«Imporre l`idea che la differenza sessuale non esiste distrugge la
by user
Comments
Transcript
«Imporre l`idea che la differenza sessuale non esiste distrugge la
settimanale diretto da luigi amicone Poste italiane spa - spedizione in a. p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, NE/VR Matrimoni gay Non basta l’amore «Imporre l’idea che la differenza sessuale non esiste distrugge la società e rovina i bambini». Un grande psichiatra contro la sentenza della Cassazione anno 18 | numero 12 | 28 marzo 2012 | 2,00 EDITORIALI CHI DIFENDE GLI INNOCENTI? I “diritti umani” estesi al capriccio gay hanno un costo. E lo pagano i bambini O la pensi come loro o sei “omofobo”. Da Washington a Roma c’è un solo capitolo in cui è impedita ogni opinione controcorrente, ogni pronunciamento democratico, ogni espressione di dissenso: l’agenda gay. In cima ai grattacieli del potere qualcuno ha deciso che, in nome di “diritti umani” estesi a capriccio, dobbiamo tutti obbedire a un pensiero unico. Non puoi più dire che in natura esistono uomini e donne. Non puoi più dire che ogni bambino ha diritto ad avere un padre e una madre. Non puoi più dire che un figlio non è un mero oggetto del desiderio. Puoi dire soltanto ciò che volontà di potenza e di propaganda pensano in materia di produzione e mercificazione di “nuova umanità”. Perciò sei dannato tra l’ultradestra se in Costituzione metti la difesa della vita “fin dal concepimento” (vedi Ungheria) e non metti i “diritti riproduttivi” (vedi aborto). Perciò devi chiamare “matrimonio” le unioni dello stesso sesso. Perciò, devi riconoscere la biodiversità al mondo minerale, vegetale, animale, ma la devi negare agli esseri umani. Sono casi di tutti i giorni, martellati, uguali, diffusi dalle agenzie del dominio. È il caso della recente sentenza della Cassazione italiana, sono i casi delle direttive Onu e Ue, che fanno obbligo alle legislazioni di adeguarsi al dogma dell’indifferenziazione sessuale. Chi paga il conto di questa menzogna che è ormai regime di polizia? Sono i bambini. Bambini a cui viene imposto di venire al mondo secondo tecniche procreative disumane. Bambini a cui vengo- Bambini a cui viene imposto di venire no imposti due mamme o due papà, quando al mondo con tecniche procreative non addirittura la cosiddetta “comune” o “fa- disumane. Bambini a cui vengono miglia aperta”. Bambini per i quali l’insemi- imposti due mamme o due papà, natore diventa il terzo genitore di una coppia lesbica o la gestante che affitta il proprio ute- se non la “famiglia aperta”. Bambini ro diventa la “zia” nella coppia omosessuale. per cui l’inseminatore magari diventa il terzo genitore di una coppia lesbica Chi difende “i diritti umani” degli innocenti? FAMIGLIE, LE VERE DISCRIMINATE Parificare i conviventi ai coniugi? Giusto, soffrano un po’ anche loro Q Occhio al disavanzo. Troppa spesa pubblica e poca sussidiarietà portano il welfare agli errori degli anni ’70 E si arriverà comunque a un accordo sul lavoro: così impongono (in questo caso opportunamente) i nostri vari commissari (tedeschi, americani, uomini della finanza). Alcuni risultati importanti saranno di certo acquisiti: un uso intelligente dell’apprendistato, ammortizzatori opportuni per gli ultracinquantenni e – si spera – qualche intervento sull’articolo 18 che ne diminuisca il carattere scoraggia-investimenti (per decidere su una causa di lavoro si superano anche i dieci anni) e di prevalenza centralistica (magistratura più innanzitutto Cgil) sulle relazioni di lavoro. Assieme a questi utili provvedimenti si intravedono anche scelte meno felici: alzare troppo la contribuzione sul lavoro “precario” in tempi di crisi può provocare cadute dell’occupazione invece che chance per i giovani. Aumentare la spesa pubblica per ammortizzatori pur giusti teoricamente pare inopportuno con un governo così tassaiolo, stringere la morsa centralistica sul sistema sussidiario che si stava delineando tra enti bilaterali, gestione comune delle varie casse e accordi aziendali, appare indirizzo ispirato a un giacobinismo arrogante già causa di tanti guai per l’Italia. Negli anni Settanta, affrontando una dura emergenza con governi di solidarietà nazionale e favorendo diritti sacrosanti (alla salute e a una serena vecchiaia innanzitutto) in modo astratto e stataliE stico, abbiamo preparato il disavanzo di oggi. Bisognerebbe che i commissari risanatori in carica non ripercorressero la stessa via. Lodovico Festa ntro marzo ls a | 28 marzo 2012 | 3 ro | Forne ual è il paradosso della sentenza con cui la Cassazione ha stabilito il diritto per le coppie di fatto e gay «a un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata»? Lo ha descritto Costanza Miriano in una lettera pubblicata dal Foglio il 17 marzo. «Sono contenta che alle coppie omosessuali vengano dati gli stessi diritti delle famiglie, perché così ne avranno di meno. Auspico adesso una sentenza della Cassazione che conceda alle famiglie almeno gli stessi diritti delle coppie di conviventi, omosessuali e non. Contrariamente a quanto dicono i giornali schierati quasi compatti, infatti, è estremamente svantaggioso per un uomo e una donna sposarsi, non parliamo di fare figli, non parliamo poi di farne qualcuno in più. I conviventi ricevono assegni familiari molto più alti degli sposati, perché non sommano i loro redditi, anche se i figli sono riconosciuti da entrambi. È solo quando si sposano che glieli tolgono, perché marito e moglie invece cumulano i redditi, tanto che è in sensibile aumento il numero delle coppie che si separano per finta, per godere dei significativi vantaggi fiscali. I figli delle mamme sole – anche se lo sono solo sulla carta – hanno più punti nelle graduatorie per gli asili pubblici. Quando mio marito è venuto a soccorrermi all’ospedale dopo un incidente, e non perché partorissi uno dei figli, pur essendo io in condizioni critiche, nessuno gli ha chiesto nessun certificato di matrimonio, né ho mai conosciuto qualcuno in carne e ossa «Le coppie di fatto ricevono – a parte quelli reclutati per esprimere indignazioassegni familiari più alti ne sui giornali – a cui sia successo davvero. Tutti i degli sposi. Solo se si sposano conviventi che conosco hanno mutui e case cointestate: è il reddito, non certo lo stato civile che integlieli tolgono, perché allora ressa alla banca». È troppo chiedere a giudici e amcumulano i redditi, tanto che ministratori di registri di coppie di fatto e gay cresce il numero dei coniugi di arrossire davanti a una così grande ingiuche si separano per finta» stizia che essi insistono a perpetuare? FOGLIETTO SOMMARIO IL SOGGETTO CHE CI SFUGGE LA SETTIMANA Martedì 13 marzo 22 bambini belgi sono deceduti in un incidente stradale avenuto a Sierre, nel cantone Vallese (Svizzera) Foglietto Lodovico Festa...................................3 12 Non sono d’accordo Oscar Giannino.............................. 17 anno 18 | numero 12 | 28 marzo 2012 | 2,00 settimanale diretto da luigi amicone Boris Godunov Renato Farina................................. 23 Le nuove lettere di Berlicche..................................................... 39 Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr MatrIMoNI gay Non basta l’amore Com’è dura la speranza «Imporre l’idea che la differenza sessuale non esiste distrugge la società e rovina i bambini». Un grande psichiatra contro la sentenza della Cassazione Presa d’aria Paolo Togni........................................... 52 Mamma Oca Annalena Valenti..................... 53 La nascita è qualcosa di incredibile e concreto. L’essere, una clamorosa sconfitta del nulla. Così, davanti al groviglio di lamiere di Sierre, siamo costretti a considerare tutte le cose dal punto di vista di chi le chiama alla vita. È questa la vittoria che ci portiamo addosso | «L’idea che la differenza sessuale non esiste distrugge la società e rovina i bambini». Lo psichiatra Italo Carta contro la Cassazione Annalisa Teggi..............................................................................................................................................................................................................................6 highlights Solo su Tempi.it inediti Ognigiornosutempi.it I contenuti che trovate in queste pagine sono sintesi degli articoli, le analisi, i commenti realizzati per il nostro sito. IL QUOTIDIANO ONLINE la settimana lUigiAMiCOne nellAtAnAdellUPO ilformigonianocontrotutti Tempi.it ha seguito in diretta twitter la presentazione di Formigoni, biografia non autorizzata con Luigi Amicone e Marco Pannella. DI TEMPI lAteleFOnAtACOnMOggi laserieAsecondol’exdgJuve Ogni lunedì il campionato di serie A commentato con Luciano Moggi: «Finché Moratti fa presidente, allenatore e direttore sportivo per l’Inter non c’è futuro». BenZinA,ACCiseMAledette sonoletasseabloccareilprezzo Il prezzo della benzina continua a salire. Perché? Tempi.it lo ha chiesto a Franco Ferrari Aggradi, presidente di Assopetroli. Non è solo colpa di materie prime, speculazione e crisi del settore della raffinazione. Sono le accise a pesare per il 60 per cento sul prezzo: «Una loro riduzione è difficile. Il governo non ha risorse e si parla di un aumento dell’Iva. Se con la recessione l’importo è così alto, il futuro riserverà brutte sorprese». ilBlOg diROdOlFOCAsAdei ilmondoègrigio, ilmondoèblu Per l’inviato di Tempi Rodolfo Casadei «solo un padre africano può liberare il mondo da Joseph Kony». MOvielAnd vistipervoidatempi COPPiegAY,lOPsiChiAtRACARtACOntROlACAssAZiOne così le violenta. Io voglio fare una famiglia con una persona del mio stesso sesso, non solo chiedo di non essere discriminato ma pretendo di generare, con tecniche violente e artificiali, e poi pure di allevare, un innocente in un contesto che non gli farà sicuramente bene. Se si salta il fondamento del diritto che è nella legge naturale, e nella ragione umana che la riconosce, la giustizia muore. Non possiamo neppure più parlare di diritti universali. «Ma non basta l’amore per fare un matrimonio» Cosaperdelasocietàsevaincrisil’istituzionedelmatrimonio basatosullanaturaeterosessualedeiconiugi? La generatività e l’educazione sana delle persone. Non basta l’amore per crescere dei bambini, servono due personalità differenti dal punto di vista psichico. di BenedettaFrigerio l a corte di cassazione ha stabilito che le coppie omosessuali devono avere «diritto a un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata». Ma l’affermazione più rischiosa, non riportata dalla stampa, è quella che definisce «radicalmente superata la concezione secondo cui la diversità di sesso dei nubendi è presupposto indispensabile, per così dire naturalistico, della stessa esistenza del matrimonio». «Questo è l’aspetto più grave di tutta la vicenda», spiega a tempi.it Italo Carta, rinomato psichiatra, già ordinario di psichiatria e direttore della Scuola di specializzazione in Psichiatria all’Università degli studi di Milano. «Ho curato e curo molti omosessuali e ritengo che, se vogliono mantenersi in questa condizione di coppia, possano ricevere certe tutele. Ma che il matrimonio naturale sia così minacciato è una violenza distruttiva per la salute mentale della società intera». MilAnO,FAMigliesenZAAiUti Pisapia“ritira”174milaeuro La giunta milanese guidata dal vendoliano Giuliano Pisapia ha bloccato i fondi regionali stanziati per l’aiuto psicologico a famiglie in difficoltà. Sono mesi che la giunta non rivela quale sia la nuova destinazione di 174 mila euro che mancano all’appello. Come saranno utilizzati quei soldi? «Non sappiamo quanto ci vorrà a decidere», ci hanno risposto dagli uffici comunali. ipromotorideidirittigaysostengonochequestacondizioneè naturaleecheladifferenzatrasessièunacostruzionesociale. Nei miei cinquant’anni di lavoro ho seguito tanti omosessuali. La scienza e l’esperienza dicono che non c’è alcun difetto di natura in loro. Non esiste l’omosessualità naturale, non è iscritta nel Dna. L’omosessualità è un’elaborazione della psiche di modelli affettivi diversi da quelli verso cui la natura normalmente orienta. Questa tendenza è del tutto reversibile. Io mi sono scervellato per anni, ho letto molto su come si può correggere questa tendenza, il problema è che spesso, pur vivendo un disagio, molti di loro non vogliono correggersi. nondovrebberoaveredeidiritticomeglieterosessuali? Cosapuòaccadereselalegge,comeaccadenellasentenzadella Cassazione,vacontroildirittonaturale? Succede il caos. Se si tolgono le evidenze che accomunano gli uomini, a prescindere dal contesto e dalla tradizione da cui provengono, si cade nell’arbitrarietà. Prevale il diritto del più forte, di chi urla di più. In questo caso, quello dei promotori di tali diritti. Siamo in un momento storico in cui la volontà è così tracotante che prende il sopravvento sulla conoscenza delle cose. Ma Foto: AP/LaPresse ilBARçAgiOCACOiRiBelli l’assurdateoriadellatvsiriana Secondo la televisione di Stato siriana i passaggi del campione del Barcellona Lionel Messi sarebbero dei messaggi in codice per far cadere il presidente Bashar el-Assad. L’incredibile tesi è stata sostenuta durante una trasmissione su Al Dunya Tv. Nel video (che potete ritrovare su tempi.it) si mostra la rete di passaggi che ha portato i giocatori del Barça a segnare un gol contro gli avversari del Real Madrid. Secondo il commentatore Messi avrebbe passato la palla a Pedro non per farlo segnare, ma per avvisare i ribelli che le armi sono arrivate nella città di Dir al-Zur. | 28 marzo 2012 | 7 La tragedia. La sconfitta del nulla Davanti al groviglio di lamiere di Sierre siamo costretti a considerare le cose dal punto di vista di chi le chiama alla vita. È questa la vittoria che ci portiamo addosso 12 12 | 28 marzo 2012 | Bisogna fare dei distinguo: ci sono moltissimi soggetti promiscui e con vite sessuali instabili. Ma ci sono anche alcuni di loro che vivono in coppia per molto tempo. Non mi darebbe