoclassi, si può osservare come non sia possibile stabilire, con il tipo di informazioni a disposizione, se gli edifici con un unico fronte comune siano più o meno vulnerabili degli edifici con due fronti comuni. Infatti per esprimere un tale giudizio sono necessarie almeno delle informazioni sull'altezza degli edifici contigui per valutare l'effetto del contesto locale (Grimaz, 1991) e la posizione assunta dall'edificio all'interno dell'aggregato strutturale per valutare l'effetto del contesto globale (Mallardo, 1993). I risultati confermano questa necessità in quanto, a volte risultano più danneggiati gli edifici con un unico fronte comune, a volte quelli con due ed a volte hanno lo stesso livello di danneggiamento. Risulta quindi giustificata la scelta di raggruppare gli edifici appartenenti ad aggregati strutturali in un'unica classe (edifici a schiera) al fine di confrontarli con quelli isolati. Nella seguente tabella è riportato l'elenco delle tipologie edilizie significative in pietra, ordinate in base alle classi di vulnerabilità: 137 TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche Classe costruttive di Vul. Materiale Età Piani F. comuni Scant. Caratteristiche della classe Numero Adattamento PIE ante 1920 4 schiera tutto A-AA 83 0,30-0,32 PIE 1920-1950 4 schiera tutto A-AA 11 0,40-0,36 PIE ante 1920 3 isolato tutto A 22 0,26 PIE ante 1920 3 schiera tutto A 194 0,11 PIE ante 1920 2 schiera tutto A 41 0,19 PIE 1920-1950 3 schiera tutto A 19 0,06 PIE 1920-1950 2 schiera tutto A 93 0,10 PIE dopo 1950 4 schiera tutto A 19 0,12 PIE 1920-1950 3 isolato tutto M-A 23 0,28-0,23 PIE dopo 1950 3 isolato tutto M-A 38 0,16-0,24 PIE dopo 1950 3 schiera tutto M-A 46 0,24-0,16 PIE dopo 1950 2 schiera tutto M 14 0,14 EDIFICI IN PIETRA-LATERIZIO TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche Classe costruttive di Vul. Materiale Età Piani F. comuni Scant. Caratteristiche della classe Numero Adattamento PLAT ante 1920 3 schiera Tutto A 30 0,15 PLAT ante 1920 3 1 tutto AA 17 0,15 PLAT ante 1920 3 2 tutto A 13 0,06 PLAT 1920-1950 3 isolato tutto A 25 0,19 PLAT 1920-1950 3 schiera tutto A 36 0,08 PLAT 1920-1950 3 1 tutto A 27 0,05 PLAT dopo 1950 3 isolato tutto M 47 0,13 PLAT dopo 1950 2 isolato tutto M 29 0,16 PLAT dopo 1950 4 schiera tutto A 17 0,09 PLAT dopo 1950 3 schiera tutto M-A 39 0,22-0,21 PLAT dopo 1950 3 1 tutto M-A 25 022-0,18 Per queste tipologie valgono tutte le considerazioni effettuate per gli edifici in pietra. Nella seguente tabella è riportato l'elenco delle tipologie edilizie significative in pietra-laterizio, ordinate in base alle classi di vulnerabilità: 138 TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche Classe costruttive di Vul. Materiale Età Piani F. comuni Scant. Caratteristiche della classe Numero Adattamento PLAT ante 1920 3 schiera tutto A 30 0,15 PLAT 1920-1950 3 isolato tutto A 25 0,19 PLAT 1920-1950 3 schiera tutto A 36 0,08 PLAT dopo 1950 4 schiera tutto A 17 0,09 PLAT dopo 1950 3 schiera tutto M-A 39 0,22-0,21 PLAT dopo 1950 3 isolato tutto M 47 0,13 PLAT dopo 1950 2 isolato tutto M 29 0,16 EDIFICI IN LATERIZIO TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche Classe Caratteristiche della costruttive di Vul. classe Materiale Età Piani F. comuni Scant. Numero Adattamento LAT 1920-1950 3 isolato tutto A 64 0,15 LAT 1920-1950 3 schiera tutto A 51 0,12 LAT 1920-1950 3 1 tutto A 42 0,14 LAT dopo 1950 3 isolato tutto M-B 282 0,11-0,16 LAT dopo 1950 3 isolato totale B 77 0,05 LAT dopo 1950 3 isolato parziale M-B 125 0,09-0,19 LAT dopo 1950 3 isolato assente M 76 0,03 LAT dopo 1950 2 isolato tutto B 303 0,02 LAT dopo 1950 2 isolato totale B 178 0,07 LAT dopo 1950 2 isolato parziale B 75 0,06 LAT dopo 1950 2 isolato assente M-B 47 0,13-0,16 LAT dopo 1950 1 isolato tutto B 77 0,07 LAT dopo 1950 1 isolato totale B 54 0,06 LAT dopo 1950 3 schiera tutto M 102 0,08 LAT dopo 1950 3 1 tutto M 84 0,08 LAT dopo 1950 3 2 tutto M 17 0,18 LAT dopo 1950 2 schiera tutto M-B 28 0,18-0,11 LAT dopo 1950 2 1 tutto M-B 21 0,17-0,08 Per gli edifici in laterizio il fattore che influisce in maggior modo sul livello di vulnerabilità è l'età, infatti vi è una sostanziale differenza tra gli edifici costruiti nel periodo 1920-1950 e quelli costruiti dopo il 1950. 