Metodo Carminati: pestato il finanziere che osava indagare
by user
Comments
Transcript
Metodo Carminati: pestato il finanziere che osava indagare
New York Times, Le Monde e Die Welt: non c’è angolo della politica italiana che non sia inquinato dalla mafia. Finalmente torniamo in prima pagina Sabato 13 dicembre 2014 – Anno 6 – n° 343 e 1,40 – Arretrati: e 2,00 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 ESPLODE LA SINISTRA Sciopero, la solita guerra dei dati: per Cgil e Uil è riuscito al 60%, Confindustria minimizza. Renzi dice “vi rispetto”, ma va avanti sulla sua strada . Nel Pd, però, lo scontro sembra insanabile. E perfino D’Alema si becca del ‘venduto’ nella sua Bari Cannavò e Zanca » pag. 2 - 3 “PAGLIACCIO, VATTENE” y(7HC0D7*KSTKKQ( +&!#!?!=!% D’Alema contestato ieri a Bari Ansa IL SINDACATO “POLETTI DIMETTITI” IL VESCOVO BREGANTINI Landini: “Noi uniamo il Paese, i politici no” GUERRA INTERNA “Napolitano sbaglia, eversivi sono i corrotti” » pag. 2 Uno degli slogan dello sciopero generale Ansa Conti e cene, i “pizzini” tra i Matteo boys e la ditta Amurri » pag. 5 Caporale » pag. 4 » MAFIA CAPITALE » Le botte, le minacce, gli affari Metodo Carminati: pestato il finanziere che osava indagare Il militare aveva fatto accertamenti fiscali su una società vicina alla coop di Buzzi. “Ti sgozzo”, “ti mando la carta d’identità al cimitero”: così “parla” la banda. Le pagelle del “Cecato”: “Bravi gli albanesi, male i Casamonica” Massari, Pacelli e Vecchi » pag. 6 - 7 - 8 Udi Bruno Tinti Udi Gian Carlo Caselli ALLA POLITICA SERVE IL MALAFFARE, PER NON SCOMPARIRE CI VORREBBE LO STESSO SPIRITO DI MANI PULITE » pag. 18 MITI INFRANTI CONFINI DELLA REALTÀ TRAPPOLE DI NATALE » MICHEL DU CILLE Il fotoreporter da Pulitzer muore fotografando Ebola Il tramonto del Che: suo figlio vende i tour della motocicletta Vitaliano » pag. 12 Il veto garantista contro la fiction sulla clinica del Dottor Morte Disegni e Valdambrini » pag. 13 » pag. 18 Pagani » pag. 14 Impacchettare i regali? Ci vuole il corso (bufala) di formazione Ingrosso » pag. 11 LA CATTIVERIA L’ex nuotatrice Manadou arrestata per furto a Eurodisney. Ha proprio toccato il mezzofondo » www.forum.spinoza.it Presunti indecenti di Marco Travaglio maggio, nel suo forum con Il Fatto, Matteo A Renzi rispose sui quattro inquisiti del Pd promossi sottosegretari e su quelli candidati al Parlamento europeo: “Per me, finché non sei condannato, sei innocente. Io sono su posizioni diametralmente opposte a voi. Non cambierò mai idea su una persona in base a un avviso di garanzia. Difendo la presunzione di non colpevolezza, in questo sono più fedele alla Costituzione di voi. Poi, se uno è condannato, se ne va”. Ora, dinanzi allo scandalo Mafia Capitale, che aggiunge mafiosi, terroristi neri, cravattari, spacciatori, professionisti della violenza alla formazione-tipo del malaffare, il premier sembra vacillare. È troppo presuntuoso per ammetterlo, ma basta sentirlo parlare: “Fuori i ladri dalla politica” è una frase che, alla luce della presunzione di non colpevolezza come la intende lui, pare un tantino azzardata. Andrebbe pronunciata fra una decina d’anni (se basteranno), dopo la Cassazione: ora siamo appena agli avvisi di garanzia e alle misure cautelari, neppure ancora confermate dal Riesame. Eppure Renzi legge le carte con le intercettazioni e dice “ladri”. Come qualunque cittadino dotato di media intelligenza. Poi però si ricorda delle sue interviste e dei suoi inquisiti (a cui si sono aggiunti il neogovernatore Bonaccini e diversi neoconsiglieri emiliani e calabresi) e mette una toppa peggiore del buco: “Subito i processi”. Pura propaganda, con un’indagine così complessa ancora in corso e con un sistema farraginoso come il nostro. Ma anche una resa incondizionata al potere giudiziario di un presunto primatista della politica: come se non bastasse quel che emerge dalle intercettazioni per farsi un’idea di certi politici e decidere di conseguenza (politicamente, non giudiziariamente). Non c’è niente da fare: pare proprio che nemmeno un premier giovane e sveglio come lui riesca a divincolarsi dalle fumisterie e dalle tartuferie della vecchia politica, che da sempre usa la presunzione d’innocenza come l’ultimo rifugio delle canaglie: un gargarismo utilissimo per buttare la palla in tribuna e sfuggire fino alle calende greche alle proprie responsabilità dinanzi alle indecenze emerse da questa o quell’indagine. Se un politico o un pubblico amministratore è indagato perché filmato o intercettato o immortalato da una contabile bancaria a incassare mazzette, non dev’essere dimissionato perché è indagato, ma per i fatti gravi che lo rendono un potenziale, probabile corrotto. Magari quei fatti, al terzo grado di giudizio, non basteranno per condannarlo. Oppure la mannaia della prescrizione calerà prima. Ma è giusto che la soglia probatoria richiesta per mandarlo in galera sia molto più alta di quella necessaria per lasciarlo a casa. Altrimenti, siccome Carminati, Buzzi e pure la mamma di Loris sono solo indagati dunque innocenti, perché non portiamo al governo o in Parlamento anche loro, poi quando arriva la Cassazione ne riparliamo? Viceversa: se, per assurdo, 10 o 20 anni fa un leader di sinistra avesse fatto quel che abbiamo fatto noi, cioè avesse letto le carte, guardato i fatti e poi chiamato “delinquenti” Berlusconi, Previti e Dell’Utri senz’aspettare la Cassazione (oggi son buoni tutti), si sarebbe beccato anche lui decine di querele e cause civili, e da allora sarebbe imputato a vita per diffamazione: ma avrebbe migliorato la propria reputazione e nessuno si sarebbe mai sognato di chiederne le dimissioni. Un politico vero, per dare un giudizio e prendere una decisione (subito, non dopo la Cassazione), non guarda i registri degli indagati e i dispositivi delle sentenze: legge gli atti, valuta i fatti e poi decide se i protagonisti sono degni di restare al loro posto o meno. Se poi proprio non capisce, chieda una consulenza ad Antonio Mancini, il pentito della Magliana intervistato dal Fatto e da Announo. L’altroieri Mancini ricordava che Carminati era imputato a Perugia con Andreotti per il delitto Pecorelli. Sandro Ruotolo obiettava: “Ma poi la Cassazione li ha assolti”. E Mancini: “Sapesse quante volte hanno assolto me!”. Un genio. 2 PEZZI DI SINISTRA SABATO 13 DICEMBRE 2014 LI francesi: a stampa estera “Gauche contre gauche” ITALIA, sinistra contro sinistra” è il titolo di apertura dello storico quotidiano della sinistra francese Libération che ha dedicato la copertina allo sciopero generale indetto in Italia da Cgil e Uil contro il Jobs Act e la legge di stabilità all’esame del governo. Un’altra frase della copertina spiega che Matteo Renzi rappresenta per i sindacati “una sinistra più liberale che sociale. Le sigle sindacali sono colpevoli ai suoi occhi di bloccare il paese e la sua operazione di rottamazione del vecchio sistema italiano”. Le Figaro, rende omaggio alle riforme del Premier e al Jobs Act titolando: “Le- il Fatto Quotidiano zione d'italiano”. Secondo il quotidiano il governo “rivoluzionerà il mercato del lavoro”. Lo sciopero generale in Italia conquista anche la prima pagina di Le Monde. “Divorzio all'italiana tra Renzi e i sindacati” è il titolo, che ricorda come “La Renzimania” sia stata “di breve durata”. D’ALEMA, FISCHI E INSULTI BARI LO CACCIA DALLA PIAZZA “VENDUTO”, “LURIDO”, “PAGLIACCIO”: I 350 METRI PIÙ LUNGHI DEL LÍDER MÁXIMO di Paola Zanca M assimo, cammina”. Il consiglio non richiesto si sente a malapena, in mezzo alla bolgia in cui sta sfilando Massimo D’Alema. Siamo a Bari, Regione Puglia, la stessa di Gallipoli, storico feudo del consenso dalemiano. Eppure alla fine dell’anno 2014 qui, per D’Alema, dei feudi e dei consensi non è rimasta nemmeno l’ombra. C'è un’unica mano, avambraccio vestito di felpa blu, che si allunga per stringere quella di colui che fu tra gli uomini più in vista della sinistra italiana. Poi, in due minuti e mezzo di camminata a passo lento, sono solo fischi e insulti. Si vedono alcune sparute bandiere azzurre della Uil. Ma intorno è tutto rosso. Sventolano le bandiere della Fiom e della Cgil. E lui può solo mordicchiare il dito medio, sistemare l'occhiale, arricciare il baffetto per sfogare il nervosismo dei 350 metri più imbarazzanti della sua vita. “Basta rubare”, “Vai via”, “Pezzi di merda”. Usano il plurale, sono fischi rivolti all'intera categoria. “Venduto”, “Siete dei porci”. Lo scortano un paio di persone, strette ai suoi fianchi nel tentativo, vano, di proteggerlo dall'ignominia. Ma non c’è bisogno di avvicinarsi per buttarlo a terra. Dietro Il segretario Fiom ci sono altre persone che si muovono con lui. “Massimo, cammina”, gli suggeriscono. “Fermati!”, urla invece uno dei contestatori. “Bastardi”, si sente ancora. Poi, arrivati all’altezza di piazza Massari, uno degli uomini che lo accompagna è costretto ad abbassare la testa. Hanno lanciato qualcosa, invisibile a occhio nudo, pare sia terriccio. “Ci avete lasciato nella merda”, “Vergognatevi”, “Lurido”. I suoi hanno accelerato il passo. D'Alema invece rallenta, gira la testa indietro, e di nuovo l'uomo che sta alle sue spalle, lo spinge dolcemente come a dirgli ancora: “Massimo, cammina”. Non gli resta che rifugiarsi nel telefonino. Armeggia sulla tastiera mentre ancora urlano: “Siete quelli che hanno affondato l'Italia”. “Pagliaccio”, “Noi ci dobbiamo fare un culo così per arrivare a fine mese”, “Ci hai condannato a morte, bastardo”. ALLE 16.22, Alternativa co- munista batte un comunicato: “Siamo stati noi”. Magari, direbbe D'Alema. Perché il dato più sconcertante di quei due minuti e mezzo di passeggiata barese è proprio la folla di lavoratori, circondata dalle pettorine del servizio d'ordine del sindacato, che si rivolta contro uno che, fino a qualche tempo fa, sarebbe stato fermato quantomeno SCORTATO Massimo D’Alema ha sfilato per le strade di Bari. Durissima contestazione dei lavoratori. Al lato la protesta contro Bettino Craxi nel 1993 Ansa BANDIERE ROSSE I cori dei lavoratori Il Pd Paolucci: “Disturbatori” L’ex braccio destro Velardi: “Chi semina vento...” per farsi un selfie. In quei trecentocinquanta metri tra la piazza dove si stava tenendo il comizio per lo sciopero generale e l'hotel dove era diretto D'Alema, si consuma l'ultimo atto della sua carriera politica. Prima prova a parare il colpo: “Veramente ero andato a trovare il sindaco di Bari e, uscendo dal comune, mi sono infilato in mezzo all’Ugl ma non mi ero reso conto precisamente”. Poi è costretto a raddrizzare il tiro: “I lavoratori sono in piazza per chiedere un maggiore impegno per il lavoro, per lo sviluppo, e questo mi pare comprensibile – dice – C'è un problema drammatico di una crisi economica e sociale che si trascina ormai da molti anni. Molte persone non vedono una prospettiva e quindi è chiaro che questo scatena una rabbia verso la politica in generale, i partiti e verso tutti”. Anche verso lui, che pure si è autorottamato, non è più parlamentare e al governo Renzi non ha mai lesinato critiche, tant’è che ieri, oltre a lui, nelle piazze della protesta si sono visti altri dissidenti Pd come Pippo Civati e Stefano Fassina . Ancora ieri, D’Alema, ribadiva le sue perplessità sui rapporti tra il premier e il mondo del la- voro: “L’asprezza dello scontro, l’insulto, il disprezzo del sindacato a cui abbiamo assistito in queste settimane non ci sono mai stati e secondo me sono un errore”. Massimo Paolucci, vicepresidente degli europarlamentari Pd, sostiene che quella che ha contestato D'Alema è una “sparuta pattuglia di noti estremisti”, “gli stessi che da anni contestano i sindacati organizzatori dello sciopero generale”. Eppure le bandiere rosse sono lì, mescolate alle urla. Claudio Velardi, per una vita braccio destro di D’Alema, su Twitter dà la sua personalissima interpretazione della giornata barese: “Chi semina vento...”. Se ci fosse ancora quell’uomo, lì dietro, direbbe “Massimo, cammina”. Maurizio Landini “La politica chi rappresenta? Noi uniamo il Paese” di Salvatore Cannavò n grande successo, le nostre piazze uniscono il Paese mentre finora il governo le U ha divise. Non è un caso se la gente non si sente rappresentata”. Maurizio Landini parla al ritorno dal corteo di Genova che è andato molto bene. Ha la voce roca, viziata dal comizio e dalle mille discussioni avute con i lavoratori. Ma accetta volentieri di commentare la giornata. Com’è stato questo sciopero? Un successo straordinario perché non solo si sono riempite tutte le piazze, ma c'è stata un'adesione alle iniziative e allo sciopero che ha riguardato non solo gli iscritti alla Cgil e alla Uil. Le piazze hanno confermato che la maggioranza di chi lavora, dei precari, anche degli studenti, non condivide le scelte del governo. E chiede ai sindacati di proseguire, di andare avanti. Renzi dice che lui proseguirà dritto per la sua strada. Il presidente del Consiglio è intelligente e veloce, e allora dovrebbe valutare come rispondere a questo sciopero e aprire un confronto e una trattativa vera con i sindacati. Togliendo dal tavolo elementi negativi come la modifica dell'articolo 18. Ci sono segnali in tal senso? No, io non ne ho. Ma viviamo una fase di crisi della rappresentanza e della politica in cui la gente non va più a votare, come dimostra l’Emilia Romagna. C’è in giro un livello di corruzione che coinvolge tutti i soggetti e se non ci fosse la magistratura la politica non avrebbe da sola gli anticorpi. In questo contesto un governo intelligente dovrebbe rendersi conto del fatto che ci sia gente che rinuncia allo stipendio e va in piazza. Se invece si sceglie la Confindustria, che non è detto che rappresenti gli imprenditori, Renzi va a sbattere. senza un euro, figli che non trovano lavoro o sono precari a vita. Che nei confronti nella politica ci siano una sfiducia e una lontananza è il problema di questo momento. L’antidoto siete voi? Le piazze di oggi hanno offerto la possibilità di riunificare il paese. Ricostruire una fiducia richiede confronto e dialogo. E i sindacati non C’è un’urgenza politica nel ricostruire una nuova rappresentanza? Prima di questo sono convinto che ci sia bisogno di ricostruire un’etica dell’agire pubblico. L’onestà e l’etica devono tornare a essere valori comuni. Ognuno nel suo campo deve fare la sua parte. Quello che fa Renzi non basta? Renzi rappresenta il governo e come tale deve fare delle leggi. Io osservo che il falso in bilancio non è ancora un reato, che l'autoriciclaggio ha ancora dei limiti, che i beni confiscati alla malavita organizzata non PESSIMO bastano. Su questo c'è bisogno di una forza che non è stata ESEMPIO ancora usata. Poletti dice di voler dialogare sui decreti attuativi del Jobs Act. Ma non è sufficiente. Discutere i decreti è utile ma bisogna cambiare le decisioni che sono state prese. La domanda che arriva dalle manifestazioni di oggi è di andare avanti. Sono piazze arrabbiate che non ne possono più che chiedono un cambiamento. La contestazione contro Massimo D’Alema è parte di questo? Il problema è che la gente non si sente rappresentata. Ci sono situazioni drammatiche. Ci sono disoccupazioni infinite, casse integrazioni sono finiti, abbiamo dimostrato che non è così. caxcas zcxxzcxczc Precari, disoccupati, gente che soffre. Il falso in bilancio non è reato, l’autoriciclaggio è incompleto. Ora il governo ci deve ascoltare Pensa che in relazione alle polemiche sul caso Mafia Capitale Poletti dovrebbe dimettersi? Non mi permetto mai di arrivare a queste valutazioni, ognuno deve rispondere alla sua coscienza. Occorre rompere da un lato una rete culturale di clientele e affarismo e dall’altra parte occorre che il governo faccia degli atti concreti. PEZZI DI SINISTRA il Fatto Quotidiano G li slogan dei manifestanti: “Mostro di Firenze” È STATO IL PREMIER Renzi l’obiettivo numero uno degli slogan che ieri hanno accompagnato cortei e manifestazioni in tutta Italia: a Milano è il “Mostro di Firenze”, a Torino il “Terminator” del lavoro e a Roma è un “Pinocchio” gonfiabile. I palloncini di Renzi - Pinocchio hanno fatto da cor- nice al corteo, “scortato” da trattori e betoniere lungo il percorso nel cuore della Capitale. “Renzi, occhio al 18”, uno dei messaggi lanciati dai manifestanti che hanno colorato la piazza. A Genova, dove era presente il leader della Fiom Maurizio Landini, è stato installato un “Riformatic” di cartone, SABATO 13 DICEMBRE 2014 3 un “generatore automatico di riforme renziane”. Nel capoluogo piemontese, dove ha sfilato la leader della Cgil Susanna Camusso, oltre ai pupazzi di Renzi-Terminator sono spuntati striscioni e slogan contro il Jobs Act e il governo al grido di: “Renzi, non avrai il mio scalpo”. Lavoro, 54 piazze chiedono a Renzi di “cambiare verso” CGIL E UIL PARLANO DI ADESIONE AL 60%, PER CONFINDUSTRIA SI È FERMATO SOLO IL 10% IL PREMIER: “MASSIMO RISPETTO MA NON MI FACCIO IMPRESSIONARE”. POLETTI APRE AL DIALOGO A l di là dei dati, dei numeri e delle piazze, lo sciopero generale di Cgil e Uil per chi lo ha promosso è stato un successo. I due sindacati lo hanno sancito con una nota congiunta in cui comunicano “un’adesione media allo sciopero generale superiore al 60%, con una partecipazione nelle 54 piazze di oltre 1,5 milioni di persone”. “Sono molto soddisfatta ma è un risultato che ci carica di una grandissima responsabilità” il commento a caldo fatto da Susanna Camusso con i propri dirigenti. Soddisfazione che più tardi condividerà con l’altro leader che ha scommesso su questa giornata, il segretario della Uil, Carmelo Barbagallo. Posizione che non sposta di una virgola l’atteggiamento di Matteo Renzi intervenuto al termine del Consiglio dei ministri: “Massimo rispetto per chi sciopera ma non mi faccio impressionare dalle piazze. C’è un paese da cambiare”. fatto a mano LE PIAZZE, PERÒ, sono state molte, cinquantaquattro. Con molta gente - anche se meno del 1,5 milioni dichiarato - in particolare a Torino, Brescia, Padova, Napoli, Milano dove si è ricordata anche la strage di piazza Fontana. Alcuni scontri con la polizia si sono verificati a Torino, Milano, Roma e Bolgona, spesso a opera delle rappresentanze di centri sociali e Fatto lo sciopero cosa farà ora il sindacato? La riuscita dello sciopero parla a tutto il paese. Noi non ci fermeremo. Occorre riconquistare un confronto vero. Se il governo rifiuta dobbiamo pensare ad altre iniziative e il problema riguarda le imprese, la Confindustria. Non possiamo accettare che dentro le aziende passi un peggioramento dei diritti. Se seguiranno questa linea avranno dei problemi con i sindacati dentro le aziende. E poi percorreremo tutte le azioni possibili sul piano giuridico in Italia e in Europa. Che pensa del piano del governo sull'Ilva? Che non c'è più tempo, abbiamo aspettato troppo e si sono persi troppi soldi. Nel giro della prossima settimana servono decisioni. Noi pensiamo che occorra un intervento pubblico diretto senza svendere l’azienda a gruppi privati. Un intervento pubblico non esclude, nel tempo, l’ingresso di altri soggetti. Alessandro Guerra potrebbe dirigere un’azienda in mano pubblica? Non lo conosco, non si è occupato di acciaierie, ma se c'è un intervento pubblico servono manager di qualità per una ipotesi di rilancio industriale. Il prossimo 18 dicembre lei farà una iniziativa comune con Susanna Camusso e Stefano Rodotà. Che significa? Che lanceremo una raccolta di firme per mettere in discussione il pareggio di bilancio in Costituzione. Un modo per parlare di Europa, contrastare l’austerità, allargare le alleanze dei lavoratori. Niente costituzione di nuovi partiti, quindi? No, l'ambizione è molto più grande. Nei trasporti, i sindacati denunciano il 50% di adesione. L’Alitalia ha cancellato 250 voli sia a Fiumicino che in Lombardia ma altre centinaia sono stati annullati dalle altre compagnie. A Roma le tre linee della metropolitana sono rimaste chiuse mentre a Torino circa l’80% dei bus non si è mosso. ALLO STESSO TEMPO non ci Susanna Camusso, segretario generale Cgil, al corteo di Torino Ansa dei movimenti sociali. Gli stessi che a Roma hanno tappezzato il ministero del Lavoro con le foto di Giuliano Poletti e Salvatore Buzzi con sopra scritto “Poletti dimettiti”. Negli scontri ci sono stati alcuni feriti e la Cgil si è subito affrettata a prendere le distanze da qualsiasi episodio di violenza. I dati dello sciopero sono sempre complicati da valutare e quindi non resta che riferirsi a quelli autodenunciati dalle sigle sindacali. Dai dati forniti dalla Cgil risulta una media di adesione del 70,2% nel settore industriale. Si va dal 100% di adesione a Settimo Torinese in fabbriche come Michelin e Pirelli, al 60% della Luxottica. Alla Marcegaglia l’adesione è stata di oltre l’80% mentre al Nuovo Pignone di Firenze - spesso preso a modello da Renzi - su 2.990 addetti l’adesione è stata del 78,8%. Alta l’adesione alla Ast di Terni dove, nonostante i 35 giorni di sciopero continuativo si è fermato il 70% dei 2400 addetti, mentre alla Perugina di Perugia si è sfiorato il 100%. All'Ilva di Taranto su 11.800 si è fermato circa il 60% di lavoratori. CHE SUCCEDERÀ Camusso si dice molto “soddisfatta” e minaccia gli industriali di portare il conflitto in fabbrica. La Uil a Matteo: “Ci stupisca e ci incontri” IL COLLE Un’altra strigliata di Napolitano: “Rispettatevi, fate male all’Italia” ono le ultime settimane da Presidente della ReS pubblica. Ed evidentemente Giorgio Napolitano ha deciso di non lasciarle passare invano. Missione: rimettere a posto Matteo Renzi, il “giovane” - così l’ha chiamato l’altro giorno all’Accademia dei Lincei - che si è fatto un po’ prendere la mano da quando siede a palazzo Chigi. “Basta esasperazioni, rispettatevi e pensate al bene del Paese”: così, ieri, il Capo dello Stato è tornato sullo scontro tra governo e sindacati, culminato ieri nello sciopero generale di Cgil e Uil. Il giorno prima aveva dovuto affrontare la grana della precettazione dei ferrovieri, visto che la leader Cgil Susanna Camusso si era appellata a lui contro la forzatura del ministro Maurizio Lupi: la frattura si è ricucita (e anche i ferroviari hanno potuto scioperare) ma ieri le piazze piene di lavoratori hanno di nuovo riacceso lo scontro: “È segno senza dubbio di una notevole tensione tra sindacati e governo”, ha Giorgio Napolitano Ansa detto Napolitano a proposito dello sciopero generale convocato ieri da Cgil e Uil. È solo una delle “cieche spirali di contrapposizione faziosa” che, secondo il Colle bloccano riforme e innovazioni per il Paese: “Mi auguro - ha aggiunto ieri Napolitano - che si discutano sia le decisioni già prese, come quella della legge di riforma del mercato del lavoro, sia quelle da prendere soprattutto per il rilancio dell’economia e dell’occupazione”. MA I MODI di oggi non piacciono al Quirinale. Bi- sogna trovare “la via di un discussione pacata”: “Naturalmente poi il governo ha le sue prerogative, le ha anche il Parlamento ed ha il suo ruolo da svolgere il sindacato”. Ed è proprio il sindacato che ha prontamente risposto alle parole del Presidente: “Al monito di Napolitano al dialogo noi rispondiamo che siamo pronti”, ha detto il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo. Poi ha aggiunto: “Non siamo stati noi ad aver chiuso le porte al sindacato”. LA MEDIAZIONE Due giorni fa il presidente della Repubblica era già dovuto intervenire sulla precettazione dei ferrovieri voluta dal ministro Lupi e poi revocata sono dati per il settore pubblico e la scuola. Le Fs sostengono che i treni ad alta velocità hanno marciato al 96% e che per quanto riguarda i regionali lo sciopero si è fermato al 17%. Per quanto riguarda le imprese, ufficiosamente la Confindustria attesta la partecipazione complessiva al 10% mentre l’Unione industriali di Torino parla di adesione al 17,2 e quella di Novara la colloca al 13,5%. Il sindacato, in ogni caso, registra un successo che in parte è riconosciuto dallo stesso presidente del Consiglio quando parla di “rispetto”. Il ministro Poletti, ad esempio, ha subito dichiarato che quando si tratterà di definire i decreti attuativi del Jobs Act con i sindacati si “dialogherà”. In Cgil apprezzano ma fanno anche sapere che la piazza “carica di grandi responsabilità” e che quindi se confronto si farà non “sarà per finta”. La sensazione è che i toni siano stati stemperati. Se qualche mese fa si sbeffeggiava il giorno di sciopero o l’inconsistenza del sindacato oggi si parla di posizioni, distanti ma che si rispettano. Barbagallo si spinge fino a chiedere a Renzi: “Ci stupisca e ci convochi”. Ma la sostanza non sembra cambiata. Il premier non ha intenzione di fare concessioni anche perché ne ha fatte già alla minoranza Pd. La Cgil assicura che il sindacato “non si fermerà” e prenderà tutte le misure utili a modificare le leggi. Difficile che possa accadere anche se nelle stanze di Corso Italia si stanno studiando tutte le misure possibili sul piano giuridico per bloccare l’applicazione delle nuove misure sul mercato del lavoro. Buona parte del conflitto potrebbe spostarsi nelle fabbriche come dimostra l’affondo di Camusso a Confindustria: “Abbiamo capito, pensate che bisogna tornare indietro nel tempo quando nelle fabbriche c’era uno che comandava e gli altri ubbidivano e abbassavano la testa. Dimenticatevelo, quel tempo dell’abbassare la testa non torna più”. L’obiettivo è una nuova “contrattazione”. Gli industriali fanno spallucce perché la crisi non favorisce il conflitto. La stagione della concertazione, in ogni caso, è un ricordo del passato. sal.can. 4 L’ESPLOSIONE SABATO 13 DICEMBRE 2014 O ggi Civati presenta “Possibile” l’altra Leopolda NON VI STUPIREMO con mosse spregiudicate, velocissime, roboanti o polemiche, domani a Bologna (oggi). Né parleremo di correnti e correntine. 