fastidio se il legislatore concedesse loro qualche diritto, come già di fatto avviene, con la possibilità di succedere nel contratto di locazione, di ricevere prestazioni assistenziali dai consultori familiari, di astenersi dal testimoniare in processi che vedono coinvolto il partner eccetera. Ma non si può andare oltre a concessioni di questo tipo. Pena la salute mentale di terzi. lAsUPReMACORte elenOZZediFAttO il15marzolaCorte diCassazioneha sentenziatosulcaso didueuominiche sieranosposatiin Olandaechiedevanola trascrizionedell’atto dinozzeinitalia.Pur respingendoilricorso, lacortehastabilito cheiduehanno«dirittoauntrattamento omogeneoaquello assicuratodallalegge allacoppiaconiugata». d’orainpoiognitribunalepotràconcedere onegareundiritto matrimonialeperogni coppiagaychedecideràdipretenderlo. Paola D’Antuono e Simone Fortunato ci raccontano le anteprime sul grande schermo. Quel che c’è da vedere e cosa evitare. UntheCOnAliCe ilnuovodiscodiMadonna valegiustocomesuoneria Esce Mdna, il nuovo disco di Madonna. Una delusione. Un album buono solo per aggiornare le suonerie dei cellulari. FOOtBAllisCOMinghOMe Unosguardosullapatria delcalcio Muamba del Tottenham si accascia al White Hart Lane. Dieci secondi che hanno lasciato senza fiato la Premier League. ARteMPi Andarpermostreemusei conunsempliceclick Maria Pia Bruno quotidianamente ci racconta le novità nel vasto mondo dell’arte. gli artisti, le loro storie e le rassegne più interessanti. leCOnsegUenZe deisentiMenti sempreil15marzo giulianoFerraraha raccontatoaRadio londrailcasodiun tribunaleingleseche haaffidatounbimbo allatuteladellesue duemammemaanche delsuopapàbiologico, gayasuavolta.il videoèsutempi.it. ePOitUttOilRestO Corradi,trento, gianninoelaRosa Su tempi.it trovate tutte le nostre firme, oltre che le nostre rubriche. E con la “Preghiera del mattino” sbertucciamo un po’ i nostri colleghi giornalisti. | | | 28 marzo 2012 | 13 Matrimonio gay. «Una violenza distruttiva» «Se si tolgono le evidenze che accomunano qualsiasi uomo, a prescindere dal contesto e dalla tradizione da cui proviene, si cade nell’arbitrarietà. E prevale il diritto del più forte». Così lo psichiatra Italo Carta commenta su tempi.it la sentenza della Corte di Cassazione........................ 12 18 INTERNI SECONDA PUNTATA L’ABUSO D’UFFICIO Alla sbarra dal 17 aprile Continua la nostra inchiesta sui fatti che hanno portato al rinvio a giudizio dell’ex sostituto procuratore di Catanzaro Luigi De Magistris, oggi sindaco di Napoli, e del suo consulente Gioacchino Genchi, che dal 17 aprile dovranno difendersi davanti al tribunale di Roma dall’accusa di abuso d’ufficio per aver utilizzato i tabulati telefonici di otto parlamentari senza chiedere l’autorizzazione alle Camere. Tra il 2006 e il 2007, nell’ambito dell’indagine “Why not”, i due spiarono perfino Prodi e Mastella, allora rispettivamente premier e guardasigilli, oltre a Rutelli, Minniti, Gozi, Pisanu, Gentile, Pittelli. anno 18 | numero 11 | 21 marzo 2012 | 2,00 Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1 ne/Vr settimanale diretto da luigi amicone L’ex sostituto procuratore di Catanzaro Luigi De Magistris e il suo superconsulente Gioacchino Genchi, a processo dal 17 aprile prossimo per intercettazioni illegali Perché De Magistris e Genchi nelle loro mirabolanti inchieste sui fondi pubblici calabresi tenevano sotto controllo il capo del servizio segreto militare? L’interrogatorio del Comitato per la sicurezza della Repubblica ai due “giustizieri” di Catanzaro e io rappresento un caso è anche perché, indubbiamente, c’è una forte ansia e sete di giustizia. Nel paese e in Calabria. Forse la gente avrà notato la tenacia con cui ho portato fino in fondo il mio lavoro, le mie indagini (…). In tanti hanno detto che chiedevo il consenso della piazza, attraverso le interviste televisive ma non è così (…). È miopia politica vederla in questo modo. È malafede nei confronti di chi ha scelto di manifestare, non per me, ma perché evidente- mente in me vedeva lo Stato». È il passaggio di un’intervista rilasciata da Luigi De Magistris al giornalista del Fatto quotidiano Antonio Massari, contenuta in un voluminoso libro del 2008, Il caso De Magistris (Aliberti editore, promozione e distribuzione Rcs), forse l’unica pubblicazione decente tra quelle in circolazione che riguardano l’ex pm. Tra parentesi, un’opera che andrebbe in parte riscritta considerando la piega presa dagli eventi: incidere 43 note a piè di pagina, relative a poco più di 50 soggetti citati, specificando ogni volta che «nel momento in cui scriviamo per il personaggio in questione non è stato provato alcun Luigi De Magistris, ex sostituto procuratore di Catanzaro, è stato eurodeputato dell’Idv e oggi è sindaco di Napoli. Gioacchino Genchi (foto in basso), ex vicequestore, è stato consulente tecnico delle inchieste più rumorose di De Magistris, “Poseidone” e “Why not”. Attualmente fa l’avvocato a Palermo. A sinistra, l’ex direttore del Sismi Nicolò Pollari LE CARTE SECRETATE Copasir, le audizioni agli atti Tra le carte del processo c’è anche la documentazione delle audizioni di De Magistris e Genchi al Copasir, materiale finora coperto da segreto di Stato e perciò espunto dalle indagini dei pm romani. Nel 2009 la coppia di Catanzaro fu infatti convocata dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica perché, oltre alle utenze telefoniche del Quirinale e di altre importanti istituzioni italiane, aveva messo sotto controllo anche quelle di alcuni esponenti dei servizi segreti apparentemente non coinvolti nelle indagini. Compreso Nicolò Pollari, all’epoca direttore del Sismi. Il Ros: «Tra il materiale consegnato da Genchi risulta un’utenza con l’indicazione “Mancini”. Pertanto acquisisce il tabulato sapendo che è utilizzato da un appartenente ai servizi» reato e quindi vale la presunzione di non colpevolezza», e poi trovarseli tutti fuori dalle inchieste, lascia sospettare che se non si è discusso sul sesso degli angeli poco ci è mancato. Cose che capitano. In De Magistris, quindi, la gente «vedeva lo Stato». Secondo De Magistris. Secondo lo Stato, invece, De Magistris e il suo consulente Gioacchino Genchi spiavano illegalmente alcuni parlamentari e una quantità indefinita di persone, tra le quali diversi esponenti dei servizi segreti. Si comincerà a capirci qualcosa a partire dal prossimo 17 aprile, quando a Roma inizierà il processo in cui i due sono imputati proprio Foto: AP/LaPresse, Sintesi Secondo di una serie di articoli di Peppe Rinaldi «S | 28 marzo 2012 | per questo, ma solo per ciò che riguarda la posizione dei parlamentari. Ancora non si sa se e quando si chiarirà, invece, il grosso del “lavoro” fatto dalla coppia di Catanzaro su pezzi e apparati dello Stato tra un’ospitata tv, un allarme per la democrazia e un corteo per la legalità dei vari “Ammazzateci tutti” d’Italia. Perché quello stesso Stato incarnato da De Magistris, ha imposto ai magistrati di Roma di fermare le indagini sul fronte servizi segreti, piazzandoci sopra – appunto – il segreto di Stato. Sarà difficile approfondire, a meno che il segreto non venga rimosso: così funziona, c’è poco da aggiungere. Non sarà dunque pos- sibile ottenere certe risposte, almeno di tipo giudiziario. I fatti, però, restano tali. Come le domande. Cosa ne facevano Genchi e De Magistris dei tabulati di traffico telefonico del generale Nicolò Pollari, capo del servizio segreto militare (Sismi), forse l’agente più assediato dalla magistratura che la storia italiana ricordi? Fosse stato l’unico 007 spiato dai due, magari, la cosa avrebbe anche potuto assumere il connotato dell’incrocio casuale e chiudersi lì. Ma come si spiega l’acquisizione dei tabulati di Marco Mancini, l’agente entrato nella cronaca per il caso Telecom-Tavaroli, del generale del Sismi interni Augusto Pignero (poi deceduto) o del colonnello Massimo Stellato, capo centro Sismi di Padova, destinatario di una doppia perquisizione, con sequestro di due telefonini su cui fu opposto il segreto di Stato, indagato dopo che la “pentita” dell’inchiesta “Why not” Caterina Merante aveva dato a De Magistris la seguente notizia di reato: «Lui e Saladino si conoscevano»? Nel traffico telefonico di un altro generale, Paolo Poletti, è comprensibile che avessero frugato: il pm di Catanzaro indagava su di lui, al Copasir disse che il vicecapo del Sismi stava «creando una banca dati della Guardia di Finanza in partnership con una società della ’ndrangheta» (sic!). Però i tabulati del generale Sasso o degli agenti Mascaro, Spanò e Ferlito da dove sbucavano? I giornalisti, all’epoca, ne scrivevano di ogni: pure che fosse stato acquisito e utilizzato il tabulato del capo della Polizia Gianni De Gennaro, oggi al vertice di tutte le agenzie dei servizi segreti italiani. Vero o falso? Al 2 febbraio 2009, giorno dell’audizione al Copasir degli esperti del Ros, che a Catanzaro fosse stato spiato anche De Gennaro non era confermato. Neppure lo si poteva escludere, però: è accertato che erano stati sviluppati i dati di utenze che non si sapeva da chi fossero assegnate, ma che erano riconducibili ai servizi. Infatti alcuni numeri analizzati dal pm e dal consulente erano intestati al Rud, Raggruppamento Unità Difesa, del relativo ministero di via Pineta Sacchetti 216, Roma; altre due utenze risultavano al civico 8 di via XX Settembre, sempre a Roma. In pratica l’indirizzo del Sismi. Disse il Ros nel 2009 davanti al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica: «Tra il materiale consegnato da Genchi quando andammo nella sede della sua società di Palermo, risulta ad esempio un’utenza intestata al Rud di via XX Settembre 8 con l’indicazione tra parentesi del nome “Mancini”. Pertanto il consulente acquisisce il tabulato sapendo che è utilizzato da un appartenente al servizio segreto». Strano modo di indagare Ora, cosa c’entrava tutto questo con le indagini della procura di Catanzaro su un utilizzo illecito di fondi pubblici in Calabria? Come la giustificarono questa cosa al Copasir i due (ormai ex) amici? A parte certe dichiarazioni stampa di quei gior- | | | 28 marzo 2012 | 19 Giustizieri. Quel tale “gen. Pollari” A che scopo De Magistris e Genchi spiavano il capo del Sismi? Come usarono i suoi tabulati? Le (non) risposte della coppia di Catanzaro davanti al Comitato per la sicurezza della Repubblica. Seconda puntata Peppe Rinaldi.................................................................................................................................................................................................................18 24 ESTERI MISSIONE APOSTOLICA esteri L’attesa dell’isola Il paradosso di una rivoluzione comunista che ha impoverito il popolo, i riti d’importazione africana, la Chiesa e le sue opere. Papa Benedetto XVI si prepara a visitare Cuba, «un paese non cattolico ma “cattolicizzabile”» Cuba non C’è libertà religiosa, semmai una certa forma di libertà di culto». Nei corridoi del Vaticano lo dicono un po’ tutti, ma nessuno vuole essere citato. A pochi giorni dalla seconda vista di un Papa nella terra della rivoluzione castrista, si parla più o meno sottovoce del senso di questo viaggio. Benedetto XVI sarà a Cuba dal 26 al 28 marzo dopo tre giorni di visita in Messico per celebrare il bicentenario dell’Indipendenza dell’America Latina. A Cuba il Papa va a celebrare i 400 anni del ritrovamento dell’immagine veneratissima della Vergine della Carità del Cobre, ma anche a sostenere la Chiesa cattolica che vive in un difficile equilibrio. Bocche cucite quindi tra i vertici vaticani su Cuba. E non certo per paura, piuttosto per difendere i cattolici dell’isola dei Caraibi che solo da poco hanno smesso di temere di entrare in una chiesa la domenica senza essere “segnalati” ai controllori del Comitato di difesa della Rivoluzione. Eppure di diplomatici che sono passati per Cuba, in Vaticano oggi ce ne sono diversi. Ma tutti sanno che la situazione è talmente delicata che basta un nonnulla per far tornare la situazione dei cattolici indietro di decenni. Negli anni sono stati molti gli “emissari” vaticani in visita a Cuba. A cominciare dal cardinale Tarcisio Bertone, nell’ottobre 2005, quando era arcivescovo di Genova. Ospite del vescovo e della diocesi di Santa Clara realizzò un intenso viaggio pastorale in diverse località dell’isola. Il cardinale Joseph Ratzinger era stato appena eletto Papa e così Bertone portò al nuovo Pontefice il primo invito per una visita a Cuba, formulato con grande rispetto e affetto. Fu Fidel Castro che in una lunga conversazio| 28 marzo 2012 | ne con Bertone definì Benedetto XVI «una buona e grande persona» e «che ha un volto che sembra quello di un angelo». Bertone dichiarò che «a Cuba la Chiesa è considerata con molto rispetto da parte del Governo». Anche il presidente del pontificio consiglio della Giustizia e della pace, il cardinale Renato Raffaele Martino, a Cuba nel febbraio del 2006 per presentare il Compendio della dottrina sociale della Chiesa, incontra Fidel Castro e torna in Vaticano con un altro invito per il Papa. Invito naturalmente confermato al cardinale Bertone che, questa volta come segretario di Stato di Benedetto XVI, ritornò nel paese in occasione del decimo anniversario della visita di Giovanni Paolo II tra il 21 e il 26 febbraio del 2008. Cuba è un’isola. Non è una considerazione da poco in fondo. Perché essere isola significa alla fine essere isolati e un po’ isolazionisti. Questo di certo non aiuta la democrazia. Negli anni Cinquanta Cuba era un paese ricco, e la ricchezza era in mano alla maggioranza della popolazione. Canna da zucchero e agricoltura come prima risorsa. Anche le mucche erano di una razza particolare che dava fino a 12 litri di latte al giorno, le mucFidel Castro che creole. Ora nessuno muore di fame, ma in una lunga c’è ovunque una grande conversazione malnutrizione. Il paracon Tarcisio dosso della rivoluzione Bertone