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Untitled - Aracne editrice

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Untitled - Aracne editrice
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Germana Carlotta Adriano
Invisibili
L’autore e l’editore restano a disposizione di eventuali
aventi diritti sulle immagini utilizzate.
Copyright © MMXIV
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
www.narrativaracne.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133/A-B
00173 Roma
(06) 93781065
isbn
978-88-548-7976-8
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’editore.
I edizione: dicembre 2014
Dedico questo libro a tutti gli invisibili di questo mondo indifferente, ed a
voi dico urlate, urlate, urlate con tutta
la forza e il coraggio che avete e quando non avrete più fiato battete le mani e
pestate i piedi finché non tremi la terra.
Invadete le strade e mostrate la fame, la
malattia, la solitudine, il dolore.
Forse si accorgeranno di voi.
Carolina
Credo che la depressione cosiddetta generalizzata e cioè quella che va allegramente a braccetto con
l’ansia, che è una malattia camaleontica, nel senso
che si manifesta in mille modi nella stessa persona e
in persone diverse, siano i patimenti meno conosciuti
e compresi e questo, purtroppo, crea non pochi problemi.
Ovviamente le reazioni delle persone di fronte ad
una persona d.a. (cioè, per comodità, depresso-ansiosa) varia anzitutto a seconda delle sue condizioni.
Se ti vedono che lavori, ti lavi, ti trucchi per uscire, che hai una qualche vita sociale (per il vero mai
troppo vorticosa), se fai shopping (che la maggior
parte delle volte è compulsivo ma, quando avviene,
come si sta bene per quell’oretta… fino a che non
torni a casa e sul letto, in mezzo a scarpe, trucchi, vestiti, quadretti improbabili ed asciugamani, che senso
di colpa soffocante!), insomma, se la facciata è abbastanza normale, allora di solito la gente non crede
assolutamente che tu soffra di qualsivoglia patologia.
Certo, se la mattina ti prendi un bel quantitativo di
antidepressivo ed un bel po’ di gocce di ansiolitico, che
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Adriano
credo sia una delle più grandi invenzioni del secolo, e,
naturalmente quando hai superato indenne quei primi venti giorni – un mese – di effetti collaterali (tremori, nausea, vomito, vertigini, formicolio in testa ed
agli arti, stitichezza con conseguenti dolori intestinali,
senso di ubriachezza e, spesso, un peggioramento dei
sintomi della malattia) è più che normale che riesci in
qualche modo a svolgere le attività doverose e inevitabili della tua esistenza perché sei un lavoratore, una
moglie, una sorella, una figlia, una nuora, un’amica e
tutti, siccome pensano che tu in fondo non abbia un
granché, ti chiedono di essere normale e spesso quando
deludi le loro aspettative, si offendono e ti fanno musi
lunghi così. Il problema è che, se anche hai la fortuna
di aver imbroccato la terapia giusta, non stai mai bene
al cento per cento, c’è sempre un sottofondo di malinconia e pessimismo, d’inquietudine e paura. Quando
devi affrontare qualcosa che ti sembra stressante che
può essere anche una cosa bella come un viaggio, ti
assale un senso di terrore dovuto alla paura che tutto
ricominci, che il male ti torni e che nel bel mezzo di
un impegno di lavoro ti venga una crisi d’ansia o semplicemente che tu non riesca ad alzarti la mattina e che
ricominci a non sentire niente né dentro né fuori di te,
immobile, prostrata, priva di volontà.
Lo scorso gennaio, quando ho avuto un periodo di
forte depressione, mi è successo di tenere la pipì fino
all’estremo, perché non riuscivo ad alzarmi dal divano, tutta avvolta in una coperta che costituiva uno
scudo tra me e il mondo, il chiasso, il fare, il dovere,
le emozioni.
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Invisibili
Dicevo, quando la terapia svolge i suoi effetti magari riesci anche ad alzarti di buon umore, ad essere
un po’ più ottimista, ad avere voglia di tenerti bene,
e lavori, ti occupi della casa, affronti i problemi della
vita.
Questa situazione non è mai costante: ogni giorno
è diverso dall’altro. Hai dei giorni no nei quali tutto
quello che hai costruito ti sembra sgretolarsi e, soprattutto, hai giorni particolarmente difficili, stressanti, in cui un litigio o un impegno gravoso possono
tornare con forza a prostrarti causandoti crisi forti
d’ansia e di depressione.
