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Uno schiaffo alla povertà - La vita – Giornale Cattolico Toscano

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Uno schiaffo alla povertà - La vita – Giornale Cattolico Toscano
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LaVita
32
Anno 117
dal 1897
G I O R N A L E
C A T T O L I C O
21 SETTEMBRE 2014
T O S C A N O
e1,10
1,10
e
Uno schiaffo alla povertà
M
entre il governo sta raschiando
per l’ennesima volta il barile,
chiedendo a tutti i ministeri
un taglio di spese pari al 3%, ci
arriva una notizia sconcertante
che suscita in tutti i benpensanti, a qualunque categoria appartengano, un
movimento di rabbia e di ribellione: a colui che lascia la direzione della casa automobilistica Ferrari
viene elargita, a titolo di liquidazione, la somma
di 27 milioni di euro. Indignez vous! Le parole di
Stéphane Hessel vengono a proposito. “Indignatevi!”. Con chi? Con tutti, cominciando da noi stessi.
Di siffatte conclusioni siamo tutti in qualche modo,
corresponsabili, se non altro per il nostro silenzio,
la nostra indifferenza, il nostro disinteresse. Tutti
insieme abbiamo creato questa dittatura del denaro che minaccia da vicino la pace e la democrazia.
La notizia è su tutti i giornali, risuona in tutte le
trasmissioni, percorre tutte le agenzie, messa ovunque in piena evidenza, perché si capisce che siamo
dinanzi a qualcosa di aberrante e di scandaloso; ma
non è stato per niente facile, percorrendo l’intero
variopinto panorama massmediatico, trovare parole di condanna e di riprovazione. Segno evidente
che a questo genere di notizie ormai ci siamo abituati e rassegnati. Ed è esattamente questo il male
più grave. “L’indifferenza è la peggiore delle attitudini”, ha detto ancora l’autore prima ricordato.
Una società che ha perduto anche la sua capacità
di indignarsi e di reagire con forza dinanzi a certi
avvenimenti, ha ormai smarrito se stessa, ha perduto irrimediabilmente la fedeltà ai valori che, soli, la
possono mantenere in vita e assicurarle un futuro.
Nessuno può pensare a una totale uguaglianza
fra i membri di una società. Sarebbe anche questa
una forzatura che non reggerebbe a lungo e produrrebbe danni altrettanto gravi, anche se di senso
opposto. Le differenze vanno rispettate e i meriti
devono essere riconosciuti. L’uguaglianza imposta,
ce lo ricorda anche il passato recente, produrrebbe
la stasi, il disordine, la morte e, alla resa dei conti,
sposterebbe il campo dei privilegi in altra direzione, senza minimamente bloccarne l’espansione.
Non bisogna fraintendere: quando il magistero
sociale della chiesa richiama le esigenze dell’uguaglianza, pensa a una uguaglianza sostanziale che,
se ammette differenze, queste non potranno essere
che relative. Certe sperequazioni non hanno diritto
di esistere in una società solidale, amicale e fraterna. Perché poi è chiaro per tutti che una liquidazione di questo genere implica anche uno stipendio
della stessa entità. Così i soldi vanno ai soldi e l’ingiustizia genera altra ingiustizia. Una logica, come
ben sappiamo, che fa i ricchi sempre più ricchi e i
poveri sempre più poveri. È la legge del piano inclinato: si scende, si cala finché non arriverà il pianerottolo. Ma quando?
L’indignazione dovrebbe caratterizzare specialmente i cristiani, abituati a considerare gli uomini
come fratelli, figli dello stesso Padre, e i poveri
come l’oggetto primario del proprio affetto e della
propria considerazione. Una indignazione non fine
a se stessa, ma funzionale, destinata cioè a produrre energie sufficienti nei singoli e nell’intera comunità per rovesciare o almeno cambiare la situazione. Un mondo diverso è possibile: per il cristiano
non c’è una convinzione più forte e più efficace di
questa.
Anzi, riflessioni come quelle suscitate per questo
ennesimo scandalo potrebbero essere prolungate
fino a farci porre problemi anche più profondi e
più radicali. Li richiamiamo con le parole di uno dei
maggiori biblisti del nostro tempo, che ha trascorso
l’intera vita a riflettere sul pensiero biblico della
ricchezza e della povertà e che, confrontando l’insegnamento della Parola di Dio con la nostra situazione, si è addirittura chiesto se, per caso, non siamo dinanzi al “fallimento di 2000 anni di cristianesimo”. “La nostra civiltà occidentale in particolare
– ha scritto -, anche se cerca di operare un taglio
con le proprie fondamenta, è una civiltà fondata
sul cristianesimo. Com’è mai possibile che in una
tale civiltà il motore che la manda avanti risulti più
spesso il denaro che il servizio? Com’è possibile che
il solo modo di riconoscere i servizi di qualcuno sia
quello di pagarlo di più? La sola ricompensa che
uno dovrebbe aspettarsi non è piuttosto il fatto di
aver potuto rendere un servizio?”. Parole forti che
distano anni luce dal nostro modo di pensare e di
comportarsi. Parole che dovrebbero farci riflettere
seriamente sulla ispirazione dei pensieri che abbiamo ormai impunemente accettato.
In più, non dovrebbe essere messa in conto anche la soddisfazione che determinate professioni si
portano con sé e, per altro verso, la fatica fisica a
volte snervante, quasi disumana, che operai impiegati in altro genere di lavori sono costretti a subire
quotidianamente? Appellarsi alla responsabilità per
giustificare aumenti spropositati di compensi ha
poco senso perché tutti, anche un semplice muratore, portano per sempre con sé la responsabilità
giuridica del proprio lavoro. Ricordiamo infine che
queste eccessive disparità di trattamento sono proliferate in questi ultimi decenni. Un grazie di cuore
a certo capitalismo selvaggio.
Giordano Frosini
UN MONDO
SENZA POVERTà
SI CONTINUA
A MORIRE
NEL NOSTRO MARE
L’economista Muhammad
Yunus, premio Nobel
per la pace nel 2006, sogna
un mondo dove la povertà
sia eliminata. Un rimprovero
al mondo cristiano?
L’ennesima denuncia per
il disinteresse che mostra
la comunità europea per
una tragedia che continua
senza interruzioni
PAGINA 2
PAGINA 13
“la guerra
è una follia”
La condanna di Papa
Francesco che denuncia la
diffusa industria delle armi
PAGINA 4
ripartono
da madrid
i cattolici
per l’europa
Nella capitale spagnola
i cattolici riflettono
sull’importanza della dottrina
sociale della chiesa
PAGINA 15
2
primo piano
n. 32 21 Settembre 2014
Vita
La
UN MESSAGGIO DA RICEVERE
Un mondo senza povertà
La testimonianza
impressionante di
uno che, forse non
conoscendo
nemmeno Gesù
Cristo, parla un
linguaggio simile
al suo.
L’ideale di un
mondo senza
povertà dovrebbe
essere il sogno di
ogni cristiano. Una
lezione da recepire
pienamente nella
consapevolezza che
lo Spirito Santo
opera anche al di
fuori della chiesa.
Pubblichiamo una
sorprendente
pagina del suo libro
“Un mondo
senza povertà”
E
cco una lista dei miei
sogni, quelli che vorrei
vedere diventare realtà
nel 2050. È vero, sono
solo sogni, ma l’importante, quello che spero, è che in
gran parte siano anche i vostri così
come fra quelli che ciascuno di voi
coltiva ce ne sono sicuramente
moltissimi che sono a mia volta
pronto a condividere.
• Non ci saranno più poveri,
mendicanti, bambini di strada, in
nessun posto del mondo. Ogni
paese avrà il proprio museo nazionale della povertà e quello globale
si troverà nel paese che ne è uscito
per ultimo.
• Non ci sarà più bisogno di
visti e passaporti per nessuno, in
qualunque posto voglia andare.
Tutti gli abitanti della Terra saranno
cittadini globali a tutti gli effetti e
godranno di pari diritti.
• Non ci saranno più corse
al riarmo, guerre e militari per
combatterle. Non ci saranno più
ordigni nucleari o altre armi di distruzione di massa.
• In tutto il mondo non ci
saranno più malattie incurabili,
tumori e Aids compresi. Le malattie diventeranno qualcosa di raro,
qualcosa che saremo in grado di
curare e guarire alla prima manifestazione. Tutti potranno disporre
di assistenza medica ad alto livello
e la mortalità infantile, assieme a
quella per parto, non saranno che
ricordi del passato.
• Ci sarà un sistema educativo
globale accessibile a tutti in ogni
parte del mondo. Tutti i bambini
imparare e crescere con entusiasmo e divertimento. Tutti i bambini
Muhammad Yunus è ideatore e realizzatore del microcredito moderno, ovvero di un sistema di piccoli prestiti destinati
ad imprenditori troppo poveri per ottenere credito dai circuiti bancari tradizionali. Per i suoi sforzi in questo campo ha
vinto il premio Nobel per la pace nel 2006. Yunus è anche il fondatore della Grameen Bank, di cui è stato direttore dal
1983 al 2011.
Verso la metà del 1974 il Bangladesh fu colpito da una violenta inondazione, a cui seguì una grave carestia che causò
la morte di centinaia di migliaia di persone. Il paese è periodicamente devastato da calamità naturali e presenta una
povertà strutturale in cui il 40% della popolazione non arriva a soddisfare i bisogni alimentari minimi giornalieri. Fu in
quest’occasione che Yunus si rese conto di quanto le teorie economiche che egli insegnava fossero lontane dalla realtà.
Decise, dunque, di uscire nelle strade per analizzare l’economia di un villaggio rurale nel suo svolgersi quotidiano. La
conclusione che egli trasse dall’analisi fu la consapevolezza che la povertà non fosse dovuta all’ignoranza o alla pigrizia
delle persone, bensì al carente sostegno da parte delle strutture finanziare del paese. Fu così che Yunus decise di
mettere la scienza economica al servizio della lotta alla povertà, inventando il microcredito moderno.
Il suo primo prestito fu di soli 27 dollari Usa, che prestò ad un gruppo di donne del villaggio di Jobra, che producevano mobili in bambù. Esse erano costrette a vendere i loro prodotti a coloro dai quali avevano preso in prestito
le materie prime ad un prezzo da essi stabilito. Questo riduceva drasticamente il margine di guadagno di queste
donne e le condannava di fatto alla povertà. D’altra parte, le banche tradizionali non erano (e non sono) interessate al finanziamento di progetti tanto piccoli che offrivano basse possibilità di profitto a fronte di rischi elevati.
Yunus e i suoi collaboratori cominciarono a battere a piedi centinaia di villaggi del poverissimo Bangladesh,
concedendo in prestito pochi dollari alle comunità, somme minime che servivano per attuare iniziative imprenditoriali.
Tale intervento ha avviato un circolo virtuoso, con ricadute sull’emancipazione femminile, avendo Yunus fatto leva sulle donne affinché
fondassero cooperative che coinvolgessero ampi strati della popolazione.
Il “sistema Yunus” ha provocato un cambiamento di mentalità anche all’interno della Banca Mondiale, che ha cominciato ad avviare progetti simili. Il
microcredito è diventato così uno degli strumenti di finanziamento utilizzati in tutto il mondo per promuovere lo sviluppo economico e sociale.
cresceranno condividendo la propria esperienza e facendosi carico
di quella degli altri, convinti che
il proprio sviluppo debba essere
compatibile con quello di tutti.
• Il sistema economico favorirà
la condivisione delle risorse da parte dei singoli individui, delle aziende
e delle istituzioni in modo che tutti
contribuiscano al benessere di ciascuno fino a cancellare le sperequazioni nel reddito. Disoccupazione
e stato assistenziale diventeranno
parole disusate.
• Le imprese con finalità sociali
rappresenteranno una quota importante del sistema economico.
• Ci sarà un’unica valuta globale
e nessuno userà più banconote o
monete.
• Sarà sviluppata una tecnologia
per rendere accessibili e facilmente
controllabili tutti i conti correnti
e le transazioni riconducibili a
uomini politici, funzionari dello
stato, uomini d’affari, servizi segreti,
organizzazioni clandestine e gruppi
terroristici.
• Tutte le persone del mondo
potranno accedere facilmente a
ogni tipo di moderno servizio finanziario.
• Tutti si impegneranno a fondo
per mantenere un tenore di vita
sostenibile ricorrendo a tecnologie adeguate. La maggior parte
dell’energia verrà ricavata dal vento,
dal sole e dall’acqua.
• Sapremo come prevedere terremoti, cicloni, tsunami e altri tipi
di calamità naturali con precisione
e tempestività sufficienti a rendere
minimi i danni e le perdite in vite
umane.
• Non ci saranno più discriminazioni basate sulla razza, la religione, il colore della pelle, il sesso,
l’orientamento sessuale, le convinzioni politiche, la lingua, la cultura o
su altri fattori.
• Non si userà più la carta e
non ci sarà più bisogno di tagliare
alberi. Se necessario useremo solo
carta sintetica, riciclabile e biodegradabile.
• La connettività informatica
sarà senza fili e praticamente gratuita.
• Tutti potranno leggere e ascoltare qualsiasi cosa usando solo la
propria lingua. La tecnologia farà
sì che pur continuando a scrivere,
leggere o parlare nella nostra lingua,
chi ci ascolta o chi ci legge percepi-
sca il messaggio nella sua. Ci saranno software e dispositivi in grado di
fornire la traduzione simultanea sia
del discorso parlato sia di qualsiasi
file. Potremo guardare qualsiasi
canale televisivo e ascoltare l’audio
nella nostra lingua.
• Ogni cultura, ogni religione
e ogni gruppo etnico potranno
svilupparsi in piena libertà e contribuire così sul piano della bellezza
e della creatività alla meravigliosa
orchestra dell’umanità.
• Ovunque si potrà vivere in
un’atmosfera di continua innovazione, di positiva evoluzione istituzionale e di rielaborazione critica di
idee e concetti.
• Per tutti questo sarà un
mondo di pace, amicizia e armonia
capace di allargare i confini delle
potenzialità umane.
Si tratta di obiettivi che potremo sicuramente raggiungere se
lavoreremo a questo scopo, ed è
mia convinzione che, inoltrandoci
nel futuro, troveremo questi sogni
sempre più alla nostra portata. La
parte difficile è prepararci adesso,
perché quanti più saremo a condividere i medesimi obiettivi, tanto più
rapidamente potremo raggiungerli.
Vivere la vita e il lavoro quotidiano
ci assorbono a tal punto che dimentichiamo di guardare fuori dalle
finestre della nostra esistenza per
fare il punto sulla situazione globale
e riflettere sulla direzione che vogliamo prendere.
E una volta che è chiaro dove
si vuole arrivare, arrivarci diventa
molto più facile.
Dovremmo provare tutti a buttar giù una lista dei sogni, pensando
per esempio a come ci piacerebbe
trovare il mondo quando andremo
in pensione. Una volta compilata,
questa dovrebbe essere sempre
appesa al muro per ricordarci ogni
giorno di controllare se le cose
stanno andando un po’ in quella
direzione.
Poi dovremmo impegnarci e
fare pressione perché coloro che
hanno responsabilità di guida nella
nostra società (capi di partito, professori universitari, capi religiosi,
industriali) ci portino effettivamente dove vogliamo andare. Abbiamo
una sola vita da vivere, dobbiamo
viverla secondo le nostre inclinazioni e la scelta della rotta è un nostro
diritto.
Vita
La
“
Ogni litigio, ogni stanchezza, ogni desiderio
altro, sono macchie, indebolimenti, sacrilegi
contro la perfezione, segni di declino.
Quindi, avendoli accumulati nel tempo, ci di deve lasciare perché non si
sopporta che dentro il rapporto ci
sia anche il dolore o il ricordo di
momenti tristi”.
È vero che il libro vincitore
del Premio Strega 2014 non è un
romanzo (ma neanche il “Tolstoj” di
Citati e la “Storia della mia gente”,
di Nesi, anch’essi vincitori al Ninfeo
di Villa Giulia, lo erano) e che di
per sé questo viene considerato
un vizio d’origine, imperdonabile
per molti.Tuttavia questo “difetto di
fabbrica” di “Il desiderio di essere
come tutti” (Einaudi, 261 pagine) di
Francesco Piccolo è compensato da
alcuni meriti. Il primo, come avrete
capito dalla citazione iniziale, è quello
di rovesciare il mito della assoluta
perfezione del rapporto amoroso,
per cui, alla prima manifestazione
di imperfezione o di inadeguatezza,
inizia la parabola discendente. Il
messaggio è che bisogna accettare
i difetti dell’altro, al di là di miti di
perfezioni inesistenti se non nei serial televisivi, perché altrimenti ci si
consegna alla infelicità e alla paranoia.
Il secondo è che il racconto, pur
essendo autobiografico, non sfocia
mai nel protagonismo: il narratore
mette a nudo più le sue difficoltà, gli
inciampi, l’isolamento che i successi.
Fin da quando racconta l’adesione
al Pci di Berlinguer, confessa la sua
sensazione di isolamento dai tanti
compagni che aderivano ai movimenti extra-parlamentari e che vedevano
nel compromesso storico una resa al
sistema. Soprattutto si sente messo
ad un angolo dalla ragazza amata che
lo scavalca sdegnosamente a sinistra.
Perché l’essere comunista per il narratore significa stare dalla parte non
dei fighetti contestatori e pure figli
U
21 Settembre 2014
cultura
n. 32
IL LIBRO
L’imperfezione
di Piccolo
“Il desiderio di essere come tutti” (Premio
Strega) non è un romanzo, ma…
di Marco Testi
Francesco Piccolo
di papà, dei rivoluzionari a parole, ma
dei poveracci assai poco affascinanti
agli occhi delle belle compagne. Sono,
per esempio, i quasi dilettanti della
Germania est, che nel 1974 si trovaro
no calcisticamente davanti l’altra parte del muro, la Germania occidentale,
a determinare senza saperlo le scelte
politiche del ragazzino di dieci anni
che vede nelle loro divise un segno
del destino comune: “avevano una
tuta azzurra semplice semplice, come
avrei potuto averla io, con una scritta
enorme DDR, che sembrava cucita
dalle mamme dei calciatori, proprio
na vita spesa per l’atletica leggera, quella
del pistoiese Roberto
Del Coro, raccontata a
quattro mani dal giornalista Gianluca Barni, già collaboratore di Tvl
Pistoia ed oggi del quotidiano “La
Nazione” di Pistoia e dalla figlia
di Del Coro, Caterina, già campionessa di atletica leggera nel mezzofondo, poi allenatrice anche di
calcio ed oggi psicologa. Nell’opera
pregi e difetti del celebre allenatore, educatore e dirigente sportivo
oltre che giornalista, come affermano i due autori nella prefazione
all’opera perfettibile come tutti gli
uomini, ma senz’altro persona autentica, «capace di realizzare, attraverso la fatica delle sedute d’allenamento, degli esercizi mentali
da provetto psicologo (…) i sogni
degli atleti», da qui il suggestivo titolo del libro “L’allenatore dei sogni
Roberto Del Coro. Principi e valori
di un educatore sportivo innamorato dell’atletica leggera” Giorgio
Tesi Editrice (www.giorgiotesigroup.
it). Non aveva peli sulla lingua Del
Coro, ma se riteneva una causa
giusta sapeva avvalersi dell’arte
della mediazione, soprattutto se a
vantaggio dell’atletica e dello sport
in generale. Carattere, impegno,
grande volontà lo caratterizzavano, rendendosi così benvoluto alle
persone come dimostrò la chiesa
come la mia mamma cuciva il numero
sulla mia maglia”.
“Il desiderio di essere come
tutti” ci invita a ragionare su chi mai
siano quei “tutti” del titolo: non la
maggioranza, non il gruppo egemone
e neanche una non meglio identificata gente comune. Sono quelli che
sentono il dolore dell’emarginazione
ma che hanno il coraggio di affermare
i diritti del cuore (la simpatia per i
poveracci) contro quelli delle mode
del momento. I “tutti” del titolo sono
la “maggioranza silenziosa” di una sinistra che cercava soluzioni in grado
di portare il Paese lontano dai rischi
del Cile nel 1973. È dal colpo di stato
contro Allende, infatti, che prende
le mosse la proposta del compromesso storico da parte dell’allora
segretario del partito comunista
Berlinguer, che il narratore condivide, però arrivando a conclusioni
opinabili: “Il compromesso storico
era un’idea progressista, l’alternativa
democratica era un’idea reazionaria”.
Piccolo non tiene conto della convinzione di molti: il compromesso
storico di allora avrebbe causato
una anomalia ulteriore nel sistema
politico italiano già anomalo del
suo: una stretta alleanza tra cattolici - che voleva in quel frangente
dire soprattutto Dc - e comunisti
avrebbe di fatto monopolizzato la
vita politica del Paese, che sarebbe
stata senza opposizione. Non è vero
quindi che l’alternativa democratica
avrebbe avuto una funzione di mero
ripiegamento “reazionario”: qualcuno la lesse come avvicinamento al
sistema bipolare di tante democrazie
d’occidente. Ma anche qui va colto
un pregio di questo libro: la capacità
di sfuggire alla tentazione della demonizzazione - al di là di criti che
ragionevoli - di coloro che erano gli
avversari, soprattutto Craxi. La voce
narrante presenta i fatti senza livore
e anzi tenta di penetrare lo spirito di
quel tempo cercando anche di capire
il punto di vista degli avversari. Andando contro un altro spirito, quello
del nostro tempo, fatto di urla ed
esibizione di muscoli mediatici.
