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Rassegna stampa 11 gennaio 2016
Il Piccolo 11 gennaio 2016 Regione «Punti nascita, nessuna chiusura punitiva» L’assessore Telesca ribadisce gli obiettivi della sicurezza e smentisce accordi col Veneto su Latisana TRIESTE. «Il nostro unico obiettivo coincide con quello del ministero della salute: l'incolumità delle partorienti e dei bambini. Per questo puntiamo a una riorganizzazione dei punti nascita (prima della riforma erano 11 in Friuli Venezia Giulia, ora sono 10), chiudendo per ragioni di qualità e sicurezza quelli con volumi di attività troppo ridotti, al di sotto dei 500 parti all'anno. Ed accrescendo l'efficienza di tutti gli altri, in termini di disponibilità h.24 di ginecologi, pediatri neonatologi e ostetriche, e di presenza a corto raggio di un servizio di terapia intensiva neonatale e subintensiva per le madri». L’assessore alla salute, Maria Sandra Telesca sottolinea ancora una volta che la decisione di chiudere un punto nascita risponde unicamente alla logica di rispettare standard nazionali e internazionali, e alla necessità più volte dichiarata dal ministro alla salute Lorenzin di non concedere deroghe. Dunque «nessun proposito di danneggiare un territorio a vantaggio di un altro». Non solo. In Friuli Venezia Giulia nascono sempre meno bambini. Erano 9.907 nel 2012, sono stati 8.815 nel 2015 (meno 11 per cento). «È un dato che ci fa riflettere e che non acquisiamo senza occuparci di come invertirlo -‐ spiega Telesca -‐ ma è un dato di cui necessariamente si deve tener conto nella programmazione sanitaria per non disperdere risorse professionali ed economiche». Per quanto riguarda poi, in particolare, Latisana, l'eventuale chiusura di quel punto nascita, «peraltro ancora non decisa», non è frutto di un accordo con il Veneto. Ipotesi, quest’ultima, che l’assessore boccia come “fantasiosa”. «E un'altra invenzione -‐ prosegue -‐ è anche l'affermazione dei consiglieri del Movimento 5 Stelle Ussai e Sergo, secondo cui Serracchiani avrebbe voluto scaricare la responsabilità di un'eventuale chiusura di Latisana sulla Regione Veneto. È noto a tutti da tempo che la programmazione sanitaria del Veneto prevede il mantenimento del punto nascita di Portogruaro». Ai consiglieri pentastellati, Telesca suggerisce di non leggere i documenti prodotti negli ultimi anni a livello ministeriale, cui tutte le Regioni devono attenersi, primi fra tutti quelli su 'Gli standard per la valutazione dei punti nascita' e l'Accordo Stato-‐Regioni sulle linee in materiadi sicurezza, appropriatezza di interventi nel percorso nascita e riduzione del taglio cesareo. BREVI SANITA'. Piccin (Misto) interroga sul Pronto soccorso «Questa riforma della sanità fatica a mostrare gli effetti salvificatori che ci hanno spiegato in fase di approvazione nel settembre del 2014 Serracchiani, Telesca e Pd». Così Mara Piccin (Misto) che annuncia un’interrogazione sul Pronto soccorso di Pordenone. Trieste Cattinara torna a “scoppiare” di pazienti Riaffiora il problema dei fuori reparto. Sindacati in allarme aspettando l’influenza. Delli Quadri: «Situazione sotto controllo» di Benedetta Moro. Cattinara scoppia. In questi ultimi giorni i pazienti fuori reparto sono oscillati tra i 45 e i 51. Ciò sebbene il picco dell’influenza non sia ancora arrivato. Nonostante le politiche organizzative messe in atto dalla dirigenza ospedaliera, il fenomeno si è dunque ripetuto. In questi ultimi giorni, per l’appunto, i pazienti accolti al Pronto soccorso, per i quali non si trova poi un letto disponibile, vengono ospitati prevalentemente nelle Chirurgie, a causa della carenza di posti nelle quattro Mediche: Prima, Terza, Clinica medica e Medicina 1 clinica. Saturi anche i posti nelle Rsa, perfino quelli aggiuntivi che per convenzione vengono riservati per l’emergenza del picco influenzale. «Vengono messi in crisi i reparti che sono già in sofferenza, la situazione è sempre quella, noi sindacati lo denunciamo uniti», sottolinea Giorgio Iurkic (Cisl). Ma il commissario dell’Azienda ospedaliera, Nicola Delli Quadri, nega decisamente che la