'Possibile’ è una porta aperta sul cambiamento. Presenteremo un “Patto-non-del-Nazareno” con i cittadini, sui principi fondamentali della democrazia e della rappresentanza che sola dà un senso alla politica. Ci occuperemo di riforme, per ribadire la necessità che gli elettori scelgano gli eletti e non siano i politici a farlo, nominando se stessi (Andrea Pertici). il Fatto Quotidiano Così si legge sul sito dell’associazione “Possibile”, che rappresenta la minoranza del Pd guidata da Giuseppe Civati, in vista dell’appuntamento “La sinistra? Possibile”, organizzato per domani, alla Scuderia in piazza Verdi a Bologna e trasmesso in streaming sul sito web dell’Associazione Possibile www.epossibile.org. Ricomincia con una manifestazione l’opposizione a Renzi dell’ex grande amico Pippo Civati. Qualche anno fa, erano assieme a Firenze a inveire contro i vecchi del Partito democratico. IL COLORE DEI SOLDI: SUI COSTI DELLA POLITICA MINACCE TRA PD RENZI USA I VECCHI BILANCI PER FAR PAURA ALLA MINORANZA. MA TACE SULLE CENE di Antonello L’ Caporale idea di Renzi per contrastare l’opposizione interna, e quindi annegarla nella vergogna, sarebbe quella di rendere pubbliche le spese della segreteria Bersani e di quella Epifani. L’idea di Matteo genera, come figlioletti in grembo, due altre verità. La prima: che i bilanci pubblicati sono effettivamente carta straccia, specchio per le allodole, ammesso che le allodole ci caschino. Sono cifre buone a imbonire. Perché le voci di cui si compendia il bilancio del Partito democratico (e di tutti gli altri partiti) tutelano la segretezza delle singole percentuali che i dirigenti attivano per le proprio competenze. Gli euro – si presume molti oltre il lecito – che sono andati a questo e a quello. Sul cattivo odore dei soldi domani Francesco Bonifazi, il tesoriere del nuovo corso renziano, potrebbe attardarsi un pochino di più, sottolineando nella relazione che sembra farà all’assemblea nazionale, le destinazioni d’uso per voci superiori a centomila euro. Non arriverà dunque al singolo destinatario ma lo accarezzerà crudelmente, farà trasparire quel di più che potrebbe uscir fuori, se solo si dovesse decidere di elencare il numero dei peccati e la quantità dei peccatori. LA SECONDA VERITÀ è nell’aspetto spiccatamente “ritorsivo” che la questione assume nel confronto politico. Di ritorsione parla più di- Il giornalista stintamente degli altri Chiara Geloni, portavoce di Bersani, ex dipendente del Pd, infilzata da un dossier renziano, al tempo in cui la rottamazione era il sol dell’avvenire, nel quale si spargevano, ma in forma anonima, velenose rivelazioni. Tra le molte proprio quella sul capo della Geloni, incolpata di ricevere 6 mila euro mensili per la direzione della metafisica Youdem, web tv ora in stato vegetativo. “Pubblichino quel che vogliono, come vogliono, dove vogliono. Io non ho nulla da te- mere”, dice Antonio Misiani, l’ex tesoriere che ha firmato i conti sia della stagione di Epifani che di quella Bersani. “C’era il finanziamento pubblico integro, molto superiore a ciò che oggi arriva in cassa, che investivamo nelle diverse campagne elettorali. C’erano poi retribuzioni che andavano a chi era impegnato nel partito e variavano da un minimo di mille a un massimo di 4 mila euro per le diverse competenze”. C’era anche dell’altro a dire la verità: un sito web che costò un occhio della testa, una serie allegrisIL DOSSIER DEL 2013 I 6.000 EURO A STUMPO E GELONI PER YOUDEM L’anno scorso, Renzi ancora non era segretario, furono diffusi degli elenchi di consulenze e stipendi. Chiara Geloni dirigeva la tv, Nico Stumpo l’organizzazione del partito IL PADRONE DELLA COOP BUZZI PIÙ CINQUE, UN TAVOLO COL PREMIER Il fondatore e padrone della Cooperativa “29 Giugno” ha finanziato (anche in nero) il Pd, in particolare quello romano. Ed era presente alla kermesse di Roma AUTO-FINANZIAMENTO UN MILIONE E MEZZO E POCA TRASPARENZA Delle due cene organizzate dal Pd per raccogliere fondi, prima a Milano e poi a Roma, si sa l’incasso di 1,5 milioni di euro. Ma l’elenco degli ospiti non è stato reso noto sima di consulenze, un fiotto di carta moneta verso destinazioni incerte. MA IL FUOCO con cui Renzi ha deciso di rispondere all’armata contraria testimonia non solo del livore che lega i sentimenti degli uni e degli altri (“Riecco la premiata ditta Bindi-D’Alema di nuovo in azione”, diceva ieri Debora Serracchiani a commento della bocciatura di parte del testo di riforma costituzionale), ma anche dell’incendio che potrebbe presto scoppiare. -7 M L N IL BUCO NEL 2012 CON BERSANI TROPPA PRIVACY La trasparenza dei conti interni adoperata come arma. Ma i cittadini restano all’oscuro sui reali finanziamenti Francesco Bonifazi Ansa Perché ai soldi si risponde con i soldi. E alle furbizie con le furbizie altrui. Se Bonifazi dovesse provare a spegnere le contestazioni interne elencando le spese stravaganti, i contestatori avranno di che controbattere. Potranno, come fanno sapere, illustrare che il miracolo di un Pd dimagrito ma in salute, senza che un solo dei 189 dipendenti abbia dovuto subìre il licenziamento, è dovuto solo a una emigrazione verso lidi istituzionali. Ai 55 già in forze ai gruppi parlamentari e alle strutture dell’esecutivo precedente, si sono aggiunti altri 40 (cifra non verificata ndr) lavoratori che il governo Renzi ha dirottato tra Palazzo Chigi e altri dicasteri. Una partita di giro molto tradizionale, a cui la politica ricorre quando può per trasferire gli oneri propri allo Stato. Finanche il ricco Berlusconi – divenuto premier – trasferì la sua fedele e privata scorta armata nei registri pubblici... I soldi, sotto i quali il Pd di Roma è travolto e svergognato, sono ugualmente fastidiosi per Renzi perché le sue cene elettorali hanno avuto finanziatori dal nome ancora sconosciuto. La lista degli invitati è sotto chiave, ma la partecipazione, rivelata dall’inchiesta romana, a una di queste del gruppo Buzzi, famigerato dispensatore di suffragi e di offerte votive ai maggiorenti del partito, rende opaco tutto il cerchio dei commensali. Oltre a Buzzi chi, allora? E anche la Fondazione fiorentina di Renzi, sostenuta da una nutrita schiera di donatori, è sotto chiave. E, andando più indietro nel tempo, i soldi spesi da Renzi al tempo in cui era sindaco di Firenze per assumere a chiamata diretta una moltitudine di amici? E quelle altre spese promozionali durante la presidenza della Provincia per Florence Multimedia? Migliaia, centinaia di migliaia, e poi milioni. Sarà a colpi di zaffate di euro la contesa che domani porterà il Pd all’ultimo round? Gian Antonio Stella e la Casta “Antipolitica, la colpa non è di chi denuncia” di Silvia Truzzi Il punto è: chi crea l’antipolitica? Premessa: c’inchiniamo di fronte a Giorgio Naarlando delle degenerazioni della politica politano, che tanti meriti ha avuto come prein antipolitica come “patologia eversiva”, il sidente della Repubblica. Ma messa così non va capo dello Stato ha spiegato che a quest’azione bene: la censura nei confronti della cattiva poeversiva non si sono sottratti “infiniti canali di litica, nell’economia generale del discorso, secomunicazione, a cominciare condo me non era abbastanza forte. Dobbiamo chiederci chi da giornali tradizionalmente paludati, opinion makers lanciati genera l’antipolitica: i forconi senza scrupoli a cavalcare l’ono la cattiva politica? Io credo TORTI da, per impetuosa e fangosa che le responsabilità siano soche si stesse facendo, e anche, prattutto della cattiva politica. E RAGIONI per demagogia e opportuniAttorno, certo, ci sono – ci soLe responsabilità sono smo, soggetti politici pur prono sempre stati – i mestatori: venienti della tradizioni del penso all’Uomo qualunque di da imputare a regole primo cinquantennio della vita Giannini, al Partito della birepubblicana”. Nessuno si stustecca di Corradi, ai vari moche consentono a un pirà, dunque, leggendo qui di vimenti che negli anni si sono consigliere regionale seguito un‘intervista a Gian succeduti. Più recentemente Antonio Stella, autore insieme possono essere i 5Stelle o, apdi andare in pensione al collega del Corriere della Sera punto, i forconi. Ma chi è reSergio Rizzo, de La casta, bea 41 anni con cinquemila sponsabile? Restando nella st-seller da un milione di copie metafora del morbo, la malateuro netti di pensione tia non è imputabile del me(Rizzoli, 2006). P dico che la diagnostica. Così sembra un po’ guardare il dito e non la luna. Soprattutto se la questione dell’antipolitica viene sollevata mentre a Roma è stato scoperchiato l’ennesimo vaso di Pandora. Massimo D’Alema, nel 2011, è arrivato a dire che ‘bisognerebbe liberare il lessico dalle parole anti-democratiche. Ne dico una di parola antidemocratica, capisco che è un po’ forte, ma è la verità. La parola ‘Casta’ non è stata inventata da due brillanti colleghi. ‘Casta dei politici’ compare nel dibattito pubblico italiano per la prima volta in un documento delle Br e ha mantenuto quell’impronta; ogni qualvolta la si usa, bisognerebbe pagare una royalty agli ideatori, e lo si fa culturalmente”. Con ciò tracciava un parallelo tra chi sparava alla nuca – assassini – e quelli che come me, Sergio e tanti colleghi di altri giornali che hanno fatto una campagna contro le storture della politica in nome della democrazia. La paternità della parola era veramente delle Br? Ma no! Il primo è stato don Luigi Sturzo, l’11 agosto 1950, sul giornale 24 ore, parlando dell’ipotesi di aprire una cassa pensioni a favore dei deputati. E scrive: “A me sembra aberrante fare del mandato elettorale qualche cosa che confini con la carriera impiegatizia, ovvero il mandarinato, e sbocchi, infine, a uno stato di quiescenza a carico del pubblico erario”. Poco più avanti: “Più si consolida la professione e più si forma lo spirito di corpo, la casta, e più si rende difficile l’avvicendamento, sul quale è basata ogni sana democrazia”. Io credo che don Sturzo avesse ragione: evidentemente già intravedeva i segnali di alcune deviazioni della cattiva politica che hanno portato ai guai di oggi. Forse sarebbe il caso di imputare l’ondata di antipolitica più a chi ha creato regole in base alle quali Claudia Lombardo, consigliere regionale della Sardegna, può andare in pensione a 41 anni con oltre cinquemila euro netti di pensione. Sarà mica colpa di chi ha raccontato questa storia? D’Alema non è stato l’unico politico a prendersela con voi. L’ex tesoriere di Forza Italia, Maurizio Bianconi, ha definito me e Rizzo “il cancro di questo Paese”. Vorrei precisare che non abbiamo mai L’ESPLOSIONE il Fatto Quotidiano Findagati ondi illeciti, Zoggia e Mognato NEL PERCORSO che porta alla chiusura delle indagini sulla vicenda Mose con l’unico eccellente a processo, l’ex sindaco Giorgio Orsoni, il Pd veneziano è nella bufera per il finanziamento illecito dei partiti che avrebbe ricevuto dal Consorzio Venezia Nuova retto allora da Giovanni Mazzaurati. Nel registro degli indagati sono finiti i due parlamentari veneziani Michele Mognato e Davide SABATO 13 DICEMBRE 2014 5 Zoggia mentre ieri è stato sentito l’ex assessore ai lavori pubblici della giunta Orsoni ma all’epoca dei fatti (2010) segretario veneziano del partito, Alessandro Maggioni (non indagato). Indagando sul concessionario unico, i pm avrebbero scoperto contributi illeciti per 450mila euro ricavati da fondi neri ed un altro centinaio di migliaia di euro fatturati in modo irregolare. IN PARLAMENTO Riforme al palo per i troppi emendamenti e la paura del governo di andare sotto NEL PANTANO. La riforma istitu- zionale e l’Italicum sono ufficialmente impantanati al Parlamento. In commissione Affari costituzionali della Camera, dove la riforma del Senato sta procedendo con difficoltà (diversi emendamenti sono stati ritirati con l’intenzione di votarli direttamente in aula sperando in un’intesa), ieri è saltata la seduta poichè la maggioranza correva il serio rischio di finire sotto su alcune proposte della minoranza del Pd. Tra gli emendamenti rimandati all’aula anche la proposta di Forza Italia di ridurre il numero delle Regioni, da 20 in 7-12. Non va meglio a Palazzo Madama dove l’Italicum deve fronteggiare in commissione la muraglia dei 19.000 emendamenti presentati: difficile immaginarne l’approdo in Aula prima di Natale. La Lega Nord di Roberto Calderoli ha presentato 10.500 emendamenti alla prima versione dell’Italicum e 5.482 sub-emendamenti agli emendamenti della relatrice Anna Finocchiaro che hanno formalizzato la nuova versione dell’Italicum. In più anche qui la minoranza del Pd propone pochi, ma ben precisi emendamenti contro i capilista bloccati. Proposte di modifica che a Renzi non dispiacciono, ma che sono invise a Forza Italia. ,8MLN -1 0 IL ROSSO NEL 2013 CON EPIFANI Giancarlo Bregantini L’Arcivescovo “Caro Napolitano, eversivo è il corrotto” di Sandra I Amurri eri nel consegnargli il Premio “San Giorgio” il Professor di Giandomenico del Centro Studi Molisano lo ha definito “un alieno in questa società”; “un pretaccio di strada testimone scomodo del Vangelo”, monsignor Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso e presidente della Commissione Cei per gli affari sociali e il lavoro è un vescovo che chiama le cose con il loro nome, che si schiera contro le ingiustizie e le mafie come ha fatto quando guidava la diocesi di Locri convincendo i giovani a scendere in piazza contro la ‘ndrangheta all’indomani dell’omicidio del vicepresidente della Regione, usato parole come magna magna o forchettoni, abbiamo semplicemente cercato di fare una battaglia civile per il bene della politica e dei politici. La denuncia è stata resa necessaria dal marcio che c’era. C’è ancora, come si vede. Con grave ritardo, alcune cose sono state fatte. Teoricamente dalla prossima legislatura non ci saranno più i vitalizi per i consiglieri regionali, è stato tolto il finanziamento pubblico ai partiti, anche in maniera esagerata. Sul versante della corruzione è tutto come prima. @silviatruzzi1 Eccellenza, il presidente Napolitano all’Accademia dei Lincei, ha definito “patologia eversiva” l’antipolitica e non la corruzione che la genera suscitando un coro di reazioni. Condivide? Napolitano ha fatto bene, di fronte a un tale triste spettacolo, a evidenziare il rischio dell’antipolitica che porta a dire: tutto è sporco. Ma credo che la causa dell’antipolitica sia la corruzione, l’ambiente in cui l’antipolitica cresce. Sono disvalori uguali che non vanno anteposti in termini logici ma in termini cronologici: l’antipolitica è successiva. Alla domanda: chi è più eversivo, un politico corrotto o un antipolitico? Rispondo il politico corrotto. Per ridare valore alla politica dobbiamo pretendere leggi giuste e portare avanti insieme una battaglia culturale. Don Lorenzo Milani, con il suo linguaggio fiorentino, diceva: sortirne da soli è avarizia, sortirne insieme è politica. Fiorentino come il premier. E i costi della politica? La cosa fondamentale sarebbe cambiare il modo di fare i bilanci. Abbiamo sotto gli occhi il caso di Roma. Il Comune di Roma ha messo on line il suo bilancio, ormai qualche anno fa: 1800 pagine, assolutamente incomprensibili. Ma questa non è trasparenza, è una presa in giro. Spiace dirlo, ma sappiamo tutto della regina Elisabetta – compreso quante bottiglie di champagne ha in cantina – e nulla di così dettagliato del bilancio del Colle. di Roma, la città devastata dal patto scellerato e bipartisan mafia-politica svelato dall’inchiesta Mafia Capitale. RE GIORGIO Il presi- dente della Repubblica , lascia l’Accademia dei Lincei. Mercoledì vi ha tenuto un discorso Ansa Francesco Fortugno. Così come volle funerali pubblici per le vittime della strage di Duisburg. Il suo nome è tra quelli che a febbraio prossimo saranno ordinati Cardinali e Papa Francesco per lui avrebbe in serbo la guida della Diocesi Sì, ma don Milani era l’opposto di Renzi. Dobbiamo fare in modo che questo scandalo non produca disaffezione alla politica. Ora si scopre che in molti sapevano cosa accadeva a Roma, e come mai allora non hanno saputo controllare? Questa esperienza a noi chiede di ritornare alle grandi ragioni dell’etica: il disimpegno politico è frutto della corruzione che a sua volta è frutto di un’etica mancante in politica. Ci chiede di tenere controllati i luoghi del potere, di illuminarli altrimenti il denaro si appiccica alle mani. La corruzione nasce nel ghetto, nelle stanze oscure, dobbiamo creare ambienti trasparenti. Antipolitica e corruzione sono favoriti dal clima di indifferenza altamente tecnologizzato ma scarsamente solidale: io so ma non me ne frega niente. Ieri l’Italia è scesa in piazza per chiedere pane e dignità, diritti inviolabili. Prima di diventare prete ho fatto l’operaio in fabbrica a Porto Marghera e a Verona, CERCASI STATISTA Don Milani diceva: ‘Sortirne da soli è avarizia, sortirne insieme è politica’. Era fiorentino come Renzi? Sono opposti, il premier rispetti il sindacato condivido le ragioni drammatiche che attraversano i lavoratori. Questa reazione è un elemento positivo perché denota una forte presa di coscienza. La piazza è un luogo di partecipazione, ma non basta gridare il diritto al lavoro, occorre anche favorire la capacità di crearlo il lavoro. Lo sciopero, sia chiaro, è un diritto inviolabile ma bisogna andare oltre. Renzi non deve bisticciare con i sindacati. È un errore gravissimo il suo. Il lavoro si costruisce con due mani: rivendicazione e progettualità e la progettualità spetta alla politica. Siamo dentro un triste gioco che il Papa quando è venuto in Molise ha chiamato ‘il grigiore del labirinto’. Giriamo a vuoto senza camminare. La politica oggi è un girare a vuoto senza camminare, manca la lungimiranza. Lungimirante non è il politico ma lo statista. E non se intravedono all’orizzonte? Magari ci sono, chissà! (ride ndr) Dico solo che la cosa più preziosa è saper guardare lontano, frutto della mitezza evangelica di chi sa perdere un passo oggi per guadagnare la corsa domani. Crede che gli onesti che tacciono, che si voltano dall’altra parte siano meno responsabili dei corrotti? Le rispondo con la lettera che Papa Francesco ha inviato a noi vescovi citando una frase di uno scrittore dell’800: ‘Il non volersi sporcare è il male peggiore. I migliori preti sono i preti redenti che insegnano la misericordia. Non i perfettucoli ma chi ha imparato la perfezione sbagliando, soffrendo. Il peggior male è l’assuefazione. Non smettiamo mai di stupirci, di indignarci invece di discutere di fatti gravissimi, svelati solo grazie alla magistratura, per tre giorni per poi passare oltre. E non dimentichiamo i poveri con la loro immensa umanità e dignità calpestata di cui parla solo il Papa’. 