L’allenatore dei sogni...
Roberto Del Coro
Un libro di Gianluca Barni e Caterina Del Coro
di Leonardo Soldati
di San Paolo gremita in occasione
dei suoi funerali, anche di bambini
oltre agli sportivi del Club degli
Atleti di Quarrata, l’ultima società
da lui fondata, e dell’Atletica Casalguidi. Così arrivò l’intitolazione
a Del Coro della pista dello stadio
“Raciti” di Quarrata, per la quale si
era tanto battuto. Sapeva allenare,
insegnare, sempre con l’esempio
ma come si suol dire senza mai
“salire in cattedra”, mantenendo
un profilo basso. Amava vincere,
non solo partecipare, ma come ricordano i due scrittori «sapeva che
la via del successo, battuta da tutti,
avrebbe portato soltanto uno a tagliare per primo il traguardo e che
il secondo, il terzo, il quarto e via
discorrendo non erano gli sconfitti,
coloro che non valevano nulla, ma
dei piazzati che avrebbero potuto,
con il loro lavoro e la pazienza,
crescere, progredire, infine trionfare», facendo così amare a tutti i
suoi atleti lo sport di per sé prima
ancora che la vittoria.
Rispettare l’avversario senza
temerlo, valorizzare l’impegno
dell’atleta prima ancora che i suoi
risultati, credere solo allo sport
vero, leale, senza doping, tra i
principali insegnamenti di un uomo
unico, del quale era segno anche il
cognome staccato Del Coro (corretto invece per i propri discendenti) frutto di un errore all’anagrafe,
che fino agli ultimi giorni di vita
continuò a proferire parole tutte
a sostegno dell’atletica leggera.
«Uno dei grandi amori della sua
esistenza» sottolineano Barni e
Caterina Delcoro, intenzionati
adesso a presentare il volume nelle
scuole della provincia di Pistoia,
non solo per imprimerne la memoria nella collettività soprattutto tra
le giovani generazioni, bensì quale
esempio di figura di allenatore ed
educatore. In apertura del libro,
promossa dalle fondazioni “Giorgio
Tesi” Onlus e Banche di Pistoia e
Vignole – Montagna Pistoiese, le
presentazioni dell’opera da parte
Roberto Del Coro
dei rispettivi presidenti Fabrizio
Tesi e Franco Benesperi, e di Gianfranco Spinelli assessore allo Sport
del Comune di Serravalle Pistoiese
tra i territori dove Roberto Del
Coro maggiormente operò come
uomo di sport. Sempre in apertura
del volume Gianluca Barni dedica
l’opera a sua moglie Alessandra
«sempre fiduciosa nelle mie
capacità”, alla famiglia «sempre
disponibile a confortarmi», a chi gli
vuole bene «e sono tanti che mi
hanno incoraggiato» ed a Caterina
Delcoro «”il sorriso del Bobbe”,
per la pazienza”».
3
“Salvare
il Belpaese”,
i passi
necessari
per l’uso
corretto
del territorio
P
artendo dal presupposto dello sfacelo
del Belpaese che prosegue senza sosta, il
libro di Franca Canigiani appunto
dal titolo “Salvare il Belpaese” Nicomp Editore affronta il tema di
come orientare ed armonizzare
la trasformazione dei paesaggi rurali tradizionali, per consentirne
l’evoluzione in continuità con il
passato, coerentemente con la
propria struttura, nella consapevole colpevolezza, in generale, di
indifferenza alle problematiche
suddette da parte della classe
politica.
Di fronte alle importanti trasformazioni in atto, frutto di una
visione distorta dello sviluppo
territoriale ed alla perdita dei caratteri peculiari delle nostre campagne, l’opera mostra la necessità
di favorire un nuovo modello
di ruralità, combinando insieme
innovazione e rispetto della natura dei luoghi, evidenziando le
strategie possibili per salvare quei
paesaggi unici tipici dello Stivale
italiano, intessuti dall’uomo nel
corso dei secoli ma non ancora
irrimediabilmente sfigurati, stravolti nei loro caratteri peculiari. Il
libro, presentato anche a Pistoia
alla presenza dell’autrice e del
prof. Giovanni Capecchi in un
incontro organizzato dal locale
circolo Legambiente, affronta il
concetto di paesaggio, con una
panoramica sull’attuale quadro
legislativo e sulle tematiche di
tutela e salvaguardia, parlando del
caso toscano con una sguardo
su ciò che avviene nel territorio
aperto, sui Comuni cosiddetti
“virtuosi”, sui piccoli passi verso
una cultura di riconoscimento
del primato del bene pubblico
e dell’interesse generale, tra
persistenze storiche rilevanti ed
obiettivi di tutela dichiarati dalla
Regione. Franca Canigiani insegna
Geografia e Geografia del paesaggio e dell’ambiente alla facoltà
di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Firenze.
L.S.
Poeti
Contemporanei
Preghiera
Noi uomini moderni
padroni del mondo,
se ci guardiamo dentro
ci scopriamo indifesi
avviluppati nelle paure
e bisognosi di compassione:
Dio di Misericordia
manda il Tuo Spirito
perché ci guidi
lungo i sentieri dell’amore
e della libertà.
Orazio Tognozzi
4
attualità ecclesiale
Forte la denuncia:
“Oggi dietro le quinte ci
sono interessi, piani
geopolitici, avidità di
denaro e di potere, e c’è
l’industria delle armi…’”.
Serrato invito a
“prendersi cura del
fratello”, mentre avanza
“la terza guerra mondiale
a pezzi”
di Luigi Crimella
N
elle scorse settimane il
Papa aveva sorpreso l’opinione pubblica parlando
di “terza guerra mondiale
a pezzi”, che si sta combattendo da
tempo. Al Sacrario dei caduti a Redipuglia, per i 100 anni dallo scoppio
della Prima guerra mondiale, ha voluto
celebrare non un “bagno di folla”, che
pure era presente numerosa nonostante
la forte pioggia, ma un intenso momento
di preghiera parlando di “pianto” e
ammonendo duramente gli “affaristi
della guerra”. Nell’omelia pronunciata
con voce profonda e pervasa di dolore
ha detto tra l’altro, citando Benedetto
XV: “Per tutti i caduti della ‘inutile
strage’, per tutte le vittime della follia
della guerra, in ogni tempo. L’umanità
ha bisogno di piangere, e questa è l’ora
del pianto”. Non si può sottovalutare
questo tono grave e preoccupato di
Papa Francesco: come sa essere gioioso
e accogliente, quando saluta le persone
che si accalcano in piazza San Pietro
oppure che lo circondano nei suoi viaggi
pastorali internazionali, così oggi ha
voluto imprimere al suo pellegrinaggio
a Redipuglia una tonalità severa, anzi
grave. Evidentemente era ed è preoccupato per quanto sta avvenendo nel
mondo. Lo ha detto, a margine della
visita papale, il vice-direttore della Sala
stampa vaticana, padre Ciro Benedettini,
parlando ad alcuni giornalisti: “Il Papa
non ha voluto ‘bagni di folla’, ma che
questa visita fosse un momento di
intensa preghiera per tutti coloro che
soffrono per la guerra in ogni parte del
mondo”. Parole chiare, che dicono come
i fronti della Siria, Iraq, Afghanistan,
Africa sub-sahariana, Israele, Ucraina
e “striscia di Gaza” e i numerosi altri
focolai di guerre rappresentino davvero
per Papa Francesco quei “pezzi” della
terza guerra mondiale che chiede di
scongiurare ad ogni costo.
La “follia della
guerra” e l’ora
del “pianto”
Il Papa lo ha fatto con un’omelia
particolarmente forte, in numerosi
passaggi, che ha scandito con voce
all’inizio come sofferta e commossa,
poi via via più sicura e alla fine quasi di
rimprovero e preghiera. Quella “ora del
pianto” che ha chiesto a tutti, credenti
e non credenti, è per le “tante vittime”
sia deposte a Redipuglia che nel vicino
cimitero austro-ungarico (100mila da
una parte e 16mila dall’altro). Ma
ha anche ammonito che “la guerra
è una follia”, riecheggiando parole di
San Giovanni XXIII e di altri Pontefici:
“Mentre Dio porta avanti la sua creazione, e noi uomini siamo chiamati a
collaborare alla sua opera, la guerra
distrugge. Distrugge anche ciò che Dio
ha creato di più bello: l’essere umano.
La guerra stravolge tutto, anche il legame tra fratelli. La guerra è folle, il suo
piano di sviluppo è la distruzione: volersi
sviluppare mediante la distruzione!”. La
sua esortazione a “prendersi cura del
Vita
La
n. 32 21 Settembre 2014
IL VIAGGIO A REDIPUGLIA
“La guerra è una follia”
Francesco sferza
l’industria delle armi
fratello” per poter così “entrare nella
gioia del Signore” è un monito per le
troppe guerre e i conflitti presenti in
tanti scenari mondiali.
Il monito ai
“pianificatori
del terrore”
Oltre a indicare nelle “ideologie” che
“giustificano” spesso le guerre una delle
cause dei conflitti passati e presenti, il
Papa ha aggiunto:“Anche oggi le vittime
sono tante… Come è possibile questo?
È possibile perché anche oggi dietro le
quinte ci sono interessi, piani geopolitici,
avidità di denaro e di potere, e c’è l’industria delle armi, che sembra essere
tanto importante! E questi pianificatori
del terrore, questi organizzatori dello
scontro, come pure gli imprenditori delle
armi, hanno scritto nel cuore:‘A me che
importa?’”. È qui uno dei punti-chiave
dell’omelia del Papa, che sembra voler
essere anche una denuncia chiara del
sistema militare-industriale che sta
dietro ai tanti conflitti in corso. Infatti ha
aggiunto:“Con quel ‘A me che importa?’
che hanno nel cuore gli affaristi della
guerra, forse guadagnano tanto, ma il
loro cuore corrotto ha perso la capacità
di piangere. Quel ‘A me che importa?’
impedisce di piangere. Caino non ha
pianto. L’ombra di Caino ci ricopre oggi
qui, in questo cimitero. Si vede qui (e
‘nell’altro cimitero’, ha aggiunto fuori
testo). Si vede nella storia che va dal
1914 fino ai nostri giorni. E si vede an-
“
…l’umanità ha bisogno
di piangere…”: hanno
sorpreso queste parole
di Papa Francesco a
Redipuglia, non le si attendeva
anche se quel luogo, dove è
tenuta viva la memoria di una
inutile strage, ispira pensieri dolorosi. Sono parole impreviste,
sorprendenti e inquietanti.
La cronaca mette ogni giorno
di fronte alle lacrime di bambini,
donne e uomini trascinati nel
vortice della violenza, dell’atrocità, dell’umiliazione nelle proprie
terre e nelle proprie case.
Ai bordi della cronaca c’è chi si
chiede se sia segno di professionalità diffondere immagini catturate senza troppo rispetto della
fragilità e passar sopra la dignità
di una persona che piange.
Le parole del Papa invitano comunque a un’altra riflessione.
Le lacrime sono state cancellate
dal vocabolario di una società e
di una cultura intrise di certezze
e sicurezze. Questa società e
questa cultura non ammettono
fragilità e coloro che le esprimono vengono confinati nel recinto
dei deboli, dei perdenti, degli
inutili, dei fuori gioco. Non c’è
posto per gente che piange. È
gente da scartare.
Papa Francesco propone una
direzione totalmente altra.Va al
che nei nostri giorni”. Questo il duplice
messaggio del Papa oggi da Redipuglia:
non solo all’Italia - che era presente in
forza con politici, vertici militari, ordinari
e popolo - ma anche al resto dell’Europa
e del mondo, di cui si sono notate numerose delegazioni. Superare la logica
degli “interessi geopolitici” e delle industrie militari e provare “compassione”,
pietà e amore per tutti. È la chiarezza
del messaggio evangelico, che i Papi
rilanciano e il mondo spesso non sa
comprendere e tanto meno accogliere.
AI BORDI DELLA CRONACA
Le lacrime e il sorriso
Le parole di Francesco: “L’umanità ha bisogno di piangere”
di Paolo Bustaffa
significato autentico del piangere
e invita a leggervi un’espressione profonda della tenerezza
dell’uomo che si congiunge alla
tenerezza di Dio.
C’è un’immagine che potrebbe
riassumere questo significato. È
quella dell’approssimarsi di due
dita nell’affresco di Michelangelo
nella Cappella Sistina: in modo
stupendo l’artista racconta il
cercarsi di due tenerezze.
Quel magnifico dipinto si riproduce spesso in quadri di vita
quotidiana che non sfuggono a
chi cammina ai bordi della cronaca.
Occorre uno sguardo sulla realtà che non sia solo quello degli
analisti e degli esperti. Occorre
uno sguardo umano, capace di
scoprire il pianto come un compagno di un viaggio interiore che
conduce l’uomo alla soglia della
speranza e lo aiuta a varcarla.
La cronaca mediatica non racconta né potrebbe raccontare
questi viaggi: c’è un’altra cronaca
che scorre accanto, silenziosa.
Non è scritta sulle pagine dei
giornali ma è leggibile nella vita
delle persone, delle famiglie,
delle comunità. Bisogna stare
con la gente per accorgersi che
il pianto, anche senza lacrime, è
un’esperienza invisibile più diffusa di quanto si possa pensare.
Non si tratta di piagnistei, di
depressioni, di cedimenti psicologici. Si tratta di un esercizio
del cuore e della mente per
ricomporre i pezzi di un’umanità
lacerata.
Il Papa coglie nel segno nel dire
che “l’umanità ha bisogno di
piangere”. Ma è lo stesso Papa
a chiedere di annunciare la gioia
del Vangelo.
Come è possibile piangere e
insieme gioire? Le risposte sono
nella vita e nel pensiero. Lo
scrittore e poeta francese Paul
Claudel ricorre all’espressione
“lacrime di gioia” per dire che
quando nell’uomo il limite incontra l’infinito le lacrime non ven-
gono asciugate ma si uniscono al
sorriso: camminano insieme.
Ai bordi della cronaca questi
pensieri arrivano a frotte e
fanno nascere domande sullo
spessore di umanità della nostra
società e anche della nostra comunità cristiana.
“…l’umanità ha bisogno di piangere”: le parole del Papa scuotono entrambe.
Sembrano del tutto fuori dalla
realtà, sembrano solo mosse
dall’emotività e dai ricordi di
tanto male subito e provocato.
Sembrano parole da dimenticare in fretta. Il tempo del pianto
deve durare molto poco, non più
dei pochi minuti dedicati a una
visita al cimitero. La cronaca ha
ben altro da inseguire.
Eppure ai bordi della cronaca si
avverte ogni giorno l’incontro e
lo scontro tra il tempo del piangere e il tempo del gioire. È però
il dialogo tra il pianto e la gioia
a dare il sapore dell’eternità alla
vita dell’uomo.
Vita
La
21 Settembre 2014
Angelo Massafra, arcivescovo di
Scutari-Pult e presidente della
Conferenza episcopale albanese:
“La nostra è una Chiesa giovane,
come giovane è la sua
popolazione. Pertanto, è una
Chiesa in cammino, esposta alla
tensione dialettica tra passato e
futuro e con un gap da colmare:
gli anni del comunismo”
di Vincenzo Corrado
L
a speranza. Sarà questo il leitmotiv
che animerà il viaggio apostolico di
Papa Francesco a Tirana, in Albania,
domenica 21 settembre. “Insieme con
Dio, verso la speranza che non delude” è, infatti,
lo slogan con cui i vescovi del Paese delle aquile
hanno deciso di accogliere il Pontefice. Ma non
solo… Anche il nome del sito ufficiale di questo
evento, www.spes.al, è alquanto evocativo. Così
come il logo: in modo stilizzato rappresenta il popolo cristiano che risorge dal sangue dei martiri e
continua a camminare con la Croce come vessillo.
Una speranza, dunque, fondata sulla testimonianza dei martiri. Ma con quali sentimenti la chiesa
locale attende l’incontro con il Papa? Lo abbiamo
chiesto a monsignor Angelo Massafra, arcivescovo
di Scutari-Pult e presidente della Conferenza episcopale albanese.
Come si sta preparando il Paese
all’incontro con Papa Francesco?
“È una preparazione lunga e laboriosa che
sta coinvolgendo tutte le forze ecclesiali e civili.
Un’occasione preziosa per mettersi attorno a un
tavolo e confrontarsi non solo dal punto di vista
tecnico, ma soprattutto delle idee di fondo che
accompagnano Papa Francesco in questo viaggio
apostolico”.
Una di queste idee è la speranza
come si evince dallo slogan scelto per
la visita. Quale speranza per la Chiesa
e la società albanesi?
“Quella albanese è una chiesa che desidera
essere confermata nella fede dal vescovo di Roma,
ma è anche una chiesa che -secondo san Paolo, suo
primo evangelizzatore- della sua povertà può far
ricchi molti. La testimonianza della ‘resistenza’ nella
fede da parte di un popolo fortemente religioso, a
prescindere dal suo credo, ha prodotto dei campioni
L’
antifona di ingresso ci propone il
tema principale della meditazione
odierna: «”Io sono la salvezza del
popolo”, dice il Signore, “in qualunque prova mi invocheranno, li
esaudirò”». Ciò che segue, precisa il significato di
questa affermazione: Dio è la salvezza perché
è l’unico a conoscere i termini del problema. Un
problema che non può essere risolto con principi
e strategie umane «perché i miei pensieri non
sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie
vie. […]. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le
mie vie sovrastano le vostre vie» (prima lettura,
Is 55,6-9). Anche se si tratta di un principio universale, in questo caso, però, si riferisce a questa
dichiarazione che la precede: «L’empio abbandoni
la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni
al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro
Dio che largamente perdona». Quando, cioè,
finalmente l’uomo riconosce che la sua vita non
ha senso se non è vissuta secondo la legge di Dio,
è allora che Dio si impegna a mostrargli la sua
bontà, una bontà che ha una logica diversa da
quella umana. La parabola dei vignaioli ne è un
esempio lampante.
La logica del compenso che Gesù descrive nella
parabola dei vignaioli (lettura evangelica, Mt 20,
1-16) è, umanamente, talmente assurda da provocare l’indignazione perfino del più tiepido dei
sindacalisti: si ottiene lo stesso compenso sia dopo
aver lavorato tutta la vita, sia dopo aver lavorato
solo all’ultimo momento. Chi di noi non sente di
doversi schierare con coloro che, avendo lavorato
più a lungo, si attendono, legittimamente, un
attualità ecclesiale
n. 32
5
LA VISITA IL 21 SETTEMBRE
Forte del coraggio
dei suoi martiri
l’Albania attende il Papa
La Cattedrale di Scutari
di coraggio: i nostri martiri. La speranza che essi ci
hanno trasmesso è una sfida che siamo pronti ad
accogliere a fronte di una nuova minaccia, quella
del secolarismo che forse miete più vittime del
comunismo. Ed è la stessa speranza che vogliamo
comunicare all’Europa e al mondo intero”.
La visita a Tirana sarà il quarto
viaggio internazionale del Papa: il
primo nel continente europeo. Francesco, per l’Europa, ha scelto una
periferia...
“Lo sguardo rivolto alle periferie è uno dei
tratti caratteristici di papa Francesco. Sicuramente
la sua scelta di rendersi presente in Europa a
partire dall’Albania non è solo motivo di orgoglio
per noi albanesi, quanto ‘fierezza’ di una chiesa
che, nella sua povertà, sa di essere in linea con gli
insegnamenti di Gesù maestro”.
Sono passati 21 anni dalla visita di
Giovanni Paolo II: come sono cambiate la Chiesa e la società da allora?
“Non è facile tratteggiare, con poche parole, i
cambiamenti della chiesa albanese in 21 anni. Ciò
che posso dire è che si tratta di una chiesa giovane,
come giovane è la sua popolazione. Pertanto, è una
chiesa in cammino, esposta alla tensione dialettica
tra passato e futuro e con un gap da colmare: gli
anni del comunismo. È una chiesa che interagisce
con la società a tal punto da vedersi impegnata
in prima linea, nonostante le sue povere forze in
termini di clero, a risollevare questo popolo dalle
piaghe sociali e culturali, frutto sia della dittatura
La Parola e le parole
XXV Domenica
del Tempo ordinario anno a
compenso maggiore e si lamentano, giustamente,
perché questo non avviene? Uno degli ultimi avvenimenti della vita di Gesù, uno dei più toccanti,
ci illumina sul significato di questa parabola. È
il suo colloquio, sulla croce, con il buon ladrone.
