Parte Prima Elementi di Idrologia 1.Bacino idrografico e reti di
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Parte Prima Elementi di Idrologia 1.Bacino idrografico e reti di
Parte Prima Elementi di Idrologia L’idrologia è la scienza che si occupa delle trasformazioni e dei trasferimenti dell’acqua nei mezzi naturali, delle acque naturali contenute nei bacini marini, sulla superficie terrestre, al di sopra e al di sotto di questa, cioè nell’atmosfera e nel sottosuolo. 1.Bacino idrografico e reti di drenaggio Il primo articolo delle “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo” (legge 18 maggio 1989, n.183) definisce bacino idrografico: “il territorio dal quale le acque pluviali o di fusione delle nevi e dei ghiacciai, defluendo in superficie, si raccolgono in un determinato corso d’acqua direttamente o a mezzo di affluenti, nonché il territorio che può essere allagato dalle acque del medesimo corso d’acqua, ivi compresi i suoi rami terminali con le foci in mare ed il litorale marittimo prospiciente; qualora un territorio possa essere allagato dalle acque di più corsi d’acqua, esso si intende ricadente nel bacino idrografico il cui bacino imbrifero montano ha la superficie maggiore”. 1.1 Morfologia e Morfometria di un Bacino imbrifero Il bacino orografico o topografico è delimitato da spartiacque, o linee di displuvio, che lo separa- no dai bacini contermini; le pendici all’interno di questa area convergono verso il compluvio, o alveo collettore (Figura 1). Figura 1. Bacino topografico Elementi di Idrologia 1 Per tracciare lo spartiacque si considerano le curve di livello (o isoipse) di una carta topografica, se ne individuano i picchi (a,b,c,d,e,f,g) e si uniscono con una linea, sempre perpendicolare alle curve di livello, secondo il versore di minima pendenza. Per chiudere lo spartiacque sulla sezione di chiusura A, ci si muove da A, sempre ortogonalmente alle curve di livello, seguendo la massima pendenza finché non si raggiunge lo spartiacque (Figura 2). Figura 2. Tracciamento del contorno di un bacino idrografico Ridisegnata da Handbook of applied hydrology –Ven Te Chow - McGraw Hill Tale modo di procedere risulta idoneo solo nel caso di bacini naturali e, per medie dimensioni, si utilizza cartografia in scala 1:25.000 ed 1:100.000 (Figura 3) Figura 3. Bacino del Fiume Aterno a L’Aquila 2 Il bacino idrografico, o imbrifero o di dominio è rappresentato, come detto, dalla superficie terri- toriale che raccoglie e convoglia in un unico corso d’acqua (nella sezione di chiusura del bacino) le acque meteoriche (precipitazioni ed afflussi conseguenti a fusione delle nevi e dei ghiacci) de- fluenti sulla superficie del suolo, mentre il bacino idrogeologico ricomprende la circolazione sotterranea delle acque (Figura 4). Figura 4. Bacino imbrifero e bacino idrogeologico Generalmente, con sufficiente approssimazione, il bacino idrografico viene identificato con il bacino topografico, più facilmente determinabile e, per quanto accennato,è evidentemente influenzato dalla sua morfologia. Le caratteristiche geomorfiche possono essere distinte in planimetriche e orografiche: le prime esprimono le dimensioni geometriche orizzontali (estensione e perimetro), la forma, l’organizzazione e lo sviluppo del reticolo fluviale, mentre le seconde esprimono il rilievo (per es. l’altezza media) e le pendenze (sia dei versanti che delle aste fluviali). Tutte queste caratteristiche sono solitamente descritte tramite parametri di tipo globale relativi cioè all’intero bacino, ma possono essere anche ottenute o sostituite da parametri di tipo distribuito relativi a varie celle di dimensione variabile in cui si suddivide il bacino tramite una schematizzazione “a griglia” (raster), facendo riferimento ad un modello digitale del terreno (DTM). Figura 5. DTM del bacino del Fiume Sangro Elementi di Idrologia 3 1.1.1. Superficie di drenaggio: è misurata con l’area A della proiezione orizzontale del bacino delimitato dallo spartiacque topografico. Il perimetro P è la lunghezza del contorno del bacino. La lunghezza L del bacino si assume in genere uguale alla lunghezza dell’asta fluviale principale, misurata lungo l’effettivo percorso dell’acqua, a partire dalla sezione di chiusura del bacino e fino allo spartiacque (non essendo sempre individuabile oggettivamente tale lunghezza, è utile introdurre la cosiddetta lunghezza media cumulata, come somma delle lunghezze medie delle aste di ciascun ordine gerarchico). La superficie, espressa in km2 o in ha (ettari), viene determinata generalmente da cartografia IGMI in scala 1:25000 e 1:100.000 utilizzando: Planimetro : strumento meccanico che fornisce l’area di una figura rilevandone il contorno; una costante strumentale, funzione della scala della cartografia, consente di risalire dall’area della figura all’area del bacino (Figura 6); Figura 6. Planimetro polare vettorializzazione del contorno dell’immagine rappresentativa del bacino rilevata o con tavolet- ta grafica o con scanner e, successivamente elaborato con programmi CAD. 1.1.2. la forma dei bacini idrografici : viene resa secondo vari indici o fattori: fattore di forma: dà un’indicazione della forma del bacino considerando il rapporto tra la lun- ghezza dell’asta fluviale L ed il diametro del cerchio di area A uguale all’area del bacino (Figura 7): F L 4A 0,89 L A Risultati analoghi, ma non uguali, sono deducibili dal coefficiente di compattezza di Gravelius : F 4 P 2 A 0,28 P A Figura 7 Quanto più F 1 tanto più il bacino avrà forma compatta. Horton propone come fattore di forma il rapporto tra la superficie ed il quadrato della lunghezza A F L2 fattore di circolarità (Miller): è dato dal rapporto tra l’area A del bacino e l’area del cerchio di uguale perimetro P: R c 4 P2 fattore di allungamento: è il rapporto tra il diametro del cerchio di uguale area A e la lunghezza L dell’asta fluviale principale: A E 2 A L coefficiente di uniformità: è il rapporto tra il perimetro P del bacino, la circonferenza del cerchio di uguale area A e la lunghezza L dell’asta fluviale principale. 1.1.3. Rilievo: l’andamento altimetrico di un bacino può essere descritto dalla curva ipsografica (Figura 8), costruita riportando su un diagramma (X (aree) ; Y (quote)) la successione dei valori delle superfici racchiuse da curve di livello poste a quote decrescenti, dalla massima quota alla quota della sezione di chiusura del bacino. L’Altitudine media del bacino rappresenta la media ponderata delle altezze medie delle superfici parziali Ai comprese tra due curve di livello tra di loro non eccessivamente distanti, in modo da ritenere l’altezza media hi della fascia uguale alla media dei valori delle curve di livello che la delimitano H hi A i A [1] Dalla ipsografica del bacino sono deducibili: l’altitudine media : 573,20 m s.m. (elaborata con la formula [1] e corrispondente alla quota della linea di compenso della curva); l’altezza mediana : 513,40 m .s.m. (altezza alla quale corrisponde nella curva la metà della superficie del bacino); altezza media del bacino : la differenza tra l’altitudine media e la quota della sezione di chiusura del bacino 573,20-200,00 = 373,20 m l’estensione del bacino al di sopra di una determinata quota ; la differenza tra la quota del punto più elevato dello spartiacque e quella della sezione di chiusura. Elementi di Idrologia 5 Figura 8 . Ipsografia del bacino riprodotto nella Figura 1 1.1.4. Pendenza media: descrive la pendenza media dei versanti di un bacino idrografico; si uti- lizza, generalmente, il metodo di Alvard-Horton: con riferimento alla Figure 1, isolate, ad esempio, le curve di livello l1 [1000 m s.m.] e l2 [800 m s.m.], con differenza di quota Δz =200 m, si definisce una striscia di larghezza media di ed area Ai ed lunghezza della curva di livello centrale della striscia Li (Figura 9). Figura 9. Pendenza media tra due curve di livello Alla striscia può attribuirsi una pendenza media: ii z Li z Ai di Come pendenza media dell’intero bacino si assume la media pesata della pendenza delle diverse strisce, calcolata assumendo come pesi i rapporti tra le aree delle strisce e l’area totale del bacino: im i1 A1 A z z L T i2 2 ... (L1 L 2 ...) A A A A 1.2. Caratteristiche del Suolo e Copertura Vegetale: dell'afflusso pluviometrico solo una parte è trasformato dall'operatore bacino in deflusso nella rete di drenaggio. La parte persa colma gli invasi delle depressioni della superficie del suolo; realizza il velo idrico superficiale; si infiltra nel sottosuolo; torna all’atmosfera per evaporazione ed evapotraspirazione. Questi fattori vengono raggruppati in un unico coefficiente , detto di afflusso in rete, definito quale rapporto tra il volume netto o efficace Vn della pioggia, raccolta nella sezione terminale del bacino, ed il volume totale Vtot della precipitazione caduta su tutta la superficie scolante A: Vn Vtot Risultando evidente l'impossibilità di esprimere il coefficiente di afflusso con un'espressione analitica, dipendendo sostanzialmente dalle caratteristiche fisiche del bacino (maggiore o minore permeabilità del terreno) e dalla copertura vegetale del suolo, la determinazione di deve essere effettuata sperimentalmente o riferendosi ad esperienze altrui, estese a territori simili per clima, ve- 6 getazione, struttura dei terreni, ecc. Figura 10. Variabilità del coefficiente di deflusso in funzione del grado di antropizzazione Tabella I. Valore dei coefficiente di deflusso da “La sistemazione dei bacini idrografici “ Vito Ferro Elementi di Idrologia 7 Tabella II. Valore dei coefficiente di deflusso da "Handbook of Applied Hydrology” Ven Te Chow Potendo suddividere il bacino in zone a diverso uso del suolo, a cui poter assegnare opportuni valori del coefficiente di deflusso, è possibile definire un unico coefficiente per l’intero bacino, quale media ponderale di tutti i coefficienti assegnati, pesando ciascun valore in base alla superficie alla quale è riferito: ' i Ai At Figura 11 Quando si studiano eventi di piena che si sviluppano in intervalli di tempo brevi (dell’ordine di qualche ora), corrispondenti a singoli eventi meteorici, il deflusso che si osserva nella sezione di chiusura è dato in buona parte dallo scorrimento superficiale, purché la precipitazione sia di entità sufficiente. Lo scorrimento sotterraneo, alimentato dall’infiltrazione, avviene in tempi più lunghi, che superano l’intervallo di tempo considerato. Pertanto dipende dalle caratteristiche del bacino che provocano l’infiltrazione, cioè dalla capacità della copertura del suolo di intercettare acqua, oppure di farla defluire superficialmente. 