Uno schiaffo alla povertà - La vita – Giornale Cattolico Toscano
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Uno schiaffo alla povertà - La vita – Giornale Cattolico Toscano
Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Filiale di Pistoia Direzione, Redazione e Amministrazione: PISTOIA Via Puccini, 38 Tel. 0573/308372 Fax 0573/28616 e_mail: [email protected] www.settimanalelavita.it Abb. annuo e 45,00 (Sostenitore e 65,00) c/cp n. 11044518 Pistoia La Vita è on line clicca su www.settimanalelavita.it LaVita 32 Anno 117 dal 1897 G I O R N A L E C A T T O L I C O 21 SETTEMBRE 2014 T O S C A N O e1,10 1,10 e Uno schiaffo alla povertà M entre il governo sta raschiando per l’ennesima volta il barile, chiedendo a tutti i ministeri un taglio di spese pari al 3%, ci arriva una notizia sconcertante che suscita in tutti i benpensanti, a qualunque categoria appartengano, un movimento di rabbia e di ribellione: a colui che lascia la direzione della casa automobilistica Ferrari viene elargita, a titolo di liquidazione, la somma di 27 milioni di euro. Indignez vous! Le parole di Stéphane Hessel vengono a proposito. “Indignatevi!”. Con chi? Con tutti, cominciando da noi stessi. Di siffatte conclusioni siamo tutti in qualche modo, corresponsabili, se non altro per il nostro silenzio, la nostra indifferenza, il nostro disinteresse. Tutti insieme abbiamo creato questa dittatura del denaro che minaccia da vicino la pace e la democrazia. La notizia è su tutti i giornali, risuona in tutte le trasmissioni, percorre tutte le agenzie, messa ovunque in piena evidenza, perché si capisce che siamo dinanzi a qualcosa di aberrante e di scandaloso; ma non è stato per niente facile, percorrendo l’intero variopinto panorama massmediatico, trovare parole di condanna e di riprovazione. Segno evidente che a questo genere di notizie ormai ci siamo abituati e rassegnati. Ed è esattamente questo il male più grave. “L’indifferenza è la peggiore delle attitudini”, ha detto ancora l’autore prima ricordato. Una società che ha perduto anche la sua capacità di indignarsi e di reagire con forza dinanzi a certi avvenimenti, ha ormai smarrito se stessa, ha perduto irrimediabilmente la fedeltà ai valori che, soli, la possono mantenere in vita e assicurarle un futuro. Nessuno può pensare a una totale uguaglianza fra i membri di una società. Sarebbe anche questa una forzatura che non reggerebbe a lungo e produrrebbe danni altrettanto gravi, anche se di senso opposto. Le differenze vanno rispettate e i meriti devono essere riconosciuti. L’uguaglianza imposta, ce lo ricorda anche il passato recente, produrrebbe la stasi, il disordine, la morte e, alla resa dei conti, sposterebbe il campo dei privilegi in altra direzione, senza minimamente bloccarne l’espansione. Non bisogna fraintendere: quando il magistero sociale della chiesa richiama le esigenze dell’uguaglianza, pensa a una uguaglianza sostanziale che, se ammette differenze, queste non potranno essere che relative. Certe sperequazioni non hanno diritto di esistere in una società solidale, amicale e fraterna. Perché poi è chiaro per tutti che una liquidazione di questo genere implica anche uno stipendio della stessa entità. Così i soldi vanno ai soldi e l’ingiustizia genera altra ingiustizia. Una logica, come ben sappiamo, che fa i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. È la legge del piano inclinato: si scende, si cala finché non arriverà il pianerottolo. Ma quando? L’indignazione dovrebbe caratterizzare specialmente i cristiani, abituati a considerare gli uomini come fratelli, figli dello stesso Padre, e i poveri come l’oggetto primario del proprio affetto e della propria considerazione. Una indignazione non fine a se stessa, ma funzionale, destinata cioè a produrre energie sufficienti nei singoli e nell’intera comunità per rovesciare o almeno cambiare la situazione. Un mondo diverso è possibile: per il cristiano non c’è una convinzione più forte e più efficace di questa. Anzi, riflessioni come quelle suscitate per questo ennesimo scandalo potrebbero essere prolungate fino a farci porre problemi anche più profondi e più radicali. Li richiamiamo con le parole di uno dei maggiori biblisti del nostro tempo, che ha trascorso l’intera vita a riflettere sul pensiero biblico della ricchezza e della povertà e che, confrontando l’insegnamento della Parola di Dio con la nostra situazione, si è addirittura chiesto se, per caso, non siamo dinanzi al “fallimento di 2000 anni di cristianesimo”. “La nostra civiltà occidentale in particolare – ha scritto -, anche se cerca di operare un taglio con le proprie fondamenta, è una civiltà fondata sul cristianesimo. Com’è mai possibile che in una tale civiltà il motore che la manda avanti risulti più spesso il denaro che il servizio? Com’è possibile che il solo modo di riconoscere i servizi di qualcuno sia quello di pagarlo di più? La sola ricompensa che uno dovrebbe aspettarsi non è piuttosto il fatto di aver potuto rendere un servizio?”. Parole forti che distano anni luce dal nostro modo di pensare e di comportarsi. Parole che dovrebbero farci riflettere seriamente sulla ispirazione dei pensieri che abbiamo ormai impunemente accettato. In più, non dovrebbe essere messa in conto anche la soddisfazione che determinate professioni si portano con sé e, per altro verso, la fatica fisica a volte snervante, quasi disumana, che operai impiegati in altro genere di lavori sono costretti a subire quotidianamente? Appellarsi alla responsabilità per giustificare aumenti spropositati di compensi ha poco senso perché tutti, anche un semplice muratore, portano per sempre con sé la responsabilità giuridica del proprio lavoro. Ricordiamo infine che queste eccessive disparità di trattamento sono proliferate in questi ultimi decenni. Un grazie di cuore a certo capitalismo selvaggio. Giordano Frosini UN MONDO SENZA POVERTà SI CONTINUA A MORIRE NEL NOSTRO MARE L’economista Muhammad Yunus, premio Nobel per la pace nel 2006, sogna un mondo dove la povertà sia eliminata. Un rimprovero al mondo cristiano? L’ennesima denuncia per il disinteresse che mostra la comunità europea per una tragedia che continua senza interruzioni PAGINA 2 PAGINA 13 “la guerra è una follia” La condanna di Papa Francesco che denuncia la diffusa industria delle armi PAGINA 4 ripartono da madrid i cattolici per l’europa Nella capitale spagnola i cattolici riflettono sull’importanza della dottrina sociale della chiesa PAGINA 15 2 primo piano n. 32 21 Settembre 2014 Vita La UN MESSAGGIO DA RICEVERE Un mondo senza povertà La testimonianza impressionante di uno che, forse non conoscendo nemmeno Gesù Cristo, parla un linguaggio simile al suo. L’ideale di un mondo senza povertà dovrebbe essere il sogno di ogni cristiano. Una lezione da recepire pienamente nella consapevolezza che lo Spirito Santo opera anche al di fuori della chiesa. Pubblichiamo una sorprendente pagina del suo libro “Un mondo senza povertà” E cco una lista dei miei sogni, quelli che vorrei vedere diventare realtà nel 2050. È vero, sono solo sogni, ma l’importante, quello che spero, è che in gran parte siano anche i vostri così come fra quelli che ciascuno di voi coltiva ce ne sono sicuramente moltissimi che sono a mia volta pronto a condividere. • Non ci saranno più poveri, mendicanti, bambini di strada, in nessun posto del mondo. Ogni paese avrà il proprio museo nazionale della povertà e quello globale si troverà nel paese che ne è uscito per ultimo. • Non ci sarà più bisogno di visti e passaporti per nessuno, in qualunque posto voglia andare. Tutti gli abitanti della Terra saranno cittadini globali a tutti gli effetti e godranno di pari diritti. • Non ci saranno più corse al riarmo, guerre e militari per combatterle. Non ci saranno più ordigni nucleari o altre armi di distruzione di massa. • In tutto il mondo non ci saranno più malattie incurabili, tumori e Aids compresi. Le malattie diventeranno qualcosa di raro, qualcosa che saremo in grado di curare e guarire alla prima manifestazione. Tutti potranno disporre di assistenza medica ad alto livello e la mortalità infantile, assieme a quella per parto, non saranno che ricordi del passato. • Ci sarà un sistema educativo globale accessibile a tutti in ogni parte del mondo. Tutti i bambini imparare e crescere con entusiasmo e divertimento. Tutti i bambini Muhammad Yunus è ideatore e realizzatore del microcredito moderno, ovvero di un sistema di piccoli prestiti destinati ad imprenditori troppo poveri per ottenere credito dai circuiti bancari tradizionali. Per i suoi sforzi in questo campo ha vinto il premio Nobel per la pace nel 2006. Yunus è anche il fondatore della Grameen Bank, di cui è stato direttore dal 1983 al 2011. Verso la metà del 1974 il Bangladesh fu colpito da una violenta inondazione, a cui seguì una grave carestia che causò la morte di centinaia di migliaia di persone. Il paese è periodicamente devastato da calamità naturali e presenta una povertà strutturale in cui il 40% della popolazione non arriva a soddisfare i bisogni alimentari minimi giornalieri. Fu in quest’occasione che Yunus si rese conto di quanto le teorie economiche che egli insegnava fossero lontane dalla realtà. Decise, dunque, di uscire nelle strade per analizzare l’economia di un villaggio rurale nel suo svolgersi quotidiano. La conclusione che egli trasse dall’analisi fu la consapevolezza che la povertà non fosse dovuta all’ignoranza o alla pigrizia delle persone, bensì al carente sostegno da parte delle strutture finanziare del paese. Fu così che Yunus decise di mettere la scienza economica al servizio della lotta alla povertà, inventando il microcredito moderno. Il suo primo prestito fu di soli 27 dollari Usa, che prestò ad un gruppo di donne del villaggio di Jobra, che producevano mobili in bambù. Esse erano costrette a vendere i loro prodotti a coloro dai quali avevano preso in prestito le materie prime ad un prezzo da essi stabilito. Questo riduceva drasticamente il margine di guadagno di queste donne e le condannava di fatto alla povertà. D’altra parte, le banche tradizionali non erano (e non sono) interessate al finanziamento di progetti tanto piccoli che offrivano basse possibilità di profitto a fronte di rischi elevati. Yunus e i suoi collaboratori cominciarono a battere a piedi centinaia di villaggi del poverissimo Bangladesh, concedendo in prestito pochi dollari alle comunità, somme minime che servivano per attuare iniziative imprenditoriali. Tale intervento ha avviato un circolo virtuoso, con ricadute sull’emancipazione femminile, avendo Yunus fatto leva sulle donne affinché fondassero cooperative che coinvolgessero ampi strati della popolazione. Il “sistema Yunus” ha provocato un cambiamento di mentalità anche all’interno della Banca Mondiale, che ha cominciato ad avviare progetti simili. Il microcredito è diventato così uno degli strumenti di finanziamento utilizzati in tutto il mondo per promuovere lo sviluppo economico e sociale. cresceranno condividendo la propria esperienza e facendosi carico di quella degli altri, convinti che il proprio sviluppo debba essere compatibile con quello di tutti. • Il sistema economico favorirà la condivisione delle risorse da parte dei singoli individui, delle aziende e delle istituzioni in modo che tutti contribuiscano al benessere di ciascuno fino a cancellare le sperequazioni nel reddito. Disoccupazione e stato assistenziale diventeranno parole disusate. • Le imprese con finalità sociali rappresenteranno una quota importante del sistema economico. • Ci sarà un’unica valuta globale e nessuno userà più banconote o monete. • Sarà sviluppata una tecnologia per rendere accessibili e facilmente controllabili tutti i conti correnti e le transazioni riconducibili a uomini politici, funzionari dello stato, uomini d’affari, servizi segreti, organizzazioni clandestine e gruppi terroristici. • Tutte le persone del mondo potranno accedere facilmente a ogni tipo di moderno servizio finanziario. • Tutti si impegneranno a fondo per mantenere un tenore di vita sostenibile ricorrendo a tecnologie adeguate. La maggior parte dell’energia verrà ricavata dal vento, dal sole e dall’acqua. • Sapremo come prevedere terremoti, cicloni, tsunami e altri tipi di calamità naturali con precisione e tempestività sufficienti a rendere minimi i danni e le perdite in vite umane. • Non ci saranno più discriminazioni basate sulla razza, la religione, il colore della pelle, il sesso, l’orientamento sessuale, le convinzioni politiche, la lingua, la cultura o su altri fattori. • Non si userà più la carta e non ci sarà più bisogno di tagliare alberi. Se necessario useremo solo carta sintetica, riciclabile e biodegradabile. • La connettività informatica sarà senza fili e praticamente gratuita. • Tutti potranno leggere e ascoltare qualsiasi cosa usando solo la propria lingua. La tecnologia farà sì che pur continuando a scrivere, leggere o parlare nella nostra lingua, chi ci ascolta o chi ci legge percepi- sca il messaggio nella sua. Ci saranno software e dispositivi in grado di fornire la traduzione simultanea sia del discorso parlato sia di qualsiasi file. Potremo guardare qualsiasi canale televisivo e ascoltare l’audio nella nostra lingua. • Ogni cultura, ogni religione e ogni gruppo etnico potranno svilupparsi in piena libertà e contribuire così sul piano della bellezza e della creatività alla meravigliosa orchestra dell’umanità. • Ovunque si potrà vivere in un’atmosfera di continua innovazione, di positiva evoluzione istituzionale e di rielaborazione critica di idee e concetti. • Per tutti questo sarà un mondo di pace, amicizia e armonia capace di allargare i confini delle potenzialità umane. Si tratta di obiettivi che potremo sicuramente raggiungere se lavoreremo a questo scopo, ed è mia convinzione che, inoltrandoci nel futuro, troveremo questi sogni sempre più alla nostra portata. La parte difficile è prepararci adesso, perché quanti più saremo a condividere i medesimi obiettivi, tanto più rapidamente potremo raggiungerli. Vivere la vita e il lavoro quotidiano ci assorbono a tal punto che dimentichiamo di guardare fuori dalle finestre della nostra esistenza per fare il punto sulla situazione globale e riflettere sulla direzione che vogliamo prendere. E una volta che è chiaro dove si vuole arrivare, arrivarci diventa molto più facile. Dovremmo provare tutti a buttar giù una lista dei sogni, pensando per esempio a come ci piacerebbe trovare il mondo quando andremo in pensione. Una volta compilata, questa dovrebbe essere sempre appesa al muro per ricordarci ogni giorno di controllare se le cose stanno andando un po’ in quella direzione. Poi dovremmo impegnarci e fare pressione perché coloro che hanno responsabilità di guida nella nostra società (capi di partito, professori universitari, capi religiosi, industriali) ci portino effettivamente dove vogliamo andare. Abbiamo una sola vita da vivere, dobbiamo viverla secondo le nostre inclinazioni e la scelta della rotta è un nostro diritto. Vita La “ Ogni litigio, ogni stanchezza, ogni desiderio altro, sono macchie, indebolimenti, sacrilegi contro la perfezione, segni di declino. Quindi, avendoli accumulati nel tempo, ci di deve lasciare perché non si sopporta che dentro il rapporto ci sia anche il dolore o il ricordo di momenti tristi”. È vero che il libro vincitore del Premio Strega 2014 non è un romanzo (ma neanche il “Tolstoj” di Citati e la “Storia della mia gente”, di Nesi, anch’essi vincitori al Ninfeo di Villa Giulia, lo erano) e che di per sé questo viene considerato un vizio d’origine, imperdonabile per molti.Tuttavia questo “difetto di fabbrica” di “Il desiderio di essere come tutti” (Einaudi, 261 pagine) di Francesco Piccolo è compensato da alcuni meriti. Il primo, come avrete capito dalla citazione iniziale, è quello di rovesciare il mito della assoluta perfezione del rapporto amoroso, per cui, alla prima manifestazione di imperfezione o di inadeguatezza, inizia la parabola discendente. Il messaggio è che bisogna accettare i difetti dell’altro, al di là di miti di perfezioni inesistenti se non nei serial televisivi, perché altrimenti ci si consegna alla infelicità e alla paranoia. Il secondo è che il racconto, pur essendo autobiografico, non sfocia mai nel protagonismo: il narratore mette a nudo più le sue difficoltà, gli inciampi, l’isolamento che i successi. Fin da quando racconta l’adesione al Pci di Berlinguer, confessa la sua sensazione di isolamento dai tanti compagni che aderivano ai movimenti extra-parlamentari e che vedevano nel compromesso storico una resa al sistema. Soprattutto si sente messo ad un angolo dalla ragazza amata che lo scavalca sdegnosamente a sinistra. Perché l’essere comunista per il narratore significa stare dalla parte non dei fighetti contestatori e pure figli U 21 Settembre 2014 cultura n. 32 IL LIBRO L’imperfezione di Piccolo “Il desiderio di essere come tutti” (Premio Strega) non è un romanzo, ma… di Marco Testi Francesco Piccolo di papà, dei rivoluzionari a parole, ma dei poveracci assai poco affascinanti agli occhi delle belle compagne. Sono, per esempio, i quasi dilettanti della Germania est, che nel 1974 si trovaro no calcisticamente davanti l’altra parte del muro, la Germania occidentale, a determinare senza saperlo le scelte politiche del ragazzino di dieci anni che vede nelle loro divise un segno del destino comune: “avevano una tuta azzurra semplice semplice, come avrei potuto averla io, con una scritta enorme DDR, che sembrava cucita dalle mamme dei calciatori, proprio na vita spesa per l’atletica leggera, quella del pistoiese Roberto Del Coro, raccontata a quattro mani dal giornalista Gianluca Barni, già collaboratore di Tvl Pistoia ed oggi del quotidiano “La Nazione” di Pistoia e dalla figlia di Del Coro, Caterina, già campionessa di atletica leggera nel mezzofondo, poi allenatrice anche di calcio ed oggi psicologa. Nell’opera pregi e difetti del celebre allenatore, educatore e dirigente sportivo oltre che giornalista, come affermano i due autori nella prefazione all’opera perfettibile come tutti gli uomini, ma senz’altro persona autentica, «capace di realizzare, attraverso la fatica delle sedute d’allenamento, degli esercizi mentali da provetto psicologo (…) i sogni degli atleti», da qui il suggestivo titolo del libro “L’allenatore dei sogni Roberto Del Coro. Principi e valori di un educatore sportivo innamorato dell’atletica leggera” Giorgio Tesi Editrice (www.giorgiotesigroup. it). Non aveva peli sulla lingua Del Coro, ma se riteneva una causa giusta sapeva avvalersi dell’arte della mediazione, soprattutto se a vantaggio dell’atletica e dello sport in generale. Carattere, impegno, grande volontà lo caratterizzavano, rendendosi così benvoluto alle persone come dimostrò la chiesa come la mia mamma cuciva il numero sulla mia maglia”. “Il desiderio di essere come tutti” ci invita a ragionare su chi mai siano quei “tutti” del titolo: non la maggioranza, non il gruppo egemone e neanche una non meglio identificata gente comune. Sono quelli che sentono il dolore dell’emarginazione ma che hanno il coraggio di affermare i diritti del cuore (la simpatia per i poveracci) contro quelli delle mode del momento. I “tutti” del titolo sono la “maggioranza silenziosa” di una sinistra che cercava soluzioni in grado di portare il Paese lontano dai rischi del Cile nel 1973. È dal colpo di stato contro Allende, infatti, che prende le mosse la proposta del compromesso storico da parte dell’allora segretario del