139 Per gli edifici, costruiti dopo il 1950, è possibile osservare un aumento della vulnerabilità all'aumentare del numero di piani. Inoltre a parità di piani risultano più vulnerabili gli edifici appartenenti ad aggregati strutturali. Per quanto riguarda le sottoclassi si possono fare le seguenti valutazioni: Θ per gli edifici costruiti dopo il 1950, isolati ed a 3 piani si osserva un aumento del livello di danneggiamento passando da edifici con lo scantinato esteso a tutto il piano (totale), ad edifici con lo scantinato parziale ed infine ad edifici senza scantinato (assente); la stesso aumento, anche se meno marcato si osserva per gli edifici a 2 piani. In ogni caso il fattore scantinato non influisce in modo significativo sul livello di vulnerabilità per cui è possibile trascurarlo (tutto); Θ non si osserva una variazione nel livello di danneggiamento cambiando il numero di fronti comuni per cui rimane significativo il parametro SCHIERA. Nella seguente tabella è riportato l'elenco delle tipologie edilizie significative in laterizio, ordinate in base alle classi di vulnerabilità: TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive Materiale Età Piani F. comuni Scant. Classe di Caratteristiche della Vul. classe Numero Adattamento LAT 1920-1950 3 isolato tutto A 64 0,15 LAT 1920-1950 3 schiera tutto A 51 0,12 LAT dopo 1950 3 schiera tutto M 102 0,08 LAT dopo 1950 3 isolato tutto M-B 282 0,11-0,16 LAT dopo 1950 2 schiera tutto M-B 28 0,18-0,11 LAT dopo 1950 2 isolato tutto B 303 0,02 LAT dopo 1950 1 isolato tutto B 77 0,07 140 ALTRI MATERIALI TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive Classe di Caratteristiche della Vul. classe Materiale Età Piani F. Comuni Scant. Numero Adattamento INT+CA dopo 1950 3 Isolato tutto M 17 0,09 INT+CA dopo 1950 2 Isolato tutto M-B 25 0,10-0,15 LPIL+PPIL dopo 1950 2 Isolato tutto M 20 0,05 Da queste osservazioni risulta quindi giustificata la scelta di accorpare le informazioni sul numero di fronti comuni in due classi più ampie costituite dagli edifici ISOLATI e dagli edifici a SCHIERA; i dati a disposizione non permettono di verificare l'esatta influenza dell'aggregato strutturale sul comportamento dell'edificio ma consentono però di affermare che in "media" gli edifici appartenenti a tali aggregati risultano più danneggiati degli edifici isolati a parità delle altre caratteristiche tipologiche. Per quanto riguarda il parametro SCANTINATO, essendo significativo solo per gli edifici in laterizio, si preferisce trascurarlo nella definizione delle classi tipologiche anche perché la sua influenza non è molto rilevante. Unendo le tabelle precedentemente illustrate ottiene un catalogo complessivo composto da 29 tipologie edilizie. Ordinando tutte le tipologie edilizie individuate in base alle classi di vulnerabilità si ottiene complessivamente il seguente catalogo: 141 CATALOGO TIPOLOGIE EDILIZIE - CLASSI DI VULNERABILITA' PER IL COMUNE DI GEMONA DEL FRIULI TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive Materiale Età Piani F. comuni Scant. Classe di Vul. Caratteristiche della classe Numero Adattamento PIE ante 1920 4 schiera tutto A-AA 83 0,30-0,32 PIE 1920-1950 4 schiera tutto A-AA 11 0,40-0,36 PIE ante 1920 3 isolato tutto A 22 0,26 PIE ante 1920 3 schiera tutto A 194 0,11 PIE ante 1920 2 schiera tutto A 41 0,19 PIE 1920-1950 3 schiera tutto A 93 0,10 PIE 1920-1950 2 schiera tutto A 19 0,06 PIE dopo 1950 4 schiera tutto A 19 0,12 PLAT ante 1920 3 schiera tutto A 30 0,15 PLAT 1920-1950 3 isolato tutto A 25 0,19 PLAT 1920-1950 3 schiera