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C`è un tempo per 2005 - Rapporto Immigrazione 2006

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C`è un tempo per 2005 - Rapporto Immigrazione 2006
Sportello Immigrazione
IL FARO
CRONACA, APPUNTI
E DOCUMENTI
materiali per lo sviluppo interculturale - n. 4 - DICEMBRE 2005
di
a cura di
Clara Belotti, Marco Cini e Giancarlo Domenghini
Centro Formazione Lavoro
ACHILLE GRANDI scarl
Bergamo
Sportello Immigrazione IL FARO
via Roma, 35 - VILLONGO (Bg) - Tel: 329.2603845; Fax: 035.927676
www.bronzone.it - [email protected]
CRONACA, APPUNTI E DOCUMENTI di
Sportello Immigrazione IL FARO
COMUNITÀ MONTANA del Monte Bronzone e del Basso Sebino
C’è un tempo per… 2005
Collana
“MATERIALI PER LO SVILUPPO INTERCULTURALE”
n. 1
“…di occhi e di pane”
a cura di Stefania Ravasio e Giancarlo Domenghini
n. 2
ATTI DEL CONVEGNO
“DI OCCHI E DI PANE… Incontrarci per conoscerci meglio”
n. 3 RELAZIONE FINALE del CORSO per
“Agenti allo sviluppo interculturale”
a cura di Giancarlo Domenghini e Marco Cini
Settembre
2002
Ottobre
2002
Novembre
2005
La collana è curata dallo Sportello Immigrazione IL FARO e realizzata dalla
Comunità Montana del Monte Bronzone e del Basso Sebino.
materiali per lo sviluppo interculturale – n. 4 – DICEMBRE 2005
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CRONACA, APPUNTI E DOCUMENTI di
Sportello Immigrazione IL FARO
C’è un tempo per… 2005
COMUNITÀ MONTANA del Monte Bronzone e del Basso Sebino
CRONACA, APPUNTI E
DOCUMENTI
di
“C’è un tempo per… 2005”
SOMMARIO
0. PRESENTAZIONE
1. Raduno della TARIQA QADRIA
1.1. Scheda informativa sulle Confraternite
1.2. Lettera richiesta sala
1.3. Lettera di risposta alla richiesta sala
1.4. La cronaca
1.5. Album fotografico
2. INIZIATIVA per la 4^ GIORNATA ECUMENICA PER IL DIALOGO
CRISTIANO-ISLAMICO
2.1. L’appello
2.2. Il comunicato congiunto cristiano-islamico di Brescia
2.3. Il programma dell’iniziativa
2.5. La cronaca
2.5. Alcune parole dell’evento
2.6. Album fotografico
3. AÏD AL FITR - Festività per la conclusione del mese di Ramadan
3.1. Scheda di presentazione
3.2. Lettera richiesta spazio
3.5. Messaggi di auguri
4. “ QUANDO SEI NATO NON PUOI PIÙ NASCONDERTI” - Film
4.1. Scheda tecnica del film
4.2. Scheda didattica
4.3. I prodotti “a caldo” degli studenti
materiali per lo sviluppo interculturale – n. 4 – DICEMBRE 2005
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Sportello Immigrazione IL FARO
CRONACA, APPUNTI E DOCUMENTI di
COMUNITÀ MONTANA del Monte Bronzone e del Basso Sebino
C’è un tempo per… 2005
5. FESTA di APERTURA del nuovo ANNO SCOLASTICO
del Centro Territoriale Permanente - EdA di Villongo
5.1. Album fotografico
6. Mostra dei progetti realizzati dagli AGENTI ALLO SVILUPPO
INTERCULTURALE
6.1. Presentazione della mostra
6.2. I progetti degli “agenti”
6.3. Album fotografico
7. UNA GIORNATA A BRUXELLES
7.1. Il programma
7.2. Il film di un viaggio a Bruxelles
7.3. Album fotografico
8. 4^ RASSEGNA DI CORTOMETRAGGI SULL’IMMIGRAZIONE
8.1. Schede cortometraggi (storico)
8.2. Il testo del video “Immigrazione è globalizzazione”
8.3. Cronaca della proiezione-dibattito di “Submission”
9. LA FABBRICA DEI SOGNI. Anche i bambini sanno fare cose da
grandi
9.1. La cronaca
9.2. Album fotografico
10. Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale delle Migrazioni
10.1. Integrazione interculturale (messaggio 2005)
10.2. Migrazioni: segno dei tempi (messaggio 2006)
11. Rassegna Stampa
11.1. Stranieri: tanti quanti un paese (L’eco di Bergamo del 2/11/05)
11.2. Dal Basso Sebino alla banlieu parigina (Il Sole 24 Ore del 13/11/05)
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COMUNITÀ MONTANA del Monte Bronzone e del Basso Sebino
0.
PRESENTAZIONE
C’è un tempo per…
c’è un tempo per MORIRE
C’è un tempo per NASCERE
c’è un tempo per MIGRARE
c’è un tempo per VIVERE
c’è un tempo per ACCOGLIERE
c’è un tempo per INSERIRSI
c’è un tempo per LAVORARE
c’è un tempo per LAVORARE
c’è un tempo per GUADAGNARE
c’è un tempo per MANTENERE
c’è un tempo per ARRABBIARSI
c’è un tempo per PIANGERE
c’è un tempo per RISPETTARE
c’è un tempo per ACCETTARE
c’è un tempo per CONOSCERE
c’è un tempo per AVERE VOCE
c’è un tempo per DIALOGARE
c’è un tempo per PROIETTARE
C’È UN TEMPO PER… L’INTEGRAZIONE
Tutte queste dimensioni, e probabilmente molte altre ancora, potrebbero caratterizzare il
tempo, la fase storica, di coloro che abitano un territorio, come quello bergamasco del Basso
Sebino, “perturbato” da flussi che da “e-“ si sono trasformati in “im-migratori”.
Le perturbazioni legate all’arrivo di persone di altre culture e di altri mondi “dicono” di un tempo
che può essere a tratti burrascoso e ostile, sereno e rigenerante, grigio e tetro, ventilato,
soffocante o innevato. Di un tempo che potremmo anche azzardarci a definire
“meteorologicamente” legato alle dimensioni più emotive del vivere di ogni persona. Alla fatica
di alzarsi al mattino, alla gioia di incontrare amici, allo smarrimento del sentirsi fuori luogo, al
sollievo del sentirsi accolti e riconosciuti, al timore di perdersi, alla paura di aprire la porta… Un
tempo legato alle dimensioni soggettive, relative a come una persona o anche un’intera
comunità vive la quotidianità dentro questa fase storica specifica.
Che ora sia arrivato il tempo dell’integrazione non ce lo dicono certo le rondini, anche se
potrebbe essere molto bella l’analogia tra integrazione e primavera. Ad annunciarlo è piuttosto
la somma delle percezioni e delle rappresentazioni (misurabili attraverso uno speciale
“barometro”) che i protagonisti di questo specifico territorio costruiscono relativamente ai
percorsi di incontro e inserimento, alle politiche locali di attenzione alla multiculturalità e, più
complessivamente, ai processi (agiti o subiti nella quotidianità così come a lungo termine) in
atto.
Per il quarto anno consecutivo il territorio del Basso Sebino ha inserito nella sua agenda degli
appuntamenti autunnali alcuni eventi frutto della concertazione tra molteplici realtà “attente” a
cogliere questo come un momento propizio, il “kairos”, per fare luce sul modo in cui una
comunità che si trasforma in senso multiculturale è capace di accogliere questo cambiamento,
segno dei tempi, e di valorizzarlo come occasione per favorire processi di integrazione e
cittadinanza attiva di tutte le persone che in questo territorio possono e vogliono vivere.
Poi c’è il tempo per raccontare.
Questa pubblicazione vuole essere il tentativo di raccontare quanto in questo “tempo” è
successo, per dare “visibilità” (una delle funzioni principali –fare luce- de IL FARO) alle questioni
che anche dei semplici eventi pubblici sollevano e alle risposte che oggi, nel Basso Sebino, si è
capaci di dare.
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1.
Raduno della TARIQA QADRIA
(Sala cinema Junior di SARNICO – Sabato 18 settembre 2005)
Islam e Confraternite in Senegal
Preso atto che la nostra società si sta trasformando irreversibilmente in una società multietnica
- quindi multiculturale, multireligiosa e plurilingue - con tutte le conseguenze che questo fatto
comporta, prendiamo in considerazione alcuni dati di fatto.
Per quanto concerne il nostro territorio, gli immigrati stranieri provengono per la maggior parte
dall'Africa (Maghreb e Senegal); nella loro professione religiosa sono in larga maggioranza
musulmani; l'islàm attraversa trasversalmente, accomunandole fra loro, etnie e nazionalità
diverse; non tutti i musulmani sono uguali, quantunque gli stessi fedeli affermino talvolta il
contrario, e le differenze sono ravvisabili nel peso e nello spazio assegnati alla dimensione
religiosa della propria esistenza, nelle pratiche cultuali (al di là di quelle canoniche),
nell'organizzazione e nella gestione delle attività collettive, nel modo di rapportarsi agli altri
musulmani, alle loro istituzioni e alle loro iniziative, nel modo d'inserirsi, ovvero nel grado
d'integrazione, nel tessuto sociale dei luoghi in cui si sono stabiliti.
Buona parte di queste differenze emergono ponendo a confronto il musulmano singolo, cioè il
fedele che fa della religione una pratica individuale, eventualmente estesa alla famiglia, e che
tutt'al più partecipa alla preghiera in comune del venerdì, e chi invece appartiene a una
determinata congregazione di fedeli, nella fattispecie a una confraternita. In questa seconda
categoria rientra la stragrande maggioranza dei musulmani senegalesi presenti in molte città
d'Italia, quelli che siamo soliti incontrare per le strade, nei mercati, o che trovano impiego come
operai in cantieri edili, fabbriche, officine, ecc..
L'islàm senegalese
In primo luogo occorre sapere che la popolazione del Senegal è costituita in larga maggioranza
da musulmani (probabilmente per oltre il 90%); si contano inoltre, in numero notevolmente
minore, cristiani e praticanti di religioni tradizionali. La presenza dell'islàm nell'area che
corrisponde grosso modo al Senegal di oggi risale almeno all'XI secolo dell'era cristiana, tuttavia
la sua larga diffusione e il suo consolidamento come religione del popolo si sono attuati soltanto
in epoca coloniale (XIX e XX secolo). A partire da questo momento, la caratteristica più evidente
dell'islàm professato in Senegal è l'appartenenza della maggior parte dei fedeli a una delle
confraternite presenti su tutto il territorio nazionale; in particolare due di queste, la
confraternita Tijanìyya e la Muridìyya, hanno svolto nel paese un ruolo molto importante, non
solo dal punto di vista della ricerca e della formazione di nuovi adepti, ma anche come
mediatrici nei rapporti con il potere politico, prima con quello coloniale poi con quello instaurato
dopo l'indipendenza (1960). Ma a che tipo di realtà socio-religiosa si allude parlando di
confraternite islamiche, almeno per quanto riguarda il caso del Senegal?
In realtà il termine arabo usato per designare la confraternita (tarìqah) ha subito nel tempo
delle variazioni di significato, ovvero degli ampliamenti del proprio valore semantico. L'origine
del termine rimanda al sufismo, nell'ambito del quale la tarìqah indica l'itinerario spirituale che il
sufi deve compiere per arrivare a Dio: un'esperienza del tutto intima e personale, una
dimensione "interiore" della religione vissuta e sperimentata parallelamente e, si badi bene, non
in contrasto con la sua espressione esteriore, il cui contenuto e i cui limiti sono fissati dalla
sharì'ah, la Legge religiosa islamica. Se in principio la tarìqah si riferiva quasi esclusivamente al
singolo individuo, l'evoluzione ulteriore del sufismo l'ha portata ad abbracciare delle schiere
sempre più larghe di adepti, riuniti intorno alla figura di un maestro illuminato; ha finito poi col
designare delle vere e proprie congregazioni di devoti che seguono una sorta di "regola"
comune, un insieme di pratiche attribuite a un fondatore generalmente venerato. È a questa
particolare accezione che si allude quando il termine tarìqah è reso in italiano con
"confraternita".
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Caratteristiche salienti di questo tipo di congregazione sono una chiara e rigida struttura
gerarchica al suo interno; una sorta di "culto dei santi", al quale hanno dato vita i membri della
confraternita, spesso assecondati, in questa come in altre manifestazioni di religiosità popolare,
dai dirigenti delle confraternite stesse; un certo particolarismo, piuttosto accentuato a dire il
vero, che spesso fa sorgere delle nette opposizioni tra confraternite diverse .
La più antica delle confraternite è la Qadiriyya, che ebbe origine a Bagdad nel XII secolo con la
predicazione di Abd-El Qadir Al Dilani e fece la sua apparizione in Senegal all’inizio del XIX
secolo.
La seconda in ordine di apparizione è la Tijaniyya, fondata nel nord Africa da Ahmed Al-Tijani
(1815). Si diffuse in Senegal dopo la metà del XIX secolo ad opera di Dihaj Umar Tall e dei suoi
successori.
Infine la Muridiyya, dalla parola araba Murid (aspirante). Di origine recente, è l’unica Tariqa
schiettamente senegalese. Essa nasce infatti in seno all’etnia Wolof attorno al 1880, con la
predicazione di Ahmadu Bamba Mbacke (1852-1927). Tramite le Confraternite si avrà la
conversione in massa delle differenti etnie senegalesi. (Sangoulene Tall)
Spett. Comune di VILLONGO
Lorena Boni, Assessore
Dott. Alberto Piccioli Cappelli, Sindaco
A seguito del colloquio intercorso in data 12/07/05 con il Sindaco di Villongo, dott.
Alberto Piccioli Cappelli, il sottoscritto M. D., rappresentante dei senegalesi del territorio,
chiede
di poter usufruire, in data 17 settembre 2005, dalle…… alle……., del Palazzetto dello sport di
Villongo dove poter svolgere, presenti il console del Senegal di Milano e alcune autorità
religiose, il raduno di una confraternita religiosa senegalese (la Qadria).
Un raduno della Qadria è già stato realizzato nel territorio lo scorso anno (17/07/2004)
presso il Cine Junior di Sarnico, grazie alla disponibilità dell’Amministrazione e della Parrocchia
di Sarnico, e alla collaborazione delle forze dell’ordine; il raduno, nel quale sono confluiti circa
500 senegalesi, si è svolto disciplinatamente senza alcuna contestazione da parte della
cittadinanza.
Durante il colloquio ho potuto apprezzare la disponibilità, dimostrata dal Sindaco, verso
noi senegalesi, che siamo la comunità straniera numericamente più presente nel territorio del
Basso Sebino. Auspichiamo pertanto che il nostro raduno si possa realizzare nel Palazzetto,
unica struttura del paese in grado di accogliere adeguatamente il previsto numero di
partecipanti (circa 500).
DATA _________________
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FIRMA___________________
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La cronaca del 18-09-2005
Come già lo scorso anno, si è svolto a Sarnico il raduno di una delle più piccole congregazioni
religiose del Senegal, la Qadiryya. Circa 500 senegalesi hanno riempito il cine Junior, vestendo i
loro variopinti abiti tradizionali. Un’occasione per fare festa ma anche per alimentare le proprie
radici e rafforzare la propria identità.
Prima del raduno vero e proprio sono stati ospitati da alcuni volontari dell’oratorio sotto il
tendone per consumare il cibo che avevano preparato. Hanno invitato anche gli italiani presenti
ad assaggiare le loro specialità – “si diventa amici di qualcuno solo quando si mangia con lui”, ci
ha detto un senegalese di Pescara invitandoci a mangiare un piatto a base di riso e carne
bollita. Nel porticato accanto al cinema alcuni di loro vendevano le immagini dei loro “santi”:
fondatori di confraternite, personalità religiose viventi e no.
Insomma, un angolo di Sarnico si era improvvisamente trasformato in un pezzo di Africa, ed è
un peccato che quella domenica pomeriggio pochi italiani se ne siano accorti, i volontari
presenti nel tendone, e quelli che hanno garantito la loro assistenza nel cinema, una signora
venuta per chiedere a che ora avrebbero proiettato “Madagascar”. Anche l’orologio seguiva ritmi
africani, perché il raduno avrebbe dovuto cominciare alle 16 ma le personalità invitate sono
arrivate sul posto solo alle 18.30!
Per capire meglio la natura di questo raduno e come si è svolto, ho fatto alcune domande a M.
D., il senegalese, residente a Sarnico, operaio e gestore di un call center, che è stato il
principale organizzatore del raduno.
Come è nata l'idea di fare un raduno della confraternita Qadiryya proprio a Sarnico?
Mio zio (C. M. S.) è un capo religioso in Senegal della confraternita Qadiryya. Sette anni fa
abbiamo cominciato a riunirci, io, alcuni miei parenti e amici in casa mia per, in occasione della
nascita del profeta Maometto, inviare cibo e vestiario in Senegal come elemosina per i poveri.
Lo abbiamo fatto per cinque anni e all'inizio eravamo solo pochi intimi poi via via il gruppo è
andato crescendo e il quinto anno già eravamo una trentina: alcuni senegalesi venivano da altre
province ma la maggioranza erano senegalesi del territorio, magari anche di altre confraternite.