partito comunista Berlinguer, che il narratore condivide, però arrivando a conclusioni opinabili: “Il compromesso storico era un’idea progressista, l’alternativa democratica era un’idea reazionaria”. Piccolo non tiene conto della convinzione di molti: il compromesso storico di allora avrebbe causato una anomalia ulteriore nel sistema politico italiano già anomalo del suo: una stretta alleanza tra cattolici - che voleva in quel frangente dire soprattutto Dc - e comunisti avrebbe di fatto monopolizzato la vita politica del Paese, che sarebbe stata senza opposizione. Non è vero quindi che l’alternativa democratica avrebbe avuto una funzione di mero ripiegamento “reazionario”: qualcuno la lesse come avvicinamento al sistema bipolare di tante democrazie d’occidente. Ma anche qui va colto un pregio di questo libro: la capacità di sfuggire alla tentazione della demonizzazione - al di là di criti che ragionevoli - di coloro che erano gli avversari, soprattutto Craxi. La voce narrante presenta i fatti senza livore e anzi tenta di penetrare lo spirito di quel tempo cercando anche di capire il punto di vista degli avversari. Andando contro un altro spirito, quello del nostro tempo, fatto di urla ed esibizione di muscoli mediatici. L’allenatore dei sogni... Roberto Del Coro Un libro di Gianluca Barni e Caterina Del Coro di Leonardo Soldati di San Paolo gremita in occasione dei suoi funerali, anche di bambini oltre agli sportivi del Club degli Atleti di Quarrata, l’ultima società da lui fondata, e dell’Atletica Casalguidi. Così arrivò l’intitolazione a Del Coro della pista dello stadio “Raciti” di Quarrata, per la quale si era tanto battuto. Sapeva allenare, insegnare, sempre con l’esempio ma come si suol dire senza mai “salire in cattedra”, mantenendo un profilo basso. Amava vincere, non solo partecipare, ma come ricordano i due scrittori «sapeva che la via del successo, battuta da tutti, avrebbe portato soltanto uno a tagliare per primo il traguardo e che il secondo, il terzo, il quarto e via discorrendo non erano gli sconfitti, coloro che non valevano nulla, ma dei piazzati che avrebbero potuto, con il loro lavoro e la pazienza, crescere, progredire, infine trionfare», facendo così amare a tutti i suoi atleti lo sport di per sé prima ancora che la vittoria. Rispettare l’avversario senza temerlo, valorizzare l’impegno dell’atleta prima ancora che i suoi risultati, credere solo allo sport vero, leale, senza doping, tra i principali insegnamenti di un uomo unico, del quale era segno anche il cognome staccato Del Coro (corretto invece per i propri discendenti) frutto di un errore all’anagrafe, che fino agli ultimi giorni di vita continuò a proferire parole tutte a sostegno dell’atletica leggera. «Uno dei grandi amori della sua esistenza» sottolineano Barni e Caterina Delcoro, intenzionati adesso a presentare il volume nelle scuole della provincia di Pistoia, non solo per imprimerne la memoria nella collettività soprattutto tra le giovani generazioni, bensì quale esempio di figura di allenatore ed educatore. In apertura del libro, promossa dalle fondazioni “Giorgio Tesi” Onlus e Banche di Pistoia e Vignole – Montagna Pistoiese, le presentazioni dell’opera da parte Roberto Del Coro dei rispettivi presidenti Fabrizio Tesi e Franco Benesperi, e di Gianfranco Spinelli assessore allo Sport del Comune di Serravalle Pistoiese tra i territori dove Roberto Del Coro maggiormente operò come uomo di sport. Sempre in apertura del volume Gianluca Barni dedica l’opera a sua moglie Alessandra «sempre fiduciosa nelle mie capacità”, alla famiglia «sempre disponibile a confortarmi», a chi gli vuole bene «e sono tanti che mi hanno incoraggiato» ed a Caterina Delcoro «”il sorriso del Bobbe”, per la pazienza”». 3 “Salvare il Belpaese”, i passi necessari per l’uso corretto del territorio P artendo dal presupposto dello sfacelo del Belpaese che prosegue senza sosta, il libro di Franca Canigiani appunto dal titolo “Salvare il Belpaese” Nicomp Editore affronta il tema di come orientare ed armonizzare la trasformazione dei paesaggi rurali tradizionali, per consentirne l’evoluzione in continuità con il passato, coerentemente con la propria struttura, nella consapevole colpevolezza, in generale, di indifferenza alle problematiche suddette da parte della classe politica. Di fronte alle importanti trasformazioni in atto, frutto di una visione distorta dello sviluppo territoriale ed alla perdita dei caratteri peculiari delle nostre campagne, l’opera mostra la necessità di favorire un nuovo modello di ruralità, combinando insieme innovazione e rispetto della natura dei luoghi, evidenziando le strategie possibili per salvare quei paesaggi unici tipici dello Stivale italiano, intessuti dall’uomo nel corso dei secoli ma non ancora irrimediabilmente sfigurati, stravolti nei loro caratteri peculiari. Il libro, presentato anche a Pistoia alla presenza dell’autrice e del prof. Giovanni Capecchi in un incontro organizzato dal locale circolo Legambiente, affronta il concetto di paesaggio, con una panoramica sull’attuale quadro legislativo e sulle tematiche di tutela e salvaguardia, parlando del caso toscano con una sguardo su ciò che avviene nel territorio aperto, sui Comuni cosiddetti “virtuosi”, sui piccoli passi verso una cultura di riconoscimento del primato del bene pubblico e dell’interesse generale, tra persistenze storiche rilevanti ed obiettivi di tutela dichiarati dalla Regione. Franca Canigiani insegna Geografia e Geografia del paesaggio e dell’ambiente alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Firenze. L.S. Poeti Contemporanei Preghiera Noi uomini moderni padroni del mondo, se ci guardiamo dentro ci scopriamo indifesi avviluppati nelle paure e bisognosi di compassione: Dio di Misericordia manda il Tuo Spirito perché ci guidi lungo i sentieri dell’amore e della libertà. Orazio Tognozzi 4 attualità ecclesiale Forte la denuncia: “Oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, e c’è l’industria delle armi…’”. Serrato invito a “prendersi cura del fratello”, mentre avanza “la terza guerra mondiale a pezzi” di Luigi Crimella N elle scorse settimane il Papa aveva sorpreso l’opinione pubblica parlando di “terza guerra mondiale a pezzi”, che si sta combattendo da tempo. Al Sacrario dei caduti a Redipuglia, per i 100 anni dallo scoppio della Prima guerra mondiale, ha voluto celebrare non un “bagno di folla”, che pure era presente numerosa nonostante la forte pioggia, ma un intenso momento di preghiera parlando di “pianto” e ammonendo duramente gli “affaristi della guerra”. Nell’omelia pronunciata con voce profonda e pervasa di dolore ha detto tra l’altro, citando Benedetto XV: “Per tutti i caduti della ‘inutile strage’, per tutte le vittime della follia della guerra, in ogni tempo. L’umanità ha bisogno di piangere, e questa è l’ora del pianto”. Non si può sottovalutare questo tono grave e preoccupato di Papa Francesco: come sa essere gioioso e accogliente, quando saluta le persone che si accalcano in piazza San Pietro oppure che lo circondano nei suoi viaggi pastorali internazionali, così oggi ha voluto imprimere al suo pellegrinaggio a Redipuglia una tonalità severa, anzi grave. Evidentemente era ed è preoccupato per quanto sta avvenendo nel mondo. Lo ha detto, a margine della visita papale, il vice-direttore della Sala stampa vaticana, padre Ciro Benedettini, parlando ad alcuni giornalisti: “Il Papa non ha voluto ‘bagni di folla’, ma che questa visita fosse un momento di intensa preghiera per tutti coloro che soffrono per la guerra in ogni parte del mondo”. Parole chiare, che dicono come i fronti della Siria, Iraq, Afghanistan, Africa sub-sahariana, Israele, Ucraina e “striscia di Gaza” e i numerosi altri focolai di guerre rappresentino davvero per Papa Francesco quei “pezzi” della terza guerra mondiale che chiede di scongiurare ad ogni costo. La “follia della guerra” e l’ora del “pianto” Il Papa lo ha fatto con un’omelia particolarmente forte, in numerosi passaggi, che ha scandito con voce all’inizio come sofferta e commossa, poi via via più sicura e alla fine quasi di rimprovero e preghiera. Quella “ora del pianto” che ha chiesto a tutti, credenti e non credenti, è per le “tante vittime” sia deposte a Redipuglia che nel vicino cimitero austro-ungarico (100mila da una parte e 16mila dall’altro). Ma ha anche ammonito che “la guerra è una follia”, riecheggiando parole di San Giovanni XXIII e di altri Pontefici: “Mentre Dio porta avanti la sua creazione, e noi uomini siamo chiamati a collaborare alla sua opera, la guerra distrugge. Distrugge anche ciò che Dio ha creato di più bello: l’essere umano. La guerra stravolge tutto, anche il legame tra fratelli. La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione: volersi sviluppare mediante la distruzione!”. La sua esortazione a “prendersi cura del Vita La n. 32 21 Settembre 2014 IL VIAGGIO A REDIPUGLIA “La guerra è una follia” Francesco sferza l’industria delle armi fratello” per poter così “entrare nella gioia del Signore” è un monito per le troppe guerre e i conflitti presenti in tanti scenari mondiali. Il monito ai “pianificatori del terrore” Oltre a indicare nelle “ideologie” che “giustificano” spesso le guerre una delle cause dei conflitti passati e presenti, il Papa ha aggiunto:“Anche oggi le vittime sono tante… Come è possibile questo? È possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, e c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante! E questi pianificatori del terrore, questi organizzatori dello scontro, come pure gli imprenditori delle armi, hanno scritto nel cuore:‘A me che importa?’”. È qui uno dei punti-chiave dell’omelia del Papa, che sembra voler essere anche una denuncia chiara del sistema militare-industriale che sta dietro ai tanti conflitti in corso. Infatti ha aggiunto:“Con quel ‘A me che importa?’ che hanno nel cuore gli affaristi della guerra, forse guadagnano tanto, ma il loro cuore corrotto ha perso la capacità di piangere. Quel ‘A me che importa?’ impedisce di piangere. Caino non ha pianto. L’ombra di Caino ci ricopre oggi qui, in questo cimitero. Si vede qui (e ‘nell’altro cimitero’, ha aggiunto fuori testo). Si vede nella storia che va dal 1914 fino ai nostri giorni. E si vede an- “ …l’umanità ha bisogno di piangere…”: hanno sorpreso queste parole di Papa Francesco a Redipuglia, non le si attendeva anche se quel luogo, dove è tenuta viva la memoria di una inutile strage, ispira pensieri dolorosi. Sono parole impreviste, sorprendenti e inquietanti. La cronaca mette ogni giorno di fronte alle lacrime di bambini, donne e uomini trascinati nel vortice della violenza, dell’atrocità, dell’umiliazione nelle proprie terre e nelle proprie case. Ai bordi della cronaca c’è chi si chiede se sia segno di professionalità diffondere immagini catturate senza troppo rispetto della fragilità e passar sopra la dignità di una persona che piange. Le parole del Papa invitano comunque a un’altra riflessione. Le lacrime sono state cancellate dal vocabolario di una società e di una cultura intrise di certezze e sicurezze. Questa società e questa cultura non ammettono fragilità e coloro che le esprimono vengono confinati nel recinto dei deboli, dei perdenti, degli inutili, dei fuori gioco. Non c’è posto per gente che piange. È gente da scartare. Papa Francesco propone una direzione totalmente altra.Va al che nei nostri giorni”. Questo il duplice messaggio del Papa oggi da Redipuglia: non solo all’Italia - che era presente in forza con politici, vertici militari, ordinari e popolo - ma anche al resto dell’Europa e del mondo, di cui si sono notate numerose delegazioni. Superare la logica degli “interessi geopolitici” e delle industrie militari e provare “compassione”, pietà e amore per tutti. È la chiarezza del messaggio evangelico, che i Papi rilanciano e il mondo spesso non sa comprendere e tanto meno accogliere. AI BORDI DELLA CRONACA Le lacrime e il sorriso Le parole di Francesco: “L’umanità ha bisogno di piangere” di Paolo Bustaffa significato autentico del piangere e invita a leggervi un’espressione profonda della tenerezza dell’uomo che si congiunge alla tenerezza di Dio. C’è un’immagine che potrebbe riassumere questo significato. È quella dell’approssimarsi di due dita nell’affresco di Michelangelo nella Cappella Sistina: in modo stupendo l’artista racconta il cercarsi di due tenerezze. Quel magnifico dipinto si riproduce spesso in quadri di vita quotidiana che non sfuggono a chi cammina ai bordi della cronaca. Occorre uno sguardo sulla realtà che non sia solo quello degli analisti e degli esperti. Occorre uno sguardo umano, capace di scoprire il pianto come un compagno di un viaggio interiore che conduce l’uomo alla soglia della speranza e lo aiuta a varcarla. La cronaca mediatica non racconta né potrebbe raccontare questi viaggi: c’è un’altra cronaca che scorre accanto, silenziosa. Non è scritta sulle pagine dei giornali ma è leggibile nella vita delle persone, delle famiglie, delle comunità. Bisogna stare con la gente per accorgersi che il pianto, anche senza lacrime, è un’esperienza invisibile più diffusa di quanto si possa pensare. Non si tratta di piagnistei, di depressioni, di cedimenti psicologici. Si tratta di un esercizio del cuore e della mente per ricomporre i pezzi di un’umanità lacerata. Il Papa coglie nel segno nel dire che “l’umanità ha bisogno di piangere”. Ma è lo stesso Papa a chiedere di annunciare la gioia del Vangelo. Come è possibile piangere e insieme gioire? Le risposte sono nella vita e nel pensiero. Lo scrittore e poeta francese Paul Claudel ricorre all’espressione “lacrime di gioia” per dire che quando nell’uomo il limite incontra l’infinito le lacrime non ven- gono asciugate ma si uniscono al sorriso: camminano insieme. Ai bordi della cronaca questi pensieri arrivano a frotte e fanno nascere domande sullo spessore di umanità della nostra società e anche della nostra comunità cristiana. “…l’umanità ha bisogno di piangere”: le parole del Papa scuotono entrambe. Sembrano del tutto fuori dalla realtà, sembrano solo mosse dall’emotività e dai ricordi di tanto male subito e provocato. Sembrano parole da dimenticare in fretta. Il tempo del pianto deve durare molto poco, non più dei pochi minuti dedicati a una visita al cimitero. La cronaca ha ben altro da inseguire. Eppure ai bordi della cronaca si avverte ogni giorno l’incontro e lo scontro tra il tempo del piangere e il tempo del gioire. È però il dialogo tra il pianto e la gioia a dare il sapore dell’eternità alla vita dell’uomo. Vita La 21 Settembre 2014 Angelo Massafra, arcivescovo di Scutari-Pult e presidente della Conferenza episcopale albanese: “La nostra è una Chiesa giovane, come giovane è la sua popolazione. Pertanto, è una Chiesa in cammino, esposta alla tensione dialettica tra passato e futuro e con un gap da colmare: gli anni del comunismo” di Vincenzo Corrado L a speranza. Sarà questo il leitmotiv che animerà il viaggio apostolico di Papa Francesco a Tirana, in Albania, domenica 21 settembre. “Insieme con Dio, verso la speranza che non delude” è, infatti, lo slogan con cui i vescovi del Paese delle aquile hanno deciso di accogliere il Pontefice. Ma non solo… Anche il nome del sito ufficiale di questo evento, www.spes.al, è alquanto evocativo. Così come il logo: in modo stilizzato rappresenta il popolo cristiano che risorge dal sangue dei martiri e continua a camminare con la Croce come vessillo. Una speranza, dunque, fondata sulla testimonianza dei martiri. Ma con quali sentimenti la chiesa locale attende l’incontro con il Papa? Lo abbiamo chiesto a monsignor Angelo Massafra, arcivescovo di Scutari-Pult e presidente della Conferenza episcopale albanese. Come si sta preparando il Paese all’incontro con Papa Francesco? “È una preparazione lunga e laboriosa che sta coinvolgendo tutte le forze ecclesiali e civili. Un’occasione preziosa per mettersi attorno a un tavolo e confrontarsi non solo dal punto di vista tecnico, ma soprattutto delle idee di fondo che accompagnano Papa Francesco in questo viaggio apostolico”. Una di queste idee è la speranza come si evince dallo slogan scelto per la visita. Quale speranza per la Chiesa e la società albanesi? “Quella albanese è una chiesa che desidera essere confermata nella fede dal vescovo di Roma, ma è anche una chiesa che -secondo san Paolo, suo primo evangelizzatore- della sua povertà può far ricchi molti. La testimonianza della ‘resistenza’ nella fede da parte di un popolo fortemente religioso, a prescindere dal suo credo, ha prodotto dei campioni L’ antifona di ingresso ci propone il tema principale della meditazione odierna: «”Io sono la salvezza del popolo”, dice il Signore, “in qualunque prova mi invocheranno, li esaudirò”». Ciò che segue, precisa il significato di questa affermazione: Dio è la salvezza perché è l’unico a conoscere i termini del problema. Un problema che non può essere risolto con principi e strategie umane «perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. […]. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie» (prima lettura, Is 55,6-9). Anche se si tratta di un principio universale, in questo caso, però, si riferisce a questa dichiarazione che la precede: «L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona». Quando, cioè, finalmente l’uomo riconosce che la sua vita non ha senso se non è vissuta secondo la legge di Dio, è allora che Dio si impegna a mostrargli la sua bontà, una bontà che ha una logica diversa da quella umana. La parabola dei vignaioli ne è un esempio lampante. La logica del compenso che Gesù descrive nella parabola dei vignaioli (lettura evangelica, Mt 20, 1-16) è, umanamente, talmente assurda da provocare l’indignazione perfino del più tiepido dei sindacalisti: si ottiene lo stesso compenso sia dopo aver lavorato tutta la vita, sia dopo aver lavorato solo all’ultimo momento. Chi di noi non sente di doversi schierare con coloro che, avendo lavorato più a lungo, si attendono, legittimamente, un attualità ecclesiale n. 32 5 LA VISITA IL 21 SETTEMBRE Forte del coraggio dei suoi martiri l’Albania attende il Papa La Cattedrale di Scutari di coraggio: i nostri martiri. La speranza che essi ci hanno trasmesso è una sfida che siamo pronti ad accogliere a fronte di una nuova minaccia, quella del secolarismo che forse miete più vittime del comunismo. Ed è la stessa speranza che vogliamo comunicare all’Europa e al mondo intero”. La visita a Tirana sarà il quarto viaggio internazionale del Papa: il primo nel continente europeo. Francesco, per l’Europa, ha scelto una periferia... “Lo sguardo rivolto alle periferie è uno dei tratti caratteristici di papa Francesco. Sicuramente la sua scelta di rendersi presente in Europa a partire dall’Albania non è solo motivo di orgoglio per noi albanesi, quanto ‘fierezza’ di una chiesa che, nella sua povertà, sa di essere in linea con gli insegnamenti di Gesù maestro”. Sono passati 21 anni dalla visita di Giovanni Paolo II: come sono cambiate la Chiesa e la società da allora? “Non è facile tratteggiare, con poche parole, i cambiamenti della chiesa albanese in 21 anni. Ciò che posso dire è che si tratta di una chiesa giovane, come giovane è la sua popolazione. Pertanto, è una chiesa in cammino, esposta alla tensione dialettica tra passato e futuro e con un gap da colmare: gli anni del comunismo. È una chiesa che interagisce con la società a tal punto da vedersi impegnata in prima linea, nonostante le sue povere forze in termini di clero, a risollevare questo popolo dalle piaghe sociali e culturali, frutto sia della dittatura La Parola e le parole XXV Domenica del Tempo ordinario anno a compenso maggiore e si lamentano, giustamente, perché questo non avviene? Uno degli ultimi avvenimenti della vita di Gesù, uno dei più toccanti, ci illumina sul significato di questa parabola. È il suo colloquio, sulla croce, con il buon ladrone. Alla sua richiesta: “Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno”», Gesù risponde: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23, 42-43). Quindi la salvezza eterna immediata e, con la stessa immediatezza, anche la santità (non si entra in paradiso se non si è santi) assicurate da Gesù a un delinquente solo per una frase detta all’ultimo momento. Assai di più, perciò, di quanto Gesù aveva raffigurato dalla parabola. La conclusione della parabola è simile all’affermazione di Isaia: « Ma il padrone, rispondendo a[lla lamentela di] uno di loro, disse: “Amico […] non hai forse concordato con me per un denaro? […] Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio?” [...] Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi». Il contrario dunque di una perfetta e legittima logica umana, o, meglio, una logica divina che trascende quella umana. Il padrone della vigna non è giusto secondo i criteri umani, come non è giusto, secondo gli stessi criteri, il padre del figliol prodigo con il figlio buono e fedele. Dio, però, non va discusso, ma va semplicemente ed umilmente accettato. Perché Dio si pone in maniera così sconcertante ed apparentemente illogica e parziale nei confronti di chi si avvicina a lui? È sostanzialmente un mistero, ma resta comunque il fatto che solo Dio conosce le vicende delle singole persone e come queste vicende possano aver condizionato le loro scelte e anche i loro peccati. Per questo Gesù ci vieta di giudicare e, soprattutto, di condannare. È comunque certo che l’apparente ingiustizia di Dio è infinitamente più giusta della più perfetta giustizia umana, il che è consolante per chi ha il coraggio di presentarsi davanti a Dio con l’atteggiamento del pubblicano al tempio, che poi è l’unico che conviene avere. Un invito a non impostare la nostra vita e le nostre scelte su un apparentemente giusto criterio di do ut des. Nella seconda lettura (Fil 1,20c-27a), Paolo propone se stesso come esempio: il suo vivere e lavorare hanno come unica finalità la glorificazione di Cristo ed il bene dei fratelli: « Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia. Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno. […] Ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo». La colletta ci fa chiedere al Padre: «Apri il nostro cuore all’intelligenza delle parole del tuo Figlio, perché comprendiamo l’impagabile onore di sia del secolarismo incalzante. Una chiesa che non chiude gli occhi di fronte a forme di degrado che oscurano l’immagine degli albanesi in Europa e nel mondo: produzione e spaccio di droga, corruzione, criminalità, ecc. Ma soprattutto è una chiesa che si sforza di cogliere il positivo -è davvero tanto e, in gran parte, ha a che fare con la fede!- che la cultura e la società portano con sé per farlo sviluppare al massimo della sua potenza, perché in esso è il segreto della vera rinascita”. La visita sarà caratterizzata da tre momenti forti: la preghiera (Messa e vespri) con le diverse realtà ecclesiali, l’incontro con i leader di altre religioni e denominazioni cristiane e, successivamente, al Centro Betania, con i bambini e alcuni assistiti d’istituti caritativi. Tre aspetti da cui emerge l’immagine della chiesa locale… “Si tratta di tre aspetti fondamentali che ci appartengono. La nostra chiesa, infatti, è missionaria: sin dall’apertura delle frontiere, i missionari e le missionarie hanno dato respiro alla chiesa di Albania; e, ancora oggi, sono il sostegno delle comunità cristiane. La nostra chiesa è aperta all’ecumenismo e al dialogo interreligioso: gli albanesi sono un grande esempio di convivenza tra fedi diverse; ci sono i presupposti perché la fede nell’unico Dio che ci accomuna divenga stimolo per possibili soluzioni dei problemi della società in cui viviamo. La nostra chiesa, infine, vive di carità: la carità delle altre chiese ci ha soccorso in tempo di bisogno, ma finché ci sarà un solo pezzo di pane a disposizione questo sarà condiviso con tutti”. Quali attese e quali frutti si aspetta da questa visita? “Un rinnovato impegno di crescita nella fede, perché la speranza che ci anima divenga sorgente di una carità senza limiti”. lavorare nella tua vigna fin dal mattino». Questo significa lavorare per Dio e per il prossimo senza calcolare la ricompensa, sapendo che l’avremo certamente. Questa popolare storiella lo può far capire. Un giorno Dio volle far vedere ad un sant’uomo la differenza fra Paradiso e l’Inferno. Lo condusse verso due porte, ne aprì una e gli fece vedere, all’interno una, tavola con al centro un recipiente pieno di cibo delizioso e, all’intorno, persone, evidentemente affamate, con cucchiai dai manici lunghissimi attaccati alle loro braccia che permettevano loro sì di raggiungere il cibo, ma non di portarselo alla bocca perché il manico del cucchiaio era più lungo del loro braccio. Dio disse al sant’uomo: “Hai appena visto l’Inferno”. Aprì quindi la seconda porta, attraverso la quale si vedeva la stessa scena della precedente: grande tavola con sopra cibo squisito e intorno persone con cucchiai dai lunghi manici, ma evidentemente ben nutrite e felici. «Vedi, - spiegò Dio, - questi hanno imparato che, se il manico del cucchiaio troppo lungo non consente di nutrire se stessi, consente di nutrire gli altri. Si nutrono a vicenda e sono tutti felici a differenza di quelli dell’altra tavola, che, pensando solo a se stessi, sono infelici. Inferno e Paradiso sono uguali: la differenza la facciamo noi». Il significato vero della frase “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere” (Atti 20, 35) è che quando uno dà agli altri, prima di tutto ha dato a se stesso e, soprattutto, ha ricopiato l’immensa bontà di un Dio che, nella sua volontà di donare, non teme di essere giudicato ingiusto o parziale. mons. Umberto Pineschi 6 Kieran Conry, vescovo responsabile per l’evangelizzazione: ‘’Sapevamo che moltissimi cattolici non vanno a messa alla domenica e volevamo capire le ragioni. Spesso non ci sono motivi specifici. Purtroppo, una volta che si sono allontanati, fanno fatica a tornare’’ di Silvia Guzzetti La fatica di tornare “Sapevamo che moltissimi cattolici non vanno a messa alla domenica e volevamo capire le ragioni”, ha spiegato il vescovo per l’evangelizzazione, monsignor Kieran Conry. “Spesso non ci sono motivi specifici. Purtroppo, una volta che si sono allontanati, fanno fatica a tornare. Fa paura rientrare in una chiesa dove non sei andato per alcuni mesi. Ci si sente in imbarazzo, indicati a dito e non si sa che cosa fare”. “Col nostro progetto, che si intitola proprio ‘Varcare la soglia’, abbiamo voluto dare ai parrocchiani la fiducia necessaria per raggiungere questi cattolici lontani rendendo accogliente la chiesa”, continua monsignor Conry. “Né ci importava il numero di quelli che sarebbero tornati, ma, soltanto, far sapere loro che li Kieran Conry aspettiamo sempre”. Contano i rapporti personali “La chiave sono i rapporti personali”, continua Clare Ward, che ha coordinato il progetto della Conferenza episcopale in 5 parrocchie del Lincolnshire e nella cattedrale di Nottingham. “I cattolici che frequentano la chiesa devono sentirsi sufficientemente sicuri, dentro loro stessi, per poter avvicinare chi si è allontanato”. “Le occasioni sono state opportunità semplici, le piccole cose della vita quotidiana, nella tradizione di santa Teresa di Gesù bambino”, continua Clare Ward. “La cattedrale di Nottingham ha deciso di aprire le proprie porte, alla sera, per l’adorazione del Santissimo Sacramento. L’aumento dei fedeli, in alcune parrocchie, è stato del 100%. Per noi, del dipartimento di evangelizzazione, è stata un’occasione importante per imparare come raggiungere chi si è perso per strada. A ognuna delle parrocchie che prendevano parte al progetto sono state offerte 600 sterline dalla conferenza episcopale”. A Grimsby si raddoppia A contare quanti fedeli sono tornati in chiesa è stata la parroc- Lettere in redazione Sul malgoverno Abbiamo chiuso un parco importante dilaniato dall’abbandono e l’incuria (alludo a Piazza d’Armi). Nel frattempo in via degli Armeni se ne sta costruendo uno nuovo credo e spero interamente finanziato dalla fondazione.Aumentare il numero dei parchi nella città è sempre una buona cosa,soprattutto con formule miste;ma come si intende intervenire sullo stato di abbandono in cui versano gli altri parchi? È forte in città il malcontento su questioni che interessano il decoro la custodia la correttta erogazione di servizi, (spazzatura, pulizia strada,cura e controllo del territorio). Vorrei capire quale è il limite tra gli effetti reali del patto di stabilità che impone tagli ai comuni, e l’incapacità di governare i territori. Mi stupisce sempre di più il silenzio del partito democratico pistoiese completamente supino a chi governa questa città. Infatti ovviamente non penso ad interventi volti a contrastare il governo del Sindaco quanto certamente ad un confronto interno serio sereno e propositivo nella risoluzione delle gravi criticità che questa amministrazione mostra di non saper affrontare. La mia proposta sulla Vita La Le parrocchie lasciano le porte aperte? Così i fedeli ritornano questione della cura dei parchi è sempre la stessa: “ogni parco un opportunità di lavoro per il privato,dove il pubblico chiede custodia decoro e rilancio tramite un numero fissato minimo di eventi”. A cosa serve imporre affitti esosi che accorciano solo i margini di guadagno e non puntare invece su quanto detto sopra. Quali i danni per esempio della chiusura del parco di Piazza d’armi ricaduti sugli esercizi commerciali dentro il parco stesso? Forse a Pistoia il partito locale ha deciso di perdere nelle prossime amministrative il governo locale? Massimo Alby Sulla famiglia Vedo che finalmente anche su La Vita si comincia a prendere atto dell’attacco alla famiglia che è in corso in tutto il “mondo occidentale”, con una virulenza inimmaginabile; a guardare bene quello che sta accadendo intorno a noi, questo sembra il fatto più importante e più preoccupante per chi ha a cuore il futuro nostro e dei nostri figli. Anche in Italia prevalgono le forze distruttrici: sulla stampa, nei discorsi degli intellettuali e nei salotti della TV: credo che quello che si potrebbe definire il popolo, la pensi, nella grande maggioranza, come me: ma, nell’illusoria democrazia in cui viviamo, prevale chi parla di più e non chi ha migliori argomenti. L’accantonamento del concetto di natura umana, accaduto nella riflessione filosofica dell’ultimo secolo, ha prodotto il danno, fondando un’antropologia debole e priva di riferimento alla natura. Nell’articolo di Maurizio Calipari (a pag 4 del numero 31) veniva citato l’aneddoto di San Tommaso e della mela. Un altro grande, Chesterton, prevedendo quello che sta accadendo ai nostri giorni, diceva: “Accenderemo fuochi per testimoniare che due più due fa quattro. Sguaineremo spade per dimostrare che le foglie sono verdi in estate... Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili.” E dalla filosofia il danno si è riverberato nel diritto, innanzi tutto, poi nella vita sociale, nella politica. Nello stato liberale impazzito in cui viviamo è “diritto” tutto ciò che un parlamento possa votare, o anche tutto ciò che un magistrato possa decretare: diritto positivo, o meglio sarebbe dire diritto positivista; diritto che rinnega le radici, che non ha fondamento. chia di st. Mary on the Sea, a Grimsby, nella quarta zona più povera di Inghilterra, che ha visto il numero di fedeli raddoppiati alla Messa di Pasqua. “Abbiamo ottenuto questo risultato invitando le famiglie con bambini piccoli ad attività di disegno e artigianato a Pasqua, dipingendo uova e costruendo cappelli di Pasqua. Aspettavamo una ventina di persone ma ne abbiamo avute 80”, spiega don Joe Wheat, il parroco. “A Natale, attraverso la rivista della parrocchia e sulla prima pagina del giornale locale, abbiamo fatto pubblicità alla messa di mezzanotte a lume di candela e l’aumento dei fedeli è stato del 50%. Abbiamo cominciato anche ad avere, a ogni messa, dei fedeli all’ingresso della chiesa che distribuiscono il foglio della messa e il libretto dei canti a chi arriva, pronti a rispondere a ogni domanda di chi non conosce bene la chiesa”, spiega don Wheat. Non è questione di numeri “Per Pasqua abbiamo organizzato una camminata di testimonianza, il venerdì santo, per le vie della città. Ci aspettavamo poche persone e invece abbiamo avuto un bel gruppo. Siamo arrivati al centro 0 N ella sua esortazione apostolica, “Evangelii gaudium”, Papa Francesco ha invitato ogni comunità a discernere quale sia il possibile cammino di evangelizzazione richiesto nella realtà di oggi. La chiesa inglese ha risposto con un progetto che, nella parrocchia di st. Mary’s on the Sea, a Grimsby, ha raddoppiato il numero di fedeli alla messa di Pasqua. Suggerimenti e materiali per l’evangelizzazione sono stati distribuiti anche nelle altre parrocchie, in Inghilterra e Galles, in vista della domenica per la missione che ricorre, quest’anno, il 21 settembre col tema “Evangelizzazione... nel cuore della famiglia”. A illustrare il progetto, l’11 settembre a Londra, nella sede della Conferenza episcopale, sono stati i protagonisti dell’iniziativa: il vescovo per la catechesi, Kieran Conry, la responsabile del settore evangelizzazione, Clare Ward, il parroco di st. Mary’s on the Sea, don Joe Wheat e la dottoressa Ann Casson. n. 32 21 Settembre 2014 ACCADE IN INGHILTERRA La rivoluzione attuale è la più radicale mai accaduta: mira ad eliminare il padre e la madre! (quella del sessantotto si limitava a ripudiarne l’autorità). Saremo tutti figli di nessuno, singoli e soli davanti a uno stato sempre più totalitario che ci manipolerà come burattini. Quello che più preoccupa è che di queste cose non ci se ne preoccupa abbastanza. Franco Biagioni Sulla “politica della sostenibilità” Caro direttore, sono pochi i Comuni che hanno istituito uffici per favorire la partecipazione dei cittadini alla politica di sostenibilità. Non sono molti i Comuni che dispongono il Bilancio partecipativo: una forma di partecipazione diretta dei cittadini alle decisioni su una parte del bilancio comunale. Quanti sono i Comuni che informano la cittadinanza sui tempi previsti per la promozione della mobilità a piedi o in bicicletta? Tutte le misure da adottare richiamano valori, interessi, rapporti diversi di potere degli attori della sfera politica locale, amministrativa, economica e civica... Le direttive delle della città e abbiamo recitato una preghiera e distribuito un centinaio di voucher che davano diritto a una tazza di tè e a un dolce nel caffè lì vicino”, continua il parroco di st. Mary’s. “Siamo riluttanti a identificare il successo col numero di persone che vengono a messa alla domenica”, continua Wheat: “A noi non interessava riportarle in chiesa a tutti i costi ma fare sentire loro che la parrocchia era ancora lì per loro e non avevano perso il contatto con essa”. Insomma, spiega il sacerdote, anche un rapporto saltuario con la chiesa è molto significativo. Una vita arricchita È “cattolico anche chi non va sempre a messa”: come ha dimostrato, in una seconda parte del progetto presentato a Londra, la dottoressa Ann Casson. La studiosa ha intervistato, faccia a faccia, 39 genitori che mandavano i figli in una scuola cattolica senza essere praticanti e, con un questionario, altre 107 persone. “Anche se queste persone frequentano solo ogni tanto la messa, sentono che la loro vita viene arricchita dalla fede cattolica e sono desiderosi di mandare i loro figli in una scuola che comunichi loro la fede”. regioni, degli stati e dell’Unione europea contribuiscono a determinare l’assetto operativo locale. Ci sono esempi di città e Comuni organizzati, come l’alleanza per il clima, con l’obiettivo di ridurre le emissioni di Co2. Nel 2006 il “Rapporto Stern”, commissionato dal governo britannico, spiegò che i cambiamenti climatici minacciano anche la stabilità economica mondiale. Senza una svolta verso una società del risparmio energetico non riuscirà nemmeno la svolta verso un’economia solare. I cittadini non solopossono esprimersi con il voto, ma anche agire e partecipare ai dibattiti politici in materia di sostenibilità. Partecipazione propositiva di volontariato “riparatorio” e “liberatorio” che -da oltre un lustro- cercano di esprimere anche i soci dell’associazione “I Cantieri ecologici d’Italia” (cantieriecologiciditalia@ virgilio.it). Cittadini, non conservazionisti dell’800, partecipanti costruttori di futuro sostenibile, possono domandare ai Comuni di motivare ogni rinvio di proposte in materia di inquinamento e sviluppo sostenibile. Caos climatico, picco del petrolio, crisi della biodiversità “dettano” -almeno in esergo a nuovi statuti di Comuni finitimi uniti- uno dei primi motti dei movimenti per la protezione della natura: “Pensare globalmente, agire localmente”. b.p. barni Pistoia Sette N. 32 21 SETTEMBRE 2014 L a diocesi di Pistoia e l’associazione “I ricostruttori” co-promuovono una serata sulla salvaguardia del creato dal titolo “Il canto della creazione”. La Cei ha stabilito che il mese di settembre sia dedicato al tema ecologico e della salvaguardia del creato, favorendo iniziative a riguardo. In questo contesto si propone una serata-dibattito su questi temi, aperta a tutta la cittadinanza. Durante la serata sarà anche presentato il libro “I santi e gli animali. L’Eden ritrovato” di Guidalberto Bormolini (ed. LEF). Interverrà Franco Cardini, già professore all’Università di Firenze. 