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appunti di elettronica industriale di potenza
APPUNTI DI ELETTRONICA INDUSTRIALE DI POTENZA Programma del Professore Angelo Raciti Anno 2002/2003 Argomenti: Raddrizzatori AC-DC non controllati; Raddrizzatori AD-DC controllati Convertitori DC-DC Inverter A cura di Angelo Guardo Autore Angelo Guardo RADDRIZZATORI AC-DC A DIODI NON CONTROLLATI Carico puramente ohmico: Questi tipo di raddrizzatori vengono definiti raddrizzatori a semionda. Questo perché la tensione d’uscita di questi tre tipi di raddrizzatori risulta comunque una singola semionda nel periodo della vs . La tensione risulta: VR = R⋅IR Carico ohmico-induttivo: Ovviamente la situazione si complica poiché dobbiamo considerare la caduta di tensione sull’induttanza che è oltretutto un elemento a memoria. Questo fa si che il diodo non si polarizzi inversamente quando la vs diventa negativa ma quando la tensione sull’induttanza diventa tale che le aree sottese alla curva di tensione si eguaglino. Questo avviene per la nota legge di conservazione dell’energia negli elementi a memoria. Le equazioni che competono a questo circuito sono: vs = Ri + L di dt Da questa equazione è possibile risalire alla forma d’onda d’uscita. Notiamo ancora che la corrente (e quindi la tensione sul carico) va a zero quando le aree di tensione sull’induttanza si eguagliano.Risulta infatti: vL = L di dt Æ vLdt = Ldi integrando 1 t1+T i ( t +T ) vL dt = [i ]i (t11 ) essendo ∫ t 1 L ∫ t1 +T t1 vL dt = L ∫ i(t1+T)=i(t1) Æ i ( t1 +T ) i ( t1 ) di Æ 1 t1+T vL dt = 0 L ∫t1 Questo dimostra quindi che l’integrale della tensione su un’induttanza nel periodo risulta essere nullo. 1 Autore Angelo Guardo Carico con generatore di tensione Ed: In questo caso dobbiamo considerare il fatto che il diodo comincerà a condurre quando la tensione vs supererà la tensione Ed. A quel punto si ripeterà la stessa condizione del caso precedente in cui la corrente si annullerà quando le aree di tensione sull’induttanza si saranno eguagliate. L’equazione che compete a questo circuito risulta: vs = L di + Ed dt Possiamo notare che la corrente in questo caso scorrerà ad intervalli con un picco massimo. Questo tipo di funzionamento viene definito discontinuo o intermittente Raddrizzatore monofase con ponte a diodi Questo tipo di raddrizzatore è detto a ponte intero o a ponte di Graez. Per il tipo di tensione in uscita viene anche chiamato raddrizzatore a doppia semionda perché nel periodo della vs la tensione di uscita ha due semionde. Distinguiamo il caso con Ls=0 ed il caso con Ls≠0. Vediamo innanzitutto il caso con Ls=0: L’uscita di questo raddrizzatore risulta quindi una serie di semionde tutte dalla parte positiva della tensione. Diciamo che anziché annullarsi, la semionda negativa si ribalta nel quadrante positivo dando un valore medio ovviamente maggiore del caso a singola semionda. La corrente sulla rete risulta essere un’onda quadra. L’onda quadra contiene tutte le armoniche. Tramite sviluppo in serie di Fourier otteniamo: 4 I s1 max = I d π Questo rappresenta il valore massimo della prima armonica di corrente. Da questa possiamo ottenere il valore efficace della prima armonica: 2 2 I s1 = I d = 0.9 I d π Da questa è possibile quindi risalire alla corrente distorcente che risulta essere ovviamente la radice quadrata della differenza dei quadrati della corrente totale meno la prima armonica: I dis = I s2 − I s21 = I d2 − (0.9 I d ) 2 Da qui ricaviamo alla fine il coefficiente di distorsione armonica THD (total armonic distortion) che risulta in percentuale: I THD% = dis % = 48.43% I s1 2 Autore Angelo Guardo A questo punto calcoliamo il valore di tensione media Vd0 (dove con 0 indichiamo il caso Ls=0) sul lato continua: 1 π 2 Vd 0 = ∫ 2Vs senωtd (ωt ) = 2Vs = 0.9Vs π π 0 Quindi la tensione in uscita sul lato continua risulta circa il 90% della tensione d’ingresso. Il problema del raddrizzatore a ponte intero comunque risulta l’alto coefficiente di distorsione armonica. Il caso reale, cioè con Ls≠0 migliora la situazione sotto il profilo armonico peggiorando però l’uscita sul lato continua Nel caso con Ls≠0 il circuito si presenta così: L’induttanza presente nel lato alternata comporta un ritardo nel trasferimento della corrente da una coppia di diodi all’altra. Questo ovviamente modificherà la forma d’onda della corrente. Infatti i fronti di salita e discesa della corrente dal valore Id al valore –Id risulteranno con meno pendenza. Il tempo di salita o discesa sarà detto “tempo di commutazione” e indicato con u. A causa del ritardo, durante la commutazione tutti e quattro i diodi conducono e risulta vd=0. Questo fa si che la linea veda un corto circuito sul generatore. Quindi avremo: vs = 2Vs senωt = vL = L di integrando dt ∫ u 0 Id 2Vs senωtdωt = ωL ∫ di = 2ωLI d − Id Da qui otteniamo: cos u = 1 − 2ωLI d 2Vs L’area di riduzione della tensione risulta: Au = 2Vs (1 − cos u ) Essendo la tensione di riduzione uguale all’area di riduzione diviso il periodo dell’onda che stiamo considerando, la tensione sul carico risulta: A 2 2 2ωLI d Vd = Vd 0 − u = Vs − π π π Raddrizzatore monofase con ponte a diodi e carico Ed (generatore di tensione constante): Analogamente al caso del raddrizzatore a singola semionda, qui la corrente avrà sempre l’andamento impulsivo con un punto di inizio a θb, un picco a θp ed una fine a θf. Per calcolare il valore medio di corrente Id procediamo nel seguente modo: 1 – Si sceglie un valore di Vd in modo che sia leggermente inferiore al valore massimo della tensione alternata d’ingresso. In quel punto risulta Vd=vs. Da qui ricaviamo: vs = 2Vs senθ b = Vd Da questa relazione si ricava θb. 2 – Noto θb è possibile ricavare θp dalla relazione θp=π-θb. 3 Autore Angelo Guardo 3 – La tensione ai capi dell’induttanza di linea L risulta essere: di vL = L dt Allora il valore medio di Id può essere calcolato integrando vL: 1 θ ( 2Vs senωt − Vd )dωt ∫θb 0 ωL ∫θb 4 – Da questa relazione possiamo ricavare il valore di θf che è il valore di ωt per cui id(θ)=0. 5 – Noto θf , il valore medio Id viene calcolato facendo l’integrale nel periodo di id(θ) tra 0 e π: 1 π I d = ∫ id (θ )d (ωt ) θ Id vL dωt = ωL ∫ di = ωLI d essendo vL = vs − Vd → id (θ ) = π 0 Caratteristiche del raddrizzatore: DPF PF THD Id/Icc Il grafico a sinistra mostra che nei raddrizzatori a diodi non controllati il fattore di potenza di spostamento (DPF) si Vd/Vd0 Vd/Vd0 Fattore di cresta Id/Icc mantiene al di sopra di 0.9 mentre il fattore di potenza (PF) è molto basso per valori di L bassi ed arriva a circa 0.75 appena L aumenta. Nella figura a destra si nota che con piccoli valori di L si ottengono un fattore di cresta ed un rapporto Vd/Vd0 elevati. Duplicatore di tensione: Il duplicatore di tensione serve per adattare i carichi alla rete quando ad esempio si utilizza un prodotto elettrico europeo in america in cui l’alimentazione è a 115 V. Quando il commutatore è nella posizione 230V, con tensione di linea 230V, il circuito è simile al raddrizzatore a ponte intero già visto in precedenza. Quando il commutatore è nella posizione 115V con tensione di linea 115V durante la semionda positiva la corrente si richiude attraverso il diodo D1, il condensatore C1 ed il filo di ritorno. Durante la semionda negativa invece la corrente si richiude attraverso il diodo D4, il condensatore C2 ed il filo di ritorno. Sul carico quindi avremo la somma delle tensioni sui condensatori C1 e C2 che risulta essere 230V. 4 Autore Angelo Guardo Raddrizzatore trifase a ponte intero: Dato che il raddrizzatore a ponte intero monofase produce una forte distorsione armonica sulla rete ed essendo trifase la maggior parte delle applicazioni industriali di grossa potenza si preferisce utilizzare un raddrizzatore trifase a ponte intero. Il raddrizzatore trifase ha quindi il vantaggio di un minor contenuto armonico nella corrente che va agli altri utilizzatori attraverso la rete. Distinguiamo anche questa volta il caso con Ls=0 ed Ls≠0. Caso Ls=0: Le tensioni van, vbn e vcn risultano essere: van vbn vcn In base a come è costruito il circuito, da π/6 a π/2 condurranno i diodi 6 e 1. Per un altro π/3 condurrà ancora 1 ma assieme a 2. Iterando il discorso fatto in base alle tensioni (Le tensioni positive apriranno i diodi del gruppo superiore mentre quelle negative apriranno i diodi del gruppo inferiore) avremo, a partire da π/2 la seguente successione: 1-2, 2-3, 3-4, 4-5, 5-6, 6-1. Ogni diodo condurrà per 120 gradi. La tensione che alimenta in carico risulta essere vPN = vPn – vNn. In base quindi alle coppie di diodi in conduzione, ogni 60 gradi ci troveremo una coppia diversa di tensioni che formano la tensione di uscita: quando conducono 1-2 ci troviamo vd = vPn – vNn = van – vcn = vac. Questo discorso viene iterato per tutti gli intervalli così da formare l’uscita del raddrizzatore che risulta a sei impulsi (essendoci nel periodo di 360 gradi 6 commutazioni di 60 gradi ciascuna). La forma d’onda si presenta così: 5 Autore Angelo Guardo La tensione vd è composta, in un periodo, da 6 archi di sinusoide con un angolo di π/3 e quindi presenterà un valore medio e armoniche che sono multiple di 6 della fondamentale (6fi è la fondamentale del ripple che stiamo esaminando). Per calcolare il valore medio della tensione d’uscita, Vd0, possiamo integrare la curva della tensione in un intervallo di π/3, essendo questi tutti uguali. Consideriamo l’intervallo con l’arco di vab e mettiamo l’origine degli assi bisecante l’arco di tensione. La tensione risulta intanto essere: ∧ ∧ vab = 3 V a cos ωt = V LL cos ωt L’area sottesa Au vale: π ∧ π ∧ ∧ Au = ∫−6π 3 V a cos ωtd (ωt ) = V LL [senωt ]−6π = V LL = 2 V LL 6 6 Da qui ricaviamo il valore medio della tensione che risulta essere l’area sottesa dalla curva della tensione d’uscita diviso il periodo che stiamo considerando, π/3. Quindi: A 3 2 Vd = u = V = 1.35VLL π 3 π LL Notiamo che se il carico è basso il ripple di tensione va a coincidere con i picchi degli archi di sinusoide che mi danno un regime intermittente alla tensione d’uscita. Andando a graficare infatti troviamo che sotto un certo valore Idmin il regime è discontinuo mentre al di sopra risulta continuo. Per quanto riguarda la corrente la rete vedrà un’onda rettangolare per ogni coppia di diodi 1-4, 3-6, 5-2 che risultano sfasate fra di loro di π/3: Notiamo che le correnti sono formate da una serie infinita di armoniche del tipo h=6k ±1, cioè le armoniche pari e quelle triple sono nulle.Ricaviamo l’ampiezza della prima armonica tramite sviluppo in serie di Fourier: ∞ 1 f (t ) = a0 + ∑ [ah cos(hωt ) + bh sen(hωt )] 2 h =1 Essendoci in questo caso una forma d’onda dispari e con una simmetria al quarto d’onda risulta: 4 π ah = 0 ed inoltre bh = ∫ 2 f (t ) sin ωtd (ωt ) π 0 Quindi possiamo ricavare il valore efficace della prima armonica di corrente: π π π6 2 2 ∧ 4 4 4 3 I s1 = ∫ is (t ) sin(ωt )d (ωt ) = ∫ 0d (ωt ) + ∫ I d sin(ωt )d (ωt ) = I π 0 π 0 π 2 d π 6 6 Autore Angelo Guardo ∧ I s1 6 I essendo I s1eff = segue I s1eff = π d 2 Ovviamente l’ampiezza delle altre armoniche risulta essere quella della prima diviso l’ordine armonico corrispondente. Vediamo ancora che il valore efficace della corrente di linea is risulta: 2 1 T 1 3T 12 2 2 [ [ is (t )] dt = I d t ]0 = I d T = Id ∫ T 0 T T 3 3 Otteniamo inoltre un DPF = cosφ1 = 1. Il fattore di Potenza risulta: I 6 π Id 3 PF = s1 cos φ1 = = = 0.955 Is 2 3 Id π Alla fine si evince che il raddrizzatore trifase (nel caso ideale con Ls=0) ha un contenuto armonico più basso e un fattore di potenza prossimo all’unità. Is = ( ( ) ) Caso Ls≠0: In questo caso, a causa dell’inerzia elettrica dovuta all’induttanza Ls, le commutazioni non avvengono più istantaneamente. Questo, anche se potrebbe sembrare un problema, in effetti diventa vantaggioso ai fini del contenuto armonico della is. Per studiare questo caso esaminiamo soltanto la commutazione che avviene dal diodo 5 al diodo 1, quindi D5 Æ D1. Vediamo il circuito pertinente a questa commutazione: Chiamiamo la corrente che circola nella maglia contenente i generatori va e vc, iu. Facendo una LKT in questa maglia otteniamo: di di va − Ls a + Ls c − vc = 0 dt dt Essendo ia = iu e ic = Id - iu segue che di va − vc = 2 Ls u = vac = 2VLL cos ωt dt Integrando l’espressione trovata otteniamo: ∫ u 0 Id 2VLL sin ωtd (ωt ) = 2 Lsω ∫ diu 0 Da questa espressione ricaviamo infine: 2ωLs I d cos u = 1 − 2VLL Da questa relazione è possibile ricavare l’angolo u di ritardo per la commutazione. Abbiamo ricavato quindi da queste relazioni appena scritte che: di vPn = van − Ls u dt quindi in tale intervallo la tensione vPn risulta diminuita della c.d.t. sulla induttanza di linea. Come abbiamo visto, risulta: di va − vc = 2 Ls u dt Sostituendo questa nella precedente espressione otteniamo la seguente espressione di vPn nell’intervallo u: v +v vPn = an cn 2 7 Autore Angelo Guardo A questo punto ricaviamo la tensione media d’uscita tenendo conto di u. Ricaviamo l’area persa Au facendo l’integrale della c.d.t. sull’induttanza che risulta: Id Au = ∫ Ls diu = ωLs I d 0 Questa area viene a ripetersi ogni π/3 per cui la tensione media Vdo all’uscita del raddrizzatore deve essere decurtata dell’area Au diviso il periodo di durata π/3. Troviamo infine: A 3 2 3 Vd = Vd 0 − u = VLL − ωLs I d = Vd 0 − ∆Vd π 3 π π Infine possiamo ricavare l’andamento del DPF, PF e del THD% al variare del carico e notare che a causa della presenza delle induttanza di linea Ls la caratteristica di uscita del raddrizzatore varia: Vd DPF PF THD Funz. Discont. Id/Icc Funz. Continuo Id Nella caratteristica di uscita si nota che nel funzionamento continuo l’andamento di Vd0 non è costante ma diminuisce con l’aumentare della corrente Id. 8 Autore Angelo Guardo RADDRIZZATORI AC-DC CONTROLLATI I raddrizzatori controllati, a differenza dei raddrizzatori non controllati, hanno la possibilità di variare la tensione da valori positivi a valori negativi. Questo fa si che i raddrizzatori controllati possano invertire il flusso di potenza e quindi funzionare da inverter. Carico puramente ohmico: Nei raddrizzatori controllati la conduzione dei dispositivi è controllata tramite impulsi nel gate dei tiristori. L’onda di tensione e quindi di corrente sulla resistenza partirà quando sarà arrivato l’impulso al gate per poi interrompersi con l’inversione della tensione di rete. Il tiristori insomma funziona come un diodo che conduce dopo aver ricevuto l’impulso al gate e si spegne esattamente come un diodo e cioè quando viene contropolarizzato. Questo fa si che variando il valore dell’angolo α di conduzione varia il valore medio della tensione. Essendo un circuito resistivo, la tensione risulta: VR = R⋅IR Carico ohmico-induttivo: Analogamente al caso dei raddrizzatori non controllati, la situazione si complica poiché dobbiamo considerare la caduta di tensione sull’induttanza che è oltretutto un elemento a memoria. Questo fa si che il diodo non si polarizzi inversamente quando la vs diventa negativa ma quando la tensione sull’induttanza diventa tale che le aree sottese alla curva di tensione si eguaglino. Questo avviene per la nota legge di conservazione dell’energia negli elementi a memoria. Notiamo che il diodo inizia a condurre a ωt=α. Le equazioni che competono a questo circuito sono: di dt Da questa equazione è possibile risalire alla forma d’onda d’uscita. vs = Ri + L Carico con generatore di tensione Ed: La situazione è analoga al caso del raddrizzatore non controllato. Bisogna come al solito considerare il fatto che il diodo non seguirà la naturale conduzione del circuito ma si attiverà non appena sarà stato mandato l’impulso al gate. L’equazione che compete a questo circuito risulta: di vs = L + Ed dt 9 Autore Angelo Guardo Possiamo notare che la corrente in questo caso scorrerà ad intervalli con un picco massimo. Questo tipo di funzionamento viene definito discontinuo o intermittente Raddrizzatore monofase con ponte a diodi Caso analogo al raddrizzatore non controllato a ponte intero. In questo circuito i tiristori vengono accesi a coppia: T1-T2 vengono accesi a ωt=α mentre T3-T4 vengono accesi