tutto A 36 0,08 PLAT dopo 1950 4 schiera tutto A 17 0,09 LAT 1920-1950 3 isolato tutto A 64 0,15 LAT 1920-1950 3 schiera tutto A 51 0,12 PIE 1920-1950 3 isolato tutto M-A 23 0,28-0,23 PIE dopo 1950 3 isolato tutto M-A 38 0,16-0,24 PIE dopo 1950 3 schiera tutto M-A 46 0,24-0,16 PLAT dopo 1950 3 schiera tutto M-A 39 0,22-0,21 PIE dopo 1950 2 schiera tutto M 14 0,14 PLAT dopo 1950 3 isolato tutto M 47 0,13 PLAT dopo 1950 2 isolato tutto M 29 0,16 LAT dopo 1950 3 schiera tutto M 102 0,08 INT+CA dopo 1950 3 isolato tutto M 17 0,09 LPIL+PPIL dopo 1950 2 isolato tutto M 20 0,05 LAT dopo 1950 3 isolato tutto M-B 282 0,11-0,16 LAT dopo 1950 2 schiera tutto M-B 28 0,18-0,11 INT+CA dopo 1950 2 isolato tutto M-B 25 0,10-0,15 LAT dopo 1950 2 isolato tutto B 303 0,02 LAT dopo 1950 1 isolato tutto B 77 0,07 142 In questo catalogo vengono individuate e classificate le tipologie edilizie rilevate nel comune di Gemona del Friuli. La classificazione è essenzialmente una classificazione relativa in quanto permette di ordinare le tipologie dalla più vulnerabile alla meno vulnerabile ma non offre indicazioni assolute, per esempio, sulla percentuale di edifici distrutti per ogni classe di vulnerabilità e per una certa severità del sisma. Questo fatto è pienamente in accordo con la definizione di vulnerabilità in quanto la vulnerabilità degli edifici è un fattore indipendente dall'azione sismica ma dipende solamente dalle caratteristiche comportamentali dell'edificio stesso; al variare dell'azione sismica è poi possibile valutare l'entità assoluta del danno attraverso una opportuna relazione del tipo D = A ⊗ Vf . 3.13 La verifica del catalogo tipologie edilizie-classi di vulnerabilità Per quantificare l'attendibilità delle valutazioni riportate nel catalogo tipologie edilizie-classi di vulnerabilità redatto nel comune di Gemona del Friuli, al fine di dimostrare che la classificazione effettuata non è eccessivamente influenzata dalle particolari caratteristiche costruttive degli edifici oppure da particolari condizioni geomorfologiche della zona ed è quindi estendibile, con un certo grado di approssimazione, a tutti i comuni della regione, si effettueranno una serie di verifiche attraverso l'analisi degli altri Comuni Significativi. La verifica del catalogo sarà effettuata secondo due modalità: 1. a parità di azione sismica e quindi considerando i Comuni Significativi con la stessa intensità macrosismica di Gemona; 2. al variare dell'azione sismica e quindi considerando i Comuni Significativi con intensità macrosismica diversa da quella di Gemona. Affinché la verifica risulti soddisfatta, nel primo caso le classi di vulnerabilità assegnate alle tipologie edilizie devono coincidere, in quanto la severità del sisma è la stessa; nel secondo caso invece, è sufficiente che venga rispettata la classificazione relativa tra le tipologie anche se le classi non sono le stesse e questo perché l'intensità del sisma è diversa e quindi è diverso anche il grado di danneggiamento degli edifici a parità di tipologia. 143 Verifica a parità di azione sismica A Nella seguente tabella sono confrontate le classi di vulnerabilità assegnate alle tipologie edilizie individuate nel comune di Gemona del Friuli, che costituisce il campione da verificare e nei comuni di Trasaghis e di Montenars. Tutti questi comuni hanno un alto grado di rappresentatività degli effetti del sisma (percentuale verbali utili superiore a 90%) con una significatività dei dati buona per cui il confronto viene effettuato tra campioni omogenei dal punto di vista della qualità delle informazioni a disposizione. Naturalmente sono prese in considerazione solo lo classi tipologiche numericamente significative e cioè con un numero di edifici superiore alle 10 unità. CLASSE MACROSISMICA 7 TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive Fronti Materiale Età Piani comuni Scantinato PIE ante 1920 4 schiera tutto PIE 