8 1.3 . Reti di drenaggio Il Volume efficace della pioggia ruscella sul terreno seguendo linee di maggiore pendenza. Il territorio resta inciso da una rete ramificata di impluvi che crescono di dimensione fino a conferire nel corso d'acqua principale. Ogni linea di impluvio confluisce in un’altra e questa in un’altra ancora e così via secondo un ordinamento gerarchico di canalizzazioni che costituisce appunto il reticolo idrografico (Figura 12). Figura 12. Regione Abruzzo: Reticolo Idrografica principale Il modellamento del territorio dipende da diversi fattori fisici: il principale, oltre al vento, è indubbiamente l’acqua, che modella il pianeta nel modo più efficace e con un lavoro incessante. L’acqua, scorrendo, dissipa una parte della propria energia per attrito; questa energia perduta si trasmette all’alveo sotto forma di una forza che, in condizioni particolari, ne determina lo spostamento: la capacità dell’acqua di trasportare i materiali è direttamente proporzionale a tale energia. L’erosione è la conseguenza di un processo naturale ed ineluttabile di evoluzione della morfologia del territorio causata da azioni distruttive provocate da : acqua vento ghiacciai erosione idrica deflazione esarazione. Le quantità di terreno eroso e trasportato al mare, per tutte le terre emerse, sono state valutate in circa 570 t/km2 ; per il bacino padano la media è di circa 790 t/km2 (pari a circa 0,5 mm/anno). Per il bacino dell’Arno è stata valutata un’erosione media di 3 mm/anno. La conseguenza dell’erosione è l’eccessivo trasporto solido nei corsi d’acqua, che provoca un innalzamento del letto con tendenza all’esondazione . L’alveo è in equilibrio o si modifica a seconda della capacità di trasporto del materiale solido, funzione della velocità dell’acqua, della pendenza dell’alveo, dalla dimensione e dalla forma del letto del fiume. L’equilibrio dell’alveo sarà quindi il risultato di un compromesso fra l’azione di erosione e quella di sedimentazione. Quando una corrente trasporta una quantità di solidi pari alle sue potenzialità, si dice che è in condizioni di saturazione. Se la portata solida è inferiore a quella di saturazione, la corrente avrà la tendenza a erodere altro materiale dall’alveo; se invece la portata solida è superiore, avrà la tendenza a depositare il materiale in eccesso. Lo schema di evoluzione di una rete idrografica può essere rappresentata in tre fasi diverse: I fase: alveo di sola erosione : alvei di montagna a forte pendenza: situati in formazioni rocciose e caratterizzati da un’azione erosiva o di scavo; Elementi di Idrologia 9 Figura 13. Alveo in erosione II e III fase : approfondimento e trasformazione del profilo longitudinale con la comparsa di depositi alluvionali e di un punto neutro n che tende a spostarsi, nel tempo, verso monte. Figura 14. 1.3.1.Rilievo della rete idrografica: evidenziata la circolazione idrica superficiale, l’operazione successiva riguarda il rilievo della geometria della rete idrografica. Questa campagna di indagini è indispensabile per l’acquisizione di tutte le informazioni necessarie per una caratterizzazione delle singole aste fluviali (scala delle portate e profili di moto) , per quanto può attenere la morfologia e scabrezza idraulica delle sezioni trasversali e la localizzazione di tratti fluviali, o di sezioni singolari, ove, per la presenza di strettoie o di altri fattori possono verificarsi esondazioni. L’operazione, piuttosto laboriosa, viene condotta con livelli di approfondimento dipendenti dalle disponibilità economiche e di tempo, andando da un dettagliato rilievo topografico fino a rappresentazioni più sommarie ottenibili con semplici strumenti di misura e col supporto delle cartografie disponibili . Figura 15. Regione Abruzzo: Reticolo Idrografica principale 10 2. Misura delle precipitazioni Le precipitazioni sono causate, principalmente, dal raffreddamento e condensazione di masse d’aria a causa di moti ascensionali. Questi sono provocati da differenti temperature stagionali tra oceani e continenti, dalla successione delle aree cicloniche, dall’intensità e direzione dei venti, ecc. La misura delle precipitazioni viene effettuata con i pluviometri in stazioni diffuse sul territorio nazionale (una stazione circa ogni 80 km2 – Figura 1). Figura 1. Stazioni Pluviometriche A seconda delle grandezze rilevate si hanno pluviometri: Ordinari : (Figura 2) lo strumento si compone di un recipiente cilindrico con fondo ad imbuto e bocca intercettatrice del diametro di 35,7 cm (area della bocca 1/10 di m2) ; la precipitazione raccolta viene misurata, volumetricamente, giornalmente (convenzionalmente alle ore 9). Il rapporto tra volume ed area della bocca fornisce il valore dell’altezza di precipitazione nelle 24 ore precedenti. Nelle zone montane, ove le precipitazioni sono nevose, il pluviometro ordinario viene sostituito con il Nivopluviometro. Questo, privo di imbuto di protezione, ha il fondo piatto che può essere rimosso per la fusione della neve e per valutare la corrispondente altezza di precipitazione allo stato liquido nell’intervallo di tempo considerato. Figura 2. Pluviometro ordinario e nivopluviometro Registratori o pluviografi : hanno dispositivo di intercettazione identico all’ordinario, ma l’acqua è raccolta e condotta con continuità ad apparecchi registratori, di cui si dirà in seguito. Assolvono la Elementi di Idrologia 11 necessità di conoscere la distribuzione e le durate delle precipitazioni nell’arco delle 24 ore. Essenzialmente sono di due tipi : a sifone ed a bilanciere. Nel primo, raffigurato nella Figura 19, la pioggia intercettata dalla bocca viene raccolta in un recipiente R munito di un galleggiate G al quale è associata una punta scrivente P che registra su un rullo, ruotante a velocità nota e costante, l’aumento del livello nel recipiente. Quando l’acqua raggiunge un prefissato livello è libera di uscire solo attraverso il sifone S; il recipiente si vuota bruscamente e la punta scrivente traccia una linea verticale sul tamburo (Figura 3.1). . L'inizio ed il termine della pioggia è definito da tratti orizzontali (Figura 3.2). Per risalire all’altezza di precipitazione ed alla correlata durata è sufficiente sommare i tratti montanti compresi tra inizio e fine pioggia. Figura 3. Nel tipo a bilanciare l’acqua raccolta dalla bocca riempie alternativamente due vaschette triangolari B che costituiscono il bilanciere, il cui funzionamento è legato al peso dell’acqua ed alla quantità di precipitazione raccolta. Al moto del bilanciere è associata un'ancora che, agendo su una ruota dentata, mette in rotazione l'eccentrico E, al quale è solidarizzata una punta scrivente su tamburo rotante, anche in questo caso a velocità nota e costante. L’altezza di precipitazione e la durata relativa si ricavano dal diagramma ribaltando i tratti discendenti (Figura 5) . Figura 4. Totalizzatori : vengono usati in stazioni dove, per particolari condizioni ambientali, non è possibile effettuare rilevazioni a breve periodo. La bocca di intercettazione è più piccola del tipo Ordinario, 12 1/40 di m2, ma il recipiente di raccolta, privo dell’imbuto, ha capacità maggiore e nel suo interno vengono poste quantità misurate di cloruro di calce per sciogliere la neve e di olio di vaselina per contenere l’evaporazione. Nella Figura 5 sono raffigurati pluviometri totalizzatori dotati dello schermo di Nipher, utilizzato per ridurre gli errori di misura causati, generalmente, dal vento. Poiché le gocce di pioggia crescono nell’attraversare strati di atmosfera vicini al suolo e prossimi alla saturazione, l’altezza minima della bocca dal suolo è fissata in 1,5 m per i pluviometri ordinari e 3,00 m per i pluviometri totalizzatori (secondo il Servizio Idrografico Italiano). Figura 5. Pluviometri totalizzatori Per zone di alta montagna, soggette a notevole innevamento, può essere necessario valutare il quantitativo di acqua equivalente del manto nevoso. Pertanto si tende a risalire alla valutazione dello spessore del manto nevoso o con misure dirette, tramite sondaggi, letture ad aste graduate, o con rilevazioni acustiche (Figura 6), o con elaborazioni di immagini satellitari (Figura 7). Figura 6. Stazione nivometrica Elementi di Idrologia 13 Figura 7. Quantitativo di acqua equivalente del manto nevoso Figura 8. Rilievo satellitare del manto nevoso 2.1. Parametri caratteristici delle piogge e loro presentazione Altezza di precipitazione h [espressa generalmente in mm]: è pari al rapporto tra il volume V di acqua precipitato su una superficie nota A e l’area stessa h V A Intensità di precipitazione i [espressa generalmente in mm/ora] : è pari al rapporto i h , t con t pari all’intervallo di tempo nel quale è affluito il volume V. La raccolta delle osservazioni di piogge ed una loro prima elaborazione viene effettuata dagli Uffici Idrografici e pubblicati negli Annali Idrologici. La prima parte è suddivisa in due Sezioni: Termometria e Pluviometria 14 Elementi di Idrologia 15 16 Elementi di Idrologia 17 18 Elementi di Idrologia 19 20 2.2. Distribuzione delle precipitazioni 2.2.1. Ripartizione in funzione dell’area La valutazione degli afflussi pluviometrici, nel caso di una porzione di territorio di estensione limitata, può essere condotta utilizzando valori osservati in un'unica stazione. Per la determinazione dell’altezza media di precipitazione interessante una superficie di territorio rilevante, al cui interno sono ricomprese più stazioni, si può assumere semplicemente come altezza di precipitazione su tutto il bacino la media delle altezze rilevate ai pluviometri; il risultato sarà tanto più attendibile quanto maggiore è l’omogeneità del territorio e l’uniformità della distribuzione delle stazioni. In caso contrario, la media sarebbe falsata dalle aree dove maggiore è il numero delle stazioni. In questo caso è possibile definire l'area Ai d'influenza di ogni pluviometro con il metodo dei Topoieti o dei poligoni di Thiessen. Con riferimento alla Figura 9, rilevato che all’interno del bacino sono presenti due stazioni pluviometrografiche, si collegano i pluviometri 1 e 2 con le stazioni adiacenti 39. Elementi di Idrologia 21 Figura 9 Dalla mezzeria dei segmenti di unione si tracciano le perpendicolari, le cui intersezioni racchiudono