L`eliminazione dell`obbligo di concentrazione nella Direttiva Mifid
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L`eliminazione dell`obbligo di concentrazione nella Direttiva Mifid
Dipartimento di Scienze giuridiche CERADI – Centro di ricerca per il diritto d’impresa L’eliminazione dell’obbligo di concentrazione nella Direttiva Mifid Eleonora Faustini dicembre 2008 © Luiss Guido Carli. La riproduzione è autorizzata con indicazione della fonte o come altrimenti specificato. Qualora sia richiesta un’autorizzazione preliminare per la riproduzione o l’impiego di informazioni testuali e multimediali, tale autorizzazione annulla e sostituisce quella generale di cui sopra, indicando esplicitamente ogni altra restrizione 1 1. La ratio dell’obbligo L’obbligo per gli intermediari di eseguire le negoziazioni dei valori mobiliari esclusivamente nei mercati ufficiali in cui gli stessi sono quotati è stato introdotto nel nostro ordinamento per la prima volta con la legge Sim (l.1/91). In un mercato borsistico caratterizzato da cronici problemi di liquidità quale quello italiano, l’obbligo di esecuzione delle negoziazioni su tale mercato avrebbe dovuto contribuire ad aumentare il volume degli scambi, accrescendo la trasparenza di operazioni altrimenti concluse fuori borsa, e quindi ignote al mercato, laddove invece la correttezza nella fomazione dei prezzi dovrebbe venire assicurata dall’incontro sul mercato di domanda e offerta. L’obbligo di concentrazione rispondeva inoltre all’esigenza di tutela del contraente debole, come indirettamente dimostrato dalla norma che prevedeva l’obbligo per l’intermediario di eseguire le negoziazioni alle migliori condizioni possibili; tale condizione si considerava soddisfatta, per presunzione, nel caso in cui la negoziazione fosse avvenuta nei mercati regolamentati. Mentre l’ordinamento italiano muoveva verso la concentrazione delle negoziazioni, già nel ’93 l’orientamento comunitario, che trovava applicazione con la Direttiva 93/22/CE1, era indirizzato invece sulla libertà di esecuzione delle negoziazioni al di fuori dei mercati regolamentati, lasciando all’organo di controllo dei singoli Stati membri l’individuazione delle ipotesi in cui l’obbligo trovava applicazione. La piena apertura concorrenziale dei mercati agli operatori esteri2 , e di conseguenza la possibilità che il medesimo titolo venisse 1 Direttiva 93/22/CE del 10 maggio 1993 La Direttiva 93/22/CE art. 14, aveva disposto che le banche e le Sim italiane, e specularmente gli operatori stranieri, potessero operare in mercati europei secono il principio dell’Home country control:“Gli Stati membri provvedono a che qualsiasi servizio d'investimento nonché gli altri servizi elencati nella sezione C dell'allegato possano essere prestati nei loro territori, conformemente agli articoli 17, 18 e 19, mediante la creazione di una succursale o mediante la prestazione di servizi, da un'impresa d'investimento autorizzata e controllata dalle autorità competenti di un altro Stato membro, conformemente alla presente direttiva, purché tali servizi siano coperti dall'autorizzazione”. 2 2 trattato su più mercati, aveva fatto venir meno uno dei presupposti economici della regola della concentrazione degli scambi, la cui ratio è che la significatività dei prezzi sia massima quando gli stessi sono formati dall’incrocio di tutta la domanda e di tutta l’offerta. In sede comunitaria però, a sistemi giuridici come quello anglosassone, ispirati al principio della libertà delle negoziazioni al di fuori di quei mercati, se ne contrapponevano altri, come quello italiano, storicamente caratterizzato dall’obbligo di concentrazione; in tal senso la Direttiva sembrava tentare una conciliazione tra due posizioni agli antipodi, benché propendesse con evidenza per la libertà di negoziazione fuori borsa come risultava dalla lettera dell’art.14 comma 3 e 43. Con l’entrata in vigore del decreto di recepimento della suddetta direttiva (c.d. legge Eurosim4), la Consob5 ha reintrodotto in toto l’obbligo di concentrazione: secondo l’Autorità rappresentava una strumento di garanzia di liquidità del mercato e avrebbe contribuito a migliorare la qualità del processo di formazione dei prezzi, nonché a ridurre i costi di transazione. L’obbligo trovava delle limitazioni nel caso in cui il cliente avesse espressamente autorizzato ad operare fuori dal mercato regolamentato ovvero le negoziazioni svolte al di fuori dei mercati consentissero di realizzare il miglior prezzo 3 Direttiva 93/22/CE art. 14 comma 3 e 4: 3. Uno Stato membro può richiedere che le transazioni relative ai servizi di cui al paragrafo 1 siano eseguite su un mercato regolamentato se soddisfano globalmente i requisiti seguenti: - l'investitore risiede abitualmente o è stabilito in detto Stato membro; - l'impresa d'investimento esegue la transazione tramite uno stabilimento principale o una succursale situati nello Stato membro in questione o nell'ambito della libera prestazione di servizi in tale Stato membro; - la transazione verte su uno strumento negoziato su un mercato regolamentato di detto Stato membro. 