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L`eliminazione dell`obbligo di concentrazione nella Direttiva Mifid

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L`eliminazione dell`obbligo di concentrazione nella Direttiva Mifid
Dipartimento di Scienze giuridiche
CERADI – Centro di ricerca per il diritto d’impresa
L’eliminazione dell’obbligo di
concentrazione nella Direttiva Mifid
Eleonora Faustini
dicembre 2008
© Luiss Guido Carli. La riproduzione è autorizzata con indicazione della fonte o
come altrimenti specificato. Qualora sia richiesta un’autorizzazione preliminare per la
riproduzione o l’impiego di informazioni testuali e multimediali, tale autorizzazione annulla e
sostituisce quella generale di cui sopra, indicando esplicitamente ogni altra restrizione
1 1. La ratio dell’obbligo
L’obbligo per gli intermediari di eseguire le negoziazioni dei valori mobiliari
esclusivamente nei mercati ufficiali in cui gli stessi sono quotati è stato
introdotto nel nostro ordinamento per la prima volta con la legge Sim (l.1/91).
In un mercato borsistico caratterizzato da cronici problemi di liquidità quale
quello italiano, l’obbligo di esecuzione delle negoziazioni su tale mercato
avrebbe dovuto contribuire ad aumentare il volume degli scambi, accrescendo
la trasparenza di operazioni altrimenti concluse fuori borsa, e quindi ignote al
mercato, laddove invece la correttezza nella fomazione dei prezzi dovrebbe
venire assicurata dall’incontro sul mercato di domanda e offerta.
L’obbligo di concentrazione rispondeva inoltre all’esigenza di tutela del
contraente debole, come indirettamente dimostrato dalla norma che prevedeva
l’obbligo per l’intermediario di eseguire le negoziazioni alle migliori condizioni
possibili; tale condizione si considerava soddisfatta, per presunzione, nel caso
in cui la negoziazione fosse avvenuta nei mercati regolamentati.
Mentre l’ordinamento italiano muoveva verso la concentrazione delle
negoziazioni, già nel ’93 l’orientamento comunitario, che trovava applicazione
con la Direttiva 93/22/CE1, era indirizzato invece sulla libertà di esecuzione
delle negoziazioni al di fuori dei mercati regolamentati, lasciando all’organo di
controllo dei singoli Stati membri l’individuazione delle ipotesi in cui l’obbligo
trovava applicazione. La piena apertura concorrenziale dei mercati agli
operatori esteri2 , e di conseguenza la possibilità che il medesimo titolo venisse
1
Direttiva 93/22/CE del 10 maggio 1993
La Direttiva 93/22/CE art. 14, aveva disposto che le banche e le Sim italiane, e
specularmente gli operatori stranieri, potessero operare in mercati europei secono il
principio dell’Home country control:“Gli Stati membri provvedono a che qualsiasi servizio
d'investimento nonché gli altri servizi elencati nella sezione C dell'allegato possano essere
prestati nei loro territori, conformemente agli articoli 17, 18 e 19, mediante la creazione di
una succursale o mediante la prestazione di servizi, da un'impresa d'investimento
autorizzata e controllata dalle autorità competenti di un altro Stato membro,
conformemente alla presente direttiva, purché tali servizi siano coperti
dall'autorizzazione”.
2
2 trattato su più mercati, aveva fatto venir meno uno dei presupposti economici
della regola della concentrazione degli scambi, la cui ratio è che la significatività
dei prezzi sia massima quando gli stessi sono formati dall’incrocio di tutta la
domanda e di tutta l’offerta. In sede comunitaria però, a sistemi giuridici come
quello anglosassone, ispirati al principio della libertà delle negoziazioni al di
fuori di quei mercati, se ne contrapponevano altri, come quello italiano,
storicamente caratterizzato dall’obbligo di concentrazione; in tal senso la
Direttiva sembrava tentare una conciliazione tra due posizioni agli antipodi,
benché propendesse con evidenza per la libertà di negoziazione fuori borsa
come risultava dalla lettera dell’art.14 comma 3 e 43.
Con l’entrata in vigore del decreto di recepimento della suddetta direttiva (c.d.
legge Eurosim4), la Consob5 ha reintrodotto in toto l’obbligo di concentrazione:
secondo l’Autorità rappresentava una strumento di garanzia di liquidità del
mercato e avrebbe contribuito a migliorare la qualità del processo di
formazione dei prezzi, nonché a ridurre i costi di transazione. L’obbligo
trovava delle limitazioni nel caso in cui il cliente avesse espressamente
autorizzato ad operare fuori dal mercato regolamentato ovvero le negoziazioni
svolte al di fuori dei mercati consentissero di realizzare il miglior prezzo
3
Direttiva 93/22/CE art. 14 comma 3 e 4:
3. Uno Stato membro può richiedere che le transazioni relative ai servizi di cui al paragrafo
1 siano eseguite su un mercato regolamentato se soddisfano globalmente i requisiti
seguenti:
- l'investitore risiede abitualmente o è stabilito in detto Stato membro;
- l'impresa d'investimento esegue la transazione tramite uno stabilimento principale o una
succursale situati nello Stato membro in questione o nell'ambito della libera prestazione di
servizi in tale Stato membro;
- la transazione verte su uno strumento negoziato su un mercato regolamentato di detto
Stato membro.