dei poligoni (topoieti) di superficie pari all'area A1 di influenza del pluviometro 1 , A2 di influenza del pluviometro 2 e le aree di pertinenza delle restanti stazioni (Figura 10). Figura 10. Costruzione dei Topoieti Le serie dei valori delle precipitazioni medie h sul comprensorio di superficie totale 22 A= A1+A2+A3+A4+A5+A6+A7+A8+A9 , a partire dalle altezze contemporanee di precipitazione h1 h2 ...... h9 registrate nelle singole stazioni sono valutabili con la relazione: h A 1h 1 A 2 h 2 A 9 h 9 A Quando il territorio risulta orograficamente vario il Metodo dei Topoieti risulta impreciso, in quanto l'altezza di precipitazione ottenuta non tiene debitamente in conto l'esposizione e la quota delle singole stazioni. In questo caso si ricorre ad una rappresentazione sul territorio di linee di uguale altezza di precipitazione o Isoiete. Anche in questo caso si congiungono le varie stazioni con delle rette sulle quali vengono riportati, per interpolazione pesata, i valori compresi tra gli estremi delle altezze di precipitazione misurate sulle stazioni. Valori uguali verranno uniti con curve dette appunto isoiete (Figura 11). Figura 11. Tracciamento delle isoiete Elementi di Idrologia 23 Figura 12. Applicazione del Metodo dei Topoieti e tracciamento delle Isoiete sul bacino del F.i Vidourle (630 km2) a Sommiers L’Hydrologie de l’Ingénieur – G. Réméniéras EYROLLES 2.2.2. Espansione in funzione del tempo Nella progettazione idraulica ricorre, sovente, la necessità di conoscere la correlazione, per un’assegnata stazione, tra altezza di precipitazione e durata dell’evento . Generalmente per indicare la dipendenza tra due variabili x ed y, del tipo yi = (xi) in modo tale che sia possibile prevedere un valore della y in funzione di un assegnato valore della x, si fa ricorso all’interpolazione dei dati con idonee funzioni. I dati relativi alle altezze di pioggia correlate a durate prescelte possono essere rappresentati graficamente su un piano cartesiano con le durate, asse delle ascisse, e le correlate altezze di precipitazione in ordinate (Figure 13 e 14). Figura 13. La spezzata che unisce i singoli punti può essere interpretata analiticamente ed in modo soddisfacente, mediante l’equazione di potenza: h a tn [a] con h (mm) altezza di precipitazione, t la sua durata (ore o frazioni decimali di ora), a ed n due 24 parametri dipendenti dalle caratteristiche pluviometriche della zona: n < 1, poiché l'intensità di pioggia i = h/t diminuisce con l'aumentare della durata; assume generalmente valori compresi tra 0,3 e 0,7; a rappresenta l'altezza di pioggia caduta nell'unità di tempo (a seconda dei casi un'ora o un giorno) 1. Figura 14 La relazione [a] può essere esplicitata determinando i valori di a ed n in modo analitico utilizzando il Metodo dei minimi quadrati con : a= y x 2 x xy N x 2 x 2 b N xy xy N x 2 x 2 r a y b x Y y 2 1 y 2 N 1 y 2 N N = numero della serie di dati x,y Per determinare i valori di a ed n è anche possibile utilizzare un metodo grafico, scrivendo la [a] nella forma log h = log a + nlog t rappresentante una retta in un piano bilogaritmico. (Figura 14) la costante a è definita dal valore dell’ordinata per t=1 la costante n è il relativo coefficiente angolare. Figura 14. 1 h=a tn h [mm] a [mm ora-1] h=a*24n tn h [mm] a [mm giorno-1] h=a/1000*24n tn h [m] a [m giorno-1] Elementi di Idrologia 25 3. Idrologia statistica – Statistica del massimo valore osservato Dalle osservazioni raccolte negli annali si rileva che per una data durata temporale un’altezza di precipitazione, misurata in una certa stazione, è sensibilmente variabile da anno ad anno (Figura 1). Figura 1. 26 Poichè il fenomeno ipotizzato non è evolutivo, si ritiene di poter individuare, per ogni stazione, il valore medio da una serie elevata di anni di osservazione N che soddisfi la condizione che tale valore non vari sensibilmente includendo o escludendo dal conteggio un numero limitato di anni. Questa media, detta Valore Normale, è stimata per un periodo di circa 40 50 anni. Anche se gli eventi di pioggia non si riproducono identici in tale periodo, si ha effettivamente a grandi linee la percezione del fenomeno. Raccolti, per un numero sufficiente di anni, i dati relativi alle altezze di pioggia correlate alle durate prescelte, si ordinano, per ogni durata, in senso decrescente. Vengono così determinati i valori del Primo caso critico (altezze di precipitazione raggiunte una vol- ta e superate mai, nel periodo di osservazione); i valori che seguono in ordine di grandezza i massimi individuati in precedenza determinano il Secondo caso critico (altezze di precipitazione raggiunte una volta e superate una, nel periodo di osservazione) e così via fino all'ordine N. I dati dei vari ordini (I, II, III, ecc.) possono essere interpolati ottenendo le curve di I, II,III, ecc. caso critico. L'ordine di una curva di caso critico indica dunque le volte in cui i valori che essa regolarizza sono stati raggiunti una volta negli N anni di osservazione e superati n-1 volte. Avendo a disposizione numerosi anni di osservazione, considerati tutti i valori massimi per le varie durate, si perverrebbe ad una legge che, a meno di eventi eccezionali, garantirebbe la non superabilità dei dati osservati; il conseguente dimensionamento della rete sarebbe in grado di contenere la portata derivante da qualsiasi pioggia. Questo però non è sempre necessario né fattibile dal punto di vista economico. Le curve di caso critico non permettono di conoscere la ricorrenza periodica di un evento pluviometrico caratterizzato da intensità superiori alla campionaria. Per questo è necessario ricorrere a metodi statistici che consentano di definire un intervallo medio di tempo Tr (anni), detto Tempo di Ri- torno, per eventi pluviometrici sia di intensità nota e sia mai registrata. Individuazione e perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico Significato progettuale del Tempo di Ritorno (Comma 1, art. 1, del decreto-legge n. 180 del 1998). Disponendo di adeguati studi idraulici ed idrogeologici, saranno identificate sulla cartografia aree, caratterizzate da tre diverse probabilità di evento e, conseguentemente, da diverse rilevanze di piena: a) aree ad alta probabilità di inondazione (indicativamente con tempo di ritorno Tr di 20-50 anni); b) aree a moderata probabilità di inondazione (indicativamente con Tr di 100-200 anni); c) aree a bassa probabilità di inondazione (indicativamente con Tr di 300-500 anni). Al riguardo si possono fare le seguenti osservazioni di carattere generale: Tr = 30/50 anni : sono tempi di ritorno di entità tra di loro confrontabili e rappresentano un valore temporale percepibile dall’opinione pubblica e confrontabile con scelte di tipo pianificatorio. Una condizione di pericolosità caratterizzata da questi valori del tempo di ritorno è inaccettabile nel caso che la zona interessata dalla situazione di dissesto sia urbanizzata e pone la necessità di realizzare interventi strutturali, che risultano essere giustificabili a livello economico in quanto il beneficio derivante, in termini sia economici che sociali, è superiore al costo dell’opera. Elementi di Idrologia 27 Tr = 100 anni : un tempo di ritorno ancora confrontabile con la vita umana, ma non è già più percepibile dall’opinione pubblica. E superiore ai tempi caratteristici degli investimenti a lungo termine e quindi si può presupporre che sia accettabile un certo danno (costo) rispetto al beneficio, più proficuo, connesso all’edificazione. Nelle aree interessate da allagamenti centenari appare possibile anche una politica di interventi non strutturali che preveda vincoli e soprattutto indicazioni sulle modalità di uso del territorio. Tr = 200 anni : un tempo di ritorno non più confrontabile con la vita umana e con le scelte di tipo pianificatorio. Da un punto di vista statistico comincia ad essere un valore poco significativo in relazione agli anni di osservazioni di cui si dispone. Tr = 500 anni : un tempo di ritorno che ha perso di significato statistico. Infatti in relazione alla metodologia di previsione statistica utilizzata si possono avere risultati molto diversi. Con riferimento ad esperienze di pianificazione già effettuate, è possibile definire quattro classi di rischio, secondo le classificazioni di seguito riportate. Le diverse situazioni sono aggregate in quattro classi di rischio a gravosità crescente: (1 = moderato/a; 2 = medio/a; 3 = elevato/a; 4 = molto elevato/a), alle quali sono attribuite le seguenti definizioni: moderato R1: per il quale i danni sociali, economici e al patrimonio ambientale sono marginali; medio R2: per il quale sono possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale che non pregiudicano l'incolumità del personale, l'agibilità degli edifici e la funzionalità delle attività economiche; elevato R3: per il quale sono possibili problemi per l'incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, la interruzione di funzionalità delle attività socio-economiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale; molto elevato R4: per il quale sono possibili la perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale, la distruzione di attività socio-economiche. Benché ovvio, è bene sottolineare che il tempo di ritorno non rappresenta una scadenza fissa ma un valore medio temporale nel quale probabilmente l’evento preso in considerazione ricorrerà. La scelta del tempo di ritorno è condizionata del grado di rischio che il progettista deve assumere in funzione dell’importanza dell’opera, pertanto, si suole far riferimento a piogge caratterizzate da tempi di ritorno funzione della tipologia dell’opera da realizzare o verificare (Tabella I) Tabella I Tipologie Tempi di Ritorno anni Smaltimento acqua di pioggia da corpi stradali secondari 25 Smaltimento acqua di pioggia da corpi stradali principali 10 15 Fognature 10÷15 Bonifiche 15÷50 Tombini e ponticelli per piccoli corsi d’acqua 30÷50 Corsi d’acqua di bacini minori a 10 km2 75 Corsi d’acqua di bacini maggiori a 10 km2 100 Ponti e difese fluviali 200 Opere ad alto rischio (argini, dighe, ecc.) 28 10002000 Tra i vari metodi statistico-probabilistici per l’analisi di campioni di altezze di pioggia massime annuali il più noto è quello di Gumbel (1958) che lega la legge di crescita della variabile casuale h con il tempo di ritorno Tr secondo l’espressione statistica : h (Tr ) h F (h) [a] essendo : h(Tr) altezza di pioggia eguagliata