a ωt=π+α. Distinguiamo il caso con Ls=0 ed il caso con Ls≠0. Vediamo innanzitutto il caso con Ls=0: innanzitutto analizziamo la corrente. Notiamo che la forma d’onda di corrente risulta essere sempre quadrata ma sfasata di α dalla tensione. Tramite sviluppo in serie di Fourier otteniamo: 4 I s1 max = I d π Questo rappresenta il valore massimo della prima armonica di corrente. Da questa possiamo ottenere il valore efficace della prima armonica: 2 2 I s1 = I = 0 .9 I d π d Da questa è possibile quindi risalire alla corrente distorcente che risulta essere ovviamente la radice quadrata della differenza dei quadrati della corrente totale meno la prima armonica: I dis = I s2 − I s21 = I d2 − (0.9 I d ) 2 Da qui ricaviamo alla fine il coefficiente di distorsione armonica THD (total armonic distortion) che risulta in percentuale: I THD % = dis % = 48.43% I s1 A questo punto calcoliamo il valore di tensione media Vd0α (dove con 0 indichiamo il caso Ls=0) sul lato continua: 1 π +α 2 Vdα = ∫ 2Vs senωtd (ωt ) = 2Vs cos α = 0.9Vs cos α π α π Notiamo quindi che il valore di uscita della tensione risulta essere il valore di tensione trovato per il ponte non controllato moltiplicato per il coseno dell’angolo di accensione dei dispositivi. Notiamo ancora che: DPF = cosϕ1 = cosα PF = Vs I s1 cos α = 0.9Vs I d cos α Q1 = Vs I s1 sin α = 0.9Vs I d sin α 10 Autore Angelo Guardo S1 = Vs I s1 = P 2 + Q12 S = Vs I s = Vs I d S1 = Vs I s1 = 0.9Vs I d = 0.9 S Possiamo quindi tracciare l’andamento di P, S, S1, Q1: S S1 Q1 α P Nel caso con Ls≠0 il circuito si presenta così: Avremo: vs = 2Vs senωt = vL = L di integrando dt α +u ∫α Id 2Vs senωtdωt = ωL ∫ di = 2ωLI d − Id Da qui otteniamo: 2ωLI d 2Vs Notiamo che per α=0 l’equazione risulta come il caso del raddrizzatore non controllato. L’area di riduzione della tensione risulta: cos(u + α ) = cosα − α +u Au = ∫ 2Vs senωtdωt = 2ωLs I d α Essendo la tensione di riduzione uguale all’area di riduzione diviso il periodo dell’onda che stiamo considerando, la tensione sul carico risulta: 2 2 2 A Vdα = Vd 0α − u = Vs cos α − ωLs I d π π π Raddrizzatore monofase con ponte a diodi e carico Ed (generatore di tensione constante): Diciamo che quello che abbiamo analizzato fino ad ora risulta essere un caso ideale. Nella realtà la corrente sul carico non è costante ma varia in funzione del carico stesso. Un caso più realistico è quello della figura a fianco. L’ipotesi del generatore di tensione costante è comunque verosimile poiché con un grosso capacitore in parallelo al carico la tensione si mantiene pressoché costante. 11 Autore Angelo Guardo Con carichi lievi e bassi valori di Id, la forma d’onda di id diventa discontinua; più lieve è il carico più alta è la tensione di uscita. Al diminuire del carico si varia l’angolo di ritardo α per stabilizzare la tensione di uscita altrimenti è necessario garantire un carico minimo detto carico zavorra. In tale circuito è possibile esprimere il valore medio di vd in funzione della corrente id che scorre sul carico in modo continuo: 2 Vd = 0.9Vs cos α − ωLs I d min π dove Idmin è il minimo valore di id che occorre all’istante ωt=α. Nel funzionamento discontinuo il ponte vede in uscita aree positive che in realtà non dovrebbero esserci; La tensione Vd del ponte cresce automaticamente a partire dal punto di accensione α. Si agisce allora sull’angolo α per aumentare il valore della tensione Vd in uscita altrimenti è necessario garantire un carico minimo, appunto il carico zavorra. Funzionamento da inverter: Abbiamo detto che i raddrizzatori controllati possono, variando l’angolo di conduzione α, variare il valore medio della tensione in uscita così da realizzare due zone vd di funzionamento: zona raddrizzatore per Id e Vd maggiori di zero e zona inverter per Id positiva e Vd negativa. Vd Raddrizzatore La condizione per cui il circuito funzioni da inverter è che 90°<α<180°. La potenza ovviamente risulterà anch’essa negativa essendo: PAC=VsIs1cosα essendo PAC la potenza del lato in alternata. Id Consideriamo per lo studio del circuito da inverter il caso di induttanza e generatore di tensione come carico. L’induttanza, Inverter -Vd se presa grossa, assicura una corrente id pressoché costante (id=Id). Trascurando la tensione media sull’induttore, possiamo considerare la tensione d’uscita come: 2 Ed = Vd = Vd 0 cos α − ωLs I d π Tale equazione è valida se il valore della corrente è costante e vale Id, altrimenti si deve utilizzare, al posto di Id, un valore di id per ωt=α. Possiamo fare ciò tenendo presente le seguenti curve: Quindi partendo da un certo valore di Ed1 ricaviamo, vd intercettando la curva ad α costante, il valore Id1. Id1 α3 α2 Ed1 Id α1 Notiamo ancora che per avviare l’inverter l’angolo di ritardo α viene inizialmente scelto intorno ai 165° per poi essere diminuito in modo da ottenere i valori desiderati di Id, Vd e Pd. 12 Autore Angelo Guardo Come avevamo detto in precedenza, il fatto di accendere i tiristori ad ωt=α≠0 causa uno sfasamento naturale della corrente is rispetto alla tensione vs. Tenendo conto del tempo di commutazione u dovuto all’induttanza di linea Ls otteniamo: 1 ϕ1 = α + u 2 Quindi 1 DPF = cosα + u 2 Il valore efficace della componente fondamentale (Is1) si può calcolare eguagliando le potenze sul lato alternata e continua: Vs I s1 ⋅ DPF = Vd I d Da cui Vd I d I s1 = 1 Vs cosα + u 2 Notiamo che questa deformazione nella corrente di linea dovuta all’angolo di commutazione, come nel caso dei raddrizzatori non controllati, gioca a sfavore delle armoniche; la non idealità del circuito in questo caso procura un vantaggio in quanto da luogo ad armoniche di valore più piccolo. Raddrizzatore trifase a ponte intero: Qui la situazione è praticamente analoga a quella dei raddrizzatori non controllati. Il circuito si presenta in questo modo. Notiamo che il controllo dei tiristori viene fatto con impulsi sul gate sfasati per i vari dispositivi come segue: T1-T2 ωt=α; T3-T4 ωt=120°+α; T5-T6 ωt=240°+α. Anche qui distinguiamo il caso con Ls=0 ed il caso con Ls≠0. Caso Ls=0: La tensione Vd è composta, in un periodo, da 6 archi di sinusoide con un angolo di π/3 e quindi presenterà un valore medio e armoniche che sono multiple di 6 della fondamentale (6fi è la fondamentale del ripple che stiamo esaminando). Possiamo calcolare la tensione di uscita considerando l’area persa nel ritardo di accensione α. Considerando la differenza fra van e vcn otteniamo: α α 0 0 Aα = ∫ (van − vcn )d (ωt ) = ∫ vac d (ωt ) Otteniamo quindi: α Aα = ∫ 0 2VLL sin ωtd (ωt ) = 2VLL (1 − cosα ) Questa area mediata su π/3 mi da la tensione persa su un impulso ma essendo tutti uguali possiamo fare il ragionamento singolo per poi estenderlo a tutte le altre.La tensione risulta intanto essere: 13 Autore Angelo Guardo vdα = Vd 0 − Aα 3 2 3 = VLL − 2VLL (1 − cos α ) π 3 π π Da qui si ricava: 3 2 V LL cos α π Si trova quindi che la tensione d’uscita del ponte trifase non dipende dalla corrente Id, cioè qualsiasi sia il carico la tensione Vd rimane inalterata, nell’ipotesi che la corrente fluisca continuamente. Per α≤30° la corrente risulta discontinua per valori Id<Idmin e quindi la tensione può salire ad un valore più alto dopo cui si mantiene costante. Per valori di α>30° si assume che questo fenomeno non si verifichi più cioè la tensione non è più in grado di salire a valori più alti essendo la tensione Vd parzializzata. Quindi, a differenza dei ponti non controllata, qui i sono più caratteristiche legate ai vari α. Vdα = Analizziamo le correnti di linea ia, ib e ic. Esse sono ovviamente sfasate dalle rispettive tensioni va, vb e vc di un angolo α. Consideriamo la ia. Essa si può esprimere tramite sviluppo in serie di Fourier come: ia (ωt ) = 2 I s1 sin(ωt − α ) − 2 I s 5 sin[5(ωt − α )] − 2 I s 7 sin [7(ωt − α )] + + 2 I s11 sin [11(ωt − α )] + 2 I s13 sin [13(ωt − α )] − 2 I s17 sin[17(ωt − α )]... Notiamo che sono presenti solo le armoniche dispari non multiple di 3 date da: h = 6n + 1 con n = 1,2,3... Il valore efficace della corrente ia è dato da: 1 T 2 Ia = ia (t )dt T ∫0 Essendo però ia = Id in un intervallo di (2/3)T il valore efficace diventa: 2 1 T 1 3T 12 2 [ [ ia (t )] dt = I d t ]0 = I d T = ∫ T 0 T T 3 Notiamo che il valore efficace della prima armonica vale: I 6 I a1 = I d da cui si ricava I ah = a1 π h Da questi valori di corrente possiamo risalire a: DPF = cosϕ1 = cosα Ia = PF = 6 I s1 cos φ1 = π Is 2 Id 3 3 3 cos α = cos α π 2 Le grandezze P, Q1, S1, S sono analoghi al caso monofase e mantengono lo stesso andamento in funzione di α. Anche il THD% risulta inalterato rispetto al caso del raddrizzatori non controllatiCaso Ls≠0: Anche questa volta la trattazione del fenomeno della commutazione rimane uguale. Vediamo intanto il circuito pertinente alla commutazione T1-T5. 14 Autore Angelo Guardo Chiamiamo la corrente che circola nella maglia contenente i generatori va e vc, iu. Facendo una LKT in questa maglia otteniamo: di di va − Ls a + Ls c − vc = 0 dt dt Essendo ia = iu e ic = Id - iu segue che di va − vc = 2 Ls u = vac = 2VLL cos ωt dt Integrando l’espressione trovata otteniamo: α +u ∫α Id 2VLL sin ωtd (ωt ) = 2 Lsω ∫ diu 0 Da questa espressione ricaviamo infine: 2ωLs cos(α + u ) = cosα − Id 2VLL Da questa relazione è possibile ricavare l’angolo u di ritardo per la commutazione. Abbiamo ricavato quindi da queste relazioni appena scritte che: di vPn = van − Ls u dt quindi in tale intervallo la tensione vPn risulta diminuita della c.d.t. sulla induttanza di linea. Come abbiamo visto, risulta: di va − vc = 2 Ls u dt Sostituendo questa nella precedente espressione otteniamo la seguente espressione di vPn nell’intervallo u: v +v vPn = an cn 2 A questo punto ricaviamo la tensione media d’uscita tenendo conto di u. Ricaviamo l’area persa Au facendo l’integrale della c.d.t. sull’induttanza che risulta: α +u α +u Id di Au = ∫ vL dωt = ∫ Ls a dωt = ωLs ∫ dia = ωLs I d α α 0 dt Questa area mediata su π/3 e sottratta al valore di Vdα ottenuto nel caso in cui Ls=0 fornisce il valore medio della tensione di uscita di un ponte trifase: Troviamo quindi: 3 2 3 A Vdα = Vd 0 cos α − u = VLL cos α − ωLs I d = Vd 0 − ∆Vd π 3 π π Tale espressione fa vedere che in realtà le caratteristiche di uscita del ponte raddrizzatore non sono invariabili rispetto alla corrente Id ma hanno perdite sottrattive che sono proporzionali alla corrente di carico Id (sono leggermente inclinate rispetto a quelle ideali con commutazione istantanea). Notiamo ancora che, come nel caso precedente dei raddrizzatori non controllati, il ritardo di commutazione dovuto alle induttanze di linea provoca un abbassamento del contenuto armonico migliorandone l’uscita. Line notching (linea di intaccamento): 15 Autore Angelo Guardo Il line notching è un fenomeno di intaccamento che avviene sella tensione di linea. Questo disturbo si riflette subito sulla linea provocando il malfunzionamento delle utenze collegate alla rete. Prendiamo in esame la tensione vAB e consideriamo la commutazione dal tiristore 1 al tiristore 3. Quando avviene la commutazione sappiamo che, a causa delle induttanze di linea, si viene a creare un cortocircuito che manda la tensione vAB a zero. Questa situazione si riporta sulla forma d’onda con un buco che parte, per un certo intervallo, dal valore di tensione in cui avviene la commutazione a zero. Dopo di che osserviamo una sella sempre sulla tensione vAB durante l’intervallo u di commutazione. Questa sella è dovuta al fatto che la tensione vPn durante la commutazione u, a causa della caduta di tensione sull’induttanza di linea, si muove su di una sinusoide di valore più basso, esattamente: v +v vPn = an cn 2 Questo valore è stato ricavato matematicamente in precedenza. Dopo di che il fenomeno della commutazione si ripete per i tiristori 1 e 2. Anche qui, per lo stesso motivo visto in precedenza, ci sarà una tacca di innalzamento sulla tensione vAB detto spike che avrà la durata appunto della commutazione 1-2. Lo stesso processo si ripete esattamente per la semionda negativa con le altre commutazioni del caso. Questo è un fenomeno deleterio per le altre utenze connesse tra la sorgente di tensione e il carico le quali per effetto delle commutazioni del ponte risulterebbe sottoposte alla tensione appena descritta. Per evitare ciò si procede inserendo dopo le utenze da alimentare delle piccole induttanze Ls2 che assieme alle induttanze di rete Ls1 mi danno un fattore di riduzione Ls1 ρ= Ls1 + Ls 2 Vediamo che se ρ=0.5 otteniamo una diminuzione della metà del valore degli spike, delle selle e degli hole. Questo è dovuto principalmente al fatto che l’angolo di commutazione dipende esclusivamente dall’induttanza di linea Ls. Facendo questa piccola modifica realizziamo una maglia con valori di induttanza che mi danno una diminuzione del line notching. Il valore del line notching è comunque stabilito dalle normative. Vediamo adesso di correlare le aree trovate in precedenza con le ampiezze delle tacche sulla tensione VAB. In corrispondenza della commutazione in cui di ha una sella di tensione sono interessate le tensioni van e vcn e quindi viene detratta la stessa area Au. In corrispondenza dello spike di tensione, positivo o negativo, l’aggiunta che viene fatta è sempre uguale al Au perché, in questo caso, le tensioni di fase interessate sono vcn e vbn. Invece, in corrispondenza del pezzo di tensione in cui sono interessate le fasi a e b si ha un’area pari a 2Au, dove Au=ωLsId Più che l’area, è importante considerare la profondità in quanto il buco di tensione ha sempre una durata pari a u/ω. Il problema sta ne fatto che più dura, maggiore è il rischio di disturbi sulle utenze. La profondità ci indica di quanto si riduce la tensione; quindi, se mettiamo delle induttanze in rete per ridurre di metà la tensione, dobbiamo sapere di quanto si sarebbe ridotta. Allora, si considera un’area pari ad Au o a 2Au; dato che la tensione vAB resta quella di fase fino all’istante in cui si ha l’accensione dei tiristori; La quantità 2VLL sin α rappresenta all’incirca l’altezza o la profondità della tacca. È possibile quindi calcolare il tempo di commutazione u come: area tacca 2ωLs I d u≈ ≈ profondità tacca 2VLL sin α 16 Autore Angelo Guardo Si può calcolare la deformazione della tensione mediante il coefficiente THD%; valutiamo cioè di quanto la tensione in linea è distorta rispetto alla tensione ideale sinusoidale. Si esegue quindi una scomposizione in seri di Fourier delle correnti di linea. Si calcola l’ampiezza di ogni armonica fino ad un ordine che si può intendere ragionevole (consideriamo trascurabili le armoniche che sono dell’ordine del 3% della fondamentale). Fatto quindi lo sviluppo in serie e calcolate le ampiezze Ah delle correnti, si calcolano le c.d.t. sulla linea per effetto dello scorrimento di queste correnti, cioè: Vh=hωLsIah Dove Iah è l’armonica di ordine h della corrente di linea, hωLs è l’impedenza d’ingresso della rete (hω è la frequenza della h-esima armonica). Valutazione dei diversi tipi di raddrizzatore: Vediamo di elencare diversi parametri che ci danno delle figure di merito per i diversi tipi di raddrizzatori: Pd = Vd I d Vrms = 1 T 2 vd (t )dt T ∫0 Potenza continua sul carico Valore efficace della tensione sul carico Irms PAC=Vrms⋅Irms P η= d PAC Valore efficace della corrente sul carico Potenza in alternata che va sul carico 2 VAC = Vrms − Vd2 Valore efficace della componente alternata della Rapporto di conversione (efficienza di raddrizzamento) tensione che va sul carico, cioè VAC rappresenta il ripple in uscita. Vrms Vd V RF = AC = ( FF ) 2 − 1 Vd P TUF = d V sI s FF = CF = I s , picco Vs , picco I s V s Fattore di forma Fattore di ripple Fattore di utilizzazione del trasformatore Fattore di cresta A questo punto possiamo fare una tabella che elenca tutti i tipi di raddrizzatori con i relativi fattori di merito: 17 Autore Angelo Guardo Raddrizzator e 1 diodo Vs Is ∧ 0.707 Vs Presa centrale e 2 diodi 0.707 Vs Trifase a 3 diodi 0.707 Vs ∧ ∧ ∧ Trifase ad onda intera e 6 0.707 Vs diodi Vd ∧ Id ∧ V 0. 