4. Allorché uno Stato membro applica il paragrafo 3, esso accorda agli investitori residenti
abitualmente o stabiliti nel suo territorio il diritto di derogare all'obbligo imposto a norma
del paragrafo 3 e di fare effettuare al di fuori di un mercato regolamentato le transazioni di
cui al paragrafo 3. Gli Stati membri possono subordinare l'esercizio di tale diritto ad
un'autorizzazione esplicita, tenuto conto delle diverse esigenze degli investitori in materia
di protezione, e segnatamente delle capacità degli investitori professionali ed istituzionali di
agire al meglio dei loro interessi. Tale autorizzazione deve comunque essere accordata a
condizioni che non compromettano la rapida esecuzione degli ordini dell'investitore.
4
D.lgs. 23 luglio 1996 n. 415
5
Reg. 10358/96, poi confermato dal regolamento n. 11768/98 attuativo del Tuf
3 possibile per il cliente (c.d. best execution). Per la soddisfazione di tale condizione
la negoziazione fuori mercato doveva aver luogo durante l’apertura dei mercati
ufficiali: solo in tal modo è possibile identificare il prezzo di quotazione di
riferimento quale parametro del miglior prezzo.
La disciplina dell’obbligo di concentrazione è stata implicitamente superata
nella prassi dallo sviluppo di sistemi alternativi alla negoziazione sui mercati
regolamentati (quali ad esempio i Sistemi di Scambi Organizzati operanti anche
in Italia)e dalla diffusione di strutture informatiche per la negoziazione oltre la
chiusura dei mercati.
Da tempo la tendenza in atto si rinveniva nella nascita e nello sviluppo dei
cosiddetti
Electronic
Communication
Networks
(ECN)
-
ATS
(Alternative/Automated Trading Sistems), circuiti di negoziazione telematici di
valori mobiliari, alternativi ai mercati tradizionali. Questi sistemi sono nati in
risposta ad una sempre maggiore esigenza di liquidità del mercato di un facile
accesso e di trasparenza; si caratterizzano in tal senso per l’estensione di orari
di contrattazione, per la trasmissione di ordini con limiti di prezzo, per la
presenza di market maker e per un meccanismo di funzionamento del mercato
ad asta continua.
La diffusione del c.d. trading after hours in alcuni sistemi di scambi organizzati ha
costituito la base per la creazione, da parte di Borsa Italiana S.p.A., di due
nuovi comparti, il Trading after hours (TAH) per il mercato di borsa, ed il
Trading After Hours Nuovo Mercato (TAHnm), per il Nuovo Mercato, in cui
è consentita la negoziazione oltre l’orario di apertura dei mercati ufficiali. La
Consob ha approvato tali modifiche senza con questo estendere l’obbligo di
concentrazione ai nuovi segmenti. Conseguentemente, dopo la chiusura dei
mercati ufficiali, le negoziazioni potevano avvenire sia sui comparti TAH e
TAHnm, sia sul trading after hours di mercati non ufficiali, purché si trattasse di
sistemi di scambi organizzati, al fine cioè di garantire un certo livello di tutela
degli investitori.
4 La concorrenza tra borse non costituisce evidentemente una novità; la
concentrazione delle negoziazioni, in presenza di sistemi di scambi organizzati,
riconosciuti e autorizzati, era già di fatto eliminata. Peraltro, gran parte degli
stati che hanno da sempre imposto la concentrazione degli ordini all’interno
del mercato regolamentato, consentivano già la concorrenza tra borse e altri
metodi di negoziazione, per le operazioni effettuate da altri operatori anche
fuori mercato.
Tale sistema garantiva però un notevole controllo sui prezzi di mercato che si
formavano ufficialmente nei mercati regolamentati, e che costituivano il
principale riferimento per gli investimenti operati da tutti gli intermediari
finanziari, anche al di fuori degli stessi mercati regolamentati.
2. Le modifiche introdotte della direttiva Mifid
La direttiva Mifid6
ha permesso di abolire definitivamente l’obbligo di
concentrazione.
L’analisi sull’efficienza dei mercati, svolta dalla Commissione Europea7 in sede
di elaborazione della direttiva, ha condotto a ritenere che le misure di
regolamentazione che restringono direttamente la concorrenza tra meccanismi
di esecuzione delle negoziazioni, non apportano miglioramenti al processo di
formazione dei prezzi tali da giustificare un intervento intrusivo sulle strutture
del mercato. Una recente analisi dei prezzi delle operazioni di quasi tutte le
azioni quotate non ha fornito alcun sostegno alla tesi secondo cui la
6
“Markets in Financial Instruments Directive” Direttiva 2004/39/CE del Parlamento
Europeo del 21 aprile 2004; Direttiva 2006/73/CE della Commissione Europea del 10
agosto 2006 recante modalità di attuazione della Mifid per quanto riguarda i requisiti
organizzativi e le condizioni di esercizio delle attività delle imprese di investimento e le
definizioni di alcuni termini ai fini di tale direttiva; Regolamento Ce n. 1287/2006 della
Commissione Europea del 10 agosto 2006.
