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All`ombra dei BRICS: la (re)conquista del Continente latino

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All`ombra dei BRICS: la (re)conquista del Continente latino
N°24 – SETTEMBRE 2014
All’ombra dei BRICS:
la (re)conquista del
Continente latino-americano
www.bloglobal.net
BloGlobal Research Paper
Osservatorio di Politica Internazionale (OPI)
© BloGlobal – Lo sguardo sul mondo
Milano, settembre 2014
ISSN: 2284-0362
Autore
Francesco Trupia
Francesco Trupia e Dottore in Politica e Relazioni Internazionali presso l’Universita degli Studi di Catania con una
tesi in Diritto Comparato dal titolo “I diritti indigeni nel costituzionalismo latino-americano“. Le sue aree di studi
riguardano il Sud America e costituzionalismo latino-americano.
Questa pubblicazione può essere scaricata da: www.bloglobal.net
Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma:
All’ombra dei BRICS: la (re)conquista del Continente latino-americano, Osservatorio di Politica Internazionale
(BloGlobal – Lo sguardo sul mondo), Milano 2014, www.bloglobal.net
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Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma:
I porti di Chabahar e Gwadar al centro dei “grandi giochi” tra Asia Centrale e Oceano Indiano, Osservatorio di Politica Internazionale (Bloglobal – Lo sguardo sul mondo), Milano 2014, www.bloglobal.n
INTRODUZIONE
Quando gli allarmismi per la crisi finanziaria del 2007 venivano scongiurati
dall’economista della Goldman Sachs Jim O’Neill poiché fiducioso che lo sviluppo dei
BRICS avrebbe creato un’armoniosa ricrescita dei mercati, nessuno avrebbe immaginato che a distanza di neanche un decennio tali economie emergenti sarebbero
state in grado di destabilizzare gli assetti dell’economia mondiale.
Fin dalla loro nascita, i BRICS hanno tentato di rappresentare una seria alternativa
alle politiche neo-liberali del G7 ed ai suoi modelli di sviluppo politico ed economico.
Sulla scia di una sempre maggiore crescita su scala mondiale, la sfida lanciata dai
BRICS è concretamente iniziata a Fortaleza con la creazione della New Development
Bank. La nascita del nuovo istituto finanziario rappresenta solo una minima parte,
sebbene la più rilevante, delle decisioni varate nella città brasiliana capace di stravolgere ciò che gli accordi di Bretton Woods sembravano aver stabilito nell’ormai
lontano 1944.
All’indomani della conclusione di FIFA 2014, l’azione promossa dai partecipanti al
sesto summit dei BRICS sancisce l’inizio del possibile cambiamento dell’economia
Research Paper, N°24– Settembre 2014
globale e la definitiva affermazione delle nuove potenze sulla scena internazionale.
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PARTE I
AL DI LA’ DI BRETTON WOODS,
OLTRE LA DOTTRINA MONROE
Ciò che nei precedenti summit di New Delhi del 2012 e di Durban (Sud Africa) del
2013 appariva solo una forte critica alle manovre economiche dell’Occidente nei
settori della cooperazione allo sviluppo, nel sesto BRICS summit si è palesato in tutta la sua concretezza dopo l’attuazione della Fortaleza Declaration ed il Fortaleza
Action Plan. La volontà del gruppo BRICS di sostituirsi alle strategie della Banca
Centrale e del Fondo Monetario Internazionale, istituzioni legate entrambe alle logiche del Washington Consensus, fonda le sue credenziali in una crescita economica
annua pari al 23% e che nel prossimo biennio crescerà ulteriormente del 63%. La
possibilità di cambiare radicalmente gli equilibri geopolitici ed economici della comunità internazionale, soprattutto nelle relazioni commerciali tra i Paesi del Secondo e Terzo Mondo, appaiono concrete alla luce degli ultimi dati riguardanti le operazioni sui beni e servizi che attestano i BRICS come i produttori del 50% di quelli attualmente presenti sul mercato globale.
Nel Fortaleza Action Plan la New Development Bank si sostituirà de facto alle disastrose politiche di monetizzazione delle banche estere, all’FMI ed ai prestiti elargiti
alle economie in difficoltà periodicamente gravate dagli scellerati tassi di interesse.