5 s R 0.318Vs ∧ ∧ V 0.636 Vs 0.707 s R ∧ V 0.785 s R ∧ V 1.35 s R ∧ 0.826 Vs ∧ 1.654 Vs Vd R Vd R Vrms Irms η FF RF TUF CF ∧ Vrms R ≈40% 1.57 1.21 0.28 6 2 Vrms R ≈81% 1.11 0.78 1 0.80 9 2 Vrms R ≈97% 1.017 0.18 2 0.66 4 2.1 ≈99.8 % 1.000 8 0.04 0.95 4 1.3 Vs 2 ∧ Vs 2 Vd R 0.841Vs Vd R 1.655 Vs ∧ ∧ Vrms R Altri tipi di ponti raddrizzatori: Abbiamo visto che i normali raddrizzatori controllati si muovono nel 1° e 4° quadrante di un sistema di riferimento tensione-corrente. Vediamo adesso alcuni sistemi di raddrizzamento che, per come sono costruiti, possono lavorare in tutti e quattro i quadranti di un sistema Vd-Id. Raddrizzatore a ponte semicontrollato: Il raddrizzatore a ponte intero semicontrollato nasce dall’esigenza di controllare l’ampiezza della tensione d’uscita tramite variazione dell’angolo di conduzione senza però avere necessità di lavorare nel quarto quadrante del sistema di riferimento Vd-Id. Questo sistema mi permette quindi di risparmiare due tiristori, più costosi e più complessi da gestire, e di semplificare il circuito di controllo. Mettiamoci nel caso in cui il carico sia ohmico-induttivo. L’induttanza presente fa si che la corrente continui a scorrere anche quando la tensione ai capi dei tiristori sia arrivata a zero. C’è la possibilità di inibire questa situazione cioè: è possibile bloccare la tensione all’uscita del ponte e quindi fare in modo che il ponte non conduca più (in tal modo la tensione negativa non si presenterà sul carico) e nel frattempo garantire che la corrente nel carico che non può estinguere immediatamente possa circolare lo stesso. Si ottiene così da un lato la saturazione del ponte raddrizzatore e dall’altro la circolazione della corrente che c’era sul carico. Per fare ciò basta aggiungere un diodo in antiparallelo al carico perché quando la tensione è positiva sull’uscita il diodo è contropolarizzato e quindi non conduce; nel momento in cui la tensione passa per lo zero e tende a diventare negativa il diodo è polarizzato direttamente ed entra in conduzione. Segue quindi che la corrente che circolava nel carico si richiude attraverso il diodo D che viene chiamato “diodo di libera circolazione” e non interessa più ne la sorgente ne il ponte raddrizzatore. In tal modo il carico non vedrà più la semionda negativa. Si ha così il vantaggio di abbassare il valore medio della tensione di uscita e di migliorare il fattore di potenza del carico poiché la forma d’onda della corrente che vede a monte del sistema è confinata entro la prima semionda. Ovviamente se α=0 ed il carico è puramente resistivo non c’è bisogno del diodo di ricircolo. Notiamo ancora che a differenza del raddrizzatore a semionda, in un periodo avremo due impulsi e quindi il valore medio della tensione risulterà doppio. 18 Autore Angelo Guardo ∧ ∧ V V 1 π∧ Vd = 2 Vs sin ωtdωt = 2 s (1 + cosα ) = s (1 + cosα ) ∫ α 2π 2π π Il valore efficace della tensione sul carico è dato da: ∧ Vrms V 1 sin 2α = s π − α + 2 2 π Dual converter monofase (o connessione back to back): Consideriamo il seguente schema generale: Questo schema rappresenta la situazione generale. Il ponte a sinistra funge da raddrizzatore quindi eroga al carico una certa potenza mentre il ponte a destra funziona da inverter dando quindi potenza alla sorgente vs da parte del carico.Il circuito può funzionare sia controllando contemporaneamente entrambi i ponti sia singolarmente. Nel primo caso devono essere presenti delle induttanze Lc/2 che servono a limitare le correnti circolanti nei ponti senza che queste interessino il carico. Nel caso in cui funzioni un solo ponte alla volta si controlla il ponte raddrizzatore quando c’è da dare potenza al carico mentre si controlla quello invertitore quando il carico eroga potenza alla rete. I due ponti hanno all’uscita la stessa tensione ma di segno contrario. È importante fare si che i valori medi delle due tensioni siano uguali. Questo non implica che istantaneamente lo siano. Mandando gli impulsi con un angolo α1 al primo ponte abbiamo: ∧ Vd (α1 ) = 2Vs π cosα1 Sul secondo ponte mandiamo impulsi con un angolo di accensione α2 tale che: Vd(α2)=Vd(α1) Per verificare questa condizione gli angoli α1 e α2 devono essere supplementari. Operando in questo modo si vede che le tensioni in uscita vo1 e vo2 risultano essere speculari con valore medio uguale in modulo ma di segno opposto. Essendo i due ponti convertitori messi spalla a spalla (back to back, appunto) risulta che il carico avrà una tensione: mediamente positiva. La tensione sull’induttanza risulta essere: di vL = vo1 + vo 2 = Lc c dt Essendo le tensioni mediamente uguali nel periodo la somma sarà nulla. Quindi la vL ha valor medio nullo. Le induttanze di valore Lc/2, in definitiva, assorbono le differenze di tensione che si hanno tra i valori istantanei delle tensioni vo1 e vo2 e quindi limitano la corrente di circolazione ic. 19 Autore Angelo Guardo Per calcolare il valore delle induttanze Lc/2 bisogna conoscere il valore della corrente di circolazione. Per fare ciò consideriamo una situazione di cortocircuito in cui: vo1 π α1 t vo2 α2 t vL t 1 1 ωt vL dt = ∫ v L dt Lc Lc π −α 2 dove l’intervallo di integrazione è un qualunque intervallo per cui vL≠0. Quindi: ic = 1 ic = ωLc ∧ ∧ 2V s ωt ∧ ωtdωt ∫π −α2 − V s sin ωt − V s sin ωt dωt = − ωLc ∫π −αsin 2 ωt ∧ - 2V s ic = (cos ωt − cos α1 ) > 0 ωLc La condizione quindi che deve essere soddisfatta è che la corrente ic debba essere maggiore di 0. Da questa condizione è possibile ricavare la Lc. I vantaggi di questo convertitore sono: La dinamica più veloce poiché i ponti sono sempre in funzione quindi la corrente è sempre in transito attraverso il convertitore quindi risulta essere sempre pronto ad erogare o ad assorbire la corrente necessaria; Essendo che la corrente ic non interessa il carico, il convertitore funziona a prescindere dall’entità del carico assegnato. Quindi c’è sempre continuità di corrente. Del convertitore back to back esiste anche la versione trifase per potenze superiori e comunque per applicazioni trifase. 20 Autore Angelo Guardo Ponte raddrizzatore a dodici impulsi: Per grossissime utenze o per sistemi ad alta tensione a volte si utilizzano i ponti raddrizzatori a 12 impulsi perché, nonostante il ponte a 6 impulsi di in linea teorica e per α=0° un contenuto armonico del 4%, per potenze rilevanti un valore del 4% di armoniche che a valle verrà poi filtrato da filtri LC comporta l’utilizzo di filtri onerosi. Si preferisce, anziché utilizzare grossi filtri LC, ridurre l’ampiezza delle armoniche producendo nel periodo di 20ms (se siamo a 50Hz) 12 impulsi e non 6 in modo che si abbia anche un aumento della frequenza di ogni armonica: indicando con f la frequenza fondamentale, passiamo da 6f a 12f oltre le armoniche successive provenienti dallo sviluppo in serie di Fourier. Infatti h=12k±1 Otteniamo quindi frequenze più altre e quindi meglio filtrabili dai filtri normalmente utilizzati e di dimensioni contenute. Ovviamente per alimentare un raddrizzatore a 12 impulsi dovremmo avere un sistema di alimentazione esafase con le fasi a 60° l’una dall’altra. Per ottenere lo stesso risultato possiamo utilizzare due trasformatori opportunamente collegati tali che si crei uno sfasamento di 60° gradi fra i vettori delle tensioni. Questo è possibile connettendo assieme due trasformatori appartenenti a due classi orarie diverse. Il generatore esafase così ottenuto viene mandato ad alimentare due ponti trifase che possono essere collegati in serie o in parallelo: Vediamo quindi gli schemi inerenti ai due collegamenti: Quindi, se il collegamento è SERIE il carico è alimentato da una tensione che è data dalla somma delle tensioni fornite da ciascun ponte; le correnti che circolano nel carico sono sostenute da 21 Autore Angelo Guardo entrambe le f.e.m. che sono a monte. Se invece il collegamento è PARALLELO le due tensioni non sono istantaneamente uguali fra loro (come nel back to back converter) anche se lo sono mediamente in un periodo. Questo spiega le due induttanze interfasiche presenti che non compaiono nel caso SERIE. Ponte monofase semicontrollato in serie: Nei casi in cui si opera ad altissime tensioni (linee dette HVDC) vengono utilizzarti circuiti raddrizzatori che sono ottenuti collegando in serie fra loro i ponti finora visti. In particolare, il convertitore a 12 impulsi in cui si possono collegare due raddrizzatori in serie o in parallelo, è alimentato da due circuiti diversi. Nel circuito seguente si hanno due ponti raddrizzatori collegati in serie alimentati da un’unica sorgente di tensione che viene applicata a due secondari diversi ma che sono fra loro in fase. Il trasformatore a due secondari ha un numero di spire al primario uguale al doppio del numero di spire del secondario: Np=2Ns per cui le tensioni disponibili ai due secondari sono esattamente la metà della tensione che si ha al primario. Qui si hanno due ponti monofase semicontrollati. Come abbiamo già visto in precedenza i ponti hanno un valore di tensione medio in uscita pari a: ∧ Vd 1 = Vs π ∧ (1 + cos α1 );Vd 2 = Vs π (1 + cos α 2 ) Per questo circuito abbiamo due possibilità di funzionamento: una prima strategia è quella di fare lavorare soltanto un ponte facendo variare il ∧ valore medio della tensione in uscita da 0 a 2Vs π che è il valore massimo che si raggiunge quando α1=0 mantenendo costante α2=180°. Si ha quindi che: ∧ Vd = Vd 1 + Vd 2 = Vs π (2 + cos α1 + cos α 2 ) Dando un angolo di ritardo α si ha un primo impulso dovuto a T1 e D2 ed un secondo impulso dovuto a T3 e D4. Quando conducono T1 e D2 il ricircolo della corrente non può che avvenire attraverso il diodo di libera circolazione inferiore D’ il quale quindi bypassa il 2°ponte. Il secondo modo di funzionamento consiste nel far lavorare contemporaneamente tutti e due i ponti. ∧ Supponiamo di attivare il 1° ponte per α1=0° ottenendo quindi Vd 1 = 2Vs π e di attivare il 2° ponte con un angolo α2 variabile. Data allora la sinusoide d’ingresso si ricava che se α1=0 tutta la semionda positiva viene fatta passare e lo stesso vale per la semionda negativa. Avremo quindi in uscita: ∧ Vd = Vd 1 + Vd 2 = Vs π (3 + cos α 2 ) Vediamo ora le correnti che circolano nel nostro sistema. Intanto per ipotesi supponiamo che il carico si talmente induttivo da poter considerare id=Id. costante. Quindi avremo la i1 praticamente quadra mentre la i2 avrà uno scalino dovuto all’angolo di accensione α2 diverso da zero. Per quanto riguarda la corrente i1, il primo ponte conduce sempre per cui quando il 2° ponte non conduce la 22 Autore Angelo Guardo maglia di circolazione della corrente non può essere che attraverso T1, il carico, il diodo di ricircolo D e D2 poiché se il secondo ponte è spento la corrente può richiudersi solo attraverso D. Quando invece conducono entrambi i ponti il percorso della corrente i1, e quindi i2≠0, è: T1, carico, D’2, secondario, T’1, D2 e l’altro secondario.Da qui deriva il nome di convertitore in serie poiché la stessa corrente attraversa tutti e due i ponti e si ha: i1=Id per tutta la durata della conduzione di T1- D2 nel 1° ponte (e cioè tra 0° e π). Successivamente la corrente i1 diventa negativa e uguale ad -Id poiché conduce la coppia T3-D4.Nel momento in cui anche il secondo ponte inizia a condurre la corrente i2 assume lo stesso valore Id della corrente che circola nel 1° ponte finché il 2° ponte è in conduzione; dopodiché interviene il diodo di ricircolo e la corrente i2 va a zero. Quando poi viene raddrizzata la semionda negativa, se prima conducevano T’1 e D’2 e la corrente i2 era positiva adesso la corrente rientra attraverso D’4 e quindi diventa negativa e pari a –Id e così via. Essendo inoltre che la somma delle spire dei secondari sono uguali a quelle del primario segue che iprimario=id. Se invece la corrente al secondario attraversa solo uno dei due ponti la corrente al primario sarà la metà poiché Np=2Ns. Di conseguenza, tra 0 e α2 non si hanno entrambe le correnti che scorrono nei due secondati ma si ha soltanto la corrente i1 che riportata al primario si mantiene positiva e si dimezza. Possiamo vedere il grafico della corrente al primario (quindi la corrente di rete): Ad α2 entra in funzione anche il 2° ponte per cui ip la corrente id attraversa non solo le Ns spire del primo secondario ma anche le Ns spire del secondo secondario e quindi la corrente al primario salta al valore Id e vi rimane fino a π. π+α2 2π Da questo momento in poi il primo secondario cambia segno e quind la corrente i1 diventa α2 π negativa e siccome il 2° ponte non è acceso, al primario si ha una corrente pari proprio a –Id/2 fino a (π+α2); successivamente entra in gioco anche l’altro ponte e quindi la corrente ip risale a –Id e vi rimane fino a 2π per poi ricominciare il ciclo. Ponte total controllato: A differenza del ponte semicontrollato, il ponte total controllato il serie penmette il funzionamento del circuito nel 1° e nel 4° quadrante del sistema vd-id. In questo circuito i diodi di ricircolo sono sopperiti dagli altri due tiristori. Questo implica però che non è possibile non fare funzionare uno dei due ponti poiché la corrente, non essendoci più il diodo di ricircolo, non avrebbe nessun percorso per chiudersi. Questo ponte svolge quindi funzioni o da raddrizzatore o da inverter e comunque entrambi i ponti devono essere funzionanti. La tensione sul carico risulta essere: ∧ Vd = Vd 1 + Vd 2 = 2Vs π (cosα1 + cosα 2 ) Nel funzionamento da raddrizzatore possiamo stabilire di fissare α1=0° e 0°<α2<180°. Avremo quindi ∧ Vd = 2Vs π (1 + cosα 2 ) 23 Autore Angelo Guardo A differenza del caso del ponte semicontrollato, qui i tratti di onda negativa non vengono eliminati non essendoci nessun diodo di ricircolo che tagli la semionda negativa. Vediamo gli andamenti della corrente: la corrente i1 sarà un’onda quadra che parte da zero invertendosi a π. La corrente i2 è sempre un’onda quadra che, anziché partire da zero, partirà da α2 invertendosi ovviamente a π+α2. La corrente di primario sarà la somma delle due correnti id=i1+i2. Possiamo vederle graficamente: i1 i2 π+α2 α2 π π id π α2 Questa sarà quindi la corrente che scorrerà nel primario del trastormatore e quindi nella rete. Per quanto riguarda il funzionamento da inverter è necessario considerare gli angoli di accensione maggiori di π. In particolare, se attiviamo il 1° ponte a α1=π esso lascia passare le semionde negative (quindi funzionerà da inverter). Se poi facciamo funzionare il 2° ponte con un angolo 0<α2<π sommando le tensioni all’uscita dei due convertitori si ottiene ai capi del carico una tensione variabile negativa e si ha: ∧ Vd = 2Vs π (cosα 2 − 1) La corrente sul carico è invece sempre positiva. 