situazione sia critica e i fuori reparto a lui risultano essere stati 35, «meno di quelli dell'altro anno nonostante i posti in meno», sottolinea, rassicurando che invece la situazione è sotto controllo grazie al lavoro comune. «Il 25 settembre Delli Quadri -‐ afferma invece Claudio Illicher del Cimo (Coordinamento italiano medici ospedalieri) -‐ ha soppresso 25 posti letto, dicendo che ormai il trend era garantito e non ci sarebbero stati più fuori reparto». E invece ancora una volta il fatto si è ripresentato. «Il motivo di questa nuova criticità non ci è ancora chiaro -‐ spiega Fabio Pototschnig (Fials) -‐ probabilmente i fattori che l’hanno creata sono molteplici e necessitano certamente un’attenta valutazione, anche perché, e ciò ci preoccupa non poco, la Regione ha stabilito che nel 2016 l’Azienda ospedaliera dovrà tagliare ulteriori 40 posti letto». Una preoccupazioneo che viene percepita anche da Rosanna Giacaz (Cgil): «Attenzione a tagliare altri posti letto prima di trovare alternative sul territorio, perché è un problema che si ripropone ogni anno e il picco influenzale non è ancora arrivato». «Questa situazione crea non pochi disagi organizzativi agli infermieri e agli Oss dell’Azienda ospedaliera, che comunque cercano di fare il massimo», continua Pototschnig. Disagio confermato anche da Illicher che sottolinea come la presenza di pazienti fuori reparto sparpaglia il personale, il quale si ritrova a dare un'assistenza limitata. Anche le Rsa sono al completo. «Ormai da anni -‐ racconta il direttore dell’Igea Fabio Staderini -‐ lavoriamo in rete con le altre Rsa e l’Azienda unica per fronteggiare eventuali picchi influenzali, per cui si attivano ulteriori posti letto in Rsa per pazienti che sono stati giudicati idonei al successivo ricovero in Rsa. Da alcuni giorni abbiamo aggiunto temporaneamente alcuni posti letto e sono tutti occupati». All’Igea in questi giorni infatti sono stati accolti quattro pazienti oltre ai 77 convenzionati. Altrettanto accade alla Mademar. Pototschnig conferma che «la criticità dei pazienti ospiti era più frequente negli anni passati e che l’attuale direzione nel 2015 ha apportato alcuni interventi organizzativi che hanno migliorato sensibilmente la situazione». Negli ultimi giorni però «il problema si è ripresentato» e dai 27 fuori reparto del 4 gennaio si è arrivati ai 51 dell’8 gennaio. Nessuna soluzione per il momento. Si attende il 13 gennaio «quando -‐ racconta Iurkic -‐ avremo un incontro con l’amministrazione sul caso delle Chirurgie, dove si è già svolta un'assemblea per discutere di questo problema annoso: i reparti chiudono, ma la gente deve pur essere ricoverata da qualche parte». Messaggero Veneto 11 gennaio 2016 Primo piano Impennata del bonus povertà Oltre 140 richieste al giorno In poco più di due mesi le domande hanno superato quota 8.500: aiutate quasi 24 mila persone Telesca: nel 70 per cento dei casi si tratta di famiglie con un Isee che non raggiunge i 4 mila euro di Elena Del Giudice. UDINE. Oltre 8 mila 500 domande in poco più di due mesi. Dal 20 ottobre, giorno in cui è diventato possibile presentare la richiesta, alla fine del 2015, sono state esattamente 8 mila 518 le famiglie del Friuli Venezia Giulia, che hanno chiesto di accedere a quello che è stato ribattezzato “bonus povertà” e che invece nella legge regionale viene definito “Misure di inclusione attiva e sostegno al reddito”. Per intenderci, i 550 euro mensili che vengono garantiti a chi si trova in difficoltà. A patto che... La condizione non è infatti solo lo stato di necessità, ma anche l’impegno a uscirne, a sottoscrivere un vero e proprio patto con l’amministrazione regionale, anche grazie al sostegno dei servizi sociali e del centri per l’impiego. «No – commenta l’assessore alla Salute, Maria Sandra Telesca –, il numero non ci ha 2 colti di sorpresa. Avevamo stimato circa 8 mila beneficiari per un anno, e le pratiche avviate sono poche di più». Ma una pratica non equivale a una persona. Le domande coinvolgono infatti molte famiglie, tanto che sono tanti di più i soggetti coinvolti: 23 mila 822. Mogli e mariti e