definì castrista. Benedetto XVI La democrazia sembra una parola lontana «una buona e per la gente della grangrande persona» de isola dei Caraibi. Tere «che ha un volto ra di sogno per i turisti che sembra quello occidentali di oggi, terra di grandi speranze al di un angelo» Dall’alto, Fidel Castro con Giovanni Paolo II nel 1998; Ratzinger in America Latina nel 2007; l’allestimento del palco per il viaggio di Ratzinger a Cuba Foto: AP/LaPresse «A 24 tempo del colonialismo spagnolo, terra senza democrazia praticamente da sempre. E a Cuba l’unica istituzione che ha una credibilità è la Chiesa cattolica. Perché è vicina alla gente. Per questo la visita del Papa è importante. L’intento del governo con questo viaggio del Papa è quello di accendere la luce su Cuba, e quello della Chiesa è simile anche se con fini di fatto opposti. A Cuba se pure c’è una qualche apertura economica, manca il rispetto delle dignità della persona. Il regime castrista, la rivoluzione, è sempre presente. A partire dalle tasse sulle auto fino alla sessualità che è “gestita” da un’agenzia dello Stato, la Cenesex. Per far dimenticare la miseria e la corruzione che ne deriva, il regime cerca di “drogare” l’anima del popolo con una “educazione” sessuale di libertà assoluta e di precocità. Risultato: l’80 per cento delle don- | | | 28 marzo 2012 | 25 40 SOCIETÀ società Sopra e sotto, i rendering e alcune immagini del cantiere della nuova sede dell’istituto Aurora Bachelet. A sinistra, un’aula della sede attuale. Nell’altra pagina, in basso, la responsabile del cantiere Irene Mariano e il rettore della scuola Rosario Mazzeo Le iscrizioni sono troppe e i locali sono stretti. L’Aurora Bachelet di Cernusco deve decidere: chiudere o allargarsi. Genitori e prof vogliono rischiare. La banca della città sostiene la “follia”. La prima campanella suonerà a settembre L a chiamano la scuola del cancello azzurro. È quello che costeggiano decine e decine di bambini, ogni mattina appena prima che suoni la campanella della prima ora. Per chi abita a Cernusco su Naviglio, a nord est di Milano, si tratta di una scuola strana: metà statale (la Mosè Bianchi) e metà paritaria. In quei palazzoni grigi convivono infatti due strutture, che si scambiano palestra, fotocopiatrice e gessi colorati all’occorrenza. La paritaria si chiama Aurora Bachelet, laica, di ispirazione cattolica. Nata nel 1981, sotto forma di cooperativa, dalla libera iniziativa di un gruppo di genitori e insegnanti che desideravano per i propri ragazzi un’esperienza educativa fondata sulla solidarietà tra famiglie e docenti. La prima classe aveva 12 alunni, ospitati nel sottoscala di una parrocchia. «All’inizio ci dicevano: “Vuoi farti una scuola? Libero di farla, però te la devi pagare. E nessuno ti deve aiutare”», racconta uno dei primi soci. Il tentativo però viene subito condiviso da altri cittadini, e nascono così una scuola elementare e una media vere e proprie. Entrambe hanno sede nei locali scolastici messi a disposizione dal Comune, tramite una convenzione apposita. L’amministrazione mantiene le sue proprietà senza dispendio di energie, tempo | 28 marzo 2012 | Cuba. In attesa del Papa Le aspettative nell’isola della rivoluzione continua................ 24 America. Le primarie dei repubblicani Mitt “il ragioniere” vs Rick “il visionario”................................................................ 30 Europa. La crisi che sorge a Est Nuove tensioni tra i governi rimasti senza sovranità Rodolfo Casadei.................................................................................................................................................................................................... 34 SUSSIDIARIETà VS CRISI La scuola di tutti 40 Sport über alles Fred Perri................................................. 62 Cartolina dal Paradiso Pippo Corigliano........................ 63 Diario Marina Corradi............................66 RUBRICHE L’Italia che lavora.................... 48 Per Piacere..............................................50 Green Estate......................................... 52 Mobilità 2000.................................. 55 La rosa dei Tempi...................... 56 Lettere al direttore................. 62 Taz&Bao..................................................... 64 QUELLI CHE SPIAVANO LO STATO Alle costole di un certo ‘gen. Pollari’ 18 Post Apocalypto Aldo Trento.........................................58 | e denaro, e i professori hanno delle aule in cui insegnare. La scuola statale non si è ritrovata di fronte un concorrente, bensì un interlocutore con cui condividere progetti e iniziative. In queste poche classi, con un corridoio a dividerle e un piccolo giardino attorno, c’è una familiarità fuori dal comune. E mentre i ragazzi giocano, i professori si riuniscono davanti alla macchinetta del caffè. «Il vostro è più buono», scherza uno, prima di tornare in classe. Per passare dall’Aurora Bachelet alla Mosè Bianchi basta fare trenta metri. «Fare rete è fondamentale, e ci viene spontaneo», racconta Silvia Trasi, insegnante di letteratura. «Conviene a tutti: se l’intero sistema funziona, anche la scuola paritaria sta meglio, e non viene percepita come refugium peccatorum». «Scommettiamo sui ragazzi» In classe si parla del naufragio della Concordia, come topos letterario. «Spesso prendiamo spunto dall’attualità, dalle domande dei ragazzi. Non vogliamo indottrinarli: il nostro compito è solo quello di tenere desta la loro naturale curiosità e apertura. Le materie non sono altro che punti di vista sulla realtà. A noi insegnanti spetta solo trasmettere uno sguardo profondo sulle cose». Se nei primi anni di attività veniva addi- I NUMERI DEL PROGETTO La nuova sede dell’istituto Dopo trent’anni di attività, l’istituto Aurora Bachelet si è dotato di una sede propria. L’importo per la realizzazione del progetto è di 9 milioni di euro: un edificio di 8.500 metri quadrati su un’area di 12.000, situata a Cernusco sul Naviglio (MI). Con la raccolta fondi si punta a rag- giungere quota 1,5 milioni. Attuallmente gli iscritti sono 509. Tutte le domande di ammissione ricevute potranno essere prese in considerazione grazie alla nuova sede. | | 28 marzo 2012 | 41 Il caso. La scuola controcorrente L’Aurora Bachelet di Cernusco, dove famiglie, prof e una banca scommettono sulla “follia” di restare aperti Chiara Sirianni.........................................................................................................................................................................................................40 In mostra. Il medico della carità Padre Giuseppe Ambrosoli raccontato dalla nipote..........44 Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994 settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione di idee Anno 18 – N. 12 dal 22 al 28 marzo 2012 IN COPERTINA sda sda sda DIRETTORE RESPONSABILE: LUIGI AMICONE REDAZIONE: Emanuele Boffi, Laura Borselli, Mariapia Bruno, Rodolfo Casadei (inviato speciale), Benedetta Frigerio, Caterina Giojelli, Daniele Guarneri, Elisabetta Longo, Pietro Piccinini, Chiara Rizzo, Chiara Sirianni SEGRETERIA DI REDAZIONE: Elisabetta Iuliano DIRETTORE EDITORIALE: Samuele Sanvito PROGETTO GRAFICO: Enrico Bagnoli, Francesco Camagna UFFICIO GRAFICO: Matteo Cattaneo (Art Director), Davide Viganò FOTOLITO E STAMPA: Mondadori Printing S.p.A., via Mondadori 15, Verona DISTRIBUZIONE a cura della Press Di Srl GESTIONE ABBONAMENTI: Tempi, Corso Sempione 4 • 20154 Milano, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 tel. 02/31923730, fax 02/34538074 [email protected] EDITORE: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione 4, Milano La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 SEDE REDAZIONE: Corso Sempione 4, Milano, tel. 02/31923727, fax 02/34538074, [email protected], www.tempi.it CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITà: Editoriale Tempi Duri Srl tel. 02/3192371, fax 02/31923799 GARANZIA DI RISERVATEZZA PER GLI ABBONATI: L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a: Tempi Società Cooperativa, Corso Sempione, 4 20154 Milano. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico di Tempi Società Cooperativa verranno utilizzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (D.LEG. 196/2003 tutela dati personali). Martedì 13 marzo 22 bambini belgi sono deceduti in un incidente stradale avenuto a Sierre, nel cantone Vallese (Svizzera) IL SOGGETTO CHE CI SFUGGE Com’è dura la speranza La nascita è qualcosa di incredibile e concreto. L’essere, una clamorosa sconfitta del nulla. Così, davanti al groviglio di lamiere di Sierre, siamo costretti a considerare tutte le cose dal punto di vista di chi le chiama alla vita. È questa la vittoria che ci portiamo addosso | | 28 marzo 2012 | 7 di Annalisa Teggi U dalla gita è un vuoto nel pensiero – perfino oltre il controsenso. Mio figlio, mentre guardavamo il telegiornale che ci aggiornava sulla tragedia di Sierre dello scorso 13 marzo, mi ha chiesto: «Mamma, come fa una cosa dura come l’acciaio a sbriciolarsi?». Come possono le cose più preziose, certe e sante che abbiamo crollare e sbriciolarsi così di colpo? Il mio pensiero, quasi per rifugiarsi, è finito a pensare al giorno in cui nostro figlio lo abbiamo portato a casa dall’ospedale, quando è nato. Io e mio marito facemmo l’intero tragitto di strada in auto in silenzio: un buon venti minuti di strada, che conoscevamo a memoria perché 8 n bambino che non torna a casa | 28 marzo 2012 | | faceva parte dei vari percorsi della routine quotidiana. Io non pensavo a niente, perché guardando i campi, le case e più lontano le colline; mi perdevo a fissare quegli oggetti uno ad uno. E la strada mi sembrava lunghissima e tutte le cose mi sembravano nuove. Ruppi il silenzio solo per dire a mio marito, che guidava: «Non è più la stessa strada, vero?». Annuì, dicendomi che stava pensando la stessa cosa. Perché, con una coscienza mai avuta prima, d’improvviso sembrava evidente e chiarissimamente giustificabile che ogni singolo oggetto presente al di fuori dell’abitacolo – dal segnale stradale storto fin su al sole – era in quel momento lì per noi. Ma lo stesso sole che a me pareva amico, quel giorno di cinque anni fa, campeggia terso, luminoso e ancora più brillante in quella meravigliosa cartolina che è la Svizzera, che fa da sfondo alle immagini che ci vengono mostrate e ci documentano la cronaca fuori da quella galleria. E lì il sole splende nonostante tutto; e sembra o un invito illogico o una sprezzante inconsapevolezza. A noi che siamo rimasti colpiti tantissimo, pur dalle nostre case così lontane da Il sole splende nonostante tutto; sembra un quella galleria, risulta insoinvito illogico o sprezzante inconsapevolezza. stenibile anche solo immaCome possono le cose più preziose, certe e ginare che suono ha il pianto del soccorritore che scasante che abbiamo sbriciolarsi così di colpo? IL SOGGETTO CHE CI SFUGGE PRIMALINEA LA TRAGEDIA L’INCIDENTE Quasi tutti bambini le vittime Ventotto persone hanno perso la vita in un incidente stradale avvenuto martedì 13 marzo verso le 21.15 a Sierre (Svizzera). Tra le vittime 22 bambini belgi. Altri 24 sono rimasti feriti, alcuni in modo grave (tre sono in coma con lesioni cerebrali e toraciche). L’autobus trasportava 52 persone di ritorno da una vacanza sulla neve quando ha urtato violentemente la parete sinistra di una galleriaa schiantare in un cunicolo di sicurezza. Foto: AP/LaPresse L’ingresso della galleria dove hanno perso la vita i 22 bambini belgi. A destra, in alto, i primi soccorsi dopo l’incidente e alcuni ragazzi che ricordano i loro compagni deceduti (sotto) va tra le lamiere, o il silenzio dei bambini sopravvissuti o quello dei genitori che dal Belgio vanno verso gli ospedali svizzeri. È quasi meccanico spostare l’emozione ingestibile sulle notizie tecniche che si moltiplicano, stordendoci di dati, ricostruzioni e spiegazioni. Su youtube è disponibile un video che ricostruisce tutto l’accaduto – sembra un videogioco di simulazione di guida e, così, sei anche tu a bordo di quel pullman: mentre le immagini scorrono in una virtual-realtà c’è una voce che parla in inglese e spiega l’intera dinamica dell’evento, le cause (errore meccanico o l’autista distratto che armeggia col Dvd), quanto è lunga la galleria e quando è stata inaugurata, a che velocità massima si può andare lì dentro, le statistiche sulla frequenza degli incidenti di pullman in Sviz- LE CAUSE Guasto o errore umano? I motivi dell’incidente vanno ancora accertati: sull’asfalto non ci sono segni di frenata e quindi si era ipotizzato a un guasto meccanico o a un colpo di sonno dell’autista, ma alcune fonti d’informazione hanno anche avanzato l’ipotesi di una distrazione dell’autista, intento a maneggiare un Dvd. zera. È una realtà virtuale, non fosse altro perché non c’è nessuna persona, solo vetture. È una ricostruzione senza soggetto. Ed è il soggetto che forse ci sfugge. Sì, le informazioni sui soggetti coinvolti le sappiamo: 52 persone, 28 morti di cui 22 bambini e altri 24 feriti. Ma il soggetto vero (quello di cui ci parla la sostanza di questa tragedia) è qualcosa che scardina la nostra percezione comune della vita, di ciò che siamo e facciamo. Nel torpore della vita quotidiana prevale un’idea ingannevole per cui essere al mondo – esserci – non basta a sostenere appieno la consistenza della vita. L’unità di misura prevalente sono gli eventi e i loro esiti, bilanci e progetti; veniamo traviati dall’illusoria prospettiva di dar valore alla vita in quanto progresso. Salvo poi constatare, pressoché quotidianamente, che quella che sembra una legge di natura raramente segue questo ipotetico corso naturale, e le eccezioni all’idea di un ciclo vitale sono clamorosamente più numerose, tragiche, comiche – incredibili. E poi ci sono momenti come questo in cui “incredibili” diventa ai nostri occhi “inaccettabili”. Questi momenti