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il poeta il cane e la gallina
PAOLA FRANDINI
IL POETA IL CANE
E LA GALLINA
Scorciatoie e raccontini di Umberto Saba
tra umorismo ebraico e Shoah
Le Lettere
INDICE
C’è una fine? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
p.
9
I.
DIALOGO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
11
II.
QUALCHE DATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
14
III.
GENEALOGIE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
20
IV.
ALTRE ORIGINI, ALTRI LEGAMI . . . . . . . . . . . .
»
25
V.
REMOTE GENEALOGIE . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
34
VI.
SCORCIATOIE E MIDRASH . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
52
VII.
SCORCIATOIA 1 E SCORCIATOIA 2 . . . . . . . . . . .
»
63
VIII. SCORCIATOIE E IL MOTTO DELLO SPIRITO . . . .
»
80
IX.
LETTERE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
» 122
X.
MAIDANECK . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
» 130
XI.
DOMANI O QUANDO? . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
» 143
Riferimenti bibliografici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
» 152
Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
» 159
I
DIALOGO
Uno studioso di circa trent’anni va a trovare il rabbino.
Il rabbino gli chiede: «Che cosa hai fatto per tutta a
vita?».
«Ho ripassato attentamente tutto il Talmud per tre
volte».
E il rabbino: «Sì, ma quanto del Talmud è passato
attraverso di te?»1.
Il dialogo fa capire in due battute come bisogna avvicinarsi al Libro. Ma l’indicazione può estendersi e diventare regola per un tipo di orientamento ermeneutico
allo stesso tempo attivo e passivo. Orientamento che si
deve preferire affrontando le prose romane di Umberto
Saba.
Nella 49 e ultima della II serie il poeta parla di sé e dà
insieme le dritte su come vanno intese Scorciatoie. Non
bisogna fermarsi alla superficie, ma guardare dentro e
oltre le brevi storie, dentro e oltre perfino le parole.
1
La storia si racconta anche in versione leggermente diversa.
Questa è in A. J. Heschel, La terra è del Signore, Marietti, Genova 1984, p. 81.
– 11 –
LETTORE MIO, non t’inganni l’apparenza, a volte paradossale, a volte perfino scherzosa (?) di (alcune) SCORCIATOIE.
Nascono tutte da dieci e più esperienze di vita, d’arte e di
dolore. / Sono, oltre il resto, reduci, in qualche modo, da
Maidaneck2.
Il dialogo tra rabbino e studioso intona per più di un
motivo. Primo: Scorciatoie non si attraversano o non ci si
lascia attraversare da Scorciatoie se non riportandole nell’alveo della logica che nasce dall’intuizione associativa
propria al pensiero ebraico. In ogni modo, una scorciatoia presa di per sé o legata ad altre di tema simile può
dar luogo a combinazioni diverse, più o meno penetranti e fantasiose, secondo intesa mentale, accordo psicologico o al contrario divaricazione di opinioni tra lettore e
autore. Di qui il sospetto che in qualsiasi modo le si prenda ce ne sia un altro migliore e comunque differente. La
sensazione insomma che Scorciatoie sfuggano, che non si
riesca a venirne a capo, intendendo per venirne a capo
trovare il bandolo, la radice, in buona sostanza estrarne
il principio generatore. A meno di rinunciare al vizio
occidentale di cercare a tutti i costi bandolo e radice, e
riconoscere che la forza di Scorciatoie sta proprio nell’intendere di traverso e proporre di dritto, nel dare un
senso e cancellare o sbiadire quel senso.
Anche leggerle non è semplice. Quale ritmo? quale
intonazione? Non sopportano i crescendo e i calando del
recitato ma neppure una dizione incolore. Giacomo De-
2
Seguo la grafia usata da Saba: Maidaneck invece di Majdaneck.