figli, dunque. Famiglie che per dodici mesi potranno beneficiare di questo sostegno economico progettando i modi in cui uscire dallo stato di difficoltà. Se poi in questo arco di tempo la soluzione per uscire dalla povertà o dal rischio emarginazione non sarà stata individuata, dopo uno stop di due mesi, la legge regionale prevede che la domanda d’aiuto possa essere ripresentata, così da accedere alla misura economica per un altro anno, ma non di più. Il bilancio di questi primi mesi (ovviamente parziale visto che il provvedimento è decollato il 20 ottobre 2015) della norma, fornisce anche una lettura di dove si annidi maggiormente lo stato di bisogno che, stante il limite Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) , possiamo definire povertà. Il numero più elevato di istruttorie è stato aperto per l’ambito di Trieste, con 2 mila 756 pratiche, ovvero un tasso pari a 134 (il più elevato del Friuli Venezia Giulia), dato dal rapporto tra le richieste e 10 mila abitanti. Complessivamente sono 6 mila 470 i componenti familiari coinvolti, mediamente cioè 2 persone e mezza per famiglia. Se consideriamo invece il tasso dei componenti ogni 10 mila abitanti, arriva primo l’ambito del Basso Isontino, con indicatore 379, dato dalle 859 domande (indice 120 sugli abitanti) con 2 mila 701 persone interessate. A seguire c’è Udine con 2 mila e 5 richieste (indice 125) e 5 mila 994 persone (indice 375). Fanalino di coda l’area pordenonese nel suo insieme, con l’ambito cittadino fermo a 423 richieste (indice sugli abitanti 44) e mille 534 persone interessate (indicatore 161). Il dettaglio sul numero delle domande ricevute da ogni ambito con relativi indici, è contenuto nella tabella che pubblichiamo in alto. La Regione fa anche sapere che se una prima verifica sulle richieste è già stata fatta, le domande saranno ulteriormente passate al setaccio per esaminare la sussistenza dei requisiti che consentono l’accesso al beneficio, quindi il bilancio definitivo sarà disponibile nelle prossime settimane. Ragionando ancora sui numeri, un altro dato che è emerso riguarda il valore dell’Isee delle famiglie in difficoltà, che la norma Fvg stabilisce in 6 mila euro l’anno, ma che è molto più basso per chi ha formalizzato la richiesta. «Nel 70 per cento dei casi – spiega infatti l’assessore Telesca – è al di sotto dei 4 mila euro annui, quindi ancora più basso di quello che abbiamo inserito come limite per poter presentare domanda. Per questi nuclei – aggiunge l’assessore alla Salute – potrebbe esserci la possibilità di sommare il bonus regionale con la misura statale». Per le 8 mila 518 famiglie che hanno accesso al sostegno si aprirà ora la fase del “patto”. Che non è ancora stato scritto «perché ognuno fa caso a sé e quindi – conclude Telesca – saranno i servizi sociali con i Centri per l’impiego a definire le regole e le richieste che verranno rivolte e che possono avere a che fare con la formazione e la riqualificazione professionale, con la ricerca attiva di un’occupazione e con le altre opportunità che abbiamo previsto nella legge regionale». 3 Ecco come si ottiene l’assegno da 550 euro Necessari la residenza in regione da almeno 2 anni e l’impegno a uscire dalla condizione di difficoltà UDINE. Il Consiglio regionale ha approvato la “Misura attiva di sostegno al reddito” a fine giugno 2015, mentre la giunta ha dato il via libera al regolamento a metà settembre. Ma quali sono i requisiti per accedere all’aiuto? Dal 20 ottobre è possibile fare richiesta se il proprio Isee – Indicatore della situazione economica equivalente – non supera i 6 mila euro l’anno e se uno dei componenti della famiglia risiede in Friuli Venezia Giulia da almeno 24 mesi. Il bonus consiste in un assegno mensile di 550 euro, che viene erogato per un anno e per al massimo un altro anno, ma solo dopo due mesi di sospensione. Chi riceve il sostegno si impegna a sottoscrivere un patto con l’amministrazione regionale, attraverso i servizi sociali dei Comuni e i Centri per l’impiego, che caso per caso individueranno le “condizioni” che ogni beneficiario dovrà rispettare per uscire dalle