6 ROMANZO CRIMINALE SABATO 13 DICEMBRE 2014 M arino costituisce la Città parte civile M5S: “Vattene via” ROMA, la Capitale d’Italia, non vuole l’etichetta di “città mafiosa” e si muove per tutelare la sua immagine: il Campidoglio sarà parte offesa nel processo sulla nuova piovra di Massimo Carminati. E mentre Ignazio Marino annuncia l’arrivo a breve della sua nuova “giunta della legalità” il Movi- mento 5 Stelle torna all’attacco: “Il sindaco vada via e subito alle urne”.Il sindaco di Roma, in qualità di legale pro tempore di Roma Capitale ha firmato oggi l’atto con cui formalizza alla Procura la “costituzione dell’amministrazione quale parte offesa”. Una mossa “in vista della futura costitu- il Fatto Quotidiano zione di parte civile dell’amministrazione nel processo penale”, per ottenere il risarcimento dei “danni morali e materiali”. All’inizio della prossima settimana potrebbe arrivare in Campidoglio la task-force di ispettori inviata dalla Prefettura come anche il pool anticorruzione di Raffaele Cantone. MAFIA CAPITALE, BOTTE AL FINANZIERE SPRANGATE A CISTERNA (LATINA). IL SOTTUFFICIALE: “INDAGAVO SULLE COOP, ERO STATO MINACCIATO”. LA STORIA di Valeria Pacelli N on sono solo gli imprenditori a subire le vessazioni della presunta Mafia Capitale. Nell’inchiesta su “Mondo di Mezzo” è finita anche la storia del luogotenente della Guardia di finanza di un paese dell’Agro Pontino, che in pieno giorno è stato aggredito da due albanesi e picchiato ferocemente con un tubo di ferro. Una storia che parte da fuori Roma per entrare nel cuore della Mafia Capitale perché, stando al racconto del sottufficiale Gaetano Reina, l’aggressione “è riconducibile all’attività” da lui svolta. “Dal 2005 – ha messo a verbale – ho svolto attività di ispezione presso alcune cooperative a Cisterna di Latina, riconducibili a Angelo Fanfarillo”. Ed è questo nome ad accendere una luce nella mente dei magistrati romani: le coop riconducibili a Fanfarillo sono tra quelle che “hanno riscosso cambiali senza effettuare alcuna operazione commerciale con la Uno srl, ma che si presume abbiamo riconsegnato i soldi in forma anonima a Marco Clemenzi”. Quest’ultimo, al quale è riconducibile la Uno srl, è indagato perché “attraverso società a lui riconducibili, emetteva fatture relative a operazioni inesistenti verso cooperative gestite da Salvatore Buzzi”, il braccio “sinistro” di Massimo Carminati. LA VITTIMA dell’agguato è ap- punto Reina, vice comandante della Gdf di Cisterna. L’aggressione avviene il 15 aprile scorso quando Reina, come ogni mat- tina, esce di casa e percorre il solito tragitto per andare al lavoro. “Ho sentito un rumore di passi e l’ombra di una persona che si muoveva velocemente alle mie spalle. Ho notato un uomo alto circa 185 cm, corporatura snella e carnagione tipo mulatto che, brandendo un tubo di ferro, tentava di colpirmi alla testa”. LE BOTTE non sono finite per- ché, prosegue la denuncia, l’uomo “tentava nuovamente di colpirmi, sempre alla testa”. Il luogotenente però riesce a disarmare il suo aggressore che scappa e sale su una Mercedes. Poi scoprirà che a fare da “palo” all’aggressore – identificato anche questo – è tale “Arbis Vjaerdha, un albanese, che era stato nel 2009 denunciato da me quale amministratore di due coop riconducibili a Fanfarillo”. Circostanza questa sulla quale i pm romani faranno chiarezza, perché quel Fanfarillo rappresenta il link tra l’aggressione del finanziere e l’inchiesta sul ‘Mondo di mezzo’, proprio per i rapporti tra le coop a lui riconducibili e Marco Clemenzi, indagato nell’ambito di Mafia Capitale. Infatti, i pm romani il 5 dicembre scorso interrogano il vice comandante Reina, il quale spiega che dal 2005 stava effettuando una serie di verifiche sulle cooperative riconducibili a Fanfarillo e aggiunge: “Meno di un mese prima dell’aggressione, durante un’udienza al Tribunale di Latina, Fanfarillo mi avvicinò, con fare arrogante, mi disse che avrebbe fatto decadere tutto quello che noi avevamo accertato. Ho percepito ciò come una minaccia”. Inoltre “un prestanome di Fanfarillo mi ha detto che quest’ul- COINCIDENZE Carminati nella cella di Priebke nella settima sezione del reparto “Nuovi È Giunti” di Regina Coeli. Massimo Carminati, numero uno dell’ordinanza su Mafia Capitale che ha portato in carcere 37 persone, è in una cella di circa 10 metri quadri, con il bagno annesso. Il letto con la branda. Sul tavolino, carta e penna. Prima di lui per quella cella “erano passati Fabrizio Corona”, l’ex re dei paparazzi e “anche l’ex capitano delle Ss, Erich Priebke”, spiegano all’Adnkronos alcuni agenti del carcere romano. “I primi giorni ha mostrato atteggiamenti scostanti – raccontano ancora i baschi azzurri – è una personalità forte, dai modi risoluti. Uno abituato a comandare”. Ora il “quarto Re di Roma” è solo, anche all’ora d’aria. Incassa le limitazioni del suo nuovo status, “ma non parla”. Il blitz del Ros che gli ha fatto scattare le manette ai polsi su una strada di Sacrofano, lo ha catapultato in un’altra realtà, fatta di muri spessi, regole e sbarre. L’inchiesta del procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, lo ha riportato dentro. E ora ha 56 anni. “Negli ultimi giorni sembra si sia reso conto che non sta più nel Mondo di mezzo – dicono ancora gli agenti – in carcere ci sono regole precise, e ognuno deve rispettarle”. Carminati “mangia poco” e soprattutto “non parla con nessuno”. timo aveva intenzione di reclutare due calabresi per farmi del male”. Venti giorni di prognosi per il sottufficiale. LE COOP RICONDUCIBILI a Fanfarillo sono tra quelle che “hanno riscosso cambiali senza effettuare alcuna operazione commerciale con la Uno srl riconducibile a Marco Clemenzi”, che risulta essere in contatto con Buzzi. I due al telefono parlano di tutto. In una conversazione del 7 agosto 2014 discutono della gara d’appalto per l’accoglienza agli immigrati. L’INTRECCIO Legami e presunte false fatture tra le cooperative di Fanfarillo e Clemenzi, indagato per i suoi rapporti con Buzzi Clemenzi: “Quale gara hai vin- to?” Buzzi: “Immigrati” C: “Fratello ti voglio bene a tua disposizione” B: “Ancora devi trovare una struttura te (...) pure a casa tua ci possiamo mettere se fai un po di negri” C: “Ma quanti ne vuoi Salvatore i capannoni miei” B: “Anzi un po’ di negre tutte negre belle invitanti” C: “Dove stai?” B: “Ho mia moglie che mi sta a mena’, ajo! (...) B: “Ma la Lambo (la lamborghini, ndr)?” C: “La Lambo tutto apposto, ho fatto fare l’offerta”. Ma Buzzi e Clemenzi parlano di tanti argomenti. L’11 agosto “Buzzi riferisce al Clementi di essere con il ‘re dei rifiuti’ Cerroni per discutere di affari illeciti”. Buzzi fa il gradasso: “Indovina con chi sto (...) con Cerroni, poi ti dico stiamo a tentare di fare delle cose... che ci arrestano a tutti”. E Buzzi alla fine lo hanno arrestati davvero, ma per altro. FIAMME GIALLE Il sottufficiale aggredito è il vicecomandante della Finanza a Cisterna di Latina Ansa Il sistema di violenza del “Re” AUTOIRONIA: “NON MI FREGA UN CAZZO DELLA VITA, MI FACCIO CREMA’ E POI BUTTA’ NEL CESSO” di Antonio Massari niente, ma queste battute che fai... quattro uomini d’oro, chi te le dice queste me non mi frega un cazzo della cose, perché fai battute che noi siamo i vita” dice Massimo Carminati ai quattro uomini d’oro...”. E Carminati suoi amici. Piuttosto, ha un progetto per sottolinea il concetto: “Quattro uomini l’eternità e l’ha affidato al suo pollice: di piombo... guarda che noi la carta di “Tanto io mi faccio crema’... e mi faccio identità te la famo manda’ dentro al cibutta’ nel cesso...” continua il “cecato” mitero, quattro uomini di piombo bello davanti agli amici che ridono “e lascio in mio, stai sempre accorto a quello che giro soltanto un pollice... voglio lascia’ dici...”. E se c’è qualcosa che gli “uomini di piombo” non in giro un pollice così, magari, dopo che sono morammettono sono i ritardi nei rientro to... fanno qualche ditata IL DITO dei soldi dati a ususu qualche rapina, su qualNe sa qualcosa che reato, così dicono che “Di me lascerò in giro ra. un tale Riccardo, sono ancora vivo...”. che chiede soldi al soltanto un pollice, FINCHÉ è in vita davvero, “bancomat” del magari poi lasciano però, Carminati è a capo di clan, il distributore Mafia Capitale e la Procura di Corso Francia, e qualche ditata di Roma non ha dubbi sulla deve pagare le sue sua forza d’intimidazione. rate al gestore delle su qualche rapina, Da un semplice parcheggio pompe di benzina, così sarò ancora vivo” Roberto Lacopo. al recupero crediti la minaccia della violenza è costante. Mario, il posteggiatore abusivo di piazza Vigna Stelluti, per esempio, considerato il suo mestiere, potrebbe rivelare agli sbirri i suoi spostamenti. E non è il caso. Peraltro, Mario ha commesso l’errore di definire, il “cecato” e i suoi compari, come i “quattro d’oro”. E così, quando parcheggia l’auto, insieme con il suo braccio destro Riccardo Brugia, decidono di fargli un discorsetto: “Mario... guardace ‘na cosa, l’avevi visto da dove siamo scesi? Così se te lo chiedono le guardie glielo dici da dove siamo scesi, glielo dici te alle guardie... vieni qua, mettiti seduto, che gli dici te alle guardie di noi... Massimo Carminati, il giorno dell’arresto. A sinistra, Priebke A “Robi, m’hanno massacrato ieri sera. Mi hanno picchiato in via Cola... avevi detto che non mi toccavano...”. “Chi io?”, risponde Lacopo, “mica so er Padreterno... Quando uno picchia qualcuno è perché se vede che ha fatto quarcosa, sennò uno non lo picchiano...”. “M’hanno rotto le costole...”, continua Riccardo che, un anno dopo, indebitatosi per 180 mila euro, ha chiesto al “Curto di Montespaccato” di intermediare con il clan di Carminati. Che non la prende bene. Questo comportamento, scrive il Ros dei carabinieri, per Carminati equivale “alla violazione del riconoscimento del potere dell’organizzazione”: “lo ammazzo come un cane... ma magari me viene con qualcuno, glielo dico: entro 48 ore sei morto... ti saluto! ti saluto... entro 48 ore o ti ammazzo io o c’hai un uomo che m’ammazza...”. AL LIDO di Ostia, invece, c’è un ragazzo che si comporta in modo “scorretto” con Lorenzo Alibrandi, fratello di Alessandro, uomo dei Nar ucciso nel 1981 durante un conflitto a fuoco. “Ho dovuto annà a cercà da solo ...”, dice Carminati a Brugia, “gli ho fatto fa una cagata... a uno che faceva il malandrino lì sulla spiaggia là, so annato giù...”. Il ragazzo prova a spiegargli di non sapere che Alibrandi era protetto dal “cecato” e Carminati. Continua a raccontare di avergli risposto: “Invece no, lo sapevi, lo sapevi... che il fratello di quello era un compagno mio... il fratello di quello era un mio compagno che è morto... cane pezzo di merda”. Sui soldi e sul rispetto dei patti, il “cecato” non pare far sconti a nessuno, neanche a Riccardo Mancini, l’amministratore di Eur Spa, in affari con Carminati e il patron delle coop rosse Salvatore Buzzi. Quando Mancini si mostra restio a pagare il dovuto alle cooperative di Bussi e Carminati ecco il commento del boss: “Mo’ o famo strilla’ come un’aquila sgozzata”. ROMANZO CRIMINALE il Fatto Quotidiano R iesame, l’ex Nar e i suoi cortigiani rimangono in galera L’IMPIANTO accusatorio della Procura di Roma nell’inchiesta “Mondo di mezzo” è solido. Ne sono convinti i giudici del Tribunale del Riesame che hanno confermato il carcere per l’uomo considerato ideatore e capo dell’organizzazione Mafia Capitale, Massimo Carminati. Una vittoria si- SABATO 13 DICEMBRE 2014 gnificativa per i pm che il giorno prima, nel corso dell’udienza davanti al tribunale della Libertà avevano ribadito con forza che quello capeggiato dall’ex Nar è un clan con dinamiche mafiose. In carcere oltre al “Re” restano anche Riccardo Brugia (in foto), braccio destro del “capo”, Roberto 7 Lacopo e Fabrizio Franco Testa. Confermato il carcere anche per Emilio Gammuto a cui la Procura contesta il reato di corruzione aggravata. I difensori di Carminati hanno annunciato il ricorso in Cassazione in quella che si annuncia come una vera battaglia legale senza esclusione di colpi. TENTACOLI SULL’URBE di Davide Vecchi A nche la criminalità seleziona i talenti. E il boss del mondo di mezzo, Massimo Carminati, è un attento e profondo conoscitore dei gruppi e delle “batterie” che operano nella Capitale. Nel corso di numerosi colloqui intercettati dai carabinieri del Ros – e allegati agli atti dell’inchiesta Mafia Capitale svolta dai pm Michele Prestipino, Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli – Carminati analizza e giudica le varie realtà presenti a Roma, stilando una sorta di pagella del boss. Il Guercio, ad esempio, nota gli albanesi e il 15 gennaio 2014 ne parla con Simone Ariola, assessore al commercio del XV Municipio. “Stanno diventando importanti a Roma, su certe attività eh”, esordisce Carminati. “Tu guardi i giornali, ogni giorno o per un motivo o per l’altro pure oggi sul giornale c’era scritto che ne hanno arrestati una decina, traffico di stupefacenti... una cosa come avranno trovato un paio di dosi... una pietra con un masso di 100 chili di cocaina”. INSOMMA questi qui, dice il boss, mica si sporcano per due dosi ma muovono 100 chili di polvere bianca. “Che poi so tosti eh, so tosti”, prosegue Carminati. “Molti sono qua di seconda generazione, che magari sono figli di Albanesi che hanno lavorato qua e quindi conoscono bene la lingua, conoscono bene il territorio, capito? E poi rispetto alla malavita romana so’ cattivi, cioè non si inculano nessuno. È una malavita che si confonde bene nel senso che parlano bene italiano, sono molto più inseriti dei Le pagelle del capo Il Cecato promuove soltanto gli albanesi “STANNO DIVENTANDO IMPORTANTI, SANNO LA LINGUA, MICA COME I RUMENI”. BOCCIATI CASAMONICA E CAMORRISTI rumeni”, riflette Carminati. Degli uomini di Roberto Santoni di San Lorenzo riconducibili al clan Senese, Carminati non sembra avere una gran considerazione. Da boss fortemente interessato a evitare la violenza, così da non attirare le attenzioni della magistratura, annotano gli inquirenti, Carminati dice che “so’ brutta gente”. Il 17 aprile 2013 racconta di essere dovuto intervenire per sedare un contrasto: “Sono andato da questi prima che prendano la pistola e sparano”, spiega a Riccardo Brugia discutendo alla stazione di servizio Eni di Corso Francia. “Quelli so’ brutti forte compà”, ripete riferendosi ai pregiudicati Daniele Carlomosti e Tomislav Pavlovic. Carminati per risolvere il problema è costretto a intervenire in prima persona e impiega numerosi incontri per raggiungere l’obiettivo “prima che prendano la pistola”. Non è un episodio isolato. Il Re di Roma seleziona con attenzione ogni singola persona che potrebbe in qualche modo essere coinvolta negli affari. Ad agosto all’interno del bar Vigna Stelluti, insieme a Fabio Gaudenzi e Roberto Fuligni, Carminati deve decidere come risolvere un problema di un I VOTI AI “SUDDITI” Gli uomini del clan del napoletano Senese ”so’ brutta gente”. Sul leader dei sinti, dice: “C’è costato un sacco, voleva anna’ pure in tv” amico che ha un lido a Ostia ed è infastidito da un personaggio “enorme, con tatuato SPQR sul braccio”, si lamenta l’amico. “Guernini?”, chiede Carminati. “C’ha la pistola”, garantisce Gaudenzi. “Ma è un disgraziato, stamo a parlà di un disgraziato... un cretino... ma non c’è nessuno in giro”. Carminati decide che andrà lui e gli altri due. “L’aspettamo in spiaggia”. Neanche dei Casamonica, clan sinti il cui feudo è la Romanina, Carminati ha una alta considerazione “criminale”. Ma è costretto a tenere buoni i rapporti, impossibile del resto non averne. Così paga 20 mila euro al mese a Luciano Casamonica (non indagato), legato ai boss Guerino e Giuseppe, e affida alla famiglia la gestione del guardianato del campo nomadi di Castel Romano. “Nun se fanno rispettà” dai nomadi, loro hanno timore “solo della divisa”. E si lamenta in un’altra telefonata Carminati: “Casamonica c’è costato, c’è costato un sacco de roba”. NON È IL SOLO. “M’hanno am- mazzato co’ ‘sta storia de Luciano Casamonica, i giornali... oh, ma sai che avevano chiamato Luciano stasera a Sky al confronto tra Alemanno e Marino. So’ riuscito a convincerlo a non annacce... ce voleva anna’. Lui ce voleva anna’, dice: ‘No, io non so’ pregiudicato’. Gli ho detto ‘A Lucia’, ma statte zitto va’. Vattenaffanculo”. L’importante è capirsi. E scegliere il “personale” al meglio. Ma tra “i pezzenti” de San Lorenzo e “st’incapaci che scendono a Ponte Milvio” per Carminati si salvano in pochi. “Nun ce so più le batterie de ‘na volta frate’”. PAPPA E CICCIA Luciano Casamonica e Gianni Alemanno in una cena del centro Baobab il 28 ottobre 2010. A sinistra, Massimo Carminati STAMPA Saviano-Chiocci scontro al vetriolo u Roberto Saviano attacca : S “Politica e stampa intreccio perverso”. La storia, ormai nota, è quella dell’articolo l’Espresso Il Tempo sollecitato dal braccio “sinistro” di Massimo Carminati, il signore della “coop 29 giugno” Salvatore Buzzi, tramite l’ex sindaco Gianni Alemanno, al giornale di piazza Colonna. E dell’incontro tra Carminati e il direttore del Tempo Gian Marco Chiocchi nello studio dell’avvocato Naso. “Secondo il Ros – sostiene Saviano – non c’era nessuna millantata intervista da fare”, come invece ha dichiarato Chiocci. “Clan, giornali compiacenti, politica: nulla a che fare con l’informazione”, conclude Saviano. Replica Chiocci: “Il Tempo e i suoi cronisti hanno esercitato il diritto di cronaca. Lo si capiva leggendo l’informativa del Ros, lo ha sostenuto pubblicamente il procuratore Pignatone e lo scrive anche Saviano, pure se non se ne accorge (gli capita spesso: ha copiato tanti articoli, senza accorgersene)”. “Le Monde”: una grande piovra nera su Roma VISTI DALL’ESTERO: PER IL GIORNALE FRANCESE SULLA CAPITALE ITALIANA SI È ABBATTUTO “IL FLAGELLO DELLA CORRUZIONE” di Stefano Citati ista da fuori la Roma criminale è V il solito impasto di italianità, che conferma l’immagine di un Paese immobile nella sua corruzione irredimibile, stantio e incapace di uscire dai suoi cliché. Il riflesso di un carattere nazionale venato di inefficienza e, collusioni, eppure che si sorprende di vedere la sua immagine così turpe. “Perfino per un Paese in cui la corruzione è data per scontata nella vita quotidiana, le rivelazioni hanno sbalordito i cittadini”, scrive sul New York Times Elisabetta Povoledo, corrispondente del quotidiano americano, in un’articolo titolato “L’Italia rantola per l’ampiezza della rete criminale”. La corrispondente del quotidiano conservatore tedesco Die Welt, ha raccontato all’inizio della settimana con un’ampia inchiesta della corrispondente Constanze Reuscher luoghi e personaggi di Roma criminale. Spesso in Italia si sostiene che la stampa estera dia un’immagine stereotipata del nostro Paese, soprattutto per quel che riguarda gli scandali, senza badare che i corrispondenti delle grati testate internazionali spesso non fanno che reinterpretare e riproporre l’immagine formulata dai nostri media. Un gioco di specchi dove la differenza sta solo nelle diverse formule linguistiche e nell’efficacia delle frasi che sintetizzano gli scandali. A esempio la grande piovra assisa tra le cupole delle chiese e i cui tentacoli abbrancano la capitale ideata dalla disegnatrice Aline Boureau 1977-2014 La famosa copertina del settimanale tedesco Der Spiegel di fine anni Settanta a confronto con la grande piovra nera comparsa su Le Monde ieri per l’articolo di Le Monde “A Roma il ’70 - ’80. E la percezione del nostro flagello della corruzione”, ricorda Paese non pare esser cambiata poi di l’immagine tranchant dello Spiegel molto nei media internazionali. Tracon la scodella di pasta sulla quale era montata l’era Berlusconi - “Unfit to poggiata una pistola: “Italia paese rule Italy”, secondo la definizione asdelle vacanze” - era il 1977. surta a tormentone, dell’Economist - è rimasto l’arma“Roma città in vendita”, titolava il giornale della mentario intergauche parigina, ex fepretativo di semIL NEW YORK TIMES pre, il cui magnomeno editoriale ormai sbiadito, Libération pregio è la “L’incontrollata e diffusa gior (che ieri tornava a ocsintesi e la semcuparsi dell’Italia con plicità delle spiesottrazione di fondi un netto: “Sinistra congazioni dell’eterstatali ha portato tro sinistra” a proposito na situazione italica: “Virtualdella lotta fratricida Pd il livello del debito renziano-sindacati). mente, non c’è Nel suo articolo Eric Joangolo dell’Italia pubblico italiano al più zef, decano dei corriche sia immune alto livello d’Europa” spondenti esteri (come dall’infiltrazione del resto il collega Phicriminale”. “La lippe Ridet di Le Monde, diffusa e inconaltro quotidiano transalpino in crisi) trollata corruzione, con sottrazione ricapitola lo scandalo della “ville con- di fondi pubblici rivelata dall’inchietaminée” e mette l’accento sulle con- sta è un’esempio della situazione che nessioni politiche della banda crimi- ha portato il debito pubblico dell’Itanale. “La mafia non uccide, corrom- lia a uno dei livelli più alti in Europa”, pe”, spiega il settimanale, sempre parole di Povoledo. Molto più chiare francese, L’Express. Sintesi che paiono e definitive delle paginate dei giortitoli di B movies italiani degli Anni nali del Belpaese. 8 ROMANZO CRIMINALE SABATO 13 DICEMBRE 2014 A lla “29 Giugno” anche 800 mila euro per le piste ciclabili NELL’ESTATE DEL 2013 la cooperativa guidata da Salvatore Buzzi, braccio “sinistro” di Massimo Carminati, ottenne un appalto da 800 mila euro per la manutenzione delle piste ciclabili della città. È quanto emerge da una informativa del Ros depositata dalla Procura al Riesame. Per questa opera- zione un ruolo fondamentale è svolto, secondo gli inquirenti, da Claudio Turella, funzionario del X Dipartimento di Roma Capitale (Tutela ambiente e verde-Protezione Civile) e ritenuto dagli inquirenti colui che “garantiva al sodalizio continuità tra le diverse Giunte capitoline, consentendogli di esercitare pertanto le proprie influenze, indipendentemente dall’area politica al potere”. Per questo appalto il funzionario si sarebbe mosso, in base a quanto ricostruito dal Ros, per far ottenere gli 800 mila euro “al netto dell’Iva invece che comprensivo di quest’ultima imposta”. In cambio, Tu- “Mucche da mungere” e “un anno di sfollati” Il frasario di Buzzi Massari e Valeria Pacelli L o sai il proverbio della mucca? Se la mucca non mangia, non può essere munta”. È questa la filosofia di Salvatore Buzzi, laureato in Lettere moderne, patron della “coop 29 giugno”, braccio “sinistro” di Massimo Carminati, compagno di carcere di Gianni Alemanno negli anni 80, miracolato dalla legge Gozzini e graziato dal presidente Oscar Luigi Scalfaro, dopo anni di detenzione per un omicidio con 34 coltellate. Rispetto alle teorie del “Cecato” e alla sua suddivisione del mondo in segmenti paralleli – il mondo di sopra, il mondo di sotto, il mondo di mezzo – il linguaggio di Buzzi vagheggia di “mucche”, oppure di “monnezza”, come quando augura il buon anno ad Angelo Scozzafava, ex direttore del dipartimento Promozione dei servizi sociali e della salute del Campidoglio. ED ECCOLA ancora la filoso- fia di Buzzi, racchiusa nell’sms rivelato ieri dal Corriere della Sera: “Speriamo che il 2013 sia un anno pieno di monnezza, profughi, immigrati, sfollati, minori, piovoso così cresce l’erba da tagliare e magari con qualche bufera di neve: evviva la cooperazione sociale”. È questa la considerazione che Buzzi ha dei più deboli, degli emarginati, dei minori: per lui sono soldi. Tanti soldi: “C’hai idea di quanto ce guadagno sugli immigrati?”, dice in una ormai famosa intercettazione, “il traffico di droga rende di meno”. Soldi che divide con Carminati, che di lui si fida: “Io c’ho ... c’ho ... i soldi suoi, lui sai cosa m’ha detto quando... c’aveva paura che l'arrestavano.. è venuto da me e dice ‘guarda, qualunque cosa succede, ce l’hai te, li tieni te e li gestisci te, non li devi dà a nessuno, a chiunque venisse qui da te... nemmeno mia moglie’, non so’ soddisfazioni?”