4. Allorché uno Stato membro applica il paragrafo 3, esso accorda agli investitori residenti abitualmente o stabiliti nel suo territorio il diritto di derogare all'obbligo imposto a norma del paragrafo 3 e di fare effettuare al di fuori di un mercato regolamentato le transazioni di cui al paragrafo 3. Gli Stati membri possono subordinare l'esercizio di tale diritto ad un'autorizzazione esplicita, tenuto conto delle diverse esigenze degli investitori in materia di protezione, e segnatamente delle capacità degli investitori professionali ed istituzionali di agire al meglio dei loro interessi. Tale autorizzazione deve comunque essere accordata a condizioni che non compromettano la rapida esecuzione degli ordini dell'investitore. 4 D.lgs. 23 luglio 1996 n. 415 5 Reg. 10358/96, poi confermato dal regolamento n. 11768/98 attuativo del Tuf 3 possibile per il cliente (c.d. best execution). Per la soddisfazione di tale condizione la negoziazione fuori mercato doveva aver luogo durante l’apertura dei mercati ufficiali: solo in tal modo è possibile identificare il prezzo di quotazione di riferimento quale parametro del miglior prezzo. La disciplina dell’obbligo di concentrazione è stata implicitamente superata nella prassi dallo sviluppo di sistemi alternativi alla negoziazione sui mercati regolamentati (quali ad esempio i Sistemi di Scambi Organizzati operanti anche in Italia)e dalla diffusione di strutture informatiche per la negoziazione oltre la chiusura dei mercati. Da tempo la tendenza in atto si rinveniva nella nascita e nello sviluppo dei cosiddetti Electronic Communication Networks (ECN) - ATS (Alternative/Automated Trading Sistems), circuiti di negoziazione telematici di valori mobiliari, alternativi ai mercati tradizionali. Questi sistemi sono nati in risposta ad una sempre maggiore esigenza di liquidità del mercato di un facile accesso e di trasparenza; si caratterizzano in tal senso per l’estensione di orari di contrattazione, per la trasmissione di ordini con limiti di prezzo, per la presenza di market maker e per un meccanismo di funzionamento del mercato ad asta continua. La diffusione del c.d. trading after hours in alcuni sistemi di scambi organizzati ha costituito la base per la creazione, da parte di Borsa Italiana S.p.A., di due nuovi comparti, il Trading after hours (TAH) per il mercato di borsa, ed il Trading After Hours Nuovo Mercato (TAHnm), per il Nuovo Mercato, in cui è consentita la negoziazione oltre l’orario di apertura dei mercati ufficiali. La Consob ha approvato tali modifiche senza con questo estendere l’obbligo di concentrazione ai nuovi segmenti. Conseguentemente, dopo la chiusura dei mercati ufficiali, le negoziazioni potevano avvenire sia sui comparti TAH e TAHnm, sia sul trading after hours di mercati non ufficiali, purché si trattasse di sistemi di scambi organizzati, al fine cioè di garantire un certo livello di tutela degli investitori. 4 La concorrenza tra borse non costituisce evidentemente una novità; la concentrazione delle negoziazioni, in presenza di sistemi di scambi organizzati, riconosciuti e autorizzati, era già di fatto eliminata. Peraltro, gran parte degli stati che hanno da sempre imposto la concentrazione degli ordini all’interno del mercato regolamentato, consentivano già la concorrenza tra borse e altri metodi di negoziazione, per le operazioni effettuate da altri operatori anche fuori mercato. Tale sistema garantiva però un notevole controllo sui prezzi di mercato che si formavano ufficialmente nei mercati regolamentati, e che costituivano il principale riferimento per gli investimenti operati da tutti gli intermediari finanziari, anche al di fuori degli stessi mercati regolamentati. 2. Le modifiche introdotte della direttiva Mifid La direttiva Mifid6 ha permesso di abolire definitivamente l’obbligo di concentrazione. L’analisi sull’efficienza dei mercati, svolta dalla Commissione Europea7 in sede di elaborazione della direttiva, ha condotto a ritenere che le misure di regolamentazione che restringono direttamente la concorrenza tra meccanismi di esecuzione delle negoziazioni, non apportano miglioramenti al processo di formazione dei prezzi tali da giustificare un intervento intrusivo sulle strutture del mercato. Una recente analisi dei prezzi delle operazioni di quasi tutte le azioni quotate non ha fornito alcun sostegno alla tesi secondo cui la 6 “Markets in Financial Instruments Directive” Direttiva 2004/39/CE del Parlamento Europeo del 21 aprile 2004; Direttiva 2006/73/CE della Commissione Europea del 10 agosto 2006 recante modalità di attuazione della Mifid per quanto riguarda i requisiti organizzativi e le condizioni di esercizio delle attività delle imprese di investimento e le definizioni di alcuni termini ai fini di tale direttiva; Regolamento Ce n. 1287/2006 della Commissione Europea del 10 agosto 2006. Il nostro ordinamento ha recepito la Direttiva Mifid con d. lgs. 17 settembre 2007, n. 164. 