Comments
Description
Transcript
il poeta il cane e la gallina
PAOLA FRANDINI IL POETA IL CANE E LA GALLINA Scorciatoie e raccontini di Umberto Saba tra umorismo ebraico e Shoah Le Lettere INDICE C’è una fine? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 9 I. DIALOGO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 11 II. QUALCHE DATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 14 III. GENEALOGIE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 20 IV. ALTRE ORIGINI, ALTRI LEGAMI . . . . . . . . . . . . » 25 V. REMOTE GENEALOGIE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 34 VI. SCORCIATOIE E MIDRASH . . . . . . . . . . . . . . . . . » 52 VII. SCORCIATOIA 1 E SCORCIATOIA 2 . . . . . . . . . . . » 63 VIII. SCORCIATOIE E IL MOTTO DELLO SPIRITO . . . . » 80 IX. LETTERE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 122 X. MAIDANECK . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 130 XI. DOMANI O QUANDO? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 143 Riferimenti bibliografici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 152 Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 159 I DIALOGO Uno studioso di circa trent’anni va a trovare il rabbino. Il rabbino gli chiede: «Che cosa hai fatto per tutta a vita?». «Ho ripassato attentamente tutto il Talmud per tre volte». E il rabbino: «Sì, ma quanto del Talmud è passato attraverso di te?»1. Il dialogo fa capire in due battute come bisogna avvicinarsi al Libro. Ma l’indicazione può estendersi e diventare regola per un tipo di orientamento ermeneutico allo stesso tempo attivo e passivo. Orientamento che si deve preferire affrontando le prose romane di Umberto Saba. Nella 49 e ultima della II serie il poeta parla di sé e dà insieme le dritte su come vanno intese Scorciatoie. Non bisogna fermarsi alla superficie, ma guardare dentro e oltre le brevi storie, dentro e oltre perfino le parole. 1 La storia si racconta anche in versione leggermente diversa. Questa è in A. J. Heschel, La terra è del Signore, Marietti, Genova 1984, p. 81. – 11 – LETTORE MIO, non t’inganni l’apparenza, a volte paradossale, a volte perfino scherzosa (?) di (alcune) SCORCIATOIE. Nascono tutte da dieci e più esperienze di vita, d’arte e di dolore. / Sono, oltre il resto, reduci, in qualche modo, da Maidaneck2. Il dialogo tra rabbino e studioso intona per più di un motivo. Primo: Scorciatoie non si attraversano o non ci si lascia attraversare da Scorciatoie se non riportandole nell’alveo della logica che nasce dall’intuizione associativa propria al pensiero ebraico. In ogni modo, una scorciatoia presa di per sé o legata ad altre di tema simile può dar luogo a combinazioni diverse, più o meno penetranti e fantasiose, secondo intesa mentale, accordo psicologico o al contrario divaricazione di opinioni tra lettore e autore. Di qui il sospetto che in qualsiasi modo le si prenda ce ne sia un altro migliore e comunque differente. La sensazione insomma che Scorciatoie sfuggano, che non si riesca a venirne a capo, intendendo per venirne a capo trovare il bandolo, la radice, in buona sostanza estrarne il principio generatore. A meno di rinunciare al vizio occidentale di cercare a tutti i costi bandolo e radice, e riconoscere che la forza di Scorciatoie sta proprio nell’intendere di traverso e proporre di dritto, nel dare un senso e cancellare o sbiadire quel senso. Anche