incomprensibili noi li chiamiamo correttamente incidenti, perché incidono e feriscono la realtà: è come se d’improvviso cadessero i teli delle scenografie teatrali e lo spettacolo s’interrompesse bruscamente svelando la penombra delle quinte. Tutto salta. Il dubbio o la speranza? E per qualche istante o momento di tempo più o meno lungo, il nostro equilibrio interrotto indugia una volta di più su quel tremendo pensiero: «Io non so cosa sarà di me tra cinque minuti». È un dubbio? Un terrore? O la ricerca di una speranza? È dura chiamare Questi momenti incomprensibili li chiamiamo in causa la parola speranza incidenti, perché incidono e feriscono la realtà: di fronte alle lamiere sbriè come se cadessero le scenografie teatrali ciolate, perché non è plausibile chiamarla in causa e lo spettacolo s’interrompesse bruscamente | | 28 marzo 2012 | 9 IL SOGGETTO CHE CI SFUGGE PRIMALINEA Foto: AP/LaPresse facendo un salto – cioè staccandoci da terra, e rifugiandoci nella consolazione di un pensiero che ci porta altrove. In un romanzo dell’americano Wendell Berry, ambientato nel corso della Seconda Guerra mondiale, c’è un padre che riceve una lettera dall’esercito in cui gli si comunica che il figlio, soldato in servizio al fronte, risulta «disperso in azione». Quell’uomo per l’intero corso del romanzo convive con lo strazio indicibile dell’incertezza di un destino sospeso – del non potere neppure avere la disperazione di piangere un figlio morto. Un giorno bussa alla sua porta il prete del villaggio, venuto a compiere quel dovere che gli impone il suo ufficio di pastore, il «dovere» di confortare gli afflitti: «Nelle parole di quel predicatore la Città Celeste si ergeva imponente, sovrastando le loro vite, la casa, il paese – la speranza finale, in cui tutti gli enigmi e la fine del mondo sono compresi, illuminati e legati. Questa era la speranza del predicatore, che s’innalzava da solo verso l’alto, al di fuori delle pretese del tempo e delle pene. E in quel volo in cui s’era lanciato, era libero dal vincolo del mondo. Ma in questa speranza – in questa rincuorante e semplicistica costruzione del pensiero – Mat si rendeva conto di non essere libero, e di non esserlo mai stato. Si sentiva destinato a dover sperare dentro il mondo, dentro il recinto dei suoi affetti. La sua speranza nel Paradiso doveva essere la speranza per cui un uomo stretto nei vincoli del mondo sente che la sua vita non è ultimamente inutile o insignificante, una speranza il cui fardello deve essere molto più pesante di quello della disperazione» (W. Berry, A Place on Earth). Una festa di forme e colori Questa è la conclusione a cui anche un uomo come Giobbe arrivò. Non c’è libro della Bibbia più spudoratamente realista in senso positivo di quello in cui ci viene mostrato il grido straziante e doloroso di un uomo messo alla prova fino all’estremo. «Me ne stavo tranquillo ed Egli mi ha scosso, mi ha afferrato per il collo e mi ha stritolato; ha fatto di me il suo bersaglio». Dalla quieta serenità di una vita agiata e prospera Giobbe viene precipitato nell’abisso della disperazione all’improvviso: ogni sua proprietà perduta, tutti i suoi figli morti, il suo stesso corpo assalito e divorato dalle piaghe. L’unico interlocutore che Giobbe reclama è Dio stesso. E solo di fronte alla sua coscienza nuda e ferita può spalancarsi l’ipotesi seria che Dio ha da proporre a Giobbe. Un’ipotesi talmente seria che prorompe in una domanda che suona Insomma, l’unica cosa in grado di soddisfare il cuore di un uomo toccato dal male non ha nulla a che vedere con una valida spiegazione logica. Nulla a che vedere con una ponderata valutazione di cause ed effetti Sopra, la processione davanti alla scuola dei 22 bambini morti in Svizzera il 13 marzo scorso. A sinistra, il luogo dell’incidente tanto d’accusa: «Dov’eri tu quando io fondavo la terra?». Ma quello che poi Dio dipana davanti agli occhi di Giobbe è come una festa di forme, di colori, di misure esorbitanti. Dio racconta la sua Creazione disegnando come un bambino, proprio con la stessa esuberanza e stravaganza che vediamo nei disegni che hanno lasciato quei bambini a ricordo della loro vacanza in Svizzera sulla neve, e come i disegni che i loro amici hanno fatto per i compagni morti. Non è una realtà virtuale spiegata, ma è uno sguardo inebriato e quasi esaltato che se ne esce con un elenco mirabolante di dettagli pronunciati a raffica – come fanno i bambini: la poca intelligenza dello struzzo, le mascelle dell’ippopotamo, i germogli d’erba, i depositi della neve e della rugiada, i legami tra le stelle delle Pleiadi. Insomma, l’unica cosa in grado di soddisfare il cuore di un uomo toccato dal male in ogni fibra non ha nulla a che vedere con una valida spiegazione logica. Non ha nulla a che vedere con una ponderata valutazione delle cause e degli effetti. La risposta conclusiva di Giobbe a Dio, infatti, è paradossale: «Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto». Cosa ha veduto Giobbe se non il mondo che aveva già di fronte ogni giorno? – verrebbe da dire. Sì, ha semplicemente rivisto una ad una le cose. Senza cortesia e gentilezza è stato costretto a considerare ogni animale, ogni granello, ogni goccia, dal punto di vista di chi le ha immaginate e le ha amate creandole. La sua pochezza di essere umano (peccati, limiti, miserie, mortalità) si ribalta alla luce della gigantesca pretesa impostagli dalla voce del Creatore stesso, e cioè che il suo piccolo essere è ed è già una clamorosa evidenza della sconfitta sul nulla. La vittoria sul nulla L’evento della nascita è qualcosa d’incredibile e concreto, è lo scudo – e la spada – che ignari ci portiamo addosso per accompagnare la battaglia, la fatica, l’avventura del vivere; è una speranza pesante – cioè solida – ed è al principio di tutto: non è scalfita dal modo in cui la morte sorprenderà ciascuno di noi (se nella tenera giovinezza o nell’avanzata e stanca vecchiaia); non riguarda le nostre conquiste umane, quanto tempo avremo avuto per radicare o distruggere le nostre illusioni, il modo in cui avremo potuto maturare la nostre capacità affettive e le intuizioni intellettive; non riguarda neppure la fede positiva nella Resurrezione che con libera e autentica adesione potremo scegliere o negare. C’è. È l’alba di una vittoria che, il più delle volte inconsapevolmente, portiamo a spasso con noi, giorno per giorno – per quanto pochi o tanti possano essere i giorni in cui passeggeremo per il mondo. n “Tremende bazzecole” il blog di Annalisa Teggi su tempi.it | | 28 marzo 2012 | 11 highlights Solo su T IL BARçA GIOCA COI RIBELLI L’assurda teoria della tv siriana Secondo la televisione di Stato siriana i passaggi del campione del Barcellona Lionel Messi sarebbero dei messaggi in codice per far cadere il presidente Bashar el-Assad. L’incredibile tesi è stata sostenuta durante una trasmissione su Al Dunya Tv. Nel video (che potete ritrovare su tempi.it) si mostra la rete di passaggi che ha portato i giocatori del Barça a segnare un gol contro gli avversari del Real Madrid. Secondo il commentatore Messi avrebbe passato la palla a Pedro non per farlo segnare, ma per avvisare i ribelli che le armi sono arrivate nella città di Dir al-Zur. BENZINA, ACCISE MALEDETTE Sono le tasse a bloccare il prezzo Il prezzo della benzina continua a salire. Perché? Tempi.it lo ha chiesto a Franco Ferrari Aggradi, presidente di Assopetroli. Non è solo colpa di materie prime, speculazione e crisi del settore della raffinazione. Sono le accise a pesare per il 60 per cento sul prezzo: «Una loro riduzione è difficile. Il governo non ha risorse e si parla di un aumento dell’Iva. Se con la recessione l’importo è così alto, il futuro riserverà brutte sorprese». MILANO, FAMIGLIE SENZA AIUTI Pisapia “ritira” 174 mila euro La giunta milanese guidata dal vendoliano Giuliano Pisapia ha bloccato i fondi regionali stanziati per l’aiuto psicologico a famiglie in difficoltà. Sono mesi che la giunta non rivela quale sia la nuova destinazione di 174 mila euro che mancano all’appello. Come saranno utilizzati quei soldi? «Non sappiamo quanto ci vorrà a decidere», ci hanno risposto dagli uffici comunali. 12 | 28 marzo 2012 | | COPPIE GAY, LO PSICHIATRA CARTA CONTRO LA CASSAZIONE «Ma non basta l’amore per fare un matrimonio» di Benedetta Frigerio L Cassazione ha stabilito che le coppie omosessuali devono avere «diritto a un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata». Ma l’affermazione più rischiosa, non riportata dalla stampa, è quella che definisce «radicalmente superata la concezione secondo cui la diversità di sesso dei nubendi è presupposto indispensabile, per così dire naturalistico, della stessa esistenza del matrimonio». «Questo è l’aspetto più grave di tutta la vicenda», spiega a tempi.it Italo Carta, rinomato psichiatra, già ordinario di psichiatria e direttore della Scuola di specializzazione in Psichiatria all’Università degli studi di Milano. «Ho curato e curo molti omosessuali e ritengo che, se vogliono mantenersi in questa condizione di coppia, possano ricevere certe tutele. Ma che il matrimonio naturale sia così minacciato è una violenza distruttiva per la salute mentale della società intera». a corte di Cosa può accadere se la legge, come accade nella sentenza della Cassazione, va contro il diritto naturale? Succede il caos. Se si tolgono le evidenze che accomunano gli uomini, a prescindere dal contesto e dalla tradizione da cui provengono, si cade nell’arbitrarietà. Prevale il diritto del più forte, di chi urla di più. In questo caso, quello dei promotori di tali diritti. Siamo in un momento storico in cui la volontà è così tracotante che prende il sopravvento sulla conoscenza delle cose. Ma Foto: AP/LaPresse inediti Ogni giorno su tempi.it I contenuti che trovate in queste pagine sono sintesi degli articoli, le analisi, i commenti realizzati per il nostro sito. Tempi.it il quotidiano online di tempi luigi amicone nella tana del lupo Il formigoniano contro tutti Tempi.it ha seguito in diretta twitter la presentazione di Formigoni, biografia non autorizzata con Luigi Amicone e Marco Pannella. la telefonata con moggi La serie A secondo l’ex dg Juve Ogni lunedì il campionato di serie A commentato con Luciano Moggi: «Finché Moratti fa presidente, allenatore e direttore sportivo per l’Inter non c’è futuro». il blog di rodolfo Casadei Il mondo è grigio, il mondo è blu Per l’inviato di Tempi Rodolfo Casadei «solo un padre africano può liberare il mondo da Joseph Kony». così le violenta. Io voglio fare una famiglia con una persona del mio stesso sesso, non solo chiedo di non essere discriminato ma pretendo di generare, con tecniche violente e artificiali, e poi pure di allevare, un innocente in un contesto che non gli farà sicuramente bene. Se si salta il fondamento del diritto che è nella legge naturale, e nella ragione umana che la riconosce, la giustizia muore. Non possiamo neppure più parlare di diritti universali. Cosa perde la società se va in crisi l’istituzione del matrimonio basato sulla diversità sessuale dei coniugi? La generatività e l’educazione sana delle persone. Non basta l’amore per crescere dei bambini, servono due personalità differenti dal punto di vista psichico. I promotori dei diritti gay sostengono che questa condizione è naturale e che la differenza tra sessi è una costruzione sociale. Nei miei cinquant’anni di lavoro ho seguito tanti omosessuali. La scienza e l’esperienza dicono che non c’è alcun difetto di natura in loro. Non esiste l’omosessualità naturale, non è iscritta nel Dna. L’omosessualità è un’elaborazione della psiche di modelli affettivi diversi da quelli verso cui la natura normalmente orienta. Questa tendenza è del tutto reversibile. Io mi sono scervellato per anni, ho letto molto su come si può correggere questa tendenza, il problema è che spesso, pur vivendo un disagio, molti di loro non vogliono correggersi. Foto: AP/LaPresse Non dovrebbero avere dei diritti come gli eterosessuali? Bisogna fare dei distinguo: ci sono moltissimi soggetti promiscui e con vite sessuali instabili. Ma ci sono anche alcuni di loro che vivono in coppia per molto tempo. Non mi darebbe fastidio se il legislatore concedesse loro qualche diritto, come già di fatto avviene, con la possibilità di succedere nel contratto di locazione, di ricevere prestazioni assistenziali dai consultori familiari, di astenersi dal testimoniare in processi che vedono coinvolto il partner eccetera. Ma non si può andare oltre a concessioni di questo tipo. Pena la salute mentale di terzi. LA SUPREMA CORTE E LE NOZZE DI FATTO Il 15 marzo la Corte di Cassazione ha sentenziato sul caso di due uomini che si erano sposati in Olanda e chiedevano la trascrizione dell’atto di nozze in Italia. Pur respingendo il ricorso, la corte ha stabilito che i due hanno «diritto a un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata». D’ora in poi ogni tribunale potrà concedere o negare un diritto matrimoniale per ogni coppia gay che deciderà di pretenderlo. movieland Visti per voi da Tempi Paola D’Antuono e Simone Fortunato ci raccontano le anteprime sul grande schermo. Quel che c’è da vedere e cosa evitare. Un the con alice Il nuovo disco di Madonna vale giusto come suoneria Esce Mdna, il nuovo disco di Madonna. Una delusione. Un album buono solo per aggiornare le suonerie dei cellulari. Football is coming home Uno sguardo sulla patria del calcio Muamba del Tottenham si accascia al White Hart Lane. Dieci secondi che hanno lasciato senza fiato la Premier League. artempi Andar per mostre e musei con un semplice click Maria Pia Bruno quotidianamente ci racconta le novità nel vasto mondo dell’arte. Gli artisti, le loro storie e le rassegne più interessanti. LE CONSEGUENZE DEI SENTIMENTI Sempre il 15 marzo Giuliano Ferrara ha raccontato a Radio Londra il caso di un tribunale inglese che ha affidato un bimbo alla tutela delle sue due mamme ma anche