9a GIORNATA PER LA CUSTODIA DEL CREATO Il canto della creazione per un’ecologia spirituale. Dice bene padre Florensky che l’ideale dell’ascesi cristiana non è il disprezzo del mondo, ma la sua gioiosa accettazione, che vuole il mondo più ricco elevandolo a un livello superiore, fino alla pienezza di una vita trasfigurata. L’iniziativa si svolgerà presso l’Aula Magna del seminario diocesano in via Puccini 36, a Pistoia, il 22 settembre alle 21. In vista dell’iniziativa abbiamo incontrato il monaco scrittore per un approfondimento. Cos’è l’associazione “I Ricostruttori” co-promotrice dell’evento, come nasce e con quali finalità, quale il vostro progetto? Il movimento dei Ricostruttori nasce più di trent’anni fa come risposta ad un periodo di profonda crisi religiosa e vocazionale, fondato da un padre gesuita: Gianvittorio Cappelletto. È frutto dell’ascolto di indicazioni provvidenziali più che di un “progetto”. L’ispirazione sorse in seguito all’incontro con alcuni monaci indiani che praticavano la meditazione: fu profondamente toccato dalla serietà dell’impegno con il quale i monaci si applicavano alla vita di preghiera, e lo incuriosì il fascino che esercitavano sui giovani. Questo lo spinse a cercare fra i tesori della spiritualità cristiana qualcosa che appagasse i desideri di tanti giovani attratti all’epoca dall’estremo oriente. Sotto questa spinta riscoprì la meravigliosa tradizione della meditazione cristiana: l’esicasmo, più noto come preghiera del cuore. Questo metodo di preghiera è stato definito da numerosi studiosi, tra cui il cardinal Špidlík, una sorta di “yoga cristiano”. Lei appartiene alla cong regazione I ricostruttori nella preghiera, vuole parlarci della vostra testimonianza nella chiesa e nella società? Sin dalla nascita del movimento si propose la meditazione cristiana come strumento per riavvicinare alla vita cristiana coloro che per sfiducia, disillusione o distrazione, avevano abbandonato qualsiasi pratica religiosa. La proposta si era rivelata particolarmente efficace per chi si era allontanato dalla vita religiosa, non ne aveva mai fatto esperienza o semplicemente voleva sperimentare la preghiera del cuore. Di Guidalberto Bormolini fatto il desiderio di far conoscere Cristo alle persone del nostro tempo, con tutti gli ostacoli che la situazione attuale pone, ha trovato uno spazio adatto per alcune persone proprio nel corso di meditazione profonda. L’esicasmo cristiano, tradizione plurisecolare, propone alcuni temi fondamentali che caratterizzano un metodo definito “psicofisico”: sedersi in solitudine prestando attenzione alla posizione; controllo della respirazione; esplorazione interna; discesa della mente nelle “viscere” alla ricerca del luogo del cuore e recita continua dell’invocazione del nome di Gesù collegata al cuore o al respiro.Va comunque ricordato che per i padri esicasti l’efficacia di un metodo non è tanto contenuta nelle tecniche stesse, quanto piuttosto nella presenza luminosa e salvifica di colui il cui nome viene invocato. Sorse però da subito l’esigenza di avere a disposizione uno spazio fisico dove praticare l’esperienza della preghiera del cuore, riproposta col nome di meditazione profonda, ed approfondire i temi ad essa collegati. Si voleva provvedere in povertà a questa necessità, e da un’esigenza concreta si sviluppo aspetto importante della spiritualità del movimento, tanto da determinarne la scelta del nome: “Ricostruttori” non solo della propria vita spirituale assopita, ma anche di luoghi abbandonati per trasformarli in spazi di preghiera. Il movimento e la comunità dei Ricostrut- tori nella preghiera sono stati in seguito eretti canonicamente da monsignor Sanguinetti, vescovo di La Spezia. Lei è monaco e antropologo; come è nata la passione per la natura e gli animali, è forse un’aspetto dell’ordine a cui appartiene, oppure è il condividere una spiritualità francescana che contempla ed ama il creato e le sue creature? Nella nostra comunità e nelle occasioni formative che proponiamo ai “lontani” dalla fede, il rapporto amorevole con la natura, la cura per la creazione, ha uno spazio notevole. Sulla scia di gran parte dell’insegnamento patristico, si cerca di condurre le persone dall’amore per la bellezza della creazione fino alla bellezza del Creatore. Non è un caso che la più nota raccolta di testi sulla preghiera del cuore si chiami filocalia (amore per la bellezza). La preghiera cambia lo sguardo e permette di cogliere il bello in tutto ciò che ci circonda: il cosmo, la natura, gli altri. Un particolare amore per il creato contraddistingue chiunque pratica la preghiera del cuore. Inoltre il tentativo di riproporre i temi classici della spiritualità cristiana ci ha stimolato a riproporre i temi tipici dell’ascesi cristiana con un linguaggio nuovo, per renderli attuali: la dieta vegetariana, la vita sobria, il digiuno suggeriti come pratiche gioiose Come è l’atteggiamento di Gesù nei confronti dell’uomo e del creato? Il vangelo di Marco comincia con il racconto del battesimo di Gesù nel Giordano; subito dopo Egli, mosso dallo Spirito, andò nel deserto a vivere con le bestie selvatiche. Numerose parabole del maestro contengono un richiamo al mondo animale e a quello vegetale. Ma manca un esplicito invito all’amore delle creature non umane. Una delle grandi accuse rivolte alla tradizione cristiana riguarda proprio il silenzio a questo riguardo. Ma sono accuse infondate, che rivelano poca dimestichezza con le scritture. L’invito di Gesù è un invito a crescere senza limiti nell’amore, non è un messaggio normativo. Vi è ampio spazio per la libertà dell’essere umano, per la sua coscienza. Sta quindi a noi crescere nell’amore fino ad integrare tutte le creature. D’altronde questo è l’invito esplicito di chi più di chiunque ha cercato di incarnare il Vangelo: i santi che nella mia ricerca hanno universalmente espresso questo amore per tutte le creature della natura. Il suo libro si intitolata “I santi e gli animali” L’Eden ritrovato. Come si è svolto il suo lavoro per la realizzazione di questo volume? E quale obbiettivo si è posto? Ho effettuato una lunghissima ricerca sulle fonti. Volevo far parlare i santi con le loro testimonianze e, dove possibile, con le loro stesse parole. Ad un certo punto ho dovuto interrompere il lavoro per poter pubblicare perché le fonti che parlavano espressamente di un amore per la creazione nella vita dei santi sembravano infinite! Il mio obbiettivo era di mettere in luce questo patrimonio sia per risvegliare nella chiesa questo amore cosmico troppo spesso dimenticato, sia per mostrare a chi si è allontanato da Essa che l’amore per la natura fa inscindibilmente parte del Dna del cristiano indipendentemente dal fatto che talora il cristiano stesso se ne dimentichi... Ciascuno di noi sente forte il desiderio di ritrovare una dimensione di pace e armonia. Come si può vivere e ritrovare l’eden nella nostra vita? come si può pensare un nuovo rapporto con gli animali e la natura come si può riscoprire un legame di fratellanza, “fratello… sorella...”. Occorre prima ritrovare la strada del proprio cuore, ritrovare in noi stessi quella pace e quell’armonia che troppo spesso pretendiamo che siano gli altri a realizzare senza fare un minimo passo concreto in quella direzione. Occorre quindi un radicale cambiamento di vita, ma soprattutto tanta esperienza di preghiera, per attingere dallo Spirito santo tutta la forza necessaria per il cambiamento. Per ritrovare l’eden perduto occorre quindi ritrovare la strada del proprio cuore. Nell’immagine mitica della Genesi l’eden è descritto come un giardino da cui si diramano quattro fiumi, esattamente come dal cuore si diparte il flusso delle quattro vene principali. Qual è la relazione tra Santi e animali, questo tema ci porta a scoprire alcune figure dei santi e la loro esperienza raccontate nel libro? La relazione che i santi hanno saputo instaurare con tutta la creazione, anche quindi con le piante, le rocce, le sorgenti i cieli e gli astri, è una relazione d’amore e di compartecipazione. Sono molto numerosi gli episodi in cui nascono amicizie speciali tra un santo e un animale. Amicizie tali da caratterizzare l’intera vicenda del santo e far raffigurare l’animale in tutta l’iconografia che lo riguarda. Per molti è stata grande fonte di stupore scoprire che l’amore per la natura non è prerogativa esclusiva di san Francesco, che l’ha sicuramente espressa in maniera sublime, ma de santi di tutte le epoche fina a epoche a noi contemporanee. Qual è dal suo punto di vista, oggi, il male peggiore per l’uomo? L’egoismo che acceca al punto tale da non rendersi conto che nell’unità cosmica del corpo mistico di Cristo una ferita inferta a qualsiasi essere è un ferita inflitta soprattutto a sé stesso. È toccante la confidenza dei santi con gli animali anche questo è un argomento sul quale si è soffermato sul suo libro? La confidenza era tale, in tanti racconti, che sembravano parlare lo stesso linguaggio. Parecchi mistici, tra cui san Paolo della croce, testimoniano infatti di essere capaci di udire sensibilmente il “canto” delle creature e di tutta la creazione. Daniela Raspollini 8 comunità ecclesiale Vita La n. 32 21 Settembre 2014 ISTITUTO SUORE MANTELLATE S Una festa per suor Clemens uor Clemens, insegnante storica della scuola elementare dell’Istituto suore Mantellate di Pistoia, ha lasciato l’attività dopo 54 anni di lavoro. È difficile immaginare questo nuovo anno scolastico senza la presenza in classe di una maestra che ha guidato centinaia di bambini nel loro percorso di crescita, dalla prima alla quinta elementare, in tutti questi anni. Per lei , nel mese di giugno, i genitori ed i bambini della classe V hanno organizzato una festa a cui hanno partecipato, a sorpresa, anche numerosi ex alunni, che hanno voluto esprimere con la loro presenza l’affetto e la riconoscenza per la loro maestra. Figura conosciuta ed amata dal mondo scolastico pistoiese, dalle tante famiglie che a lei hanno affidato i figli, dai suoi numerosi ex alunni, suor Clemens ha vissuto la sua vocazione di educatrice con gioia ed autentica passione. La sua carriera è iniziata nel 1960 a Milano, appena terminati gli studi. Lì ha insegnato per due anni, poi per altri quattro a Mestre e di nuovo a Milano fino al 1968. Dopo un anno trascorso a Roma, nel 1969 il trasferimento definitivo nella nostra città. A partire dagli anni Ottanta, oltre all’insegnamento, ha assunto la direzione della scuola elementare, fino a quando, pochi anni fa, la scuola è diventata Istituto comprensivo. Sempre animata da grande curiosità intellettuale e con un entusiasmo contagioso, Suor Clemens ha contribuito in modo determinante a costruire negli anni, assieme alla comunità delle suore Mantellate, il profilo valoriale e didattico della scuola primaria e dell’intero Istituto pistoiese. “Una maestra -hanno testimoniato a più voci gli ex alunni ormai adulti– che ci ha insegnato con passione, mostrando sempre attenzione, rispetto e cura verso ciascuno”. “Sempre aperta al mondo, con nuovi progetti ogni anno e con tanto entusiasmo fin da quando entrava in classe” hanno ricordato altri, che ancora si raccolgono attorno lei, in spirito di amicizia e in progetti di solidarietà. Ma, ci tiene a precisare suor Clemens, “sarò ancora accanto ai bambini, soprattutto a quelli che avranno bisogno di un piccolo aiuto.” E certo, nonostante sia arrivato il tempo del meritato riposo, l’aiuto prezioso di una maestra di così grande esperienza e cuore non si farà attendere. A lei il grazie sincero di tutta la comunità e dei tantissimi alunni che ha educato con amore e impegno, trasmettendo loro “non solo un sapere, ma un cammino di tempo, il tempo della scoperta”. E se è vero che i maestri che non scordiamo sono “quelli che hanno lasciato una impronta indelebile dentro di noi”, “non solo per quello che ci hanno PARROCCHIA DI SAN GIORGIO E GELLO Il coraggio degli scout L’esperienza della Route nazionale Agesci nel racconto di Silvia Lelli I l Gruppo Scout S. Giorgio 1 della parrocchia di S. Giorgio e di Gello ha partecipato al grande evento della Route nazionale Agesci a San Rossore., dove 30 mila ragazzi dai 16 ai 20 anni, si sono confrontati sul tema il coraggio. Ne parliamo con Silvia Lelli portavoce del gruppo. «I giorni a San Rossore, che hanno concluso il lavoro di un anno, - spiega Silvia - hanno veramente dato la dimensione ai ragazzi, ed anche a noi capi, di quanta forza si sprigioni quando si mettono insieme non soltanto le intenzioni positive ma anche e soprattutto le esperienze e le azioni concrete, con responsabilità. Un evento pregnante ed intenso, fin dal suo slogan: one way, ad indicare un orizzonte, una direzione ben precisa da intraprendere con coraggio per il bene comune». Qual è stato il momento più significativo della Route? Come l’avete vissuta? I momenti più intensi, essendo i ragazzi i veri protagonisti di tutta la route, sono stati le due veglie sulla legalità organizzate da due clan del sud d’Italia, testimonianza concreta del loro vissuto e del cambiamento desiderato e costruito e la cerimonia finale con la consegna della Carta del Coraggio alle autorità. E’ stato un momento estremamente emozionante perché chiaro simbolo del fatto che i ragazzi non hanno solo partecipato ad un bel “gioco”, ma hanno davvero e concretamente fatto politica, nel senso più alto di questo termine, hanno portato il loro contributo di giovani cittadini alla costruzione del bene comune, portando le esigenze che hanno riscontrato nella società all’attenzione delle istituzioni e di noi capi e si sono loro per primi presi degli impegni come scout, come cittadini e come cristiani. Tutti gli scout d’Italia da adesso in poi avranno un documento su cui lavorare, da cui prendere spunti, in base al quale prendersi degli impegni concreti ognuno nel proprio territorio, per portare avanti le azioni di coraggio intraprese e farne scaturire di nuove, in una vera e propria ondata di cambiamento e positività. Altri momenti davvero emozionanti sono stati lo spettacolo serale tutti insieme all’arena del Futuro con tanti testimoni di scelte coraggiose in vari ambiti della vita, la veglia di preghiera fino all’alba e la celebrazione eucaristica con la telefonata a sorpresa di Papa Francesco. La benedizione del Papa è stata davvero la degna ed emozionante conclusione di un evento grande, significativo e pregnante, e nelle sue parole secondo me sta tutto il significato della scelta del tema del coraggio: “Il Coraggio è un grande bene ed ha bisogno dei giovani attivi. Con i giovani fermi non si va da nessuna parte. I giovani non devono andare in pensione, ma devono andare avanti: sono il futuro. Il mondo ha bisogno di giovani coraggiosi, non timorosi. Giovani che sempre abbiano un orizzonte per andare […] So che avete riflettuto sull’Apocalisse, pensando alla Città Nuova. Questo è il vostro compito: fare una città nuova.” Dopo la Route il coraggio degli Scout continua.... voi avete qualche progetto? Prima dell’evento su quale ambito vi siete preparati? Il lavoro di preparazione alla Route nazionale è durato circa un’anno, durante il quale tutti i ragazzi hanno lavorato ad un “capitolo nazionale”, un percorso di approfondimento concreto sul valore del coraggio, declinato in 5 ambiti (il coraggio di amare, il coraggio di essere Chiesa, il coraggio di essere cittadini, il coraggio di farsi ultimi, il coraggio di liberare il futuro), costituito da momenti di osservazione della realtà, formazione di una propria opinione e azione autentica di cambiamento, che è stato parte integrante del cammino della Route. Il nostro clan in particolare si è interrogato sulle alternative per una vita attenta ai consumi e rispettosa dell’ambiente, attraverso un confronto approfondito e l’incontro con varie realtà cittadine, focalizzandoci sul tema dei rifiuti ed in particolare sulla raccolta degli oli vegetali esausti, mancante nella nostra provincia. Ci siamo impegnati nell’autocostruzione di un contenitore per la raccolta degli oli vegetali esausti, per renderci conto in prima persona dei costi e della fattibilità, e per sperimentare un prototipo da poter inviare agli enti preposti. Ci siamo impegnati in una proficua collaborazione con Legambiente e Publiambiente per approfondire la complessa normativa in materia di smaltimento dei rifiuti e poter realizzare un punto di raccolta presso la nostra sede. Guardano al futuro, immaginiamo un coinvolgimento maggiore dei cittadini per poter finalmente vedere realizzato il nostro sogno di rendere possibili delle micro reti di raccolta a livello locale: nei quartieri, nei condomini, nelle scuole, nelle associazioni, ecc. Daniela Raspollini insegnato, per il contenuto dei loro enunciati, ma innanzitutto per come ce lo hanno insegnato”(M. Recalcati, L’ora di lezione), ebbene: “Clemens non ti dimenticheremo!” Elena Dei “Le due cappelle dell’ospedale San Jacopo” A un anno dall’apertura del nuovo ospedale di Pistoia (21 luglio 2013) le due cappelle - l’una nell’area delle degenze, l’altra attigua all’obitorio - sono arredate al completo. La cappella dell’obitorio ha potuto accogliere l’altare, l’ambone e il leggio in legno allestiti per il santuario di Santa Maria delle Grazie o Madonna del Letto una trentina di anni fa, per adattare le celebrazioni alla rinnovata liturgia del concilio. Nel restauro del santuario, negli anni ‘90, con scelta anche troppo frettolosa e innovativa, era stato rimosso l’antico altare maggiore per creare l’attuale in marmo, rivolto ai fedeli, per cui quegli arredi in legno si erano resi inutilizzati. Si sono adattati bene alla cappella di commiato congiunta all’obitorio, arredata con panche e armadio di sacrestia di recente acquisto. La cappella dell’area delle degenze è stata quasi per intero arredata trasferendovi le panche dell’ex cappella delle suore Ancelle della Carità, attigua al santuario, e con opportuni adattamenti, l’altare, il tabernacolo e il fonte battesimale, tutti in marmo, della precedente cappella negli ex Spedali Riuniti di Pistoia. Questa precedente cappella aveva avuto nel tempo ben quattro diverse collocazioni: quella originale, di inizio novecento,è poi divenuta seconda sala di chirurgia; una successiva collocazione era stata presso l’atrio d’ingresso all’ospedale da piazza Giovanni XXXIII; una terza collocazione a lato di portineria nell’ingresso da viale Matteotti; una quarta collocazione quella nel sottopassaggio tra viale Matteotti e piazza Giovanni XXXIII, in prossimità di quest’ultima. La prolungata attesa per vedere arredata nel nuovo ospedale la cappella dell’area delle degenze, ha consentito di valutare meglio gli adattamenti. Cosi il fonte battesimale, dove molte migliaia di pistoiesi hanno ricevuto il battesimo fino a inizio anni ‘70, anziché essere accantonato perché inutilizzato, è servito molto bene a supporto del tabernacolo, mentre la sua copertura fa ora da base dell’ ambone. L’ altare in marmo, opportunamente riadattato per armonizzarsi con le dimensioni e le tonalità della cappella,è stato il primo ad essere inaugurato il 24 luglio scorso, vigilia della solennità di San Jacopo, patrono di Pistoia e titolare del nuovo ospedale. Ciò è avvenuto nella Messa vespertina presieduta dall’amministratore della diocesi, monsignor Paolo Palazzi, che ha anche benedetto il grande crocifisso, proveniente da Assisi, che riproduce l’ immagine di fronte a cui in San Damiano Francesco avviò la sua nuova vita. Di nuovo acquisto è stato l ‘ampio armadio di sacrestia. I cappellani dell’ospedale PASTORALE DELLA TERZA ETà Programma 2014-2015 M ercoledì 24 settembre alle ore 16, presso il Centro di Monteoliveto la Pastorale della terza età organizza un incontro per illustrare il programma 2014-2015. In questa occasione sarà distribuito un volumetto contenente i riassunti degli incontri tenuti lo scorso anno. Vita La 21 Settembre 2014 comunità ecclesiale n. 32 9 “AMICI DI DON FERRERO BATTANI” L’angolo della famiglia “Frammenti di infinito” La correzione arriva a San Rossore fraterna in famiglia Ufficio Pastorale con la famiglia S e il tuo fratello commette una colpa, và e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all’assemblea; e se non ascolterà neanche l’assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano. (Mt 18, 15-17) Gesù ci insegna che se il mio fratello commette una colpa contro di me, mi offende, io devo usare carità verso di lui. Occorre anzitutto evitare il clamore della cronaca e il pettegolezzo della comunità. L’atteggiamento è di delicatezza, prudenza, umiltà, attenzione nei confronti di chi ha commesso una colpa, evitando che le parole possano ferire e uccidere il fratello. Perché, voi sapete, anche le parole uccidono! Quando io sparlo, quando io faccio una critica ingiusta, quando io “spello” un fratello con la mia lingua, questo è uccidere la fama dell’altro! Anche le parole uccidono. (Francesco 07/09/2014) La correzione fraterna è un aspetto dell’amore e della comunione che devono regnare nella comunità cristiana, e soprattutto all’interno delle