leggerle non è semplice. Quale ritmo? quale intonazione? Non sopportano i crescendo e i calando del recitato ma neppure una dizione incolore. Giacomo De- 2 Seguo la grafia usata da Saba: Maidaneck invece di Majdaneck. – 12 – benedetti racconta in Ritrattino del ’45 come Saba declamasse i suoi versi, con «voce lenta, persuasiva […]. La natia Trieste gli fa scempiare alcune doppie, allargare alcune vocali»3. Scorciatoie sono prose ma prose particolari, e soffrono come le liriche di una interpretazione atteggiata. È noto inoltre che Saba non metteva gran differenze tra poesia e prosa. La Sc. 29 LA RIMA può essere ovvia come fiore amore, o creare impensati accostamenti. Ma solo allora è perfetta, quando, se volti in prosa il componimento, non puoi sostituire, senza danno del significato, le parole che rimano. Ulteriori ragioni di sintonia con l’incontro tra rabbino e studioso formano il nucleo di questo saggio, e si vedranno più avanti. 3 G. Debenedetti, Intermezzo, il Saggiatore, Milano 1972, p. 31, Ia ed. 1963. Il testo prosegue: «E c’è nell’insieme quel nonnulla di declamato, con l’accenno anche a qualche gesto, che obbedisce a un modo ancora ottocentesco di dire i versi, facendo sentire gli accenti e le rime, accusando la sostenutezza e nobiltà del tono, la qualità di un linguaggio un poco più su del comune». Per questo argomento cfr. il cap. Scorciatoia 1, Scorciatoia 2. – 13 – II QUALCHE DATO Scorciatoie e raccontini fu scritto a Roma. Il poeta arriva nella capitale dopo la clandestinità a Firenze e l’angoscia di una liberazione lenta ad attuarsi1. È sopravvissuto all’inclinazione suicida: portato della nevrosi, e alla minaccia reale della deportazione. Si presenta in casa Debenedetti ai primi di gennaio 19452. Una valigia di fibra in 1 Con l’8 settembre Saba deve lasciare Trieste. Firenze lo accoglie assieme alla moglie Lina e la figlia Linuccia. Cambierà ben undici domicili, tra cui quello del critico allora alle prime armi ma impegnato nella Resistenza Ottavio Cecchi (si legga L’aspro vino: ricordo di Saba a Firenze, ’43-’44, Scheiwiller, Milano 1967. Nello stile discreto che gli è proprio C. racconta il poeta e insieme la sua poesia, le debolezze, l’abitudine ai sonniferi). S. poi si sposterà nella casa Ichino in piazza Pitti, all’ultimo piano per evitare i rumori che provenivano dall’appartamento affollato di visitatori, tra cui non mancò, sembra neppure un giorno, Eugenio Montale. Nel terrore di una possibile deportazione il poeta compone le poesie di 1944. 2 G. Debenedetti, Per un gruppo di lettere, Intermezzo, cit., p. 71: «Questo volume posso testimoniare di averlo visto nascere pagina dopo pagina nell’inverno ’44-’45: Saba me lo leggeva giorno per giorno, ne godeva come di un’ispirazione nuova e anche per lui sorprendente […] le Scorciatoie furono scritte appunto in – 14 – mano, maglione rosso vinaccia, e dentro di sé una rinnovata voglia di vivere3. Ricorderà l’anno dopo in Gratitudine: «[…] Avevo Roma e la felicità. / Una godevo apertamente e l’altra / tacevo per scaramanzia». Roma e la felicità! Nella sua storia il popolo ebraico ha visto tante una latteria di via Marmorata e in una trattoria di via Fracassini: quella della Celsa, la prorompente ragazza che abita ormai con vitalità così arguta gli aforismi e i raccontini composti sui tavoli del suo locale». Così, il raccontino CELSA: «Celsa ha diciott’anni. È