Il nostro ordinamento ha recepito la Direttiva Mifid con d. lgs. 17 settembre 2007, n. 164.
7
Proposta di Direttiva del 19/11/2002 presentata dalla Commissione “relativa ai servizi di
investimento e ai mercati regolamentati e che modifica le direttive 85/611/ CEE e
93/6/CEE del Consiglio e la Direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio”.
5 concentrazione delle operazioni nelle borse valori accrescerebbe l’efficienza del
mercato. All’assenza di qualsiasi beneficio in termini di efficienza statica
derivante dalla regolamentazione della struttura del mercato, si aggiungono i
costi dinamici che il mercato nel suo complesso dovrebbe sopportare qualora
venissero imposte restrizioni alla scelta di libertà dei partecipanti. Al contrario,
la concorrenza tra i meccanismi di esecuzione potrebbe apportare dei benefici
consentendo, cioè, di ridurre i costi delle operazioni, facendo affluire ulteriore
liquidità al mercato e contribuendo ad ottimizzare l’attività di regolamento delle
operazioni8.
L’eliminazione dell’obbligo di concentrazione ha condotto alla moltiplicazione
delle piattaforme di negoziazione, ed alla dispersione delle operazioni su varie
sedi di esecuzione degli ordini, determinando la frammentazione degli interessi
di acquisto e vendita. Se non tenuto sotto controllo, tale fenomeno può
evolversi a scapito delle due componenti fondanti di un mercato finanziario, la
liquidità ed in particolare l’efficienza del processo di formazione dei prezzi. In
presenza di piattaforme di negoziazione preferite, infatti, è probabile che la
caduta dell’obbligo di concentrazione produca un assetto concorrenziale non
reale nel quale i diversi sistemi di negoziazione offrono servizi differenziati
mantenendo un controllo sul prezzo. La gestione “monopolistica” derivante
dal governo del flusso degli ordini passerebbe infatti da un soggetto a un
gruppo di soggetti, cioè dalla borsa principale a intermediari internalizzatori e ai
nuovi mercati, ognuno in grado di esercitare una qualche forma di potere di
mercato nei confronti della propria clientela.
In tal senso diviene determinante un solido regime di trasparenza improntato
in particolare su un’ampia e veloce diffusione delle informazioni rilevanti.
Sono infatti necessari dei meccanismi di collegamento tra i diversi mercati, che
si concretizzano in obblighi di trasparenza pre trade e post trade. Se i mercati
sono singolarmente trasparenti, ma non c’è consolidamento delle quotazioni,
8
L’internalizzazione degli ordini può apportare vantaggi ai clienti, accelerando
l’esecuzione degli ordini, migliorando i prezzi, riducendo i costi di regolamento delle
operazioni effettuate direttamente all’interno del sistema dell’impresa di investimento.
6 gli incentivi all’invio di ordini con limite di prezzo potrebbero ridursi
influenzando la liquidità complessiva.
3. La negoziazione nelle nuove trading venues: I sistemi
multilaterali di negoziazione…
In Europa la funzione dell’intermediario di mercato e la funzione di mercato
sono state tradizionalmente svolte da soggetti diversi9. La dicotomia
istituzionale consentiva di distinguere chiaramente le norme a tutela degli
investitori, e quelle che disciplinavano i mercati mirante a garantire il
funzionamento efficiente e trasparente dei mercati, che si applicavano
principalmente alle borse. Dall’epoca dell’adozione della DSI del ‘93 il mercato
finanziario europeo è divenuto più complesso e la linea di demarcazione tra
mercati e intermediari sempre meno netta.
La cosiddetta “liberalizzazione delle negoziazioni”, operata dalla direttiva del
2004,
ha di fatto ulteriormente contribuito all’ampliamento dei mercati
nazionali e dei soggetti che organizzano e gestiscono i sistemi di negoziazione.
La normativa comunitaria ha, infatti, riconosciuto e istituzionalizzato la
presenza di luoghi alternativi di negoziazione: i sistemi multilaterali di
negoziazione (Multilateral Trading Facilities) e gli internalizzatori sistematici.
Ai sensi dell’art. 410 i MTF sono “sistemi multilaterali gestiti da un’impresa di
investimento o da un gestore del mercato che consente l’incontro -al suo interno e in base a
regole non discrezionali- di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a
strumenti finanziari in modo da dare luogo a contratti”.
La direttiva ha indirettamente evidenziato che la funzione economica svolta
dagli MTF è fondamentalmente la stessa rispetto ai mercati regolamentati. Ciò
9
All’epoca in cui la DSI venne adottata, le Borse valori godevano a livello nazionale di un
diritto esclusivo di organizzazione dell’incontro degli interessi di acquisto e vendita di
valori mobiliari emessi a livello locale.