Alla sua richiesta: “Gesù, ricòrdati di me quando
entrerai nel tuo regno”», Gesù risponde: «In verità
io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23,
42-43). Quindi la salvezza eterna immediata e,
con la stessa immediatezza, anche la santità (non
si entra in paradiso se non si è santi) assicurate
da Gesù a un delinquente solo per una frase
detta all’ultimo momento. Assai di più, perciò, di
quanto Gesù aveva raffigurato dalla parabola.
La conclusione della parabola è simile all’affermazione di Isaia: « Ma il padrone, rispondendo
a[lla lamentela di] uno di loro, disse: “Amico […]
non hai forse concordato con me per un denaro?
[…] Ma io voglio dare anche a quest’ultimo
quanto a te: non posso fare delle mie cose quello
che voglio?” [...] Così gli ultimi saranno primi e i
primi, ultimi». Il contrario dunque di una perfetta
e legittima logica umana, o, meglio, una logica
divina che trascende quella umana. Il padrone
della vigna non è giusto secondo i criteri umani,
come non è giusto, secondo gli stessi criteri, il padre del figliol prodigo con il figlio buono e fedele.
Dio, però, non va discusso, ma va semplicemente
ed umilmente accettato. Perché Dio si pone in
maniera così sconcertante ed apparentemente
illogica e parziale nei confronti di chi si avvicina
a lui? È sostanzialmente un mistero, ma resta
comunque il fatto che solo Dio conosce le vicende delle singole persone e come queste vicende
possano aver condizionato le loro scelte e anche
i loro peccati. Per questo Gesù ci vieta di giudicare
e, soprattutto, di condannare. È comunque certo
che l’apparente ingiustizia di Dio è infinitamente
più giusta della più perfetta giustizia umana, il che
è consolante per chi ha il coraggio di presentarsi
davanti a Dio con l’atteggiamento del pubblicano
al tempio, che poi è l’unico che conviene avere.
Un invito a non impostare la nostra vita e le nostre
scelte su un apparentemente giusto criterio di do
ut des. Nella seconda lettura (Fil 1,20c-27a), Paolo
propone se stesso come esempio: il suo vivere e
lavorare hanno come unica finalità la glorificazione di Cristo ed il bene dei fratelli: « Cristo sarà
glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io
muoia. Per me infatti il vivere è Cristo e il morire
un guadagno. […] Ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai
meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga
nel corpo». La colletta ci fa chiedere al Padre: «Apri
il nostro cuore all’intelligenza delle parole del tuo
Figlio, perché comprendiamo l’impagabile onore di
sia del secolarismo incalzante. Una chiesa che non
chiude gli occhi di fronte a forme di degrado che
oscurano l’immagine degli albanesi in Europa e nel
mondo: produzione e spaccio di droga, corruzione,
criminalità, ecc. Ma soprattutto è una chiesa che
si sforza di cogliere il positivo -è davvero tanto
e, in gran parte, ha a che fare con la fede!- che
la cultura e la società portano con sé per farlo
sviluppare al massimo della sua potenza, perché
in esso è il segreto della vera rinascita”.
La visita sarà caratterizzata da tre
momenti forti: la preghiera (Messa e
vespri) con le diverse realtà ecclesiali,
l’incontro con i leader di altre religioni e denominazioni cristiane e, successivamente, al Centro Betania, con
i bambini e alcuni assistiti d’istituti
caritativi. Tre aspetti da cui emerge
l’immagine della chiesa locale…
“Si tratta di tre aspetti fondamentali che ci
appartengono. La nostra chiesa, infatti, è missionaria: sin dall’apertura delle frontiere, i missionari
e le missionarie hanno dato respiro alla chiesa
di Albania; e, ancora oggi, sono il sostegno delle
comunità cristiane. La nostra chiesa è aperta
all’ecumenismo e al dialogo interreligioso: gli albanesi sono un grande esempio di convivenza tra
fedi diverse; ci sono i presupposti perché la fede
nell’unico Dio che ci accomuna divenga stimolo per
possibili soluzioni dei problemi della società in cui
viviamo. La nostra chiesa, infine, vive di carità: la
carità delle altre chiese ci ha soccorso in tempo di
bisogno, ma finché ci sarà un solo pezzo di pane
a disposizione questo sarà condiviso con tutti”.
Quali attese e quali frutti si aspetta da questa visita?
“Un rinnovato impegno di crescita nella fede,
perché la speranza che ci anima divenga sorgente
di una carità senza limiti”.
lavorare nella tua vigna fin dal mattino». Questo
significa lavorare per Dio e per il prossimo senza
calcolare la ricompensa, sapendo che l’avremo
certamente. Questa popolare storiella lo può
far capire. Un giorno Dio volle far vedere ad un
sant’uomo la differenza fra Paradiso e l’Inferno.
Lo condusse verso due porte, ne aprì una e gli
fece vedere, all’interno una, tavola con al centro
un recipiente pieno di cibo delizioso e, all’intorno,
persone, evidentemente affamate, con cucchiai
dai manici lunghissimi attaccati alle loro braccia
che permettevano loro sì di raggiungere il cibo,
ma non di portarselo alla bocca perché il manico
del cucchiaio era più lungo del loro braccio. Dio
disse al sant’uomo: “Hai appena visto l’Inferno”.
Aprì quindi la seconda porta, attraverso la quale
si vedeva la stessa scena della precedente: grande
tavola con sopra cibo squisito e intorno persone
con cucchiai dai lunghi manici, ma evidentemente
ben nutrite e felici. «Vedi, - spiegò Dio, - questi
hanno imparato che, se il manico del cucchiaio
troppo lungo non consente di nutrire se stessi,
consente di nutrire gli altri. Si nutrono a vicenda
e sono tutti felici a differenza di quelli dell’altra
tavola, che, pensando solo a se stessi, sono infelici.
Inferno e Paradiso sono uguali: la differenza la
facciamo noi».
Il significato vero della frase “Vi è più gioia nel
dare che nel ricevere” (Atti 20, 35) è che quando
uno dà agli altri, prima di tutto ha dato a se stesso
e, soprattutto, ha ricopiato l’immensa bontà di un
Dio che, nella sua volontà di donare, non teme di
essere giudicato ingiusto o parziale.
mons. Umberto Pineschi
6
Kieran Conry, vescovo responsabile per l’evangelizzazione: ‘’Sapevamo che moltissimi cattolici
non vanno a messa alla domenica e volevamo capire le ragioni. Spesso non ci sono motivi specifici.
Purtroppo, una volta che si sono allontanati, fanno fatica a tornare’’
di Silvia Guzzetti
La fatica
di tornare
“Sapevamo che moltissimi
cattolici non vanno a messa alla
domenica e volevamo capire le
ragioni”, ha spiegato il vescovo
per l’evangelizzazione, monsignor
Kieran Conry. “Spesso non ci sono
motivi specifici. Purtroppo, una
volta che si sono allontanati, fanno
fatica a tornare. Fa paura rientrare
in una chiesa dove non sei andato
per alcuni mesi. Ci si sente in imbarazzo, indicati a dito e non si sa
che cosa fare”. “Col nostro progetto, che si intitola proprio ‘Varcare
la soglia’, abbiamo voluto dare ai
parrocchiani la fiducia necessaria
per raggiungere questi cattolici
lontani rendendo accogliente la
chiesa”, continua monsignor Conry. “Né ci importava il numero di
quelli che sarebbero tornati, ma,
soltanto, far sapere loro che li
Kieran Conry
aspettiamo sempre”.
Contano i rapporti
personali
“La chiave sono i rapporti
personali”, continua Clare Ward,
che ha coordinato il progetto della
Conferenza episcopale in 5 parrocchie del Lincolnshire e nella cattedrale di Nottingham. “I cattolici che
frequentano la chiesa devono sentirsi sufficientemente sicuri, dentro
loro stessi, per poter avvicinare
chi si è allontanato”. “Le occasioni
sono state opportunità semplici, le
piccole cose della vita quotidiana,
nella tradizione di santa Teresa di
Gesù bambino”, continua Clare
Ward. “La cattedrale di Nottingham
ha deciso di aprire le proprie porte,
alla sera, per l’adorazione del Santissimo Sacramento. L’aumento dei
fedeli, in alcune parrocchie, è stato
del 100%. Per noi, del dipartimento
di evangelizzazione, è stata un’occasione importante per imparare
come raggiungere chi si è perso
per strada. A ognuna delle parrocchie che prendevano parte al progetto sono state offerte 600 sterline dalla conferenza episcopale”.
A Grimsby
si raddoppia
A contare quanti fedeli sono
tornati in chiesa è stata la parroc-
Lettere in redazione
Sul malgoverno
Abbiamo chiuso un parco importante
dilaniato dall’abbandono e l’incuria
(alludo a Piazza d’Armi). Nel frattempo
in via degli Armeni se ne sta costruendo
uno nuovo credo e spero interamente
finanziato dalla fondazione.Aumentare
il numero dei parchi nella città è sempre
una buona cosa,soprattutto con formule
miste;ma come si intende intervenire sullo stato di abbandono in cui versano gli
altri parchi? È forte in città il malcontento su questioni che interessano il decoro
la custodia la correttta erogazione di
servizi, (spazzatura, pulizia strada,cura e
controllo del territorio). Vorrei capire quale è il limite tra gli effetti reali del patto
di stabilità che impone tagli ai comuni, e
l’incapacità di governare i territori.
Mi stupisce sempre di più il silenzio del
partito democratico pistoiese completamente supino a chi governa questa città.
Infatti ovviamente non penso ad interventi volti a contrastare il governo del
Sindaco quanto certamente ad un confronto interno serio sereno e propositivo
nella risoluzione delle gravi criticità che
questa amministrazione mostra di non
saper affrontare. La mia proposta sulla
Vita
La
Le parrocchie lasciano
le porte aperte?
Così i fedeli ritornano
questione della cura dei parchi è sempre
la stessa: “ogni parco un opportunità
di lavoro per il privato,dove il pubblico
chiede custodia decoro e rilancio tramite
un numero fissato minimo di eventi”.
A cosa serve imporre affitti esosi che
accorciano solo i margini di guadagno
e non puntare invece su quanto detto
sopra. Quali i danni per esempio della
chiusura del parco di Piazza d’armi ricaduti sugli esercizi commerciali dentro
il parco stesso?
Forse a Pistoia il partito locale ha deciso
di perdere nelle prossime amministrative
il governo locale?
Massimo Alby
Sulla famiglia
Vedo che finalmente anche su La Vita
si comincia a prendere atto dell’attacco
alla famiglia che è in corso in tutto il
“mondo occidentale”, con una virulenza inimmaginabile; a guardare bene
quello che sta accadendo intorno a noi,
questo sembra il fatto più importante e
più preoccupante per chi ha a cuore il
futuro nostro e dei nostri figli. Anche in
Italia prevalgono le forze distruttrici: sulla
stampa, nei discorsi degli intellettuali e
nei salotti della TV: credo che quello che
si potrebbe definire il popolo, la pensi,
nella grande maggioranza, come me: ma,
nell’illusoria democrazia in cui viviamo,
prevale chi parla di più e non chi ha
migliori argomenti. L’accantonamento
del concetto di natura umana, accaduto
nella riflessione filosofica dell’ultimo
secolo, ha prodotto il danno, fondando
un’antropologia debole e priva di riferimento alla natura. Nell’articolo di
Maurizio Calipari (a pag 4 del numero
31) veniva citato l’aneddoto di San
Tommaso e della mela. Un altro grande,
Chesterton, prevedendo quello che sta
accadendo ai nostri giorni, diceva: “Accenderemo fuochi per testimoniare che
due più due fa quattro. Sguaineremo
spade per dimostrare che le foglie sono
verdi in estate... Combatteremo per i
prodigi visibili come se fossero invisibili.”
E dalla filosofia il danno si è riverberato
nel diritto, innanzi tutto, poi nella vita
sociale, nella politica. Nello stato liberale
impazzito in cui viviamo è “diritto” tutto
ciò che un parlamento possa votare,
o anche tutto ciò che un magistrato
possa decretare: diritto positivo, o meglio
sarebbe dire diritto positivista; diritto che
rinnega le radici, che non ha fondamento.
chia di st. Mary on the Sea, a Grimsby, nella quarta zona più povera di
Inghilterra, che ha visto il numero
di fedeli raddoppiati alla Messa di
Pasqua. “Abbiamo ottenuto questo risultato invitando le famiglie
con bambini piccoli ad attività di
disegno e artigianato a Pasqua,
dipingendo uova e costruendo
cappelli di Pasqua. Aspettavamo una
ventina di persone ma ne abbiamo
avute 80”, spiega don Joe Wheat,
il parroco. “A Natale, attraverso
la rivista della parrocchia e sulla
prima pagina del giornale locale,
abbiamo fatto pubblicità alla messa
di mezzanotte a lume di candela
e l’aumento dei fedeli è stato del
50%. Abbiamo cominciato anche
ad avere, a ogni messa, dei fedeli
all’ingresso della chiesa che distribuiscono il foglio della messa e il
libretto dei canti a chi arriva, pronti
a rispondere a ogni domanda di chi
non conosce bene la chiesa”, spiega
don Wheat.
Non è questione
di numeri
“Per Pasqua abbiamo organizzato una camminata di testimonianza, il venerdì santo, per le vie
della città. Ci aspettavamo poche
persone e invece abbiamo avuto un
bel gruppo. Siamo arrivati al centro
0
N
ella sua esortazione
apostolica, “Evangelii
gaudium”, Papa Francesco ha invitato ogni
comunità a discernere quale sia il
possibile cammino di evangelizzazione richiesto nella realtà di oggi.
La chiesa inglese ha risposto con
un progetto che, nella parrocchia
di st. Mary’s on the Sea, a Grimsby,
ha raddoppiato il numero di fedeli
alla messa di Pasqua. Suggerimenti
e materiali per l’evangelizzazione
sono stati distribuiti anche nelle
altre parrocchie, in Inghilterra e
Galles, in vista della domenica per
la missione che ricorre, quest’anno,
il 21 settembre col tema “Evangelizzazione... nel cuore della
famiglia”. A illustrare il progetto,
l’11 settembre a Londra, nella sede
della Conferenza episcopale, sono
stati i protagonisti dell’iniziativa: il
vescovo per la catechesi, Kieran
Conry, la responsabile del settore
evangelizzazione, Clare Ward, il
parroco di st. Mary’s on the Sea,
don Joe Wheat e la dottoressa Ann
Casson.
n. 32 21 Settembre 2014
ACCADE IN INGHILTERRA
La rivoluzione attuale è la più radicale
mai accaduta: mira ad eliminare il padre
e la madre! (quella del sessantotto si
limitava a ripudiarne l’autorità). Saremo
tutti figli di nessuno, singoli e soli davanti
a uno stato sempre più totalitario che
ci manipolerà come burattini. Quello che
più preoccupa è che di queste cose non
ci se ne preoccupa abbastanza.
Franco Biagioni
Sulla “politica
della
sostenibilità”
Caro direttore, sono pochi i Comuni
che hanno istituito uffici per favorire la
partecipazione dei cittadini alla politica
di sostenibilità. Non sono molti i Comuni
che dispongono il Bilancio partecipativo:
una forma di partecipazione diretta dei
cittadini alle decisioni su una parte del
bilancio comunale. Quanti sono i Comuni
che informano la cittadinanza sui tempi
previsti per la promozione della mobilità
a piedi o in bicicletta? Tutte le misure
da adottare richiamano valori, interessi,
rapporti diversi di potere degli attori
della sfera politica locale, amministrativa,
economica e civica... Le direttive delle
della città e abbiamo recitato una
preghiera e distribuito un centinaio di voucher che davano diritto
a una tazza di tè e a un dolce nel
caffè lì vicino”, continua il parroco
di st. Mary’s. “Siamo riluttanti a
identificare il successo col numero
di persone che vengono a messa
alla domenica”, continua Wheat: “A
noi non interessava riportarle in
chiesa a tutti i costi ma fare sentire
loro che la parrocchia era ancora
lì per loro e non avevano perso il
contatto con essa”. Insomma, spiega il sacerdote, anche un rapporto
saltuario con la chiesa è molto
significativo.
Una vita arricchita
È “cattolico anche chi non va
sempre a messa”: come ha dimostrato, in una seconda parte del
progetto presentato a Londra, la
dottoressa Ann Casson. La studiosa
ha intervistato, faccia a faccia, 39
genitori che mandavano i figli in
una scuola cattolica senza essere
praticanti e, con un questionario,
altre 107 persone. “Anche se queste persone frequentano solo ogni
tanto la messa, sentono che la loro
vita viene arricchita dalla fede cattolica e sono desiderosi di mandare
i loro figli in una scuola che comunichi loro la fede”.
regioni, degli stati e dell’Unione europea
contribuiscono a determinare l’assetto
operativo locale. Ci sono esempi di città
e Comuni organizzati, come l’alleanza
per il clima, con l’obiettivo di ridurre le
emissioni di Co2. Nel 2006 il “Rapporto Stern”, commissionato dal governo
britannico, spiegò che i cambiamenti
climatici minacciano anche la stabilità
economica mondiale. Senza una svolta
verso una società del risparmio energetico non riuscirà nemmeno la svolta
verso un’economia solare. I cittadini non
solopossono esprimersi con il voto, ma
anche agire e partecipare ai dibattiti
politici in materia di sostenibilità. Partecipazione propositiva di volontariato
“riparatorio” e “liberatorio” che -da oltre
un lustro- cercano di esprimere anche
i soci dell’associazione “I Cantieri ecologici d’Italia” (cantieriecologiciditalia@
virgilio.it). Cittadini, non conservazionisti
dell’800, partecipanti costruttori di
futuro sostenibile, possono domandare
ai Comuni di motivare ogni rinvio di
proposte in materia di inquinamento e
sviluppo sostenibile. Caos climatico, picco
del petrolio, crisi della biodiversità “dettano” -almeno in esergo a nuovi statuti
di Comuni finitimi uniti- uno dei primi
motti dei movimenti per la protezione
della natura: “Pensare globalmente,
agire localmente”.
b.p. barni
Pistoia
Sette
N.
32
21 SETTEMBRE 2014
L
a diocesi di Pistoia e l’associazione “I ricostruttori” co-promuovono una
serata sulla salvaguardia
del creato dal titolo “Il canto della
creazione”. La Cei ha stabilito che
il mese di settembre sia dedicato al
tema ecologico e della salvaguardia
del creato, favorendo iniziative a
riguardo. In questo contesto si propone una serata-dibattito su questi
temi, aperta a tutta la cittadinanza.
Durante la serata sarà anche presentato il libro “I santi e gli animali.
L’Eden ritrovato” di Guidalberto
Bormolini (ed. LEF). Interverrà Franco Cardini, già professore all’Università di Firenze.
9a GIORNATA PER LA CUSTODIA DEL CREATO
Il canto della creazione
per un’ecologia spirituale. Dice bene
padre Florensky che l’ideale dell’ascesi
cristiana non è il disprezzo del mondo,
ma la sua gioiosa accettazione, che
vuole il mondo più ricco elevandolo a
un livello superiore, fino alla pienezza
di una vita trasfigurata.
L’iniziativa si svolgerà presso
l’Aula Magna del seminario diocesano in via Puccini 36, a Pistoia, il 22
settembre alle 21.
In vista dell’iniziativa abbiamo
incontrato il monaco scrittore per
un approfondimento.
Cos’è l’associazione “I
Ricostruttori” co-promotrice
dell’evento, come nasce e con
quali finalità, quale il vostro
progetto?
Il movimento dei Ricostruttori nasce
più di trent’anni fa come risposta ad
un periodo di profonda crisi religiosa
e vocazionale, fondato da un padre
gesuita: Gianvittorio Cappelletto. È frutto
dell’ascolto di indicazioni provvidenziali
più che di un “progetto”.
L’ispirazione sorse in seguito all’incontro con alcuni monaci indiani
che praticavano la meditazione: fu
profondamente toccato dalla serietà
dell’impegno con il quale i monaci si
applicavano alla vita di preghiera, e lo
incuriosì il fascino che esercitavano sui
giovani. Questo lo spinse a cercare fra
i tesori della spiritualità cristiana qualcosa che appagasse i desideri di tanti
giovani attratti all’epoca dall’estremo
oriente. Sotto questa spinta riscoprì la
meravigliosa tradizione della meditazione cristiana: l’esicasmo, più noto come
preghiera del cuore. Questo metodo di
preghiera è stato definito da numerosi
studiosi, tra cui il cardinal Špidlík, una
sorta di “yoga cristiano”.
Lei appartiene alla cong regazione I ricostruttori
nella preghiera, vuole parlarci
della vostra testimonianza
nella chiesa e nella società?