del suo papà biologico, gay a sua volta. Il video è su tempi.it. E poi tutto il resto Corradi, Trento, Giannino e la Rosa Su tempi.it trovate tutte le nostre firme, oltre che le nostre rubriche. E con la “Preghiera del mattino” sbertucciamo un po’ i nostri colleghi giornalisti. | | 28 marzo 2012 | 13 highlights la settimana di tempi.it Si riferisce ai figli? Ha parlato dei bambini. Che conseguenze può avere la decisione di dare a queste coppie la possibilità di educarli? La natura ha fatto l’uomo maschio e femmina e la differenza non è solo fisica ma psicologica. La psiche dell’uomo è diversa da quella della donna: la donna protegge, dà la vita per il figlio, si sobbarca le sue fatiche. Il padre è quello che recide questo legame affinché il bambino cresca e cammini con le sue gambe. Da quando è nato il mondo, il bambino ha bisogno di entrambe queste figure per crescere forte e sano, per affrontare la vita e i problemi. Senza di esse salta in aria tutto il dispositivo edipico su cui si fonda da sempre ogni società. Non mi parlino dei genitori morti perché la loro presenza evocata è utile comunque a questo processo. E comunque la morte non crea disordini affettivi come la sostituzione di un genitore con una figura di un altro sesso. Non conosciamo ancora gli scenari di un mondo disposto a stravolgere la normalità ma li prevedo terribili. L’uomo che obbedisce alla sua volontà e non alla norma si distrugge. E questo non dobbiamo permetterlo per il bene di tutti. L’uomo per sua natura è un essere giuridico che per crescere ha bisogno di seguire delle norme date a lui come pilastri di supporto per camminare certo nella vita. Perché gli omosessuali non si accontentano dei diritti che già hanno e nutrono tanto livore nei confronti di chi asseconda le norme naturali? Il loro livore è reale. Sono arrabbiati e frustrati. Spesso, proprio per delle ferite che si portano addosso, scaricano la sofferenza su un punto che individuano come la causa di essa. Anche se di fatto non lo è. Così, però, continuano a soffrire e fanno soffrire anche altri. Io lavoro per attenuare il loro disagio che è reale, ma non posso in alcun modo giustificare la violenza distruttiva dell’ideologia che nega l’evidenza e n violenta i più deboli. un nobel omofobo? Le parole di Johnson Sirleaf Ellen Johnson Sirleaf, presidentessa della Liberia, è premio Nobel per la Pace. Di lei, sulla stampa nostrana e internazionale, non si trovano che parole di elogio. Su tempi.it trovate il 14 | 28 marzo 2012 | | video di una sua recente intervista in coppia con l’ex premier inglese Tony Blair. Alla domanda se volesse togliere la legge che nel suo paese condanna a un anno di carcere per atti omosessuali, ha risposto: «Non firmeremo mai una legge che depenalizza gli atti omosessuali». La giornalista le ha riproposto il quesito, ma la presidentessa ha ribadito il concetto. La domanda è stata girata a Blair, convertito cattolico ma favorevole alle unioni gay, che, con imbarazzo, s’è trincerato dietro un laconico no comment. versetti “La lettura del giornale è la preghiera mattutina dell’uomo moderno” Georg Wilhelm Friedrich Hegel LIBERATE ASIA BIBI PETIZIONE ALL’ONU Cinquanta attivisti hanno presentato all’Onu una petizione per liberare Asia Bibi, madre cristiana condannata nel novembre del 2009 in Pakistan per false accuse di blasfemia. Asia Bibi ora attende la sentenza della corte d’appello in carcere. LA SHARIA SARÀ LEGGE IN EGITTO? Chi uccide deve essere giustiziato, chi ruba deve subire l’amputazione del braccio destro e della gamba sinistra (o viceversa), chi ruba e uccide deve essere giustiziato o crocifisso, a discrezione del giudice. Il deputato salafita Adel Azzazy ha presentato al parlamento egiziano una proposta di legge per introdurre la sharia per certi crimini. I Fratelli Musulmani hanno approvato l’iniziativa. Un vizio di forma ha causato il momentaneo rinvio. divorzio via email Accade a Barcellona Per «modernizzare l’amministrazione della giustizia» i tribunali di Barcellona hanno creato un sito dove inviare tutto il materiale per il divorzio consensuale. ENLARGE YOUR FLI. Montezemolo mi ha mandato una mail questa mattina. Mi invitava a leggere una lettera pubblicata ieri dal Foglio in cui si parlava del progetto della sua Fondazione. Lo richiamerò sicuramente. G. Fini il Giornale MODESTAMENTE. Monnezza, Napoli meglio di Roma. Titolo dell’Espresso SCONTRINO AKHBAR. La lotta all’evasione non è un’emergenza, ma una guerra, e in una guerra così si possono usare armi non convenzionali. G. Galletti (Udc) Corriere BEN DETTO CAPO. Un buon leader deve saper sparire, lasciando eredi, magari più bravi di lui. N. Vendola Corriere GUARDA MILANO. La Regione sta attuando il programma di screening dei tumori del colon retto. (…) È uno strumento efficace di prevenzione. Ti arriva subito il risultato. Non cestinate l’avviso. L. Sotis Corriere robusta costituzione L’Ungheria si difende «Non rinunciamo alla nostra Costituzione». Nell’anniversario della rivoluzione del 1848, il presidente ungherese Viktor Orban ha difeso la costestata carta: «No diktat stranieri». Foto: AP/LaPresse Anche alla stabilità della società intera. Questa sentenza abolisce l’evidenza e, quando si abolisce il principio di evidenza naturale, la mente compensa con squilibri psicotici gravissimi. Per questo pensare di introdurre l’uguaglianza dei sessi come normale significa attentare alla psiche di tutti. Penso ai più deboli: i bambini. Se, sin da piccoli, si insegna loro che quel che vedono non è come appare, li si rovina. Ripeto: pur non essendo solito fare affermazioni dure, dato che gli omosessuali sono persone spesso duramente discriminate, non posso non dire che introdurre l’idea che la differenza sessuale non abbia rilevanza è da criminali. L’OBIETTORE ALTRO CHE INDIGNATI E MORALIZZATORI Per battere la corruzione serve meno Stato e più sussidiarietà di Oscar Giannino L e cozze pelose del sindaco progressista di Bari e i palazzi venduti a giudici e politici. I milioNON SONO ni della Margherita spariti non si sa D’ACCORDO dove. Quelli che mancherebbero nel conto incrociato tra An e i due tronconi derivanti, dopo la rottura tra Fini e Berlusconi. Gli avvisi di garanzia al Consiglio regionale lombardo e le indagini sulle tangenti Pdl-Lega. Il sospetto che lambisce anche l’integerrimo Errani, per un milione di euro dato dall’Emilia Romagna a una cooperativa guidata dal fratello. La retata in provincia di Napoli che spalanca le porte del carcere a 16 giudici tributari. Mi fermo alle ultimissime di cronaca. A questo fior fior di coinvolgimenti in inchieste per malversazioni pubbliche, che incrociano l’intero asse destra-centro-sinistra, le reazioni possono essere di almeno tre tipi. La prima è quella moralistica. Improntata all’invettiva generalizzata in taluni casi, più spesso riservata ai politici indagati dell’area avversaria. Appartengono a questa schiera gli “indignati”, categoria che in questi anni è entrare a vele spiegate nel dizionario politico. Inglobando in un unico lemma sia gli antimercato sia gli antipolitici, i palingenisti convinti che sia l’illuminazione della religione dell’umanità su questa Terra a evitare il male. La pecca numero uno di questa reazione è quella che da sempre priva di efficacia il savonarolismo manipulitista: su questa Terra l’uomo è imperfetto. Il virtuismo monda-difetti va bene come tecnica retorica acquista-consensi, per la presa del potere da parte di minoranze inquisitoriali. Poi, assurti al potere, saranno eventualmente magistrati non indipendenti a garantire che l’etica del potere resti monda e ad essere corrotta sia solo quella degli oppositori. C’è poi la seconda reazione, radicatissima nella democrazia moderna, ispirata al Politik als Beruf di Max Weber. Approfittando dell’anfibologia della parola germanica, il suo “Beruf” indica sia “vocazione” che “professione”. Ecco che la macchina politico-amministrativa va sottoposta a controlli ex ante ed ex post, per impedire che il politico-amministratore compia transazioni e scambi come di diritto privato, offrendo servizi e concedendo facoltà al privato in cambio di sostegni e favori. Rispondono a questa impostazione weberiana dichiarazioni apodittiche di garanzia ex ante come l’articolo 97 della Costituzione, in materia di imparzialità e indipendenza della pubblica am- Il vero rimedio agli scandali non è l’uomo nuovo in Terra predicato dai savonaroliani e nemmeno la garanzia costituzionale d’imparzialità della pubblica amministrazione, ma la sua riduzione all’essenziale ministrazione, e in tale versione discendono storicamente dalla pesante eredità della filosofia del diritto di tipo idealistico-hegeliano, e dalla sua idea di “Stato etico” impregnato di un superiore spirito del tempo. Ma appartengono allo stesso filone hegelian-weberiano anche i controlli ex post di tipo penale, rappresentati delle maxi indagini della magistratura che anticipano col massacro mediatico-giudiziario in fase d’indagine il vero processo sanzionatorio. So che molti non saranno d’accordo, convinti da due decenni che l’azione dei magistrati risponda invece a una logica di filosofia morale e del diritto d’impianto kantiano. Mi tengo invece la mia opinione, che non è quella di Repubblica e Corriere. È hegeliana l’impronta di chi identifica nello Stato o in una parte politica l’Assoluto dello Spirito in atto nella Storia. Per la definizione di “Hegel profeta dei totalitarismi” rinvio a Karl Popper. C’è poi una terza reazione possibile, assolutamente minoritaria nel nostro paese. Si ispira alla teoria del pubblico amministratore elaborata da Ludwig von Mises, James Buchanan, Northcote Parkinson, William Niskanen, Jean-Luc Migué, Gerard Bélanger, Ronald Wintrobe. Essa ne studia il comportamento in quanto soggetto economico che agisce fuori dal mercato, senza cioè concorrenza nell’esercizio delle proprie funzioni e nella formazione dei propri costi. Per questo massimizza per sé l’utile monopolistico come e meglio di ogni cartello oligopolista privato. E lavora per estendere nella discrezionalità il recinto delle risorse intermediate, il numero dei dipendenti, la complessità autorigenerante delle procedure da amministrare. Questa terza reazione porta alla conclusione che il vero rimedio agli scandali non è l’uomo nuovo in Terra predicato dai savonaroliani, e nemmeno la garanzia costituzionale d’imparzialità della pubblica amministrazione e lo smascheramento del suo dirazzare ad opera di zelanti magistrati. È invece la riduzione della macchina pubblico-amministrativa alle sue funzioni essenziali, con minimo ricorso a personale e procedure internalizzate, e massimo impiego di risorse esternalizzate e sussidiarie. Il paradosso dei guardiadighe olandesi Tutte le grandi riforme pubbliche di paesi avanzati divenuti iperstatalisti e inefficienti sono passate attraverso l’adozione di tale criterio: dalla Svezia alla Polonia alla Germania. I privilegi della Casta, da noi confusi con cattive prove date esclusivamente da un pessimo ceto politico, si devono invece al vecchio paradosso dei pubblici guardadighe olandesi. Allorché esse ancora di legno erano fatte, le Sette Province Unite disposero che pubblici funzionari fossero premiati per l’abbattimento di ogni singolo ratto muschiato, nemico numero uno delle tenuta delle dighe. Rapidamente, i guardadighe capirono che era meglio consentire in primavera ai ratti l’accoppiamento, invece che abbatterli in autunno. Così, per ogni coppia abbattuta ne sarebbero sopravvissuti 15, l’impiego sarebbe rimasto in eterno, e l’onere per il contribuente sarebbe salito insieme al premio ai pubblici dipendenti. | | 28 marzo 2012 | 17 INTERNI QUELLI CHE SPIAVANO LO STATO Alle costole di un certo ‘gen. Pollari’ Secondo di una serie di articoli di Peppe Rinaldi «S e io rappresento un caso è anche perché, indubbiamente, c’è una forte ansia e sete di giustizia. Nel paese e in Calabria. Forse la gente avrà notato la tenacia con cui ho portato fino in fondo il mio lavoro, le mie indagini (…). In tanti hanno detto che chiedevo il consenso della piazza, attraverso le interviste televisive ma non è così (…). È miopia politica vederla in questo modo. È malafede nei confronti di chi ha scelto di manifestare, non per me, ma perché evidente- 18 | 28 marzo 2012 | | mente in me vedeva lo Stato». È il passaggio di un’intervista rilasciata da Luigi De Magistris al giornalista del Fatto quotidiano Antonio Massari, contenuta in un voluminoso libro del 2008, Il caso De Magistris (Aliberti editore, promozione e distribuzione Rcs), forse l’unica pubblicazione decente tra quelle in circolazione che riguardano l’ex pm. Tra parentesi, un’opera che andrebbe in parte riscritta considerando la piega presa dagli eventi: incidere 43 note a piè di pagina, relative a poco più di 50 soggetti citati, specificando ogni volta che «nel momento in cui scriviamo per il personaggio in questione non è stato provato alcun reato e quindi vale la presunzione di non colpevolezza», e poi trovarseli tutti fuori dalle inchieste, lascia sospettare che se non si è discusso sul sesso degli angeli poco ci è mancato. Cose che capitano. In De Magistris, quindi, la gente «vedeva lo Stato». Secondo De Magistris. Secondo lo Stato, invece, De Magistris e il suo consulente Gioacchino Genchi spiavano illegalmente alcuni parlamentari e una quantità indefinita di persone, tra le quali diversi esponenti dei servizi segreti. Si comincerà a capirci qualcosa a partire dal prossimo 17 aprile, quando a Roma inizierà il processo in cui i due sono imputati proprio Foto: AP/LaPresse, Sintesi Perché De Magistris e Genchi nelle loro mirabolanti inchieste sui fondi pubblici calabresi tenevano sotto controllo il capo del servizio segreto militare? L’interrogatorio del Comitato per la sicurezza della Repubblica ai due “giustizieri” di Catanzaro SECONDA PUNTATA L’ABUSO D’UFFICIO Alla sbarra dal 17 aprile Continua la nostra