10
Art . 4 comma 1, n. 15 Direttiva Mifid; art. 1 comma 5 octies ,Tuf
7 si desume sia dal fatto che la definizione di mercato regolamentato11 presenta dei
profili di affinità con quella di MTF (art. 4 comma 1), sia dal Considerando n. 6
della direttiva in cui si riconosce che entrambi “esplicano la stessa funzione di
negoziazione organizzata”. A fronte di una funzione economica simile la
direttiva ha cercato di creare un quadro regolamentare il più possibile
omogeneo. Il level playing field tra mercati regolamentati e MTF è realizzato in
termini di enunciazione di regole piuttosto generali, il cui grado di prescrittività
dovrebbe essere individuato dai singoli stati membri.
Accanto alla, seppur minima, regolamentazione imposta dalla direttiva
comunitaria, si colloca la normativa nazionale, che ha definito l’operatività dei
suddetti sistemi (art. 77 bis Tuf), al fine di istaurare i criteri in merito al
processo di negoziazione e alla finalizzazione delle operazioni concluse su un
MTF. La gestione di un MTF è sottoposta all’autorizzazione e al controllo
dell’Autorità di vigilanza, che ne fissa i requisiti di funzionamento in relazione
al processo di negoziazione, all’ammissione di strumenti finanziari, all’accesso
al sistema, nonché alle informazioni fornite al pubblico, ed esercita sugli stessi
una vigilanza di tipo informativo ed interdittivo12.
Mediante l’introduzione di
MTFs e degli internalizzatori sistematici si è
provveduto alla eliminazione dei Sistemi di Scambio Organizzato (art. 78 Tuf
disciplina previgente). Tali sistemi sono stati introdotti autonomamente dal
legislatore italiano in quanto la precedente Direttiva Europea sui mercati
finanziari (Investment Services Directive) non prevedeva alcuna fattispecie di
sistema alternativo di negoziazione. I SSO sono facilmente riconducibili alle
due nuove trading venues e con l’entrata in vigore del d.lgs. di recepimento
della Mifid in base alle proprie scelte potranno negoziare in conto proprio
11
Art. 4 comma 1 n. 14: “mercato regolamentato»: sistema multilaterale, amministrato e/o
gestito dal gestore del mercato, che consente o facilita l'incontro – al suo interno ed in base
alle sue regole non discrezionali - di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi
relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti relativi a strumenti
finanziari ammessi alla negoziazione conformemente alle sue regole e/o ai suoi sistemi, e
che è autorizzato e funziona regolarmente e ai sensi delle disposizioni del titolo III”
12
Art. 19 Reg.Consob adottato con delibera 16191del 29 ottobre 2007(di seguito
Regolamento Mercati.)
8 OTC, dichiararsi internalizzatori sistematici e , se in possesso di specifici
requisiti, trasformarsi in MTFs.
Se in passato dal punto di vista ontologico non esisteva alcuna distinzione tra
mercato regolamentato e non regolamentato, poichè la distinzione era
solamente formale in quanto erano solo i mercati regolamentati ad essere ed a
poter essere riconosciuti in un paese diverso da quello dell’autorizzazione,
l’introduzione ad opera della Mifid dei MTF non ha mutato certamente i
termini del problema. Anche tra i suddetti sistemi non esistono differenze
ontologiche. Come anche i mercati regolamentati (art. 61 Tuf), i MTF sono
sottoposti all’autorizzazione e al controllo della Consob. Ciò che muta è
semplicemente la disciplina applicabile che per i MTF è quella degli
intermediari e non quella dei mercati. La gestione dei MTF è infatti annoverata
tra i servizi di investimento (art. 1 comma 5 lett. g) Tuf)13 ed è quindi un’attività
riservata svolta dalle Sim, dalle banche, nonché dalle società di gestione dei
mercati regolamentati.
3.1. …e gli internalizzatori sistematici
Parallelamente alla negoziazione sul mercato regolamentato e sui MTF, la
direttiva ha istituzionalizzato la figura dei prestatori di servizi di investimento, i
quali possono negoziare direttamente gli ordini dei clienti senza fare ricorso a
tali sistemi. Si definiscono internalizzatori sistematici le “imprese di investimento
che in modo organizzato e sistematico negoziano per conto proprio sulla base di ordini del
cliente al di fuori del mercato regolamentato o di un sistema multilaterale di negoziazione”14.
13
Tale problematica si riscontra anche nel sistema Francese: “le fait che le marchès
reglementes et les MTS aient le memes functiones pour la negociation des instruments
financiers a pour corollaire leur assujettements à des regles equivalentes. Certes le marchè
reglementes sont places dans une cadre totalement ad hoc alors que l’exploitation d’un
MTS constitute une activitè de service d’investissement exerçable soit par l’operateur de
marchè que gere une marches reglementè soit par un PSI. Neanmois, le legislateur europeen
a mis en place un dispositif qui assure la coherence entre les condicions d’activitè des
marches reglementes et des MTSs “. ANSIDEI J., DE FOURNOUX E. LAURENT P.:
Directive Mif constituire le marchè financier europeen, 2008
14
Art. 4 comma 1 n.7 Mifid; art. 1 comma 5- ter Tuf
9 L’operato degli internalizzatori si estrinseca secondo due modalità: in presenza
di grandi volumi d’affari, svolge un’esecuzione di ordini per conto terzi,
ricercando una controparte contrattuale per il cliente; nelle altre ipotesi,
negozia per conto proprio divenendo la controparte diretta del cliente, e allo
stesso tempo pone in essere un’operazione di senso contrario con una o una
pluralità di controparti. Questa situazione permette al cliente di non sopportare
il rischio che viene assunto dall’intermediario. Il corollario di tale assunto è che
l’intermediario avrà il diritto alla remunerazione di un rischio di mercato che lo
stesso assume al posto del cliente.