– 12 –
benedetti racconta in Ritrattino del ’45 come Saba declamasse i suoi versi, con «voce lenta, persuasiva […]. La
natia Trieste gli fa scempiare alcune doppie, allargare
alcune vocali»3. Scorciatoie sono prose ma prose particolari, e soffrono come le liriche di una interpretazione
atteggiata. È noto inoltre che Saba non metteva gran differenze tra poesia e prosa. La Sc. 29
LA RIMA può essere ovvia come fiore amore, o creare
impensati accostamenti. Ma solo allora è perfetta, quando,
se volti in prosa il componimento, non puoi sostituire,
senza danno del significato, le parole che rimano.
Ulteriori ragioni di sintonia con l’incontro tra rabbino e
studioso formano il nucleo di questo saggio, e si vedranno più avanti.
3
G. Debenedetti, Intermezzo, il Saggiatore, Milano 1972, p.
31, Ia ed. 1963. Il testo prosegue: «E c’è nell’insieme quel nonnulla di declamato, con l’accenno anche a qualche gesto, che
obbedisce a un modo ancora ottocentesco di dire i versi, facendo
sentire gli accenti e le rime, accusando la sostenutezza e nobiltà
del tono, la qualità di un linguaggio un poco più su del comune».
Per questo argomento cfr. il cap. Scorciatoia 1, Scorciatoia 2.
– 13 –
II
QUALCHE DATO
Scorciatoie e raccontini fu scritto a Roma. Il poeta arriva
nella capitale dopo la clandestinità a Firenze e l’angoscia
di una liberazione lenta ad attuarsi1. È sopravvissuto all’inclinazione suicida: portato della nevrosi, e alla minaccia reale della deportazione. Si presenta in casa Debenedetti ai primi di gennaio 19452. Una valigia di fibra in
1
Con l’8 settembre Saba deve lasciare Trieste. Firenze lo accoglie assieme alla moglie Lina e la figlia Linuccia. Cambierà ben
undici domicili, tra cui quello del critico allora alle prime armi ma
impegnato nella Resistenza Ottavio Cecchi (si legga L’aspro vino:
ricordo di Saba a Firenze, ’43-’44, Scheiwiller, Milano 1967. Nello
stile discreto che gli è proprio C. racconta il poeta e insieme la sua
poesia, le debolezze, l’abitudine ai sonniferi). S. poi si sposterà
nella casa Ichino in piazza Pitti, all’ultimo piano per evitare i
rumori che provenivano dall’appartamento affollato di visitatori,
tra cui non mancò, sembra neppure un giorno, Eugenio Montale.
Nel terrore di una possibile deportazione il poeta compone le
poesie di 1944.
2
G. Debenedetti, Per un gruppo di lettere, Intermezzo, cit., p.
71: «Questo volume posso testimoniare di averlo visto nascere
pagina dopo pagina nell’inverno ’44-’45: Saba me lo leggeva giorno per giorno, ne godeva come di un’ispirazione nuova e anche
per lui sorprendente […] le Scorciatoie furono scritte appunto in
– 14 –
mano, maglione rosso vinaccia, e dentro di sé una rinnovata voglia di vivere3. Ricorderà l’anno dopo in Gratitudine: «[…] Avevo Roma e la felicità. / Una godevo apertamente e l’altra / tacevo per scaramanzia». Roma e la
felicità! Nella sua storia il popolo ebraico ha visto tante
una latteria di via Marmorata e in una trattoria di via Fracassini:
quella della Celsa, la prorompente ragazza che abita ormai con
vitalità così arguta gli aforismi e i raccontini composti sui tavoli
del suo locale». Così, il raccontino CELSA: «Celsa ha diciott’anni.
È la figlia di un oste. Porta agli uomini impazienti – borghesi e
militari – il vino, il pane e le vivande. Due vetri dell’osteria glieli
hanno rotti i tedeschi, uno un soldato inglese, un altro un americano. Sui rimanenti si esercitano i ragazzini della contrada, che, di
quando in quando, fanno irruzione nel locale, rovesciando sedie,
fuggono con grida selvagge. Celsa – come la madre terra – sopporta tutte le malefatte dei suoi figli. E, se ne parla, sorride». Cfr.
