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Uno schiaffo alla mafia - Il coraggio di dire

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Uno schiaffo alla mafia - Il coraggio di dire
Suddeutsche Zeitung 02-06-2006
Uno schiaffo alla mafia - Il coraggio di dire semplicemente Addio
A Palermo sono già 100: commercianti siciliani hanno cominciato a rifiutarsi di pagare
l’assicurazione
Di Stefan Ulrich
Da un paio di settimane il campanello del piccolo hotel di Maurizio Vara non funziona più. Il
proprietario 37enne [!!!?! NdT] è andato in strada e ha visto che il citofono era impastato di colla.
Una ragazzata? Niente affatto.
Vara osserva. Sapeva, come ogni siciliano, che significa questo segnale: un’ingiunzione dello Statoombra a pagare le tasse. Lo Stato-ombra, la mafia, e la sua tazza del “pizzo”, l’assicurazione che
pretende dai commercianti.
Le richieste restano senza successo, si traducono in incendi o peggio. Certo M. Vara ha giurato:
“Non pago più”. Un commerciante che si lascia spremere perde la sua libertà, dice con sguardo
scuro. “Devo sopravvivere a questo”.
“Diamo uno schiaffo alla mafia”
Orgoglioso, a voce bassa, non vuol passare da ribelle, mentre si dà da fare nella sala da pranzo
dell’albergo nel centro di Palermo. E invece lo è. Fa parte di un gruppo di commercianti che
affrontano la mafia pubblicamente, a viso aperto. Nel mezzo del centro storico di Palermo cento
agenzie di viaggi, negozi di abbigliamento, bar, pensioni, librerie, biomarket, panifici e palestre
dicono insieme: Addiopizzo. I nomi delle aziende sono su internet e su un pieghevole.
Poco tempo fa hanno festeggiato in una piazza di Palermo. “Diamo uno schiaffo alla mafia” dice
uno striscione. E i commercianti hanno annunciato ai cittadini: “Non paghiamo più assicurazioni”.
Per Cosa Nostra un atto inaudito. La sua autorità sul territorio viene messa in discussione. È
pericoloso per qualsiasi Stato, specie per lo Stato-ombra, che si fonda su timore e sottomissione.
“Per ora la mafia tace e ci osserva” dice Enrico Colajanni, passato dal suo amico in hotel. “Certo
quando diventeremo più forti colpirà“. Colajanni ha la Resistenza nel sangue. Suo padre Pompeo
era un partigiano durante l’occupazione nazista dell’Italia. Il figlio, un 55enne con baffi e sguardo
profondo, combatte adesso contro altri occupanti.
Il consumo come arma
Fa parte degli organizzatori del movimento Addiopizzo. “Non vogliamo solo protestare contro la
mafia – dice – ma anche far qualcosa di concreto”. Perciò hanno rifiutato l’idea di boicottare gli
imprenditori che pagano. Semmai vogliono sostenere quelli che prendono il coraggio di non pagare
il pizzo. “La migliore arma del cittadino è il consumo” dice Colajanni. Più di 7000 palermitani si
sono infatti impegnati a comprare presso le attività commerciali di Addiopizzo.
Dalla politica i ribelli non possono aspettarsi grandi aiuti. Il governatore siciliano Salvatore Cuffaro
nega che la maggioranza dei commercianti paga il pizzo. Chi lo afferma danneggia l’immagine
dell’Isola. Cuffaro è stato appena confermato dal voto alle regionali. In materia di pizzo non è però
un testimone affidabile. Infatti è sotto processo a Palermo per favoreggiamento alla mafia.
Il capo della Dna Piero Grasso afferma che tra il 70 e l’80% delle imprese siciliane pagano. Con
conseguenze fatali. “I buoni imprenditori vanno via – dice Colajanni – altri non investono o si
piegano alla mafia perdendo tutto”.
Per questa miseria è nato Addiopizzo: in una mattina di giugno due anni fa attaccarono su muri,
portoni e semafori di Palermo centinaia di adesivi bianchi listati a lutto. UN INTERO POPOLO
CHE PAGA IL PIZZO È UN POPOLO SENZA DIGNITÀ, vi era scritto. Il prefetto convocava in
prefettura il comitato straordinario e tutta la città si interrogava sull’autore. Presto si rivelarono:
erano sette giovani che dopo gli studi volevano aprire un pub e discutere sul problema del pizzo.
Quindi decisero di “creare un piccolo e dirompente segno di Resistenza”.
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