È evidente come tali internalizzatori abbiano la capacità di gestire un flusso
significativo di ordini sia nel mercato regolamentato che nei MTF. La figura
dell’internalizzatore sistematico presenta dei profili di affinità con l’operato del
market maker, ma se ne distingue in quanto quest’ultimo opera sui mercati
regolamentati e sui MTF pubblicando quotazioni applicabili da tutti i
partecipanti alla trading venues, mentre l’internalizzatore negozia al di fuori di
essi (over the counter), ed unicamente con i propri clienti.
Un’impresa di investimento che negozi per conto proprio è considerata
un’internalizzatore15 qualora siano soddisfatti i requisiti16 che dimostrano che
la sua attività sia svolta in modo organizzato frequente e sistematico. I criteri
utilizzati sono evidentemente criteri qualitativi, benché il Cesr abbia invitato il
legislatore europeo alla scelta di criteri quantitativi al fine di dare certezza ed
uniformità dell’individuazione dei predetti soggetti. La Consob pubblica
l’elenco ufficiale della categoria e accerta l’esistenza in capo a tali operatori di
requisiti commerciali non discrezionali, che l’attività sia svolta da personale o
sistemi informatici automatizzati, e accessibile ai clienti su base regolare e
continua. La suddetta disciplina dell’attività di internalizzazione sistematica è
15
Art. 21 Regolamento Ce n. 1287/2006 della Commissione Europea del 10 agosto 2006
recante modalità d’esecuzione della direttiva 2004/39/CE.
16
I criteri individuati devono essere soddisfatti congiuntamente affinchè l’intermediario
ricada nella definizione di internalizzatore ovvero: a) l’attività riveste un ruolo commerciale
importante per l’intermediario ed è condotta in base a regole e procedure non discrezionali;
b) l’attività è svolta da personale o mediante un sistema tecnico automatizzato; c) l’attività
è accessibile ai clienti su base regolare e continua.
10 applicata alle imprese di investimento indipendentemente dallo strumento
finanziario oggetto di attività: il Regolamento Mercati introduce una disciplina
dell’avvio e della cessazione dell’attività di internalizzazione sistematica a
prescindere dallo strumento finanziario oggetto di negoziazione. In concreto
l’attività dell’internalizzatore trova una disciplina nella Mifid con riferimento al
regime di trasparenza per le azioni liquide ammesse a negoziazione su un
mercato regolamentato, e per transazioni inferiori alla dimensione standard di
mercato.
4. Gli obblighi di trasparenza
In attuazione di un disegno di tutela del contraente debole, all’interno di un
mercato concorrenziale che garantisca la riduzione dei prezzi e dei costi, anello
cardine del sistema è costituito dagli obblighi di Market Trasparency.
Nel previgente quadro normativo mancava, per quanto concerne gli obblighi di
trasparenza dei mercati regolamentati, una normativa dettagliata come quella
comunitaria. Il Tuf infatti all’art. 62 comma 2 lett. c) demandava al
Regolamento adottato da ciascuna società di gestione del mercato
regolamentato la determinazione delle modalità di pubblicazione e di diffusione
dei prezzi. Tuttavia i due mercati regolamentati autorizzati in Italia su cui
vengono scambiati i titoli azionari, ovvero Borsa italiana s.p.a.17 e Tlx, hanno
comunque garantito livelli minimi di trasparenza pre-trade.
La recente normativa comunitaria ha introdotto un regime di trasparenza, volto
a rendere accessibili al pubblico indistinto informazioni circa le proposte di
negoziazione presenti nelle varie trading venues, nonché sulle negoziazioni già
effettuate. Il cambiamento della prospettiva rispetto alla direttiva 93/22/CE
riguarda in primis lo spostamento in maniera decisiva verso la trasparenza pretrade, in secondo luogo si tiene conto esplicitamente dei costi per gli
17
Borsa Italiana s.p.a. diffonde gratuitamente al pubblico le informazioni di trasparenza pre
e post trade con un ritardo di 20 minuti sul proprio sito internet.
11 intermediari di una eccessiva trasparenza. In un mercato concentrato e in
assenza di significativi Sistemi Alternativi su azioni, la regolamentazione era
essenzialmente volta alla trasparenza post-trade. Il tentativo operato dalla
Direttiva è quello di realizzare una mediazione nonché un giusto equilibrio tra
la trasparenza e liquidità del mercato.
Gli obblighi di market trasparency, secondo la nuova impostazione normativa, si
applicano solo alle negoziazioni sui titoli azionari ammessi alla negoziazione sui
mercati regolamentati, siano essi scambiati su un mercato regolamentato, su un
MTF o OTC.