L’organo amministrativo e parallelo al nuovo Istituto bancario sarà il BRICS Exchange Alliance, che promuoverà i nuovi assetti finanziari ed analizzerà i vari piani
d’intervento nei settori strategicamente più idonei. La Contingency Reserve Arrangement e l’Energy Alliance, invece, rappresenteranno l’insieme degli accordi bilaterali intra-BRICS, soprattutto nel settore del business, ed i progetti di cooperazione
per lo sfruttamento delle risorse naturali e lo sviluppo nei settori dell’energia,
dell’ingegneria civile e dell’edilizia [1].
I leaders hanno annunciato anche il capitale iniziale della Banca che si attesterà inle di riserva che, dopo la sua discussione ed approvazione, sfiorerà i cento miliardi
di dollari. Cariche istituzionali e dilazioni dei capitali iniziali sono già stati decisi: 41
miliardi di dollari arriveranno da Pechino, a cui è già stato assegnato il ruolo di leader nel nuovo assetto economico del gruppo; 18 miliardi verranno versati rispettivamente da India, a cui spetterà la carica del primo Presidente dell’istituto bancario, dal Brasile, che rappresenterà il Consiglio di Amministrazione, e dalla Russia,
che avrà l’onere di avere il primo direttore del Board of Governos. Il Sud Africa,
momentaneamente il Paese più marginalizzato tra i cinque, parteciperà con un quota pari a 5 miliardi di dollari. Anche la ripartizione dei ruoli istituzionali all’interno
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torno ai 50 miliardi, a cui verrà aggiunto un capitale di funzionamento ed un capita-
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della BRICS Bank ed il Contigency Reserve Arrangement, a differenza della Banca
Mondiale e dell’FMI guidati solo da rappresentanti statunitense o europei, cambieranno ogni cinque anni in un turn-over continuo tra i rappresentanti del gruppo.
Come deciso lo scorso luglio, la
New Development Bank avrà sede
a Shangai. I risvolti di quella che
può apparire una normale scelta
logistica inciderà in realtà non poco sulla leadership di Washington
all’interno della scena della finanza globale, consolidando definitivamente la Cina come prima potenza economica del mondo dopo
che anche i miglioramenti sul potere d’acquisto delle valute hanno
superato definitivamente quelli statunitensi.
La scelta di Shangai si pone al di là della consueta retorica antimperialistica dei
BRICS. Infatti, il gruppo economico delle “economie emergenti” si è detto convinto
di riuscire a risolvere il principale problema che gli Accordi di Bretton Woods hanno
creato subito dopo la loro ratifica. I boom economici creati negli anni Cinquanta e
nella metà degli anni Settanta, solo all’interno delle economie occidentali, non rappresentano per i BRICS riscontri empirici soddisfacenti per continuare a sperare in
un cambiamento positivo delle politiche liberali dell’Occidente. Come affermato più
volte fin dalla loro nascita, i BRICS non possono permettere che la mancanza di liquidità delle varie nazioni possa continuare ad imporre gli Stati Uniti d’America come unico creditore internazionale per le economie in difficoltà. Alla luce dei prossimi
cambiamenti globali la Cina di Xi Jinping si porrebbe come possibile alternativa per i
futuri piani di cooperazione e sviluppo non solo dei vari Paesi asiatici, ma soprattutto per le economie africane e sudamericane [2].
Come affermato dal Relatore Speciale all’Onu per i diritti sull’alimentazione, lo stacani la geografia, la recessione è la maniera per impartire a tutti un po’ di economia» [3]. Il ritorno all’unilateralismo degli USA nelle relazioni di cooperazione economiche con l’America Latina aveva già evidenziato una linea difensiva intrapresa
da Washington dopo la crescita dei maggiori Paesi sudamericani. La storica dipendenza statunitense del Continente, dettata in passato dalla Dottrina Monroe, è stata
definitivamente sostituita non solo dalla crescita degli stessi Paesi della regione ma
dal ruolo sempre più prevalente dei nuovi competitors, come Cina o Russia, che
hanno allontanato sempre più Washington dal suo storico ruolo di partner politicoeconomico.
Research Paper, N°24– Settembre 2014
tunitense Raj Patel, «se la guerra è il modo scelto da Dio per insegnare agli ameri-
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Gli effetti del Fortaleza Action Plan avranno quasi certamente effetti assai rilevanti
all’interno della macro-area latinoamericana che presenta in tutte le sue componenti, sebbene con le dovute sfumature, una indiscussa avversione nei confronti degli
stessi Stati Uniti.