24 Autore Angelo Guardo CONVERTITORI DC-DC I convertitori DC-DC sono dei circuiti che provvedono a modificare l’ampiezza di una tensione d’ingresso costante abbassandola, alzandola o implementando entrambe le funzioni. I convertitori si dividono in : - Step down converter (detto anche buck converter); - Step up converter (detto anche boost converter); - Step down/step up converter (detto anche buck-boost converter); - Cuk converter; - Full bridge converter. Notiamo subito che questi tipi di convertitori hanno tutti dispositivi di potenza controllati per quanto riguarda l’apertura e la chiusura. Questo procedimento viene detto switching. In base ai tempi di apertura e chiusura degli switch, dettati dal circuito di controllo, si può regolare l’ampiezza della tensione in uscita. Definiamo adesso, poiché generale per tutti i convertitori il parametro D detto duty-cicle: t v D = on = control ∧ Ts V st Indichiamo con ton il tempo di accensione del dispositivo mentre con Ts il periodo. Essendo che il controllo dei dispositivi viene fatto tramite un’onda quadra generata tramite comparazione di un’onda a dente di sega Vst (saw tooth wave) e di un segnale di controllo vcontrol, possiamo definire D anche come rapporto tra queste quantità. Step down converter (buck converter): Questo convertitore DC-DC rappresenta, assieme allo step up, la topologia base dei convertitori DC-DC. Il circuito si presenta così La tensione di uscita risulta essere: Ts t 1 Ts 1 ton V0 = ∫ v0 (t ) = ∫ Vd dt + ∫ 0dt = on Vd = DVd ton Ts Ts 0 Ts 0 Da cui possiamo ricavare: V V V0 = ∧d vcontrol = kvcontrol con k = ∧d Vst Vst Abbiamo visto che il circuito è costituito da uno switch. Diciamo che se non ci fossero l’induttanza che accumula corrente e la capacità che stabilizza la tensione avremmo in uscita una tensione quadra con valori 0 e Vd. La parte LC funge inoltre da filtro passabasso per il circuito. Osserviamo inoltre il diodo D di libera circolazione; questo risulta essere necessario il modo che quando S è aperto la corrente che scorreva sul carico non si richiuda sulla rete ma ritorni attraverso il diodo di ricircolo. Possiamo definire tre zone di funzionamento del circuito: 25 Autore Angelo Guardo Funzionamento continuo: Per funzionamento continuo intendiamo la situazione in cui la corrente fluisce in modo continuato attraverso l’induttanza. Supponiamo che la corrente nell’induttanza cresca linearmente (trascuriamo cioè la R). Se siamo a regime, con S chiuso, la tensione ai capi di L vale: quindi risulta vL = costante vL = Vd − V0 ma anche di vL = Vd − V0 = L L dt integrando l’equazione differenziale si ottiene una rampa crescente di corrente da iLmin e iLmax. Nel momento in cui l’interruttore è aperto risulta: vL = −V0 Quindi, essendo ai capi dell’induttanza un valore negativo, la corrente iL decresce linearmente. Risulta graficamente: vL Vd-V0 t -V0 iL IL=I0 t Come possiamo vedere dal grafico, la tensione sull’induttanza rispetta la legge delle aree, cioè: Ts ton (V − V )dt + Ts (− V )dt = 0 v ( t ) = ∫0 L ∫0 d o ∫ton o La corrente, come vediamo, cresce e decresce linearmente in funzione della tensione ai capi dell’induttanza. Possiamo definire ovviamente un valore medio di corrente che corrisponde alla corrente che andrà sul carico: IL=I0. Trascurando le perdite associate ai vari elementi del circuito, possiamo dire che la potenza entrante eguaglia quella uscente, cioè: Pd = P0 da cui Vd I d = V0 I 0 Diciamo quindi che lo step down in funzionamento continuo corrisponde ad un trasformatore abbassatore con un rapporto spire compreso tra 0 e 1. Situazione limite fra funzionamento continuo e discontinuo: In questo la corrente sull’induttanza risulta essere: Possiamo ricavare il valore medio della corrente iL tramite considerazioni trigonometriche: il valore medio della corrente risulta metà del valore di picco della corrente iL. Applicando le regole sui triangoli Vd-Vo rettangoli per ricavare il valore della corrente di ILB=IoB picco otteniamo: 1 1 (V − Vo ) DTs I L B = iL , picco = ton d = (Vd − Vo ) = I oB t 2 2 L 2L Avendo considerato la formula: -Vo (V − Vo ) diL = cateto1 = tan αcateto2 essendo tan α = d L dt dove per definizione di derivata ricaviamo la tangente. 26 Autore Angelo Guardo Notiamo quindi che il valore ILB=IoB risulta essere una parabola in funzione del duty cicle D. Questo perché Vo=DVd e quindi, mettendo nell’espressione della corrente in evidenza Vd otteniamo proprio un andamento parabolico dovuto a D(1-D). Funzionamento discontinuo con Vd costante: Questo funzionamento è richiesto quando, come ad esempio nei motori in c.c., la tensione d’ingresso rimane constante mentre la tensione di uscita varia per fare variare la velocità. Nel caso in cui la tensione Vo risulta tale da fare cadere la corrente iL prima che finisca il periodo saremo nel caso di corrente iL discontinua: iL IL=Io VL-Vo t -Vo Chiamiamo ∆1 l’intervallo che intercorre tra il picco massimo di iL e zero. Per la legge delle aree risulta quindi: (Vd − Vo )DTs + (− Vo )∆1Ts = 0 Da cui: Vo D = Vd D + ∆1 Notiamo ancora che: V iL , picco = o ∆1Ts L Essendo il valore medio della corrente l’area della corrente mediata nel periodo otteniamo: (D + ∆1 )Ts 1 = i (D + ∆1 ) 1 1 I o = ab = iL , picco L , picco Ts 2 Ts 2 2 Da cui: Io V Ts VT I o = o s (D + ∆1 )∆1 = d D∆1 = 4 I LB ,max D∆1 segue ∆1 = 2L 2L 4 I LB ,max D Ottengo quindi in definitiva: Vo D2 = Vd D 2 + 1 (I I o LB ,max ) 4 Graficamente risulta, per Vd costante: D=1.0 Vo/Vd D=0.9 D=0.7 Funz. Discontinuo D=0.5 D=0.3 D=0.1 Io/ILB,max 27 Autore Angelo Guardo Funzionamento discontinuo con Vo costante: Essendo Vd=Vo/D otteniamo: TsVo (1 − D ) quindi risulta I LB ,max = TsVo 2L 2L Questo massimo lo otterremmo per D=0. Questo è ovviamente impossibile poiché dovremmo avere una Vd infinita. Segue anche che: I LB = (1 − D )I LB ,max I LB = È utile, in questo caso di Vo costante, avere una funzione che mi leghi D con Io/ILB,max. Graficamente otteniamo quindi: D 1.0 Vd/Vo=1.25 Vd/Vo=2.0 Funz. Disc. Vd/Vo=5.0 1.0 Io/ILB,max Ripple della tensione di uscita: Con valori normali di capacità, la tensione in uscita si presenta pressoché costante ma conserva sempre un certo valore di ripple. Questo ripple può essere rappresentato come: ∆Q 1 1 ∆I L Ts V ∆Vo = = essendo ∆I L = o (1 − D )Ts C C2 2 2 L Risulta quindi: ∆Vo 1 Ts2 (1 − D ) π 2 T V (1 − D ) f c ∆Vo = s o (1 − D )Ts quindi = = 8C L 8 LC 2 Vo fs Notiamo che la quantità fc rappresenta la frequenza di switching: 1 fc = 2π LC 2 Quindi scegliendo una frequenza di switching fc<<fs otteniamo un abbassamento del ripple sulla tensione in uscita. 28 Autore Angelo Guardo Step up converter (boost converter): Il convertitore step up serve ad innalzare il valore di tensione in ingresso in relazione al duty cicle scelto. Il circuito dello step up converter risulta essere: A differenza dello step down converter, possiamo notare che qui la differenza sta nell’inversione diodo induttanza: quando lo switch è acceso il diodo risulta contropolarizzato; questa situazione separa il circuito in due pezzi: uno alimentato in cui rimane l’induttanza che si carica e l’altro in cui il carico viene alimentato dalla capacità. Quando lo switch è spento il diodo risulta polarizzato direttamente. Questo fa si che esso conduca la corrente proveniente dall’induttanza verso il carico e sull’induttanza cada Vd-Vo. La capacità mantiene la vo quasi costante, cioè: vo≈Vo. Anche qui possiamo distinguere le varie zone di funzionamento: Funzionamento continuo: Per la legge delle aree risulta: Vd ton + (Vd − Vo )toff = 0 vL V0 Dividendo entrambi i lati per il periodo Ts e sistemando i termini risulta: Vo Ts 1 = = Vd toff 1 − D Assumendo nulle le perdite otteniamo: I Pd = P0 da cui Vd I d = V0 I 0 ed inoltre o = (1 − D ) Id t Vd-V0 iL IL=I0 t Situazione limite fra funzionamento continuo e discontinuo: Possiamo qui fare considerazioni analoghe al caso dello step down. Il valore medio della corrente limite sull’induttanza risulta: 1 1 V TV I L B = iL , picco = ton o = s o D(1 − D) 2 2 L 2L Essendo 29 Autore Angelo Guardo Io = (1 − D ) Id Segue che: TsVo D(1 − D) 2 2L Mantenendo Vo costante possiamo graficare l’andamento di ILB e di IoB: Possiamo ricavare da queste espressioni i valori massimi dei valori medi delle correnti sull’induttanza e sul carico: TV I L B ,max = s o 8L ILB TV I o B = 0.074 s o L Io B = IoB 1/3 0.5 1 D Funzionamento discontinuo: Analizziamo questo caso come il caso precedente riguardante il buck converter. Consideriamo questa volta solo il caso di Vd costante. Applicando la legge delle aree risulta: Vd DTs + (Vd − Vo )∆1Ts = 0 da cui segue: Vo D + ∆1 = ∆1 Vd In base alle considerazioni fatte nel caso del funzionamento discontinuo del buck converter otteniamo: ∆1 V I I d = d DTs ( D + ∆1 ) essendo o = I d ∆1 + D 2L risulta TV I o = s d D∆1 2L Sarebbe molto utile ottenere il duty cicle in funzione di Vo/Vd perché, mantenendo costante Vo, possiamo vedere come varia D al variare di Vd: 4 Vo D= 27 Vd D Vd/Vo=0.25 Vo I o − 1 I oB ,max Vd 12 Possiamo graficare quindi la variazione di D in funzione di Io/IoB,max: Vd/Vo=0.5 Vd/Vo=0.8 Io/IoB,max 30 Autore Angelo Guardo Ripple della tensione di uscita: Analogamente al caso precedente possiamo quantizzare il ripple come: ∆Q I o DTs Vo DTs ∆Vo = = = R C C C Da cui: ∆Vo DTs T = = D s dove τ = RC Vo RC τ Step up-step down converter (buck-boost converter): Lo step up-step down converter, a differenza degli altri convertitori, variando il duty cicle può aumentare o diminuire la tensione in uscita. La funzione di uscita della tensione è infatti la combinazione delle due precedenti. Vediamo intanto il circuito relativo: Come possiamo vedere dal circuito, quando lo switch è acceso il diodo D risulta contropolarizzato. Questo fa di che sull’induttanza ci sia tutta la tensione Vd. Quando invece lo switch è spento la tensione di alimentazione è esclusa dal circuito e quindi sull’induttanza cade la tensione d’uscita Vo. Come negli altri casi, anche qui è possibile distinguere le vari zone di funzionamento. Funzionamento continuo: Partiamo come sempre dalla legge delle aree per la tensione sull’induttanza: Vo D = Vd DTs + (− Vo )(1 − D )Ts = 0 da cui Vd 1 − D come possiamo vedere, la relazione che lega la tensione in uscita a quella in ingresso è il prodotto fra la relazione d’uscita dello step down e quella dello step up. Assumendo, come al solito, nulle le perdite dall’ingresso all’uscita possiamo ricavare: I o (1 − D ) = essendo Pd = Po Id D I grafici di tensione e di corrente sull’induttanza sono analoghi ai precedenti. Situazione limite fra funzionamento continuo e discontinuo: Come nei casi precedenti, si procede allo stesso modo per determinare il valore medio della corrente sull’induttanza nel funzionamento limite. Avremo quindi: 1 TV TV I L B = iL , picco = s d D = s o (1 − D) 2 2L 2L da qui possiamo ricavare il valore medio della corrente sul carico: 31 Autore Angelo Guardo TsVo (1 − D) 2 essendo I o = I L − I d 2L Da questi risultati possiamo ricavare i valori massimi, quindi: TV I LB ,max = I oB ,max = s o 2L Graficamente, mantenendo Vo costante, l’andamento delle correnti risulta: I oB = 1.0 ILB/ILB,max IoB/IoB,max 1.0 D Funzionamento discontinuo: Come sempre qui la situazione è differente poiché dobbiamo introdurre un ∆1 intervallo di conduzione che dura meno di toff tale per cui: Vo ∆1 Vd DTs + (− Vo )∆1Ts = 0 da cui = Vd D Dalle considerazioni fatte sempre per quanto riguarda il valore medio della corrente ricavato come l’area mediata nel periodo ricavo: V I L = d DTs (D + ∆1 ) 2L Consideriamo anche qui l’andamento di D in funzione di Vo/Vd. Questo deriva sempre dal fatto che variando D varia la tensione in uscita quindi, fissando Vo costante, si ricava come variare D affinché Vo si mantenga costante anche variando Vd. Andando a graficare otteniamo: Possiamo ricavare inoltre la legge D di variazione di D in funzione di Io/IoB,max e di Vd/Vo: 1.0 D= Vd/Vo=0.33 Vo Vd Io I oB ,max Vd/Vo=1.0 Funz. Discont. Vd/Vo=4.0 1.0 Io/IoB,max 32 Autore Angelo Guardo Ripple della tensione in uscita: Anche in questo caso si procede in modo analogo ai precedenti: ∆Q I o DTs Vo DTs ∆Vo = = = R C C C Da cui: ∆Vo DTs T = = D s dove τ = RC Vo RC τ Cuk dc-dc converter: Il convertitore Cuk deve il proprio nome al suo inventore. Diciamo che esso rappresenta una variante dello step up-step down ma con due capacitori e due induttori. Vediamo di seguito il circuito relativo: Analizziamo in dettaglio quello che succede nel circuito nei due stadi dello switch. Quando lo switch è acceso la tensione sull’induttanza L1 è Vd. Inoltre il diodo D risulta contropolarizzato dal capacitore C1. Essendo inoltre VC1 maggiore di Vo la capacità C1 si scaricherà attraverso lo switch sul carico caricando l’induttore L2. Quindi avrò, con lo switch acceso VL1=Vd e VL2=VC1-Vo. Quando lo switch è spento il diodo D risulta polarizzato direttamente. Questo fa si che l’induttore L1 si scarichi attraverso il diodo D sulla capacità caricandola e che l’induttore L2 si scarichi sul carico. Quindi avrò, con lo switch spento, VL1=Vd-VC1 e VL2=-Vo. Per la legge delle aree avrò quindi: Su L1 1 Vd DTs + (Vd − VC1 )(1 − D )Ts = 0 da cui VC1 = Vd 1− D mentre su L2 (VC1 − Vo )DTs + (− Vo )(1 − D )Ts = 0 da cui VC1 = 1 Vo D Osserviamo che in questo circuito la capacità C1 diventa fondamentale per quanto riguarda l’accumulo e lo scambio di energia. Notiamo ancora che essendo nulle nel periodo le tensioni sugli induttori risulta: VC1 = Vd + Vo Dalle leggi delle aree ricaviamo quindi: Vo D = Vd 1 − D Assumendo nulle le perdite otteniamo: I o (1 − D ) = essendo Pd = Po Id D Dove IL1=Id e IL2=Io. 33 Autore Angelo Guardo Full bridge DC-DC converter: Il convertitore a ponte intero (full bridge converter) è utilizzato per molteplici applicazioni: - drive per motori in c.c. - conversione DC-AC monofase per unità UPS - conversione DC-AC in alta frequenza intermedia per alimentatori di potenza isolati con trasformatori. Vediamo intanto il circuito relativo al convertitore: Come vediamo il convertitore è costituito da una alimentazione DC e da due “gambe” contenenti a sua volta tue switch e due diodi. A seconda della strategia di controllo dei dispositivi gli interruttori possono chiudersi o alternativamente in diagonale o per singola gamba. Questi tipi di controllo vengono detti rispettivamente controllo bipolare e controllo unipolare. Diciamo che nella pratica gli switch della stessa gamba hanno sempre un tempo fra l’apertura dell’uno e la chiusura dell’altro, detto blanking time, necessario per evitare che la gamba si chiuda in cortocircuito sull’alimentazione. Notiamo ancora che il full bridge converter può lavorare in tutti e quattro i quadranti del sistema Id-Vd. Analizzando il funzionamento possiamo osservare che: quando TA+ è chiuso la corrente io fluisce su di esso se è positiva mentre attraverso il diodo DA+ se è negativa. Viceversa, quando TA- è chiuso la corrente io fluisce su di esso se è negativa mentre attraverso il diodo DA- se è positiva. La stessa situazione si ripete per la gamba B. Le due tensioni VAN e VBN dipendono quindi soltanto dallo stato degli switch e risultano indipendenti dal verso della corrente io. Quindi avrei: v AN = Vd per TA+ chiuso e TA- aperto v AN = 0 per TA+ aperto e TA- chiuso Come abbiamo detto gli switch possono essere controllati da due diverse strategie. Strategia bipolare: La strategia bipolare consiste nel confronto di un’onda triangolare vtri con un valore di tensione costante vcontrol. Passando queste due tensioni da un comparatore di tensione si deriva un’onda quadra che sarà mandata al driver di controllo dei dispositivi. 