inchiesta sui fatti che hanno portato al rinvio a giudizio dell’ex sostituto procuratore di Catanzaro Luigi De Magistris, oggi sindaco di Napoli, e del suo consulente Gioacchino Genchi, che dal 17 aprile dovranno difendersi davanti al tribunale di Roma dall’accusa di abuso d’ufficio per aver utilizzato i tabulati telefonici di otto parlamentari senza chiedere l’autorizzazione alle Camere. Tra il 2006 e il 2007, nell’ambito dell’indagine “Why not”, i due spiarono perfino Prodi e Mastella, allora rispettivamente premier e guardasigilli, oltre a Rutelli, Minniti, Gozi, Pisanu, Gentile, Pittelli. anno 18 | numero 11 | 21 marzo 2012 | 2,00 Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1 ne/Vr settimanale diretto da luigi amicone L’ex sostituto procuratore di Catanzaro Luigi De Magistris e il suo superconsulente Gioacchino Genchi, a processo dal 17 aprile prossimo per intercettazioni illegali Luigi De Magistris, ex sostituto procuratore di Catanzaro, è stato eurodeputato dell’Idv e oggi è sindaco di Napoli. Gioacchino Genchi (foto in basso), ex vicequestore, è stato consulente tecnico delle inchieste più rumorose di De Magistris, “Poseidone” e “Why not”. Attualmente fa l’avvocato a Palermo. A sinistra, l’ex direttore del Sismi Nicolò Pollari LE CARTE SECRETATE Copasir, le audizioni agli atti Tra le carte del processo c’è anche la documentazione delle audizioni di De Magistris e Genchi al Copasir, materiale finora coperto da segreto di Stato e perciò espunto dalle indagini dei pm romani. Nel 2009 la coppia di Catanzaro fu infatti convocata dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica perché, oltre alle utenze telefoniche del Quirinale e di altre importanti istituzioni italiane, aveva messo sotto controllo anche quelle di alcuni esponenti dei servizi segreti apparentemente non coinvolti nelle indagini. Compreso Nicolò Pollari, all’epoca direttore del Sismi. Foto: AP/LaPresse, Sintesi Il Ros: «Tra il materiale consegnato da Genchi risulta un’utenza con l’indicazione “Mancini”. Pertanto acquisisce il tabulato sapendo che è utilizzato da un appartenente ai servizi» per questo, ma solo per ciò che riguarda la posizione dei parlamentari. Ancora non si sa se e quando si chiarirà, invece, il grosso del “lavoro” fatto dalla coppia di Catanzaro su pezzi e apparati dello Stato tra un’ospitata tv, un allarme per la democrazia e un corteo per la legalità dei vari “Ammazzateci tutti” d’Italia. Perché quello stesso Stato incarnato da De Magistris, ha imposto ai magistrati di Roma di fermare le indagini sul fronte servizi segreti, piazzandoci sopra – appunto – il segreto di Stato. Sarà difficile approfondire, a meno che il segreto non venga rimosso: così funziona, c’è poco da aggiungere. Non sarà dunque pos- sibile ottenere certe risposte, almeno di tipo giudiziario. I fatti, però, restano tali. Come le domande. Cosa ne facevano Genchi e De Magistris dei tabulati di traffico telefonico del generale Nicolò Pollari, capo del servizio segreto militare (Sismi), forse l’agente più assediato dalla magistratura che la storia italiana ricordi? Fosse stato l’unico 007 spiato dai due, magari, la cosa avrebbe anche potuto assumere il connotato dell’incrocio casuale e chiudersi lì. Ma come si spiega l’acquisizione dei tabulati di Marco Mancini, l’agente entrato nella cronaca per il caso Telecom-Tavaroli, del generale del Sismi Augusto Pignero (poi deceduto) o del colonnello Massimo Stellato, capo centro Sismi di Padova, destinatario di una doppia perquisizione, con sequestro di due telefonini su cui fu opposto il segreto di Stato, indagato dopo che la “pentita” dell’inchiesta “Why not” Caterina Merante aveva dato a De Magistris la seguente notizia di reato: «Lui e Saladino si conoscevano»? Nel traffico telefonico di un altro generale, Paolo Poletti, è comprensibile che avessero frugato: il pm di Catanzaro indagava su di lui, al Copasir disse che il vicecapo del Sismi stava «creando una banca dati della Guardia di Finanza in partnership con una società della ’ndrangheta» (sic!). Però i tabulati del generale Sasso o degli agenti Mascaro, Spanò e Ferlito da dove sbucavano? I giornalisti, all’epoca, ne scrivevano di ogni: pure che fosse stato acquisito e utilizzato il tabulato del capo della Polizia Gianni De Gennaro, oggi al vertice di tutte le agenzie dei servizi segreti italiani. Vero o falso? Al 2 febbraio 2009, giorno dell’audizione al Copasir degli esperti del Ros, che a Catanzaro fosse stato spiato anche De Gennaro non era confermato. Neppure lo si poteva escludere, però: è accertato che erano stati sviluppati i dati di utenze che non si sapeva da chi fossero assegnate, ma che erano riconducibili ai servizi. Infatti alcuni numeri analizzati dal pm e dal consulente erano intestati al Rud, Raggruppamento Unità Difesa, del relativo ministero di via Pineta Sacchetti 216, Roma; altre due utenze risultavano al civico 8 di via XX Settembre, sempre a Roma. In pratica l’indirizzo del Sismi. Disse il Ros nel 2009 davanti al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica: «Tra il materiale consegnato da Genchi quando andammo nella sede della sua società di Palermo, risulta ad esempio un’utenza intestata al Rud di via XX Settembre 8 con l’indicazione tra parentesi del nome “Mancini”. Pertanto il consulente acquisisce il tabulato sapendo che è utilizzato da un appartenente al servizio segreto». Strano modo di indagare Ora, cosa c’entrava tutto questo con le indagini della procura di Catanzaro su un utilizzo illecito di fondi pubblici in Calabria? Come la giustificarono questa cosa al Copasir i due (ormai ex) amici? A parte certe dichiarazioni stampa di quei gior| | 28 marzo 2012 | 19 INTERNI QUELLI CHE SPIAVANO LO STATO «Mi sono occupato anche di voi» Torniamo un attimo a quel 30 gennaio 2009, data dell’audizione della coppia. L’atmosfera era elettrica, al punto che più di una volta il presidente Rutelli invitò la platea a «far in modo da sentirsi tutti a proprio agio». Fu interrogato prima De Magistris e poi Genchi. Quest’ultimo ingaggiò un lungo braccio di ferro con gli onorevoli commissari, tra allusioni che qualcuno prese pure male («Anche in quest’aula c’è qualcuno di cui mi sono occupato», disse quasi subito), ironie («Ho sposato un magistrato e sono profondamente innamorato di mia moglie. Non intendo sposare altri magistrati e non intendo tradire mia moglie. Ove dovessi farlo avrei altri tipi di scelta»), stravaganti attestati di stima («Vorrei far presente che io ho grande ammirazione per il generale Pollari, che considero estraneo alle accuse della procura di Milano») e racconti tortuosi di fatti slegati dal contesto ma indicativi del livello di penetrazione e di conoscenza che il consulente di De Magistris aveva dell’intero arco costituzionale, oltre che del sottobosco di potere locale e nazionale. Fu per questo, come vedremo, che sorse il problema della celebre “banca dati” ancora in mano a lui. Una circostanza mai provata, del resto, ma neanche mai esclusa. Quelle audizioni sono entrate nei fascicoli del processo di Roma, processo del quale hanno rappresentato una colonna portante almeno fino a quando, nell’estate 2009, il premier Berlusconi non vi ha messo una pietra sopra col segreto di Stato (come abbiamo raccontato nel numero scorso di Tempi). In pratica, sul resto i magistrati di Roma sono andati avanti, ma su questo “dettaglio” dei servizi segreti si sono dovuti fermare. Una cosa che fa riflettere: se lo Stato rinuncia all’accertamento della verità mutilando un rito solenne come il 20 | 28 marzo 2012 | | Nel 2009, dopo le audizioni di De Magistris e Genchi, l’allora presidente del Copasir Francesco Rutelli (qui sotto) parlò di «una vicenda di enorme rilievo per le istituzioni democratiche» che «non può assolutamente essere definita di ordinaria amministrazione». A destra, De Magistris ospite di Santoro ad Annozero processo penale, può significare solo che lo faccia per un interesse superiore. Che, visto l’argomento, con ogni probabilità è la sicurezza degli uomini coinvolti e del principio generale. Acquisire informazioni telefoniche, contatti, spostamenti e relazioni di membri dei servizi implica il rischio di svelarne l’identità mentre, magari sotto copertura, frequentano mafiosi, parlano con magistrati ignari, si infiltrano nelle cosche affamate di appalti sulle grandi opere del Mezzogiorno, frequentano delinquenti, preti, vescovi, affaristi, avvocati e imprenditori. Si capisce bene perché ciò che stava succedendo giù in Calabria creasse tanta preoccupazione. Non c’entrano niente i poteri occulti e trasversali uniti per fermare due impavidi giustizieri: sono sparate che funzionano nella fiction giornalistica, la realtà è molto più complicata. non erano materia di facile digestione. Con De Magistris, invece, filò tutto abbastanza liscio: l’alta considerazione di sé e di quel che faceva («Vorrei che voi commissari teneste presente che le mie non erano indagini su una rapina al supermercato»), le immancabili denunce di complotti orditi per scippargli il lavoro e una certa astuzia nel far rimbalzare la palla più verso Genchi resero il lavoro relativamente meno complicato ai commissari. L’ex magistrato finirà iscritto nel registro degli indagati di Roma qualche mese dopo. Il punto è che ambedue le audizioni non bastarono per mettere una pezza, era tutto troppo contorto, imperscrutabile, complesso: del resto basta andare a vedere gli atti delle indagini di De Magistris per accorgersi che all’interno c’era veramente l’infinito. Era tutto casuale o corrispondeva a un disegno preciso? Quelle migliaia di Diciotto milioni di telefonate nominativi, quei milioni di telefonate (si è L’audizione di Genchi durò oltre sette ore, calcolato che fossero circa 18 milioni solo con una sola pausa di quindici minuti. I in “Why not”, al lordo dei possibili duplicacommissari ne uscirono sfiniti in quanto ti dei gestori) che spaziavano dai magistral’ex poliziotto dimostrava una certa abili- ti di Reggio Calabria ai colletti bianchi di tà, diciamo, ritmica. Non foss’altro perché Roma passando per i servizi segreti, il Quila sua specializzazione tecnica e la relati- rinale, la presidenza del Consiglio, il Conva filosofia di applicazione investigativa, siglio superiore della magistratura, il ministero degli Interni e quello «Quando ha visionato, come esperto, la rubrica della Giustizia, i due rami del Parlamento, alcuni pardi Cretella e ha letto “gen. Pollari”, le è venuto titi politici e chi più ne ha il dubbio si trattasse del capo del Sismi?». più ne metta, avevano davvero a che fare con le società «No, è un lavoro che faccio alla fine» Foto: AP/LaPresse ni – tra l’altro distanti dal profilo mantenuto durante le audizioni parlamentari – essi sostennero un po’ di tutto. In particolare Genchi, perché quella di De Magistris fu probabilmente la meno complicata tra le audizioni convocate a Roma tra il gennaio e il febbraio 2009. Attorno a questa storia dei servizi c’è stato un enorme lavoro investigativo del Ros, delegato inizialmente dalla stessa procura generale di Catanzaro (in proposito, nelle sue chilometriche memorie difensive Genchi argomenta che sia stata un’anomalia giuridica affidare l’attività al reparto dei carabinieri), e non solo. L’ex pm e l’ex consulente furono ascoltati dal Copasir soprattutto su questo aspetto delle indagini “Poseidone” e “Why not”. La sensazione, però, è che non emerse un quadro certo di come e perché quelle inchieste avessero imboccato certe strade. IL CASO WHY NOT La “Tangentopoli 2” finita in un flop L’abuso imputato dalla procura di Roma a De Magistris e Genchi sarebbe stato compiuto dai due nell’ambito dell’indagine “Why not”, inchiesta che a partire dalle numerose relazioni intrecciate dall’imprenditore calabrese Antonio Saladino avrebbe dovuto scoperchiare – come annunciò lo stesso De Magistris al Corriere della Sera – una «nuova Tangentopoli» che avrebbe riguardato «tutto intero lo schieramento politico», una rete di malaffare tale da configurare la «crisi finale dello Stato di diritto». Decine di indagati con accuse pesantissime finiti poi quasi tutti assolti. Foto: AP/LaPresse attribuite all’imprenditore calabrese Antonio Saladino tra Lamezia Terme e Catanzaro piuttosto che con l’ex presidente della giunta regionale Giuseppe Chiaravalloti, tanto per citare due tra le più illustri prede di De Magistris? Pare di no. Quella richiesta partita in ritardo Quando Francesco Rutelli, all’epoca ancora presidente del Copasir, rivolse a Genchi la prima domanda, l’ex vicequestore aggiunto ci impiegò più di tre quarti d’ora per rispondere. E riuscì a divagare a tal punto che alla fine neanche i commissari ci capirono granché. E se ne lamenteranno più di una volta. Il punto dal quale si partiva era questo: il 10 marzo del 2007, nell’ambito del procedimento “Poseidone”, De Magistris emise un decreto di acquisizione del tabulato del generale Pollari che permetteva di ricostruire il traffico telefonico dell’allora capo del Sisimi nell’arco dei precedenti 24 mesi. Da dove veniva fuori quel numero? Dalla rubrica di un alto ufficiale della Finanza, il generale Walter Cretella Lombardo, indagato da De Magistris, vicino a quell’altro generale così poco amato dall’ex ministro Ds Vincenzo Visco, Roberto Speciale. Il telefono di Cretella Lombardo era stato sequestrato dieci giorni prima del decreto, cioè l’1 marzo. Fu analizzato da Genchi, che lo restituì al pm proprio il giorno 10. Scorrendo la rubrica del telefono del generale si leggeva che quel numero era associato a un tale “gen. Pollari”. Che sta, ovviamente, per “generale Pollari”. Questo lo capirebbe chiunque. Senonché “l’anagrafica” del numero (cioè la richiesta dei dati dell’intestatario), Genchi la inoltrò al gestore telefonico il 7 luglio 2007, ovvero quattro mesi dopo. E non nell’ambito di “Poseidone”, bensì in quello di “Why not”. Il consulente di De Magistris dirà poi al Copasir di