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VIAGGIO A GERUSALEMME DI PIETRO CASOLA
VIAGGIO A GERUSALEMME DI PIETRO CASOLA a cura di Anna Paoletti Edizioni dell'Orso Opera pubblicata, con il contributo del Dipartimento di Scienze letterarie e filologiche dell'Università degli Studi di Torino. © 2001 Copyright by Edizioni dell'Orso S.r.l. 15100 Alessandria, via Rattazzi 47 Tel. 0131. 25.23.49 – Fax 0131.25.75.67 E-mail: [email protected] http: //www.ediorso.it Impaginazione a cura di CDR, Torino È vietata la riproduzione, anche parziale, non autorizzata, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno e didattico. L'illecito sarà penalmente perseguibile a norma dell’art. 171 della Legge n. 633 del 22.04.1941 ISBN 88-7694-530-X Prefazione di Jeannine Guérin Dalle Mese 1494: Pietro Casola, milanese, intraprende dopo tanti altri il viaggio a Gerusalemme. Mentre si va esplorando vie oceaniche ignote e scoprendo un nuovo mondo, molti continuano a solcare il Mediterraneo, ripetendo viaggi compiuti da secoli, ma sempre avventurosi, verso una meta sacra, la Terra Santa. Scoprono se stessi e le vere componenti della natura umana confrontata ai vari pericoli che si presentano loro, in una prova di eccezionale importanza, quella della fede. Così appare il viaggio ai Luoghi santi del Casola sul finire del Quattrocento. Non si tratta più, nella sua relazione, di ribadire quello che è stato scritto tantissime volte a proposito del pellegrinaggio a Gerusalemme e delle sue tappe obbligate, anche se si serve - come ovvio - di guide anteriori per riportare talvolta alcune informazioni. Le lunghe liste d’indulgenze, le preghiere da recitare, le reliquie sante da visitare non fanno parte del suo proposito: molti altri le hanno menzionate come, ad esempio, solo quattordici anni prima, il suo concittadino Santo Brasca. A chi potrebbe stupirsi di tale mancanza, soprattutto venendo da un sacerdote quale egli è, Casola risponde in più luoghi che i frati non dissero tali orazioni per mancanza di tempo. Il suo vero proposito sta nel trascrivere fedelmente, giorno dopo giorno, il «suo» viaggio con tutte le peripezie come un’avventura totale, vissuta dall’interno. La fede, se è presente e sincera, è solo una parte dell’uomo. La 7 PREFAZIONE vita quotidiana e i suoi vari aspetti, talvolta anche prosaici, occupano l’altra parte. Insomma, si delinea l’uomo intero, nella sua grandezza senza ostentazione, nelle sue paure e debolezze, nella sua curiosità sempre sveglia. Questo spiega lo spazio piuttosto limitato riservato alla Terra Santa nella relazione, che si trova così in rapporto con il tempo ridotto passato lì dal pellegrino: più di cinque mesi di viaggio, meno di tre settimane tra lo sbarco vero e proprio e la partenza da Gerusalemme. Quello che stupisce di più è l’ampio spazio dedicato a Venezia, che rappresenta la metà di quello consacrato ai Luoghi Santi. Anche qui corrisponde più o meno al tempo relativo di permanenza del pellegrino, ma con una profusione di descrizioni, d’informazioni, che supera l’ipotetico equilibrio di un diario. Il narratore stesso previene le eventuali critiche, a proposito di Venezia, e più ancora alla fine del suo scritto: «Se a notare questo viagio fosse stato tropo longo, prego li lectori me habiano per excusato, imperò che quili me ne hano pregato l’hano voluto cossì». La mancanza dell’inizio del manoscritto non permette di conoscere i suoi primi dedicatari, e neppure i suoi intenti. Nel presentare l’«Itinerario» di Capodilista per la stampa del 1475, Paolo Boncambio scrive: «[...] conforto ciascun fedele legere, imitari et exequire la infrascripta preciosa et venerabile opera onde innumeri fructi perpetui et excellentissimi doni consequirà»1, e Santo Brasca, nel suo incipit, dichiara in particolare di voler notare per «le devote persone che desiderano fare questo sanctissimo viagio, el modo che se ha ad tenere in 1 Viaggio in Terrasanta di Santo Brasca, 1480, con l'«Itinerario» di Gabriele Capodilista, 1458, a cura di A.L. Momigliano Lepschy, Milano, Longanesi, 1968, p. 161. 8 PREFAZIONE quelo, et tuta la spesa a loro necessaria, sì de l’andare, stare et tornare, sì del nolo di galea, como de ogni datio imposto tam per fideli quam per infideli»2. Le intenzioni del Casola, che si manifestano implicitamente nel corso della relazione, e vengono dichiarate in stretta corrispondenza con il suo pubblico, sono diverse: non più limitarsi al ruolo di guida ma testimoniare nei minimi particolari un’avventura eccezionale e multiforme. Come ogni viaggiatore che si presenta in qualità di testimone degno di fiducia, egli insiste sulla visione diretta delle cose riferite, e da buon «inviato speciale» vuol vedere tutto. Colpisce la ricorrenza continua di questo verbo, in particolare a Venezia. Però questa volontà di riferire solo ciò che ha visto non lo limita prosaicamente nella descrizione del concreto perché, accanto al piacere di vedere, c’è quello di nominare, di dire, cioè il piacere di trasmettere attraverso la scrittura. Se ricorda che parecchie volte è stato chiamato a fare da scrivano al Patrono della nave, i suoi talenti vanno molto aldilà. Così dalla Venezia descritta minutamente sorge il mito di quella città all’apogeo della sua potenza e ricchezza, vista come modello d’organizzazione, in cui bellezza e lusso suscitano lo stupore. Aiutano i topoi dell’«ineffabile», del «rincarare» la preterizione «sarebbe un lungo dire...», «...impossibile descrivere tutto», «lasso stare...», «lassarò ancora ad un altro che dire, salvo che non me posso contenire a replicare...». Questa lode della Serenissima — la sua condizione gli permette tale libertà, impensabile per uomini troppo legati negli anni dei loro pellegrinaggi al potere politico di Milano quale Roberto da Sanseverino, nipote di Fran2 Ibid., p. 45. 9 PREFAZIONE cesco Sforza, o Santo Brasca, questore della città —, se non è fetta, com’egli scrive, «per captare da Veneziani benevolentia», gli serve a stabilire un confronto con la sua Milano, di cui conosce bene le carenze, e che vorrebbe riscuotere a migliore stato, per quanto riguarda, ad esempio, la pompa delle cerimonie, gli ornamenti delle chiese, la nobiltà degli atteggiamenti e del vestire. Descrizione minuta ancora, e tecnica si direbbe, del concreto per quanto concerne la galea, le soste che punteggiano il percorso, ecc.; ed accanto a questa «autopsia», un’evocazione dello spazio marittimo e delle sue insidie, che supera i topoi abituali: intrepido, egli sale sul ponte superiore per «contemplare la rabia del mare che è maiore che non se po’ dare ad intendere a chi non l’ha veduta» (c. 149) ma che egli evoca superbamente. Lì e altrove, con gli elementi scatenati, le forze telluriche (terremoto) e cosmogoniche (evocazione della nascita di un vulcano) in azione, questo spazio sembra riportare al caos originale. Mancano ad un certo punto i riferimenti, la galea è persa in mare» non servono le carte da navigare, ognuno ha il suo parere; e ancora, gli ordini del patrono non sono più seguiti, i pellegrini si rivoltano (gli oltramontani e «la furia francese» vengono più volte stigmatizzati dal narratore), la nave diventa quella dei pazzi: «A me pariva che quela galea fosse piena de ogni iniquità, venendo da quili loghi unde venevamo e che meritassimo molto pegio che non havevamo [...]» (c. 132). In contrasto a queste ipotiposi, i numerosi fili che ricongiungono i naviganti con la loro patria, le notizie che vengono scambiate da una galea all’altra riportano ad una realtà di altro tipo; si viene a sapere che il 16 di agosto si aspettava il re di Francia a Milano, si discute, alla sosta di Modone, delle 10 PREFAZIONE cose di Ponente, «del Papa, del re de Franza e del nostro signore Ludovico» (c. 147), a Venezia Casola si trova in compagnia dell’oratore del Papa e dell’oratore del Re di Francia, Commynes, il celebre cronista di cui condivide l’entusiasmo ammirativo per la città3. Al suo ritorno a Milano, poi, il pellegrino arriva proprio poche ore dopo l’entrata del «novo duca de Milano», Ludovico il Moro. Il pellegrinaggio si àncora alla storia politica che coinvolgerà tutta Italia e gli Stati europei. Guicciardini, incolpando Ludovico Sforza come responsabile degli eventi che seguirono, per la sua chiamata di Carlo VIII, scriverà: «[Il Re] entrò in Asti il dì nono di settembre dell'anno millequattrocentonovantaquattro, conducendo seco in Italia i semi d’innumerabili calamità, e d’orribilissimi accidenti, e variazioni di quasi tutte le cose. Perché dalla passata sua non solo ebbero principio mutazioni di Stati, sovversione di regni, desolazione di paesi, eccidi di città, crudelissime uccisioni; ma eziandio nuovi abiti, nuovi costumi, nuovi e sanguinosi <modi di guereggiare; infermità insino a quel dì non conosciute; e si disordinarono di maniera gl’instrumenti della quiete e concordia italiana, che non si essendo mai più potuti riordinare, hanno avuto facultà altre nazioni straniere ed eserciti barbari di conculcarla miserabilmente e devastarla» (Storia d’Italia, I, 1). Casola, che sta 3 Cfr. Philippe de commymes, seigneur d’Argenson, Mémoires, Paris, N.R.F., 1938, in particolare quando descrive il Canal Grande, «la plus belle rue que Je crois qui soit en tout le monde, et la mieux maisonnée», o l’interno dei palazzi: «Au-dedans ont pour le moins, pour la pluspart, deux chambres qui ont les planchés dorés, riches manteaux de cheminées de marbre taillé, les chaslits des lits dorés, et les oste-vents peints et dorés, et fon bien meublés dedans. C’est la plus triomphante citè que j’aye jamais vue, et qui fait plus d’honneurs à ambassadeurs et estrangers, et qui plus sagement se gouverne, et où le service de Dieu est le plus solemnellement fait» (pp. 864-865). 11 PREFAZIONE vivendo l’inizio di questi eventi, si mantiene molto prudente (scrive la relazione subito dopo il suo ritorno a Milano, avvenuto il l4 novembre del 1494, e prima della fine dell’anno, da quanto si può dedurre dal testo) e non formula giudizi. Forse essi si possono percepire solo negli accenni precedenti alla «furia» dei pellegrini oltramontani, sempre malcontenti e indisciplinati. Il campo dei nemici dichiarati, i «mori infedeli», è chiaramente quello che appare in tutte le relazioni di pellegrinaggio. L’appellativo ridondante «cani» — che d’altronde si usava nei due sensi, cioè anche da parte musulmana verso i cristiani — si «arricchisce» di tutte le azioni che appartengono all’animale invocato: «questi cani volevano anche le osse, non solo le carni dei peregrini» (c. 125), «bagliano como fano cani» (c. 90) dall’alto del minareto. La traduzione data dal turcimanno alla voce del muezzin è sempre quella che si legge allora, e che rivela l’ignoranza della religione dell’altro: «me disse, che da la meza note in ante cridaveno a quili havevano moglie, che se desse, dasseno e crescesseno el mondo». Il giudizio emesso subito dopo segna i limiti del testimone oculare e auricolare: «se el’è vero, non ne so dire altro, ben ha de le done asai per moglie, sì che pono crescere al mondo» (ibid.), col permanere di una certa riserva. Molto tempo è passato da quando Mariano da Siena, dopo il pellegrinaggio del 1431, lanciava quella famosa invettiva: «O Papa, O Imperadore, o Reali, o Signori, o ricchi, o povari, spirituali e temporali, o città, castella e comunitadi, che fate, o che pensate, e che dormite, che più tosto volete disfare l’uno l’altro, tradire et ingannare con ogni miseria, lascivia e voluptà, e tanto tesoro volete perdere, e lassare stare nelle mani di quelli sozzi, porci, cani assassini Sarraini; e volete 12 PREFAZIONE che tanto tesoro sia governato e retto da quelli assassini, predoni, rubbatori, vostri inimici, i quali berebbeno volentieri el vostro sangue, et simile mangiarebbono le carne e l'ossa vostra»4. Non è più tempo di crociata. Il tono, pure, è cambiato, e nel diario del Casola si evidenzia una caratteristica tutta sua che rivela un cambiamento di mentalità in questo tipo di scritti: l’ironia verso di sé e verso certi costumi altrui, sempre misurata, mai aggressiva. La prima forma si manifesta spesso nei disagi che l’autore deve sopportare personalmente anche in occasioni drammatiche come quando, ad esempio, in mezzo alla tempesta, ride di sé «cioè de elegere uno pesse per [sua] sepoltura» (c. 48). Prega Dio in questo frangente, ma nello stesso tempo conserva un certo distacco nell’osservare la situazione e sdrammatizzarla. L’ironia verso i costumi altrui, o meglio l’umorismo, gli permette di esprimere giudizi al secondo livello, stabilendo una connivenza con il lettore. Così, se loda il vestire dei veneziani a scapito dei milanesi (i veneziani «pareno tuti doctori de lege», mentre i milanesi «se al venesse una lodola dal capo del mondo, de l’una ora a l’altra, e portasse qualche nova fogia de vestire, tuti, o la maiore parte, quili che posseno e quili che non posseno, veleno sequitare fogie, ita che non se po’ cognoscere uno milanese da uno spagnolo; e basta») (c. 21), gli abiti delle donne tanto scollati, il loro modo di portare delle pianelle altissime, di ornarsi il capo, di usare parrucche, gl’ispirano una quantità di battute, mai pronunciate con il tono moralistico 4 Del viaggio in Terra Santa fatto e descritto da ser Mariano da Siena nel secolo XV, Firenze, nella stamperia Magheri, 1822, p. 11 (ora nel Corpus Peregrinationum Italicarum, a cura di P. Pirillo, Pisa, Pacini, 1991, p. 78). 13 PREFAZIONE del predicatore, sebbene accenni in finale alla sua condizione di sacerdote, più che altro, mi pare, per giustificare e concludere le sue lunghe descrizioni. Difatti, quando al ritorno a Venezia, si reca, in compagnia degli oratori, presso una nobildonna che ha appena partorito, si compiace non solo nella descrizione della camera sontuosa ma anche nell’evocazione delle venticinque damigelle veneziane presenti: «non monstraveno però se non quatto o sei dite de nudo de sotto de le spalle, di dreto e donante [...]. Erano li loro vulti molto bene deperiti e anche el resto del nudo che se vedeva» (c. 161). Il quadro è di una ricchezza e di un lavoro tali — il narratore evoca perfino Fidia e Prassitele — che il nudo e il trucco, gli paiono giustificati. La scena sembra una trasposizione vivente, completamente profana, di quanto il Ghirlandaio affrescava pochi anni prima in Santa Maria Novella a Firenze nella Nascita di Maria e nella Nascita del Battista: il fasto veneziano reale presso una partoriente per rivaleggiare con il fasto fiorentino dipinto. Accanto al gusto dell’ironia bisogna notare il buonsenso del Casola, che gli permette di vedere cosa si nasconde sotto le apparenze, sotto, per esempio, le molte «carezze» del Gran Maestro di Rodi, che s’interessa in realtà ai denari portati da Milano, buonsenso che gli consente ancora di andare aldilà di certe devozioni — se si bagna e prende piacere a nuotare nel Giordano, davanti all’acqua «turbida come quella del Po» si accontenta di aggiungere: «molti per devotione ne bibeno, et io li lassai bevere» (c. 109). Quest’ultima frase è tipica della sua scrittura: la caduta finale è litote, nella sua brevità allusiva termina bruscamente il discorso. Fra i molti esempi: «[Fra Francesco Trivulzio, morto prima di arrivare a Rodi] fu sepelito inante a l’altare grande quello summo pre- 14 PREFAZIONE dicatore, con poche parole» (c. 37), o a proposito del pellegrino tedesco che si deve seppellire «sopra el lito del mare. Era costui rico e nobile a caxa sua. Fu sepelito come havete inteso» (c. 126). La caduta gioca sull’opposizione e l’allusione, e talvolta raggiunge la poesia, come per quest’altro pellegrino morto, presentato con frasi brevi, strettamente informative, seguite, in una paratassi suggestiva, dalla conclusione: «Li fu dato el mare per suo monumento» (c. 134). Il Casola conosce le risorse della scrittura e sa usarle per il piacere dei suoi lettori. È tale piacere che ci offre ora questo testo in cui scopriamo, sotto il narratore, l’uomo, i suoi molteplici interessi per le terre che visita e per gli altri: la sua sensibilità, insomma. 15 Nota al testo Il testo II Codice del pellegrinaggio in Terrasanta di Pietro Casola è conservato nella Biblioteca Trivulziana di Milano, col numero l4l. Si tratta di un codice cartaceo, del sec. XV exeunte, sec. XVI ineunte, in quarto, di mm. 185x277. Sul dorso, recentemente riparato, si trova l’etichetta con l’attuale segnatura: “Biblioteca Trivuizio - codice n° l4l. Scaffale n° 81. Palchetto n° 3”. Il manoscritto è composto da 166 carte scritte al fronte e al verso, di mm. 277 X 185, con margini: interno compreso tra i 20 e i 30 mm., esterno di mm. 32, superiore che oscilla tra i 18 e i 22 mm. e inferiore era i 42 e i 45 mm. La scrittura è del XV secolo, così come le correzioni che però potrebbero essere opera di altra mano. La numerazione delle carte, di mano diversa da quelle del copista, non è coeva (sec. XVIII). Sono presenti appunti e didascalie del sec. XVIII, ad opera di Carlo Trivulzio, il quale, probabilmente, ha curato anche la numerazione delle carte del manoscritto. Esso contiene: cc. 1 - 165: itinerario di pellegrinaggio in Terrasanta del canonico Pietro Casola. Acefalo e mutilo per la perdita di alcune carte,; Incipit: “Siando adoncha gia sono molti anni passati...”"; Excipit: “...e per questo lassassemo l’andata. Laus tibi Coriste”., 61 NOTA AL TESTO c. 166: contiene notizie sull’opera e sulla sua proprietà. Incipit: “Viaggio di Hyerusalem...”, Excipit: “Acquistossi in B. Brevissimo”. La scrittura, diversa da quella del manoscritto, è di epoca successiva (XVI sec.). Scritte con inchiostro marrone, visibile talvolta anche nel retro del foglio, le carte presentano una armonia di impostazione, dovuta alla regolarità della spaziatura delle righe (in numero di 37 per ogni facciata) e dei margini. È possibile vedere ancora la squadratura della carta: le linee sulle quali scrivere, sempre a distanza regolare, e le due righe verticali che delimitano i margini di scrittura. Soprattutto nelle pagine iniziali, non mancano interventi successivi, dovuti alla mano dello stesso scrittore, anche se ciò non è del tutto sicuro. Le correzioni, con aggiunta o variazione di parole e frasi, sono state effettuate sia in interlinea che a margine del testo. Il manoscritto presenta alcune mutilazioni, segnalate già dal Porro nella sua edizione. Mancano le prime carte del documento, nelle quali erano contenuti l’Incipit e il frontespizio, con la dedica dell’opera, il nome dell’aurore, la data del viaggio ed altre informazioni sicuramente utili alla comprensione del testo. Mancano, inoltre, all’interno del testo: le cc. 63 e 64, relative alla descrizione della città di Candia. Osservando attentamente, si può notare che, dalla c. 1 alla c. 62, il testo ha una sola rilegatura e che nel fascicolo manca la carta corrispondente alla c. 1. Per non perdere anche la c. 1, il margine di quest’ultima è stato incollato alla c. 62. Una pagina (c. 6) mostra una macchia di inchiostro, che ha determinato l’interruzione della scrittura (fac-). Essa riprende solo dopo aver lasciato le righe alterate senza scritta. Una parte di una pagina (c. 96) del manoscritto non è 62 NOTA AL TESTO totalmente leggibile, le parole mutile sono state ricostruite a partire dal senso del testo. Nell’opera, come già accennato, si può vedere l’intervento apportato in epoca successiva (sec. XVIII) da Carlo Trivulzio, il quale giustifica il proprio operato in alcune carte conservate nella Biblioteca Trivulziana, insieme al manoscritto qui considerato: studiando la biografia del frate francescano, grazie alla testimonianza di Casola, egli vuole confutare alcune notizie riportate nel libro Notizia Cronologica dell’Ingresso e Progresso de’ Frati Minori del P. F. Francesco nella città di Milano, a cura del P. F. Pier Nicola Buonavilla. Egli, pertanto, sottolineando i passi in cui Casola cita fra Francesco Trivulzio, indicati a margine con una mano stilizzata, vuole ripercorrere gli ultimi mesi di vita del frate, grazie alla testimonianza di uno dei suoi compagni di viaggio. Ad opera della stessa mano, risultano le didascalie a margine del testo: al lettore viene offerta una guida che introduce e sottolinea le principali e più interessanti notizie del viaggio: le città visitate durante l’itinerario, il totale del numero di pellegrini presenti sulla galea. L’inchiostro utilizzato per questi interventi è nero seppia, il ductus fine e scorrevole. Merita un breve accenno l’ultima pagina del manoscritto; essa presenta una serie di notizie posteriori alla stesura del testo. In essa viene introdotto brevemente l’argomento trattato nell’opera, la struttura (diario di viaggio), e, verosimilmente, il nome del possessore del testo, un cerco Geronimo della Casa de Fromb. Nel 1855 Giulio Porro, studioso milanese, ottenne il permesso dal marchese Giorgio Teodoro Trivulzio di pubbli- 63 NOTA AL TESTO care il manoscritto del Casola conservato nella sua biblioteca. A lui, in occasione delle nozze della figlia Evelina, il Porro dedica l’edizione: Viaggio di Pietro Casola a Gerusalemme, tratto dall’autografo esistente nella biblioteca Trivulzio, a cura di Giulio Porro, Milano, Tipografia di Paolo Ripamonti Carpano, 1855, pp. 131. In-quarto, II. 40 e, secondo quanto attesta Girolamo Soranzo, in Bibliografia veneziana completa in aggiunta e continuazione del Saggio di Emanuele A. Cicogna,, sarebbe avvenuta una tiratura dell’opera anche In-ottavo. Comparsa in un numero di copie molto limitato, l’edizione fu subito conosciuta, dal momento che, nello stesso anno, Agostino Sagredo ne diede notizia, durante l’adunanza del Regio Istituto Veneto nella quale fa il suo ingresso come membro effettivo. La trascrizione dell’opera del Casola, correlata di utili notizie, è condotta con criteri ottocenteschi di ammodernamento, oggi ampiamente superati. Discutibile è la sostituzione di alcuni termini dell’originale con altri maggiormente in uso nell’ottocento (es. giunsi per gionse;), nonché l’aggiunta di alcune parole (es. e questi a me sine numero dell’originale, corrisponde E questi a me parve sine numero dell’edizione a stampa), e l’omissione di altre (nella frase: Lì non mancano in mormori e porfidi e in lignami, subtili intagli e de tal natura che non pono satiare l’homo de vedere, et iudicio meo, l’espressione et iudicio meo è stata omessa). Circa le abbreviazioni, esse non sempre risultano sciolte in modo corretto (a nuo corrisponde animo); vengono inoltre uniformate le alternanze del tipo sancto, presente solo nelle prime pagine del manoscritto, e santo (sempre trascritto sancto). Le varianti alternative, presenti soprattutto nelle prime carte, non vengono segnalate, il Por- 64 NOTA AL TESTO ro cioè opera una scelta senza dar conto delle motivazioni (es. a Siando adoncha già molti anni passati, invitato da uno citadino milanese volesse andare in sua compagnia [opp. volesse esserli compagno, posto a margine del testo] per andare... sceglie e trascrive soltanto la variante posta a margine). I criteri di trascrizione Nella presente trascrizione si sono adottati i seguenti criteri. Suoni e segni grafici. Secondo l’uso grafico odierno, si è eliminata la h pseudoetimologica, fuorché nelle voci del verbo avere nelle quali si è restaurata anche dove mancasse: es. nelle forme c’ho, c’ ha. È stata invece mantenuta la scrittura cha quando il termine ha il valore del quam latino. Si è uniformata la scrittura alternata di Yhesu e Yesu e Jesu in Yesu. Sono stati conservati i casi in cui ricorre la h latineggiante, soliti nel sistema grafico del tempo: homo, honore, humanità; all’interno di parole oltre che nei composti di homo (es. gentilhomo), in prohibere. Si è distinta u da v. La j si è uniformata in i. Si è soppressa la grafìa culta y, usata in modo discontinuo e soprattutto per termini non italiani, per i nomi comuni; essa è stata invece conservata quando compariva all'interno di nomi propri {Syon, Synay, Moyses) . Sono stati mantenuti i digrammi etimologici ph, th, che appaiono raramente; th ricorre in nomi propri come Anthenore, Thomaso, Rethemo, Bethleem, Helisabeth, Bethania e in nomi comuni come cathedrale, cathibissa. Ph 65 NOTA AL TESTO appare in Joseph e Josepho, Alphonso, Cephalonia, colpho, prophetas, antiphrasim. Si è soppresso invece il digramma ch- non etimologico (chiascuno, locho), si è mantenuta solo nel caso del termine Christo e christiani, che si trovano nel testo quasi sempre nella forma abbreviata. Si è rispettata l’oscillazione tra scempia e doppia, dovuta a una opzione tra forma più o meno culta (offitti e officii,), e all’esistenza di forme concorrenti (sancto e santo, maestà e maiestate). Così si è rispettata l’oscillazione di forme quali: cita / citade; maraviglia /meraviglia; Venezia /Venetia. Et,scritto intero o in sigla, è stato reso con e se è seguito da consonante; con et se davanti a vocale. Il nesso -ti seguito da vocale è di gran lunga prevalente su -ci e -zi. Si è in ogni caso conservata l’oscillazione tra queste tre forme(offitii e offìcii, palazii e palacii). È stato mantenuto il nesso –ct- nelle forme latineggianti come resurectione, instructione, benedictione, refectione, reducti, dicti, destructione. Sono stati conservati i seguenti nessi; il nesso -ns- nelle forme latineggianti come espense, suspense, instructione, defensione, institutione, conspecto; il nesso -bs- nelle forme come non obstante, observantia, observato, absentia, subsidio; il nesso –nrnell’unica forma riscontrata per il nome Bonromei. Elisione e apocope. Nel manoscritto non è segnato il fenomeno dell’elisione, per cui è stato necessario intervenire al momento della trascrizione (es. l’arboro,.....) Frequente è il ricorso all’apocope di aggettivi e pronomi dimostrativi e indefiniti (es. qual, quel,…), avverbi (es. ben, mal, ancor,...), verbi coniugati (es. vien, esser, son, ...) e all’infinito (es. aver, dir, esser, far, parlar, ...). 66 NOTA AL TESTO Aferesi. Numerosi sono i casi di aferesi nei tipi el, sel, chel, attestati al posto di et il, che il, o il, se il, tra il. Essi sono stati resi con e’l, se’l, che’l, quando el è articolo, sono stati invece resi con s’el, ch’el quando el è pronome.. Il verbo. Prostesi. Il fenomeno di i davanti ad s complicata, come: iscrivere. Sincope. Frequente è l’alternanza tra forme sincopate e forme piene nei futuri e condizionali: adoperato / adoprato; averò / avrò che è stata mantenuta. Divisione delle parole. Per opportunità di lettura si sono unite alcune forme che sempre appaiono separate: “fin ora” in finora, “in fatti” in infatti, “in oltre” in inoltre, “in somma” in insomma, “ne anche” in neanche, “or mai” in ormai, “per tanto” in pertanto, “pur troppo” in purtroppo. Si sono sempre unite le forme: benché, finché, purché, ma si sono mantenute le forme aciò che, allo che, anzi che, già che, così che, imperò che, però che, se bene, sì che, non obstante, sopra tutto, a bastanza. Si è resa necessaria la divisione delle preposizioni articolate quali: a la per “ala”, de li per “deli”. Accentazione. Nel manoscritto non compaiono gli accenti; è stato quindi necessario intervenire secondo la regola moderna (accento acuto su e ed o chiuse, grave negli altri casi). Si è accentato che in principio di frase in tipi come chè se, quando abbia valore causale (poiché); al contrario non si è accentato quando sia certo o probabile un valore diverso. Si è distinto fra (preposizione semplice) da fra’(= frate). Uso della maiuscola. La. maiuscola non è utilizzata in modo regolare. È stato necessario uniformarne l’uso in tutto il manoscritto, per cui essa appare nei seguenti casi: 67 NOTA AL TESTO a/ in riferimento ai Nomina Sacra (Domine, Yesu, Cristo,…) b/ in riferimento alle principali feste liturgiche dell'anno (Vìsitatione, Ascensione,...) c/ per le istituzioni eminenti (Corte Romana, Giesia,...) d/ per nomi di persona e luogo (Francesco Triulcio, Guidantonio Arcimboldo, Augustino Contareno, Venetia, Parenzo, Jerusalem,...) e/ per il termine santo se riferito a un’istituzione, in quanto toponimo o denominazione (monastero di Santo Giorgio Mazore de l’ordine de Santa Iustina, giesia di Santo Johanne e Paulo,...). È stato conservato l’uso della minuscola quando è riferito alla persona (san lerolamo, santo Augustino, santa Elisabeth,...) f/ per i titoli onorifici utilizzati al posto del nome proprio (Patrono, per indicare Augustino Contarono, patrono della galea del Zaffo, Venerabile Patre, per indicare fra’ Francesco Trivulzio,...); si è conservato l’uso della minuscola per i termini indicanti cariche (magistro de correri, re, duce,...) ed elementi della datazione (la zobia a ...de iulio,...). Sono state conservate le lettere maiuscole agli inizi di paragrafo, dopo l’a capo, già presenti per altro nel manoscritto; sono state inserite, dopo il punto, secondo le regole odierne di punteggiatura. Abbreviazioni. Per facilitare la lettura del testo, si sono sciolte le abbreviazioni, senza indicare lo scioglimento tra parentesi, quando non vi sia alcun dubbio sulla univocità della forma abbreviata. Esse sono quelle già ricorrenti nel sistema abbreviativo medioevale (lineetta soprascritta per M/N, punto e virgola, apostrofo, troncamento, segno in forma 68 NOTA AL TESTO di tre, lettera soprascritta in termine di parola, abbreviazione di per/pre, ser, que e ver, attraverso la lineetta soprascritta o la lineetta obliqua, lettere sopra scritte e contrazioni, contrazione dei nomina sacra, contrazione dei nomi propri, contrazione, troncamento di titoli). Non è stato quindi difficile individuarne le possibili letture per esteso. Interpunzione. Compatibilmente con le esigenze di una lettura moderna e scorrevole, si è cercato di rispettare, per quanto possibile l’interpunzione presente nel manoscritto. Data però la necessità di una maggiore chiarezza si è dovuti intervenire per distinguere la diversa valenza di uno stesso segno di interpunzione (es. il punto fermo, utilizzato sia come virgola che come punto fermo) o per inserire un segno non utilizzato (es. le virgolette, per un periodo riportato). Il punto fermo è stato conservato dove è stato utilizzato come vero e proprio punto; negli altri casi è stato sostituito o dalla virgola o dal punto e virgola. La virgola. Non è mai utilizzata; l’autore si è servito per lo più del punto per indicarla. È stato dunque necessario intervenire per sostituirla al punto dove fosse necessario. Si è inoltre aggiunta quando il senso del periodo lo richiedesse. I due punti. Sono spesso stati trasformati in punto fermo, quando siano situati alla fine di un periodo che non rimane sospeso. Talvolta sono stati risolti nel punto e virgola. Sono stati mantenuti quando situati prima di un elenco o di un discorso riportato. Sono stati aggiunti quando il senso del periodo e le regole moderne di interpunzione lo richiedevano. Il punto e virgola. È stato inserito nei casi in cui fosse necessaria una pausa più ampia rispetto alla virgola, ma non così prolungata come il punto fermo. 