difficoltà. Il Consiglio regionale ha dato l’ok al provvedimento trasformando il Friuli Venezia Giulia nella prima regione capace di adottare una simile misura. Un fatto diventato rilevante anche dal punto di vista politico, visto il dibattito a livello nazionale tra chi sostiene la necessità di un “reddito di cittadinanza” o di “reddito minimo garantito”, quest’ultimo che appare più gradito al premier Matteo Renzi. In Friuli Venezia Giulia il provvedimento è diverso, tanto da chiamarsi appunto “Misura attiva di sostegno al reddito”, come ci tiene sempre a precisare la presidente Debora Serracchiani. E per la misura ha votato a favore anche il M5s, che a livello nazionale si battono invece per ottenere il “reddito di cittadinanza”. L’ok all’operazione della giunta è in arrivato in Consiglio regionale grazie a 27 voti favorevoli assegnati da Pd, Cittadini, Sel e Movimento 5 stelle. A votare contro, invece, sono stati Forza Italia, Ncd, Fdi/An e Autonomia responsabile, opposizioni che ritengono la legge inadeguata a rispondere alle esigenze delle persone in difficoltà e che ha criteri anche penalizzanti. La misura, invece, piace ai sindacati regionali. Il bonus povertà viene finanziato attraverso un budget complessivo di quasi 30 milioni, che è composto da 10 milioni dal bilancio regionale, 11,5 dal Fondo solidarietà e altri 8 da altre misure sociali. Udine Posti auto per disabili occupati da abusivi: la battaglia di Laura L’udinese Bassi, con una gamba amputata, racconta l’ennesimo caso E propone di “punire” i trasgressori attaccando biadesivi sui vetri di Luana de Francisco. È un copione visto e rivisto, eppure non smette mai di indignare. Giustamente, peraltro. A riproporlo, con un post pubblicato sabato sul proprio profilo Facebook, è stata Laura Bassi, la ragazza coinvolta nell’agghiacciante incidente stradale del 22 giugno 2014, a Gemona, nel quale persero la vita il fidanzato e altri due giovani. Lei, che aveva 19 anni, sopravvisse, ma all’incalcolabile prezzo di vedersi amputare una gamba. L’altro giorno, nell’ampio parcheggio di un negozio dell’hinterland udinese, ha trovato uno dei posti per disabili occupato da “abusivi”. Richiamati all’ordine, il primo se n’è andato scusandosi, mentre il secondo, sopraggiunto come un falco, ha fatto spalluccia e si è infilato ugualmente nel negozio. Con impudente indifferenza. Il web, naturalmente, le ha dato ragione. Succedeva sabato, appunto, e quindi con l’aggravante della pioggia e di tutte le seccature e le insidie a essa collegate. Tanto più per un disabile. Non trovando libero il parcheggio, Laura è stata costretta a lasciare l’auto a una distanza maggiore e questo le ha comportato il «rischio di scivolare con le stampelle». Ovviamente, la vettura piazzata nelle strisce gialle non apparteneva ad alcun portatore di handicap. Lei lo ha segnalato al personale del negozio e il proprietario, rintracciato dall’altoparlante, è uscito l’ha spostata. Il tempo di liberare lo stallo e un altro cliente gli è subentrato: lasciata la moglie nell’abitacolo ad aspettarlo, è smontato. Laura, presente alla scena, lo ha apostrofato. «Guardi che il parcheggio è riservato, non può metterla lì», gli dice. E lui: «Per chi, per lei?». Riluttante, lei ha risposto: «No, per le persone 4 come me!». Con sconcertante arroganza, l’uomo ha tirato dritto, fornendo la seguente spiegazione: «Sì, ma sto solo cinque minuti». Ecco, la “novella” finisce qua. E da qua cominciano riflessioni e commenti. Oltre che le quasi 200 condivisioni che il post ha registrato in poche ore. Innanzitutto, c’è la paziente spiegazione di Laura. «Se parcheggiate in un posto riservato, sappiate che ci sono persone che devono smontarsi e rimontarsi la carrozzina sotto la pioggia. Sarebbe carino non dover parcheggiare a Canicattì solo perché voi (che potete) non volete farvi quattro passi in più a piedi. I posti riservati sono stati pensati per avere lateralmente lo spazio necessario per smontare la carrozzina». Tutto chiaro? Chissà. Molto spesso, chi si crede più furbo degli altri è semplicemente una persona maleducata, irrispettosa e tutt’altro