34 Autore Angelo Guardo A B D vtri C vcontrol E t1 t vAN t VBN t vo=vAN-vBN Vd t Consideriamo a questo punto un periodo Ts e indichiamo con t1 il tempo di conduzione della prima coppia di switch allora il tempo in cui conduce la seconda coppia è (Ts 2) − 2t1 . Per similitudine fra i triangoli ABC e ADE troviamo la relazione tra vtri e vcontrol. Quindi: (vtri − vcontrol ) : vtri = (Ts 2 − 2t1 ) : Ts da cui v T t1 = control s vtri 4 osserviamo dalla forma d’onda in uscita che facendo l’area mediata nel periodo Ts ricaviamo il valore medio in uscita Vo che risulta: 1 T T Vo = 2t1Vd + s Vd − s − 2t1 Vd Ts 2 2 da cui V V Vo = ∧d vcontrol = kvcontrol con k = ∧d Vtri Vtri Per calcolare il duty cicle della 1° coppia D1 dobbiamo considerare il ton, cioè il tempo di accensione della coppia TA+-TB-. Questo tempo risulta: ton = 2t1 + Ts 2 Il duty della seconda coppia risulta: D2 = 1 − D1 trovo quindi che: D1 = ton 2t1 + Ts 2 1 Vo = = + 1 Ts Ts 2 Vd Ricavo dunque che: Vo = 2 D1 − 1 Vd Andando a graficare l’andamento della Vo/Vd in funzione di D risulta quindi: Vo/Vd 1 0.5 1 D 35 Autore Angelo Guardo Strategia unipolare: Nella strategia unipolare le due gambe si controllano separatamente. Questo controllo viene realizzato confrontando non una ma due tensioni di controllo vcontrol e –vcontrol. Questo procedimento fa si che si possano ricavare due onde quadre distinte che andranno a controllare autonomamente le due gambe. Graficamente risulta: come prima osservazione possiamo dire che rispetto al caso bipolare si ha in uscita una tensione con un ripple vtri esattamente la metà e un contenuto armonico più basso. vcontrol Il valore medio della tensione Vo, considerando come sempre l’area della tensione mediata nel periodo, t risulta: -vcontrol 4t Vo = 1 Vd Ts vAN Ottengo ancora: Vo = 2 D1 − 1 Vd Questa espressione è identica al caso t bipolare. V BN t vo=vAN-vBN Vd t Ripple in uscita: Il ripple è dato dal valore efficace di vo meno il valore medio Vo. Nel caso bipolare abbiamo trovato Vo = Vd (2 D1 − 1) . Il valore efficace vale invece: Ts 1 Ts 2 1 t1 2 v dt V dt = + o d ∫t1 Ts ∫0 Ts ∫0 Quindi il valore efficace del ripple di tensione è Vrms = Vripple ,rms = V 2 o ,rms 2−t1 Ts 2−t1 − V = V − V = Vd 2 o 2 d Ts Vd2 dt + ∫ 2 o Vd2 dt = Vd V 1 − o Vd 2 Essendo inoltre Vo = 2 D1 − 1 Vd Otteniamo Vripple ,rms = 2Vd D1 (1 − D1 ) 36 Autore Angelo Guardo Volendo graficare l’andamento della tensione di ripple in funzione di Vo Vd risulta: Vr,rms Vd Vo/Vd -1 0 1 Nel caso unipolare invece abbiamo: Ts 1 Ts 2 1 t1 2 Vrms = vo dt = Vd dt + ∫ ∫ ∫ t1 Ts 0 Ts 0 2−t1 Ts 2+t1 Ts Ts 2−t1 Ts Vd2 dt + ∫ Vd2 dt + ∫ Vd2 dt = Vd 2+t1 4t1 v = Vd control =Vd 2 D1 − 1 ∧ Ts V tri Quindi, facendo le opportune sostituzioni otteniamo Vripple ,rms = Vo2,rms − Vo2 = Vd2 (2 D1 − 1) − Vd2 (2 D1 − 1) = Vd − 4 D1 + 6 D1 − 2 2 Essendo 1 Vo + 1 2 Vd possiamo esprimere tutto in funzione di Vo Vd e otteniamo: D1 = V V V 2 V V Vripple ,rms = Vo2,rms − Vo2 = Vd2 (2 D1 − 1) − Vo2 = Vd2 o + 1 − 1 − Vo2 = Vd2 o − o2 = Vd o 1 − o Vd Vd Vd Vd Vd Anche nel caso unipolare possiamo tracciare l’andamento della tensione di ripple: Vr,rms Vd/2 -1 -0.5 0 0.5 1 Vo/Vd In definitiva notiamo che per quanto riguarda il ripple la strategia unipolare è sempre più conveniente di quella bipolare a parità di fs. 37 Autore Angelo Guardo Vediamo a questo punto un’altra famiglia di convertitori DC-DC: I convertitori DC-DC con isolamento elettrico. L’esigenza dei convertitori isolati nasce dal fatto che potrebbe essere richiesto o comunque necessario un isolamento galvanico fra la rete di alimentazione ed il carico. Altra esigenza nasce dalla sicurezza di determinate apparecchiature, quali ed esempio quelle mediche, per cui è obbligatorio la separazione dalla rete affinché l’utente non possa in nessun modo venire a contatto con essa. Un esempio tipico di queste applicazioni è il trasformatore in continua: Per trasformatore in continua si intende un circuito il cui ingresso è in c.c. Passando attraverso un sistema di switch la corrente viene resa alternata ad alta frequenza, trasformata da un trasformatore ad alta frequenza (quindi di piccole di dimensioni) e poi raddrizzata da un sistema di diodi per dare quindi una tensione in uscita continua. Questo tipo di trasformatore lavora con un duty cicle del 50%. Il vantaggio di questi alimentatori switching è il buon rendimento. Il problema invece è l’introduzione di disturbi: disturbi di tipo condotto e disturbi di tipo irradiato. Le interferenze di tipo condotto sono dovute alle interruzioni delle correnti nei circuiti e danno luogo a picchi di corrente e a deformazioni di corrente, compresa la deformazione di spike di tensione. I disturbi di tipo irradiato sono quelli che interessano le apparecchiature vicine al nostro sistema in quanto le commutazioni degli switch ad alta frequenza danno luogo ad emissioni di onde elettromagnetiche con disturbi che alterano il funzionamento dei circuiti circostanti. Per limitare questi disturbi i convertitori richiedono l’utilizzo di particolari filtri detti EMI sia in ingresso che in uscita oltre ai fili schermati. Come condizioni di lavoro dobbiamo avere una tensione di ingresso che vari da un 10% ad un –15% ed inoltre la temperatura deve mantenersi entro dei limiti ammissibili per l’apparecchiatura. Si deve tenere presente anche che il dispositivo deve essere tollerante alla variazione dinamica del carico. Per fare questo si stabilisce una variazione della tensione di uscita del 5%. Nucleo centrale dei convertitori isolati è il trasformatore ad alta frequenza. Esso risulta essere molto più leggero di quello a bassa frequenza ed avere inoltre meno perdite. Gli alimentatori switching si possono suddividere in due categorie: - Nuclei ad eccitazione bipolare: essi lavorano nel primo e nel terzo quadrante del ciclo di isteresi per cui tensioni e correnti si possono invertire. Nel caso di nuclei con eccitazione bipolare si ha un problema di equalizzazione dei flussi cioè non si può avere un flusso positivo più grande di quello negativo e viceversa. Questo causerebbe una instabilità del sistema in quanto restando il ciclo di isteresi identico man mano i punti si spostano sulla caratteristica di magnetizzazione e ciò fa erogare in un avvolgimento del trasformatore correnti maggiori rispetto all’altro. Poiché il trasformatore lavora a stretto contatto con gli switch questi, a causa delle correnti elevate, potrebbero fallire. L’equalizzazione di questi flussi può essere fatta attraverso un controllo di corrente sul convertitore. - Nuclei ad eccitazione unipolare: lavorano solo nel 1° quadrante del ciclo di isteresi per cui correnti e tensioni non si invertono mai. Il problema dei nuclei a flusso unidirezionale sta nel fatto che si ha un ciclo di isteresi minore in cui la corrente non va del tutto a zero ma assume un certo valore massimo. In questo caso il problema è quello di evitare che il punto di lavoro di sposti fino a raggiungere la zona di saturazione che porta alla distruzione dei dispositivi a semiconduttore. Nasce quindi un problema di smagnetizzazione del nucleo a causa dell’induzione residua che resta anche quando i convertitori a flusso direzionale non conducono più corrente, cioè quando il primario del trasformatore resta non alimentato. Come alimentatori ad eccitazione bipolare troviamo: - Schema a ponte intero; - Schema a mezzo ponte; - Schema a Push-Pull. 38 Autore Angelo Guardo Mentre per quanto riguarda gli alimentatori ad eccitazione unipolare troviamo: - Flyback converter; - Forward converter. Convertitore Push-Pull: Vediamo intanto lo schema circuitale del push-pull converter: Se T2 è chiuso mezzo primario sarà alimentato dalla Vd per cui la corrente id uscirà dal pallino delle N1 spire inferiori che creerà un flusso magnetico nel nucleo. Questo indurrà al secondario due tensioni di polarità tale che il diodo D1 verrà contropolarizzato mentre D2 condurrà. La iD2 sarà quindi entrante dal pallino delle N2 spire inferiori, circolerà attraverso D2 e si richiuderà attraverso il carico. A questo punto apriamo T2 lasciando aperto anche T1 per un intervallo ∆. Successivamente chiudiamo T1 per un tempo uguale a quello di T2. La corrente id entra quindi dal pallino delle N1 spire superiori e circola attraverso D1 che risulta polarizzato in diretta mentre D2 in inversa, essendoci i pallini al contrario fra primario e secondario. Successivamente durante il tempo ∆ in cui entrambi gli switch rimangono aperti il primario non viene alimentato da Vd per cui le due f.m.m. N1I1 e N2I2 saranno nulle e quindi anche il flusso perciò la corrente al secondario si dovrà dividere in egual misura nei due avvolgimenti creando due flussi in opposizione con risultante nulla. In questo schema il duty cicle può raggiungere al massimo il 50% dato che i due interruttori T1 e T2 non devono mai essere chiusi simultaneamente (D=0.5 quando ∆=0). Vediamo le correnti sull’induttanza iL, sui diodi iD1 e ID2 e la corrente al primario id: La corrente che circola nel iL secondario svolge una duplice funzione: da un lato D1D2 T2D2 D1D2 T1D1 rappresenta la corrente che alimenta il carico e che ha ton ∆ una controparte nella corrente di primario. Nel t iD1 momento in cui al primario id=0 la corrente del secondario comprenderà iL/2-im pure la corrente magnetizzante che prima era t sostenuta dal primario. iD2 Questo perché per la continuità del flusso magnetico, se quando era iL/2+im chiuso T1 la id entrava dal pallino delle N1 spire t id superiori e quindi nel nucleo c’era un flusso positivo, quando apriamo T1 la t 39 Autore Angelo Guardo corrente al secondario deve essere magnetizzante generando ancora un flusso positivo che tenderà ad esaurirsi nel tempo ∆. La im interessa quindi il transitorio magnetico del nucleo ed è tale che si somma alla corrente che attraversa le N2 spire inferiori e si sottrae alla corrente che attraversa le N2 spire superiori. Quindi: iL iD1 = 2 − im i = iL + i D2 m 2 Determiniamo adesso la relazione ingresso-uscita. Grafichiamo la tensione vL: vL (N2/N1)Vd-Vo ton t ∆ Ts/2 Vo quando T1 è chiuso la tensione al primario è Vd che riportata al secondario diventa N Vd 2 N1 quindi la tensione ai capi di L vale: N vL = Vd 2 − Vo N1 Quando sia T1 che T2 sono spenti la tensione al secondario è nulla per cui si ha vL = −Vo Per la legge delle aree risulta: N2 N Vd − Vo ton − Vo ∆ = 0 ⇒ Vd 2 ton − Vo (ton + ∆ ) = 0 N1 N1 essendo quindi ton = DTs e ton + ∆ = Ts 2 risulta: N T Vd 2 DTs − Vo s = 0 N1 2 da cui segue: Vo N =2 2D Vd N1 Il convertitore push-pull segue una relazione d’uscita simile allo step-down a patto che D<0.5. Per quanto riguarda gli switch la corrente si può calcolare imponendo l’uguaglianza tra potenza in ingresso e quella in uscita; si trova una rampa crescente per il tempo di conduzione di T1, zero per il tempo di conduzione ∆ e di nuovo la rampa per il tempo di conduzione T2. Notiamo ancora che la tensione ai capi di ogni switch quando l’altro è aperto è 2Vd. Vediamo ancora che qui si possono introdurre due diodi in antiparallelo sugli switch. Questi, a differenza del push-pull inverter in cui i diodi fanno circolare la corrente reattiva, i diodi danno un percorso alla corrente dovuta ai flussi dispersi. Osserviamo infine che lo schema del push-pull può essere modificato ulteriormente. Lasciando inalterato il primario possiamo sostituire il trasformatore con un trasformatore senza presa centrale al secondario e mettere un ponte di diodi al posto della soluzione a 2 diodi. 40 Autore Angelo Guardo Convertitore a mezzo ponte: Vediamo subito lo schema circuitale del convertitore a mezzo ponte. N1I1 = N 2 I 2 Questo convertitore è costituito da due switch comandati con la stessa legge di controllo del push-pull in modo che D<0.5; al primario si utilizza una batteria di condensatori il cui punto centrale è connesso all’unico primario; il secondario invece rimane inalterato. La tensione Vd si divide in due parti uguali sui condensatori C1 e C2 quindi quando chiudiamo T1 oppure T2 la tensione applicata al trasformatore vale Vd/2 anziché Vd come nel caso del push-pull. Ciò comporta che se si vuole lasciare inalterato il flusso nel trasformatore al primario si può mettere un numero di spire pari alla metà, infatti N ⇒ I 2 = 1 I1 N2 Essendo ancora N1 N I1 ⇒ V2 = 2 V1 N2 N1 Se vogliamo che V2=Vd, dato che V1=Vd/2, si deve imporre: N2 vL = 2 da cui segue N 2 = 2 N1 N 1 T1 T2 ciò comporta che a parità di corrente al secondario la potenza che transita attraverso il t solo primario è il doppio rispetto a quella dello schema a push-pull in quanto se alimentiamo le N1/2 spire primarie con la Vd/2 mantenendo la stessa potenza sia in ingresso che in uscita vuol D1D2 D1D2 dire che al primario occorrerà una corrente doppia rispetto al push-pull. Quindi sarà in iL questo tipo di circuito necessario mettere degli switch con una portata in corrente maggiore. I vantaggi di questo convertitore stanno nel fatto di avere un trasformatore a singolo avvolgimento primario che semplifica sia il circuito che il t id1 trasformatore stesso ed inoltre che la tensione ai capi degli switch è la metà dello schema a pushpull. Un altro svantaggio, oltre alla elevata corrente sugli interruttori, è quello di avere una batteria di condensatori all’ingresso. Questo fa si che si creino delle correnti di carica e scarica nel t id2 circuito. Vediamo adesso il funzionamento del circuito. La figura a sinistra ci da gli andamenti delle varie grandezze coinvolte. V1I1 = V2 I 2 = V2 t 41 Autore Angelo Guardo Chiudendo T1 la corrente al primario entra dal pallino delle N1 spire e quindi al secondario uscirà dal pallino delle N2 spire superiori, attraverserà L e si chiuderà sul carico. Quando chiudiamo T2 la id esce dal pallino delle N1 spire per cui al secondario la corrente entrerà dal pallino delle N2 spire inferiori. I condensatori C1 e C2 una volta si caricano e una volta si scaricano e stanno alla tensione Vd/2 con piccole oscillazioni. Precisamente chiudendo T1 la corrente al primario si richiude attraverso C2 che quindi di carica mentre C1 si scarica. Quando chiudiamo T2 la id passa attraverso C1 che quindi si carica, circola nel primario nel verso opposto a prima mentre C2 si scarica. Ricaviamo la relazione ingresso-uscita. Quando T1 è chiuso al primario è applicata la tensione Vd/2 che riportata al secondario diventa Vd N 2 per cui la tensione sull’induttanza vale: 2 N1 V N vL = d 2 − Vo 2 N1 Durante il tempo di riposo ∆ in cui sia T1 che T2 sono spenti il primario non è alimentato per cui risulta vL = −Vo . Per la legge delle aree otteniamo: Vd N 2 − Vo ton − Vo ∆ = 0 2 N1 A regime le forme d’onda delle tensioni e delle correnti si ripetono con periodo Ts/2 quindi: ton + ∆ = Ts 2 . Allora: Vd N 2 T DTs − Vo s = 0 2 N1 2 da cui deriva la relazione ingresso-uscita: Vo N 2 = D Vd N1 Anche in questo caso la relazione è simile al caso dello step-down e del push-pull (a meno di un 2). Anche in questo caso deve essere soddisfatta la condizione D<0.5 per evitare che entrambi gli interruttori siano chiusi contemporaneamente. Le correnti che circolano al primario e al secondario sono gli stessi di quelli visti per il push-pull. Convertitore a ponte intero: Vediamo lo schema circuitale di questo convertitore: La struttura di questo convertitore risulta essere identica agli altri due convertitori per quanto riguarda il secondario. Per quanto riguarda il primario possiamo vederlo come un inverter applicato su un trasformatore ad alta frequenza che diventa quindi il carico. Poiché tale circuito viene usato come convertitore DC-DC gli switch devono essere controllarti con un duty cicle D≠0.5. Qui gli switch T1-T2 e T3-T4 vengono fatti commutare alternativamente accoppiati alla 42 Autore Angelo Guardo frequenza di switching assegnata. Essi rimangono chiusi per un tempo ton<50%(1/fs). Vi è poi un tempo ∆ in cui tutti e quattro gli switch rimangono spenti. Questo controllo viene fatto tramite il confronto fra un’onda a dente di sega vst di periodo Ts/2 e una tensione costante vcontrol. I diodi in antiparallelo agli switch hanno una funzione diversa da quella scelta nell’inverter: mentre in un inverter consentono la circolazione della corrente reattiva in questo caso servono per smaltire all’apertura degli switch l’energia accumulata nelle induttanze di dispersione (del trasformatore) e funzionano con correnti deboli e per tempi limitati. Le induttanze di dispersione del trasformatore, quelle di spianamento e quelle parassite dei fili di collegamento sollecitano gli switch con forti spike di tensione. Quando gli switch si aprono le induttanze scaricano l’energia accumulata sugli switch. Vediamo adesso come funziona il circuito. Quando la coppia T1-T2 o T3-T4 è chiusa al primario si ha Vd che riporta al secondario diventa: N N Vd 2 e quindi vl = 2 Vd − Vo . N1 N1 Durante il tempo ∆ in cui tutti gli switch sono spenti la iL si divide in due parti uguali nelle N2 spire e risulta: vL=-Vo. Per la legge delle aree risulta N2 N Vd − Vo ton − Vo ∆ = 0 ⇒ Vd 2 ton − Vo (ton + ∆ ) = 0 N1 N1 da cui: N T Vd 2 DTs − Vo s = 0 N1 2 da cui segue: Vo N =2 2D Vd N1 A parità di tensione d’ingresso e di tensione di uscita e a parità di potenze di ingresso e di uscita si trova che: N2 N = 2 2 N1 HB N1 FB dato che lo schema a mezzo ponte funziona a Vd/2. Le correnti che attraversano gli switch, supponendo im del trasformatore trascurabile in entrambi i convertitori e il ripple di corrente nell’induttanza L trascurabile, sono date da: (I SW )HB = 2(I SW )FB dato che il semiponte, funzionando con metà tensione, per dare una potenza uguale a quella del ponte intero deve fare scorrere attraverso gli switch una corrente doppia. Teniamo presente anche il problema della smagnetizzazione del nucleo. Questa può essere fatta in due modi: - utilizzare nuclei con induzione residua piccola in modo che il ciclo di isteresi risulti molto basso; - Nel nucleo si può predisporre un dispositivo ausiliario che riporti a zero Br nel momento opportuno oppure inserire dei diodi in modo che la corrente continui a circolare quando il primario non è più