Per i titoli non ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati, sembra
rilevarsi un vuoto normativo. Tenuto conto della rilevanza della diffusione
delle informazioni, in particolare riguardanti il prezzo degli strumenti negoziati,
la Consob è intervenuta con una Raccomandazione (23 giugno 2008) mediante
la quale dispone l’inserimento di un prospetto informativo per la valutazione
del prezzo di offerta di azioni non negoziate in un mercato regolamentato. La
raccomandazione ha suscitato critiche in sede di consultazione in quanto
secondo Borsa Italiana la Raccomandazione non coinvolgerebbe i MTF dal
momento che per tali sistemi non si porrebbero problematiche in tema di
meccanismi di price formation e di price discovery essendo garantiti livelli di tutela
analoghi a quelli previsti per i mercati regolamentati; un maggiore livello di
tutela potrebbe invece richiedersi con riguardo ad altre trading venues per le quali
la raccomandazione trova applicazione e cioè gli internalizzatori sistematici e la
negoziazione in conto proprio. Di fronte a tale posizione la Consob ha ritenuto
opportuno sottolineare che l’obbligo di prospetto informativo si applica
qualora “le negoziazioni di tali strumenti siano svolte al di fuori di mercati in cui le
informazioni sui prezzi e i volumi scambiati siano disponibili agevolmente senza costi per
l’investitore”. La Consob, cioè, si riserva di valutare caso per caso la completezza
dell’informativa a disposizione degli investitori per stabilire la necessità di
imporre il prospetto informativo.
12 Il contenuto dei suddetti obblighi di trasparenza per i mercati regolamentati e
per i MTFs18 si risolve nell’obbligo per il gestore degli stessi di render noto il
prezzo e l’ampiezza di interessi di negoziazione presenti nel sistema di
negoziazione riguardanti solo azioni quotate in mercati regolamentati. Le
suddette informazioni
devono essere disponibili al pubblico a semplici
condizioni e in maniera continua, durante l’orario di contrattazione. Tali
obblighi sono soggetti ad esenzioni in presenza di situazioni che evidentemente
non necessitano della tutela a cui la trasparenza è finalizzata; in particolare in
caso di sistemi price taker che non determinano il prezzo a cui concludere le
operazioni, bensì lo traggono da altri sistemi; nel caso in cui i sistemi
formalizzino “operazioni concordate”19; e per gli ordini immessi in un order
management facility gestito dal mercato regolamentato o da un MTF.
Anche gli internalizzatori sistematici sono soggetti a stringenti obblighi di
trasparenza pre-negoziazione dal momento che negoziando in proprio
mettono a rischio direttamente il proprio capitale. Tali soggetti sono tenuti a
pubblicare quotazioni irrevocabili per le azioni ammesse alla negoziazione nei
mercati regolamentati per le quali esiste un mercato liquido20 solo in caso di
negoziazione di quantitativi inferiori alle dimensioni standard del mercato21;
qualora il suddetto mercato liquido non sussista, sono invece tenuti a
comunicare le loro quotazioni alla clientela su richiesta.
La condotta dell’internalizzatore differisce a seconda del tipo di cliente, e cioè a
seconda che il cliente sia professionale o retail. Nei confronti di clienti
18
Artt. 44 e 29 della Mifid.
Secondo la lettera dell’art. 19 l’operazione concordata è quella “nella quale
intervengono membri o partecipanti di un MR o di un MTF o di sistemi multilaterali di
negoziazione e nel quale le parti svolgono…” o determinate attività.
20
Il concetto di azione liquida viene chiarito dal Regolamento (CE) 1287/2006, art. 22 : “le
azioni ammesse in un mercato regolamentato, sono considerate come aventi un mercato
liquido se sono oggetto di negoziazioni giornaliere, con flottante non inferiore a 500
milioni di Euro e se è soddisfatta una delle seguenti condizioni: a)il numero medio
giornaliero delle operazioni per azioni non è inferiore a 500; b)il controvalore medio
giornaliero degli scambi per azione in questione non è inferiore a 2 milioni di euro”.
21
L’art. 23 Regolamento Ce n. 1287/2006, definisce il concetto di dimensione standard del
mercato individuando una tabella che rileva il valore medio giornaliero delle operazioni e
assegnando ad ognuna una determinata standard market size.
19
13 professionali gli internalizzatori sistematici possono praticare condizioni di
prezzo migliori rispetto al prezzo quotato al momento in cui ricevono l’ordine;
quando la negoziazione di vari titoli fa parte di una sola transazione o riguarda
ordini soggetti a condizioni diverse dal prezzo corrente di mercato, i prezzi
praticati possono essere persino diversi da quelli delle loro quotazioni senza
rispettare le condizioni precedenti. Proprio a fronte della rischiosa posizione in
cui l’internalizzatore opera, la legge prevede la possibilità di limitare, in modo
non discriminatorio, il numero delle operazioni che si impegna a concludere
con il medesimo cliente alle condizioni pubblicate. La limitazione opera
quando il volume e il numero degli ordini ricevuti supera notevolmente le
normali condizioni di operatività.