1920-1950 4 schiera tutto PIE ante 1920 3 isolato tutto PIE ante 1920 3 schiera tutto PIE ante 1920 2 schiera tutto PIE 1920-1950 3 schiera tutto PIE 1920-1950 2 schiera tutto PIE dopo 1950 4 schiera tutto PLAT ante 1920 3 schiera tutto PLAT 1920-1950 3 isolato tutto PLAT 1920-1950 3 schiera tutto PLAT dopo 1950 4 schiera tutto LAT 1920-1950 3 isolato tutto LAT 1920-1950 3 schiera tutto PIE 1920-1950 3 isolato tutto PIE dopo 1950 3 isolato tutto PIE dopo 1950 3 schiera tutto PLAT dopo 1950 3 schiera tutto PIE dopo 1950 2 schiera tutto PLAT dopo 1950 3 isolato tutto PLAT dopo 1950 2 isolato tutto LAT dopo 1950 3 schiera tutto INT+CA dopo 1950 3 isolato tutto LPIL+PPIL dopo 1950 2 isolato tutto LAT dopo 1950 3 isolato tutto LAT dopo 1950 2 schiera tutto INT+CA dopo 1950 2 isolato tutto LAT dopo 1950 2 isolato tutto LAT dopo 1950 1 isolato tutto 144 Gemona Montenars Trasaghis del Friuli A-AA A-AA A A A A A A A A A A A A M-A M-A M-A M-A M M M M M M M-B M-B M-B B B A AA A A A A A A M M M B Nel comune di Montenars le tipologie numericamente significative sono solamente due ed entrambe caratterizzate da un alta vulnerabilità. Nel comune di Trasaghis 8 tipologie edilizie su 10 rispettano la graduatoria del campione di riferimento costituito da Gemona; le tipologie rimanenti si discostano solo di una classe intermedia di vulnerabilità. Vengono purtroppo a mancare le verifiche sulle tipologie con una classe di vulnerabilità medio-alta. Verifica al variare dell'azione sismica A In questa verifica vengono considerati tutti gli altri Comuni Significativi selezionati nel paragrafo precedente. In particolare i comuni di Lusevera e Taipana, in quanto appartenenti alla stessa classe di intensità macrosismica e geograficamente vicini, vengono considerati insieme. Analizzando campioni in cui la severità del sisma è minore, è possibile distinguere dei comportamenti delle tipologie edilizie che per il comune di Gemona risultavano simili. Infatti, osservando per esempio il modello di vulnerabilità per edifici in muratura rappresentato nella figura seguente (CNR-GNDT, 1993), risulta evidente che per due livelli diversi di severità dell'azione sismica (rappresentata dal rapporto tra l'accelerazione prodotta dal sisma e l'accelerazione di gravità) il numero di tipologie che si riescono a distinguere in base al livello di danneggiamento (indice di danno) è maggiore per il livello di severità più basso. 145 Con questa verifica quindi, oltre a ricercare la conferma della graduatoria redatta per il comune di Gemona, si vuole tentare di mettere in evidenza ulteriori differenze di comportamento tra le tipologie edilizie. Come per Gemona, sono prese in considerazione solo lo classi tipologiche numericamente significative e cioè con un numero di edifici superiore alle 10 unità. CLASSE MACROSISMICA 6 TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive Artegna Bordano Venzone Fronti Materiale Età Piani comuni Scantinato PIE ante 1920 4 schiera tutto A AA PIE 1920-1950 4 schiera tutto A PIE ante 1920 3 isolato tutto PIE ante 1920 3 schiera tutto A A A-AA PIE ante 1920 2 schiera tutto AA A A PIE 1920-1950 3 schiera tutto A A PIE 1920-1950 2 schiera tutto PIE dopo 1950 4 schiera tutto PLAT ante 1920 3 schiera tutto AA PLAT 1920-1950 3 isolato tutto PLAT 1920-1950 3 schiera tutto A PLAT dopo 1950 4 schiera tutto LAT 1920-1950 3 isolato tutto LAT 1920-1950 3 schiera tutto PIE 1920-1950 3 isolato tutto A PIE dopo 1950 3 isolato tutto PIE dopo 1950 3 schiera tutto PLAT dopo 1950 3 schiera tutto PIE dopo 1950 2 schiera tutto PLAT dopo 1950 3 isolato tutto PLAT dopo 1950 2 isolato tutto LAT dopo 1950 3 schiera tutto INT+CA dopo 1950 3 isolato tutto LPIL+PPIL dopo 1950 2 isolato tutto LAT dopo 1950 3 isolato tutto M-A M LAT dopo 1950 2 schiera tutto INT+CA dopo 1950 2 isolato tutto LAT dopo 1950 2 isolato tutto M M-B LAT dopo 1950 1 isolato tutto M M-B 146 Tutti questi campioni