Per noi questi raduni sono un'occasione per sentirci ancora in Senegal, per placare la nostalgia
del nostro paese, per rinforzare la nostra identità. Quando mio zio tre anni fa è venuto a
trovarci in Italia, gli abbiamo chiesto di ritornare ogni anno e così abbiamo deciso di organizzare
un raduno più grande, chiedendo lo spazio del cine Junior. Abbiamo trovato per fortuna
disponibilità da parte del Comune e della parrocchia di Sarnico, grazie anche alla mediazione del
Faro, lo sportello immigrazione del Basso Sebino.
Il primo raduno che abbiamo fatto al cine Junior di Sarnico per noi è stata una incredibile
sorpresa perché da trenta partecipanti ci siamo trovati nella sala circa 500 senegalesi! Molti
senegalesi del territorio sono venuti al raduno, anche se magari fanno parte di altre
confraternite più grosse, come quella Murid o Tijan, perché, come ripeto, per noi questi raduni
sono un modo per sentirci ancora a casa nostra, per respirare tutti insieme un po' di aria del
Senegal.
Quali personalità erano presenti al raduno?
Oltre a mio zio c'erano altri due capi religiosi, Cheikh Ahmed Fadel Aidara, che abita in Francia,
e Cheikh Adrame Aidara, che invece abita in un piccolo villaggio del Senegal e da circa nove
anni viene in Italia per raccogliere fondi. Questi ultimi due portano nel nome (Aidara) la
discendenza da Maometto. C’erano poi il vice-console del Senegal a Milano (Lamine Fall) e il
presidente di un’associazione di senegalesi di Bergamo (Alioune Gueye).
Quali sono stati i contenuti del raduno?
All’inizio ci sono stati i miei ringraziamenti nei confronti di chi ha aiutato affinché il raduno si
facesse e i saluti ai presenti, soprattutto a quelli che sono venuti da province lontane.
Poi ha preso la parola Cheikh Adrame Aidara, che ha parlato soprattutto dei conflitti che spesso
si creano all’interno delle famiglie senegalesi tra uomo e donna. L’uomo infatti, nella nostra
cultura, deve provvedere alle spese base della famiglia (cibo, casa, vestiario) e, se sua moglie è
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di famiglia ricca, ciò provoca non pochi contrasti. Ha poi invitato i senegalesi ad essere più
solidali con i loro fratelli, a non lasciarsi prendere dall’invidia perché qualcuno è più ricco.
Cheikh Ahmed Fadel Aidara ha invece parlato soprattutto di immigrazione, richiamando il fatto
che anche Maometto è stato un immigrato, essendosi trasferito da La Mecca a Medina, per
motivi religiosi e politici.
Mio zio l’anno scorso aveva raccontato la biografia di un maestro sufi (Cheihk Sadbou Aidara)
mentre quest’anno ha spiegato la vita e le opere del profeta Maometto.
All’inizio e alla fine di ogni intervento ci sono stati degli intermezzi musicali, con canti religiosi
accompagnati dai nostri strumenti tradizionali.
Album fotografico (18-09-2005)
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2.
INIZIATIVA per la 4^ GIORNATA ECUMENICA
PER IL DIALOGO CRISTIANO-ISLAMICO
(Oratorio di SARNICO – Sabato 29 ottobre 2005)
Appello ecumenico per la quarta giornata
del dialogo cristianoislamico del 28 ottobre 2005
«Chi ama Dio non ha nessuna religione, a meno dello stesso Dio». Così si esprimeva il grande
Rumi, mistico dell’islam del tredicesimo secolo. Parole altrettanto forti ritroviamo nel Vangelo di
Giovanni nel dialogo fra Gesù e la samaritana quando le diceva: «Credimi, donna, è giunto il
momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel
che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei.
Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e
verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo
in spirito e verità».
E oggi più che mai è importante riandare a queste radici profonde dei cristiani e dei musulmani
per ridare slancio al dialogo fra credenti nell’unico Dio ma di tradizioni diverse, per affermare
con la vita in comune il principio dell’unità nella diversità. Unità dell’umanità nel suo essere
immagine di Dio; diversità che si manifesta nella diversità di culture, di lingue, di modi diversi di
vivere il proprio rapporto con il mistero di Dio di cui nessuno può dichiararsi padrone e di cui
appena possiamo balbettare qualcosa.
Non si tratta di rinunciare alla propria fede ma di viverla in relazione a quella degli altri,
mettendo l’accento sulla nostra comune umanità, sul nostro essere tutti figli e figlie di Dio che
ha dato a tutta l’umanità il comandamento dell’amore: non fare agli altri quello che non vorresti
fosse fatto a te.
E sono queste le idee di fondo che anche quest’anno ci spingono a riproporre per la quarta
volta consecutiva la celebrazione di una giornata di dialogo fra cristiani e musulmani. Come
negli altri anni indichiamo l’ultimo venerdì del prossimo ramadam che cadrà il 28 ottobre 2005.
Dalla scorsa edizione molte sono state le iniziative di dialogo fra le religioni che si sono svolte.
Le iniziative di dialogo cristinoislamico sono proseguite a Torino, Bologna, Firenze, Verona,
Greccio, Roma, Napoli. La fiammella del dialogo non si è mai spenta nonostante i venti
impetuosi di scontro fra le religioni che ancora soffiano con forza per produrre nuove guerre,
nuovi lutti e disastri per tutta l’umanità.
Come negli altri anni questa iniziativa è affidata unicamente alla volontà dei singoli che dal
basso si mettano in movimento per cercare altri credenti di altre fedi con cui parlare e
dichiarare al mondo la propria volontà di pace.
Come negli altri anni non abbiamo grandi mezzi ed anzi non li vogliamo. Vogliamo contare solo
ed esclusivamente sulle debolezze di ognuno che quando si unisce alle debolezze degli altri è
capace di produrre grandi cambiamenti.
Vi invitiamo perciò a riproporre la tematica del dialogo cristianoislamico in tutti i luoghi dove
vivete la vostra vita religiosa, in tutti i convegni a cui parteciperete, in tutte le associazioni che
in qualche modo hanno a che fare con l’immigrazione. Si tratta di un argomento vitale da cui
dipende la nostra stessa sopravvivenza.
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Anche quest’anno contiamo sull’appoggio di una serie di riviste, che di seguito riportiamo. Ci
auguriamo che altre se ne possano aggiungere alla lista e che tutte riescano a riscoprire la forza
del proprio essere “piccole ma buone”.
Ci auguriamo che le comunità musulmane ed i singoli credenti rispondano anche quest’anno con
lo stesso slancio degli scorsi anni.
Entrambi, cristiani e musulmani, stiamo vivendo un attacco forsennato alle nostre comuni radici
abramitiche da parte di chi è portatore di valori quali lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, la
corsa sfrenata agli armamenti, la mercificazione della persona umana, l’affamamento di miliardi
di esseri umani mentre migliaia di miliardi di dollari vengono ogni anno spesi per armamenti che
possono distruggere il mondo molte volte.
Occorre una inversione di tendenza che parta dal cuore degli uomini e delle donne di buona
volontà, qualsiasi sia la religione a cui appartengono. Ci auguriamo che anche quest’anno
questo momento di dialogo fra cristiani e musulmani possa essere foriero di un più vasto
dialogo interreligioso.
Con un fraterno augurio di Shalom – Salaam-Pace
Il Comitato Organizzatore
Lunedì, 27 giugno 2005
Sottoscrivono e promuovono l’appello le seguenti riviste e associazioni
ADISTA
Confronti
CEM – Mondialità
"Forum Internazionale Civiltà dell’Amore"
il dialogo - Periodico di Monteforte Irpino
La nonviolenza è in cammino
Missione Oggi
Mosaico di Pace
Notam
QOL
Tempi di Fraternità
Volontari per lo Sviluppo
Per l’elenco completo dei firmatari dell’Appello, per tutti i materiali ad esso relativi e per le iniziative in
corso si può visitare il sito: http://www.ildialogo.org/; Email: [email protected]
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Comunicato congiunto cristiano-islamico di Brescia
Brescia, 27 ottobre 2005
COMUNICATO
Venerdì 28 ottobre osserviamo la quarta Giornata ecumenica di dialogo cristiano islamico, con il
digiuno, la preghiera e la riflessione. Viene così riproposto il gesto “inventato” dal compianto
Giovanni Paolo II che, in occasione dell’ultimo venerdì di Ramadan del 2001, volle condividere
con il mondo islamico una giornata di digiuno e di preghiera.
È un gesto “volontario e spontaneo”, al quale ogni persona di buona volontà può aderire,
individualmente o in gruppo. Si organizzano anche iniziative di incontro e conoscenza reciproca
tra cristiani e musulmani, per confermare la comune vocazione alla pace. L’iniziativa è promossa
e appoggiata da varie riviste missionarie e da realtà impegnate nel dialogo religioso e culturale.
Il tema scelto per il 28 ottobre 2005, ultimo venerdì di ramadan 1426 dell’egira, è:
“Vincere la paura per costruire la pace”
Nell’appello per la quarta Giornata, tra l’altro, si dice: “Oggi più che mai è importante ridare
slancio al dialogo fra credenti nell’unico Dio, ma di tradizioni diverse, per affermare il principio
dell’unità nella diversità. Unità dell’umanità, che è immagine di Dio, vissuta nella diversità di
culture, di lingue, e di religiosità. Non si tratta di rinunciare alla propria fede, ma di viverla in
relazione a quella degli altri. Dio ha dato a tutta l’umanità il comandamento dell’amore: Non
fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te.
La fiammella del dialogo non si è mai spenta, nonostante i venti impetuosi di scontro fra le
religioni che ancora soffiano con forza per produrre nuove guerre, nuovi lutti e disastri per tutta
l’umanità. Occorre un’inversione di tendenza che parta dal cuore degli uomini e delle donne di
buona volontà, qualsiasi sia la religione a cui appartengono. Ci auguriamo che le comunità,
musulmane e cristiane, e i singoli credenti rispondano con slancio. Shalom - Salaam - Pace!”.
Iniziativa a Brescia
A Brescia, l’iniziativa della quarta Giornata ecumenica di dialogo cristiano islamico avrà anche un
momento pubblico nell’incontro presso la moschea di via Corsica n. 361. L’appuntamento
è per le ore 18,00. Alle ore 18,12 viene eseguita la “rottura del digiuno” secondo il
rituale islamico, con l’assunzione di datteri e acqua, cui segue la preghiera del
“namaj” e una modica cena fraterna, servita a modo di “tavola calda”.
Al momento del “namaj”, i cristiani presenti avranno a disposizione un luogo distinto per
pregare e invocare la pace nel mondo. I risparmi derivati dal digiuno e i contributi di solidarietà
sono raccolti e destinati alle vittime del terremoto nel Kashmir, in Pakistan.
Altre informazioni utili da conoscere:
Il digiuno islamico
Durante il mese di Ramadan, alla moschea di via Corsica, ogni giorno alla “rottura del digiuno” è stato servito il
pasto a circa 80 - 100 persone bisognose, manifestando solidarietà con i più poveri del territorio. Secondo la
tradizione islamica, il digiuno è una pratica ascetica particolarmente gradita a Dio e adatta alla purificazione del
credente. La preghiera elevata a Dio con l’animo purificato e umile è più sincera al cospetto di Dio
misericordioso. Dopo la giornata di digiuno completo, al momento di “rompere” il digiuno, il devoto musulmano
eleva la mente a Dio e formula un desiderio: “Dio accetti l’offerta del mio digiuno. Per i tuoi doni, o Dio,
interrompo il digiuno”.
Date importanti del Ramadan
- La notte tra il 26° e il 27° giorno di Ramadan, corrispondente quest’anno alla notte tra il 29 e il 30 ottobre, i
musulmani celebrano “la notte del destino”. Trascorrono praticamente tutta la notte in veglia, recitando il
Corano e pregando Dio misericordioso perché sia clemente nel fissare le sorti dei suoi fedeli.
- Molto probabilmente la fine del mese di Ramadan coinciderà, quest’anno, con giovedì 3 novembre prossimo,
con la celebrazione della grande festa islamica “Aid al-Fitr”. La grande assemblea islamica a Brescia sarà tenuta
dalle 8,30 alle 11,30 al Palasport del Centro sportivo San Filippo, in via Bazoli n. 9.
Promotori dell’iniziativa bresciana:
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•
•
Missionari Saveriani (tel. 030 3772780) - p. Marcello Storgato, p. Arnaldo De Vidi, p. Nicola Colasuonno
Centro Missionario Diocesano (tel. 030 3754560) - don Raffaele Donneschi
Associazione Comunità Islamica di Brescia e Provincia, via Corsica (tel. 030 3534350) - Pellizzari Paolo
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COMUNITÀ MONTANA del Monte Bronzone e del Basso Sebino
C’è un tempo per… 2005
Programma dell’evento
Luogo: oratorio di Sarnico
Data e ora: sabato 28 ottobre 2005 dalle 18 alle 20
Azioni:
•
dalle ore 16 volontari dell’oratorio allestiscono lo spazio sotto il tendone e alcune donne
della comunità islamica preparano il cibo (*) nella cucina.
•
le due comunità si incontrano per un saluto alle 18, le vivande vengono portate in tavola;
•
le due comunità vanno a pregare in due spazi distinti all’interno dell’oratorio (per le donne
musulmane è previsto un spazio riservato al piano superiore);
•
intorno alle 18.13 avviene la rottura del digiuno presso il tendone chiuso, con le donne
musulmane che occuperanno uno o due degli otto tavoli di ferro messi a disposizione.
•
o
I rappresentanti delle rispettive comunità prendono la parola per spiegare il
significato dell’evento.
o
È previsto l’intervento di un rappresentante della comunità islamica (di Castelli
Calepio) e di una ragazza libanese o siriana di Brescia. Per la comunità cristiana
parleranno Don Sergio e Fra Stefano Dubini (responsabile del Segretariato
Migranti della Diocesi di Bergamo).
o
Come dono, le rispettive comunità offriranno una piantina ai partecipanti, segno
di un dialogo appena iniziato, da coltivare con cura.
Le due comunità si separano: i cristiani per recarsi alla messa delle 20, i musulmani alla
preghiera in moschea.
(*) La comunità islamica provvederà a preparare e ad acquistare il cibo (panini, datteri, caffè e
tè) e successivamente la parrocchia coprirà in parte le spese sostenute.
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La cronaca del 29-10-2005
Nel 1991 in occasione della prima guerra del golfo Sua Santità Papa Giovanni Paolo II affermò
la necessità “di un dialogo sincero, profondo e costante tra credenti cattolici e credenti
musulmani, dal quale potrà scaturire una più grande conoscenza e fiducia reciproca”.
Con queste parole Papa Giovanni Paolo II ha posto le fondamenta del dialogo tra cristiani e
musulmani fino al 2001 quando il Papa condivise con il mondo islamico un giorno di digiuno; da
allora, ogni anno, nel giorno corrispondente all’ultimo venerdì del mese del Ramadan, cristiani e
musulmani si incontrano per stare insieme e per conoscersi.
…così, sabato 29 Ottobre all’oratorio di Sarnico, all’incirca verso le 18.30 – 18.45, cristiani e
musulmani si sono “dati appuntamento” per condividere insieme un momento particolare: una
cena, ovvero, la rottura del digiuno.
Verso le 19.00 tutto era pronto: le donne musulmane avevano già preparato piatti tipici, gli otto
tavoli sotto il tendone erano stati apparecchiati, le stanze riservate alla preghiera per uomini e
donne musulmane e la chiesina per i cristiani erano pronti ad accogliere tutti, Don Sergio e
Sabri Mohamed (presidente dell’associazione “El Dialogo”) hanno quindi accolto tutti i
partecipanti sotto i tendone e dopo averli salutati e aver spiegato l’importanza della serata
hanno invitato cristiani e musulmani al momento di preghiera.
Anche se in stanze separate le due comunità hanno pregato le une per le altre, perché quella
sera non fosse solo una sera, solo una cena e solo un momento… hanno pregato perché la
serata, la cena e il momento fosse un “pretesto” per stare insieme, per iniziare un dialogo, che,
come ha detto Don Sergio deve essere coltivato con tanta cura e tanta pazienza affinché possa
crescere, non mancheranno le difficoltà, ma saranno compensate dalla consapevolezza e dalla
convinzione di costruire un qualcosa insieme.
Al momento di preghiera è seguita la cena, ovvero, l’interruzione del digiuno.
I piatti preparati dalle donne musulmane erano molti e ben curati: c’erano uova bollite servite
con spezie, pane e dolci tipici, datteri, minestra, pizza, torte salate, caffè e latte.
E’ iniziato così, il momento più importante della serata, momento in cui donne e uomini di due
culture diverse potevano conoscersi tra una parola e l’altra.
Durante la cena, ho avuto modo di parlare con alcune donne musulmane che hanno detto di
essere molto contente della serata e di come stava andando; nel rivolgere loro i complimenti
per la cura e la bontà dei loro piatti, hanno detto di aver impiegato due ore per preparare tutto,
hanno aggiunto che la gente non era moltissima, forse, servirebbe più pubblicità, un
passaparola più ampio e la stessa cosa mi è stata detta da un uomo musulmano.
Ho avuto modo di parlare anche con una donna italiana, che ha affermato l’importanza e la
bellezza dell’iniziativa anche se le difficoltà e i vari dubbi che possono nascere sono molti.