alimentato per estinguere solo l’energia del campo magnetico. Convertitori DC-DC current source: Vi sono anche dei convertitori DC-DC che utilizzano in ingresso uno schema a sorgente di corrente. In tale tipo di convertitore, oltre ad avere un controllo della tensione in uscita, si controlla anche il 43 Autore Angelo Guardo valore della corrente che il convertitore deve erogare sul carico. Si impone cioè un limite al valore massimo della corrente che il convertitore può erogare. In un current source si sostituisce al generatore di tensione in ingresso un generatore di corrente introducendo una grossa induttanza in serie all’ingresso. Questo ci porta a dire che tutti gli schemi finora visti possono funzionare come convertitori current source. Come esempio consideriamo il push-pull converter mettendo in ingresso un grossa induttanza eliminando quella in uscita in quanto il volano di corrente è ora in ingresso. Vediamo lo schema circuitale: In questo caso gli switch rimangono chiusi per un tempo superiore a metà periodo Ts, cioè D>0.5. Questo perché aprendo T1 o T2 la corrente decresce perché la tensione d’ingresso e l’energia immagazzinata da Ld nella fase precedente vengono trasferite dal primario al secondario e quindi al carico. Ciò significa che ci sarà un tempo di sovrapposizione t1 durante il quale i due switch sono entrambi chiusi. Notiamo inoltre che non ci sarà mai un intervallo di tempo in cui entrambi gli switch sono aperti. Quando gli switch sono entrambi chiusi i morsetti dei due avvolgimenti di N1 spire risultano cortocircuitati e quindi i due avvolgimenti primari risultano in parallelo. In tali condizioni il trasformatore non è più alimentato dalla Vd ma risulta un induttore in parallelo con un altro avente lo stesso numero di spire ed attraversato ciascuno da una corrente id/2. Avendo lo stesso numero di spire avvolte nello stesso senso, un primario produrrà un Φ>0 mentre l’altro un Φ uguale ma di segno opposto. Pertanto il flusso totale sarà nullo. Non essendoci alcun flusso che interessa il circuito magnetico, il secondario non risulta alimentato per cui la id è limitata soltanto dall’induttanza Ld e quindi crescerà con legge V lineare essendo vL=Vd da cui segue id = d t con 0<t<t1. Ld La caratteristica del generatore di corrente in ingresso è che la corrente cresce molto velocemente nel tempo t1. Ricaviamo la relazione ingresso-uscita e determiniamo vL. Consideriamo le tensioni di comando dei due interruttori sia t1 il tempo durante il quale si ha il corto circuito vT1 dei due avvolgimento primari. Definiamo i tempi: Ts ton = 2 + t1 t = Ts − t t 1 off 2 vT1 durante t1 la tensione al primario è nulla per cui vL=Vd. Quando invece apriamo T2 e si chiude T1 nella maglia d’ingresso occorre considerare, oltre a t Vd e vL, pure la v1 al primario ovvero la Vo riportata vo al primario; per cui si ha: N N Vd − vL − v1 = 0 ⇒ Vd − vL − 1 Vo = 0 ⇒ vL = Vd − 1 Vo N2 N2 t Tale convertitore è del tipo innalzatore quindi si 44 Autore Angelo Guardo trova che vL è negativa durante il toff dello switch T2 dopodiché, esaurito metà periodo, il fenomeno si ripete in modo identico; quindi il periodo di ripetizione effettivo della vL è uguale a Ts/2. Per l’uguaglianza delle aree si ha: T N T N T Vd t1 + Vd − 1 Vo s − t1 = 0 ⇒ Vd t1 + Vd s − Vd t1 − 1 Vo s − t1 = 0 2 N 2 2 N2 2 Da cui: 1 N Vd Ts − 1 Vo (1 − D )Ts = 0 2 N2 otteniamo infine: Vo N 2 1 = con D > 0.5 Vd N1 2(1 − D ) si trova quindi una relazione ingresso-uscita simile a quella di uno step-up. Rispetto agli equivalenti convertitori Voltage source, i current suorce hanno lo svantaggio di avere un basso rapporto potenza peso a causa delle grosse induttanze al primario. Flyback converter: Questo convertitore deriva dal buck-boost in cui al posto dell’induttore si mette un trasformatore in alta frequenza in modo tale che più che un trasformatore diventa un induttore con due induttanze accoppiate. Vediamo intanto lo schema circuitale: Quando chiudiamo lo switch S la id tende ad entrare dal pallino superiore nel primario mentre al secondario tenderebbe ad uscire dal pallino ma ciò è impedito dal diodo. Quindi, in questi istanti di tempo, la id cresce linearmente mentre al secondario la corrente è nulla anche se sul carico circola la corrente dovuta al condensatore. Quando S viene aperto nel nucleo del trasformatore c’è il flusso magnetico; anche se id si annulla, la corrente introdotta prima nel primario viene mantenuta dal flusso nel secondario ma cambia valore perché passando Φ dal primario al secondario si deve tener conto del rapporto spire. La corrente quindi scorre come una rampa crescente nel primario e una rampa decrescente nel secondario. In tutti questi schemi visti ton toff t in precedenza, per determinare la relazione ingresso-uscita abbiamo applicato la legge delle aree alle induttanze. Nel v1 caso del flyback ciò non si può fare perché abbiamo due circuiti separati. Per trovare la relazione ingresso-uscita t consideriamo il flusso che è l’unica grandezza continua nel circuito. Vediamo in figura l’andamento del flusso nel periodo Ts. Da 0 a ton la corrente id entra dal pallino positivo iS per cui il flusso cresce linearmente a partire da suo valore iniziale Φ(0) e la tensione v1 al primario coincide con la tensione d’ingresso Vd: t Vd iD t ( ) ( 0 ) t Φ = Φ + N1 v = V d 1 t 45 Autore Angelo Guardo Durante toff la id=0 per cui Φ(t) decresce linearmente fino a raggiungere il minimo di Φ. Quindi: ∧ V Φ (t ) = Φ − o (t − ton ) per ton < t < toff N2 N La tensione ai capi del primario vale v1 = − 1 Vo . N2 Calcoliamo quindi la relazione ingresso-uscita per la v1 applicata al primario. Per la legge delle aree otteniamo: N Vd ton − Vo 1 toff = 0 N2 da cui segue Vo ton N 2 DTs N 2 D N2 = = = Vd toff N1 (1 − D )Ts N1 1 − D N1 si trova una relazione simile a quella del buck boost. Calcoliamo ora i valori massimo e minimo delle correnti di primario e secondario. Riportiamo le due correnti in un unico grafico considerando che la rampa crescente rappresenta effettivamente la corrente al primario mentre la rampa decrescente è l’equivalente del secondario riportato al primario ma non circola nel primario: Considerando il circuito equivalente del trasformatore im risulta: v i N v1i1 = v2i2 da cui 1 = 2 = 1 v2 i1 N 2 ID=Io Inoltre al primario abbiamo una induttanza di ton toff magnetizzazione che rappresenta la im che scorre nel trasformatore. Quando il circuito funziona da t trasformatore le tre correnti i1, i2 e im sono tutte e tre presenti; in questo caso il circuito funziona da induttore e si ha solo la corrente magnetizzante im. Durante ton la corrente i2=iD=0 perché il diodo D è contropolarizzato e quindi id=im=iSW per 0<t<ton. Durante toff al secondario circola solamente i2=iD in quanto i1=-im. Segue quindi iSW=0. integrando di l’equazione vL = Lm m , ove vL=Vd (tensione applicata al primario per 0<t<ton) si trova: dt ∨ ∧ ∨ V V im (t ) = im + d t e quindi im = im (ton ) = im + d ton Lm Lm Durante toff iSW=0 e al secondario si ha una tensione pari a –Vo che riportata al primario diventa: N v1 = −Vo 1 N2 ai capi di Lm e si ha una corrente fittizia di magnetizzazione ∧ V N N im (t ) = im − o 1 2 (t − ton ) Lm Dall’uguaglianza delle f.m.m. N1im=N2iD si trova che la corrente nel diodo vale: N N ∧ V N iD (t ) = 1 im (t ) = 1 im − o 1 (t − ton ) per ton < t < toff N2 N2 Lm N 2 Questa corrente assume un valore minimo per t=Ts e si ha ∨ N ∧ V N i D (t ) = 1 im − o 1 (Ts − ton ) N2 Lm N 2 e un valore massimo per t=ton: 46 Autore Angelo Guardo N 1 ∨ Vd t on im − N2 Lm calcoliamo il valore medio della corrente sul carico Io. La corrente sul carico è dovuta sia alla corrente iD nel diodo che al condensatore ma in media si ha che Io=ID in quanto la corrente nel condensatore ha valore medio nullo, per cui si ha: ∧ i D (t ) = ∧ ∨ T s − t on Ts sostituendo ai valori massimo e minimo della corrente sul diodo i valori trovati precedentemente si ottiene N ∨ V N T − t 1N ∨ V I o = 1 im − d ton + 1 im − o 1 (Ts − ton ) s on = Lm N 2 Lm N 2 2 N2 Ts Io = ID iD+ iD = 2 T − t N ∨ V N1 ∨ Vd V N V N1 (1 − D )Ts (1 − D )Ts ton − o 1 (Ts − ton ) s on = 1 im + d DTs − o 2 im + Lm Lm N 2 Lm 2N2 2 Lm N 2 Ts N 2 Ts da cui si ricava: ∨ N I V V N1 (1 − D )Ts im = 2 o − d DTs + o N1 1 − D Lm 2 Lm N 2 Dalla relazione ingresso-uscita si ricava: Vo N 2 D N 1− D = ⇒ Vd = 1 Vo Vd N1 1 − D N2 D Sostituendo si ottiene Vo N1 ∨ N2 1 im = N 1 − D I o − 2 L N (1 − D )Ts 1 2 m ∧ i = N 2 1 I + Vo N1 (1 − D )T s m N1 1 − D o 2 Lm N 2 Da queste relazioni troviamo i valori massimo e minimo di im. Il valore massimo ci permette determinare le sollecitazioni sullo switch mentre il valore minimo le sollecitazioni sul diodo. Calcoliamo infine la tensione che sollecita lo switch all’apertura: in questo caso la tensione applicata ai suoi capi è uguale a: N N vSW = Vd − v1 = Vd − − 2 Vo = Vd + 1 Vo N2 N1 Dalla relazione ingresso-uscita si ricava Vo in funzione di Vd: N N D D V vSW = Vd + 1 2 Vd = 1 + Vd = d N 2 N1 1 − D 1− D 1− D Si trova che quando D≈1 la vSW cresce molto più rapidamente di quanto sia possibile. Per evitare ciò in ingresso si mettono due switch in modo da ripartire la massima tensione che si presenta ai capi dello switch primario. Si fa poi un’altra modifica a causa delle induttanze parassite nei due avvolgimenti le quali, nel momento in cui cessa la circolazione di corrente nell’avvolgimento corrispondente, danno luogo a flussi dispersi in aria. Per evitare che tali flussi dispersi introducano sovratensioni negli switch si stabilisce allora un percorso in modo che la corrente nel primario si possa richiudere sulla linea esterna attraverso dei diodi di riciclo che entrano in funzione solo quando gli switch sono aperti. Una variante di questo schema è quella di mettere un diodo messo in modo da essere contropolarizzato quando lo switch è chiuso e un diodo Zener in contrapposizione in modo che la corrente parassita nel primario scorra solo quando la tensione applicata supera un valore prestabilito. = 47 Autore Angelo Guardo Vediamo quindi le due soluzioni circuitali alternative: Forward converter: Questo convertitore non è altro che lo step down con l’aggiunta di un trasformatore d’isolamento. Vediamo intanto lo schema circuitale: In questo caso l’elemento di accoppiamento funziona da trasformatore. Ciò significa che connettiamo i terminali del trasformatore in modo che le polarità positive delle tensioni al primario e al secondario siano tali che quando S è chiuso il circuito al secondario consente la circolazione della corrente (D1 conduce mentre D2 è contropolarizzato) come se Vd fosse applicata al secondario. Quando si apre S D1 non conduce più e la corrente circola attraverso D2 ed L. Risulta quindi: Vd per 0 < t < ton v1 = 0 per t on < t < Ts quando apriamo S il diodo D2 cortocircuita il secondario per cui v2=0. Calcoliamo la relazione ingresso-uscita. Quando S è chiuso si ha: N vL = v2 − Vo = 2 Vd − Vo N1 Quindi la vL>0 e la iL cresce. Quando S è aperto la corrente circola nell’induttanza e nel diodo D2 e poi si ha: vL = −Vo Quindi la vL<0 e la iL decresce. Per la legge di uguaglianza delle aree ricaviamo: N2 N N Vd − Vo ton − Votoff = 0 ⇒ 2 Vd ton − Vo (ton + toff ) = 0 ⇒ 2 Vd DTs − VoTs = 0 N1 N1 N1 Da cui segue: Vo N 2 = D Vd N1 48 Autore Angelo Guardo Tale relazione è simile a quella dello step down. In realtà tale funzionamento non può avvenire così com’è perché quando apriamo lo switch il trasformatore, in teoria, non dovrebbe funzionare; in pratica il flusso che avevo nella fase precedente continua ad esserci per cui la im deve circolare per esaurire l’energia magnetica associata. Se ciò non si verifica si possono avere sovratensioni che sollecitano fortemente lo switch. L’avvolgimento di N3 spire deve essere inserito in modo da consentire il recupero dell’energia quando gli altri due avvolgimenti non sono in funzione. Lo schema considerato quindi viene modificato per consentire la smagnetizzazione del nucleo introducendo un terzo avvolgimento di N3 spire che funziona solo durante il toff e che ha lo scopo di smaltire l’energia dovuta al flusso magnetico sostenuto dalla im. Vediamo come risulta lo schema circuitale tenendo conto del modello del trasformatore: La corrente i3 circola nell’unico verso consentito da D3 quindi entra dal basso e si richiude nel circuito esterno; il diodo impedisce cioè che durante ton l’avvolgimento di N3 spire sia alimentato. Introduciamo il modello equivalente del trasformatore. Quando il trasformatore funziona come tale vi sono i1, i2 e im, per cui quando: S è ON ⇒ i1 + im = id ⇒ i1 = id − im S è OFF ⇒ i1 + im = 0 ⇒ i1 = −im In realtà negli avvolgimenti primari non esistono ne i1 ne im però è come se durante ton, la i1 cresca linearmente da zero sino al suo valore massimo e lo stesso vale per la im che è più piccola di i1; la somma delle due correnti ci da la corrente id. Quando lo switch è acceso v1 = Vd per 0<t<ton e im cresce linearmente da zero ad un valore massimo Im. Quando lo switch è spento nascerà una corrente i1=-im dovuta alla continuità del flusso nel trasformatore. Nell’intervallo di tempo dopo ton, essendo lo switch spento, non ci sarà passaggio di corrente ne tensione applicata sul primario. Questo comporterà l’assenza di tensione indotta al secondario e quindi la contropolarizzazione di D1. Facendo una LKT per le f.m.m. ricaviamo che N1i1+N3i3=N2i2. Essendo D1 contropolarizzato, i2=0 da cui segue che: N i3 = 1 im N3 la quale scorre attraverso D3 verso l’ingresso. Durante l’intervallo di tempo tm (tempo in cui il nucleo si smagnetizza) quando i3 sta scorrendo, la tensione ai capi del primario come quella su Lm risulta N v1 = − 1 Vd per ton < t < ton + tm N3 Questo semplicemente avviene perché questa volta sono gli avvolgimenti N1 ed N3 a funzionare da trasformatore e quindi essendo N3 percorso da corrente induce su N1 una tensione nell’intervallo tm e cioè fin quando il trasformatore non si smagnetizza. Appena il trasformatore si sarà smagnetizzato, im=0 e v1=0. L’intervallo di tempo tm può essere ottenuto considerando che l’integrale nel tempo della tensione v1 ai capi di Lm deve essere zero nel periodo. Quindi ton +tm t t N t 1 ton N1 N t Vd dt = 0 ⇒ Vd on − 1 m = 0 ⇒ m = 3 D essendo on = D ∫0 Vd dt + ∫ton − Ts N3 Ts N1 Ts Ts N 3 Ts Se il trasformatore deve essere totalmente smagnetizzato prima che inizi il prossimo ciclo, il massimo valore tm/Ts che si può ottenere è 1-D. Segue quindi che il massimo duty cicle Dmax con un dato rapporto spire N3/N1 è: 49 Autore Angelo Guardo (1 − Dmax ) = N 3 Dmax 1 N1 1 + N 3 N1 L’analisi appena fatta mostra che con un valore uguale di spire per il primario e l’avvolgimento di smagnetizzazione (N1=N3) il massimo duty cicle in tali converter è limitato a 0.5. Notiamo che non essendo necessario un grosso isolamento tra primario e avvolgimento di smagnetizzazione, questi posso essere bifilari in modo da minimizzare le induttanze di dispersione tra gli avvolgimenti. Inoltre l’ avvolgimento di smagnetizzazione richiede un numero piccolo di spire poiché è tenuto a portare soltanto la corrente di smagnetizzazione. da cui segue Dmax = Classificazione dei chopper: I chopper sono dei convertitori utilizzati nell’alimentazione di motori in continua. Essi si distinguono in varie classi, a seconda del quadrante di lavoro che occupano. Classe A: Alimentano motori che non possono rigenerare frenate ne invertire la rotazione. Lo schema risulta: V I Classe B: Servono a variare la tensione di uscita da una dinamo, fissato il verso di rotazione della dinamo, fissata la corrente e la tensione di uscita. Lo schema risulta: V I 50 Autore Angelo Guardo Classe C: sono chopper che permettono il funzionamento da motore o da generatore di una macchina in corrente continua con verso di rotazione fissato. Sono l’unione di un A e di un B: Vediamo lo schema circuitale: V I Classe D: Permettono il funzionamento di un motore in c.c. anche da generatore però per il funzionamento da generatore occorre invertire il verso di rotazione. Vediamo lo schema circuitale: V I Classe E: Questi chopper funzionano i tutti e quattro i quadranti. Variando