hanno un alto grado di rappresentatività mentre per quanto riguarda la significatività, per i comuni di Artegna e Bordano è ottima e per Venzone buona. Per gli edifici in laterizio viene confermata la graduatoria individuata per il campione di riferimento. Per gli edifici in pietra, pur considerando l'influenza del tipo di tessitura muraria che può variare da paese a paese in base alle tradizioni costruttive locali, si può osservare una buona corrispondenza con la graduatoria individuata per il campione di riferimento costituito dal comune di Gemona del Friuli. Vengono purtroppo a mancare le verifiche sulle tipologie con una classe di vulnerabilità media. Significativi sono i dati di Venzone in cui, per gli edifici in pietra, costruiti prima del 1920 ed appartenenti ad aggregati strutturali, si osserva un aumento della vulnerabilità all'aumentare del numero di piani: TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive Materiale Età Piani F. comuni Scantinato Venzone PIE ante 1920 4 schiera tutto AA PIE ante 1920 3 schiera tutto A-AA PIE ante 1920 2 schiera tutto A Complessivamente si osserva infine una netta distinzione tra tipologie in pietra e tipologie in laterizio CLASSE MACROSISMICA 5 TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive Amaro Fronti Materiale Età Piani Scantinato comuni A-AA Lusevera Taipana PIE ante 1920 4 schiera tutto A PIE 1920-1950 4 schiera tutto M-A PIE ante 1920 3 isolato tutto A PIE ante 1920 3 schiera tutto A A PIE ante 1920 2 schiera tutto A M PIE 1920-1950 3 schiera tutto M-A PIE 1920-1950 2 schiera tutto M 147 TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive Amaro Fronti Materiale Età Piani Scantinato comuni PIE dopo 1950 4 schiera tutto PLAT ante 1920 3 schiera tutto PLAT 1920-1950 3 isolato tutto PLAT 1920-1950 3 schiera tutto PLAT dopo 1950 4 schiera tutto LAT 1920-1950 3 isolato tutto LAT 1920-1950 3 schiera tutto PIE 1920-1950 3 isolato tutto PIE dopo 1950 3 isolato tutto PIE dopo 1950 3 schiera tutto PLAT dopo 1950 3 schiera tutto PIE dopo 1950 2 schiera tutto PLAT dopo 1950 3 isolato tutto PLAT dopo 1950 2 isolato tutto LAT dopo 1950 3 schiera tutto INT+CA dopo 1950 3 isolato tutto LPIL+PPIL dopo 1950 2 isolato tutto LAT dopo 1950 3 isolato tutto LAT dopo 1950 2 schiera tutto INT+CA dopo 1950 2 isolato tutto LAT dopo 1950 2 isolato tutto LAT dopo 1950 1 isolato tutto Lusevera Taipana A M-A M-A B M B Tutti questi campioni hanno un alto grado di rappresentatività ed un ottima significatività. Nel comune di Amaro, pur essendo poche le tipologie individuate, viene confermata la graduatoria proposta per Gemona, confermando la netta distinzione tra edifici in laterizio ed edifici in pietra. L'analisi dei comuni di Lusevera e Taipana consente di distinguere il comportamento delle tipologie edilizie che nel comune di Gemona erano raggruppate in un'unica classe di vulnerabilità. Appare subito evidente, per gli edifici a schiera costruiti nella stessa epoca, l'aumento della vulnerabilità all'aumentare del numero di piani: 148 TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive Materiale Età Piani F. comuni Scantinato Lusevera Taipana PIE ante 1920 4 schiera tutto A PIE ante 1920 3 schiera tutto A PIE PIE ante 1920 1920-1950 2 4 schiera schiera tutto tutto M M-A PIE 1920-1950 3 schiera tutto M-A PIE 1920-1950 2 schiera tutto M TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive Fronti Materiale Età Piani Scantinato comuni Lusevera Taipana PIE dopo 1950 4 schiera tutto A PIE dopo 1950 3 schiera tutto M-A Inoltre si può osservare che gli edifici a tre piani sia a schiera che isolati hanno la stessa vulnerabilità: TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive Fronti Materiale Età Piani Scantinato comuni Lusevera Taipana PIE ante 1920 3 isolato tutto A PIE ante 1920 3 schiera tutto A TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive Fronti Materiale Età Piani