ricordare che l’anagrafica l’avesse richiesta precedentemente, cioè al tempo di “Poseidone” prima che venisse tolta dalle mani di De Magistris. Agli atti, però, risulta il contrario, vale a dire che Genchi quella richiesta non la eseguì se non per “Why not”, e solo il 7 luglio 2007. Ma se non c’erano evidenze penali o indizi di reità a carico del direttore del Sismi (come tutti e due confermeranno al Copasir), che motivo c’era di sviluppare e processare quelle informazioni? Soprattutto, chi altri ne era a conoscenza? È ipotizzabile che ce ne fossero dei duplicati? Dove, e con quali garanzie? Non proprio domandine di secondo piano. Appare oggettivamente strano che nessuno si fosse accorto che nella rubrica di Cretella Lombardo quel numero era associato a “gen. Pollari”. Eppure il cellulare del generale era stato nelle mani di Genchi e dei suoi collaboratori palermitani per die- ci giorni, i dati erano stati scaricati e avviati all’analisi. Salvo poi, quattro mesi dopo, inoltrare una formale richiesta al gestore. «Le è mai venuto il dubbio che il numero del generale Pollari, che era nella rubrica del generale Cretella, fosse veramente del generale Pollari?», chiede un commissario del Copasir a Genchi. «Risponda con un sì o con un no», continua un deputato che dà la sensazione di essere irritato. Ma Genchi riparte in quarta: «Le posso dire che non ho fatto alcun approfondimento all’atto dell’acquisizione sul generale Pollari, posto che di annotazioni “gen.”, di Pollari e forse anche di generali – che lo siano o no – ne abbiamo trovate diverse». Il commissario (ignoto, dal momento che le trascrizioni delle audizioni non riportano i nominativi dei parlamentari intervenuti) rilancia: «Dottor Genchi le ho chiesto un’altra cosa, sia gentile. Può rispondere sì o no. Quando lei ha visionato, come esperto pagato dalla procura, la rubrica di Cretella e ha letto “gen. Pollari”, le è venuto il dubbio si trattasse del capo del Sismi?». «No», dice finalmente Genchi, «è un lavoro che faccio alla fine». Risposta che, secondo i carabinieri del Ros (particolarmente detestati da Genchi, che non si impegnerà molto per nasconderlo né nelle memorie difensive né davanti al Copasir), i quali avevano seguito a ritroso lo stesso percorso analitico di Genchi, non poteva esser vera. Lo scaricabarile tra due ex amici Il Comitato aveva sentito De Magistris poche ore prima e dall’ex pm aveva ricevuto una versione diversa: «Ho sempre raccomandato al dottor Genchi la massima cautela con i numeri di altri magistrati o rappresentanti delle istituzioni», aveva in sintesi detto. Il che neppure risulterà completamente vero. Quando viene chiesto a Genchi (senza però dirgli cosa avesse dichiarato sul punto l’ex pm qualche ora prima) se confermasse o meno quella versione, il consulente dichiara: «No, perché non si è mai posto il problema di acquisire i numeri dei vertici dei servizi». Ma se non si è mai posto il problema, che ci facevano tutte quelle righe di traffico agli atti delle indagini? Poi, forse spossato dalla tensione del contesto, Genchi la spara un po’ grossa: «Che ci crediate o no, ho realizzato che si trattava di Pollari quando l’ho letto sul giornale». Come un indagato qualsiasi. «Parte tutto con un lancio del Velino», specifica l’ex poliziotto, «il giorno dopo lo scrivono Ruotolo sulla Stampa, Renato Farina su Libero e il quotidiano calabrese Calabria Ora». Ecco, anche Gioacchino Genchi, in pratica, appren«Ho realizzato che si trattava di Pollari quando deva dalla stampa quel che l’ho letto sul giornale. Parte tutto da un lancio avveniva nel palazzo di giudel Velino. Il giorno dopo lo scrivono Ruotolo, stizia di Catanzaro. n Renato Farina su Libero e Calabria Ora» (2. continua) | | 28 marzo 2012 | 21 IL NOSTRO UOMO A PALAZZO IL RISPETTO PER IL SETTIMO GIORNO La domenica non si tocca è un’invenzione di Dio di Renato Farina Foto: AP/LaPresse B oris Godunov in Parlamento e dovunque si opporrà al sequestro del giorno festivo. La prima idea che Dio ha avuto dopo aver creato l’uomo e la donna è stata di fargli un regalo: la domenica. È chiaro, non si chiamava così, allora. La BibBORIS bia dice soltanto che Dio «il settimo giorno si riposò». Il riposo domenicale non è un GODUNOV diritto umano, è qualcosa di più: è di diritto divino, chi lo lesiona commette il peccato che i greci chiamavano hybris, l’empietà di ergersi sopra il destino. Per questo, quando negli anni Settanta, nel tempo inclemente della crisi petrolifera, industriali e governo sembravano essersi messi d’accordo sul fatto che non dovesse più esserci la domenica – il settimo giorno – per non sprecare l’energia elettrica, mi parve una rivoluzione sacrilega. Si pensò allora di far marciare le fabbriche a ciclo continuo, il riposo sarebbe stato un giorno casuale, fissato dalla direzione del personale con i sindacati. Oggi non si vuole incentivare la produzione ma il consumo: negozi e servizi anche la domenica, Ecco, il giorno festivo quando uno è tutto fa Pil. Sarà anche comodo, ma si perderebbe il segreto del ri- bambino capisce che capita, accade, poso. Quello di accadere in coincidenza con il tempo fissato prima che il tempo fosse: la domenica, questa invenzione di Dio che non è un avvenimento non controllato è una convenzione del governo con i sindacati, l’esito di una ver- da noi. È un regalo divino, non l’esito tenza tra parti sociali, ma qualcosa, come un fiore, che viene su al- delle trattative tra le parti sociali la sua stagione, e non si può mettere in freezer per estrarla quando fa comodo, mettendola nel forno a microonde. Accade, la domenica. C’è. Non la inventò il governo. Ogni ora della domenica è così. “Essenza” è da estendersi nel suo significato di profumo. Così come si dice l’essenza dei fiori. Ciascuno di noi lo sa. Io me ne resi conto una strana mattina di settembre a Strasburgo. Accompagnavo da cronista il Papa in uno dei suoi viaggi. Era pressappoco l’alba e stavo lavorando. E camminavo in fretta tra le strade tranquille della domenica mattina. Ed ecco, vidi un bambino di 9 anni uscire dal portoncino di casa, mezzo assonnato, baciato da sua mamma. Era un chierichetto che andava alla Messa. Ma non aveva la faccia dei giorni feriali, era domenica: aveva nello sguardo il presentimento di grandi cose, come se avesse aspettato questo appuntamento con la festa per tutta la sua vita. Sarebbe andato in chiesa, poi al ritorno avrebbe trovato sua madre e suo padre, senza fretta. In realtà, vedevo in quel bambino me stesso. Senza domenica, con i suoi ricordi di cibi straordinari, e il sapere che il proprio padre non si era alzato troppo presto, ma riposava, e ti avrebbe fatto un po’ di compagnia. Ecco, la domenica quando uno è bambino capisce che capita, accade, è un avvenimento che non è controllato da noi. È come la pioggia: bagna buoni e cattivi, sta a ciascuno di saperne godere, con semplicità, senza farsi dominare dalla solita ansia feriale, di quando si corre non si sa bene dove e non si sa bene perché, ma si corre, forse per distrarsi, forse per non sentire troppo dolore. C’è una poesia che mi ha sempre fatto molto soffrire, quando la maestra ce la leggeva a scuola. Era Il sabato del villaggio di Giacomo Leopardi. Comincia così: «La donzelletta vien dalla campagna». Il senso di quei versi è che il sabato è bello, perché la vigilia ha un fremito d’attesa che riempie il cuore. Perché secondo Leopardi, l’attesa in realtà è un’illusione, non accadrà nulla la domenica: solo tristezza e noia. Invece, nella mia esperienza non è così. Perché la domenica è il giorno in cui il significato della fatica ci si rovescia addosso, come uno scroscio d’acqua profumata, come il bagno che la mamma ci faceva fare il mattino presto. Guai a chi tocca la domenica. | | 28 marzo 2012 | 23 ESTERI MISSIONE APOSTOLICA L’attesa dell’isola Il paradosso di una rivoluzione comunista che ha impoverito il popolo, i riti d’importazione africana, la Chiesa e le sue opere. Papa Benedetto XVI si prepara a visitare Cuba, «un paese non cattolico ma “cattolicizzabile”» «A Cuba non c’è libertà religiosa, semmai una certa forma di libertà di culto». Nei corridoi del Vaticano lo dicono un po’ tutti, ma nessuno vuole essere citato. A pochi giorni dalla seconda vista di un Papa nella terra della rivoluzione castrista, si parla più o meno sottovoce del senso di questo viaggio. Benedetto XVI sarà a Cuba dal 26 al 28 marzo dopo tre giorni di visita in Messico per celebrare il bicentenario dell’Indipendenza dell’America Latina. A Cuba il Papa va a celebrare i 400 anni del ritrovamento dell’immagine veneratissima della Vergine della Carità del Cobre, ma anche a sostenere la Chiesa cattolica che vive in un difficile equilibrio. Bocche cucite quindi tra i vertici vaticani su Cuba. E non certo per paura, piuttosto per difendere i cattolici dell’isola dei Caraibi che solo da poco hanno smesso di temere di entrare in una chiesa la domenica senza essere “segnalati” ai controllori del Comitato di difesa della Rivoluzione. Eppure di diplomatici che sono passati per Cuba, in Vaticano oggi ce ne sono diversi. Ma tutti sanno che la situazione è talmente delicata che basta un nonnulla per far tornare la situazione dei cattolici indietro di decenni. Negli anni sono stati molti gli “emissari” vaticani in visita a Cuba. A cominciare dal cardinale Tarcisio Bertone, nell’ottobre 2005, quando era arcivescovo di Genova. Ospite del vescovo e della diocesi di Santa Clara realizzò un intenso viaggio pastorale in diverse località dell’isola. Il cardinale Joseph Ratzinger era stato appena eletto Papa e così Bertone portò al nuovo Pontefice il primo invito per una visita a Cuba, formulato con grande rispetto e affetto. Fu Fidel Castro che in una lunga conversazio- 24 | 28 marzo 2012 | | ne con Bertone definì Benedetto XVI «una buona e grande persona» e «che ha un volto che sembra quello di un angelo». Bertone dichiarò che «a Cuba la Chiesa è considerata con molto rispetto da parte del Governo». Anche il presidente del pontificio consiglio della Giustizia e della pace, il cardinale Renato Raffaele Martino, a Cuba nel febbraio del 2006 per presentare il Compendio della dottrina sociale della Chiesa, incontra Fidel Castro e torna in Vaticano con un altro invito per il Papa. Invito naturalmente confermato al cardinale Bertone che, questa volta come segretario di Stato di Benedetto XVI, ritornò nel paese in occasione del decimo anniversario della visita di Giovanni Paolo II tra il 21 e il 26 febbraio del 2008. Cuba è un’isola. Non è una considerazione da poco in fondo. Perché essere isola significa alla fine essere isolati e un po’ isolazionisti. Questo di certo non aiuta la democrazia. Negli anni Cinquanta Cuba era un paese ricco, e la ricchezza era in mano alla maggioranza della popolazione. Canna da zucchero e agricoltura come prima risorsa. Anche le mucche erano di una razza particolare che dava fino a 12 litri di latte al giorno, le mucFidel Castro che creole. Ora nessuno muore di fame, ma in una lunga c’è ovunque una grande conversazione malnutrizione. Il paracon Tarcisio dosso della rivoluzione Bertone definì castrista. Benedetto XVI La democrazia sembra una parola lontana «una buona e per la gente della grangrande persona» de isola dei Caraibi. Tere «che ha un volto ra di sogno per i turisti che sembra quello occidentali di oggi, terra di grandi speranze al di un angelo» Foto: AP/LaPresse Dall’alto, Fidel Castro con Giovanni Paolo II nel 1998; Ratzinger in America Latina nel 2007; l’allestimento del palco per il viaggio di Ratzinger a Cuba tempo del colonialismo spagnolo, terra senza democrazia praticamente da sempre. E a Cuba l’unica istituzione che ha una credibilità è la Chiesa cattolica. Perché è vicina alla gente. Per questo la visita del Papa è importante. L’intento del governo con questo viaggio del Papa è quello di accendere la luce su Cuba, e quello della Chiesa è simile anche se con fini di fatto opposti. A Cuba se pure c’è una qualche apertura economica, manca il rispetto delle dignità della persona. Il regime castrista, la rivoluzione, è sempre presente. A partire dalle tasse sulle auto fino alla sessualità che è “gestita” da un’agenzia dello Stato, la Cenesex. Per far dimenticare la miseria e la corruzione che ne deriva, il regime cerca di “drogare” l’anima del popolo con una “educazione” sessuale di libertà assoluta e di precocità. Risultato: l’80 per cento delle don| | 28 marzo 2012 | 25 MISSIONE APOSTOLICA ESTERI Foto: AP/LaPresse A Cuba l’unica istituzione che ha una credibilità è la Chiesa cattolica perché è vicina alla gente. Sotto, il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, che si è recato a Cuba nel 2005 e nel 2008. In basso, il cardinale Ortega y Alamino, arcivescovo de L’Avana ne ha abortito almeno una volta e i matrimoni durano in media 18 mesi. La tanto decantata sanità cubana si basa su medici che il governo “vende” ad altri paesi, come il Senegal o il Venezuela. Sono bravi i medici cubani, hanno un ottimo approccio con il paziente. Ma non hanno mezzi e neppure medicine. Allora ti mandano nelle parrocchie cattoliche. Lì arrivano le medicine, gli antibiotici. Eppure a Cuba ci sono mitologiche cliniche per ricchi. Così la scuola. Tutti studiano, molti sono anche preparati, ma alla fine la gente va nelle parrocchie per ripetizioni e lezioni. Di nascosto, perché alla Chiesa non è permesso educare, può solo avere ospizi per anziani e poveri. A Cuba il “nemico” ha un solo nome: Usa. L’annosa questione dell’embargo, del bloqueo, sembra ormai assestata su un traffico preciso. Cuba importa la maggior parte dei beni alimentari dagli States. Ma di nascosto e con pagamento anticipato in contanti. Nell’isola non si produce quasi più nulla. Le vecchie aziende dello zucchero sono in disarmo, e così tutta l’agricoltura. Del resto a Cuba l’embargo obbliga a stranezze. Il partito comunista stampa il suo giornale ufficiale su carta statunitense. Cuba