. Sono amici il “Cecato” e Buzzi, al quale piace vantarsi delle donne di cui si circonda: “Io non mi posso lamentare... c’ho Alessandra ... c’ho Piera che ventott’anni... poi ce n’ho altre due, scopo... oh scopo tutti i giorni... tutti i giorni... ogni tanto mi ci vuole un incentivo perché se no non ce la fai...”. Buzzi il “rosso” e Carminati il “nero” insieme persino nella cooperativa 29 giugno dove, secondo il dirigente Claudio Bolla, il “Cecato” diventa persino socio. I SOCI ORA PERÒ sono in IL MESSAGGIO Gli auguri del “compagno” Salvatore: “Un 2013 pieno di profughi, immigrati, minori e un po’ di neve” carcere. Massimo Carminati, ritenuto il capo dell’associazione, è a Rebibbia. Buzzi ieri è stato da Regina Coeli al carcere di massima sicurezza di Nuoro, Badu ‘e Carros, lontano da quella Roma dove faceva da padrone. Ora rischia un processo e una condanna per mafia. L’assassino s’è trasformato nel burocrate della cooperazione sociale, che sborsa tra i 5 mila e i 10 mila euro per finanziare il Pd targato Matteo Renzi, partecipando alla cena di finanziamento del 7 novembre scorso, ma non ha mai dimenticato i suoi modi spicci e le minacce di violenza che ben si attagliano al “mondo di rella “avrebbe avanzato la richiesta di 100 mila euro, successivamente rinegoziata - scrivono i carabinieri - in 30 mila come prezzo per l’atto contrario ai doveri di ufficio”. In una intercettazione Buzzi, confermando che Turella era uomo vicino al clan, afferma che ”gli davamo la pagnotta pure a lui...“. IN SICILIA Migranti nel centro di Mineo (Catania), a centro pagina Salvatore Buzzi, responsabile della coop 29 giugno Ansa mezzo” che amministra con Carminati. Quando l'ex consigliere d'amministrazione di Atac Spa, Andrea Carlini, gli crea dei problemi, perché è uno che “parla in libertà”, invita il parlamentare del Pd Umberto Marroni a redarguirlo. E a quel punto Carlini gli fa notare al telefono: “io non lavoro ne pe' te ne pe' Marra ... lavoro con Umberto, non per Umberto... non sono un suo dipendente... sono le regole della buona creanza... vaffanculo”. La reazione di Buzzi è istantanea: “Dimmi dove sei che ti vengo a raggiunge' e ti spacco il culo subito, dove sei pezzo di me ...?” “A piazza della Consolazione...”, risponde Carlini. E Buzzi incalza: “A testa di cazzo! Dimmi dove sei che ti spacco il culo subito...”. L’incontro si chiuderà con una stretta di mano. TELEFONATE E SMS DELL’UOMO DELLA COOP PIGLIATUTTO: ”MONNEZZA”, “DONNE DA SCOPARE” E TANTI TANTI SOLDI di Antonio il Fatto Quotidiano CLICK L’ostinata macumba dei fantaccini d’inchiostro di Pino Corrias IL PROBLEMA non è Giuliano Ferrara che ormai spiega l’eucarestia al Papa, scrive fantasiose cronache su tutto lo scibile e persino irresistibili interviste al suo capo usando così tanti congiuntivi che al vero Silvio verrebbe il mal di testa solo a pensarli. Il problema è che ormai tutta la brigata del suo Foglio – penna per penna, adulto per adulto – gli va dietro a testa bassa, anzi danzando. Ignara di ogni altra sollecitazione o dubbio o senso del ridicolo. Siccome ipse dixit, chissà per quale capriccio pensato in una notte insonne, che la mafia appena illuminata a Roma non è mafia, ma bassa combriccola romanesca, faccenda di lestofanti dediti al furto d’orologi senza destrezza, alla minaccia senza lupara, all’usura senza tritolo, ecco che tutti i suoi fantaccini d’inchiostro suonano la stessa musica, anzi la danzano. Carminati? Un borgataro da due lire. Buzzi? Un ex galeotto che si arrangia. Gli appalti pubblici incassati? Briciole. Il comune passato fascista? Folclore. L’infezione che si propaga alla politica? Un raffreddore. C’è così tanta ostinazione nel voler ridurre l’incendio al lampo di un fiammifero, che sembra una macumba. Ben altra era la minaccia della Panda rossa. A Latina intercettare non si può ANCHE PERCHÉ, come anno- ta il Ros dei carabinieri, i due discutono anche di affari immobiliari: “Carlini ha chiesto a Buzzi di acquistare, in suo favore, un appartamento di 50 metri quadri”. E ancora: “. ”Le conversazioni rivelavano, comunque, come dette elargizioni fossero funzionali ad ottenere illeciti vantaggi in procedimenti pubblici amministrativi”. E il 14 marzo viene intercettata una conversazione all'interno degli uffici di via Pomona, quelli della cooperativa 29 giugno, nel corso della quale Buzzi “riferiva che a breve avrebbe incontrato Carlini” e commentava: “glie compreremo ‘na casa”. Anzi, per la precisione: "Mi compro pure lui...”. Tanto la morale è sempre la stessa: “Lo sai il proverbio della mucca? Se la mucca non mangia, non può essere munta” Il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone Ansa LA DENUNCIA DEL PROCURATORE DI ROMA IN ANTIMAFIA: “GLI INDAGATI PUNTUALMENTE AVVERTITI” di Rita Di Giovacchino i una cosa soltanto si è lamentato PiD gnatone, giovedì scorso, di fronte alla commissione parlamentare Antimafia: le enormi difficoltà incontrate a Latina nel lavoro sul territorio. Che la quinta provincia del Lazio non fosse una zona facile, per il radicamento di ceppi mafiosi che si estendono tra il litorale a sud di Roma e il confine con la Campania, già si sapeva. Alla camorra che controlla ristoranti e night e alla ’ndrangheta che estende i suoi tentacoli sul mercato ortofrutticolo di Fondi vanno aggiunte le estorsioni ai commercianti e le minacce ai magistrati. La più eclatante i manifesti a lutto contro il giudice antimafia Luisa Aielli che ieri ha incontrato Rosy Bindi in visita al Tribunale di Latina. Ma a ciò va aggiunto che di recente, proprio quando il cerchio si andava stringendo su livelli superiori, si sono verificate inquietanti e mirate fughe di notizie che hanno rischiato di vanificare gli sforzi della Dda del Lazio. “In più occasioni i decreti di intercettazione sono finiti nelle mani sbagliate, esistono realtà in cui la compenetrazione dei diversi interessi è tale che la persona intercettata difficilmente ne resta all’oscuro per più di trenta o quaranta giorni, in poche parole viene puntualmente avvertita. E le indagini di mafia, senza intercettazioni, sono impossibili”, ha spiegato l’aggiunto Michele Prestipino dopo la denuncia del procuratore. di Roma. Un amaro j’accuse, che per fortuna sembra non aver influito sui risultati finali, acuito dal fatto, secondo Prestipino, che “le forze di polizia che lavorano su Latina sono abituate a dialogare più frequentemente con la Dda di Napoli che non con quella di Roma”. Ma il dato più allarmante resta il fatto che a gestire le intercettazioni sono state agenzie poco affidabili, come conferma un oscuro episodio avvenuto nel 2011 quando, del tutto casualmente, i carabinieri si trovarono a perquisire a Roma un uomo che vestiva un giubbotto antiproiettile. Lo strano personaggio, che di lì a poco si sarebbe definito “un agente del Mossad”, aveva addosso “atti giudiziari con decreti di intercettazione della Dda di Roma, appena firmati, trascrizioni di intercettazioni appena iniziate, tanti altri atti e tante altre cose”, ha denunciato il procuratore aggiunto Prestipino. L’UOMO “DEL MOSSAD” Un sedicente “agente israeliano” nel 2011 fu trovato in possesso di atti riservati provenienti da un’agenzia del capoluogo pontino impegnata in attività di ascolto disposte dalla magistratura L’UOMO CONSEGNÒ anche una tessera del servizio segreto israeliano, tutta da verificare, ma da accertamenti successivi è risultato che il soggetto collaborava con una società inglese che faceva intercettazioni per conto terzi ed era collegata con un’analoga società di Latina. “Scopriamo dunque che c’è un signore che gestisce quasi tutte le attività di intercettazioni su Latina che aveva ritenuto lecito e opportuno subappaltare il servizio dell’attività a un personaggio con la tessera del Mossad”, ha aggiunto il magistrato. C’era forse un interesse da parte di “agenzie” straniere sull’attività di indagine della procura di Roma? La commissione antimafia, che ieri con il presidente Rosy Bindi si è recata a Latina per acquisire documenti e svolgere audizioni, intende approfondire lo strano episodio. Nonostante le difficoltà in provincia di Latina di recente ci sono stati arresti e sequestri di beni nei confronti di appartenenti ai camorristi del clan Mallardo Ascione. [email protected] POTERI E PALAZZI il Fatto Quotidiano G rillo, oggi a Genova raccoglie firme contro l’euro CONTRO L’EURO da casa sua. Oggi pomeriggio Beppe Grillo sarà a un banchetto di Genova (zona San Lorenzo) per lanciare la raccolta di firme per il referendum dei Cinque Stelle contro la moneta unica. “Altro che obiettivo 500 mila sottoscrizioni, saremo ricoperti dalle firme” ha assicurato Grillo ai suoi secondo l’Adnkronos. Sul suo profilo Facebook, il fondatore del M5S chiama a raccolta: “Domani è il #firmaday, primo giorno per firmare sul referendum euro! Sciarpa, cappotto e documento alla mano: vi aspettiamo ai banchetti in tutta Italia!”. Per ribadire il concetto, anche un post sul blog di Grillo, che gioca sul doppio significato dell’acronimo Bbb-: tre lettere che evocano l’attrice francese Brigitte Bardot (più nota come BB), ma anche il rating a cui Standard & Poor’s ha appena retrocesso l’Italia. “Non è Brigitte SABATO 13 DICEMBRE 2014 9 Bardot, è spazzatura” urla il titolo, corredato con foto dell’attrice ed esortazione: “Il 13 dicembre firma contro l’euro”. Nel post, previsioni apocalittiche: “Se nessuno comprerà più i nostri titoli, 400 miliardi nel 2015, il bilancio dello Stato crollerà e arriverà il default. Arriverà la troika? Forse entro la primavera. Di certo questo governo non sta più in piedi, basta un soffio di vento per farlo cadere”. PIÙ CARCERE PER I CORROTTI, MA NON PER “MAFIA CAPITALE” PENE PIÙ DURE, PRESCRIZIONE PIÙ LUNGA E CONFISCHE PIÙ FACILI, MA IL MINISTRO CI SPIEGA: “QUESTE NORME NON SARANNO APPLICABILI ALL’INCHIESTA ROMANA” di Marco Palombi P ene più severe, prescrizione aumentata, misure più efficaci per recuperare il maltolto. Questi i contenuti aggiuntivi al ddl Orlando sulla criminalità economica - che è all’esame del Senato da fine novembre - che il governo ha approvato ieri sera in un apposito Consiglio dei ministri. Si potrebbe dire che forse il governo poteva pensarci prima, e effettivamente una settimana fa le stesse norme che il Guardasigil- li ha fatto passare ieri erano state bloccate dal no di Angelino Alfano, però adesso c’è di mezzo l’inchiesta su Mafia Capitale e quindi non si può dare l’idea di perdere tempo: “In Consiglio c’è stata piena condivisione”, ha potuto dire Renzi ieri sera. MISSIONE COMPIUTA, si dirà, ma solo a livello mediatico: le nuove norme infatti, vendute come reazione a Mafia Capitale, non saranno comunque applicabili ai reati commessi prima dell’entrata in vigore. Lo spiega al Fatto Quotidiano lo stesso CARTOLINA Capitalismo, noi complici dell’omicidio di Franco Arminio IL CAPITALISMO sta uccidendo il pianeta. Il pianeta non può uccidere il capitalismo. Il sole non ha le unghie, l’erba non ama la lotta. Noi umani che crediamo di pensare a un altro mondo, abbiamo poco tempo prima della fine e allora dobbiamo lottare non c’è altro da fare che lottare, pure l'amore è un episodio della lotta. Il capitalismo ti fa scrivere, dipingere, fotografare, ti fa fare un film, ti offre dieci amanti, il capitalismo ti vuole creativo, così creativo che non t’accorgi che tu sei morto e lui vivo. Il capitalismo è un omicidio e noi siamo complici. Il mondo non è più il mondo, ma la scena del crimine. L'unica innocenza è ritirarsi in un angolo sperduto del mondo e in un angolo sperduto della propria testa. Il capitalismo ha molti miliardi di seguaci. Noi siamo poche migliaia in tutto il mondo, noi che non sappiamo chi siamo, noi che rovistiamo nella lingua per tenere a bada la morte, come se dovessimo morire solo noi e non pure i miliardi di seguaci del capitalismo. Il capitalismo fuori dal sistema solare non è niente, nessuno ne sa niente. Guardasigilli, Andrea Orlando: “No, non saranno applicabili ai reati di ‘Mafia Capitale’ se non forse per alcuni aspetti patrimoniali”. L’articolo 25 della Costituzione, d’altronde, è assai chiaro: “Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”. La questione dei tempi, dunque, è pura propaganda: il governo approva in Consiglio dei ministri proposte da inviare in Senato una settimana dopo l’esplosione dell’inchiesta sul “Mondo di mezzo” di Massimo Carminati e soci. SOLO UNO SPOT In Senato c’è da 18 mesi il ddl Grasso, che contiene buona parte delle “novità”annunciate. Casson: “Se votavamo quello, facevamo prima” Queste norme non hanno, però, alcuna speranza di influire sull’inchiesta in corso a Roma e peraltro arrivano - ironia della sorte - proprio a Palazzo Madama, dove un ddl anti-corruzione giace abbandonato da un anno e mezzo: porta la firma del presidente del Senato Pietro Grasso e contiene già molti dei contenuti approvati ieri a palazzo Chigi. Il senatore Pd Felice Casson l’ha detto chiaramente: “Bastava che il governo desse via libera al disegno di legge fermo in commissione Giustizia al Se- nato: faremmo pure più in fretta”. Ma il punto non è fare in fretta - visti i probabili, lunghissimi dibattiti da azzeccagarbugli che inizieranno ora alle Camere - ma dare l’impressione di reagire allo scandalo romano. Veniamo ai contenuti, che - dal poco che si è capito ieri sera sono comunque un passo avanti rispetto a oggi. Si tratta, in sostanza, di aumentare le pene per la “corruzione propria” (restano fuori quella giudiziaria e l’induzione illecita): la minima passa da 4 a sei anni, la massima da 8 a dieci, il che fa conseguentemente aumentare anche i tempi di prescrizione. Sul punto, però, c’è anche un’altro intervento: la prescrizione verrà bloccata automaticamente per due anni dopo il primo grado e per uno dopo l’appello. Meno chiaro il meccanismo sul recupero del “bottino”, anche se il premier ha sostenuto che si tratta di un modo per rendere più facile la confisca dei beni e che sarà applicabile anche agli eredi. FORSE È COLPA del viaggio di due giorni in Turchia da cui è atterrato giusto ieri pomeriggio, ma il premier sembra più confuso del solito: vorrebbe dire che è tutto a posto, eppure non può rinunciare a attaccare il vecchio sistema corrotto. La rottamazione è uno sport logorante, si sa. E infatti prima dice che “la lotta alla corruzione non si fa con le norme, è una grande questione educativa e culturale”, poi però magnifica l’aumento delle pene “perché ci sono patteggiamenti che consentono di non andare in carcere e tenersi pure una parte dei soldi” (il ri- Ieri Matteo Renzi è rientrato dalla visita ufficiale in Turchia Ansa LA COSTITUZIONE “Nessuno può essere punito se non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto”. Carminati e gli altri possono stare tranquilli ferimento è alla fine in gloria delle inchieste su Expo e Mose, in cui quasi tutti hanno patteggiato pene basse e restituito cifre decisamente contenute). In realtà poi Orlando spiegherà che con le nuove pene “il patteggiamento non esclude la pena detentiva”, ma non la comporta automaticamente. Finita? Macché. Il Renzi di ieri era un pendolo in incessante movimento tra l’italian pride e il vigore giustizialista: prima cita Transparency International e i suoi pessimi dati sull’inflazione percepita, poi però dice che “noi non siamo d’accordo con chi dice che l’Italia è piena di corruzione”. Pure lo slogan gli esce così così: ripete un paio di volte una cosa tipo “pagare fino all’ultimo giorno, fino all’ultimo centesimo” e poi s’incarta sul non entusiasmante autoritratto “siamo il governo che ha l’ambizione di fare di più contro la corruzione”. E ancora: don Ciotti dice che l’autoriciclaggio è un compromesso al ribasso? “Non è così, ma comunque almeno noi l’abbiamo messo l’autoriciclaggio. C’è chi fa le cose e chi...”, poi siccome di don Ciotti non può dire che chiacchiera e basta cambia discorso. La chiusura è “un appello ai magistrati” - in cui include pure il Guardasigilli bordeggiando l’incidente costituzionale - “a fare rapidamente i processi per avere le sentenze il prima possibile”. Così, per curiosità, per vedere se “Mafia Capitale” può essere smantellata con le vecchie leggi. Lui, intanto, ha fatto il suo spot. Casaleggio chiama, Milano non risponde IL “GURU” DEL M5S RIAPPARE ALL’INCONTRO ORGANIZZATO DAI 5 STELLE CON LA POLIZIA. TEATRO SEMIVUOTO, COMPLICE LO SCIOPERO di Gianni Barbacetto Milano ianroberto Casaleggio torna a parlare in G pubblico, a Milano. Nell’auditorium Giorgio Gaber del grattacielo Pirelli, sede del Consi- glio regionale, ha introdotto l’incontro tra cittadini e polizia organizzato dal Movimento 5 stelle. “La polizia non può essere vista come nemico”, ha detto il cofondatore del movimento, davanti a un pubblico poco numeroso. Platea dell’auditorium quasi vuota, per l’orario scelto, a metà pomeriggio, e per la giornata difficile, un 12 dicembre di sciopero dei mezzi pubblici e di traffico indiavolato in città. “Anche oggi ci sono stati scontri in piazza tra cittadini arrabbiati e cittadini in divisa”, ha continuato. Il riferimento era ai tafferugli scoppiati a Milano e Torino durante i cortei organizzati in occasione dello sciopero generale indetto da Cgil e Uil. “Vorrei che non si verificassero più fatti come questi. Voglio vedere i poliziotti come coloro che difendono la sicurezza dei cittadini, che è sempre di meno nelle grandi città, e non coloro che difendono il potere. Chi va in piaz- za si trova davanti un uomo in divisa che a volte guadagna meno di lui”. È il primo incontro di una serie, a Milano, Roma e Palermo, per far dialogare cittadini e forze dell’ordine in una fase di tensioni sociali. Per l’occasione, Casaleggio presenta anche il calendario 2015 dei “Santi laici” pubblicato dal Movimento 5 Stelle, giunto alla nona edizione: quest’anno è dedicato ai poliziotti “caduti nell’esercizio del proprio dovere”. CASALEGGIO cita Manuela Loi, uno degli agenti della scorta di Paolo Borsellino uccisa insieme al magistrato e ai suoi compagni in via d’Amelio. “Ci sono i poliziotti che hanno dato la vita coscientemente per proteggere qualcuno. E poi ci sono i servizi segreti deviati: e chissà se deviati sono quelli buoni o quelli cattivi”. Ricorda due lapidi che si vedono nelle vie di Milano, quella dedicata al commissario Luigi Calabresi e quella per Giorgio Ambrosoli (nome che recupera solo dopo un momento di amnesia). “Queste persone sono state dimenticate e hanno dato la vita. Io stasera le vorrei ricordare e spero che il rapporto tra le forze dell’ordine e i cittadini diventi un rapporto umano. Vi- vono ogni giorno situazioni di pericolo, come capita sempre più spesso a Milano”, ha proseguito. “Ambrosoli, ecco, ora mi sono ricordato: Ambrosoli non aveva la scorta, aveva solo un signore della Guardia di finanza che lo seguiva”. Era il maresciallo Silvio Novembre. “E quando è morto, ai suoi funerali non c’erano autorità pubbliche, perché nella torta c’erano tutti, proprio come oggi a Roma, nell’inchiesta Mafia Capitale: nella torta ci sono tutti”. I poliziotti “non hanno le fotocopiatrici, non hanno la carta, non hanno la benzina per le macchine. E adesso il governo vuole anche tagliare le caserme dei carabinieri e della polizia”. Quando li si chiama, “arriva prima la pizza della polizia”, ha concluso Casaleggio, “ma non è colpa loro”. La parola è poi passata a Massimo Cerè: “Faccio da trent’anni il poliziotto a Bologna, nel Reparto Mobile, che poi è la Celere. Ci troRISPETTO PER LE DIVISE viamo a far da barriera alla giusta rabbia della gente”. Il cofondatore: “Gli agenti non possono Il vicepresidente della Camera essere visti come un nemico, spesso Luigi Di Maio spiega che ormai guadagnano meno di chi va in piazza” nelle piazze “si confrontano cittadini in divisa e altri cittadini che hanno ragione a essere arrabbiati e che nessuno ascolta”. DI MAIO, BUFFETTO PER IL COLLE Bisogna sostituire il dialogo allo scontro: “Chi ci definisce antiIl vicepresidente della Camera: “Chi politica”, ha concluso Di Maio, ci definisce antipolitica venga a vedere “venga a vedere che cosa stiamo cosa stiamo facendo qui” facendo qui”. CATTIVI AFFARI il Fatto Quotidiano Pla rofit warning, Consob multa la Saipem LA CONSOB ha comminato una multa di 80 mila euro a Saipem in merito alla comunicazione del profit warning lanciato dalla controllata di Eni a gennaio 2013. Lo si apprende nel bollettino diffuso dalla Commissione. L’autorità fa riferimento "al comunicato stampa diffuso da Saipem il 29 gennaio 2013, con il quale la società, al termine di una riunione straordinaria del cda, ha reso note al mercato la revisione delle previsioni sui risultati del 2012 e le previsioni sui ricavi e risultati del 2013 (profit warning)". La violazione di Saipem (che ieri ha perso il 5,64% in Borsa dopo il congelamento della cessione) riscontrata SABATO 13 DICEMBRE 2014 11 dalla Consob è stata quella di “non aver comunicato senza indugio al pubblico l’informazione privilegiata contenuta nel comunicato stampa del gennaio 2013 e i rilevanti scostamenti delle stime relative ai dati pre-consuntivi per il 2012, rispetto ai dati in precedenza resi pubblici”. LA DOPPIA G TRABALLA, GUCCI LICENZIA I SUOI MANAGER DI PUNTA LA GRIFFE DI MODA METTE ALLA PORTA FRIDA GIANNINI E IL COMPAGNO AD di Camilla Conti G Milano iù dalla passerella di Gucci. Il miliardario francese François-Henri Pinault, patron del gruppo del lusso Kering che controlla la griffe della doppia G oltre a Saint Lorent e Puma, ha licenziato sia il direttore creativo Frida Giannini