69 NOTA AL TESTO Il punto esclamativo. È stato integrato nei casi in cui manca nell’originale. Il punto interrogativo. È stato aggiunto solo in casi necessari. Va però segnalato che gli interventi sono stati rarissimi. Le virgolette, che non compaiono mai, sono state sempre integrate nei casi in cui venga riferito un discorso diretto o una citazione di un passo riportato o di una forma proverbiale. Uso del corsivo. Si è adottato il corsivo per le citazioni che il Casola fa di motti, frasi latine, passi biblici. Uso di segni dicritici. Il cambio pagina è introdotto dalle parentesi quadre [ ] all’interno delle quali è riportato il numero della pagina del manoscritto. Si sono utilizzate le parentesi uncinate < > d indicare parole o gruppi di parole cadute nel manoscritto per guasto. Le varianti sostitutive sono state indicate nell’apposito apparato. Per quanto riguarda invece le varianti alternative, esse trovano posto in una fascia intermedia tra il testo e l’apparato. 70 Viaggio a Gerusalemme [1] Siando adonca già sono molti anni passati, invitato da uno citadino milanese volesse andare in sua compagnia* per andare a sue espense1 a questo sancto viagio, molto contento pigliai el partito. Poi mutandosi esso citadino de opinione de volere fare ciò che haveva ordinato, restai molto impazato, attento la mia impotentia, per rispecto al bisogno del viagio**. Pur a me sempre è restato grande desiderio de visitare quili sana lochi ultramarini, benché in mia ioventute non l’habia mandato ad exequtione, impedito sempre de qualche causa. Ma, poiché lo Altissimo Dio, per la sua gratia, in la mia vegieza hame liberato de ogni impedimento et hame provisto al bisogno, a me è parso rinovare la voluntate de andare a questo santo viagio. Ed aciò non havesse casone de intepidirme più l’animo, già sono dui anni me astrinxi per voto de andarli per ogni modo, benché già fosse passato tra li sexanta e li setanta anni de la mia etate e comenzai a praticare l’andata con alcuni religiosi e compatrioti2 e taliter * andare in sua compagnia] e poi esserli compagno nel margine destro ** de volere...viagio] e poi non volendo perficere quelo ordinato haveva, restai in animo tuto suspenso non potendo la borsa satisfare al nato desio quelo non... nel margine destro. 1 2 a sue espense] aggiunto in interlinea. compatrioti] segue la cassato. 73 VIAGGIO A GERUSALEMME che extimava bavere grande e bona compagnia. Et havendo da essi sempre bone parole, tutavia, meteva in ordine le mie facende aciò che, acadendo altro di me, non restassero in confuxione. Sed, appropinquandosi el tempo de l’andare, trovai tuti li compagni essere refredati, ita che a l’intrare de questo anno me ritrovai solo a l’andata e non senza passione de animo. Pur me ritornai al Sumo Dio pregandolo non me lasasse mancare l’animo e, benché fosse frustrato de la compagnia, non me lasasse mancare la compagnia dete a Tobiolo volendo andare in Rages Medorum3. E conservandome Esso Dio in opinione de perficere questo camino, faceva ogni giorno grande parole del mio andare, benché per la mia etate non fosse creduto. E tuto il faceva per suscitare qualche compagnia, se fosse stato possibile. Sed a questa volta non se scopersi alcuno milanese. // [2] Et io non spaventandome però, per questo aciò me ligasse più strecto e non me lasasse vincere da lo inimico de la humana natura, ultra che de continuo lo predicasse per la citade, el giorno de Pasca de Resurrectione, siando congregato il populo, a me dato in cura quanto a la administratione de li Sacramenti de la giesia4, per comunicarsi como è lo comandamento generale, publice avisai tuti como facta la festa de l’Ascensione del nostro Signore Yesu Cristo, volendo Dio, che voleva andare al Santo Sepulcro. E cossì procedendo, con lo intendere verso Venetia, per la via de li amici, el tempo de la partita de la galea solita andare al camino de Terra Santa, fece le preparatione cerca le cose a me necessa3 4 Cfr. Tob. 4. giesia] precede resurrect- cassato. 74 VIAGGIO A GERUSALEMME rie per el camino, secundo la instructione a me data per quili erano stati li anni precedenti. Poi pur trovandome solo, deliberai de fornirme de le arme spirituale per mia defensione, como era el debito de li mei pari per el camino tanto terrestre quanto maritimo. Et a XIIII° del mese de magio de l’anno presente, che fu in mercore e nel quale5 occureva, secundo l’ordine ambrosiano, el terzo giorno de le Rogatione, altramente dicte Litanie, finito l’officio in la giesia cathedrale6 de Milano7, presente tuto lo populo el quale non era poco, andai a l’altare malore unde stava lo reverendissimo monsignore domino Guidantonio Arcimboldo, arcivesco dignissimo de Milano, per dare la benedictione al populo, como è de usanza. Et a sua Reverendissima Signoria domandai la benedictione de li signali de la mia peregrinatione, cioè la croce e ‘l bastone, aliter el bordone, la scarsella e di me, secundo l’ordine e la antiqua institutione se trova scripto in el Pastorale. El quale Reverendissimo Monsignore, non obstante fosse molto fatigato per el longo officio de dicte litanie, molto gratiosamente e con8 grande devotione, in conspecto de tuto lo populo, me benedixe e deteme li signali de la mia peregrinatione. E finita la benedictione. Sua Signoria, abraziandome con singulare lacrime, me baxoe molto caritativamente e lassome con la pace de Dio, circundato da grande populo dal qual penai un pezo a uscire, // [3] imperò che turi me volevano locare la mano e baxare. Pur al meglio che potè, uscindo da 5 quale] aggiunto in interlinea cathedrale] in interlinea su maiore cassato. 7 La chiesa cattedrale cui fa riferimento il Casola è la basilica di Santa Tecla, detta anche basilica metropolitana estiva. 8 con] aggiunto in interlinea 6 75 VIAGGIO A GERUSALEMME la multitudine, me serrai in la sacrastia unde era congregato el venerabile capitulo de li confratelli mei domini ordinarii, da quali tolsi il tenero et amatissimo comiato9. Poi me reduxi a casa, più ocultamente che pote, imperò che per ogni passo me bisognava fare dimora per tucar mane e dare baxi a la brigata. La Zobia a dì XV de magio, dicta la messa sopra lo altare de Sancto Ambrosio, nostro gloriosissimo patrono, in el quale non solum li iace el suo sancto corpo, ma ancora li corpi de li gloriossimi martiri Protasio e Gervasio, e, tornato a caxa, cioè a Santo Victore al Pozo, facta la refectione necessaria con alcuni mei cari amici, lassata ogni compagnia, per Dio gratia10, comenzai el mio camino a pede como peregrino, visitando in el mio passare la nostra giesia malore11. Andai di poi12 a Sancto Dionisio e lì trovai alcuni amici li quali, contra mia voglia, me aspectaveno. E lì montai a cavalo. E cossì, de compagnia, cavalcoromo fin ad una villa chiamata Pioltello unde per la malore parte, pregati da me, dicendo: “Dio vi conserva”13, tornorono indreto. Con el resto di loro in quello giorno, gionsi a Caravagio, terra asai bona, non già bella, siandoli tanti gentilhomini quanti li sono. Lì fu allogiato molto honorevolmente dal magnifico domino Fermo di Sichi. Lo Venere a XVI de magio, restai in dicta terra, siando avisato che per la piogia era stata la note, non si poteva pas9 confratelli...comiato] in margine a ordinari e da loro tolsi comiato molto caritativamente cassato. 10 per Dio gratia] aggiunto in margine destro. 11 La chiesa detta, Maggiore, ai tempi del Casola, era la chiesa di Santa Maria. 12 di poi] in interlinea su fin cassato. 13 dicendo…conserva] aggiunto in margine destro. 76 VIAGGIO A GERUSALEMME sare securamente uno torente lì vicino, chiamato el Cerro. Pur però, a la matina, andai a la devotione de Nostra Dona a la Fontana e lì disse la missa in honore de la prefata Vergine Beata14. El sabato a XVII de magio, sequitando el camino, andai a ripossarme ad una terra chiamata Calci, per compiacere al prefato magnifico domino Fermo el qual ha de grandi podere in dieta terra; e facto el disnare cavalcai in15 Bressa, citade antiqua, edificata apresso a uno monticello16. Per quilli hano voluto scrivere // [4] del suo origine, trovo esser nasciuta una grande varietate de opinione; e però le lassarò in el mezo. Dico bene è una bellissima citade e forte de mure; ha uno bello e forte17 castello18, posto19 in cima del dicto monticello; in la citade20 belle caxe per citadini; è21 spessa de ogni artificio, ita che me pariva veder quasi22 Milano. Ha uno bello palacìo23 assai ornato24 unde habitano li rectori di quela25; è ben provisto26 de monitione, maximamente27 de 14 Vergine Beata] in margine a Nostra Dona cassato. in] in interlinea su fin a cassato 16 II colle Cionco 17 e forte] aggiunto in interlinea. 18 II casteUo, posto sulla collina di Brescia, oggi, è costituito da una parte centrale, più antica, già edificata nel XV secolo e di una più recente (la fortificazione) della metà del '500. 19 posto] precede e cassato. 20 in la citade] precede a forte cassato 21 è] aggiunto in interlinea, 22 quasi] in interlinea su un'altra. 23 palacio] -ciò in interlinea su -m cassato. 24 assai ornato] aggiunto in margine, 25 habitano...quela] habitano su sta cassato; rectori precede loro cassato; di quela aggiunto in interlinea. 26 provisto] in interlinea su fornito maxime cassato. 15 77 VIAGGIO A GERUSALEMME arme terrestre, de ogni fogia. È cosa digna al viso humano28. Bella cosa de vedere serà la logia, comenzata in ante la piaza, quando sera fornita. Sono29 in dicta citade diverse e belle piaze. Visitai la giesia cathedrale, la quale, a comparatione de la citade, non sequitava la sua beleza. Quanto a le giesie, non vidi30 cosa digna. Lì vidi ben questo commendabile31, zoè uno loco grande, longo e spatioso, unde sono reducti tuti li macellari, con tanta monditia qual, vedendo sì mondo, mi dava gran piacere32, habundantissimo de ogni generatione de carne33. Me fece stupire dicto loco per non haverne mai veduto uno simile. E passando più ultra, vidi una piaza piena de piscarie de ogni maneria, cossa che credeva in tanta copia solo se trovasse nel sito34 di Milano. Quanto essa citade sia ornata de fortelizie, non lo dico, però che è tropo. Ogni bene se po' dire de essa citade et anche non volio tacere la grande amenitate de le fontane li sono35 publice36, per le piaze37, e private38, per le caxe. Et in 27 maximamente] aggiunto in margine. al viso humano] in margine a de vedere cassato. 29 Sono] precede vi cassato. 30 vidi] aggiunto in interlinea. 31 ben…commendabile] in interlinea su una cosa digna de recitare cassato. 32 qual…piacere] in interlinea su che a me pariva grande consolatione a vederlo cassato. 33 de carne] segue senza alcuno fetore cassato. 34 cossa...sito] in margine e in interlinea su ita che me fia stupire extimando che simile habundantia non dovesse essere altrove che cassato. 35 sono] sono] precede e cassato. 36 publice] segue e private cassato. 37 per le piaze] aggiunto in interlinea, segue e private cassato. 38 private] aggiunto in interlinea. 28 78 VIAGGIO A GERUSALEMME vero, io extimava che, in Italia, de fontane, Viterbio fosse la più habundante; ora cesso de tale extimatione. E però, colui chi disse: “Brixia magnipotens”, non pigliò errore alcuno, siando la citade tanto opulenta insema con lo contado. Fu, altre volte, signorezata da chi obteneva el dominio de Milano; ora se tene per la signoria de Venezia. La dominica a XVIII de magio, el giorno de Pasca, se chiama Pasca Roxata, oduta la missa, prese el camino, facendo le possale asai honeste, prima a Lonate e poi a la Peschera, bone e belle terre poco manco de citade, // [5] altre volte suposite a li signori de Gonzaga, como appare ancora ad alcune arme ho veduto sopra una torre, in lo intrare de la terra. Tandem* a la sera gionse39 a Verona. E, senza dire istoria prolixa40, è grande e longa citade e bella, per esser antiqua. Chi la edificasse sono varie opinione ma, in breve parole, è stata gratissima habitatione de homini singulari, però che in essa vidi de molti palacii41 alti e belli e ornati, e questi a me sine numero, perché tanto è longo lo passare de dieta citade, che me fece smarire lo numero. In lo edificare suo, al presente, se delectano in le faciate de li palazi et anche de le caxe inferiore de fare palcheti e non pochi, chi de ferro, chi anche, de columnelle de marmero ben delicato e bianco. Vidi ancora quello Coloseo, chiamato ora l’Arena, facto, al mio aparere, a similitudine de quello di Roma, ma ora più * Tandem] e poi finalmente in interlinea. 39 gionse] -mo cassato al termine di parola. istoria prolixata] in margine a tropo fabule cassato. 41 palcii] -cii su -zii cassato. 40 79 VIAGGIO A GERUSALEMME integro benché se li facia poco honore, siando deputato a tante spurcitie, quanto è. Non si po’ dire se non che sia stata et ora sii una solemne citate. Volsi vedere de le loro giesie: a me pare che, comenzando a li Frati Mendicanti, siano più sumptuosi cha nui milanesi**, sia che si voglia, in ogni specie. Lasso quella che non si fornirà mai, cioè el Domo, dico de tute le altre. Un’altra cosa non voglio tacere, cioè la grande pompa hano in le loro sepulture, tam in le antique, quam in le moderne, che a me pare non se lì possa adiungere. Quanto faci bella dieta citade quello grande fiume, chiamato Adese, che li passa per el mezo, con tanti ponti e cossi belli che meglio è tacere42 per non errare in el laudare. È dicta citade asai habundante, non al pare però de Bressa. Altre volte è stata subicta a deversi signori; ora se governa sotto rectori, mandati da la Signoria de Venezia, li quali hano dui belli palazi per la. loro abitatione. De la conversatione de li homini non ne so dire altro, per non havere più praticato. Per esser dì festivo43 vidi de molte done belle e bene apparate e pompose. Lunedì a XVIIII de magio, oduta la messa pur in Verona, me drizai verso Vicenza e lì zonsi per tempo. È citade prima edificata da Franzosi, secundo la opinione de molti; è asai bella, ma non al pare de Verona. Non li vidi cosa molto44 digna, excepto uno palacio45 a rimpeto de la ostarla dove era alogiato, che pur // [6] è digna cosa. Fa ** cha nui milanesi] e poi che le milanesi in margine destro. 42 che...è tacere] in interlinea su il voglio cassato. festivo] -o in interlinea su -a cassato. 44 molto] in interlinea su tropo cassato. 45 palacio] -ciò su -zo cassato. 43 80 VIAGGIO A GERUSALEMME dicta cità grande impresa de sede; e me fu monstrato, cavalcando in contado, tuto el modo de fare le sede, cosa molto dignissima. Nam si trovano pochi altri arbori, excepto moroni, li quali se spogliano de fronde, per pascere vermi che fano le sede; vidi de molte done che instaveno a la cura de dicti vermi e me feceno intendere quanta solicitudine li bisognava, de giorno e de note, e fume cosa molto delecte-vole de vedere e tanta quantitate et in tanti loghi. El martedì46 a XX de magio, partendome da Vicenza, drizai el mio camino verso Padua, via rincrescevole, per esser stato grande piogia47 a la note precedente. E tandem gionsi a Padua, citade antiquissima, e como vulgargarmente se tene, fu edificata da Anthenore troiano, da poi la destructione de Troia. È citade non che grande ma grandissima. Non so da che procedesse, in vederla non ne pigliai simile48 piacere como haveva facto49 de le altre. Andando di qua e di là per vedere qualche cosa, non li vidi palacii50 nè caxe fosseno satisfacienti al grande nome porta tra christiani et a la sua grandeza. A me pare siano tre citade: e51 quando l’homo crede essere di fora, pur alora è dentro, e cossì al contro. Vidi la sua giesia cathedrale: non me parse fosse digna a la grande inorata hano el vescovo e li canonici // [7] de dieta giesia. Vidi la giesia de Santo Antonino, cosa mirabile 46 martedì] -r- aggiunto in interlinea. stato…piogia] in linea su piouto casssato. 48 simile] in interlinea su pigli tropo cassato. 49 facto] interruzione eletta scrittura all’inizio del termine fac-, probabilmente, dovuta ad una macchia di inchiostro sul foglio. Dopo uno spazio vuoto, la scrittura riprende regolarmente. 50 palacii] -cii in interlinea su -zi cassato. 51 e] nella forma tironiana in interlinea su et. 47 81 VIAGGIO A GERUSALEMME et ornatissima, precipue la espella onde se honora el corpo del dicto Santo. Egli è un bello coro e fornito de stadii bellissimi. Egli è uno grande convento de frati de Santo Francesco, chi governano dicta giesia. Ha etiamdio una grande piaza in la quale, per la Signoria de Venezia, è posto la Statua de Gatamelata de Narnio, a cavalo, e fu alias bono capitaneo de’ Veneziani. Vidi el monumento del dicto Anthenore, edificatore de Padua. Non si pole non laudare dieta citade, quando, per el studio generale che li si mantene, ne usciscano tanti homini singulari, e da bene e de tante natione. È asai habundante, quanto a le victualie, per quello che io potè comprendere. Facto el disnare, recomandando el cavalo a l’ostero, como è de usanza, montai in barca per andar verso Venezia. E cossì lì zonse a le XXIII ore e fu conducto per uno correrò a caxa del magistro de’ correri de li mercadanti milanesi e me misi a repossarme, non havendo capo a consignarme a li amici dove era drizato con littore, imperò che, in vero, era al quanto turbato, ita che, dubitando de non potere sostenir el mare, lassandome vincere da lo inimico del ben fare, me lassava mettere in lo animo de tornare in dreto. Pur Dio me volsi prestare52 gratia de perfìcere questo santo viagio, etiam me russe indigno; fui allogiato molto gradosamente dal dicto magistro de correri e ben tractato, cognoscendo lui el mio bisogno, ita et taliter che a la matina non li fu alcuno male. El Mercore che fu a XXI de magio, me fece acompagnare da uno correre milanese per Venezia, cioè a li lochi de 52 prestare] segue and cassato 82 VIAGGIO A GERUSALEMME li mercadanti a chi haveva dare littere et a53 ciascuno consignai le sue. Et ad statim dubitando non mi mancasse loco in galea, fu presentato per alcuni marcadanti al magnifico domino Augustino Contareno, patricio veneziano e capitaneo de la Galeaza del Zaffo, cossì se dice a la galea de li peregrini che vano in Jerusalem, e me fece scrivere in el libro de li peregrini. E stando cossì, intendeva che era stato tropo solicito al partirme de caxa e che me bisognava stare lì più giorni prima che se partisse dicta galea. Aciò che, per tedio, non me venesse voglia de tornare in dreto e // [8] facesse como feceno li fioli de Israel quando andaveno in Terra de Promissione54, me misi in la mente de vedere particularmente la cità de Venezia, de la qual s’è dicto tanto e posto in scripto non che per homini docti ma doctissimi, che a me pare non li sii restato altro de dire; e questo solo per transtularme in el tempo haveva a stare in tanto porto. Volsi vedere tuto quello a me è stato possibile vedere, tutavia adiutato de compagnia a me data dal magnifico doctore e cavalero domino Tadiolo de Vicomercato, oratore apresso a la prefata Signoria de Venezia, per lo Illustrissimo Signore Nostro Duca de Milano, el qual da me per debito, quam primum e gionsi, fu visitato55 e da lui, quantunche non lo meritasse, fui fora del generale carezato. E, prima che proceda più ultra, io facio la mia la scuxa con li56 lectori de questo mio itinerario, se trovasseno havesse scripto troppo laude de questa cità de Venezia, che 53 a] aggiunto in interlinea. Cfr. Es.7 e segg. 55 visitato] segue da cassato. 56 li] precede le cassato. 54 83 VIAGGIO A GERUSALEMME ciò scrivo non lo scrivo per captare da Veneziani benevolentia, ma per scrivere la veritate e dico ch’el non è possibille dire ne scrivere pienamente la belleza, la magnificentia, ne la richeza de la cità de Venezia, ma se ne po’ dire e scrivere qualche cosa per passar tempo, como facio io, ma da non credere da chi non la vede. A me pare non li sii una citade a chi si possa comparare Venezia, citade fondata supra el mare, pur però sempre remetendome a iudicio de ogni persona li sii stata qualche tempo. Io ho veduto questa citade esser posta tuta in aqua e palude e parme si possa tuta perambulare a pede chi vote, ben neta e polita, chi anche non vole durare la fatica pò per57 aqua, e pregato e con poca spexa e manco che non farebbe altroe andare a cavalo. Quanto a la grandeza sua, dico è tanta che, per esserli stato ancora58, non ho potuto mettere in pratica le vie; nè me pare si possa dare mensura a dicta citade et, a me pare, non sia una citade sola, ma più citade poste insema. Io ho veduto tanti belli palacii59, comenzando al palacia60 de Santo Marco unde de continuo sta el duce con la sua61 famiglia, // [9] el quale, parte è rinovato in la sua faciata62, e con grande pompa de auro, e se li fa63 di nuovo una scala per ascendere dicto64 palacio dal lato de la giesia de Santo Marco, cosa stupenda e de grande spexa. El suo 57 per] aggiunto in interlinea. ancata] precede per . 59 palacii] vedi note precedenti 60 palacio] vedi note precedenti. 61 sua] precede tuta cassato. 62 faciata] -ciata su -vasai cassato. 63 se li fa ] a margine a fazandoli cassato. 64 dicto] segue scala cassato. 58 84 VIAGGIO A GERUSALEMME portico di soto è con tanto ordine che non si po’ dire più; vero è che lo guasta le carcere, che in vero non li stano bene. Poi el portico ih torno de sopra, parte guarda sopra la piaza, parte sopra el Canale Grande, parte sopra uno canale picolo et una parte verso la giesia de Santo Marco, e tuto questo portico con le sue columne de marmerò e altri belli ornamenti. In questi portici sono ordinati de molti offitii, unde li sui banchi sono ordinati et ad ogni banco, per almanco, sono tri Assesori, o vero Auditori, turi in uno trato; e lì, a l’ora de le audientie, se sentono de molti cridi, como anche si fa a Milano, al Broleto, in l’ora de fe cause, tra li quali offitii ce sono li signori de Note che hano in la sua audienza el turmento, in lingua nostra el curlo. Ho da poi veduto in dicto palacio65, ultra le altre cose digne, una sala molto longa; le parieti sue sono dipincte molto ornatamente: egli è66 depinta la istoria67 como Federico Barbarossa caciò papa Alexandro Quarto e fugite a Venezia travestuto e como fu cognito in uno monasterio, chiamato el monasterio de la Caritate. E tuta quela istoria è facta tanto rica e naturale de figure, che credo se li possa poco adiungere. El celo de dicta sala è lavorato tuto a quadroni adorati68; cerca dicta sala sono locate sedie et ultra queste, in el corpo, sono locati tri ordini de sedere doppi, e l’uno a le spalle de l’altro. Sono lì poste due sedie adorate, molto pompose, una per capo de dieta sala; me fu dicto erano poste per el sedere del duce, una per fa invernata e l’altra per la 65 palacio] vedi note precedenti. è] aggiunto in interlinea. 67 II ciclo di pitture rappresentava la storia di Federico Barbarossa e Alessandro III, il cui incontro avvenne nel 1177. , , 68 adorati] precede a quad- cassato. 66 85 VIAGGIO A GERUSALEMME estate. In questa sala se fa el Consiglio Maiore, cioè de tuti li zentilhomini, li quali, ut fertur, sono II milia VC. Egli è69 poi un’altra sala unde si fa el consiglio, chiamato el Consiglio de li Pregai: non ne farò troppo parole, però che non è ornata como le altre. La sala dove de continuo sede el duce, a la audientia, con li sui consiglieri, non è // [10) tropo grande, ma è ornata e magnifica, con lo celo adorato, le pariete depincte e istoriate; la cathedra dove sede el duce, nominato da Veneziani el Principe, è tuta adorata e molto sopra li altri eminente. ^ Quanta sii magnifica e ornata l’abitatione del prefato duce, per haverne veduto de molte, precipue in questa nostra età; in Italia e di fora, comenzando a Roma, ardisco de dire che sii la più bella de Italia cossì rica de opera, de intagli e ogni cosa posto ad auro e piena de admiratione. Per uno donzelo70 del prefato duce, me fu monstrata tuta, comenzando71 al lecto dove dorme e procedendo fin a la cusina; al mio iudicio credo non se li possa adiungere; non sono arnamente de tollere e de remettere, ma stano perseveraniti. Lì non mancano in marmori e porfidi e in lignami, subtili intagli e de tal natura che non pono satiare l’homo de vedere, et iudicio mio. Dicto palazo si va rinovando, si vede in quelo è rinovato le arme de li Principi poco precedenti a questo. Ma vedendo e rivedendo dicto palazo, e precipue el designo facto per rinovarlo, a me perdonarano prefati signori veneziani, li quali veleno portare nome de non perdonare a spexa a compire un suo volere, chi hano dato principio de rinovare dicto palazo che non l’hano ben veduto, non sian69 è] aggiunto in interlinea. donzelo] precede s cassato. 71 comenzando] in margine a fin cassato. 70 86 VIAGGIO A GERUSALEMME dosi alargati ultra al canale menore, imperò che farano una grande spexa. E, per non esserli alargati al lato che dico, non li poterano mai fare corte come merita dicto palazo; e questo non è però stato altro se non el non volere spendere a bastanza. Et in questa mia opinione concorravano alcuni gentilhomini con li quali io ne rasonava, stando sopra el vedere del dicto palazo. La numerositade de li grandi palazi, e belli e ricamente posti, chi de cento, chi de L milia, chi de XXX milia ducati, e li possessori de quili, la lasso in pace72, perché serebbe impresa troppo dura per me, ma serebbe da uno chi havesse a stare uno grande tempo in dieta citade de Venezia. Ben me doglio che un principio singolare de uno palazo per caxa forzesca73, posto sopra el Canale Grande, per honore di Milanesi, //[11] non sii fornito; e vedendo dicto principio extimo non potrebbe reuscire se non uno singulare palazo. Ha dicta citade, per esser in aqua como è dicto, tante belle piaze, comenzando a Santo Marco, che bastarebbeno ad ogni grande citade posta in terra firma; sono longhe e spatiose che è una maraviglia. Ho veduto dicta citade e considerata, che è talmente disposita e ben ordinata che, piova quanto si voglia, mai non non ci è fanga. Quanto a la multitudine de le mercadantie sono in dicta citade, qualche cosa se ne pò rasonare; non che se ne possa dire apresso al vero, perché è inextimabile, e pare, con lo vero, che tuto lo mondo concurra lì e in tuto la natura humana, quanto a le mercantie, habia posto lì ogni sua forza. 72 la…pace] aggiunto nel margine sinistro. Stando alle notizie riportate dal Porro, il palazzo degli Sforza sorgeva a San Francesco delleVigne. Confiscato dalla repubblica, fu poi venduto a privati. 73 87 VIAGGIO A GERUSALEMME Sono conducto a vedere diversi fondichi de mercantie; comenzando quelo de li Todeschi, a me pare che solo bastarebbe a fornire tuta Italia a tante robbe, che vano e che vengono, e tanti altri che se pò dire sono innumerabili. Io vedo che quello se contene in le altre citade in particulare, lì ce sia in74 generale e che quello se vende altrove a libre e onze, lì se venda a cantari a sachi de mogio. E chi potrebbe numerare tante botege fornite, che anche loro pareno fondeghi, tana pani de ogni fata, panni de raza de ogni mano, tapedi de ogni fogia, zambelloti de ogni colore e fìneza, drapi de seda de ogni conditione, tanti fondichi de speciarie, tante belle cere bianche che fano stupire al vedere e non si pono integre a quilli non hano veduto refferire. Volendo vedere ogni cosa, me acade vederne parte e forzandome de volere vedere ciò si poteva. Quanto a la habundantia de le victualie, per el mio testimonio, dico che non credo sii in Italia la più habundante citade de quella, dico de ogni cosa, quanto a victualie. E bisogna che a questa volta me perdoni la mia patria, qual credeva fosse la più habundante, e cossì tute le altre citade de Italia et anche de fora unde sono stato, perché non so se sii per lo grande ordine, o perché sii, non vidi mai tanta cosa. Andai al loco unde se vendono le farine in genere; el mondo non ha al presente cossì singulare cosa; vedando tanta habundantia e belleza, da me sono confuxo. // [12] De la grande quantitate de paneteri, aliter dicte poste de pane, et in uno loco solo, videlicet a la piaza de Santo Marco, e per tuta la citade, dico sono senza numero e de belleza incredibile: pane che vedendolo l'homo, etiam 74 in] segue in ripetuto. 