Il Presidente venezuelano Nicolas Maduro ha affermato recentemente che «i BRICS
non intendono competere con la Banca Mondiale e l’FMI […] ma hanno posto in essere quei meccanismi fondamentali per creare le condizioni di un nuovo sistema finanziario internazionale». [4] Se dalle parole del successore di Chávez è facile intuire una certa soddisfazione e senso di rivincita verso un sistema che Washington
ha imposto negli anni, la conferma che una strada alternativa è ormai una certezza
arriva dalle affermazioni di Dilma Rousseff che in piena campagna elettorale ha accusato Washington per le attività di spionaggio all’interno di membri del governo e
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consiglieri di maggioranza della compagnia statale Petrobas.
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PARTE II
L’ASSE RUSSO-CINESE
TRA COOPERAZIONE E SOFT-POWER
E’ innegabile che l’America Latina sia divenuta la regione dove il soft-power delle
maggiori economie internazionali ha promosso differenti strategie in un mondo
sempre più multipolare e dinamico. Se gli Stati Uniti appaiono, forse per la vera
prima volta, fuori dalle dispute politico-economiche, sono Pechino e Mosca che legittimano oggi il ruolo di maggiori partner nel sub-Continente.
L’obiettivo dei BRICS di garantire i nuovi equilibri internazionali voluti, trova forti sicurezze nelle potenzialità del Dragone asiatico e nell’Organizzazione di Shangai per
la Cooperazione (SCO) che, dopo gli investimenti in Africa non esenti da critiche per
la non incisività delle riforme politiche, continua a promuovere la propria regional
dominance nelle economie del Sud del mondo con particolare attenzione proprio
all’America Latina ed i tanti governi politicamente ad essi assai vicini.
Rispetto alle relazioni mantenute con la regione sudamericana attraverso una strategia che mirava all’immissione di capitali nei settori più emergenti, nell’ultimo tour
in America Latina il Presidente cinese ha affermato un nuovo modello di partenariato sintetizzabile nella formula: “1+3+6”. Quest’ultima era già stata discussa al primo Forum della Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Carabi (CELAC) illustrando tutte le sue componenti: la prima cifra rappresenta il piano di cooperazione
Cina-America Latina-Comunità caraibica nel prossimo quinquennio 2015-2019; la
seconda cifra – ossia il tre – evidenzia i pilastri delle future relazioni: commercio,
investimenti e finanza; l’ultima cifra, invece, – ossia il sei – sottolinea i settori in cui
verranno promossi specifici interventi: energia e risorse naturali, infrastrutture,
agricoltura, manifattura, innovazione tecnologica e scientifica, tecnologia informatica.
hanno elargito in America Latina prestiti superiori a quelli stanziati dalla Banca
Mondiale e dalla Banca Interamericana per lo Sviluppo, la corsa del Continente verso gli standard del primo mondo viene ancor oggi supportata dal Paese di Xi Jinping. Tra il primo summit del CELAC de L’Avana ed il sesto summit BRICS a Fortaleza, l’establishment cinese e Xi Jinping hanno condotto importanti visite diplomatiche per rinsaldare i rapporti già ottimi con i vari governi della regione.
I Paesi visitati dalla diplomazia cinese con particolare attenzione sono stati Cile, Perù e Costa Rica, con i quali vigono attualmente trattati di libero scambio sanciti nel
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Come nel 2010 quando la China Development Bank e la Eximbank Import-export
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2007. E’ l’asse del Pacifico la zona nella quale le operazioni commerciali della Cina
hanno maggiore influenza dopo che la stessa potenza asiatica ha avanzato la propria candidatura come osservatore commerciale del blocco economico dell’Alianza
del Pacifico. La strategia attualmente più rilevante della Cina nel Centro America,
discussa lo scorso aprile tra il Ministro degli Esteri Wang Yi e quello costaricano Enrico Castillo, nonché rivista da Xi Jinping nel suo tour estivo, è quella riguardante
l’ingresso proprio del Costa Rica nell’Alianza per esternalizzare le già esistenti relazioni tra i due Paesi all’intero blocco economico ad est delle Ande.
