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Ho affrontato le sfide della vita attingendo ad un bacino di energia

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Ho affrontato le sfide della vita attingendo ad un bacino di energia
Notiziario degli ex aspiranti - Novembre 2013
Ho affrontato le sfide della
vita attingendo ad un bacino
di energia pura, è la mia forza
interiore. Lʼho costruita a dispetto dei sberleffi della vita
e grazie ai dolori quotidiani,
lʼho scoperta credendo in me
e nei miei valori.
(Stephen Littleword)
Note di
Anche questo numero vede la luce con
il solito ritardo, problemi tecnico-logistici mi impediscono di terminare in
tempo utile per poter fare gli auguri di
compleanno ed onomastico tempestivamente.
Un breve riassunto del contenuto di
questo numero, oltre alla ormai storica
collaborazione di don Peretti abbiamo
il saluto del nuovo Delegato Nazionale
degli ex allievi (pag. 5), seguono le considerazioni sulla fortezza di Luigi Donofrio; Dino ne approfi tta per dirci quello
che l’emozione gli ha impedito di esternare al raduno dell’8 settembre; Di Gioia
ci propone le sue considerazioni sulla
Giornata Missionaria; a pag. 12 un aspetto della “fortezza” di don Bosco; mentre
Michele Testa fa le sue considerazioni
sugli Ex Allievi Salesiani. A pag. 14 il nostro presidente, Luigi Leone, apre un dibattito su “cosa deve essere” questo nostro giornalino.
2
Credo che sia superata l’idea del giornalino come mezzo per rimanere in
contatto tra noi, l’attuale tecnologia ci
permette di comunicare velocemente e
a costi bassissimi indipendentemente
dalla distanza, posso essere in contatto con l’amico all’altro capo del mondo
a costi irrisori. Ritengo invece valida
l’idea del giornalino come mezzo per
“scambiarci idee, dubbi, certezze, informazioni e cronaca”, per dirla con le parole del nostro Presidente, io lo vedo anche come un approfondimento di idee e
concetti.
Sono contrario al “pensiero unico”, ad
un solo punto di vista; lo scambio di idee
servizio
ed esperienze potrebbe anche portare
all’elaborazione di un progetto comune
da portare avanti, “se io ho un pollo e tu
hai un pollo e ce lo scambiamo abbiamo sempre un pollo ciascuno; ma se io
ho un’idea e tu hai un’altra idea e ce la
scambiamo ci ritroviamo con due idee”.
Per il prossimo anno mi piacerebbe
impostare questo nostro giornalino
con delle rubriche fisse, oltre alla ormai
consolidata collaborazione di don Peretti, il nostro caro don Castellano potrebbe aiutarci a capire un po’ di più di
teologia, il presidente degli ex allievi di
Santeramo potrebbe tenerci aggiornati sui contenuti della “scuola di politica”
che organizzano a Santeramo; invito
Dino a proporre al nuovo Delegato nazionale degli ex allievi di arricchire questo nostro giornalino con argomenti di
bioetica, pedagogia e psicologia, oltre,
ovviamente, al contributo che ognuno
di noi può dare in base alle proprie competenze, mi rivolgo in particolar modo
a coloro che hanno “più confidenza con
la penna”.
A voi la parola.
Un caro saluto a tutti
Nicola Beso
… noi siamo quello che può succedere!
Don Enrico Peretti
Tornando a Mestre dopo un pomeriggio a San Donà ho sentito
alla radio una canzone del 1985, di
quando eravamo giovani: “Ragazzi
di oggi” di Luis Miguel.
Tralasciando il valore musicale mi ha fatto
piacere ritornare agli anni del liceo, alla gioia e
alla fatica della maturità (era il mio anno).
Mi ha colpito il verso che ho riportato nel titolo:
“Noi siamo quello che può succedere”.
E mi sono chiesto: che cosa è poi successo?
Quale futuro hanno avuto i miei sogni e come la
mia vita è stata modellata dai desideri grandi di
quegli anni. Eravamo davvero ricchi di sogni, il
futuro aveva sicuramente il timbro della speranza e il sogno dell’avventura.
A conti fatti è successo molto di bene e le fatiche appaiono come materiali di costruzione per
un nuovo lavoro che dia soddisfazione. Troppo
spesso invece viviamo solo nel presente o peggio
ancorati al passato, incapaci di leggere il dono
dell’educazione ricevuta come la vera ricchezza
su cui poggiare ancora oggi le nostre scelte di
oggi e di domani.
È più difficile per i nostri ragazzi che respirano meno di noi questo desiderio di futuro,
per timore o per concreta esperienza di fatica
senza sbocchi. Hai poco da spingere i giovani a
costruirsi la vita quando parli solo di crisi e di
difficoltà, di mancanza di lavoro e impossibilità
di avere risorse sufficienti. Hai poco da dire di
costruirsi una famiglia e di far crescere dei figli,
quando non ci sono garanzie e tutele sufficienti.
“La vita si allunga e non c’è futuro”, recita una
vignetta che ho letto tempo fa. È questa la grande povertà dei giovani del nostro mondo: hanno
mille risorse e opportunità, molte più di quanto
ne avessimo noi, ma noi pensavamo che il nostro
domani sarebbe stato migliore di quello dei nostri genitori mentre per loro questa sicurezza da
tempo è venuta a mancare.
Viviamo un tempo depressivo.
Ma a cosa è dovuto? Alla crisi economica?
All’emergenza e alla concorrenza dei paesi nuovi
e alla globalizzazione? Certamente, ma non solo.
La mancanza più vera e l’assenza di speranza e
questo rende deboli. Perché la virtù della Fortezza se non poggia sulla speranza nel domani non
regge l’urto della vita quotidiana. E’ “forte” solo
chi sa immaginare il futuro e lo progetta contro
ogni avversità costruendo le fondamenta sulla
roccia.
Che coraggio può avere altrimenti chi vive
nell’angoscia di quello che sarà?
Per questo dobbiamo essere forti della forza
della Fede che ci rende cittadini della città futura.
Da giovane prete stavo vivendo una delle mie
prime esperienze estive in un’Estate Ragazzi
con 990 iscritti (sic!). Un pomeriggio, stanco e
preoccupato per alcune situazioni difficili tra gli
animatori vengo avvicinato da una mamma che
collaborava alla segreteria che mi chiede il motivo della mia stanchezza. Ringraziai il Signore di
quel dono inatteso, di quell’amicizia così spontanea.
Le tue decisioni e il tuo agire con determinazione moltiplicano le tue energie interiori, di modo che nel mondo intorno a te qualcosa cambi attivamente.
(Ruediger Schache, Consigli dal Cuore)
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Dopo solo alcune battute però quella mamma
cominciò a parlarmi delle sue fatiche e dei suoi
problemi, ben più grandi dei miei. E fui io a consolarla: a lei mancava la speranza che dona forza
contro le avversità.
E ringraziai di nuovo il Signore, che con quella mamma mi aveva aiutato a capire che la gioia
si trova nel servizio e nel dono di se e che a Lui
dobbiamo chiedere la consolazione, senza rifiutare quella che ci viene incontro nella vita di tutti
i giorni.
La fortezza si fonda sulla vita di grazia, sulla
sicurezza che il Signore è con noi tutti giorni, ci
tiene per mano e ci accompagna.
La fortezza è il dono che ci permette di alzarci ogni mattina per rendere il mondo migliore di
come l’abbiamo ricevuto.
La fortezza è l’entusiasmo contro ogni avversità, il desiderio di pace anche davanti ai torti
subiti.
È la fortezza, per esempio, che rende forte
Malala, la ragazzina afghana, ferita alla testa dai
Talebani perché rivendicava il diritto ad andare
a scuola. E Malala forte della sua speranza ha
parlato all’Onu entusiasmando gli ambasciatori
di tutto il mondo.
Ma la Fortezza nasce anche nella debolezza di
chi si affida alla forza di Dio che è Padre e vuole
la vita per tutti i suoi figli. Ogni altra forza che
non abbia questa origine e questo fine può generare male e sopraffazione.
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Termino ricordandovi una preghiera che probabilmente conosciamo tutti per averla recitata
in qualche campo scuola. La ricordo recitata ai
piedi delle Tre Cime di Lavaredo, prima della
partenza di una camminata (otto ore fino alla Val
Fiscalina!) che mi sembrava superiore alle mie
forze. Mi diede tranquillità quel “desiderio di
cuore di fanciullo”.
Vi auguro di fare i conti per cogliere l’attivo
che la Grazia di Dio vi ha seminato.
Nessuno ti ricorderà per i tuoi
pensieri segreti. Chiedi al Signore
la forza e la saggezza per esprimerli. Dimostra ai tuoi amici e ai
tuoi cari quanto sono importanti.
(Gabriel Garcia Marquez)
Forti della Sua fortezza. Ricchi della Sua Speranza.
Celebriamo con affetto e riconoscenza il ricordo di tutti i nostri cari defunti che già partecipano della gloria dei Santi.
Buon mese di novembre.
Un cuore di fanciullo
O Maria, Madre di Dio,
conservami un cuore di fanciullo,
puro e limpido come acqua di sorgente.
Ottienimi un cuore semplice,
che non assapori la tristezza;
un cuore grande nel donarsi
e tenero nella compassione;
un cuore fedele e generoso
che non dimentichi nessun beneficio
e non serbi rancore per il male.
Forma in me un cuore dolce e umile,
un cuore grande ed indomabile
che nessuna ingratitudine possa chiudere
e nessuna indifferenza possa stancare;
un cuore tormentato dalla gloria di Gesù Cristo,
ferito dal Suo amore con una piaga
che non rimargini se non in Cielo.
Amen.
(Louis De Grandmaison)
UN LAICATO FORTE DELLA SPIRITUALITÀ DI DON BOSCO
Saluto agli Exallievi ed Exallieve dal Delegato Nazionale
Roma, 9 ottobre 2013
Don Giovanni Russo
Carissimi Exallievi ed Exallieve,
Vi saluto tutti con l’entusiasmo di
Don Bosco! È una grande gioia per me essere
“con” Voi e “per” Voi. Ho ricevuto questa responsabilità non come un carico, ma come un luogo
di fede e di incontro con Dio. Sì, perché gli Exallievi sono il campo di Dio, ben coltivato da Don
Bosco, che ha prodotto – sotto la guida di Maria
Ausiliatrice – un grande giardino ricco di alberi
gloriosi, dei cui frutti la Chiesa e il mondo hanno
un profondo bisogno. Gli Exallievi riflettono una
luce particolare di Don Bosco e possono essere
la luce di Cristo nella vita pubblica, nell’impegno professionale e nella vita familiare.