7 Proposta di Direttiva del 19/11/2002 presentata dalla Commissione “relativa ai servizi di investimento e ai mercati regolamentati e che modifica le direttive 85/611/ CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la Direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio”. 5 concentrazione delle operazioni nelle borse valori accrescerebbe l’efficienza del mercato. All’assenza di qualsiasi beneficio in termini di efficienza statica derivante dalla regolamentazione della struttura del mercato, si aggiungono i costi dinamici che il mercato nel suo complesso dovrebbe sopportare qualora venissero imposte restrizioni alla scelta di libertà dei partecipanti. Al contrario, la concorrenza tra i meccanismi di esecuzione potrebbe apportare dei benefici consentendo, cioè, di ridurre i costi delle operazioni, facendo affluire ulteriore liquidità al mercato e contribuendo ad ottimizzare l’attività di regolamento delle operazioni8. L’eliminazione dell’obbligo di concentrazione ha condotto alla moltiplicazione delle piattaforme di negoziazione, ed alla dispersione delle operazioni su varie sedi di esecuzione degli ordini, determinando la frammentazione degli interessi di acquisto e vendita. Se non tenuto sotto controllo, tale fenomeno può evolversi a scapito delle due componenti fondanti di un mercato finanziario, la liquidità ed in particolare l’efficienza del processo di formazione dei prezzi. In presenza di piattaforme di negoziazione preferite, infatti, è probabile che la caduta dell’obbligo di concentrazione produca un assetto concorrenziale non reale nel quale i diversi sistemi di negoziazione offrono servizi differenziati mantenendo un controllo sul prezzo. La gestione “monopolistica” derivante dal governo del flusso degli ordini passerebbe infatti da un soggetto a un gruppo di soggetti, cioè dalla borsa principale a intermediari internalizzatori e ai nuovi mercati, ognuno in grado di esercitare una qualche forma di potere di mercato nei confronti della propria clientela. In tal senso diviene determinante un solido regime di trasparenza improntato in particolare su un’ampia e veloce diffusione delle informazioni rilevanti. Sono infatti necessari dei meccanismi di collegamento tra i diversi mercati, che si concretizzano in obblighi di trasparenza pre trade e post trade. Se i mercati sono singolarmente trasparenti, ma non c’è consolidamento delle quotazioni, 8 L’internalizzazione degli ordini può apportare vantaggi ai clienti, accelerando l’esecuzione degli ordini, migliorando i prezzi, riducendo i costi di regolamento delle operazioni effettuate direttamente all’interno del sistema dell’impresa di investimento. 6 gli incentivi all’invio di ordini con limite di prezzo potrebbero ridursi influenzando la liquidità complessiva. 3. La negoziazione nelle nuove trading venues: I sistemi multilaterali di negoziazione… In Europa la funzione dell’intermediario di mercato e la funzione di mercato sono state tradizionalmente svolte da soggetti diversi9. La dicotomia istituzionale consentiva di distinguere chiaramente le norme a tutela degli investitori, e quelle che disciplinavano i mercati mirante a garantire il funzionamento efficiente e trasparente dei mercati, che si applicavano principalmente alle borse. Dall’epoca dell’adozione della DSI del ‘93 il mercato finanziario europeo è divenuto più complesso e la linea di demarcazione tra mercati e intermediari sempre meno netta. La cosiddetta “liberalizzazione delle negoziazioni”, operata dalla direttiva del 2004, ha di fatto ulteriormente contribuito all’ampliamento dei mercati nazionali e dei soggetti che organizzano e gestiscono i sistemi di negoziazione. La normativa comunitaria ha, infatti, riconosciuto e istituzionalizzato la presenza di luoghi alternativi di negoziazione: i sistemi multilaterali di negoziazione (Multilateral Trading Facilities) e gli internalizzatori sistematici. Ai sensi dell’art. 410 i MTF sono “sistemi multilaterali gestiti da un’impresa di investimento o da un gestore del mercato che consente l’incontro -al suo interno e in base a regole non discrezionali- di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari in modo da dare luogo a contratti”. La direttiva ha indirettamente evidenziato che la funzione economica svolta dagli MTF è fondamentalmente la stessa rispetto ai mercati regolamentati. Ciò 9 All’epoca in cui la DSI venne adottata, le Borse valori godevano a livello nazionale di un diritto esclusivo di organizzazione dell’incontro degli interessi di acquisto e vendita di valori mobiliari emessi a livello locale. 10 Art . 