Tra gli importanti accordi di cooperazione siglati da Xi Jinping in America Latina merita attenzione l’avvio dei lavori per il Canale del Nicaragua che entro il 2019, secondo le dichiarazioni ufficiali del Presidente dell’HK Nicaragua Development Investment & Co., Wang Jing, collegherà la costa dell’Atlantico a quella del Pacifico.
Grazie alla propositiva ingerenza cinese la crescita economica nicaraguense raggiungerà il 15% e creerà migliaia di nuovi posti di lavoro promuovendo di conseguenza la fuoriuscita di buona parte della popolazione dalla soglia di povertà nel
2018. I prossimi collegamenti marittimi tra l’East Coast e la West Coast latinoamericana completeranno la strategia geopolitica cinese nata la scorsa estate con la ratifica di un memorandum d’intesa con l’Honduras per la realizzazione della linea ferroviaria Amapala-Puerto Castilla. A partire dal prossimo autunno le esportazioni cinesi nel Continente latinoamericano aumenteranno del 22% grazie al raggiungimento degli accordi riguardanti la cooperazione trilaterale con Perù e Brasile che,
grazie all’immissione di capitali da parte di Pechino pari a 261 miliardi di dollari, potrebbe rappresentare l’ancora di salvezza anche per l’Argentina. Non è un caso, infatti, che le decisioni di Fortaleza siano arrivate quasi in concomitanza con le dichiarazioni di Standard&Poor’s in merito al default tecnico argentino e la successiva imposizione del giudice Thomas Griesa sul blocco dei 539 milioni di dollari alla Bank of
York Mellon. La visita di Xi Jinping a Buenos Aires è stata infatti l’occasione per osservare non solo l’andamento del piano di cooperazione agricola 2012-2017 promosso dal Ministro dell’Agricoltura Zootecnica e Pesca Carlos Casamiquela ed il suo
alter ego cinese Han Changfu, ma anche per creare concrete e reali exit policy
dall’attuale crisi finanziaria.
come le due dighe idroelettriche in Patagonia e la costruzione di porti strategici per
l’aumento del trasporto di merci, gli argomenti più delicati discussi dalla Kirchner e
Xi Jinping hanno fissato i nuovi obiettivi da raggiungere. Oltre al prestito di oltre
sette miliardi di dollari (più della metà verranno utilizzate per le opere sopra citate)
è stato varato un currency swap capace di facilitare in futuro i pagamenti di Buenos
Aires a Pechino senza l’utilizzo del dollaro. La New Development Bank avrà proprio
in Buenos Aires uno dei suoi primi test da superare.
Research Paper, N°24– Settembre 2014
Ai già noti progetti che Pechino sta promuovendo in diverse regioni dell’Argentina,
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Sfruttando gli scenari instabili dall’altra parte del globo, come la crisi ucraina, proprio l’Argentina appare il candidato più consono nel presentarsi nel ruolo di partner
negli investimenti non solo cinesi ma derivanti dalla Russia di Putin. Prima di giungere dalla Kirchner infatti, il tour di Xi Jinping è stato ripercorso da Putin insieme al
suo Ministro degli Esteri Sergei Lavrov. Le visite diplomatiche sono iniziate a Cuba
con Raul Castro dove Putin ha definitivamente estinto il 90% del debito pubblico
che L’Avana aveva contratto con Mosca durante il periodo sovietico. In tempi di isolamento internazionale dovuto alle sanzioni ed il blocco sui flussi commerciali, soprattutto nel settore dell’agro-alimentare, l’Argentina rappresenta per Mosca il nuovo centro per l’incremento dell’import-export. Le forniture di energia nucleare russa
in America Latina verranno ricambiate con l’importazione di prodotti agricoli di cui
proprio l’economia argentina è da sempre dipendente ed i rapporti commerciali rappresenteranno per la Kirchner l’unica via di salvezza per svincolarsi dal Washington
Consensus.