sia l’amministratore delegato – nonché compagno della Giannini – Pa- trizio Di Marco. Negli uffici milanesi del marchio Gucci, la notizia del duplice addio al vertice è arrivata come un fulmine a ciel sereno mentre Giannini e Di Marco sarebbero stati informati della decisione di Pinault da almeno una settimana. NESSUNA motivazione uffi- ciale, anzi, il divorzio è stato accompagnato dal ringraziamenti di rito. Ma i boatos che arrivano dal fashion system puntano il dito nella stessa direzio- RAGUSA Il gip convalida: la mamma resta in cella l Gip di Ragusa, Claudio Maggioni, ha conI validato il fermo di Veronica Panarello, mamma del piccolo Loris. Nell’ordinanza di custodia cautelare il gip scrive che la vettura della mamma il 29 novembre scorso risulta “essere passata per due volte dal Mulino vecchio”, zona dove è stato ritrovato il corpo del bambino. “Non si è trovata dove diceva di essere ed è provato che nello stesso tempo era altrove”. La Polizia Postale ha acquisito anche il cellulare di un’amica della donna, a rivelare di aver usufruito di quel telefonino è stata la stessa mamma di Loris parlando con gli investigatori. Veronica Panarello si trova in stato di fermo perché accusata di aver ucciso il figlio e di averne occultato il cadavere a Santa Croce Camerina. “Ne prendiamo atto e andiamo avanti”. Questo il breve commento dell’avvocato Francesco Villardita, legale della donna. Nell’interrogatorio di garanzia la mamma ha continuato a respingere le accuse e a ripetere la sua versione dei fatti, secondo cui ha lasciato Loris davanti alla scuola. ne: la coppia è stata scaricata perché non funziona più dal punto di vista degli affari. Ovvero, non fa guadagnare Pinault che quindi ha accompagnato entrambi alla porta. La Giannini lascerà a fine febbraio dopo aver presentato la collezione donna autunno/inverno 2015-2016 mentre Di Marco libererà il posto il primo gennaio. Al suo posto andrà Marco Bizzarri, dallo scorso aprile ceo della divisione Luxury-Couture & Leather Goods di Kering, ma la soluzione potrebbe essere solo temporanea per poi procedere alla scelta di un manager esterno. Fra i candidati a prendere il timone della creatività ci sarebbe invece Riccardo Tisci, oggi in Givenchy. LA STORICA griffe fiorentina pesa per il 30% sui ricavi di Kering. Nel terzo trimestre dell'anno l’ammiraglia del gruppo ha registrato un calo dell'1,6% (che segue una flessione del 3,2% del primo e del 5,7% del secondo trimestre), mentre i ricavi di Saint Laurent sono cresciuti del 28% e quelli di Bottega Veneta del 10 per cento. Anche la Cenerentola di casa, Puma, è riuscita a strappare un +2,8% in un panorama altamente competitivo con Nike che la fa da padrone sul mercato americano con una quota del 60%. Certo, il settore del lusso paga oggi la debolezza dell’economia cinese, che sta ufficialmente rallentando il passo. A questa si aggiunge la crisi della Russia e il crollo del rublo, che ha perso il 40% da inizio anno. Ma in casa Gucci, al netto delle difficoltà congiunturali, si sarebbero sommati alcuni errori nella strategia sia creativa sia manageriale con il risultato che le vendite soprat- GLI EX Fritutto della linea da Giannini, di abbiglia- stilista della mento, ma an- casa di moda che della pellet- Gucci, con Pateria, sono ri- trizio Di Marco, maste al palo e i Ceo Gucci Ansa QUESTIONE DI SOLDI Tutte le aziende del gruppo sono in crescita, tranne la casa di moda fiorentina. Mentre i concorrenti del lusso tengono botta target di crescita non sono stati raggiunti mentre i principali concorrenti come Vuitton e Hermes hanno tenuto botta alla crisi. I maligni sussurrano inoltre che Di Marco sarebbe riuscito a strappare da contratto uno stipendio e benefit straordinari promettendo in cambio risultati altrettanto stellari che invece non sono arrivati. Secondo più di un osservatore anche la coincidenza che Giannini e Di Marco nel frattempo fossero diventati una coppia nella vita ha avuto il suo peso, perché aveva concentrato nelle mani di due persone l'identità e il potere della principale società del colosso francese del lusso. IL MANAGER, classe 1962 con un passato in Prada America, ha fatto parte di Kering per più di 13 anni, entrando nel gruppo nel 2001 in qualità di amministratore delegato di Bottega Veneta. Dal gennaio 2009 era al vertice di Gucci, con il compito di riposizionare il marchio verso l'alto. La Giannini, che a di Marco ha dato una figlia nel marzo del 2013, è in Gucci da più di 12 anni, 6 dei quali passati come responsabile della creatività della casa fiorentina. Nel 2006 aveva infatti sostituito un’altra giovane stilista, Alessandra Facchinetti, anche lei bruscamente disarcionata da Pinault. Ma il vuoto ingombrante da riempire era quello di Tom Ford, dominus di Gucci (e della fashion globale) fino al 2004. A settembre era stato presentato a Roma il lungometraggio “The Director” prodotto dall’ attore e regista James Franco sulla storia e sul presente di Gucci, con protagonista proprio la Giannini raccontata attraverso il dietro le quinte di passerelle, atelier e eventi di gala. Racconto che non deve aver troppo convinto monsieur Pinault per il quale, più del glamour, contano gli affari. BUON NATALE Cerchi lavoro? Prima paga 165 euro, poi... di Chiara Ingrosso ra le lunghe liste di annunT ci di lavoro online, ne spunta uno: “Cercasi addetta ai pacchetti natalizi per nota profumeria, zona Roma Tiburtina. Inviare curriculum”. L’annuncio è inserito da Synergie, agenzia interinale che offre lavoro in rete. LA CANDIDATURA. Una setti- mana dopo l’invio del curriculum, squilla il telefono: “La contattiamo per un colloquio conoscitivo”, spiega l’agenzia. “Si tratta di impacchettare regali, 6,50 euro netti all’ora, per 30 ore suddivise in turni, comprese festività”. L’appuntamento è il giorno seguente. L’agente entra nel dettaglio: “È necessario un corso di formazione che si terrà a Pescara”. Perché in Abruzzo? “Ci sarà un’ulteriore selezione e sarà insegnato come utilizzare una macchina per l’impacchettamento a caldo. Presenza obbligatoria”. Circa sei ore di viag- gio, tra andata e ritorno. “Se otterrà il contratto, le spese sono a suo carico. In caso contrario, si provvederà al rimborso”. Metodo inusuale. “Capisco, – continua la signorina – ma le condizioni sono imposte dal cliente”, del quale, finora, nessuno ha svelato l’identità. “Le consiglierei un pullman, costa meno”. Dunque, dai 195 euro che si offrono, ne saranno sottratti 30 per arrivare a Pescara. La paga si abbassa a 5,50 euro l’ora, portando un guadagno di 165 euro. Non bisogna essere choosy. Nei giorni seguenti, l’agenzia contatta più volte la candidata per confermare la presenza al corso, a cui parteciperanno più di 200 ragazze suddivise in turni. Ecco, finalmente, il nome del committente: “Acqua e Sapone”, le profumerie dove comprare cibo per gatti e Chanel n.5 a prezzi concorrenziali. Arrivati, decine di ragazze attendono nella hall. C’è l’infermiera che lavora gratis in una casa di riposo, la studentessa che, dopo il terremoto, a L’Aquila non trova più lavoro e c’è anche la giovane mamma. Tutte, carta e penna alla mano, per apprendere il metodo innovativo. Invece, nella sala non c’è alcun macchinario, a parte un comune lettore per codici a barre. La lezione è tenuta da una responsabile nazionale della catena, che parte subito con il coinvolgimento emotivo. LA FORMAZIONE. Stazione Ti- burtina. Si parte, bisogna essere in un hotel del centro alle 14.30. Un concorso Ansa “Qual è il nostro motto?” Coro: “Acqua e Sapone, oltre la convenienza!”. E come Sabrina Ferilli nel film Tutta la vita davanti, interpreta la parte: “Non sono semplici pacchetti, è un trampolino di lancio!”. E già, “perché, se sposate l’idea aziendale, un giorno... chissà, diventerete direttrici di negozio, proprio come una ragazza che qualche anno fa era lì, al vostro posto”. Dal pacchetto natalizio al contratto a tempo indeterminato, basta crederci. Per più di un’ora, la responsabile illustra PIE ILLUSIONI L’azienda: 6,5 euro l’ora per impacchettare regali, ma prima bisogna fare un corso a Pescara. Però la promessa di rimborso resta tale “le incredibili emozioni da dare al cliente”, perché “vendiamo sogni di bellezza, non semplici cremine”. E Ricordate: “I nostri pacchetti contengono oro”, avvolto nel sacchetto di polipropilene con il maglione disegnato che “fa tanto calore familiare”. Infine, la pratica: passare il codice a barre attraverso il lettore, mettere il prodotto nella busta, chiudere con adesivo, sorriso, arrivederci e grazie. “Ma soprattutto grazie a voi per aver partecipato”. Applauso. Dov’è la macchina per la chiusura a caldo? Su quali elementi c’è stata la selezione, se nessuno è stato esaminato? E perché la formazione “obbligatoria” non si è svolta nelle sedi interessate? Né l’esponente dell’agenzia Synergie, né la “tutor” di “Acqua e Sapone” rispondono. Ancora tre ore di viaggio e si torna a casa. LE FAREMO SAPERE. Dopo più di una settimana nel silenzio, è la candidata a chiamare l’agen- zia. “Ah, mi ricordo di lei. Resti in attesa”. Musichetta. “La scelta è caduta su un’altra persona, siamo spiacenti”. Dopo tanto impegno, un vero peccato. Ma il rimborso? “Contatti Pescara”. Pescara chi? “Pescara!”. Almeno un numero, per favore... Musichetta. “Ecco il numero”. Altra telefonata, perlomeno il viaggio sarà rimborsato. “A dire il vero non lo so”, dice la collega abruzzese, “la richiameremo quando avremo direttive”. La candidata attende. Poi richiama, ma niente, non c’è nessuno. Si ritrova ancora senza lavoro, ma con 30 euro in meno nel portafogli. POST SCRITPUM. Come riporta Il Gazzettino di Padova, Tiziano Gottardo, proprietario di Acqua e Sapone, è coinvolto nei giri illeciti del “boss della logistica” Willi Zampieri. La Gottardo Spa avrebbe emesso false fatture evadendo per circa 200 mila euro. Gottardo è stato denunciato”. 12 ALTRI MONDI SABATO 13 DICEMBRE 2014 Pianeta terra il Fatto Quotidiano UNGHERIA TEST-ANTIDROGA PER POLITICI Il premier ungherese, Viktor Orban, vuole che giornalisti e politici siano sottoposti a test antidroga obbligatori. Un membro del suo partito Fidesz in precedenza aveva proposto test annuali per le persone di età compresa tra 12 e 18 anni, ma il piano non ha avuto seguito. Ansa LONDRA IL COMPUTER VA IN TILT, CAOS NEI CIELI D’EUROPA Pomeriggio di caos e disagi per le migliaia di passeggeri che arrivavano o partivano dagli aeroporti di Londra. Un problema informatico, un “glitch” (errore) ha mandato in tilt il centro per il controllo aereo nel sud dell’Inghilterra. Ripercussoni anche in Europa. LaPresse “UGLY RAY” IN CELLA LA RETATA DEI PEDOFILI NON FINISCE PIÙ IL 73ENNE “AMICO DI MERENDE” DEL DJ TV STUPRATORE SERIALE MORTO NEL 2011, ACCUSATO DI VIOLENZE SU MINORENNI MA L’INCHIESTA NON HA ANCORA TOCCATO I POLITICI di Caterina Soffici H Londra anno preso un altro amico di merende di Jimmy Savile, il popolare Dj e conduttore di programmi per ragazzini della Bbc che solo dopo morto è stato scoperto come il più grande stupratore seriale mai vissuto in Gran Bretagna. Il nuovo pedofilo finito nella rete si chiama Ray Teret, era stato un Dj di Radio Caroline, meglio noto come Ugly Ray. Lo hanno arrestato a 73 anni suonati ed è stato condannato a 25 di carcere. Nessuna attenuante, nessuna clemenza per l’età. Molto probabilmente finirà i suoi giorni dietro le sbarre, a meno che non riesca a campare oltre i 98 anni. Meglio tardi che mai. Perché i fatti, ancora una volta, si riferiscono agli anni 60 e 70. Durante il processo, “Ugly Ray” è stato descritto come una “ombra di Savile”. Era un suo protetto e lo aveva aiutato nei primi anni della sua carriera. Ci sono foto dei due, giovani e spensierati, a torso nudo che fumano e bevono durante qualche party. Ci sono foto di Ray con i Beatles, tutti sorridenti. Era la Londra rampante della fine anni Sessanta, inizio Settanta. Erano gli anni della swinging city, ma dietro i lustrini, le celebrità, il pop e la musica – ormai è chiaro – c’era ben altro. Il giro di amici di Savile sembra non finire mai. Ne sono già stati condannati un paio di dozzine, tra conduttori, fiancheggiatori, manager che sapevano e hanno coperto, infermieri e altro. Anche nel caso di Ugly Ray lo schema era sempre il solito: forte della propria popolarità, il famoso Dj irretiva ragazzine e le stuprava. Età preferita sui 12 anni. Le sceglieva deboli, emotivamente e fisicamente fragili. Secondo il giudice, “la maggior parte non si rendevano neppure conto di cosa stesse succedendo e avevano la sensazione di non poter fare niente per evitare che queste cose accadessero”. MOLTE DI QUESTE persone, allora in età scolare, hanno avuto la vita devastata: sono andate incontro a problemi psicologici, hanno avuto episodi di autolesionismo, difficoltà di relazioni, anche con i propri figli. Durante la lettura della sentenza, giovedì mattina all’alta Corte di giustizia, erano nella galleria aperta al pubblico e hanno iniziato a battere le mani e a manifestare VASO DI PANDORA Per 50 anni c’è stata una cupola che copriva i depravati. Ma il Dossier Dickens che contiene i nomi è scomparso la propria gioia. Qualcuno ha urlato: “Mostro”. Alcune, ormai donne mature, si sono finalmente sfogate: “Giustizia è stata fatta”. Ormai è chiaro: per 50 anni c’è stata un cupola che copriva certi comportamenti sessualmente deviati di certi maschi, ricchi, famosi, principalmente bianchi. Su di loro si chiudeva un occhio. Era un mondo connesso con la politica. Non a caso lo scandalo Savile ha riaperto vecchie indagini anche sulla pedofilia a Westminster. Politici ed ex ministri che adescavano ragazzini. Una casa degli orrori dove avvenivano violenze. Si è parlato anche di bambini scomparsi e cadaveri ritrovati nelle campagne, con evidenti segni di violenza. Un mondo di mostri insospettabili, molti dei quali ancora non scoperti. Oppure scoperti solo dopo la Jimmy Savile, Ray Teret e Buckingham Palace Ansa morte, vedi il caso di Savile. Negli anni Ottanta molti fatti finirono nel cosiddetto Dossier Dickens: c’erano nomi e accuse. Il fascicolo era stato consegnato al ministero dell’Interno ed è sparito nel nulla. LA SETTIMANA scorsa qual- che piccolo schizzo di fango ha raggiunto anche Buckingham Palace. Sir Peter Hyman, uno dei mostri della cerchia dei pedofili (defunto nel 1982), che aveva accesso al Palazzo reale e frequentava anche il castello di Balmoral, avrebbe molestato vari ragazzini, minorenni, che facevano parte dello staff di servizio. In particolare un ragazzo che lavorava nelle cucine della regina e che poi si era dimesso per fare il cameriere presso la residenza di Hayman, quando il deputato diventò Alto commassario britannico in Canada. Tanti piccoli episodi, una sola certezza: i nomi vengono fuori (quasi sempre) quando sono morti. Sui vivi ancora resiste un pesante velo di omertà. SONY Commenti razzisti su Obama cott Rudin, produttore della Sony Pictures al cenS tro dell’imbarazzo suscitato dallo scandalo delle violazioni ai computer dell’azienda, si è scusato per le considerazioni offensive contenute in alcune e-mail trapelate dopo le intrusioni. Nei messaggi, scambiati con la co-presidente di Sony Pictures Amy Pascal e ottenuti nei giorni scorsi dai siti Gawker e BuzzFeed, Rudin scherza sul colore della pelle del presidente Usa Barack Obama e sui suoi presunti gusti cinematografici, e definisce Angelina Jolie “una ragazzina viziata”. Prima di recarsi a un evento di beneficenza dove avrebbe incontrato Obama, Amy Pascal interroga l'amico: “Dovrei chiedergli se gli è piaciuto Django?”. La Pascal si riferisce al film di Quentin Tarantino Django Unchained il cui protagonista è uno schiavo di colore. Poi la catena di email continua con le ipotesi sui film preferiti dal presidente citando 12 anni schiavo, The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca, Think Like A Man e Poliziotto in prova, tutti lungometraggi con cast di attori afroamericani. In un comunicato sul sito web Deadline, Rudin afferma che le email erano private, sono state scritte di getto e il loro contenuto intendeva essere scherzoso. Ha riconosciuto che le sue affermazioni sono state insensibili e non ponderate e ha offerto le proprie scuse. Il Pulitzer muore d’infarto fotografando Ebola MICHEL DU CILLE, PREMIATO 3 VOLTE NEGLI USA PER LE SUE FOTO, DECEDUTO A 58 ANNI SUL CAMPO IN LIBERIA, EPICENTRO DELL’EPIDEMIA di Angela Vitaliano Reed Army Medical Center. New York hissà cosa hanno fotografato i suoi occhi, in C quegli ultimi istanti, prima che il suo cuore spegnesse la luce, prima che si arrendesse a quel malore improvviso, sopraggiunto lungo un percorso impolverato e disagiato sulla via di ritorno da un villaggio del distretto di Salala in Liberia. Chissà quale sarebbero stati gli scatti che lui, Michel du Cille, avrebbe scelto dopo un’altra giornata di lavoro fra i malati di Ebola: un’altra giornata a raccontare la tragedia e il trionfo, la disperazione e la dignità. Sono state necessarie due ore per arrivare al più vicino ospedale; un’eternità per una luce che si sta spegnendo. Du Cille, fotografo del Washington Post, era di “casa” in quelle zone dove era tornato da pochi giorni. Cinquantotto anni, aveva vinto 3 volte il premio Pulitzer per il suo lavoro: nel 1986, quando lavorava per il Miami Herald, nel 1988 con il Post e, di nuovo con il Post, nel 2008, quando lo aveva condiviso con i Dana Priest e Anne Hull, per un reportage sulle cure ai veterani di guerra al Walter demia di Ebola in Liberia si è riNell’ultimo periodo, il fotografo velato estremamente difficile. Il aveva seguito la tragica diffusiorispetto è spesso l’ultima e sola ne dell’Ebola, tornando ripetucosa che il mondo può offrire a tamente in Africa, paese che una persona morente o morta. amava e riteneva non “adeguaA volte, tuttavia, la durezza di tamente coperto” dalla stampa. una scena cruda, semplicemenNonostante fosse costretto a te, non può essere addolcita”. muoversi completamente proPer questo, nel suo ultimo lavotetto, per evitare il contagio, inro, Du Cille aveva usato ancor dossando anche dei guanti di più “leggerezza” nel muoversi gomma, du Cille era riuscito, fra le vittime di una tragedia decome sempre, a guardare nel Michel du Cille e le sue foto: Crack vastante: tra cadaveri di persone profondo di una crisi, raccona Miami (1988) e vittime lasciati per terra, ignorati e dell’eruzione del vulcano Nevado mantenuti a distanza e i malati, tandola attraverso le immagini di persone dolenti, eppure di- Del Ruiz in Colombia (‘86) LaPresse ancora in vita, ma con i volti gnitose nella loro resistenza. “In straziati dalla sofferenza e dalla più di 40 anni come giornalista – paura. Du Cille era sposato alla aveva scritto in un saggio pubblicato nel numero collega del Post Nikki Kahn e aveva due figli avuti di ottobre del News Photographer Magazine – posso da un matrimonio precedente. “Era l’amore della dire con orgoglio di aver trasmesso la dignità dei mia vita – ha detto la moglie – e mi sono innasoggetti che fotografo, specialmente di quelli che morata di lui per la sua passione per il giornasono malati o sofferenti di fronte alla camera. Il lismo. L’unica consolazione è sapere che è morto mio più recente incarico, però, di coprire l’epi- facendo esattamente ciò che voleva”. il Fatto Quotidiano ALTRI MONDI UCRAINA DOMANI KERRY-LAVROV A ROMA Mentre la tregua siglata martedì in Ucraina sembra reggere nonostante sporadici scontri nell’est, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e il segretario di Stato Usa John Kerry si incontreranno a Roma (l’Italia è presidente di turno della Ue e la Mogherini Lady Pesc dell’Unione). LaPresse CLIMA VERTICE ONU SENZA ACCORDO Nemmeno l’appello lanciato da Papa Francesco: “il tempo per trovare soluzioni globali si sta esaurendo” è servito a sbloccare le trattativa fra i rappresentanti di 195 paesi riuniti a Lima per definire una bozza d’accordo sulla lotta al riscaldamento globale, da sottoscrivere l'anno prossimo a Parigi. Ansa ERNESTO JR, LA “PODEROSA” E IL “TURISMO GUERRIGLIERO” SABATO 13 DICEMBRE 2014 13 Test elettorale per l’Abenomics IL FIGLIO DEL “CHE” SFRUTTA IL MARCHIO PATERNO E ORGANIZZA VIAGGI IN MOTO NEI LUOGHI DELLA RIVOLUZIONE CUBANA. COSTO: DA 3 A 6 MILA DOLLARI di Andrea Valdambrini D alla storia al mito e dal mito al business. Non è un novità per la figura di Ernesto Guevara, detto “Che”, guerrigliero eternamente giovane della rivoluzione cubana, venerato come un eroe nella sua isola e icona mai appannata del marxismo globale. Quando poi le sue gesta ritornano un affare di famiglia, al mito si aggiunge quel pizzico di realtà capace di renderlo quasi irresistibile. L’ultimo figlio del “Che” si reiventa agente di viaggio, lanciando un tour in moto ispirato al viaggio che suo padre fece da giovane prima ancora di diventare rivoluzionario e combattente. L’agenzia si chiama “La Poderosa”, proprio come la Norton 500 di fabbricazione britannica con cui l’argentino Ernesto Guevara, allora 23enne, e l’ amico d’infanzia Alberto Granado, percorsero dal gennaio a giugno del 1952 quasi ottomila chilometri. Un’avventura dal Cile al Venezuela, attraverso quella “maiuscola America” che “mi ha cambiato molto più di quanto pensassi”, scriverà poi Guevara. E che grazie all’osservazione della povertà e dell’ingiustizia lo porterà ad abbracciare per sempre l’ideale della rivoluzione. Gli appunti del giovane Che, pubblicati solo nel 1992, saranno poi trasfusi in un film del 2004, I diari della motocicletta (girato dal brasiliano Walter Salles e interpretato dal messicano Gael IL PREMIER GIAPPONESE VOLA NEI SONDAGGI I sondaggi della vigilia (si vota domani) premiano il premier Shinzo Abe, che ha deciso di sciogliere le camere e andare al voto anticipato Ansa PRIMA VENNE LA BICI Ernesto Guevara March e il padre nel 1950 Ansa/Canadian Press Garcia Bernal). Anche sull’onda di quel successo cinematografico, Ernesto Guevara junior, 49enne figlio della seconda moglie del “Che” Aleida March, residente a Cuba e di professione avvocato, ha pensato di vendere un accattivante pacchetto turistico. Con qualche sorpresa “capitalista”, a partire dal prezzo: si va dai 3.000 dollari per 6 giorni, ai 5.800 per 9, volo per Cuba escluso. Harley Davidson fiammanti – a scelta tra i modelli Touring Street Glide o Dyna Wide Glide, ci informa il sito web dell’agenzia Guevara - al posto della vecchia Poderosa e un percorso tutto cubano certo meno avventuroso dell’originale. Due gli itinerari proposti, battezzati con il soprannome del giovane Guevara, Fuser 