88 VIAGGIO A GERUSALEMME ben stomacato, se invita a reficiarse. Per me iudicio, dico non è citade se li possa equiparare in questo. Con la carne li dono uno grande pezo de osso. Vedendo el loco unde se vendono le carne, non ho veduto in alcuna cita loco più tristo de quello et unde siano le più triste carne de vedere e che fano fugire la voglia del comprare. Non so da che procedere, se non che Veneziani non se curano tropo de mangiare, per essere loro tanto intenti a le mercantie. Basta che, in quello loco, non potiti havere una bona e bella carne, se ben la voresti ben pagare, aut saltem in quantitade, como si pò a Milano. Pulli e altre generatione de ucelli per mangiare, secundo li tempi lì sono stato, a me pare habundantissima ma alquanto cari. De formagi o caxi e butiri habundantissima, e dico più che Milano, chi debe esser el fondico de ciò, e che soleva essere. De pessi è superfluo voler recitare l’abundantia quotidiana, maxime in dui loghi, a Santo Marco e in Realto, cossì se chiama vulgariter, mai non li mancano pessi: vero è quanto a la qualitade per rispecto a la bontade, non la voglio equiparare a qualche altre citade, perché in el tempo li sono stato non ho mai veduto uno bello pesse e manco ne ho mangiato de boni, benché quilli me havevano dato albergo faceno una singulare diligentia per havere di boni. De li fructi, quanto al tempo li sono stato aspectando la partita de la galea, per non havere che altro a fare, più giorni, a la matina, solicitai andare a Santo Marco e cossì in Realto, per vedere scaricare le barche che giongevano de ora in ora, vedere tante barche de fave grosse, arbiglioni, cirese, non tamen de ogni conditione como // [13] è a Milano, ma ogni giorno in tanta quantitade, ch’el pariva che tuti li zardini del mondo sorgessono lì. Et dico che erano in tanta quantitade che, 89 VIAGGIO A GERUSALEMME vedendole et voltando, le spalle a pena el credeva. L’habundantia de le verdure, al parlare nostro, e bone de ogni conditione è megliore mercato, che in loco habia mai veduto; e per quello ho potuto intendere, vengono de XXV miglia longe. Sono stato più volte a la marina per vederle scarigare da le barche; a me pariva che ‘l alora alora fosseno tolte da li orti, e bene adaguate. Queste cose sono difficile a credere a chi non le ha vedute; e questo dico perché in simile errore sono stato ancora io, cioè non credendo a chi già me ne ha rasonato. La habundantia de li vini, de ogni conditione, la posso ricordare, ma quasi de non credere: tante malvasie, tanti vini moscatelli, vini de Romania, vini bianchi de ogni mano, è cossì de vini rossi; e benché non siano de quella perfetione sono li nostri, tamen sono boni; parlo di vini rossi; e per le grande gabelle sono cari. Me sono misso a volere numerare li magazini del vino de ogni conditione, ma quanto più ho numerato, tanto più i me sono confuxo; sono in vero innumerabili. Una cosa sola me pare dura in questa citade, che, siando loro posti in l’aqua fin a la boca, spesse volte morene de sede e mendicano la bona aqua per75 bevere e per cuxinare, maxime al tempo de la estate. Vero è che hano de molte cisterne per ricogliere l’aqua pluviale; et anche se ne vende in belle barcate aqua del fiume che vene verso Padua, chiamato la Brenta. E con questa via, pur provedano a li loro bisogni, pur con difficultà e con spexa, e non pono fare tanta derrata de lavare panni de aqua dolce, como si fa altroe. 75 per] segue per ripetuto andando a capo e non cassato. 90 VIAGGIO A GERUSALEMME La pompa del suo edificare, maxime in edifìcii pubblici, se pò scrivere da chi ha veduto particularmente, ma duro da credere a chi non ha veduto tanta quantità de marmori de ogni facta e colori e tanto bene lavorati, che è uno stupore. In legnami de ogni conditione de intagli // [14] e naturalissimi, fano figure che, passando l’homo e non metandoli mente, crederà siano persone vive. Stando cossì in penserò, aspectando el giorno de la partita, el quale in dies più se alongava, me fu dicto esser gionto in più giorni prima di me el venerabilele religioso e singularissimo evangelizatore de la Parola de Dio domino frate Francesco de Triulcio, de l’ordine de Santo Francesco de Observantia e con lui frate Michele de Como. Et erano acompagnati in Ferrara con Johanne76 Simone Fornaro papiense e Johanne Luchino de77 Castellonovo, con li quali extimava de esser acompagnato io. E per fare uno debito, tum per la patria, tum etiam per le sue singulare virtute, il visitai facendoli intendere como voleva fare el camino de Terra Santa como lui. E facta una bona domestigheza insema, aciò non ne venesse troppo in tedio lo aspectare el giorno de la partita, deliberassemo visitare alcuni monasteri de li quali se fa grande dire in Venezia. Et el primo che visitassemo fu el monastero de Santa Elena, de l’ordine de Camaldoli. Per quello potemo intendere, fu primo edificato e dotato per uno Alexandro Bonromei al qual, a lato de la giesia, in una capella, è facto una sepultura asai pomposa. Ne fu monstrato el corpo de santa Elena e molte altre reliquie. La giesia è bella et ha el coro ornato de stadii, tanto solemni quanto si pò dire, in li 76 77 Johanne] precede Simo-cassato de] segue de ripetuto e cassato. 91 VIAGGIO A GERUSALEMME quali sono intersiate tute le citade sono in el dominio de Veneziani: opera tropo bella; el monasterio tanto bello quanto si possa dire. Visitai el monasterio de Santo Antonio, de l’ordine de Monte Oliveto; è bello che non li manca cosa alcuna; la giesia bella, et in dicta giesia egli una cosa molto piena de admiratione: uno Cristo posto in grembo de la Nostra Dona, tolto da la croce, con le Marie a lato, Santo Johanne, Joseph Arimathia e Nicodemo, sculpite con tanta arte e ingenio che, lassando la figura de Cristo, tute le altre quanto più ve li aproximi tanto più pareno vive. Poi vidi el monastero de Santo Cristoforo de l’ordine Heramitani; lì non vidi cosa tropo digna de memoria, excepto el modo de fare la cera bianca, in uno suo zardino: che in vero tanta ne era che a me pariva // [15] dovesse bastare a tuto lo mondo. Vidi el monastero de Santo Georgio Mazore de l’ordine de Santa Iustina, cosa tropo bella per esser in el loco dove è; et a me pare habiano dato uno principio de fare una cosa stupenda. Visitai el monasterio de Santo Andrea de l’ordine Cartusiense, bello e ben ordinato. Fano la loro giesia di novo, che sera una bella cosa, quando sera fornita. Vidi el monastero de Santo Francesco in le Vigne, unde stava alogiato el prefato domino frate Francesco, cosa dignissima. El monasterio de Santo Francesco a li Conventuali è bello et hano una giesia ornatissima de coro e de ogni altra cosa. In la capella maiore sono due sepulture molto splendide, l’una a rimpeto de l’altra, de dui duce del Foschari e del Trono. Egli ancora in dicta giesia una capella de Santo Ambrosio, ordinata per li Milanesi, li quali a lato de dicta giesia fano sua congregatione, sive scola. 92 VIAGGIO A GERUSALEMME Visitai la giesia e lo monastero de Santa Maria de Servi, cosa dignissima; hano luchesi a lato la sua capella e fano una bella festa del Corpo de Cristo. Visitai el monastero de la Carità de l’ordine de Canonici Regulari de Santo Augustino, uno altro pur del dicto ordine chiamato Santo Salvatore. In el dicto monastero de la Carità fu trovato e cognoscuto Papa Alexandro Quarto, siando fugito e transformato de habito a fatie de Federico Barbarossa et ha ornato dicto monastero de molti privilegii. Visitai el monastero de Santa Maria de li Carmelitani e tanti altri che, a scriverli tuti, serebbe uno longo scrivere: Santo Nicolao de Lido, Santo Georgio de Alga, Santa Maria de l’Orto, tuti dui de uno medesmo ordine. E perché intendeva una grande fama de alcuni monasteri de done, io andai pure acompagnato a visitarne qualche uno, precipue el monastero de Santo Zacharia. Sono asai done de zovene e de vegie, se lassano volentera vedere; hano una bella giesia nova e de molte reliquie in lo altare. Credo sia la sua prima giesia, perché hano lì el suo coro. Se dice sono molto riche e non si fano molto cura de esser vedute. Un altro se chiama el monastero de le // [16] Vergene: sono asai done, sono riche e se dice chi lì non entrano se non done veneziane. Hano una bella giesia con lo suo coro, asai publico. Un altro monastero, chiamato a le Done Zelestre, andai per vederlo e trovai vano vestite de bianco. Sono poi molti altri monasteri, pur de done serrate et anche de serrare. Le lassarò per attendere ad altro, imperò che me bisogno descendere ad una laude parriculare de quisti signori veneziani. Io sono stato a Roma, capo del mondo, e poi in Italia et anche asai fora de Italia, non dico per detrahere persona, ma per dire el vero, io non ho trovato in loco alcuno siano 93 VIAGGIO A GERUSALEMME state belle giesie e ornate, quante ne78 sono in Venezia. A nominarle tute serebbe tropo grande istoria, pure ne farò ricordo. La sua giesia patriarchale, o vero cathedrale, è chiamata Santo Petro; è bella giesia, pur non ha troppo ornamenti. Credo che santo Marco, chi fu suo discipulo, ghe li robi. La giesia de Santo Marco chi fu discepolo de santo Petro, prima facie, pare una picula cosa; ma l’homo la cerca e considera bene tuta, trova è grande. Quanto ella sia ornata, dentro e di fora, de molti belli mosaichi e subtilli, credo non habia el pare. A narrare la belleza de la sua fazada e de le sue porte, comenzando a quattro cavali de metalo sono sopra la porca maestra, e tanti ordini de colonne de ogni lato, serebbe uno longo dire, basta a dire che ell’è una de le belle giesie de chrisriani, per la grandeza sua; el campanile suo è separato da essa giesia et egli la piaza in el mezo. Quanto sia fornita de uno grande tesauro de reliquie e de la pala de l’altare, io non lo so extimare, a me pare sii infinito. È ornata de dui belli organi e grandi, uno dal lato drito, el l’altro dal sinistro de l’altare maiore. È optimamente officiata con biscantori e altri preti, fornita de belli paramenti, como è condecente a la citade et al loco. Se dice è la capella del principe; e però non po’ esser tropo ornata ne rica. Dubito in specie dire de l'ornamento // [17] e le beleze de le sue gesie parochiale, aliter in suo vocabulo dicte plebanie, imperò che, venendo a qualche particularitate, non si potrebbe passare tropo neto e non se pongesse qualche uno, maxime quelle de Milano; solum dirò in genere che la più abiecta parochia de Venezia è più ornata che79 la più forbita de Milano. 78 79 ne] precede non cassato. che] segue che ripetuto andando a capo e cassato. 94 VIAGGIO A GERUSALEMME Hano quele giesie de Venezia, dico le parochiale, quasi tute el suo belo coro e organo e non perdonono a roba, a ornarle; ogni cosa se mete ad auro e sono bene offitiate. E questo me fa stare in grande opinione che Veneziani debbeno essere molto guardati da Dio, in le loro faconde, imperò che sono molto soliciti cerca el culto divino in tute le sue giesie. Como ho dicto di sopra, ha quela citade de ogni generatione religiosi con li loro belle giesie e monasteri. Ha l’ordine de Santo Dominico, del quale di sopra non ho facto altra mentione, una giesia chiamata Santo Johanne e Paulo, a me pare che de beleza non se li possa adiungere: grande, alta, lo suo pavimento tuto a scachi rossi e bianchi, uno coro con li sui stadii, a chi non è mancato intagli né auro, el suo bello organo, in quela giesia, con grande pompa de sepolture, paregii principi, o vero duci de Venezia e altre persone singulare de diverse caxate. A lato a dicta giesia, egli una scola de laici, chiamata la scola de Santo Marco. È uno bello vedere la sua fazada, quanto ella è rica e bella, de marmori e de auro; è dentro ornata, como merita la monstra di fora; quanto sia dicta scola, ne dirò un’altra volta. El convento, per esser antiquo, non ha quelo delectevole aspecto hano li moderni. Egli poi una giesia de Santo Dominico, dove stano li Frati de Observantia. È belo monastero e ornato de ciò li bisogna. A me pare che oramai ucisca de tanto laudare quela citade, quanto a le sue giesie, e ne lassi un’altra parte ad un altro, excepto che, havendo più volte visitato una giesia che se chiama la Nostra Dona de li Miraculi, però che è pur digno edifìcio, precipue di fora, ne farò80 poco dì ricordo. È 80 farò] aggiunta in interlinea. 95 VIAGGIO A GERUSALEMME dicta giesia de grandissima devotione a Venezia et è edificata de oblatione si fano ogni dì e sono governate // [18] per alcuni zentilihomini. Et è gli uno monastero de done, de l’ordine de Santa Clara. Ho sentuto, da più homini digni de fede, che da poi è comenzata dicta devotione, che sono pochi anni, se sono trovati de oblatione per più de XLta milia ducati. Serebbeno molte cose qual ho veduto degne de farne ricordo, ma le lassarò, per non tediare troppo li legente, salvo che, siando stato più volte in l’arcenale (così se dice) e siando cosa quasi incredibile a chi non l’ha veduta, io ne dirò poco; solum farò memoria che è una grande stantia, cinta de muro, como se fosse una forteza, unde li intra tanta aqua che ogni galea, grande e picola, li po’ intrare e uscire. Poi è una maraviglia a vedere prima tante sale longe, con tanto ordine, piene de munitione, per ornare galee e nave: corazine, coperte e scoperte, spade, rangoni, balestre, archi, veretoni, sagitte, celate, celadine, schiopiti et altre artelaria apte a ciò. Pare insoma li sia tuta la monitione del mondo per armare galee e nave. Sono poi tre cassine, al modo nostro, e l’una molto maiore de l’altra, unde se repongano le galee, quando se levano fora de l’aqua e se metano in conserva et anche quando sono facte di novo. Egli una de quelle cassine de XVIII cassi che sono tanti grandi, che soto chiascuno di loro era posto una galea grande et una picola. Sotto un’altra cassina de XX cassi ne stava una sola per casso, ma grande. E sotto le altre cassine staveno de altri diversi navilii, grandi e picoli. Et in parte lì staveno una grande turba de magistri e de lavoratori che non fano altro cha fabricare galee o vero altri navilii de ogni mano. 96 VIAGGIO A GERUSALEMME Li sono ancora de continuo magistri che non fano altro che fare balestre, archi e veretoni e frize, e tuti a posta de la Signoria. È gli ancora uno grande coperto, dove stano XII magistri e ciascuno ha li sui lavoratori e la sua fuxina separata, chi de continuo lavorano, facendo ancore e de ogni altra generatione de ferremento si facia al bisogno de galee e de nave. Pare che li sia quanto ferro si possa cavare in tute le montagne del mondo. Poi se vede una sala grande e spatiosa, dove stano de molte done che non fano altro che cusire velie. È gli intra le mure de // [19] dicta arcenale, sopra quela la aqua li entra, uno belissimo ingenio de levare ogni grande galea e navilio fora de l’aqua con poca fatica et, anche al bisogno, de remetere. Di fora de dicta arcenale, pur però a lato a le mure, egli uno loco dove si fano tute corde se adoperano per mare, in galea e in ogni altro navilio, cioè gameli, e loro li dicono gomene, e ogni altra generatione de corde. È uno loco tuto coperto abasso e tanto longo che apena li miei ogi potevano vedere da l’uno capo e da l’altro. Sono lì de continuo tanti magistri e lavoratori che è uno stupore. Ne se comprarebbe alcuna corda de importantia, precipue quelle de gitare le ancore, altrove cha lì, perché li sono certi deputati a chi se da fede de la loro fineza et alcuni chi sortiscano le canape quando sono conducte. Questa arcenale ha de molti offitiali e dui gentilhomini li sono principali; e me disseno quili principali che, ogni dì de sabbeto, a la più scarsa, la Signoria exborsava MCC ducati, et a le volte più, per le opere e lavorerii si fano in dicta arcenale. Hano facto già le mure principale, per fare un’altra arcenale; sera una bella cosa, quando sera fornita. 97 VIAGGIO A GERUSALEMME Me affatigai asai, et adiutato de compagnia asai pratica de Venezia e de li lochi circumstanti, per volere vedere se era possibile havere el numero de tuti li navilii se trovaveno in Venezia., grande e picoli, comenzando a le barchere, aliter domandate gondule, fìn a la maiore nave e galea fosse in el Canale Grande; e comenzando l’opera benché ‘l giorno fosse longo, perché era de magio, trovai non era imprexa da me, più como era de81 santo Augustino a scrivere de la Trinità, como se pinge dico che ‘l numero è infinito. Trovo ancora che el’è una grande spexa, a li habitanti in Venezia, perché quasi ogni ckadino almanco tene una gondula, la qual per el manco consta XV ducati et è de maiore spexa che non serebbe a tenire uno cavalo. Lasso stare quili tengono le barche e barchete per guadagnare a fare passo e darle a nolo. Lasso ancora stare le galee e nave per navigare da la longa, perché sono sine fine. Et investigando da persone experte e che hano visto de le citade maritime e che hano grande porto sopra el mare, non si trova citade si possa equiperare a Venezia, quanto a lo // [20] numero de li navilii et al grande porto; e questo indubitanter si pò credere. Interlassata questa imprexa del volere contare legni, facendo compagnia a venerabile domino frate Francesco Trivulcio a Murano, terra separata per sé, pur sita in el mare, benché para esser di Venezia. Li sono de molte fornace de fare vitro; li de continuo se lavora de vitro de ogni colore. Tuti li beli vasi de vitro se portano per el mondo se fano lì. Stete a vedere lavorare a diverse fornace: e vidi sopra ogni altra cosa uno calice de vitro che se ne domandava X 81 de] segue de ripetuto e non cassato 98 VIAGGIO A GERUSALEMME ducati: era nobile e molto subtilmente lavorato; pur io non lo volsi tocare dubitando non me mancasse in mano. In el dicto loco de Murano ci sono VII monasteri de done; e tra queli egli uno in el quale se lavora de continuo sotto el nome del duce moderno domino Augustino Barbadigo, el qual ha due sue fìole in el dicto monastero. Molte più cose se potrebbeno dire del dicto logo e de la sua beleza e amenitade, siando in aqua et havere tanti belli zardini. Lassarò ancora ad un altro che dire, salvo che non me posso contenire a replicare ch’el non è cosa che più me habia conducto in admiratione, in questa cità edificata82 sopra l’aqua, quanto ha facio el vedere tanti belli zardini, quanto li sono, precipue a presso a li religiosi de ogni ordine. Approximandosi el giorno de la partita nostra, me parse de lassare ogni cosa et esaminare li possessori de tante belle cose, quanto ho notato di sopra, cioè li gentilhomini venetiane li quali da si stessi se ‘l dicono. Ho considerato la qualitate de quisti gentilhomini venetiano, che sono per la maiore parte belli nomini e grandi, astuti e in le loro facendo molto subtili; e bisogna chi a contractare con loro tenda bene le oregie e li ogii. Sono alteri, credo sii per el grande dominio hano; e quando nasce uno fiolo ad uno veneziano per sé dicono: “El’è nato uno signore al mondo”; in el vivere suo a caxa sono scarsi e molto modesti; fora di caxa molto liberali. Mantene la cità de Venezia lo antiquo modo suo del vestire e mai non lo mutano, cioè del vestire longo, sia de 82 edificata] precede edifcta cassato. 99 VIAGGIO A GERUSALEMME colore como // [21] si voglia. Non ucisse de giorno mai persona de caxa. se non è vestito de longo e, per la maiore parte, de negro; et hano talmente obsirvato quela consuetudine che ogni natione del mondo chi habia stanzia in Venezia tuti observano questo stillo, dal mazore al minore, comenzando da li zentilhomini, fin a li marinari e galeoti, habito certo pieno de fede e de gravità; pareno tuti doctori de lege e, quando uno se parisse fora de caxa senza la sua toga, serebbe reputato pazo. El simile fano li Milanesi, excepto che se al venesse una lodola dal capo del mondo, de l’una ora a l’altra, e portasse qualche nova fogia de vestire. Tuti, o la maiore parte, quili che posseno e quili che non possono, veleno sequitare fogie, ita che non se po’ cognoscere uno Milanese da uno spagnolo; e basta. Quando questi gentilhomini veneziani vano in officio, o vero in qualche legarione, sono molto pomposi de vestimento; e in vero non se83 li pò adiungere: de scarlate de veluti e de brocari, se sono graduati, e de fodrature molto preciose, de ogni condicione; e per non stare tropo in queste sue laude, una sola ne voglio dire, che molto me piace: che tuti li loro offitii e guadagni li retengono per sé e non li dano a foresteri, excepto el primo Secretario. Quello non è veneziano; tuti li altri offitii li destribuiscano tra loro. Le loro done, a me pereno, per la minore parte, picole, perché, quando non fosseno cossì, non usarebbeno le sue zibre, aliter pianele tanto84 alte quanto fano; chè in vero ne ho veduto qualche paro che sono vendute, e anche de vendere, che sono alte almanco mezo brazo milanese e tanto 83 84 se] aggiunto in interlinea. tanto] precede tat- cassato. 100 VIAGGIO A GERUSALEMME alte che, portandole, alcune pareno giganti et anche alcune non vano secure dal cascare, se non vano bene apogiate a le schiave. Quanto a l’ornare del capo, vano con le crine ante li ogi cossì rize, che, al primo indicio, pareno più presto homini che femine; e la maiore parte de capili comprati, e questo el dico de certo, per ne ho veduto sopra la piaza de Santo Marco vendere in belle perticate da vilani et anche ne ho apellato, simulando volere comprare, benché havesse la barba longa e canuta. Poi sequitando più ultra, esse done veneziane se forzano quanto pono in publico, precipue // [22] le belle, de monstrare el pecto, dico le mamelle e le spalle, in tanto che, più volte vedendole, me sono maravigliato che li panni non ghe siano cascati dal dosso. Quelle che possono et anche quelle che non possano, de veste sono molto pompose et hano de grande zoiie, perle in frixiri in capo al collo, portano de molte annelle in dito, de grandi baiassi, robini et diamanti; ho dicto ancora quelle che non possano, perché me fu dicto che molte ne pigliaveno a fìcto. Vano molto artificiate in el volto e in quelle parte monstrano, a ciò che pareno più belle. E quanto al generale de le done che vano fora de caxa, e che non sono in el numero de le belle zovane, vano fora de caxa molto coperte e vestite per la maiore parte de negro, fin al capo, maxime a la giesia, ita che, a la prima, extimava fosseno tute vidue. Et a le volte, andando in qualche giesia, a l’ora de li offitii, me pariva vedere tante monache de l’ordine de Santo Benedeto. E cossì anche vano le zovane de maridare, ma non si pono vedere in el volto per cosa del mondo; vano coperte al postulo, ita che non so como posseno vedere andare per la via. Sopra el 101 VIAGGIO A GERUSALEMME tuto saltem in caxa, grande e picole, quelle done veneziane hano piacere ad essere vedute e guardate e non hano paura che le mosche le mordeno; e però non hano troppo freza a coprirse, quando l’homo le gionge a la sproveduta. Vedo non fano troppo spexa in fazoleri per coprirse le sue spalle. Questa constuma forse piace ad altri; a me non piace: sono prete in via de santi; non ho voluto cercare più ultra cerca la vita loro. A me è paruto, como ho posto di sopra, a cercare le giesie, li monasteri e vedere de le reliquie che sono tante. E questo ho considerato fosse bona opera ad uno peregrino che aspectasse la partita de la galea per andare al Sacto Sepolcro, fìniendo el tempo al meglio che poteva. La zobia a XXVIIII° de magio, occurrendo la solemnitate del Corpo de Cristo85, siando, per quilli erano pratichi, avisato che tuti li peregrini se dovevano congregare in la giesia de Santo Marco, per andare a la processione, per non esser negligente al facere el dovere mio, summo mane, dubitando non me // [23] mancasse loco, andai al palazo de Santo Marco, pensando esser de li primi; e lì trovai già esser congregati li oratori regii e ducali, e tutavia sonaveno parege campane sopra el campanile de Santo Marco. E cerca le XI ore descese dal palazo per andare in la giesia de Santo Marco lo illustrissimo duce, chiamato domino Augustino Barbadigo, bello homo antiquo, cum la sua tiara in capo, una bella barba bianca e uno manto a la ducale, como de continuo sta e va in publico, acompagnato dal reverendo patte domino Nicolo Franco, vesco de Triviso, dicevasi era legato del Papa, e da li magnifici Ambassatori 85 Si tratta della celebrazione liturgica del Corpus Domini, descritta da numerosi pellegrini che partivano per la Terra Santa da Venezia. 102 VIAGGIO A GERUSALEMME prefati e da uno grande numero de zentilhomini venetiani, l’uno meglio vestito de l’altro de drapi de auro, l’uno più bello de l’altro, de veluti cremesili, damaschini e scartate, tuti togati fin a terra, e la sua stella sopra la spalla. Et intrando in la giesia de Santo Marco, cessorono tuti li strepiti de campane e de ogni altra cosa; fu locato el prefato duce a la sua sedia la qual me pariva fosse molto oculta, como è a dire poxe el coro, pur però apparato de drapi de auro e, con lui, solum li oratori. Dicessi che non è suo loco de continuo, sed solum per quelo giorno, per vedere tuta la processione. Li altri zentilhomini forono locati a sedere turi in el coro. Fu comenzata la messa in canto e cantavela lo reverendissimo monsignore el Patriarcha Aquiligensi, chiamato domino Nicolo de Caxa Donati, perché el Patriarca de Veneria era infirmo, chiamato domino Thomaso de Caxa Donati, Ordinis Predicatorum. Era el prefato Monsignore de Aquilegia bene aparato, con diaconi e subdiaconi. Uno grande silentio se tene, e più che mai vedesse tenere a simili spectaculi, etiam in lo asetare tanti zentilhomini veneziani, ita che ogni cosa potiti intendere. Et uno solo a me pariva governasse ogni cosa, el quale senza resistentia era da ogni homo obedito. E de questo pigliai grande admiratione, perché non vidi mai tanta obedientia a tali spectacoli. Le cerimonie de la messa me pareno asai legiere per rispecto a le milanese, o vero ambrosiane, quando canta la messa el nostro Reverendissimo Monsignore de Milano; né vidi cosa digna de mandare a memoria, excepto che, quando fu fornito lo Evangelio, da poi che lo Patriarca // [24] ebbe bassato el loco de lo Evangelio, andoro da poi dui diaconi e altritanti subdiaconi al prelibato duce e porseno a baxare ancora lui el loco de lo Evangelio. 