Sin dalla nascita del movimento
si propose la meditazione cristiana
come strumento per riavvicinare alla
vita cristiana coloro che per sfiducia,
disillusione o distrazione, avevano abbandonato qualsiasi pratica religiosa. La
proposta si era rivelata particolarmente
efficace per chi si era allontanato dalla
vita religiosa, non ne aveva mai fatto
esperienza o semplicemente voleva
sperimentare la preghiera del cuore. Di
Guidalberto Bormolini
fatto il desiderio di far conoscere Cristo
alle persone del nostro tempo, con tutti
gli ostacoli che la situazione attuale
pone, ha trovato uno spazio adatto per
alcune persone proprio nel corso di
meditazione profonda.
L’esicasmo cristiano, tradizione
plurisecolare, propone alcuni temi fondamentali che caratterizzano un metodo
definito “psicofisico”: sedersi in solitudine
prestando attenzione alla posizione;
controllo della respirazione; esplorazione interna; discesa della mente nelle
“viscere” alla ricerca del luogo del cuore
e recita continua dell’invocazione del
nome di Gesù collegata al cuore o al
respiro.Va comunque ricordato che per
i padri esicasti l’efficacia di un metodo
non è tanto contenuta nelle tecniche
stesse, quanto piuttosto nella presenza
luminosa e salvifica di colui il cui nome
viene invocato.
Sorse però da subito l’esigenza di
avere a disposizione uno spazio fisico
dove praticare l’esperienza della preghiera del cuore, riproposta col nome di
meditazione profonda, ed approfondire
i temi ad essa collegati. Si voleva provvedere in povertà a questa necessità,
e da un’esigenza concreta si sviluppo
aspetto importante della spiritualità
del movimento, tanto da determinarne
la scelta del nome: “Ricostruttori” non
solo della propria vita spirituale assopita, ma anche di luoghi abbandonati
per trasformarli in spazi di preghiera. Il
movimento e la comunità dei Ricostrut-
tori nella preghiera sono stati in seguito
eretti canonicamente da monsignor
Sanguinetti, vescovo di La Spezia.
Lei è monaco e antropologo; come è nata la passione
per la natura e gli animali, è
forse un’aspetto dell’ordine
a cui appartiene, oppure è il
condividere una spiritualità
francescana che contempla
ed ama il creato e le sue creature?
Nella nostra comunità e nelle
occasioni formative che proponiamo
ai “lontani” dalla fede, il rapporto
amorevole con la natura, la cura per
la creazione, ha uno spazio notevole.
Sulla scia di gran parte dell’insegnamento patristico, si cerca di condurre
le persone dall’amore per la bellezza
della creazione fino alla bellezza del
Creatore. Non è un caso che la più nota
raccolta di testi sulla preghiera del cuore
si chiami filocalia (amore per la bellezza). La preghiera cambia lo sguardo e
permette di cogliere il bello in tutto ciò
che ci circonda: il cosmo, la natura, gli
altri. Un particolare amore per il creato
contraddistingue chiunque pratica la
preghiera del cuore. Inoltre il tentativo di
riproporre i temi classici della spiritualità
cristiana ci ha stimolato a riproporre i
temi tipici dell’ascesi cristiana con un
linguaggio nuovo, per renderli attuali:
la dieta vegetariana, la vita sobria, il
digiuno suggeriti come pratiche gioiose
Come è l’atteggiamento
di Gesù nei confronti dell’uomo e del creato?
Il vangelo di Marco comincia con
il racconto del battesimo di Gesù nel
Giordano; subito dopo Egli, mosso dallo
Spirito, andò nel deserto a vivere con
le bestie selvatiche. Numerose parabole
del maestro contengono un richiamo al
mondo animale e a quello vegetale. Ma
manca un esplicito invito all’amore delle
creature non umane. Una delle grandi
accuse rivolte alla tradizione cristiana
riguarda proprio il silenzio a questo
riguardo. Ma sono accuse infondate,
che rivelano poca dimestichezza con
le scritture. L’invito di Gesù è un invito
a crescere senza limiti nell’amore, non
è un messaggio normativo. Vi è ampio
spazio per la libertà dell’essere umano,
per la sua coscienza. Sta quindi a noi
crescere nell’amore fino ad integrare
tutte le creature. D’altronde questo è
l’invito esplicito di chi più di chiunque
ha cercato di incarnare il Vangelo: i santi
che nella mia ricerca hanno universalmente espresso questo amore per tutte
le creature della natura.
Il suo libro si intitolata
“I santi e gli animali” L’Eden
ritrovato. Come si è svolto il
suo lavoro per la realizzazione di questo volume? E quale
obbiettivo si è posto?
Ho effettuato una lunghissima
ricerca sulle fonti. Volevo far parlare i
santi con le loro testimonianze e, dove
possibile, con le loro stesse parole. Ad
un certo punto ho dovuto interrompere
il lavoro per poter pubblicare perché le
fonti che parlavano espressamente di
un amore per la creazione nella vita dei
santi sembravano infinite!
Il mio obbiettivo era di mettere
in luce questo patrimonio sia per
risvegliare nella chiesa questo amore
cosmico troppo spesso dimenticato, sia
per mostrare a chi si è allontanato da
Essa che l’amore per la natura fa inscindibilmente parte del Dna del cristiano
indipendentemente dal fatto che talora
il cristiano stesso se ne dimentichi...
Ciascuno di noi sente forte il desiderio di ritrovare
una dimensione di pace e armonia. Come si può vivere e
ritrovare l’eden nella nostra
vita? come si può pensare
un nuovo rapporto con gli
animali e la natura come si
può riscoprire un legame di
fratellanza, “fratello… sorella...”.
Occorre prima ritrovare la strada
del proprio cuore, ritrovare in noi stessi
quella pace e quell’armonia che troppo
spesso pretendiamo che siano gli altri a
realizzare senza fare un minimo passo
concreto in quella direzione.
Occorre quindi un radicale cambiamento di vita, ma soprattutto tanta
esperienza di preghiera, per attingere
dallo Spirito santo tutta la forza necessaria per il cambiamento.
Per ritrovare l’eden perduto occorre
quindi ritrovare la strada del proprio
cuore. Nell’immagine mitica della
Genesi l’eden è descritto come un giardino da cui si diramano quattro fiumi,
esattamente come dal cuore si diparte
il flusso delle quattro vene principali.
Qual è la relazione tra
Santi e animali, questo tema
ci porta a scoprire alcune
figure dei santi e la loro esperienza raccontate nel libro?
La relazione che i santi hanno saputo instaurare con tutta la creazione,
anche quindi con le piante, le rocce, le
sorgenti i cieli e gli astri, è una relazione
d’amore e di compartecipazione. Sono
molto numerosi gli episodi in cui nascono amicizie speciali tra un santo e un
animale. Amicizie tali da caratterizzare
l’intera vicenda del santo e far raffigurare l’animale in tutta l’iconografia che lo
riguarda. Per molti è stata grande fonte
di stupore scoprire che l’amore per la
natura non è prerogativa esclusiva di
san Francesco, che l’ha sicuramente
espressa in maniera sublime, ma de
santi di tutte le epoche fina a epoche
a noi contemporanee.
Qual è dal suo punto di
vista, oggi, il male peggiore
per l’uomo?
L’egoismo che acceca al punto tale
da non rendersi conto che nell’unità
cosmica del corpo mistico di Cristo
una ferita inferta a qualsiasi essere è
un ferita inflitta soprattutto a sé stesso.
È toccante la confidenza
dei santi con gli animali anche questo è un argomento
sul quale si è soffermato sul
suo libro?
La confidenza era tale, in tanti racconti, che sembravano parlare lo stesso
linguaggio. Parecchi mistici, tra cui san
Paolo della croce, testimoniano infatti
di essere capaci di udire sensibilmente
il “canto” delle creature e di tutta la
creazione.
Daniela Raspollini
8
comunità ecclesiale
Vita
La
n. 32 21 Settembre 2014
ISTITUTO SUORE MANTELLATE
S
Una festa
per suor Clemens
uor Clemens, insegnante
storica della scuola elementare dell’Istituto suore Mantellate di Pistoia, ha lasciato
l’attività dopo 54 anni di lavoro. È
difficile immaginare questo nuovo
anno scolastico senza la presenza in
classe di una maestra che ha guidato
centinaia di bambini nel loro percorso di crescita, dalla prima alla quinta
elementare, in tutti questi anni.
Per lei , nel mese di giugno, i
genitori ed i bambini della classe V
hanno organizzato una festa a cui
hanno partecipato, a sorpresa, anche
numerosi ex alunni, che hanno voluto esprimere con la loro presenza
l’affetto e la riconoscenza per la
loro maestra.
Figura conosciuta ed amata dal
mondo scolastico pistoiese, dalle
tante famiglie che a lei hanno affidato
i figli, dai suoi numerosi ex alunni,
suor Clemens ha vissuto la sua vocazione di educatrice con gioia ed
autentica passione. La sua carriera
è iniziata nel 1960 a Milano, appena
terminati gli studi. Lì ha insegnato per
due anni, poi per altri quattro a Mestre e di nuovo a Milano fino al 1968.
Dopo un anno trascorso a Roma, nel
1969 il trasferimento definitivo nella
nostra città.
A partire dagli anni Ottanta, oltre
all’insegnamento, ha assunto la direzione della scuola elementare, fino
a quando, pochi anni fa, la scuola è
diventata Istituto comprensivo.
Sempre animata da grande curiosità intellettuale e con un entusiasmo contagioso, Suor Clemens ha
contribuito in modo determinante
a costruire negli anni, assieme alla
comunità delle suore Mantellate,
il profilo valoriale e didattico della
scuola primaria e dell’intero Istituto
pistoiese.
“Una maestra -hanno testimoniato a più voci gli ex alunni ormai
adulti– che ci ha insegnato con passione, mostrando sempre attenzione,
rispetto e cura verso ciascuno”.
“Sempre aperta al mondo, con
nuovi progetti ogni anno e con tanto
entusiasmo fin da quando entrava
in classe” hanno ricordato altri, che
ancora si raccolgono attorno lei, in
spirito di amicizia e in progetti di
solidarietà.
Ma, ci tiene a precisare suor
Clemens, “sarò ancora accanto ai
bambini, soprattutto a quelli che
avranno bisogno di un piccolo aiuto.”
E certo, nonostante sia arrivato
il tempo del meritato riposo, l’aiuto
prezioso di una maestra di così
grande esperienza e cuore non si
farà attendere.
A lei il grazie sincero di tutta la
comunità e dei tantissimi alunni che
ha educato con amore e impegno,
trasmettendo loro “non solo un
sapere, ma un cammino di tempo, il
tempo della scoperta”. E se è vero
che i maestri che non scordiamo
sono “quelli che hanno lasciato una
impronta indelebile dentro di noi”,
“non solo per quello che ci hanno
PARROCCHIA DI SAN GIORGIO E GELLO
Il coraggio degli scout
L’esperienza della Route nazionale Agesci nel racconto di Silvia Lelli
I
l Gruppo Scout S. Giorgio
1 della parrocchia di S.
Giorgio e di Gello ha partecipato al grande evento
della Route nazionale Agesci
a San Rossore., dove 30 mila ragazzi
dai 16 ai 20 anni, si sono confrontati sul tema il coraggio.
Ne parliamo con Silvia Lelli portavoce del gruppo.
«I giorni a San Rossore, che hanno
concluso il lavoro di un anno, - spiega Silvia - hanno veramente dato la
dimensione ai ragazzi, ed anche a
noi capi, di quanta forza si sprigioni
quando si mettono insieme non
soltanto le intenzioni positive ma
anche e soprattutto le esperienze e
le azioni concrete, con responsabilità. Un evento pregnante ed intenso,
fin dal suo slogan: one way, ad indicare un orizzonte, una direzione
ben precisa da intraprendere con
coraggio per il bene comune».
Qual è stato il momento
più significativo della Route?
Come l’avete vissuta?
I momenti più intensi, essendo i
ragazzi i veri protagonisti di tutta la
route, sono stati le due veglie sulla
legalità organizzate da due clan del
sud d’Italia, testimonianza concreta
del loro vissuto e del cambiamento
desiderato e costruito e la cerimonia finale con la consegna della
Carta del Coraggio alle autorità. E’
stato un momento estremamente
emozionante perché chiaro simbolo del fatto che i ragazzi non hanno
solo partecipato ad un bel “gioco”,
ma hanno davvero e concretamente fatto politica, nel senso più alto
di questo termine, hanno portato il
loro contributo di giovani cittadini
alla costruzione del bene comune,
portando le esigenze che hanno
riscontrato nella società all’attenzione delle istituzioni e di noi capi
e si sono loro per primi presi degli
impegni come scout, come cittadini e come cristiani. Tutti gli scout
d’Italia da adesso in poi avranno un
documento su cui lavorare, da cui
prendere spunti, in base al quale
prendersi degli impegni concreti
ognuno nel proprio territorio, per
portare avanti le azioni di coraggio intraprese e farne scaturire di
nuove, in una vera e propria ondata
di cambiamento e positività. Altri
momenti davvero emozionanti
sono stati lo spettacolo serale tutti
insieme all’arena del Futuro con
tanti testimoni di scelte coraggiose
in vari ambiti della vita, la veglia di
preghiera fino all’alba e la celebrazione eucaristica con la telefonata a
sorpresa di Papa Francesco. La benedizione del Papa è stata davvero
la degna ed emozionante conclusione di un evento grande, significativo
e pregnante, e nelle sue parole
secondo me sta tutto il significato
della scelta del tema del coraggio:
“Il Coraggio è un grande bene ed
ha bisogno dei giovani attivi. Con i
giovani fermi non si va da nessuna
parte. I giovani non devono andare
in pensione, ma devono andare
avanti: sono il futuro. Il mondo ha
bisogno di giovani coraggiosi, non
timorosi. Giovani che sempre abbiano un orizzonte per andare […] So
che avete riflettuto sull’Apocalisse,
pensando alla Città Nuova. Questo
è il vostro compito: fare una città
nuova.”
Dopo la Route il coraggio degli Scout continua....
voi avete qualche progetto?
Prima dell’evento su quale
ambito vi siete preparati?
Il lavoro di preparazione alla
Route nazionale è durato circa
un’anno, durante il quale tutti i
ragazzi hanno lavorato ad un “capitolo nazionale”, un percorso di approfondimento concreto sul valore
del coraggio, declinato in 5 ambiti
(il coraggio di amare, il coraggio di
essere Chiesa, il coraggio di essere
cittadini, il coraggio di farsi ultimi,
il coraggio di liberare il futuro),
costituito da momenti di osservazione della realtà, formazione di
una propria opinione e azione autentica di cambiamento, che è stato
parte integrante del cammino della
Route. Il nostro clan in particolare
si è interrogato sulle alternative
per una vita attenta ai consumi e
rispettosa dell’ambiente, attraverso
un confronto approfondito e l’incontro con varie realtà cittadine,
focalizzandoci sul tema dei rifiuti ed
in particolare sulla raccolta degli oli
vegetali esausti, mancante nella nostra provincia. Ci siamo impegnati
nell’autocostruzione di un contenitore per la raccolta degli oli vegetali
esausti, per renderci conto in prima
persona dei costi e della fattibilità,
e per sperimentare un prototipo
da poter inviare agli enti preposti.
Ci siamo impegnati in una proficua
collaborazione con Legambiente e
Publiambiente per approfondire la
complessa normativa in materia di
smaltimento dei rifiuti e poter realizzare un punto di raccolta presso
la nostra sede. Guardano al futuro,
immaginiamo un coinvolgimento
maggiore dei cittadini per poter
finalmente vedere realizzato il nostro sogno di rendere possibili delle
micro reti di raccolta a livello locale: nei quartieri, nei condomini, nelle
scuole, nelle associazioni, ecc.
Daniela Raspollini
insegnato, per il contenuto dei loro
enunciati, ma innanzitutto per come
ce lo hanno insegnato”(M. Recalcati,
L’ora di lezione), ebbene: “Clemens
non ti dimenticheremo!”
Elena Dei
“Le due cappelle
dell’ospedale
San Jacopo”
A
un anno dall’apertura del nuovo ospedale di Pistoia (21 luglio
2013) le due cappelle - l’una nell’area delle degenze, l’altra attigua
all’obitorio - sono arredate al completo. La cappella dell’obitorio ha
potuto accogliere l’altare, l’ambone e il leggio in legno allestiti per
il santuario di Santa Maria delle Grazie o Madonna del Letto una trentina
di anni fa, per adattare le celebrazioni alla rinnovata liturgia del concilio. Nel
restauro del santuario, negli anni ‘90, con scelta anche troppo frettolosa e
innovativa, era stato rimosso l’antico altare maggiore per creare l’attuale in
marmo, rivolto ai fedeli, per cui quegli arredi in legno si erano resi inutilizzati.
Si sono adattati bene alla cappella di commiato congiunta all’obitorio, arredata
con panche e armadio di sacrestia di recente acquisto. La cappella dell’area
delle degenze è stata quasi per intero arredata trasferendovi le panche dell’ex
cappella delle suore Ancelle della Carità, attigua al santuario, e con opportuni
adattamenti, l’altare, il tabernacolo e il fonte battesimale, tutti in marmo, della
precedente cappella negli ex Spedali Riuniti di Pistoia. Questa precedente cappella aveva avuto nel tempo ben quattro diverse collocazioni: quella originale,
di inizio novecento,è poi divenuta seconda sala di chirurgia; una successiva
collocazione era stata presso l’atrio d’ingresso all’ospedale da piazza Giovanni
XXXIII; una terza collocazione a lato di portineria nell’ingresso da viale Matteotti; una quarta collocazione quella nel sottopassaggio tra viale Matteotti e
piazza Giovanni XXXIII, in prossimità di quest’ultima. La prolungata attesa
per vedere arredata nel nuovo ospedale la cappella dell’area delle degenze,
ha consentito di valutare meglio gli adattamenti. Cosi il fonte battesimale, dove
molte migliaia di pistoiesi hanno ricevuto il battesimo fino a inizio anni ‘70, anziché essere accantonato perché inutilizzato, è servito molto bene a supporto
del tabernacolo, mentre la sua copertura fa ora da base dell’ ambone.
L’ altare in marmo, opportunamente riadattato per armonizzarsi con le dimensioni e le tonalità della cappella,è stato il primo ad essere inaugurato il 24
luglio scorso, vigilia della solennità di San Jacopo, patrono di Pistoia e titolare
del nuovo ospedale. Ciò è avvenuto nella Messa vespertina presieduta dall’amministratore della diocesi, monsignor Paolo Palazzi, che ha anche benedetto
il grande crocifisso, proveniente da Assisi, che riproduce l’ immagine di fronte
a cui in San Damiano Francesco avviò la sua nuova vita. Di nuovo acquisto è
stato l ‘ampio armadio di sacrestia.
I cappellani dell’ospedale
PASTORALE DELLA TERZA ETà
Programma 2014-2015
M
ercoledì 24 settembre alle ore 16, presso il Centro di
Monteoliveto la Pastorale della terza età organizza un incontro per illustrare il programma 2014-2015.
In questa occasione sarà distribuito un volumetto contenente i riassunti degli incontri tenuti lo scorso anno.
Vita
La
21 Settembre 2014
comunità ecclesiale
n. 32
9
“AMICI DI DON FERRERO BATTANI”
L’angolo della famiglia
“Frammenti di infinito”
La correzione
arriva a San Rossore
fraterna in famiglia
Ufficio Pastorale con la famiglia
S
e il tuo fratello commette una colpa, và e ammoniscilo fra te e lui
solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà,
prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla
parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro,
dillo all’assemblea; e se non ascolterà neanche l’assemblea, sia per te come un
pagano e un pubblicano. (Mt 18, 15-17)
Gesù ci insegna che se il mio fratello commette una colpa contro di me,
mi offende, io devo usare carità verso di lui. Occorre anzitutto evitare il
clamore della cronaca e il pettegolezzo della comunità. L’atteggiamento è di
delicatezza, prudenza, umiltà, attenzione nei confronti di chi ha commesso
una colpa, evitando che le parole possano ferire e uccidere il fratello.
Perché, voi sapete, anche le parole uccidono! Quando io sparlo, quando io
faccio una critica ingiusta, quando io “spello” un fratello con la mia lingua,
questo è uccidere la fama dell’altro! Anche le parole uccidono. (Francesco
07/09/2014)
La correzione fraterna è un aspetto dell’amore e della comunione che
devono regnare nella comunità cristiana, e soprattutto all’interno delle
famiglie. Lo scopo è quello di aiutare la persona a rendersi conto di ciò che
ha fatto, e che con la sua colpa ha offeso non solo uno, ma tutti.
“C’era una volta” una correzione fraterna all’interno delle famiglie, quando
vivevano con semplicità povera di cose, ma ricca di fede e di valori. Le
mamme erano attente alla salute fisica, alla crescita materiale, ma anche
alla crescita spirituale. La giornata era piena di continue raccomandazioni,
sperando che di cento ne rimanesse una. E quando la correzione non
portava i frutti sperati, ricorrevano a mezzi più convincenti come gli schiaffi,
che se facevano male al corpo, facevano un gran bene all’anima. Oggi pare
proprio che la correzione non sia più di moda, lasciando che i figli crescano
senza più sentire la mano esperta di chi deve essere guida, ossia i genitori.