4 comma 1, n. 15 Direttiva Mifid; art. 1 comma 5 octies ,Tuf 7 si desume sia dal fatto che la definizione di mercato regolamentato11 presenta dei profili di affinità con quella di MTF (art. 4 comma 1), sia dal Considerando n. 6 della direttiva in cui si riconosce che entrambi “esplicano la stessa funzione di negoziazione organizzata”. A fronte di una funzione economica simile la direttiva ha cercato di creare un quadro regolamentare il più possibile omogeneo. Il level playing field tra mercati regolamentati e MTF è realizzato in termini di enunciazione di regole piuttosto generali, il cui grado di prescrittività dovrebbe essere individuato dai singoli stati membri. Accanto alla, seppur minima, regolamentazione imposta dalla direttiva comunitaria, si colloca la normativa nazionale, che ha definito l’operatività dei suddetti sistemi (art. 77 bis Tuf), al fine di istaurare i criteri in merito al processo di negoziazione e alla finalizzazione delle operazioni concluse su un MTF. La gestione di un MTF è sottoposta all’autorizzazione e al controllo dell’Autorità di vigilanza, che ne fissa i requisiti di funzionamento in relazione al processo di negoziazione, all’ammissione di strumenti finanziari, all’accesso al sistema, nonché alle informazioni fornite al pubblico, ed esercita sugli stessi una vigilanza di tipo informativo ed interdittivo12. Mediante l’introduzione di MTFs e degli internalizzatori sistematici si è provveduto alla eliminazione dei Sistemi di Scambio Organizzato (art. 78 Tuf disciplina previgente). Tali sistemi sono stati introdotti autonomamente dal legislatore italiano in quanto la precedente Direttiva Europea sui mercati finanziari (Investment Services Directive) non prevedeva alcuna fattispecie di sistema alternativo di negoziazione. I SSO sono facilmente riconducibili alle due nuove trading venues e con l’entrata in vigore del d.lgs. di recepimento della Mifid in base alle proprie scelte potranno negoziare in conto proprio 11 Art. 4 comma 1 n. 14: “mercato regolamentato»: sistema multilaterale, amministrato e/o gestito dal gestore del mercato, che consente o facilita l'incontro – al suo interno ed in base alle sue regole non discrezionali - di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti relativi a strumenti finanziari ammessi alla negoziazione conformemente alle sue regole e/o ai suoi sistemi, e che è autorizzato e funziona regolarmente e ai sensi delle disposizioni del titolo III” 12 Art. 19 Reg.Consob adottato con delibera 16191del 29 ottobre 2007(di seguito Regolamento Mercati.) 8 OTC, dichiararsi internalizzatori sistematici e , se in possesso di specifici requisiti, trasformarsi in MTFs. Se in passato dal punto di vista ontologico non esisteva alcuna distinzione tra mercato regolamentato e non regolamentato, poichè la distinzione era solamente formale in quanto erano solo i mercati regolamentati ad essere ed a poter essere riconosciuti in un paese diverso da quello dell’autorizzazione, l’introduzione ad opera della Mifid dei MTF non ha mutato certamente i termini del problema. Anche tra i suddetti sistemi non esistono differenze ontologiche. Come anche i mercati regolamentati (art. 61 Tuf), i MTF sono sottoposti all’autorizzazione e al controllo della Consob. Ciò che muta è semplicemente la disciplina applicabile che per i MTF è quella degli intermediari e non quella dei mercati. La gestione dei MTF è infatti annoverata tra i servizi di investimento (art. 1 comma 5 lett. g) Tuf)13 ed è quindi un’attività riservata svolta dalle Sim, dalle banche, nonché dalle società di gestione dei mercati regolamentati. 3.1. …e gli internalizzatori sistematici Parallelamente alla negoziazione sul mercato regolamentato e sui MTF, la direttiva ha istituzionalizzato la figura dei prestatori di servizi di investimento, i quali possono negoziare direttamente gli ordini dei clienti senza fare ricorso a tali sistemi. Si definiscono internalizzatori sistematici le “imprese di investimento che in modo organizzato e sistematico negoziano per conto proprio sulla base di ordini del cliente al di fuori del mercato regolamentato o di un sistema multilaterale di negoziazione”14. 13 Tale problematica si riscontra anche nel sistema Francese: “le fait che le marchès reglementes et les MTS aient le memes functiones pour la negociation des instruments financiers a pour corollaire leur assujettements à des regles equivalentes. Certes le marchè reglementes sont places dans une cadre totalement ad hoc alors que l’exploitation d’un MTS constitute une activitè de service d’investissement exerçable soit par l’operateur de marchè que gere une marches reglementè soit par un PSI. Neanmois, le legislateur europeen a mis en place un dispositif qui assure la coherence entre les condicions d’activitè des marches reglementes et des MTSs “. ANSIDEI J., DE FOURNOUX E. LAURENT P.: Directive Mif constituire le marchè financier europeen, 2008 14 Art. 4 comma 1 n.7 Mifid; art. 1 comma 5- ter Tuf 9 L’operato degli internalizzatori si estrinseca secondo due modalità: in presenza di grandi volumi d’affari, svolge un’esecuzione di ordini per conto terzi, ricercando una controparte contrattuale per il cliente; nelle altre ipotesi, negozia per conto proprio divenendo la controparte diretta del cliente, e allo stesso tempo pone in essere un’operazione di senso contrario con una o una pluralità di controparti. Questa situazione permette al cliente di non sopportare il rischio che viene assunto dall’intermediario. Il corollario