1 e 2. Alla scelta pubblicitaria dei nomi si abbina il percorso “rivoluzionario” ad uso del turista facoltoso, che comprende tanto i luoghi guevariani de L’Avana che il mausoleo di Santa Clara, circa 250 chilometri a est della capitale. Curiosamente, alla “Poderosa Tour Guevara” si ritrova a lavorare con Camillo, amico di vecchia data e figlio del guerrigliero cubano Antonio Sanchez Diaz, ucciso in battaglia nel 1967, pochi mesi prima del “Che”. “Ernesto Guevara”, si legge sul sito della sua agenzia di viaggio “ha ereditato dal padre la passione per le moto”. Per questo “orgoglioso della sua gente, (Guevara) ha a sempre desiderato condividere l’esperienza di godere le bellezze della propria terra con gli amici e la comunità dei motociclisti che visitano l’isola”. E conclude l’auto-promozione: “Ernesto realizzerà i tuoi sogni sviluppando anche i propri”. E meno male. Basta che non dica di farlo per filantropia. Inutile chiedersi cosa ne penserebbe papà “Che”. Lui certamente amava moto, viaggi e avventura. Ma il business non era il suo mestiere, se è vero che al ministero dell’Economia di Cuba ci finì quasi per sbaglio. @andreavaldambri Le vip-cleptomani, il tic proibito della ricchezza L’OLIMPIONICA FRANCESE DI NUOTO MANADOU AVREBBE CERCATO DI PORTAR VIA SENZA PAGARE SOUVENIR DI EURODISNEY di Fausto Nicastro all’Olimpo glorioso dello D sport, all’Olimpo infamante delle star cleptomani. È questo l’ultimo capitolo della tormentata vita privata di Laure Manaudou. L’ex nuotatrice francese si trovava a Euro Disney con la figlia, Manon di 4 anni, e un’amica quando è stata fermata dalle guardie di un negozio di souvenir. Le telecamere di sorveglianza avrebbero, infatti, ripreso la sua amica rubare oggetti per un totale di 300 euro mentre la Manaudou non ha esibito lo scontrino per 200 euro di gadget. A quel punto è intervenuta la polizia che ha portato le due donne al commissariato di Meaux dove sono state trattenute per tutto il pomeriggio per essere poi rila- sciate senza implicazioni penali dopo che il parco di divertimenti ha rinunciato alla denuncia. La medaglia d’oro dei 400m stile libero alle Olimpiadi di Atene nel 2004 si è sfogata su Facebook con un post poi rimosso: “La stampa... sono semplicemente bugiardi. Sono disgustata, non riesco nemmeno a passare del tempo con mia figlia che si inventano cose su di me”. I CASI DI CLEPTOMANIA tra personaggi famosi, e tutt’altro che indigenti, non sono rari e non è la prima volta che a esserne protagonista sia una famosa sportiva. Nonostante fosse ancora una ragazzina, Jennifer Capriati aveva già vinto un’Olimpiade contro Steffi Graf quando, nel 1993, venne RIFLESSO D’ONNIPOTENZA pizzicata a rubare un anello. Gli inglesi ancora non dimenticano la bravata di Bobby Moore capitano della Nazionale dei Tre Leoni che vinse la Coppa del Mondo nel 1966. Quattro anni dopo, prima di un’amichevole in Colombia, rubò un braccialetto e venne arrestato ma, come la Manaudou, subito liberato. Stessa sorte per altri due nuotatori, gli americani Laure Manaudou, Lindsay Lohan, Winona Ryder e Sarah Jessica Parker Ansa Troy Dalbey e Douglas Gjertsen, oro nella staffetta 4x100 e 4x200 stile libero alle Olimpiadi di Seul nel 1988, che pensarono bene di festeggiare le vittorie in un locale notturno cercando di rubare una statua. Furono arrestati, esclusi dalla squadra olimpica e costretti a scusarsi pubblicamente per essere scagionati. Ma le regine del furto sono le star di Hollywood. Il caso più eclatante è quello di Winona Ryder che nel 2001 venne beccata a rubare abiti firmati per un totale di quattromila dollari in un grande magazzino di Beverly Hills e condannata a tre anni di libertà vigilata e quasi diecimila dollari di multa. Nove anni dopo è la volta di Sarah Jessica Parker. Impegnata sul set di Sex and the City 2, per il quale ha in- cassato un cachet da 15 milioni di dollari, secondo il New York Post avrebbe rubato 24 bicchieri da cocktail tempestati di Swarovski, per un valore di oltre quattromila dollari. Nel 2011 tocca a Lindsay Lohan che in una gioielleria di Venice, in California, sottrae una collana da 2.500 dollari e per questo condannata a 35 giorni di domiciliari e 480 ore di lavori sociali. 14 il Fatto Quotidiano SABATO 13 DICEMBRE 2014 ADDIO A SERGIO FIORENTINI DAVA VOCE A GENE HACKMAN È morto Sergio Fiorentini, attore e doppiatore. Aveva 80 anni ed era noto al grande pubblico grazie al ruolo del brigadiere Cacciapuoti nella fiction Rai “Il maresciallo Rocca” ANIMA MIA RESTA SENZA CANTANTE NICK LASCIA I CUGINI DI CAMPAGNA ATHINA ONASSIS CADE DA CAVALLO ABBATTUTO L’ANIMALE “Spettacoli sempre più scadenti”: con questa motivazione Nick Luciani (il biondo) lascia i Cugini di campagna in polemica con uno dei fondatori, Ivano Michetti SECONDO Caduta da cavallo per Athina Onassis durante una gara di salto a Ginevra. L’erede di casa Onassis è caduta, senza riportare ferite, mentre il cavallo hanno dovuto abbatterlo TEMPO SPETTACOLI.SPORT.IDEE La fiction non s’ha da fare “L’INFILTRATO” DOCUFILM SULLA CLINICA DEGLI ORRORI DI MILANO, SCATENA (A PRESCINDERE) GLI IPER GARANTISTI DOC C di Malcom Pagani on un cognome in bilico tra i caratteristi di Carlo Verdone e gli incappucciati di Corrado Guzzanti, al dottor Brega Massone non è venuto da ridere. Condannato in primo grado per l’omicidio volontario aggravato dalla crudeltà di quattro persone ai tempi in cui prestava servizio come primario di chirurgia toracica alla clinica Santa Rita di Milano, Pierpaolo Brega Massone è furibondo. Stasera, infatti, dopo lunghe battaglie legali, Rai3 manderà in onda in prima serata una docufiction che lo riguarda da vicino intitolata L’infiltrato-operazione clinica degli orrori. POTREBBE diventare un Format e l’hanno girata in duplex Cristiano Barbarossa e un autore televisivo, bravo e sensibile, Giovanni Filippetto, avvalendosi di intercettazioni telefoniche e filmati originali figli di un’inchiesta iniziata e condotta fin dal 2007 da due pm milanesi, Grazia Pradella e Tiziana Siciliano, tesa a far luce sul sistema che attraverso rimborsi gonfiati o falsi, truffava attraverso medici compiacenti Stato e Regione. Infilandosi nel tunnel, Pradella e Siciliano non hanno trovato luce, ma altro buio. Morti. Lesioni. Interventi inutili e rischiosi sulla pelle di pazienti non di rado deceduti in seguito alle operazioni, effettuati al solo scopo di ottenere denaro. Anziani. Malati terminali sottoposti ai ferri in “L’Infiltrato condizioni men che precarie. DiaOperazione clinica gnosi fasulle su inesistenti tumori al seno stilate su giovani donne man- degli orrori” questa date al macello come bestie. Un insera su Rai3. ferno che con semplificazione me- In basso, Pierpaolo Brega Massone diatica quanto mai vicina al vero fece ribattezzare la Santa Rita come “cli(a sinistra), condannato nica degli orrori” e che oggi, a un in primo grado passo dalla messa in onda de l’Inper omicidio filtrato, libera il garantismo peloso di una compagnia di giro sorprendenvolontario Ansa temente eterogenea. Giovedì mattina infatti, con l’appoggio esterno STASERA SU RAITRE di Libero, nella sede dei Radicali italiani si sono I radicali, Piero Sansonetti, seduti intorno al tavolo l’avvocato di Brega Arturo Diaconale, Massone, Enzo Vitale, “Libero”: tutti insieme il direttore de Il Garantista Piero Sansonetti, per difendere l’onore l’omologo de L’Opinione delle libertà, Arturo dell’imputato, ovviamente Diaconale, accumulasenza aver visto il film tore seriale di cariche (è anche Presidente del Parco Nazionale del Gran Sasso nonché del tribunale Dreyfus) e un’indignata Rita Bernardini, silente sull’agghiacciante quadro emerso dall’inchiesta e invece preoccupatissima per il depauperarsi dello Stato di diritto nella povera Italia del 2014 giunta ormai a latitudini nordcoreane. Pur non avendo visto un solo secondo del lavoro di Filippetto e Barbarossa, in omaggio al garantismo, srotolando articoli della Costituzio- pingerà il chirurgo come un mostro ne, Carte di Treviso e breviari sui assetato di denaro e incurante della doveri dei giornalisti, Bernardini ha vita dei pazienti”. emesso la sentenza: “Ormai l’ultima preoccupazione è di garantire la pre- A BERNARDINI, assecondandone sunzione di innocenza, nel caso spe- l’impeto accusatorio, si sono accocifico di Brega Massone, con un ac- dati un Sansonetti impegnato a canimento mediatico che corrobora “esprimere totale solidarietà” a Brela tesi colpevolista recando gravi ga Massone: “Un cittadino che sta danni anche ai familiari, poiché è subendo comunque un linciaggio” e chiarissimo che la trasmissione di- a rievocare criticamente i fatti d’Un- gheria, Jan Palach e la passata militanza dalla parte giusta oggi stinta nel volemose bene. È preoccupato Sansonetti, da “Una cappa di potere e un clima da Ddr che già non mi piaceva quando ero iscritto al Pci e che adesso mi ritrovo in questa Italia che abusa delle intercettazioni e dove trionfa l’ignoranza della Carta costituzionale”. In realtà L’infiltrato è un lavoro onesto e molto equilibrato. Non giudica, ma mostra. Non condanna, ma spiega. Interpolando ricostruzioni interpretate con diseguale efficacia da attori come Michela Cescon, Lorenza Indovina, Massimiliano Graziosi, Massimo Poggio, Massimiliano Virgilii e Andrea Renzi (uno dei protagonisti de L’Uomo in più di Paolo Sorrentino) e intercettazioni reali, ricostruisce un clima di connivenza in cui scrupoli morali e autoassoluzioni in corsa di un microcosmo medico legato a doppio filo con il guadagno concorrono a cancellare l’etica. BREGA MASSONE, l’imputato di un processo in cui, sostiene disperato, si era deciso a prescindere di condannarlo, si è difeso in una recente intervista concessa a Panorama: “I giornali hanno riportato soltanto stralci tagliati ad arte dalla procura. Mi hanno attribuito tante falsità. Le percentuali dei miei interventi su casi rivelatisi poi benigni rientrano nella media di tutte le casistiche operatorie: dal 10 al 40 per cento”. Altri al suo posto, non possono più farlo. L’infiltrato è anche per loro. Per tutti quelli che al tribunale Dreyfus non potranno più ricorrere. SHOW AWARDS Facce da web, cliccate e adesso pure premiate di Patrizia Simonetti Favij, lo youtuber italiano più famoso M. Merluzzo, alias Cotto e Frullato ideo killed the radio star cantaV no i Buggles nel 1979, anno in cui vengono creati gli Emoticon per le email che si riempiono di umorali faccine gialle, ma sono ancora i tempi di Arpanet, per Internet come la conosciamo oggi bisogna attendere i primi anni Novanta. Da allora ne sono passati di pacchetti dati sotto i modem e adesso potrebbe essere la rete ad ammazzare, si fa per dire, le stelle della Tv. Perché ci vuole poco a diventare una web star: non c’è bisogno di pagare un promoter o fare la fila in qualche agenzia di spet- tacolo, basta solo un’idea, non necessariamente geniale ma che piaccia, e postarla, o postarsi con essa, su canali come YouTube e Vimeo o sui social network. E POI ci si può anche liberare dalla rete e sbarcare sul piccolo schermo, come Frank Matano o The Pills ad esempio, persino ottenere la propria celebrazione e un premio ad hoc da ritirare, proprio come le star del cinema e della televisione. A radunarle e metterle l’una contro l'altra il sito webshowawards.it, unico in Europa, che ha raccolto più di un milione di voti. E oggi dalle 16.30 al Motor Show di Bologna in diretta streaming su YouTube il secondo appuntamento con il Web Show Awards presentato da Alessandro Cattelan fresco fresco di XFactor e con tanto di ospiti musicali rigorosamente rap, da Moreno a Rocco Hunt, da Salmo a Baby K. Per concorrere basta anche che ti chiedi “perché se senti un rumore in casa devi per forza andare a vedere da dove proviene questo cazzo di rumore”, giri una scena con una parrucca da fata turchina e confezioni uno dei tuoi “stupidissimi video”, perché così li hai chiamati, sull’incoerenza dei film horror, ma solo se ti chiami Leonardo Decarli ci guadagni 24 milioni di visualizza- zioni. Oppure, alla faccia di Cracco e Bastianich, puoi mettere in un frullatore ciò che mangeresti e berresti separato, tipo spaghetti allo scoglio e vino bianco o pizza e chinotto, e poi te lo bevi pure: puoi farlo se ti chiami Maurizio Merluzzo ma ti conoscono tutti come Cotto e frullato e finisci tra le rivelazioni web dell’anno con più di 7 milioni di click. Quattro le categorie: Youtubers, tra cui lo stesso Matano e i Francazzisti anonimi, Gamers, con Favij, Justzoda e Gabbo, Facebook Stars con Mattia Cesari, Diana Del Bufalo e anche Video Comici De Tu Sorella e Revelation 2014 con The Show e The Frenchmole. Pre- miati anche Fiorello e Nicola Savino. Nel corso dello show verrà incoronata anche la reginetta dell’autoscatto con il telefonino tra le 12 finaliste di Selfie, la Sfida, trasmesso da La3: 100 ragazze tra i 18 e i 35 anni hanno sostenuto la dura prova di fotografarsi il più possibile mentre ballavano in costume, in palio un contratto Tv con la stessa rete, per questo hanno anche tentato una presentazione. Ha partecipato ma non ce l’ha fatta anche Susanna Canzian, e sì che nella fotografia va forte visto lo scatto con Berlusconi che avrebbe apprezzato la sua “faccia da provino Mediaset” facendo imbufalire la Pascale. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano SABATO 13 DICEMBRE 2014 15 XFactor rosso Fragola: 19 anni e già un disco d’oro RECORD DI ASCOLTI PER IL PROGRAMMA (CHE PERÒ È ANCORA VISTO SOLO SUL SATELLITE) L’ANNO PROSSIMO VIA MORGAN E MIKA, POTREBBE ADDIRITTURA ARRIVARE TIZIANO FERRO di Domenico D Naso iciannove anni, siciliano di Catania, faccia pulita, stile musicale a metà strada tra James Blunt e Paolo Nutini e sorriso da teen idol: è l’identikit sintetico di Lorenzo Fragola, fresco vincitore dell’ottava edizione di XFactor. Nella finalissima del Forum di Assago, Fragola ha sbaragliato la concorrenza degli altri finalisti Madh, Ilaria e Mario, anche e soprattutto grazie al voto in massa delle fragoliners, l’infausto nome affibbiato alle sue numerose fan teenager. È stata l’edizione dei record, con ascolti in crescita costante per SkyUno e un predominio senza precedenti sui social network. Per la finale di giovedì sera, la pay tv di Rupert Murdoch aveva deciso ancora una volta di rivolgersi anche a chi non è abbonato al bouquet satellitare, con diretta anche su Cielo, il canale free di Sky sul digitale terrestre. fatto che la Social Tv è una realtà consolidata anche in Italia. Per il boom nazionalpopolare, però, c’è da attendere. I risultati così così ottenuti da Cielo dimostrano che l’XFactor targato Sky è ancora un prodotto televisivo quasi di nicchia, destinato a chi usa i social network con assiduità e lontano dai gusti del pubblico tradizionale delle reti generaliste. A Sky già pensano alla prossima edizione, con Morgan e Mika che probabilmente lasceranno il banco dei giudici, mentre i primi rumors parlano addirittura dell’arrivo di Tiziano Ferro o di un possibile ritorno (per ammiccare al pubblico nazionalpopo- SOCIAL BOOM Quasi 2 milioni di spettatori per uno share del 7,91%, ma soprattutto 360 mila tweet (più di 4 mila al minuto) MA SE nel complesso gli ascolti sono stati più che buoni (quasi 2 milioni di spettatori per uno share del 7,91 per cento), scorporando i dati ci si accorge come Cielo abbia raccolto solo un misero 2,89 per cento, battuto persino da una commedia natalizia trasmessa su La5. Dalle parti di Sky, però, hanno ottimi motivi per festeggiare: lo show al Forum a tratti è stato perfetto, merito soprattutto dei superospiti italiani Tiziano Ferro, Gianna Nannini, Malika Ayane e Arisa che hanno duettato con i finalisti, ma anche di una macchina produttiva imponente, ormai rara nella tv generalista in crisi di ascolti e di denari. Il vero vincitore di XFactor, però, è stato il neogiudice Fedez, che ha sbaragliato la stanca concorrenza dei colleghi Morgan, Mika e Victoria Cabello portando due dei suoi talenti ai primi due posti della classifica finale (con Madh dietro al già citato Fragola). Chiamato al banco dei giudici per attrarre una fetta non trascurabile di pubblico giovanile, il rapper milanese ha sorpreso tutti per efficacia televisiva e strategia di gioco, riuscendo ad annichilire un Morgan a fine corsa usando le sue stesse armi. ALTRO elemento imprescin- dibile per spiegare il successo del talent dei talent è l’integrazione sui social network: nel corso della finale, XFactor è stato stabilmente tra i trend mondiali su Twitter, con 360 mila cinguettii (più di 4 mila al minuto), mentre sono arrivati quasi otto milioni di voti (+45 per cento rispetto alla scorsa edizione) attraverso le varie piattaforme disponibili (televoto, sms, app ufficiale, Twitter). Numeri decisamente impressionanti, a riprova del lare) di Mara Maionchi, quest’anno mattatrice di successo dell'ExtraFactor, il talk che seguiva le puntate. CHIUSO lo show televisivo, ora tocca alla musica, con i finalisti pronti a sfidarsi di nuovo nelle classifiche di vendita. Il vincitore Fragola, che ha conquistato quella esigua parte di pubblico che ancora compra dischi, ha già ottenuto il disco d’oro con il singolo The reason why. Ma ora dovrà camminare da solo, senza l’ausilio della macchina da guerra televisiva di Sky. Più facile a dirsi che a farsi. IL VINCITORE Lorenzo Fragola premiato da Fedez al termine della finale di giovedì LaPresse CINEMA Roma, alla Festa pensa il ministro di Federico Pontiggia inema Capitale. Alla chiuC sura del IX Festival di Roma, il 25 ottobre, fioccarono le omissioni su incassi e presenze e due sole certezze: il direttore artistico Marco Müller diceva conclusa la sua esperienza, il direttore generale Lamberto Mancini mollava per andarsene al Touring Club. Nell’ex festa, ex festival e ora “festaval”, i concorsi si erano moltiplicati, o meglio erano aumentati i premi, tutti però decretati dal pubblico: la giuria tecnica era stata abrogata, perché costava troppo. Oggi nessuno ne parlerebbe più, vivremmo piuttosto l’attesa legittima di conoscere il nuovo direttore generale, nonché di lì a breve quello artistico, ovvero il braccio e la mente del decimo Festival. Esaminati i tanti e annosi problemi (su tutti, quale identità?), sentiti i player del sistema cinema, soppesate – non facciamo gli ingenui – le opportunità politiche, i soci avrebbero dovuto individuare gli uomini, almeno due, che fossero sperabilmente portatori sani di idee, progetti e (esageriamo) missioni da cui ripartire. In un mondo nemmeno troppo perfetto, i soldi sarebbero arrivati solo dopo: stolti che siamo. Prima ancora che l’assemblea dei soci della Fondazione Cinema per Roma si riunisca la prossima settimana, il dado è stato tratto, per ben due volte: il ministero dei Beni cul- turali elargirà alla Fondazione un milione di euro, tramite l’Istituto Luce Cinecittà che entra in Cda; il ministero dello Sviluppo economico investirà un milione e 250 mila euro l’anno per due anni nella Business Street, il mercato capitolino. DUE MILIONI e 250 mila euro, che non solo suppliranno alla probabile riduzione del finanziamento della Camera di Commercio, ma rimarranno nella disponibilità di Roma X, che inizia a prendere forma per mano esclusivamente politica: il triumvirato Franceschini (ministro), Zingaretti (presidente Regione) e Marino (sindaco) ha decretato l’eliminazione del Concorso, il ritorno alla Festa (bastasse cambiare il nome…) con vista Mercato e date fisse nella prima metà di ottobre. Venezia, intesa quale Mostra, è insorta (seppur non ufficialmente) e ne ha ben donde: siamo seri, il concorso capitolino non è mai stato concorrenziale al Lido, dunque eliminarlo non aiuta la Biennale Cinema, che all’opposto subirà un colpo di grazia al Venice Film Market. Eppure, il problema non è nemmeno questo: messa al tappeto da Mafia Capitale, Roma ha davvero bisogno di un festival deciso così? Per le modalità, se non per gli esiti, questa non è politica culturale: se è cultura politica lo dirà il tempo. Ammesso che ce ne sia, per rifare Festa. A BOLZANO Schwazer patteggia e “vede” Rio di Luca Pisapia n patteggiamento olimpico quello ottenuto da U Alex Schwazer e dal suo legale Gerhard Brandstaetter. Ieri la Procura di Bolzano ha accolto la loro richiesta: 8 mesi di condanna per chiudere la vicenda in sede penale, con il riconoscimento della colpevolezza del marciatore altoatesino non solo per l’Epo del 2012, ma anche per pratiche dopanti nei due anni precedenti, quelli al centro dell’inchiesta del pm Giancarlo Bramante. E ora Schwazer è più vicino alle Olimpiadi di Rio 2016: “Io sono tornato ad allenarmi e quando sarà il momento sarò pronto a rientrare”, aveva detto il 20 novembre dopo l’interrogatorio al Coni, e così sarà. La strategia difensiva dell’atleta aveva prima pensato a una richiesta per l’affidamento in prova, poi provato a chiedere il trasferimento del processo da Bolzano a Roma, ma in entrambi i casi si sarebbe andati troppo per le lunghe. Ora, con il patteggiamento in sede giudiziaria, e la squalifica sportiva di 3 anni e 6 mesi del Coni che termina il 30 gennaio 2016, Rio è più vicina. In realtà non è detto che Schwazer ce la faccia: è ancora sotto inchiesta sia per la Wada sia per il Tribunale Nazionale Antidoping del Coni, che proprio in questi giorni ha ricevuto dalla Procura di Padova le 550 pagine della prima tranche dell’inchiesta sul “sistema criminale (…) di cui è ispiratore Michele Ferrari”, e che dal doping si allarga alla finanza, ai paradisi fiscali, all’evasione e al riciclaggio. A proposito di Ferrari, sempre ieri è emerso che nelle carte dell’inchiesta c’è un sms inviato da Marie Luise Brunner, madre di Alex, al dottore il 31 luglio 2010, quando il marciatore si è appena ritirato dalla 50Km agli Europei: “Sono molto preoccupata per Alex. Saluti, mamma Schwazer”, recita l’sms, che lascia prefigurare come i rapporti tra la famiglia dell’atleta e il medico ferrarese, inibito a vita dal Coni oltre dieci anni fa e nuovamente al centro di una clamorosa inchiesta oggi, fossero molto stretti. Coni inizi a tremare, alla Iaaf (Federazione mondiale di atletica leggera) cominciano a dimettersi uno dopo l’altro sulla scia dell’inchiesta della tv tedesca Adr, che partendo dalla Russia si è allargata al resto del mondo: in ballo inesistenti controlli antidoping, copertura delle positività e corruzione. Si sono dimessi il francese Gabriel Dollé, capo del dipartimento antidoping Iaaf, e Valentin Balakhnichev, capo federatletica russa e tesoriere Iaaf per i 450 mila euro pagati dalla maratoneta