Dobbiamo guarirci anche attraverso la fraterna correzione degli sposi gli
uni verso gli altri, dei genitori verso i figli. Ci vuole il coraggio di chiamare
male ciò che è male agli occhi di Dio e bene ciò che invece è bene ai suoi
occhi. Ma si ha come l’impressione che al coraggio si preferisca il comodo
silenzio per non avere fastidi. E così la famiglia si perde nel qualunquismo. E’
un coraggio che a volte manca nelle famiglie, dove si crede di perdere i figli
con una correzione che sia testimonianza di carità e di vita. E così i figli un
giorno rimprovereranno di non averli avvertiti del male.
Se qualcuno dei familiari ferisce, non chiudere la comunicazione, non fare
la vittima, ma fai tu il primo passo, riapri il dialogo. Se ti ascolterà, avrai
“acquistato” un mattone per le fondamenta della tua famiglia. Il verbo giusto
è proprio “acquistare”, perché il vero guadagno della vita familiare sono le
relazioni buone che abbiamo costruito. Una comunità, ed in particolare la
famiglia, si misura dalla qualità dei rapporti umani che si sono instaurati.
Oggi l’individualismo la fa da padrone ma è necessario condividere il nostro
cammino di fede nella comunità cristiana, anche nella più piccola, la famiglia.
Dobbiamo tutti confessare che più volte abbiamo pensato che il nostro
rapporto con Gesù potesse bypassare la relazione con gli altri, ma anche
se condividere l’esperienza di fede in famiglia non è cosa semplice non
dobbiamo ripiegare su una religione fai da te.
La comunità inizia dai mattoni elementari io-tu, e c’è un terzo tra i due il
cui nome è Amore, che unisce come colla le vite. Quando un uomo dice ad
una donna: tu sei carne della mia carne, vita della mia vita, lì c’è Dio, cuore
del loro cuore, nodo dell’amore, legame delle vite; quando un genitore e un
figlio si guardano e si ascoltano con amore, lì c’è Dio.
Ma cos’è l’amore? Spontaneamente pensiamo alla splendida esperienza
dell’innamoramento. E’ solo una tappa di un percorso che continua e sfocia
nell’assumere con responsabilità l’altra persona: ti amo, voglio te come
compagno/a di viaggio, te come compagno/a alla ricerca della felicità.
Così è anche per l’amore verso i figli, arte difficile del rendere autonomo
un cucciolo d’uomo.
L’amore è il cuore della fede, del Vangelo. Quanto poco ci preoccupiamo di
ritrovarci insieme a pregare su un problema o su un atteggiamento scorretto;
quanto poco dialogo tra di noi, particolarmente quando non ci si intende,
non ci si comprende, e quindi si entra in conflitto, si litiga, ci si arrabbia, e
poi si commettono errori e ingiustizie! Non è quando si va d’accordo che
c’è bisogno di dialogo, ma quando si fa difficoltà a stare bene gli uni con gli
Piero e Paola Pierattini
altri.
ORDINE FRANCESCANO SECOLARE
Transito
e festa di San Francesco
La famiglia francescana di Pistoia festeggia il Transito e la festa di San
Francesco che avverrà il 4 ottobre 2014 con il seguente programma:
chiesa S. Maria delle Grazie piazza San Lorenzo
4 ottobre ore 7,30: Messa celebrata da fr. Gianfranco.
Convento suore Clarisse Piazza S. Stefano
1, 2 e 3 ottobre ore 18: Transito del santo
4 ottobre ore 8,30, ore 10: Messa
4 ottobre ore 18: Messa solenne celebrata dai padri domenicani a ricordo della grande amicizia che ha legato nel tempo i santi Domenico e
Francesco.
Al termine di tutte le Messe seguono benedizione e indulgenza plenaria.
“
Frammenti di Infinito”, il
libro di Don Ferrero, è
arrivato alla Route Nazionale degli Scout che si
è tenuta agli inizi di agosto
nella pineta di San Rossore con il
tema: “Strade di coraggio”, e che
ha visto la partecipazione di più di
30000 giovani impegnati in ben 650
laboratori.
Uno di questi aveva come titolo:
“Perché siamo al mondo?, e come
obiettivo quello di far conoscere a
gruppi di giovani provenienti da tutta
Italia la figura di don Ferrero ed il
messaggio di amore e di ottimismo
contenuto nel suo libro.
Il tema della route era quello del
coraggio di amare, e don Ferrero
nella sua vita non ha fatto altro che
amare tutti coloro che ha incontrato sulla sua strada, esprimendo a
pieno la sua vocazione di padre, una
paternità morale, compassionevole,
nel senso etimologico del termine,
(cum- patere: patire insieme), come
fa ogni vero padre.
Ha avuto il coraggio di buttarsi
fino in fondo nella vita, di amarla, con
tutto quello che via via gli presentava,
e a volte erano delusioni, malattie,
incomprensioni, difficoltà.
Anche nel suo libro parla spesso
di coraggio: bisogna avere il coraggio
di scommettere su dei segni, i segni
dell’amore, i segni dell’esistenza di
Dio, che sono sufficienti per farci
decidere, ma non per renderci assolutamente sicuri…
All’inizio dello scorso autunno,
Stefano, un membro dell’Associazione degli amici di don Ferrero, propose di fare domanda di partecipazione
alla route nazionale, trovò terreno
fertile, e l’iniziativa andò avanti.
In verità non pensavamo che,
dispersa fra le migliaia di domande,
proprio la nostra venisse accolta!
E invece così è stato. Forse quel
titolo “Perché siamo al mondo?” era
accattivante, anche se noi eravamo
degli emeriti sconosciuti!
Più ci si avvicinava alla data fatidica del 7 agosto e più aumentava
la strizza.
Se è vero che il coraggio è aver
paura ma andare avanti lo stesso,
allora, anche noi nel nostro piccolo
siamo stati coraggiosi.
Eravamo consapevoli della nostra
debolezza e ci sentivamo inadeguati.
Intorno a noi fiorivano laboratori
molto creativi, gestiti da veri professionisti, e noi due, eravamo lì,
inesperti, timidi, e per di più anche
un po’ imbranati.
Don Ferrero di lassù deve averci
però messo una parolina buona!
Intanto ci è toccato l’unico spazio sempre all’ombra per la presenza
di un piccolo gruppo di alberelli, poi
la passione che ci abbiamo messo ha
avuto la meglio e ci siamo scordati
di noi e dei nostri limiti tanta era la
voglia di far conoscere a tutti quei
giovani quel “gran tesoro” che è
stato per noi don Ferrero.
I ragazzi si sono dimostrati
educati ed accoglienti, interessati e
rispettosi fra di loro e con noi, in un
clima ricettivo e positivo.
Ci siamo presentati al primo
gruppo di circa 30 giovani, tra i 17
e i 20 anni, provenienti da tutte le
parti d’Italia, con un grande disegno
su tela, della nostra amica pittrice
Marta Carlesi, raffigurante un albero spoglio, con profonde radici, un
tronco robusto e tanti rami protesi
verso l’alto.
Lo abbiamo attaccato ad una
scala di legno che abbiamo trovato
accanto agli alberi. (Un altro segno?)
Quell’albero era per noi l’albero
della vita, il simbolo del nostro stare
al mondo.
L’albero ha preso via via luce,
vita, colore, attraverso tanti piccoli
foglietti colorati che i ragazzi attaccavano all’albero con le loro risposte.
Risposte a quali domande? Quattro domande fondamentali per
vivere, le stesse che Ferrero si pone
nel costruire il suo libro: Perché
siamo al mondo? Cos’è che vi fa
stare bene? Quali sono per voi i
segni dell’amore? Quali sono per voi
i segni dell’esistenza di Dio? I tanti
perché del nostro stare al mondo
hanno colorato le radici dell’albero,
ciò che ci far star bene ha riempito il
solido tronco, e i segni dell’amore e
di Dio hanno dato vita ai molteplici e
svariati frutti dai tanti colori sui rami
protesi verso il cielo.
Il risultato parlava d’amore, era
una festa vedere l’albero rivestito
dalla testa ai piedi di parole che parlavano di amore, di musica, di viaggi,
di conoscenza, di bellezza, di gioia, di
amicizia, di tenerezza, di dedizione
all’altro…
Non una parola che si rifacesse
al denaro, al consumo, alla ricchezza,
al potere. Che mondo lasciamo a
questa gioventù? Interroghiamoci
anche noi adulti, rispondiamo con
sincerità alle domande che ci pone
don Ferrero! Forse questa gioventù
ha molto da insegnarci. Vogliamo
chiudere con le parole dei ragazzi.
Mettendo insieme le loro risposte, usando solo le loro parole,
abbiamo costruito una poesia che
recita così:
I segni dell’amore
Ti sorrido, ti guardo negli occhi e ritrovo
parte di me
c’è intesa fra noi ed emozione nel cuore
Risate condivise
ricerca intensa di te
la forza dei nostri abbracci
Ecco il “nostro”
non più il “mio” e il “tuo”
insieme siamo completi
Amare è avere un unico cuore
capirsi senza parole
essere se stessi insieme
amo il tempo dedicato
a unire l’anima
Amo i tuoi difetti
è bello litigare e fare pace senza rancore
Amo per amare e non per ricevere
è l’amore che trova senso in se stesso
I veri autori di questa poesia
sono i componenti dei tre gruppi
con cui abbiamo lavorato, e che qui
di seguito chiamiamo per nome,
perché, come diceva Ferrero, che
ci conosceva tutti: “È dolce sentirsi
chiamare per nome…”: Giorgia,
Alice, Giorgio, Isabella, Andrea, Seba,
Giulia, Elisa, Davide, Gabriele, Sofia,
Sofia, Salvatore, Luci, Sara, Sara, Camilla, Erica, Ciro, Eser, Eliana, Martina,
Federica,Alice, Filippo, Maria, Melissa,
Paolo, Filippo, Ilaria, Paolo, Angela,
Yuri, Giulia, Giovanni, Gloria, Marco,
Fabiola, Clementina, Lucia, Marco, Michele, Sara, Giorgia, Eleonora, Sofia, S,
Gaia, Ludovico, Silvia, Cristina, Letizia,
Salvatore, Benedetta, Giorgia, Chiara,
Camilla, Jack, Giulia, Elena, Andrea,
Martina, Paola, Giulia,Valeria, Desirè,
Alessandro, Cecilia, Lorena, Sofia,
Stefano, Simone, Federico.
Grazie a tutti voi!
Paola Vivarelli
10 comunità e territorio
FERROVIE
Al via la procedura
per il raddoppio
Pistoia-Montecatini
Arci. Anche qui verranno realizzati
un sottovia carrabile e una nuova
viabilità di collegamento, oltre ad un
sottopasso pedonale. Nel comune di
Montecatini è prevista la realizzazione del prolungamento del sottopasso
della stazione centrale e interventi
per l’abbattimento delle barriere
architettoniche.
«È questo il primo passo concreto
- ha spiegato Vincenzo Ceccarelli per dare avvio al più complessivo
progetto di raddoppio della linea
tra Pistoia e Lucca. I lavori dovranno iniziare entro il 31 agosto
del prossimo anno perché questo
Vita
La
n. 32 21 Settembre 2014
rappresenta la condizione indispensabile per ottenere il finanziamento
governativo di 220 milioni previsto
dal decreto Sblocca Italia». «Questi
interventi - ha sottolineato Orazio
Iacono, direttore commerciale di
Rfi - consentiranno di garantire ai
pendolari un servizio di maggior qualità, migliorando l’accessibilità nella
stazione di Montecatini ed elevando
gli standard di regolarità sull’intera
linea. Nello stesso tempo, iniziamo
in modo concreto le prime attività
funzionali al raddoppio del tracciato
ferroviario».
OCCUPAZIONE
Bando della
Fondazione Caript
per borse lavoro
L’iniziativa è rivolta a giovani di età compresa tra 18 e
29 anni. Previsti contributi per le aziende che assumono
Vincenzo Ceccarelli
I lavori
del primo stralcio
dovranno iniziare
entro il 31 agosto
del prossimo anno
di Patrizio Ceccarelli
V
arato dalla Regione il decreto che segna la partenza del percorso, entro
l’agosto 2015, per l’apertura da parte di Rete ferroviaria
italiana (Rfi) del cantiere del primo
stralcio di lavori che porteranno
al raddoppio della linea ferroviaria
Pistoia-Montecatini. L’assessore re-
gionale alle infrastrutture, Vincenzo
Ceccarelli, ha confermato a Rfi la piena disponibilità dei 35 milioni di euro
necessari all’eliminazione dei passaggi
a livello esistenti nel tratto di circa 14
chilometri tra Pistoia e Montecatini.
Lo stralcio di cui è stato annunciato
il via libera, oltre alla soppressione
di 11 passaggi a livello, prevede interventi sulla viabilità, la deviazione
del canale artificiale Nievolina nei
comuni di Pieve a Nievole e di Montecatini e la realizzazione di casse di
espansione sul torrente Stella e sul
fosso Tazzera nel comune di Pistoia,
oltre al miglioramento del servizio e
dell’accessibilità per i viaggiatori nelle
stazioni della linea Firenze-LuccaViareggio maggiormente frequentate.
Nel dettaglio: nel comune di Pistoia
verranno eliminati 7 passaggi a livello
tra Barile e Spazzavento, realizzati
2 sottopassi pedonali e adeguata la
viabilità locale anche attraverso la
realizzazione di una rotatoria su via
dei Vivai. Nel comune di Serravalle
saranno 2 i passaggi a livello eliminati,
entrambi situati in direzione Pistoia
prima della stazione di Masotti.
Sempre nella stessa zona verranno
realizzati un sottovia carrabile e un
percorso pedonale dal sottovia a via
Simoncini, un intervento che permetterà la demolizione del cavalcaferrovia adiacente alla stazione. Altri
2 passaggi a livello saranno eliminati
nel comune di Pieve a Nievole tra
cui quello in prossimità del Circolo
L
a Fondazione Caript promuove il bando speciale «Borse Lavoro 2014», un’iniziativa finalizzata ad incentivare l’occupazione
giovanile e riservata ai residenti nella provincia di Pistoia di età
compresa tra 18 e 29 anni, inoccupati e che non abbiano avuto
in precedenza alcuna stabile esperienza di lavoro.
Il nuovo bando, infatti, mette a disposizione dei giovani una «dote» con la
quale proporsi alle imprese: con uno stanziamento complessivo di 720.000
euro, il progetto permetterà di finanziare da un minimo di cento «borse
lavoro», se tutte di durata annuale, fino a un massimo di duecento, se semestrali. I giovani che vorranno partecipare al bando avranno il compito
di entrare in contatto con un’impresa interessata ad aderire al progetto.
Le aziende che decideranno di assumere i giovani borsisti – per un minimo
di 6 mesi fino al massimo di un anno – riceveranno un’erogazione lorda
mensile pari a 600 euro da parte della Fondazione Caript, che si impegna
così a ridurre i costi a carico delle aziende, rendendo meno oneroso il primo periodo di formazione e inserimento di una giovane risorsa. Il termine
ultimo per la presentazione dei progetti è il 31 ottobre 2014.
Investire sul capitale, accrescere il bagaglio di competenze dei giovani, formare nuovi professionisti nella prospettiva di un loro più stabile inserimento
futuro nel mercato del lavoro, rispondere a concrete esigenze di sviluppo e
rilancio delle attività produttive nel territorio sono le finalità dell’iniziativa.
CARCERI
TRENI
Nuovi Vivalto in servizio sulla Detenuti impiegati
nei lavori
Firenze-Pistoia-Viareggio
Entro dicembre 2014, con la consegna di altre 20 vetture, sarà completata
di pubblica utilità
la fornitura di 150 carrozze che AnsaldoBreda si aggiudicò nel 2009
A
desso sono 130 le carrozze
Vivalto a doppio piano della
flotta toscana di Trenitalia.
Due nuovi convogli da 6
carrozze e 722 posti, trainati da
motrici elettriche E464, sono stati
presentati pochi giorni fa a Firenze del
presidente della Regione Enrico Rossi,
dall’assessore regionale ai trasporti
Vincenzo Ceccarelli, e dall’amministratore delegato di Trenitalia Vincenzo Soprano. Entro dicembre 2014, con
la consegna di altre 20 vetture, sarà
completata la fornitura di 150 carrozze che AnsaldoBreda si aggiudicò nel
2009. Salgono a 158 i collegamenti
quotidiani con i nuovi Vivalto, il 40%
delle corse regionali effettuate in Toscana. I nuovi treni viaggeranno sulle
principali linee elettrificate, a partire
dalla Viareggio-Lucca-Pistoia-Firenze,
dove da lunedì le corse giornaliere
coi nuovi Vivalto sono salite a 50;
seguiranno la linea pisana, l’aretina e
le due linee tirreniche. L’ammodernamento della flotta, ricorda Trenitalia,
previsto dal contratto di servizio con
la Regione, ha comportato un investimento totale, a carico di Trenitalia, di
150 milioni di euro in 6 anni per 150
carrozze Vivalto. «Se si considera - si
legge in una nota - che, in parallelo alla
consegna dei nuovi Vivalto, prosegue il
programma di rinnovo “face lift” delle
rimanenti vetture elettriche media distanza, dal prossimo anno circa l’85%
dei passeggeri regionali della Toscana
viaggerà su treni elettrici composti
da vetture nuove o interamente
rinnovate».
E a proposito di treni, saranno controllati e sottoposti a restyling all’In-
terporto della Toscana centrale,
con sede a Prato, i 17 treni ad alta
velocità “Fyra V250”, concepiti negli
stabilimenti di Pistoia negli scorsi
anni per percorrere il tragitto tra
Amsterdam e Bruxelles. I treni necessitano di modifiche dopo essere stati
al centro di una querelle industriale
sul loro presunto malfunzionamento
in condizioni di bassa temperatura
atmosferica e sono ora destinati al
mercato estero. È già arrivato il primo
dei 17 convogli, gli altri giungeranno
all’Interporto della Toscana centrale
entro la fine dell’anno. La vicinanza
con Pistoia e la dimensione del terminal della struttura pratese -spiega
in una nota l’Interporto- hanno permesso di sfruttare a pieno una sinergia
industriale che mette a sistema le
potenzialità del territorio.
I primi due hanno cominciato nei cantieri del Comune
di Pistoia, grazie ad una convenzione firmata dal
sindaco e dal direttore della casa circondariale pistoiese
D
ue detenuti della Casa circondariale Santa Caterina in Brana
di Pistoia hanno iniziato a svolgere l’attività di pubblica utilità
presso i cantieri comunali. L’iniziativa è stata resa possibile
grazie ad una convenzione firmata nei mesi scorsi tra il sindaco Samuele Bertinelli e il direttore della Casa circondariale di Santa
Caterina in Brana, Tazio Bianchi. Le prime due persone, individuate dal
magistrato di sorveglianza, dal direttore e dall’equipe trattamentale del
carcere sulla base della loro condotta durante il periodo di detenzione,
stanno scontando la parte finale della pena e pertanto, come previsto
dalla legge, possono svolgere attività fuori dalla struttura carceraria. I due
detenuti hanno già lavorato durante il periodo di detenzione alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria e hanno seguito anche corsi di
specializzazione. In Comune svolgono mansioni di pubblica utilità a favore
della comunità locale svolgendo lo stesso orario degli operai comunali e
cioè da lunedì a venerdì dalle 7 alle 13 per 25 giorni lavorativi. I detenuti
sono stati inseriti nel gruppo dei colleghi del cantiere comunale con le
stesse modalità organizzative.
Una volta finito il turno di lavoro pranzano alla mensa comunale e poi
rientrano nella Casa circondariale. I lavori che gli verranno via via affidati
riguardano il taglio dell’erba e interventi di manutenzione negli edifici
pubblici.
Come previsto nella convenzione, riceveranno una retribuzione attraverso buoni lavoro in base all’impegno e al rispetto di quanto concordato
nel provvedimento di ammissione al percorso.
Vita
La
comunità e territorio
n. 32
ARTE
21 Settembre 2014
«Andate e ritorni»
D
Al Polo Tecnologico di Quarrata la mostra antologica
di Marcello Scuffi
opo più di dieci anni
Marcello Scuffi torna con i suoi quadri a
Quarrata, nello spazio
espositivo del Polo Tecnologico
«Libero Grassi» in Piazza Agenore
Fabbri.
Per questa esposizione «piccola
antologica», come l’ha definita lui
stesso, Marcello Scuffi ha selezionato
cinquanta opere che ripercorrono i
temi e la cifra stilistica che hanno
caratterizzato oltre quaranta anni
di lavoro: il circo, il mare, il treno, le
nature morte.
La mostra antologica inaugurata
giovedì scorso, alla presenza del Sindaco Marco Mazzanti, rimarrà aperta
fino al 19 ottobre.