La serata è proseguita così: tra parole semplici ma anche difficili se consideriamo che a volte
può essere difficile parlare anche con persone della nostra stessa cultura! Difficili se
consideriamo che a volte mancano le parole! Difficili sì! Ma anche semplici se consideriamo che
può bastare un saluto o un grazie per iniziare a parlare.
Durante la cena hanno preso parola Don Sergio e Sabri Mohamed, il quale ha spiegato il
Ramadan e le regole che devono essere seguite in questo mese che per i musulmani
corrisponde al periodo in cui è stato rivelato il Corano: il loro libro sacro.
La serata si è conclusa con un tè alla menta, con saluti e ringraziamenti.
Le “PAROLE-CHIAVE” dell’evento:
SETTIMANA DELL’INTEGRAZIONE
CRISTIANI E MUSULMANI
UN DIALOGO IN CUI CRESCERE
PRETESTI PER DIALOGARE
SIMBOLO DI UN QUALCOSA DA COLTIVARE E CRESCERE CON CURA
RAMADAN-DIGIUNO
INTEGRAZIONE
RELIGIONE
DIALOGO DIFFICILE
GRAZIE
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Alcune delle letture ascoltate
L'accoglienza di Abramo alle querce di Mamre Gen 18,1-15
1 Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda
nell'ora più calda del giorno. 2 Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di
lui. Appena li vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, 3
dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo
servo. 4 Si vada a prendere un pò di acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l'albero. 5
Permettete che vada a prendere un boccone di pane e rinfrancatevi il cuore; dopo, potrete
proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa
pure come hai detto». 6 Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre
staia di fior di farina, impastala e fanne focacce». 7 All'armento corse lui stesso, Abramo, prese
un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. 8 Prese latte acido e
latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse a loro. Così, mentr'egli stava in
piedi presso di loro sotto l'albero, quelli mangiarono. 9 Poi gli dissero: «Dov'è Sara, tua
moglie?». Rispose: «È là nella tenda». 10 Il Signore riprese: «Tornerò da te fra un anno a
questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio». Intanto Sara stava ad ascoltare
all'ingresso della tenda ed era dietro di lui. 11 Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni;
era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne. 12 Allora Sara rise dentro di sé e
disse: «Avvizzita come sono dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!». 13 Ma
il Signore disse ad Abramo: «Perché Sara ha riso dicendo: Potrò davvero partorire, mentre sono
vecchia? 14 C'è forse qualche cosa impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te alla
stessa data e Sara avrà un figlio». 15 Allora Sara negò: «Non ho riso!», perché aveva paura;
ma quegli disse: «Sì, hai proprio riso».
NOSTRA AETATE
La religione musulmana
3. La Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l'unico Dio, vivente e
sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli
uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come vi
si è sottomesso anche Abramo, a cui la fede islamica volentieri si riferisce. Benché essi non
riconoscano Gesù come Dio, lo venerano tuttavia come profeta; onorano la sua madre vergine,
Maria, e talvolta pure la invocano con devozione. Inoltre attendono il giorno del giudizio,
quando Dio retribuirà tutti gli uomini risuscitati. Così pure hanno in stima la vita morale e
rendono culto a Dio, soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno.
Se, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, il
sacro Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua
comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale,
i valori morali, la pace e la libertà.
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Album fotografico (29-10-2005)
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3.
AÏD AL FITR
Festività per la conclusione del mese di Ramadan
(Palestra di SARNICO – Giovedì 3 novembre 2005)
Le feste nell’Islam
Le festività nel mondo islamico sono essenzialmente due ed entrambe sono festività
religiose, con un ben preciso significato. Aid al Fitr, o Festa dell'interruzione, si
celebra alla fine del mese di Ramadhan, consacrato al digiuno, all'espiazione e alla
preghiera. La festa del Fitr è una festa gioiosa, in cui i Musulmani, dopo i sacrifici
del mese di digiuno, rendono grazie a Dio per averli sostenuti nello sforzo e,
contemporaneamente, assolvono l'altro pilastro dell'Islam e cioè la raccolta della
zakat, o elemosina legale che spetta ai bisognosi.
L'altra festività è Aid al Adha, o Festa del Sacrificio, che ricorre alla fine del Dhul
Hajj, il mese del pellegrinaggio alla Mecca, ed è comunemente chiamata "festa
grande", per l'importanza che riveste nel mondo islamico. Di norma, la Festa del
Sacrificio cade circa settanta giorni dopo la Festa del Fitr.
I musulmani affermano che le due Festività rappresentano una misericordia di Dio
verso essi, per cui sono incoraggiati a viverle con gioia, felicità ed unione. Non e'
permesso digiunare durante i giorni di festa, anzi, l'Islam invita i credenti e le loro
famiglie a festeggiare anche attraverso la preparazione di cibi speciali e dolci da
condividere con vicini di casa, amici e bisognosi. Le feste islamiche hanno un
preciso significato spirituale, quindi esse vanno celebrate in primo luogo rendendo
culto al Signore, attraverso la preghiera comunitaria che, solitamente, viene
celebrata all'aperto. Tutti i musulmani sono chiamati a partecipare alle feste
comunitarie, come testimonianza della loro fede e per confermare il senso
d'appartenenza alla famiglia dei credenti, l'umma musulmana. Le feste iniziano
quindi con la preghiera e con il ricordo di Dio: il musulmano e la musulmana, vestiti
con i loro abiti migliori, s'incontrano, si porgono gli auguri e rendono le feste
un'occasione di dawah, avendo l'opportunità di spiegare, a coloro che fossero
interessati, il significato dell'Islam e delle feste che lo caratterizzano. E' molto
importante trascorrere le feste con parenti ed amici, visitando, se e' possibile,
anche coloro che sono lontani, poiché ciò aiuta a rinsaldare i vincoli familiari ed
affettivi, esigenza sempre molto sentita in ambito islamico. Di solito, durante
queste due grandi festività, i musulmani decorano le proprie case con festoni,
ghirlande e luci colorate, e fanno regali ai propri bambini. Ogni nazione a
maggioranza musulmana ha poi le sue tradizioni specifiche e particolari riguardo ai
cibi da preparare ed al tipo di festeggiamento, ferme restando le regole generali
della Sunnah del Profeta dell'Islam, secondo le quali le feste sono un'occasione di
gioia e di divertimento, ma questi non devono far dimenticare il significato religioso
profondo che Dio ha dato loro. Sono quindi incoraggiate le buone azioni, la
condivisione, la moderazione.
In Medio Oriente, nell'area siro-palestinese, oltre ai piatti tipici a base di agnello
preparati soprattutto durante la festa dell'Adha, nelle festività si usa mangiare ed
offrire agli ospiti dolci tradizionali ripieni di datteri, chiamati per l'appunto ka'ek al
Aid.
Tratto da: http://www.arabcomint.com/le_feste_nell.htm
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Spett.le Amministrazione Comunale di SARNICO
e, per conoscenza:
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della Comunità Montana del Monte Bronzone e del Basso Sebino
OGGETTO: celebrazione festa islamica AID AL FITR
Il giorno 3 o 4 novembre, la comunità musulmana del territorio festeggerà l’AID AL FITR, la
fine del mese di Ramadan. Si tratta della celebrazione più importante della religione islamica
insieme all’AID EL KABIR (festa del sacrificio).
Già nei precedenti due anni l’amministrazione di Sarnico si è dimostrata sensibile nei nostri
confronti. I lavoratori e le famiglie di religione islamica presenti nel territorio hanno d’altra parte
sempre dimostrato sentimenti pacifici e il gesto generoso dell’Amministrazione dei due anni
precedenti ha certamente favorito l’integrazione sociale che credo tutti, italiani e immigrati,
vogliamo.
Il sottoscritto S. M., presidente dell’associazione EL DIALOGO,
CHIEDE
la possibilità di utilizzare la palestra comunale di Sarnico per celebrare l’AID AL FITR (festa di
fine Ramadan).
Lo spazio della palestra verrebbe da noi utilizzato il giorno 2 o il giorno 3 novembre, dalle ore 7
alle ore 10.30, ed è prevista la partecipazione di circa 400 persone.
Ci impegniamo a rimettere ordine e a sistemare lo spazio prima di andarcene.
Garantiremo all’esterno un adeguato servizio d’ordine ma saremmo grati ai vigili urbani e ai
carabinieri di essere presenti in quelle ore.
Per qualsiasi chiarimento vi preghiamo di rivolgervi al sottoscritto….
Distinti saluti.
DATA___________________
FIRMA_____________________________
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PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO
MESSAGGIO PER LA FINE DEL RAMADAN
‘Id al-Fitr 1426 A.H. / 2005 A.D.
Continuando sulla via del dialogo
Cari amici,
1. In occasione dell’annuale ricorrenza dell’‘Id al-Fitr, al termine del mese di Ramadan, desidero
offrire a voi tutti, ovunque voi siate, i miei migliori auguri per una festa gioiosa.
2. Per il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso è divenuta una tradizione inviare un
messaggio ai nostri fratelli e sorelle musulmani per la fine del Ramadan. Il messaggio è
normalmente firmato dal Presidente del Pontificio Consiglio. Nel 1991, in occasione della prima
Guerra del Golfo, il messaggio d’amicizia fu firmato da Sua Santità il Papa Giovanni Paolo II. Egli
affermò la necessità di “un dialogo sincero, profondo e costante fra credenti cattolici e credenti
musulmani, dal quale potrà scaturire una più grande conoscenza e fiducia reciproca”. Queste
parole sono certamente ancora attuali.
3. Il 2 aprile di quest’anno, Papa Giovanni Paolo II ha concluso la sua esistenza terrena. Molti
musulmani da ogni parte del mondo hanno seguito da vicino, con i cattolici e gli altri cristiani, le
notizie sull’ultima malattia e sulla morte del Papa, e delegazioni ufficiali di musulmani, capi
religiosi e politici provenienti da molti Paesi, hanno partecipato al suo funerale in Piazza San
Pietro. Molti hanno profondamente apprezzato i costanti sforzi del Papa a favore della pace. Un
giornalista musulmano, che aveva avuto l’occasione di incontrare personalmente il Papa, ha
scritto: “Non esagero quando dico che la morte del Papa Giovanni Paolo II è stata una grande
perdita per la Chiesa cattolica e per i cristiani in generale ed anche, in particolare, per le
relazioni islamo-cristiane. Non si può compensare questa perdita se non seguendo le sue orme
e continuando sulla via che egli ha tracciato con fede e coraggio ad Assisi nel 1986, Assisi dove
riposano le spoglie di San Francesco, pioniere, fra i cattolici, del dialogo islamo-cristiano”.
4. Erano la fede in Dio e la fiducia nell’umanità a spingere il compianto Papa ad impegnarsi nel
dialogo. Egli si avvicinava ai fratelli ed alle sorelle di tutte le religioni sempre con rispetto e con
il desiderio di collaborare, così come aveva incoraggiato a fare il Concilio Vaticano II nella
Dichiarazione Nostra Aetate della quale ricorre quest’anno il quarantesimo anniversario. Il suo
impegno a questo riguardo era veramente radicato nel Vangelo, seguendo l’esempio del Signore
Gesù che manifestava il suo amore ed il suo rispetto per ogni persona, anche per coloro che
non appartenevano al suo popolo.
5. Seguendo l’insegnamento del Concilio Vaticano II e continuando il cammino intrapreso dal
Papa Giovanni Paolo II, Sua Santità il Papa Benedetto XVI, ricevendo i rappresentanti di altre
religioni che avevano partecipato alla celebrazione d’inizio del suo Pontificato, ha affermato
“Sono particolarmente grato per la presenza tra voi di membri della comunità musulmana, ed
esprimo il mio apprezzamento per la crescita del dialogo tra musulmani e cristiani, a livello sia
locale, sia internazionale. Vi assicuro che la Chiesa vuole continuare a costruire ponti di amicizia
con i seguaci di tutte le religioni, al fine di ricercare il bene autentico di ogni persona e della
società nel suo insieme”. Quindi, facendo riferimento ai conflitti, alla violenza ed alle guerre
presenti nel nostro mondo, il Papa ha sottolineato che è dovere di ciascuno, specialmente di
coloro che si professano appartenenti a tradizioni religiose, di lavorare per la pace, e che ”i
nostri sforzi per incontrarci e promuovere il dialogo sono un prezioso contributo per costruire la
pace su solide fondamenta”. Papa Benedetto XVI ha concluso dicendo: “Pertanto, è imperativo
impegnarsi in un dialogo autentico e sincero, costruito sul rispetto della dignità di ogni persona
umana, creata, come noi cristiani fermamente crediamo, a immagine e somiglianza di Dio (cf.
Gn 1,26-27)” (L’Osservatore Romano, 26 aprile 2005).
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6. Incoraggiati da queste Parole del Papa, spetta a noi rafforzare il nostro impegno per costruire
buone relazioni fra le persone di differenti religioni, promuovere il dialogo culturale e lavorare
insieme per una maggiore giustizia ed una pace duratura. Dimostriamo, come cristiani e
musulmani, che si può vivere insieme in una sincera fraternità, cercando sempre di compiere la
volontà di Dio Misericordioso che ha creato l’umanità perché fosse un’unica famiglia.
Esprimo a tutti voi, ancora una volta, i miei più fervidi auguri.
S.E. Mons. Michael L. Fitzgerald
Presidente
Messaggi per la Festa della Rottura del Digiuno, al termine del Ramadan.
Ormai da 25 anni la Chiesa Cattolica, nell'occasione della chiusura del mese di digiuno dei Musulmani, il
Ramadan, porge gli auguri per i frutti ottenuti da tale periodo, che, oltre al digiuno, fa memoria di fatti
importanti della vita islamica come la battaglia di Badr e la notte del destino in cui discese il Corano
attraverso l'arcangelo Gabriele al Profeta, fatti che caratterizzano fede e sottomissione islamica al Dio
unico.
La giornata seguente il Ramadan è festiva ‘aid al Fitr . E’ la seconda festa dei Musulmani, e ha come
tradizione quella di farsi gli auguri e i regali.
I messaggi augurali della Chiesa Cattolica sono stati negli anni un crescendo, dalla tolleranza al rispetto
alla collaborazione.
La Chiesa Ambrosiana si è unita in questi anni accompagnando tali messaggi con auguri dell’Arcivescovo.
L'auspicio di tutti è che tali passi, nella linea evangelica dell'Amore e nei tempi della Provvidenza di Dio,
possano portare Musulmani e Cristiani all'incontro-dialogo sui valori comuni e al rispetto delle differenze.
Ciascuno di noi è attore responsabile: sarà cosa gradita se riusciremo a portare tale messaggi ad amici e
conoscenti musulmani. Un’occasione propizia per continuare o iniziare il cammino di incontro-dialogointegrazione nella responsabilità e nella pace.
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Messaggio per la fine del Ramadan
26 ottobre 2005
Cari amici musulmani,
voi siete alla conclusione del cammino spirituale che ogni anno percorrete, secondo la vostra
tradizione religiosa, nel mese di Ramadan. Ed io, insieme con i cristiani di Milano, desidero
rivolgervi il mio cordiale saluto e unirmi alla vostra gioia per la prossima festa di ‘Id al-Fitr.
Noi ci sentiamo vicini a voi – con una vicinanza che sa di amicizia - , anche se sotto molteplici
aspetti la nostra religione è diversa dalla vostra.
È il Vangelo stesso, in cui crediamo, che insegna a noi, discepoli del Signore Gesù Cristo, a
credere in Dio Creatore e Padre di tutti e ad amare il nostro prossimo secondo la regola
d’oro: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (Matteo
7,12).
La nostra fede – che è viva e molto più radicata nel popolo di quanto potrebbe apparire - ci
chiede di vivere non in contrapposizione, ma in dialogo, anzi in amicizia fraterna con coloro
che, pur seguendo una tradizione religiosa diversa dalla nostra, credono nell’unico Dio.
Noi vi accogliamo dunque come fratelli e sorelle. Vi accogliamo così perché siamo cristiani e
vogliamo essere fedeli alla Parola che Dio ci rivolge nel Vangelo.
La vostra presenza nelle nostre terre, soprattutto a motivo di una forte immigrazione, è assai
consistente e il senso dell’accoglienza non può che essere posto in termini di reciprocità. A
tutti sono chiesti la saggezza e il coraggio di superare eventuali contrapposizioni culturali e
ideologiche e di confrontarci rispettando ciascuno l’identità dell’altro.
Anche voi vi trovate a dovere accogliere una cultura diversa dalla vostra e a dovervi integrare
in una grande civiltà che, con i suoi valori e le sue leggi, affonda molte delle proprie radici
nella nostra tradizione cristiana.
Sono processi delicati, non facili, ma anche avvincenti ed arricchenti, che ci aiutano a
costruire una vera civiltà.
In essi è in gioco l’autenticità della fede, perché la santità e la grandezza di una religione si
misurano anche dalla sua capacità di aprire il cuore e la mente dei propri fedeli a valorizzare
sempre gli altri, nel reciproco rispetto, anche quelli che appartengono a culture e religioni
diverse, e ad amarli tutti nella libertà e nella giustizia.
Per questo è importante continuare sulla via del dialogo, come ci ricorda il Presidente del
Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, Mons. Michael Fitzgerald, nel suo messaggio.
In realtà è lo stesso Papa Benedetto XVI a incoraggiare con vigore la comune ricerca del
bene autentico di ogni persona e dell’intera società.