o non superata ogni Tr (anni) h il valore medio delle altezze di precipitazione, di un’assegnata durata, negli N anni osservati F fattore di frequenza o fattore di crescita , funzione del tempo di ritorno Tr (h) è la stima dello scarto quadratico medio del campione, fattore di scala Secondo la funzione di distribuzione EV1 di Gumbel, adottando per il fattore di frequenza l’espressione F Y(Tr ) YN si ha: SN h (Tr ) h (h) (h) Y(Tr ) YN SN SN [b] T 1 1 con Y(Tr) variabile ridotta di Gumbel Y(Tr ) ln ln r ln ln1 T T r r YN , stima del valore medio del campione della variabile ridotta, è pari a: YN 1 Y Ti N SN, stima dello scarto quadratico medio del campione della 1 SN Y Ti YN N 1 variabile ridotta, è pari a: 2 0,5 con: N, dimensione del campione; i, rango del dato del campione graduato in ordine decrescente; Ti, tempo di ritorno del dato del campione graduato in ordine decrescente, determinato, se- condo Gringorten, con la relazione di stima: Ti N 0,12 i 0,44 Nella Tabella II sono riportate le stime dei valori della variabile ridotta Y(T) di Gumbel Tabella II Nella Tabella III sono riportati i valori di YN e di SN stimati per N variabile con scansione unitaria da N = 10 ad N = 109. Elementi di Idrologia 29 Tabella III Oltre alla procedura descritta, posta la [b] nella forma: (h) (h) Y(Tr ) YN = xo+ a-1 Y SN SN h (Tr ) h T r [c] il valore dei parametri xo ed a della EV1 può essere conseguito anche con il metodo statistico dei momenti, adottando le relazioni di stima: x 0 h m a 1 con m = 0,5772 ed a1 n h [d] n = 0,7797 e con il metodo statistico della massima verosimiglianza, secondo le relazioni di stima: h x i e ah e ah i i a 1 x0 ln N1 e ahi a La [c] consente di determinare il massimo valore di altezza di precipitazione per una prefissata durata e per un assegnato tempo di ritorno. Pertanto, fissato un tempo di ritorno Tr , sarà possibile trarre, per ogni durata, i corrispondenti valori di altezze di precipitazione h e definire la pioggia di progetto h a t n che ricorre, mediamente, ogni Tr anni. Più è elevato il tempo di ritorno e maggiore è la portata derivante dall’evento stimato e maggiore è l’impegno economico per la realizzazione delle opere preposte al controllo ed alla regolarizzazione delle portate esitate. 30 Esempio 1. Determinazione della Massima Pioggia probabile per assegnato Tr Definire la pioggia di progetto, per Tempi di ritorno assegnati di 5,10,20 anni, pluviometrici disponibili per la stazione pluviografica di L'Aquila [735 m s.m.]. utilizzando i dati Nella Tabella 1 sono raccolti i dati rilevati dagli annali idrologici dall’anno 1933 all’anno 2001. Tabella 1 Nella Tabella 2 è riportato il campione dei valori di altezza di precipitazione, per ogni durata, ordi- nati in senso decrescente necessari per la determinazione dei parametri h (altezza media di precipitazione) e (h) (scarto quadratico medio) che compaiono nella: h (Tr ) h (h) (h) Y(Tr ) YN = xo+ a-1 Y SN SN T r Elementi di Idrologia 31 In statistica la varianza di una variabile aleatoria (in questo caso l’altezza di precipitazione h) è una funzione indicata con σ2(h), o a volte con Var (h), che fornisce una misura di quanto i valori assunti dalla variabile si discostino dal valore atteso ( ad esempio la media del campione h ) . Più utilizzata è la radice quadrata della varianza chiamata scarto quadratico medio e indicata con la lettera greca σ Questo è un indice di dispersione delle misure di precipitazione intorno ad un indice di posizione, quale può essere, ad esempio, la media del campione h . La deviazione standard ha pertanto la stessa unità di misura dei valori osservati (al contrario della varianza che ha come unità di misura il quadrato dell'unità di misura dei valori di riferimento). Tabella 2 La variabile ridotta di Gumbel : Y(Tr ) ln ln segnati i tempi di ritorno , mentre YN Tr 1 1 si esplicita una volta as ln ln1 Tr Tr ed SN, vengono agevolmente determinata dalla seguente Tabella per N=58 anni di valori osservati Con tutti i valori disponibili si esegue il calcolo in modo tabellare utilizzando un foglio di Excel 32 Tabella 3 Infine per ogni tempo di ritorno, correlando altezze h e durate tp, vengono determinate le espressioni caratteristiche delle piogge di progetto: Tr5 Tr10 Tr20 h 24,3 t0,2347 r=0,99 0,2095 r=0,98 0,1913 r=0,98 h 29,3 t h 34,2 t Volendo estendere il campo delle previsioni oltre il periodo reale di osservazione per tempi di ritorno di 100 e 200 anni, riprendendo i dati di Tabella 3 si determinano le h(Tr) e le correlate espressioni delle piogge di progetto. (Tabella 4) Elementi di Idrologia 33 Tabella 4 Tr100 h 45,2 t 0,1628 r=0,95 Tr200 h 49,9 t 0,154 r=0,94 A soluzione analoga si perviene utilizzando la [b ] nella forma: h (Tr ) x 0 a 1 Y Tr Il valore dei parametri xo ed a della EV1 viene conseguito con il metodo adottando le relazioni di stima: xo h - m .a-1 a-1 = n . (h) con m = 0,5772 ed [c] statistico dei momenti, n = 0,7797. Nelle seguenti Tabelle 5 e 6 sono riportate in forma tabellare le stime delle altezze di precipitazioni per gli assegnati tempi di ritorno. 34 Tabella 5 Tabella 6 Data la coincidenza dei risultati conseguiti con il Metodo dei Momenti rispetto al metodo basato sugli anni di osservazione, le leggi di pioggia per gli assegnati tempi di ritorno sono quelle esposte, precedentemente, in via grafica . 4.Test statistici di adattamento Con la funzione di distribuzione di Gumbel si determinano, mediante l’espressione h (Tr) h F S(h) , le altezze di precipitazione con la probabilità di essere superate una volta in un intervallo di tempo pari ai correlati tempi di ritorno Tr . Successivamente è necessario verificare che “ la distribuzione ottenuta descriva in modo accettabile la popolazione”, ovvero verificare che la funzione sia attendibile attraverso test statistici di adattamento; i più utilizzati nell’idrologia statistica sono: Test 2 di Pizzetti–Pearson Test di Kolmogorov–Smirnov (K–S) Fasce Fiduciarie Elementi di Idrologia 35 4.1. Test 2 di Pizzetti–Pearson Applicabile a grandezze di un evento, le cui modalità possono essere suddivise in classi j, scelte in modo tale che ciascuna di esse contenga un numero di osservazioni non inferiore a 5. E’ basato sul confronto tra le frequenze campionarie assolute di ogni classe nj e le corrispondenti frequenze teoriche j, calcolate utilizzando la funzione di distribuzione ipotizzata (nel caso la EV1) 2c nj - j 2 j [1] 2 Il valore di 2 c calcolato viene confrontato con il t teorico della distribuzione, reperibile su tavo- le statistiche numeriche per differenti gradi di libertà del sistema, g.d.l., e livello di significatività α Figura 1. Percentili della distribuzione 2 Il numero dei gradi di libertà g.d.l. associato al 2t è pari al numero delle classi j-1 diminuito ancora di una unità per ogni parametro determinato direttamente dai dati del campione : in questo caso i parametri sono due: a ed x0. Il livello di significatività α indica la zona di rigetto dell’ipotesi nulla, ovvero la zona per cui il test è verificato, compresa tra i valori 0 e 1-α. In genere viene posto pari a 0,05, (Figura 1) che significa quindi che nel 95% dei casi l’ipotesi nulla non viene rigettata. 36 2 Il test è verificato se è valida la disuguaglianza: 2 c < t . Esempio 2. Pertanto, utilizzando i valori riportati nella Tabella 2 (Pag.33), disposti in ordine crescente per ogni serie 1÷24 ore, si suddivide ogni campione in un numero di classi di valori (nell’ esempio 5 classi). Ogni classe è delimitata dal minimo valore contenuto e da quello massimo che sarà il minimo della serie immediatamente precedente. Si trova la frequenza di classe nj , rappresentata dal numero di valori contenuti in ciascuna classe e per ognuna di essa si calcola la probabilità di non superamento: P(h)=exp{–exp[–a(h–x0)]} Stimata la probabilità teorica P(h) tra i valori estremi di una classe si stima la frequenza assoluta teorica i P h N , con N numero dei dati del campione ed il c2 nella forma [1] Il c2 calcolato va confrontato con il 2t teorico. Nelle seguenti Tabelle sono riportati gli elementi per il calcolo del c2 , rispettivamente per la serie di valori di precipitazione di 1,3,6,12 e 24 ore. Elementi di Idrologia 37 38 2.Test di Kolmogorov–Smirnov (K–S) Non ha nessuna restrizione sulla dimensione del campione e non richiede classificazioni. Si ordinano i dati in senso decrescente e si determina il massimo scostamento in valore assoluto Dmax, tra la probabilità di non superamento campionaria Pc 1 1 e la probabilità teorica di TG Gumbel : P(h)=exp{–exp[–a(h–x0)]} essendo : TG tempo di ritorno di Grigorten : TG N 0,12 , i 0,44 N= dati del campione i= rango Successivamente si confronta Dmax con lo scostamento teorico ammissibile Da (per un livello di significatività a, in generale pari a 0,05 -Tabella I) . Il test è verificato se vale la relazione: Dmax<Da Elementi di Idrologia 39 Tabella I Valori teorici della variabile Da Nelle seguenti Tabelle sono riportati gli elementi necessari per la verifica del Test di Kolmogorov– Smirnov, rispettivamente per la serie di valori di precipitazione di 1,3,6,12 e 24 ore. 40 Elementi di Idrologia 41 42 Elementi di Idrologia 43 3.Fasce Fiduciarie I parametri a e x0 sono stimati su un campione di dimensione N, quindi non coincidono con i valori veri caratteristici della popolazione, ma dipendono, ovviamente, dalle dimensioni del campione. Con il metodo delle Fasce Fiduciarie (stima per intervalli) si perviene alla stima della dispersione nell’intorno della legge di Gumbel. Riportando su un cartogramma probabilistico, per ciascun valore di h (TG), la variabile y(TG)= – ln[–ln(1–1/TG))] , determinata in funzione del tempo di ritorno TG N 0,12 , è possibile rapprei 0,44 sentare la legge di distribuzione di Gumbel con una retta (Figura 2). Figura 2. Legge di distribuzione di Gumbel Le curve che delimitano la fascia fiduciaria (Figura 3) sono costruite determinando, per ciascun valore di altezza di pioggia teorica: ht x 0 y TG [7] a l’intervallo di confidenza, al 95%, h(t) – 1,96·σ* ≤ hF ≤ h(t) + 1,96·σ* * (h t ) applicando la formula P(h t ) [1 P(h t )] N [f(h t )]2 [8] nella quale per il calcolo di Pht e fht sono utilizzate, rispettivamente, la funzione di ripartizione ( o probabilità di non superamento) Pht exp exp aht x 0 e la funzione di densità di probabilità di Gumbel calcolate sui valori teorici fh t a exp aht x 0 exp exp aht x 0 Sovrapposta la Figura 2 alla 3, se i dati campionari escono dalla fascia l’adattamento è dubbio. 