«Tra i tesori della nostra città –
commenta il Sindaco Marco Mazzanti
– vi è senz’altro la creatività di Marcello Scuffi; per questo sono davvero
orgoglioso di ospitare una sua antologica. Le sue opere sono presenti in
prestigiose collezioni e sono apparse
in numerose mostre collettive e personali, anche all’estero. Oggi Marcello
torna nella sua città, non solo come
quarratino ma anche e soprattutto
come artista, e spero davvero che i
suoi, i nostri, concittadini apprezzino
questa opportunità».
Marcello Scuffi è nato a Tizzana
il 25 settembre 1948. Ha mostrato
la sua passione per il disegno e la
Un dentista
con la passione
per l’arte liutaia
F
pittura ancora giovanissimo. Autodidatta, dipinge con continuità dal 1970
e, dal 1973, si dedica esclusivamente
alla pittura. Fin dall’inizio della sua
attività artistica è apparso in varie
collettive e in numerose personali.
Nel 1977 e nel 1981 ha vissuto e
dipinto a Bruxelles. Negli ultimi anni
vive tra Quarrata e la Versilia. Le sue
opere sono note ed apprezzate non
solo in Italia, ma anche all’estero,
in particolare in Francia, Belgio e
Svizzera. La sua pittura ha suscitato,
costantemente, l’attenzione di critici
d’arte ed intellettuali che hanno spesso pubblicato saggi e studi su di essa.
a l’odontoiatra il pistoiese Gabriele Natali, ma un’altra sua
passione è quella per l’antica arte delle liuteria. Sposato con
tre figli, da più di trent’anni Natali si dedica anche alla costruzione di viole, violoncelli, violini, specializzato nelle copie antichizzate. Un’arte coltivata nella pratica da parte sua fin dai tempi degli
studi universitari, realizzando gli strumenti ancora oggi in casa, in locali
che ricordano la tradizionale bottega dell’artigiano, avvalendosi di colla e
vernice, legno pioppo, sgorbie e scalpelli oltre che di lime e pialle. La liuteria conta ormai tre secoli di vita, appassionando Natali dopo esser stato nella bottega del liutaio pistoiese Scartabelli. Oltre a quest’ultimo, gli
altri suoi maestri sono stati Guido Maraviglia, pistoiese prestigioso che
con la sua arte ha attraversato il Novecento e del quale è stata costituita
un’apposita fondazione per valorizzarne l’opera e la memoria dell’artista,
e Giuseppe Stefanini. Da lì la costruzione del primo violino per lui, un
anno per realizzarlo e poi dopo un mese a malapena arriva l’acquirente.
A Pistoia i liutai oggi sono in tre, oltre a lui Luigi Ercoli e Pietro Gargini
entrambi suoi allievi.
Vista la sua principale professione, Natali ancora oggi realizza gli strumenti nel fine settimana, anche di notte, ricevendo molte richieste da più
parti del mondo. Un suo sogno nel cassetto è di aprire una bottega di
liuteria nel centro storico di Pistoia, dove poter lavorare assieme ad altri
liutai e promuovere così l’arte. Gli assoli di violino del musicista Daniel
Stabrawa, in occasione dello Sheherezade di Korsakov nell’arena di Waldbuhne della periferia di Berlino, nel giugno 2006, vengono realizzati grazie ad uno strumento di Natali, così come suonano un Natali, tra gli altri,
Aida Carmen Sonea prima viola solista e Peter Szabo primo violoncello
del Budapest festival orchestra, Adrian Pinzaru primo violino del Delian
Quartet, Stefano Pagliani concertista in varie orchestre, mentre dal 2003
gli assoli di violino al festival Pucciniano a Torre del Lago (LU) vengono
eseguiti grazie ai violini di Natali e non è certo poco!
Leonardo Soldati
BCC VIGNOLE
Un bilancio di coerenza
U
n milione di euro distribuito
come banca del territorio.
Si può sintetizzare così il
bilancio sociale 2013 della
Bcc di Vignole, presentato lo scorso 12
settembre presso l’Auditorium Marcello
“Cesare” Fabbri e che da quest’anno
ha assunto la nuova denominazione di
bilancio di coerenza.
“Se il bilancio civilistico approvato lo
scorso dall’Assemblea dei soci non è che
una rappresentazione essenzialmente
numerica dell’esercizio commerciale –
ha detto nel suo intervento il Presidente
della Banca Giancarlo Gori – il bilancio
di coerenza è invece un documento che
va oltre i numeri e che punta a mettere
in risalto quanto la banca ha fatto per
i propri soci, le famiglie, le imprese e il
territorio di riferimento.”
Fra i dati presenti nel bilancio e che
contraddistinguono la peculiarità della
Bcc Vignole e Montagna Pistoiese c’è
quello dell’utile che la banca avrebbe
ottenuto se non avesse messo in campo
agevolazioni per i soci e contributi a beneficio del territorio. In questo caso l’utile
avrebbe superato i 2 milioni di euro con
un incremento di 694 mila euro rispetto
al dato dell’esercizio reale. Tuttavia
sommando questo valore di minore
utile di esercizio a quanto distribuito ed
accantonato a favore dei soci si ottiene
un importo che supera il milione di euro.
“Sta tutto in questa cifra – ha precisato
il Direttore Generale Elio Squillantini – il
nostro modo differente di fare banca
che testimonia la finalità sociale e mutualistica che ci contraddistingue e fa
capire quanto sia importante la nostra
presenza sul territorio.”
Fra le altre attività la banca è molto
presente nel campo della formazione;
sono state ripetute infatti due importanti
campagne rivolte alle famiglie socie della
banca a sostegno del diritto allo studio e
come premio ai meriti scolastici mentre
per il quinto anno consecutivo in collaborazione con il Capitini di Agliana, è stato
realizzato il corso di alta formazione
“A scuola di di Banca” ossia un ciclo
di incontri condotti da docenti della
scuola e da personale qualificato della
banca grazie al quale gli studenti hanno
potuto approfondire argomenti di tipo
economico-finanziario.
Fra gli aiuti alle famiglie è stata confermata la campagna Bonus Bebè con
l’erogazione di 500 euro e l’apertura di
un libretto di risparmio per i nuovi nati,
figli dei soci della banca. Da segnalare
anche le varie sponsorizzazioni ed
opere di beneficienza che la banca si
è impegnata a realizzare sostenendo
le varie associazioni che promuovono
lo sport giovanile e la cultura oltre a
tutto il mondo del volontariato e delle
parrocchie.
Edoardo Baroncelli
MISERICORDIA DI AGLIANA
L
Corso di primo soccorso
a Confraternita della Misericordia di Agliana, in collaborazione con l’amministrazione
comunale, ha programmato
un corso di primo soccorso rivolto ai
componenti del consiglio comunale. I
consiglieri di maggioranza e opposizione,
negli incontri sia teorici che pratici tenuti
dai formatori dell’Associazione, oltre ad
approfondire le loro conoscenze sulla storia, gli scopi e la struttura giuridica della
Misericordia, apprenderanno nozioni
base di soccorso alla persona.
L’intento della Misericordia di Agliana,
grazie anche all’aiuto dell’amministrazione comunale, è quello di sensibilizzare
sul tema i cittadini aglianesi, invitandoli
a partecipare al corso di primo soccorso
che inizierà il prossimo 23 settembre,
alle ore 21.00, presso l’auditorium della
sede sita in Piazzetta della Misericordia.
Il corso, gratuito e rivolto a tutta la popo-
lazione, mira a fornire nozioni di primo
soccorso che possono facilmente essere
messe in atto da chiunque e che possono
rivelarsi utili nella vita quotidiana, a casa,
a scuola, sui luoghi di lavoro o per strada.
È possibile iscriversi al corso ritirando
l’apposito modulo presso la sede della
Misericordia. Per informazioni è possibile
contattare la Confraternita chiamando il
numero telefonico 0574–710225.
M.B.
11
PRESIDENZA E DIREZIONE GENERALE
Largo Treviso, 3 - Pistoia - Tel. 0573.3633
- [email protected] - [email protected]
SEDE PISTOIA
Corso S. Fedi, 25 - Tel 0573 974011 - [email protected]
FILIALI
CHIAZZANO
Via Pratese, 471 (PT) - Tel 0573 93591 - [email protected]
PISTOIA
Via F. D. Guerrazzi, 9 - Tel 0573 3633 - [email protected]
MONTALE
Piazza Giovanni XXIII, 1 - (PT) - Tel 0573 557313 - [email protected]
MONTEMURLO
Via Montales, 511 (PO) - Tel 0574 680830 - [email protected]
SPAZZAVENTO
Via Provinciale Lucchese, 404 (PT) - Tel 0573 570053 - [email protected]
LA COLONNA
Via Amendola, 21 - Pieve a Nievole (PT) - Tel 0572 954610 - [email protected]
PRATO
Via Mozza sul Gorone 1/3 - Tel 0574 461798 - [email protected]
S. AGOSTINO
Via G. Galvani 9/C-D- (PT) - Tel. 0573 935295 - [email protected]
CAMPI BISENZIO
Via Petrarca, 48 - Tel. 055 890196 - [email protected]
BOTTEGONE
Via Magellano, 9 (PT) - Tel. 0573 947126 - [email protected]
12
comunità e territorio
POZZO DI GIACOBBE
PIAN DEGLI ONTANI
Corsi
di lingua
italiana
L’
associazione
“Pozzo di Giacobbe” di Quarrata organizza
dei corsi di lingua italiana destinata a giovani, donne e
lavoratori extracomunitari
regolarmente soggiornanti in
Italia con posibilità di conseguire l’esame Cils (Certificazione di italiano come lingua
straniera dell’Università per
stranieri di Siena).
Durata e periodo dei corsi:
120 ore da ottobre 2014 a
maggio 2015
Sono previsti diversi livelli
di corso Base, A1 e A2: la
conoscenza dell’italiano viene
valutata con un test all’inizio
del corso.
I corsi dono gratuiti.
È rilasciato un attestato di
frequenza per chi segue il 70%
del corso.
Le lezioni si svolgono presso
sede in Via Fiume, 53 - Quarrrata) il martedì e il venerdì
dalle 9.30 alle 11.30.
Le iscrizioni a partire da lunedì 15 settembre.
INFO E ISCRIZIONI:
Associazione di Volontariato
“Pozzo di Giacobbe” – onlus
Via Fiume 53 – Quarrata (PT)
Tel./fax 0573.739626
www.pozzodigiacobbe-onlus.it
[email protected]
Festa grande
nel villaggio di Pino
Intitolata una strada al fondatore, Pino Arpioni. Messa presieduta
dal card. Antonelli. Fra i 40mila giovani che si sono avvicendati al
“Cimone” anche Romano Prodi, Enrico Letta, Umberto Eco
F
a km zero. Presente anche la
banda musicale della montagna
Pistoiese.
Nei locali del Centro studi
intitolato a Beatrice, la poetessa
pastora nata a vissuta in Pian
degli Ontani, è stato possibile
visitare una mostra con pannelli
che ricordano i primi 60 anni
del Villaggio Cimone ma anche i
90 anni che avrebbe avuto Pino
Arpioni e su cui ha da poco pubblicato un volume il giornalista
toscano Claudio Turrini.
Fortemente provato dalla
dura esperienza bellica e al ritorno dalla Germania dov’era stato
prigioniero, Arpioni, allora giovanissimo esponente dell’Azione
Cattolica, decise di dedicare la
sua vita all’educazione dei giovani, che aveva visto così facile
preda degli indottrinamenti ideologici e del fanatismo politico. Già
nel 1946 iniziò a organizzare
campi-scuola sulla montagna
pistoiese. Ma fu nel 1954 che
riuscirà, in Pian degli Ontani, a
concretizzare il progetto di un
villaggio montano: 5 casette
prefabbricate che in seguito
presero il nome dai monti circostanti (Selletta, Campolino, Libro
Aperto, Doganaccia, Gomito).
Da qui, nel corso dei decenni,
sono transitate, per le attività
esta grande a Pian degli Ontani (Cutigliano),
per i primi 60 anni del
“Villaggio Cimone”: il
14 settembre, l’Opera fondata
da Pino Arpioni e intitolata a
Giorgio La Pira si è ritrovata
attorno a quelle casette nel
bosco dove, dall’estate 1954 a
oggi sono transitati non meno
di 40mila giovani impegnati in
attività educative.
Su iniziativa della stessa
“Opera”, presieduta da Gabriele
Pecchioli, e del Comune con il
sindaco Tommaso Braccesi, il
programma ha previsto una
celebrazione eucaristica alle
11:30, all’interno del Villaggio,
presieduta dal cardinale emerito
di Firenze Ennio Antonelli. Nel
pomeriggio c’è stato un incontro pubblico per rievocare i 60
anni di attività e, in particolare,
la figura di Giuseppe Arpioni
conosciuto da tutti come “Pino”.
E’ stata infine intitolata, a questa
importante figura del laicato
cattolico una strada nel tratto
che conduce al villaggio. Altri
due i momenti della giornata:
un incontro fra gli educatori
dell’Opera e, in collaborazione
con Slow Food Alto Reno e montagna pistoiese, un pranzo buffet
offerto ai presenti con prodotti
V
La ita
n. 32 21 Settembre 2014
MACCHIA ANTONINI
sia estive che invernali, decine
di migliaia di giovani da tutta
la Toscana e, in sinergia con
l’Azione Cattolica, da molte parti
d’Italia. Diverse anche le presenze “istituzionali”: iniziando con
un giovanissimo Romano Prodi
che giunse al Villaggio, da Reggio
Emilia, proprio nel luglio 1954 in
sella a una bicicletta. Qualche
anno dopo iniziò a frequentare
il Villaggio il giovane Enrico Letta.
Prima ancora, i registri segnalano dirigenti centrali di AC
del calibro di Emanuele Milano
e Umberto Eco.
Molto stretto, in 60 anni,
il rapporto tra il Villaggio e la
popolazione residente in Pian
degli Ontani: nel giugno 2001 il
Comune di Cutigliano consegnò
la cittadinanza onoraria a Pino
Arpioni. Migliaia le persone che,
negli inverni trascorsi nel Villaggio, hanno imparato a sciare:
prima sulle piste di Piandinovello
e poi in quelle di Abetone.
Oggi, completamente ammodernato, il Villaggio viene
soprattutto utilizzato dall’Opera
nel periodo invernale con una
attività di preparazione per chi,
nella estate successiva, sarà
impegnato come educatore nei
campi scuola.
M.B.
Ricordo
di due martiri
D
omenica 21 settembre 2014 alle ore 16 l’Istituto
storico della resistenza e della società contemporanea di Pistoia ricorderà nel magico scenario della Macchia degli Antonini il martirio di Luisa Biagi
e Giulia Giovannini, barbaramente trucidate dalle truppe nazifasciste. Al cippo che ricorda il martirio delle due giovani, una
ragazza del luogo, deporrà una corona di fiori. Le due giovani
di Calamecca furono prelevate nel loro paese dalle truppe
tedesche e trasportate alla Macchia degli Antonini dove era
di sede il comando germanico. Le ragazze subirono torture
di ogni genere, stuprate e maltrattate per circa una settimana,
poi furono fucilate. I loro corpi furono lasciati per strada insepolti e dopo un po’ di tempo furono gettati su una montagna
di letame. Roberto Barontini, presidente dell’Istituto, ricorderà le sfortunate ragazze. Saranno presenti il sindaco di Piteglio
Luca Marmo, alcuni componenti della giunta, il gruppo alpino
di Casa di Monte e rappresentanti della fanfara dei Bersaglieri
di Pistoia. Inoltre terranno orazioni Michela Innocenti e vari
politici della Provincia. Il maestro Roberto Benelli suonerà più
volte, durante la cerimonia, il silenzio fuori ordinanza. Sulla
targa che ricorda le ragazze fucilate sono state impresse le seguenti parole: “La pace e la serenità di questo luogo si persero
nel settembre 1944 con le grida di dolore e di disperazione
di Luisa Biagi e Giulia Giovannini, barbaramente trucidate ed
abbandonate insepolte dalla ferocia dei nazifascisti. La gioia
dell’oggi non oscuri mai il ricordo di tanto dolore.”
Giorgio Ducceschi
spor t pistoiese
AGILITY DOG
Giacomo e Eolo,
bronzo mondiale
U
n cane e un uomo. Questa è la storia di
Giacomo Biancalani (nella foto con Eolo),
37enne addestratore pistoiese, e del suo
adorato cane Eolo, un meticcio di 7 anni
adottato ad appena 2 mesi in Campania. I due sono
due protagonisti dello sport: hanno vinto, infatti, la medaglia di bronzo al “XV International Mix Bride Championship Agility”, il campionato del mondo di agility dog
per tutti i cani svoltosi in Italia, a Voghera. È il loro miglior
risultato di sempre ottenuto in questa disciplina, uno
sport cinofilo che consiste in un percorso a ostacoli (di
solito dai 15 ai 20), ispirato a quello ippico, che il cane
deve affrontare nell’ordine previsto, possibilmente senza
ricevere penalità e nel minor tempo possibile. “Tutto è
nato quasi per scherzo, per gioco -spiega Giacomo-, ma
col trascorrere del tempo mi sono accorto delle qualità
del mio cane e così è iniziata l’avventura. Negli ultimi 5
anni Eolo è stato sempre convocato dalla Nazionale azzurra, che ha preso parte ai vari Campionati del Mondo
disputatisi in Svizzera, Olanda, Belgio, Ungheria e appunto in Italia. Nelle due prove, come da regolamento, siamo riusciti a conquistare un brillante terzo posto complessivo e a ottenere la medaglia di
bronzo, un eccellente esito considerato che il commissario tecnico della Nazionale italiana assembla
la compagine con soli meticci, che poi gareggiano contro cani di razza scelti apposta per praticare
questo sport”. E così nella Pistoia che ha carenza d’impianti, ma non di talenti, i due si stanno affermando. Un risultato il loro che potrebbe invogliare tanti altri, giovani e meno giovani, che si divertono
con i loro amici a quattro zampe. “Per chi desiderasse provare questa disciplina -sostiene Giacomo-,
sono a completa disposizione alla Scuola Pistoiese Addestramento Cani (Spac), in località Montechiaro a Serravalle Pistoiese. Ci si può presentare con il proprio cane, non importa se di razza o
meticcio, e tanta voglia di divertirsi”. Piccoli campioni crescono.
Gianluca Barni
Calcio - Basket
Tempi Supplementari
C
di Enzo Cabella
on lo spezzatino di partite
che la Lega ha deciso per udufruire i diritti televisivi, non
conosciamo _ al momento in
cui scriviamo queste note _ il risultato
di Reggiana-Pistoiese (giocata mercoledì
in notturna) e, di conseguenza, quale è
la posizione in classifica della squadra
arancione. Possiamo, allora, fare un passo indietro e soffermarsi sulla brillante
vittoria contro la Pro Piacenza, che ha
proiettato la Pistoiese nella parte alta
della media classifica. La performance
dev’essere sottolineata non solo perché
ha superato una squadra di assoluto rilievo ma anche perché gli arancioni sono
scesi in campo privi di tre titolari. Lo spirito di gruppo e di sacrificio, il carattere,
la determinazione e la voglia di vincere
hanno avuto la meglio sull’emergenza e
la forza dell’avversario. Onore, quindi,
agli arancioni e al loro condottiero Lucarelli, che ha avuto la geniale intuizione
di far giocare un difensore (Golubovic)
in mediana, col risultato che il ragazzo
serbo ha offerto un’ottima prestazione,
risultando alla fine il migliore in campo.
Il recupero degli squalificati Calvano e
Mungo, quello degli infortunati Falzerano
e Celiento e quello di Piscitella e Coulibaly, che non sono ancora fisicamente al
meglio della condizione fisica, non potrà
che migliorare l’organico e creare le
condizioni per disputare un campionato
non nell’anonimato.
Il Pistoia Basket continua la preparazione
precampionato. Naturalmente sta giocando le prime amichevoli per migliorare
la condizione e soprattutto per trovare
l’unità del gruppo e diventare squadra.
L’ultima amichevole l’ha vista contro
Brescia e Torino, che non fa mistero di
puntare deciso alla promozione. I biancorossi di coach Moretti hanno battuto
Brescia e sono stati sconfitti in finale
proprio dalla formazione piemontese.
A nostro avviso sono venute un po’
meno le seconde linee, ma non c’è da
preoccuparsi. Semmai, ha sorpreso la
rabbia di Moretti, che in genere riesce
a controllarsi. Questa fase di stagione
è di preparazione al campionato e non
ci pare sia il caso di prendersela con
gli arbitri. Soltanto il campionato potrà
valutare la forza della squadra e quindi i
giudizi di adesso ci sembrano del tutto
fuori luogo. Anche lo scorso anno gli inizi
di campionato non furono agevoli e anzi
le preoccupazioni aumentavano di giorno
in giorno. Poi la squadra imboccò la strada giusta, cominciò a vincere, arrivando
addirittura a giocarsi i playoff. Calma e
gesso, quindi.