Prose, cit., p. 98. Celsa e la sua osteria sono protagonisti di altri
due raccontini: ITALIA MIA e ADESSO CHE LA GUERRA È FINITA (Ivi,
p. 103, 105).
3
A Roma Saba ha problemi economici e di alloggio. Le lettere alle Line, gennaio e febbraio 1945, informano: «Giacomino
[Debenedetti] e Piovene mi hanno ripetutamente invitato a casa
loro; a restare cioè da loro spesato di tutto per tutto il tempo che
mi piacesse restarvi. Ma io non posso accettare; Piovene lo conosco appena e Giacomino non è ricco; lavora come una bestia». Le
informa anche di essere invitato alla mensa di via Po presso il servizio militare degli alleati e comunica il suo indirizzo: via Antonio
Allegri da Correggio 13 presso Bianca Mondello. Da qui la precisazione topografica di Debenedetti citato alla nota precedente: via
Marmorata si trova ai piedi dell’Aventino dov’era casa Debenedetti e via Fracassini, al quartiere Flaminio, non distante da casa
Mondello. La giovane è dedicataria della scorciatoia 71 PRIMAVERA SICILIANA. Le lettere citate sono la 40 e la 41 in U. Saba, La spada d’amore, lettere scelte 1902-1957, a cura di A. Marcovecchio,
Mondadori, Milano 1983.
– 15 –
volte accendersi soprassalti di felicità. Ed è sempre stata
una disperata felicità che nasceva dal pericolo scampato, dal poteva-andar-peggio. La felicità che promuove
Scorciatoie ha dietro di sé una irreparabile perdita.
«Avevo il mondo per me; avevo luoghi / del mondo
dove mi salvavo […]», «Avevo una famiglia, una compagna […]», «Avevo una bambina, oggi una donna
[…]», «Avevo una città bella tra i monti […]», «Avevo
un cimitero ove mia madre / riposa, e i vecchi di mia
madre. […]». Così nelle lamentazioni di Avevo (1944) e
nei versi di Raccontino (da Mediterranee), ritmati su una
pallida filastrocca: «La casa è devastata, / la casa è rovinata […]»4.
4
Da U. Saba, Il canzoniere, Einaudi, Torino 2004, intr. di Cinzia Calmieri, pp. 489-90. La serie di lamentazioni conclude:
«Tutto mi portò via il fascista abbietto / ed il tedesco lurco». Per
il Raccontino, cfr. Mediterranee, in ivi, p. 522. A proposito di
Avevo, scriverà da Trieste il 23 febbraio 1948 a P. A. Quarantotti
Gambini «I miei detrattori sono tutti ex fascisti, nazisti, e gente
simile. Quello che in realtà non mi perdonano è di aver scritto
«Avevo». Cfr. La spada d’amore, cit., p. 186.
5
Rimando agli Apparati di A. Stara, Prose, cit., da cui riassumo. Le prime Scorciatoie risalgono agli anni 1934-’35. S. ne parla
a Giannino Marescalchi e a Giacomo Debenedetti, definendole
«aforismi«, «inattuali». «La Nuova Europa», settimanale politicoletterario diretto da Luigi Salvatorelli, ospita Scorciatoie tra marzo
e luglio 1945: 18 marzo Alcune scorciatoie, 8 aprile Altre scorciatoie, 29 aprile Terze scorciatoie, 27 maggio Quarte scorciatoie, 24
giugno Quinte scorciatoie, 29 luglio Ultime scorciatoie e un raccontino. A gennaio 1946 Scorciatoie e raccontini esce in volume nella
collezione dello Specchio con dedica a Raffaele Mattioli, che
aveva ospitato il poeta di ritorno da Roma per ultimare il lavoro.