Scantinato comuni Lusevera Taipana PIE 1920-1950 3 isolato tutto M-A PIE 1920-1950 3 schiera tutto M-A 149 CLASSE MACROSISMICA 4 TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive Chiusaforte Tolmezzo Fronti Materiale Età Piani Scantinato comuni PIE ante 1920 4 schiera tutto PIE 1920-1950 4 schiera tutto PIE ante 1920 3 isolato tutto A A PIE ante 1920 3 schiera tutto A A PIE ante 1920 2 schiera tutto M A PIE 1920-1950 3 schiera tutto M-A PIE 1920-1950 2 schiera tutto A PIE dopo 1950 4 schiera tutto PLAT ante 1920 3 schiera tutto PLAT 1920-1950 3 isolato tutto PLAT 1920-1950 3 schiera tutto PLAT dopo 1950 4 schiera tutto LAT 1920-1950 3 isolato tutto LAT 1920-1950 3 schiera tutto PIE 1920-1950 3 isolato tutto PIE dopo 1950 3 isolato tutto PIE dopo 1950 3 schiera tutto PLAT dopo 1950 3 schiera tutto PIE dopo 1950 2 schiera tutto PLAT dopo 1950 3 isolato tutto PLAT dopo 1950 2 isolato tutto LAT dopo 1950 3 schiera tutto INT+CA dopo 1950 3 isolato tutto LPIL+PPIL dopo 1950 2 isolato tutto LAT dopo 1950 3 isolato tutto LAT dopo 1950 2 schiera tutto INT+CA dopo 1950 2 isolato tutto LAT dopo 1950 2 isolato tutto LAT dopo 1950 1 isolato tutto M A A A M M-A La rappresentatività del comune di Chiusaforte è media mentre quella di Tolmezzo è bassa. La significatività è buona per Chiusaforte e discreta per 150 Tolmezzo. Nel comune di Chiusaforte, fra gli edifici a schiera risultano più vulnerabili quelli con tre piani rispetto a quelli con due o quattro piani: TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive Chiusaforte Fronti Materiale Età Piani Scantinato comuni PIE ante 1920 4 schiera tutto M PIE ante 1920 3 schiera tutto A PIE ante 1920 2 schiera tutto M Nel comune di Tolmezzo la classificazione è abbastanza uniforme per cui non si riescono a distinguere tra di loro le tipologie edilizie. CLASSE MACROSISMICA 3 TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive Fronti Materiale Età Piani Scantinato comuni PIE ante 1920 4 schiera tutto PIE 1920-1950 4 schiera tutto PIE ante 1920 3 isolato tutto PIE ante 1920 3 schiera tutto PIE ante 1920 2 schiera tutto PIE 1920-1950 3 schiera tutto PIE 1920-1950 2 schiera tutto PIE dopo 1950 4 schiera tutto PLAT ante 1920 3 schiera tutto PLAT 1920-1950 3 isolato tutto PLAT 1920-1950 3 schiera tutto PLAT dopo 1950 4 schiera tutto LAT 1920-1950 3 isolato tutto LAT 1920-1950 3 schiera tutto PIE 1920-1950 3 isolato tutto PIE dopo 1950 3 isolato tutto PIE dopo 1950 3 schiera tutto PLAT dopo 1950 3 schiera tutto PIE dopo 1950 2 schiera tutto PLAT dopo 1950 3 isolato tutto PLAT dopo 1950 2 isolato tutto LAT dopo 1950 3 schiera tutto INT+CA dopo 1950 3 isolato tutto TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive Fronti Materiale Età Piani Scantinato comuni Faedis Frisanco A M-A M-A M-A A A M-A A A M-A A A A M Faedis Frisanco 151 LPIL+PPIL LAT LAT INT+CA LAT LAT Sia il dopo 1950 dopo 1950 dopo 1950 dopo 1950 dopo 1950 dopo 1950 comune di 2 3 2 2 2 1 isolato isolato schiera isolato isolato isolato Faedis che tutto tutto tutto tutto tutto tutto quello M M-B B di Frisanco hanno un'alta rappresentatività, mentre per quanto riguarda la significatività, per Faedis è ottima e per Frisanco è discreta. Per il comune di Frisanco si ripresenta la stessa situazione particolare di Chiusaforte con gli edifici a schiera a tre piani più vulnerabili di quelli con due o quattro piani: TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive Fronti Materiale Età Piani Scantinato comuni Frisanco PIE ante 1920 4 schiera tutto M-A PIE ante 1920 3 schiera tutto A PIE ante 1920 2 schiera tutto M-A In ogni caso la classificazione delle tipologie in pietra è molto omogenea e si differenzia al più per una classe intermedia. Per il comune di Faedis viene confermata la graduatoria degli edifici in laterizio e la netta distinzione con gli edifici in pietra; un caso particolare è costituito dagli edifici isolati, con tre