Vita
La
n. 32
NAUFRAGI NEL MEDITERRANEO
21 Settembre 2014
Settecento immigrati
morti in pochi giorni:
guai a farci l’abitudine
È
una tragedia senza fine
che assume i contorni
inquietanti di un omicidio
di massa. Una tragedia
che prosegue nella quasi totale
indifferenza dell’opinione pubblica
italiana ed europea: 200 migranti dispersi per il naufragio di un barcone
al largo della costa libica, altri 500
annegati a 300 miglia dalle coste di
Malta la scorsa settimana, a causa
dello speronamento da parte di
un’altra imbarcazione di trafficanti,
per punirli di una ribellione. Le cause
del naufragio della scorsa settimana,
sul quale sta investigando la polizia,
sono state riferite dagli unici due
superstiti, due ragazzi palestinesi,
salvati da un mercantile panamense.
Racconti strazianti: i due sono rimasti a galla grazie a mezzi di fortuna e
hanno visto annegare gli altri -molte
donne e famiglie con minori da Siria,
Palestina, Egitto, Sudan- che non
hanno retto alla fatica. Tra questi,
un bambino egiziano partito per
cercare di inviare a casa i soldi per
pagare le cure al padre, gravemente
malato di cuore. Sarebbero quindi
più di 700 morti in pochi giorni, che
si aggiungono ai 20.481 documentati
dal blog Fortress Europe dal 1988
P
iove sul mondo agricolo
italiano, e non solo in
senso meteorologico. Il
cielo della nostra agricoltura è affollato da troppe nubi
minacciose; quelle vere, che hanno
funestato quest’estate soprattutto
nel Nord Italia, hanno aggiunto il
loro carico da undici su una crisi
di settore per la quale si fatica a
trovare soluzioni.
Ha piovuto molto, troppo, in buona parte del Nord. Le eccessive
precipitazioni, accompagnate da
temperature primaverili in pieno
luglio, hanno decimato le produzioni e costretto gli agricoltori
a spese ulteriori (e spesso inutili) per salvare i raccolti. Il caso
dell’uva è emblematico, anche
perché la viticoltura è un fiore
all’occhiello della nostra economia. Le piogge hanno costretto a
ricorrere a trattamenti chimici per
preservare l’uva, trattamenti che
venivano dilavati poche ore dopo
da altre piogge. Che a loro volta
creavano muffe o danni agli acini.
Fatto sta che i migliori produttori
vinicoli stanno rinunciando a vinificare certi vini al top della qualità,
che appunto abbisognano di uve
nelle migliori condizioni: vedi
certi forfait a produrre il pregiato
Amarone nel Veronese. Un danno
economico da milioni di euro.
La frutticoltura, poi… Frutta danneggiata o insapore, consumi – già
in crisi di per sé – in picchiata:
se fa freddo, è difficile acquistare
angurie, meloni, pesche. Prezzi
Francesco Montenegro, presidente della Commissione
episcopale per le migrazioni: “Qui ci vuole un’organizzazione diversa, scelte politiche diverse, una Europa
diversa. Non bastano solo le navi che pattugliano.
Frontex plus avrà o no il ruolo di salvare vite umane?
E se non lo avrà, cosa succederà? Guarderà e filmerà?”
di Patrizia Caiffa
ad oggi. Ne abbiamo parlato con
l’arcivescovo di Agrigento monsignor
Francesco Montenegro, noto oramai
come “vescovo di Lampedusa”, che
ha accolto ad Augusta (Siracusa) i
vescovi che fanno parte della Cemi
(Commissione episcopale per le migrazioni) di cui è presidente. Insieme
a tutti i parroci di Augusta -il porto
dove confluiscono la maggior parte
delle navi cariche dei migranti salvati- hanno parlato, pregato e visitato
il centro di accoglienza. “E’ stata
l’occasione di fare vedere ai vescovi
cosa sta accadendo - spiega -. Una
cosa è guardare alla tv le notizie, altra
è stare sul posto. Si aprono gli occhi
diversamente”.
Si parla tanto di Frontex
plus, il dibattito è aperto ma
nel Mediterraneo la gente
continua a morire. Negli anni
le politiche sono migliorate?
“Per niente. È vero, continuiamo
a salvarli, nonostante qualcuno a
nord sia contrario. Ogni vita umana
è preziosa, però continuiamo ogni
giorno a sentire notizie che ti fanno
rabbrividire. Non si può più affrontare il fenomeno in questo modo.
Non basta dire: ‘venite, vi facciamo
posare i piedi sulla terra italiana’. Qui
ci vuole una organizzazione diversa,
scelte politiche diverse, una Europa
diversa. Non bastano solo le navi che
ECONOMIA
Agricoltura
col fiato corto
La pioggia non risparmia la vendemmia: è il colpo di grazia
di Nicola Salvagnin
pertanto in caduta libera, con gli
agricoltori che faticano a coprire
i costi. Se non li coprono, la frutta
rimane sull’albero o a terra.
Ci si è messo infine Putin ad
ingarbugliare una situazione già
difficile, con il pretestuoso blocco
delle importazioni di frutta (ritorsione contro le nostre minacciate
sanzioni pro-Ucraina) che hanno
fermato alla frontiera non solo
i nostri tir carichi di pesche, ma
pure quelli polacchi strapieni di
mele. Tutta frutta tornata indietro
ad intasare vieppiù un mercato
i cui prezzi già erano in caduta
libera: un grosso esportatore del
Nordest ha tenuto diversi camion
frigoriferi a girare attorno alla
frontiera russa per alcuni giorni,
nella speranza che qualcosa si
sbloccasse, e per le pressioni di chi
temeva il ritorno di quei prodotti
nel nostro mercato…
Aggiungiamoci una concorrenza
che mai come quest’anno è stata
devastante: le arance e le pesche
spagnole arrivano a prezzi concor-
renziali, le ciliegie e le albicocche
turche non hanno avuto rivali, e
così via. Chiudiamo con una grande distribuzione che detta legge
unilateralmente ormai da anni: il
prezzo lo fa chi acquista, e sono
prezzi veramente miseri, soprattutto se confrontati con quelli che
i consumatori si ritrovano dentro
i supermercati: normalmente, il
quadruplo.
Rimedi? Ce ne sarebbero, in teoria.
È assodato che il piccolo coltivatore, ma pure la piccola organizzazione di produttori hanno ormai il
fiato corto. Ci vogliono spalle larghe, capacità di fare massa critica,
di seguire le richieste del mercato
(non solo quello nazionale), di innovare perché anche le campagne
devono stare al passo con i tempi.
Tra l’altro, prima o poi bisognerà
affrontare il tema degli Ogm senza
isterie e pregiudizi.
E sfatiamo il mito delle produzioni
doc, delle nicchie di estrema qualità, dell’autoctono da tutelare e
valorizzare: tutte ottime cose, per
carità; tutte eccellenze che non
devono però far dimenticare di essere appunto nicchie, piccole cose
dietro le quali ci stanno allevamenti assediati dalla carne tedesca
o polacca; olio i cui costi sono il
doppio degli altri olii mediterranei;
campi di mais in concorrenza con
quello Ogm americano; piantagioni
di pomodori che devono da una
parte dare reddito a chi le segue,
dall’altra affrontare la spietata concorrenza cinese di salse che costano meno della metà delle nostre.
Ci sarebbe tutto il discorso della
salubrità e della qualità, ma le statistiche dicono che ai consumatori
d’oggi interessano relativamente: il
prezzo prima di tutto.
A ben vedere, l’agricoltura italiana
soffre degli stessi problemi che
attanagliano il resto dell’economia:
tanti piccoli produttori magari
di grande qualità, ma incapaci di
conquistare il mondo, e di non
farsi sopraffare da esso. Il mondo
cambia: cambiamo prima che ci
cambi lui.
dall’Italia
13
pattugliano. Frontex plus avrà o no il
ruolo di salvare vite umane? E se non
lo avrà, cosa succederà? Guarderà e
filmerà? Non credo. Non si tratta
di avere documentazioni sui morti
ma di fare in modo che la gente non
muoia. Oramai è la politica a dover
giocare tutto, altrimenti continueremo solo a fare statistiche. E con
i poveri le statistiche non giovano,
perché dietro ci sono storie, volti”.
È che sull’immigrazione
c’è tanta demagogia e poca
lungimiranza…
“L’Europa non ha ancora messo
al centro l’uomo e ragiona solo in
termini di economia. Ecco perché
queste vite, che hanno un colore
della pelle diverso, non interessano.
Tutti ci appelliamo ai diritti umani e
ai documenti che li tutelano ma solo
per fare le tavole rotonde. In realtà la
vita degli uomini conta poco”.
Come è la situazione in
Sicilia? Si riesce ad accogliere
questi grandi numeri?
“Oramai la situazione in Sicilia
è al collasso. A Porto Empedocle
ne sono arrivati altri 400 ma non
sanno dove metterli. I numeri sono
grossi ma le disponibilità poche. I
nostri centri sono tutti operativi al
massimo. L’atteggiamento della chiesa
è cambiato parecchio in questi anni.
Prima c’era una vicinanza lontana.
Ora siamo tutti impegnati in prima
persona. La solidarietà si sta esprimendo nelle maniere più belle. Nelle
parrocchie c’è un coinvolgimento
più vero”.
Cosa ha insegnato alla
Chiesa siciliana questa tragedia?
“Una tragedia non fa mai bene,
ma ci ha permesso di aprire gli occhi. Ci ha fatto dire che quello che
avviene nel Mediterraneo è oramai
un problema di tutti. Noi siamo
riusciti ad aprire gli occhi. Altri, un
po’ più a nord, non credo abbiano
voglia di farlo”.
C’è chi obietta che la chiesa dovrebbe pensare prima
agli italiani in difficoltà…
“Non credo ci sia da obiettare.
Noi viviamo semplicemente quello
che il Vangelo ci dice. Il cristiano deve
essere coerente con quella parola
che ha accettato. Se qualcuno non la
accetta, mi dispiace per lui”.
Sembra che per l’opinione
pubblica questi morti non
facciano più scandalo…
“Purtroppo ci si abitua subito.
Quando qualcosa non ci piace si
cambia canale. E la povertà non piace a nessuno. Però credo ci sia una
sensibilità diversa. Il grido del papa a
Lampedusa ha significato qualcosa a
tutti i livelli. Lampedusa non è solo il
luogo degli sbarchi ma anche il luogo
della speranza”.
Quale nuovo appello alla
politica si sente di fare, oggi?
“Mi piacerebbe che in un mondo
di globalizzazione in cui è possibile
spostare da una parte all’altra le
merci e il denaro, vi siano inclusi
anche gli uomini. Non si possono
alzare i muri, nessuno può fermare
la storia. Chi ha impegni politici deve
rendersi conto che è un momento
importante e decisivo in cui la storia cambia. Perché quando ci sono
popoli che si muovono la storia è
sempre cambiata”.
14 dall’italia
COMUNICAZIONE IN PANNE
Vita
La
n. 32 21 Settembre 2014
Grandi attese
per la scuola
Se i terroristi dettano
la scaletta dei telegiornali L
di Alberto Campoleoni
I
l terrorismo riesce, purtroppo,
ad usare i mezzi di informazione televisiva meglio dei
giornalisti e dei producer
dell’industria dell’entertainment. La
torta macabra con i due grattacieli
di pandispagna e cioccolato trafitti
da due aeromodellini di plastica
(un’immagine postata sui social da
alcuni irresponsabili) è la rappresentazione simbolica del punto più
basso raggiunto dall’informazione
mondiale. Mentre in Italia i giornali
si riempiono di stanche cronache
sulla ripresa autunnale dei talk
show e i sindacati dei giornalisti tv
italiani sembrano più preoccupati
degli aspetti contrattuali che della
sostanza, l’informazione giornalistica per il piccolo schermo è stata
completamente rivoluzionata dalla
nuova strategia della comunicazione
dell’orrore elaborata e prodotta dal
terrorismo internazionale.
Tutto è cominciato con il crollo
delle Torri gemelle. Si tratta di una
strategia comunicativa che era stata
percepita abbastanza chiaramente fin
dall’inizio ma che, ancora oggi, non
viene studiata in nessuna università
del mondo. Quando l’11 settembre
del 2001, con un tempismo televisivo
perfetto, Al Qaeda fece schiantare il
secondo aereo sulla torre del World
Trade Center ancora intatta, tutto il
mondo era già incollato davanti allo
schermo del proprio televisore. Una
capacità di regia televisiva ineguagliata nella storia del piccolo schermo.
La comunicazione televisiva in quel
giorno cambiò per sempre ma la complessa macchina dell’informazione
non lo ha ancora capito. I broadcaster
continuano a discutere senza fine dei
compensi milionari delle star delle
news. Il pubblico a casa, invece, rimane
affascinato dalle sequenze girate con
P
er l’Europa siamo diventati più ricchi. Ma
noi non ce ne siamo
accorti. Su indicazioni
dell’istituto di statistica europeo,
Eurostat, l’Istat ha iniziato a riconteggiare le stime del Pil. Arrivano i primi risultati. Con le nuove
stime nel 2011 il nostro prodotto
interno è cresciuto del 3,7%. Hanno contribuito ad arricchirlo: il
traffico della droga, la prostituzione, il contrabbando e l’economia
sommersa.
Ora sappiamo che in Italia il traffico di droga pesa 10,5 miliardi, la
prostituzione 3,5 miliardi, l’economia sommersa, ricalcolata, tocca i
187 miliardi.
Era davvero necessario questo
restyling del Pil che introduce
pratiche illegali, e in alcuni casi
criminali, nel conto? Molto probabilmente si alimenterà ancora più
confusione intorno allo strumento
del prodotto interno, stavolta
veramente “lordo”. Ma le conseguenze non si limitano al piano
etico.
In primo luogo si creano delle
“distorsioni economiche”, come
Il pubblico televisivo rimane affascinato dalle
sequenze girate, con i telefonini, da ragazzini poco più
che analfabeti nei deserti più lontani del mondo.
Come le immagini oscene del linciaggio di Gheddafi
o come i terribili video delle decapitazioni selvagge
messe in scena dall’Isis
di Rino Farda
i telefonini, da ragazzini poco più che
analfabeti nei deserti più lontani del
mondo. Come le immagini oscene del
linciaggio di Gheddafi o, oggi, come
i terribili video delle decapitazioni
selvagge messe in scena dall’Isis.
In Italia, purtroppo, manca la
percezione del cambiamento. Per
questi motivi fa riflettere il livello decisamente basso del dibattito italiano
sui destini del giornalismo televisivo.
I compensi di Giannini a Ballarò,
per esempio, hanno scatenato gli
appetiti del sindacato dei giornalisti
della Rai. Protestano perché la Rai ha
scelto ancora una volta un esterno
e, soprattutto, perché lo paga meglio
di qualsiasi giornalista di Saxa Rubra.
A Mediaset, invece, i giornalisti tv
protestano perché non vogliono
assecondare le ristrutturazioni redazionali interne al Tg5 o al TgCom.
Ci si mettono anche i giornalisti del
Tg3 che hanno scritto una lettera
di fuoco per protestare contro la
razionalizzazione del sistema giornalistico della tv di Stato. Un dibattito
che sembra “preistoria” rispetto alle
nuove derive del giornalismo in tv.
Mentre si litiga per stipendi e privilegi, infatti, le headlines dei telegiornali
in tutto il mondo vengono decise
a migliaia di chilometri di distanza
da un manipolo di terroristi senza
scrupoli e affamati di sangue. Nella
nuova rivoluzione dell’informazione,
rimane da dire, la tecnologia c’entra
poco. In questo momento infatti,
i danni maggiori vengono dalla
lente appannata di una categoria
professionale, quella dei giornalisti
tv, che non riesce ad intercettare il
cambiamento in corso.
SOCIETà
Il Pil in maschera
Interrogativi sul ricalcolo comprensivo di attività illegali
di Andrea Casavecchia
sottolineano alcuni economisti.
Perché, spiega Marcello Esposito
su “lavoce.info”, il Pil è utile per
offrire agli investitori un’indicazione circa la “base imponibile”, cioè
quanto un Paese può (potrebbe)
aumentare le tasse per rientrare
dai debiti contratti. Invece molte
voci del nuovo calcolo sfuggono
alle “autorità fiscali” di un Paese, a
meno di non volerle legalizzare.
In secondo luogo si pongono
problemi di validità delle stime.
La maggioranza delle attività sono
considerate reato in molti Paesi
dell’Unione, quindi risulta assai
difficile che si trovi qualcuno disposto a dichiarare i gli introiti
derivanti dalla vendita di droga o
dalla prostituzione ad esempio.
Immaginiamo le prove svolte dai
poveri statistici, inviati ai crocicchi
delle strade per comporre il campione sul quale calcolare le stime
degli affari contratti.
In terzo luogo si tocca la dimensione etica: intanto il rispetto
del principio di uguaglianza delle
opportunità nel libero mercato,
perché quelli che si muovono
nell’illecito introducono pratiche
di concorrenza sleale. Poi, e più
importante, c’è la visione di uomo
e di donna che quelle pratiche
suppongono, contraria alla dignità
della persona, alla difesa della vita,
alla promozione del bene comune.
Il Pil da strumento contabile per
valutare le risorse di un Paese, per
questo era stato ideato nel 1939
da Simon Kuznets, è diventato
un valore assoluto per la difesa
dell’Austerity europea degli anni
2000. Al suo cospetto la politica
per lo sviluppo di una nazione
deve piegare il capo.
Siamo così arrivati al paradosso di
falsare lo strumento per poter rialzare la testa. Ma quali effetti comporterà il trucco? Quale credibilità
avrà un’Unione europea sempre
meno soggetto politico vicino ai
cittadini e sempre più un’istituzione burocratica e finanziaria?
A fondamento della falsificazione
del Pil c’è un’idea di economia malata. Come leggiamo nell’Evangelii
Gaudium al n. 203: “La dignità di
ogni persona umana e il bene comune sono questioni che dovrebbero strutturare tutta la politica
economica, ma a volte sembrano
appendici aggiunte dall’esterno per
completare un discorso politico
senza prospettive su programmi di
vero sviluppo integrale”.
a prima campanella è suonata e le aule degli istituti scolastici hanno ricominciato a
riempirsi. Non tutto funziona
ancora a regime, ma l’anno scolastico
è partito. E’ partito in un contesto di
attese forti. A cominciare da quelle
legate allo scenario istituzionale, quello
di un sistema scuola che promette di
cambiare nel giro di breve. La riforma
della scuola è stata infatti annunciata e
fa già discutere nei suoi aspetti “tecnici”,
a proposito della reale possibilità di migliorare la “macchina”, soprattutto per
quanto riguarda la questione insegnanti,
con le nuove assunzioni e via di seguito.
Si tratta di temi importanti, anche se il
“cuore” della questione scuola sta altrove e in particolare nel rilancio della cura
educativa, cioè dell’attenzione fattiva
alla promozione “di umanità”. In questa
direzione va comunque registrata una
crescita di attenzione. La scuola “al
primo posto”, la scuola “decisiva” per
il Paese: parole e promesse tutte da
verificare, ma intanto qualche riflettore
in più si è acceso.
Attese, dunque. Comprese quelle più
“private” - ma in realtà non lo sono - di
chi la scuola la vive in prima persona:
i ragazzi, a cominciare dai più piccoli.
Per loro si tratta di cominciare - per
qualcuno è la prima volta, per altri
quasi una consuetudine - un’avventura
vera e propria. Si tratta di affrontare
un ambiente allargato rispetto a quello
della propria famiglia, di misurarsi con
i coetanei e con adulti significativi.
Anche con se stessi, messi alla prova,
in un’arena meno protetta di quella
solo familiare, nelle proprie capacità,
comprese quelle relazionali. Per alcuni
in realtà - anche questo è un fatto da
considerare - avviene invece il contrario:
si trovano finalmente in un ambiente
“protetto”, giacché alcuni contesti nei
quali si trovano a vivere, anche i più
piccoli, non lo sono affatto. E la scuola
molte volte può diventare per quanti
si confrontano con condizioni familiari
e sociali degradate e disagiate un
vero presidio, una tutela, un abbraccio
accogliente.
Le attese sono anche quelle dei genitori.
che un curioso sondaggio britannico
ci mostra in buona parte “piangenti”
di fronte al piccolo che lascia il nido
familiare per “emanciparsi”. Al di là
dell’immagine colorita, fa pensare come
talvolta nelle famiglie la conquista di
autonomia da parte dei più piccoli (e
degli stessi adulti) non sia affatto cosa
facile e come la scuola possa diventare
un aiuto importante: per gli alunni e
i genitori stessi. Nella nostra società
talvolta i figli sono considerati un “possedimento” prezioso di mamma e papà.
La scuola, invece, li consegna alla società,
di fatto segna una strada nuova, apre
destini e orizzonti.
Orizzonti sui quali vale la pena di
soffermarsi: dove va la strada della
scuola, dove porta? Papa Francesco, recentemente, indicava come obiettivo del
percorso scolastico la “magnanimità”, la
grandezza di mente, di spirito e di cuore.