russa Liliya Shobukhova (di cui 350 mila rimborsati dalla sua federazione) per coprire la sua positività e partecipare a PATTEGGIATO e parcheggiato Schwazer Londra 2012. Ma soprattutto è assai con vista su Rio 2016, la Procura di Bolinguaiato il numero uno dell’atletica zano prosegue intanto mondiale Lamine Diack. la sua inchiesta sul siL’altro ieri si è dimesso suo figlio Papa stema antidoping italiaMassata Diack, consulente marketing Iaaf, per OTTO MESI no “ridotto a una totale avere ricevuto un pagamento da Doha di 5 messinscena”, da cui si milioni volto con tutta probabilità a favorire Riconosciute in sede evince che nessuno dei l’assegnazione dei Mondiali di Atletica 2017 al 292 atleti azzurri che Qatar, come poi è stato. E per capire l’attenpenale l’uso di Epo nel parteciparono alle zione al capitolo doping del potentissimo pre2012 e le pratiche dopanti sidente Lamine Diack, ieri Salvatore Morale, Olimpiadi 2012 a Londra fu sottoposto al ricampione europeo 400 ostacoli nel 1962, ha nei due anni precedenti. gido protocollo ordinaraccontato come nel 2001 da dg della Iaaf inviò to della Wada: ovvero ai al presidente Diack una lista di 258 atleti che Così il marciatore spera controlli a sorpresa. In non si erano presentati ai controlli: la risposta nelle Olimpiadi 2016 attesa che qualcuno al fu il suo licenziamento. SECONDO TEMPO SABATO 13 DICEMBRE 2014 il Fatto Quotidiano IL CONFORMISTA 16 ALTRE VIE Per la sinistra un ritorno al futuro IL LIBRO DI FRANCO CASSANO PROPONE DI NON ASPETTARE IL VENTO DELLA STORIA E DI COMPIERE UN VERO SFORZO DI INNOVAZIONE di Salvatore P Cannavò er riprendere un posto nella storia la sinistra avrebbe bisogno di meno presunzione. L’affermazione sembra paradossale. Viviamo una fase in cui la sinistra vive ai margini della politica senza ruolo né voce. Eppure, Franco Cassano, autorevole sociologo che la sinistra italiana l’ha frequentata e la conosce, propone di lasciarsi il passato alle spalle e di costruire un “ritorno al futuro”. A spiegare il senso dell’operazione politica-culturale del piccolo saggio, edito da Laterza, basterebbe il titolo, Senza il vento della storia. Quel vento che l’Internazionale socialista pensava di avere nelle vele e che oggi si è fermato. Inutile, quindi, attardarsi ai riti e ai rapporti sociali dei “trenta gloriosi”, gli anni che seguono la Seconda guerra mondiale. Ed è inutile, scrive Cassano, pensare ancora di rivolgersi a una base sociale che in larga parte non esiste più. © SENZA IL VENTO DELLA STORIA di Elisabetta Ambrosi Franco Cassano Laterza, pagg. 92 © ¤ 12,00 Nichi Vendola e Pippo Civati LaPresse IL LIBRO È DENSO, capace di suscitare notevoli curiosità e costituisce una lettura utile soprattutto per quei dirigenti, variamente collocati, che si scervellano sul senso della sinistra in frequenti convegni senza venire a capo di nessuna proposta operativa. Nella ricerca di Cassano, va anche detto, si legge l’ansia di mettersi in connessione con le novità imposte dalla globalizzazione che l’autore non vuole considerare un “gioco a somma zero”. Da una parte un vincitore, dall’altro un perdente. La proposta è quella di accettarne le sfide pur DIFFERENZE Il pianeta carcere visto dalle recluse ribadendo l’indisponibilità a rientrare nelle compatibilità del moderno capitalismo. Così come viene proposta una riconsiderazione dei destini individuali da non ascrivere necessariamente al campo della “rivoluzione passiva” (Gramsci). Ma queste incursioni nella modernità vanno compiute da una sinistra che recuperi una “ricognizione della base sociale” logorata da anni di politiche distruttrici e che ha scelto “altre vie”, in particolare i nuovi populismi. Una sini- stra adeguata dovrebbe mettersi alla ricerca dei “nuovi ceti popolari” e una volta individuati proporre una “convergenza tra convenienze diverse”, un lavoro di egemonia in funzione di un blocco sociale ritrovato. Un lavoro che non si fa nei convegni o nei congressi di partito, ma nel corpo a corpo con “la realtà liquida”. Si tratta, quindi, di “costruire il popolo”, espressione cara al sociologo Ernesto Laclau e che, non casualmente, ricorre anche nelle riflessioni della LA MEMORIA Guccini come te lo aspetti formazione di sinistra Podemos, la stessa che in Spagna viene accreditata dai sondaggi come probabile vincitrice delle prossime elezioni politiche. La costruzione del popolo significa “una rete limpida e stabile di alleanze tra diversi diritti e diverse aree sociali”. Ponendosi le domande giuste ma sapendo che “di fronte a un mondo profondamente cambiato si può continuare a dire la verità solo se si lascia la vecchia risposta e si prova a cercarne una nuova”. OPERAZIONE DENUNCIA Le battaglie per la verità © RECLUSE ©LE BUFALE SUSANNA Ronconi e Grazia Zuffa, prendendo spunto da una ricerca che è stata condotta nei penitenziari femminili toscani nel 2013, hanno compiuto un’analisi critica scegliendo di allargare lo sguardo sul vissuto delle detenute a cui hanno dato voce insieme al personale educativo e alle agenti di polizia penitenziaria. Dati, esperienze di vita e riflessioni che offrono al lettore un orizzonte nuovo senza assecondare facili stereotipi e visioni patologiche sulla detenzione dell’altra metà dell’“universo carcere”, ambiente maschile per antonomasia. Madri, figlie e “compagne interrotte”che attraverso la loro biografia del dolore hanno permesso alle autrici di far luce sulle zone d’ombra e le contraddizioni che spesso all’interno degli istituti penitenziari italiani si traducono in violazione dei diritti umani. Uno studio che porta avanti l’impegno de “La Società della Ragione”sul tema della giustizia penale per lo sviluppo di una cultura democratica laica perchè “non è vero che una volta che si cade si rimane traballanti, ci si può rialzare e ricominciare più forti di prima”. C. M. A VOLTE non basta indignarsi e lasciar correre. Spesso è necessario lanciarsi a capofitto nei conflitti che la realtà ci mette dinanzi. Così la battaglia personale, anche solo d’opinione, di un uomo impegnato, culturalmente e politicamente, diventa battaglia di tutti e per tutti, per svelare, smascherare e scavare nei fatti che ci vengono proposti superficialmente dai media. Nel suo ultimo libro Carlo Ripa di Meana racconta le campagne per le quali egli stesso si è schierato in prima linea: dalla sua candidatura a sindaco di Venezia per “dire no” alla costruzione del Mose, alla critica alla missione Odyssey Dawn in Libia nel 2011, secondo l'autore la peggiore scelta in politica estera del presidente Napolitano. E poi le battaglie contro il business dell'eolico e la denuncia della “sprecopoli” della politica. Susanna Ronconi e Grazia Zuffa Ediesse pagg. 315 © ¤ 16,00 LA RIEDIZIONE L’anziano medico e il suo scrittore © IL PAPPAGALLO DI FLAUBERT Julian Barnes Einaudi pagg. 232 © ¤ 19,00 NELLA NUOVA versione di Susanna Basso, ritorna a trent’anni di distanza Il pappagallo di Flaubert, il romanzo mediante il quale si rivelò il talento dell’inglese Julian Barnes. È la storia di un’ossessione, quella dell’anziano medico Geoffrey Braithwalte per il grande scrittore francese. Infatti nulla, del mondo o della realtà, riesce a emozionarlo e ad appassionarlo quanto la biografia del creatore di Madame Bovary. Ma, insieme, la vicenda si impernia attorno a una sublimazione assoluta del dolore, quello provato dall’uomo per il suicido della moglie, sentimento che resta inespresso, sospeso e appunto trasposto semmai nella vita esemplare di un eroe letterario, nella ricerca dei più minimi dettagli quotidiani di un’altrui santità creativa. L’emblema del romanzo (che somiglia a un saggio) è precisamente il pappagallo impagliato che Flaubert teneva sul tavolo da lavoro durante la composizione del racconto Un cuore semplice. Enzo Di Mauro Il timballo, la donna e le troppe verità Carlo Ripa di Meana Maretti Editore pagg. 300 © ¤ 20,00 © TRA I CASTAGNI DELL’APPENNINO Marco Aime con Francesco Guccini Utet pagg. 158 © ¤ 14,00 UN VIAGGIO nella memoria guidati da Francesco Guccini attraverso i ricordi di una vita trascorsa tra poesia e musica: le suggestioni dei boschi dell'Appennino, la curiosa fauna umana di Pàvana, storico rifugio del cantautore modenese, piccola città, bastardo posto. Pifferaio di più generazioni, il maestrone non si sente un intellettuale impegnato, "le mie canzoni sono esistenziali, è il mio punto di vista sul mondo. Impegnato no, racconto quello che sono e la gente che incontro”. Ironia e umiltà, canzoni di notte e mulini a vento. Venuto grande a castagne, dall'Isola non trovata a Via Paolo Fabbri 43 sembra di vederlo andare per strade e osterie, con due canzoni fatte alla leggera in quella Bologna, vecchia signora dai fianchi un po' molli, dove è iniziata la sua carriera. Eterno Gulliver, a 74 anni incanta ancora, e attraverso questa conversazione al presente, che riporta il lettore nella magia del passato, anche il testo è musica. Caterina Minnucci SONO il pasticcio di maccheroni che la protagonista dell’ultimo romanzo di Daria Bignardi, L’amore che ti meriti (Mondadori), mangia in continuazione nei giorni in cui si svolge la storia. Lei si chiama Antonia, è una scrittrice di gialli, ma questa volta le tocca dipanare i misteri che circondano la sua famiglia e in particolare ciò che accadde al fratello di sua madre Alma, Maio, tossicodipendente, scomparso a 17 anni. La ricerca porterà Antonia, che continua sempre a smangiucchiarmi – da sola e in compagnia –, a conoscere altre verità, ad esempio quelle che riguardano i suoi nonni; e infatti tutto il romanzo ruota intorno al tema della verità: quella che fa bene dire (“le persone reagiscono bene alla verità: accorcia i tempi, crea intimità”) e quella che talvolta è opportuno tacere (“Certe volte ci vuole più coraggio a dire la verità che a non dirla”). E ruota, pure, intorno alla sofferenza che ne consegue: quella che nasce dal restare all’oscuro dei fatti o, al contrario, proprio dal conoscerli. Elegante, un po’ malinconico, sentimentale al punto giusto, a tratti lievemente ironico: il libro racconta Ferrara e insieme Daria Bignardi, che lo definisce un “thriller esistenziale” (anche se, per la verità, prima che accada qualcosa bisogna che siano passati almeno dieci-pause pasticcio. E poi non è forse vero che ogni romanzo lo è?). Comunque a me – umile timballo – il libro è piaciuto. Solo una cosa mi chiedo: ma perché, nonostante campeggino suggestive figure femminili, alla fine il mistero lo scopre lui (il marito), mentre il giovane Maio cade vittima della droga per colpa di un errore della sorella, che – novella Eva – gli propone di provare? Non sarà che nell’inconscio dell’autrice ci sia ancora qualcosina da scoprire? LA GIORNALISTA Viaggio al termine di un racconto © TEMPESTA Lilli Gruber Rizzoli pagg. 284 © ¤ 19,00 CHI HA LETTO Eredità, il libro precedente dell’autrice (160 mila copie in 12 edizioni), sa che il libro terminava senza raccontare appieno la storia di Hella. Un personaggio chiave. Figlia della protagonista Rosa e prozia di Lilli Gruber, subì due dittature: la prima drammaticamente imposta, il fascismo, e la seconda colpevolmente sposata, il nazismo. Con Tempesta, Lilli Gruber termina il racconto iniziato ormai due anni fa. Uscito il 22 ottobre, lo ha definito il suo libro più personale: “Un attacco all'intolleranza. Un appello a trovare il coraggio di ammettere che in ogni tragedia collettiva esiste una responsabilità individuale. È più intensamente mio di qualsiasi altra cosa io abbia mai scritto, è un'esplorazione personale del peggiore incubo della nostra memoria collettiva”. Rispetto a Eredità, che poggiava sui diari originali di Rosa, Tempesta alterna vicende reali a fatti e personaggi inventati (ma verosimili). Gli americani usano la formula “fiction non fiction” per definire il genere, per la Gruber inedito ma sapientemente manovrato. Il libro, non privo di suspense e toni romantici, racconta (bene) una vicenda relativamente lontana negli anni ma pericolosamente vicina nei contenuti. Rabbia, ignoranza, intolleranza e l’impulso facile di incolpare anzitutto il debole. Il diverso. Colui che non si può difendere, e dunque il capro espiatorio perfetto. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano SABATO 13 DICEMBRE 2014 17 LA BAND Elio e le Storie Tese, in attività dal 1980 Ansa RAI UNO IL PEGGIO DELLA DIRETTA Le dieci leggi di Dio te le spiega Benigni di Patrizia Simonetti no spot semplice girato nel U deserto senese di Accona dove un bambino dai colori scuri cor- re seguendo incisioni in ebraico sulla terra spaccata dal sole. Quindi ci siamo. Prove in corso e a porte serrate al Palastudio di Cinecittà per Roberto Benigni che dopo la Costituzione, la Divina Commedia e l'Inno di Mameli, lunedì e martedì torna in prima serata su Rai1 con I 10 Comandamenti: “Mi sto montando, è vero – ammette – il prossimo anno farò l’esegesi dei sette nani, ho delle notizie su Brontolo da perdere la testa”. Un’ora e mezza a serata senza interruzioni o quasi, solo uno spot in testa, uno in coda e uno a dividere l’anteprima dallo show prodotto da Melampo Cinematografica e diretto da Stefano Vicario, costo complessivo due milioni per un ricavo di quattro. TUTTI in attesa dunque, complice anche l’atmosfera natalizia, della doppia lezione di catechismo firmata dal premio Oscar per La vita è bella. Anche se le tavole della legge di Mosè non sono argomento del tutto nuovo per Benigni: “Nostro Signore le ha fatte un po’ troppo a favore dei ricchi” diceva in quel di Fantastico 6 nel 1985, altri tempi. “I Comandamenti sono le parole più famose della Bibbia – declama oggi il toscano – argomento di infinita bellezza e inconsumabile”. Previsti per l’anno scorso poi rimandati, de I 10 Comandamenti Benigni voleva fare altrettante serate “perché il racconto dell’Esodo è lo spettacolo per eccellenza, non c’è storia al mondo più bella, l’ispirazione di qualsiasi movimento della libertà”. Ma tra tanto amore che trasuda da tutti i pori, ci sarà spazio per quel Dio vendicativo dei testi ebraici che minaccia di punire i disobbedienti per generazioni? “Era un popolo impaurito quello là – risponde – come lo siamo noi adesso perché la libertà fa paura a tutti, crea responsabilità, ci volevano leggi semplici e rapide e c’era un solo esperto per farle”. Lui invece si è avvalso della collaborazione di più esperti come il cardinale Gianfranco Ravasi, il teologo Paolo Ricca e il giornalista e poeta Franco Marcoaldi, perché viste le diverse interpretazioni esistenti “io farò la versione originale scritta da Dio con il suo dito – dichiara – ma entreremo anche nelle contraddizioni della Bibbia che certe volte è incomprensibile”. Certo non sarà difficile trovare tra le 10 leggi collegamenti all’attualità, Mafia Capitale in testa. E poi “l’esodo va di moda – ammicca Benigni – adesso lo fa pure Ridley Scott a Hollywood, ma esco prima io fortunatamente”. Elio e le Storie Tese, ex giovani mai invecchiati di Fulvio Abbate lio è il Franco Zappa della muE sica italiana, quanto invece ai suoi sodali delle Storie Tese si potreb- be assimilarli invece ai Monty Python, nel senso della comicità paradossale, della tendenza comune al travestimento, alla parodia, al bordellone rock, si spera, palingenetico rispetto al luogo comune canoro, melodico e perfino pop e rock da cui ogni cosa qui discende. Elio e le Storie Tese, da che erano un luogo musicale giovanile con affaccio sui postumi del mao-dadaismo e della stagione rocchettara demenziale, alla fine, batti e ribatti, forti anche di una pertinenza musicale degna dei maestri, sono perfino diventati dei gran classici. Valga, su tutto, il modo in cui il loro brano giunto al Festival di Sanremo di un po’ d’anni fa, “La terra dei cachi”, ossia “Italia sì, Italia no, Italia gnamme…”, è diventato un punto irrinunciabile del pentagramma situazionista e tuttavia d’autore, più che un’autoclave metaforica dello stato delle cose nazionali. Elio e le Storie Tese, dunque, meglio di un fondo di Severgnini, perfino di un editoriale di Eugenio Scalfari, forse addirittura del discorso di fine anno del presidente della Repubblica. Per questa e altre ragioni ormai prossime alla storicizzazione, non abbiamo potuto fare a meno di seguire lo speciale al gruppo e al suo duce dedicato, così l’altra sera su Raidue nell’ambito monografico di Emozioni, con Federico Russo a narrarne la storia, gli esordi, la traiettoria, ma sì, perfino la leggenda fin dal 1978, con pezzi unici come, metti, Uomini col borsello o Servi della Gleba, fino a Fossi figo. IL TEMPO ha lavorato anche sulle tempie e perfino le sopracciglia faraoniche di Elio, e c’è davvero molto del racconto di questi ultimi trent’anni nello scarto tra lui che narra la propria storia dall’altana del presente con abiti da Dottor Zivago, e il ragazzo in felpa degli Anni Ottanta ancora cuccioli, quando Rocco Tanica già provava ad arrangiare l’intero corpus musicale della band milanese, e l’amico-mascotte Mangoni, architetto, segnapun- Gli ascolti di giovedì CHE DIO CI AIUTI 2 Spettatori 4,5 mln Share 16,4% ZELIG Spettatori 3,8 mln Share 16% ti, segnaposto, già compagno di banco di Elio al liceo, figurava lì ad agitarsi nella tuta di Super Giovane, questo per ribadire che dal tempo del “ballo del Pippero” con contorno di coro femminile delle voci bulgare c’è stato modo di veder volare via un pezzo di leggenda nazionale, e poco male se, sempre a Elio, si deve anche il crimine di uno spot munito di pinguino che negli scorsi mesi è riuscito a crocifiggere milioni di poveri utenti televisivi. Lo speciale, dicevamo, già, lo speciale-cofanetto-vittoriale dedicato a Elio e a tutti quegli altri, Faso, Cesareo, il compianto Feiez, Christian Meyer, Jantoman, Paola Folli e le altre centomila identità che il gruppo ha scelto situazionisticamente di donare a se stesso. La percezione conclusiva della cosa, e qui i giovanilisti ci resteranno davvero molto male, è la medesima di quando ci fanno rivedere Tito Stagno che annuncia il primo piede sul suolo lunare. Anche Elio con tutte le sue storie sono ormai antologia, cofanetto, bauletto, cenotafio, sono come eravamo. VIRUS Spettatori 1,3 mln Share 5,8% ANNOUNO Spettatori 954 mila Share 4,2% 18 SECONDO TEMPO SABATO 13 DICEMBRE 2014 il Fatto Quotidiano BATTIBECCO LA CUPOLA DI ROMA Questo sistema serve alla politica di Bruno Tinti M afia Capitale. Prima c'era stato il Consorzio Venezia Nuova. E ancora prima Expo 2015. E in mezzo corruzioni grandi, medie e piccole con cadenza bi o triquotidiana. E ogni volta Renzi&C. hanno blaterato di misura colma e di riforme necessarie e immediate. Che naturalmente non si sono fatte. E che, se si fossero fatte, non sarebbero servite a niente. Perché le riforme che servirebbero la politica non le vuole. Perché i reati di corruzione, frode fiscale, falso in bilancio e compagnia continuano a essere commessi? Perché vi è la garanzia dell'impunità. E perché questa garanzia? Per via della prescrizione e della pena che non si sconta. La prescrizione. Renzi&C. dicono che vogliono aumentarla. Di quanto? In realtà non importa. Aumentarla è come intervenire su una macchina che ha un motore progettato male: con un litro fa 500 metri. Allora si costruisce un serbatoio più grande: sempre 500 metri al litro farà, ma il percorso si allungherà. I passeggeri trasportati resteranno gli stessi, pochi. La prescrizione deve essere allungata, si capisce. Ma non è questo il problema. Il fatto è che il nostro processo è troppo lungo. In effetti, possibile che 7 anni e mezzo, ma anche 10 o perfino 15 (pensate a Eternit) non bastino per un processo? No che non bastano, perché non è un processo. Sono almeno tre, Tribunale, Appello e Cassazione. Ma in realtà sono cinque perché c'è l'udienza preliminare e il Tribunale della Libertà. Ma in realtà sono ancora di più perché al TL si può ricorrere anche 20 volte di seguito; e la Cassazione può rinviare all'Appello o perfino al Tribunale e far ricominciare tutto. Come può un processo come questo essere fatto in tempi brevi? Ovvio che tutto si prescrive (quello che conta, il furto al supermercato no, tranquilli). Quindi la vera riforma è modificare il processo. Niente Appello, niente udienza preliminare, notifiche solo agli avvocati e solo via email, niente avvisi, depositi, termini ripetuti 3/4 volte, un processo in Tribunale e un ricorso in Cassazione per motivi di diritto. Così si raddoppiano i magistrati e il personale senza spendere un soldo e probabilmente la prescrizione smette di essere un problema. LA PENA È FINTA. Fino a 4 anni in prigione non ci si va. Ma ci pensate? Si spendono una marea di soldi, si passano anni e anni a giocare in aule di giustizia e, sempre che si arrivi a sentenza definitiva di condanna, si dice all'imputato; sei colpevole, ti toccano 3 anni e 11 mesi. Vai pure a casa. Se poi la condanna è di 5 anni, si sconteranno 7 mesi e mezzo; e se fosse di 6 (praticamente mai si danno pene del genere) si sconterebbe 1 anno e mezzo. 