piani e costruiti dopo il 1950 che hanno la stessa vulnerabilità sia se realizzati in laterizio che in pietra: TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive Fronti Materiale Età Piani Scantinato comuni Faedis PIE dopo 1950 3 isolato tutto M LAT dopo 1950 3 isolato tutto M Per le altre tipologie in pietra la classificazione è molto uniforme e non permette di effettuare distinzioni significative. CLASSE MACROSISMICA 2 TIPOLOGIE EDILIZIE - Caratteristiche costruttive 152 Tricesimo Materiale Età Piani F.comuni Scantinato PIE ante 1920 4 schiera tutto PIE 1920-1950 4 schiera tutto PIE ante 1920 3 isolato tutto A PIE ante 1920 3 schiera tutto A PIE ante 1920 2 schiera tutto A PIE 1920-1950 3 schiera tutto M-A PIE 1920-1950 2 schiera tutto PIE Dopo 1950 4 schiera tutto PLAT ante 1920 3 schiera tutto A PLAT 1920-1950 3 isolato tutto A PLAT 1920-1950 3 schiera tutto PLAT Dopo 1950 4 schiera tutto LAT 1920-1950 3 isolato tutto LAT 1920-1950 3 schiera tutto PIE 1920-1950 3 isolato tutto PIE Dopo 1950 3 isolato tutto PIE Dopo 1950 3 schiera tutto PLAT Dopo 1950 3 schiera tutto PIE Dopo 1950 2 schiera tutto PLAT Dopo 1950 3 isolato tutto PLAT Dopo 1950 2 isolato tutto LAT Dopo 1950 3 schiera tutto INT+CA Dopo 1950 3 isolato tutto LPIL+PPIL Dopo 1950 2 isolato tutto A A B LAT Dopo 1950 3 isolato tutto B LAT Dopo 1950 2 schiera tutto INT+CA Dopo 1950 2 isolato tutto LAT Dopo 1950 2 isolato tutto B LAT Dopo 1950 1 isolato tutto B Il campione di dati di Tricesimo è caratterizzato da un alto grado di rappresentatività e da una buona significatività. Da tale campione si può osservare una netta distinzione di comportamento tra le tipologie in pietra e quelle in laterizio. Nella seguente tabella viene fornita una sintesi dei risultati ottenuti dalle verifiche effettuate sul catalogo definito per il comune di Gemona del Friuli. Nella prima colonna vengono riportati i comuni considerati nella verifica, nella seconda 153 la classe di intensità macrosismica corrispondente, nella terza il numero di tipologie significative individuate all'interno del campione di dati del comune e nella quarta il numero di tipologie che rispettano la classificazione definita sul campione di dati del comune di Gemona del Friuli. COMUNE ANALIZZATO Classe di intensità macrosismica Numero di tipologie edilizie verificate 8 Percentuale di tipologie verificate 7 Numero di tipologie edilizie individuate 10 TRASAGHIS MONTENARS 7 2 1 50% ARTEGNA 6 9 7 78% BORDANO 6 5 3 60% VENZONE 6 6 6 100% AMARO 5 5 5 100% LUSEVERA 5 11 6 55% TAIPANA 5 11 6 55% CHIUSAFORTE 4 5 4 80% TOLMEZZO 4 9 6 67% FAEDIS 3 13 10 77% FRISANCO 3 4 3 75% TRICESIMO 2 12 10 83% 80% I risultati ottenuti dalle verifiche sui Comuni Significativi sono sufficientemente soddisfacenti e confermano la bontà delle valutazioni effettuate per il comune di riferimento. Il catalogo tipologie edilizie-classi di vulnerabilità definito sulla base dei dati del campione del comune di Gemona, corrisponde abbastanza bene con le classificazioni effettuate per campioni di edifici sottoposti ad un sisma di diversa intensità. I campioni di dati su cui è stata effettuata la verifica sono inoltre dislocati su un'area territoriale abbastanza estesa, con condizioni geomorfologiche e tradizioni costruttive locali anche molto diverse, per cui i risultati ottenuti possono ritenersi senz'altro significativi ed applicabili a scala territoriale. La variabilità dei risultati in certi comuni può essere giustificata dal fatto che vengono a mancare sufficienti indicazioni sulle caratteristiche costruttive delle murature degli edifici in pietra e sulla localizzazione di tali edifici nell'aggregato 154 strutturale; in tali condizioni non è quindi possibile controllare tutte le variabili che influenzano la vulnerabilità di un edifico. In ogni caso la classificazione ottenuta può costituire un primo valido riferimento per stime di massima, a scala territoriale, della vulnerabilità sismica del patrimonio edilizio esistente. 