44 Figura 3. Legge di distribuzione di Gumbel Nella seguente Figura 4 sono rappresentate le Fasce fiduciarie per la serie di valori di precipitazione di 1,3,6,12 e 24 ore, costruite utilizzando Excel secondo lo schema delle Tabelle seguenti. Figura 4. Stazione Pluviometrica di L’Aquila Fasce fiduciarie per la serie di valori di precipitazione di 1,3,6,12 e 24 ore. Elementi di Idrologia 45 46 Elementi di Idrologia 47 48 Elementi di Idrologia 49 50 5. Regionalizzazione dell’informazione idrologica puntuale L’informazione e la correlata previsione idrologica hanno spiccato carattere puntuale, in quanto caratteristiche della stazione di rilevamento dei dati. La previsione idrologica a tutte le scale, dalla scala locale, o puntuale, alla scala regionale (meso e macro), e, quindi, la Regionalizzazione, è uno dei più importanti temi dell’idrologia. L’estensione della previsione ad areali idrologicamente omogenei viene attuata facendo ricorso a differenti procedure, la cui scelta è comunque arbitraria. Le procedure trattate in seguito, secondo le metodologie più accreditate, sono L’analisi regionale me- diante la metodologia della grandezza indice; e la regionalizzazione delle piogge orarie massime annuali con il criterio dell’ invarianza areale di indici statistici. 5.1. Procedure VAPI – Regione Abruzzo La Regione Abruzzo - Servizio “Gestione e Tutela della Risorsa Acqua Superficiale e Sotterranea”, in adempimento ai disposti della L. 183 del 1989, art. 10, comma 1, ha condotto uno studio idrologico con riferimento ai bacini idrografici di rilievo regionale ed a quello di rilievo interregionale del fiume Sangro. Obiettivo dello studio è la redazione del Piano Stralcio Difesa Alluvioni (PSDA), strumento per la delimitazione delle aree di pertinenza fluviale e per la perimetrazione delle aree da sottoporre a misura di salvaguardia. Lo studio è stato condotto secondo la procedura VAPI (VAlutazione PIene) promossa dal C.N.R.-Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche (G.N.D.C.I.). Fine del progetto VAPI è la realizzazione di procedure idonee ad acquisire la stima del valore della precipitazione massima annuale hd,T, con d = 1, 3, 6, 12 e 24 ore, o della portata massima annuale istantanea QT, per un assegnato tempo di ritorno T, e questo sia per stazioni strumentate, ma dotate di campioni non significativi statisticamente, sia in assenza totale di informazione idrologica. La procedura proposta di analisi regionale dell’informazione idrologica puntuale disponibile è basata sulla preliminare individuazione di areali idrologicamente omogenei, per i quali è possibile ipotizzare leggi di distribuzione di probabilità dei fenomeni aventi alcune proprietà in comune (Regionalizzazione). Per ciascuno di detti areali risulta quindi possibile trasferire l’informazione idrologica puntuale ai siti di interesse non strumentati. L’ipotesi base è che: le distribuzioni di probabilità delle stazioni ricomprese nell’area omogenea siano identiche tra loro a meno di un fattore di scala specifico di ogni stazione: la grandezza indice In formula si ha: XT = X’(T) i [1] con: i = 1, 2, 3, …, N, numero delle stazioni dell’area omogenea; X’(T), fattore di crescita regionale, funzione quantile unica, valida per l’intera regione omogenea. i, grandezza indice , fattore di scala. 5.1.1 - Fattore di scala - relazioni di stima Piogge intense I risultati dello studio, condotto aggiornando l’informazione idrologica pluviometrica del S.I&M. di Pescara all’anno 1992, hanno portato alla individuazione di due areali idrologicamente omogenei nei riguardi delle piogge intense di durata d = 1, 3, 6, 12 e 24 ore, denominati: Zona Costiera Zona Appenninica La separazione tra le due Zone è riportata nella mappa georeferenziata Elementi di Idrologia 51 Zona Appenninica Con riferimento alla relazione [1], riscritta nella forma : hT = h’(T) la curva di crescita regionale, valida per la durata d = 1 ora, è resa dalla relazione di stima: h’(T) = 0,4828 + 0,4493 ln T la curva di crescita regionale, valida per la durata d 6 ore, è resa dalla relazione di stima: h’(T) = 0,5725 + 0,3862 ln T Il fattore di scala è dato dalla relazione: = m1 d n con: m1, [mm], altezza della pioggia indice di durata 1 ora, valutata nel baricentro dell’area di interesse; n, esponente della curva di possibilità climatica, valutato nel baricentro dell’area di interesse; Zona Costiera La curva di crescita regionale, valida per tutte le durate d, è resa dalla relazione di stima: h’(T) = 0,5590 + 0,4452 ln T I valori di m1 e di n vengono stimati con riferimento alle isolinee riportate nelle mappe georeferenziate: Figure 2 . Figura 2. Mappa delle isolinee dei valori di m1 ed n (BETA studio) 52 Esempio 3. Procedura VAPI - Metodo della grandezza indice Definire la pioggia di progetto, per Tempi di ritorno di 50,100,200 anni, utilizzando la procedura VAPI . I valori delle hT = h’(T) , esplicitato = m1 d n, con m1=20,25 e di n =0,33 stimati interpolando i valori delle isolinee riportate nelle mappe georeferenziate (Figura a), sono riportati nella Tabella I Figura a Tabella I Elementi di Idrologia 53 Per ogni tempo di ritorno Tr i dati possono essere perequati analiticamente con l’equazione di stima h=a tn (Figura b) Figura b 5.2. Regionalizzazione delle piogge orarie massime annuali Superata la fase della selezione della funzione di distribuzione più idonea, si presenta il problema di trasferire l’informazione puntuale al territorio. Anziché considerare ciascuna stazione di misura singolarmente, tali metodi utilizzano congiuntamente le osservazioni disponibili in più stazioni di misura, scelte in base a certi criteri di similitudine idrologica. In sintesi, attraverso l’opportuno accorpamento delle osservazioni relative a più stazioni pluviometriche si perviene a campioni di dimensioni molto maggiori di quelle caratteristiche della singola stazione. Sulla base di questi si possono ottenere stime della distribuzione di probabilità delle piogge più affidabili di quelle che può fornire un’analisi locale con riferimento all’areale esteso. Il primo passo di un’analisi regionale è l’identificazione di gruppi omogenei di stazioni pluviometriche (regioni omogenee), vale a dire di raggruppamenti di stazioni le cui distribuzioni di probabilità delle piogge abbiano alcune caratteristiche comuni. Tale operazione dovrebbe essere effettuata sulla base di criteri di similitudine idrologica, vale a dire individuando quei bacini che presentino una sensibile affinità in quell’insieme di caratteristiche climatiche e morfologiche che solitamente influenzano i fenomeni meteorologici. Questo tipo di approccio si presenta però estremamente complesso per la difficoltà di acquisire stime di alcune di tali grandezze per i diversi ambiti territoriali. Nella pratica però si ricorre a criteri di tipo geografico, scegliendo i bacini d’accorpare in base a regioni geografiche abbastanza omogenee dal punto di vista climatico e da quello geomorfologico di versante. Pertanto, nel seguito, si farà riferimento alla porzione di territorio del bacino del Fiume Aterno ricedente nella Conca Aquilana (Figura 1). Esempio 4. Regionalizzazione dell’informazione pluviometrica puntuale La Conca Aquilana è delimitata a Nord dai Monti della Laga, a Est dal Gran Sasso, a Sud dalla catena del Monte Sirente, ad Ovest dalla Catena del Monte Velino. Questo sistema costituisce una barriera naturale per le meteore provenienti dai versanti adriatico e tirrenico dando luogo ad una sensibile riduzione delle precipitazioni che, riversandosi sul territorio, determinano il processo di tra- 54 sformazione in portate defluenti nella rete idrografica. Figura 1. Stazioni pluviometrografiche ricedenti nel territorio aquilano Questo processo si realizza all’interno del bacino scolante e, pertanto, è quantificato in funzione di parametri morfometrici quali: superficie, acclività, forma e natura del suolo. Pertanto sono molte le variabili che concorrono alla determinazione, più o meno approssimata, di una portata che, per condizioni particolari e circostanze eccezionali, assume il valore massimo o di piena. Più queste condizioni risultano singolari, tanto più la portata è eccezionale. Le stazioni pluviometriche situate in detto areale sono nove (Figura 1). Nella Tabella I sono riportati, per ciascuna stazione, i dati relativi all’altitudine, al numero di anni di osservazione e le coordinante di riferimento. Tabella I Dalle successive analisi sono state escluse le stazioni di Campo Imperatore, Passo delle Capannelle e San Pelino con serie limitate di valori. Delle restanti sei ( Tornimparte, Montereale, Termine, L'Aquila, Assergi e Rocca di Mezzo) sono stati acquisiti, per tutti gli anni osservati e registrati negli Annali Idrologici del Servizio Idrografico e Mareografico di Pescara (SIMN), i valori delle altezze di precipitazione correlati alle durate di 1,3,6,12 e 24 ore (Tabella II). Elementi di Idrologia 55 Tabella II – Dati pluviometrici disponibili dal SIMN - Pescara 56 Successivamente, con le metodologie dell’idrologia statistica di cui ai capitoli precedenti, per ogni stazione, vengono definite le leggi di pioggia correlate ai prefissati tempi di ritorno e, per le quali è stata accertata la validità dell’adattamento della legge di Gumbel con i test statistici di adattamento. Elementi di Idrologia 57 Al fine di individuare stazioni pluviometriche di aree idrologicamente omogenee, occorre definire un parametro, o meglio una caratteristica che lo consenta. Tale parametro è individuato nel coefficiente kr dato dalla relazione: kr 1 x0 a log (e) [1] Questa, applicata per ciascuna coppia di valori ax0, precedentemente calcolati per ogni stazione e durata di precipitazione (Tabella III), fornisce i valori di kr (Tabella IV) Tabella III 58 Tabella IV Analizzando i valori di Kr, alle varie durate, si osserva che, avendo valori simili tra loro, si discostano poco dal valor medio k inoltre gli scarti quadratici medi ksono mediamente piccoli, da poter supporre che l’area considerata sia idrologicamente omogenea. La conferma è stata conseguita verificando che le coppie di valori ( N e kr) riportati su un diagramma cartesiano , per ciascuna stazione e per ciascuna durata, siano contenuti nella fascia fiduciaria delimitata da due curve, +FF superiore e – FF inferiore . La grandezza morfometrica scelta per la regionalizzazione dell’informazione pluviometrica