L`agente speciale Hector, la vera storia di Tito Bravo Re
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L`agente speciale Hector, la vera storia di Tito Bravo Re
PER SAPERNE DI PIÙ @ www.casinolugano.ch www4.ti.ch www.giustiziacampania.it IL CAFFÈ 11 novembre 2012 C1ATTUALITÀ 7 Il caso L’agente speciale Hector, la vera storia di Tito Bravo Re della movida luganese L’inquietante passato del protagonista dello scandalo del Nyx GLI ARRESTI LE ACCUSE LE INDAGINI LA POLITICA Il 17 ottobre la polizia si presenta al Nyx, poco dopo la Procura comunica l’arresto di Tito Bravo e di Paolo Guarnieri Le indagini della Procura scoprono che al Nyx venivano truccati anche i bilanci e che parte degli incassi erano in nero A carico dei due una sfilza di reati: dalla truffa alla bancarotta, dalla frode fiscale al sequestro di persona e alle lesioni Il vertice del Casinò è travolto dalle polemiche per l’ennesimo scandalo e per la nuova inchiesta giudiziaria I fatti LIBERO D’AGOSTINO Col Nyx era convinto di aver fatto il gran salto. Nonostante i debiti, i precetti esecutivi e gli attestati di carenza beni, a 45 anni Hector Moron Bravo, meglio conosciuto come Tito, pensava di essersi sistemato per sempre con la discoteca del Casinò. Per lui era stata l’investitura ufficiale a “re della movida luganese”. La tappa finale di una carriera cominciata anni addietro tra locali di terzo ordine, da profugo peruviano con alle spalle un movimentato passato di agente speciale, probabilmente impegnato nel suo Paese in operazioni antiguerriglia. Tante le voci, pochi i fatti certi su Tito. Il personaggio resta misterioso. Anche dopo il grande clamore seguito al suo arresto, assieme al suo socio Paolo Guarnieri, consulente marketing del Casinò, per una lunga sfilza di reati; dalla truffa alla bancarotta fraudolenta, dalla frode fiscale al sequestro di persona e alle lesioni gravi. “Chiacchierato”, si diceva di lui in città. Cosa di preciso ci fosse dietro queste chiacchiere su Tito, che comunque era incensurato, non è mai stato detto né scritto. Certa è, invece, la sua ascesa nel mondo della notte: Madai, Tito’s, Palace, Privilege, Pacha e infine il Nyx, i locali con cui aveva rivoluzionato la vita notturna luganese. Che in questa scalata abbia dovuto tenere testa a bulli e piantagrane di ogni genere, per Hector Moron Bravo non era un problema. Né era un problema per lui il fatto che la polizia, dal 2004 al 2007, una notte sì e l’altra pure, dovesse intervenire nelle sue discoteche. Tito era abituato a ben altro. L’inchiesta LA VILLA L’ingresso, con il garage, della villa di Tito Bravo sulla strada tra Comano e Canobbio “In Perù, aveva fatto parte di un corpo speciale delle forze dell’ordine impegnato in operazioni antiguerriglia contro il movimento di Sendero Luminoso, l’organizzazione rivoluzionaria d’ispirazione maoista che aveva scatenato la lotta armata nel Paese”, dice una fonte del Caffè. Un passato confermato anche da uno dei suoi più fedeli “buttafuori”, che in tutti questi anni ha lavorato nelle discoteche di Tito: “Solo alcuni di noi sapevano di questo suo passato - racconta -, ma proprio per questo lo guardavamo ancora con più rispetto. Di sicuro, non era uno che si lasciava intimidire facilmente. Da quello che LA RISTRUTTURAZIONE so, tra quelle persone che sarebbero state È il costo dei lavori per picchiate e rinchiuse in uno sgabuzzino ristrutturare il Nyx 1,5 milioni “Prima di arrivare a Lugano, in Perù ha fatto parte di un corpo militare impegnato nelle operazioni anti guerriglia contro le forze di Sendero Luminoso” 2milioni del Nyx, c’era pure qualcuno che avrebbe osato chiedere il pizzo a Tito”. Qualche testa calda, insomma, che avrebbe cercato di estorcergli del denaro. Sul re della notte inevitabili le ombre della notte. Nei giorni seguenti all’arresto di Moron Bravo si sono accavallate le voci sul suo IL NERO conto, chiacchiere su un personaggio già La cifra a cui ammonterebbero chiacchierato, ma dalla fedina penale pu- gli incassi in nero de Nyx lita. C’è chi lo voleva a tirare le fila di un traffico di droga, chi alla testa del business dei buttafuori di locali notturni e discoteche e addirittura anche chi lo dava come un informatore della polizia, almeno agli Ti-Press inizi della sua carriera di re delle discoteche luganesi. Solo voci però, chiacchiere senza niente di concreto, forse ispirate dalla fama stessa di Tito. Dal successo di un personaggio che a Lugano avrebbe cominciato lavorando in un locale notturno e, poi, improvvisarsi anche maestro di ballo latinoamericano, e che sino a poche settimane fa scorazzava in città alla guida di un enorme F 150, un gippone nero della Ford che non passava certo inosservato. Più concrete le testimonianze che emergono, invece, dal suo passato. “In Perù ha operato nelle zone in cui erano attivi i guerriglieri di Sendero Luminoso - precisa la fonte del Caffè – non saprei con quale incarico e quale grado, ma non era certamente un semplice poliziotto”. Difficile saperne di più sui trascorsi di militare antiguerriglia di Hector Moron Bravo. Chi sa tace, non si va al di là di qualche