Vi confluiscono anche composizioni degli anni Trenta, da lui giu– 16 –
Scorciatoie esce a puntate su «La Nuova Europa»5:
uno dei giornali, finalmente franchi da censure, che esplodono numerosi nel dopoguerra insieme con la certezza del rinnovamento. Poi, nel marzo 1946 in volume
dalla Mondadori. Attraverso quelle brevi, fulminanti storie Saba scopre che quello del letterato potrebbe diventare un mestiere e dargli da vivere. «Roma presenta infinite possibilità, scrive a Lina dopo una ventina di giorni
di permanenza, ma per sfruttarle occorre fermarsi qui a
lungo […]»6.
dicate impossibili da pubblicare allora per motivi politici e
comunque da non stampare che in blocco e senza mutilazioni
(quanto a pericolosità politica, si veda la conclusione della Sc. 46
POETI (Prose, p. 866): «Il passato, anche se lo sentiamo agli ultimi
limiti della resistenza, consola più del futuro. Di questo vediamo
appena i primi contorni, freddi e minacciosi». Per le notizie sulla
gestazione di Scorciatoie, le varianti, gli accorpamenti nelle diverse edizioni rimando sempre alla capillare indagine di A. Stara, in
Notizie sui testi. Alla p. 1355 è riprodotta una lettera a Alberto
Carocci del 18 gennaio 1928, in cui S. dichiara di pensare a un’opera che chiama Favolette e Apologhi, «[…] nelle quali – scrive –
vorrei mettere tutto quello che mi ha insegnato la vita».
6
La spada d’amore, cit., lettera n. 40, da Roma, ultimi di gennaio 1945. Ivi, p. 13, lettera alle Line, 11 aprile 1945, da Roma:
racconta di aver incontrato un ammiratore di Scorciatoie; il quale
gli ha chiesto: «Che cosa posso fare per lei, Saba? – Io gli ho risposto: – Regalami 100.000 lire. Appena fatta la cifra, mi sono accorto dal suo viso di aver sbagliato: avrei dovuto chiedere il doppio,
che egli me lo avrebbe dato con la stessa facilità. Ma ormai non c’è
rimedio». Il 9 gennaio aveva scritto: «Ieri “La Nuova Europa” mi
ha pagato alcune Scorciatoie (venti giorni, per me, di lavoro) usciranno nel numero della settimana prossima. Dio me la mandi
buona; perché c’è anche il caso... esplodano. (In redazione sono
assai piaciute; già ne vorrebbero una seconda serie)».
– 17 –
Ed è nelle lettere familiari, alle Line, che il marito e il
padre lontani informano dell’andamento del lavoro, oltreché dei suoi timori. «Poi scrivo anche “raccontini”.
Me li penso la notte, che non posso dormire, pensando a
Trieste. Tu li sentissi, Lina mia; fanno piangere». E Lina
avrà pianto, sapendo che il marito li ha composti con la
mente rivolta a lei. Scorciatoie invece sono dirette a
Linuccia7. Il 1° giugno 1945 annuncia: «Mia Lina […]
Ho quasi finito il mio libro Scorciatoie e raccontini, al
quale ho lavorato per tre mesi, dalle 10 alle 12 ore al giorno: verrà un (aureo) libretto, di 80-100 pagine». Lina
Wölfflin non aveva cultura scolastica, poteva anche
lasciare qualche svarione ortografico. Era dotata però di
quella intelligenza del cuore che la natura regala a coloro i quali hanno patito la sofferenza. Ed è su questa intelligenza e sull’affetto di Lina a cui Saba si affida quando
7
Saba tiene a informare moglie e figlia sullo svolgimento del
lavoro romano. Il 9 marzo 1945 annuncia l’uscita per la settimana
successiva e l’avvenuto pagamento; 16 marzo spedisce alle Line la
prima serie di Scorciatoie: «Sono mie meno una (il sogno di Hitler) che è di Linuccia. Alla rivista vorrebbero già la seconda serie,
alla quale sto lavorando»; 30 marzo 1945 a Lina: «Scorciatoie ha
avuto un grande successo; i giornali ne hanno parlato […]»; maggio-giugno 1945 informa Linuccia di non poter andare a Firenze
e, in poscritto: «Eccoti la prima delle quarte Scorciatoie? Papà –
diceva una giovanetta a una giovane… (Non so perché le scorciatoie le scrivo più per te e i raccontini più per mamma)». Cfr. Atroce paese che amo: lettere famigliari, 1945-1953, a cura di Gianfranca Lavezzi, Rossana Saccani, Bompiani, Milano 1987, alle
pagine 20, 17, 8, 16, 19. Il 18 marzo 1946 scrive da Milano «mia
Lina, Scorciatoie in volume non ebbe l’accoglienza della rivista.