L’Argentina, però, non è l’unico Paese latinoamericano che sta approfittando della
crisi ucraina. Il “cono sud” latinoamericano per eccellenza, ossia il Brasile di Dilma
Rousseff, attrae l’economia russa per le possibilità che le future cooperazioni intraBRICS potrebbe creare. Gli incontri di Fortaleza hanno rafforzato infatti l’asse PutinRousseff in merito all’importazione di alimenti dal Brasile alla Russia che ammonta
ad una cifra intorno ai 500 milioni di dollari. Gli stessi esportatori brasiliani hanno
ricevuto il via libera in merito all’incremento delle vendite verso il mercato russo
dalla note ufficiali di José Augusto Castro, Presidente dell’Associazione del Commercio Estero del Brasile. Le strategie di Putin in America Latina vanno però oltre gli
importanti accordi con il Brasile, con il quale si è arrivati ad una dichiarazione
d’intenti tra le multinazionali Rosatom e Camargo operanti nel settore del nucleare.
Molti altri Paesi latinoamericani, come Ecuador e Cile soprattutto, aspettano segnali
da Mosca in merito alle future relazioni bilaterali da poter definire ed incrementare.
È chiaro che i movimenti della Russia in America Latina andranno a colmare gli spazi lasciati vuoti consapevolmente dalla Cina che rappresenta – oggi più di qualche
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anno addietro – l’unica alternativa all’Occidente nel Continente [5].
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PARTE III
GIAPPONE E UNIONE EUROPEA:
I NUOVI COMPETITORS
Le strategie di Cina e Russia non rappresentano le uniche velleità di economie straniere in America Latina che, infatti, vede la sempre più influente presenza dell’altra
potenza asiatica, ossia il Giappone di Shinzo Abe. Il Primo Ministro giapponese ha
ripercorso il tour di Putin e Xi Jinping ampliandolo con le visite in Messico, Colombia, Cile e Trinidad & Tobago, cercando di affermare sulla scena internazionale il suo
Paese attualmente in corsa anche per il seggio in Consiglio di Sicurezza all’ONU.
L’attrazione giapponese per alcune economie del Sud America è stata discussa recentemente dal Banco Interamericano de Desarollo (BID) che ha confermato il peso
della partnership Giappone-America Latina aumentata nella decade 2000-2010 con
circa 60.000 milioni di dollari solo nell’anno 2012. L’economista Mikio Kuwayama,
invece, che ha pubblicato le proprie analisi all’Università di Hosei, ha affermato che
le esportazioni giapponesi verso le economie latinoamericane rappresentano il 5%
di quelle che attualmente presenti nel mercato, mentre le importazioni attualmente
al 4% aumenteranno progressivamente nei prossimi anni. I dati ufficiali evidenziano
le sovvenzioni, le cooperazioni tecniche ed i prestiti finanziari voluti da Shinzo Abe
che ha elargito a partire dal 2010 in Perù ($250 milioni), a Panama ($100 milioni) e
Costa Rica ($70 milioni). La visita più importante in ottica futura tra i vari Paesi è
stata quella in Messico con il Presidente Juan Manuel Santos dove i due Presidenti,
oltre a ricordare l’anniversario del 55° anno dell’inizio delle relazioni tra i due Paesi
avvenuta grazie alla visita dell’allora Primo Ministro giapponese Nobushe Kishi,
hanno rafforzato l’esistente Accordo di Associazione Economica che entro la fine del
2014 verrà esteso a tutti i Paesi del blocco economico dell’Alianza (Cile, Perù e Messico). Se da una parte l’Accordo ha attestato il Giappone come il quarto socio commerciale dell’economia messicana e in chiave internazionale, dall’altra le possibilità
offerte dai mercati sudamericani conducono sempre il Giappone verso il Brasile in
denti all’estero. Il “miracolo giapponese” iniziato nel secondo dopoguerra, esposto
alla London School of Economics da Michio Morishima e racchiuso nell’ethos giapponese [6], si è allontanato gradualmente da quel comportamento intriso di senso del
dovere presente in ogni cittadino del Giappone convertendosi alle logiche socioeconomiche dei colossi commerciali che concorrono alla corsa per la leadership
sull’area asiatica e non solo.
Nonostante la repentina crescita giapponese in Centro e Sud America, Tokyo non
rimane l’unica terza via alle già constatate presenze cinesi e russe. L’Unione Euro-
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cui Abe riuscirà a far leva sulla più grande comunità di giapponesi del mondo resi-
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pea si pone come altra possibile alternativa ed arricchisce uno scenario sempre più
multipolare. Le salde relazioni suggellate con la progettazione del cavo sottomarino
che collegherà Lisbona a Fortaleza, che miglioreranno il settore delle telecomunicazione, ha avvicinato Barroso al gigante sudamericano ma creato, parallelamente,
non poche discordie tra gli stessi governi latinoamericani.