che disposta a riconoscere i propri errori. Segue una valanga di commenti indignati, ma anche di consigli più o meno applicabili. Tra i tanti, quello dell’amico che suggerisce di «parcheggiare dietro di lui, non dandogli via di fuga, chiamare le guardie, denunciare e foto sul giornale», e quello di un altro che propone la creazione di un gruppo Fb con la pubblicazione delle foto dei trasgressori. Un amico che lavora in un negozio racconta la propria esperienza di fronte a casi analoghi: «Regolarmente posiziono sul parabrezza un cartello con scritto “Parcheggio riservato... ecc., la sua targa verrà segnalata agli organi competenti”. Lo sai che una mia cliente mi ha telefonato in ufficio dicendomi che mi avrebbe denunciato perché io non posso sostituirmi a un ufficiale per registrare la sua targa?!». Sconsolanti anche le risposte ottenute dalla stessa Laura nel tempo dalla polizia locale e dai carabinieri di volta in volta interpellati. «Non può fare la foto, perché dobbiamo essere presenti noi», «Siamo arrivati, ma non l’abbiamo trovata e siamo andati via», «”Le mando la municipale”, e dopo 45 minuti che aspettavo non è arrivato nessuno». Per non parlare dell’amico disabile che ha raccontato di essere stato multato, nell’unica volta in cui aveva dimenticato di esporre il tagliando e nonostante avesse poi dimostrato la propria disabilità. E allora che fare? Laura una soluzione ce l’ha. «Vado a fare degli adesivi biadesivi – scrive e ci conferma anche al telefono –, così fa una bella figuraccia a levarlo e gli rimane pure la colla attaccata». Latisana Future mamme disorientate: dove andiamo a partorire? Latisana: un gruppo di donne scrive a politici e amministratori chiedendo risposte «Mentre c’è una guerra tra gli ospedali friulani e veneti, nessuno pensa a noi» di Paola Mauro. LATISANA. «Mentre tutti continuano la loro lotta di “interessi”, nessuno prende in considerazione noi mamme. C’è la “guerra” tra Palmanova, Latisana, Portogruaro, Veneto e Friuli, ma nessuno che dica a noi donne e mamme cosa stia accadendo o dove andare». Donne che si sentono «abbandonate, danneggiate e beffate»: una trentina di future mamme, a poche settimane dal parto, che ai già tanti pensieri che affollano la mente di una persona che sta per affrontare l’avventura più affascinante e allo stesso tempo preoccupante, quella di mettere al mondo una nuova vita, all’ansia di queste settimane devono aggiungere l'apprensione del non sapere se, quando sarà il momento, avranno ancora in zona una struttura ospedaliera alla quale rivolgersi. «È possibile che nessuno ci dia informazioni circa il nostro destino? Abbiamo scritto già due lettere esprimendo le nostre preoccupazioni e la nostra amarezza in merito alla questione della chiusura del punto nascita e della pediatria. E ancora oggi nessuna risposta. Noi non sappiamo quel che ci attende». Pensieri che hanno affidato a una nuova lettera che firmano come «Gruppo mamme della Bassa», anche questa inviata a tutti i consiglieri regionali, ai sindaci dell'Ambito della Bassa occidentale, alla presidente della Regione, all’assessore alla salute e al direttore generale dell'Aas2: «In questi giorni abbiamo letto degli eventi negativi accaduti a mamme e bambini in alcuni ospedali italiani e la nostra preoccupazione si è trasformata in angoscia. Avete idea di quel che significa per una donna in stato di gravidanza (alcune di noi a pochi giorni dal parto) venire a conoscenza di certi fatti? E soprattutto leggere versioni diverse su quel che è accaduto 5 aumenta la nostra confusione. Alcuni di questi eventi sono accaduti in strutture considerate “centri di eccellenza”" per la gravidanza e il parto. Quindi il solo numero dei parti non è garanzia assoluta di sicurezza». «Disorientate e infastidite -‐ scrivono nella loro lettera -‐ dall’altalena delle notizie sull’ospedale di Latisana: si apre, si chiude, si riapre, si gira in elicottero, “andate a Palmanova subito”, “andate a Portogruaro a febbraio”. A nessuno viene il dubbio che siamo persone, oltre tutto in un momento molto particolare della vita ? Tutto questo teatrino non potrebbe