C’è la crisi, e poi Scorciatoie è un libro difficile, ci vogliono, per-
– 18 –
il 29 gennaio 1946 da Milano annuncia l’avvenuto invio
di una copia di Scorciatoie, e le chiede un giudizio:
«Dimmi, ti prego, il tuo parere; e dimmi cosa ti pare di
Scorciatoie; ma non dirmi solo che sono belle; fa un piccolo sforzo e diventa anche tu un poco… critica»8. La
lettera dell’anno prima, 26 aprile 1945, però, l’aveva
chiusa così: «[…] ti raccomando, mia vecchia Lina, lodi,
molte lodi»9.
ché sia capito, due o tre decine d’anni, com’è accaduto per le mie
poesie», p. 40.
8
Cfr. Atroce paese che amo, cit., p. 34.
9
Cfr. Quante rose a nascondere un abisso, carteggio con la
moglie (1905-1956), Manni, Lecce 2004, p. 37. Ivi, p. 56: «Sarò
beato se mi scriverai a lungo di SCORCIATOIE. Dimmi anche se, e
come e perché, ti è piaciuta (o dispiaciuta) la prefazione al libro di
Federico» (F. Almansi, Poesie, 1948).
– 19 –
III
GENEALOGIE
Nella centosessantacinquesima, ultima della Quinta serie e
ultima in assoluto Saba compone quasi un’epigrafe: «GENEALOGIE Di SCORCIATOIE: Nietzsche-Freud». Però, nella
lettera alle Line del 19 aprile 1945 si mette in coda al binomio: «GENEALOGIA DI SCORCIATOIE Nietzsche – Freud –
Saba (Questa la pubblicherò per ultima. Ma potrò finire il
volumetto? […]»1.
Alla psicoanalisi lo aveva introdotto il dottor Edoardo Weiss frequentato a Trieste nel 1929. Da allora si dichiarerà freudiano senza flessioni e nessun tradimento2.
A Weiss dedicherà Il piccolo Berto. A causa della poco
lusinghiera valutazione professionale di Weiss comincerà
a guastarsi con Joachim Flescher. A Weiss riconoscerà
infine la paternità ideale di Scorciatoie: «Scorciatoie, poi
sono quasi tutte sue – gli scrive il 19 aprile 1945 –; di mio
1
Cfr. Atroce paese che amo, cit., p. 16, lettera spedita da Roma.
V. Sereni, cfr. qui nota 6, p. 36, sostiene che Scorciatoie sono
più riuscite dove «il presupposto psicoanalitico […] non appesantisce e non turba la limpidezza e l’innocenza dello sguardo e
con essa la luce dell’oggetto scoperto (o inventato), la sorpresa
della rivelazione».
2
– 20 –
ci ho messo lo “stile”»3. Si vedrà più avanti (p. 128), nella
lettera a Quarantotti Gambini spedita da Trieste il 25
agosto 1953, cosa Umberto Saba intendesse per stile.
Prima, trascrivo sul tema parte di una straordinaria lettera a Carlo Levi4.
Lo stile, Carlo mio, è dolore (rinuncia): è solo attraverso il
dolore (non dico però attraverso lo spasimo), che si arriva
allo stile. Guarda se puoi mettere giù qualche ricordo-racconto sulla tua cara madre; guarda che sieno brevi, e appunto di stile. Lo stile non ha mai tanta importanza come quando parliamo di cose – di dolori – nostri. Ma forse è ancora
per te, troppo presto. Verrà il giorno nel quale farai rivivere
in un tuo libro i ricordi di tua madre e di tutta la tua famiglia, e di tutto un mondo che non esiste più.