Cari Exallievi ed Exallieve, siete la grande
moltitudine del laicato salesiano, capace di trasformare la società, offrendo un contributo prezioso secondo i valori ricevuti, con lo sguardo
positivo tipico della salesianità, dialogando –
come ci ha insegnato Don Bosco – con quanti
vivono laicisticamente, consapevoli che in tutti
ci sono germi di bene. Sulle orme di Papa Francesco vogliamo aprire relazioni cordiali, perché
si superi un antico paradosso: «la fede cristiana,
la cui novità e incidenza sulla vita dell’uomo sin
dall’inizio sono state espresse proprio attraverso
il simbolo della luce, è stata spesso bollata come
il buio della superstizione che si oppone alla
luce della ragione. Così tra la Chiesa e la cultura
d’ispirazione cristiana, da una parte, e la cultura moderna d’impronta illuminista, dall’altra, si
è giunti all’incomunicabilità. È venuto ormai il
tempo, e il Vaticano II ne ha inaugurato appunto
la stagione, di un dialogo aperto e senza preconcetti che riapra le porte per un serio e fecondo
incontro» (Lettera a chi non crede, al giornalista
Eugenio Scalfari, 4.9.2013).
Vogliamo programmare un itinerario in questo
III anno del Bicentenario, concentrandoci sulla
“spiritualità” di Don Bosco, che, mentre faccia
crescere nella spiritualità tutti i membri delle
Unioni locali, li renda anche segni profetici nella
Chiesa e nella società di quei valori che il laicato
salesiano deve trasmettere. Docili al magistero
del Rettor Maggiore, vogliamo accogliere l’invito a tutti i membri della Famiglia Salesiana, «ad
attingere alle sorgenti della spiritualità di Don
Bosco, ossia alla sua carità educativa pastorale;
essa ha il suo modello in Cristo Buon Pastore e
trova la sua preghiera e il suo programma di vita
nel motto di Don Bosco “Da mihi animas, cetera tolle”. Potremo così scoprire un “Don Bosco
mistico”, la cui esperienza spirituale sta a fondamento del nostro modo di vivere oggi la spiritualità salesiana, nella diversità delle vocazioni che
a lui si ispirano» (Strenna 2014. Presentazione).
Gli Exallievi e le Exallieve, ricchi della formazione ricevuta, stimano in sé e negli altri,
l’opera di Dio, che ci ha formato personalità
solide e ricche di umanità. Per questo, mi pare
opportuno che in tutte le Unioni si pensi a una
programmazione solida, che ci faccia crescere
personalmente, ma nello stesso tempo renda “visibile” l’impegno degli Exallievi nelle città, nelle diocesi, nell’impegno professionale. Occorre
superare la condizione di “afonia” e “debolezza
di rilevanza” in questo ambito. Prossimamente
(a metà novembre) vi segnalerò alcune aree che
potrebbero meritare la nostra attenzione.
Carissimi Exallievi ed Exallieve, sono pronto
ad offrirvi tutto il mio impegno salesiano e professionale nel campo dell’etica e della bioetica.
Sono consapevole della mia povertà, ma ho tanta
fiducia nel Signore e nell’aiuto di tutti Voi, soprattutto con la preghiera. Sono veramente contento di essere con voi!
Præit ac tuetur. Don Bosco ci precede e ci
protegge. L’Ausiliatrice ci accompagni.
Un caro saluto per ciascuno di Voi e per le
Vostre famiglie.
Accedendo ai propri poteri interiori e riprendendo il controllo della propria energia, si
possono raggiungere grandi traguardi e trasformare completamente la propria vita. La
capacità di utilizzare l’energia è innata. (Seka Nikolic, Tu Sai Più di Quanto Credi)
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La fortezza in un tempo come il nostro
Luigi Donofrio
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In un tempo come il nostro
in cui si cercano le facili vie
di uscita, i facili compromessi
e si sfugge istintivamente da
tutto ciò che è sacrificio, rinuncia, andare contro corrente, la virtù della fortezza è una bussola sicura.
Chiave di lettura di questa virtù non
è nell’audacia, nell’aggressività o nell’attaccare, ma nella resistenza.
Ciò che significa nella quotidianità resistere nel nostro dovere, nel nostro lavoro, nel fare il bene malgrado tristezze,
fatiche, frustrazioni e inoltre resistere
nel bene anche quando vi sono, oltre a
quei nemici interni, anche nemici esterni
come incomprensioni, maldicenze, strumentalizzazioni, calunnie.
Così in una società con un tessuto morale molle, flaccido, che va nel panico di
fronte alla prima difficoltà nel lavoro,
nella vita coniugale, nella vita comunitaria, la fortezza è, oltre che necessaria,
virtù di tutti i giorni perché nella quotidianità si esprime la capacità del cristiano di sopportare, per amore e con la grazia di Dio, situazioni pesanti e ingrate.
Infatti non tanto nelle situazioni facili, ma davanti alle difficoltà e alle piccole e grandi sofferenze che ci toccano la
fortezza si mette in gioco.
Perciò è utile vivere questa virtù come
fiducia in Dio, come abbandono a Dio e
alla sua vittoria, come distensione del
cuore, pace della mente, tranquillità di
animo: tutte caratteristiche dell’azione
di resistenza. Resistenza che non è incoscienza delle avversità e delle sofferenze, alcune anche gravissime, che attraversiamo, ma che è invece un sapere
alzare gli occhi verso un bene più grande,
verso una certezza più grande, verso una
forza più grande di noi.
San Paolo, dopo aver ricordato che
“abbiamo questo tesoro in vasi di cre-
ta”, invita alla resistenza nonostante le
nostre fragilità ci rendono “tribolati da
ogni parte, sconvolti, perseguitati, colpiti” (2 Cor 4,7.8.11). La fortezza non consente turbamenti neppure di fronte alla
morte, essa ci aiuta a guardare all’aiuto
di Dio, al bene da compiere, alla forza
che ci viene dall’alto. Essa ricolma l’animo di pace anche lì dove la paura rischierebbe di smarrirci.
Fortezza, dunque, nel percorrere il
presente come veri figli di Dio, che sanno di avere una patria altrove e, proprio
per questo, vivono nella patria terrena
con la capacità di distinguere ciò che è
essenziale da ciò che è superfluo, con la
capacità di dare orientamento e significato anche al dolore e alle amarezze.
Se ti do uno schiaffo porgi l’altra guancia…
sennò pure la stessa e cambio io la mano.
(Corrado Guzzanti)
Le parole che non ho detto…
Dino Spadavecchia
Cari “Ragazzi”,
da ogni dove, e numerosi, i
compagni sono venuti per il 25°
anno per rivivere e festeggiare
“la gioia” che abbiamo imparato
ad avere da don Bosco, nella sua
casa, da ragazzi, quando si è sempre affamati di
gioia. Lì l’abbiamo ‘mangiata’, ci siamo nutriti di essa in ogni momento: certo nel gioco del
cortile, o in certi giorni di festa, ma poi anche
soprattutto nell’impegno nel nostro dovere quotidiano e nell’amicizia con Cristo.
Dopo aver vissuto una domenica carica di
emozioni, è doveroso ringraziarvi tutti, anche
quelli che non sono venuti ma che erano presenti
con il loro cuore.
Certamente l’amaro un po’ rimarrà, perché
non potranno dire: “Io c’ero”.
Purtroppo, a causa della mia emozione (che
con la malattia si è accentuata), non ho potuto
esprimere il mio ringraziamento a tutti i presenti
alla festa del nostro 25º.
Ora, dopo la sbornia emozionale del memorabile giorno che abbiamo vissuto, vi scrivo quello
che avrei detto:
“Cari “Ragazzi”,
don Bosco ci ha insegnato a sognare ed a inseguire quel sogno, con umiltà sì ma anche con determinazione.
Il mio sogno è stato ed è ancora quello di vivere la stessa fraterna amicizia in don Bosco, anche
se sono passati molti anni da quando l’ho incontrato, anni di fervido cammino lungo le tracce
che ha lasciato nel mondo.
Certo, allora mi sembrava una chimera, in
quanto tutti conoscono le mie effettive potenzialità. Credo perciò che don Bosco ci abbia messo
del suo, infondendo in me il suo stesso entusiasmo.
Riporto le parole del Beato Cardinal Newman, che ho fatto mie: “Dio mi ha creato perché
adempia un Suo servizio ben preciso. Egli mi ha
affidato un compito che non ha affidato ad altri.
Sono come un anello di una catena, un legame di
collegamento di persone”.
Oggi in tutti noi emerge la gioia di un’esperienza che si rinnova nell’amicizia. E anche, lasciatemelo dire, di un’amicizia che si rinnova
nell’esperienza.
Don Ambriola un giorno esordì dicendo: “Ma
come ti è venuto in testa di fare tutto ciò? Sicuramente è stata opera dello Spirito Santo!”
Questa è la conferma che il Signore ci ricorda
e dice ad ognuno di noi: “Tu sei necessario, insostituibile ed unico; i compagni hanno bisogno di
te”. E che non ci dà pesi che non siamo in grado
di portare.
Certo, per me la chiamata di don Bosco è
stata ed è far rivivere, riaccendere la fiammella
salesiana nei cuori dei miei amici ex-aspiranti:
per alcuni, almeno per un momento; per altri un
po’ di più; e per altri ancora, mi auguro molti, in
modo tale da far sì che testimonino sempre ed in
ogni luogo di essere allievi di don Bosco. È questo l’aspetto che ci distingue e per il quale dobbiamo essere fieri, nella speranza di trovarci un
domani nel grande giardino salesiano dove don
Bosco ci aspetta tutti a braccia aperte.
Siamo venuti qui a compiere un’azione che
si chiama “eucaristia”. “Eucaristia” è una parola
greca che è diventata tipicamente e universalmente cristiana; e significa “ringraziamento”.
Siamo qui, dunque, a dire “grazie” a Dio nostro Padre di tutto quello che egli ci ha dato: la
vita e la gioia di vivere, l’intelligenza e il gusto
di conoscere la verità, il cuore e la capacità di
avere dentro di noi la ricchezza dei sentimenti,
degli affetti, dell’amicizia, dell’amore.
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Siamo qui anche per dire “grazie” a don Bosco per averci dato la forza in questi 25 anni di
perseverare nell’educazione ricevuta con la stessa fraterna amicizia e la stessa gioia nutrita e maturata nei cortili salesiani.