famiglie. Lo scopo è quello di aiutare la persona a rendersi conto di ciò che ha fatto, e che con la sua colpa ha offeso non solo uno, ma tutti. “C’era una volta” una correzione fraterna all’interno delle famiglie, quando vivevano con semplicità povera di cose, ma ricca di fede e di valori. Le mamme erano attente alla salute fisica, alla crescita materiale, ma anche alla crescita spirituale. La giornata era piena di continue raccomandazioni, sperando che di cento ne rimanesse una. E quando la correzione non portava i frutti sperati, ricorrevano a mezzi più convincenti come gli schiaffi, che se facevano male al corpo, facevano un gran bene all’anima. Oggi pare proprio che la correzione non sia più di moda, lasciando che i figli crescano senza più sentire la mano esperta di chi deve essere guida, ossia i genitori. Dobbiamo guarirci anche attraverso la fraterna correzione degli sposi gli uni verso gli altri, dei genitori verso i figli. Ci vuole il coraggio di chiamare male ciò che è male agli occhi di Dio e bene ciò che invece è bene ai suoi occhi. Ma si ha come l’impressione che al coraggio si preferisca il comodo silenzio per non avere fastidi. E così la famiglia si perde nel qualunquismo. E’ un coraggio che a volte manca nelle famiglie, dove si crede di perdere i figli con una correzione che sia testimonianza di carità e di vita. E così i figli un giorno rimprovereranno di non averli avvertiti del male. Se qualcuno dei familiari ferisce, non chiudere la comunicazione, non fare la vittima, ma fai tu il primo passo, riapri il dialogo. Se ti ascolterà, avrai “acquistato” un mattone per le fondamenta della tua famiglia. Il verbo giusto è proprio “acquistare”, perché il vero guadagno della vita familiare sono le relazioni buone che abbiamo costruito. Una comunità, ed in particolare la famiglia, si misura dalla qualità dei rapporti umani che si sono instaurati. Oggi l’individualismo la fa da padrone ma è necessario condividere il nostro cammino di fede nella comunità cristiana, anche nella più piccola, la famiglia. Dobbiamo tutti confessare che più volte abbiamo pensato che il nostro rapporto con Gesù potesse bypassare la relazione con gli altri, ma anche se condividere l’esperienza di fede in famiglia non è cosa semplice non dobbiamo ripiegare su una religione fai da te. La comunità inizia dai mattoni elementari io-tu, e c’è un terzo tra i due il cui nome è Amore, che unisce come colla le vite. Quando un uomo dice ad una donna: tu sei carne della mia carne, vita della mia vita, lì c’è Dio, cuore del loro cuore, nodo dell’amore, legame delle vite; quando un genitore e un figlio si guardano e si ascoltano con amore, lì c’è Dio. Ma cos’è l’amore? Spontaneamente pensiamo alla splendida esperienza dell’innamoramento. E’ solo una tappa di un percorso che continua e sfocia nell’assumere con responsabilità l’altra persona: ti amo, voglio te come compagno/a di viaggio, te come compagno/a alla ricerca della felicità. Così è anche per l’amore verso i figli, arte difficile del rendere autonomo un cucciolo d’uomo. L’amore è il cuore della fede, del Vangelo. Quanto poco ci preoccupiamo di ritrovarci insieme a pregare su un problema o su un atteggiamento scorretto; quanto poco dialogo tra di noi, particolarmente quando non ci si intende, non ci si comprende, e quindi si entra in conflitto, si litiga, ci si arrabbia, e poi si commettono errori e ingiustizie! Non è quando si va d’accordo che c’è bisogno di dialogo, ma quando si fa difficoltà a stare bene gli uni con gli Piero e Paola Pierattini altri. ORDINE FRANCESCANO SECOLARE Transito e festa di San Francesco La famiglia francescana di Pistoia festeggia il Transito e la festa di San Francesco che avverrà il 4 ottobre 2014 con il seguente programma: chiesa S. Maria delle Grazie piazza San Lorenzo 4 ottobre ore 7,30: Messa celebrata da fr. Gianfranco. Convento suore Clarisse Piazza S. Stefano 1, 2 e 3 ottobre ore 18: Transito del santo 4 ottobre ore 8,30, ore 10: Messa 4 ottobre ore 18: Messa solenne celebrata dai padri domenicani a ricordo della grande amicizia che ha legato nel tempo i santi Domenico e Francesco. Al termine di tutte le Messe seguono benedizione e indulgenza plenaria. “ Frammenti di Infinito”, il libro di Don Ferrero, è arrivato alla Route Nazionale degli Scout che si è tenuta agli inizi di agosto nella pineta di San Rossore con il tema: “Strade di coraggio”, e che ha visto la partecipazione di più di 30000 giovani impegnati in ben 650 laboratori. Uno di questi aveva come titolo: “Perché siamo al mondo?, e come obiettivo quello di far conoscere a gruppi di giovani provenienti da tutta Italia la figura di don Ferrero ed il messaggio di amore e di ottimismo contenuto nel suo libro. Il tema della route era quello del coraggio di amare, e don Ferrero nella sua vita non ha fatto altro che amare tutti coloro che ha incontrato sulla sua strada, esprimendo a pieno la sua vocazione di padre, una paternità morale, compassionevole, nel senso etimologico del termine, (cum- patere: patire insieme), come fa ogni vero padre. Ha avuto il coraggio di buttarsi fino in fondo nella vita, di amarla, con tutto quello che via via gli presentava, e a volte erano delusioni, malattie, incomprensioni, difficoltà. Anche nel suo libro parla spesso di coraggio: bisogna avere il coraggio di scommettere su dei segni, i segni dell’amore, i segni dell’esistenza di Dio, che sono sufficienti per farci decidere, ma non per renderci assolutamente sicuri… All’inizio dello scorso autunno, Stefano, un membro dell’Associazione degli amici di don Ferrero, propose di fare domanda di partecipazione alla route nazionale, trovò terreno fertile, e l’iniziativa andò avanti. In verità non pensavamo che, dispersa fra le migliaia di domande, proprio la nostra venisse accolta! E invece così è stato. Forse quel titolo “Perché siamo al mondo?” era accattivante, anche se noi eravamo degli emeriti sconosciuti! Più ci si avvicinava alla data fatidica del 7 agosto e più aumentava la strizza. Se è vero che il coraggio è aver paura ma andare avanti lo stesso, allora, anche noi nel nostro piccolo siamo stati coraggiosi. Eravamo consapevoli della nostra debolezza e ci sentivamo inadeguati. Intorno a noi fiorivano laboratori molto creativi, gestiti da veri professionisti, e noi due, eravamo lì, inesperti, timidi, e per di più anche un po’ imbranati. Don Ferrero di lassù deve averci però messo una parolina buona! Intanto ci è toccato l’unico spazio sempre all’ombra per la presenza di un piccolo gruppo di alberelli, poi la passione che ci abbiamo messo ha avuto la meglio e ci siamo scordati di noi e dei nostri limiti tanta era la voglia di far conoscere a tutti quei giovani quel “gran tesoro” che è stato per noi don Ferrero. I ragazzi si sono dimostrati educati ed accoglienti, interessati e rispettosi fra di loro e con noi, in un clima ricettivo e positivo. Ci siamo presentati al primo gruppo di circa 30 giovani, tra i 17 e i 20 anni, provenienti da tutte le parti d’Italia, con un grande disegno su tela, della nostra amica pittrice Marta Carlesi, raffigurante un albero spoglio, con profonde radici, un tronco robusto e tanti rami protesi verso l’alto. Lo abbiamo attaccato ad una scala di legno che abbiamo trovato accanto agli alberi. (Un altro segno?) Quell’albero era per noi l’albero della vita, il simbolo del nostro stare al mondo. L’albero ha preso via via luce, vita, colore, attraverso tanti piccoli foglietti colorati che i ragazzi attaccavano all’albero con le loro risposte. Risposte a quali domande? Quattro domande fondamentali per vivere, le stesse che Ferrero si pone nel costruire il suo libro: Perché siamo al mondo? Cos’è che vi fa stare bene? Quali sono per voi i segni dell’amore? Quali sono per voi i segni dell’esistenza di Dio? I tanti perché del nostro stare al mondo hanno colorato le radici dell’albero, ciò che ci far star bene ha riempito il solido tronco, e i segni dell’amore e di Dio hanno dato vita ai molteplici e svariati frutti dai tanti colori sui rami protesi verso il cielo. Il risultato parlava d’amore, era una festa vedere l’albero rivestito dalla testa ai piedi di parole che parlavano di amore, di musica, di viaggi, di conoscenza, di bellezza, di gioia, di amicizia, di tenerezza, di dedizione all’altro… Non una parola che si rifacesse al denaro, al consumo, alla ricchezza, al potere. Che mondo lasciamo a questa gioventù? Interroghiamoci anche noi adulti, rispondiamo con sincerità alle domande che ci pone don Ferrero! Forse questa gioventù ha molto da insegnarci. Vogliamo chiudere con le parole dei ragazzi. Mettendo insieme le loro risposte, usando solo le loro parole, abbiamo costruito una poesia che recita così: I segni dell’amore Ti sorrido, ti guardo negli occhi e ritrovo parte di me c’è intesa fra noi ed emozione nel cuore Risate condivise ricerca intensa di te la forza dei nostri abbracci Ecco il “nostro” non più il “mio” e il “tuo” insieme siamo completi Amare è avere un unico cuore capirsi senza parole essere se stessi insieme amo il tempo dedicato a unire l’anima Amo i tuoi difetti è bello litigare e fare pace senza rancore Amo per amare e non per ricevere è l’amore che trova senso in se stesso I veri autori di questa poesia sono i componenti dei tre gruppi con cui abbiamo lavorato, e che qui di seguito chiamiamo per nome, perché, come diceva Ferrero, che ci conosceva tutti: “È dolce sentirsi chiamare per nome…”: Giorgia, Alice, Giorgio, Isabella, Andrea, Seba, Giulia, Elisa, Davide, Gabriele, Sofia, Sofia, Salvatore, Luci, Sara, Sara, Camilla, Erica, Ciro, Eser, Eliana, Martina, Federica,Alice, Filippo, Maria, Melissa, Paolo, Filippo, Ilaria, Paolo, Angela, Yuri, Giulia, Giovanni, Gloria, Marco, Fabiola, Clementina, Lucia, Marco, Michele, Sara, Giorgia, Eleonora, Sofia, S, Gaia, Ludovico, Silvia, Cristina, Letizia, Salvatore, Benedetta, Giorgia, Chiara, Camilla, Jack, Giulia, Elena, Andrea, Martina, Paola, Giulia,Valeria, Desirè, Alessandro, Cecilia, Lorena, Sofia, Stefano, Simone, Federico. Grazie a tutti voi! Paola Vivarelli 10 comunità e territorio FERROVIE Al via la procedura per il raddoppio Pistoia-Montecatini Arci. Anche qui verranno realizzati un sottovia carrabile e una nuova viabilità di collegamento, oltre ad un sottopasso pedonale. Nel comune di Montecatini è prevista la realizzazione del prolungamento del sottopasso della stazione centrale e interventi per l’abbattimento delle barriere architettoniche. «È questo il primo passo concreto - ha spiegato Vincenzo Ceccarelli per dare avvio al più complessivo progetto di raddoppio della linea tra Pistoia e Lucca. I lavori dovranno iniziare entro il 31 agosto del prossimo anno perché questo Vita La n. 32 21 Settembre 2014 rappresenta la condizione indispensabile per ottenere il finanziamento governativo di 220 milioni previsto dal decreto Sblocca Italia». «Questi interventi - ha sottolineato Orazio Iacono, direttore commerciale di Rfi - consentiranno di garantire ai pendolari un servizio di maggior qualità, migliorando l’accessibilità nella stazione di Montecatini ed elevando gli standard di regolarità sull’intera linea. Nello stesso tempo, iniziamo in modo concreto le prime attività funzionali al raddoppio del tracciato ferroviario». OCCUPAZIONE Bando della Fondazione Caript per borse lavoro L’iniziativa è rivolta a giovani di età compresa tra 18 e 29 anni. Previsti contributi per le aziende che assumono Vincenzo Ceccarelli I lavori del primo stralcio dovranno iniziare entro il 31 agosto del prossimo anno di Patrizio Ceccarelli V arato dalla Regione il decreto che segna la partenza del percorso, entro l’agosto 2015, per l’apertura da parte di Rete ferroviaria italiana (Rfi) del cantiere del primo stralcio di lavori che porteranno al raddoppio della linea ferroviaria Pistoia-Montecatini. L’assessore re- gionale alle infrastrutture, Vincenzo Ceccarelli, ha confermato a Rfi la piena disponibilità dei 35 milioni di euro necessari all’eliminazione dei passaggi a livello esistenti nel tratto di circa 14 chilometri tra Pistoia e Montecatini. Lo stralcio di cui è stato annunciato il via libera, oltre alla soppressione di 11 passaggi a livello, prevede interventi sulla viabilità, la deviazione del canale artificiale Nievolina nei comuni di Pieve a Nievole e di Montecatini e la realizzazione di casse di espansione sul torrente Stella e sul fosso Tazzera nel comune di Pistoia, oltre al miglioramento del servizio e dell’accessibilità per i viaggiatori nelle stazioni della linea Firenze-LuccaViareggio maggiormente frequentate. Nel dettaglio: nel comune di Pistoia verranno eliminati 7 passaggi a livello tra Barile e Spazzavento, realizzati 2 sottopassi pedonali e adeguata la viabilità locale anche attraverso la realizzazione di una rotatoria su via dei Vivai. Nel comune di Serravalle saranno 2 i passaggi a livello eliminati, entrambi situati in direzione Pistoia prima della stazione di Masotti. Sempre nella stessa zona verranno realizzati un sottovia carrabile e un percorso pedonale dal sottovia a via Simoncini, un intervento che permetterà la demolizione del cavalcaferrovia adiacente alla stazione. Altri 2 passaggi a livello saranno eliminati nel comune di Pieve a Nievole tra cui quello in prossimità del Circolo L a Fondazione Caript promuove il bando speciale «Borse Lavoro 2014», un’iniziativa finalizzata ad incentivare l’occupazione giovanile e riservata ai residenti nella provincia di Pistoia di età compresa tra 18 e 29 anni, inoccupati e che non abbiano avuto in precedenza alcuna stabile esperienza di lavoro. Il nuovo bando, infatti, mette a disposizione dei giovani una «dote» con la quale proporsi alle imprese: con uno stanziamento complessivo di 720.000 euro, il progetto permetterà di finanziare da un minimo di cento «borse lavoro», se tutte di durata annuale, fino a un massimo di duecento, se semestrali. I giovani che vorranno partecipare al bando avranno il compito di entrare in contatto con un’impresa interessata ad aderire al progetto. Le aziende che decideranno di assumere i giovani borsisti – per un minimo di 6 mesi fino al massimo di un anno – riceveranno un’erogazione lorda mensile pari a 600 euro da parte della Fondazione Caript, che si impegna così a ridurre i costi a carico delle aziende, rendendo meno oneroso il primo periodo di formazione e inserimento di una giovane risorsa. Il termine ultimo per la presentazione dei progetti è il 31 ottobre 2014. Investire sul capitale, accrescere il bagaglio di competenze dei giovani, formare nuovi professionisti nella prospettiva di un loro più stabile inserimento futuro nel mercato del lavoro, rispondere a concrete esigenze di sviluppo e rilancio delle attività produttive nel territorio sono le finalità dell’iniziativa. CARCERI TRENI Nuovi Vivalto in servizio sulla Detenuti impiegati nei lavori Firenze-Pistoia-Viareggio Entro dicembre 2014, con la consegna di altre 20 vetture, sarà completata di pubblica utilità la fornitura di 150 carrozze che AnsaldoBreda si aggiudicò nel 2009 A desso sono 130 le carrozze Vivalto a doppio piano della flotta toscana di Trenitalia. Due nuovi convogli da 6 carrozze e 722 posti, trainati da motrici elettriche E464, sono stati presentati pochi giorni fa a Firenze del presidente della Regione Enrico Rossi, dall’assessore regionale ai trasporti Vincenzo Ceccarelli, e dall’amministratore delegato di Trenitalia Vincenzo Soprano. Entro dicembre 2014, con la consegna di altre 20 vetture, sarà completata la fornitura di 150 carrozze che AnsaldoBreda si aggiudicò nel 2009. Salgono a 158 i collegamenti quotidiani con i nuovi Vivalto, il 40% delle corse regionali effettuate in Toscana. I nuovi treni viaggeranno sulle principali linee elettrificate, a partire dalla Viareggio-Lucca-Pistoia-Firenze, dove da lunedì le corse giornaliere coi nuovi Vivalto sono salite a 50; seguiranno la linea pisana, l’aretina e le due linee tirreniche. L’ammodernamento della flotta, ricorda Trenitalia, previsto dal contratto di servizio con la Regione, ha comportato un investimento totale, a carico di Trenitalia, di 150 milioni di euro in 6 anni per 150 carrozze Vivalto. «Se si considera - si legge in una nota - che, in parallelo alla consegna dei nuovi Vivalto, prosegue il programma di rinnovo “face lift” delle rimanenti vetture elettriche media distanza, dal prossimo anno circa l’85% dei passeggeri regionali della Toscana viaggerà su treni elettrici composti da vetture nuove o interamente rinnovate». E a proposito di treni, saranno controllati e sottoposti a restyling all’In- terporto della Toscana centrale, con sede a Prato, i 17 treni ad alta velocità “Fyra V250”, concepiti negli stabilimenti di Pistoia negli scorsi anni per percorrere il tragitto tra Amsterdam e Bruxelles. I treni necessitano di modifiche dopo essere stati al centro di una querelle industriale sul loro presunto malfunzionamento in condizioni di bassa temperatura atmosferica e sono ora destinati al mercato estero. È già arrivato il primo dei 17 convogli, gli altri giungeranno all’Interporto della Toscana centrale entro la fine dell’anno. La vicinanza con Pistoia e la dimensione del terminal della struttura pratese -spiega in una nota l’Interporto- hanno permesso di sfruttare a pieno una sinergia industriale che mette a sistema le potenzialità del territorio. I primi due hanno cominciato nei cantieri del Comune di Pistoia, grazie ad una convenzione firmata dal sindaco e dal direttore della casa circondariale pistoiese D ue detenuti della Casa circondariale Santa Caterina in Brana di Pistoia hanno iniziato a svolgere l’attività di pubblica utilità presso i cantieri comunali. L’iniziativa è stata resa possibile grazie ad una convenzione firmata nei mesi scorsi tra il sindaco Samuele Bertinelli e il direttore della Casa circondariale di Santa Caterina in Brana, Tazio Bianchi. Le prime due persone, individuate dal magistrato di sorveglianza, dal direttore e dall’equipe trattamentale del carcere sulla base della loro condotta durante il periodo di detenzione, stanno scontando la parte finale della pena e pertanto, come previsto dalla legge, possono svolgere attività fuori dalla struttura carceraria. I due detenuti hanno già lavorato durante il periodo di detenzione alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria e hanno seguito anche corsi di specializzazione. In Comune svolgono mansioni di pubblica utilità a favore della comunità locale svolgendo lo stesso orario degli operai comunali e cioè da lunedì a venerdì dalle 7 alle 13 per 25 giorni lavorativi. I detenuti sono stati inseriti nel gruppo dei colleghi del cantiere comunale con le stesse modalità organizzative. Una volta finito il turno di lavoro pranzano alla mensa comunale e poi rientrano nella Casa circondariale. I lavori che gli verranno via via affidati riguardano il taglio dell’erba e interventi di manutenzione negli edifici pubblici. Come previsto nella convenzione, riceveranno una retribuzione attraverso buoni lavoro in base all’impegno e al rispetto di quanto concordato nel provvedimento di ammissione al percorso. Vita La comunità e territorio n. 32 ARTE 21 Settembre 2014 «Andate e ritorni» D Al Polo Tecnologico di Quarrata la mostra antologica di Marcello Scuffi opo più di dieci anni Marcello Scuffi torna con i suoi quadri a Quarrata, nello spazio espositivo del Polo Tecnologico «Libero Grassi» in Piazza Agenore Fabbri. Per questa esposizione «piccola antologica», come l’ha definita lui stesso, Marcello Scuffi ha selezionato cinquanta opere che ripercorrono