Torno a Weiss che da parte sua gli aveva già reso merito
nella lezione Cos’è la psicoanalisi. Il concetto dell’Es e dell’inibizione inconscia. Cito: «Un poeta italiano, ancora
ignaro di psicoanalisi così descriveva un pensiero ossessivo: “Giorno e notte un pensiero aver coatto, / estraneo
a me, non mai da me diviso; / questo m’accade”. Non è
l’Io ammalato – commenta Weiss – a far sorgere nella sua
mente ossessioni, paure e scrupoli; di questo l’ammalato
stesso è cosciente […]»5.
3
Cfr. La spada d’amore, cit., p. 210.
La lettera è datata «Trieste 26 dicembre 1952. Fu scritta, come facile capire, per la morte della madre di Levi. Già in P. Frandini, Giorgio Bassani e il fantasma di Ferrara, Manni, Lecce 2004,
p. 81. Già A. Debenedetti, Bassani (...), «Corriere della Sera», 27
maggio 2003.
5
E. Weiss, Elementi di psicoanalisi, Studio Tesi, Pordenone
4
– 21 –
Si direbbe, dunque, che Scorciatoie siano figlie di
molti genitori: quella intitolata HITLER spetta a Linuccia,
tutte nascono da colloqui a distanza ma quotidiani con
Eugenio Montale6, Weiss riceve la gratificazione di quasi
autore. Ammettiamo pure la sua buona fede, nel caso di
Weiss però Saba dà con una mano e con l’altra toglie.
Rivendicare per sé «lo stile» equivale a riprendersi Scorciatoie, dalla prima all’ultima.
Altra fonte dichiarata: Nietzsche. Con qualche giro in
più si viene a capo della venerazione per il filosofo tede-
1985, p. 16. La citazione – Weiss inverte «Giorno e notte» – è
ricavata dalla poesia numero 9 dell’Autobiografia. La raccolta è
del 1924, precedente, come riconosce Weiss, all’incontro di S. con
la psicoanalisi.
6
«Roma; 6 luglio 1945». Lettera a Lina. Parla di una sua caduta senza gravi conseguenze, del bisogno “fisico” di riabbracciarla,
dei rapporti con la Einaudi attraverso la segretaria editoriale Bianca Garufi (tra la fine di ottobre e i primi di novembre 1945 uscirà
presso Einaudi Il canzoniere 1900-1945), della casa di Trieste «saccheggiata» e occupata da altri, delle 165 Scorciatoie e 14 Raccontini, ecc. Verso la fine informa: «A Montale ho scritto quasi ogni
mese attraverso SCORCIATOIE. Salutalo tanto assieme alla Mosca.
Desidero molto rivederla». Cfr. Quante rose a nascondere un abisso, cit., p. 43. Eugenio Montale figura nella scorciatoia 147 «EROS
è chiassoso; fa molto baccano sulla superficie della terra. Il suo
nemico – l’istinto di Morte – è (come l’eminenza grigia dei romanzi popolari) silenzioso. Ma è lui che, in fine, prende tutto. / È quello che vuol dire Montale nella prima (e più bella) quartina (nient’affatto ermetica) di una poesia, che si intitola LINDAU. “La rondine vi porta / fili d’erba, non vuole che la vita passi. / Ma tra gli
argini a notte l’acqua morta / logora i sassi”. La rondine (che non
vuole che la vita passi) è l’amore; l’acqua morta (che logora i sassi)
l’istinto di Morte».