Per me è doveroso ringraziarvi tutti in segno
di fraterna riconoscenza per la grande pazienza
avuta nei miei confronti, e per ringraziare i compagni che mi hanno aiutato in questo percorso di
25 anni: in modo diretto ed indiretto, Il merito
è tutto vostro e dei vostri familiari, che hanno
fatto sì che oggi potessimo festeggiare i nostri 25
anni di ritrovata fraterna amicizia in don Bosco
coronando il mio sogno, sperando che per altri
25 anni continueremo insieme a dire: “Grazie,
don Bosco”.
Credo che sia giunto il momento di passare il
testimone per motivi di salute: lo stress emozionale è nocivo alla mia salute. E continuare senza
essere in grado di garantire il doveroso grado di
impegno non sarebbe per me atto di umile perseveranza e dimostrazione di spirito di sacrificio
ma solo vana presunzione. Dio, dicevo sopra,
non ci dà mai pesi che non siamo in grado di portare ma viene sempre il momento in cui si deve
passare la mano e affidarci a chi ha spalle più
robuste delle nostre.
Grazie. Sono orgoglioso di tutti voi.
Dino.
Come ben sapete, io parlo, come si dice a Bari,
con i “fatti” e credo che ciò in questi 25 anni di
fraterna amicizia sia oramai noto a tutti.
Ora ho so bisogno della vostra collaborazione
per portare a termine l’eredità lasciatami da don
Palmisano: pensare agli ex aspiranti.
Quindi ognuno nelle sue possibilità può rintracciare i compagni almeno quelli della propria
classe con qualunque mezzo lecito.
Oppure che le ottime penne (fra di noi ce ne
sono tante) comincino ad evidenziarsi con le loro
considerazioni. Ovviamente se ci sono consigli
costruttivi e fattibili portateli a conoscenza di
tutti noi. Siamo una famiglia e non badiamo alla
forma, ma al cuore.
Con affetto e stima,
Eccomi qui a parlare della Fortezza
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Se considero il fatto che si è forti perchè dopo ogni caduta ci si rialza, allora devo
dirti che ho acquisito questo dono. Spesso mi sono trovata a terra per delle scelte
sbagliate ed ho sofferto, ma è vero che nello stesso tempo una forza interiore, non
certamente mia, mi dava il coraggio di riprendermi e andare avanti. Non ti nascondo
però che gli errori hanno lasciato delle ferite in me o, per meglio dire, dei sensi di
colpa. Lo so che i sensi di colpa non si dovrebbero avere, ma è anche vero che la
fortezza aiuta anche a togliere i sensi di colpa. La fortezza è quella virtù che ci aiuta
ad accettare noi stessi così come siamo sia i pregi che i difetti e ad accettare anche gli altri.
Naturalmente bisogna fare un certo cammino, una certa pratica con l'aiuto della preghiera e della
meditazione. Grazie a Dio abbiamo accanto a noi persone che ci aiutano nei momenti di debolezza e
riescono ad infondere in noi fortezza. Io mi ritengo fortunata perchè cammino insieme ad altri
e ci aiutiamo reciprocamente, e poi… ora ho anche te… voi.
Un abbraccio a tutti
Sara
Sii sempre come il mare che infrangendosi contro gli scogli, trova sempre
la forza di riprovarci. (Jim MorrisonJim Morrison)
Commemorazione defunti
Dall’anno 928 d. C., ogni anno il 2 novembre viene celebrata la “festa” dei morti. Da allora quel giorno rappresenta per tutti una sosta
nella vita per ricordare con una certa nostalgia
il passato, vissuto con i nostri cari che il tempo e la morte han portato via, il bene che coloro
che ci hanno preceduti sulla terra hanno lasciato
all’umanità, e il loro contributo all’aumento della fede, della speranza, della carità e della grazia
nella chiesa. Il 2 Novembre, poi, ci riporta alla
realtà delle cose richiamando la nostra attenzione sulla caducità della vita.
Il presente appare provvisorio, tanto provvisorio da non contare, da “non essere” in sé:
conclusione o epilogo di ieri, anticipo o prologo del domani. Tutta passa. Giorno dopo giorno
il tempo va via. Passo dopo passo il cammino
si affatica sempre più. Atto dopo atto il logorio
delle forze fisiche che invecchiano si fa sempre più sentire. Passano le gioie e passano pure
i dolori. Poi passeremo anche noi; e finiranno su
questa terra anche i nostri giorni. Il richiamo alla
realtà della nostra morte ci invita, pure, a dare
importanza alle cose essenziali, ai valori perenni
e universali, che elevano lo spirito e resistono al
tempo. “Accumulate un tesoro nel cielo, dove
né tignuola e né ladro possono arrivare”, consiglia Gesù Cristo ai suoi discepoli.
Se tutto passa, l’amore di Dio resta. Il pensiero ritorna a noi. La certezza della morte deve
farci riflettere, affinché possiamo essere pronti
all’incontro con essa senza alcuna paura. Sarebbe un grande errore dire: “Mi darò a Dio quando
sarò vecchio”, ed aspettare di cambiare i nostri
cuori al momento della morte. Così come nessuno diventa all’improvviso cattivo, allo stesso
modo nessuno diventa in un attimo buono.
E ricorda che la morte può arrivare senza alcun preannunzio, improvvisamente. Si dice che
la morte sia spaventosa: ma non è tanto la morte
in sé a terrorizzarci, quanto piuttosto l’atto del
morire ed il giudizio susseguente di dannazione
o di salvezza eterna.
È, infatti, il terrore di un attimo e non dell’eternità a spaventarci. È l’unica cosa che tutti sanno
di dovere affrontare! Il giovane e il vecchio centenario, l’intelligente e l’idiota, il santo ed il peccatore, il papa e l’ateo. Come passiamo dall’infanzia alla giovinezza, dalla giovinezza alla
maturità e poi alla vecchiaia, così si passa dalla
vita alla morte. Vista nella luce di Dio la morte
diventa un dolce incontro, non un tramonto, ma
una bellissima alba annunciatrice della vita eterna con Dio insieme agli angeli e ai santi che ci
hanno preceduto in terra.
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La nostra strada non è fatta di soffice erba, è un sentiero di montagna
pieno di roccia, ma va in alto, in avanti, verso il sole.
(Ruth Westheimer)
Fortezza: virtù morale
Dino Spadavecchia
«La fortezza è la virtù morale che, nelle difficoltà assicura
la fermezza e la costanza nella
ricerca del bene. Essa rafforza
la decisione di resistere alle tentazioni e di superare gli ostacoli,
nella vita morale. La virtù della
fortezza rende capaci di vincere la paura, perfino
della morte, e di affrontare la prova e le persecuzioni. Dà il coraggio di giungere fino alla rinuncia
e al sacrificio della propria vita per difendere una
giusta causa».
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Non è certo un discorso facile e a buon mercato in un contesto di rilassatezza e di smidollatezza
morale come quello in cui viviamo oggi, nella cultura del tutto facile, del tutto subito, del tutto abbondante, del tutto dovuto, dove forse schiacciando un bottone potremo un giorno evitare la fatica di
rifarci il letto al mattino o di soffiarci il naso…
La fortezza è l’espressione della fede matura,
provata da tutto quello che il maligno può scatenare dentro di noi e intorno a noi per vincere la
debolezza umana. La fortezza è il dono della bontà di Dio e frutto della redenzione, è il dono del
coraggio, della costanza, della tenacia. Dio non ci
abbandona, tant’è vero che le parole più ricorrenti nella Bibbia sono: “Non temete”, “non abbiate
paura”. Nella nostra fragilità, nella nostra paura di
non farcela è importante tenere presente la potenza
di questo.
La fortezza è la virtù che spinge ad intraprendere e a portare a termine con costanza e coraggio il
bene, nonostante le difficoltà. È quindi una condizione necessaria all’esercizio di ogni virtù, dovere
ed opera buona.
Ma quali sono le parti integrali della virtù della
fortezza?
1) La prima virtù integrale è la grandezza d’animo
o nobiltà di carattere.
2) La seconda virtù integrale della fortezza è la costanza.
Per sostenere virtù della fortezza si richiedono
parimenti due virtù integrali:
1) la pazienza che sostiene l’uomo contro la tristezza nella lotta contro i pericoli;
2) la perseveranza, che inclina l’uomo a lottare
sino alla fine, senza cedere alla stanchezza, allo
scoraggiamento
Non è spavalderia, avventatezza. L’esempio
più perfetto di fortezza, come sempre, l’abbiamo
in Gesù stesso, dalla sua nascita nella povertà di
Betlemme alla sua terribile Passione e morte in
Croce, volontariamente abbracciate, nonostante la
riluttanza della sua natura umana.
Come tutte le virtù soprannaturali la virtù della
fortezza non è propriamente un abito, perché non
da la facilità, ma solo la possibilità, con una minima tendenza di agire.
La vera forza del cristiano è la forza della verità e dell’amore, che comporta rinunciare ad ogni
violenza ha spiegato il Papa, sottolineando che
la fortezza “è la forza della mitezza, la forza
dell’amore”.
A parole sembra tutto facile! Per me, che le parole devono andare pari passo con le opere. come
fare, debole come sono?
La debolezza della nostra volontà spesso ci
impedisce di fare dei seri progressi nella via del
Signore. Spesso siamo come quel terreno sassoso
di cui parla Gesù nella parabola del buon seminatore. Su questo terreno cade il seme della Parola:
la ascoltiamo, la accogliamo con gioia, ma non
abbiamo radici in noi e siamo incostanti. Così appena giunge una tribolazione o una persecuzione
ne rimaniamo scandalizzati e turbati (vero don Antonio?). Molti cristiani non riescono a raggiungere
la perfezione e la santità a motivo della loro incostanza.
Credo che è proprio qui, invocando, che si innesti l’opera dello Spirito Santo con il dono della fortezza. Non viene Egli forse in aiuto ed in soccorso
alla nostra debolezza? Proprio in quelle persone
che sanno conoscere, nella loro debolezza, che si
innesta l’opera dello Spirito Santo con il dono della
fortezza, la necessità di essere forti.
Lo Spirito della fortezza ci aiuta sempre ad avere il coraggio dell’Amore, il coraggio di non scendere mai a compromessi, il coraggio della verità,
di non cercare mai il nostro interesse, il coraggio
di perseverare e rimanere nel bene, il coraggio so-
prattutto di essere profeti in un mondo che, culturalmente parlando, ha ormai acquisito la negazione
sistematica di negare la Verità. Abbiamo pertanto
tutti bisogno di essere avvolti dalla forza del Signore, la cui fedeltà rimane come scudo e corazza.