i temi e la cifra stilistica che hanno caratterizzato oltre quaranta anni di lavoro: il circo, il mare, il treno, le nature morte. La mostra antologica inaugurata giovedì scorso, alla presenza del Sindaco Marco Mazzanti, rimarrà aperta fino al 19 ottobre. «Tra i tesori della nostra città – commenta il Sindaco Marco Mazzanti – vi è senz’altro la creatività di Marcello Scuffi; per questo sono davvero orgoglioso di ospitare una sua antologica. Le sue opere sono presenti in prestigiose collezioni e sono apparse in numerose mostre collettive e personali, anche all’estero. Oggi Marcello torna nella sua città, non solo come quarratino ma anche e soprattutto come artista, e spero davvero che i suoi, i nostri, concittadini apprezzino questa opportunità». Marcello Scuffi è nato a Tizzana il 25 settembre 1948. Ha mostrato la sua passione per il disegno e la Un dentista con la passione per l’arte liutaia F pittura ancora giovanissimo. Autodidatta, dipinge con continuità dal 1970 e, dal 1973, si dedica esclusivamente alla pittura. Fin dall’inizio della sua attività artistica è apparso in varie collettive e in numerose personali. Nel 1977 e nel 1981 ha vissuto e dipinto a Bruxelles. Negli ultimi anni vive tra Quarrata e la Versilia. Le sue opere sono note ed apprezzate non solo in Italia, ma anche all’estero, in particolare in Francia, Belgio e Svizzera. La sua pittura ha suscitato, costantemente, l’attenzione di critici d’arte ed intellettuali che hanno spesso pubblicato saggi e studi su di essa. a l’odontoiatra il pistoiese Gabriele Natali, ma un’altra sua passione è quella per l’antica arte delle liuteria. Sposato con tre figli, da più di trent’anni Natali si dedica anche alla costruzione di viole, violoncelli, violini, specializzato nelle copie antichizzate. Un’arte coltivata nella pratica da parte sua fin dai tempi degli studi universitari, realizzando gli strumenti ancora oggi in casa, in locali che ricordano la tradizionale bottega dell’artigiano, avvalendosi di colla e vernice, legno pioppo, sgorbie e scalpelli oltre che di lime e pialle. La liuteria conta ormai tre secoli di vita, appassionando Natali dopo esser stato nella bottega del liutaio pistoiese Scartabelli. Oltre a quest’ultimo, gli altri suoi maestri sono stati Guido Maraviglia, pistoiese prestigioso che con la sua arte ha attraversato il Novecento e del quale è stata costituita un’apposita fondazione per valorizzarne l’opera e la memoria dell’artista, e Giuseppe Stefanini. Da lì la costruzione del primo violino per lui, un anno per realizzarlo e poi dopo un mese a malapena arriva l’acquirente. A Pistoia i liutai oggi sono in tre, oltre a lui Luigi Ercoli e Pietro Gargini entrambi suoi allievi. Vista la sua principale professione, Natali ancora oggi realizza gli strumenti nel fine settimana, anche di notte, ricevendo molte richieste da più parti del mondo. Un suo sogno nel cassetto è di aprire una bottega di liuteria nel centro storico di Pistoia, dove poter lavorare assieme ad altri liutai e promuovere così l’arte. Gli assoli di violino del musicista Daniel Stabrawa, in occasione dello Sheherezade di Korsakov nell’arena di Waldbuhne della periferia di Berlino, nel giugno 2006, vengono realizzati grazie ad uno strumento di Natali, così come suonano un Natali, tra gli altri, Aida Carmen Sonea prima viola solista e Peter Szabo primo violoncello del Budapest festival orchestra, Adrian Pinzaru primo violino del Delian Quartet, Stefano Pagliani concertista in varie orchestre, mentre dal 2003 gli assoli di violino al festival Pucciniano a Torre del Lago (LU) vengono eseguiti grazie ai violini di Natali e non è certo poco! Leonardo Soldati BCC VIGNOLE Un bilancio di coerenza U n milione di euro distribuito come banca del territorio. Si può sintetizzare così il bilancio sociale 2013 della Bcc di Vignole, presentato lo scorso 12 settembre presso l’Auditorium Marcello “Cesare” Fabbri e che da quest’anno ha assunto la nuova denominazione di bilancio di coerenza. “Se il bilancio civilistico approvato lo scorso dall’Assemblea dei soci non è che una rappresentazione essenzialmente numerica dell’esercizio commerciale – ha detto nel suo intervento il Presidente della Banca Giancarlo Gori – il bilancio di coerenza è invece un documento che va oltre i numeri e che punta a mettere in risalto quanto la banca ha fatto per i propri soci, le famiglie, le imprese e il territorio di riferimento.” Fra i dati presenti nel bilancio e che contraddistinguono la peculiarità della Bcc Vignole e Montagna Pistoiese c’è quello dell’utile che la banca avrebbe ottenuto se non avesse messo in campo agevolazioni per i soci e contributi a beneficio del territorio. In questo caso l’utile avrebbe superato i 2 milioni di euro con un incremento di 694 mila euro rispetto al dato dell’esercizio reale. Tuttavia sommando questo valore di minore utile di esercizio a quanto distribuito ed accantonato a favore dei soci si ottiene un importo che supera il milione di euro. “Sta tutto in questa cifra – ha precisato il Direttore Generale Elio Squillantini – il nostro modo differente di fare banca che testimonia la finalità sociale e mutualistica che ci contraddistingue e fa capire quanto sia importante la nostra presenza sul territorio.” Fra le altre attività la banca è molto presente nel campo della formazione; sono state ripetute infatti due importanti campagne rivolte alle famiglie socie della banca a sostegno del diritto allo studio e come premio ai meriti scolastici mentre per il quinto anno consecutivo in collaborazione con il Capitini di Agliana, è stato realizzato il corso di alta formazione “A scuola di di Banca” ossia un ciclo di incontri condotti da docenti della scuola e da personale qualificato della banca grazie al quale gli studenti hanno potuto approfondire argomenti di tipo economico-finanziario. Fra gli aiuti alle famiglie è stata confermata la campagna Bonus Bebè con l’erogazione di 500 euro e l’apertura di un libretto di risparmio per i nuovi nati, figli dei soci della banca. Da segnalare anche le varie sponsorizzazioni ed opere di beneficienza che la banca si è impegnata a realizzare sostenendo le varie associazioni che promuovono lo sport giovanile e la cultura oltre a tutto il mondo del volontariato e delle parrocchie. Edoardo Baroncelli MISERICORDIA DI AGLIANA L Corso di primo soccorso a Confraternita della Misericordia di Agliana, in collaborazione con l’amministrazione comunale, ha programmato un corso di primo soccorso rivolto ai componenti del consiglio comunale. I consiglieri di maggioranza e opposizione, negli incontri sia teorici che pratici tenuti dai formatori dell’Associazione, oltre ad approfondire le loro conoscenze sulla storia, gli scopi e la struttura giuridica della Misericordia, apprenderanno nozioni base di soccorso alla persona. L’intento della Misericordia di Agliana, grazie anche all’aiuto dell’amministrazione comunale, è quello di sensibilizzare sul tema i cittadini aglianesi, invitandoli a partecipare al corso di primo soccorso che inizierà il prossimo 23 settembre, alle ore 21.00, presso l’auditorium della sede sita in Piazzetta della Misericordia. Il corso, gratuito e rivolto a tutta la popo- lazione, mira a fornire nozioni di primo soccorso che possono facilmente essere messe in atto da chiunque e che possono rivelarsi utili nella vita quotidiana, a casa, a scuola, sui luoghi di lavoro o per strada. È possibile iscriversi al corso ritirando l’apposito modulo presso la sede della Misericordia. Per informazioni è possibile contattare la Confraternita chiamando il numero telefonico 0574–710225. M.B. 11 PRESIDENZA E DIREZIONE GENERALE Largo Treviso, 3 - Pistoia - Tel. 0573.3633 - [email protected] - [email protected] SEDE PISTOIA Corso S. Fedi, 25 - Tel 0573 974011 - [email protected] FILIALI CHIAZZANO Via Pratese, 471 (PT) - Tel 0573 93591 - [email protected] PISTOIA Via F. D. Guerrazzi, 9 - Tel 0573 3633 - [email protected] MONTALE Piazza Giovanni XXIII, 1 - (PT) - Tel 0573 557313 - [email protected] MONTEMURLO Via Montales, 511 (PO) - Tel 0574 680830 - [email protected] SPAZZAVENTO Via Provinciale Lucchese, 404 (PT) - Tel 0573 570053 - [email protected] LA COLONNA Via Amendola, 21 - Pieve a Nievole (PT) - Tel 0572 954610 - [email protected] PRATO Via Mozza sul Gorone 1/3 - Tel 0574 461798 - [email protected] S. AGOSTINO Via G. Galvani 9/C-D- (PT) - Tel. 0573 935295 - [email protected] CAMPI BISENZIO Via Petrarca, 48 - Tel. 055 890196 - [email protected] BOTTEGONE Via Magellano, 9 (PT) - Tel. 0573 947126 - [email protected] 12 comunità e territorio POZZO DI GIACOBBE PIAN DEGLI ONTANI Corsi di lingua italiana L’ associazione “Pozzo di Giacobbe” di Quarrata organizza dei corsi di lingua italiana destinata a giovani, donne e lavoratori extracomunitari regolarmente soggiornanti in Italia con posibilità di conseguire l’esame Cils (Certificazione di italiano come lingua straniera dell’Università per stranieri di Siena). Durata e periodo dei corsi: 120 ore da ottobre 2014 a maggio 2015 Sono previsti diversi livelli di corso Base, A1 e A2: la conoscenza dell’italiano viene valutata con un test all’inizio del corso. I corsi dono gratuiti. È rilasciato un attestato di frequenza per chi segue il 70% del corso. Le lezioni si svolgono presso sede in Via Fiume, 53 - Quarrrata) il martedì e il venerdì dalle 9.30 alle 11.30. Le iscrizioni a partire da lunedì 15 settembre. INFO E ISCRIZIONI: Associazione di Volontariato “Pozzo di Giacobbe” – onlus Via Fiume 53 – Quarrata (PT) Tel./fax 0573.739626 www.pozzodigiacobbe-onlus.it [email protected] Festa grande nel villaggio di Pino Intitolata una strada al fondatore, Pino Arpioni. Messa presieduta dal card. Antonelli. Fra i 40mila giovani che si sono avvicendati al “Cimone” anche Romano Prodi, Enrico Letta, Umberto Eco F a km zero. Presente anche la banda musicale della montagna Pistoiese. Nei locali del Centro studi intitolato a Beatrice, la poetessa pastora nata a vissuta in Pian degli Ontani, è stato possibile visitare una mostra con pannelli che ricordano i primi 60 anni del Villaggio Cimone ma anche i 90 anni che avrebbe avuto Pino Arpioni e su cui ha da poco pubblicato un volume il giornalista toscano Claudio Turrini. Fortemente provato dalla dura esperienza bellica e al ritorno dalla Germania dov’era stato prigioniero, Arpioni, allora giovanissimo esponente dell’Azione Cattolica, decise di dedicare la sua vita all’educazione dei giovani, che aveva visto così facile preda degli indottrinamenti ideologici e del fanatismo politico. Già nel 1946 iniziò a organizzare campi-scuola sulla montagna pistoiese. Ma fu nel 1954 che riuscirà, in Pian degli Ontani, a concretizzare il progetto di un villaggio montano: 5 casette prefabbricate che in seguito presero il nome dai monti circostanti (Selletta, Campolino, Libro Aperto, Doganaccia, Gomito). Da qui, nel corso dei decenni, sono transitate, per le attività esta grande a Pian degli Ontani (Cutigliano), per i primi 60 anni del “Villaggio Cimone”: il 14 settembre, l’Opera fondata da Pino Arpioni e intitolata a Giorgio La Pira si è ritrovata attorno a quelle casette nel bosco dove, dall’estate 1954 a oggi sono transitati non meno di 40mila giovani impegnati in attività educative. Su iniziativa della stessa “Opera”, presieduta da Gabriele Pecchioli, e del Comune con il sindaco Tommaso Braccesi, il programma ha previsto una celebrazione eucaristica alle 11:30, all’interno del Villaggio, presieduta dal cardinale emerito di Firenze Ennio Antonelli. Nel pomeriggio c’è stato un incontro pubblico per rievocare i 60 anni di attività e, in particolare, la figura di Giuseppe Arpioni conosciuto da tutti come “Pino”. E’ stata infine intitolata, a questa importante figura del laicato cattolico una strada nel tratto che conduce al villaggio. Altri due i momenti della giornata: un incontro fra gli educatori dell’Opera e, in collaborazione con Slow Food Alto Reno e montagna pistoiese, un pranzo buffet offerto ai presenti con prodotti V La ita n. 32 21 Settembre 2014 MACCHIA ANTONINI sia estive che invernali, decine di migliaia di giovani da tutta la Toscana e, in sinergia con l’Azione Cattolica, da molte parti d’Italia. Diverse anche le presenze “istituzionali”: iniziando con un giovanissimo Romano Prodi che giunse al Villaggio, da Reggio Emilia, proprio nel luglio 1954 in sella a una bicicletta. Qualche anno dopo iniziò a frequentare il Villaggio il giovane Enrico Letta. Prima ancora, i registri segnalano dirigenti centrali di AC del calibro di Emanuele Milano e Umberto Eco. Molto stretto, in 60 anni, il rapporto tra il Villaggio e la popolazione residente in Pian degli Ontani: nel giugno 2001 il Comune di Cutigliano consegnò la cittadinanza onoraria a Pino Arpioni. Migliaia le persone che, negli inverni trascorsi nel Villaggio, hanno imparato a sciare: prima sulle piste di Piandinovello e poi in quelle di Abetone. Oggi, completamente ammodernato, il Villaggio viene soprattutto utilizzato dall’Opera nel periodo invernale con una attività di preparazione per chi, nella estate successiva, sarà impegnato come educatore nei campi scuola. M.B. Ricordo di due martiri D omenica 21 settembre 2014 alle ore 16 l’Istituto storico della resistenza e della società contemporanea di Pistoia ricorderà nel magico scenario della Macchia degli Antonini il martirio di Luisa Biagi e Giulia Giovannini, barbaramente trucidate dalle truppe nazifasciste. Al cippo che ricorda il martirio delle due giovani, una ragazza del luogo, deporrà una corona di fiori. Le due giovani di Calamecca furono prelevate nel loro paese dalle truppe tedesche e trasportate alla Macchia degli Antonini dove era di sede il comando germanico. Le ragazze subirono torture di ogni genere, stuprate e maltrattate per circa una settimana, poi furono fucilate. I loro corpi furono lasciati per strada insepolti e dopo un po’ di tempo furono gettati su una montagna di letame. Roberto Barontini, presidente dell’Istituto, ricorderà le sfortunate ragazze. Saranno presenti il sindaco di Piteglio Luca Marmo, alcuni componenti della giunta, il gruppo alpino di Casa di Monte e rappresentanti della fanfara dei Bersaglieri di Pistoia. Inoltre terranno orazioni Michela Innocenti e vari politici della Provincia. Il maestro Roberto Benelli suonerà più volte, durante la cerimonia, il silenzio fuori ordinanza. Sulla targa che ricorda le ragazze fucilate sono state impresse le seguenti parole: “La pace e la serenità di questo luogo si persero nel settembre 1944 con le grida di dolore e di disperazione di Luisa Biagi e Giulia Giovannini, barbaramente trucidate ed abbandonate insepolte dalla ferocia dei nazifascisti. La gioia dell’oggi non oscuri mai il ricordo di tanto dolore.” Giorgio Ducceschi spor t pistoiese AGILITY DOG Giacomo e Eolo, bronzo mondiale U n cane e un uomo. Questa è la storia di Giacomo Biancalani (nella foto con Eolo), 37enne addestratore pistoiese, e del suo adorato cane Eolo, un meticcio di 7 anni adottato ad appena 2 mesi in Campania. I due sono due protagonisti dello sport: hanno vinto, infatti, la medaglia di bronzo al “XV International Mix Bride Championship Agility”, il campionato del mondo di agility dog per tutti i cani svoltosi in Italia, a Voghera. È il loro miglior risultato di sempre ottenuto in questa disciplina, uno sport cinofilo che consiste in un percorso a ostacoli (di solito dai 15 ai 20), ispirato a quello ippico, che il cane deve affrontare nell’ordine previsto, possibilmente senza ricevere penalità e nel minor tempo possibile. “Tutto è nato quasi per scherzo, per gioco -spiega Giacomo-, ma col trascorrere del tempo mi sono accorto delle qualità del mio cane e così è iniziata l’avventura. Negli ultimi 5 anni Eolo è stato sempre convocato dalla Nazionale azzurra, che ha preso parte ai vari Campionati del Mondo disputatisi in Svizzera, Olanda, Belgio, Ungheria e appunto in Italia. Nelle due prove, come da regolamento, siamo riusciti a conquistare un brillante terzo posto complessivo e a ottenere la medaglia di bronzo, un eccellente esito considerato che il commissario tecnico della Nazionale italiana assembla la compagine con soli meticci, che poi gareggiano contro cani di razza scelti apposta per praticare questo sport”. E così nella Pistoia che ha carenza d’impianti, ma non di talenti, i due si stanno affermando. Un risultato il loro che potrebbe invogliare tanti altri, giovani e meno giovani, che si divertono con i loro amici a quattro zampe. “Per chi desiderasse provare questa disciplina -sostiene Giacomo-, sono a completa disposizione alla Scuola Pistoiese Addestramento Cani (Spac), in località Montechiaro a Serravalle Pistoiese. Ci si può presentare con il proprio cane, non importa se di razza o meticcio, e tanta voglia di divertirsi”. Piccoli campioni crescono. Gianluca Barni Calcio - Basket Tempi Supplementari C di Enzo Cabella on lo spezzatino di partite che la Lega ha deciso per udufruire i diritti televisivi, non conosciamo _ al momento in cui scriviamo queste note _ il risultato di Reggiana-Pistoiese (giocata mercoledì in notturna) e, di conseguenza, quale è la posizione in classifica della squadra arancione. Possiamo, allora, fare un passo indietro e soffermarsi sulla brillante vittoria contro la Pro Piacenza, che ha proiettato la Pistoiese nella parte alta della media classifica. La performance dev’essere sottolineata non solo perché ha superato una squadra di assoluto rilievo ma anche perché gli arancioni sono scesi in campo privi di tre titolari. Lo spirito di gruppo e di sacrificio, il carattere, la determinazione e la voglia di vincere hanno avuto la meglio sull’emergenza e la forza dell’avversario. Onore, quindi, agli arancioni e al loro condottiero Lucarelli, che ha avuto la geniale intuizione di far giocare un difensore (Golubovic) in mediana, col risultato che il ragazzo serbo ha offerto un’ottima prestazione, risultando alla fine il migliore in campo. Il recupero degli squalificati Calvano e Mungo, quello degli infortunati Falzerano e Celiento e quello di Piscitella e Coulibaly, che non sono ancora fisicamente al meglio della condizione fisica, non potrà che migliorare l’organico e creare le condizioni per disputare un campionato non nell’anonimato. Il Pistoia Basket continua la preparazione precampionato. Naturalmente sta giocando le prime amichevoli per migliorare la condizione e soprattutto per trovare l’unità del gruppo e diventare squadra. L’ultima amichevole l’ha vista contro Brescia e Torino, che non fa mistero di puntare deciso alla promozione. I biancorossi di coach Moretti hanno battuto Brescia e sono stati sconfitti in finale proprio dalla formazione piemontese. A nostro avviso sono venute un po’ meno le seconde linee, ma non c’è da preoccuparsi. Semmai, ha sorpreso la rabbia di Moretti, che in genere riesce a controllarsi. Questa fase di stagione è di preparazione al campionato e non ci pare sia il caso di prendersela con gli arbitri. Soltanto il campionato potrà valutare la forza della squadra e quindi i giudizi di adesso ci sembrano del tutto fuori luogo. Anche lo scorso anno gli inizi di campionato non furono agevoli e anzi le preoccupazioni aumentavano di giorno in giorno. Poi la squadra imboccò la strada giusta, cominciò a vincere, arrivando addirittura a giocarsi i playoff. Calma e gesso, quindi. Vita La n. 32 NAUFRAGI NEL MEDITERRANEO 21 Settembre 2014 Settecento immigrati morti in pochi giorni: guai a farci l’abitudine È una tragedia senza fine che assume i contorni inquietanti di un omicidio