Anzi è necessario che tutte le comunità ed organizzazioni islamiche presenti in Italia scelgano
la via del dialogo e siano rappresentate, senza indebite esclusioni, nelle sedi in cui si cerca di
promuovere il dialogo interreligioso.
È solo animati e sorretti dalla forza di un dialogo paziente e coraggioso che tutti insieme,
cristiani e musulmani, possiamo affrontare con speranza le grandi sfide che oggi incontriamo.
Vi saluto augurandovi: salām.
La pace sia sempre con ciascuno di voi e nel profondo dei cuori perché possiamo costruire
insieme vie di amore e di fraternità.
Dionigi card. Tettamanzi
Arcivescovo di Milano
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4.
“ QUANDO SEI NATO NON PUOI PIÙ NASCONDERTI”
film di Marco Tullio Giordana
(Sala cinema Junior di SARNICO – Sabato 5 e Domenica 6 novembre 2005)
Scheda tecnica film
Regia: Marco Tullio Giordana;
Origine: Francia/Gran Bretagna/Italia, 2005;
Durata: 115’;
Distribuzione: 01 Distribution
Sandro ha dodici anni e vive coi genitori a Brescia. Durante una vacanza in barca nel mar Egeo
insieme al padre, cade in mare per un incidente ma viene ripescato da uno scafo di immigrati
diretto in Italia. La vita sulla barca è molto dura: uomini e donne delle più diverse nazionalità
trascorrono intere giornate sotto il sole o al freddo della notte, senza possibilità di muoversi,
senza acqua e cibo. Tra Sandro e due ragazzi rumeni, Radu e Alina, nasce una stretta amicizia.
In prossimità della costa italiana gli scafisti abbandonano la barca che viene ben presto
rintracciata dalle forze dell’ordine che conducono tutti in un centro d’accoglienza. Sandro decide
di seguire i compagni, ma qui i loro destini si dividono. Sandro ritornerà a casa mentre per Radu
e Alina non resterà che il rimpatrio. I genitori di Sandro vorrebbero aiutare i giovani rumeni
offrendo un lavoro a Radu e adottando Alina. I due però fuggono dal centro. Nel frattempo la
vita di Sandro sembra essere ritornata alla normalità fino a che i due ragazzi non lo
raggiungono a Brescia: vengono ospitati a casa ma la notte fuggono rubando alcuni oggetti.
Sandro e i genitori sono molto amareggiati eppure il ragazzo si sente ancora molto legato a
loro, soprattutto ad Alina. Anche per la giovane è lo stesso: dopo qualche tempo contatta
Sandro. Ora si trova a Milano. Sandro la raggiunge addentrandosi in un’area industriale dimessa
di periferia. Lì trova Alina vestita e truccata come fosse adulta. Il fratello la fa prostituire e Alina
si trova fronte a un bivio: da una parte è forte il legame che la unisce a Radu facendole
accettare ogni sorta di abuso, dall’altra, sembra chiedere aiuto a Sandro i cui genitori,
proponendole l’affidamento, le hanno offerto una prospettiva di vita migliore. Non sapremo mai
quale sarà la sua scelta.
Il regista affronta il tema dell’immigrazione e dell’integrazione scegliendo il punto di vista di un
dodicenne curioso di conoscere la realtà che lo circonda e il cui sguardo è ancora libero da
pregiudizi. La vicenda vissuta dal ragazzo fa sì che egli si trovi a vivere in bilico tra due mondi
differenti: da una parte la famiglia e la città d’origine, dall’altra il mondo degli immigrati che in
parte conosce grazie alla fabbrica del padre in cui alcuni di essi lavorano, ma che esperisce in
prima persona e nella sua durezza quando viene salvato in mare.
Sandro vive a Brescia, conduce una vita agiata eppure egli intravede un’”altra” città fatta di
realtà che al ragazzo sfuggono. Nella fabbrica del padre lavorano alcuni immigrati ormai
integrati che per Sandro rappresentano un mondo che è curioso di conoscere. Ma c’è anche chi
non si è integrato nella società: è il caso dell’uomo di colore impazzito in apertura del film o
della prostituta che si avvicina a lui e alla madre mentre sono in auto. Sono realtà lontane dal
ragazzo (Sandro non capisce che la donna è un prostituta) o che restano misteriose (quale sarà
il significato delle parole urlate dal pazzo?). Sono “alterità” non sistematizzate, escluse dalla
società del lavoro e dalla legalità che restano sconosciute (per Sandro in Africa si parla
l’africano..) ma che lasciano trasparire l’esistenza di aggregazioni umane marginali che premono
sul mondo a cui Sandro appartiene.
Si alternano qui due atteggiamenti contrastanti: l’accettazione (il padre di Sandro lascia che si
crei una moschea nella fabbrica) e di chiusura (quando la prostituta si avvicina all’auto, la
madre di Sandro pone una barriera alzando il finestrino).
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Quando viene salvato in mare, la condizione nel quale si ritrova lo costringe ad acquistare
consapevolezza circa una realtà che fino ad ora ha probabilmente conosciuto solo attraverso il
racconto dei media. È un mondo di povertà morale (gli scafisti sono senza scrupoli) e
soprattutto materiale dove genti di etnie, lingue, storie diverse condividono un viaggio verso un
terra che potrebbe offrir loro una vita migliore. È un viaggio che si svolge in condizioni
disastrose che mette a dura prova la dignità (Alina condivide un momento di ambigua intimità
con lo scafista per ottenere un po’ d’acqua). Grazie all’amicizia con Radu e Alina, Sandro capisce
che quello non è un carico umano ma ognuno di loro ha una storia e tutti condividono una
condizione miserevole e una speranza per il futuro. È questa consapevolezza che lo spinge a
stare nel centro di accoglienza fino all’arrivo dei genitori, a chiedere loro di aiutare i suoi amici,
a credere nei legami d’amicizia anche quando sembra che Radu e Alina abbiano approfittato
dell’accoglienza offerta loro.
La sequenza finale ambientata alla periferia di Milano unisce i due mondi e costringe Sandro
scontrarsi con una realtà forse ancora più tragica e misera di quella conosciuta sulla barca
perché questa non sarà un’esperienza solo temporanea come il viaggio in mare, ma il tragico
esito di sogni ormai infranti. Alina è costretta a prostituirsi, vive in una stanza piena di oggetti di
lusso e vestiti ascoltando di continuo un canzone che racconta di desideri e speranze. Ma se nel
viaggio verso l’Italia questa canzone era un augurio, ora, che il sogno di una vita migliore si è
infranto, aiuta a ingannarsi, a rimandare le speranze a futuro che forse ma si realizzerà.
Spunti per la riflessione:
- Crescere significa acquisire maggiore consapevolezza del mondo che ci circonda. Come
si articola il percorso di crescita di Alina e Sandro?
- Nei confronti degli immigrati convivono accoglienza e sfruttamento. Qual è
l’atteggiamento di Sandro e quale quello degli adulti?
- Lingue e culture trasformano le città così come gli immigrati e gli italiani stessi: rigidità,
curiosità, accoglienza, paura di perdere la propria identità sono atteggiamenti diversi e
compresenti. Esistono valori o comportamenti attraverso cui sia possibile conciliare le
differenze? È possibile fare della differenza un valore e non uno spazio di
incomprensioni e pregiudizi?
- Esistono differenze tra l’esperienza vissuta da Sandro e i racconti che i media fanno
dell’immigrazione?
Percorsi tematici:
- Integrazione e perdita dell’identità: Sognando Beckham (Gurinder Chadha, 2002), East
is East (Damien O’Donnel, 1999), Articolo 2(Maurizio Zaccaro, 1993)
- Crescere confrontandosi con l’alterità: Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano (François
Dupeyron, 2003)
- L’immigrazione: Lamerica (Gianni Amelio, 1994), Saimir (Francesco Munzi, 2004),
Tornando a casa (Vincenzo Marra, 2001), L’ospite segreto (Paolo Modugno, 2003),
Pummarò (Michele Placido, 1990), Vesna va veloce (Carlo Mazzacurati, 1996)
Daniela Previtali
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Scheda didattica: reazioni a caldo
1. Che voto daresti al film (da uno a dieci):
2. Quale scena del film ti ha più colpito in senso positivo?
3. Quale scena del film ti ha più colpito in senso negativo?
Scheda didattica di analisi in classe
4. Nel corso del film, Sandro compie un percorso di crescita nel suo rapporto con
l’immigrazione. Quali sono le tappe di questo percorso?
5. Il percorso di Alina, invece, riguarda il confronto con una realtà dura, diversa da quella
che immaginava. Quali sono le tappe del suo percorso?
6. Quali atteggiamenti degli adulti nei confronti degli immigrati ti hanno colpito di più?
7. Nei confronti degli immigrati coesistono spesso atteggiamenti diversi: diffidenza, paura
ma anche spesso sentimenti di accoglienza e curiosità. Secondo te, esistono valori o
comportamenti attraverso cui sia possibile conciliare le differenze tra gli immigrati e gli
autoctoni?
8. Scrivi una cosa positiva e una cosa negativa che gli immigrati stanno portando, o
potrebbero portare, nella realtà che vivi?
9. Abbiamo l’opportunità di intervistare per posta elettronica Alessio Boni – l’attore che nel
film interpreta il padre di Sandro: che domanda vorresti fargli?
Le risposte “a caldo” degli studenti
Quale scena del film ti ha più colpito in senso positivo?
• Quando l’immigrato Radu salva Sandro mettendo a rischio la propria vita
•
Il padre di Sandro che nel centro di accoglienza ha donato soldi e il suo cellulare
all’immigrato come segno di ringraziamento
•
il saluto caloroso che Sandro ha ricevuto quando se ne è andato dall’istituto
•
Sandro vuole aiutare i suoi amici nonostante sia stato preso in giro
•
Il ragazzo ha saputo emozionarsi e comprendere anche chi gli ha rubato in casa
•
Vedere il bambino non provare discriminazione verso tutti gli immigrati che lo circondano
•
I genitori di Sandro non hanno voluto denunciare i due ragazzi rumeni che hanno rubato
loro oggetti preziosi capendo quanto erano in difficoltà
•
Radu ha salvato Sandro dicendo agli scafisti che era del suo paese
•
Quando il padre si rende conto che il figlio è caduto nell’acqua e soffre per lui – lo amava
tanto
•
La scena dell’operaio del padre di Sandro che spiega al bambino com’è riuscito a lavorare e
che strada l’ ha portato a diventare cittadino italiano
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Radu dona a Sandro dei vestiti – è sorprendente che un ragazzo che abbia poco non esiti
un attimo ad aiutare il bambino donandogli il poco che ha
Gli immigrati raccolgono il ragazzo nonostante non sapessero chi fosse
La generosità di Sandro
La madre del protagonista vuole adottare ancora Alina nonostante le abbia rubato molti
oggetti di valore
la scoperta del significato della parola straniera quando sei nato non puoi più nasconderti
Radu dona a Sandro il suo maglione
Sandro e Alina si siedono insieme sul marciapiede
L’attaccamento di Sandro nei confronti dei ragazzi rumeni che l’ hanno salvato
Radu e Alina che dividono il pane con Sandro
Alina non vuole separarsi da Radu
Quando Sandro chiede ad un operaio di colore se prima di lavorare era un clandestino e lui
risponde che rubava perché la fame era troppo forte
Gli immigrati hanno gioito quando hanno visto Sandro tornare a casa con i suoi genitori
Sandro vuole aiutare i due rumeni anche se gli hanno svaligiato la casa
I braccialetti messi in segno di amicizia
la scena in cui Alina fa ascoltare a Sandro la canzone di Eros Ramazzotti, senza parlare ma
ascoltando una semplice canzone riesce ad esprimere i propri sentimenti
Sandro scappa di casa per andare a vedere dove abitava e cosa faceva Alina
Sandro che ha continuato ad aiutare Alina fino alle fine
Quale scena del film ti ha più colpito in senso negativo?
•
Il furto dei due ragazzi
•
La barca di immigrati ammassati l’un l’altro, silenziosi e tristi senza comunicare tra loro – le
condizioni igieniche
•
La caduta in mare di Sandro
•
Sandro scopre che la sua amica rumena era diventata una prostituta
•
La ragazza rumena accetta di essere molestata dall’uomo che guida la barca per del cibo
•
L’abbandono in mare dei clandestini
•
Quando è stato gettato in mare il cadavere di un clandestino
•
Vedere Alina che si prostituisce
•
Non c’è comprensione fra le varie parti a causa delle diverse storie e culture
•
La stupidità di Radu che tradisce la fiducia data dall’amico
•
Sandro si trova solo in mare
•
Il finale – insignificante – non si è capito - deludente
•
Quando hanno scoperto che il ragazzo rumeno non era minorenne e l’ hanno separato dalla
sorella
•
Il furto dei due ragazzi che avevano ricevuto ospitalità
•
Quando i due ragazzi sono scappati dal Centro, se non scappavano potevano aiutarli
•
Quando Sandro incontra l’uomo di colore ma non capisce la sua lingua
•
La bugia di Radu sull’amicizia nei confronti di Sandro
•
Le condizioni delle persone nell’accampamento di Milano
•
Quando Sandro rompe il braccialetto
•
Sandro è obbligato a fare i suoi bisogni sulla barca dei clandestini in una borsa di plastica
•
Quando Sandro è caduto in mare ed il padre si è accorto che non c’era più
•
Gli immigrati rubano – fidarsi è bene non fidarsi è meglio, sono tutti uguali
•
La disperazione dell’uomo di colore all’inizio del film
•
L’irrealtà del salvataggio da parte dei profughi
•
Alina si prostituisce e suo fratello la usa
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5.
FESTA di APERTURA del nuovo ANNO SCOLASTICO
del Centro Territoriale Permanente - EdA di Villongo
(Scuola Media di Villongo – Giovedì 10 novembre 2005)
Album fotografico (10-11-2005)
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6.
Mostra dei progetti realizzati dagli
AGENTI ALLO SVILUPPO INTERCULTURALE
(Scuola Media di VILLONGO – Giovedì 10 novembre 2005)
Presentazione
La conclusione del corso per “AGENTI ALLO SVILUPPO INTERCULTURALE” (promosso nell’anno
scolastico 2004-05 dal CTP-EdA di Villongo in collaborazione con la Comunità Montana, gli
Istituti Comprensivi del territorio e lo Sportello Immigrazione il FARO) è stata sottolineata dal
prodotto di un progetto elaborato da ciascun corsista che rappresentasse la “prima azione” che
egli avrebbe fatto, nel periodo estivo, indossando le vesti dell’agente allo sviluppo interculturale.
Gli obiettivi di questa proposta possono essere riassunti in:
•
avere una occasione di concretizzazione e di applicazione “sul terreno” di quanto appreso
durante il corso;
•
indagare ulteriormente i possibili ambiti e contesti di intervento dell’agente allo sviluppo
interculturale, in particolare di quelli “pensati” dai corsisti stessi, invitati a pensare a come
“agire il territorio”, a partire dall’individuazione delle “zone d’ombra” dell’integrazione e dal
far emergere i “desiderata” di ciascuno in rapporto ai processi di integrazione dei propri
micro-contesti di riferimento;
•
rendere visibile/comprensibile a se stessi e ai committenti chi è, cosa fa, dove opera
l’agente allo sviluppo interculturale.
In questa mostra sono presentati questi progetti, accompagnati da altri prodotti del corso che
“dicono” qualcosa in più sull’identità e l’appartenenza di questi “agenti”.
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I progetti
“SONIDOS ETNICOS”
Agente: A. B. – multietnica – musicista – lavoro per una pediatra – corsi EDA
Premessa/Scenario: la musica è un linguaggio veloce immediato. È poesia, danza è comunicazione,
conoscenza. La sintesi di una cultura. Nel Basso Sebino c’è bisogno di questi scambi
Azione: festa della birra (organizzata dalla pro loco) all’interno della quale ci saranno dei concerti. Sonidos
etnicos all’interno di ”effetto notte” (manifestazione organizzata dal comune di Sarnico)
Obiettivi: i cittadini africani e sudamericani spesso sono visti come risorse manifatturiere, è importante
valorizzare questi cittadini per le loro ricchezze culturali
Destinatari: aperto a tutti
La fotografia: lago d’Iseo, foto dei musicisti, festa sul lago
“IN COMPAGNIA… DI UNA GRIGLIATA”
Agente: A.
Premessa/Scenario: mangiando insieme ci si sente più vicini, si può parlare meglio di noi davanti ad un
buon piatto di…ed una grigliata di pesce…
Azione: dividersi i compiti e ritrovarsi davanti ad una griglia ed a una tavola preparata da noi…
Obiettivi:
- migliorare il dialogo tra le culture
- aumentare la voglia di stare insieme
Destinatari: vicini stranieri e italiani
La fotografia: una grigliata mista…
“OPERAZIONE SORRISO”
Agente: A. – residente a Rovato – frequento strutture sanitarie accompagnando le donne che me lo
chiedono.
Premessa/Scenario: ci sono donne che non sanno a chi rivolgersi o cosa fare e accettano di curarsi
quando ormai è tardi. Mi è già capitato di accompagnare dal dentista una donna con carie bruttissime, i
denti non si potevano più curare, ma solo togliere. Ho accompagnato dal ginecologo una donna di 50 anni
con disturbi della menopausa. Ho accompagnato all’ospedale (pronto soccorso) una donna che stava
male. Queste donne non si sono rivolte spontaneamente alle strutture sanitarie per problemi economici,
per vergogna, a causa dell’analfabetismo, perché nessuno le accompagnava.