103 VIAGGIO A GERUSALEMME Altra cerimonia vidi maxime inusitata, excepto che, quando se dice el “Gloria in excelsis”, el “Patrem omnipotentem”, el “Sanctus” e li “Agnus Dei”, vano quatto de li preti de Santo Marco con li loro superpelicie, sive cotte, in ante al duce e lì dicono ogni cosa insema con lui, como fano li Ordinarii del Domo de Milano, in ante al Reverendissimo Monsignore Arcivesco, o vero qualche legato. E fornita la messa con la benedictione et annuntiata la indulgentia, che fu de XLII giorni, li soprastanti e ordinatori de la procesione comenzorono ad aviaria in questo modo: intrava per la porta maestra de dicta giesia e montava suso in el coro et andava fin apresso a l’altare maiore, unde era posto el Corpo de Cristo, in uno circulo, a modo de uno trono de auro, e stava sopra uno calice, el maiore che mai vedesse, e se diceva era de auro, bello era. Poi se revoltava dieta processione a mane drita de l'altare, uscindo del coro e passando in ante al duce et a li oratori, ita che tuti, senza impedimento, la vedevano. E prima comenzoe ad aviarse la scola de la Misericordia, li quali erano tuti vestiti de una capa bianca, con uno poco designale rosso da uno lato, el quale conteneva el nome de la Misericordia. Essi mandaveno in ante certi de loro scolari, fin al numero de LVI, con uno candelero de ligno per ciascuno de loro, bello, adorato, dico de quili longhi se usano comuniter da frati, quando vano in processione, dico a caxa nostra. Sono de tanta belleza che credo non se li possa adiungere. Per ogni candelero li era uno dopiero, almanco de due libre per uno, de cera verde, tuti acesi. Dreto a quisti andava uno chi portava una croce ornatissima, con una certa bandirola depinta, unde non li era mancato auro per farla bella. E da poi questo sequitaveno de 104 VIAGGIO A GERUSALEMME molti fanciulini, e credo li fosseno ancora de le fanciuline, a vedere el capo, conci come se conciano li spiriteli et in mano de ciascuno de loro era una confedera de argento, o vero bazile, o vero qualche altro vaso como potevano portare, piene de fiori de rose // [25] sfogliate. E quando gionseno unde era assetato el prefato Duce, con li oratori e cossì li altri zentilhomini, spargevano de quili fiori sopra tuti, che era una grande suavitade. Da poi, quisti fanciuli andaveno fin al numero de scolari V cento, tuti de dicta, scola, tuti vestiti de cape bianche, como ho dicto di sopra, tuti acobiati et in mano de ciascuno de loro uno candeloto de cera verde, acenso, de onze VI per uno. Ma prima passasseno questi scolari apresso a la loro croce, erano alcuni cantatori che cantaveno, per la via, de molte laude; e quando gionseno a l’altare, per mezo el Sacramento del Corpo de Cristo, se ingenogiorono e lì de continuo cantorono laude, finché fornirono de passare li dicti scolari; poi se levorono sequitando dicta scola. Dreto a questi andaveno li scolari de la Nostra Dona de la Carità, cossì se chiameno, con l’ordine supradicto, con l’habito simile, excepto chel signale de rosso era differente. Havevano in prima XLta con li candeleri, de simile belleza quanto li primi; havevano le torgie de simile pexo ma erano rosse. Dreto a loro la sua croce con la sua bandirola; e dreto a la croce, de molti fanciuli ordinati e ornati, como li primi, e facevano de fiori como li primi, poi li cantori che facevano como è dicto de li primi. Dreto a loro ci andaveno V cento scolari, con una facula de onze VI, de cera verde e una per ciascuno. Dreto a quisti andava la scola de Santo Marco, e tuti li scolari erano vestiti como è dicto di sopra, cioè de cape 105 VIAGGIO A GERUSALEMME bianche; e lo signale suo havevano in pecco era uno santo Marco piedino rosso. In ante a la sua croce ne andaveno ben XXXVI, con li candeleri facti como è dicto di sopra e li dopieri erano suso erano de medesmó pexo, ma. erano di cera bianca; poi una grande brigata de fanciuli, ornati como è dicto di sopra e gitando fiori co’l modo sopra posto; poi li soi cantarmi che servarono l’ordine havevano servato li primi; e dreto a loro sequitorono ben V cento scolari ciascuno, con lo suo celostrelo bianco, acenso in mano, pur de onze VI. Dreto a quisti andaveno li scolari de la scola de Santo Johanne, precedendo in ante fin al numero XXVIII, vestiti como è dicto, de bianco e uno altro signale rosso, differente de li altri, con li loro candeleri, facti como quili di sopra e li sui dopieri, pur de simile pexo, de cera gialda, cioè como nasce, sequitando // [26] questi la sua croce, con la sua bandirola e, dreto a la croce, una grande brigata de spiritelli chi gitaveno fiori, con l’ordine è dicto de sopra. Dreto a questi sequitaveno ben CC scolari, pur con le loro cape bianche e lo suo celostrello de onzo VI, per ciascuno di loro, pur de cera naturale, standoli preceduti li cantori, como havevano facto a le scole precedente. E subsequenter dreto a questi li andaveno li scolari de la scola de Santo Roco, ma vestiti como li primi; el signale rosso havevano era differente de li altri; in ante a la sua croce erano ben XXXIIII, con li candeleri solemne, como li altri, e li dopieri sui erano beretini al mio vedere; altri dicevano erano nigri. Sit quomodocumque, li dopieri erano de pexo como li altri; poi la sua croce, como s’è dicto de le altre scole; poi de molti garzoneri ordinati in forma de spiritelli chi gitaveno fiori, ut sopra; poi li cantatori che face- 106 VIAGGIO A GERUSALEMME vano como li primi, adreto ad essi ben CC scolari, vestiti como s’è dicto de sopra, e ciascuno de loro con la sua facula de cera nigra, o vero beretina, pur acesa. Dreto a queste scole, sequitorono ogni generatione de frati Observanti e Conventuali: comenzando a li Jesuati, fin a quilli de la congregatione de Santa Iustina; non ne mancava uno; ne fu contato fin a VIIIC; erano qualche cosa più, ma pochi, e tuti, o vero la maior parte, con dopieri bianchi, aut saltem candelori acesi in mano, con ogni loro proforzo de paramenti, belli e dico belli, ita che nui altri non li possiamo andare dreto; nam vidi tal pluviale che haveva tra el frixo e lo capino tante perle, tanto grosse e belle, ch’el me pariva valesse tuti li paramenti del paese nostro. De brocati de ogni generatione, non lo posso scrivere, però che li è l’habundantia e tanti che non potè numerare, imperò che li ogi me facevano smarire el numero. Da poi li frati, sequitaveno tuti li chierici con bono ordine e loro croce bene ornate; ma in li loro paramenti non gli era grassa, perché a me pariva fosseno molto a l’antica e de poca valuta. De questo non facio altro ricordo; quanto al numero sono pochi per rispecto di qua. Nam considerando quello clero e quelo de Milano, li stradioti, sono quili non hano benefitii, sono più cha lo clero de Venezia. Dreto al clero sequitaveno poi, LX nomini togati, de li quali ne erano // [27] dodeci per ogni scola de le sopra nominate, chè zinque; e ciascuno de loro haveva uno doppierò in mano, grande e grosso, extimo non fosseno manco de XXXVI o XL libre per ciascuno, e XII de ogni colore, como ho dicto di sopra usano ditte scole. Domandando quale ordine era quello, me fu dicto erano dodici scolari de 107 VIAGGIO A GERUSALEMME le dicte scole e tuti zentilhomini veneziani e cossì andaveno in processione acobiati. E passati quisti, el prefato Reverendissimo Monsignore Patriarca, che haveva cantato la messa, tolsi el sacramento del corpo de Cristo, conciato como ho dicto, acompagnato solum da quili lo havevano servito a la messa, con lo balduchino portato solum da preti, e comenzò ad aviarse a la processione, la quale era aviata e tutavia procedeva como ho dicto, uscindo da la porta andava in el palazo de Santo Marco e passando per el mezo del palazo. E dreto a lui se misi el prefato Duce e li oratori e subsequenter quili signori consiglieri e li altri zentilhomini; lo sequitaveno, siando molto humanamente richesti, li peregrini se trovaveno lì. E forono acobiati con li prefati zentilhomini, finché ghe fu de acompagnare. E cossì andando in processione, quando giongevano a la dicta porta de Santo Marco, unde uscivano trovavemo dui preti, uno da la parte dextra e l’altro da la sinistra, li quali porgevano uno candeloto bianco, de onze VI e meglio, per ciascuno, et acenso, comenzando dal prefato duce fin al fine, cossì a li peregrini como a li altri. E cossì andorono a la processione che non andava però più da la longa, quanto era andare fora de la porta de Santo Marco, como ho dicto; e prosequendo intorno a la piaza, la qual era coperta de panni bianchi, quanto durava la via, facevano a lato de dicta via, erano piantate de molte arbore de querce, aliter rogore, e altre specie de arbore e in tanto soma, ch’el seria bastato havesseno hauto li boschi de Bacano sopra le porte. E un’altra grande magnificentia: a lato a le dicte arbore staveno de molti candeleri de ogni fogia, con li dopieri acesi di sopra. 108 VIAGGIO A GERUSALEMME E cossì ritornava la processione in la giesia de Santo Marco; e riposto che fu el sacramento // [28] del corpo de Cristo, fu acompagnato el duce da ogni homo in palazo e conciosi in cima de la scala, finché fu montato tuti li zentilhomini con li peregrini e poi, salutando tuta la brigata, andossene intra el palazo, in le sue abitatione. Et unusquisque reversus est in domum suam aut hospitium, perché era ora de pranso. El venere, che fu a XXX de magio, per esser certificati che’l Magnifico Patrono de la galea, non se voleva partire fin a III° giorni, attese al visitare le cose de Venezia, fin a la dominica sequente, che fu el primo de iunio, aspectando pur venesse qualche Lombardo, con chi me podesse acobiare, per el vivere in galea; e, non comparendo, consigliato da uno domino Johanne Toretino, mercadante luchese, stantiato pur in Venezia, el quale intuitu de le litere de domino Jacobo Rotulo, del fra’ Ghiringhelo e de domino Francesco di Roma, me haveva ricolto in caxa e facevame honorevole tractamento. Lunedì a II del mese de iunio86, andai insema col prefato domino Johanne da domino Augustino Contareno, patrono de la galea de li perigrini; e cossì como haveva facto mercato per XLV ducati, lassai quello mercato e fece mercato per ducati LX de oro venetiani de zeca; con questo, fosse obligato a farme le spexe per terra e per mare e conducere fin al fiume Jordano, se li voleva andare, e che mangiasse a la sua tavola. Sopra ciò alora, li dete XXX ducati. Martedì a di III de iunio, comprai una cassa e uno stramazo e feceli portare in galea, la qualle tutavia se carigava 86 Iunio] precede iulio cassato. 109 VIAGGIO A GERUSALEMME per parure, e cossì le altre me robe. Et a la sera, el prefato domino Johanne fece, per mio respecto, convito al venerabile domino frate Francesco de Triulcio et io fece la cucina a la milanese, maxime una torta. Mercore a III° de iunio, al basso, tolto comiate primo dal magnifico domino Tadiolo Vimercato, ducale oratore, e poi da li altri amici, montai in barca col prefato fra’ Francesco et alcuni altri peregrini e non peregrini, per andare a la galea la quale era reducta fora del porto, a uno loco chiamato Sopra le Due Castello, distante como se diceva da Venezia V miglia; e lì montaremo da la barca in galea. La qual galea si chiamava la Galea // [29] del Zaffo e, fora delle altre galee de Venezia, è longa braza LXXX et, unde el’è più larga, è solum de braza XX; ha di fora, in cerco, una banda prominente dal corpo de la galea, larga meglio87 de uno brazo, sustentata da brazoli molto spessi e pomati sopra el corpo de la galea. Sopra la qual banda se li repone de molte balle de mercantia et anche de molte botte de vino. Verso el fondo è quasi tonda e dal mezo in zoso se va consumando; dal mezo unde comenza a strenzerse in zoso, de le III parte, le tre per fare che la galea piglia de l’aqua e stia salda è piena de sabia e de giara, in la qual sabia erano reposte de molte barille e botte de vino, per la maiore parte de peregrini. Di sopra de dicta sabia, era uno solato de tavole che se poteva aprire a li bisogni; e, dal dicto solato in suxo, era conciata como una sala, longa quasi braza LX, comenzando da l’arboro de la mezana, fìn a la proua, sustentando la coperta de la galea, in mezo, da l’uno capo a l’altro, con forte columnelle; e dicta coperta di sopra era de 87 meglio] precede meglio cassato. 110 VIAGGIO A GERUSALEMME forte tavole e molto bene impegolate, ita che, piovando di sopra, non li poteva nocere l’aqua de nessuna condictione. L’altra quarta parte, cioè da larbore de la mezana in dreto, divisa prima in uno loco che se chiama popa, la qual popa ha tre loghi sopra el fondo, se chiama el pizolo, loco concesso a homini singulari per dormire; e tenesse per governo de monitione e mercantie, per el Patrono e per chi vole esso Patrono. In la meza regione, che proprie se chiama pope, lì se stendono le tavole per mangiare; et anche gh’è uno altarolo dove se diceva la messa sica per lo Patrono et a la note se stendono de molti stramazi per dormire, secundo la designatione de li loghi facti a peregrini, o vero altri passagieri. Al celo de dicto logo, sono atacate de molte arme per defensione de la galea a li bisogni: balestre, archi, spade e altre generatione de arme; et in quello logo anche sono fabricate li retenaculi de la galea. Di sopra de dicta pope è uno loco, chiamato el castello, unde stava el Patrono de la Galea, per la maiore parte, e anche qualche grande s’el se li trova; el anche lì sta el bussolo del navigare, et è solato de tavole, impegolate aciò perché, per piova, non possa // [30] trapassare l’aqua in pope. E questo castello è coperto, navigando, prima de fella e poi de una corona de panno rosso che ha suxo recamato la insegna del Sepulcro e anche la insegna de caxa Contarena. Dreto del castello, e pope predicto, è concio el loco dove se rege el timone de la galea, e solum se regeva con forza de braze de homo e, alcuna volta, quando li era grande fortuna in mare ghe ne andava più de dui homini a regerlo e se rege con uno freno de corda grossa; e li era concio più dreto uno loco unde staveno due conserve de aqua, pur de terra cocta, et anche uno loco necessario a li purgatione del corpo. E queste cose tute pendeva- 111 VIAGGIO A GERUSALEMME no fora del corpo de la galea, sopra lignami ben compaginati e impegolati. Quanto fosse grande e grosso quello timone, io non lo so ben exprimere; ben dico che, siando in porto a Rodi e bisognando farlo conciare, li andò pareghi nomini a drarlo in terra; et era grande instrumento de vedere. Uscindo fora de pope cerca a X braza, gli era uno arboro stabile, cioè che non se moveva mai, e grosso quanto possa abrazare uno grande homo, unde stava la sua anthena de continuo, con la sua velia, chiamata la velia mezana, con le sue sartie de dui lati, le quale se tiraveno sempre dal lato contrario a la velia, secundo che erano li venti. Passando lo dicto arboro dal lato drito, era canepa del Patrono, tam de l’aqua, quam etiamdio del vino, de ogni conditione; et in quello medesmo loco gli era monitione de formagi e salami de ogni conditione, cioè de carne et edam de pesse. De nante a la porta de dicta canepa era ordinata la cucina, e domandasi el fogone, che tradeva verso la sponda de la galea, circumdato de molti guernerii e bisogni per la cucina. Lì erano caldaroni e caldarozi, padele e pignate, quante si possa dire, e non solum de crame ma ancora de terra, spedi de fare el rosto e altri utensili! de cucina. Procedando più ultra, da quello lato, erano ordinati dui loghi, l'uno sopra l’altro, per tenere animali vivi per occidere a li bisogni, quando non si poteva bavere carne morta da terra, e se passevano de ordeo, ma assai temperatamente, ita che al fine era più la pelle cha la carne. Poi, dal dicto loco fin in capo de la galea, erano desposite le // [31] de melie banche, le quale se chiamaveno le balestrere, e tanta distantia era tra l’una e l’altra, ch’el se li locava dui remi, che poi molto poco se usaveno. Passando el mezo de la galea et andando verso la proua, gli era piantato uno arboro grosso, quanto 112 VIAGGIO A GERUSALEMME potevano abrazare tri homini in el pede, e protendeva fin al fianco de la galea. Era longo meglio de LX braza, cossì me disse el magistro che l’haveva comprato; erali una cabia in cima e, di soto de la cabia, la sua anthena li pendeva, facta de tri pezi, braza e li se métava per el generale una88 grande velia, chiamata l’arthemone, facta tuta de fustaneo bianco. Al dicto arboro staveno pendente de molte corde et haveva XII sartie per parte attacate a la sponda de la galea e se tiraveno dal lato contrario a la velia, secundo li tempi e li venti. Haveva dicto arboro ancora un’altra corda pendente, molto longa, e un’altra sartia, chiamata l’angelo; quella se operava spesse volte per tirare qualche cosa in cima de l’arbore. Gli era ancora un’altra velia, chiamata la cochina; l’artemone e la mezana erano pizute; e questa era quadra e non adoperava se non per grande fortune. In capo de la galea, cioè in proua li era uno arbusselo, con la sua velia quadra: se chiamava el trincheto; spesso se adrizava o spesso se abateva. Erano in dicta galea tante corde grosse, che se chiamaveno gomene, adoperate a diversi bisogni e anche de meza mano, che valevano per mile ducati, secundo m’è dicto; e facilmente se poteva credere, perché, rasonando con lo Patrono, me disse haveva spexo CL ducati in una gomena, per gitare una ancora in mare; et ne haveva due altre era grossissima et era lunga CXXV passi; dubio non gli era che dui carri milanesi, con para II de bovi per carro, non haveriano conducti le corde erano sopra dicta galea. Dal lato sinistro de dicta galea, comenzando da la pope e procedando, dico di sopra, non li era altro impazo excepto banche, dicte balestrere, con le remi como ho dicto di sopra; e questo fin a la 88 Una] segue una ripetuto. 113 VIAGGIO A GERUSALEMME proua. // [32] Erano de sopra de dicta galea, comenzando a la pope e procedando fin a l’arbore magistrale de la galea, per el mezo, uno ordine de cassoni, larghi braza II e longhi più de II e alti II, tuti impegolati de foravia, aciò che l’aqua non li facesse nocimento. Erano ben dispositi, talmente l’uno apresso a l’altro, che facevano una via levata per mezo de la galea, e chiamavessi in corsia; de li altri simili, ne staveno da l’arboro fin in prova; ma quisti staveno sempre carichi de quelle gomene grosse, per girare le ancore. Intorno al dicto arbore ne erano disposti alcuni de dicti cassoni, ita che facevano uno poco de piaza, che se chiamava extimaria, e li teneva rasone a li galeoti per li iudici a loro deputati. Erano sopra dicta galea VI ancore e quella era de manco pexo era de MCC libre. Erano per defensione de dicta galea XXXVI boche de bombardele e bono fornimento per esse; ciò polvere e prede; erano ancora de molti saxi in monitione, di sopra e sotto coperta. Era sopra dicta galea el prefato magnifico domino Augustino Contarono, patricio venetiano patrono principale, chi haveva con lui quantro zovani chi lo servivano. Erano con lui dui zentilhomini veneziani dateli per la signoria; ma lo Patrono li dava tanto el mese e faceveli le spexe a la sua tavola. Haveva dicto Patrono uno offitiale, che se chiama comito, el quale poxe el Patrono è obedito da tuti, quanto al governo de la galea; uno altro offìtiale, chiamato el parono, chi è sopra la provisione de la galea, comunamente è lo primo a uscire de galea, quando se ha fare qualche cosa. Sono poi altri VIII compagni, a chi s’è fidato, più che li altri, el governo de la galea, e quisti, insema con89 paregi de altri, sono chiamati 89 con] segue li cassato. 114 VIAGGIO A GERUSALEMME balestreri. Erano poi de altri asai, chiamati galeoti; et, insoma, per governare e defendere la galea erano CXL persone. Tra questi erano de ogni exercitio e mesterò si possa fare e, quando el mare90 non stava in travaglia, attendevano a li loro exerciti. La maiore parte di loro, e maxime li periti de navigare, erario Schiavoni, Albanexi et anche qualche Lombardo, // [33] ma pochi. Non era persona de loro chi non havesse sopra la galea qualche generatione de merce e, con questa lege, erano conduca a navigare; e queste tale merce se portaveno fora de galea, quando faceva scala, o pigliava porto, e lì se faceva poi como una fera. Trovavesse più de tre milia peze de pano di lana solum, e poi altre mercadantie, che l’homo non lo poria credere, se non vedesse, fosse possibile quella galea continere tanta roba, ultra le persone, e che in quelli galeoti fosse tanta obedientia quanta gli era, che, ad uno sibilo faceva el comito, tanti homini in uno trato levasseno el capo e dicesseno: “Comanda”. Haveva tri trombeti e boni sonatori; et ultra le sopradicte persone, se retrovaveno CLXX peregrini, tra homini e femene, frati e preti et heremiti, ultramontani e italiani, e tuti havevano assignati li sui lochi per la sua cassa, sopra la quale, poi, dormevano, se era a bastanza per la persona. Se poria dire asai più de dicta galea; lassare qualche cosa che dire e tornarò al mio montare de galea la prima volta. Per la maiore parte de nui, tam peregrini, quam etiamdio altri amici erano venuti ad acompagnarme, eremo già tribulati dal mare; et io più che li altri, per non essere mai stato in mare; e me fu forza a pigliare partito et andare a tore la posessione del loco a me asignato, sottoco90 mare] aggiunto in margine destro. 115 VIAGGIO A GERUSALEMME perta; e, volendo Dio, me ritrovai essere vicino a uno Lombardo, chi se chiamava Bernardino Scoto, el quale, benché altro comertio non havessemo insema, tamen me era bono vicino. Dreto a nui, secundo se diceva, vene el Magnifico Patrono. La zobia a V del mese de iunio, trapassata la mia parte de la tribulatione del mare, montai di sopra, lassando li compagni de soto, a II ore de giorno, e stete a vedere stendere tute le velle de la galea, con soni de trombeti e canti facevano paregi frati e altri peregrini, el che era una grande consolatione, precipue a chi non haveva mai veduto simile cosa. // [34] Tutavia, havendo vento al proposito del nostro camino, ita che a le XVIII ore, dicevano lo marinari, essere facto fin a LX miglia, andando verso la cita de Parenzo; e domandasi questo mare, in particulare, el Sino Trigesimo. Passata dicta ora, gionse una bonaza de mare, che talmente fixe la galea che stete immobile fìn a la note. Poi se mosse uno poco de vento con piogia. E, credando li marinari fosse a nostro proposito, desligorono tute tre le velle, estimando alora de giongere saltem a la marina a Parenzo. Ma forono inganati, imperò che, voltandosi el vento, fu forza stare a descretione del tempo e lassare andare la galea a sua posta, cossì costezando fora del camino. Venerdì a VI del iunio a ore XVI, zonsemo per mezo Parendo e, s’el non fosse stato el bisogno de fornirse de castrati, per monitione de la galea, el Patrono voleva transpassare senza fare scala. Pur la fece e non voleva che alcuni de li peregrini uscisseno per andare in terra. Pur tandem, ad preces de molti, precipue del predicatore patte Francesco Trivulcio, dete licentia per una ora; e chi volsi uscire, fu de bisogno tolesse de le barche de li piscatori e pagarle molto 116 VIAGGIO A GERUSALEMME bene. Per vedere più cose, io me acompagnai col prefato Predicatore, e volentera, perchè, re vera, era molto reverito; et a lui, con pochi preghi, se monstraveno ogni cosa. E cossì fece per tuto el camino, finché fu sano; et anche sua paternità me vedeva volentera. Et intrassemo in la cita de Parenzo, lonctana, como se dice, da Venezia cento miglia. È cità antiqua e sita m Istria91; ora a me pare una cittadella posta in piano e reffata; la sua grandeza non so a che compararla: se dico a la cità de Corbeta, el’è poco; se dico Abiategrasso, el’è tropo. Ell’è ricolta, quella poca che è. Andassemo a la giesia cattedrale; è giesia antiqua e credo sii stata molto bella, vedando el mosaico a la sua tribuna et el suo pavimento, el qual pur ancora lui fa qualche demonstratione de esser stato lavorato a mosaico. Ora credo che l’absentia de li pastori, pare una giesia mal tractata. Inter alia, vidi una cosa che me dete signali in quella cità siano persone da bene, e più che a caxa nostra. Nam in el coro de la dicta giesia, non gli era stadio, vero che // [35] erano92 pochi che non havesse apozato suxo una cotta da prete. Domandai de chi erano; me fu dicto erano de li canonici. Io son certo se lasasse una de le mie al Domo, o vero a Santo Ambrosio, o che ne trovaria due o nulla. Ha dicta giesia una cortina denante, como, hano le giesie de Roma et anche Santo Ambrosio nostro, et in capo, el suo baptisterio credo sia frequentato da poche persone, imperò che per tuto sono le erbe grande. Vidi etiam el convento de Santo Francesco; tra li altri è asai tristo. Non vidi alcuno frate. Sufìcit che’l prefato domino fra’ Francesco meglio seria che 91 92 e sita in Istria] aggiunto in margine sinistro. erano] precede che ripetuto. 117 VIAGGIO A GERUSALEMME non ci fosse, per quello pote vedere, comprendere et anche gustare93. Dicta cità usa de boni e belli vini vermigli. Del resto, me pare habia asai carestia, excepto che castrati. Andassemo da poi a visitare94 una giesia de Santo Nicolò, posto sopra uno scoglio, in mare, a reimpeto de dicta cita; è asai bella et è facta per marinari; è in grande devozione a naveganti et è governata da dui monaci e dui conversi de l’ordine de Santo Benedeto de Observantia. Hano uno bello oliveto, sopra dicto scoglio; dico non bavere altra intrata. È supposita dicta cità a la Signoria de Venezia. Pur se stete lì fin a le XXII ore e, non obstante fosse bonazato lo mare, misseno tute le velle, ora voltandole di qua, ora di là, per pigliare la diversitate de li venti che forzevano: ora un poco de bonaza, ora provenza, ora garbino, ora siroco; e cossì se andava facendo95 volte, ora a drito, ora a la reversa, per quello mare chiamato sino Fanatico, lassando da ogni lato de molte terre, antiquamente se chiamaveno Populi Liburni. Pur tutavia, como ho dicto, uno certo colpho, chiamato el Quarnaro, molto duro de passare, non havendo vento al suo modo pur la note et anche96. El sabbato a VII de iunio, pur solicitando, ora con velle, ora con remi, ma poco, perché non valevano con quela galeaza, desiderando de giongere a Zarra. E per esser molti de nui novi in mare, più ne incresceva che anche a li marinari. Dominica a VIII de iunio, con la gratia de Dio, a XI ore, zonsemo a Zarra, a drito nome Jadra; e con grande 93 Si noti il climax ascente. visitare] segue visitare ripetuto. 95 facendo] aggiunto in margine destro. 96 anche] segue et anche ripetuto. 94 118 VIAGGIO A GERUSALEMME letitia, venendo de molte barchete, si montassemo tuti et andoromo a udire missa e, poi, se fece el disnare. E, siando smontato el Patrono per fornire la galea de alcune cose, per non havere altro // [36] che fare, me misi a vedere dicta citade, la quale è in piano, non tropo grande, ma tuta polita et ha belli edifitii. Non ha fosse in cerco, neanche ponti levatori; ha belli muri in cerco e alti; novo casteleto da uno canto, assai in vista de forteza, per quello si po’ vedere. Tuta la citade è solata de piastrelle vive, a uno certo modo che molti de li nostri milanesi, dico quilli hano le podagre a li pedi, non la potrebbeno perambulare troppo aconcio. Non gli ò saputo vedere alcuno palazo, dico de grande vista, ma caxe humile e, como ho dicto, belle pariete; una piazola quadra, inante al loco dove ministra rasone per li rectori li manda la Signoria. Altra piaza non li ho saputo vedere. Sono stato in la sua giesia cathedrale, sub vocabulo de Santa Anaxtasia: è uno bello corpo de giesia, alta in el mezo, in forma de una galea, tuta una volta tonda e longa, pur de legname; et egli depento, per man de boni magistri, el Testamento vegio. Ha uno coro bene ornato de stadii al nostro modo; dico sono belli, e merito nam è giesia archiepiscopale. Non ha capelle voltate in el corpo, ma è fornita de altari, a lato e bene ornate de ancone, maiestate al nostro modo, de rilevo e bene adorate. De sopra del coro, in alto, tra l’una pariete e l’altro, ultra el crucifìxo chi è in el mezo, molto ornato, egli uno ligno chi sostene XIII° figure, asai grande, tute vestite ad auro; sono belle e molto naturale. Vidi el convento de Santo Francesco, unde stano li frati de Observantia; è asai bello et anche la giesia passa tempo. Non hano, per esser in citade, orto grande per pigliare qualche recreatione, como hano in molti altri Ioghi. Andai 119 VIAGGIO A GERUSALEMME con li altri peregrini, però che cossì era ordinato, ad una giesia de Santo Symeone, unde, cantato lo vespero, fu monstrato lo corpo97 de santo Symeone, reliquia dignissima e la più bella che mai vedesse, né in Roma né altroe. Nam se fe vede tuto98 integro non li manca cosa del mondo, non in el volto, non in le mane, non in li pedi; tene la boca aperta e di sopra non li sono denti; de questo non me ne maraviglio, perché era vegissimo, quando moriti; e fu quello chi hebbe responso dal Spirito // [37] Santo che non vederebbe la morte, fìn tanto ch’el non vedesse el Fiolo de Dio, e chi tolsi in brazo el nostro Signore Domino Yesu Cristo, quando fu presentato in el tempio da la nostra Dona, et chi disse: “Nunc dimittis Domine servum tuum secundum verbum tuum in pace. etc...” 99. Io replicai el vederlo più volte, però che gli era una grande furia de peregrini et anche de quili de la citade e de contato chi concurrevano perché era dì de festa. E quanto più el guardava, tanto più me pariva cosa stupenda, eo maxime che me ricordava el tempo de la sua morte, che non poteva esser manco de MCCCC°LXXXX°III anni. Fu tenuto con grande guardia. Li rectori de de dicta citade, como ho dicto Veneziani, tengono le chiave. La giesia è asai bella; in el coro ha fìn a X stadii, molto notabili; el coro è facto solum da una parte; ho extimato che fornirano el resto col tempo, perché ciò è facto è novo. In el loco unde è dicta santissima reliquia, egli una arca, di sopra al loco, unde è in alto; è tuta de argento, inaurata, unde gli è sculpita la presentatione de Cristo in el 97 corpo] precede vespero cassato. tuto] -to in interlinea su -ti cassato. 99 Cfr. Lc. 2,29-30. 