la configurazione degli switches, chiudendoli e/o aprendone altri, si ottengono tutte le altre categorie di chopper; inoltre si ha il funzionamento da motore con inversione della rotazione: Vediamo lo schema circuitale: V I 51 Autore Angelo Guardo INVERTER Il funzionamento da inverter in base stabile (secondi o minuti) è consentito soltanto se a monte si ha una batteria o una sorgente di f.e.m. mentre se si ha un'induttanza tale funzionamento è possibile solo per poche frazioni di secondo (dipende dall’energia accumulata nell’induttore). L’inverter viene inserito a valle del convertitore. E’ necessario interporre tra Raddrizzato Circuito Inverter Carico raddrizzatore e re intermedio inverter un circuito intermedio costituito in genere da componenti passivi e attivi. Dopo l’inverter generalmente vi è un filtro per le componenti armoniche a frequenza più alta in modo da avere sul carico una forma d’onda quanto più possibile sinusoidale. Un circuito intermedio può essere costituito da una batteria di accumulatori: in questo caso l’inverter svolge la funzione di alimentazione di emergenza quando manca la rete. Infatti il raddrizzatore tiene in tampone la batteria (cioè costantemente sotto carica); quando manca l’energia con soluzione di continuità le batterie alimentano l’inverter il quale continua ad alimentare il carico. Tali sistemi vengono chiamati UPS (Unterruptible power sistem) o sistemi di continuità assoluta. Gli UPS devono assomigliare quanto più possibile ad una rete di potenza e cioè: - devono avere in uscita forme d’onda quanto più possibile sinusoidali (distorsioni armoniche piccole); - devono lavorare a frequenza fissa (50 Hz); - devono avere alta stabilità alle variazioni del carico cioè se il carico varia da 0 a 100% la c.d.t. deve essere < del 2-5%. Il circuito intermedio può essere costituito da un grosso induttore e da una batteria di condensatori piccola o del tutto assente che alimenta poi l’inverter. In questo caso si parla di inverter CSI (current source inverter) in quanto l’induttanza L molto grande contiene le variazioni di carico e riesce a mantenere la corrente costante. Diciamo che il circuito intermedio può essere considerato un generatore di corrente costante. Se il circuito intermedio è composto da una piccola o nulla induttanza e da una grossa batteria di condensatori si parla di inverter VSI in quanto il circuito intermedio si comporta come un generatore di tensione. All’interno della famiglia VSI abbiamo gli inverter PWM (modulazione a larghezza d’impulso) in quanto la modulazione a larghezza d’impulso in corrente è complicata poiché non si riesce ad interrompere le correnti con facilità. Vediamo in che cosa consistono i PWM. Generalmente a valle del sistema (inverter) c’è un carico che non risente molto del fatto che all’uscita vi sia un segnale non del tutto sinusoidale. Però, in uscita può esserci una forma d’onda quadra nella quale si hanno armoniche dispari di ampiezza 1/h della fondamentale. Soltanto la prima armonica produce potenza attiva utile, le altre sono invece elementi di disturbo; si cerca quindi di limitare tale armoniche a valori più piccoli possibili. La modulazione a larghezza d’impulso limita proprio le armoniche a frequenza più alta. Abbiamo visto che nel caso di raddrizzatore controllato la tensione in ingresso, che è alternata, viene inviata al circuito intermedio con un valore medio variabile; nel caso invece di ponte a diodi non controllati si invia un valore pressoché costante. In quest’ultimo caso, si inserisce a valle del raddrizzatore un dispositivo che fa variare il valore costante della tensione raddrizzata. Tali dispositivi vengono chiamati circuiti chopper (tagliatori) i quali lavorano sul principio ON-OFF variando il valore medio di una quantità costante in ingresso. 52 Autore Angelo Guardo Se a valle abbiamo dei circuiti che lavorano a frequenza fissa e le grandezze di uscita devono essere quanto più possibile paragonabili a quelle d’ingresso (sistemi UPS) allora il circuito intermedio può essere costituito da batterie e filtri opportuni. Se invece a valle abbiamo circuiti che lavorano a tensione e frequenza variabili (applicazioni elettromeccaniche) si agisce sull’inverter per variare la frequenza aprendo e chiudendo gli interruttori; più si accelerano le aperture e le chiusure, più alta sarà la frequenza della grandezza in uscita. Per variare (abbassare o innalzare) il livello della tensione in uscita si può agire o direttamente sul ponte raddrizzatore o adoperando come circuito intermedio un circuito chopper. La tendenza attuale è quella di utilizzare i chopper i quali, operando ad altissima frequenza, danno un basso contenuto armonico riuscendo a variare il livello della tensione. Raramente viene utilizzato, per tale operazione, il ponte raddrizzatore in quanto opera con dispositivi lenti (i tiristori). In conclusione un circuito intermedio può essere - Convertitore DC-DC (chopper); - Un circuito passivo del tipo VSI o CSI; - Un sorgente di tensione (gruppi di continuità). Consideriamo in inverter monofase, un circuito intermedio e un raddrizzatore. Siano vo e io le grandezze in uscita e supponiamo di avere inserito sull’uscita un filtro LC in modo da drenare le componenti ad alta frequenza; in uscita avremo una tensione e una corrente sinusoidale. Se il carico è ohmico-induttivo, vo e io (che abbiamo supposto sinusoidali) saranno sfasate di un certo angolo ϕ. Si può vedere che in un periodo T, nel suo funzionamento, l’inverter assume per due volte il funzionamento da raddrizzatore e per due volte quello da inverter. Si ha infatti: vo > 0 1° zona ⇒ inverter io < 0 vo > 0 2° zona ⇒ raddrizzatore io > 0 vo < 0 3° zona io > 0 ⇒ inverter vo < 0 4° zona ⇒ raddrizzatore io < 0 In un diagramma V-I, ciò vuol dire che l’inverter funziona nei quattro quadranti. Negli schemi visti in precedenza il funzionamento nei quattro quadranti poteva essere effettuato solo con il dual converter (back to back). In questo caso, tale funzionamento si può ottenere semplicemente con quattro switch in una direzione e quattro diodi nell’altra (caso monofase). Nel caso di carico resistivo è sufficiente un semplice ponte perché tensione e corrente sono entrambe positive o entrambe negative e quindi la potenza istantanea è diretta sempre nello stesso verso. Inverter PWM a sorgente di tensione VSI: E’ detto così perché in uscita moduliamo la durata degli impulsi di tensione in modo da ottenere una forma d’uscita quanto più sinusoidale possibile. Un primo tipo di strategia che analizzeremo è la PWM di tipo sinusoidale o con sotto oscillazioni sinusoidali in cui viene stabilita mediante un confronto tra una forma d’onda triangolare (portante) ad una frequenza di switching molto più elevata della fondamentale ed una forma d’onda sinusoidale (modulante). Da tale confronto otteniamo in uscita mediante una serie di sequenze ON-OFF un segnale con la prima armonica a 50 Hz con una serie infinita di armoniche a frequenze superiori. 53 Autore Angelo Guardo Inverter a mezzo ponte: Consideriamo intanto lo schema circuitale dell’inverter: Consideriamo inizialmente solo un ramo del ponte. I diodi in antiparallelo consentono la circolazione della corrente quando essa è diretta nel verso negativo a prescindere dal segno della tensione. Il comando degli interruttori avviene tramite circuiti di pilotaggio (driver) che sono comandati in tensione mediante un’opportuna sequenza di impulsi positivi e negativi ottenuta da una forma d’onda triangolare confrontata con una sinusoide a frequenza più bassa. Indichiamo con: fs=frequenza portante f1=frequenza modulante V Portante Modulante Quando vcontrol>vtri all’uscita del comparatore si ha un impulso positivo che fa chiudere TA+ per cui tra i punti A ed O avremo una tensione V v AO = d > 0 2 Quando invece vcontrol<vtri == > TA+ si apre e TA- si chiude per cui V v AO = − d < 0 2 Si nota che durante la semionda positiva di vcontrol il tratto di tensioni positive di vAO è superiore al tratto di tensioni negative, per cui sviluppo in serie di Fourier di vAO nel tratto considerato da luogo ad una prima armonica positiva. La prima armonica del segnale in uscita ha una frequenza uguale a quella della modulante: fs1=f1. Si definisce rapporto di modulazione di ampiezza ma: ∧ ma = V control ∧ V triangolare Se ma≤1 si parla di regime di modulazione lineare in quanto si può dimostrare che in questa zona risulta: ∧ V ∧ V control Vd = ma d V AO = ∧ 2 1 V tri 2 cioè in regime di modulazione lineare il valore di picco della prima armonica della tensione vAO in uscita è proporzionale alla tensione applicata tramite ma. Se ma>1 si parla di regime di sovramodulazione e in questo caso la prima armonica della tensione in uscita non è più proporzionale alla tensione d’ingresso ma varia in modo non lineare. 54 Autore Angelo Guardo Si definisce coefficiente di modulazione di frequenza il rapporto tra la frequenza della portante e la frequenza della modulante: f mf = s f1 Dal grafico si vede che fs≥f1 == > mf≥1. mf deve essere possibilmente intero, dispari: - Intero perché confrontando portante e modulante, se riusciamo in un semiperiodo ad ottenere un numero esatto di semiperiodi della portante rispetto alla modulante, nello sviluppo in serie Fourier in uscita non avremo la presenza di subarmoniche (componenti a frequenze più basse di quella della fondamentale) molto fastidiose. - Dispari perché in tal modo la forma d’onda della tensione in uscita sarà una funzione con alcune simmetrie che si garantiscono in merito allo sviluppo in serie di Fourier. Infatti la funzione d’uscita sarà del tipo: T f (t ) = − f t + 2 f (t ) = − f (− t ) cioè la funzione d’uscita ha una simmetria ad una semionda (cioè la semionda positiva è speculare rispetto a quella negativa). Allora, con queste proprietà, l’uscita è una serie infinita di seni (solo termini dispari) che oltre alla prima armonica f1 hanno armoniche fh date da h = jm f ± k L’ordine delle armoniche viene dato da tutti i valori che si ottengono facendo variare j e k in modo che se j è pari, k è dispari e viceversa. Ad esempio, per j=1 si ha: k = 0 ⇒ h = mf k = 2 ⇒ h = mf ± 2 k = 4 ⇒ h = mf ± 4 Si ha cioè una prima serie di armoniche centrate intorno alla frequenza mf e di ampiezza sempre più piccola. Si vede infatti: Analogamente, per j=2 si ha k = 1 ⇒ h = 2m f ± 1 k = 3 ⇒ h = 2m f ± 3 k = 5 ⇒ h = 2m f ± 5 In corrispondenza, si ha una serie infinita di armoniche centrate attorno alla f1 mf 2mf f frequenza 2mf e di ampiezza via via decrescente. In generale mf è un numero grande (varia da circa 15 a 200) perché in tal modo effettuiamo commutazioni frequenti nel periodo anche se ciò comporta perdite di energia; questo perché in tal modo comprimiamo le armoniche tutte verso la zona delle alte frequenze che poi possono essere facilmente filtrate con circuiti LC piccoli. Si è visto sperimentalmente inoltre che se mf≥9 le ampiezze delle armoniche non dipendono più da mf. Tuttavia le ampiezze delle armoniche variano a seconda del valore del coefficiente ma. Scelta di ma e mf: ma si sceglie in base a ciò che serve in uscita. La scelta di mf è più complessa: abbiamo già detto che se mf≥9 le ampiezze delle armoniche sono indipendenti da mf per cui un primo criterio è quello di scegliere sempre mf≥9. D’altra parte 55 Autore Angelo Guardo scegliere mf molto grande significa avere in un periodo molte commutazioni e quindi molte perdite. La scelta di mf dipende anche dai componenti utilizzati nel convertitore. Inoltre, per evitare rumori fastidiosi, bisogna operare al di fuori delle frequenze udibili (o a frequenze maggiori di quelle udibili, 20KHz, o a frequenze minori di quelle udibili, 6KHz). Si vede che volendo lavorare al di sotto delle frequenze udibili, avendo 200Hz come necessità in uscita, il numero 21 separa un valore basso da un valore alto di mf essendo già stato posto il limite inferiore a 9. Quindi avremo: BASSI VALORI 9≤mf≤21 ALTI VALORI mf>21 Con mf>21 al crescere di mf si mantiene costante la frequenza di switching (fs = costante) e si lavora in funzionamento asincrono cioè con mf non intero. Con mf≤21 il funzionamento è solo sincrono; (quello asincrono diventa troppo oneroso) si mantiene mf =costante e varia, se necessario, solo fs per limitare le subarmoniche . Noi considereremo solo i casi con mf >21 e dispari. Vediamo ora meglio cosa succede per ma>1. In tal caso ci sarà una zona interna alla sinusoide in cui si perdono commutazioni finché ci sarà un momento in cui tutta la forma d’onda triangolare resta confinata all’interno della sinusoide. Esiste cioè un valore limite da ma oltre il quale non si hanno più commutazioni. Questo valore di ma dipende però da mf; man mano che mf cresce, deve aumentare pure ma. Notiamo che 1 è detto LIMITE DI ONDA QUADRA ma = sin (1.5π / m f ) Nel caso, ad esempio, di mf =15 otteniamo che per (VAO)1/Vd/2 ma≤1 siamo in modulazione lineare, per 1≤ma≤3.24 siamo in sovramodulazione. Si va spesso in regime 4/π di sovramodulazione per ottenere una prima armonica con un picco in valore efficace. 1 Infatti: ∧ Vd V AO > 1 2 Questo a spese però del fatto che le ampiezze delle 1 ma 3.24 varie armoniche dipenderanno da mf, anche per mf>9. Sempre per mf =15 e ma>3.24 si ha funzionamento ad onda quadra. In questo caso il rapporto tra il valore di picco della prima armonica di vAO è indifferente all’eventuale aumento di ma: 4 Vd ∧ V AO = 1 π 2 Spettri: Abbiamo visto che nella zona lineare, lo spettro è con bande laterali di ampiezze opportune; invece nella zona di sovramodulazione, per un fissato mf, solo l’armonica a frequenza mf è predominante mentre le altre sono più attenuate (sono presenti tutte le armoniche dispari). Onda quadra Sovramodulazione f1 mf h f1 h 56 Autore Angelo Guardo Infine nel funzionamento ad onda quadra lo sviluppo in serie di Fourier da luogo ad una prima armonica più tutte le armoniche dispari le cui ampiezze valgono 1/h della fondamentale ∧ V AO ∧ 1 V AO = h h Dal confronto tra i tre spettri emerge il vantaggio della modulazione lineare o sottoscillazione sinusoidale (ma<1); infatti questo metodo ha un minor contenuto armonico ed ha la possibilità di poter variare l’ampiezza della tensione di uscita agendo sulla modulazione. Infine si fa in modo che l’onda triangolare inizi da un valore negativo in quanto punto d’incrocio tra sinusoide e onda triangolare crea una zona in cui la commutazione risulta incerta. Considerazioni conclusive sullo schema a mezzo ponte: Nello schema a mezzo ponte i condensatori C1 e C2 hanno una duplice funzione: - servono a dare un punto centrale al carico in quanto altrimenti si avrebbe soltanto una gamba senza punto di ritorno; - mantengono una tensione costante sull’uscita del ponte e la ripartiscono in Vd/2 e –Vd/2. Abbiamo visto che la sequenza delle commutazioni è: TA+ chiuso, TA- aperto e viceversa ma mai entrambi in conduzione poiché si verrebbe a generare un cortocircuito. Se io è la corrente sul carico sottoposto alla tensione vo=vAO che è diretta una volta in un senso e una volta nell’altro, si dimostra che io può fluire in un verso o nell’altro a prescindere dal valore positivo o negativo della vo in virtù della presenza dei diodi di ritorno. Quando si chiude TA+ la corrente io scorre attraverso TA+, carico, punto centrale dei condensatori, condensatore C2, linea di alimentazione. Di conseguenza C2 si carica mentre C1 tenderà a scaricarsi; per la LKC si ha: io = id + iC+ nodo P per vo>0 − iC = id nodo N Non appena cambia la polarità di vo, cioè apriamo TA+ e chiudiamo TA-, la corrente io fluisce in direzione opposta alla precedente (lo stesso vale per le due correnti iC); C2 che prima si era caricato ora si scarica mentre C1 si carica e si ha: − nodo N io = id + iC per vo<0 + iC = id nodo P In definitiva il condensatore che si carica stabilisce tutta la corrente id che viene dal ponte. Nel momento in cui ci sono sfasamenti tra tensione e corrente, la corrente non passa più attraverso TA+ TA-, ma attraverso i diodi per cui le possibili zone di sfasamento sono quattro: le due già viste (vo e io entrambe positive o entrambe negative) e