Gli obblighi di trasparenza post trade si applicano indistintamente a tutti gli
operatori del mercato e la normativa europea prevede che le pubblicazioni
avvengano a condizioni commerciali ragionevoli ed in tempo reale. Il
Regolamento CE (art.27) stabilisce i contenuti dell’informazione che deve
essere resa pubblica, nonché i soggetti tenuti all’obbligo di trasparenza. I primi
sono individuati nel giorno e ora della negoziazione, nel prezzo, nella valuta e
nel quantitativo dello strumento acquistato, nonché nell’identificazione della
sede di esecuzione.
Mentre i mercati regolamentati e i MTFs sono responsabili della pubblicazione
delle negoziazioni eseguite nei loro sistemi (art. 27 c. 1), per gli internalizzatori
e gli altri intermediari che operano OTC, la scelta di chi sia tenuto al rispetto di
tali obblighi può essere oggetto di un accordo tra le controparti dello scambio
(art 27 c. 4).
5. L’obbligo di eseguire le operazioni alle migliori condizioni
possibili
La Direttiva europea in questione ha provveduto a delineare come, a seguito
del conferimento da parte dei clienti di ordini agli intermediari, questi si
14 trovino di fronte a obblighi di effettuare scelte che hanno un diretto effetto
sulle condizioni di esecuzione degli ordini. Peraltro, le regole alla base delle
relazioni degli operatori del mercato con i loro clienti devono essere adattate
alla struttura d’insieme posta in essere dalla direttiva: in particolare,
l’introduzione dell’obbligo di best execution va inserito nel sistema come
conseguenza della moltiplicazione di luoghi d’esecuzione e di regole in tema
di esecuzione di ordini22.
Nella nuova impostazione prevista dalle Direttive MIFID, viene meno, in
primo luogo, la presunzione che gli ordini eseguiti nei mercati regolamentati
rispettino di per sé l’obbligo di best execution. In tal senso la direttiva impone
tre obblighi alle imprese nel rispetto della suddetta regola: individuare una
“strategia di esecuzione degli ordini” che consenta di ottener il miglior risultato
possibile; ottenere il consenso del cliente alla predetta strategia; essere in grado
di dimostrare, su richiesta del cliente, di aver eseguito l’ordine del cliente
conformemente alla strategia di esecuzione degli ordini.
La strategia di esecuzione degli ordini deve specificare, per ciascuna categoria
di strumenti finanziari, le informazioni circa le varie sedi nelle quali l’impresa
di investimento esegue gli ordini dei suoi clienti e l’importanza assegnata ai
fattori che influenzano la scelta della sede di esecuzione23. I principali fattori
che devono essere presi in considerazione, al fine di stabilire quale sia il
miglior risultato possibile per i clienti, sono prezzo, costi, rapidità, probabilità
di esecuzione e di regolamento, nonché dimensione e natura dell’ordine. Per
determinare l’importanza relativa ed ordinare tali fattori, le imprese di
investimento devono tener conto delle caratteristiche del cliente, dell’ordine,
degli strumenti finanziari che sono oggetto dell’ordine e delle sedi di
esecuzione alle quali tale ordine può essere diretto.
22
CESR (The Committee of European Securities Regulators): Best execution under Mifid,
Public consultation, february 2007.
23
Art. 21 Direttiva MIFID
15 Quando l’impresa di investimento esegue un ordine per conto di un cliente al
dettaglio, il migliore risultato possibile è determinato in termini di
corrispettivo totale, che è costituito dal prezzo dello strumento finanziario e
dai costi relativi all’esecuzione, che includono tutte le spese sostenute dal
cliente che sono direttamente collegate all’esecuzione dell’ordine (art. 44,
paragrafo 3, della Direttiva 2006/73/CE). In altri termini, in relazione alle
operazioni di investimento disposte dai clienti al dettaglio, al fine di garantire
che l’impresa di investimento ottenga il miglior risultato possibile, i fattori da
privilegiare sono il prezzo ed i costi di esecuzione, piuttosto che fattori quali
la rapidità o la probabilità di esecuzione.
Ogniqualvolta esistano istruzioni specifiche trasmesse dal cliente, le imprese
di investimento sono tenute ad eseguire l’ordine seguendo tali istruzioni,
anche in deroga alla propria execution policy; laddove le istruzioni siano parziali
l’intermediario deve rispettare la propria execution policy, per gli aspetti
dell’ordine sulle quali il cliente non ha fornito istruzioni specifiche24.
L’execution policy è soggetta a revisione periodica, in particolare tutte le volte
che si verifichi una modifica rilevante tale da influire sulla capacità delle sedi
di esecuzione incluse di garantire il miglior risultato possibile.
In relazione all’obbligo di best execution la direttiva europea ha introdotto un
sostanziale potenziamento dell’obbligo di disclosure. L’impresa di investimento
è infatti tenuta a fornire ai clienti informazioni appropriate in merito alla sua
strategia di esecuzione degli ordini, e deve ottenere il consenso preliminare del
cliente per la strategia di esecuzione degli ordini adottata25 (art. 21, paragrafo
3, della Direttiva MIFID 2004/39/CE). Con cadenza almeno annuale, le
imprese di investimento devono controllare l’efficacia dei dispositivi di
esecuzione degli ordini, e devono essere in grado di dimostrare ai loro clienti,
dietro richiesta degli stessi, di aver eseguito gli ordini in conformità alla
strategia adottata dall’impresa di investimento. La suddetta previsione
24
25
Art.44 L2 considerando n. 68, art 21 Mifid
Art. 21, paragrafo 3, della Direttiva MIFID 2004/39/CE 16 rappresenta l’unico caso di inversione dell’onere della prova disposto dalle
Direttiva.