All’interno del competitivo gruppo “ABC” (Argentina-Brasile-Cile), la cooperazione
tra Barroso e Dilma Rousseff sembrano allontanare non poco Argentina e Cile dagli
stessi mercati europei. Il Periodico Buenos Aires Económico ha apertamente criticato le strategie brasiliane poiché condotte in modo controproducente alle logiche del
MERCOSUR volenteroso di riuscire a trovare quell’armonia che negli ultimi mesi è
stata invocata più volte per superare l’attuale fasi di stallo e riattivare la crescita
dell’intera regione. Statistiche indipendenti da interessi governativi o nazionali evidenziano che l’andamento delle esportazioni dell’UE a partire dal 2009 si sia affermata in modo importante verso Paesi come Paraguay (200%), Bolivia (150%), Cuba (100%), Colombia (92,5%), Messico (71,5%) e Perú (65,6%), e sia improvvisamente diminuita in Venezuela (-12,8%) e Argentina (-1,2%). Sebbene il peso
economico-politico dell’Unione Europea non sia il medesimo di quello cinese, è altrettanto probabile che come nel caso di Russia e Giappone, Barroso riesca a prevalere su alcuni settori non interessanti per Pechino. In Paraguay ad esempio, la Cina
ha interrotto i propri investimenti nel settore della produzione della soia poiché incompatibile con i metodi di coltivazione intensiva disposti da Pechino in quelle terre
in cui il prodotto stesso desertifica la zona di produzione. L’ecologista Jorge Morello,
scomparso nell’estate del 2013, spiegava come la soia può rappresentare un modello di sviluppo avente potenzialità pari a quelle del petrolio e, essendo il Paraguay la
quarta potenza al mondo per la produzione di soia, l’Unione Europea ha incrementato in modo esponenziale l’esportazione di concimi, frutta, piante e macchine agricole. Non è un caso infatti che in Argentina, dopo la grave crisi del 2001, gli affari
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derivanti dalla produzione della soia abbiano le proprie quotazione in Borsa [7].
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PARTE IV
STATO, CORPORATION E CETO MEDIO:
ALTRE CHIAVI DI LETTURA
La nascita del nuovo assetto finanziario dei BRICS ha condotto lo stesso gruppo
economico a dover rafforzare immediatamente la sua posizione sulla scena internazionale. Gleb Ivashentsov, Direttore del Centro Studi sui Paesi della Cooperazione
Economica Asiatico-Pacifica, ha sottolineato come l’azione degli esecutivi nazionali
dovrebbe supportare quello delle varie lobbies economiche affinché «le corporations
non entrino in collisione con il governo ma creino un adattamento reciproco» [8].
Gli Stati Uniti sembrano essere corsi ai ripari attraverso il via libera del Congresso
sul progetto della Commodities Futures Trading Commission (CFTC) da cui verranno
erogati importati capitali nel mercato sempre più competitivo dell’energia. L’accordo
sembra aver creato un’unità d’intenti tra le compagnie petrolifere BP, Shell, Total ed
ENI, supportate da Goldman Sachs e Morgan Stanley. Nonostante i vantaggi che le
compagnie statunitensi Exxon Mobil e Chevron-Texaco avranno dalla complicata riforma energetica elaborata in Messico, la forza economica delle economie asiatiche
Cina e Giappone appare insuperabile.
Proprio la PetroChina ha superato l’Exxon Mobil come prima compagnia petrolifera
al mondo, coadiuvata dagli altrettanti importanti investimenti della China National
Petroleum Corporation e dalla China National Offshore Oil Corporation. La sintonia
imposta dal governo di Xi Jinping ai settori nazionalizzati del petrolio rappresentano
il ruolo principale non solo nelle strategie interne alla Energy Alliance del gruppo
BRICS insieme a Gazprom (Russia) e Petrobas (Brasile), ma anche fuori dal contesto del blocco economico con National Iranian Oil Co. (Iran), Petróleos de Venezuela, Sonatrach (Algeria) e Petronas (Malasya).