la figlia di un oste. Porta agli uomini impazienti – borghesi e militari – il vino, il pane e le vivande. Due vetri dell’osteria glieli hanno rotti i tedeschi, uno un soldato inglese, un altro un americano. Sui rimanenti si esercitano i ragazzini della contrada, che, di quando in quando, fanno irruzione nel locale, rovesciando sedie, fuggono con grida selvagge. Celsa – come la madre terra – sopporta tutte le malefatte dei suoi figli. E, se ne parla, sorride». Cfr. Prose, cit., p. 98. Celsa e la sua osteria sono protagonisti di altri due raccontini: ITALIA MIA e ADESSO CHE LA GUERRA È FINITA (Ivi, p. 103, 105). 3 A Roma Saba ha problemi economici e di alloggio. Le lettere alle Line, gennaio e febbraio 1945, informano: «Giacomino [Debenedetti] e Piovene mi hanno ripetutamente invitato a casa loro; a restare cioè da loro spesato di tutto per tutto il tempo che mi piacesse restarvi. Ma io non posso accettare; Piovene lo conosco appena e Giacomino non è ricco; lavora come una bestia». Le informa anche di essere invitato alla mensa di via Po presso il servizio militare degli alleati e comunica il suo indirizzo: via Antonio Allegri da Correggio 13 presso Bianca Mondello. Da qui la precisazione topografica di Debenedetti citato alla nota precedente: via Marmorata si trova ai piedi dell’Aventino dov’era casa Debenedetti e via Fracassini, al quartiere Flaminio, non distante da casa Mondello. La giovane è dedicataria della scorciatoia 71 PRIMAVERA SICILIANA. Le lettere citate sono la 40 e la 41 in U. Saba, La spada d’amore, lettere scelte 1902-1957, a cura di A. Marcovecchio, Mondadori, Milano 1983. – 15 – volte accendersi soprassalti di felicità. Ed è sempre stata una disperata felicità che nasceva dal pericolo scampato, dal poteva-andar-peggio. La felicità che promuove Scorciatoie ha dietro di sé una irreparabile perdita. «Avevo il mondo per me; avevo luoghi / del mondo dove mi salvavo […]», «Avevo una famiglia, una compagna […]», «Avevo una bambina, oggi una donna […]», «Avevo una città bella tra i monti […]», «Avevo un cimitero ove mia madre / riposa, e i vecchi di mia madre. […]». Così nelle lamentazioni di Avevo (1944) e nei versi di Raccontino (da Mediterranee), ritmati su una pallida filastrocca: «La casa è devastata, / la casa è rovinata […]»4. 4 Da U. Saba, Il canzoniere, Einaudi, Torino 2004, intr. di Cinzia Calmieri, pp. 489-90. La serie di lamentazioni conclude: «Tutto mi portò via il fascista abbietto / ed il tedesco lurco». Per il Raccontino, cfr. Mediterranee, in ivi, p. 522. A proposito di Avevo, scriverà da Trieste il 23 febbraio 1948 a P. A. Quarantotti Gambini «I miei detrattori sono tutti ex fascisti, nazisti, e gente simile. Quello che in realtà non mi perdonano è di aver scritto «Avevo». Cfr. La spada d’amore, cit., p. 186. 5 Rimando agli Apparati di A. Stara, Prose, cit., da cui riassumo. Le prime Scorciatoie risalgono agli anni 1934-’35. S. ne parla a Giannino Marescalchi e a Giacomo Debenedetti, definendole «aforismi«, «inattuali». «La Nuova Europa», settimanale politicoletterario diretto da Luigi Salvatorelli, ospita Scorciatoie tra marzo e luglio 1945: 18 marzo Alcune scorciatoie, 8 aprile Altre scorciatoie, 29 aprile Terze scorciatoie, 27 maggio Quarte scorciatoie, 24 giugno Quinte scorciatoie, 29 luglio Ultime scorciatoie e un raccontino. A gennaio 1946 Scorciatoie e raccontini esce in volume nella collezione