è la quota q. Rispetto a questa verrà analizzata la variabilità dei parametri a e x0 della distribuzione EV1: a=f(q) e x0=f(q). Utilizzando i dati riassunti nella Tabella V , relativi alle sei stazioni pluviometriche considerate, verranno stimati, preliminarmente, i legami tra i parametri x 0 ed a della EV1 con la quota media del bacino delle stesse riportando, su un diagramma cartesiano in ascissa i valori delle quote delle singole stazione ed in ordinate rispettivamente i correlati valori di x0 e di a . Tabella V Elementi di Idrologia 59 Figura 2. Funzioni x0 q a q Interpolando i dati con delle rette è possibile stimare i valori di e dell’equazioni x0 q a q [5] Tabella VIII Con i dati di Tabella VIII e la [5] vengono determinati i valori di x0 ed a corrispondenti alle quote 60 medie dei singoli bacini. Successivamente, per ogni tempo di ritorno e per ogni durata di pioggia, sono stati calcolati i valori della variabile aleatoria h h (q ) 1 1 ln - ln 1 - q T [6] Infine, seguendo le procedure già descritte, si costruiscono le curve di possibilità pluviometrica h a tn rappresentative del bacino del T.Raio ricadente all’interno della canca aquilana. Le regioni geografiche omogenee, potranno eventualmente essere riperimetrate nel corso dell’indagine, cambiandone i confini in base ai risultati ottenuti nell’analisi di regionalizzazione. Elementi di Idrologia 61 Primo richiamo di Idraulica applicata - Correnti a superficie libera Il moto dell'acqua all'interno di un corpo idrico, alveo, è comunemente detto corrente; se è a superficie libera occupa solo la parte inferiore del mezzo recipiente, mentre sulla superficie a contatto con l'aria, di larghezza b, agisce la pressione atmosferica (pressione relativa nulla). In questa situazione la massa fluida in movimento può essere scomposta in un insieme di filetti, linee di corrente, adiacenti l'uno all'altro ed aventi, grosso modo, uno stesso andamento rettilineo o a curvatura trascurabile, normale alla sezione trasversale piana, detta sezione bagnata , mentre la lunghezza del contorno della sezione effettivamente lambita dalla corrente è detta contorno o perimetro bagnato C. Il rapporto R=/C è il raggio idraulico R . Il tirante idrico h rappresenta la distan za tra superficie libera ed il punto più depresso del contorno bagnato, mentre hm è la prob fondità media. Figura 1. Il volume del liquido defluito nell'unità di tempo attraverso la sezione bagnata è la portata Q della corrente e viene espressa in m3s-1 mentre la portata in peso Q g Q è in kg s-1 . Per tutte le sezioni, stante la permanenza del moto, si ha (equazione di continuità): Q V che, data l'invarianza della velocità media V (moto uniforme), comporta l’invarianza della sezione bagnata . 1. Moto turbolento uniforme Una corrente a superficie libera è in condizioni di moto uniforme quando, scorrendo in un alveo cilindrico, la superficie libera risulta parallela alla linea del fondo e, quindi, coincide con la pendenza J della linea del carico idraulico totale E , che rispetto al piano orizzontale di riferimento è espressa: E zh V2 [1] 2g Figura 2. Elementi caratteristici del moto uniforme z quota, o altezza geometrica; h tirante idrico o altezza piezometrica V2 altezza cinetica ( è 2g il coefficiente di Coriolis) 2 Il coefficiente di ragguaglio delle potenze cinetiche o di Coriolis , tiene in conto la non uniforme distribuzione della velocità rispetto al valore medio V. Porre = 1 significa accettare un errore nella valutazione del termine cinetico di qualche punto percentuale, ammissione del resto frequente . 2 62 La linea dei carichi discende sempre nel senso del moto; tra due sezioni 1 e 2 il carico totale E subisce una variazione E1,2 J L corrispondente alle perdite di carico per attrito. Con riferimento al fondo, il carico totale idraulico è dato da H (Figura 2) Hh V2 Q2 h 2g 2g 2 [2] Il moto turbolento uniforme delle correnti a superficie libera, nei problemi di progetto e di verifica, è retto dalla formula di Chézy (1775-1776): Ji V RJ C g R J V2 2 R [3] Per l’esplicitazione del coefficiente di resistenza , tra le espressioni più famose, si ricorda: Bazin (1897) 87 1 R [4] Valori del coefficiente di scabrezza di Bazin Caratteristica delle pareti della canalizzazione - Alveo molto liscio (cemento, legno piallato ecc.) 0,06 - Alveo liscio (tavole, mattoni, pietra da taglio, ecc.) 0,16 - Alveo in muratura di pietrame 0,46 - Alveo in muratura mista 0,85 - Alveo in terra in condizioni ordinarie 1,30 - Alveo in terra con resistenze eccezionali 1,75 Kutter (1869) 100 m 1 R [5] Valori del coefficiente di scabrezza m di Kutter Caratteristica delle pareti della canalizzazione m - Cemento liscio, sezione rettangolare 0,15 - Tavole grezze o muratura assai regolare 0,25 - Muratura ordinaria 0,35 - Muratura di pietrame, regolare 0,45 - Muratura irregolare, fondo fangoso 0,75 - fiumi in terra con ghiaia e piante acquatiche sul fondo Manning (1890) e Strickler (1923) 1,75÷2,00 1 1/6 R k R1 / 6 n [6] Valori del coefficiente di scabrezza n e k Caratteristica delle pareti della canalizzazione n k - Canali in cemento lisciato 0,010 100 - Canali in pietra da taglio spianata, mattoni 0,013 77 - Canali inmuratura di pietrame spianato con alveo liscio 0,017 59 - Canali con alveo in terra 0,025 40 - Canali con alveo di ghiaia 0,030 33 - Canali con alveo molto irregolare 0,040 25 Elementi di Idrologia 63 La correlazione, espressa per via numerica, analitica o grafica, tra la portata Q ed il tirante idrico h è generalmente chiamata scala di deflusso (o delle portate) dell'alveo. Per sezioni aperte la funzione Q = Q(h) è sempre crescente; per sezioni chiuse si ha un massimo per h < h max. Questa relazione, lega in modo univoco la portata Q al tirante h e nella pratica progettuale trova un impiego diffuso l’equazione di Manning- Strikcler, dedotta dalla formula di Chezy: Q k R 2 / 3 J1 / 2 (7) Esempio 5 . Scala di deflusso di una sezione trapezia Si vuole impostare la scala di deflusso di una sezione trapezia di un canale in terra privo di rivestimento (Coefficiente di scabrezza Stryckler k=40 m1/3 s-1) con pendenza del fondo i=0,0015. Elementi caratteristici : 2 base b=5,00 m ; area bagnata : b n h h contorno bagnato: C b 2h 1 n R Raggio idraulico: C larghezza in superficie: B b 2n h Inclinazione delle sponde: per =30° n 1 tg =1,732 . Il massimo tirante, compatibile con le condizioni ambientali, è fissato ad h=2,70 m; resta da determinate l’andamento delle portate esitate secondo l’espressione [7] : Q k R 2 / 3 i1 / 2 Il procedimento numerico è stato eseguito per via tabellare utilizzando Excel di Windows; la simbologia adottata è riportata nella seguente Figura a Figura a Nel caso in esame la sezione è simmetrica rispetto all’asse e, pertanto, lo schema di calcolo è semplificato (Tabella I). Tabella I Con i valori della portata Q ed i correlati tiranti h si definiscono le funzione Q=f(h); h=f(Q) 64 Volendo sapere se la corrente è lenta o veloce occorrerà verificare, rispettivamente, se h u> hc ovvero hu< hc . In condizione di stato critico la corrente assume il minimo valore dell’energia in corrispondenza dell’altezza critica hc ed il numero di Froude , definito come rapporto tra la velocità media V e la celerità delle piccole perturbazioni c Per una sezione generica, hm g hm , Fr V ghm 1. rappresenta altezza della sezione rettangolare equivalente, B area bagnata e B larghezza in superficie. La velocità critica è Vc g B mentre la portata è Q g Q2 3 g B cogliendo i termini geometrici si ottiene: posta la precedente formula nella forma ; eliminando la radice e racB Q g hm h Definita la funzione h per l’assegnata portata Q= 56,6 m3/s. Per de un valore di hm=hc = 1,32 m < 2,7 m . Q g h 18,07 corrispon- La corrente è lenta Elementi di Idrologia 65 Nota: Nella pratica si verifica che la scabrezza vari in modo sensibile lungo il contorno bagnato della sezione (Figura b); per una corretta applicazione della (7) occorre assegnare un coefficiente di scabrezza equivalente che tenga conto dei vari rivestimenti e delle correlate scabrezze. Utilizzando i coefficienti di Strickler, suddiviso il contorno della sezione in tre parti, trova applicazione la seguente espressione, essendo, ovviamente, k1,k2 e k3 i coefficienti di scabrezza delle porzioni di contorno bagnato C1,C2 e C3: k eq k 1 C C1 C k2 2 k3 3 C C C Figura b Nel caso di sezioni con banchine, tipiche di alvei fluviali di pianura o di grandi canali, accanto al letto di magra, utilizzato per le portate minori e più frequenti, si affiancano zone di espansione laterali dette golene, contenute da arginature, spesso coltivate o coperte di alberi e destinate a contenere le portate derivanti dalla piena. Anche quando la scabrezza dell'alveo di magra è diversa da quella delle golene occorre valutare una scabrezza equivalente uniformemente distribuita su tutta la sezione. Seguendo il criterio di Horton, l'area viene suddivisa in N parti con scabrezza k i nota e perimetri bagnati R1, R2,....., Rn. (Figura c). Nell’ipotesi che la portata sia valutabile come somma delle portate defluenti nelle sottosezioni i, il coefficiente di scabrezza equivalente diviene: k eq R2 / 3 n C i k1,5 1 i 2 /3 Quando l’altezza h supera la quota delle golene, ad un minimo incremento del tirante idrico corrisponde un modesto aumento della sezione bagnata e una crescita rilevante del contorno bagnato con una conseguente forte riduzione del raggio idraulico e quindi della portata esitata (Figura c) Figura c La scala delle portate presenterebbe una discontinuità priva di significato fisico in quanto la portata Q è sempre crescente con il tirante h. Pertanto in questo caso, la portata Q viene stimata come somma dei contributi correlati all’alveo di magra ed alle aree golenali esondate. Questa suddivisione, illustrata nella Figura c, evidenzia le varie aree bagnate i definite dalle verticali che originano nel punto in cui la savanella si evidenza dalla restante parte della sezione. 66 6. Annali Idrologici – Parte Seconda La raccolta delle osservazioni delle altezze idrometriche e delle correlate portate esitate dai corsi d'acqua in determinate sezioni ed una loro prima elaborazione viene effettuata dagli Uffici Idrografici e pubblicati negli Annali Idrologici Parte Seconda, suddivisa in quattro sezioni: A,B,C e D. Elementi di Idrologia 67 68 Tabella a Elementi di Idrologia 69 Con cadenza decennale vengono riassunti i valori medi mensili delle portate ed i valori della portata massima annua al colmo e giornaliera dati molto importanti per i successivi metodi di stima delle portate di massima piena al colmo [ad esempio Tabella b]. Tabella b La terza ed ultima parte attiene alla Mareografia. 