Giornata Missionaria
Giuseppe Di Gioia
Missione da Mittere = Mandare
Missione: un termine usato
e abusato dall’uso, lontano dal
suo significato originario.
Nella Bibbia. JAHVÈ manda Abramo per dare
al suo popolo la Terra promessa e invia Mosè per
liberare Israele dalla schiavitù d’Egitto.
Dio Padre manda suo Figlio sulla terra per liberare tutti gli uomini dalla colpa di Adamo.
Dio Padre e Dio Figlio inviano lo Spirito affinché gli Apostoli escano dal cenacolo e diffondano nel mondo la Buona novella. “Andate, non
portate niente con voi, annunciate a tutti la pace,
il Regno, la fratellanza… chi vorrà e accetterà,
sarà premiato; chi non vorrà…”.
Col Battesimo manda noi per continuare
l’opera degli Apostoli.
Oggi chiamiamo missione l’invio di soldati
che con le armi vanno a imporre ordine, pace…
ma le armi, si sa, portano guerra, distruzione,
odio che genera rivalsa, altro odio, altra guerra… Chiamiamo missione anche la conquista
dello spazio.
La Chiesa è per natura missionaria, dice il
Concilio Vaticano II. Che cosa vuol dire essere
missionari? La risposta, secondo me, è nella parabola del Samaritano.
Essere missionario vuol dire: USCIRE – INCONTRARE – FERMARSI.
Gesù esce per incontrare la gente, per annunciare. Si ferma, incontra, entra in comunione,
soffre delle sofferenze altrui, ha una parola di
conforto per tutti, guarisce, riuscita. Quanta gente va, esce con Lui, ma non incontra nessuno, al
massimo incrocia altra gente.
Poteva Cristo tranquillamente starsene in una
sinagoga, sarebbe diventato scriba, levita, sacerdote, dottore della legge invece esce, va in missione.
Esce il viandante per andare a Gerico a sbrigare i propri affari, ma non incontra nessuno;
semmai ha uno scontro con i ladri; non si ferma,
ma è costretto a fermarsi: non è un missionario.
Escono i ladroni, ma per assalire; si fermano
per derubare e uccidere: non sono missionari.
Esce il sacerdote, s’incammina, incrocia (non
incontra) il malcapitato, non si ferma, è troppo
pieno di sé, non ha voglia di sporcarsi col ferito
e… tira diritto: non è un missionario.
Esce il levita, vede (non incontra) il poveretto,
ma va oltre, non può fermarsi, non può perdere
tempo, ha altro da fare nella sinagoga: non è un
missionario.
Esce il Samaritano (l’escluso, il peccatore,
lo scomunicato…), vede il ferito, si ferma per
vedere da vicino la situazione, entra in comuneunione con lui, si fa carico delle sue difficoltà, lo
trasporta al più vicino ostello, si preoccupa, paga
le spese…: è un missionario.
Quante volte noi usciamo per le vie della nostra città senza incontrare nessuno eppure camminiamo tra tanta gente, incrociamo tanti occhi,
ma non ci fermiamo, non entriamo in com-unione con gli altri. Pensiamo che la missione sia andare lontano e trascuriamo (come il sacerdote, il
levita) il prossimo, cioè il più vicino. A volte ci
comportiamo come i ladroni!
Ama Dio più di te stesso e il prossimo (il più
vicino a te) come te stesso!
Oh quanto è facile amare chi è lontano e non
ci rompe le scatole: basta un’offerta e così acquietiamo la coscienza! In fondo, a pensarci
bene, la nostra religione non è difficile, non ci
chiede l’impossibile, ma di avere fede quanto un
granello di senapa, di amare gli altri con la stessa
intensità con cui amiamo noi stessi e di amare
Dio un po’ più di noi stessi!
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Don Bosco e il dono della “fortezza”
Tutte le testimonianze su don Bosco affermano che non era un gigante fisicamente, ma la sua
forza fisica era eccezionale. In quinta ginnasio
capitò che alcuni studenti s’erano messi a prendere in giro Comollo – il santo amico di Giovanni Bosco – e altri compagni.
“Vedendo quegli innocenti maltrattati volli
intervenire. «Guai a voi, guai a chi fa ancora oltraggi a costoro». In quel momento uno dei più
alti sfidandomi diede due ceffoni al Comollo.
In quel momento io mi dimenticai di me stesso, ed eccitando in me, non la ragione, ma la mia
forza brutale, non capitandomi tra le mani né sedia, né bastone, strinsi tra le mani un ragazzo e di
lui mi valsi come bastone a percuotere gli avversari. Quattro caddero a terra, gli altri fuggirono
gridando e domandando pietà”.
Tanto che il Comollo dirà: «La tua forza mi
spaventa; ma, credimi, Dio non te la diede per
massacrare i compagni. Egli vuole che ci amiamo, ci perdoniamo, e che facciamo del bene a
quelli che ci fanno del male».
“Se mi è lecito il confronto – scrive un salesiano testimone del tempo – direi che il suo portamento era un po’ dondolante, a guisa di quello
dell’amico e del contadino, del bue, di cui sembrò riportare la mitezza di carattere e la forza e la
costanza nel tiro eguale sino alla meta del campo, senza curarsi né di radici opponenti sotterra,
né di qualunque altro inciampo all’aperto”.
Don Bosco lavorerà su di sé per crescere nella
forza morale, nella forza interiore. Utilizzerà la
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forza e tutte le sue energie nel compiere bene i
suoi doveri e nel portare a termine l’opera intrapresa. La virtù morale della forza lo perfeziona
in modo che egli possa sostenere qualsiasi pericolo ed affrontare coraggiosamente ogni situazione. Così la sua forza lo faceva agire senza
agitazione.
Dicevano di lui:
“In mezzo a tanti affanni, egli pareva l’uomo
più tranquillo, colla mente sempre serena, col
suo cuore sempre allegro, ma con la mente elevata a Dio”.
“L’ideale della sua vita era la gloria di Dio e
la salvezza delle anime; non pensava, non parlava, e non operava che per questo. Dalla sentita
sincerità di questo fine soprannaturale attingeva
una forza invincibile, una calma meravigliosa,
una eroica pazienza nelle difficoltà, per cui nelle
imprese riusciva felicemente”.
Non mancarono occasioni in cui don Bosco fu
tentato di usare la forza, ma oramai aveva intrapreso un cammino di autocontrollo.
È il caso di due signori che avevano voluto
incontrare don Bosco per insistere che non pubblicasse più certi libretti delle Letture Cattoliche.
Insistevano nel convincere don Bosco, anche
offrendo delle belle somme, ma don Bosco non
cedeva. Le insistenze diventavano a poco a poco
minacce. Le risposte di don Bosco irritavano
questi signori tanto che stavano per mettergli le
mani addosso. Ma don Bosco, impugnò prudentemente la sedia, esclamando: “Se volessi adoperare la forza, ben mi sentirei di far loro provare
quanto costi cara la violazione di domicilio di un
libero cittadino; ma no! La forza del sacerdote
sta nella pazienza e nel perdono”.
Il dono della forza dà a don Bosco la ferma
fiducia di sfuggire a qualsiasi pericolo e di condurre a termine l’opera intrapresa per amore di
Dio e della sua gloria.
Si sviluppa attraverso la via del dovere fedelmente compiuto.
Infatti è caratteristica della spiritualità salesiana il lavoro, inteso come attività apostolica,
caritativa e umanizzante. Don Bosco ne intuì la
suprema grandezza, il valore santificante e non
esitò a farne la sua scala mistica per andare a
Dio.
“Iddio – diceva – mi ha fatto la grazia che il
lavoro e la fatica, invece di essermi di peso, mi
riuscissero sempre di sollievo”.
L’idea della fatica non doveva frenare, ma servire da stimolo a fare di più. Ai salesiani ripeteva: “Non vi raccomando penitenze e discipline,
ma lavoro, lavoro, lavoro”. Quando vedeva il
grande lavoro che facevano i suoi figli ne godeva
intimamente: “Quando vado nelle case e sento
che c’è molto da lavorare, vivo tranquillo. Dove
c’è lavoro non c’è il demonio”.
In don Bosco, nel corso degli anni, come aumentarono il lavoro, gli ostacoli, così aumentò il
suo coraggio e la sua forza interiore, ed aumentarono pure la sua pazienza veramente eroica e
la sua indefettibile perseveranza nel bene. La
sua forza spirituale, non è altro che il dono dello
Spirito Santo che lo sosteneva, nonostante il crescente indebolimento delle forze fisiche.
“Vissi al suo fianco per tanti anni – dirà il card.
Cagliero – e scorsi sempre una rara imperturbabilità e grandezza d’animo nell’incominciare tra
mille opposizioni, le molte sue attività, intraprese per la gloria di Dio e la salute delle anime”.
Il dono della forza ha la funzione di immettere nello spirito nostro la fiducia perfetta
nell’aiuto e nell’assistenza di Dio. In don Bosco questa fiducia è stata totale. Don Bosco non
perse mai la sua calma, né la dolcezza e serenità
di mente e di cuore, per quanto fossero gravi le
calunnie, le ingratitudini, opprimenti gli affari,
ripetuti gli assalti contro la sua persona e la sua
Pia Società.
Chi sono e cosa fanno gli Exallievi Salesiani
Michele Testa
Chi sono e come vogliamo che gli
exallivi operino nella società, nella
vita emarginata da una crisi attuale?