dello Specchio con dedica a Raffaele Mattioli, che aveva ospitato il poeta di ritorno da Roma per ultimare il lavoro. Vi confluiscono anche composizioni degli anni Trenta, da lui giu– 16 – Scorciatoie esce a puntate su «La Nuova Europa»5: uno dei giornali, finalmente franchi da censure, che esplodono numerosi nel dopoguerra insieme con la certezza del rinnovamento. Poi, nel marzo 1946 in volume dalla Mondadori. Attraverso quelle brevi, fulminanti storie Saba scopre che quello del letterato potrebbe diventare un mestiere e dargli da vivere. «Roma presenta infinite possibilità, scrive a Lina dopo una ventina di giorni di permanenza, ma per sfruttarle occorre fermarsi qui a lungo […]»6. dicate impossibili da pubblicare allora per motivi politici e comunque da non stampare che in blocco e senza mutilazioni (quanto a pericolosità politica, si veda la conclusione della Sc. 46 POETI (Prose, p. 866): «Il passato, anche se lo sentiamo agli ultimi limiti della resistenza, consola più del futuro. Di questo vediamo appena i primi contorni, freddi e minacciosi». Per le notizie sulla gestazione di Scorciatoie, le varianti, gli accorpamenti nelle diverse edizioni rimando sempre alla capillare indagine di A. Stara, in Notizie sui testi. Alla p. 1355 è riprodotta una lettera a Alberto Carocci del 18 gennaio 1928, in cui S. dichiara di pensare a un’opera che chiama Favolette e Apologhi, «[…] nelle quali – scrive – vorrei mettere tutto quello che mi ha insegnato la vita». 6 La spada d’amore, cit., lettera n. 40, da Roma, ultimi di gennaio 1945. Ivi, p. 13, lettera alle Line, 11 aprile 1945, da Roma: racconta di aver incontrato un ammiratore di Scorciatoie; il quale gli ha chiesto: «Che cosa posso fare per lei, Saba? – Io gli ho risposto: – Regalami 100.000 lire. Appena fatta la cifra, mi sono accorto dal suo viso di aver sbagliato: avrei dovuto chiedere il doppio, che egli me lo avrebbe dato con la stessa facilità. Ma ormai non c’è rimedio». Il 9 gennaio aveva scritto: «Ieri “La Nuova Europa” mi ha pagato alcune Scorciatoie (venti giorni, per me, di lavoro) usciranno nel numero della settimana prossima. Dio me la mandi buona; perché c’è anche il caso... esplodano. (In redazione sono assai piaciute; già ne vorrebbero una seconda serie)». – 17 – Ed è nelle lettere familiari, alle Line, che il marito e il padre lontani informano dell’andamento del lavoro, oltreché dei suoi timori. «Poi scrivo anche “raccontini”. Me li penso la notte, che non posso dormire, pensando a Trieste. Tu li sentissi, Lina mia; fanno piangere». E Lina avrà pianto, sapendo che il marito li ha composti con la mente rivolta a lei. Scorciatoie invece sono dirette a Linuccia7. Il 1° giugno 1945 annuncia: «Mia Lina […] Ho quasi finito il mio libro Scorciatoie e raccontini, al quale ho lavorato per tre mesi, dalle 10 alle 12 ore al giorno: verrà un (aureo) libretto, di 80-100 pagine». Lina Wölfflin non aveva cultura scolastica, poteva anche lasciare qualche svarione ortografico. Era dotata però di quella intelligenza del cuore che la natura regala a coloro i quali hanno patito la sofferenza. Ed è su questa intelligenza e sull’affetto di Lina a cui Saba si affida quando 7 Saba tiene a informare moglie e figlia sullo svolgimento del lavoro romano. Il 9 marzo 1945 annuncia l’uscita per la settimana successiva e l’avvenuto pagamento; 16 marzo spedisce alle Line la prima serie di