70 7. Idrometria 7.1. Misure dei livelli idrici Anticamente la misura della profondità di una corrente veniva stimata con un’asta graduate in legno che veniva immersa nell’acqua fino a toccare il fondo. Da questo semplice sistema di misura derivano gli Idrometri L'osservazione dei livelli viene eseguita, in particolari sezioni di riferimento (Figura 1), con aste, generalmente in metallo graduate in centimetri poste verticali (Figura 2) o inclinate secondo la scarpata (Figura 3).; in questo caso, anticamente, le quote erano evidenziate da cippi in pietra Figura 1. Sezione idrometrica Le aste idrometriche consentono la determinazione diretta del livello della superficie libera, su una scala graduata, a partire da uno zero di riferimento, che può essere rappresentato dal fondo del canale, dal livello di massima magra o dal livello di guardia. La grandezza osservata sull'idrometro in corrispondenza della superficie libera è l’altezza idrometrica. Figura 2 Figura 3 Nelle stazioni di osservazione è spesso installato anche un idrometro registratore, idrometrografo con il quale si ottiene l’andamento dei livelli del corso d’acqua in funzione del tempo. Gli spostamenti verticali di un galleggiante posto entro un tubo immerso nella corrente in posizione verticale sono trasmessi a mezzo di cavo flessibile ad una puleggia (un contrappeso equilibra, attraverso un Elementi di Idrologia 71 sistema di pulegge riduttrici il peso del galleggiante), che tramite un dispositivo riduttore muove una punta scrivente poggiata su un tamburo che viene fatto ruotare a velocità angolare costante da un congegno ad orologeria (Figura 4). Figura 4 Attualmente si tende a sostituire tale dispositivo con un misuratore ad ultrasuoni posto in aria, per esempio a sbalzo da un ponte, e con nessun organo immerso in acqua.(Figura 5) Figura 5. Idrometrografo con misuratore ad ultrasuoni Risulta quindi di più facile controllo e non è interessato dalla corrente idrica evitando il pericolo di essere danneggiato durante le piene. Al fine di pervenire al tracciamento dei livelli superficiali del corso d'acqua dotato di stazioni di osservazione è necessario determinare per ogni strumento la quota (m s.m.) dello zero idrometrico origine graduazione dell'asta. Generalmente questi strumenti trovano collocazione su ponti o passerelle (Figura 6). La lettura nelle stazioni del Servizio Idrografico Italiano viene eseguita giornalmente alla ore 12. 72 Nei periodi di piena vengono eseguite letture più volte al giorno. Figura 6 Antica scala idrometrica della Senna rilevata sotto il ponte della Tournelle a Parigi 7.2.Misura di velocità a. Velocità superficiale: si effettua con l'impiego di galleggianti rilevando il tempo di percorrenza in un tronco di canale o corso d'acqua rettilineo delimitato da traguardi. Data l’incertezza del metodo è consigliabile eseguire più rilevazioni. Mediamente il valore del rapporto tra velocità media nella V sezione V e velocità massima V rilevata dal galleggiante risulta: 0,7 0,8 . Si ricorre spesso V V 14 1 all'impiego della relazione formulata da Bazin e valida per canali regolari, con coef V ficiente di resistenza funzione della scabrezza e delle forma della sezione. Elementi di Idrologia 73 b. Velocità puntuale Mulinello : strumento realizzato da un’elica montata, su un asse orizzontale, messa in rotazione dalla corrente (Figura 7). Ad un numero dei giri N dell’elica in un determinato tempo t [secondi] corrisponde un valore della velocità V= N t Figura 7. Mulinello idrometrico o correntometro Pertanto è possibile, con ripetute prove di laboratorio, definire una funzione di taratura dello strumento, chiamata comunemente curva caratteristica del mulinello, del tipo : V x y N con V = velocità ; N = numero di giri ; x ed y costanti strumentali da ridefinire periodicamente con opportune tarature dello strumento. L’apparecchiatura va immersa in acqua in una posizione nota della sezione di misura, il mulinello si orienterà, per mezzo di un piccolo timone, secondo la direzione della corrente(Figura 8). Figura 8. Mulinello con massa stabilizzante e timone Vecchi strumenti erano dotati di una funicella che nella posizione tesa ingranavano l’elica sullo strumento mentre, una volta rilasciata, la liberavano dalla misura. In questo modo era possibile rilevare il numero di giri in un tempo ben definito (Figura 9). Attualmente l’attacco e lo stacco dello strumento dai dispositivi di misura avviene per mezzo di circuiti digitali i quali indicano automaticamente, dopo un prestabilito numero di giri, il valore della velocità puntuale misurata. Figura 9. Mulinello trainato da galleggiante Generalmente il rilievo delle velocità, in una determinata sezione, viene effettuato su più verticali in diversi punti di una stessa verticale. Come rilevabile dalla Figura 10, che riproduce il diagramma 74 delle velocità lungo una verticale, il valore della velocità massima risulta di poco inferiore alla superficie mentre la velocità minima, causa la scabrezza, è prossima al fondo. Figura 10 Generalmente il rapporto tra velocità media Vm e velocità superficiale Vs è circa 0,8 0,9 ad una profondità di circa 0,65 h, valore che tende a ridursi a 0,58 h per canali molto larghi per i quali velocità locali sono simili alla Vm. La velocità di fondo Vf risulta circa 0,6 0,8 di Vm Rilevati ed annotati in Tabelle, per un determinato numero di punti, (Figura 11) i valori di velocità consentono di tracciare le Isotachie o curve ad uguale valore di velocità. Figura 11. Tabella per la valutazione dei valori di velocità puntuali Queste danno una rappresentazione visiva della distribuzione della velocità all’interno della sezione bagnata. Elementi di Idrologia 75 Figura 12 . Rappresentazione delle velocità - Isotachie In piccoli e medi corsi d'acqua la misura può essere eseguita da una passerella o da un pontone con il mulinello fissato ad una asta o da riva tramite teleferica (Figure 13) direttamente con un naante (figura 14). Per sensibili distanze ed altezze , causa le difficoltà di operare col primo sistema, si eseguono le misure col mulinello sospeso e manovrato da una postazione sospesa o sostenute da un ponte (Figura 15). Figura 13. Installazione sospesa di un mulinello Figura 14 76 Figura 15 7.3. Valutazione della portata a. Metodo del solido della portata Poiché la portata è il prodotto di una velocità per un'area, il problema potrebbe apparire semplificato, qualora, nota la velocità, la sezione sia geometricamente definita. In realtà, causa l'attrito tra il liquido e le pareti, la velocità non è costante in tutti i punti di una sezione normale alla corrente, inoltre altri fattori, quali la scabrezza delle pareti, la viscosità del liquido, la temperatura, ecc., possono modificare la distribuzione trasversale della velocità. Sia A la sezione di un canale ortogonale alla direzione del flusso. Dalla conoscenza della distribuzione della velocità nella sezione si risale alla stima della portata tramite la relazione: Q A VdA Questo integrale può essere risolto una volta tracciate, come visto precedentemente, le isotachie: dA risulta l’area compresa tra due curve V il valore medio delle velocità indicata dalle due curve b. Ricorso alla scala di deflusso della sezione di misura La scala di deflusso sia nella sua espressione analitica Q k R 2 / 3 i1 / 2 [2] che grafica : Elementi di Idrologia 77 rappresenta uno "strumento" valido nella stima della portata di un corso d'acqua quando, in una sezione geometricamente definita, sia possibile stabilire una funzione univoca tra tirante letto all'idrometro e portata defluente, assumendo un valore del coefficiente di scabrezza k certo e stabile nel tempo . Pertanto su un tronco di corrente, in regime di moto permanente a cavallo della sezione da strumentare, la perdita di carico H tra due sezioni distanti s è derivabile dalla soluzione per via numerica dall’equazione della conservazione della quantità di moto : 2 z1 h1 Posto : z2 z1 Hz , h2 h1 Hh , V 2 s V 2 V12 V z 2 h2 2 2g 2g 2g 8g R 2 V12 V2 HV , 2g 2g R [3] R1 R 2 s V 2 , H 2 8g R perdita di 2 carico ripartita, H V 2g perdite di carico localizzate per variazione sia delle sezioni trasver- sali e sia dell’andamento planimetrico, la [3] può essere scritta in forma compatta: [3'] Hz Hh HV H H 0 Esplicitato il coefficiente della formula di Chèzy secondo Strickler si ha indicato con i pedici 1 e 2 le grandezze relative possono essere calcolati, per varie portate, k R1 / 6 ; alle sezioni estreme di misura a monte e valle i valori di J, e la media dei valori k secondo l’espressione: k V22 1 V12 2 J R 1,33 R 1,33 2 1 [4] Per tutto ciò la validità della [2] è condizionata nell'invariabilità delle geometria della sezione di misura e dal coefficiente di scabrezza k. Qualsiasi variazione rende necessario la rielaborazione di una nuova scala di deflusso. 