Che tipo di persona vogliamo che
operi nella vita sociale di ogni giorno
con le sue opere? Immagino e dipingo un uomo
e/o una donna exallievi che abbiano, ovunque si
trovino, le seguenti caratteristiche:
a) la prima caratteristica deve riferirsi alle dote
positive acquisite nel passato denominate professionalità. La professionalità deve conglobare
diverse esperienze vissute nel bene e attinte dalle
risorse e dall’esperienze di Don Bosco in modo
da avere una capacità di dire, in qualsiasi settore
della vita: politica, arte, cultura economica etc.,
qualsiasi cosa. Se non abbiamo questi elementi
indispensabili, non avremo nessun influsso nella
società. Dobbiamo essere dei maestri prima per
noi e poi per gli allievi, e se non li prepariamo ad
essere uomini veramente attendibili non abbiamo fatto la volontà di Don Bosco, perché la società è altamente concorrenziale e noi dobbiamo
essere persone abili e superiori per migliorare la
società attuale. Gli exallievi devono essere preparati e presenti in tutte le occasioni! Devono essere presenti nel campo della politica, che è una
cosa molto signorile, perché è la ricerca di fare
del bene comune e sociale. Dobbiamo apportare
una metamorfosi in bene della politica, dell’ar-
te, dell’economia… e in tutti i settori della vita
comunitaria. In questo modo emerge sia un exallievo e sia un allievo salesiano con competenza
altamente professionale;
b) la seconda caratteristica riguarda la coscienza morale, cioè una persona ricca di valori spirituali: la sacralità della vita, la libertà e la
promozione della verità, a questi si ricongiungono altri elementi come l’emotività, la cordialità,
la capacità di essere solidali con gli altri. In un
momento di grave crisi come quella che stiamo
vivendo, che non è soltanto una crisi economicaamministrativa, e che non si risolverà solo con
la questione monetaria, ma è una crisi dei valori
umani, una crisi di mancanza di ideali. L’umanità si salverebbe solo se aquisisce questi valori
che sono più naturali di quelli monetari. Se ciò
accadrebbe ci sarebbe un cambiamento totale
della vita e tutti saranno considerati fratelli.
c) la terza caratteristica riguarda l’impegno
sociale. Non basta pensare al successo personale
di ognuno di noi, ma si deve pensare anche al
bene comune e apportare tanta amore per avere
un mondo migliore da quello che abbiamo avuto
fino ad ora. È necessario edificare un mondo più
efficiente e vantaggioso e tutto questo dipende
dalla nostra volontà e dalla nostra esperienza ricevuta in eredità da Don Bosco.
Questo è l’Exallivo!
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Redazione: Working in progress…
Il nostro ultimo incontro di Santeramo ha creato le basi per un’azione concretamente
volta ad aumentare le occasioni di dialogo fra noi. Chiaramente non è quasi mai possibile incontrarsi tutti insieme dal vivo, ma gli strumenti che abbiamo a disposizione
servono a questo scopo. Uno di questi è il nostro giornalino, che oramai tutti riceviamo
ogni mese e che ci tiene compagnia. Personalmente però penso che debba diventare più
vicino a noi, direi meno mistico e più comprensibile. La realtà che ci è vicina è quanto
mai reale, terrena e bisognosa di ascoltare e farsi ascoltare. Il giornalino deve ascoltare e contestualmente inviare delle sollecitazioni perché sorga un dibattito fra noi su argomenti di interesse comune.
Per esempio, parliamoci di eventi accaduti, di situazioni che stiamo vivendo e per cui lo scambio di
informazioni con altri può esserci utile; parliamo delle speranze e dei sogni che coltiviamo e, là dove
non c’è il sogno, chiediamoci il perché. Parliamoci dei nostri figli, delle loro aspettative, della situazione lavorativa, o della interessantissima corrispondenza epistolare avvenuta fra Papa Francesco
ed Eugenio Scalfari. Sono otto domande che Scalfari ha posto a Francesco, e il Papa, attraverso “La
Repubblica”, ha risposto a tutte; e il dibattito continua. Questo scambio di idee sarebbe da riportare
sul giornalino, perché riguarda l’atteggiamento di un “ateo” nei confronti del Cristianesimo, ovvero:
un “ateo” onesto e corretto con se stesso e il mondo, è accettato da Dio????????? E se è vero che Dio
è nel pensiero dell’uomo, quando l’uomo non ci sarà più, scompare Dio?
Questo dialogo fra credenti e non credenti è stato portato avanti anche attraverso un’altra epistola,
quella che il Papa Emerito ha inviato a Piergiorgio Odifreddi raccontandogli chi era Gesù. Impresa
ancora più coraggiosa di quella di Papa Francesco, dato che Odifreddi è sempre stato meno “conciliante” di Scalfari nei confronti del Cattolicesimo.
Aggiungo un altro argomento di riflessione: «Perché il disastro umano dei migranti che hanno
lasciato in fondo al mare le loro speranze? Perché Dio lascia che tutto questo avvenga?»
Questo è solo un esempio delle otto domande che vorrei porre al nostro don Antonio, chiedendogli,
se accetta, di fare mensilmente le sue riflessioni su di esse nello spazio del giornalino, perché sono
domande che ci riguardano da vicino. E fermarsi a leggere sia la domanda che la risposta vuol dire
ritagliarsi un momento di meditazione per noi, i nostri Esercizi Spirituali.
Perché Vi scrivo? Perché Vi propongo di scambiarci idee, dubbi, certezze, informazioni e cronaca,
e tutto quello che ho indicato nel corso della e-mail.
Basta un pensiero e il giornalino diventa più nostro.
Vi abbraccio.
Luigi Leone
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----Messaggio originale---Da: Nicola D’Urso
Caro Luigi
mi trovi pienamente d’accordo. Teniamoci in contatto sempre attraverso il ragionamento, le esperienze di tutti noi raccontate ed elaborate potranno essere di valido aiuto per affrontare la nostra Vita
che deve essere di esempio sprone e appoggio morale e materiale ai nostri figli. Questo tempo che
stiamo vivendo è un tempo pieno di difficoltà a tutti i livelli, un tempo dove i nostri figli non hanno
grosse prospettive di un lavoro sicuro.
Dobbiamo, almeno attraverso l’esperienza di ciascuno di noi, affrontare anche questo tema. Abbiamo questo dovere, direi questa missione da compiere. I nostri ragazzi. Il loro futuro. Le loro aspettative. Che mondo vogliamo dargli. A Noi il dibattito.
Ti abbraccio e con te tutti gli amici.
Nicola D’Urso
-------Messaggio originale------Da: Antonio CASTELLANO
Oggetto: R: REDAZIONE
Carissimi,
queste idee (ed altre simili) mi sembrano molto opportune per proseguire il dialogo tra di noi.
Siamo in un momento in cui bisogna programmare l’edizione del nostro giornalino per l’anno
prossimo.
Penso che si possono mettere insieme alcune
rubriche: quella della spiritualità salesiana, una
sulle sfide attuali (lavoro, giovani, famiglia …),
una sulle domande di fede, e poi – come sempre
– le notizie e informazioni nostre…
Un caro saluto,
Antonio
Le moderne democrazie mascherano regimi
tirannici. Utilizzano i mezzi di comunicazione di massa come strumenti di disinformazione e di stravolgimento delle coscienze degli
uomini. (Albert Einstein)
-------Messaggio originale------Da: Aldo Lacroce
Oggetto: R: PACOGNANO.xls
Grazie. Io non ho tanti bei ricordi dei Salesiani, ma tanti amici tuoi sono stai poi amici miei…
È una bella iniziativa portata avanti soprattutto da
chi ha fatto il Noviziato un anno prima di me.
Io sono stato dai Salesiani fino al 1975 e ho
fatto il tirocinio a Salerno, con conseguenze molto sofferte nella mia vita. Sono uscito perché ammalato per stress da super lavoro!!!!! E questo ha
condizionato tutta la mia vita.
Comunque, tienimi in contatto… di quasi tutti
ho perso le tracce.
Posso darti altri nominativi di compagni di
quel periodo ma ho solo contatti con alcuni napoletani e quelli della Sicilia, oltre ad alcuni di
San Gregorio, come Gianni Sicali.
Ancora un’altra cosa… ho insegnato anche
dai SDB nel 2005, con Tobia direttore a Sovera-
-------Messaggio originale------Da: dott Emilio Leone
Oggetto: REDAZIONE
È un altro Leone che prende la parola, Emilio
Leone di Santeramo.
È interessantissimo il suggerimento che propone Luigi, e, del resto, è quanto ho sempre sognato si possa fare in una comunità educativa di
“ragazzi” che ragazzi non sono più, anagraficamente, ma lo sono per vocazione salesiana e per
scelta di vita (l’ottimismo di don Bosco ed il suo
sistema educativo!).
Per deformazione professionale, e per usare
un parallelismo che mi tocca da vicino, la potremmo chiamare FaD (che sta per: “Formazione a distanza”).
Come giustamente dice Luigi, non è possibile ritrovarci fisicamente attorno ad un tavolo ad
interrogarci su tematiche attuali e scottanti, ma
possiamo provare a farlo a distanza, appunto attraverso il giornalino.
Quindi: ben venga!
Un cordiale saluto a tutti!
Emilio Leone
to… è stato un disastro. Ho avuto modo di vedere che tanti problemi erano gli stessi di anni fa e
soprattutto Tobia aveva una visione distorta della
gestione delle scuole salesiane che io non condivido. Molto fraternamente gli ho detto tutto ma
non ho più voluto insegnare da loro. Mio caro
amico è anche Saro Vella, vescovo in Madagascar. In Facebook sono in contatto con Piero Tramonte e altri… ma ci vediamo davvero poco.
Michele Farinella, Enzo Andronaco, Filippo
Castrovinci, Nicola Beso, Tonino Conca, Pippo
Grasso… questi sono stai pure miei compagni di
Noviziato e alcuni pure di studentato, oltre, naturalmente, a Tonino Castellano. Con Enzo e Filippo ci siamo incontrati a Messina, anni fa.. Qui a
Soverato c’è Ciro Solofra, pure del mio anno.
Ciao!
Odio quelli che vogliono fare i
colti parlando di Mozart e non
hanno mai visto nessuno dei
suoi dipinti.
15
Caro Dino,
con ancora viva nell’animo la
commozione per l’arrivo dell’urna di Don Bosco, torno a rivivere
le emozioni dell’incontro con gli
Ex Aspiranti del Sud che si sono ritrovati a Santeramo.
Non potevo mancare a quell’appuntamento
preparato da tempo e con molta cura (io ne sono
stato testimone). E, certamente, visti i risultati,
non puoi che essere soddisfatto. Eravamo in tanti
e tutti molto motivati. D’altra parte non si può
dire di no quando chi ci sollecita all’incontro è
un santo come Don Bosco. Proprio questo mi ha
colpito a Santeramo: era evidente, quasi palpabile, il grande amore verso il nostro grande Maestro ed Amico Don Bosco.
Ma, se il precedente raduno a Carmiano (al
quale ho avuto il piacere di partecipare), è stato
una incontro all’insegna dell’amarcord di questo o quel Salesiano… stavolta si è respirata aria
nuova: si è guardato al presente con la testimonianza dell’impegno degli Ex Aspiranti nelle
attività della Casa Famiglia di Motta Vigana di
Massalengo. È una iniziativa assai lodevole, da
non trascurare assolutamente.