Scorciatoie: «Sono mie meno una (il sogno di Hitler) che è di Linuccia. Alla rivista vorrebbero già la seconda serie, alla quale sto lavorando»; 30 marzo 1945 a Lina: «Scorciatoie ha avuto un grande successo; i giornali ne hanno parlato […]»; maggio-giugno 1945 informa Linuccia di non poter andare a Firenze e, in poscritto: «Eccoti la prima delle quarte Scorciatoie? Papà – diceva una giovanetta a una giovane… (Non so perché le scorciatoie le scrivo più per te e i raccontini più per mamma)». Cfr. Atroce paese che amo: lettere famigliari, 1945-1953, a cura di Gianfranca Lavezzi, Rossana Saccani, Bompiani, Milano 1987, alle pagine 20, 17, 8, 16, 19. Il 18 marzo 1946 scrive da Milano «mia Lina, Scorciatoie in volume non ebbe l’accoglienza della rivista. C’è la crisi, e poi Scorciatoie è un libro difficile, ci vogliono, per- – 18 – il 29 gennaio 1946 da Milano annuncia l’avvenuto invio di una copia di Scorciatoie, e le chiede un giudizio: «Dimmi, ti prego, il tuo parere; e dimmi cosa ti pare di Scorciatoie; ma non dirmi solo che sono belle; fa un piccolo sforzo e diventa anche tu un poco… critica»8. La lettera dell’anno prima, 26 aprile 1945, però, l’aveva chiusa così: «[…] ti raccomando, mia vecchia Lina, lodi, molte lodi»9. ché sia capito, due o tre decine d’anni, com’è accaduto per le mie poesie», p. 40. 8 Cfr. Atroce paese che amo, cit., p. 34. 9 Cfr. Quante rose a nascondere un abisso, carteggio con la moglie (1905-1956), Manni, Lecce 2004, p. 37. Ivi, p. 56: «Sarò beato se mi scriverai a lungo di SCORCIATOIE. Dimmi anche se, e come e perché, ti è piaciuta (o dispiaciuta) la prefazione al libro di Federico» (F. Almansi, Poesie, 1948). – 19 – III GENEALOGIE Nella centosessantacinquesima, ultima della Quinta serie e ultima in assoluto Saba compone quasi un’epigrafe: «GENEALOGIE Di SCORCIATOIE: Nietzsche-Freud». Però, nella lettera alle Line del 19 aprile 1945 si mette in coda al binomio: «GENEALOGIA DI SCORCIATOIE Nietzsche – Freud – Saba (Questa la pubblicherò per ultima. Ma potrò finire il volumetto? […]»1. Alla psicoanalisi lo aveva introdotto il dottor Edoardo Weiss frequentato a Trieste nel 1929. Da allora si dichiarerà freudiano senza flessioni e nessun tradimento2. A Weiss dedicherà Il piccolo Berto. A causa della poco lusinghiera valutazione professionale di Weiss comincerà a guastarsi con Joachim Flescher. A Weiss riconoscerà infine la paternità ideale di Scorciatoie: «Scorciatoie, poi sono quasi tutte sue – gli scrive il 19 aprile 1945 –; di mio 1 Cfr. Atroce paese che amo, cit., p. 16, lettera spedita da Roma. V. Sereni, cfr. qui nota 6, p. 36, sostiene che Scorciatoie sono più riuscite dove «il presupposto psicoanalitico […] non appesantisce e non turba la limpidezza e l’innocenza dello sguardo e con essa la luce dell’oggetto scoperto (o inventato), la sorpresa della rivelazione». 2 – 20 – ci ho messo lo “stile”»3. Si vedrà più avanti (p. 128), nella lettera a Quarantotti Gambini spedita da Trieste il 25 agosto 1953, cosa Umberto Saba intendesse per stile. Prima, trascrivo sul tema parte di una straordinaria lettera a Carlo Levi4. Lo stile, Carlo mio, è dolore (rinuncia): è solo attraverso il dolore (non dico però attraverso lo spasimo), che si arriva allo stile. Guarda se puoi mettere giù qualche ricordo-racconto sulla tua cara madre; guarda che sieno brevi, e appunto di stile. Lo stile non ha mai tanta importanza come