smozzicata, quanto inquietante confidenza. Una storia che, probabilmente, è stata per Tito una sorta di salvacondotto in Ticino. Che gli sarebbe pure valso, come si sussurra a Lugano, qualche occhio di riguardo in un’attività in cui è arrivato ad avere alle sue dipendenze un centinaio di persone e alla sua corte anche parecchi politici. Politici che qualche anno fa frequentavano feste sontuose nella sua villa e di cui in città si favoleggia ancora. E sì, non erano in pochi a frequentare quel villone in stile mediterraneo che dalla salita di Canobbio porta a Comano, davanti a cui sino a qualche giorno fa era ancora parcheggiato il mastodontico pick up nero. Politici che bazzicavano pure le sue disco- teche e che anche negli ultimi tempi non avevano nemmeno remore nel trattenersi con lui sotto le luci del Nyx. Una contiguità che, col senno di poi, ora a Lugano in molti prontamente giudicano equivoca, alla luce delle gravi accuse che hanno portato in carcere Hector Moron Bravo. Frequentazioni del tutto lecite dal profilo legale, ma forse poco opportune, per i vischiosi legami che inevitabilmente si vengono a creare. Eppure, era da anni che su Tito fioccavano precetti esecutivi non solo di privati, ma anche della Confederazione, del Cantone e qualcuno persino del comune di Canobbio. Debiti per centinaia di migliaia di franchi e una sfilza di attestati di carenza beni. Ben 41 esecuzioni in corso solo questa estate, mentre il primo precetto della Banca del Canton Lucerna risale a metà novembre del 2008, ossia quasi due anni prima dalla firma del contratto con cui il consiglio di amministrazione del Casinò gli affidava la gestione del Nyx. Ma per la vipperia luganese Tito era e restava il re delle discoteche, il gran cerimoniere di quella vita notturna che aveva ridestato la città dal suo provinciale torpore. Solo oggi ci si domanda se con l’ex agente speciale Hector Moron Bravo non si sia magari chiuso un occhio, per via delle sue relazioni e conoscenze. Soltanto adesso ci si chiede se qualcuno abbia mai fatto un controllo in quel giro vorticoso di locali, di affari e malaffare, di incassi in nero e di debiti, su cui in questi giorni sta cercando di fare luce l’inchiesta giudiziaria. [email protected] Per i magistrati italiani un imprenditore ticinese è al “vertice” di un vasto traffico di oggetti preziosi trasformati in lingotti Ogni membro dell’organizzazione aveva un ruolo preciso: c’era chi procurava l’oro, chi lo stoccava, chi lo portava in Ticino. E ognuno, al telefono, aveva un nomignolo per nascondere la vera identità. C’era Robespierre, c’era Bord, c’era il Rappresentante e poi c’era Monica, lo “spallone”. Ma in cima alla “piramide”, secondo gli inquirenti, c’era lui: Petrit Kamata, 64 anni, casa a Lugano e base operativa fra Genestrerio e Chiasso. Questo il quadro ricostruito dalla Guardia di finanza di Arezzo e Napoli, nell’ambito di un’operazione sull’asse fra Toscana, Campania e Ticino, che ha portato al sequestro di beni per 163 milioni di euro, a 259 perquisizioni, 500 conti bancari sequestrati e 118 Ti-Press Scovata tra Genestrerio e Chiasso la base del contrabbando d’oro LINGOTTI Anelli, bracciali e collane dall’Italia venivano portati in Ticino per essere trasformati in lingotti indagati, molti insospettabili orafi e pregiudicati. Tutti accusato di contrabbando e riciclaggio. Sui traffici fra i “comproro” solo pochi mesi fa Il Caffè aveva lanciato l’allarme, la Polizia cantonale aveva assicurato che il fenomeno era sotto controllo, ma che c’era il pericolo di possibili contaminazioni. Ed è quanto conferma l’inchiesta coordinata dal procuratore italiano Marco Dioni. La raccolta di catenine, anelli, collane e altri oggetti d’oro avveniva principalmente nei distretti orafi di Arezzo, Marcianise e Valenza. Il “prodotto” veniva poi acquistato con soldi che sarebbero arrivati dal Ticino, dove avveniva anche la trasformazione in lingotti. E a Chiasso, se- condo quanto riporta il quotidiano “La Provincia di Como”, a governare le operazioni ci sarebbe stato Petrit Kamata che in Svizzera tuttavia non risulterebbe indagato e che Il Caffè ha inutil- Solo nell’ultimo anno dalla dogana sono passati 4.500 chili di monili tra collane e anelli mente cercato di contattare. In pratica, secondo quanto avrebbero scoperto gli investigatori, l’organizzazione avrebbe avuto una struttura piramidale, con capi-area attivi nei distretti orafi che raccoglievano i preziosi da inviare in Ticino per la fusione. Solo nell’ultimo anno avrebbero passato la dogana 4.500 chili d’oro. Come sia avvenuto il trasporto, chi se ne è occupato, per ora non si sa. L’inchiesta va avanti. Ma il nome di Kamata e di una società di Chiasso che farebbe capo a lui erano già affiorati nell’ambito di un’altra inchiesta, stavolta della Procura di Como. Il magistrato Mariano Fadda tra il 2006 e il 2009 aveva scoperto un contrabbando in varie zone d’Italia che poi s’incanalava verso il Ticino. Sempre il nome di Kamata, è presente nella lista di presunti evasori fiscali italiani contenuta nel computer sequestrato a Malpensa all’avvocato ticinese Fabrizio Pessina. m.sp.