78 8. Utilizzo dei dati sulle portate Come detto, le osservazioni cronologiche delle portate Q giornaliere sono raccolte annualmente , per ogni stazione, nella Parte II degli Annali Idrologici. Nella Tabella I sono riportati i valori relativi alle portate del Fiume Aterno-Pescara nella Stazione di santa Teresa per l’anno 1992 Tabella I Ordinando , in senso cronologico, i valori delle portate è possibile costruire l’idrogramma Q(t) di Figura 1. Figura 1. Diagramma cronologico delle portate del fiume Aterno-Pescara a S.Teresa Un’altra rappresentazione delle portate verificatesi durante un dato periodo (ad esempio un anno) si ottiene graduando in senso decrescente i valori delle portate anziché disporle secondo una logica cronologia. Si ottiene così il diagramma o Curva di Durata (Figure 2 e 3). Un generico valore di portata q identifica un correlato valore di durata per la quale si è verificata la stessa portata o una superiore L’area racchiusa dalla curva e dagli assi coordinati rappresenta il volume defluito, nella sezione di Elementi di Idrologia 79 misura, nell’anno; tale valore diviso per il numero dei giorni fornisce la Q med, portata media annua; la portata Qmin è perenne, avendo durata 365 giorni; portate maggiori sono temporanee o stagionali. Figura 2. Curva di durata di un corso d’acqua Vengono individuate portate caratteristiche con durate: 9 mesi : Portata di magra ordinaria, 6 mesi : Portata mediana o semipermanente ,3 mesi : Portata di piena ordinaria. Figura 3. Curva di durata del fiume Aterno Pescara a S.Teresa (1992) Avendo a disposizione una serie sufficientemente estesa di anni, al fine di poter formulare previsioni sull’andamento delle portate, si fa riferimento all’Anno Medio assumendo per varie durate la media dei valori delle portate disponibili . Tali valori, riportati nella Tabella in basso a sinistra della pagina dell’Annale riprodotta a pagina 24 , consentono di tracciare la curva di durata ridotta delle portate del fiume Aterno nel periodo 1951-1965 (Figura 4) Figura 4. Curva di durata del fiume Aterno Pescara a S. Teresa (1922-191) 80 NOTA 1 In alcuni testi si perviene alla curva di durata attraverso la costruzione dell’Istogramma delle Frequenze, quale rappresentazione statistica di serie di dati. Distinguendo tra grandezze: Estensive: forniscono indicazioni di tipo qualitativo di un evento idrologico che può essere classificato in funzione del numero di volte che, in un generico periodo di osservazione, si è presentata una certa modalità ( ad esempio il numero di giorni piovosi in un mese); Intensive: misurano quantitativamente il carattere di un fenomeno idrologico suddiviso in classi di intensità prestabilite ( ad esempio quante volte in un mese una precipitazione ha avuto un’altezza di pioggia compresa tra 10 e 20 mm). L’insieme delle intensità rilevate di una grandezza in funzione dei tempi di osservazione rappresenta una serie statistica e se i termini della serie sono disposti in ordine cronologico si ha una successione naturale ( ad esempio l’idrogramma di Figura 60) . La serie statistica può essere classificata suddividendola in classi di intensità delimitate da preordinati valori estremi con la convenzione che ogni classe comprende i valori coincidenti con l’estremo inferiore ed esclude, quindi, quelli coincidenti con l’estremo superiore . Pertanto occorre definire: 1. l’ampiezza della classe differenza tra i valori estremi 2. valore centrale della classe media aritmetica dei valori estremi 3. intervallo tra due classi contigue differenza tra i valori centrali 4. frequenza numero di volte che il carattere del fenomeno si è presentato all’interno di una classe . Il valore centrale della classe al quale fa riferimento la maggiore frequenza è detto Norma o Moda. Generalmente la rappresentazione grafica dell’Istogramma delle Frequenze (Figura a) riporta sull’asse delle ascisse i valori della grandezza suddivisi in classi e sulle ordinate le frequenze, mentre, nella rappresentazione statistica di un fenomeno idrologico è consuetudine ruotare gli assi (Figura b). Ordinando in senso decrescente i termini della serie (portate) con le relative durate (giorni) si perviene alla costruzione della Curva delle durate. Figura a Figura b Esempio 6 . Curva di durata ed istogramma delle frequenze Ordinando in senso decrescente valori delle portate della Tabella I e suddividendo in classi di intensità di 25 m3/s ( 0÷25 ; 25÷50; 50÷75 , eccc) vengono contati i numeri di volte che il valore della portata è presente all'interno di una classe (Tabella a e Tabella b) Elementi di Idrologia 81 Tabella a 594,08 53,82 40,80 37,83 37,16 36,30 34,55 33,15 32,45 30,12 28,51 26,61 429,71 53,82 40,14 37,83 37,16 36,30 34,55 33,15 32,10 30,12 28,51 26,52 139,53 53,51 40,14 37,83 37,16 36,10 34,41 33,15 32,10 30,12 28,22 26,48 131,21 51,87 40,14 37,83 36,90 36,00 34,20 33,15 32,10 30,08 28,22 26,48 116,44 51,73 39,93 37,83 36,90 36,00 34,20 33,15 32,10 29,79 28,22 26,48 104,96 49,50 39,93 37,83 36,90 36,00 34,20 33,15 31,78 29,79 28,22 26,48 91,63 87,35 84,20 80,11 77,95 75,35 71,53 70,84 69,91 69,35 68,85 64,75 64,26 63,99 60,06 59,32 59,02 58,74 57,24 49,24 48,55 48,55 48,28 48,07 48,00 47,12 46,65 46,17 45,78 45,78 45,49 45,41 44,27 43,80 43,25 42,55 42,55 42,51 39,81 39,81 39,48 39,48 39,48 39,26 39,15 39,15 39,15 39,11 38,82 38,82 38,82 38,82 38,49 38,49 38,49 38,33 38,33 37,83 37,83 37,83 37,83 37,74 37,55 37,55 37,50 37,50 37,50 37,50 37,50 37,50 37,50 37,20 37,20 37,20 37,20 37,20 36,90 36,90 36,90 36,90 36,90 36,90 36,90 36,90 36,90 36,90 36,90 36,90 36,90 36,90 36,90 36,90 36,90 36,87 36,85 35,99 35,99 35,98 35,70 35,60 35,60 35,60 35,25 35,25 35,25 35,25 35,25 35,25 35,25 35,25 35,25 35,17 34,90 34,90 34,20 34,20 34,20 33,85 33,85 33,59 33,50 33,50 33,50 33,50 33,50 33,50 33,50 33,50 33,50 33,50 33,50 33,15 33,15 33,15 33,15 33,15 32,96 32,80 32,80 32,80 32,80 32,80 32,80 32,80 32,80 32,80 32,80 32,80 32,80 32,80 32,77 32,74 31,77 31,77 31,77 31,77 31,77 31,67 31,44 31,44 31,44 31,38 31,11 31,11 31,11 31,11 31,11 31,11 31,11 31,11 30,78 29,79 29,79 29,79 29,74 29,57 29,46 29,46 29,46 29,46 29,46 29,46 29,46 29,13 29,13 29,13 29,13 29,13 29,13 28,80 28,22 28,22 28,22 28,22 27,93 27,93 27,93 27,93 27,64 27,64 27,37 27,35 27,06 27,06 27,06 27,06 27,06 27,06 27,06 56,78 56,78 56,40 55,90 54,96 54,34 42,51 42,08 41,85 41,65 41,15 41,15 38,16 38,16 38,16 38,13 37,94 37,83 37,20 37,20 37,20 37,20 37,20 37,20 36,77 36,77 36,77 36,60 36,38 36,37 34,90 34,90 34,90 34,90 34,55 34,55 33,15 33,15 33,15 33,15 33,15 33,15 32,45 32,45 32,45 32,45 32,45 32,45 30,78 30,74 30,66 30,45 30,45 30,12 28,80 28,80 28,80 28,80 28,51 28,51 27,06 26,77 26,77 26,77 26,77 26,77 Tabella b 82 26,48 26,48 26,48 26,48 26,48 26,47 26,19 26,19 26,19 26,19 26,19 26,19 26,19 26,19 26,19 26,19 25,90 25,90 25,36 Diagrammando i dati della colonna [2] e la colonna Durate si realizza la Curva di Durata. (Figura c) Figura c NOTA 2 Si riporta, a titolo di esempio, la serie di valori di portate misurate nella stazione idrometrografica di Candeloro (Puglia). Come si evince dai dati di Tabella, dal diagramma cronologico e dalla curva di durata (Figura e) alcuni giorni dell'anno la sezione ha portata nulla , caratteristica di un regime torrentizio. Elementi di Idrologia 83 Figura e. Torrente Candeloro: diagramma cronologico e curva di durata delle portate 84 9. Curva di utilizzazione – Portata massima derivabile Dalle curve di durata possono trarsi immediatamente indicazioni sulle prospettive economiche connesse con il dimensionamento di un impianto, poiché è evidente che opere di utilizzazione commisurate alla portata massima non farebbero, probabilmente, temere periodi di insufficienza, ma sarebbero scarsamente utilizzate per notevole parte dell’anno, mentre opere commisurate ad una ragionevolmente minore derivazione verrebbero sfruttate a pieno carico per un tempo maggiore. Più precisamente, per una data portata massima derivabile Qi (Figura 1), il volume prelevato nell’anno è dato dall’area tratteggiata compresa fra l’ordinata Qi, la parte di curva di durata che resta ai di sotto di tale ordinata e gli assi. La retta di compenso di tale parte del diagramma avrà ordinata corrispondente alla erogazione a portata costante nell’anno dell’anzidetto volume. Ad un valore di portata massima derivabile pari alla Qmin il volume prelevato durante l’anno risulta pari all’area tratteggiata [Oabc]. La retta di compenso, corrispondente al valore dell’erogazione a portata costante nell’anno, del predetto volume ha valore Q min = q min ( a questa condizione corrisponde una portata utilizzabile coincidente con la portata disponibile. L’utilità pratica delle curve di durata deriva dall’osservazione che non torna utile limitare l’utilizzazione alle sole portate perenni o di magra bensì conviene elevare alquanto l’utilizzazione a portate maggiori o stagionali. Queste ultime sono disponibili solo per certi periodi dell’anno al di fuori dei quali è evidente un’insufficienza dell’utilizzazione. Figura 1 . Costruzione della Curva di Utilizzazione o degli Industriali Aumentando la Portata derivabile al valore Q1 il volume disponibile è rappresentato dall’area [0debc] con ordinata della retta di compenso q 1 : in questo caso la portata utilizzabile è inferiore portata disponibile. Correlando a valori di portate derivabili Qi corrispondenti valori delle portate q iu si ottiene il diagramma qu (Q) detto Curva di Utilizzazione o Curva delle Portate Medie Industriali. Questa presenta un ramo iniziale a 45° fin tanto che q i Qmin (volume medie utilizzabili derivabile volume disponibile). Aumentando la portata Qi cresce, ma molto più lentamente, la q iu fino al raggiungere, come valore massimo, la qmed in corrispondenza della Qmax. Associando alle portate derivabili Qi i costi dell’impianto ed alle portate utilizzabili i correlati ricavi si evince che questi ultimi si incrementano in modo notevolmente inferiore rispetto ai primi. E’ consuetudine fissare il limite di convenienza economica in corrispondenza del ginocchio della curva. Elementi di Idrologia 85 Figura 2. Curva di utilizzazione E‘ da osservare che la curva di durata e la cura di utilizzazione, se forniscono il periodo di tempo nel quale l’impianto può funzionare a pieno carico ed il correlativo volume utilizzabile, non possono dare nessuna indicazione sul come le portate derivabili si distribuiscono nel corso dell’anno, elemento che potrà desumersi solo dall’esame del regime del corso d’acqua. Esempio 7. Curva di utilizzazione di un corso d’acqua Data la serie cronologica delle portate del Fiume Volturno nella stazione idrometrica di Amorosi, tracciare l’istogramma delle Frequenze, la Curva di Durata e la Curva di Utilizzazione. Con i dati contenuti nella Tabella e possibile disegnare l’idrogramma di Figura a: 86 Figura a Inoltre evidenziate la portata massima e minima si individuano classi di intensità di ampiezza 12 m3/s. Si conta, per ogni classe di intensità, il n° di volte che il valore di una portata media giornaliera ricade all’interno di una classe. Ordinando in senso decrescente i dati delle colonne Durate si realizza la Curva di Durata con la retta interpolatrice pari alla Portata Media dell’anno . (Figura b) Per la costruzione della curva di Utilizzazione , disponendo di periodi di osservazioni medio-lunghi e volendo formulare delle previsioni sulle disponibilità idriche, ci si riferisce ad una curva di durata semplificata secondo i dati riportati nella tabella, DURATA DELLE PORTATE, in basso a sinistra della pagina dell’Annale Idrologico, correlando a determinate durate (giorni) i valori delle massime portate medie nel periodo di osservazione. Figura c . Curve delle durate Dalla Curva di Durata precedente si deduce la Curva di Utilizzazione Elementi di Idrologia 87 88