quando parliamo di cose – di dolori – nostri. Ma forse è ancora per te, troppo presto. Verrà il giorno nel quale farai rivivere in un tuo libro i ricordi di tua madre e di tutta la tua famiglia, e di tutto un mondo che non esiste più. Torno a Weiss che da parte sua gli aveva già reso merito nella lezione Cos’è la psicoanalisi. Il concetto dell’Es e dell’inibizione inconscia. Cito: «Un poeta italiano, ancora ignaro di psicoanalisi così descriveva un pensiero ossessivo: “Giorno e notte un pensiero aver coatto, / estraneo a me, non mai da me diviso; / questo m’accade”. Non è l’Io ammalato – commenta Weiss – a far sorgere nella sua mente ossessioni, paure e scrupoli; di questo l’ammalato stesso è cosciente […]»5. 3 Cfr. La spada d’amore, cit., p. 210. La lettera è datata «Trieste 26 dicembre 1952. Fu scritta, come facile capire, per la morte della madre di Levi. Già in P. Frandini, Giorgio Bassani e il fantasma di Ferrara, Manni, Lecce 2004, p. 81. Già A. Debenedetti, Bassani (...), «Corriere della Sera», 27 maggio 2003. 5 E. Weiss, Elementi di psicoanalisi, Studio Tesi, Pordenone 4 – 21 – Si direbbe, dunque, che Scorciatoie siano figlie di molti genitori: quella intitolata HITLER spetta a Linuccia, tutte nascono da colloqui a distanza ma quotidiani con Eugenio Montale6, Weiss riceve la gratificazione di quasi autore. Ammettiamo pure la sua buona fede, nel caso di Weiss però Saba dà con una mano e con l’altra toglie. Rivendicare per sé «lo stile» equivale a riprendersi Scorciatoie, dalla prima all’ultima. Altra fonte dichiarata: Nietzsche. Con qualche giro in più si viene a capo della venerazione per il filosofo tede- 1985, p. 16. La citazione – Weiss inverte «Giorno e notte» – è ricavata dalla poesia numero 9 dell’Autobiografia. La raccolta è del 1924, precedente, come riconosce Weiss, all’incontro di S. con la psicoanalisi. 6 «Roma; 6 luglio 1945». Lettera a Lina. Parla di una sua caduta senza gravi conseguenze, del bisogno “fisico” di riabbracciarla, dei rapporti con la Einaudi attraverso la segretaria editoriale Bianca Garufi (tra la fine di ottobre e i primi di novembre 1945 uscirà presso Einaudi Il canzoniere 1900-1945), della casa di Trieste «saccheggiata» e occupata da altri, delle 165 Scorciatoie e 14 Raccontini, ecc. Verso la fine informa: «A Montale ho scritto quasi ogni mese attraverso SCORCIATOIE. Salutalo tanto assieme alla Mosca. Desidero molto rivederla». Cfr. Quante rose a nascondere un abisso, cit., p. 43. Eugenio Montale figura nella scorciatoia 147 «EROS è chiassoso; fa molto baccano sulla superficie della terra. Il suo nemico – l’istinto di Morte – è (come l’eminenza grigia dei romanzi popolari) silenzioso. Ma è lui che, in fine, prende tutto. / È quello che vuol dire Montale nella prima (e più bella) quartina (nient’affatto ermetica) di una poesia, che si intitola LINDAU. “La rondine vi porta / fili d’erba, non vuole che la vita passi. / Ma tra gli argini a notte l’acqua morta / logora i sassi”. La rondine (che non vuole che la vita passi) è l’amore; l’acqua morta (che logora i sassi) l’istinto di Morte». – 22 – sco, dedicatario dei quattro endecasillabi conclusivi della raccolta Uccelli (1948)7, endecasillabi concentrati e solenni come versetti di Isaia e dei Proverbi8. Al caso Saba mi pare si accordino le ragioni portate da Giuliano Baioni per spiegare la fascinazione esercitata da Nietzsche su Martin Buber9. A