– 22 –
sco, dedicatario dei quattro endecasillabi conclusivi della
raccolta Uccelli (1948)7, endecasillabi concentrati e solenni come versetti di Isaia e dei Proverbi8. Al caso Saba mi
pare si accordino le ragioni portate da Giuliano Baioni
per spiegare la fascinazione esercitata da Nietzsche su
Martin Buber9. A queste aggiungerei almeno i pensieri
7
«NIETZSCHE / Intorno a una grandezza solitaria / non volano gli uccelli, né quei vaghi / gli fanno, accanto, il nido. Altro non
odi / che il silenzio, non vedi altro che l’aria». Il canzoniere, cit.,
p. 549. Per Nietzsche cfr. anche Storia e cronistoria del Canzoniere, Prose, cit. Tra Saba e i filosofi non correva buon sangue (si veda
qui il capitolo Scorciatoie e il motto di spirito). Infatti, Saba si rifiuta di considerare Nietzsche un filosofo. Nella Sc. 40 di Scorciatoie
1934-1935 (Prose, cit., p. 863) scrive: «NIETZSCHE Povero e caro
Nietzsche! Si può misurare la spiritualità di un uomo quasi solo
alla sua capacità di amarlo. E non era un filosofo; era uno psicologo prima dell’analisi. Come l’avrebbe avuta cara! A meno che
non avesse preso paura del Superuomo; di quello che il suo inconscio voleva significare con quel dannato Superuomo».
8
Umberto Saba non amava i profeti. In una lettera da Trieste
del 28 marzo 1924 a Giacomo Debenedetti non ancora ventitreenne che stava preparando le Conferenze sui profeti (Profeti,
Mondadori, Milano 1998) li definisce: «[…] esseri orribili, mancati e cattivi. Parlo malvolentieri dei Profeti che ho l’idea (una
verità psicologica) che portino sfortuna. Erano certo brutti esseri,
e non so come e in che cosa possano affascinarti. Parla, se mai, di
Gesù». Cfr. P. Frandini, Il Teatro della Memoria, Giacomo Debenedetti dalle opere e i documenti, Manni, Lecce 2001, p. 89.
9
G. Baioni, Franz Kafka. Romanzo e parabola, Feltrinelli, Milano 1962, pp. 149-150: «Ciò che di nicciano M. Buber credette
di trovare nel chassidismo era una fondamentale affermazione
dell’unità di spirito e materia, di ragione e istinto, una gioiosa esaltazione dei sensi, una religiosità che […] accettava la vita dei sensi
come la manifestazione di un Dio che era in tutte le cose».
– 23 –
sulla Storia di Israele e sugli Ebrei, espressi dallo scrittore
tedesco in Aurora e in Al di là del bene e del male10. I due
padrini, dichiarati con bella evidenza, hanno campo in
Scorciatoie, sia come nomi di riferimento, sia isolati e protagonisti di scorciatoie tutte per loro. Una presenza peraltro non prevaricante, equilibrata con la presenza di altri.
10
Al paragrafo 195 di Al di là del bene e del male (Adelphi,
Milano 1977, p. 94) Nietzsche nota come gli ebrei abbiano operato un capovolgimento di valori «grazie al quale la vita sulla terra
ha acquistato per un paio di millenni una nuova e pericolosa
attrattiva»; conclude: «[…] è con esso [il popolo ebraico] che
comincia, nella morale, la rivolta degli schiavi». «[P]ericolosa
attrattiva» non va intesa nel senso negativo di minaccia, piuttosto
di fascinazione che una visione del mondo insolita, se non rivoluzionaria, può avere sugli spiriti liberi: certo, una minaccia per i
benpensanti. Al paragrafo 205 Del popolo d’Israele, in Aurora
(Adelphi, Milano 1978, pp. 150-152) Nietzsche delinea una storia
psicologica del popolo ebraico e parla dell’effetto temprante delle
persecuzioni subite nei secoli. Saba, che conosceva Aurora, non
poteva non apprezzare frasi come «[…] le risorse spirituali e intellettuali degli Ebrei di oggi sono eccezionali»: scarsi i suicidi e l’alcolismo, ponderatezza, resistenza «il loro coraggio sotto il mantello della compassionevole sottomissione, il loro eroismo nello
spernere se sperni supera le virtù di tutti i santi».
– 24 –
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