di tale assunto è che l’intermediario avrà il diritto alla remunerazione di un rischio di mercato che lo stesso assume al posto del cliente. È evidente come tali internalizzatori abbiano la capacità di gestire un flusso significativo di ordini sia nel mercato regolamentato che nei MTF. La figura dell’internalizzatore sistematico presenta dei profili di affinità con l’operato del market maker, ma se ne distingue in quanto quest’ultimo opera sui mercati regolamentati e sui MTF pubblicando quotazioni applicabili da tutti i partecipanti alla trading venues, mentre l’internalizzatore negozia al di fuori di essi (over the counter), ed unicamente con i propri clienti. Un’impresa di investimento che negozi per conto proprio è considerata un’internalizzatore15 qualora siano soddisfatti i requisiti16 che dimostrano che la sua attività sia svolta in modo organizzato frequente e sistematico. I criteri utilizzati sono evidentemente criteri qualitativi, benché il Cesr abbia invitato il legislatore europeo alla scelta di criteri quantitativi al fine di dare certezza ed uniformità dell’individuazione dei predetti soggetti. La Consob pubblica l’elenco ufficiale della categoria e accerta l’esistenza in capo a tali operatori di requisiti commerciali non discrezionali, che l’attività sia svolta da personale o sistemi informatici automatizzati, e accessibile ai clienti su base regolare e continua. La suddetta disciplina dell’attività di internalizzazione sistematica è 15 Art. 21 Regolamento Ce n. 1287/2006 della Commissione Europea del 10 agosto 2006 recante modalità d’esecuzione della direttiva 2004/39/CE. 16 I criteri individuati devono essere soddisfatti congiuntamente affinchè l’intermediario ricada nella definizione di internalizzatore ovvero: a) l’attività riveste un ruolo commerciale importante per l’intermediario ed è condotta in base a regole e procedure non discrezionali; b) l’attività è svolta da personale o mediante un sistema tecnico automatizzato; c) l’attività è accessibile ai clienti su base regolare e continua. 10 applicata alle imprese di investimento indipendentemente dallo strumento finanziario oggetto di attività: il Regolamento Mercati introduce una disciplina dell’avvio e della cessazione dell’attività di internalizzazione sistematica a prescindere dallo strumento finanziario oggetto di negoziazione. In concreto l’attività dell’internalizzatore trova una disciplina nella Mifid con riferimento al regime di trasparenza per le azioni liquide ammesse a negoziazione su un mercato regolamentato, e per transazioni inferiori alla dimensione standard di mercato. 4. Gli obblighi di trasparenza In attuazione di un disegno di tutela del contraente debole, all’interno di un mercato concorrenziale che garantisca la riduzione dei prezzi e dei costi, anello cardine del sistema è costituito dagli obblighi di Market Trasparency. Nel previgente quadro normativo mancava, per quanto concerne gli obblighi di trasparenza dei mercati regolamentati, una normativa dettagliata come quella comunitaria. Il Tuf infatti all’art. 62 comma 2 lett. c) demandava al Regolamento adottato da ciascuna società di gestione del mercato regolamentato la determinazione delle modalità di pubblicazione e di diffusione dei prezzi. Tuttavia i due mercati regolamentati autorizzati in Italia su cui vengono scambiati i titoli azionari, ovvero Borsa italiana s.p.a.17 e Tlx, hanno comunque garantito livelli minimi di trasparenza pre-trade. La recente normativa comunitaria ha introdotto un regime di trasparenza, volto a rendere accessibili al pubblico indistinto informazioni circa le proposte di negoziazione presenti nelle varie trading venues, nonché sulle negoziazioni già effettuate. Il cambiamento della prospettiva rispetto alla direttiva 93/22/CE riguarda in primis lo spostamento in maniera decisiva verso la trasparenza pretrade, in secondo luogo si tiene conto esplicitamente dei costi per gli 17 Borsa Italiana s.p.a. diffonde gratuitamente al pubblico le informazioni di trasparenza pre e post trade con un ritardo di 20 minuti sul proprio sito internet. 11 intermediari di una eccessiva trasparenza. In un mercato concentrato e in assenza di significativi Sistemi Alternativi su azioni, la regolamentazione era essenzialmente volta alla trasparenza post-trade. Il tentativo operato dalla Direttiva è quello di realizzare una mediazione nonché un giusto equilibrio tra la trasparenza e liquidità del mercato. Gli obblighi di market trasparency, secondo la nuova impostazione normativa, si applicano solo alle negoziazioni sui titoli azionari ammessi alla negoziazione sui mercati regolamentati, siano essi scambiati su un mercato regolamentato, su un MTF o OTC. Per i titoli non ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati, sembra rilevarsi un vuoto normativo. Tenuto conto della rilevanza della diffusione delle informazioni, in particolare riguardanti il prezzo degli strumenti negoziati, la Consob è intervenuta con una Raccomandazione (23 giugno 2008) mediante la quale dispone l’inserimento