Assicurare il miglior risultato possibile per il cliente non rappresenta un
obbligo avente carattere assoluto al punto da ritenere che l’intermediario
debba, per ogni ordine di investimento, interrogare tutti i possibili canali di
esecuzione dell’ordine per assicurare in assoluto e sulla base di tutti i fattori
considerabili la best execution al cliente. Anche perché, tenendo conto della
moltiplicazione dei canali di distribuzione previsti dalla direttiva in questione,
questo risulta sempre più complesso. Ogni intermediario, infatti, predisporrà
una propria “strategia di esecuzione degli ordini” in cui dovrà effettuare
proprie scelte in merito ai canali di esecuzione degli ordini ed alla priorità
assegnata ai fattori che devono essere presi in considerazione al fine di
stabilire quale sia il miglior risultato possibile per i clienti (prezzo, costi,
rapidità e probabilità di esecuzione e di regolamento), ordinati sulla base dei
criteri analizzati in precedenza (caratteristiche del cliente, dell’ordine, degli
strumenti finanziari e delle sedi di esecuzione). Il miglior risultato possibile
rappresenta, quindi, un giudizio avente carattere relativo, in quanto sarà il
risultato delle scelte compiute dall’intermediario nella strategia di esecuzione
degli ordini a determinare quale sia da ritenersi il best possible result. Il cliente,
pur non potendo influire sulle scelte compiute dall’intermediario, potrà
selezionare i vari intermediari sulla base delle distinte strategie di esecuzione
degli ordini adottate.
La disciplina della best execution si applica a tutti gli strumenti finanziari siano
essi quotati in un mercato regolamentato o meno, a prescindere dal luogo di
negoziazione in cui vengono effettivamente scambiati. Tuttavia il
considerando n.72 della direttiva L2 ammette la possibile difficoltà, a causa
delle differenze nella struttura dei mercati e degli strumenti finanziari,
nell’identificare una procedura uniforme di best execution valida per tutti gli
strumenti finanziari e prescindendo da un certo grado di flessibilità
nell’applicazione della norma per alcuni particolari strumenti finanziari.
17 Anche in questo tema il legislatore comunitario distingue gli obblighi
dell’intermediario a seconda delle caratteristiche del cliente. Per il cliente
retail, infatti, il miglior risultato possibile deve essere valutato in termini di
corrispettivo totale, costituito dal prezzo degli strumenti finanziari e dai costi
di esecuzione, per essi intendendosi tutte le spese sostenute dal cliente che
sono direttamente collegate all’esecuzione dell’ordine (art 44 comma 3,
direttiva L 2); qualora vi siano più sedi concorrenti dove effettuare
l’esecuzione di un ordine vengono presi in considerazione anche le
commissioni proprie e i costi dell’impresa per l’esecuzione dell’ordine in ogni
sede dove è possibile eseguire l’ordine. La ratio sottesa è quella di eseguire
l’ordine nella sede maggiormente vantaggiose in termini di prezzi disponibili.
Facendo l’art. 21 della Mifid esplicito riferimento agli “intermediari che
eseguono gli ordini”, i soggetti che svolgono attività di gestione, nonché i
raccoglitori di ordini, sono soggetti ad un regime meno rigido rispetto a
quello fissato dagli artt. 44 e 46. In particolare non trovano applicazione ai
gestori e ai raccoglitori le previsioni circa l’obbligo di preventiva
approvazione della policy del cliente, l‘autorizzazione per l’operatività OTC,
l’obbligo di selezionare le sedi di esecuzione migliori. Tali soggetti non hanno
l’onere di dover dimostrare al cliente il rispetto della propria policy.
La best execution rappresenta un strumento che fa nascere la concorrenza tra
i luoghi d’esecuzione e gli intermediari, con la possibilità di frammentazione
della liquidità della degradazione del processo di formazione del prezzo e
dell’accesso al processo di formazione del mercato. Imponendo alle imprese
di investimento un obbligo effettivo di individuare la migliore esecuzione, è
possibile infatti effettuare una frammentazione della negoziazione nei diversi
luoghi d’esecuzione di ordini esercitato a beneficio dei clienti. Peraltro se
l’obiettivo è quello di accrescere la concorrenza non si può comunque essere
esenti da rischi, in particolare per il mercato di azioni nel quale si effettua una
frammentazione della liquidità, con le conseguenze negative sul processo
diformazione dei prezzi. Tuttavia l’obbligo di best execution contribuisce a
18 canalizzare la liquidità verso le infrastrutture di negoziazione più efficaci e
competitive che garantiscono l’efficacia globale del mercato. Altrettanto certo
il beneficio del cliente sul fatto che l’intermediario deve offrire le migliori
condizioni per i suoi ordini, in virtù dei criteri predefiniti in accordo con il
cliente.
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