Azione: sono disponibile ad accompagnare chi ha bisogno, ad essere presente alle visite per la
traduzione, ad accompagnare in farmacia o presso centri di terapia o ricordare la terapia farmacologica.
Obiettivi: prevenire il peggioramento delle malattie, giungere alla guarigione, se possibile.
Destinatari: il mio intervento è rivolto soprattutto alle donne e ai loro figli
La fotografia: mi vedo come tramite tra medico e donna ammalata.
“MI RACCONTI… LA TUA SCUOLA?”
Agente: A. C. – educatore dello spazio compiti di Sarnico
Premessa/Scenario: Aiutare nei compiti può essere fatto con maggiore utilità se si comprende in modo
appropriato quali sono le difficoltà nell’inserirsi a scuola, nel fare il proprio dovere, nel rapporto con gli
amici, etc…
Azione: interviste “aperte”, report ai minori, poi alle famiglie sul percorso scolastico dei ragazzi (anche
fuori dell’Italia)
Obiettivi:
-
un benessere maggiore di alcuni bambini/ragazzi sul corso
raccogliere la percezione e l’emozione rispetto al mondo scolastico
capire quali situazioni “bloccano” i ragazzi
individuare cosa favorisce il benessere dei ragazzi
Destinatari: minori e famiglie; futuri interlocutori nel mio lavoro educativo (utenti, colleghi, etc…)
La fotografia: io ed i ragazzi che parliamo – io e le famiglie che parliamo
“STORIE… CHE CI INCONTRANO!”
materiali per lo sviluppo interculturale – n. 4 – DICEMBRE 2005
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Il mondo è fatto di tante strade, di tante persone, e di tante storie… Tante si! E tutte diverse…ma un
giorno: tutte queste strade, tutte queste persone, tutte queste storie si incontreranno!
L’agente: C., servizio civile volontario allo spazio gioco di Sarnico
Premessa / Scenario: Tutti i giorni si vedono per strada, sui luoghi di lavoro, alla televisione…e chissà
dove…? Tante persone; ciò che vediamo è il loro volto: solare, sorridente, triste o arrabbiato; vediamo i
loro movimenti, le azioni che stanno facendo in quell’istante, insomma, vediamo come sono loro
dall’esterno o forse è meglio dire: vediamo ciò che siamo noi! guardando con i nostri occhi, i nostri
pensieri, i nostri pregiudizi e con tutto ciò che abbiamo letto, sentito, e in generale vissuto.
Ma dietro a quell’apparenza prima nostra e poi loro non sappiamo cosa ci sia veramente, pensiamo di
sapere e per questo di poter giudicare… così nascono pregiudizi, paure, conflitti…con tutto ciò che questo
comporta!
Naturalmente tutti questi, diciamo, “aspetti negativi”, anche se di fatto è proprio grazie a loro che si
cresce, non possono essere eliminati! Sia, perché più che difficile, sia perché dobbiamo partire proprio da
lì!
Quante volte abbiamo vissuto direttamente oppure ci è capitato di giudicare una persona dall’apparenza e
poi, sentendola parlare abbiamo cambiato il nostro giudizio.
Dare voce a queste apparenze o meglio a queste persone ci permette di conoscere la loro storia, la loro
vita; ma non per giudicarla, nessuno può giudicare l’altro perché siamo tutti diversi!
Attraverso la voce ascoltiamo quella che è la realtà…realtà della vita che attraverso una storia ci dà la
possibilità di incontrarCI! Come tante persone diverse, nate per essere uguali, in un punto di incontro che
è il mondo!
Azione/i: Chiederò, ad alcune mamme che frequentano lo Spazio gioco di Sarnico la disponibilità e la
libertà nel raccontarmi la loro storia attraverso delle domande (formulate come un’intervista) che
seguiranno il loro viaggio… dal luogo in cui sono nate a quello in cui sono arrivate, tenendo conto delle
emozioni, delle persone, degli ostacoli e di tutto ciò che hanno vissuto. Magari, poi, la possibilità di rendere
queste storie/voci “udibili” anche ad altre persone.
Obiettivi:
- Dare alle mamme la possibilità di dare voce alla loro storia – superando l’apparenza che altre persone
attribuiscono loro
- Possibilità di rendersi udibili e visibili completamente
- Scontro/pregiudizio/paura – storia – incontro
- Stabilire un punto di incontro, anche piccolo che sia, che sappia “far più rumore” di tanti pregiudizi
Destinatari: Mamme di cultura non italiana (2 interviste). Possibilità di rendere le interviste fruibili a più
persone – soprattutto di cultura italiana
Fotografia: l’agente non è un titolo o un diploma e nemmeno un corso, anche se purtroppo per imparare
a vivere bene con le altre persone dobbiamo frequentarli, perché la società in cui viviamo ci impone tanti
stereotipi e ci porta ai pregiudizi o forse senza incolpare la società siamo noi i primi a sbagliare.
Così veniamo definiti “agenti” con tanto di titolo, anche se di fatto tutti possono essere agenti allo sviluppo
interculturale basta credere negli altri, credere in sé stessi, avere la volontà di conoscere andando oltre
l’apparenza… L’agente è prima di tutto una persona… che allunga la sua mano per incontrarne altre!
“ANDIAMO A SCUOLA”
Agente: S., marocchino - frequento il centro culturale islamico – abito nel basso sebino dal 1990 genitore
Premessa/Scenario: disagio dei genitori e dei bambini stranieri nei confronti della scuola
Azione: parlare, informare, sollecitare i genitori a partecipare al centro culturale islamico
Obiettivi: rilevare il disagio ed i bisogni dei genitori; lo star bene dei bambini a scuola
Destinatari: genitori e bambini stranieri
La fotografia: una lavagna con la scritta “scuola” – io che parlo alla gente
“INDAGANDO PER CAPIRE MEGLIO”
Agente: S. – socio fondatore dell’associazione “El Dialogo” – residente nel Basso Sebino – persona aperta
a relazioni con diverse categorie di migranti
Premessa/Scenario: vista l’importanza di ogni informazione che riguarda l’immigrato del nostro
territorio, ho pensato di fare interviste a diverse persone immigrate , con lo scopo di fornire una base di
informazione che servirebbe per il nostro progetto d’integrazione
Azione: interviste a diverse tipologie di persone del Marocco presenti nel territorio (lo sposato, il
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clandestino, il giovane,…)
Obiettivi: preparare un database sulle diverse categorie di migranti e dei loro bisogni, delle loro ambizioni
e dei loro progetti al fine di dare delle fondamenta all’associazione
Destinatari: le istituzioni del territorio; le comunità marocchine
La fotografia: fotomontaggio con volti che corrispondono alle diverse tipologie di immigrati (il giovane, il
clandestino, l’anziano, etc…)
“DJOKO”
Agente: S.
Premessa/Scenario: la presenza dei senegalesi nel territorio non è ancora stata mappata
adeguatamente
Azione: creare un report di facile lettura ad uso della comunità senegalese principalmente, in italiano.
Obiettivi:
- Maggiore integrazione all’interno della comunità senegalese
- Far conoscere agli autoctoni la comunità senegalese
Destinatari:
- comunità senegalese del territorio
- istituzioni
La fotografia: sovrapposizione mappa del Senegal e del Basso Sebino sullo sfondo la Lombardia
“STRINGERE”
Agente: S. – autoctona e italiana Premessa/Scenario: nel contesto non sembra ci siano azioni – indagare se esistono e stabilirne la
necessità
Azione: organizzare un corso di italiano oppure indagine sulle mie coetanee straniere nel Basso Sebino
(non sposate, adolescenti, di età compresa tra i 15 e i 25 anni)
Obiettivi: aiutare le donne straniere a conoscere la lingua e la cultura italiana – conoscere donne di altre
culture – promuovere l’integrazione della donna straniera
Destinatari: ragazze/donne straniere di età compresa tra i 15 e i 25 anni - bibliotecario
“COME SARÀ IL FUTURO DELLA PROSSIMA GENERAZIONE?”
Agente: T. – residente dall’89 nel Basso Sebino –marocchino– socio fondatore Associazione Marocco
Premessa/Scenario: L’indicatore istruzione è fondamentale per misurare l’integrazione.
Azione: intervistare genitori marocchini e stranieri con figli minori di 14 anni per domandare come
intendono investire sul futuro dei loro figli
Obiettivi:
- Prevedere il livello di integrazione della 2° generazione
- Chiarire le idee
- Informare i miei connazionali
Destinatari: genitori stranieri (i padri)
La fotografia: un faro e delle persone che camminano verso il faro.
“INTERVISTIAMO…”
Agente: E. M. nativo del Marocco il 01.01.83 (22 anni), residente in Italia da 22 anni, intergrato con la
società italiana ma desideroso di far conoscere realmente agli autoctoni il significato delle sue origini.
Obbiettivo: Portare a conoscenza dell’italiano cosa “frulla” in testa all’immigrato appena sbarcato in un
paese totalmente diverso dal suo, ma non solo….
Premessa/scenario: lo smarrimento, la difficoltà ad integrarsi, le ansie, le speranze, i desideri dei
giovani immigrati sono un territorio ancora inesplorato.
Azione : interviste a giovani immigrati con l’ausilio della telecamera nei luoghi da loro frequentati
abitualmente.
Destinatari: giovani immigrati (prevalentemente del Marocco) con età compresa tra i 18-25 anni.
Fotografia: io con la telecamera e intorno diversi giovani immigrati e ambienti
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7.
UNA GIORNATA A BRUXELLES
(Basso Sebino – Bruxelles A/R - Sabato 12 novembre 2005)
In seguito all’esperienza positiva del corso per “Agenti allo sviluppo interculturale”, corsisti e
formatori hanno organizzato un’escursione “didattica” a Bruxelles, “capitale” dell’Unione
Europea, città multiculturale per eccellenza e sede del “Centre Bruxellois d’Action Interculturel”
che da anni organizza un corso biennale di formazione per “Agenti allo sviluppo e alla
mediazione interculturale”.
Programma
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6.30: Ritrovo alle Scuole Medie di Villongo
7.10: Check-in all’aeroporto di Orio
8.30: Decollo dall’aeroporto di Orio
10.05: Arrivo all’aeroporto di Bruxelles-Charleroi
10.25: Trasferimento in bus a Bruxelles-Gare de Midi (1 ora circa; 10,50 euro)
11.30: arrivo a Bruxelles - Gare de Midi
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11.45: sosta nel salone da tè nel quartiere della Gare de Midi
12.30: passeggiata verso il Centro della città
13.00: foto di gruppo nella Grand Place e pranzo “al sacco” (pic-nic)
14.00: passeggiata verso il quartiere Matongé;
15.00: Visita al quartiere Matongé
16.00: passeggiata verso il CBAI (av. de Stalingrad n. 24)
16.30: Ricevimento al CBAI (Centre Bruxellois d’Action Interculturel) per un confronto
sull’idea di “Agente allo sviluppo interculturale” che loro cercano di formare e diffondere;
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19.40: Ritrovo a Gare de Midi
19.50: Trasferimento in bus c/o aeroporto di Charleroi (ultimo bus possibile; 10,50 euro)
21.00: spuntino (facoltativo) presso self-service aeroporto
21.15 (al massimo): check-in in aeroporto
22.15: decollo da Bruxelles Charleroi
23.40: Arrivo all’aeroporto di Orio
00.30: arrivo alle scuole medie di Villongo
Dettaglio prenotazione:
Andata
Flight FR4523
sab, 12 nov 05
08:30
10:05
Partenza
Arrivo
Milan Bergamo (BGY)
Brussels S. Charleroi (CRL)
Flight FR4526
sab, 12 nov 05
22:15
23:40
Partenza
Arrivo
Brussels S. Charleroi (CRL)
Milan Bergamo (BGY)
Ritorno
Compito: Visitando la città, portiamo l’attenzione al nostro punto di vista, come guardiamo la
realtà, a quali sono i nostri angoli visuali, cosa ci colpisce, come selezioniamo le immagini, cosa
selezioniamo... Quali sono quelle inerenti al percorso formativo fatto? Cosa ci portiamo via?
Cosa vogliamo fare vedere agli amici che non sono venuti (e perché)? Ricostruiamo (in diretta!)
lo STORY-BOARD di questo film, composto da SCENE (ogni CIACK), a loro volta costituite da
una sequenza di INQUADRATURE (fotogrammi da isolare). Infine, prova ad aggiungere la
“COLONNA SONORA” (le frasi ad effetto, le parole -viste o ascoltate- che ti hanno
particolarmente colpito…)
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Il film di una giornata a Bruxelles
Sceneggiatura: tutti i viaggiatori - Regia: Marco Cini
TRAILER - Inquadrature: 1) il gruppo al salon du thè; 2) i taxisti sono tutti di origine straniera; 3)
tagliare i capelli a un bimbo di circa 4 anni; 4) il murale del quartiere Matongè (dove tutti sono neri);
STORY-BOARD
SCENA 1: RITROVO A VILLONGO - Inquadrature:
suona la sveglia (ore 5.30)
facce assonnate davanti alla scuola
l’incidente al fratello di Saad
il volto silenzioso di un agente e una voce fuori campo (la vita è preziosa)
SCENA 2: ALL’AEROPORTO - Inquadrature:
tutti al check-in: a chi serve il passaporto e a chi non serve
gli agenti che parlano attorno al finestrone che dà sull’aeroporto: sullo sfondo il sole e le
montagne
agenti leggono alcune notizie dell’Eco di Bergamo (la situazione in Francia – a Treviglio polemiche
per la concessione di un locale per l’Aid al fitr – a Romano difficoltà per l’apertura di un luogo di
cultura Sikh)
Marco che parla al cellulare con Saad
al check-in non fanno passare Saad
Giancarlo che cerca di mediare con la hostess, sconforto tra gli agenti
SCENA 3: IL VIAGGIO - Inquadrature:
sul pullman verso l’aereo Samba che prende appunti
salita sull’aereo
volto silenzioso di un agente e voce fuori campo (all’interno della cultura c’è il nutrimento e tutti
noi stiamo andando a pranzo in Belgio)
tanti giovani italiani sull’aereo
Alessandra C. viso molto teso: chiede consiglio (in francese) alla hostess perché è al primo
viaggio in aereo
il decollo
l’arrivo a Charleroi con la pioggia
l’autista del pullman è straniero
dentro la Gare du Midi il gruppo gestisce le informazioni per Saad
SCENA 4: UN TÈ DA AL MANAMA - Inquadrature:
il gruppo si dirige verso Al Manama
tutti intorno al tavolo beviamo il tè
l’arrivo di Saad
Samba che versa e riversa il tè
dove si siedono le donne
facce di turchi
SCENA 5: VERSO LA GRANDE PLACE - Inquadrature:
negozi arabi
libreria islamica
tre banche marocchine
litigio con un negoziante che non vuole si girino immagini con la telecamera davanti al suo
negozio
agenti davanti a manichini di donne
SCENA 6: LA GRANDE PLACE - Inquadrature:
palazzi decorati della Grande Place
gruppi di scout (cercano una persona con il nome che inizia per F)
una coppia di sposi passa mentre pranziamo con i panini
due autoambulanze che entrano nella piazza
materiali per lo sviluppo interculturale – n. 4 – DICEMBRE 2005
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COMUNITÀ MONTANA del Monte Bronzone e del Basso Sebino
CRONACA, APPUNTI E DOCUMENTI di
C’è un tempo per… 2005
Saad torna in piazza con un nuovo giubbino comperato a Bruxelles
foto di gruppo nella Grande Place
SCENA 7: OLTRE LA GRANDE PLACE - Inquadrature:
la fabbrica di cioccolato
gente che viene e va nella via
Marco davanti al manifesto Le futur a-t-il un avenir
veduta panoramica dell’angioletto Manneken pis
mimo che racconta
Marco e Samba di spalle osservano una vetrina con esposti in fila tanti Manneken pis, sembra
anche loro stiano per…
agenti che salutano dall’alto della terrazza (palazzo dei congressi)
auto che scorrono sotto il ponte nelle due carreggiate
SCENA 8: IL QUARTIERE MATONGÈ (l’Africa in Europa) - Inquadrature:
il murales
Aly che chiede in un bar dove è la toilette e scopre che, se non si consuma, si paga 5 cent.
saloni di bellezza con donne nere seminude
interno di un parrucchiere,
volto di un agente e voce fuori campo (tutti si preparano per la festa)
bar
supermercato
una bimba che piange
gente che passeggia in strada
il volto di un agente e voce fuori campo (tutti sono neri)
inserto del film Piece d’identitè
SCENA 9: AL C.B.A.I. - Inquadrature:
agenti che camminano velocemente verso il Centre Bruxellois d’Action Interculturel
Said si è perso e chiede informazioni a persone di origine araba
accoglienza da Christine & Marc
tutti insieme attorno al tavolo
Cristine che parla in mezzo a due maschi (Hamel e Marc)
particolari del palazzo e voce fuori campo di Christine (se un luogo vuole essere rispettato deve
prima di tutto rispettare le persone che accoglie)
volti degli agenti e dei relatori
pausa caffè
il quadro del ragazzo palestinese
la discussione tra Hamel e Marc
Marc che scrive alla lavagna ALL WE NEED IS LOVE
il namastè tra Marco e Marc
FUORI CAMPO: voci che pronunciano alcune frasi dette durante l’incontro: unire senza
confondere e distinguere senza separare; gli agenti sono traduttori, ambasciatori, “ponte umano”
dell’intercultura; l’immigrazione va considerata come una risorsa; gli emigrati possono lavorare nel
sociale; laicità; l’interculturalità è una via difficile; ecc.