di massa. Una tragedia che prosegue nella quasi totale indifferenza dell’opinione pubblica italiana ed europea: 200 migranti dispersi per il naufragio di un barcone al largo della costa libica, altri 500 annegati a 300 miglia dalle coste di Malta la scorsa settimana, a causa dello speronamento da parte di un’altra imbarcazione di trafficanti, per punirli di una ribellione. Le cause del naufragio della scorsa settimana, sul quale sta investigando la polizia, sono state riferite dagli unici due superstiti, due ragazzi palestinesi, salvati da un mercantile panamense. Racconti strazianti: i due sono rimasti a galla grazie a mezzi di fortuna e hanno visto annegare gli altri -molte donne e famiglie con minori da Siria, Palestina, Egitto, Sudan- che non hanno retto alla fatica. Tra questi, un bambino egiziano partito per cercare di inviare a casa i soldi per pagare le cure al padre, gravemente malato di cuore. Sarebbero quindi più di 700 morti in pochi giorni, che si aggiungono ai 20.481 documentati dal blog Fortress Europe dal 1988 P iove sul mondo agricolo italiano, e non solo in senso meteorologico. Il cielo della nostra agricoltura è affollato da troppe nubi minacciose; quelle vere, che hanno funestato quest’estate soprattutto nel Nord Italia, hanno aggiunto il loro carico da undici su una crisi di settore per la quale si fatica a trovare soluzioni. Ha piovuto molto, troppo, in buona parte del Nord. Le eccessive precipitazioni, accompagnate da temperature primaverili in pieno luglio, hanno decimato le produzioni e costretto gli agricoltori a spese ulteriori (e spesso inutili) per salvare i raccolti. Il caso dell’uva è emblematico, anche perché la viticoltura è un fiore all’occhiello della nostra economia. Le piogge hanno costretto a ricorrere a trattamenti chimici per preservare l’uva, trattamenti che venivano dilavati poche ore dopo da altre piogge. Che a loro volta creavano muffe o danni agli acini. Fatto sta che i migliori produttori vinicoli stanno rinunciando a vinificare certi vini al top della qualità, che appunto abbisognano di uve nelle migliori condizioni: vedi certi forfait a produrre il pregiato Amarone nel Veronese. Un danno economico da milioni di euro. La frutticoltura, poi… Frutta danneggiata o insapore, consumi – già in crisi di per sé – in picchiata: se fa freddo, è difficile acquistare angurie, meloni, pesche. Prezzi Francesco Montenegro, presidente della Commissione episcopale per le migrazioni: “Qui ci vuole un’organizzazione diversa, scelte politiche diverse, una Europa diversa. Non bastano solo le navi che pattugliano. Frontex plus avrà o no il ruolo di salvare vite umane? E se non lo avrà, cosa succederà? Guarderà e filmerà?” di Patrizia Caiffa ad oggi. Ne abbiamo parlato con l’arcivescovo di Agrigento monsignor Francesco Montenegro, noto oramai come “vescovo di Lampedusa”, che ha accolto ad Augusta (Siracusa) i vescovi che fanno parte della Cemi (Commissione episcopale per le migrazioni) di cui è presidente. Insieme a tutti i parroci di Augusta -il porto dove confluiscono la maggior parte delle navi cariche dei migranti salvati- hanno parlato, pregato e visitato il centro di accoglienza. “E’ stata l’occasione di fare vedere ai vescovi cosa sta accadendo - spiega -. Una cosa è guardare alla tv le notizie, altra è stare sul posto. Si aprono gli occhi diversamente”. Si parla tanto di Frontex plus, il dibattito è aperto ma nel Mediterraneo la gente continua a morire. Negli anni le politiche sono migliorate? “Per niente. È vero, continuiamo a salvarli, nonostante qualcuno a nord sia contrario. Ogni vita umana è preziosa, però continuiamo ogni giorno a sentire notizie che ti fanno rabbrividire. Non si può più affrontare il fenomeno in questo modo. Non basta dire: ‘venite, vi facciamo posare i piedi sulla terra italiana’. Qui ci vuole una organizzazione diversa, scelte politiche diverse, una Europa diversa. Non bastano solo le navi che ECONOMIA Agricoltura col fiato corto La pioggia non risparmia la vendemmia: è il colpo di grazia di Nicola Salvagnin pertanto in caduta libera, con gli agricoltori che faticano a coprire i costi. Se non li coprono, la frutta rimane sull’albero o a terra. Ci si è messo infine Putin ad ingarbugliare una situazione già difficile, con il pretestuoso blocco delle importazioni di frutta (ritorsione contro le nostre minacciate sanzioni pro-Ucraina) che hanno fermato alla frontiera non solo i nostri tir carichi di pesche, ma pure quelli polacchi strapieni di mele. Tutta frutta tornata indietro ad intasare vieppiù un mercato i cui prezzi già erano in caduta libera: un grosso esportatore del Nordest ha tenuto diversi camion frigoriferi a girare attorno alla frontiera russa per alcuni giorni, nella speranza che qualcosa si sbloccasse, e per le pressioni di chi temeva il ritorno di quei prodotti nel nostro mercato… Aggiungiamoci una concorrenza che mai come quest’anno è stata devastante: le arance e le pesche spagnole arrivano a prezzi concor- renziali, le ciliegie e le albicocche turche non hanno avuto rivali, e così via. Chiudiamo con una grande distribuzione che detta legge unilateralmente ormai da anni: il prezzo lo fa chi acquista, e sono prezzi veramente miseri, soprattutto se confrontati con quelli che i consumatori si ritrovano dentro i supermercati: normalmente, il quadruplo. Rimedi? Ce ne sarebbero, in teoria. È assodato che il piccolo coltivatore, ma pure la piccola organizzazione di produttori hanno ormai il fiato corto. Ci vogliono spalle larghe, capacità di fare massa critica, di seguire le richieste del mercato (non solo quello nazionale), di innovare perché anche le campagne devono stare al passo con i tempi. Tra l’altro, prima o poi bisognerà affrontare il tema degli Ogm senza isterie e pregiudizi. E sfatiamo il mito delle produzioni doc, delle nicchie di estrema qualità, dell’autoctono da tutelare e valorizzare: tutte ottime cose, per carità; tutte eccellenze che non devono però far dimenticare di essere appunto nicchie, piccole cose dietro le quali ci stanno allevamenti assediati dalla carne tedesca o polacca; olio i cui costi sono il doppio degli altri olii mediterranei; campi di mais in concorrenza con quello Ogm americano; piantagioni di pomodori che devono da una parte dare reddito a chi le segue, dall’altra affrontare la spietata concorrenza cinese di salse che costano meno della metà delle nostre. Ci sarebbe tutto il discorso della salubrità e della qualità, ma le statistiche dicono che ai consumatori d’oggi interessano relativamente: il prezzo prima di tutto. A ben vedere, l’agricoltura italiana soffre degli stessi problemi che attanagliano il resto dell’economia: tanti piccoli produttori magari di grande qualità, ma incapaci di conquistare il mondo, e di non farsi sopraffare da esso. Il mondo cambia: cambiamo prima che ci cambi lui. dall’Italia 13 pattugliano. Frontex plus avrà o no il ruolo di salvare vite umane? E se non lo avrà, cosa succederà? Guarderà e filmerà? Non credo. Non si tratta di avere documentazioni sui morti ma di fare in modo che la gente non muoia. Oramai è la politica a dover giocare tutto, altrimenti continueremo solo a fare statistiche. E con i poveri le statistiche non giovano, perché dietro ci sono storie, volti”. È che sull’immigrazione c’è tanta demagogia e poca lungimiranza… “L’Europa non ha ancora messo al centro l’uomo e ragiona solo in termini di economia. Ecco perché queste vite, che hanno un colore della pelle diverso, non interessano. Tutti ci appelliamo ai diritti umani e ai documenti che li tutelano ma solo per fare le tavole rotonde. In realtà la vita degli uomini conta poco”. Come è la situazione in Sicilia? Si riesce ad accogliere questi grandi numeri? “Oramai la situazione in Sicilia è al collasso. A Porto Empedocle ne sono arrivati altri 400 ma non sanno dove metterli. I numeri sono grossi ma le disponibilità poche. I nostri centri sono tutti operativi al massimo. L’atteggiamento della chiesa è cambiato parecchio in questi anni. Prima c’era una vicinanza lontana. Ora siamo tutti impegnati in prima persona. La solidarietà si sta esprimendo nelle maniere più belle. Nelle parrocchie c’è un coinvolgimento più vero”. Cosa ha insegnato alla Chiesa siciliana questa tragedia? “Una tragedia non fa mai bene, ma ci ha permesso di aprire gli occhi. Ci ha fatto dire che quello che avviene nel Mediterraneo è oramai un problema di tutti. Noi siamo riusciti ad aprire gli occhi. Altri, un po’ più a nord, non credo abbiano voglia di farlo”. C’è chi obietta che la chiesa dovrebbe pensare prima agli italiani in difficoltà… “Non credo ci sia da obiettare. Noi viviamo semplicemente quello che il Vangelo ci dice. Il cristiano deve essere coerente con quella parola che ha accettato. Se qualcuno non la accetta, mi dispiace per lui”. Sembra che per l’opinione pubblica questi morti non facciano più scandalo… “Purtroppo ci si abitua subito. Quando qualcosa non ci piace si cambia canale. E la povertà non piace a nessuno. Però credo ci sia una sensibilità diversa. Il grido del papa a Lampedusa ha significato qualcosa a tutti i livelli. Lampedusa non è solo il luogo degli sbarchi ma anche il luogo della speranza”. Quale nuovo appello alla politica si sente di fare, oggi? “Mi piacerebbe che in un mondo di globalizzazione in cui è possibile spostare da una parte all’altra le merci e il denaro, vi siano inclusi anche gli uomini. Non si possono alzare i muri, nessuno può fermare la storia. Chi ha impegni politici deve rendersi conto che è un momento importante e decisivo in cui la storia cambia. Perché quando ci sono popoli che si muovono la storia è sempre cambiata”. 14 dall’italia COMUNICAZIONE IN PANNE Vita La n. 32 21 Settembre 2014 Grandi attese per la scuola Se i terroristi dettano la scaletta dei telegiornali L di Alberto Campoleoni I l terrorismo riesce, purtroppo, ad usare i mezzi di informazione televisiva meglio dei giornalisti e dei producer dell’industria dell’entertainment. La torta macabra con i due grattacieli di pandispagna e cioccolato trafitti da due aeromodellini di plastica (un’immagine postata sui social da alcuni irresponsabili) è la rappresentazione simbolica del punto più basso raggiunto dall’informazione mondiale. Mentre in Italia i giornali si riempiono di stanche cronache sulla ripresa autunnale dei talk show e i sindacati dei giornalisti tv italiani sembrano più preoccupati degli aspetti contrattuali che della sostanza, l’informazione giornalistica per il piccolo schermo è stata completamente rivoluzionata dalla nuova strategia della comunicazione dell’orrore elaborata e prodotta dal terrorismo internazionale. Tutto è cominciato con il crollo delle Torri gemelle. Si tratta di una strategia comunicativa che era stata percepita abbastanza chiaramente fin dall’inizio ma che, ancora oggi, non viene studiata in nessuna università del mondo. Quando l’11 settembre del 2001, con un tempismo televisivo perfetto, Al Qaeda fece schiantare il secondo aereo sulla torre del World Trade Center ancora intatta, tutto il mondo era già incollato davanti allo schermo del proprio televisore. Una capacità di regia televisiva ineguagliata nella storia del piccolo schermo. La comunicazione televisiva in quel giorno cambiò per sempre ma la complessa macchina dell’informazione non lo ha ancora capito. I broadcaster continuano a discutere senza fine dei compensi milionari delle star delle news. Il pubblico a casa, invece, rimane affascinato dalle sequenze girate con P er l’Europa siamo diventati più ricchi. Ma noi non ce ne siamo accorti. Su indicazioni dell’istituto di statistica europeo, Eurostat, l’Istat ha iniziato a riconteggiare le stime del Pil. Arrivano i primi risultati. Con le nuove stime nel 2011 il nostro prodotto interno è cresciuto del 3,7%. Hanno contribuito ad arricchirlo: il traffico della droga, la prostituzione, il contrabbando e l’economia sommersa. Ora sappiamo che in Italia il traffico di droga pesa 10,5 miliardi, la prostituzione 3,5 miliardi, l’economia sommersa, ricalcolata, tocca i 187 miliardi. Era davvero necessario questo restyling del Pil che introduce pratiche illegali, e in alcuni casi criminali, nel conto? Molto probabilmente si alimenterà ancora più confusione intorno allo strumento del prodotto interno, stavolta veramente “lordo”. Ma le conseguenze non si limitano al piano etico. In primo luogo si creano delle “distorsioni economiche”, come Il pubblico televisivo rimane affascinato dalle sequenze girate, con i telefonini, da ragazzini poco più che analfabeti nei deserti più lontani del mondo. Come le immagini oscene del linciaggio di Gheddafi o come i terribili video delle decapitazioni selvagge messe in scena dall’Isis di Rino Farda i telefonini, da ragazzini poco più che analfabeti nei deserti più lontani del mondo. Come le immagini oscene del linciaggio di Gheddafi o, oggi, come i terribili video delle decapitazioni selvagge messe in scena dall’Isis. In Italia, purtroppo, manca la percezione del cambiamento. Per questi motivi fa riflettere il livello decisamente basso del dibattito italiano sui destini del giornalismo televisivo. I compensi di Giannini a Ballarò, per esempio, hanno scatenato gli appetiti del sindacato dei giornalisti della Rai. Protestano perché la Rai ha scelto ancora una volta un esterno e, soprattutto, perché lo paga meglio di qualsiasi giornalista di Saxa Rubra. A Mediaset, invece, i giornalisti tv protestano perché non vogliono assecondare le ristrutturazioni redazionali interne al Tg5 o al TgCom. Ci si mettono anche i giornalisti del Tg3 che hanno scritto una lettera di fuoco per protestare contro la razionalizzazione del sistema giornalistico della tv di Stato. Un dibattito che sembra “preistoria” rispetto alle nuove derive del giornalismo in tv. Mentre si litiga per stipendi e privilegi, infatti, le headlines dei telegiornali in tutto il mondo vengono decise a migliaia di chilometri di distanza da un manipolo di terroristi senza scrupoli e affamati di sangue. Nella nuova rivoluzione dell’informazione, rimane da dire, la tecnologia c’entra poco. In questo momento infatti, i danni maggiori vengono dalla lente appannata di una categoria professionale, quella dei giornalisti tv, che non riesce ad intercettare il cambiamento in corso. SOCIETà Il Pil in maschera Interrogativi sul ricalcolo comprensivo di attività illegali di Andrea Casavecchia sottolineano alcuni economisti. Perché, spiega Marcello Esposito su “lavoce.info”, il Pil è utile per offrire agli investitori un’indicazione circa la “base imponibile”, cioè quanto un Paese può (potrebbe) aumentare le tasse per rientrare dai debiti contratti. Invece molte voci del nuovo calcolo sfuggono alle “autorità fiscali” di un Paese, a meno di non volerle legalizzare. In secondo luogo si pongono problemi di validità delle stime. La maggioranza delle attività sono considerate reato in molti Paesi dell’Unione, quindi risulta assai difficile che si trovi qualcuno disposto a dichiarare i gli introiti derivanti dalla vendita di droga o dalla prostituzione ad esempio. Immaginiamo le prove svolte dai poveri statistici, inviati ai crocicchi delle strade per comporre il campione sul quale calcolare le stime degli affari contratti. In terzo luogo si tocca la dimensione etica: intanto il rispetto del principio di uguaglianza delle opportunità nel libero mercato, perché quelli che si muovono nell’illecito introducono pratiche di concorrenza sleale. Poi, e più importante, c’è la visione di uomo e di donna che quelle pratiche suppongono, contraria alla dignità della persona, alla difesa della vita, alla promozione del bene comune. Il Pil da strumento contabile per valutare le risorse di un Paese, per questo era stato ideato nel 1939 da Simon Kuznets, è diventato un valore assoluto per la difesa dell’Austerity europea degli anni 2000. Al suo cospetto la politica per lo sviluppo di una nazione deve piegare il capo. Siamo così arrivati al paradosso di falsare lo strumento per poter rialzare la testa. Ma quali effetti comporterà il trucco? Quale credibilità avrà un’Unione europea sempre meno soggetto politico vicino ai cittadini e sempre più un’istituzione burocratica e finanziaria? A fondamento della falsificazione del Pil c’è un’idea di economia malata. Come leggiamo nell’Evangelii Gaudium al n. 203: “La dignità di ogni persona umana e il bene comune sono questioni che dovrebbero strutturare tutta la politica economica, ma a volte sembrano appendici aggiunte dall’esterno per completare un discorso politico senza prospettive su programmi di vero sviluppo integrale”. a prima campanella è suonata e le aule degli istituti scolastici hanno ricominciato a riempirsi. Non tutto funziona ancora a regime, ma l’anno scolastico è partito. E’ partito in un contesto di attese forti. A cominciare da quelle legate allo scenario istituzionale, quello di un sistema scuola che promette di cambiare nel giro di breve. La riforma della scuola è stata infatti annunciata e fa già discutere nei suoi aspetti “tecnici”, a proposito della reale possibilità di migliorare la “macchina”, soprattutto per quanto riguarda la questione insegnanti, con le nuove assunzioni e via di seguito. Si tratta di temi importanti, anche se il “cuore” della questione scuola sta altrove e in particolare nel rilancio della cura educativa, cioè dell’attenzione fattiva alla promozione “di umanità”. In questa direzione va comunque registrata una crescita di attenzione. La scuola “al primo posto”, la scuola “decisiva” per il Paese: parole e promesse tutte da verificare, ma intanto qualche riflettore in più si è acceso. Attese, dunque. Comprese quelle più “private” - ma in realtà non lo sono - di chi la scuola la vive in prima persona: i ragazzi, a cominciare dai più piccoli. Per loro si tratta di cominciare - per qualcuno è la prima volta, per altri quasi una consuetudine - un’avventura vera e propria. Si tratta di affrontare un ambiente allargato rispetto a quello della propria famiglia, di misurarsi con i coetanei e con adulti significativi. Anche con se stessi, messi alla prova, in un’arena meno protetta di quella solo familiare, nelle proprie capacità, comprese quelle relazionali. Per alcuni in realtà - anche questo è un fatto da considerare - avviene invece il contrario: si trovano finalmente in un ambiente “protetto”, giacché alcuni contesti nei quali si trovano a vivere, anche i più piccoli, non lo sono affatto. E la scuola molte volte può diventare per quanti si confrontano con condizioni familiari e sociali degradate e disagiate un vero presidio, una tutela, un abbraccio accogliente. Le attese sono anche quelle dei genitori. che un curioso sondaggio britannico ci mostra in buona parte “piangenti” di fronte al piccolo che lascia il nido familiare per “emanciparsi”. Al di là dell’immagine colorita, fa pensare come talvolta nelle famiglie la conquista di autonomia da parte dei più piccoli (e degli stessi adulti) non sia affatto cosa facile e come la scuola possa diventare un aiuto importante: per gli alunni e i genitori stessi. Nella nostra società talvolta i figli sono considerati un “possedimento” prezioso di mamma e papà. La scuola, invece, li consegna alla società, di fatto segna una strada nuova, apre destini e orizzonti. Orizzonti sui quali vale la pena di soffermarsi: dove va la strada della scuola, dove porta? Papa Francesco, recentemente, indicava come obiettivo del percorso scolastico la “magnanimità”, la grandezza di mente, di spirito e di cuore. Tre dimensioni che compongo l’umano tutto