Tre dimensioni che compongo l’umano
tutto intero. E la scuola porta qui, all’uomo tutto intero, che si sviluppa appieno,
diventa grande. Gli alunni imparano,
sviluppano “competenze”, anche le più
diversificate, ma soprattutto diventano
uomini. Ecco di nuovo il “cuore” della
scuola, ecco l’attesa più importante.
Vita
La
Mentre si aggrava la
crisi nel nord della
Nigeria, crescono le
implicazioni per il
vicino Camerun.
Sono 25mila gli sfollati ospitati nella
diocesi di MarouaMokolo dove,
nell’aprile scorso,
furono rapiti
i sacerdoti vicentini.
Molti missionari
sono dovuti partire,
ma la Chiesa resta
viva
n. 32
TESTIMONIANZA DAL CAMERUN
21 Settembre 2014
“Per i musulmani
Boko Haram
non rappresenta l’Islam’’
ai rapimenti ci sono anche altre
ragioni: penso al bisogno di sfidare l’Occidente, di guadagnare
l’attenzione mediatica internazionale e, anche, di reperire
risorse”.
Per sconfiggere Boko
Haram è sufficiente
l’intervento armato?
“La questione va affrontata
da un punto di vista regionale
e internazionale. Ad agosto si
è tenuto a Parigi un summit
che andava proprio in questa
direzione e che ha riunito i leader di Camerun, Ciad, Nigeria e
Niger. Il presidente del Camerun
ha fatto visita anche negli Stati
Uniti. Si sta andando in questa
direzione”.
di Michele Luppi
L
a preoccupazione
per l’aggravarsi della crisi nel nord
della Nigeria e per
le conseguenze che sta avendo sull’intera regione, è stata
espressa dai vescovi camerunesi durante la recente
visita “ad limina” in Vaticano.
“Abbiamo chiesto al Papa
cosa può fare la Chiesa in un
contesto come il nostro e
il Santo Padre ci ha invitato
alla preghiera e al dialogo”,
racconta al Sir monsignor
Bruno Ateba Edo, vescovo di
Maroua-Mokolo, la diocesi del
nord del Camerun dove, nel
mese di aprile, sono stati rapiti
(e poi rilasciati) i sacerdoti
vicentini Giampaolo Marta e
Gianantonio Allegri, insieme
con la suora canadese, Gilberte Bussier. Una sorte che
era toccata, in precedenza,
anche al missionario francesce
Georges Vandenbeusch e,
successivamente, a un gruppo
di operai cinesi, ancora nelle
mani di Boko Haram. Ma, oltre
al pericolo dei rapimenti, la
Chiesa locale è chiamata a
confrontarsi con il crescente
flusso di profughi in fuga dai
combattimenti che stanno
L’
obiettivo
fondamentale
della seconda
edizione delle
Giornate sociali cattoliche
per l’Europa, che si terranno a Madrid dal 18 al 21
settembre, è di riflettere sul
futuro dell’Europa, come il
titolo dell’incontro suggerisce, nell’ottica della nostra
fede cristiana. Attraverso il
prisma della dottrina sociale
della Chiesa, i cristiani cercano una comprensione più
profonda della crisi socioeconomica che continua a
colpire il nostro continente
e vogliono approfondire
insieme, come Chiesa che
è una vera famiglia, il cammino verso una società plasmata da valori autentici.
Il continente europeo sta
vivendo un momento difficile a tanti livelli. La crisi
attuale chiama in causa i
singoli cittadini, le nostre
famiglie, i governi e – per
quanto riguarda specificamente l’Unione europea
- le istituzioni dell’Ue. Siamo preoccupati perché la
dall’estero
agitando lo stato nigeriano del
Borno, dove è stato proclamato il califfato. Mons.Ateba Edo,
vescovo di Maroua-Mokolo
dall’aprile scorso, ha approfittato del suo viaggio in Italia per
incontrare gli uffici missionari
delle diocesi di Como,Vicenza
e Milano che, fino a pochi mesi
fa, erano presenti in Camerun
con i proprio missionari; religiosi rientrati in Italia a causa
del deterioramento delle condizioni di sicurezza.
Com’è oggi la situazione in diocesi?
“Il governo del Camerun ha
rafforzato la presenza lungo il
confine con la Nigeria dove la
setta ha attaccato alcuni villaggi.
La situazione sembra migliorata,
ma attualmente stiamo accogliendo molti rifugiati entrati
in Camerun per sfuggire agli
attacchi. Tra loro ci sono anche
numerosi militari costretti alla
fuga dai miliziani”.
Secondo le autorità
locali sono oltre 25mila
i profughi nel territorio della vostra diocesi.
Cosa si sta facendo per
loro?
“Le organizzazioni umanitarie stanno lavorando e anche la
Chiesa cerca di fare quello che
può, anche se le risorse a disposizione sono limitate. Ci sono
profughi che sono accolti nelle
scuole, altri nelle parrocchie. Tra
loro anche molti musulmani. La
concentrazione maggiore è nei
villaggi verso la Nigeria ma l’Alto
Commissariato delle Nazioni
Unite per i Rifugiati ha attrezzato dei campi verso l’interno, in
modo da alleggerire la pressione
nei villaggi di confine”.
Come avete vissuto
il rapimento dei missionari?
“É stato uno choc per tutti
noi! Fin dal primo momento tutta
la Chiesa del Camerun, non solo
la nostra diocesi, si è raccolta in
preghiera per chiedere la loro
liberazione. Ma abbiamo pregato
e continuiamo a pregare anche
per Boko Haram perché il Signore converta i loro cuori”.
Crede vi sia il rischio
che la presenza dei missionari possa alimentare
- attraverso altri rapimenti - la setta?
“Boko Haram cerca la destabilizzazione delle comunità
cristiane, ma certamente dietro
GIORNATE SOCIALI
Ripartono da Madrid
i cattolici per l’Europa
Attraverso il prisma della dottrina sociale della Chiesa, i cristiani
cercano una comprensione più profonda della crisi socio-economica
che continua a colpire il nostro continente e vogliono approfondire
insieme il cammino verso una società plasmata dai valori autentici
di Patrick Daly
difficile situazione di molte
persone nella nostra società
viene sottovalutata, soprattutto quella delle persone
più vulnerabili e di coloro
che si ritrovano emarginati,
che stanno sopportando
grandi sofferenze: i poveri e
i malati, i disoccupati, i rifugiati e i migranti, coloro che
attraversano una crisi nella
propria famiglia, quelli che
vivono da soli, senza speranza, e disperano di poter
dare un senso alla propria
vita.
Il danno collaterale del collasso bancario e del conse-
guente sconvolgimento economico ha profondamente
ferito il nostro tessuto
sociale. Ha sollevato profondi interrogativi sul nostro
modo di vivere insieme. La
crisi economica ha portato
a licenziamenti diffusi, ha
costretto molte piccole e
medie imprese a cessare
l’attività, ha causato livelli
inaccettabilmente elevati di
disoccupazione giovanile e,
nel caso di alcuni Paesi, ha
condotto a severe misure di
austerità. Queste stesse misure che sono seguite all’intervento del Fondo mone-
tario internazionale hanno
esposto un enorme numero
di individui e di famiglie a
estreme difficoltà. All’interno della famiglia europea,
hanno sollevato importanti
interrogativi sui valori fondamentali dell’Unione, uno
dei quali è la solidarietà, una
pietra angolare della dottrina sociale cattolica.
La Chiesa si preoccupa della
società. Ha a cuore ogni
uomo e ogni donna allo
stesso modo. Ha a cuore la
famiglia come pilastro portante di una società stabile.
Si preoccupa anche a fondo
Teme la diffusione
del radicalismo in Africa?
“In Camerun i musulmani
sono circa il 20% della popolazione e fin dall’indipendenza
viviamo in pace e lavoriamo
insieme. Sono gli stessi musulmani a dirci che Boko Haram
non rappresenta l’Islam”.
Di fronte a tutto
questo come vede il
futuro della Chiesa in
Camerun?
“Sono ottimista perché abbiamo molti cristiani e, soprattutto, cristiani impegnati. Siamo
una Chiesa viva. Una speranza
che abbiamo racchiuso nel tema
‘Io sarò con voi ogni giorno, fino
alla fine del mondo’ scelto per
questo anno pastorale”.
delle modalità complesse
che abbiamo elaborato per
vivere insieme in pace e per
promuovere il bene comune. Salda nella sua fede che
Gesù è presente nel cuore
del nostro mondo, la Chiesa
offre un messaggio di speranza, anche quando i tempi
sono bui e i nostri problemi
sembrano insormontabili. Le
discussioni e le riflessioni a
Madrid durante le Giornate
sociali sono animate dalla
stessa speranza.
A Madrid intendiamo
prendere atto dell’attuale
situazione sociale e politica
in Europa. I partecipanti alle
Giornate sociali, provenienti da tutto il continente,
avranno molte opportunità
di dialogo fra loro, di analizzare le loro esperienze,
di riflettere sulle grandi
questioni del nostro tempo
e, con il Vangelo come luce
dei nostri passi e la dottrina
sociale della Chiesa come
vademecum, potranno
assumere alcune iniziative
per affrontare le sfide della
nostra epoca.
15
Dal mondo
Finanziamenti
di al Qaida
Un’indagine condotta dal New
York Times rivela che dal 2008
al Qaida e affiliati hanno guadagnato quanto meno 125
milioni di dollari, di cui 66
milioni nel 2013 grazie a rapimenti di europei; una pratica
quella dei rapimenti a fini di
riscatto divenuta la fonte di
finanziamento più redditizia di
al Qaida. È un’attività in crescita, registrando la misura media
per ogni riscatto una quota da
10 milioni di dollari (nel 2003
essa era di 200 mila dollari ad
ostaggio). Dei citati 125 milioni
sborsati in sei anni, 91,5 milioni
sono stati assorbiti dai gruppi
di al Qalda del Maghreb, 5,1 milioni da quelli del Shabab, 29,9
milioni da quelli della penisola
arabica. Questa, la classifica
dei paesi pagatori: Francia 58,1
milioni), Qatar e Oman (20,4
milioni), Svizzera (12,4 milioni),
Spagna (11 milioni),Austria (3,2
milioni).
Diga di Kariba
Nel 2013 la diga di Kariba
evidenziò difetti strutturali
importanti, tali da imporre
l’esecuzione di lavori di ristrutturazione della parete principale esposta a rischio cedimento:
è un invaso che, ubicato sulla frontiera fra Zimbabwe e
Zambia e realizzato 50 anni or
sono, sta minacciando la vita di
3,5 milioni di persone abitanti
lungo le rive del fiume Zambesi.
I due paesi hanno impegnato la
somma di 250 milioni di dollari
per ripristinare la muraglia di
contenimento delle acque della
diga alta 128 metri, il cantiere
potrebbe vedere la luce nel
2015, grazie anche al contributo della Banca di sviluppo
africana; pure i cinesi stanno
investendo sul potenziamento
della centrale idroelettrica.
Oltre a Zimbabwe e Zambia, la
diga soddisfa parte notevole del
fabbisogno di energia elettrica
del Mozambico e Malati.
Pechino, stop
al carbone
La città fra le più inquinate al
mondo, Pechino, ha disposto
che entro il 2020 non permetterà più l’impiego del carbone.
La capitale cinese, spesso preda
di cappe di smog fittissime, cerca di rimediare ai danni patiti
decidendo che per i prossimi
sei anni saranno privilegiati, per
il riscaldamento, il gas naturale
e l’elettricità. L’ufficio per la
protezione ambientale di Pechino informa, attraverso l’agenzia
di stampa Xinhua, che nel 2012
l’energia ricavata dal carbone
costituiva un quarto del quantitativo destinato al consumo
energetico totale.Allo scopo di
contrastare l’inquinamento, nel
settembre del 2013 il governo
centrale aveva già impedito, con
divieto, la costruzione di nuovi
impianti a carbone nelle zone
intorno alle città di Pechino, di
Shangai e di Guangzhou.
Vita
16 musica e spettacolo
C
apitanata, al solito, dall’infaticabile
Maurizio Tuci e
sostenuta, in gran
parte, dalla famiglia Rizzardi,
che è la promotrice anche
del Festival Jazz di Barga, si è
svolta quest’anno -dal 24 al
26 agosto- la 13° edizione di
Serravalle Jazz, ormai un appuntamento consueto e graditissimo per gli appassionati
della musica afro-americana.
Questa volta il leit-motiv della
kermesse era Duke Ellington,
omaggiato anche con seminari
e proiezioni al pomeriggio, nel
quarantennale dalla scomparsa. La figura del Duca è
immensa, non sarò certo io
ad aggiungere nulla di nuovo
a quello che già si sa, anche
grazie alla sua autobiografia,
“Music is my mistress”, tra
le più spumeggianti che si
possano leggere sulla vita di
un musicista. Qui mi basterà
dire solo a quale periodo della
sua lunga e onorata carriera
va la mia preferenza, giacchè il
primato è oggetto di dibattito
fra i jazzofili. Non pochi mi
hanno infatti detto di amarlo
tutto, da cima a fondo, comprese le apparizioni cinematografiche (e certo memorabile
resta la soundtrack firmata
da Ellington per “Anatomia
di un omicidio” di Preminger). La mia ammirazione è
meno devota, seppur sempre
44.197 video provenienti da
tutta Italia, ricevuti dal regista
premio Oscar Gabriele Salvatores per comporre “Italy
in a day”, film presentato
fuori concorso alla Mostra
del cinema di Venezia, edizione italiana di un progetto
internazionale coordinato da
Ridley Scott regista di “Blade
runner” e “Il gladiatore”.Tramite spot televisivi ed annunci via web , con l’aiuto di personaggi famosi come l’attrice
Micaela Ramazzotti, è stato
chiesto agli italiani di filmare
e spedire dei video, realizzati
con fotocamera o cellulare
nella giornata del 26 ottobre 2013. Oltre 2.200 ore
filmate come risposta pervenuta, impegnando così una
squadra di 40 selezionatori
per scegliere le immagini più
significative poi montate da
Massimo Fiocchi e Chiara
Griziotti, con la supervisione
di Salvatores. «L’immagine
dell’Italia è quella di un Paese sofferente e ferito, –dice
Gabriele Salvatores- ma che
soffre con dignità, che non ha
chiuso tutte le finestre verso
il futuro».
Colpisce l’assenza quasi totale di dichiarazioni politiche,
la tendenza è di rifugiarsi nel
privato, magari filmandosi
sotto le coperte con il gatto,
senza voglia di alzarsi ed iniziare una nuova giornata. «La
mia impressione –continua
Salvatores- è che l’overdose
di telegiornali, talk show e
informazioni via web, incentrati sulla crisi, abbia creato
uno spostamento sul privato.
n. 32 21 SETTEMBRE 2014
in particolar
13ma EDIZIONE DI SERRAVALLE JAZZ affollatissime,
modo la prima, in cui suonava
Omaggio
a Duke
Ellinghton
di Francesco Sgarano
rispettosa. Molto dell’Ellington
delle suite dell’ultimo periodo,
soprattutto quelle religiose, non mi soddisfa a pieno
-nonostante “New Orleans
Suite” e “Far East Suite” siano
dischi eccellenti- e nemmeno
certe orchestrazioni degli
anni ‘40, anche quelle con Ivie
Anderson alla voce, che sono
piuttosto stucchevoli. Mi si
perdoni l’ardire ma alcuni
arrangiamenti ellingtoniani,
talvolta troppo richiamanti
l’orchestrazione classica, perdono di swing, per cui preferi-
sco certi periodi di Goodman
o di Count Basie.
Quello che sta prima e
dopo gli anni della guerra è
tuttavia notevolissimo: prima
le session mitiche con Ben
Webster al tenore e Jimmy
Blanton al contrabbasso, poi,
nei ‘50, i concerti tenuti in
giro per il mondo con gli
scudieri fidatissimi Johnny
Hodges e Paul Gonsalves, di
cui rimane proverbiale l’assolo
interminabile in “Diminuendo
e crescendo in blue” al Festival di Newport nel ‘56. Ma
l’Ellington che per me rimane
imbattibile è quello degli anni
del Cotton Club, fine anni
‘20-inizio ‘30. Recentemente è
stato riedito un triplo cd delle
registrazioni Brunswick-Vocalion, proprio di quel periodo:
ecco, lì c’è il jazz che non mi
stancherei mai di ascoltare. Ma
veniamo a qualche considerazione sulle tre serate, tutte
FESTIVAL DEL CINEMA
Il selfie dell’Italia
in crisi, un film
di Gabriele Salvatores
la celebrata tromba di Paolo
Fresu, incantevole nell’omaggio ad Ellington con il trio del
pianista Stefano Onorati ma
forse un poco a disagio con la
big band di Barga, guidata da
Mario Raja. Questo perchè
-credo di poter affermare- il
lirismo di Fresu mal si sposa
ai suoni pastosi di un’orchestra poi, come quella di Barga,
non strettamente poggiata su
ritmi swinganti ma piuttosto
modernista nella scelta degli
arrangiamenti. Nella seconda
serata, insieme al virtuoso
delle bacchette Daniel Humair
e a Romano Pratesi ai fiati, si è
visto Dave Liebman, figlioccio
di Miles Davis, sassofonista
di gran pregio, impegnato
anche al piano, col fantasma
di Monk seduto al fianco. Un
concerto di difficile ascolto,
non per tutti i gusti. Ma mi sia
concesso dedicare due righe
La
in più alla lezione straordinaria
offerta dalle venerande dita di
Renato Sellani che, curvo nella
camminata e amabilmente
autoironico, sa ancora offrire
emozioni vere col suo pianismo intimista e delicato, uno
stile rintracciabile in mezzo
a un milione -caratteristica dei veri grandi esecutori.
Accompagnatore sopraffino
e rispettoso, inventivo negli
assoli, sempre ricamati a memoria, senza ausilio di spartito,
Sellani ha servito la tromba
estremamente fluida di Fabio
Morgera in un set interamente dedicato ad Ellington:
“Perdido”, “In a mellowtone”, “Mood indigo”, “Chelsea
bridge”, “Prelude to a kiss”,
“C Jam Blues” e, in trio con la
cantante Stefania Scarinzi, “In
my solitude” e il classico di
Billy Strayhorn “Take the “A”
train”. Certamente l’episodio
più coinvolgente della rassegna. Al prossimo anno.
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in via Puccini 46 Pistoia in orario di ufficio.
Dalla Toscana foto da cartolina ed un appello al lavoro
di Leonardo Soldati
Nessun professionista affermato ha mandato un filmato,
al contrario dei poveri e della
media borghesia. Questo autoscatto collettivo è stato sentito
come una seduta di psicanalisi, l’occasione per lanciare
un sos, un messaggio nella
bottiglia in mezzo all’oceano
dei media». Si tratta dunque
di un diario emotivo degli italiani, comportante un lungo e
complesso lavoro preparatorio,
che rispecchia i sentimenti e
le emozioni ricevute risultando un buon punto di partenza
di riflessione per i governanti.
«Fossi un politico –conclude il
regista- sarei più coinvolto da
questi selfie piuttosto che dalle risse televisive: si tratta evidentemente di una protesta
sociale. Gli italiani ci gridano
la voglia di mantenere i loro
sogni e la loro dignità, oltre al
desiderio di avere un nuovo
cellulare. Un politico dovrebbe
sentirsi responsabile di queste
vite, è di questo che dovrebbe
occuparsi».
In quel 26 ottobre c’è una
panoramica sui tetti e sull’incantevole Lungarno di Firenze,
di notte e di giorno. Sempre in
Toscana una ragazza dedica
la giornata a sistemare casa
sua, devastata da un’alluvione,
è avvilita ma il suo volto si
rischiara quando ritrova, con
sorpresa, l’astuccio delle elementari ed i giocattoli dell’infanzia. Un ragazzo dall’accento toscano si dispera per
aver trovato ancora vuota la
casella di posta elettronica,
dopo aver inviato proposte
di lavoro a varie aziende già
da una settimana. Ma non
demorde, attendendo fiducioso nei giorni successivi una
notizia positiva.
E poi, in quell’arco temporale
dalla mezzanotte all’altra
del giorno successivo, c’è chi
nasce e chi si sposa, chi è in
carcere e chi in ospedale, lo
studente che a pranzo si sente ripetere la solita domanda
“Oggi com’è andata a scuola?”, l’emigrato all’estero, una
ragazza cattolica che dichiara
l’amore per la sua parrocchia,
papa Francesco, un imprenditore in fallimento per aver
denunciato il pizzo della mafia, l’immondizia che invade
le strade del Sud d’Italia. Su
tutto, ne l flusso del tempo
e delle emozioni, lo sguardo
verticale di un astronauta
che si filma dallo spazio ed al
satellite che orbita sulla Terra,
con uno sguardo di stupore
orchestrando la sinfonia di un
pezzo significativo di storia
del Belpaese.
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Giordano Frosini
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Registrazione Tribunale di Pistoia
N. 8 del 15 Novembre 1949
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CHIUSO IN TIPOGRAFIA: 17 SETTEMBRE 2014
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