Diverso è stato anche lo spessore della Salesianità evidenziata dalla vostra Unione; si nota
che non siete più estranei all’organizzazione che
la Congregazione ha voluto dare alla Famiglia
Salesiana. E questo è certamente merito tuo, del
gruppo degli Ex Aspiranti che ti sono vicini, del
Presidente Luigi Leone (al quale rivolgo un caloroso saluto e un arrivederci, magari nel Salento)
e del caro e stimato Don Antonio Castellano, il
vostro leader carismatico.
Come Exallievo di Don Bosco, non posso che
essere contento di tutto ciò; tu sai che a me gli
Ex Aspiranti sono particolarmente cari, sia per
la fraterna amicizia che mi lega a te e a molti
di voi, sia perché io, sin dall’inizio, ho creduto
nelle potenzialità del vostro gruppo e sempre vi
ho sollecitato ad aderire (singolarmente o come
gruppo) all’ Associazione degli Exallievi di Don
Bosco, considerata la realtà salesiana più prossima alla vostro status. Va anche ricordato che proprio a Corigliano si è riconosciuta ufficialmente
e giuridicamente la vostra Unione.
L’invito è quello di continuare nell’impegno.
Oggi, più che mai, è necessaria la collaborazione di laici, e di laici preparati, convinti, pronti a
esporsi in prima persona nella difesa di quei valori che costituiscono il D.N.A. del nostro essere
cristiani e salesiani. E sicuramente non ci mancherà l’aiuto dell’Ausiliatrice di Don Bosco.
Tanti cari fraterni saluti a tutti e… invitatemi
ai vostri incontri.
Corigliano d’Otranto, 15.11.2013
Nicola Fiore
-------Messaggio originale------Da: Ruvituso Lino | Palermo
Oggetto: Re: I NewsOttobre2013
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Leonardo, grazie per il giornalino che puntualmente ho il piacere di ricevere.
Forse non ricorderai chi sono ( tra l'altro non ci conosciamo di persona): sono un compagno di
Cristiani, Guarino Roberto, Di Gioia, Blagho Nicola ecc.
Nel 2009 ci siamo incontrati a Pacognano dopo 39 anni: è stato molto bello.
Purtroppo noi in Sicilia non abbiamo questa bella esperienza che portate avanti voi: complimenti
a voi.
Nel giornalino c’era anche una saluto da parte di Piero Tramonte con il quale siamo stati insieme
a S. Gregorio in Sicilia: avrò il piacere di mandarli un saluto.
Auguri e complimenti a voi: che Dio e D. Bosco benedicano sempre il vostro lavoro e la vostra
disponibilità per il bene che fate.
Grazie!
Lino Ruvituso
Ho talmente tanto sonno arretrato che faccio i sogni in lire.
-------Messaggio originale-------
-------Messaggio originale-------
Da: Daniela Ferorelli
Da: Edoardo Patacca
Oggetto: Giornata a Castello di Godego
Cari amici,
in riferimento all’incontro dell’8 settembre 2013,
sento il bisogno di esternare le mie emozioni, anche perché solo pochi erano a conoscenza della coincidenza dell’incontro in questione con il
compimento dei 25 anni di matrimonio, che io
ed Erasmo abbiamo celebrato il 13 luglio. Don
Bosco ha svolto un ruolo rilevante nella nostra
vita, poiché ha permesso che io e la mia metà ci
incontrassimo… Era il 1977 quando, mediante
i Salesiani di Taranto, per quanto concerne me,
e di Santeramo (Erasmo), prendemmo parte agli
esercizi spirituali tenuti a Cisternino.
È una grande emozione partecipare a questi
incontri, dato che rivivo i momenti trascorsi, momenti di un passato che, seppur remoto, non cessa mai di essere sempre presente; inoltre rivedere
tutti voi è motivo di gioia.
Quest’anno non c’è stato molto zelo da parte
di noi santermani, né una certa solerzia a partecipare e questo mi rammarica, tuttavia abbiamo
constatato l’elevato numero di partecipanti al raduno, nonché una perfetta organizzazione. Grazie a tutti coloro che si sono adoperati per la riuscita dell’evento, ma, soptrattutto, grazie a Dino
che, con il suo impegno e la sua tenacia, riesce a
dare il meglio di sé.
Un caro e affettuoso abbraccio a questa splendida famiglia salesiana e l’augurio è che possa
diventare ancora più numerosa!
Daniela Ferorelli
Ciao Dino, come va?
Ti scrivo per dirti che Domenica 13-10-2013
sono stato a Castello di Godego in occasione di
un incontro tra ex allievi.
La giornata è incominciata alle 9.30 circa
dove ho incontrato qualche persona che avevo
incontrato ad Aprile e ho avuto degli incontri
con persone che hanno saputo dell’incontro di
Volpato a Motta Vigana da Ezia; ho scambiato
con loro qualche pensiero, ed hanno apprezzato
molto l’attività in casa di Ezia. Poi alle 11.30
abbiamo partecipato alla Santa Messa tutti assieme. Alle 12.30 c’è stato il pranzo, dove verso
la fine c’è stata un pesca di beneficenza per una
comunità che aiuta delle famiglie povere.
Alle 15.00 sono partito per tornare a casa a
Milano.
Al mattino ho saputo che Mario Volpato non
sarebbe stato presente all’incontro perché sta
molto male, e nella giornata di Lunedì è entrato
in un ospedale di Vicenza per curarsi (sembra
che la malattia sia un po’ “pesante”). Ovviamente durante la S. Messa c’è stata una preghiera particolare per una pronta guarigione.
Nella giornata del 27 Novembre 2013 ci sarà
(in Istituto) la giornata per l’adorazione dell’Urna di Don Bosco.
Un saluto e a presto. Un abbraccio in Don
Bosco.
Edo
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-------Messaggio originale------Da: Ferrara Nicola
Dino carissimo è un po’ di tempo che mi propongo di salutarti con due brevi
righe, e finalmente questa sera, complice la pioggia, ma che dico “il quasi diluvio”, sono qui a
rivolgerti un caro saluto.
Mi sono riletto tutte le considerazioni, sul
nostro giornalino, riguardante il nostro raduno
e a mente un po’ più fredda ho capito e gustato a fondo alcuni pensieri, siano essi del nostro
Rettor Maggiore e/o di qualsiasi altro che abbia
espresso le proprie emozioni.
La riflessione più bella e sincera che mi viene da fare è quella della “comunione del nostro
pensiero”, in fondo ad ogni articolo ho scoperto
il valore dell’amicizia e il proposito di andare
avanti su questa strada, condivido pienamente le
parole del Rettor Maggiore quando dice che è la
quotidianità con le sue azioni che ci porta a fare
gesti e pensieri importanti e belli.
È quello che abbiamo fatto noi il giorno del
nostro incontro, e quello che ci siamo proposti
di fare nei nostri giorni a venire, perchè io credo
che adempiremo pienamente ai nostri propositi
18
se quotidianamente cerchiamo di metterli in
atto,cosa per altro non sempre facile.
Ed allora ci hai suggerito il tema della “fortezza” che, a mio avviso, potrebbe essere interpretata come voglia di continuare nel “nostro
percorso” per portare e seminare intorno a noi
i nostri
propositi e le nostre emozioni.
Chi meglio di don Bosco ha tenuto fede a questa parola, non si è mai arreso, possiamo fare anche noi, nel nostro piccolo, come lui.
Essere forti delle nostre idee e confrontarci
con noi stessi e con gli altri cercando di costruire
un mondo migliore per i nostri figli ed il nostro
prossimo per sperare di non ripetere quello che
“con sofferenza” Papa Francesco ha proferito
VERGOGNA!!!!!!!!
Non è facile ma dobbiamo avere la forza di
essere noi stessi, provare i sentimenti di amicizia
e fratellanza ogni giorno e non solo il 25° o in
atre occasioni importanti.
Caro Dino rimboccati le maniche perchè credo che il nostro cammino e la nostra unione ha
ancora tanto bisogno di te e di tutti quanti noi.
Ti abbraccio caramente.
Nicola
-------Messaggio originale------Da: dott Emilio Leone
Carissimo Leo,
io ti conosco da molti anni, ed abbiamo entrambi,
come moltissimi “ragazzi” come noi, un comune denominatore che pervade la nostra esistenza
sin dalla nostra adolescenza; una meravigliosa
persona nata duecento anni fa’ ma della quale si
sente parlare ancora oggi. E non solo.
Ti conosco da tanto, dicevo, anche se, oltre ad
un po’ di anni di differenza, ci distinguiamo per
molteplici altre cose. In comune, come dicevo,
abbiamo don Bosco.
Tu hai vissuto due anni intensi ed indimenticabili qui, a Santeramo, come aspirante salesiano, frequentando il biennio del ginnasio. Io non
ho frequentato scuole salesiane, ma dai 9 ai 23
anni mi sono forgiato carattere e coscienza nella
fucina educativa dell'oratorio salesiano del mio
paese. Siamo satelliti fisicamente lontani di un
astro che emana ancora tanto calore, ed ogni tanto le nostre orbite si incrociano e ci troviamo a
fare delle belle cose insieme.
Come ben sai, e come a mia volta ti ho sintetizzato in uno scritto, il marchio di “salesiano”
non te lo togli più da dosso, neanche a volerlo, ed
è per questo che, anche quasi dopo cinquant’anni, continuiamo a credere in certi ideali e continuiamo a diffonderli nella vita di tutti i giorni.
Sai che attualmente rivesto il ruolo di presidente degli exallievi di Santeramo. E sai pure
quanta difficoltà si trova nel cercare di rinfocolare il sacro fuoco di don Bosco in moltissimi che,
pur avendo calcato i campi dell’oratorio per molto tempo, vivono l'exallievità in maniera molto
tiepida, come una carica onoraria verniciata di
nostalgia, e con sentimenti che a fatica vanno oltre le rimpatriate a suon di “agape fraterne” e di
“don Bosco ritorna!”.
A volte penso che, obiettivamente, non si può
dare tutti i torti a gente che fa fatica ad essere
solo un poco poco più presente, produttivo, collaborativo per la comune causa che è l'obiettivo
finale di don Bosco: i giovani più bisognosi.
E fa fatica per una serie non indifferente di
motivi, fra i quali ci metterei la crisi economica
e sociale che ti costringe a concentrare tempo e
risorse alla sopravvivenza tua e/o della tua famiglia.
Ma è doveroso pure non sottovalutare la svalutazione ingravescente dei valori e la progressiva perdita di fiducia negli ideali, che porta inevitabilmente al nichilismo ed all’egocentrismo
arido ed ostinato.