di un prospetto informativo per la valutazione del prezzo di offerta di azioni non negoziate in un mercato regolamentato. La raccomandazione ha suscitato critiche in sede di consultazione in quanto secondo Borsa Italiana la Raccomandazione non coinvolgerebbe i MTF dal momento che per tali sistemi non si porrebbero problematiche in tema di meccanismi di price formation e di price discovery essendo garantiti livelli di tutela analoghi a quelli previsti per i mercati regolamentati; un maggiore livello di tutela potrebbe invece richiedersi con riguardo ad altre trading venues per le quali la raccomandazione trova applicazione e cioè gli internalizzatori sistematici e la negoziazione in conto proprio. Di fronte a tale posizione la Consob ha ritenuto opportuno sottolineare che l’obbligo di prospetto informativo si applica qualora “le negoziazioni di tali strumenti siano svolte al di fuori di mercati in cui le informazioni sui prezzi e i volumi scambiati siano disponibili agevolmente senza costi per l’investitore”. La Consob, cioè, si riserva di valutare caso per caso la completezza dell’informativa a disposizione degli investitori per stabilire la necessità di imporre il prospetto informativo. 12 Il contenuto dei suddetti obblighi di trasparenza per i mercati regolamentati e per i MTFs18 si risolve nell’obbligo per il gestore degli stessi di render noto il prezzo e l’ampiezza di interessi di negoziazione presenti nel sistema di negoziazione riguardanti solo azioni quotate in mercati regolamentati. Le suddette informazioni devono essere disponibili al pubblico a semplici condizioni e in maniera continua, durante l’orario di contrattazione. Tali obblighi sono soggetti ad esenzioni in presenza di situazioni che evidentemente non necessitano della tutela a cui la trasparenza è finalizzata; in particolare in caso di sistemi price taker che non determinano il prezzo a cui concludere le operazioni, bensì lo traggono da altri sistemi; nel caso in cui i sistemi formalizzino “operazioni concordate”19; e per gli ordini immessi in un order management facility gestito dal mercato regolamentato o da un MTF. Anche gli internalizzatori sistematici sono soggetti a stringenti obblighi di trasparenza pre-negoziazione dal momento che negoziando in proprio mettono a rischio direttamente il proprio capitale. Tali soggetti sono tenuti a pubblicare quotazioni irrevocabili per le azioni ammesse alla negoziazione nei mercati regolamentati per le quali esiste un mercato liquido20 solo in caso di negoziazione di quantitativi inferiori alle dimensioni standard del mercato21; qualora il suddetto mercato liquido non sussista, sono invece tenuti a comunicare le loro quotazioni alla clientela su richiesta. La condotta dell’internalizzatore differisce a seconda del tipo di cliente, e cioè a seconda che il cliente sia professionale o retail. Nei confronti di clienti 18 Artt. 44 e 29 della Mifid. Secondo la lettera dell’art. 19 l’operazione concordata è quella “nella quale intervengono membri o partecipanti di un MR o di un MTF o di sistemi multilaterali di negoziazione e nel quale le parti svolgono…” o determinate attività. 20 Il concetto di azione liquida viene chiarito dal Regolamento (CE) 1287/2006, art. 22 : “le azioni ammesse in un mercato regolamentato, sono considerate come aventi un mercato liquido se sono oggetto di negoziazioni giornaliere, con flottante non inferiore a 500 milioni di Euro e se è soddisfatta una delle seguenti condizioni: a)il numero medio giornaliero delle operazioni per azioni non è inferiore a 500; b)il controvalore medio giornaliero degli scambi per azione in questione non è inferiore a 2 milioni di euro”. 21 L’art. 23 Regolamento Ce n. 1287/2006, definisce il concetto di dimensione standard del mercato individuando una tabella che rileva il valore medio giornaliero delle operazioni e assegnando ad ognuna una determinata standard market size. 19 13 professionali gli internalizzatori sistematici possono praticare condizioni di prezzo migliori rispetto al prezzo quotato al momento in cui ricevono l’ordine; quando la negoziazione di vari titoli fa parte di una sola transazione o riguarda ordini soggetti a condizioni diverse dal prezzo corrente di mercato, i prezzi praticati possono essere persino diversi da quelli delle loro quotazioni senza rispettare le condizioni precedenti. Proprio a fronte della rischiosa posizione in cui l’internalizzatore opera, la legge prevede la possibilità di limitare, in modo non discriminatorio, il numero delle operazioni che si impegna a concludere con il medesimo cliente alle condizioni pubblicate. La limitazione opera quando il volume e il numero degli ordini ricevuti supera notevolmente le normali condizioni di operatività. Gli obblighi di trasparenza post trade si applicano indistintamente a tutti gli operatori del mercato e la normativa europea prevede che le pubblicazioni avvengano a condizioni commerciali ragionevoli ed in tempo reale. Il Regolamento CE (art.27) stabilisce i contenuti dell’informazione che deve essere resa pubblica, nonché i soggetti tenuti all’obbligo di trasparenza. I primi sono individuati nel giorno e ora della negoziazione, nel prezzo, nella valuta e nel quantitativo dello strumento acquistato, nonché nell’identificazione della sede di esecuzione. Mentre i mercati regolamentati e i MTFs sono responsabili della pubblicazione delle negoziazioni eseguite nei loro sistemi (art. 27 c. 1), per gli internalizzatori e gli altri intermediari che operano OTC, la scelta di chi sia tenuto al rispetto di tali obblighi può essere oggetto di un accordo tra le controparti dello scambio (art 27 c. 4). 