essere evitato? Basterebbe mantenere un servizio che da decenni funziona bene e ci risulta essere sicuro tanto quanto gli altri punti nascita». E adesso sono anche «sbalordite» dall’apprendere che il punto nascita di Portogruaro dovrebbe riaprire in febbraio: «Portogruaro, distante solo 15 chilometri, dopo la chiusura di quello di Latisana, sarà il nostro punto di riferimento, o dovremmo fare i famosi 40-‐60 chilometri per accedere alle strutture regionali? Ma, se secondo le direttive ministeriali, Latisana deve chiudere perché non ha raggiunto di poco i 500 parti, a Portogruaro che alla chiusura di agosto ne ha avuti 234 e con una semplice operazione matematica si capisce che comunque non avrebbe raggiunto i 400 parti a fine anno, sarà concessa una deroga?». Il sindaco Soltanto Latisana ha perso primariati C’è una bella differenza tra avere la struttura complessa e una semplice funzione ospedaliera. Si “gioca” sulle parole per celare il fatto che l’unico ospedale di rete ad aver perso dei primariati è quello di Latisana. Dove prima c’era un primariato attivo adesso c’è solo un servizio al momento garantito dall’ospedale di Monfalcone. «Avendo rispetto dei reciproci “ruoli”, penso sia dovere di un sindaco sottolineare un tanto, perché sulla presenza delle struttura complessa e quindi dei relativi primariati si basano l’importanza e il futuro di un ospedale. Altrimenti non è spiegabile perché tutti gli altri ospedali di rete sono stati ben attenti a non perdere nessun primariato». Puntuale è arrivata la risposta del sindaco di Latisana, Salvatore Benigno (nella foto), rivolta al direttore dell’otorino, Giorgio Pagliaro, il quale qualche giorno fa smentiva le affermazioni degli otto sindaci della Bassa, che avevano manifestato parere contrario al piano sanitario dell’Aas 2 e annunciavano la perdita del servizio. «Nella riorganizzazione regionale quello di Latisana è l’unico “ospedale di rete” che ha perso una chirurgia specialistica in forma di struttura complessa. Per farmi meglio comprendere cito alcuni esempi: Tolmezzo, Monfalcone e San Vito al Tagliamento hanno tutti conservato la struttura complessa di Orl. A San Vito non hanno voluto un Orl a scavalco con Pordenone, nella stessa azienda sanitaria, scelta che invece è stata attuata a Latisana. Un esempio ancora più lampante è quello di Palmanova e Monfalcone: hanno conservato entrambi la struttura complessa di oculistica senza dare a uno dei due ospedali la sola funzione». (pa.ma.) Pordenone Attese al pronto soccorso, il caso in Regione La consigliera del gruppo misto Mara Piccin ha annunciato un’interrogazione urgente Le attese fino a sei ore, venerdì scorso, al pronto soccorso di Pordenone, approderanno in consiglio regionale. Ad annunciare un’interrogazione su quanto accaduto è stata la consigliera del Gruppo misto Mara Piccin. «Questa riforma della sanità – ha dichiarato Piccin – fatica a mostrare i suoi effetti salvificatori che ci hanno spiegato in fase di approvazione nell'ormai lontano settembre del 2014 Serracchiani, Telesca e la maggioranza del Partito democratico». Così Mara Piccin ha commentato la situazione di crisi che si è venuta a creare al pronto soccorso di Pordenone. Depositerò un’interrogazione urgente in consiglio regionale per sapere se a fronte di casi come questi si intenda agire o solo parlare. L’assessore Tedesca deve provvedere ad un incremento di organico ed ad una nuova organizzazione. Perché è stato 6 abbandonato frettolosamente il progetto di trattare i codici bianchi separatamente in una struutra adiacente al pronto soccorso con un pull di medici a parte?». «Non è affatto vero – ha continuato Piccin – che si tratta di un momento transitorio. A me personalmente è capitata la stessa cosa lo scorso mese febbraio: 5 ore di attesa!». «La riforma sanitaria – ha concluso la consigliera regionale del Gruppo misto – non può funzionare solo perché si chiama “riforma” deve dare risposte risolvendo i problemi. Quello degli organici è un problema serio: la salute dei cittadini non può essere demandata alle chiacchiere delle riforme bensì servono i fatti delle azioni». 7