quelle miste in cui si creano maglie interne che non interessano più l’alimentazione a monte. Inverter a ponte intero: Rispetto al mezzo ponte ha la possibilità di essere controllabile in PWM con due strategie differenti: unipolare e bipolare. Bipolare in quanto in uscita, a seguito della commutazione, si ottengono le due polarità +Vd e –Vd in un semiperiodo. Unipolare in quanto in uscita, in un semiperiodo, la tensione è o positiva o nulla o negativa o nulla. Quindi: 57 Autore Angelo Guardo Vd Vd t -Vd t -Vd Strategia bipolare: Vediamo intanto lo schema circuitale: Nel ponte intero la tensione di uscita è doppia rispetto a quella del ponte ad una sola gamba In questo caso non è più necessario inserire la gamba con i due condensatori (che devono essere molto grandi per mantenere constate la tensione). Non mettere i condensatori è una soluzione migliore in quanto sono poco affidabili poiché l’isolante, se sottoposto a tensioni elevate, si può perforare. Inoltre i condensatori assorbono un ripple di tensione in alternata cioè assorbono una corrente alternata che transita attraverso essi; se questa risulta elevata può perforare l’isolante. Allora, supponiamo di essere in regime di modulazione lineare ma≤1. La strategia di controllo è con gli interruttori chiusi in maniera incrociata, cioè: + TA- aperto TA chiuso se vcontrol>vtri + TB aperto TB- chiuso TA+ aperto TA- chiuso se vcontrol<vtri + TB chiuso TB- aperto Se consideriamo un punto O fittizio, la tensione vAO ha un andamento identico a quello del ponte ad una gamba; la tensione vBO sarà un’immagine speculare di vAO. La tensione sul carico vo=vAB si ricava come differenza: vo = v AB = v AO − vBO Dato che le due tensioni sono sfasate fra di loro di 180° quando si fa la differenza tra tensione positiva e tensione negativa si ottiene una tensione positiva di ampiezza doppia. Vediamo ora tutti i percorsi possibili della corrente, vediamo cioè se: per tensione positiva == > corrente positiva e negativa per tensione negativa == > corrente positiva e negativa Se vo=vAB>0 nel punto A allora il percorso della corrente è: se io>0 TA+, carico, TB-, rete di alimentazione 58 Autore Angelo Guardo se io<0 DA+, carico, DB-, rete di alimentazione Vediamo meglio, graficamente, l’andamento della corrente sia sul carico che sul circuito intermedio. Per fare ciò consideriamo il caso in cui la tensione di uscita sia un’onda quadra e supponiamo che il carico sia di tipo RL. La corrente id del circuito intermedio, tranne nel caso di alimentazione con batteria, non è esattamente costante. La corrente ha un andamento che ha tratti, alternativamente esponenziali e decrescenti. L’andamento risulta quindi: Osservando la forma d’onda della io ci vAB accorgiamo che vi sono dei tratti in cui vAB>0 e io>0 e tratti in cui vAB>0 e io<0 (quindi in tali tratti i diodi di ricircolo entrano in funzione). Quindi nell’arco del periodo T1 sono entrati in funzione i t quattro quadranti di funzionamento con diodi e switch. L’andamento della corrente nella coppia di switch TA+, TB- è caratterizzato da valori positivi o nulli io con un periodo T1 pari a quello della prima armonica. Per i diodi, dato che sono inseriti con polarità rovesciata, la loro corrente è positiva (sono polarizzati direttamente) t e quindi la idiodo sarà il complemento al tempo degli spicchi della io e con lo stesso periodo T1. Per trovare la corrente nel circuito intermedio si noti che quando idiodo conducono i due interruttori TA+ e TB-, la corrente che scorre nel circuito intermedio è diretta nello stesso verso di quella negli interruttori e quindi ha la stessa forma della iT. Quando invece t conducono TA- e TB+ alimentiamo il iT carico dal lato della 2° gamba ma la id è diretta sempre nello stesso verso per cui la corrente negativa nel carico diventa positiva nel circuito intermedio. t Quando la corrente scorre nei diodi essa id inter rientra in linea dal morsetto P per cui la id è negativa. Sul carico si ha una corrente in cui aree positive=aree negative. La corrente nel t circuito intermedio ha invece aree positive>aree negative. Sul carico si ha una corrente di periodo T1 mentre sul circuito intermedio una corrente di periodo T1/2. Nel circuito intermedio troviamo una componente continua Id e una serie infinita di armoniche del tipo 2f1, 4f1, 6f1, 8f1 (se scomposta in serie di Fourier). Sul carico si trova una serie infinita di armoniche del tipo f1, 3f1, 5f1, 7f1. Questo 59 Autore Angelo Guardo ragionamento fatto per via grafica si può fare anche stabilendo una equivalenza tra la potenza che si ottiene in uscita e la potenza fornita in ingresso. Se consideriamo soltanto la prima armonica della tensione e della corrente sul carico, la potenza apparente sul carico sarà data da Po=VoIo dove Vo e Io sono le due fondamentali. La potenza fornita al circuito intermedio è invece data da Pd=VdId dove Vd=costante e Id è il valore medio della corrente variabile che lo attraversa. Poiché l’inverter è ideale, la potenza in ingresso deve essere uguale a quella in uscita. voio = Vd id ∧ ∧ se vo = V o sin ωt e io = I o sin (ωt − ϕ1 ) si ottiene ∧ ∧ vi V o sin ω1t I o sin (ω1t − ϕ1 ) id = o o = Vd Vd Possiamo a questo punto applicare direttamente la formula di Werner per il prodotto dei seni per cui: 1 sin α sin β = [cos(α − β ) − cos(α + β )] 2 ed ottenere direttamente il risultato. Possiamo anche procedere come segue e quindi dimostrare la formula di Werner arrivando al risultato tramite altre considerazioni trigonometriche. Quindi avremo che sin ω1t sin (ω1t − ϕ1 ) = sin ω1t (sin ω1t cos ϕ1 − sin ϕ1 cos ω1t ) = sin 2 ω1t cos ϕ1 − sin ω1t sin ϕ1 cos ω1t ed essendo sin 2 ω1t = 1 − cos 2ω1t 2 sin ω1t cos ω1t = sin 2ω1t 2 sostituendo si ottiene: 1 − cos 2ω1t sin 2ω1t 1 cos ϕ1 − sin ϕ1 = (cos ϕ1 − cos ϕ1 cos 2ω1t − sin 2ω1t sin ϕ1 ) = 2 2 2 1 = [cos ϕ1 − cos(2ω1t − ϕ1 )] 2 e quindi ∧ ∧ Vo Io id = [cos ϕ1 − cos(2ω1t − ϕ1 )] 2Vo o anche Vo I o cos(2ω1t − ϕ1 ) 2Vd cioè si trova che nel circuito intermedio scorre una componente Id=costante ed una componente alternata a frequenza doppia della fondamentale. Si noti che la componente in continua è legata al DPF del carico: VI I d = o o cos ϕ1 con DPF = cos ϕ1 2Vd e quindi a VoIocosϕ1 che è la potenza attiva del carico. id = I d − 60 Autore Angelo Guardo Strategia unipolare: Nel caso di inverter monofase con strategia unipolare generalmente si adotta un mf pari. In questo caso, partendo sempre da una vtri, si ha una vcontrol che pilota una gamba e una –vcontrol che pilota l’altra. La strategia di controllo è la seguente: vcontrol comanda la gamba A in modo che se vcontrol > vtri TA+ chiuso TA- aperto vcontrol < vtri TA+ aperto TA- chiuso -vcontrol comanda la gamba B in modo che se -vcontrol > vtri TB+ chiuso TB- aperto -vcontrol < vtri TB+ aperto TB- chiuso La tensione sul carico è data dalla differenza tra le due forme d’onda vAO e vBO così ottenute: vo = v AB = v AO − vBO Si ottiene così una sequenza di impulsi tutti positivi di ampiezza Vd nel primo semiperiodo e nel semiperiodo successivo tutti impulsi negativi di ampiezza Vd. In questo caso le commutazioni su una gamba e sull’altra non sono sincrone ma avvengono con uno sfasamento rispetto a quelle dell’altra gamba; la frequenza di switching del segnale d’uscita è il doppio di quella degli interruttori. Questo implica che le componenti armoniche in uscita sono ridotte rispetto all’equivalente in strategia bipolare per qualsiasi valore di mf. In questo caso i diodi in antiparallelo svolgono la funzione di ritorno per il carico nel momento in cui i tiristori non possono farsi attraversare da corrente diretta. Vediamo cosa succede per quanto riguarda le armoniche. Se scegliamo mf pari essendo lo sfasamento dei due spettri di vAO e vBO di 180°, lo sfasamento fra la componente a frequenza mf della vAO e la stessa della vBO è tale che 180° × 2m f = 360°m f cioè le armoniche dei due segnali vengono ad essere in fase tra di loro. Quando ne facciamo la differenza le componenti armoniche che sono in fase si annullano: data cioè la frequenza f1 sullo spettro del segnale di uscita non troviamo ne le armoniche a frequenza mf, 2mf, 3mf ne quelle attorno a mf, 3mf, 5mf ma sono presenti solo le armoniche delle bande laterali attorno alle frequenze 2mf, 4mf, 6mf. L’ordine armonico è dato quindi da h = j (2m f ) ± k Quindi scegliendo mf pari e per il fatto che i due segnali hanno uno sfasamento di 180°, eliminiamo altre armoniche rispetto al caso bipolare. Graficamente risulta: 1 2mf 4mf h 61 Autore Angelo Guardo Strategia di controllo a cancellazione di tensione in uscita: Partendo da un inverter monofase a due gambe, secondo una strategia unipolare, con formazione di due forme d’onda quadra vAN e vBN, traslando di un certo angolo α la vBN si fa in modo che per brevi intervalli di tempo ci sia l’annullamento della tensione vo in uscita. Infatti, quando si effettua la differenza, nella zona di sovrapposizione delle due tensioni, vAN e vBN, si elimina una parte del segnale in uscita. Il segnale in uscita vo è composto da un valore positivo per un angolo 180°-α, un tratto nullo di ampiezza α e da un valore negativo di 180°-α. Se aumentiamo α le quantità positive e negative di vo si riducono e quindi questo tipo di strategia incide sia sulle frequenze delle grandezze in uscita sia sulle ampiezze della fondamentale e delle armoniche. In particolare, la frequenza della fondamentale e quelle delle componenti armoniche rimangono le stesse perché vo è simmetrico a quarto d’onda; quindi o mancano i termini con i seni o mancano i coseni. Quelle che variano solo le ampiezze della varie componenti armoniche che sono funzione dell’angolo α. Si nota che per alcuni valori di α, alcune armoniche si azzerano. Le armoniche si annullano quando: 360° 360° +n α= h 2h Infatti: 2 π −α 4V α ah = ∫α 2 Vd sin(hωt )dωt = d cos h = 0 π 2 hπ 2 Graficamente, il fenomeno della cancellazione risulta essere il seguente vAN t vBN t vo t Per tracciare il grafico si attribuisce ad h il numero dell’armonica che si sta considerando; n è un numero intero tale che l’annullamento dell’armonica h ricada tra 0° e 180° e non oltre. Ad esempio, per h=1 360° α= + n360° ⇒ n = 0 ⇒ α = 180° 2 Per h=3 62 Autore Angelo Guardo α= n = 0 ⇒ α = 60° 360° 360° +n ⇒ 2⋅3 3 n = 1 ⇒ α = 180° Per h=5 n = 0 ⇒ α = 36° 360° 360° +n ⇒ n = 1 ⇒ α = 108° α= 2⋅5 5 n = 2 ⇒ α = 180° Il THD% varia in funzione di α in modo quasi parabolico: si trova che per α≈50° si ha il minor contenuto armonico in uscita. Le ampiezze delle armoniche h della vo in funzione dell’angolo θ possono essere calcolate analiticamente. Data la vo e considerato come l’asse di riferimento, l’asse passante per metà del segnale utile e definito 180° − α β= 2 vo vo è presente solo nell’intervallo (-β,β) per cui si ha: π 2 ∧ V o = ∫−2π vo cos(hϑ )dϑ = h π 2 2 β = ∫ Vd cos(hϑ )dϑ β α θ 180° π −β da cui 4 ∧ V o = Vd sin (hβ ) con h intero dispari h πh 180°-α Inverter Push-Pull: Lo schema di tale inverter presenta un trasformatore a presa centrale al primario. Inoltre, al primario si hanno due interruttori che si aprono e si chiudono nel seguente modo vcontrol>vtri ==> T1 chiuso T2 aperto Per e per io>0 ==> conduce T1 io<0 ==> conduce D1 per In tali condizioni al secondario risulta: V vo = d n dove n è il rapporto di trasformazione tra mezzo avvolgimento primario e l’avvolgimento secondario. vcontrol<vtri ==> T1 aperto T2 chiuso Per E la tensione che si presenta ai morsetti del secondario vale: V vo = − d n 63 Autore Angelo Guardo Vediamo lo schema: L’inverte push-pull può essere controllato con strategia in PWM o ad onda quadra e le forme d’onda sono identiche a quelle degli inverter a mezzo ponte e a ponte intero a strategia bipolare. Il valore di picco della 1° armonica della tensione di uscita vale: ∧ V V o1 = ma d per ma ≤ 1 n ∧ V V o1 = d per ma = 1 n Vd ∧ 4 Vd < V o1 < per ma > 1 π n n I valori di picco di tensione e corrente negli switch valgono ∧ V T = 2Vd ∧ IT = io , picco n L’inverter push-pull viene utilizzato in quanto un minor numero di switch rispetto al ponte intero procura un minor numero di perdite. Tempo di ritardo di apertura e chiusura degli switches (blanking time): Finora abbiamo supposto che gli switches si aprono e si chiudono istantaneamente. In realtà durante il funzionamento dell’inverter si ha un certo tempo di ritardo t∆ per ongni gamba tra apertura e chiusura degli interruttori. Questo ha delle ripercussioni sulla tensione di uscita. Infatti nel caso ideale le forme d’onda sono perfettamente combacianti. In realtà a causa della fisica dei semiconduttori c’è un tempo di ritardo t∆ nell’accensione dei due switch TA+ e TA-. In conseguenza di ciò la zona in cui la tensione vAN è nulla si riduce e quindi su vAN si perde l’area tratteggiata. Tale perdita di tensione è data dalla differenza tra la forma d’onda ideale della vAN quella che tiene conto del tempo di ritardo t∆. Mediando questa quantità in un periodo di switching Ts e tenendo conto del verso delle correnti: Sulla gamba A tV Per ia>0 ∆VAN = ∆ d > 0 perdita di tensione Ts tV Per ia<0 ∆VAN = − ∆ d < 0 aumento di tensione Ts Sulla gamba B tV Per ia>0 ∆VBN = − ∆ d perdita di tensione Ts tV Per ia<0 ∆VBN = ∆ d aumento di tensione Ts La tensione vAB è data dalla differenza tra le due fasi vAN e vBN e quindi si ha la differenza tra le due quantità ∆V: 2t∆Vd ia > 0 + T s vo = v AB = v AN − vBN ⇒ ∆Vo = ∆VAN − ∆VBN = − 2t∆Vd i < 0 a Ts 64 Autore Angelo Guardo Generalmente i carichi sono ohmico-induttivi per cui la corrente è in ritardo di un angolo ϕ rispetto alla tensione, per cui nella zona in cui: si ha un aumento di tensione vREALE>vIDEALE vo>0 e io<0 si ha una diminuzione di tensione vREALE<vIDEALE vo>0 e io>0 si ha una diminuzione di tensione vREALE<vIDEALE vo<0 e io>0 si ha una aumento di tensione vREALE>vIDEALE vo<0 e io<0 Inverter trifase: Come per gli inverter monofase, l’obiettivo di un inverter trifase in PWM è quello di controllare le tensioni trifase in uscita sia in ampiezza che in frequenza. In un inverter PWM trifase la stessa vtri viene confrontata con tre vcontrol sinusoidali sfasate tra di loro di 120°; per il resto valgono le stesse identiche considerazioni già studiate per l’inverter monofase. Vediamo intanto lo schema circuitale: Supponiamo che un inverter trifase a sorgente di tensione alimenti un carico trifase costituito da un motore ac schematizzato come in figura. Ripple in uscita: vAN vBN t VCN t vAB t t vBC t Per valori sufficientemente grandi di ma, il PWM degenera nel funzionamento ad onda quadra in cui vAN, vBN, vCN hanno l’andamento di figura. In genere, più che le tensioni ai morsetti vAN, vBN, e vCN interessano le concatenate che hanno l’andamento di figura e sono caratterizzate da assenza di 3° armonica e multiple di 3. Esse hanno in un semiperiodo (180°), 60° gradi di tensione nulla e 120° gradi di conduzione positiva o negativa. Per trovare queste tensioni consideriamo la vNn tra il punto N e il centro stella. v An = v AN + vNn vBn = vBN + vNn v = v + v CN Nn Cn Sommando di ottiene: v An + vBn + vCn = v AN + vBN + + vCN + 3vNn = 0 In quanto in un sistema trifase simmetrico le tensioni di fase danno somma nulla. Da tale relazione si ricava: 65 Autore Angelo Guardo vNn = − 1 (v AN + vBN + vCN ) 3 che sostituita nella precedente ci da: 1 1 1 2 1 1 v An = v AN − v AN − vBN − vCN = v AN − vBN − vCN 3 3 3 3 3 3 Cioè 2 1 1 v An = 3 v AN − 3 vBN − 3 vCN 1 2 1 vBn = − v AN + vBN − vCN 3 3 3 1 1 2 vCn = − 3 v AN − 3 vBN + 3 vCN si trova quindi che le tre tensioni di fase vAn, vBn, vCn sono tensioni a 6 gradini che è una forma 2 d’onda con assenza di 3° armonica e delle multiple di 3, ad ha un’ampiezza massima di Vd . 3 Graficamente risulta Analiticamente, il ripple di vAN tensione e corrente,come nel caso monofase, può essere calcolato tramite: vripple (t ) = vo − vo1 vBN t e 1 t vripple (ξ )dξ + k L ∫0 Nel caso della tensione di fase vAn, essendo rappresentate in figura tensione vAn e la sua componente fondamentale vAn1 si può ricavare la componente di ripple della tensione e da questa la componente di ripple della corrente. iripple (t ) = VCN t t vAn vAn1 t 66