SCENA 10: RITORNO - Inquadrature:
la luna
poliziotti che discutono con l’autista del pullman
il volto di un agente e fuori campo (mamma perdo l’aereo)
sul pullman verso l’aeroporto
sul pullman Adriana con gli occhi chiusi (il tempo di respirare)
LA COLONNA SONORA: clandestino (Manu Chau) - Love is here – We leaving together – All We need is
love – gianca che parla francese – musica Africana nel quartiere Metongè – Giancarlo e Adriana group (e
chi altro volesse cimentarsi) – Vorrei la pelle nera – (Cristine) – i ragazzi che suonavano il tamburo sul
viale per gare du Midi – i rumori della folla nella galleria del Matongè – lettura didascalia del Manneken pis
– le lingue diverse tra i tavoli del salon du thè
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Album fotografico (12-11-2005)
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8.
4^ RASSEGNA DI CORTOMETRAGGI SULL’IMMIGRAZIONE
(Auditorium oratorio VILLONGO S. Filastro – Giovedì 17 novembre 2005)
Programma
TITOLO
IMMIGRAZIONE È
GLOBALIZZAZIONE
Il Dossier Statistico
Immigrazione 2005
SPOT ANTIRAZZISTI
Durata
11’
Regia
Giuseppe
Rosolino
Edizione
RaiNews24
8’
MOJA DOMOVINA
(My country)
10’
Miloš
Radović
Anno 20….
CONSIGLIO
COMUNALE
20’
GianMario
Casarotti
Neverland
Pictures
2004
Abstract
Presentazione in formato video
dell’edizione 2005 del “Dossier Statistico
Immigrazione” realizzato dalla Caritas
Italiana e dalla Fondazione Migrantes.
Selezione di alcuni tra i più significativi
spot antirazzisti raccolti dall’Archivio
Immigrazione di Roma (Non solo nero)
Bizzarra e provocante rappresentazione
della situazione balcanica (ispirata da una
storia vera).
In un corso di formazione (dal titolo
“Immigrati Competenti”), i corsisti
simulano un Consiglio Comunale…
Elenco dei cortometraggi proiettati nelle rassegne precedenti.
1^ RASSEGNA DI CORTOMETRAGGI SULL’IMMIGRAZIONE1 - Giovedì 29 settembre 2002
SIAMO TUTTI CLANDESTINI? (VHS – 18’), di Paolo Jamoletti, prodotto da Sportello Immigrazione –
Comune di Treviglio; CGIL-CISL-UIL Treviglio.
Ogni mattina, a Bergamo (ma potrebbe essere un’altra qualunque città italiana), si forma una lunga fila di
persone davanti alla Questura in attesa di un pezzo di carta che si chiama Permesso di Soggiorno oppure
Carta di Soggiorno. SIAMO TUTTI CLANDESTINI? mostra le facce e racconta le storie di quegli immigrati,
contestando la demagogia di chi attribuisce all’immigrazione problematiche e devianze che invece
appartengono a tutta la società.
UN SOGNO CHIAMATO ITALIA. Immigrazione, risorsa di una società che cambia (VHS - 17’30’’)
di Antonio Pettinelli, prodotto da Caritas Italiana – 2001.
Il video non pretende di trattare in modo completo il fenomeno dell’immigrazione, me intende essere uno
strumento per l’avvio di confronto e riflessioni su come il fenomeno stesso va evolvendo e sui cammini da
intraprendere nelle chiese e nelle comunità locali. Racconta la storia di una famiglia albanese. Edlira ed
Eriola, le figlie, Francesco e Marita, i genitori: una delle tante famiglie immigrate in Italia, uno dei
1
Alla serata hanno partecipato i protagonisti del video “Un sogno chiamato Italia”.
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CRONACA, APPUNTI E DOCUMENTI di
C’è un tempo per… 2005
molteplici percorsi verso l’integrazione. Lo scopo del video è quello di mostrare degli spaccati di vita
quotidiana, il ripercorrere attraverso ricordi e racconti, il cammino di una famiglia immigrata che rinvia a
storie e scelte di tante altre persone nel nostro paese, in cui sempre più le diverse culture si incontrano.
Tutto ciò ci interpella, come cristiani e come cittadini, e ci chiama ad essere insieme protagonisti e
responsabili di una società che cambia.
TULILEM. Dedicato ai bambini che vengono da lontano (VHS - 5’), di Bruno Bozzetto, prodotto dal
CESVI Cooperazione e Sviluppo.
Una meta precisa, poco tempo per raggiungerla, molta incertezza sul come raggiungerla. È l’itinerario che
ha percorso il gruppo di lavoro che ha ideato questo film, dedicato alle tante piccole storie che raccontano
un viaggio: quello della migrazione, in particolare quello dei bambini che vengono nel nostro paese da
terre lontane. Un viaggio, un incontro: migrare è per un bambino qualcosa in più della scelta dovuta a
necessità vitale o al desiderio di realizzazione di un sogno; è anche avventura, paura, nostalgia e
curiosità… E poi l’incontro tra chi giunge e chi è qui da sempre: anche se tra bambini, anche se auspicato
dai grandi, l’incontro è comunque incertezza, diffidenza, prima di divenire ricchezza per gli uni e per gli
altri. Tutto questo, ed altro ancora, in Tulilem, un film a disegni animati che dura solo 5 minuti, non ha
parole ma racconta a tutti i bambini grazie ai disegni che hanno il potere di far ridere, ed insieme di far
pensare e “affezionare”.
Tulilem nasce dal lavoro volontario di insegnanti e professionisti che hanno partecipato al progetto
“Pedagogia e cultura delle differenze” voluto dal CESVI cooperazione e sviluppo e con il sostegno della
Commissione della Comunità Europea.
2^ RASSEGNA DI CORTOMETRAGGI SULL’IMMIGRAZIONE2 - Giovedì 13 novembre 2003
LE CULTURE DEGLI ALTRI. Dietro un film per un mondo a colori3 (VHS - 25’), di R. Caselli - G.
Bedeschi - R. Zana, prodotto dal CESVI cooperazione sviluppo – Oltremareaudiovisivi.
Questo film ha un obiettivo: favorire e incoraggiare la conoscenza e il rispetto delle culture degli immigrati.
Perché conoscenza e curiosità possono fare molto per spezzare il circolo vizioso che porta dall’estraneità al
sospetto, dalla paura all’intolleranza, dall’irrazionalità al rifiuto. Ma quale documentario enciclopedico
avrebbe potuto contenere un tema così vasto come le culture di popoli tanto antichi e grandi? Così
abbiamo cercato un metodo nelle tecniche di comunicazione di marketing: intervenire sui comportamenti
della gente dando informazioni e creando un’emozione.
TUTTO IL MONDO È PAESE?, dell’Azione Cattolica di Grumello del Monte
Realizzato (e autoprodotto) dal gruppo giovani Azione Cattolica di Grumello del Monte, stimolato dalla
presenza nel paese di molti bambini di diversa provenienza che hanno intervistato rispetto ai loro sogni per
il futuro (2001).
ALTRE VOCI, di Emilio Corbani, Giuseppe Manzi, Andrea Monili, prodotto da La Nostra Domenica.
Realizzazione video: Emilio Corbani, Giuseppe Manzi, Andrea Monili; montaggio: Dario Bigliono – A.D.E.
produzioni; musiche composte da Andrea Monili; eseguite da Andrea Monili e Dario Biglino (2002)
Realizzato dal settimanale diocesano “LA NOSTRA DOMENICA” in occasione della presentazione del libro
omonimo.
3^ RASSEGNA DI CORTOMETRAGGI SULL’IMMIGRAZIONE4 - Giovedì 18 novembre 2004
IMMIGRAZIONE IN 3D (VHS - 20’), di Maria Chiara Martinetti, prodotto da Volontari nel mondo –
FOCSIV.
Frida e Dario, sedici anni. Lai albanese, lui italiano, sono gli inviati speciali di un reportage alla scoperta di
alcuni spaccati di immigrazione mediterranea in tre città dell’Italia. A Genova entrano in contatto con la
quotidianità di due ragazzi marocchini. A Roma visitano la moschea e la scuola coranica. A Napoli
incontrano un musicista albanese. Rivolgono domande, raccolgono risposte, esprimono impressioni,
cercando di penetrare la terza dimensione dell’immigrazione, la profondità che sfugge ad una fotografia,
ma che emerge con forza non appena ci si mette in viaggio e si presta attenzione all’umanità delle
persone.
(tratto da) 11 SETTEMBRE ’01 (VHS - 11’09’’), di Mira Nair, prodotto da Galatée films e Studio cana.
2
3
4
Alla serata hanno partecipato i giovani che hanno realizzato il video “Tutto il mondo è paese?”.
Di questo video è stato estratto solo lo SPOT finale che dura qualche decina di secondi.
Alla serata ha partecipato la regista norvegese del video “UN CAFFE’ IN VIA QUARENGHI”.
materiali per lo sviluppo interculturale – n. 4 – DICEMBRE 2005
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C’è un tempo per… 2005
Partendo da un fatto reale, la regista racconta di una famiglia, di origine pakistana e di religione
musulmana, che dapprima viene accusata dai vicini di avere un figlio terrorista, affiliato di Al-Qaeda, per
poi scoprire che era un eroe morto nei soccorsi.
«Volevo fare una dichiarazione contro la corrente di islamofobia che sta spazzando il mondo dall’11
settembre… Il cinema deve essere uno specchio del mondo in cui viviamo. Dobbiamo usare questo mezzo
per provocare, sconvolgere, divertire e scuotere la gente dal torpore».
UN CAFFÈ IN VIA QUARENGHI (VHS), di Inga Lill Nordli e Andrea Pizzola, 2003.
Per la realizzazione della sua tesi in Antropologia Sociale, Inga Lill Nordli, studente norvegese, ha scelto
Bergamo quale territorio per la sua ricerca e per girare un video da allegare alla stessa.
«Ciò che volevo studiare è come funziona, o non funziona, la comunicazione tra bergamaschi ed
immigrati. L’Italia è conosciuta come un Paese con una forte identità locale (soprattutto provinciale)
anziché nazionale, nel senso che la gente si sente più legata alla regione o alla città che alla nazione.
Trovare informazioni su Bergamo in Norvegia è stato molto difficile e quindi, dopo che sono arrivata qui,
ho raccolto numerose informazioni sulla città, la provincia e la storia locale. Ho iniziato la ricerca in Via
Quarenghi, perché ho visto che era una zona con tanti immigrati. Ho girato in quella via e ho fatto
domande sul rapporto tra immigrati e italiani agli stranieri e agli italiani che lavorano e abitano lì».
materiali per lo sviluppo interculturale – n. 4 – DICEMBRE 2005
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C’è un tempo per… 2005
Il Dossier Statistico Immigrazione 2005
Testo del video
Il punto di vista
Il fenomeno dell’immigrazione in Italia è, rispetto ad altri paesi come la Francia e l’Inghilterra,
abbastanza recente. Forse per questa ragione non sempre si riscontra un atteggiamento
equilibrato nei confronti degli immigrati.
In un recente sondaggio è emerso che il 58% degli intervistati considera gli stranieri la causa
principale dell’aumento della violenza. Il perché di questa visione sommaria – immigrato uguale
violenza – andrebbe ricercato nel lavoro superficiale di alcuni media; ma certamente è un punto
di vista che fa torto a ciò che l’immigrazione rappresenta oggi, e mal si coniuga con le
prospettive future del paese.
I numeri
In ogni caso i numeri parlano chiaro. All’inizio del 2005, secondo la stima di Caritas e Migrantes,
gli immigrati regolari in Italia sono 2.786.000, mentre nel 1970 erano solo 144.000 mila.
Essi costituiscono più di un decimo dei 23 milioni di immigrati soggiornanti nei 25 Stati membri
dell’Unione Europea.
Tra 10 anni gli immigrati saranno 6 milioni e più in là potranno arrivare a un sesto della
popolazione, come avviene attualmente in Canada, uno dei paesi a più alta incidenza di
stranieri.
I minori sono circa mezzo milione e, tra nuovi arrivi e nuove nascite, aumentano al ritmo di
quasi 100 mila l’anno.
I figli d’immigrati iscritti a scuola sono 362.000.
Il radicamento nel paese che li ha accolti è molto forte. Attualmente 800.000 persone hanno
maturato una presenza nel nostro paese di 5 anni e nel 2008 diventeranno un milione e mezzo.
La tendenza all’inserimento stabile è attestata anche dal mercato immobiliare: ogni otto case
vendute, una è acquistata da un immigrato. Solo nel 2004, gli immigrati hanno investito in
immobili 10 miliardi di euro, in buona parte ricorrendo ai mutui.
Economia
Aprirsi all’immigrazione è un’esigenza dettata innanzitutto dal nostro sistema produttivo che,
specialmente in questo momento difficile per l’economia, necessita di manodopera straniera, già
pari al 9% di tutta la forza lavoro.
Rispetto agli italiani gli immigrati hanno una mobilità doppia e questo è più funzionale alle
esigenze del nostro mercato occupazionale. Su 1.000 immigrati, 75 si spostano all’interno del
paese, soprattutto verso le regioni del Nord.
Si tratta anche di persone molto istruite, con il 38% tra laureati e diplomati. Purtroppo non
sempre vengono adeguatamente valorizzati a causa della carente riqualificazione professionale,
tant’è vero che il 60% di costoro si sente svantaggiato.
I loro impieghi sono per lo più precari e questo spiega perché, nel corso del 2004, più di un
terzo degli immigrati presenti abbia stipulato nuovi contratti di lavoro: in tutto sono quasi un
milione quelli soggetti a mobilità. Sulle nuove assunzioni le donne, sebbene rappresentino il
48,4% della popolazione immigrata, incidono solo per un terzo.
I benefici portati dagli immigrati trovano corrispondenza in termini di accoglienza? La risposta
non è così scontata. Dalla relazione della Corte dei Conti risulta che ogni 5 euro dei fondi
pubblici destinati agli immigrati, 4 vengono utilizzati per il contrasto dei flussi irregolari e solo 1
per l’integrazione.
Occupazioni
I settori occupazionali in cui vengono inseriti i lavoratori immigrati sono: per il 6% in
agricoltura, poco più del 50% nei servizi e il resto nell’industria. Oltre a quello agricolo, sono
interessati i settori delle costruzioni, del turismo, delle pulizie e specialmente della
collaborazione familiare, con più di mezzo milione di addetti.
materiali per lo sviluppo interculturale – n. 4 – DICEMBRE 2005
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C’è un tempo per… 2005
Vi sono anche occupazioni numericamente meno consistenti, ma altrettanto importanti. In Italia
mancano ogni anno migliaia di infermieri e 28.000 stranieri si sono già inseriti in questo
comparto, nonostante le difficoltà burocratiche del riconoscimento dei titoli.
Le loro retribuzioni non sono molto alte. L’Inps ha calcolato in 10 miliardi di euro la cifra
complessiva erogata nel 2002, corrisposta per lo più nel Nord. Le donne sono più sfavorite
rispetto agli uomini, perché percepiscono un terzo dello stipendio in meno. Tra le diverse
nazionalità, i marocchini e gli albanesi hanno paghe più alte.
Burocrazia
Non va meglio a livello burocratico. Il tempo di disbrigo delle pratiche di soggiorno non dura 20
giorni, come disposto dalla legge, ma mediamente 5 volte di più. Si è pensato di chiedere la
collaborazione dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, dei Patronati dei lavoratori e delle
Poste Italiane, ma ancora non si è raggiunto l’obiettivo di rendere le procedure più agevoli.
Quindi, chi vuol diventare cittadino italiano non trova una strada spianata, ma carica di
restrizioni e lentezze burocratiche. I provvedimenti di naturalizzazione sono circa 10.000 l’anno.
Purtroppo la capacità di modificare questa situazione insoddisfacente è inversamente
proporzionale al numero delle proposte di legge presentate per modificare la legge.
Infortuni
Sul lavoro, il rischio infortunistico per gli immigrati è due volte più elevato e, diversamente da
quanto avviene per i lavoratori italiani, la tendenza è all’aumento. Nel 2004 si è trattato,
purtroppo, di 115.773 infortuni, di cui 116 mortali.
Salute
I dati sulla salute degli immigrati, ricavati da 400.000 schede di ricovero ospedaliero, attestano
condizioni di disagio derivanti dal tipo di lavoro e dalle carenze dell’accoglienza. Le difficoltà nel
condurre una normale vita affettiva e familiare e la scarsa informazione sulla prevenzione,
ostacolano spesso anche un diritto primario come quello alla maternità.
Sicurezza e diritti civili
Il mare non è solo una via di accesso all’Italia ma anche un grande pericolo. In Spagna è stato
stimato che nel 2004 siano morti 500 immigrati, sfruttati e trasportati su mezzi insicuri. In Italia
si sa che sono sbarcate, specialmente in Sicilia, 13.635 persone ma non si conosce il numero di
quante ne sono scomparse lungo la traversata.
I trafficanti si accaniscono anche sulle donne, molto spesso sfruttate a fini sessuali se non
addirittura ridotte in schiavitù. Dal 1998 ad oggi, 6.781 vittime sono state inserite in progetti di
accoglienza e inserimento e 28.190 sono state avviate a servizi socioassistenziali.