155 1. DEFINIZIONE DEGLI STANDARD INFORMATICI Gli obiettivi fondamentali per la definizione della mappa della vulnerabilità sismica degli edifici in muratura possono essere così descritti: Θ Estrapolazione delle correlazioni tra caratteristiche delle costruzioni colpite dal terremoto e danni subiti, sulla base dei danni rilevati con i verbali di accertamento danni della LR 17/76. Θ Definizione di modelli strutturali speditivi per la valutazione della vulnerabilità sismica di tipologie edilizie tipiche dell’area friulana interessata alla mappatura di rischio. Θ Realizzazione di una banca dati informatica che consenta di gestire contemporaneamente dati di provenienza ISTAT e relativi ai verbali di accertamento danni, strutturata in modo da essere integrata con una cartografia digitalizzata così da permettere una mappatura tematica del territorio. La definizione degli standard per la gestione e la rappresentazione informatizzata dei dati utilizzati per la mappatura del territorio, deve garantire la compatibilità finale con i sistemi informativi utilizzati dagli uffici regionali. La produzione della mappa di vulnerabilità sismica degli edifici in muratura e la successiva integrazione con una mappa della pericolosità sismica e del valore esposto per la produzione della mappa di rischio sismico, impone l’implementazione di un sistema informativo territoriale e di una banca dati che raccolga le informazioni alfanumeriche alla base delle elaborazioni cartografiche. L’Articolo 5 della Convenzione tra Università di Udine e Regione FriuliVenezia Giulia, impone che tutte le mappe prodotte nel contesto della ricerca siano realizzate secondo le specifiche tecniche contenute nel documento ‘Indirizzi di normalizzazione per il trasferimento di dati numerici’ relativo al Progetto Generale dei Sistema Cartografico. In particolare, questo documento impone che ogni file georeferenziato prodotto da elaborazioni utili alla determinazione del rischio sismico, deve essere disponibile in uno dei formati informatici elencati nel documento stesso. Per l’implementazione del sistema informativo territoriale è stato scelto il software MicroStation, versione SE, prodotto da Bentley Systems; tale software è 156 un sistema Cad che può essere esteso, tramite il modulo GeoGraphics, con funzionalità per la gestione cartografica e lo sviluppo di sistemi informativi territoriali come le operazioni topologiche, la risimbolizzazione tematica e le interrogazioni spaziali. Tale software è attualmente in uso presso numerosi Enti e Direzioni della Regione Friuli-Venezia Giulia che gestiscono problematiche connesse al territorio. Per quanto riguarda la cartografia numerica di riferimento, la Convenzione sopra citata impone l’utilizzo della Carta Regionale Numerica (CRN) alla scala di 1:25.000. Il Servizio per l’Informazione Territoriale e la Cartografia della Direzione Regionale della Pianificazione Territoriale si è dichiarato disponibile a fornire i file della carta regionale numerica in formato DGN, formato nativo di MicroStationGeoGraphics. Gli archivi alfanumerici alla base delle operazioni di tematizzazione cartografica, saranno progettati tramite lo schema concettuale ER (EntitàRelazioni) ed implementati con una base di dati di tipo relazionale. Il software scelto per la realizzazione delle basi di dati relazionali è Access, versione 97, di Microsoft. Il modello relazionale su cui si base Access 97 è conforme alla definizione standard e supporta interamente il linguaggio SQL. Il collegamento tra sistema informativo territoriale e gestore di basi di dati relazionali è gestito con il protocollo ODBC/32 Bit (Open Database Connectivity) versione 3.5. 157 BIBLIOGRAFIA ANGELETTI P. (1993): Vulnerabilità: edifici in muratura, Rischio Sismico di Edifici Pubblici. 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