Mentre da Tokyo arrivano le notizie in merito all’accordo tra la Banca di Sviluppo del
ration, dal Venezuela il Presidente Maduro ha duramente criticato quel ceto medio
che si porrebbe come ostacolo ad ogni singola economia sudamericana nella visione
di un mondo multipolare.
Secondo l'OCSE la sfida economica nel prossimo decennio dell'America Latina sarà
non rimanere vittima della trappola del reddito medio da contrastare con aumento
della produttività. Per Paesi come Brasile e Venezuela, ma adesso anche Nicaragua,
ciò rappresenterebbe una delle sconfitte più importanti dopo che i recenti sacrifici
sono riusciti a togliere dalla soglia di povertà milioni di persone. Dai maggiori quoti-
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Giappone e le compagnie petrolifere Pemez, la Japan Oil e la Metals National Corpo-
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diani economici (anche il Sole 24 Ore ha dedicato un suo articolo [9]) in molti hanno evidenziato come il possibile blocco dell’economia latinoamericana potrebbe essere risolta grazie agli investimenti sull’innovazione e la necessità di investire su infrastrutture ed istruzione.
Secondo il Report la “trappola” del ceto medio potrebbe celarsi anche dietro gli aiuti
ed investimenti della Cina che da anni propone l’esportazione di prodotti a basso
costo che in alcuni settori, come in quello manifatturiero in Brasile, ha condotto importanti problematiche.
Il Giappone sembrerebbe puntare su mercati sicuramente meno vantaggiosi ma con
importanti potenzialità. Gli investimenti sul settore dell’hi-tech, dell’esportazione di
prodotti alimentari ad alta qualità come cibi probiotici, e quelli legati al mondo
dell’autovettura con Toyota e Honda, mal si comparano con quelli cinesi.
Creare una nuova e qualificata classe manageriale latinoamericana, fondamentale
per guidare le strutture di Paesi con prospettive economiche importanti in un mondo sempre più globalizzato, rappresenta il vero banco di prova di un Continente ripetutamente posto nelle condizioni di poter optare o per una concreta indipendenza
Research Paper, N°24– Settembre 2014
o rimettersi alle strategie economiche di altri attori stranieri.
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NOTE ↴
[1] Uno dei Paesi al momento più vicino ai BRICS è l’Algeria. Nonostante i problemi strutturali, nell’ultimo quinquennio le relazioni economiche e gli interscambi commerciale tra Algeri
e Pechino sono aumentate dell’11,3% solo nell’ultimo anno. Dal 2010, invece, la Russia ha
sottoscritto trattati di cooperazione economico-tecnologia sponsorizzati da Gazprom e Sonatrach costituendo una joint venture russo-algerina per promuovere l’esplorazione e lo sfruttamento delle risorse idrocarburiche nel bacino orientale di Berkin. Così analizzato in Atlante
Geopolitico del Mediterraneo 2014, (di F. Anghelone e F. Ungari) p.164.
[2] R. Patel, Il valore delle cose e le illusione del capitalismo, 2012, Feltrinelli.
[3] Per approfondire: BRICS Bank challenges the exorbitant privilege of the US dollar, written by G. Campbell, Professor of African American Studies and Political Science at Syracuse
University.
[4] Fonte: SiBCI; Maduro destaca mecanismos del Brics para crear nuevo sistema financiero
internacional.
[5] La maggiore forza della Cina rispetto all’appeal della Russia si è manifestato palesemente
nell’ultimo accordo che le due potenze hanno siglato per le prossime forniture di gas russo:
un contratto a lungo termine di 400 miliardi di dollari ottenuto a condizioni favorevoli per Xi
Jinping nonostante il blocco dell’affare a causa del prezzo era stato imposto dallo stesso management cinese.
[6] M. Morishima, Why has Japan succeedeed? Western technology and japanese ethos,
1982, Cambridge University Press.
[7] Lorge Morello affermava che «la soia non è un fagiolo, né una leguminosa. La soia è di
più: è un modello di sviluppo». In Mosaicos de paisaje y conservación regional: El alto Paraná encajonado Argentino- Paraguayo. Administración de Parques Nacionales, Buenos Aires,
Argentina, 2004.
[8] Ibidem, Nota 2, cit. p.84.
[9] Da IlSole24ore, 18 Agosto2014, (di Mario Giro), Una «trappola» tiene a freno lo sviluppo
Research Paper, N°24– Settembre 2014
del Sudamerica.
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