Prospettive
Il numero degli immigrati regolari aumenterà, con circa 100.000 persone interessate al
ricongiungimento familiare e altre 200.000 che chiedono di inserirsi nelle aziende.
Ma l’immigrazione in Italia non continuerà solo in maniera regolare. Dai dati dei Centri di
Ascolto della Caritas, dove i due terzi delle persone transitate sono stranieri, risulta che nel 40%
dei casi manca il permesso di soggiorno.
Una presenza consistente e crescente, portatrice di una lunga serie di benefici, ma anche di
diversi aspetti problematici.
Con lo slogan “Immigrazione è globalizzazione”, Caritas e Migrantes hanno voluto sottolineare
come la convivenza tra culture debba essere considerata una naturale condizione quotidiana.
Anche l’appartenenza religiosa, caratterizzata da una metà di cattolici, da un terzo di musulmani
e dalla presenza di numerose altre fedi, non deve essere un pretesto di contrapposizione bensì
un’occasione di dialogo e di reciproco adattamento nell’ambito di regole civili sinceramente
condivise. L’identità di un popolo in evoluzione è strettamente legata alla capacità d’innamorarsi
dell’identità di altri popoli; questo tipo di sentimento porta alla vera cultura e la garanzia del
successo passa per la via dell’accoglienza.
Che questo auspicio sia una speranza concreta e non un semplice sogno, dipenderà da tutti noi
e dagli immigrati stessi.
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Cronaca della proiezione-dibattito di “Submission”
Il 17 Novembre, in concomitanza con il programma di “C’è un tempo per” che proponeva la
visione di alcuni cortometraggi sull’immigrazione, il gruppo “Lega nord” di Villongo ha
organizzato presso la sala polivalente del comune la visione del cortometraggio “Submission”.
Eduard Ballaman (parlamentare della Lega Nord) che ha guidato ed organizzato la serata, ha
introdotto il cortometraggio dicendo che: il regista Theo Van Gogh fu assassinato, da un
estremista islamico, il 2 Novembre del 2004, e il produttore di questo cortometraggio - per
paura - decise di non farlo circolare.
Ballaman, come riportato nella “piccola guida sulla cultura islamica” che è stata consegnata a
tutti i presenti, dopo la morte del regista e la sollecitazione da parte di alcuni amici olandesi, ha
preso una copia del cortometraggio con l’incarico di farlo vedere a quante più persone fosse
possibile.
Il cortometraggio è stato trasmesso per la prima volta il 6 Maggio 2005, e da quel giorno,
Ballaman vive sotto scorta a causa delle pesanti minacce di morte.
Questa cortometraggio dura 10 minuti, sono minuti piuttosto forti dal punto di vista delle parole
e del linguaggio usato dalla donna musulmana (la donna parlava in arabo – i sottotitoli erano in
olandese - Ballaman accompagnava la visione con la traduzione). Questa donna, sulla quale è
centrato l’intero cortometraggio, rivolgendosi e pregando Allah, espone la sua vita, la sua
sofferenza e le violenze subite in famiglia, le sue parole sono una protesta esposta in preghiera
(visto che parla al suo Dio).
Dice quello che è costretta a subire come donna musulmana – la famiglia le ha scelto il marito,
lo zio l’ha violentata e messa incinta, suo padre pur sapendo tutto protegge il fratello, lei si è
innamorata di un altro uomo.
Sulle sue parole, e sull’immagine costante di questa donna inginocchiata, e a tratti di un’altra
donna stesa a terra con evidenti segni di percosse, si basa tutto il cortometraggio.
Dopo averlo visto sono rimasta senza parole, il film voleva trasmettere attraverso la sofferenza
di un donna, la sofferenza di tutte le donne islamiche.
Successivamente a questo Ballaman ha guidato il dibattito e qui sono riportate alcune parole
dette:
Nell’occidente c’è una società che punisce chi commette violenze tra le mura domestiche ma,
nell’Islam la religione lo tollera.
La donna islamica, pur soffrendo, vuole l’infibulazione e, anche se sarà costretta ad una vita
d’inferno, vuole il matrimonio, perché vuole avere la possibilità di crescere e diventare donna
come la madre e le sorelle.
Il marito, per controllare che la moglie non abbia altri rapporti sessuali la costringe a portare il
velo e a rimanere in casa.
La donna in Iran e Arabia Saudita non può: avere documenti, avere la patente, partecipare a
feste di famiglia, rispondere al telefono (perché a chiamare potrebbe essere un uomo).
Le donne non sono chiamate con il loro nome, ma chiamate e nominate come: sorelle di…mogli
di…madri di…un uomo.
La società multiculturale che molti ci propinano è fallita perché l’Islam rifiuta l’integrazione, il
modernismo, e altri principi fondamentali che sono tipici dell’occidente. L’integrazione non è
possibile perché è l’Islam stesso che la rifiuta.
Il dialogo può essere fatto quando si hanno posizioni sicure e ben definite – in Germania, ad
esempio, ci sono leggi certe, per questo è la regione nella quale l’Islam ha creato meno
problemi.
Un islamico che vuole abbandonare la propria religione è accusato del reato di apostasia.
La scrittrice Irsi Ali ha detto che gli occidentali non osano criticare i musulmani e la paura di
ferire porta alla perpetuazione di sofferenze.
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C’è un tempo per… 2005
9.
LA FABBRICA DEI SOGNI.
Anche i bambini sanno fare cose da grandi
(Sala Polivalente di VILLONGO – Sabato 19 novembre 2005)
La cronaca del 19-11-2005
Il 20 Novembre del 1989, l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la convenzione
sui diritti dell’infanzia:il più importante documento scritto a salvaguardia dei minori.
E’ vero che ancora oggi, nonostante quelli che possono essere i progressi dell’economia, della
scienza, e di molti altri campi; milioni e milioni di bambini non vedono rispettati nemmeno i
diritti più semplici: una casa, una famiglia, amore ed educazione…
A volte “le cose” semplici possono sembrare anche scontate, ma, non è così.
A novembre di ogni anno, per ricordare l’approvazione di questo importante documento,
vengono organizzate feste e giornate particolari in diversi paesi…
E così nasce - la fabbrica dei sogni…anche i bambini sanno fare cose da grandi – nasce… dalla
collaborazione tra gli spazi gioco: Giochiamo Insieme di Sarnico e Tutti giù per terra di Villongo,
dalla voglia di creare un momento di festa per tanti piccoli di età compresa tra gli 0 e i 6 anni,
dalla voglia di stare tutti insieme per ricordare i diritti dei bambini in un mondo “fantastico”…un
mondo che appare come una fabbrica nella quale non si producono materie o materiali…è una
fabbrica speciale perché al suo interno “lavorano” tanti bambini…lavorano non per essere
sfruttati o per rubare loro parte della fanciullezza e della loro innocenza…tutti questi bambini
lavorano giocando o meglio dire giocano a fare tanti lavori: ci sono i fornai che impastano didò
colorati, ci sono i mugnai che amano rotolarsi nella farina gialla, ci sono i pittori che tra un
colore e l’altro non dipingono solo fogli ma anche manine e nasini, ci sono gli operatori ecologici
che amano lanciarsi strisce e rotoli di carta, ci sono i sarti che nei tanti pezzi di stoffa a loro
disposizione vedono…abiti di principesse, fatine, cavalieri e super eroi, e c’è l’angolo delle
coccole con tanti cuscini morbidi, materassi su cui saltare, piscine piene di palline colorate, e
ancora…scivoli, pupazzi e libri…questa fabbrica ha aperto le porte sabato 19 Novembre dalle
15.30 alle 18.00 nella sala polivalente vicina al progetto giovani a Villongo.
I nostri piccoli “lavoratori” hanno partecipato in molti, e, con molto entusiasmo si sono dedicati
alle varie attività proposte.
I bambini hanno giocato a lavorare…lavorare per produrre sogni…non di altri…ma i loro! E che
sogni può avere un bambino se non quello di giocare, essere amato, avere una famiglia, una
casa e tanto amore…
La ricompensa della fabbrica è stata una cospicua retribuzione non in forma
monetaria…ma…sottoforma di sorrisi, di allegria, di affetto, di amicizie!
E la merenda?.…: è stata preparata con cura da tanti aspiranti pasticceri (genitori)…e
nonostante tutte le torte preparate fossero molto buone, solo uno ha avuto l’onore di essere
eletto pasticcere della fabbrica dei sogni; era infatti presente una giuria formata dai rispettivi
sindaci dei due paesi, dal curato di Sarnico e da quattro genitori che non avevano torte in
concorso, che dopo aver assaggiato ogni dolce ha votato il più buono, una favolosa crostata di
marmellata ai frutti di bosco!!.
…la fabbrica ha smesso le attività…invitando tutti i piccoli e i loro genitori a fare un girotondo
intorno al mondo appeso al centro della stanza e sul quale alcuni bimbi hanno appeso i lavoretti
prodotti nei vari laboratori.
La fabbrica dei sogni è un pretesto per dire che anche i bambini sanno fare cose da grandi…ma
loro sono bambini e le cose da grandi le fanno giocando…giocano a colorare il mondo con i loro
lavoretti…che rappresentano i tanti sogni di ogni bambino, e la speranza di tutti noi che ogni
bambino possa avere tanti sogni…nella convinzione che un giorno, come nelle più belle fiabe, il
sogno diventi realtà per tutti i bambini del mondo!
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Album fotografico (19-11-2005)
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10.
GIORNATA MONDIALE DELLE MIGRAZIONI
(2005 e 2006)
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MONDIALE DELLE MIGRAZIONI
2005
L’integrazione interculturale.
Carissimi Fratelli e Sorelle!
1. S’avvicina la Giornata del Migrante e del Rifugiato. Nell’annuale Messaggio, che sono solito
inviarvi per la circostanza, vorrei guardare, questa volta, al fenomeno migratorio dal punto di
vista dell’integrazione.
E’ parola, questa, da molti usata per indicare la necessità che i migranti si inseriscano
veramente nei Paesi di accoglienza, ma il contenuto di questo concetto e la sua pratica non si
definiscono facilmente. A tale proposito mi piace delinearne il quadro richiamando la recente
Istruzione “Erga migrantes caritas Christi” (cfr nn. 2, 42, 43, 62, 80 e 89).
In essa l’integrazione non è presentata come un’assimilazione, che induce a sopprimere o a
dimenticare la propria identità culturale. Il contatto con l’altro porta piuttosto a scoprirne il
“segreto”, ad aprirsi a lui per accoglierne gli aspetti validi e contribuire così ad una maggior
conoscenza di ciascuno. E’ un processo prolungato che mira a formare società e culture,
rendendole sempre più riflesso dei multiformi doni di Dio agli uomini. Il migrante, in tale
processo, è impegnato a compiere i passi necessari all’inclusione sociale, quali l’apprendimento
della lingua nazionale e il proprio adeguamento alle leggi e alle esigenze del lavoro, così da
evitare il crearsi di una differenziazione esasperata.
Non mi addentrerò nei vari aspetti dell’integrazione. Desidero soltanto approfondire con voi, in
questa circostanza, alcune implicazioni dell’aspetto interculturale.
2. A nessuno sfugge il conflitto di identità, che spesso si innesca nell’incontro tra persone di
culture diverse. Non mancano in ciò elementi positivi. Inserendosi in un nuovo ambiente,
l’immigrato diventa spesso più consapevole di chi egli è, specialmente quando sente la
mancanza di persone e di valori che sono importanti per lui.
Nelle nostre società investite dal fenomeno globale della migrazione è necessario cercare un
giusto equilibrio tra il rispetto dell’identità propria e il riconoscimento di quella altrui. E’ infatti
necessario riconoscere la legittima pluralità delle culture presenti in un Paese, compatibilmente
con la tutela dell’ordine da cui dipendono la pace sociale e la libertà dei cittadini.
Si devono infatti escludere sia i modelli assimilazionisti, che tendono a fare del diverso una
copia di sé, sia i modelli di marginalizzazione degli immigrati, con atteggiamenti che possono
giungere fino alle scelte dell’apartheid. La via da percorrere è quella della genuina integrazione
(cfr Ecclesia in Europa, 102), in una prospettiva aperta, che rifiuti di considerare solo le
differenze tra immigrati ed autoctoni (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2001,
12).
3. Nasce così la necessità del dialogo fra uomini di culture diverse in un contesto di pluralismo
che vada oltre la semplice tolleranza e giunga alla simpatia. Una semplice giustapposizione di
gruppi di migranti e di autoctoni tende alla reciproca chiusura delle culture, oppure
all’instaurazione tra esse di semplici relazioni di esteriorità o di tolleranza. Si dovrebbe invece
promuovere una fecondazione reciproca delle culture. Ciò suppone la conoscenza e l’apertura
delle culture tra loro, in un contesto di autentica comprensione e benevolenza.
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I cristiani, per parte loro, consapevoli della trascendente azione dello Spirito, sanno inoltre
riconoscere la presenza nelle varie culture di “preziosi elementi religiosi ed umani” (cfr Gaudium
et spes, 92), che possono offrire solide prospettive di reciproca intesa. Ovviamente occorre
coniugare il principio del rispetto delle differenze culturali con quello della tutela dei valori
comuni irrinunciabili, perché fondati sui diritti umani universali. Scaturisce di qui quel clima di
“ragionevolezza civica” che consente una convivenza amichevole e serena.
Se coerenti con se stessi, i cristiani non possono poi rinunziare a predicare il Vangelo di Cristo
ad ogni creatura (cfr Mc 16,15). Lo devono fare, ovviamente, nel rispetto della coscienza altrui,
praticando sempre il metodo della carità, come già san Paolo raccomandava ai primi cristiani
(cfr Ef 4,15).
4. L’immagine del profeta Isaia, da me più volte evocata negli incontri con i giovani di tutto il
mondo (cfr Is 21,11-12), potrebbe essere usata pure qui per invitare tutti i credenti ad essere
“sentinelle del mattino”. Come sentinelle, i cristiani devono anzitutto ascoltare il grido di aiuto
proveniente da tanti migranti e rifugiati, ma devono poi promuovere, con attivo impegno,
prospettive di speranza, che preludano all’alba di una società più aperta e solidale. A loro, per
primi, spetta di scorgere la presenza di Dio nella storia, anche quando tutto sembra ancora
avvolto dalle tenebre.
Con questo auspicio, che trasformo in preghiera a quel Dio che intende radunare intorno a sé
tutti i popoli e tutte le lingue (cfr Is 66,18), invio a ciascuno con vivo affetto la mia Benedizione.
Dal Vaticano, 24 Novembre 2004
Giovanni Paolo II
MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
PER LA GIORNATA MONDIALE
DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO (2006)
Migrazioni: segno dei tempi
Cari fratelli e sorelle!
Quarant’anni or sono si concludeva il Concilio Ecumenico Vaticano Il, il cui ricco insegnamento
spazia su tanti campi della vita ecclesiale. In particolare, la Costituzione pastorale Gaudium et
spes sviluppò un’attenta analisi sulla complessa realtà del mondo contemporaneo, cercando le
vie opportune per portare agli uomini di oggi il messaggio evangelico. A tal fine, accogliendo
l’invito del Beato Giovanni XXIII, i Padri conciliari si impegnarono a scrutare i segni dei tempi
interpretandoli alla luce del Vangelo, per offrire alle nuove generazioni la possibilità di
rispondere in modo adeguato ai perenni interrogativi sul senso della vita presente e futura e
sulla giusta impostazione dei rapporti sociali (cfr Gaudium et spes, n. 4). Tra i segni dei tempi
oggi riconoscibili sono sicuramente da annoverare le migrazioni, un fenomeno che ha assunto
nel corso del secolo da poco concluso una configurazione, per così dire, strutturale, diventando
una caratteristica importante del mercato del lavoro a livello mondiale, come conseguenza, tra
l’altro, della spinta poderosa esercitata dalla globalizzazione. Naturalmente, in questo “segno dei
tempi” confluiscono componenti diverse. Esso comprende infatti le migrazioni sia interne che
internazionali, quelle forzate e quelle volontarie, quelle legali e quelle irregolari, soggette anche
alla piaga del traffico di esseri umani. Né può essere dimenticata la categoria degli studenti
esteri, il cui numero cresce ogni anno nel mondo.
Riguardo a coloro che emigrano per motivi economici, merita di essere rilevato il recente fatto
della “femminizzazione” del fenomeno, ossia della crescente presenza in esso della componente
femminile. In effetti, in passato, erano soprattutto gli uomini ad emigrare, anche se le donne
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non sono mai mancate; esse però si muovevano, allora, soprattutto per accompagnare i
rispettivi mariti o padri o per raggiungerli là dove essi già si trovavano. Oggi, pur restando
numerose le situazioni di quel genere, l'emigrazione femminile tende a farsi sempre più
autonoma: la donna varca da sola i confini della patria, alla ricerca di un'occupazione nel Paese
di destinazione. Non di rado, anzi, la donna migrante è diventata la fonte principale di reddito
per la propria famiglia. La presenza femminile si registra, di fatto, prevalentemente nei settori
che offrono bassi salari. Se dunque i lavoratori migranti sono particolarmente vulnerabili, fra
essi le donne lo sono ancor di più. Gli ambiti di impiego più frequenti, per le donne, sono
costituiti, oltre che dal lavoro domestico, dall’assistenza agli anziani, dalla cura delle persone
malate, dai servizi connessi con l’ospitalità alberghiera. Sono, questi, altrettanti campi in cui i
cristiani sono chiamati a dar prova del loro impegno per il giusto trattamento della donna
migrante, per il rispetto della sua femminilità, per il riconoscimento dei suoi uguali diritti.