98 120 VIAGGIO A GERUSALEMME tempio, et in mezo de dicta arca el titulo in latino, como una regina de Ungaria ihaveva facto fare. E li de peregrini se facevano de molte oblatione e facevano tucare essa reliquia, con Paternostri et anelle, etc... In dicta citade è una bona abbatta de l'ordine de Santo Benedicto, sub vocabulo Santi Grisogoni martiris; è tenuta in comenda; va como le altre; lì sono ancora paregie altre giesie tale e quale. Lunedì a VIIII0 de iunio, audita la missa et ancora la predica facta per el supramemorato domino fra' Francesco, in la giesia cathedrale, la qual predica fu molto bella, de conversione peccatorum, tollendo el suo tema: "Gaudium magnum erit et cetera... "lw et anche facto el disnare, fu facto el comandamento a li peregrini, a sono de trombeta chi andava per la cita, sonando e dicendo che ogni homo tornasse a la galea, perché era cessato uno vento, chiamato siroco, chi ne haveva retenuto la note precedente e fìn // [38] a le ore XVIII del soprascripto giorno. E cossì intrati in galea, fece velia a le ore XVIIII0. Dicessi essere miglia CCC da Zarra a Venezia; e cossì, navigando piano piano, con poco de Garbino, se trovò bavere facto tra quili scogli de Schiavonia, (che sono senza numero e ben saxusi e aridi) miglia LXX da Zarra, fin al martedì sequente, che era a X de iunio, e cenciosi el mare, e meglio si po' dire, tra quili scogli, uno canale, perché a me non pariva maiore che'l fiume del Po in Lombardia, in bonaza. Martedì, a ore III-de giorno, levossi di novo Sirocho chi gkava in dreto la galea et, abatendo tute le velie, fece gitare le ancore con grande turbatione del Patrono chi desi100 Cfr. Le. 15,7 e Le. 15^30 121 VIAGGIO A GERUSALEMME derava, insema con li peregrini, prosequire el camino; e cossì stete fin al mercore de marina. Mercore a dì XI de iunio, al levare del sole, fece stendere le velie, parendoli fosse levato vento al proposito de prosequire el viàgio; ma subito voltossi el tempo e, ricolto tute le velie, di novo fece gitarela ancore, trovandosi bavere facto per tuta quella marina solimi uno miglio e fu in animo del Patrono et anche de li sui consiglieri de tornare a Zarra, imperò che comenzava a mancare el pane e già se meteva mano al biscoto e, tra quelli scogli,, etiam che li sii qualche abitarione, tamen non se li trova pane. Se li trova qualche castrato e ancora qualche capreto. Et anche vedando che non poteva procedere al camino, imperò ch'el perseverava el vento contrario, considerava che li serebbe stato manco spexa a tornare in dreto e fare scala a Zarra, perché altroe non si poteva caciare. Erevamo ben a presso a la cita de Subenicho, ma non li poteva andare, imperò che la galea era tanta, como ho dito, che non si poteva caciare con remi. Pur sé stete cossì con grandi incomodi de' peregrini, grande spexa del Patrono che spendeva e non se procedeva al camino, de extrema fatica de li gakori, tanto extendere velie, tanto calarle, tanto gitare le .ancore e tanto levarle, Era una grande // [39] compassione a vedere tante fatiche e non si pono quasi credere chi non le vede; pur restossi cossì. La zpbia a dì XII de iunio, al levare del sole, o poco più, levandosi yento al proposito nostro, extensa lo artimone eranche la velia mezana, ringrariando Dio con parole et anche-con sono de trombete, se aviassemo al nostro caminQ»,^as-sando pur per quigU.scogUdeJSubemcho, in SchiavoniaJet a Fora del disnare, siando la maiore parte de li peregiritni a tavola, chi di sopra, chi de sotto, levossi uno grande stPep^to 122 VIAGGIO A GERUSALEMME in galea, calando subito tute le velie, ch'el pariva che nui dovessemo fondare. Uno spavento terribille, e non era inteso. se non da marinari, ita tamen che quili chi lo intendevano e quili non lo intendevano lassorono lo disnare. Quili erano sotto coperta, per non intendere ciò era intervenuto, non hebbeno altra paura. Io fu de quili hebbeno la paura, perché era a la tavola del Patrono, con altri deputati a la dicta tavola. El male restoe tuto a quili di sopra et el male era de tal natura che credevamo essere turi negati. El caso fu questo: l'ordine de questa galea sie de pigliare una guida, uno sia ben pratico del mare e comenza a Venezia e dura fin a Parenzo; a Parenzo ne piglia un altro, fin a Modono; a Modono ne piglia un altro, fin al Zaffo. Pare che la guida, sive pedota al loro modo101, tolta a Parenzo, quilli102 scogli dalmarini errasse la via e lassoe andare la galea in sopra ad una sica, ita che fece baissare el rimone per tré volte fora de mane del timonero, ita et taliter che se credeva fosse aperta la galea in el fondo. Ma trovossi che Dio haveva hauto misericordia a tante anime, quante erano in dicta galea, e maxime de tanti religiosi de ogni generarione, quanti li erano suxo; e trovossi che, unde credeva havesse locato saxo, haveva tocatp'fanga, o vero arena. E cossì passassemo el periculp, con grande periculo ma senzaJnale. Poi respirati li marinari, tornorono suxo le velie, havendo nui vento -ài nostro proposito; e cossì caminando'iassavemo103 de man drita de molte insule, tra le quale era domandata la insula de Santo Andrea, desabitata e senza fructo; dreto a questa sequitava la insula 101 sive...modo] aggiunto in margine destro. Il temine pelota indica..... quilli] precede fra cassato. 103 lassavemo] segue in linea lassavamo. 102 123 VIAGGIO A GERUSALEMME de Lissa, bona e optima, dotata de boni vini // [40] e de altri fnrcfi. Fano ancora grande mercànria de sardelle; credo siano de quelle se vendano a le volte per inciove104 a queli non le cognoseano.-Da mano sinistra al nostro camino, da •poi Subenicho, lassavemo la cita Treguriense, aliter Trau, e Spalato, como se diceva è cita molto bona, e tute sufciecte a la Signoria de Veneziani. Tandem Deo dante, a le III ore de .note, se gionse a la cita de Lesna, aliter Zara; per esser de note non si fece scala per peregrini; neanche li galeoti forono exauditi, per bavere' qualche fornimento per la galea; solimi se tolsi uno poco de aqua. , El Venere a dì XIII de iunior-uscindo^ del- canate de Lesna, dappoi el levare del sole, se fece velia,- con vento asai tepido. Pur al montare del giorno, comenzoe el vento a megliorare e zonsemo per mezo la cit;ì3£la-dfr€erzula,- bella de vedere di fora. Non si volsi dimorare el Patrono, per non perdere el vento che a nui era prospero. E pasassemo cossì, remirandola di sora. E dicessi è longe da Lesna105 miglia LXX e diceva el Patrono che, da certi anni in qua, rè Ferdi-nando, quondam rè de Napoli, li mandò la sua armata, per volerla furare a Veneziani; ma non hebbe honore alcuno, imperò che essi Corzulani se feceno gagliardi e se deffendè-rono da quello incorso, senz'alerò adiuto de la Signoria de Venezia a chi jsono subdid. Sabbato a XIIII0 de iunio, se trovassemo a la marina per mezo una insula de Ragusei, da man drita, chiamata Metida, siando passati la note precedente quelle altre insule 104 105 indove] precede ic- cassato. Il termine inciove indica... Lesna] precede Comila cassato. 124 de Corzula106, e, da man sinistra, sopra li monti pur de Ragusei, gli era una terra molto grossa, como r se diceva, chiamata Stagno. Da la -galea non si vedeva ser;non la cima de uno campanile per li monti diversi; diceva a rne el prefato patrono, da chi spésso domandava de le cose vedevamo, che dicta terra era tanto grossa quanto Ragusa, ma non cossì habitataT fì se fa el sale e diceyassi che Ragusei caveno ogni anno del sale meglio de XLta'milia-dueatir-itItra-^r^ale cònsumipib Tóròre'Oèlto e bianco. E cossì sequitando el nostro camino, conbono~vento;;ziosemo^i Ragusa, cita de Dalmatia, a le XX ore, e facesse scala, con grandi triumphi fT[4l] de bandere e sìgnali de bombardelee^ trombar, con-currendo de .molti Ragusei sopra la rrea-del.portp e venendo de molte barche a la galea, per levare li peregrini et anche de li galeod chi portaveno diìbra le sue mercadande per fare li facti sui* in Ragusa, como^l'esKIteraverio^sopra la piaza de Ragusa. E cossì smontorono tuti li peregrini, precipue quili che^e potevano movere, et andorono con grande desiderio de rinfrescarse in dicta citadfi, de Ragusa, "In Dalmatia» sive Sffhiavqnia, citade, per quanto élla è Bètta In ogni cpndttìóne, siandp-sopra Ija ripa del mare, ejortissima de mure. precipue vèéo la terra ferma. Sono grossi diete mure XXIIIÌ0 pedi, ut fer(ur;'.io in più foghi li mensurai, non passaveno XX; forse procedeva che la mensura fòsse minore deJealtreirHadeniolte torre et egli una, ad uno cantone verso terra ferma, maiore de tè altre. Montai diete mure con el prefato domino fra' Francesco, el quale era compagnato da molti religiosi de l'ordine suo. Da quella ""' Corzula] precede Ragus- cassato. 125 VIAGGIO A GERUSALEMME ^^^^e.^m^oel^^ citade. A me pare sia essa citade triangolare: da dui lati li bate el mare, da l'altra pur terra firma, uno monte alto e m el mezo piana. Una via coment intrida la portale vene dal porto et andàn' dodilongo.fina la porta dove è et monastero de Santo Francesco; e da 1 uno lato e l'altro de ditta via, sono bote-ghe de ogni eondieione. luto lo resto de dicta citede me 'pare che mono. L^specd de le loro caxe sono belli e sono spesse, ita-che non se li possa adiungere. La eiesia maiore sub vocabulo de Nostra Dona, è piccia per eie a^^ pale, pur asai bella. Di fora è più bella dia dentro. È decora de petre bianche, como marmerò; ha di fora uno corredore, facto con belle colunnelle per et quale si po' andare in cier^ v0^^ T1? dtfora- Dentr0 ^"ra si pò andare; e vanoh fin a le donedi sopra a le spalle de dicta giesia; È poca dicta giesiaTund ^^ .uaa bdia MàìestaTal modo nostro, de a^ento^opra adorato de parechie figure. Altro de solemne.non ho veduto in dicta giesia. Hano Ragusei per suo patrono^anto Blasio e credo sia in grande venerarne^ 42Tp^ R^usefTanchTfo;. Blasio^trR^0111' són0 per lor0 nome domandati Blasio. Ne hano Ragusei una giesia vicina a la giesia cathédr.de et a»che a la piaza, per quela è: è moltlornata de marmo molto polito, dentro e di fora. Ha dicta citade uno convento de Santo Francesco vivano li frati108 de-^icto convito m bona obscrvantia e lì alogiavafrate Francesco Tnuic^ conii sm,,Per esseiJo^uesaJdtad^i^ousa.^ -pare el più bello habia vedutohlySto^nh^ 107 fora ài] segue fora di ripetuto. frati] precede far- cassato. 126 VIAGGIO A GERUSALEMME dico fora de Venezia. Ha una bella giesia. El suo altare ha una Maiestà, de argento, sopra aurato, de dui ordini, de figure cubitale e XII figure per ordine, in l'ordine superiore; in el mezo egli uno Dèo Patte; in l'ordine inferiore, in el mezo, egli. una Nostra Dona, col Fiolo in brazo; è, comò ho dicto, ogni cossa de argento; per maiore suo ornamento li sono de molte prede e de ogni colore; perché sono grosse, dubito asai che non siano fine, perché, quando fosseno fine, serebbe lì con poca guardia uno grande thesauro. Non trovai chi me cavasse de tal dubio. DaUato-siaisxro-del dicto altare, gli ^ una capeleta-che pur ancora lui ha una bella Maiestà de alcune figure .de argento sopradorato. Ha dicta-giesia uno bello coro e grande; ha una bella sacrastia; è asai ben fornita de alcune reliquie, coperte de argento. Tra le altre cose digne, vidi V volume de libri chi contengono el Psalferio; credo che tra christiani non siano li più belli. El convento non si potrebbe megliorare: uno bello claustro, con lo suo capitulo chi ha dentro tri altari, asai ornati; poi li sui refectorii e dormitorii, et cetera, tute le cose pertinente ad uno simile loco et ornato. Ha tra. le altre cose tri^zar-dini, l'uno più in alto cha-l'altro, saltem de Vili scalini, forniti de pómeranze, de granati e altre cose digne super-chiano tuto el convento. Sono pòi futi li frati tanto amorevoli e caritativi, che mai non-vidi li più.Nani ultra a le careze facevano al Jwfa-to fra Francesco et a li compagni sui, anche ne facevano a "me et intendo che, de continuo, ne fano maxime, a foresteri et Italiani. Ha dicta citade uno bello monastero de Santo Dominico de Observantia; ha ancora paregi monasteri de done de Qbservantia. Fora de la citade, sopra uno scoglio // [43] in el mare, .egli uno monastero de l'ordine de Santo 127 VIAGGIO A GERUSALEMME Benedicto, de la congregatione de Santa lustina-^Certo e loco da religiosi, pieXE9*de-ogni amenità; sono remoti da ogni conversatione; sono in el mare et hano de belli zardini. Si se fornirà como109 è comenzato, sera una belissima cosa, tutavia se li lavora. Ha"dicta citade, secundo la grandeza ^ua, uno bello, palazonnde-sta de continuo el suo rettore, aliter chiamato el capitano, unde'gli è, traje altre cose. Una bella sala, fatta a similitudine de la sala unde fano li signori veneziani el suo. Consiglio generale, con. li sui banchi, a ditta similitudine; vero è che non li sono le sedie adorate como sono a "Venezia; per sedere el suo maiore, ha pur però el suo. celo-iavorato de auro e de azurro fino. Egli poi uno certo loco, molto ornato, unde da audienza el prefato rettore, insema con X savii. Hano uno armamentario in ditto palazo unde, inter alia, monstrano una certa quantità de arme li ha mandato a donare lo Illustrissimo Signore Duca de Milano. HaBO-insuper-ditti Ragusei, ad similitudine de li signori veneziani, uno loco fatto verso el suo porto, qual domandano l'Arcenale, unde ancora loro fano fabricare galee e nave, et ora ghé ne erano lili0, parte de fornite e parte de fornire. Hano uno condutto d'aqua dolce, el quale vene da la longa, e, con quelo condutto, fano masnare VIIII°Jnoline in divèrsi Ioghi, fora de la cita; poi, imrahdo in ditta cita, serve a molti Ioghi, spetialmente in dui; unde sono fabrica-te due fontane publice: una a la porta de Santo Francesco, fatta'con molti bochelli, l'altra apresso a la piaza, pur con paregi bpchelli. LI concorreno de molti populari a pigliare de Faqua. Poi anche serve ditto condutto a li frati de Santo lw como] segue como ripetuto. 128 VIAGGIO A GERUSALEMME Francesco. Sono in dicta citade de molte cisterne per ricogliere le aque pluviale; e sono megliore de bevere cha l'aqua del dicto condueto. Sono Ragusei verso terra ferma copiosi de belli giardini, unde hano de le caxe molto ornate, per andare a solàzo. Hano de le vite asai e fano bone malvasie e altri vini àsai, secundo el loco. Hano etiàmdio uno castello, fora de la citade, sopra a uno certo monticelo, verso el mare. Io non so quelo li possa giovare; non posso comprendere se li potesse dare socorso da la // [44] citade, se per desgratia fosse expugnato. E domandando da uno Raguseo a qual proposito el potesse venire a la citade, se li fosse el campo, non potendoli dare socorso, me disse se li potrebbe dare da una certa torre de la citade, con una corda. Me parse una responsione asai inep-ta e la lassai cossì. Satis est che, ogni giorno, se li muta el castellano e, non per voce de populo, ma solamente a voluntate del rectore el qual se trova essere, fano ancora fare la guardia sopra uno monte chi superchia la terra verso terra ferma. Per quello ho potuto intendere, non fano grano per suo spendere e che, mancandoli, usano de quelo_de-Puglia. Como ho dicto., fano boni vini vermegli^ oprims .malvasie,, dicono sono megliore cha quele de Candia. Io non ho potuto fare questo iudicio. Fano quisti Ragusei grande quanritate de cera, de altri fructì pur asai, perché la pover-tate del contato fa concorrere la brigata a la citade el sabba-to et ancora la dominica, con ciò che portano pono tucare qualche bagarino. Credo anche sia stata questa frequenria de populo, per rispecto a la galea de peregrini, li quali com-ptaveno pur asai roba, precipue pertinente al mangiare e bevere. Non ho però saputo vedere ne gustare uno bono 129 VIAGGIO A GERUSALEMME pane: me pare sia pane azinìo-e sia senza levato al modo nostro. Ha questa citade in genere belli homini e, quantp più sono gioveni^più parenò de grande essere. Turi, e veghi e zovéni eanehe.li putì, vano togati a la veneziana e molto spessi; Torse hano facto el suo perforzo per monstrarsi a tanti foresteri.-in el tempo è stato lì la galea. In vero sono molto civili e piacevoli a foresteri, saltem de parole. E per "quelo ho potuto comprendere, vedendo le loro giesie, ho indicato siano molto devoti e fano de grandi subsidii a reli. giosi, precipue ad Observanti e poi, tra queu, a li frati de Santo Francesco. Hano piacere li sia dato de la Signoria per el capo. "Parerne non essere incongruo, imperò che sono liberi, ne-pagano tributo ad altri cha al Turco, che sono XX mila ducati e deventano XXV mila in onze se fornisca l'anno; e questo è ogni anno, in vero sono molto vicini. Fano ancora ógni anno uno dono de VC ducati al rè de Ungaria a li quali sono raccomandati. Altra graveza // [-45] non ho potuto intendere habiano al presente. Attendono a fare fabrieare uno porto; veleno fortificare et, in alargare la fossa de dicta cita verso terra firma; sera una bella fortezà, quum sera fornita. Le done de Ragusa, per bavere uno strano habito, per la maiore parte, anche loro parenò bavere stranii volti. Io non lo so scrivere; ben dico che l'habito suo è pia che honesto. Nam ultra che portano le sue veste extremealte di sopra, coprindosi fin a la gola, hano poi una certa cosa.rche pare una coda de'uno grasso ariete di nante, li va fin soto a la barba e dreto fin suxo a li capilii. Per la qiialitate de la citade, ho veduto, precipue el dì de la festa, de belle dpne, non in tropo numero, asai belle, bene ornate de zoie, pur a la fogia predicta, ma pompose de auro, de argento et anche 130 VIAGGIO A GERUSALEMME de perle; et anche hano piacere ad essere vedute, anche de foresteri. Vano però con grandissima benestate fora di caxa; per quello posso intendere, non sono troppo dedite al lavorare, ne guadagnare e, rè versa, quando ho inteso li modi de B Ragusei, futi. me sono piaciuti, excepto ch'ei non è homo che possa te^er vino in caxa, etiam che nasca sopra el suo, e, quando ne vogliamo, bisogna lo mandano a pigliare a la taverna. E le loro done e famigli; se he vogliono, bisogna in oculto facino e^'simile; et ideo ancora loro sono da poi più tepide al lavorare, e forse che anche Ragusei mantengono questa costuma; per, qualche raspffe''a-me oculta. Forse che quanda-se servasse questa constuma a Milano, non li sareb-beno tante podagre quanie.li sono et ad^homini et a done. La signoria, o vero libeytate, deJquisti Ragusei se governa a questo niodo: ogni mese faho unOsrectore chi sta in el pàlazo, como el duce a Venezia; non si parte fora del pala-zo, durando el dicto mese, s'el non gli è causa urgente e, se pur li accadesse.andare di fora,'va con Vili cobie de donzeli di nante e, dreto a lui, li altri offitiali; hano X de consiglio, li quali stano sempre presenti al prefato rectore, quando da àudientia, e ciò si fa per li dicti X è facto; e quisti X durano II anni et hano uno suo secretario, el qual ogni cosa pertinente al stato scrive et è cremonese narione; ha uno grande //[46] credito; è una piacevoi cosa. La dominica a XV de iumo, perché etiam se facesse scala, io tornava a dormire in galea, smontai de galea a là con lo Magnifico Patrono e feceli compagnia, prima a odire la missa in la giesia de Santo Franceseo; et oduto la missa, andò a spazo per un poco,-fora de la. citade. Poi voltosi per andare in galea et havendo grande compagnia, il lassai et andai a la giesia cathedrale a odire la predica comenzata già 131 VIAGGIO A GERUSALEMME per el veneràbile dominoferFrancescoy el qual ha molte contentato quello populo per farli quella predica; et egli lo moftatrofono per effecto, mandandolo a* presentare molto copiosamente. Fu predica molto utile a chi110 la intendeva, imperò che sono Schiavoni, et credo che turi non intendes-seno la lingua; hano bene latino; credo che le done ne habiano poco; pur la giesia era piena. Tolsi per suo tema in lò Evangelio occurreva secundo la Corte Romana che fa menrione como Yesu Cristo ascese in una nave che era de Simone e pregollo^W reduceret eum a terra pusillum" lu. (^uivi comparò la, nòstra fede e la vita ad una nave e ciò bisognava in una nave,*nominando sempre la nostra galea, concludendo chi112 se voleva salvare bisognaya ìntrare con Cristo urguesta'nave. Fu una cosa molto bella. Io ne reportai la parte mia. Nam, intér alia, disse a suo proposito la tesone perché in le septe ore canonice a prima et a compieta se diceva piano el Credo picolo et a la messa se diceva ih alta voce e molte altre cose dignissime. Finita la predica, l'a-compagnai a Santo Francesco e lì stete con li sui compagni a disnare; poi me redusse a la galea per scrivere alcune littore al paese. Lunedì a XVI de iunio, disse naJussain la sacrasria del dicto convento de Santo. Francesco, a contemplatione del prefato domino fra' Francesco, el qual se sentiva alquanto rotto. Io poLfinita la missa, facendo tutavia el Magnifico Patrono, con sono de trombe«a»-^tendere a peregrini, e galeori -che, facto el disnare, ogniuno se reducesse in galea 110 chi] precede eh- cassato. Cfr. Me. 6, 30-33. 112 chi] precede che cassato. 111 132 VIAGGIO A GERUSALEMME perché intendeva fare velia, disnai al convento de Santo Francesco con li compagni del Predicatore, // [47] siando molto bene. preparato e con grande humanitate da li fratri. Poi facto el donare, con licentià del prerato Predicatore, insemà.con li compagni, me mis» in barca et andai al moBasteip dfe Sania^Màriifc de l'ordine de Santo; ^c^édicto, posto sopra uno scòglio, conio di sopra è descripto^e, ritornando, resfòi a la galea. Andando li compagni a levare lo Predicatore, con cera/altri frati chi volevano venire in Jerusalem; e, intrato che fu ogni homo in gàlea, a le XVII ore, fece velia e con poco vento. Martedì a XVII de iunio, se trovassemo esser ^onctani solum XX miglia da Ragusa e comenzossi levare'uno terribile siroco e molto contrario al camino nostro. E, pure volendo el Patrono sequitare el camino \contra la voluntate di venti, fu transportato verso la Puglia, fora de via ben CC miglia, da grande furia de mare, cossì sequitando fìn a la note e crescendo. Mercore a XVIII de iunio, comenwe la fortuna a mon-strarela sua grandeza e talmente hayeva sbatuto prima li peregrini, chi non erano usi. in mare, et anche molti de li marinari e usi, che era una grande .compassione el vedere. E quivi se facevano de grande restitutione, cossì del ben tolto, quanto etiam del mal tolto, e sine aliqua intermissione. Ne era anche qualche uno chi a li sui giorni ha predicato la restitutione cento volte; e-pur a questa volta non la volsi fare lui, cioè el Venerabile Predicatore; et ancora io fu exempto a quella volta, non obstante vedesse li altri fare tale restitutione, vero è che questo giorno, occurrendo la vigilia de santo Protasio e Gervasio, primi patroni de Milanesi, la degiunai insema col prefato Predicatore, ma a 133 . VIAGGIO A GERUSALEMME fin al mezo giorno e, per la maior parte, smontoromo al meglio se potè, però che gli era carestia de barche per portare la brigata in terra. Forono' li peregrini, per la maior parte, frustrati de opinione perché non si trovò bono vino a le ostarle, non bona aqua, non rructiL'aqua si andava a collere longe due miglia, ad uno loco se chiama el Cardare'", e lì faceva uno grandissimo caldo, imperò che, a lato al porto, egli uno grande borgo unde al tempo si l'ano li mercati et è cosa molto spatada; e lì sono tute h? ostarle e taverne et in el vero era migliore srare in galea, dico in generale. A me, non volendo, in questo caxo, fui molto aventurato imperò che'l Reverendissimo Mosignore lo Vesco de Placentia Moderno, partendome da Milano, me dere alcune Intere de dare ad uno Andrea Lanza qual,..cer-candolo per satisfare al prefato Monsignore, trovai era fiolo del venerabile cloccore domino Retro Lanza, arcidiacono in la glesia catedrale de Corffù e vicario de FArcivesco de Corrfu. et quale, receuto tè littore del prefato Monsignore, me fece una recoglienza de ral natura che io non la meritava: ne credo haverebbe potuto fare de meglio se li fosse stato el prefaro Monsignore in persona, cossì fu ventura de un airro peregrino chi era torlano, chi se ritrovava con mi, quando presenrai le Ìittere: tanti boni vini fi-neri e altre bone cose. E perché e! prefato domino Pcn-o Lanza è creduto da li signori Veneziani, ha de grande imprese in tompo-ralibus, ultra le spirituale, et el dicro Andrea, suo figliolo, ha de grande imprexe et è molto pratico, // |50] me fece, facro prandio, monstrare el sito de la cita et anche !i con-stume loro. Questa cita de Corrfu è posta in monte et ha [li ad uno loco.-.Carriaro] aggiunto m margine sinistro. 136 VIAGGIO A GERUSALEMME uno grande borgo in piano; como ho dicco, ha dui castella fordssimi, vicini l'uno a l'altro, a uno Erato de balestra, e quello è pili verso ponente è più alto de l'altro; sono edificati sopra dui saxi, l'uno più eminente da l'altro. Benché tuta la cita è posta sopra saxo, dicti castella hano poca abi-tatìone e signorezano la cita e lo borgo molto notabilmente. Hano bone provisione entro, precipue de aqua, per via de grande cisterne, cavate m el saxo, et anche hano uno molino, facto con grandi Ingegni e, como me Fu dtcto, macinarà, ogni ora, tré stara veneziana di grano, con II cavali e fri nomini; è uno bello ingegno de vedere. E dicta citade molto spessa de edititi], ira che l'uno tecto luca l'altro et el sole non li da tropo noglia. E molto habitato, è spessa de homÌni e de remine, e in la citade e m lo borgo, ma, per la maior parte persone abiecte; anche ghe ne sono de gentile. Dicta citade soleva, era a modo de una insuleta insema con lo borgo; ora la Signoria i'à separata dai borgo, con uno muro grossissimo111, facto de saxi quadri; e sera dicta citade insula da per sé e poterassi navigare in cerco a dicta cita, non però con navilii grossi, per una fossa lano fare per forteza de dicta citade; tutavia se lavora et el prefa-co domino Potrò è sopra diete lavorerio. Sono stato in la sua giesia cathedraie; non ne scriverò altro porche non glÌ o trovato cose degne de mandare a memoria, non trovando in dicta giesia uno solo vestigio de coro, ne de essere giesia collegiata. In dicta giesia, como me fu dicto, li repossa el corpo do santo Arsemo, in lo altare. Vidi due campanelle in una renestra: credo sii el suo campanile, per non osservi de altri. La caxa archiepiscopale non solum me pare digna de 114 gros'.issimo] precede molto cassato, 137 VIAGGIO A GERUSALEMME la moresca, non gustando in quello giorno cosa del mondo per non esserli stomaco, ne capo. Tutavia crescendo la fortuna e grande sbatere de mare, fin a la note sequente, et era crescuta tanto che, per le grande bote del mare, sbateva l'a-qua sottocoperta, unde iacevano li peregrini, e con tanta fùria tergeva la galea, facendo uno strepito ch'el pariva che ella se spezasse- E forono talmente li cridi de la brigata sotocoperta, per lo venire grossamente l'aqua per le porre, che a quella volta, per non esserli usato, me credeva bavere // [48] compito el mio viagio, ne aspeccava a fare la festa de santo Protasio, a quella volta, ne a le altre. Se facevano de li voti pur asai, e publìci e secreti, per ogni homo, dico ancora da marinari. E chi non haverebbe facto e creduto quello che io faceva e credeva, sentendo el tergere de la galea e lo intrare de Faqua, a la note, li grandi cridi de nomini e de temine, che pur ghe ne erano parechìe, de diverse natione, sentendo cridare tanto alto misericordia, e benché io non Gridasse, tamen io stava con la mente più verso Dio che poteva, credando di certo de bavere facto quello che spesse volte haveva indicato publlce e ridendo di me, cioè de eie-gere uno pesse per mia sepultura. La fortuna era grandissima, la paura de quill non erano mai a simile feste era tanta che non la saperebbe descrivere. E, rasonando con lo Patrono de questa adversità, me disse erano XLII anni ch'el navigava, che mai in quisti giorni hebbe simile temporale e cossì longo e che, confidandosi del tempo passato, credendo de avanzare camino, lo pegiorò. Gioba a XVIIII de mnio, el di de santo Protasio, perseverando el dicto tempo, voltosi a tornare in dreto verso Ragusa e rifati li CC miglia che era transcorso in Puglia, desiderando de fare porto, per compassione di peregrini 134 VIAGGIO A GERUSALEMME che erano tanto tributati e voleva pigliare porro ad uno-castello, dimandato Budua, apresso ad un altro, chiamato Antivari. E, stando za recolte le velie et apparegiata l'ancora per girare in mare, voltosi in uno batere de ogio el tempo; e questo se cognose a certe bandirole tengono sopra el castello de la pope et inalzosi una provanza singula rissima, ita che, con grandissimi cridi de marinari e de altri, ringraziando Dio, exteseno tute le velie al camino nostro, facendo pur el grande navigare. Questa festa de santo Protasio, da me et anche de molti aiTi, e peregrini e galeorì, fu tacca molto trista, siando tanto quassati da la fortuna. El venere a XX de iunio, navigando, facevamo ultra a XII miglia l'ora e, per quello intendeva, ne haverebbe facto ultra a XVIII. Ma el Patrono fece calare la velia mazana e lo trinchete, le quale erano ture stexe, lassando sempre da man sinistra parechle torre, subdite a la Signoria de Venezia, // [49] et intrando el golfo Adriatico, lassando da lato l'Albania, con moire citade, ita che al giongere a Corffu e da Ragusa, facevano li offìtiali de la galea col Patrono havevano tacco meglio de VIIC miglia; dicevano esser da Ragusa a CorrTu CCC miglia. Sabbato a XXI de iunio, inance al levare del sole, gìon-semo a Corffu, capo de Ìnsula e principio de la Grecia, chiamavessi antiquamente Corcira et è cita subdita a la Signoria de Ver*ezia. E gìonsemo con grande contentamento de li peregrini, perché erano stati tanto tributati da la fortuna sopraposta, cl.'e non se poteva dire più et anche per formrse de aqua dolce che già comenzava a mancare e cossì el pane et anche, sperando pur la brigata de bavere qualche boni vini, che conciasseno li stomachi desconci. El Magnifico Patrono fece scala, dando licentia a li peregrini 137 VIAGGIO A GERUSALEMME tal dignitate, neanche de le virtute de chi le habita, cioè del prefato domino Petro, suo vicario. Quisri mancamenti se hano a tribuire a chi gode le sue intrade e non le recogno-sce. Le vie de dicta citade sonò adeo strete e obscure, che a me feceno prima paura, cercandole solo como le cercai. Se rege dicta citade per // [51] uno offitiale, chiamato bailio, con dui sui consiglieri e camarlenghi, mandato da la Signoria de Venezia ogni tri anni. Li castellani de115 quili dui castelli se mutano ogni XVI mesi; per quello ho potuto intendere, li nomini de dicta ..citade sono molto apti in mare e de continuo ne sono molti di fora, sopra nave. Ha questa citade insula che dura cento miglia e fa dicta insula grani, vini in tuta perfectione e como malvasia e fa de ogni conditione de fructi. Sopra ogni^cosa recogli grana asai, <lico de tengere li panni, et, in el tempo stavamo in porto, se ricoglieva. Passi dicta grana con grande diligentia. Ho veduto como cavano prima la polvere fina, poi la secunda e la terza, e como resta poi quella se vende per grana. Ho voluto intendere como se ricogli, como sono facte le piante che non sono pur alte, como è lo brigo a caxa nostra,^como sono le foglie, che sono sinule a la querce e da chi se ricogli, cioè da poveri nomini e pare ciò se ricoglie como grane116 de melica a caxa nostra. Poi ch'è reducta da li compratori per mane de le loro done, con grande industria, imperò che a uno batere de ogio al sole se perderebbe, cavossi la polvere prima etc., in ogni sua specie, como ho dicto, e quando non li usasseno una extrema diligentia, le diete semente deventarebbeno in vermi. Fa dicta insula cotoni e seria; fa 115 116 de] segue de ripetuto. grane] -e in interlinea su -de cassato. 