Di solito questo avviene quando per ore, ed a volte
per giorni, quell’impegno, quel problema è stato un
pensiero ossessivo per tutto il giorno e tutta la notte fino allo sfinimento fisico e mentale: ti figuri ogni
possibile variabile, tutte negative, fino al parossismo,
ti avvolgi, ti torturi, non mangi, non vivi, cioè al di
fuori sembri solo un po’ sovrapensiero, mentre dentro stai malissimo e vivi come in un sogno: lavori,
cucini, parli con la gente, guardi un film, ma la tua
attenzione è tutta in quel pensiero e quindi agisci ma
non capisci quasi niente di quello che fai e che ti succede intorno, tanto che sei un pericolo per te e per
gli altri: sul lavoro sbagli, e questo ti spaventa ancora di più esponendoti poi al rimprovero, nel vivere
quotidiano non percepisci niente, tanto che ci sono
periodi della mia vita che non ricordo affatto.
Il primo segnale di questo stato di alienazione è
che cadi, inciampi, ti scivolano le cose dalle mani,
ti scotti quando cucini, non ricordi gli appuntamenti
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e non senti quello che ti dicono le persone. In quei
giorni ho paura di uscire e di finire sotto una macchina, cosa che ho rischiato più di una volta.
Dunque, in questi giorni in cui sei relativamente
normale, appunto perché svolgi le usuali attività della
vita pur, con la sofferenza che ho spiegato, hai le forze mentali e fisiche contate, riesci a stento e con incommensurabile fatica ad agire, ma alla fine non resta
altro. Rimane soltanto l’urgente bisogno di dormire,
soprattutto il fine settimana, anche perché vivere e
stare svegli con le medicine in corpo che ti insonnoliscono e ti indeboliscono, incidendo nella maggior
parte dei casi sulla funzionalità epatica e sul ciclo ormonale, è una lotta quotidiana snervante.
Succede però che un’amica ti chiami per uscire a
cena (una volta una, ad un mio rifiuto, mi ha detto:
«Ho capito, sei una larva», ci aveva proprio preso!), e
poi c’è sempre qualcuno che ha un problema e vuole
un aiuto o almeno se lo aspetta da te.
E invece tu non ce la fai, hai dato già tutto e vuoi
spegnere il telefono, non sentire niente e nessuno,
annullarti al mondo ed a te stessa in un sonno perenne.
Ma gli altri non capiscono: si offendono, ti accusano di egoismo, di pigrizia (forse la cosa peggiore) di
menefreghismo.
Così, alla fine, resti solo e, quel che è peggio, ti
senti pure in colpa, soprattutto se hai un carattere
sensibile e se vorresti essere utile agli altri, uscire ed
essere allegra, perché sono cose che, prima di ammalarti, ti rendevano felice e soddisfatta.
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Una cosa buffa è che spesso le terapie ti fanno ingrassare, io sono su di otto chili, con ripercussioni
dolorose alla schiena ed al nervo sciatico, ma la gente
ti vede bella florida e ti dice che si vede che stai proprio bene.
Tutto questo quando la terapia funziona, bene o
male.
Poi ci sono periodi in cui invece stai proprio male,
quando stai provando a scalare le medicine, o quando
accadono forti avversità, troppo grandi per te. Dovrebbero inventare una medicina che vada su e giù
con le onde della vita, o bisognerebbe avere uno psichiatra 24 ore su 24 che moduli i famosi milligrammi
di elisir a seconda delle difficoltà che incontri.
Così, quando stai proprio molto male accade questo: quando non riesci più a parlare, muoverti, pensare, sentire emozioni, quando sei morto dentro e
la morte ti sembra solo un piccolissimo passo in più
rispetto alla tua non vita, le persone reagiscono diversamente. C’è chi ti esorta a reagire, che nella vita
bisogna essere forti, come dire ad uno in sedia a rotelle che è un lavativo, perché non si alza e non si fa
una bella passeggiata. C’è chi ti dice che la sofferenza
vera è di quel povero amico o parente che ha il cancro, oppure “Hai visto quei bambini con la sla o con
la leucemia?”
Il peggio è quando ti dicono: «Pensa che io ho avuto questo e quello, ma ho reagito perché bisogna essere forti è tutta questione di volontà».
“Ecco” penso io, “ha proprio centrato il problema
ed adesso capirà”. Ma questo non capita mai.
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La malattia annulla proprio la volontà, direi che
la depressione è proprio la malattia della volontà; è
come non avere le braccia. Diresti ad uno senza braccia di portarti i pacchi della spesa?
Quando ci penso vorrei urlare contro tutti, ma
forse basterebbe che chi si occupa di patologie mentali sensibilizzi le persone e le informi a dovere. E poi
ci stupiamo di giovani che si suicidano e i genitori
dicono che era un ragazzo normale, o povere donne
sole e incomprese che ammazzano i figli.
Io capisco, capisco tutto.
Vorrei solo che lo facessero anche gli altri, oppure
che una buona volta mi lasciassero in pace.
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