E’ doveroso menzionare, in questo contesto, il traffico di esseri umani - e soprattutto di donne –
che prospera dove le opportunità di migliorare la propria condizione di vita, o semplicemente di
sopravvivere, sono scarse. Diventa facile per il trafficante offrire i propri “servizi” alle vittime,
che spesso non sospettano neppure lontanamente ciò che dovranno poi affrontare. In taluni
casi, vi sono donne e ragazze che sono destinate ad essere poi sfruttate sul lavoro, quasi come
schiave, e non di rado anche nell'industria del sesso. Pur non potendo approfondire qui l'analisi
delle conseguenze di una tale migrazione, faccio mia la condanna già espressa da Giovanni
Paolo II contro “la diffusa cultura edonistica e mercantile che promuove il sistematico
sfruttamento della sessualità” (Lettera alle Donne, 29 giugno 1995, n. 5). V'è qui tutto un
programma di redenzione e di liberazione, a cui i cristiani non possono sottrarsi.
Per quanto riguarda l'altra categoria di migranti, quella dei richiedenti asilo e dei rifugiati, vorrei
rilevare come in genere ci si soffermi sul problema costituito dal loro ingresso e non ci si
interroghi anche sulle ragioni del loro fuggire dal Paese d'origine. La Chiesa guarda a tutto
questo mondo di sofferenza e di violenza con gli occhi di Gesù, che si commuoveva davanti allo
spettacolo delle folle vaganti come pecore senza pastore (cfr Mt 9,36). Speranza, coraggio,
amore e altresì “fantasia della carità” (Lett. ap. Novo millennio ineunte, 50) devono ispirare il
necessario impegno, umano e cristiano, a soccorso di questi fratelli e sorelle nelle loro
sofferenze. Le loro Chiese d'origine non mancheranno di mostrare la loro sollecitudine con
l’invio di assistenti della stessa lingua e cultura, in dialogo di carità con le Chiese particolari
d'accoglienza. Alla luce degli odierni “segni dei tempi”, particolare attenzione merita, infine, il
fenomeno degli studenti esteri. Il loro numero, grazie anche agli “scambi” fra le varie
Università, specialmente in Europa, registra una crescita costante, con conseguenti problemi
anche pastorali che la Chiesa non può disattendere. Ciò vale in special modo per gli studenti
provenienti dai Paesi in via di sviluppo, per i quali l’esperienza universitaria può costituire
un’occasione straordinaria di arricchimento spirituale.
Nell’invocare la divina assistenza su quanti, mossi dal desiderio di contribuire alla promozione di
un futuro di giustizia e di pace nel mondo, spendono le loro energie nel campo della pastorale a
servizio della mobilità umana, a tutti invio, quale pegno di affetto, una speciale Benedizione
Apostolica.
Dal Vaticano, 18 Ottobre 2005
BENEDICTUS PP. XVI
Quest’anno la Diocesi di Bergamo celebrerà la
Giornata Mondiale delle Migrazioni
il 6 gennaio 2006, Festa dell’Epifania
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11.
RASSEGNA STAMPA
L’ECO DI BERGAMO del 2 novembre 2005
STRANIERI: TANTI QUANTI UN PAESE
Nell'area della Comunità montana
gli immigrati sono più degli abitanti di Credaro
BASSO SEBINO. Sono tanti gli stranieri del Basso Sebino: solo quelli regolari, sono più degli
abitanti di uno dei paesi rivieraschi, Credaro per esempio, che conta circa 2.600 residenti. Per
far crescere la cultura dell'integrazione nel territorio si promuovono iniziative culturali, alcune
delle quali sono in corso proprio in questi giorni: per il terzo anno consecutivo, Sarnico accoglie
le prime tre delle cinque iniziative in rete, organizzate per il mese di novembre da associazioni e
istituzioni, religiose e civili.
Gli immigrati residenti nei 12 comuni che compongono la Comunità montana hanno raggiunto la
cifra di 2.672. I dati, che si riferiscono al 31 dicembre 2004, provengono dallo sportello
immigrazione «Il Faro», attivo dal 2000. Il che significa che i cittadini stranieri rappresentano il
9,2% del totale della popolazione locale che alla fine del 2004 era di 28.929 unità. Da solo,
questo gruppo eterogeneo rappresentativo dei Paesi di tutto il mondo, in particolare di quelli
africani, asiatici ed europei extra Ue, sarebbero sufficienti a formare il tredicesimo comune. Il
loro numero infatti, raffrontato agli abitanti dei paesi del basso lago, supera, ad esempio, quello
di una comunità come Credaro, che conta oltre 2.600 abitanti.
Anche il numero delle donne e dei minori è cresciuto in maniera consistente. Se si confrontano i
dati del 2002 con quelli del 2004, risulta che le femmine da 612 sono diventate 960, con un
aumento del 56,8%; mentre i minori, passati da 389 a 585, sono cresciuti in percentuale del
50,3. Un dato, quest'ultimo, che pone in maniera netta il problema dell'integrazione di queste
persone straniere nel territorio dove lavorano e risiedono con le loro famiglie.
La complessa problematica non trova tuttavia impreparati enti e organismi territoriali che si
occupano della materia. Da alcuni anni oratori, scuole, enti locali, organizzazioni, gruppi
giovanili, collaborano per far crescere da entrambe le parti la cultura dell'integrazione attraverso
specifiche iniziative tese a coinvolgere le rispettive comunità nei vari contesti di vita.
Per «vincere le reciproche diffidenze», può servire anche un semplice incontro come quello che
si è tenuto nella serata di sabato scorso all'oratorio di Sarnico, dove cristiani e musulmani che
abitano nello stesso territorio si sono «scambiati - come ha sottolineato il curato, don Sergio
Gamberoni - un semplice gesto di reciproca accoglienza», attraverso la condivisione di un breve
momento di preghiera concomitante ma in luoghi diversi, seguito da un convito con cibo offerto
dalla comunità musulmana.
L'incontro di dialogo cristiano-islamico ha in particolare registrato la collaborazione della
neoassociazione «El dialogo», costituita da poco. Promotore e presidente del gruppo, Mohamed
Sabri, un marocchino di 45 anni che risiede a Foresto Sparso dal 1988. L'artigiano edile, sposato
e padre di due bambini, afferma in proposito: «Io sono ben integrato e desideravo che anche la
mia comunità iniziasse questo percorso. Il nostro obiettivo è quello di confrontarci e dialogare
con gli altri. Stiamo anche valutando l'opportunità di costituire un club giovanile che aiuti i nostri
figli a crescere in pace».
Un problema di cui Sabri si è fatto carico in prima persona, visto che i connazionali residenti
ammontano a 489. I marocchini sono infatti il gruppo più numeroso dopo quello dei senegalesi
che sono 704, distribuiti per lo più a Villongo (359), ad Adrara San Martino (93), a Credaro (72),
a Foresto (53), a Viadanica (40), a Sarnico (32), a Gandosso (20), i rimanenti negli altri comuni.
Le altre comunità straniere rilevanti sono date dagli albanesi (471), dagli indiani (245), dai
rumeni (131) e dai tunisini (121).
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Sono ancora dati raccolti da «Il Faro» che, «nato come strumento di supporto ai lavoratori
stranieri - sottolinea Marco Cini, referente dello sportello per la Comunità montana - è diventato
anche promotore di iniziative di interscambio culturale con le popolazioni locali come quelle che
si terranno nelle prossime settimane».
Margary Frassi
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IL SOLE 24 ORE del 13 novembre 2005
DAL BASSO SEBINO ALLA BANLIEU PARIGINA
Comunità Montana del Basso Sebino. Dodici paesini tra lago e montagna nelle valli
bergamasche. In tutto 29mila abitanti con 2.672 immigrati. Seicento di prima generazione che
frequentano dalle elementari alle superiori. Una percentuale vicina al 10% che a Villongo (6.952
abitanti e 856 immigrati) ha un'incidenza del 12,3%. Superiore a quello di Brescia, la provincia
italiana che ha il numero più alto di immigrati rispetto alla popolazione (8,5%).
La più alta concentrazione è a Roma (340mila) e a Milano (300mila). Sono arrivati nel Sebino a
lavorare nel microdistretto della gomma e dei bottoni, senegalesi, marocchini, algerini, indiani,
rumeni e tunisini. Un bel cespuglio di etnie, di usi e costumi, di famiglie e religioni.
Accettati senza tanti problemi dal motto bergamasco "se lavorano va bene". I figli sono inseriti
nelle scuole e il comprensorio scolastico si è dotato di uno sportello stranieri con insegnante di
sostegno.
Il problema casa risolto dagli affitti di paese in paese. Un po' di problemi sembrano venire
avanti adesso quando la comunità senegalese invita un marabù o i marocchini chiedono un
luogo più grande per i loro incontri culturali e religiosi. C'è sempre da trovare un comune o una
parrocchia disposta ad ospitare.
Giancarlo Domenghini, un operatore di comunità del centro "Il Faro"5, batte il territorio e tra
sindaci e parroci disponibili risolve i problemi al motto "se li conosci non li eviti".
Mi verrebbe la battuta cattiva "Parigi brucia" e il Basso Sebino è un'oasi di pace. Rivolta ai tanti,
troppi commentatori, che hanno letto la rivolta parigina come Jihad Generation. Facile
contrapporre microcosmi a periferia, comunità a metropoli, il luogo allo spazio. E dire "basta che
lavorino e tutto va bene".
Ho l'impressione che se là si piange il dissolversi dei legami di classe, perché giovani in rivolta
uccidono un pensionato della Renault che difende la sua macchina, qui siamo dentro il
cambiamento profondo della comunità originaria, della comunità di paese.
Paese o quartiere metropolitano ognuno ha il suo problema con la moltitudine. Che altro non è
che la composizione sociale ai tempi della globalizzazione. Che non è solo questione di merci e
di imprese, ma anche di corpi, di nuda vita, che vuole abitare e vivere. In Francia si era
investito molto in edilizia popolare, forse troppo nel costruire banlieue. Da noi il piano casa
Fanfani è un pallido ricordo. C'è <>, sempre per rimanere nella bergamasca. Una associazione
nata su iniziativa della consulta provinciale dell'immigrazione per risolvere i problemi abitativi
degli immigrati e dei cittadini italiani in stato di bisogno. Gestisce 170 alloggi, 90% agli
immigrati e il 10% agli italiani.
Molti sono di proprietà acquistati attraverso mutui e finanziamenti della legge 40. Un po' di soldi
pubblici ci sono, ma molto spesso i Comuni non fanno domanda. Su 15 bandi in Regione
Lombardia per l'edilizia sociale a canone moderato, 10 sono proposti da Casa amica.
Che gestisce anche alloggi dei Comuni, della Provincia e della Bcc di Treviglio. Altri li affitta con
possibilità di subaffitto e con patto di futura vendita agli immigrati. Gestisce anche, con il
contributo delle Bcc e della Fondazione Cariplo, un fondo di solidarietà che garantisce i
proprietari se gli immigrati non ce la fanno a pagare normalmente.
E' un esempio di welfare mix fatto con un po' di soldi pubblici, un po' di banche, l'associazione
costruttori edili e un po' tanta solidarietà dal basso. Funziona in provincia, non a Milano. Dove il
rapporto Naga stima gli abitanti delle baraccopoli in 8mila unità, escludendo i 4mila senza fissa
dimora in gran parte italiani. Qui non abbiamo il ghetto, la banlieue.
Quartiere di periferia come il Giambellino sono attraversati da frontiere invisibili ove convivono
edilizia residenziale ad alto valore immobiliare con il Quadrilatero, palazzoni di vecchia edilizia
popolare risalente a prima della guerra.
ìGli immigrati nel quartiere sono 9.677 compresi i tanti giapponesi che lavorano nelle
5
L’autore aveva riportato erroneamente la dicitura “Interculturando”.
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multinazionali che abitano nella zona "in" e gli altri nella zona "out".
Queste periferie non hanno prodotto il ghetto, la rivolta. Ma sono attraversate da conflitti da
"guerra civile molecolare", tra comitati dei cittadini che difendono spazio, valore immobiliare e
sicurezza dalla pervasività della moltitudine.
Il tutto diventa questione per la città quando le baraccopoli degli invisibili e dei rom vengono
sgombrate. Allora si fanno i campi (brutta parola) per contenere e contrastare il fenomeno.
Nessuno li vuole. Si litiga tra Comune e Provincia per dove localizzarli. La Casa della Carità di
don Colmegna si mette in mezzo, ma non è in grado da sola di risolvere i problemi come da
sola Casa amica non risolve il problema della casa in provincia di Bergamo.
Nelle banlieue parigine nemmeno Sos Racism è più in grado di mettersi in mezzo. Abbiamo
avuto anche noi i nostri bei conflitti. Chi non si ricorda di San Salvario a Torino, dei carrugi di
Genova attraversati da scontri tra immigrati e residenti.
Sino ad arrivare alla Bologna di oggi del sindaco Cofferati. Anche qui baraccopoli sul fiume Reno
e degrado del centro. In un paradosso tutto italiano in cui spesso il problema non è la periferia,
ma il centro storico delle città. Basta attraversare il centro storico di Palermo o di Napoli per
capire. Lì, se si vuol parlare di periferie si va allo Zen o a Scampia dove gli immigrati sono
pochini.
Altre sono le questioni: criminalità, economia illegale, economia sommersa, economia informale.
Sarà perché arriviamo buoni ultimi ad affrontare il problema immigrazione. Sarà che abbiamo
solo la prima o al massimo la seconda generazione da inserire.
Sarà perchè i nostri 2.800.000 immigrati regolari sono spalmati sul territorio e non concentrati
solo nelle città (dopo Roma e Milano ce ne sono 100mila a Torino o a Brescia e poi 50-70mila
nelle città medie come Parma, Treviso, Cremona, Bergamo, Modena Firenze).
Una buona metà sta nelle tante Villongo delle fabbrichette e dei distretti diffusi. Finora lo
stellone ha tenuto. Ma non illudiamoci. Come per competere nella globalizzazione i distretti non
bastano più, così per l'immigrazione non si può pensare che sia sufficiente avere un modello di
industrializzazione senza fratture per avere una immigrazione senza fratture.
Senza dimenticare che dalla legge Martelli alla Bossi-Fini, passando per la Turco-Napolitano,
abbiamo normato flussi e lavoro, ma è ancora aperta la questione della cittadinanza. Ma anche
questo non basta più visto che gli incendiari parigini hanno tutti il passaporto francese. Anche
per la nuova moltitudine, come per le cassi di un tempo, non credo sia solo questione di identità
ma anche di opportunità.
Lo hanno capito le imprese nel loro confrontarsi con milioni di utenti-clienti. La Nike, proprio
studiando i beurs parigini delle banlieue scoprì che, siccome andavano in moschea, tagliavano il
dietro delle scarpe da tennis per toglierle facilmente. Ecco fatto.
Ha inventato e commercializzato la nike-babbuccia. Così come Seat Pagine Gialle ha capito che
più la città si fa "città infinita" più diventa indistinto il librone delle pagine gialle. E sempre meno
è conveniente investirci.
Occorre fare "In Zona", uno strumento locale che racconti il quartiere e le forme di convivenza,
e raccolga la pubblicità commerciale di prossimità. Si fa con il mercato quello che ha fatto il
sindaco Veltroni con la festa dei vicini.
Promuovendo nei condomini spaesanti della periferia romana momenti di incontro per
ricostruire legame sociale e forme di convivenza che combattano l'anomia e la solitudine del
vivere nelle banlieue.
Più che cittadini nelle metropoli di oggi siamo tutti utenti-clienti. Solo che c'è chi può
permettersi le nike-babbucce e chi no.
Così come vi è chi ha come spazio da percorrere il mondo e a qualcuno resta solo la zona e il
quartiere. Se il quartiere è un ghetto a reti corte, una banlieue senza opportunità di mangiare il
centro della merce griffata o dello spazio urbano, ci si rivolta distruggendo luddisticamente l'uno
e l'altro: la Renault del pensionato, il supermercato e la scuola che non porta oltre la periferia.
Non è solo questione di immigrazione, di identità, di guerra di civiltà ma anche di utenti-clienti e
di moltitudine.
Aldo Bonomi
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QUANDO SEI NATO NON PUOI PIÙ NASCONDERTI. Così
come l’immigrato non può nascondersi – e magari
continuare a vivere in una semi-clandestinità anche se
regolare, isolato, facendo gruppo solo con i propri
connazionali, rifiutandosi di imparare la lingua del suo
nuovo paese ecc.; non possiamo più nasconderci
nemmeno noi autoctoni, siamo sempre più costretti ad
aprire gli occhi su questa realtà – immigrazione – che sta
prepotentemente imponendosi nella società come nella
scuola.
Un populu
Mittitilu a catina
Spugghiatilu
Attuppatici a vucca,
è ancora libiru.
Livatici u travagghiu
U passaportu
A tavula unni mancia
U lettu unni dormi
È ancora riccu.
Un populu
Diventa poviru e servu
Quando ci arrobanu a lingua
Addutata di patri:
è persu pi sempri.
…
(Ignazio Buttitta, 1970)
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