138 VIAGGIO A GERUSALEMME etiamdio grande imprexa de una semente, chiamata vilania, ;de che se ne conciano li corami; eregli una grande mercanzia de ciò. \ In dicta citade holi vaiati de bruti visi asai, et anche de belli, cossì como in Venezia. Per non bavere pur tempo, imperò che la trombeta sonava e molto affrezava li peregrini, io non intexe altro de dicta cita, sperando a la tornata de vederla meglio. Et affrezandosi lo andare a la galea, el prefa-fo domino Petro o vero el fìolo Andrea, chi mai non me volsi abandonare monstrandome ciò se poteva monstrare, tolsi una barca a sua posta, con alcuni sui schiavi, e carigola de moiri fructi e paperi. Voleva ancora metterli vini e boni; io non volsi e me conduxe in galea, facendo el presente molto digno al Patrono de la gàte^perché volsi cossì io; e con grande careze me ricomandò al prefato Patrono, prome-tendoli a la tornata de andare a la caxa. Se adiunxi in galea alcuni passageri chi aspectaveno (la galea, tra li quali era // [52] uno qual se diceva essere nepote del rè de Ispania, molto giovane e pomposo, chi ancora lui diceva volere venire in Jerusalem e poi ritornare a Rodi, per pigliare l'abito di frati Jerosolomitani, aspectando uno grande e bono beneficio in Ispania. Era stato Napoli et a chi rè Alphonso haveva donato cavagli e certi falconi et ogni cosa haveva in un grippo117 conducto de Ancona e sequitava la galea a lato. Con .lui era un altro Monsignore se chiamava Monsignore de Longo, insula vicina a Rodi e domandasi Edua^-dus de Carmadino; è genovese et ha una comendaria. chiamata la Comendaria de Longo, vale, como se diceva, Vili milia ducati. È homo de asai, in terra e in mari; -è reputato da la 117 gruppi] precede altro cassato. 139 VIAGGIO A GERUSALEMME religione de Santo Johanne et io alias il praticai in Corte di Roma e, dandoli cognoscenza, me fece de molte careze, in mari et in terra. Erano questi dui Monsignori partiti de compagnia da Roma, per metersi in la galea de peregrini, per essere più securi, e per la expectatione de quisti dui Monsignori, se fece più longa dimora in Corfìù che non se credevamo. Pur a le XXIII0 ore fece velia. Dominica a XXII de iunio, al levare del sole, se trovas-semo bavere facto poco camino. Lassando tutavia la insula de Corfìù da man sinistra118 e de man drita la insula de Cephalonia, posseduta dal Turco, e altre insule, possedute da la Signoria de Venezia, navigando per el mare Jonio, lassando l'Arcadia da uno lato e la Morea da l'altro. E cossì stentando di caldo, per la bonaza era in mare grande e la galea non si poteva movere con remi, perché era tropo grande pesso. Lunedì a XXIII de iunio, vigilia de santo Johanne Baptista, a la matina, se trovassemo essere gionti a rimpeto de uno monte, chiamato Capo de Ducato, in Turchia, pur con grande bonaza e molto rincrescevole al proposito nostro. E siando li peregrini e anche li marinari asai malcontenti, perché comenzaveno a mancare li barilli de l'aqua dolce et anche molte altre cose e tuti eravamo pieni de grande tedio, el venerabile patre domino frate Francesco Triulcio, el qual in veritate era santo homo e chi haveva una singulare libraria in el suo pecto, per dare una optima cola-tione, // [53] in dicta vigilia, a li malcontenti, a le XXII ore, per el comico de la galea, fece invitare la predica. Et andò sua paternità in el castello de la galea unde resedevano el 118 sinistra] precede sini- cassato e una macchia di inchiostro. 140 VIAGGIO A GERUSALEMME Magnifico Patrono e altri singulari homini se trovaveno in .galea, tam peregrini quam etiamdio passagieri. E lì se con-;aE?gorono tuti edam li galeoti, perché la galea era in tanta bonaza che non havevano altro che fare. E comenzando .dicta predica, ad uno modo che forse non lo haveva mai facto più, cioè sedendo, tolsi el suo tema in lo Evangelio occurreva el dì de santo Johanne: cioè: "Quis putas hic puer friti etc..."119 e quivi comenzò a monstrare a la brigata ch'el Jtiaveva in seno de singulare cose de proferire, a laude de santo Johanne, partendo el suo sermone in VIIII0 medita-tione se dovevano fare del santo. E perché non venevano tUte al proposito in ante el giorno de la nativitate, disse assai al proposito de la vigilia, cioè de la pronuntiatione facta de esso santo per prophetas, de la anuntiatione facta de quello per l'angelo et in quo loco; e quivi con le sue delicate parole consolò tuta la galea, fìn al smontare del sole, prometendo, el dì sequente, de dire el resto del suo sermone preparato, se'l tempo non lo impazava. Feceno li marinari in quella sera de grande feste a laude de santo Johanne, de sonare de trombete, trare de molti razi e bombardelle e de fare grande lume, havendo atacato a l'arbore maiore de la galea più de XLta lucerne acese, in honore de santo Johanne. Martedì a XXIIII0 de iunio, el giorno de la Nativitate de santo Johanne, stando la galea pur in bonaza e facendo poco camino, levata che fu tuta la brigata e diete alcune misse seche, como se constuma in mare, el Predicatore supramemorato, andando al loco suo electo el giorno precedente, processe a la predica promissa, pur tractando de le meditatione se dovevano fare de santo Johanne, perseveran119 Cfr. Le. 1,66. 141 VIAGGIO A GERUSALEMME do in el tema assumpto: "Quis putaserit puer iste et celerà", fornendo de declarare quelle VIIII0 meditàtione haveva posto in el precedente sermone de santo Johanne. E fece una predica de due ore, satisfacendo molto ad ogni natione e specialmente a li litterad. Rechedendome poi molti chi non Fhavevano mai oduto, benché per lo camino in terra havesse predicato, chi era quello Venerabile Patre, tum per la patria, tum et aciò che la verità // [54] non stesse oculta, ne disse ciò se poteva dire. E satisfacto a la brigata de questo cibo spirituale, andossi a reficere del corporale a sono de tromberà. Poi stando cossì in bonaza la galea, che faceva a pena uno miglio per ora, gionsemo a rimpeto a una insula, chiamata insula del Zanto, che pur è de Veneziani, pur cossì remanendo digiuni de vento fosse al nostro proposito, ne gionse la sera et ogni homo andò a dormire, con grande desiderio de giongere a Modono. E turi se lamentaveno de uno extremo caldo, excepto li Tedeschi e certe altre natione, quale disse predicando el venerabile domino fra' Francesco, che mangiaveno e bevevano da la matina fin a la sera e poi andaveno a dormire senza cena. Quisti tali non sentivano el caldo; nui altri el sentivamo purtropo. E cossì se fornite el giorno de santo Johanne Baptista. El mercore a XXV de iunio, a la matina, credevamo essere gionti a Modono, ma, levata la brigata, se trovassemo pur ancora esser in mare de Arcadia, a man sinistra, et a lato al scoglio del Frodano, longe da Modono miglia XVIII; dal lato dextro era el mare Jonio e per mezo la Cicilia, como dicevano li marinari, et è la via de andare in Barbarla, lassando ancora parte de la Morea, stando sopra uno scoglio, longe da Modono VII miglia, uno castello chiamato Gionchio, a le confine del Turco, chi è de la Signoria. 142 VIAGGIO A GERUSALEMME Tandem Deo dante, gionsemo a Modono a le XX ore e tuti -Smontoromo a grande fùria, non aspectando fosse gitata l'ancora, tanta era la voglia de andare a terra, benché in vero mon se li trovasse poi troppo concio de alogiamenti per peregrini, comenzando al Venerabile Patre chi usciti de galea, andando al convento de Santo Francesco; et io el sequitai, cedendo de megliorare conditione, ma li fu de fare asai. A pena trovassemo de l'ova; io fece la cugina al meglio sapeva, per refìciare el Patte Predicatore; a me ogni cosa era bono. La Zobia a XXVI de iunio, restassemo a Modono, sian-do usciti li galeoti, con le loro mercantie, per fare la sua solita fera, quando se faceva scala. E perché non restava mai m. terra a dormire, sed sempre ritornava a la galea. A la matina andai col Magnifico Patrono ad una certa gesiola, fora de la cita, che si fa de novo de elemosine de marinari; e lì óduta // [55] la missa e facta la sua devotione, senza Intrare Modono, tornò a la galea. Facto el disnare, vedando io enei non voleva fare velia per quello giorno, andai con ceni compagni a la cita predicta de Modono, per vederla un poco meglio. Dicta cita è in piano; bate el mare le mure et ha un porto recipiente de ogni grande navilio; è forte de ftìuse e con ponti levatori ad ogni porta, che sono al mio (contare quatto. È ben fornita de torre e sono a le torre et a kiroure de grande bombarde e de ogni grosseza. Verso terra ferma è foltissima; e tutavia si fa più forte adiungendoli la Signoria una grande fossa e dopia, murata de grosse mure; e sera una cosa stupenda e ben posta, quando sera fornita. Ha uno borgo asai grande e pur murato. A me pare che in dicto borgo sia el più forte de li lavorerii de seda, o vero cfa'el sii perché lì habitano de molti ludei, homini e temette, che lavorano de seda. Sono in tuto spurca gente e pieni 143 VIAGGIO A GERUSALEMME de grande fetori. A me non piace la loro conversatione, parlando tutavia de quili di fora; poi me voltai intra la cita. Io non li sapi vedere caxe ne palazi degni de descriptione; per quella che ella è, è spessa de caxe. Credo li siano poche^ persone; nani in la più bella centrata li fosse e la più larga, me parivano le caxe per la maiore parte serrate. Stando ancora sopra el mercato, non li sapi vedere troppo persone. Quelle che io vidi, ultra che le siano greche, siando ancora loro de la Morea, sono despecte e brute de vedere. Sono le loro caxe, per la maiore parte, saltem dal mezo in suxo, fabricate de asse, cossì le grande quanto le picole, verso le strale publice. Insuma non gli o saputo vedere altra beleza. La sua giesia cathedrale, che è episcopale, pò stare de brigata con le altre: triste, molto male in ordine de ogni cosa. Io non vidi già el vesco, ma dicevano era in la cita. El suo pala-zo, tale quale el'è, è posto inante a la giesia e la intrata del dicto palazo è una scala in piaza e de preda viva. Alcuni de li peregrini feceno instantia per vedere le loro reliquie, dico de la giesia prenominata. Comenzando al custode che me pariva calzolaro, benché havesse una grande chierica, e poi el resto, me parse vedere una cosa molto trista. Tandem // [56] ne forono monstrate le reliquie con una lume ben trista; ne fu monstrata la testa de santo Athanasio, chi fu vesco de Alexandria (dico de la maiore), chi compose el Simbolo: "'Qyicumque vult salvus esse"110, e poi el corpo de santo Leone. Volendo io intendere chi fu, me fu dito era uno peregrino chi veneva dal Sepulcro e morse in galea e fu sepelito 120 Simbolo, ossia Credo, del 430-500, composto ad Ares da un anonimo, attribuito in passato a S-Anstasio. Per un maggiore approfondimente cfr. H. Denzinger, Enchiridion Simbolorum, defìnitionum et declarationum de rebus fidei et nwrum, a cura di P.Hunermann, Bologna, Ed. Dehoniane, 1995. 144 VIAGGIO A GERUSALEMME sopra el litto del mare e poi fu revelato al vesco chi lo fece riportare in la giesia e fece de molti miraculi. Questo è quanto ne ho potuto bavere, vero è che dicto corpo m tenuto in una cassa de Ugno assai desutile. De altre giesie non ne facio commemoratione, perché non li vidi cossa digna. Vero è, como ho dicto, che compagna! el venerabile patte domino frate Francesco al convento de Santo Francesco, el qual convento sequita la regula de Santo Francesco e Fé povero e anche più che povero, imperò che, cercando legne per fare un poco de cena, non fu possibille trovarle e fumé necessario fare foco de dò che se potè. Non ha dicto convento claustro, non hano refectorio, hano uno dormitorio de quatto camere de asse; basta che sono vero poveri. È habundante dicta cita-de de vini e anche de grani e fano li vini potenti, per meterli la raxa in el bulire; el che li lassa uno odore molto strano; dicono non potrebbeno salvarsi aliter; a me non piace quello odore. Sono sempre cari e questo procede per li molti navilii capitano lì a fornirse de pane e de vino. De altri fructi non gli o veduto troppo amenitate: qualche fiche, ma poche, e fano grande caso de certi brugnoni se dano a caxa nostra a li porci; e cossì faceva ridere el Patrono quando lo ricordava. Hano moiri cucumeri, de longhi e verdi; hano bono mercato de carne, precipue de vitello, bove, e de castrati e sono bone cftrne anche de poli; ma quilli sono cari. Hano carestia de pessi, benché siano in mezo del mare. Se rege questa citade per uno capitaneo e uno castellano, mandati da la Signoria, e se mutano ogni dui anni; trovasi ancora de bona malvasia, moscatelli e vino de Romania. Venerdì a XXVII de iunio, cerca a ore XV, el Magnifico Patrono, vedando se apparegiava uno poco de tempo al proposito nostro, subito mandò uno trombeta in terra, transcor145 VIAGGIO A GERUSALEMME rendo per ogni loco et intimando a peregrini e a li galeori che ad sracim fosseno reduti // [57] in galea, perché voleva fare velia. E cerca le XIIII0 ore, la fece non già con quello vento se credeva; e molto tepidamente caminava la galea. A la sera se trovaveno esser solum a reimpeto a Coron, pur cita de la Signoria, et al vedere è in piano; è non manco bello sito quanto è Modono; dicevassi per quilli gli erano stati era più forre de questo, ne sto a dica, e non gli è però distantia ultra a XX- miglia e tutavia se lassava da man sinistra. Sabbaro a XXVIII de iunio, la vigilia de santo Pedro, se trovassemo bavere pochissimo camino; e cossì a le XVI ore, se trovavemo per mezo una insula, chiamata Cerigo, da man sinistra, e non tropo da la longa de lì lassavemo uno scuglio, chiamato Capo Maleo; e 11 comenza et mare Egeo, aliter dicco lo Arcipelago. E incrati che foromo el dicto mare, lassando una altra insula Cicerigo, cosa infructuosa, e anche un'altra, chiamata la insula de Paris, unde se cavano li più bianchi marmori siano al mondo, se levorono diversi vena che trasseno la galea in l'alto mare, con grandissima pertur-barione de stomachi de peregrini e de marinari, ita ch'el era una grande piotate e precipue del venerabile fra Francesco, el qual, cerca le XX ore, era venuto dal Magnifico Patrono, facendoli intendere che, siando giorno de ielunio, a l'ora de la cena, voleva fare un sermone de santo Petro. Subito che fu levato dicto tempo, fu forza se andasse abscondere ma con li altri compassione grande de uno simile homo fosse cossì subito posto in tanto discrimine de la vita insema con molti altri. Io per me, franchito dal Magnifico Patrono, non timeva più el mare, quanto al vedere le fortune e quanto al stomaco. E cossì perseverò ruta la note sequente dicta per-turbarione ch'el pariva che omnino dovessemo fondare, 146 VIAGGIO A GERUSALEMME peregrini e lo Patrono. E anche a me daveno qualche bocata, digando che io faceva bono el dicto del Patrono perché etiam, stando in terra me faceva le spexe, a loro non; e questo era il vero ma io spendeva più che loro. Giobia a VIIII° de octobre, se mutò el tempo a la matlina e subito el Patrono fece fare aviso a li sui amici e parole ad alcuni Veneziani volevano venire in Italia, a li peregrini erano per la terra, con la trombeta, che ogni homo fosse a le XXIII ore in galea, perché, per ogni modo, perseverando el tempo, voleva fare vella et a l’ora data non se perdeva uno tempo al mondo. Comenzando a la duchessa veghia, cioè a la dona de domino Lorenzo Venero, como dito, olim duca de Candia, e la dona de domino Luca Zeno, olim capitaneo novo, forono compagnate da la dona de domino Domenico Bolani, duca novo, e la dona de domino Francesco Foscarini, capitaneo novo, e, da poi loro, tante done ornate e pompose che a me pariva esser a Venezia, in una grande fesca, et andorono prima in galea. Da poi loro forono compagnati li prefati Duca e Capitaneo vechi, precedandoli et Duca novo e lo Capitaneo novo e da tuti li magistrati de l’insula e da infiniti gentilhomini de Candia, se gentilhomini si pono dire quili chi non fano né voleno cosa alcuna, e con le trombe e li piferi, fin a la galea, molto honorevolmente e anche con grande pulvere. Et inteso da la briga<ta>, como li prefati duca e capitaneo, con le loro famiglie erano montati in galea, tuti volaveno con le sarcinule a le spale, che non se guardaveno in dreto. Io fu compagnato dal prefato domino Nicolao de Domo, doctore como ho dicto, e molto presentato da lui più che non voleva io, ne me bisognava, stando como stava a la mensa del Patrono. Pur volsi che io aceptasse una barile de optima malvasia, pulii, pome granate e ughe, perché molto 255 VIAGGIO A GERUSALEMME me delectaveno. Le fructe forono mie, el resto, de galeoti. Non se poteno trare tante bombarde, ne dare tanti signali de partenza che non fosseno più de due ore di note, inante che se fornisse de dare li comiati a li amici. A laude de Dio e de la Nostra Dona, a le III ore, forono solte lo provexe e // [146] altre retinaculi de la galea, al chiare de la luna, et a le III ore, usciti del porto con grandi strilli de marinari e soni de trombe e feceno vella verso Ponente, benché non li fosse vento al proposito del nostro viagio pur presto contrario. Venere a X de octobre, volendo Dio consolare alquanto li peregrini tanto fastiditi, ora de una cossa, ora de un’altra, ad uno balere de oghio, mandò uno vento talmente al proposito nostro e de tal forza che, senza uno movere de uno remo, ne spinsi tra el ditto giorno de venere et el sabbato sequente, fin a rimpeto a Modono, solo con lo artemone, cioè la vella magistrale, e non bisognò mai movere pur una corda, ita che ogni homo stava alegro. Sabbato a XI de octobre, a le VIII ore, se retrovassemo essere trapassati el porto de Modono, dico venendo la dominica e se non fosse soprazonta la bonaza, con quelo vento, deliberava de trapassare senza fare altra scala; ma, siando bonazato el mare, fece gitare le ancore. Dominica a XII de octobre, siando già sortita la galea ma da la longa del porto de Modono, dete licentia de andare in terra a chi voleva, maxime per odire la missa, e fece levare le ancore per volerse aproximare al porto; e voleva ancora lui andar a odire la missa. E subito, levate le ancore, levossi, uno vento tanto al proposito del nostro camino, che non se poteva dire meglio; e pregato de domino Lorenzo Venero, chi non se curava de andare in terra, più presto de andare a Venezia e anche pregato dal comito, mutò sententia. E subi- 256 VIAGGIO A GERUSALEMME to fece scaricare III bombardele e mandò in terra uno trombeta per ricogliere in galea, tuti quilli erano andati in terra. E, in uno batere de ogio, ogni homo fu reducto e non dete dimora a fare vella; con bonissimo vento in popa, e con singulare letitia de tuti, facesse ultra a X miglia per ora. E lassò a Modono el pedota tolsi a l’andare in là e tolsi uno suo parente in galea, chiamato domino Bernardino Contarono, chi voleva andare a Corffù, ma restò inganato e lui e tuti quili desideraveno de andarli, perché non se li potè andare, vedandolo lo tempo. E siando al nome // [147] de Dio, bene armata la galea, fato el disnare, el dito domino Bernardino chi haveva disnato de compagnia col Patrono e quili altri signori veneziani, per essere novo, interrogato, comenzò a dire de le cose de Ponente: del Papa, del re de Pranza e del nostro signore Ludovico. Credo dicesse quello ch’el sapeva e quello ch’el non sapeva, e longe dal vero; ne diceva ancora de quelle che da nui non erano credute, pur poi sono trovate vere. Io monstrava de crederle, como li altri e tanto più quanto le cadevano a laude del prefato signore Ludovico, benché lui le dicesse ad altro fine. Io sustentava ciò che diceva con bone rasone e loro instessi, dico li Veneziani, staveno queti. E cossì se spexe el tempo fin al tardo; poi levossi un tempo molto obscuro e credeva la brigata dovesse essere grande piogia. E como comenzò dicto tempo in el mare verso Aquilone, se vidi per el spazio de più una ora, una coda de nivola, como fosse uno grande trabe che veneva da l’aire e intrava in el mare. Pariva levasse una grande aqua dal mare; tuta la galea, cossì marinari como peregrini, con grande admiratione, staveno a vedere questa cosa e diceva el Patrono che era una malissima bestia, e che se chiamava scio e che s’el incontrasse uno qualche navilio, fosse grosso quanto se voles- 257 VIAGGIO A GERUSALEMME se e non lo potesse schivare, che lo butarebbe sotto e sopra. Pur a le III ore de note, el tempo se fece sereno e perseverava bono tempo et anche bono vento. Lunedì a XIII de octobre, a la matina, se scoperse la insula do Zanto; como se dice, è optima insula et è subdita a la Signoria de Venezia; e se trovavemo havere facto la nocte precedente più de cento miglia e nui peregrini che eravamo stati soto coperta, l’uno sopra l’altro, per dubio del tempo, credevamo non se fosse mossa la galea, tanto era bono tempo. E tuti confessevamo che in tuto lo viagio non havevamo hauto una note cossì bona fin a quella ora, ma in vero facevamo nui como facevano li fìoli de Israel, quando erano grassi de la gratia de Dio: in loco de laudarlo, se daveno a la idolatria e fare ogni cosa de dreto contra li sui comandamenti, cossì che lo provocaveno a farli qualche male. Nam, per lo bono tempo havevamo e la optima navigatione ne haveva // [148] concesso Dio, dovevamo stare in continue bone operatione e laude de Dio; ma tuto lo contrario era per tuta la galea e le bone opere erano apresso a poche persone, cossì che da mi molto me ne marevigliava, siando nui stati in tanti discrimine in mare, e non essere deventati megliori e non recognoscere altramente la potentia divina. Ma Esso Dio chi, a tempo, da de li flagelli a chi ghe pare e como oprimo nostro Patre che gli è, quando vede che da nui non ci andiamo in la bona via de li sui comandamenti, subito se gita a le bariture, e cossì a ora del vespero, che credevamo de giongere a la note a Corffù, tanto era bono tempo e già erevamo a reimpeto a l’insula de Jacinthos, in vulgare se dice Zanto, e cento miglia apresso a Corffù, levossi uno tempo tanto terribile e de tuti li venti insema, ora siroco, ora garbino, ora oserò che li governatori de la 258 VIAGGIO A GERUSALEMME galea non sapeveno che fare. Recolte le velle staveno a vedere la reuscita del tempo. La note sequente turbossi talmente el mare che era fugata da tuti, dico da tuti, ogni speranza de vita; perdetemo el camino dovevamo fare e se gitorono a l’alto mare a la ventura, metendoli una certa vella quadra che non se era adoperata per tuto el camino, chiamata la cochina, e tanta fortuna ne gionsi che ogni homo fugiva sottocoperta e non bisognava dire: “Questo è lo mio loco”, imperò che in quella ora, omnia erant comunia, al nostro dispecto, la morte ci caciava. Erano le bote del mare tanto grosse tra la note, che copersseno el castello in pope e lo pizolo e generalmente tuta la galea de aqua che non fu persona exempta, dal mazore al minore. Dal celo, dal mare, da ogni lato era aqua; ogni homo stava con lo Yesus e lo Miserere in boca, maxime quando veneveno quelle botte de mare cossì grosse sopra la galea, che alora ogni homo credeva dovesse abissare; e cossì se consumava la note, con quili cridi, ch’el pariva che lì fosseno tute le anime tormentate in lo Inferno, per uno modo de dire: de ora in ora venevano li galeoti sottocoperta, bagnati in tuto, chi staveno di sopra a la sparata a governare la galea, degni de ogni compassione, vedendoli, se ben fosseno stati anche più scelerati // [149] che non erano. Io li concedeva el mio loco, molto di voglia, a ciò se221 potesseno mandare de panni suti. Quanto computo facesse con lo indice chi non vole zanze, né frasche; io ne faceva asai, fosseno pur valuti; non mancorono a quella volta voti, e generali e particulari. A me tocò222 in generale levare uno scripto fora de una barreta de dire certe messe a 221 222 se ] segue p casato. tocò] aggiunto in margine sinistro. 259 VIAGGIO A GERUSALEMME Venezia; de li particulari, so quelo che fece: mandaroli ad exequtione quando poterò. Martedì a XIIII° de ottobre, continuando quella tempestate terribile de impositione del Patrono e anche domino Lorenzo Venero, se ordinarono tri peregrini, uno a la Nostra Dona de Loreto, a Santo Antonio de Padua, e l’altro a Venezia; forono ricolti de molti dinari e voluntarii da peregrini per fare questo. Con questa fortuna pur caminavamo a discretione del mare, solo con quela vella ho dicto di sopra, stando sempre tre persone e ben gagliarde al timone de la galea et a pena il potevano regerre. Io me stava di sopra, perché el mare non dava noglia al nostro stomaco, como faceva a molti de altri. Stava a contemplare la rabia del mare223 che è maiore che non se po’ dare ad incendere a chi non l’ha veduta. E quando è corredato quello, che pare quelle montagne de aqua, che pariva volesseno abissare la galea, considerava che queste cose erano de quele quale sentendone rasonare non le ho credute. Quando esse montagne giongevano a la galea, ti dava tale bote ch’el pariva se ne andasse in uno sasso e ben le sarebbe andata, quando non fosse stata più cha bene edificata e, como decevano li marinari antiqui e pratici, niuna altra galea haverebbe potuto sostenire tante bote e cossì terribile; e cossì saperò sempre dire de veduta. Durò questa fortuna fin a la meza note sequente, non sapendosi trovare in questo tempo el modo de andare in alcuno porto, lassando dreto Corfiù, desiderato da molti, comenzando da nui. Mercore a XV de octobre, poco inante dì, comenzò el mare a mitigare alquanto le sue terribile furie et, al levare del 223 mare] precede mare cassato. 260 VIAGGIO A GERUSALEMME sole, levandosi224 la cochina, fu misso ‘'artemone, cioè la vella minore, e comenzorono fare bono camino verso l’Albania, lassando dreto la Morea. Pur a le XXIII ore, comenzò a mutarse el tempo di uovo e, con grande furia, fu lassato zoso l'artimone e ricolto e fu posta di novo la cuchina // [150] e cenciosi el tempo in una grande piogia, troni e folgori, fin a la marina, e se trovaromo a la ponta de una insula, che se chiama el Sasino, in Albania. Et io che andava per tuta la galea, senz’altro respecto, concludiva che lo male spassato e quello ancora dubitavamo de havere procedeva225 per esserli troppo comandatori, imperò che, prima, el Patrono comandava una cosa, poi domino Lorenzo Venero ne comandava un’altra e voleva vincere la sua opinione et el comito con queste altrecatione se corociava; al fin, con queste contentione, li mali tempi ne venereno a le spalle. Zobia a XVI de octobre, a l’aurora, forono misse suso tute le velle, levata che fu la cochina, siando el mare alquanto quietato e, gionto uno vento al proposito del nostro camino, cossì che se faceva più de XII miglia per ora, como dicevano li marinari pratichi, e speravamo con questo tempo, potere fare scala a Ragusa, havendo lassato Corffù tanto desiderato da la brigata. Ma domino Lorenzo Venero al cui apetito se navigava, facendo pensero de fare porto a uno castello, pur in Albania, chiamato Antivari, unde era uno suo nepote castellano, lassando indreto Dulcino e una fiumara, chiamata Boiana che uscisse de uno laco, che gira CC miglia, chi genera de terribili pessi, maximamente anguile de smensurata grosseza, e cossì altri pessi, et è sup224 225 levandosi] precede levando- cassato. procedeva] segue pro- cassato. 