5. L’obbligo di eseguire le operazioni alle migliori condizioni possibili La Direttiva europea in questione ha provveduto a delineare come, a seguito del conferimento da parte dei clienti di ordini agli intermediari, questi si 14 trovino di fronte a obblighi di effettuare scelte che hanno un diretto effetto sulle condizioni di esecuzione degli ordini. Peraltro, le regole alla base delle relazioni degli operatori del mercato con i loro clienti devono essere adattate alla struttura d’insieme posta in essere dalla direttiva: in particolare, l’introduzione dell’obbligo di best execution va inserito nel sistema come conseguenza della moltiplicazione di luoghi d’esecuzione e di regole in tema di esecuzione di ordini22. Nella nuova impostazione prevista dalle Direttive MIFID, viene meno, in primo luogo, la presunzione che gli ordini eseguiti nei mercati regolamentati rispettino di per sé l’obbligo di best execution. In tal senso la direttiva impone tre obblighi alle imprese nel rispetto della suddetta regola: individuare una “strategia di esecuzione degli ordini” che consenta di ottener il miglior risultato possibile; ottenere il consenso del cliente alla predetta strategia; essere in grado di dimostrare, su richiesta del cliente, di aver eseguito l’ordine del cliente conformemente alla strategia di esecuzione degli ordini. La strategia di esecuzione degli ordini deve specificare, per ciascuna categoria di strumenti finanziari, le informazioni circa le varie sedi nelle quali l’impresa di investimento esegue gli ordini dei suoi clienti e l’importanza assegnata ai fattori che influenzano la scelta della sede di esecuzione23. I principali fattori che devono essere presi in considerazione, al fine di stabilire quale sia il miglior risultato possibile per i clienti, sono prezzo, costi, rapidità, probabilità di esecuzione e di regolamento, nonché dimensione e natura dell’ordine. Per determinare l’importanza relativa ed ordinare tali fattori, le imprese di investimento devono tener conto delle caratteristiche del cliente, dell’ordine, degli strumenti finanziari che sono oggetto dell’ordine e delle sedi di esecuzione alle quali tale ordine può essere diretto. 22 CESR (The Committee of European Securities Regulators): Best execution under Mifid, Public consultation, february 2007. 23 Art. 21 Direttiva MIFID 15 Quando l’impresa di investimento esegue un ordine per conto di un cliente al dettaglio, il migliore risultato possibile è determinato in termini di corrispettivo totale, che è costituito dal prezzo dello strumento finanziario e dai costi relativi all’esecuzione, che includono tutte le spese sostenute dal cliente che sono direttamente collegate all’esecuzione dell’ordine (art. 44, paragrafo 3, della Direttiva 2006/73/CE). In altri termini, in relazione alle operazioni di investimento disposte dai clienti al dettaglio, al fine di garantire che l’impresa di investimento ottenga il miglior risultato possibile, i fattori da privilegiare sono il prezzo ed i costi di esecuzione, piuttosto che fattori quali la rapidità o la probabilità di esecuzione. Ogniqualvolta esistano istruzioni specifiche trasmesse dal cliente, le imprese di investimento sono tenute ad eseguire l’ordine seguendo tali istruzioni, anche in deroga alla propria execution policy; laddove le istruzioni siano parziali l’intermediario deve rispettare la propria execution policy, per gli aspetti dell’ordine sulle quali il cliente non ha fornito istruzioni specifiche24. L’execution policy è soggetta a revisione periodica, in particolare tutte le volte che si verifichi una modifica rilevante tale da influire sulla capacità delle sedi di esecuzione incluse di garantire il miglior risultato possibile. In relazione all’obbligo di best execution la direttiva europea ha introdotto un sostanziale potenziamento dell’obbligo di disclosure. L’impresa di investimento è infatti tenuta a fornire ai clienti informazioni appropriate in merito alla sua strategia di esecuzione degli ordini, e deve ottenere il consenso preliminare del cliente per la strategia di esecuzione degli ordini adottata25 (art. 21, paragrafo 3, della Direttiva MIFID 2004/39/CE). Con cadenza almeno annuale, le imprese di investimento devono controllare l’efficacia dei dispositivi di esecuzione degli ordini, e devono essere in grado di dimostrare ai loro clienti, dietro richiesta degli stessi, di aver eseguito gli ordini in conformità alla strategia