queste aggiungerei almeno i pensieri 7 «NIETZSCHE / Intorno a una grandezza solitaria / non volano gli uccelli, né quei vaghi / gli fanno, accanto, il nido. Altro non odi / che il silenzio, non vedi altro che l’aria». Il canzoniere, cit., p. 549. Per Nietzsche cfr. anche Storia e cronistoria del Canzoniere, Prose, cit. Tra Saba e i filosofi non correva buon sangue (si veda qui il capitolo Scorciatoie e il motto di spirito). Infatti, Saba si rifiuta di considerare Nietzsche un filosofo. Nella Sc. 40 di Scorciatoie 1934-1935 (Prose, cit., p. 863) scrive: «NIETZSCHE Povero e caro Nietzsche! Si può misurare la spiritualità di un uomo quasi solo alla sua capacità di amarlo. E non era un filosofo; era uno psicologo prima dell’analisi. Come l’avrebbe avuta cara! A meno che non avesse preso paura del Superuomo; di quello che il suo inconscio voleva significare con quel dannato Superuomo». 8 Umberto Saba non amava i profeti. In una lettera da Trieste del 28 marzo 1924 a Giacomo Debenedetti non ancora ventitreenne che stava preparando le Conferenze sui profeti (Profeti, Mondadori, Milano 1998) li definisce: «[…] esseri orribili, mancati e cattivi. Parlo malvolentieri dei Profeti che ho l’idea (una verità psicologica) che portino sfortuna. Erano certo brutti esseri, e non so come e in che cosa possano affascinarti. Parla, se mai, di Gesù». Cfr. P. Frandini, Il Teatro della Memoria, Giacomo Debenedetti dalle opere e i documenti, Manni, Lecce 2001, p. 89. 9 G. Baioni, Franz Kafka. Romanzo e parabola, Feltrinelli, Milano 1962, pp. 149-150: «Ciò che di nicciano M. Buber credette di trovare nel chassidismo era una fondamentale affermazione dell’unità di spirito e materia, di ragione e istinto, una gioiosa esaltazione dei sensi, una religiosità che […] accettava la vita dei sensi come la manifestazione di un Dio che era in tutte le cose». – 23 – sulla Storia di Israele e sugli Ebrei, espressi dallo scrittore tedesco in Aurora e in Al di là del bene e del male10. I due padrini, dichiarati con bella evidenza, hanno campo in Scorciatoie, sia come nomi di riferimento, sia isolati e protagonisti di scorciatoie tutte per loro. Una presenza peraltro non prevaricante, equilibrata con la presenza di altri. 10 Al paragrafo 195 di Al di là del bene e del male (Adelphi, Milano 1977, p. 94) Nietzsche nota come gli ebrei abbiano operato un capovolgimento di valori «grazie al quale la vita sulla terra ha acquistato per un paio di millenni una nuova e pericolosa attrattiva»; conclude: «[…] è con esso [il popolo ebraico] che comincia, nella morale, la rivolta degli schiavi». «[P]ericolosa attrattiva» non va intesa nel senso negativo di minaccia, piuttosto di fascinazione che una visione del mondo insolita, se non rivoluzionaria, può avere sugli spiriti liberi: certo, una minaccia per i benpensanti. Al paragrafo 205 Del popolo d’Israele, in Aurora (Adelphi, Milano 1978, pp. 150-152) Nietzsche delinea una storia psicologica del popolo ebraico e parla dell’effetto temprante delle persecuzioni subite nei secoli. Saba, che conosceva Aurora, non poteva non apprezzare frasi come «[…] le risorse spirituali e intellettuali degli Ebrei di oggi sono eccezionali»: scarsi i suicidi e l’alcolismo, ponderatezza, resistenza «il loro coraggio sotto il mantello della compassionevole sottomissione, il loro eroismo nello spernere se sperni supera le virtù di tutti i santi». – 24 –