261 VIAGGIO A GERUSALEMME Posito al turco; ma, tanto valido el tempo e pur però al proposito nostro, che non fu mai possibile aferrarse per fare porto a quello Antivari. E siando sera, a ciò non fossemo periculati in uno qualche scoglio, standone in quello paese molti, se levorono tute le velle e fu missa solamente la cochina, la qual faceva però tanto camino che era uno stupore. Et a la matina se trovassemo havere lassato dreto Ragusa, ben LX miglia, con grande scontentamento de molti chi volevano lassare la galea et andare in altri navilii per transversare in el reame de Napoli. Venere a XVII de octobre, a grande ora, gionsemo ad Corzulla, citadella de Dalmatia, polita como una bella // [151] zoia; non ha ponti levatori, ma forte de mure e più forte serà, quando serà fornito uno muro, comenzato verso el mare. Pare dicta citadella, a la prima sia in piano, ma intrando in quella se monta a tuti le vie alquanto. Sono le vie scure e strete, ma solate de petre; è edificata sopra uno saxo, li sono de molte caxe edificate a la moderna e pompose, che bastaria a una grande citade, con petre bianche, como marmori intagliati. A me parse in quello loco una maraviglia tante belle caxe. La sua giesia cathedrale, per la sua qualitate e anche de la citade, è bella, facta tuta de belle petre quadrate, bello coro e bene offitiata. È piena dicta citadella de persone e sano li homini quasi tuti lingua italiana. Dimandando la causa, me fu dicto era perché praticaveno asai per Venezia; vestisseno in publico como Veneziani;. le loro done non debbeno temere fredo, vano scoperte in tuto da le mamelle in suso; le spalle e lo pecto è scoperto; e fano quele done che le mamelle retengono li loro panni non li cascano fin sopra li pedi. A me pare sia povera de ogni cosa, excepto de vino, qual hano asai in habundantia e 262 VIAGGIO A GERUSALEMME bono. La insula non è tropo cultivata, perché la maiore parte de li homini sono galeoti e de continuo stano per mare. Li peregrini smontorono per la maiore parte, credando de havere una bona cena; quivi non se trovava pesse, e sono in el mare, non ova, non formagio, pane caldo; pur ogni homo sentendo la venuta de la galea per tucare qualche dinaro corseno a fare pane. Era bono e bono vino gli era, fiche seche e anche uga passa e ogni cosa cara, pur lì se stete fin a la matina sequente, siando però avisato ogni homo chi voleva venire più ultra fosse a dormire in galea, restorono alcuni Ragusei et alcuni frati chi volevano tornare a Ragusa, qual havevano trapassata per la forza del tempo. Sabbato a XVIII de octobre, occurrendo la festa de santo Luca evangelista, se parrissemo da Curzula, metendo solum una vella, che so chiama la terzarola, perché el gli era uno vento grandissemo, benché fosse a nui prospero, cioè siroco; e solamente con dicta vella, facevano secundo el iudicio de // [152] de marinari, facevamo XV miglia l’ora. Era una signoria a chi non temeva el mare e vedere volare uno legno cossì grande. In quatto ore andassemo da Curzula a Lesna e lì se fece scala, volendo cossì domino Lorenzo Venero el qual dubitava passare più ultra per la furia del vento, benché fosse al nostro proposito, per li scogli erano cossì spessi in quella Dalmatia. Se gitorono la ancore da ogni lato de la galea, perché dubitaveno de la furia del vento e non bastando quelo, anche misene a terra certe corde, chiamate provexe. Pariva in vero che tuto lo mondo dovesse abissare tanta era la furia del vento. Firmata la galea et assegurata, descenderono de galea la maiore parte de li peregrini, credendo de trovare qualche refrescamento ultra al vento. Ma non trovarono altro cha vento e aqua, non ova, non pesse, a pena qualche pane e vino 263 VIAGGIO A GERUSALEMME e tuti ritornorono in galea, facendose grande admiratione del Patrono havesse facto scala in simile loco. Quanto al vivere, trovarono de meglio al Zaffo. Facevano anche grande dire in el volere metere questa Lesna in el numero de le citade, non trovandosi de potere alogiare uno homo. Questa cita de Lesna in latino se chiama Fara; pare maiore fato stando in mare a guardarla, che non se trova poi, quando s’è in terra; è sopra dui monti, l’uno più alto da l’altro; al mio vedere quelo è più alto perché è agiunto per forteza e murata e va suxo acuto, como una lesna; credo habia pigliato el nome per quelo. Ma quela parte ch’è più abassa credo sii più antiqua e se chiamasse Fara, perché lì è la sua giesia episcopale e se chiama vesco farense e non lesnense. Ne domandai de questo in galea e di fora, non ne trovai conto. Basta che a l’intrare de questa cità pare piana, pur da dui lati ascende e più da la parte sinistra, cha da la drita e la parte sinistra è murata. Non si po’ dire non sii forte, havendo da mano drita uno grande porto e da dui altri lati, che se po’ dire è triangulare, è superata da li monti. In cima del lato sinistro, egli fabricato uno castello // [153], pare che guarda tuto lo mare. Quanto a li sui edifitii, io non gli ò veduto altro de bello, excepto el palazo del regimento; le altre caxe sono molto humile e sono rare; ne sono alcune comenzate sopra el lito del mare: serano belle quando serano fornmite226; e dicesse che erano de alcuni Ragusei, partiti per le grande graveze. Le persone povere e de mala conditione, superbe fin a le temine, ita che li offitiali non li pono fare el suo offitio. Quanto più li sta el forestero, tanto più ha de bisogno; ha vino, del resto non c’è grassa; 226 fornite] aggiunto in margine destro. 264 VIAGGIO A GERUSALEMME bisogna viva quella terra del pane de Puglia. La sua giesia episcopale è al basso, chiamata Santo Stefano. La dominica a XVIIII° de octobre, tuti andorono a odire messa227 a una giesia de Santa Maria de le Gratie, unde stano li frati de l’ordine de Santo Francesco de Observantia. El monastero228 si fa de elemosine de marinari; è sopra uno saxo bianco e cossì como si vole fare qualche edifìtio, bisogna cavare el saxo. Fu comenzata la giesia e anche el monastero per uno domine Johanne Soranza, per uno grande miraculo li fece la Nostra Dona, che anche li pare el signo a l’intrare de la porta de la giesia: trovarse in mare con grande fortuna, romperse el timone del navilio, recomandarse a la Nostra Dona, ritrovarse a questo saxo salvo et era di note. Dete questo principio; poi s’è ampliato e lì stano fin a XII frati. Domino Lorenzo Venero li fece cantare una missa per el suo voto facto in mare. Audita la missa, anderemo a la giesia catedrale per odire la predica la qual predica non era simile a quelle faceva el quondam domino fra’ Francesco Triulcio, le quale incitaveno l’homo a l’odire e questa incitava al rasonare et etiam al dormire; poi andossi a.consumando quello giorno per peregrini molto tristamente, per le rasone ho dicto di sopra. Lunedì a XX de octobre, pur se stete in porto, con grande sinistro e murmurare de peregrini, benché 'l Patrono se excusasse per lo tempo, vero è che’l mare era talmente in bonazato, a la note, che non se poteva movere la galea. // [154] Io per stare in pace con lo Patrono andava a vedendo del mondo e non interveneva ad alcuna congregatione li 227 228 messa] aggiunto in margine destro. El monastero] precede la missa cassato. 265 VIAGGIO A GERUSALEMME dispiacesse, benché ancora mi fosse contento de partirme. Pur stando da lato, io era sempre de li electi ad andar in compagnia col Patrono e li altri gentilhomini ad andare con loro in ogni loco. Martedì a XXI de octobre, se levassemo inante, di fora del porto de Lesna, con poco de bono vento e, fin a le due ore de dì, navigassemo asai alegramente. Poi se bonazò el mare talmente che con grande fatiga e de remi, per salvarsi, dubitando de qualche vento sinistro, se condussemo asorzere a uno loco, chiamato Capo Cesto e fi se stete. Non se andava a terra, né se faceva altro bene, se non remirare e contemplare el mare tanto quieto, ch’el pariva uno bichero de aqua. Mercore a XXII de octobre, se levassemo dal dicto loco, credendo de potere navigare, siando levato uno poco de vento, sed subito se fece bonaza e poi se levò provenza a nui contraria e fu forza caciarse in uno loco che se .chiama la Murata. Lì non gli era altro, excepto monti alti e ben sechi; se chiama la Murata per respecto de uno muro ha facto fare la Signoria de Venezia, in modo de forteza, con uno ponte levatore; e dicesse fu facto per conciare una certa insuleta, in modo de una forteza. E altre volte quando li turchi transcorreveno quili paesi, se reduceveno li paesani in quella insuleta e si salvavano, da le correrie e anche, benché sia cosa deserta, li pareno li vestigii de li alogiamenti facti pur de saxi. È longe da Subinico XII miglia. Stando così in questa dimora, venerono de li piscatori de Subinico e de alcuni casali lì vicini a III e IIII° miglia e feceno habundare la galea de pessi boni e bono mercato, altro non-sepoteJiave-re. Io con alcuni altri andai molto errando per quili monti, per volere una inselata; como ho dicto, sono tanto sechi che non se trovava una herba longa uno dito. 266 VIAGGIO A GERUSALEMME Giobia a XXIII de octobre, pur se stete in queste angustie e grande murmuratione de peregrini, digando che se non // [155] fosse dimorato a Lesna, con lo tempo havevamo, seressemo gionti a Venezia. E con questo murmurare se ne partirono XVI, in diverse barche e de diverse natione, per andare a Zarra. Benché fosse invitato, io deliberai de non abandonare el Patrono, se ben fosse stato fin a Natale andare a Venezia. E cossì anche lui me’l confortava a tanto che a me non mancava quanto al vivere. Pur stando a questa murata in questo giorno a le XXII ore, passò de questa vita uno peregrino francese e fu sepelito a lato a quelo muro. Venere a XXIIII de octobre, al levare de la luna, siandoli uno poco de greco levante, fecerno vella e molto presto ci lassò e fu bisogno sorgere lì vicino a uno scoglio, apto a ciò e longe de Zarra XXX miglia. Sabbato a XXV de octobre, al fare del giorno, suscitato el dicto vento, se levassemo con intentione de passare Zarra, senza fare scala per guadagnar lo tempo stentato in li scogli precedenti; ma vinsi la opinione,de la dona de domino Lorenzo Venero chi voleva visitare alcuni de sui in Zarra. E fece scala e li peregrini erano restati smontorono e quili gentilhomini con le done, con questa lege però, che ogni homo fosse in galea a la sera, deliberando de fare vella inante dì. Lì non se fece altro; stavamo a vedere vendere le perdice a VI marcheti el paro. Dominica a XXVI de octobre, in el far del giorno, se levassemo da Zarra con vento tanto gagliardo in popa, che facevamo XV miglia per ora, senza turbatione. Ma poi al mezo dì, siando in uno certo golfo, che se chiama el Carnaro, levossi tanta fortuna ch’el pariva dovessemo afundare. E opinione era del Patrono che non havessemo ancora 267 VIAGGIO A GERUSALEMME hauto la maiore e già comenzava havere invidia a quili peregrini erano fora de galea e andati per altri navilii. Erano troppo grosse le botte dava el mare e girava tanta aqua in la galea, che me credeva dovessamo negare sotocoperta, canta era l’aqua intrava per le porte de la coperta. Io, quanto a me, indicava el meritassemo molto bene, perché cossì como al parere de una dona haveva facto scala, cossì al parere de Dio, doveva stare tanto in terra // [156] che se odisse la missa el dì de la dominica. Pur quando piaque a Dio, se aproximorono a uno scoglio, chiamato el scoglio de Santo Jeronimo, apresso a Parenzo a XXVIII miglia, e con una terribile piova, che fece cessare la furia de quello borea era levato cossì rabioso; e lì se gitorono le ancore, aspectando la gratia de Dio, fìn a la matina, pur stando lo vento contrario. Lunedì a XXVII de octobre, se redussemo al meglio se potè in uno porto, secundo se diceva, molto securo da la furia di venti, da uno lato haveva una villa, chiamata la Fasana, da l’altro lato un’altra vila, chiamata Briona. Credo sia vocabulo alterato e che voglia dire priona, perché li sono monti de saxi e bellissime predare e de diverse maxure; pur non li sono marmori; sono como le prede de Angera e pare proprie che quele vene de prede fosseno prima squadrate che fosseno misse in quele montagne e sono vene tute con misura. È quasi meza una maraviglia a vedere quelle predare; da lì se levano la maiore parte de le prede che se adoperano a Venezia. Smontò a quella Briona chi volsi; io lì trovai uno da Cremona e un altro da Como che fano el mestero de cavare prede. Da loro intese la natuta del loco: la terra cultivata e lavorata da le done, perché li homini non attendano ad altro che al cavare de le prede. Una cosa da non tacere vidi in quelo loco: la maiore parte de le loro caxe, 268 VIAGGIO A GERUSALEMME facte senza calce o malta e pur ghe ne sono de belle, sono tanto bene compagnate insema quele prede, l’una sopra l’altra, che fano li sui edifìcii forti, senza cemento, stopano di fora le feleure. Sono homini da bene, et egli bastato l’animo tra loro fare una bella giesia, chiamata Santo Germano e de li Quatro Coronati; et egli bastati l’animo a fare fare una ancona de valuta de CCC ducati, como dicono loro. Sono V figure grande e fate per mano de optimo magistro, mancano de la voce, altramente serebeno vive; e non li è mancato l’auro; in el pede egli intagliata la Storia de li Quatro Incoronati, chi // [157] forono del mestero de intagliare prede. Una simile non ho veduto in Milano. Martedì a XXVIII de octobre, perseverando quello vento cossì contrario, smontorono el Patrono e quili altri zentilhomini veneziani; et io non li abandonava. E perché faceva uno bono fredo, non se vergognaveno andare a li boni foghi. E la maiore parte de li peregrini, siando venute lì de molte barche de pedoti e stando fastiditi per la incomodità del loco, intrando in quele barche, se partirono per andare a Venezia. Io, per me, non siando tropo animoso, non me volsi partire da la galea, pur aspectando che ela se partisse. Mercore a XXVIIII° de octobre, a II ore de giorno, stando un poco de vento al proposito, se partirimo, navigando verso Parenzo, lassando da mane drita una terra, al vedere, grande e bella, da vedere da la longa, e chiamata Rovigno e fa demonstratione de havere una bella giesia cossì a longe, chiamata Santa Eufemia e dicesse che gli è el corpo. E con questo tempo gionsemo a Parenzo, a una ora de note, e gitata che fu l’ancora, incalzandolo domino Lorenzo Venero, el Patrono andò in terra solo e tolsi uno pedota per l’ordine e, como fu tornato in galea, conducen- 269 VIAGGIO A GERUSALEMME do el pedota, stando l’aire chiare, fece vella, fora de ‘ordine usato, perché credevamo de uscire de galea et andare per barca fin a Venezia. Aviose la galea verso Venezia, a laude de Dio e de la gloriosa Vergene Maria, con grande consolatione de quili erano restati in galea, chi erano pochi. Giobia a XXX de octobre, cerca una ora de giorno, gionsemo a uno loco chiamato Sopra Porto, longe da Venezia, como se dice, X miglia, con uno grandissimo mare; e lì fece gitare le ancore el Patrono. Poi per essere divulgata la venuta de la galea per uno peregrino anglese che se partite da Zarra in una barca, veneveno incontra de molte barche de pedote, perché, como ho dicto, era el marisello e più per levare de la brigata, non parendo al pedota de passare più ultra alora. // [158] El Patrono che anche non se sentiva senza male, tolse una de quele barche e fu contento andasse in sua compagnia, lassando ogni cosa del mio in galea, excepto el breviario. A me pariva quello mariselo era uno grande refrigerio, tanto era el mio desiderio de giongere a Venezia; et a laude de Dio, a le XVIII° ore, gionse a Venezia e trovai che quili peregrini erano partiti in diversi loghi inante a nui, per havere facto un’altra via, non erano ancora gionti, ne gionseno fin a la sera. Per esser el primo italiano peregrino che comparisse, lassando el Patrono, con bona e grata licentia, fu receuto da li italiani, maxime li compatrioti, con grande consolatione. Fu venuto volentera da tuti, da Nicolao Delfinono, a caxa de chi haveva lassato el signo de la mia peregrinatione; fu recuperato da morte a vita, insema con uno forlano, e l’uno e l’altro moriva de fame e de sette. Fossemo molto bene reficiati, poi attese a fare le debite visitatione, comenzando al magnifico domino Tadiolo Vicomercato, ducale oratore, con chi bisognò restasse fin a la sera; con grande fariga me lassò partire. 270 VIAGGIO A GERUSALEMME Venere a XXXI de octobre, vene la galea in lo Canale Grande de Venezia, a la gabella de le mercantie e, benché piovesse molto bene, trovandome el comodo, fece levare ciò che haveva in galea e meterlo in una gondula, pagando certi marcelli a non so chi. Poi subito de mandato de li signori Avogatori fu sigillato la porta de la gabella, cioè del loco unde erano stivate le mercantie et unde erano stati a dormire li peregrini, che fu grande incomodo a molti peregrini, maxime ultramontani chi volevano andare a la loro patria. E con questo sigillare, non bastandoli el lamentare a Venezia, stetemo lì contra sua voglia ultra a VI giorni. Era una grande compassione vedere queli peregrini andare con tante lamento da la Signoria; pur non fu aperta dicta porta se non quando li piaque. Io provai che a excutere uno de quili tri sachi haveva portato con mi me haveva giovato, dico quelo de li dinari. Sabbato el primo giorno de novembre, occurrendo la solemnità de Ogni Santo, andai a la giesia de Santo Marco e li // [159] erano lo illustre duce domino Augustino Barbadico e li oratori regi e ducali a la missa che se cantava molto solemne de Ogni Santo, con le cerimonie solite e como di sopra ho recitato. E finita la missa, ascese el palazo el prefato duce, compagnato da li prefari oratori e, da poi loro, tanti229 zentilhomini acopiati, che era uno stupore a vederli. Ne contai fin a cento; poi me vene a mente la lectione de la missa che diceva: “Et multitudo que non poterat numerari” 230 e lassai el numerare, contemplando l’habito suo tanto sumptuoso e superbo, tante veste fin a terra de rosato o de scarla229 230 tanti ] segue zal- cassato. Cfr. Ap. 7,9. 271 VIAGGIO A GERUSALEMME ta, como tu voi, tua acopiati, como ho dicto, dreto al duce, con uno ordine contrario a li ordini de iriolte corti, ho veduto io, et ecclesiastice e mondane. Le quale, subito sii passato el principe, vano catervatim e senz’altro ordine, se dice in lingua nostra, vano a rubo e quivi, inante e dreto, si va tanto ordinatamente quanto si possa dire. E, facto el disnare, con lo prefato oratore ducale, me condusse a odire uno vespero molto solemne a uno monastero de done, chiamato Ogni Santo. Dominica a II de novembre, non siando per ancora in ordine per tornare a la patria, benché ne havesse gran desiderio, andai con alcuni milanesi a la giesia de Santo Francesco, se dice a li Menori, unde li milanesi, como ho ricordato di sopra, hano una bella capella de Santo Ambrosio. Et havendo in prestito uno missale ambrosiano, lì disse una missa a la ambrosiana e non senza admiratione de alcuni Veneriani che steteno a odirla. Poi andai dal magnifico oratore ducale, el quale, per sua grande humanità, me haveva facto richedere e non volsi che, per quello giorno, me partisse da sua magnificentia. E facto el disnare, insema con l’oratore del re de Pranza e domino Jeronimo di Zorzi, alora per la Signoria declarato oratore al Papa, tuto homo da bene e faceto, benché de la persona fosse alquanto disconzo, como serebbe a dire fosse alquanto giboso, molto gratiosamente in la sua barca, prima me condusse a odire vespero a Santo Georgie Mazore, el qual era tanto rincrescevole // [160] de odire, per el modo de l’offitiare di frati, che fu forza se levasseno. E, montati in barca, andorono de compagnia a visitare una dona de uno zentilhomo de caxa Delfìni, la qual de poco era parturita. E questa visitatione crede l’haveva ordinata el prefato domino Jeronimo, per fare vedere a quili magnifici ora- 272 VIAGGIO A GERUSALEMME tiori, maxime a l’oratore del re de Franza, la pompa e la grande magnifìcentia de quili zentilhomini veneziani. E ben el disse el prefato oratore regio che la regina de Franza, né altro signore de Franza, in simile caso, non haveria tanta pompa. El simile disse l’oratore ducale asserendo che la nostra Illustrissima Duchessa, in simile grado, non haverebbe tanto ornato. El prefato ducale oratore me elexi a l’intrare con lui, specialmente perché el loco non era capace de tropo persone, aciò che vedesse e che anche altrove potesse refferire. E stando in el loco, più volte me interogava quelo me pariva ora de una cosa, ora de un’altra. Io non li sape mai respondere, se non con lo strenzere de le spale. Nam se extimava che l’ornamento de la camera, unde erevamo e unde era la infantata, dico de fabrica, che non se leva, fosse constato II milia ducati e meglio. E non passava però de longheza el loco XII braza; haveva uno camino tuto de marmoro de Carrara, lucente como l’auro, lavorato tanto subtilmente de figure e de fogliame che Prasiteles, né Fidia li potrebbeno adiungere. El celo de la camera quanto fosse ben lavorato de auro e de azuro ultramarino e le pariete tanto bene lavorate, che io non lo posso refferire. Una lectera sola extimata zinquecento ducati e immobile da la camera a la veneziana, tante belle figure231 e natutale; è tanto auro per tuto, che non so se, al tempo de Salomone che fu re de li Iudei, in el quale l’argento era reputato più vile cha le prede, se ne facesse tanta habundantia quanto se demonstrava lì. De li ornamenti del lecto e de la dona, cioè coperte e cossini, li quali erano VI e altre cortine, o pensato più presto de tacerle che dirle, dubitando non me siano credute; erano in vero piene de admiratione. 231 figure] precede figule cassato. 273 VIAGGIO A GERUSALEMME Un’altra cosa voglio dire vera e forse // [161] non me serà creduta; una cosa gli è che’l’Oratore ducale non me lassaria mentire. Erano in dicta camera XXV damiselle veneziane e l’una più bella che l’altra, che erano venute a visitare la infantata; l’habito loro honestissimo, como ho dicto di sopra, a la veneziana; non monstraveno però se non quatto o sei dite de nudo de sotto de le spalle, di dreto e donante. Havevano quelle damiselle tante zoie tra el capo, in collo e in mane, cioè auro, pietre preciose e perle, che era opinione de quili erano lì, fosse el valsente de cento milia ducati. Erano li loro vulti molto bene depenti e anche el resto del nudo che se vedeva. E stato lì per uno pezo, contemplata la camera e le persone lì erano, ogni homo si partì digiuno, servandosi altra constuma non si fa a Milano, imperò che, a Milano, in simile visitatione se fano de solemne reffectione. Credo che a Venezia fano pensero che’l reficere de li oghi basti e non me dispiace, imperò che queste refectione si fano a Milano, in simile visitatione, sono de grande spexa e quele de Venezia non constano. Lunedì a III de novembre, per la commemoratione de li Morti, se faceva festa como la dominica; io andai al convento de Santo Dominico de Observantia, homini da bene; e tolto da loro paramenti, disse una missa per la memoria de li defuncti. Martedì a IIII° de novembre, a la matina andai pur al dicto convento e lì satisfece con el dire de una missa a uno voto me tocò per sorte, siando in mare in fortuna; e, facto questo, siando comenzato uno bono fredo, attese a fare provisione de panni, per reparare al fredo et alcune altre facendo per volerme aviare verso Milano. E lì siete per queste casone el mercore e la giobia sequente, in el qual giorno 274 VIAGGIO A GERUSALEMME tolsi comiate da quili era debitore, comenzando al magnifico domino Tadiolo de Vicomercato, ducale oratore, e a tuti li altri maxime Milanesi. Venere a VII de novembre, oduta la missa in Santo // [162] Salvatore e facta la refectione in caxa de domino Giovane Torentino, citadino luchese, el qual per sua grande humanità, a l’andare et al tornare de questo viagio, era stato mio gratiosissimo ostero, montai in barca apresso a Rialto, con dui altri milanesi, mercadanti, et a le XVII ore, con la gratia de Dio, partendome de Venezia, se aviassemo verso Padua, unde giongessemo a le tre ore de note. E con grande difficultate, tra preghi e premio, fossemo introducti in la cità per uno certo portello et andassemo alogiare a l’ostaria del Sole, unde per esser piena l’osteria e nui per esser tardi, fossemo alogiati como dice el proverbio: “chi tarde riva •male cena e pegio iace”. Sabbato a VIII de novembre, pigliando da l’ostero uno cavalo a victura e facto prima el disnare, se aviassemo verso Vincenza e lì gionsemo a le XXII ore e, restituito el cavalo haveva tolto a victura, trovai lì Raphaele de Palazolo, milanese chi veneva da la fera da Triviso et haveva comprato tri cavali e me ne concesse uno a cavalcare fin a Milano. E se levassemo da Vincenza, senz’altra dimora, et andassemo alogiare ad uno loco se chiama a Le Tavernelle, non per altro rispecto, solo per cavalcare inante el giorno. Dominica a VIIII° de novembre, per tempo, se levassemo da Le Tavernelle e, molto per tempo, se alogiassemo a uno loco se chiama Villanova, unde è una optima abbatia. Alogiati, andassemo a la abbatia per odire la missa, per fare nostro debito, in el monastero. Benché sii una grassa abbatia, non se trovò altro che uno frate el qual haveva già dicto 275 VIAGGIO A GERUSALEMME la missa; e, se volsemo odire missa, bisognò la dicesse io, con uno paramento asai spurco, con grande carico de colui a chi è comendata; e basta; il voglio tacere, ma molto me marevigliai che la Signoria el soffrisse. Dicta la missa al meglio se potè e recomandati a Dio, secundo el comandamento de la Santa Matre Giesia, andassemo a refìcere232 // [163] li nostri corpi chi ne havevano de bisogno; poi montassemo a cavalo et andassemo fin a Verona, unde alogiassemo asai per tempo. Per esser festa et anche eramo certificati, se passavemo più ultra, non potevamo trovare bono alogiamento fin a uno grande pezo; e, consigliati, se dimorassemo con uno bono ostero et andassemo per la cità, vedendo de le cose non vedute, fin a l’ora de la cena. Lunedì a X de novembre, andassemo a Peschera, a fare la prima possata, unde, per esser la vigilia de santo Martino e anche per vedere una bela quantitade de pesse, fecemo uno disnare quadragesimale. Poi cavalcando più ultra, andassemo ad alogiare a una certa ostariuza, chiamata al Ponte de Santo Marco, unde stetemo molto freschi. E questo facessemo però como astreti per necessità, imperò che, deliberando nui de alogiare a Lonate, trovassemo esser pieno per tuto de soldati chi erano convenuti lì per fare la monstra et a nui pariva de stare da la longa de tal brigata. Martedì a XI de novembre, el dì de santo Martino, levandossi per tempo, andassemo a Bressa e, smontati, andassemo a odire la messa a una giesiola posta in la corte del suo vescovo. E facevassi lì grande festa de santo Martino e cantavessi messa molto solemne et era lì el prefato domino lo Vescovo, el quale, al mio vedere, doveva essere stato 232 a reficere] aggiunto in margine destro in fondo alla pagina. 276 VIAGGIO A GERUSALEMME poco in Corte di Roma a imperare cerimonie e gravitati episcopale e, se pur le haveva imparate, poche ne usava; e basta. Tornando a l’ostaria, tornassemo alcuni milanesi chi ne disseno como, alcuni mei amici, per intendere a Milano che era giorno a Venesia, più dì passati, erano stati lì dui giorni per venirme incontra e che, a la matina, erano partiti ritornando a Milano. Nui, facto el disnare, montassemo a cavalo e se aviassemo verso Milano e gionti a Cucai, trovassemo lì queli erano venuti a Bressa incontra et erano firmati lì // [164] per havere inteso da certi mercadanti che nui eramo partiti da Bressa. Fossemo receuti amorosamente da loro, tra li quali gli era uno cancelero del magnifico domino Firmo Seco, mandato da Sua Magnificentia, aciò me conducesse a una sua posessione, chiamata Calci. E cossì, se levassemo da Cucai, non obstante fosse sera, et andassemo a Calci, unde fossemo alogiati optimamente. Mercore a XII de novembre, facto el disnare pur a Calci, andassemo a Caravagio molto per tempo; e quanto gratiosamente ne aceptasse el prefato domino Firmo, non lo voglio dire, perché a me serebbe graveza havere aceptato tante cose, quante fece a me e a tuti li mei compagni, che erevamo pur VII. Se ben fosse stato uno grande prelato, non me haverebbe potuto fare de più; e lì stete fin al giorno sequente. Giobia a XIII de novembre, molto per tempo, andai a compire uno voto facto per me, siando in mare, cioè de dire una missa a la Nostra Dona de la Fontana de Caravagio. E dicta la missa e tornato a la caxa, per volere montare con la compagnia, volsi el prefato domino Firmo facessemo el disnare prima che se partissemo, benché’l fosse per tempo. E facto el disnare, tolto el comiate dal prefato domino Firmo, 277 VIAGGIO A GERUSALEMME se aviassemo verso Milano, citade tanto da me desiderata, in terra e in mare. Intendando, tutavia, che la excellentia del signore Ludovico Sforza, novo duca de Milano, haveva facto la intrata a le XVIII ore, con le solennitate solite a fare, io per più respecti, e maxime che non voleva intrare in Milano con tanta compagnia, perché erevamo X cavali, lassai in pace tuta la compagnia e me ripossai, solo, a la cassina di Rotuli, in caxa de domino Jacobo Rotule, patricio milanese; e benché fosse note e che non li fosse altro che una vechia, tamen me fu facto uno grande honore e lì repossai fin a la matina sequente. Venere a XIIII° de novembre, con la gratia del Summo e Optimo Dio, per tempo, gionse a Milano, per // [165] Porta Orientale, solo, in habito peregrino, benché de li amici, ben per tempo, molti me venesseno incontra. Visitai, prima la giesia maiore, ringraziando la Nostra Dona me fosse stata tanta dignissima adiutrice in tanto discrimine, quanto era stato in questo viagio, per mare e per terra. E poi andai dal nostro Reverendissimo Monsignore lo Arcivesco el qual, como ho dicto di sopra, me haveva posto la croce e data la sua benedictione. E cossì, stando in la sua capella, me recevete tanto gratiosamente, quanto si possa dire, e sopra di me disse e fece tuto ciò è notato in el Pontificale se debbe fare ad uno peregrino, quando torna a la patria; e cossì con la sua benedictione me ne andai a caxa, dando grande consolatione a li amici. Se a notare questo viagio, fosse stato tropo longo233 prego li lectori me habiano per excusato, imperò che quili ne me hano pregato l’hano voluto cossì. 233 tropo longo] aggiunto in margine destro. 278 VIAGGIO A GERUSALEMME Del viagio de Santa Caterina in Monte Synay, io non ne dico altro, perché non potrebbe dire, se non de oduta. Stando in Jerusalem et havendo alcuni de nui peregrini facto la provisione del camino, quanto a la spexa, disseno quilli frati de Monte Sion che, nullo pacto, se li poteva andare, imperò che li Arabi havevano sacomanato el monastero ha in governo el corpo de santa Caterina e che havevano ociso lo Abbate e alcuni de li monaci e che, finché lo Soldano non li provede, non se poteva andare securo. E per questo lassassemo l’andata. LAUS TIBI CRISTE 279 Glossario A Adaquate: annaffiate, irrigate, sommerse dall'acqua. Adonca: dunque. Ancona: icona. Angelo: antico proiettile, nato ai tempi della navigazione velica per danneggiare l’alberatura nemica, formato da due mezze sfere collegate da una barra o da una catena. Anthena: antenna, asta di legno, disposta trasversalmente all’albero, che fa da pennone alla vela latina. Arbusselo: arbuscello, piccolo albero. Arcenale: arsenale. Arcidiacono: primo dignitario nel capitolo dei canonici e spesso vicario generale del Vescovo. Artemone: artimone, termine marinaro molto usato nel Medioevo. Auditori: assessori, cancellieri che aiutavano il magistrato; a Venezia, erano anche i magistrati della Quarantia. B Bagatino (bagattino): denaro o piccolo. La dodicesima parte del soldo (il denaro). Moneta in uso nell’Italia settentrionale (Venezia, Padova, Treviso, Ferrara, Modena). Bagliare: baiare, abbaiare. Baiassi: balasci, pietra preziosa di colore rubino, rosso violaceo o rosato. 