Sono molto cambiati i tempi, caro Leo.
A volte mi sento scoraggiato ed in certi momenti mi riesce più facile capire lo scoramento
e l’abbattimento di Sancho Panza nel guardare il
suo padrone combattere contro i mulini a vento.
Per cui, chi ha vissuto in un passato ormai quasi remoto una meravigliosa (quanto fugace) esperienza, e non ha avuto occasioni per fare efficaci
“richiami” a quel vaccino di allora, travolto dalla
vita quotidiana che ha tutto il tempo per martellarti giorno per giorno con messaggi destruenti,
finisce per vivere la salesianità solo come un bel
ricordo (nella migliore delle ipotesi).
Tu sei un’eccezione, una eccezionale eccezione. Per te il tempo non è passato. E, nonostante le non poche e pesanti batoste alla tua salute,
non solo porti vivissima in te la fiamma dell'entusiasmo e dell’ottimismo salesiano, ma sei un
instancabile ed ostinato promotore e sollecitatore
di buoni pensieri e di buone iniziative.
Sei una eccezione, Leonardo. Per cui non ti
meravigliare se gli altri non sentono certe cose!
La verità e che sei tu che le senti ancora fortissimamente vive in te, per cui, a maggior ragione
gli altri, i tuoi vecchi compagni, appaiono apatici. È vero che molti sono nani, ma la vera differenza la fai tu che sei un gigante!
Per cui non ti abbattere se senti poche risposte, o risposte deboli. Ti esorto pure a non esagerare perché devi tenere un po’ più di attenzione
alla tua salute.
Continua a seminare, come stai instancabilmente facendo da tanti anni. E poi si vedrà. Lo
sai come dice il Vangelo, non devo essere io a
ricordartelo. Ti abbraccio fraternamente.
Emilio Leone
19
Lista Movimenti Conto Corrente
IBAN:
IT 97 C 03058 01604 100570714443
Intestatari:
SPADAVECCHIA LEONARDO GARRAMONE MICHELE
Saldo:
Periodo:
€ 2008,56
Ultimo mese
Data
contabile
Data
valuta
24-10-2013
24-10-2013
Bonif. v/fav. - RIF: 014499552
130,00 €
-
€
2-10-2013
2-10-2013
Bonif. v/fav. - RIF:014185808
50,00 €
-
€
1-10-2013
30-09-2013 Addebito canone mensile conto corr.
Descrizione
Totale Entrate/Uscite
Entrate
-
Uscite
€
-1,00 €
180,00 €
-1,00 €
Sostegno in vicinanza
20
Siamo abituati a pensare che il terzo mondo
sia lontano, ma se apriamo bene gli occhi ci accorgiamo che è anche intorno a noi, ci rendiamo conto di quanti e quanto vicini a noi siano i
bambini, i ragazzi e i giovani che hanno bisogno
dell’aiuto e dell’amore che possiamo dare. Il tuo
Sostegno in Vicinanza per tutti quei minori che
vivono nelle zone difficili delle nostre città, dove
sono destinati a crescere allo sbando, immersi
nella povertà, nella solitudine e nella violenza,
ai quali vogliamo dare accoglienza e portare un
messaggio di amore.
Il Sostegno in vicinanza è la modalità per poter contribuire, attraverso donazioni mensili, alla
missione di Salesiani per il Sociale in Italia. Gli
importi donati servono a contribuire nel finanziare i progetti delle case – famiglia e dei centri
diurni in cui i minori vengono accolti.
Questo tipo di sostegno permette alle strutture
che abbiamo in Italia di garantire servizi aggiuntivi a quelli finanziati dalla pubblica amministrazione o di fornire servizi aggiuntivi alle mamme
e ai loro bambini che non risiedono nelle strutture ma che vivono in situazioni di estrema povertà
di usufruire di generi di prima necessità.
Il sostegno in vicinanza è un adozione che sostiene un bambino o un giovane che vive vicino
a noi. Il sostegno dato ad un bambino va a beneficio anche di tutta la comunità. Il bambino da
sostenere viene scelto dalla stessa comunità, in
questo senso le comunità vengono coinvolte in
ogni passo del sostegno.
Come avrà potuto vedere sul nostro sito www.
salesianiperilsociale.it si può scegliere di sostenere
UN BAMBINO (0-6 anni)
UN RAGAZZO (6-12 anni)
UN GIOVANE (12-18 anni)
Per questioni di sicurezza possiamo soltanto
raccontare la storia del minore e i suoi progressi
scolastici. Non possiamo fornire nessun dato in
più, neanche la foto. Alcuni dei nostri ragazzi si
trovano infatti in condizioni di pericolo, allontanati dalla famiglia di origine per ordinanze del
tribunale dei minori, pertanto non possiamo fornire nessun dato che lo riguardi tale da poterlo
identificare. Ne va della sua sicurezza.
Spero di averle dato tutti i chiarimenti che desiderava e resto a Sua disposizione per qualsiasi
informazione e/o chiarimento.
Sara
La forza la trovi in te
La forza la trovi in te
nessuno te la può dare.
La forza di lasciar andare,
La forza di dimenticare,
La forza di vivere,
di continuare a lottare,
La forza di sorridere
anche quando qualcuno
vorrà portartela via.
Vinci la tua battaglia,
ma non sugli altri,
su te stesso;
Trova il sole dentro di te,
in modo che possa risplendere
ogni volta che la pioggia
vorrà bagnare il tuo sorriso.
M. Ghesini
21
IL FOCOLARE DELLA CASA FAMIGLIA
MOTTA VIGANA-MASSALENGO (LO)
Notiziario degli ospiti della casa-novembre 2013
Tiepide brezze di
primavera vestono
l’accoglienza della
casa.
Avvolgente clorofilla
che nutre e fa crescere.
Giardino illuminato da
splendore di luna che
guida i viandanti negli
smarriti cammini.
Luce divina,sole di
Cristo che rimane nei
cuori ed avvolge
tramonti ed albe
radiose.
La “FORTEZZA”
"Non è forte
colui che non
cade mai, ma
colui che
cadendo si
rialza
sempre"
Considerazioni degli educatori ed ospiti
,
Spesso nella casa famiglia nascono diversi sentimenti che spesso
facciamo fatica a riconoscere. Il nostro cuore e il nostro spirito fan
così presto a credere di avere ragione E' così difficile accettare di
avere torto e non solo, ma che ci siano anche persone che amiamo ed altre no. La collera, il rancore, l'angoscia, il rifiuto dell'altro
ci permette di scoprire il lupo che c'è in noi. Nel più intimo di noi
stessi abbiamo una parte molto vulnerabile, quella legata all'amore e alla tenerezza. Se feriti nella fiducia e nell'amore siamo obbligati a proteggerci per non soffrire troppo per questo abbiamo
creato dei meccanismi di difesa nei confronti degli altri.
La relazione la si desidera e nello stesso tempo la si teme. Se ti avvicini troppo a me rischi
di violare la mia intimità, diventi un pericolo per me. Se ti allontani troppo da me, se non
mi saluti più quando mi incontri per la strada , mi fai stare male. L'amore è nello stesso
tempo ciò che più cerco e ciò che più temo. Viviamo tutti questo mistero del cuore umano
che ha sete e che ha paura. Così abbiamo costruito ogni sorta di protezione attorno al nostro cuore . Abbiamo messo il “ lupo” , la nostra aggressività, alla porta della nostra ferita e
della nostra vulnerabilità
Ma il lupo può voltarsi contro di noi e allora cediamo nella depressione. Ci colpevolizziamo
perchè ci sentiamo dei buoni a nulla; nessuno può amarci e nello stesso tempo ci sentiamo
incapaci di amare. Allora tutte le forze di aggressione si ritorcono contro di noi.
Questo lupo che attacca e che si ritorce contro di noi è molto forte. Veniamo presi facilmente dalla paura: la paura del lupo, la paura dei nostri conflitti. Abbiamo paura dell'avvenire, paura dell'insicurezza, paura di perdere la nostra libertà, di non essere amati, paura di
ciò che gli altri pensano di noi , paura del fallimento, della sofferenza e della morte.
Tutte queste paure rischiano di governare la nostra vita
Fortunatamente Dio ci viene incontro con lo spirito della Fortezza che ci aiuta a riconoscere le nostre debolezze, ad accettare questa povertà e a superarle . Bisogna permettere allo
spirito della Fortezza di penetrarci in tutto, nella nostra intelligenza, nell'affettività, nella
memoria, nel corpo affinché tutto il nostro essere sia permeato dallo stesso Spirito di Dio e
impariamo ad affrontare tutto con coraggio e serenità.
Ezia
Nel cammino della vita si passa da uno stato di inconsapevolezza
ad una presa di coscienza della propria realtà e del mondo che ci
circonda.
In questi passaggi realtà informative e formative formano il
nostro essere, il nostro carattere, la nostra persona.Sappiamo
quanto l'attenzione, l'amicizia sincera e l'amore siano importanti
per farci sentire stimati, apprezzati, ben voluti ed aprono ad
essere liberi da molte chiusure che possono impedire la nostra
realizzazione.Anche la considerazione che possiamo avere di noi
trasmessa dalla famiglia, dalla società , dall'educazione religiosa costituiscono alla
formazione interiore che ci fa uomini o donne che sanno chi sono o chi possono
diventare.Un cammino di formazione ed educazione spirituale non deve mai interrompersi
eventualmente cambiare o rinnovarsi alla luce delle esperienze e delle conoscenze che
man man si acquisiscono.
In noi ci deve essere un desiderio di sperimentare, compromettersi e ricercare... Questo è
necessario se vogliamo progredire.
Certo non è facile perchè può accadere di dover cambiare strada, trovarsi solo
per un periodo di tempo ma è necessario soprattutto perchè la vita essendo una,
la dobbiamo considerare opportunità di una realizzazione piena per noi stessi e per gli altri,
trovando anche quell'equilibrio per sopravvivere.
Renato
Caro Dino sono felice di scriverti , io sono una fortezza in persona e non cado
mai dalla sedia .
Perchè nonostante i miei problemi ,riesco a superare le mie incertezze e
paure.
Dino lo sai che sto diventando signorina grande?.
A scuola sto andando bene , perchè riesco a studiare con amore.
Dino tu stai facendo il bravo??????.
Ezia con me è brava e mi insegna tante cose belle , ma se sbagli una lettera delle parole con le
doppie sono guai!! Scherzo lei è buona come te .
Ciao Dino ti voglio bene!