intero. E la scuola porta qui, all’uomo tutto intero, che si sviluppa appieno, diventa grande. Gli alunni imparano, sviluppano “competenze”, anche le più diversificate, ma soprattutto diventano uomini. Ecco di nuovo il “cuore” della scuola, ecco l’attesa più importante. Vita La Mentre si aggrava la crisi nel nord della Nigeria, crescono le implicazioni per il vicino Camerun. Sono 25mila gli sfollati ospitati nella diocesi di MarouaMokolo dove, nell’aprile scorso, furono rapiti i sacerdoti vicentini. Molti missionari sono dovuti partire, ma la Chiesa resta viva n. 32 TESTIMONIANZA DAL CAMERUN 21 Settembre 2014 “Per i musulmani Boko Haram non rappresenta l’Islam’’ ai rapimenti ci sono anche altre ragioni: penso al bisogno di sfidare l’Occidente, di guadagnare l’attenzione mediatica internazionale e, anche, di reperire risorse”. Per sconfiggere Boko Haram è sufficiente l’intervento armato? “La questione va affrontata da un punto di vista regionale e internazionale. Ad agosto si è tenuto a Parigi un summit che andava proprio in questa direzione e che ha riunito i leader di Camerun, Ciad, Nigeria e Niger. Il presidente del Camerun ha fatto visita anche negli Stati Uniti. Si sta andando in questa direzione”. di Michele Luppi L a preoccupazione per l’aggravarsi della crisi nel nord della Nigeria e per le conseguenze che sta avendo sull’intera regione, è stata espressa dai vescovi camerunesi durante la recente visita “ad limina” in Vaticano. “Abbiamo chiesto al Papa cosa può fare la Chiesa in un contesto come il nostro e il Santo Padre ci ha invitato alla preghiera e al dialogo”, racconta al Sir monsignor Bruno Ateba Edo, vescovo di Maroua-Mokolo, la diocesi del nord del Camerun dove, nel mese di aprile, sono stati rapiti (e poi rilasciati) i sacerdoti vicentini Giampaolo Marta e Gianantonio Allegri, insieme con la suora canadese, Gilberte Bussier. Una sorte che era toccata, in precedenza, anche al missionario francesce Georges Vandenbeusch e, successivamente, a un gruppo di operai cinesi, ancora nelle mani di Boko Haram. Ma, oltre al pericolo dei rapimenti, la Chiesa locale è chiamata a confrontarsi con il crescente flusso di profughi in fuga dai combattimenti che stanno L’ obiettivo fondamentale della seconda edizione delle Giornate sociali cattoliche per l’Europa, che si terranno a Madrid dal 18 al 21 settembre, è di riflettere sul futuro dell’Europa, come il titolo dell’incontro suggerisce, nell’ottica della nostra fede cristiana. Attraverso il prisma della dottrina sociale della Chiesa, i cristiani cercano una comprensione più profonda della crisi socioeconomica che continua a colpire il nostro continente e vogliono approfondire insieme, come Chiesa che è una vera famiglia, il cammino verso una società plasmata da valori autentici. Il continente europeo sta vivendo un momento difficile a tanti livelli. La crisi attuale chiama in causa i singoli cittadini, le nostre famiglie, i governi e – per quanto riguarda specificamente l’Unione europea - le istituzioni dell’Ue. Siamo preoccupati perché la dall’estero agitando lo stato nigeriano del Borno, dove è stato proclamato il califfato. Mons.Ateba Edo, vescovo di Maroua-Mokolo dall’aprile scorso, ha approfittato del suo viaggio in Italia per incontrare gli uffici missionari delle diocesi di Como,Vicenza e Milano che, fino a pochi mesi fa, erano presenti in Camerun con i proprio missionari; religiosi rientrati in Italia a causa del deterioramento delle condizioni di sicurezza. Com’è oggi la situazione in diocesi? “Il governo del Camerun ha rafforzato la presenza lungo il confine con la Nigeria dove la setta ha attaccato alcuni villaggi. La situazione sembra migliorata, ma attualmente stiamo accogliendo molti rifugiati entrati in Camerun per sfuggire agli attacchi. Tra loro ci sono anche numerosi militari costretti alla fuga dai miliziani”. Secondo le autorità locali sono oltre 25mila i profughi nel territorio della vostra diocesi. Cosa si sta facendo per loro? “Le organizzazioni umanitarie stanno lavorando e anche la Chiesa cerca di fare quello che può, anche se le risorse a disposizione sono limitate. Ci sono profughi che sono accolti nelle scuole, altri nelle parrocchie. Tra loro anche molti musulmani. La concentrazione maggiore è nei villaggi verso la Nigeria ma l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha attrezzato dei campi verso l’interno, in modo da alleggerire la pressione nei villaggi di confine”. Come avete vissuto il rapimento dei missionari? “É stato uno choc per tutti noi! Fin dal primo momento tutta la Chiesa del Camerun, non solo la nostra diocesi, si è raccolta in preghiera per chiedere la loro liberazione. Ma abbiamo pregato e continuiamo a pregare anche per Boko Haram perché il Signore converta i loro cuori”. Crede vi sia il rischio che la presenza dei missionari possa alimentare - attraverso altri rapimenti - la setta? “Boko Haram cerca la destabilizzazione delle comunità cristiane, ma certamente dietro GIORNATE SOCIALI Ripartono da Madrid i cattolici per l’Europa Attraverso il prisma della dottrina sociale della Chiesa, i cristiani cercano una comprensione più profonda della crisi socio-economica che continua a colpire il nostro continente e vogliono approfondire insieme il cammino verso una società plasmata dai valori autentici di Patrick Daly difficile situazione di molte persone nella nostra società viene sottovalutata, soprattutto quella delle persone più vulnerabili e di coloro che si ritrovano emarginati, che stanno sopportando grandi sofferenze: i poveri e i malati, i disoccupati, i rifugiati e i migranti, coloro che attraversano una crisi nella propria famiglia, quelli che vivono da soli, senza speranza, e disperano di poter dare un senso alla propria vita. Il danno collaterale del collasso bancario e del conse- guente sconvolgimento economico ha profondamente ferito il nostro tessuto sociale. Ha sollevato profondi interrogativi sul nostro modo di vivere insieme. La crisi economica ha portato a licenziamenti diffusi, ha costretto molte piccole e medie imprese a cessare l’attività, ha causato livelli inaccettabilmente elevati di disoccupazione giovanile e, nel caso di alcuni Paesi, ha condotto a severe misure di austerità. Queste stesse misure che sono seguite all’intervento del Fondo mone- tario internazionale hanno esposto un enorme numero di individui e di famiglie a estreme difficoltà. All’interno della famiglia europea, hanno sollevato importanti interrogativi sui valori fondamentali dell’Unione, uno dei quali è la solidarietà, una pietra angolare della dottrina sociale cattolica. La Chiesa si preoccupa della società. Ha a cuore ogni uomo e ogni donna allo stesso modo. Ha a cuore la famiglia come pilastro portante di una società stabile. Si preoccupa anche a fondo Teme la diffusione del radicalismo in Africa? “In Camerun i musulmani sono circa il 20% della popolazione e fin dall’indipendenza viviamo in pace e lavoriamo insieme. Sono gli stessi musulmani a dirci che Boko Haram non rappresenta l’Islam”. Di fronte a tutto questo come vede il futuro della Chiesa in Camerun? “Sono ottimista perché abbiamo molti cristiani e, soprattutto, cristiani impegnati. Siamo una Chiesa viva. Una speranza che abbiamo racchiuso nel tema ‘Io sarò con voi ogni giorno, fino alla fine del mondo’ scelto per questo anno pastorale”. delle modalità complesse che abbiamo elaborato per vivere insieme in pace e per promuovere il bene comune. Salda nella sua fede che Gesù è presente nel cuore del nostro mondo, la Chiesa offre un messaggio di speranza, anche quando i tempi sono bui e i nostri problemi sembrano insormontabili. Le discussioni e le riflessioni a Madrid durante le Giornate sociali sono animate dalla stessa speranza. A Madrid intendiamo prendere atto dell’attuale situazione sociale e politica in Europa. I partecipanti alle Giornate sociali, provenienti da tutto il continente, avranno molte opportunità di dialogo fra loro, di analizzare le loro esperienze, di riflettere sulle grandi questioni del nostro tempo e, con il Vangelo come luce dei nostri passi e la dottrina sociale della Chiesa come vademecum, potranno assumere alcune iniziative per affrontare le sfide della nostra epoca. 15 Dal mondo Finanziamenti di al Qaida Un’indagine condotta dal New York Times rivela che dal 2008 al Qaida e affiliati hanno guadagnato quanto meno 125 milioni di dollari, di cui 66 milioni nel 2013 grazie a rapimenti di europei; una pratica quella dei rapimenti a fini di riscatto divenuta la fonte di finanziamento più redditizia di al Qaida. È un’attività in crescita, registrando la misura media per ogni riscatto una quota da 10 milioni di dollari (nel 2003 essa era di 200 mila dollari ad ostaggio). Dei citati 125 milioni sborsati in sei anni, 91,5 milioni sono stati assorbiti dai gruppi di al Qalda del Maghreb, 5,1 milioni da quelli del Shabab, 29,9 milioni da quelli della penisola arabica. Questa, la classifica dei paesi pagatori: Francia 58,1 milioni), Qatar e Oman (20,4 milioni), Svizzera (12,4 milioni), Spagna (11 milioni),Austria (3,2 milioni). Diga di Kariba Nel 2013 la diga di Kariba evidenziò difetti strutturali importanti, tali da imporre l’esecuzione di lavori di ristrutturazione della parete principale esposta a rischio cedimento: è un invaso che, ubicato sulla frontiera fra Zimbabwe e Zambia e realizzato 50 anni or sono, sta minacciando la vita di 3,5 milioni di persone abitanti lungo le rive del fiume Zambesi. I due paesi hanno impegnato la somma di 250 milioni di dollari per ripristinare la muraglia di contenimento delle acque della diga alta 128 metri, il cantiere potrebbe vedere la luce nel 2015, grazie anche al contributo della Banca di sviluppo africana; pure i cinesi stanno investendo sul potenziamento della centrale idroelettrica. Oltre a Zimbabwe e Zambia, la diga soddisfa parte notevole del fabbisogno di energia elettrica del Mozambico e Malati. Pechino, stop al carbone La città fra le più inquinate al mondo, Pechino, ha disposto che entro il 2020 non permetterà più l’impiego del carbone. La capitale cinese, spesso preda di cappe di smog fittissime, cerca di rimediare ai danni patiti decidendo che per i prossimi sei anni saranno privilegiati, per il riscaldamento, il gas naturale e l’elettricità. L’ufficio per la protezione ambientale di Pechino informa, attraverso l’agenzia di stampa Xinhua, che nel 2012 l’energia ricavata dal carbone costituiva un quarto del quantitativo destinato al consumo energetico totale.Allo scopo di contrastare l’inquinamento, nel settembre del 2013 il governo centrale aveva già impedito, con divieto, la costruzione di nuovi impianti a carbone nelle zone intorno alle città di Pechino, di Shangai e di Guangzhou. Vita 16 musica e spettacolo C apitanata, al solito, dall’infaticabile Maurizio Tuci e sostenuta, in gran parte, dalla famiglia Rizzardi, che è la promotrice anche del Festival Jazz di Barga, si è svolta quest’anno -dal 24 al 26 agosto- la 13° edizione di Serravalle Jazz, ormai un appuntamento consueto e graditissimo per gli appassionati della musica afro-americana. Questa volta il leit-motiv della kermesse era Duke Ellington, omaggiato anche con seminari e proiezioni al pomeriggio, nel quarantennale dalla scomparsa. La figura del Duca è immensa, non sarò certo io ad aggiungere nulla di nuovo a quello che già si sa, anche grazie alla sua autobiografia, “Music is my mistress”, tra le più spumeggianti che si possano leggere sulla vita di un musicista. Qui mi basterà dire solo a quale periodo della sua lunga e onorata carriera va la mia preferenza, giacchè il primato è oggetto di dibattito fra i jazzofili. Non pochi mi hanno infatti detto di amarlo tutto, da cima a fondo, comprese le apparizioni cinematografiche (e certo memorabile resta la soundtrack firmata da Ellington per “Anatomia di un omicidio” di Preminger). La mia ammirazione è meno devota, seppur sempre 44.197 video provenienti da tutta Italia, ricevuti dal regista premio Oscar Gabriele Salvatores per comporre “Italy in a day”, film presentato fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia, edizione italiana di un progetto internazionale coordinato da Ridley Scott regista di “Blade runner” e “Il gladiatore”.Tramite spot televisivi ed annunci via web , con l’aiuto di personaggi famosi come l’attrice Micaela Ramazzotti, è stato chiesto agli italiani di filmare e spedire dei video, realizzati con fotocamera o cellulare nella giornata del 26 ottobre 2013. Oltre 2.200 ore filmate come risposta pervenuta, impegnando così una squadra di 40 selezionatori per scegliere le immagini più significative poi montate da Massimo Fiocchi e Chiara Griziotti, con la supervisione di Salvatores. «L’immagine dell’Italia è quella di un Paese sofferente e ferito, –dice Gabriele Salvatores- ma che soffre con dignità, che non ha chiuso tutte le finestre verso il futuro». Colpisce l’assenza quasi totale di dichiarazioni politiche, la tendenza è di rifugiarsi nel privato, magari filmandosi sotto le coperte con il gatto, senza voglia di alzarsi ed iniziare una nuova giornata. «La mia impressione –continua Salvatores- è che l’overdose di telegiornali, talk show e informazioni via web, incentrati sulla crisi, abbia creato uno spostamento sul privato. n. 32 21 SETTEMBRE 2014 in particolar 13ma EDIZIONE DI SERRAVALLE JAZZ affollatissime, modo la prima, in cui suonava Omaggio a Duke Ellinghton di Francesco Sgarano rispettosa. Molto dell’Ellington delle suite dell’ultimo periodo, soprattutto quelle religiose, non mi soddisfa a pieno -nonostante “New Orleans Suite” e “Far East Suite” siano dischi eccellenti- e nemmeno certe orchestrazioni degli anni ‘40, anche quelle con Ivie Anderson alla voce, che sono piuttosto stucchevoli. Mi si perdoni l’ardire ma alcuni arrangiamenti ellingtoniani, talvolta troppo richiamanti l’orchestrazione classica, perdono di swing, per cui preferi- sco certi periodi di Goodman o di Count Basie. Quello che sta prima e dopo gli anni della guerra è tuttavia notevolissimo: prima le session mitiche con Ben Webster al tenore e Jimmy Blanton al contrabbasso, poi, nei ‘50, i concerti tenuti in giro per il mondo con gli scudieri fidatissimi Johnny Hodges e Paul Gonsalves, di cui rimane proverbiale l’assolo interminabile in “Diminuendo e crescendo in blue” al Festival di Newport nel ‘56. Ma l’Ellington che per me rimane imbattibile è quello degli anni del Cotton Club, fine anni ‘20-inizio ‘30. Recentemente è stato riedito un triplo cd delle registrazioni Brunswick-Vocalion, proprio di quel periodo: ecco, lì c’è il jazz che non mi stancherei mai di ascoltare. Ma veniamo a qualche considerazione sulle tre serate, tutte FESTIVAL DEL CINEMA Il selfie dell’Italia in crisi, un film di Gabriele Salvatores la celebrata tromba di Paolo Fresu, incantevole nell’omaggio ad Ellington con il trio del pianista Stefano Onorati ma forse un poco a disagio con la big band di Barga, guidata da Mario Raja. Questo perchè -credo di poter affermare- il lirismo di Fresu mal si sposa ai suoni pastosi di un’orchestra poi, come quella di Barga, non strettamente poggiata su ritmi swinganti ma piuttosto modernista nella scelta degli arrangiamenti. Nella seconda serata, insieme al virtuoso delle bacchette Daniel Humair e a Romano Pratesi ai fiati, si è visto Dave Liebman, figlioccio di Miles Davis, sassofonista di gran pregio, impegnato anche al piano, col fantasma di Monk seduto al fianco. Un concerto di difficile ascolto, non per tutti i gusti. Ma mi sia concesso dedicare due righe La in più alla lezione straordinaria offerta dalle venerande dita di Renato Sellani che, curvo nella camminata e amabilmente autoironico, sa ancora offrire emozioni vere col suo pianismo intimista e delicato, uno stile rintracciabile in mezzo a un milione -caratteristica dei veri grandi esecutori. Accompagnatore sopraffino e rispettoso, inventivo negli assoli, sempre ricamati a memoria, senza ausilio di spartito, Sellani ha servito la tromba estremamente fluida di Fabio Morgera in un set interamente dedicato ad Ellington: “Perdido”, “In a mellowtone”, “Mood indigo”, “Chelsea bridge”, “Prelude to a kiss”, “C Jam Blues” e, in trio con la cantante Stefania Scarinzi, “In my solitude” e il classico di Billy Strayhorn “Take the “A” train”. Certamente l’episodio più coinvolgente della rassegna. Al prossimo anno. Sostieni LaVita Abbonamento 2014 Sostenitore 2014 Amico 2014 euro 45,00 euro 65,00 euro 110,00 c/c postale 1 1 0 4 4 5 1 8 I vecchi abbonati possono effettuare il bollettino postale preintestato, e chi non l’avesse ricevuto può richiederlo al numero 0573.308372 (c/c n. 11044518) intestato a Settimanale Cattolico Toscano La Vita Via Puccini, 38 Pistoia. Gli abbonamenti si possono rinnovare anche presso Graficamente in via Puccini 46 Pistoia in orario di ufficio. Dalla Toscana foto da cartolina ed un appello al lavoro di Leonardo Soldati Nessun professionista affermato ha mandato un filmato, al contrario dei poveri e della media borghesia. Questo autoscatto collettivo è stato sentito come una seduta di psicanalisi, l’occasione per lanciare un sos, un messaggio nella bottiglia in mezzo all’oceano dei media». Si tratta dunque di un diario emotivo degli italiani, comportante un lungo e complesso lavoro preparatorio, che rispecchia i sentimenti e le emozioni ricevute risultando un buon punto di partenza di riflessione per i governanti. «Fossi un politico –conclude il regista- sarei più coinvolto da questi selfie piuttosto che dalle risse televisive: si tratta evidentemente di una protesta sociale. Gli italiani ci gridano la voglia di mantenere i loro sogni e la loro dignità, oltre al desiderio di avere un nuovo cellulare. Un politico dovrebbe sentirsi responsabile di queste vite, è di questo che dovrebbe occuparsi». In quel 26 ottobre c’è una panoramica sui tetti e sull’incantevole Lungarno di Firenze, di notte e di giorno. Sempre in Toscana una ragazza dedica la giornata a sistemare casa sua, devastata da un’alluvione, è avvilita ma il suo volto si rischiara quando ritrova, con sorpresa, l’astuccio delle elementari ed i giocattoli dell’infanzia. Un ragazzo dall’accento toscano si dispera per aver trovato ancora vuota la casella di posta elettronica, dopo aver inviato proposte di lavoro a varie aziende già da una settimana. Ma non demorde, attendendo fiducioso nei giorni successivi una notizia positiva. E poi, in quell’arco temporale dalla mezzanotte all’altra del giorno successivo, c’è chi nasce e chi si sposa, chi è in carcere e chi in ospedale, lo studente che a pranzo si sente ripetere la solita domanda “Oggi com’è andata a scuola?”, l’emigrato all’estero, una ragazza cattolica che dichiara l’amore per la sua parrocchia, papa Francesco, un imprenditore in fallimento per aver denunciato il pizzo della mafia, l’immondizia che invade le strade del Sud d’Italia. Su tutto, ne l flusso del tempo e delle emozioni, lo sguardo verticale di un astronauta che si filma dallo spazio ed al satellite che orbita sulla Terra, con uno sguardo di stupore orchestrando la sinfonia di un pezzo significativo di storia del Belpaese. LaVita Settimanale cattolico toscano Direttore responsabile: Giordano Frosini STAMPA: Tipografia GF Press Masotti IMPIANTI: Palmieri e Bruschi Pistoia FOTOCOMPOSIZIONE: Graficamente Pistoia tel. 0573.308372 e-mail: [email protected] - [email protected] Registrazione Tribunale di Pistoia N. 8 del 15 Novembre 1949 e-mail: [email protected] sito internet: www.settimanalelavita.it CHIUSO IN TIPOGRAFIA: 17 SETTEMBRE 2014