283 GLOSSARIO Balduchino: baldacchino. Balestrere: balestra. Balestreri: soldati armati di balestra. Balestriera: corridoio laterale della galea, dove prendevano posto i soldati per il combattimento. Balle: quantità di merce avvolta e legata convenientemente per la spedizione; collo, pacco. Barbano: zio. Baxoe: baciò. Bazane ultramarine: la bazana era una grossa fava. Bazaro (bazar): emporio di merci varie. Uso antico per indicare il mercato pubblico. Bazile: bacile, bacinella, catino. Biscantori: colui che faceva il discanto, cioè la cantilena. Biscoto: pane a forma di schiacciata, rotonda o quadrata, usato sulle navi e sottoposto a due cotture per favorirne una lunga conservazione; galletta. Bissa scudelera (biscia scodellera): tartaruga. Bochelli: bocchelli, bocchette da cui esce l’acqua. Bolgieta o Bolzeta: bisaccia, piccola borsa, tasca, valigia. Bonaza: bonaccia. Bordone: bastone da pellegrino (grosso, robusto, con manico ricurvo). Botte: barile contenente 751, 17 litri. Braza: braccio. Misura di lunghezza pari a poco più di mezzo metro. A Milano valeva 0,595 cm; a Venezia 0,683 cm. In uso prima del sistema decimale. Brazoli: braccioli, pezzi di costruzione messi a sostegno di un altro pezzo. Brugnoni: prugna grossa, rossa e bislunga. Brusarola: pustola. Bussolo (bossolo): vasetto, barattolo per contenere profumi, medicine, unguenti. Butiri (butirro): burro. 284 GLOSSARIO C Cabia: gabbia. Caxi: caci, formaggi. Caldarozi: caglieroni, pentoloni. Caloceri (calogeri): titolo onorifico dei monaci bizantini equivalente a ‘venerabili’. Canape: (ant. cànipa): canapa. Cantari (cantaro): misura di peso anticamente in uso in molte regioni italiane (valeva kg 47,11 ad Alessandria, 49,44 ad Ancona, 47,65 a Genova); è ancora usata in molti stati (Marocco, Sudan, Malta, Turchia, come misura di capacità). Capitulo: capitolo, adunanza di chierici, di religiosi appartenenti a ordini monastici o a ordini cavallereschi di origine monastica, per trattare interessi comuni. Capitolo della cattedrale: collegio di chierici istituito per un più solenne esercizio del culto divino nella chiesa cattedrale, per aiutare il vescovo e supplirlo durante la vacanza della sede. Casone: evento, occasione, cagione. Cassine: cascine, abitazioni di vario genere della campagna; in origine indicava la stalla dove si tenevano le vacche e si facevano burro e cacio. Castello: sovrastruttura leggera, costruita sopra il ponte di coperta, che si estende dall’estrema prora quasi fino all’albero di trinchetto (lo spazio sottostante di solito è destinato ad alloggio dell’equipaggio). Castrati: maschio della pecora castrato; la carne che se ne ricava. Cathibissa: segretario e cancelliere, in Egitto. Cavagniaza: cavagna, cesto in vimini. Cavo: capo. Celo: volta, soffitto. Chierica: tonsura del chierico. 285 GLOSSARIO Cirese: ciliegia. Cochina: vela quadra di fortuna di una nave. Comito: il primo dei sottufficiali di una galea cui spettava la dirczione della manovra delle vele e di tutti i servizi marinareschi; nostromo; comandante di galea (a Venezia). Copano: sottile imbarcazione, palischermo leggero da laguna. Corami: cuoio lavorato o stampato, più o meno decorato (usato per addobbo di sedie, camere, sale, poltrone, per la decorazione di libri e altri oggetti). Corazine: rivestimento in piastre a difesa delle parti vitali delle navi. Cortina: piccola corte o atrio. Crine: capelli, chioma. Cugiari: cucchiai. Curlo: tortura della corda. D Delegare: dileggiare. Desprexiati: dispregiati, disprezzati. Diodaro: prefetto di palazzo del sultano. Domente: purché. Domestegheza: familiarità, confidenza, dimestichezza. Dopiero: doppiero. Ducati: monete d’oro di Venezia. Il ducato veneziano era l’unica moneta accettata senza problemi dai musulmani. E-F Elexi: decisi. Ex adverso: al contrario. Latinismo. Facie: faccia. 286 GLOSSARIO Fiumara: torrente. Fogone: cucina della nave. Fondachi: fondaco, magazzino, deposito di merci all’ingrosso. Di origine medioevale, era usato dai mercanti non solo come centro di raccolta delle merci, ma anche come luogo di contrattazione e scambio. Fongi: difficoltà, problemi, noie. Foravia: fuori. Frixiti: fregi. Furare: rubare. G Gabelle: imposte, pedaggi. Galea: vascello a remi e a vela, adatto al trasporto e alla guerra. Esistevano due tipi di galee: la galea grossa, detta anche da mercato, di grandi dimensioni, usata come nave da carico; la galea sottile, di forma stretta e allungata, con poco fondo. Gameli: gomene. Garbino: vento di sud-ovest. Denominato anche Libeccio o Africano. Gondule: gondole. Grippo: bastimento da carico in uso nel Mediterraneo fin dai tempi dei Greci. Guernerii: in generale, attrezzi per il bastimento. H-I-K Hospitale: ospizio, ricovero. Impegolate: impiastrate di pegola (pece). Indulgentia: indulgenza. Instaveno: stavano. 287 GLOSSARIO Instructione: istruzione. Inventione: ritrovamento. Invernata: il tempo dell'inverno. L Lesnate: lampi. Letanie: litanie. Letanie a la spagnola: improperii, bestemmie. Libre: libbre, unità di misura uguale al peso di dodici onze. Libro de’ pelegrini: registro dei contratti tra patroni e pellegrini. Lodola: allodola. M Maiestà: altare in metallo o di altro materiale con figure sacre della Bibbia, di santi in rilievo. Maidini: moneta corrispondente a mezzo dirham e contenente il 90% d’argento. Il nome deriva dal sultano Al-Mālik Al-Muayyad Shaykh che nel 1415 reduce da una campagna di repressione in Siria, tornò con una grande quantità di argento che gli consentì di coniare queste monete, chiamate, in suo onore appunto, muayyadīn. Malissima: terribilissima. Mangiarla: guadagno illecito; pedaggio esoso. Marcelle: moneta d’argento che valeva dieci soldi o mezza lira. Marcheti: marchetti; moneta veneziana d’un soldo con la effigie di S. Marco. Il primo danaro portava il nome di marcuccio. Marisello: piccolo golfo. 288 GLOSSARIO Melica: meliga. Messa sica: messa secca. Costituisce un tipo “dimezzato” di celebrazione, dove non avveniva ne il rito dell’offerta né quello della consacrazione e della comunione. Essa comprendeva solo la Liturgia della Parola e la preghiera del Pater noster con il suo embolismo, con l’aggiunta della preghiera per la pace e l’Agnus Dei. Non era propriamente una messa e perciò poteva essere celebrata senza contravvenire alla legge canonica che vietava la celebrazione di una seconda messa durante la giornata. La Missa sicca era detta anche fluvialis o nautica, perché questo era il solo modo permesso nella navigazione di celebrare l’eucaristia. Mezana, arboro de: vela quadra inferiore dell’albero di mezzana, tra l’albero maestro e la poppa. Mogio: moggio. Unità di misura. Moresca: secondo l’usanza araba, propria degli arabi. Moroni: gelsi. Muzeri (anche mucheri): in Oriente erano i conduttori di cammelli, cavalli e asini o i facchini. N-0 Nave: navata. Noglia: noia. Note: notte. Signori de Note: organo di sorveglianza, soprattutto per la notte, istituito a Venezia dal 1250. Nullo pacto: a nessuna condizione. Latinismo. Oblatione: offerta. Omnino: totalmente. Latinismo. Onze: once, antico nome di misura, indicava la dodicesima parte della libbra o del piede. Ordeo: orzo. 289 GLOSSARIO Orzando: avvicinando la prora alla direzione del vento. L’orza (orcia) è la corda legata all’antenna di una vela latina per portarla sopravento. Ostariuza: piccola osteria. P-Q Palcheti: palchetti. Pane azimo: detto anche pane arabo, è un tipo di pane non lievitato. Parono: patrono, padrone, in ambito marinaresco armatore e capitano di una nave (nel XIV sec.). Pasca Roxata: Pentecoste. Passi: unità di misura di lunghezza, diffusa nell’Italia centrale prima della diffusione del sistema metrico decimale. A Firenze, Siena e Lucca valeva 1,167 m., pari a mezza canna o a due braccia fiorentine, mentre a Roma equivaleva a 0,670 m. Patriarca: dignità ecclesiatica superiore all’arcivescovo. Pedi: piede, unità di misura, equivalente a 0,347 metri a Venezia, a 0,435 a Milano. Pedota: pilota. Perambulare: camminare, passeggiare. Perfacevano: facevano fino in fondo, portavano a termine. Pericolare: correre un qualche pericolo. Piatelli: piatti. Pironi: forchette. Pizolo: punta estrema acuta del bastimento, a prua. Sulla galera era l’angolo estremo della poppa dove stava la cameretta del comandante. Pizute: acute, a punta. Planitie: qualità della superficie piana, pianure. Pluviale: piviale del sacerdote. 290 GLOSSARIO Podagre: gotta. Pontificale: libro liturgico con la descrizione e le formule delle funzioni vescovili; detto anche Ordinale, Benedizionale. Popa: poppa della nave. Possale: pause, soste. Presone: prigione. Proua: prora, prua della nave. Provenza: vento proveniente da ovest. Psalterio: Salterio. Publice: pubblicamente. Latinismo. Quassati: squassati, sconquassati, scossi con violenza. R Rosone: ragione. Receputi: ricevuti. Reduti: ricondotti. Refìciare: rinvigorire col cibo, ristorarsi. Rogore: rogora, specie di pruno di color rosso scuro. Rogatione: processione triduale per l’Ascensione. S Sabbatino: commissario o vice-governatore. Scola: confraternita religiosa e società di mutuo soccorso. Schiavoni: provenienti da Istria e Dalmazia. Schiopeti: schioppi, schioppetti, sorta di piccoli archibugi. Sesula: pala di legno usata per prendere acqua e annaffiare le tavole dei basamenti, sessola. Sfogliate: sfrondate, appassite. Signali: segnali, segno, insegna, prodigio. 291 GLOSSARIO Siroco: scirocco. Vento di sud-est. Solata: selciata, pavimentata. Solo verbo: per mezzo della sola parola. Latinismo. Sorzesse: si fermasse. Spigarono: spiegarono. Stabulo: stalla pubblica, poi albergo. Stradioti: la cavalleria leggera, formata da Albanesi, Tedeschi, Greci, Dalmati, introdotta in Italia. Stramazo: saccone da letto, materasso. Strapontino (strapuntino): materassino. Sufficit: è sufficiente, basta. Latinismo. Sugacapo: asciugatoio. T Tapezarie: tappezzerie, rivestimenti da parete. Tella: tela. Terzarolo: la vela minore della nave. Forse detta così per esser quasi un terzo di una vela grande. Transtullarme: divertirmi, rallegrarmi, trascorrere il tempo in giochi. Trincheto (trinchetto): albero dell’imbarcazione collocato verso la prua. Turcimano: dragomanno, guida, interprete. U-V-Z Ucelando: beffando, burlando. Uga: uva. Ultramontani: transalpini, con riferimento alle popolazioni che stanno oltre le Alpi. Vella quadra: vela quadra. 292 GLOSSARIO Vespero: vespro. Virtute: virtù. Virtute a la spagnola: mancanza di virtù. Volgarmente: comunemente. Zà: già. Zambelloti: panni o copricapi di pelo di cammello o di capra. Zelestre: celeste. Zibre: pianelle a zoccolo, portate molto alte alla corte di Ludovico il Moro. Zoie: gioia, passato poi ad indicare pietra preziosa e gioielli. Zoè: cioè. Zoso: giù. Zupono: giubbone; abito stretto, corto e senza bavero, che copre il busto. Ad esso si allacciavano le calze e i calzoni. 293 Indice dei luoghi* * Le indicazioni topografiche, quando non appaiono comprovate dalle cognizioni attuali, sono da ritenersi riferite al testo del Casola. A Abiategrasso (Abbiategrasso): cittadina sul Ticino, a sud di Magenta e a sud-ovest di Milano, famosa per il castello di Filippo Maria Visconti, duca di Milano. Acri (Akko, S. Giovanni d’Acri): nota città costiera della Palestina, era l’antica Ptolemaide. Adese (Adige): fiume emissario del lago di Resia, sulle Alpi Venoste, che sfocia nel golfo di Venezia tra Chioggia e Rosolina. Albania: stato della penisola balcanica, compreso tra la Dalmazia e la Grecia. Ales (Halles): località francese, nel dipartimento della Meuse, a 8 km sud-ovest di Stenay. Ambrosio (Ambrogio), Santo (chiesa di): a Milano. Andrea, San (isola di): piccola isoletta a sud di Zara, da non confondere con un’isola omonima a sud di Rovigno. Andrea, Santo (chiesa di): a Venezia, sull’omonima isola, vicino all'isola di S. Elena. L’isola era occupata anche da un castello posto all’altra fortezza, il castello di S. Nicola. Angera (Angera): a sud-est del lago Maggiore, opposto a Arona. Antivari: città costiera a sud di Budua e a nord di Durazzo. Antonio, San (Chiesa e monastero di): a Venezia, presso i giardini pubblici, alla punta estrema dell’isola. La chiesa venne costruita nel 1346 e occupata dai canonici regolari di S. Agostino e poi nel 1471 dai canonici di San Salvatore. Fu distrutta nel 1807. 297 INDICE DEI LUOGHI Anversa: città e principale porto del Belgio, sulla Schelda, a 88 km dal mare. Aquilegia (Aquileia): città del Friuli, a 37 km da Udine, presso la laguna di Grado. Arcadia: regione del Peloponneso. Arcenale (Arsenale): è la grandiosa officina navale di Venezia, risalente al XII sec., più volte ampliata, situata a nord della riva degli Schiavoni, presso la. grande Darsena. Arena: a Verona. Augustino, Santo (chiesa di) (chiesa di Sant’Agostino): a Rodi. B Babilonia: città della Mesopotamia, sull’Eufrate. Sotto il regno di Nabucodonosor, vi fu deportato il popolo ebreo (586-538). Bacano, foresta di: località a. 27 km, a nord-est, di Roma. Nel Medioevo serviva da ricovero per numerose bande di briganti. Barbantia (Brabante). Barbaria (Barberia): antico nome dell’Africa settentrionale. Baruthi (Beiruth): nota città del Libano. Bethania (El-Azariyeh): località della Giudea, alle falde orientali del monte Oliveto, vicino a Gerusalemme, dove Cristo resuscitò Lazzaro. Bethelem (Bethlehem): città a 9 km sud da Gerusalemme. Sulla via di Betlemme morì Rachele. Luogo di nascita di Davide e Gesù. Nella chiesa della Natività Girolamo tradusse la Bibbia in latino. Bianco, capo: promontorio della costa meridionale dell’isola di Cipro. 298 INDICE DEI LUOGHI Boiana: torrente del sud-est del lago di Scutari che si getta nel mare tra Dulcigno e San Giovanni di Medua. Brenta, fiume: fiume veneto. Bressa, Brixia (Brescia). Briona (isole Brioni): isole dell’Istria di fronte a Pola. Broleto (Broletto): a Milano, era il Palazzo di Corte, residenza dei Visconti. Il nome è popolare da Broglio ‘giardino’. Budua (Budva): città costiera del Montenegro a sud di Ragusa. C Calci (Calcio): località della Lombardia. Canale Grande: la maggiore via d’acqua intema della città di Venezia. Candia (Iraklion): città e porto settentrionale dell’isola di Creta, isola principale del Mar Egeo, vicina all’antica Cnosso. Caravagio (Caravaggio)comvine della Lombardia, situato tra Milano e Broscia. Carcere (Prigioni o i Piombi): a Venezia, costruite accanto al Palazzo Ducale e collegate ad esso dal noto Ponte dei Sospiri, verso la riva degli Schiavoni. Carnaro, el (Quarnero): golfo dell’Istria. Carrara. Cassina de’ Rotuli: località non identificata della Lombardia. Castello di Pisani: situato al di fuori delle porte della città di Gerusalemme, sulla strada per Giaffa, segno dell'antica potenza di Pisa nella Palestina. Castellonovo: località non identificata. Caterina, Santa (monastero): il monastero della Trasfigurazione costruito verso il 550 sul monte Sinai; secondo la 299 INDICE DEI LUOGHI leggenda, gli angeli avrebbero trasportato il corpo di santa Caterina d’Alessandria, fatta uccidere dall’imperatore MassiminoDaia (309-313). Cavo de le gate: identificato probabilmente con La Cava, località a 2 miglia sud-ovest di Nicosia, era l'antico Capo Curias di Erodoto. Cedron, valle del: a est di Gerusalemme, detta anche valle di Josafat. Cenacolo: luogo in cui Cristo istituì l’eucarestia, sul monte Sion, accanto alla chiesa della Dormizione, a sud di Gerusalemme. Cephalonia (Cefalonia / Kefallinia): isola della Grecia, situata di fronte ad Itaca, nel mare Ionio. Cerigo, isola di (Kithira): isola a sud del Peloponneso, a sud del capo Maleo, nel golfo di Laconia; è l’antica Cythera. Cerro, torrente el (fiume Serio): fiume della Lombardia. Cesto, capo: promontorio dell’Albania, probabilmente a nord di Spalato. Cicerigo, isola di (Cerigotto, Andikithird): isola a sud di Cerigo; è l’antica Aegilia. Cypri (Cipro): isola del Mediterraneo a sud della Turchia. Como. Corbeta (Corbella): piccola località a 18 km, a sud-ovest di Milano, sulla strada tra Milano e Magenta. Corffu (Corfù): isola del Mar Ionio, di fronte al confine tra Albania e Grecia. È l’antica Corcira. Coron (Corone): cittadina del Peloponneso a sud di Methoni, su di un promontorio all’estremità occidentale del golfo di Messene. Corzula (Curzola/ Korcula): isola della Dalmazia. Cremona. Cucai (Coccaglio): località della Lombardia, nella provincia di Brescia. 300 INDICE DEI LUOGHI D Dalmatia: regione della Croazia, a sud dell’Istria. Damasco: capitale dell’antico sultanato di Siria. Dionisio, santo (chiesa di) (San Dionigi): chiesa di Milano; al tempo di Casola la chiesa di S. Dionigi era al di fuori della città, vicino a Porta Orientale. Dominico de Observantia, San (monastero de): a Ragusa. Domenico, San (chiesa di): a Venezia. Ducato, capo de (Duchy): capo presso l’isola di S. Mauro, isola dello Ionio, a nord di Cefalonia. Dulcino (Dulcigno): località dell’Albania a nord di Durazzo. E Egypto (Egitto). Elena, Santa (chiesa e monastero di): a Venezia, situata sull’omonima isola, alla punta estrema della città lagunare. Emmaus (El-Kubeibeh): antico centro della Palestina, a 10 km nordovest di Gerusalemme. Episcopia, isola (Piskopi - Télos): isola delle Sporadi, a sud dell’isola di Coo. Ercario: El Cairo (II Cairo). Eusino, mare: vedi golfo di Natalia. F Famagosta (Famagosta): città costiera, situata ad est, nell’isola di Cipro. Fanatico, sino: insenatura del mare Adriatico, presso Pola. 301 INDICE DEI LUOGHI Fasana (Fazana): villaggio dell’Istria sud-occidentale, a 9 km da Fola. Ferrara. Fonte di Heliseo (fonte di Eliseo): in Palestina, presso Gerico. Ancora oggi, la maggior parte delle sue acque alimenta l’oasi di Gerico. Francesco a li Conventuali, San (chiesa di) (Santa Maria Gloriosa dei Frari): a Venezia, situata tra Rio di S. Polo e Rio di Ca’ Foscari. Costruita dai Francescani nel 1340-1443, conserva i monumenti dei Dogi F. Foscari e N.Tron e un altare con S. Ambrogio e i Santi. Francesco in le Vigne, San (chiesa di) (San Francesco della Vigna): a Venezia, oltre l’Arsenale, tra Rio di S. Giustina e il Canale delle Galeazze. Fu costruita da Marco Ziani nel 1253, fratello del Doge Pietro Ziani. Francesco, Santo (chiesa di): chiesa dell’isola di Candia. Francesco, Santo (convento di): a Methoni. Francesco, Santo (monastero): a Ragusa. Franza (Francia). G Gallate, porto de (Galliate): sulla riva est del Ticino, di fronte a Galliate, a nord-ovest di Milano. Gazara (Gaza): città situata sulla fascia costiera meridionale della Palestina verso il confine con l’Egitto. Georgie de Alga, San (monastero di) (San Giorgio): costruito su di una piccola isola tra Venezia e Fusina. Georgio Mazore, San (chiesa di) (San Giorgio Maggiore): a Venezia. Sorge sull’isoletta omonima, di fronte al molo di S. Marco. Georgio, San (chiesa di): presso Malcasale, vicino a Ramla. Grecia, mare di (mare Egeo). 302 INDICE DEI LUOGHI H Herode, casa di (casa di Erode); nella vecchia Gerusalemme, nel quartiere armeno. Hierico (Gerico o Teli es-Sultān): oasi della Palestina, presso il Mar Morto; prima città conquistata da Giosuè, le cui mura caddero al suono delle buccine. Qui Gesù risanò il cieco Bartimeo. Hospitale de S. Johanne (Ospedale di S. Giovanni): a Gerusalemme. I-J Ispania (Spagna). Israel (Israele). Jadra: vedi Zarra. Jerusalem (Gerusalemme). Johanne e Paolo, Santi (chiesa di) (Santi Giovanni e Paolo o S. Zanipolo); chiesa gotica di Venezia, vicino al Rio dei Mendicanti e all’Ospedale Civico (l’ex Scuola di S. Marco), eretta dai Domenicani dal 1246 al 1430. Jonio, mar. Joppe: vedi Zaffo. Jordano (Giordano): fiume della Palestina, nelle cui acque Gesù ricevette il Battesimo da parte di Giovanni il Battista. Josaphat, Valle di (Valle di Giosafat): a est della vecchia Gerusalemme, di fronte alla spianata del tempio, dove sorgono le moschee, di fronte alla Porta d’oro. Judea (Giudea). 303 INDICE DEI LUOGHI L La Canuta: città della Siria, a sud di Acri e a nord di Jaffa. La Fenice (castello Rugi); confuso da Casola con la città di Lycia. La Murata: a nord di Zara. Lausanensis diocesis (Lodi): cittadina della Lombardia a 32 km sud-est di Milano. Le due Castelle (i due Castelli): i castelli di S. Andrea e S. Nicoletto, all’ingresso del Lido di Venezia. Lesna, Fara (Lesinal Losinj): isola della Dalmazia, di fronte a Trau e Spalato. Limisso (Limassol): città dell’isola di Cipro, sulla costa meridionale. Lissa, isola di: isola della Dalmazia a nord-ovest di Lesna. Lombardia. Lonate o Lonato (Lonato): comune della Lombardia, situato presso Desenzano del Garda. Longo, isola de (isola di Coos / Kos): isola del Dodecaneso, a nord ovest di Rodi; patria di Ippocrate. Loreto: località a 28 km da Ancona sede del famoso santuario mariano. M Malcasale: località della Palestina, tra Giaffa e Gerusalemme. Maleo, capo (capo Malia / Akra Maleas): capo estremo del Peloponneso. Marco, Santo (chiesa di): la nota basilica di Venezia costruita nella piazza omonima, nel IX sec., per custodirvi il corpo di s. Marco, trafugato da Alessandria d’Egitto nell’828. 304 INDICE DEI LUOGHI Maria de l’Orto, Santa (monastero di): nella zona nord di Venezia, verso la sacca della Misericordia. Maria de la Caritate, Santa (chiesa e monastero di): una delle più vecchie chiese di Venezia, costruita nel 1120 per offerta di Marco Zulian. Nel 1260 la congregazione della scuola della Carità vi costruì il proprio convento. Maria de la Vìctoria, Santa (chiesa di): a Rodi, costruita per opera del Gran Maestro Pietro D’Aubusson, dopo la vittoria sui Turchi (1480). In questa chiesa venne seppellito il Trivulzio. Maria dei Servi, Santa (chiesa di): a Venezia, la chiesa, terminata nel 1474 e distrutta nel 1813, sorgeva presso la chiesa dei Santi Apostoli. Maria delle Gratie, Santa (chiesa di): a Lesna. Maria delle Zelestre, Santa (convento di): a Venezia, costruito nel 1237, nel 1810 fu inglobato all’interno dell’Arsenale. Maria, Santa (chiesa di): a Venezia. Melida, isola di (Meleda): isola della Dalmazia, a sud di Curkula. Milano. Modono (Modano, Methoni), cittadina del Peloponnese, situata sulla costa sud-occidentale della Messenia, a 7 km da Na-varino. Monastero dell’ordine di Santa Clara: a Venezia, probabilmente dove oggi sorge ancora la chiesa di Santa Chiara, presso la stazione Santa Lucia e l’autorimessa che congiunge la città a Mestre. Montanee judee (Ain Karim): luogo presso la Gerusalemme ebraica odierna, collina presso la quale si dice Maria fece visita alla cugina Elisabetta. Sulla collina opposta sorge la Chiesa di S. Giovanni Battista dove nacque Giovanni il Battista. Moria, monte: a Gerusalemme. Moschea (moschea di Ornar e moschea el-Aqsā): sulla spianata del Tempio di Salomone, sorgono oggi le due moschee; quella di Ornar fu costruita nel 687-691 e quella El-Aqsā nel 705-715. Murano: isola del Lido di Venezia. 305 INDICE DEI LUOGHI N Nabule (Sichem, Nablus, Naplusa): città della Palestina, capoluogo della Samaria; fu fondata da Tito presso la distrutta Sichem (70 a.C). Natalia golfo di, città di N. (Adalia o Sadalia): città costiera della Turchia, a nord di Cipro. Nicola, Santo (castello di): a Venezia. Era costruito alla estremità nordovest del Lido. Nicolao de Lido, San (chiesa di) (San Nicolo del Lido): chiesa di Venezia costruita all’ingresso del porto del Lido per ordine del Doge Domenico Contarmi. Nicolò, San (torre di): a Rodi. Nicolò, Santo (chiesa di): a Parenzo. Nicosia: città dell’isola di Cipro, situata nell’entroterra dell’isola. Nio, isola di (Nios): isola delle Cicladi a nord di Santorino. Nissan, isola (Nisiro): isola del Dodecaneso, situata vicino all’isola di Coo, ad ovest di Rodi. Nostra Dona a la Fontana (chiesa di): presso il fiume Serio, in Lombardia. Nostra Dona de li Miraculi (chiesa di) (Santa Maria dei Miracola) a Venezia, sorge tra la chiesa dei Santi Apostoli e la chiesa dei Santi Giovanni e Paolo. Opera del Rinascimento. Nostra Dona de Loreto (Nostra Donna di Loreto): noto santuario mariano delle Marche, meta di pellegrinaggi. O Oliveto, monte (monte degli Ulivi): luogo situato di fronte alla Porta di Santo Stefano, a nord-est, fuori della vecchia 306 INDICE DEI LUOGHI Gerusalemme. Noto anche come Monte dell’Ascensione, memoria del luogo dove Cristo ascese al Ciclo. Orientale, porta: a Milano. P-Q Padua (Padova). Palazolo (Palazzolo): cittadina sul fiume Oglio, a 28 km da Brescia. Papho (Pafos): città dell’isola di Cipro, sulla costa sud-occidentale. Parenzo (Porce): città centro-occidentale dell’Istria, 66 km a nord di Pola. Paris, isola di (Paros): isola delle Cicladi. Peschera (Peschiera): comune del Veneto, situato a sud del lago di Garda. Petro, Santo (castello di) (castello di S. Pietro): a Venezia, sull’isola omonima, tra la Grande Darsena e l’isola di S. Elena. Pillato, casa di: nella zona di Gerusalemme dove era situato il Pretorio, sulla strada che sale dalla Piscina Probatica e dalla chiesa di S. Anna. Pioltello: cittadina del milanese tra Lambiate e Cernusco. Pissina Probatica (Piscina di Bethesda): presso la porta di S. Stefano, a nord-est di Gerusalemme, vicino alla chiesa di S. Anna. Po, fiume. Prodano, scoglio de (mar Jonio / Cicilia): isoletta a sud di Zakintos. Puglia. Quarantana, monte della (monte dalla Tentazione, Jabal Al-qarantal): monte ad occidente di Gerico. Quarnaro, golfo del (Golfo del Quarnaro o Carnaro): golfo dell’Adriatico settentrionale tra la costa est dell’Istria e la Dalmazia, in fondo al quale si apre il porto di Fiume. 307 INDICE DEI LUOGHI R Rages medorum (Rai): città della Media, presso il Mar Caspio a circa 9 km sud-est di Teheran. Ragusa (Dubrovnik): città costiera della Croazia. Rama (Rames-Ramla): città della Palestina a circa 15 km da Giaffa. Rethemo (Rethymnon): città dell’isola di Candia, situata a nord-ovest dell’isola. Realto: il ponte più maestoso di Venezia, costruito sul Canal Grande, tra il Fondaco dei Tedeschi e Palazzo Manin. Rodi: isola principale del Dodecaneso, la cui maggiore città si chiama Rodi. Roma. Romania. Rotonda, Santa (chiesa di): è il Pantheon di Roma, il tempio fatto costruire nel Campo Marzio da m. Vespasiano Agrippa, genero di Augusto, nel 25 a.C.; nel 609 fu dedicato alla Madonna e ai martiri da papa Bonifacio IV; popolarmente era detto “La Rotonda”, dalla sua forma architettonica. Rovino: cittadina costiera dell’Istria, a nord di Pola e a 17 km sud di Parenzo. S S. Croce: chiesa di Gerusalemme. S. Jeronimo, scoglio di: presso Parenzo. S. Nicola de Carichi, isola di (isola di Kherki): isola del Dodecaneso, a sud-ovest di Rodi. Salvatore, San (monastero di): chiesa presso Rialto. Santo Sepulcro: chiesa sul luogo della quale secondo la tradizione cristiana. Gesù venne crocifìsso e sepolto; è situato nel quartiere cristiano di Gerusalemme. Al suo interno è divisa in: 308 INDICE DEI LUOGHI cappella della Crocefìssione situata sul Calvario; altare dell’Addolorata dove Maria stava presso la Croce di Cristo; cappella di S. Maria Maddalena dove Cristo apparve alla donna vestito da ortolano; cappella dell’apparizione a Maria dove Gesù apparve alla madre; altare della Colonna dove si troverebbe la colonna dove Cristo fu flagellato; altare dell’invenzione della Croce nel sotterraneo dove da Elena, madre di Costammo, fu trovato il vessillo; Tomba del Redentore con lo stanzino annesso, dove sedeva l’Angelo; Pietra dell’unzione dove il corpo di Cristo venne unto e profumato di olii da Giuseppe di Arimatea. Santurino, isola di (isola di Cantorino / Thira): isola meridionale delle Cicladi. Sasino, isola di (Siena): isola dell’Albania, di fronte a Valona. Satalia, golfo di (Adalia): golfo meridionale dell’Asia Minore. Schiavonia (Slavonia). Saline o lago di San Lazzaro: a Cipro, vicino a Limasol e Larnaca. Seprio, lago di: in Italia, gruppo di piccoli laghi a sud-est del lago Maggiore, di cui il lago di Varese è il più grande. Siloe, natatoria di: a sud est della vecchia Gerusalemme. Symeone, Santo (chiesa de): a Zara. Simie, isole delle (Symi): isola del Dodecaneso, a nord-est di Rodi, vicino alla penisola di Resadiye, in Turchia. Synay (Sinai): penisola montuosa tra l’Egitto e la Palestina. Sion, monte: monte a sud della vecchia Gerusalemme. Sopra Porto (Pelorosso): sul Malomocco, zona di ancoraggio, del lido Venezia. Spalato (Spit): città della Dalmazia. Stagno (Ston): località a nord di Ragusa. Subenico (Sebenico): città costiera della Schiavonia. 309 INDICE DEI LUOGHI T Tavernelle: cittadina situata tra Vicenza e Montecalvo Maggiore. Tempio, luogo del (Har Ha-Moriyya): luogo dove sorgeva il Tempio fatto costruire dal Re Salomone nel X sec. a. C. e distrutto nel 70 d.C. dall’imperatore Tito. Oggi è la sede delle moschee musulmane. Ticinese, porta: a Milano. Tito, Santo (cathedrale di): chiesa di Candia, sede del Vicario dell’arcivescovo. Trau / città Treguriense (Traù): città della Dalmazia, vicina a Spalato. Trigesimo, sino: golfo di Trieste. Tripoli: città della Siria. Triviso (Treviso). Turbigo, porto de: a ovest del Ticino, a nord di Magenta e nord-ovest di Milano. U-V Ungaria (Ungheria). Venezia, Venetia (Venezia). Verona. Vicenza. Victore al Pozo, Santo (chiesa di) (S. Vittore al pozzo): chiesa di Milano, esistevano due chiese dedicate a S. Vittore, oggi entrambe sono state distrutte. Nel distretto di Porta Ticinese. Villanova (Villanova Camposampiero): cittadina a 14 km nord-est da Padova. 310 INDICE DEI LUOGHI Z Zacharia, Santo (chiesa di): a Venezia, vicino alla riva degli Schiavoni, presso palazzo Ducale. Chiesa in forma gotica eretta nel XV sec.. Zaffo/ Joppe (Giaffa): porto pricipale dello stato di Israele. Zanto, isola di (Zante / Zakynthos): isola della Grecia, situata di fronte al Peloponneso. Zarra/ Jadra (Zara): città costiera della Dalmazia. 311