Rodica
La fortezza è quella qualità che mi permette di superare una difficoltà senza
paura con calma e determinazione.
Nella vita incontriamo molte difficoltà e avversità e spesso ci sentiamo deboli
o disperati.. La fortezza mi rende capace di sopportare le difficoltà , capace di
lietamente patire.
Chi ha in sé la fortezza reagisce alle difficoltà senza intenzione di cedere.
Per me essere forti significa affrontare spesso le critiche e le offese senza
perdere la calma.
Significa conservare nelle conflittualità un comportamento mite, e cercare di tener fede ai propri
impegni nonostante gli ostacoli, significa anche esser capaci di intraprendere nuove iniziative
anche nelle difficoltà.
Essere forti significa vivere nella verità, nella giustizia e nella carità . Bisogna che io temperi il mio
modo di essere ogni giorno perchè non è facile acquisire questo dono ma sicuramente è un
cammino da intraprendere perchè porta buoni frutti.
Matteo
"Finché la mano e la mente ti guideranno non smettere mai di amare la vita. Anche se aiuterai una sola anima non avrai vissuto invano. Non guardare gli uomini piccoli che ti girano intorno,
ma guarda l'uomo grande che è in te. Vivi apprezzandoti e fai silenzio, vedrai che ritroverai la calma e la serenità. In mezzo
al rumore non si avvertono né i respiri né i sospiri delle persone
che ti vogliono bene. Fai in modo di non sentire la cattiveria degli uomini, ma di apprezzare la loro bontà" (Romano Battaglia)
La fortezza per me significa resistere alle tentazioni. Se infatti siamo tentati e cediamo
commettiamo il male , ma se grazie alla forza dello spirito riusciamo a
resistere, vinciamo e realizziamo il bene..Per me è come una sfida al male ,
sfida che riusciamo a superare grazie alla fortezza che è in noi.
La fortezza è una grande virtù che mi permette di andare incontro alle
difficoltà con una buona dose di coraggio e di positività . Grazie alla fortezza
ho la fiducia di poter superare tutto e di poter resistere a tutto ciò che è
contrario: nella lotta per rimanere coerente con i miei principi, nella
sopportazione di offese e di attacchi, anche da persone che amiamo ; nella
perseveranza coraggiosa dell'amore.. che tutto sopporta e tutto perdona. Questo è per me il
significato di Fortezza
Cecilia
La fortezza, nel mondo in cui viviamo attualmente, non è da tutti.
Per affrontare le difficoltà che si presentano ogni giorno bisogna avere
una grande forza interiore per vivere la vita in modo felice.
Certamente richiede una grande costanza ed una certa vigilanza su ciò
che pensiamo o facciamo. Essere forti contro il male non è cosa da
poco. Siamo esseri deboli e facili alla caduta ma siamo anche forti per
rialzarci e continuare il cammino. Quando cediamo alla tentazione non
dobbiamo disperare ma cercare di imparare dall'errore e cercare di
rialzarci. Anche quando siamo di fronte a qualche disastro o qualche malattia non dobbiamo
arrenderci o preoccuparci perchè la calma è la virtù dei forti. Grazie alla fortezza. che è un dono
dello spirito santo e che ci viene dato da Dio ogni volta che glielo chiediamo, possiamo affrontare
tutte le difficoltà con coraggio e serenità. Un altro modo per diventare forti è dando forza agli altri
ed aiutarli nelle loro difficoltà. Questo ci permette di fare esperienza e l'esperienza ci fa diventare
più forti .
Romolo
Un dono di cui abbiamo bisogno noi,uomini d'oggi, che ci troviamo
particolarmente esposti agli assalti, alle insidie e alle seduzioni del mondo,
è la fortezza: il dono, cioè, del coraggio e della costanza nella lotta contro
lo spirito del male .Specialmente nelle ore della tentazione o della
sofferenza, è facile vacillare o cadere nella tentazione. Se non ci fosse lo
spirito di Fortezza in noi non saremmo nelle condizioni di superare e
vincere le difficoltà della vita. Ma come fare o cosa fare per ottenere lo
spirito della Fortezza? Secondo la mia opinione ci dovrebbe essere
qualcuno che ti guidi e ti aiuti a capire come sia importante questa virtù e
ti indichi il modo per ottenerla. Il dono della fortezza è una partecipazione in noi della stessa
potenza e saldezza dell'Essere divino. Bisogna fare un cammino spirituale con una guida spirituale
e una ricerca personale.Si tratta di una forza interiore, radicata nell'amore, che ci spinge a fare e
ad agire coraggiosamente con il nostro parlare , fare e pensare. La fortezza ci rende campioni
nella vita e nella morte. Si può dire che, al cristiano impegnato nel «combattimento spirituale», è
partecipata la fortezza della croce! Lo Spirito interviene con una azione profonda e continua in
tutti i momenti e sotto tutti gli aspetti della vita cristiana, per orientare i desideri umani nella
giusta direzione, che è quella dell'amore generoso, di Dio e del prossimo, sull'esempio di Gesù. A
questo scopo lo Spirito Santo fortifica la volontà, rendendo l'uomo capace di resistere alle
tentazioni, di riportare vittoria nelle lotte interiori ed esterne, di sconfiggere la potenza del male, e
di compiere l'impresa di una vita secondo l’insegnamento evangelico. Veronica
Occorre forza per praticare il bene, quella forza che serve per superare le
difficoltà che ci si incontra nel farlo. Fare il bene o vincere il male con il bene
non è cosa da poco... richiede tanta forza e determinazione. E' dall'intensità
della forza che si vede la grandezza di una persona. Io credo che più ci si sente
amati più si diventa più forti e se ci sentiamo amati da Dio più diventiamo
coraggiosi nell'affrontare qualsiasi difficoltà. L'essere umili, riconoscere le
grazie di Dio, riconoscere che ci ama , tutto ciò genera la forza, e la forza si
concepisce dall'umiltà : più si è umili più si è forti. La fortezza può essere intesa
moralmente come un sostegno per un inizio di un qualcosa, di un cammino, nell'essere generosi e
avere grandezza d'animo. Penso che in ogni nostro dovere ci si debba mettere impegno,
affrontando la vita con coraggio, sapersi difendere difronte ai pericoli : questa prova della vita è
segno di fortezza. Sono forte? E' un cammino ed io mi sento in cammino... certamente la vita mi
renderà forte perchè so che non sono solo ma Gesù mi è accanto e nella mia debolezza Lui sarà la
mia forza.
Francesco.
Essere forti per me significa quando una persona inizia un cammino difficile o
normale nella vita e vuole proseguire sereno e sicuro senza alcuna
preoccupazione o paura. Quando cioè si comporta deciso, coraggioso, forte
d’animo, pronto a superare qualsiasi difficoltà e avere le idee chiare di quello
che desidera fare. Dovrebbe avere anche una buona dose di costanza, di
pazienza e di umiltà. Perseverare in questo sforzo significa anche saper soffrire,
accettare tutte le prove che la vita ti offre con tanta pazienza e serenità.
Quando parlo di pazienza intendo soprattutto riferirmi alla capacità di
sopportare con animo tranquillo i vari patimenti fisici e morali e le avversità che accompagnano
ogni lavoro o ogni scelta di vita. Questo significa, per me, essere forti , possedere cioè il dono
della fortezza.Naturalmente io che ho 17 anni non mi considero una persona forte, anzi direi che
sono una persona fragilissima e facilmente cado in tentazione ,ma sono consapevole
dell’importanza di questa virtù o dono e desidero un giorno diventare una persona che ha
ottenuto il dono della fortezza. Sono ancora giovane e la Vita mi insegnerà e mi darà opportunità
di crescita.
Robertino
Chi possiede una grande forza di volontà riesce facilmente ad
autocontrollarsi e a forzare il proprio corpo e la propria psiche verso un
obiettivo (che può essere il miglioramento della qualità della vita) Non
bisogna confondere però la fortezza con la forza di volontà.. Eppure è
facile fare l'esempio di persone che hanno dato prova di una grande
forza di volontà, ma che comunque restano incapaci di modificare alcuni
loro difetti, a volte anche molto penalizzanti. Queste persone hanno sì
una grande forza di volontà che le aiuta a superare tutte le difficoltà che
si frappongono fra loro e lo scopo, ma questa volontà potrebbe essere
di tipo nevrotico. L'oggetto a cui tendono è qualcosa per cui darebbero tutto: la loro forza non
deriva da una qualità interiore, ma dalla nevrosi con cui hanno amplificato il valore dello scopo a
cui tendono. Così si scopre che, messe di fronte a difficoltà impreviste, a situazioni spiacevoli, a
prove fisiche non scelte , diventano soggetti deboli e fragili. E necessario quindi avere il dono dello
spirito Santo che è appunto la fortezza, capacità di vincere il male , qualsiasi tipo di male , e
affrontare le difficoltà della vita con coraggio e serenità.
Dario
L’arte di vivere consiste
nel cambiare le foglie,
senza perdere le radici. (e.p.)
Buon Compleanno
Carrassi
Ca
rrassi Lorenzo (1), Ponzi Pietro (2),
Trisciuzzi Carlo (2), Savino Francesco (2),
Canzio Ambrogio (3), Aprile Francesco (4),
Gentile Gino (7), La Fratta Leonardo (7),
Argentiero Rocco (8), Scagliusi Battista (8),
Loparco Francesco (9), Fanizza Vitantonio (11),
Legrottaglie Michele (11), La Porta Ottaviano (12),
Maddalena Angelo (14), Siliberti Franco (14),
Convertini Donato (16), Fusco Giuseppe (17),
D’antico Giuseppe (18), Di Muolo Luigi (19),
Granato Giuseppe (22), Russo Mario (22),
Angelillo Donato (24), De Gennaro Giovannangelo (25),
Grimaladi Rocco (25), Coscia Michele (26),
Specchio Pasquale (26), Don Gisonno Antonio (27),
Moccia Gerardo (28).
Buon Onomastico
Petragallo Carlo, Rosafio Carlo, Calcagnile Carlo, Forcignanò Giancarlo,
Marzo Carlo, Nicotera Carlo, Basile Carlo, Coriolano Carlo,
Quatraro Carlo, Trisciuzzi Carlo, Albanese Leonardo, Cecere Leonardo,
Consoli Leonardo, De Paola Leonardo, Di Turi Leonardo,
L’addomada Leonardo, La Fratta Leonardo, Pizzutoli Leonardo,
Spadavecchia Leonardo, Tarantini Leonardo
Ricordiamo con una Preghiera anche Don Cella Leonardo.
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