adottata dall’impresa di investimento. La suddetta previsione 24 25 Art.44 L2 considerando n. 68, art 21 Mifid Art. 21, paragrafo 3, della Direttiva MIFID 2004/39/CE 16 rappresenta l’unico caso di inversione dell’onere della prova disposto dalle Direttiva. Assicurare il miglior risultato possibile per il cliente non rappresenta un obbligo avente carattere assoluto al punto da ritenere che l’intermediario debba, per ogni ordine di investimento, interrogare tutti i possibili canali di esecuzione dell’ordine per assicurare in assoluto e sulla base di tutti i fattori considerabili la best execution al cliente. Anche perché, tenendo conto della moltiplicazione dei canali di distribuzione previsti dalla direttiva in questione, questo risulta sempre più complesso. Ogni intermediario, infatti, predisporrà una propria “strategia di esecuzione degli ordini” in cui dovrà effettuare proprie scelte in merito ai canali di esecuzione degli ordini ed alla priorità assegnata ai fattori che devono essere presi in considerazione al fine di stabilire quale sia il miglior risultato possibile per i clienti (prezzo, costi, rapidità e probabilità di esecuzione e di regolamento), ordinati sulla base dei criteri analizzati in precedenza (caratteristiche del cliente, dell’ordine, degli strumenti finanziari e delle sedi di esecuzione). Il miglior risultato possibile rappresenta, quindi, un giudizio avente carattere relativo, in quanto sarà il risultato delle scelte compiute dall’intermediario nella strategia di esecuzione degli ordini a determinare quale sia da ritenersi il best possible result. Il cliente, pur non potendo influire sulle scelte compiute dall’intermediario, potrà selezionare i vari intermediari sulla base delle distinte strategie di esecuzione degli ordini adottate. La disciplina della best execution si applica a tutti gli strumenti finanziari siano essi quotati in un mercato regolamentato o meno, a prescindere dal luogo di negoziazione in cui vengono effettivamente scambiati. Tuttavia il considerando n.72 della direttiva L2 ammette la possibile difficoltà, a causa delle differenze nella struttura dei mercati e degli strumenti finanziari, nell’identificare una procedura uniforme di best execution valida per tutti gli strumenti finanziari e prescindendo da un certo grado di flessibilità nell’applicazione della norma per alcuni particolari strumenti finanziari. 17 Anche in questo tema il legislatore comunitario distingue gli obblighi dell’intermediario a seconda delle caratteristiche del cliente. Per il cliente retail, infatti, il miglior risultato possibile deve essere valutato in termini di corrispettivo totale, costituito dal prezzo degli strumenti finanziari e dai costi di esecuzione, per essi intendendosi tutte le spese sostenute dal cliente che sono direttamente collegate all’esecuzione dell’ordine (art 44 comma 3, direttiva L 2); qualora vi siano più sedi concorrenti dove effettuare l’esecuzione di un ordine vengono presi in considerazione anche le commissioni proprie e i costi dell’impresa per l’esecuzione dell’ordine in ogni sede dove è possibile eseguire l’ordine. La ratio sottesa è quella di eseguire l’ordine nella sede maggiormente vantaggiose in termini di prezzi disponibili. Facendo l’art. 21 della Mifid esplicito riferimento agli “intermediari che eseguono gli ordini”, i soggetti che svolgono attività di gestione, nonché i raccoglitori di ordini, sono soggetti ad un regime meno rigido rispetto a quello fissato dagli artt. 44 e 46. In particolare non trovano applicazione ai gestori e ai raccoglitori le previsioni circa l’obbligo di preventiva approvazione della policy del cliente, l‘autorizzazione per l’operatività OTC, l’obbligo di selezionare le sedi di esecuzione migliori. Tali soggetti non hanno l’onere di dover dimostrare al cliente il rispetto della propria policy. La best execution rappresenta un strumento che fa nascere la concorrenza tra i luoghi d’esecuzione e gli intermediari, con la possibilità di frammentazione della liquidità della degradazione del processo di formazione del prezzo e dell’accesso al processo di formazione del mercato. Imponendo alle imprese di investimento un obbligo effettivo di individuare la migliore esecuzione, è possibile infatti effettuare una frammentazione della negoziazione nei diversi luoghi d’esecuzione di ordini esercitato a beneficio dei clienti. Peraltro se l’obiettivo è quello di accrescere la concorrenza non si può comunque essere esenti da rischi, in particolare per il mercato di azioni nel quale si effettua una frammentazione della liquidità, con le conseguenze negative sul processo diformazione dei prezzi. Tuttavia l’obbligo di best execution contribuisce a 18 canalizzare la liquidità verso le infrastrutture di negoziazione più efficaci e competitive che garantiscono l’efficacia globale del mercato. Altrettanto certo il beneficio del cliente sul fatto che l’intermediario deve offrire le migliori condizioni per i suoi ordini, in virtù dei criteri predefiniti in accordo con il cliente. 19