10 anni di galera sono poco più di 3. Ma dai! Ansa RICETTE Basterebbero poche e semplici riforme penali per arginare il malaffare, ma così buona parte della nostra classe dirigente non saprebbe come campare In queste condizioni, perché corruttori e corrotti dovrebbero smettere di delinquere? L’unico guaio che gli può toccare, dopo aver messo al sicuro una barca di soldi, è farsi pochi mesi di carcerazione preventiva (fino a quando la politica non la eliminerà, come periodicamente minaccia di fare. Ma si sa, è una conquista di civiltà). Quale riforma possono partorire Renzi&C. se non modificano questa situazione? Che non sarà modificata. Pensateci. Quale cittadino di normale buon senso potrebbe volere un sistema del genere? Chi (esclusi gli amici di mafiosi e criminali e di politici associati, tanti ma pur sempre una minoranza della popolazione) direbbe al suo politico di collegio elettorale: ti voto, vai e realizza un sistema così? Nessuno, ovviamente. Allora come ci si è arrivati? Perché alla politica serve un sistema così. Perché la politica è fondata sul malaffare, perché i politici campano di reati o di sovvenzioni criminali. E non possono permettersi un sistema penale che blocchi il sistema che gli dà da vivere, anche nel senso stretto del termine. Una prova? C’è un sistema semplicissimo per battere la corruzione. Spezzare il sodalizio necessario tra corrotto e corruttore. Oggi entrambi, se scoperti, sono punibili, tutti e due in galera. Ma, se si prevedesse che il primo che denuncia l’altro, anche prima di un’indagine, andrà esente da pena, il vincolo è reciso. Chi si fiderebbe a farsi corrompere sapendo che, appena c'è in giro puzza di indagini, qualcuno può comprarsi l’impunità denunciandolo. E viceversa. Sistema banale, non a caso adottato da sempre negli Usa e di cui io parlai la prima volta negli anni 70 a Beniamino Andreatta, un Dc onesto e preparato che fu subito d'accordo. Naturalmente non se ne fece niente. Ma, se quello denuncia il falso? Va in prigione per calunnia. Non è che basti la denuncia per condannare, ci vanno i riscontri. Se non si trovano, poveretto lui. Il Colle ha (di nuovo) passato il limite di Massimo Fini n NON HO MAI avuto alcuna considerazione per Giorgio Napolitano (definito a suo tempo, da qualcuno, “coniglio bianco in campo bianco”) e in questo senso ho scritto più volte e in particolare in un articolo pubblicato su Giudizio Universale nel giugno del 2006, quando fu eletto presidente della Repubblica, poi rieditato in un libro di Chiarelettere del 2010. Ma questa volta l'anziano presidente, da sempre cauto, cautissimo, cosa a cui deve la propria longevità politica, pare aver perso la testa. In un momento in cui l’Italia è nel pieno del più grave scandalo della sua Storia, che pur è un sequel di scandali, colpita da un fenomeno criminale-politico che è più pericoloso e inquietante della mafia, perché la mafia è perlomeno un cancro individuato e, almeno teoricamente, circoscrivibile, mentre qui siamo in presenza di una serie di metastasi incontrollabili che attraversano l’intero Paese (in questo senso va intesa la contestatissima affermazione di Grillo “era meglio la mafia”) Napolitano che fa? Non indica come prima emergenza del Paese la corruzione politico-criminale, ma “l'antipolitica che in Italia è ormai degenerata in una patologia eversiva”, con un chiaro riferimento al Movimento 5 Stelle, che di tutto può essere accusato tranne che di corruzione. È anzi l'unico partito che ha restituito 42 milioni che pur, per legge, gli spettavano. Grillo ha replicato: “Napoli- tano stia attento, rischia che lo denunciamo per vilipendio del Movimento”. Ma non è questo il punto. Napolitano ha violato il proprio dovere costituzionale di imparzialità. Il presidente della Repubblica, che rappresenta tutti i cittadini, non può prendere parte contro un movimento presente in Parlamento e che oltretutto, allo stato, è il primo partito, il più votato con i suoi 8 milioni 688 mila 231 voti. Napolitano dovrebbe essere semmai denunciato per “alto tradimento”. Ma perché mai il movimento di Grillo sarebbe “eversivo”? Perché ”nel biennio alle nostre spalle hanno fatto la loro comparsa metodi e atti concreti di intimidazione fisica, IL “MONITO” Napolitano sbaglia bersaglio, l’emergenza non è la corruzione, ma l’antipolitica. E tanti saluti al dovere di imparzialità Giorgio Napolitano LaPresse di minaccia, di rifiuto di ogni regola e autorità”. Nessuno meglio di Napolitano può sapere, perché c'era, che quando in Parlamento sedevano i comunisti le botte e le scazzottature, con il capintesta Pajetta, erano all'ordine del giorno (naturalmente Napolitano, che non è mai stato uomo di passioni, a quelle zuffe non partecipava, come quando era ragazzo preferiva stare ai bordi del campo). Ma l'affermazione più inquietante di Giorgio Napolitano è quando dice che di questa situazione “eversiva” portano “pesanti responsabilità anche alcuni mass media e opinionisti senza scrupoli”. n QUI SIAMO in pieno regime fascista o, peggio, stalinista quando ogni critica era considerata “un’attività oggettivamente antipartito” e quindi meritevole di purga, come Napolitano che di quegli orrori fu a conoscenza e, per la sua parte, complice, non può non sapere. Napolitano afferma anche che “serve una scossa civile che spinga i cittadini a reagire”. Se ci sarà una “scossa civile” si dirigerà proprio contro quella politica in cui Napolitano è incistato da quando esiste. Questo non è fare dell’”antipolitica”, ma volere un’”altra” politica, democraticamente. Ma se la politica persevererà nel derubare sistematicamente i cittadini verrà il giorno in cui la gente, grazie anche alle provocazioni di Napolitano, perderà la pazienza. E non sarà una “scossa”. Sarà rivolta. Né civile, né democratica, né indolore. CORSI E RICORSI Mafia Capitale, una storia già vista Per reagire ci vorrebbe lo spirito del 1992 di Gian Carlo Caselli l malaffare che appesta I Roma ha sbalordito un po’ tutti per le sue dimensioni. I primi risultati dell’operazione nota come “Mafia Capitale” non lasciano dubbi. Anche se qualcuno preferisce attardarsi sull’assenza di “punciute” con spine di arancio amare, per cui non ci sarebbe vera mafia nonostante una sostanza di comportamenti tipicamente riconducibili al 416 bis. Ma come definire la tendenza di pezzi consistenti della classe dirigente (politici, amministratori, alti burocrati e SOLDI NON SANGUE La criminalità oggi uccide meno persone, ma uccide sempre più la speranza. Il business dell’evasione fiscale e dell’economia mafiosa è da vertigine operatori economici) a forme di allergia per la legalità con uso del potere pubblico in modo privato? Persistenza sotterranea che riaffiora ciclicamente? Tara del carattere nazionale? Endemia? Metastasi? Elemento strutturale del sistema? Guicciardini sosteneva che “le cose passate fanno luce alle future (…) e le cose medesime ritornano ma sotto diversi nomi e colori”. I “precedenti” della situazione denunciata oggi dalla Procura di Roma sono singolari e per certe somiglianze stupefacenti. La bella Autobiografia di una Repubblica di Guido Crainz ne offre un ricco e prezioso catalogo. Dagli Anni Ottanta fino ai primi Anni Novanta “la realtà italiana è sempre più caratterizzata da una illegalità diffusa e da un’incredibile accettazione di comportamenti a vario titolo illeciti” (Ornaghi-Parsi). Nel 1980, Italo Calvino scriveva un eloquente Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti, mentre Massimo Riva denunciava che “mai si era vista tanta corruzione radicarsi così dentro e così largamente nelle strutture dello Stato”. Fino a invocare che qualcuno si levasse contro i disonesti con le parole “in nome di Dio andatevene! liberateci dalla vostra presenza” (tolto l’accenno a Dio, sembra quasi un’invettiva “grillina”…). NEL 1993, all’esordio del ventennio che ora comprende la “Mafia Capitale” e ha rafforzato alcuni caratteri negativi del nostro paese, Antonio Gambino scriveva che “intere schiere di uomini politici e funzionari pubblici hanno saccheggiato lo Stato, avvicinando la comunità a un baratro che rischia di inghiottirla”. Con queste citazioni non si vuole assolutamente dire (sarebbe bestemmia) che così robusti precedenti possano in qualche modo assolvere conclusioni ispirate a “filosofie” perverse, del tipo “così fan tutti da sempre, non val la pena scaldarsi...”. Vero è che queste “filosofie” trovano nutrimento nella constatazione che nel nostro Paese chi sbaglia raramente paga, soprattutto se conta. Grazie anche (soprattutto nel recente passato) a condoni persino tombali, prescrizioni senza freni e leggi mirate su interessi personali. Vero è che una buona parte del popolo italiano è persino riuscito a metabolizzare la penale responsabilità di Andreotti e la condanna di Dell’Utri per gravi collusioni con il peggior potere mafioso. Ma ragionando così si consolida quella rassegnazione dei cittadini (spesso connivenza) che è uno dei più potenti fattori di persistenza all’infinito dei comportamenti immorali e illegali che si fustigano con furore soltanto finché fa effetto l’indignazione dell’ultimo scandalo. Dobbiamo invece ritrovare quella coscienza civica collettiva che dopo le stragi di mafia del 1992 ci ha consentito di fare resistenza e di salvare l’Italia dal baratro in cui esse volevano cacciarla, trasformando la democrazia in un narco-Stato o Stato-mafia. Coscienza civica tradottasi al- Massimo Carminati Ansa lora nella stagione dei lenzuoli e poi nell’azione organizzata da “Libera” e altre associazioni. Coscienza civica che oggi significa rifiuto di omologazione, di quieto vivere e conformismo. Soprattutto coraggio di denuncia e coerenza (predicare moralità mentre si praticano favoritismi e illegalità equivale a rafforzare il potere mafioso). La mafia oggi uccide meno persone, ma uccide sempre più la speranza (copyright di Luigi Ciotti). Il business complessivo dell’evasione fiscale, della corruzione e dell’economia mafiosa è da vertigine. Queste illegalità, con le collusioni e l’inefficienza, operano come una tenaglia che ci stritola causando sempre più impoverimento economico e sociale. Solo l’impegno e il coraggio di tutti possono tenere in vita la speranza di salvare ancora la democrazia. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano SABATO 13 DICEMBRE 2014 19 A DOMANDA RISPONDO Furio Colombo Oggi Berlinguer non sarebbe a suo agio Paolo Spriano ha raccontato la storia del Pci in otto volumi, ed è una storia lunga di sogni, speranze, di sdraiati sulla linea, battaglie, liti, passioni, meschinità e doppiezze. Oggi, quella storia non interessa più a nessuno. La miopia di chi non capì la rivolta ungherese del '56 ha pesato e molto, come ha scritto Antonio Giolitti, poi ha chiamato rinnegati i socialdemocratici, per poi rendere omaggio al craxismo, come compimento di un ciclo, come per liberarsi di una storia ingombrante, o forse per una sorta di sottaciuto funerale delle idee. Dal crollo del Muro di Berlino, poi è stato un aggiornamento continuo; come dire: siamo come tutti gli altri, e chi è senza peccato scagli la pietra. La questione morale; la questione ideale, è roba vintage, o va bene per i centri studi, per le università; il fare politica necessita di soldi, e l'imborghesimento non è più una colpa di cui vergognarsi, anzi: tanto vale approfittarne. I tempi cambiano; il nuovo incalza. Basta vedere come Renzi si dileggia alla tastiera scrivendo messaggini e parlando in diretta televisiva. La rivoluzione non ha più bisogno di un lento e perseverante lavoro. Oggi chi cambierà l’Italia, e la rivolterà come un calzino, è un gruppetto di dirigenti e di belle donne uscite da un meeting bancario, da una sfilata, o da una centrifuga che lava più bianco. Lo spettinato Berlinguer non sarebbe a suo agio. Certe facce sconsolate di vecchi militanti vien voglia di abbracciarle. Molti di questi vecchi silenziosi e abbacchiati, oggi sono mortificati e per lo più muti. Marino Pasini Gli italiani stanchi e la soluzione 5Stelle È vero che i gravi problemi della corruzione e della criminalità che danneggiano pesantemente il Paese non sono da addossare tutti all’attuale gover- no, ma quello che non capisco è cosa deve succedere ancora affinché il governo e il Parlamento si decidano ad adottare misure severe contro tali problemi. La pazienza sta rapidamente terminando ed il suo esaurimento potrebbe condurre ad una tale sfiducia nelle istituzioni da creare nuovi problemi di tenuta del Paese. Il governo e il Parlamento abbiano il coraggio di varare norme severe per la punizione dei furbi e dei criminali. Altro che Italicum, Porcellum, abolizione dell’articolo 18 e altre stupidaggini partorite da menti bacate, lontane anni luce dal comune sentire dei cittadini. Abbiamo un Presidente della Repubblica che non è più in grado di fare da garante di alcun- interne, possono ancora fare la differenza. Lo scontento dei cittadini va incanalato, ascoltato e soddisfatto, altrimenti non si può pretendere che non sfoci in disobbedienza o peggio in ribellione, che andrebbero intese come volontà dei cittadini di non riconoscere più come proprio uno Stato di privilegiati, di affaristi, di ladri. Sul campanile del duomo di Conegliano vi è un orologio, al di sotto del quale vi è una didascalia che dice “Vulnerant omnes, ultima necat”. È bene che governo e Parlamento non tirino troppo la corda. Tutte le polizie del mondo CARO FURIO COLOMBO, di filmato in filmato, di fotografia in fotografia, tutte le polizie del mondo mi sembrano uguali, truppe occupanti di Paesi che non conoscono. Che ci sia o no democrazia, non sembra fare differenza. Non capisco. Ferdinando L’AFFERMAZIONE è fondata, se si pensa a un montaggio di immagini che includa la manifestazione degli ombrelli a Hong Kong, sequenze americane di Occupy Wall Street, immagini di “cariche di alleggerimento” nelle manifestazioni operaie e studentesche italiane, e i due episodi di uso delle armi da fuoco a Ferguson (Missouri) e New York. “Avrebbe potuto essere mio figlio”, ha detto il sindaco di New York, De Blasio, del ragazzino ucciso mentre brandiva un’arma giocattolo. Lui, infatti, ha due figli afroamericani. Per tentare di spiegare certi eventi, è necessario ricordare che nelle città americane, la polizia dipende dal sindaco (e a lui o lei spetta di nominare o revocare il capo della polizia), dunque attraverso il controllo di un processo elettorale. Si possono fare varie ipotesi sociologiche per ciascun Paese. Eppure la naturale diffidenza cinese, il forte legame di cittadinanza americano, le contraddizioni italiane dovute a ragioni storiche, non producono vere differenze. Si direbbe che in ciascun caso l’estraneità della polizia è grande e che il senso di doveroso e quasi automatico antagonismo dei manifestanti (quasi sempre giovani) non si presta a facili sottomissioni, ed è pronto a una certa dose di rischio. Se fosse possibile il montaggio di eventi, luoghi e scontri di- Paride Antoniazzi Napolitano dribbla i veri problemi Nel discorso pronunciato all’Accademia dei Lincei la vignetta versi (per le più diverse ragioni) nel mondo, si direbbe che tre passaggi sono sempre uguali: coloro che protestano sono giovani. Il fatto che raramente gli incidenti da scontro cittadini-polizia siano gravi si deve a una evidente autolimitazione della protesta. Il comportamento delle polizie mostra sempre un grado abbastanza marcato di estraneità, come se ciascun reparto in tenuta da sommossa operasse in un altro Paese. Il fatto che a volte le autorità centrali o cittadine siano dalla parte dei dimostranti (il caso del presidente Obama, il caso del sindaco De Blasio) non cambia nulla. Le polizie sembrano avere un loro autonomo codice di comportamento che risponde alla funzione molto più che alla politica. Ma anche ammettendo questa strana e non spiegata contraddizione, restano due buchi neri su cui non ci sono né buone indagini né attendibile sociologia. Perché negli Usa la polizia spara, come se vigilasse su confini razziali che (ordine di chi?) non devono essere valicati? Perché in Europa a un certo punto di eventi di confronto-scontro contenuti di solito nelle regole di fatto appena indicate, compaiono distruttori fanatici che giocano con la vita degli altri, aggrediscono in modo militare la polizia e chi tenta di isolarli, distruggono ciò che si può distruggere e poi scompaiono quasi sempre indisturbati e raramente devono rendere conto di azioni e ragioni di ciò che hanno fatto? La verità è che spiegare si può. Ma porterebbe notizie che nessuno vuole sapere. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] mente alla rettifica di quanto scritto in quanto mai nessuna contestazione di alcuna attività delittuosa è stata allo stesso contestata nell’ambito del procedimento di cui all’articolo, nell'ambito dei processi alla “compagine eversiva di Ordine Nuovo” e in quelli relativi al 'sodalizio criminale capitolino della Banda della Magliana. Prof. Avv. Luca Marafioti L’articolo si riferisce espressamente al legame di conoscenza, documentato dal Ros dei Carabinieri, che elenca diversi incontri tra Manlio Denaro e Massimo Carminati, mentre nessun riferimento ad affari o rapporti di lavoro è stato menzionato nel pezzo in questione. Riguardo il procedimento Telekom-Sparkle Fastweb è agevole verificare che, nell'articolo, è stata riportata la notizia della sua assoluzione in primo grado. Non ho mai sostenuto che abbia subìto procedimenti penali relativi alla compagine di Ordine Nuovo ma, come sostiene l'informativa del Ros, che Denaro “rivestiva al suo interno un ruolo di assoluta centralità”. Sui collegamenti con la “banda della Magliana”, infine, ho ancora una volta attinto dall’informativa della polizia giudiziaria che, descrivendo Denaro, sostiene che “gravitava sia negli ambienti dell’estrema destra romana sia nel sodalizio criminale capitolino della banda della Magliana”. (L. Di Ces.) I NOSTRI ERRORI ché, addirittura la Costituzione è ancora sotto tiro da parte di soggetti privi di idonea cultura giuridica, politica e istituzionale. La Capitale è terreno di conquista di criminali, mafiosi e reazionari e il presidente del Consiglio non ha saputo far altro che commissariare il partito democratico romano, come dare un Aulin contro la poliposi al colon. Gli unici che possono fare qualcosa sono i ragazzi del Movimento 5 Stelle. Se la smettono di perdersi in beghe mi sembra che il presidente Napolitano abbia voluto deliberatamente dribblare il vero problema che è quello della corruzione generalizzata in tutti i livelli di governo. Naturalmente la metastasi corruttiva tocca la maggior parte del popolo italiano, che ha perso per strada la sua vocazione cristiana e quella della fratellanza e della solidarietà, sostituendole con i nuovi idoli dell’arricchimento continuo e del successo. La storia dirà quanto abbia influito il ventennio berlusconiano con l’avvento delle televisioni commerciali e della pubblicità a gogò! Prendersela, pertanto e soprattutto, come fa Napolitano, con la “patologia eversiva” dell’antipolitica e non invece con la corruzione della politica, mi sembra confondere l’effetto con la causa. Luigi Ferlazzo Natoli DIRITTO DI REPLICA Si precisa quanto segue in riferimento all’articolo pubblicato in data 10 di- il Fatto Quotidiano Direttore responsabile Antonio Padellaro Condirettore Marco Travaglio Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez Caporedattore centrale Ettore Boffano Caporedattore Edoardo Novella Caporedattore (Inchieste) Marco Lillo Art director Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n° 42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 mail: [email protected] - sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42 Presidente: Cinzia Monteverdi Consiglio di Amministrazione: Lucia Calvosa, Luca D’Aprile, Peter Gomez, Antonio Padellaro, Layla Pavone, Marco Tarò, Marco Travaglio cembre 2014 dal titolo “Quei 10 mila voti offerti al deputato vicino a Scajola”. Anzitutto, è destituita di ogni fondamento l’affermazione: Manlio Denaro, uomo legato al presunto boss Massimo Carminati. Il Sig. Denaro, infatti non ha mai intrattenuto con lo stesso alcun rapporto di carattere economico e/o lavorativo che possa anche lontanamente giustificare simile affermazione. Si precisa, poi, che il Sig. Denaro è stato assolto con formula piena da ogni reato contestato nel menzionato procedimento Fastweb-Telecom Sparkle, per altro verso, non è mai stato coinvolto in procedimenti penali relativi alla “compagine eversiva di Ordine Nuovo”. Altrettanto privo di qualsiasi fondamento e gravemente lesivo risulta il collegamento operato con il “sodalizio criminale capitolino della Banda della Magliana”, con il quale mai alcun tipo di rapporto è stato intrattenuto dal mio cliente. Pertanto, Vi diffido a provvedere immediata- Nell’articolo dal titolo “Distruzione & sospetti Sloviansk e le macerie dell’anima ucraina” la frase “…raso al suolo dai colpi sparati dall’esercito ucraino sparati dai separatisti” è dovuta a un refuso causato da un taglio dell’articolo. È evidente che il senso corretto è che l’ospedale è stato distrutto dall’esercito ucraino. Vauro Senesi Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] Abbonamenti FORME DI ABBONAMENTO COME ABBONARSI • Abbonamento postale annuale (Italia) Prezzo 290,00 e Prezzo 220,00 e Prezzo 200,00 e • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Abbonamento postale semestrale (Italia) Prezzo 170,00 e Prezzo 135,00 e Prezzo 120,00 e • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Modalità Coupon annuale * (Italia) Prezzo 370,00 e Prezzo 320,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Modalità Coupon semestrale * (Italia) Prezzo 190,00 e Prezzo 180,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento in edicola annuale (Italia) Prezzo 305,00 e • 7 giorni Prezzo 290,00 e • 6 giorni È possibile sottoscrivere l’abbonamento su: https://shop.ilfattoquotidiano.it/abbonamenti/ • Abbonamento in edicola semestrale (Italia) Prezzo 185,00 e • 7 giorni Prezzo 170,00 e • 6 giorni Oppure rivolgendosi all’ufficio abbonati tel. +39 0521 1687687, fax +39 06 92912167 o all’indirizzo mail: [email protected] ABBONAMENTO DIGITALE • Mia - Il Fatto Quotidiano (su tablet e smartphone) Abbonamento settimanale 5,49 e Abbonamento mensile 17,99 e Abbonamento semestrale 94,99 e Abbonamento annuale 179,99 e • il Fatto Quotidiano - Pdf (su Pc) Abbonamento settimanale Abbonamento mensile Abbonamento semestrale Abbonamento annuale 4,00 e 15,00 e 80,00 e 150,00 e * attenzione accertarsi prima che la zona sia raggiunta dalla distribuzione de Il Fatto Quotidiano Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130, 20060 Milano, Pessano con Bornago, via Aldo Moro n° 4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. A., 09034 Elmas (Ca), via Omodeo; Società Tipografica Siciliana S. p. A., 95030 Catania, strada 5ª n° 35 Concessionaria per la pubblicità per l’Italia e per l’estero: Publishare Italia S.r.l., 20124 Milano, Via Melchiorre Gioia n° 45, tel. +39 02 49528450-52, fax +39 02 49528478, mail: [email protected], sito: www.publishare.it Distribuzione Italia: m-dis Distribuzione Media S.p.A., Sede: 20132 Milano, Via Cazzaniga n° 1, tel. + 39 02 25821, fax + 39 02 25825203, mail: [email protected] Resp.le del trattamento dei dati (d. Les. 196/2003): Antonio Padellaro Chiusura in redazione: ore 22.00 Certificato ADS n° 7617 del 18/12/2013 Iscr. al Registro degli Operatori di Comunicazione al numero 18599 • Servizio clienti [email protected] MODALITÀ DI PAGAMENTO • Bonifico bancario intestato a: Editoriale Il Fatto S.p.A., BCC Banca di Credito Cooperativo Ag. 105, 00187 Roma, Via Sardegna n° 129 Iban IT 94J0832703239000000001739 • Versamento su c. c. postale: 97092209 intestato a Editoriale Il Fatto S.p.A. 00193 Roma , Via Valadier n° 42, Dopo aver fatto il versamento inviare un fax al numero +39 06 92912167, con ricevuta di pagamento, nome, cognome, indirizzo, telefono e tipo di abbonamento scelto • Pagamento direttamente online con carta di credito e PayPal.