vive di turismo, un po’ delle miniere di nichel e di rimesse dai cubani in esilio. Nel 1902, l’anno dell’indipendenza dalla Spagna, a Cuba il 60 per cento della popolazione era nera o creola. Nel 1958, al contrario, il 60 per cento erano bianchi, spagnoli. Sono loro che sono emigrati in questi anni e a Cuba sono rimasti i neri e i creoli che non hanno nessuna rimessa dall’estero. A Cuba la Chiesa non è mai stata perseguitata con vera violenza. Fidel Castro ha studiato dai gesuiti e ha mantenuto una sua personalissima forma di La processione che rispetto per la cultura cat- ha portato in tutta tolica. Ma c’è stata opposil’isola l’immagine zione per qualunque cosa. della Madonna E poi la prigione e i campi del Cobre è stata di rieducazione per i preti. Come quello dove è stavivacissima in to per un anno il cardinatutta la nazione. le Ortega y Alamino, arciIn alcuni paesi vescovo dell’Avana che ha si sono visti già ricevuto Giovanni Paolo i massoni con II. Alcuni lo giudicano troppo indulgente con il regitutti i loro simboli me. Ma del resto una Chiesa aperta è sempre meglio di una chiusa, dico- biamento è lunga. E la Chiesa cattolica cerno altri. Dopo la visita di Wojtyla sulla gente ca dei piccoli spiragli pur tra mille difficolche va in chiesa c’è meno controllo, anche tà. Come quando ha partecipato alla trattase i battezzati sono solo la metà della popo- tiva per l’uscita di prigione di 75 dissidenlazione, e solo il 2 per cento frequenta. ti un paio di anni fa. Qualcuno temeva che fosse un modo di farsi strumentalizzare, ma La riapertura del seminario era anche un modo per poter far puntare i Invece la processione che ha portato in tut- riflettori su Cuba, sulla drammatica manta l’isola l’immagine della Madonna del canza di rispetto dei diritti umani in un Cobre è stata vivacissima in tutta la nazio- paese isolato a pochi chilometri dalla costa ne, con gente di tutti i tipi, anche un po’ degli Stati Uniti dove frotte di turisti vanno per superstizione. Addirittura in alcuni pae- senza rendersi spesso conto che con quelsi, in processione si sono visti i massoni con lo che spendono per una cena una famiglia tutti i loro simboli. «Cuba non è un paese cubana deve vivere per un mese. Una fatica anche per la Chiesa, per i tancattolico ma “cattolicizzabile”», si dice. Il ruolo principale della Chiesa oggi è la cari- ti religiosi e religiose che sono vicini alla tà. Dal 1958 non c’è il permesso di costru- gente e per quelli che vivono sul filo del ire nuove chiese cattoliche, e la riapertura rasoio con la psicosi di essere continuamendel seminario all’Avana, ad alcuni è sembra- te spiati e controllati. «Hay que resolver», ta più un’operazione pubblicitaria di Raul dicono a Cuba e pragmaticamente cercano Castro che negli anni Sessanta lo sequestrò ogni mezzo per sopravvivere, con un po’ di in nome della rivoluzione. A Natale il car- indolenza caraibica e con la speranza che dinale Ortega y Alamino pronuncia il suo qualcuno si accorga di loro. La Chiesa fa quello che può, ma ci sono discorso in tv, è vero, ma sul canale educativo che si riceve praticamente solo nella capi- anche tanti sacerdoti che dopo un po’ si scotale. Insomma la strada per un vero cam- raggiano e chiedono di andar via, magari | | 28 marzo 2012 | 27 CULTURA MISSIONE APOSTOLICA CHI ERA FELIX VARELA Insegnante geniale e sacerdote degli ultimi Felix Varela viene considerato uno dei padri della nazione cubana. Nato all’Avana nel 1788, a 23 anni diventa sacerdote e a 24 professore di filosofia, fisica ed etica nel seminario della capitale. Nel 1821, a 33 anni, diventa deputato e inviato come rappresentante di Cuba alle Corti di Madrid. Le sue tre proposte di legge in Spagna, un governo per le province di oltremare, l’indipendenza e l’abolizione della schiavitù non vengono accettate. Nel 1823 lascia la Spagna; non potendo ritornare a Cuba, si autoesilia negli Stati Uniti, a New York, da dove continua la sua battaglia. Sacerdote esemplare, si occupa della costruzione di chiese e scuole, ed evangelizza i poveri e gli immigrati, aiutandoli a integrarsi. Muore negli Stati Uniti nel febbraio 1853. Il suo corpo riposa nell’aula magna dell’Università dell’Avana. Nel 1981 il governo di Cuba ha creato l’ordine Felix Varela, la maggiore onorificenza del paese. Varela incarna una santità moderna. Insegnante geniale, generoso, zelante; fu “prestato” alla politica per obbedienza e vi si dedicò per servizio agli uomini e alla società; fu sacerdote “santo” non per quello che scrisse, ma per quello che fece. «L’augurio – dice il postulatore Rodolfo Meoli – è che dopo la prima evangelizzazione di Cuba, possa iniziarne una seconda nel nome di Varela, dopo quest’ultimo mezzo secolo di scristianizzazione. E che Varela, cubano di nascita e di cultura, ma statunitense per la sua attività apostolica, possa servire alla riconciliazione di questi due popoli». [aa] A sinistra, Giovanni Paolo II all’Università dell’Avana prega davanti alla lapide di padre Felix Varela (in alto, la sua statua). Il suo processo di beatificazione è iniziato nel 1986 Aperti al mondo I cattolici cubani da questa visita si aspettano anche l’annuncio della beatificazione del servo di Dio padre Felix Varela. Rodolfo Meroli, postulatore della causa, conferma che la Congregazione per la causa dei santi ha approvato il decreto che ne dichiara le virtù eroiche. Giovanni Paolo II nel suo viaggio disse che «la fiaccola che, accesa da padre Varela, doveva illuminare la storia del popolo cubano fu raccolta, poco dopo la sua morte, da quella personalità eminente della nazione che fu José Martí». Un discorso tenuto all’Università in cui il Papa ricordava la venerazione dei cubani per padre Varela e José Martí. «Sono convinto – disse – che questo popolo ha ereditato le virtù umane di matrice cristiana di ambedue questi uomini, dato che tutti i cubani condividono in 28 | 28 marzo 2012 | | solo il Signore Gesù ci può dare». Il cuore dei cubani è aperto a fede, cultura e musica. Cuba è un’isola piena di contraddizioni, ma dove c’è tanta voglia di vivere e di creare, di esprimersi. Anche per la fede. Ma la diplomazia deve mantenere il suo equilibrio. Come fa l’ambasciatore cubano presso la Santa Sede. Eduardo Delgado ricorda sempre che i rapporti diplomatici tra Cuba e Vaticano da 76 anni non sono mai stati interrotti. E Cuba è grata per la posizione della Santa Sede, ovviamente contraria all’embargo. Del resto la Chiesa si è sempre opposta a ogni azione le cui conseguenze ricadano sulla popolazione. Una terra difficile per tutti «Il popolo cubano – dice l’ambasciatore – a mio avviso aspetta innanzitutto di vedere il Papa: desidera stargli vicino, ascoltarlo, ricevere il suo messaggio. La sua parola influisce positivamente sulle persone e sullo sviluppo della società». Insomma, Cuba è un paese difficile per tutti, a tinte forti, descritto in modi quasi opposti da chi pensa che la Chiesa dovrebbe prendere posizioni forti contro il regime e da chi invece pensa che il Vangelo passa per vie imprevedibili e che è meglio non rischiare l’espulsione, come è successo in passato a preti e suore. Nessun compromesso col regime ovviamente, ma una sorta di Ostpolitik caraibica che punta sulla vicinanza alla gente attraverso la carità e la disponibilità. Anche per questo la visita di Benedetto XVI è importante. Perché un padre «Il popolo cubano aspetta di vedere il Papa: non lascia mai soli i suoi desidera stargli vicino, ascoltarlo, ricevere figli. E qualcuno sogna addiil suo messaggio. La sua parola influisce rittura una Gmg all’Avana. sulle persone e sullo sviluppo della società» Angela Ambrogetti Foto: AP/LaPresse a Miami con la comunità di esuli cubani. E così a Cuba restano soprattutto neri e creoli avvolti dalla nuvola della Revolucion e condizionati dai riti magici dei culti di antica importazione africana. Non è raro trovare chi si guadagna la vita allevando galli da sacrificare per qualche rito della Santeria. La Chiesa affronta questa situazione basandosi su quello che è rimasto della cultura cattolica. E lo fa con coraggio e abnegazione, potendo lavorare solo nelle parrocchie. Niente scuole, niente università, niente accesso al mondo culturale insomma. modo solidale la loro impronta culturale». Intanto la diplomazia vaticana è molto cauta. Il nunzio monsignor Bruno Musarò, arrivato da poco a dare il cambio a Giovanni Angelo Becciu, diventato il numero due della segreteria di Stato vaticana, rilascia solo poche interviste ufficiali. In una dichiarazione al Sir, l’agenzia dei vescovi italiani, parla dei cambiamenti dopo la visita di papa Wojtyla: «Tutti ricordiamo ancora le parole profetiche di Giovanni Paolo II: “Che Cuba si apra al mondo e il mondo a Cuba!”. Proprio da quell’esortazione, pronunciata davanti a migliaia di cubani e a milioni di telespettatori, scaturisce gran parte dei cambiamenti che stanno caratterizzando la vita della nazione, incominciando dal dialogo tra Chiesa e governo. L’ultimo riguarda il campo economico con un insieme di riforme. Ma i cambiamenti più importanti sono quelli di cui nessuno parla e che si realizzano nel cuore e nella mente di coloro che hanno accolto il messaggio di Giovanni Paolo II. In sostanza si tratta della speranza nel futuro dell’isola, della gioia di sapersi amati e rispettati, intraprendendo così un cammino di riconciliazione e d’impegno per il bene comune. I prigionieri, i malati, le persone sole o abbandonate hanno trovato una ragione per andare avanti, superando con fiducia e coraggio tutti gli ostacoli. Questo è il vero cambiamento: la libertà interiore, il desiderio di crescere nell’amore vero, quello che ESTERI LE PRIMARIE DEL GOP I ormai si sa, sono un ragioniere, un visionario, un furbacchione e un matto. Ciascuno ha il suo ruolo assegnato in quel contraddittorio dramma teatrale che è la corsa per le primarie del Partito repubblicano, e a quello diligentemente si limita. Il ragioniere è Mitt Romney, l’ex governatore del Massachusetts che da quando sente minacciata la sua prerogativa di “candidato inevitabile” non fa altro che parlare di numeri per compensare le mancanze in fatto di trasporto emotivo. Rick Santorum, il visionario, da quando ha capito di poter minacciare la prerogativa di “candidato inevitabile” di Romney non fa altro che parlare di trasporto emotivo per compensare le mancanze in fatto di numeri. Il furbacchione è l’ex speaker della Camera Newt Gingrich, originario della Georgia – dove si è effettivamente affermato – ma logorato e reso vagamente furbo e cinico da una trentennale frequentazione con l’establishment di Washington. In punta di sceneggiatura Gingrich dovrebbe fare la parte dell’alleato di Santorum contro la cultura capitalista e bostoniana di Romney, ma in pratica si sta tra- 30 protagonisti di questa storia, | 28 marzo 2012 | | Non è solo questione di numeri Certo, bisogna calcolare gli stati conquistati, i voti dispersi e l’eleggibilità di ognuno. Ma la corsa tra Mitt il ragioniere e Rick il visionario per il diritto a sfidare Obama è destinata a durare ben oltre le presidenziali di novembre Foto: AP/LaPresse da New York Mattia Ferraresi Foto: AP/LaPresse In queste pagine, i candidati alle primarie del Partito repubblicano americano. Qui sopra, Ron Paul e, in alto, Newt Gingrich. A sinistra, Rick Santorum e Mitt Romney (nella pagina a fianco). Romney e Santorum, i due attualmente in testa, hanno rispettivamente circa 500 e 250 delegati. Per vincere bisogna accumularne in tutto 1.144 sformando in un peso per lo sfidante più accreditato. Ogni volta che il canuto signore incassa un buon piazzamento, come è successo in Alabama e Mississippi, dove è arrivato secondo, la tentazione di abbandonare la gara e dare il suo endorsement all’ex senatore della Pennsylvania di colpo svanisce, e lui torna a sognare la lunga corsa che porterà i candidati alla convention di Tampa, in Florida, il 30 agosto. La dispersione di voti che ne risulta è un danno che Santorum inizia a sentire sul serio. L’ultimo è il matto – senza offesa, s’intende – ovvero Ron Paul, deputato del Texas che ha idee impresentabili per un’alta percentuale dell’elettorato repubblicano. Per la bassa percentuale restante è una specie di divinità. Le sue ragioni per continuare a rimanere in pista pur non avendo vinto le primarie nemmeno in uno stato sono ottime e non hanno nulla a che fare con la candidatura alla presidenza. Paul coltiva il suo orto libertario, pasce le pecorelle del Tea Party, semina parole che raccoglierà più avanti sotto forma di fedeltà e donazioni. Le metafore agricole non sono campate per aria, perché Paul propone parole d’ordine balzane e borderline secondo una rotazione quadriennale precisa, scandita dalle stagioni politiche. Romney è arrivato terzo in Alabama e Mississippi, stati del Sud che non s’accordano per nulla con il cursus honorum di un politico mormone che ha guidato a lungo un fondo d’investimento, ha studiato nelle università dell’Ivy League, è stato governatore di uno stato snob e democratico, e lì ha cambiato idea su molte cose, dall’aborto al sistema sanitario. Pagare ora a destra i compromessi dei tempi del Massachusetts è uno dei fattori che ha fatto emergere Santorum, candidato debole con idee forti che s’è insinuato nelle lacune dell’avversario, ha usato le sue debolezze ragionieristiche come trampolini per lanciare l’immagine del candidato dei contenuti, della visione del mondo, dei valori tradizionali e della resurrezione del conservatorismo sociale. ne internazionale e della libertà religiosa. Quando ha deciso di mettere la faccia nella politica nazionale che conta si è trovato di fronte un candidato meccanico e incravattato che sapeva parlare soltanto la lingua dei ricchi; lui ha risposto infiammando i cuori del popolo. Nella doppia vittoria del Sud anche Santorum giocava fuori casa, in un ambiente politicamente e antropologicamente lontano dal suo, ma l’irreprensibile rigore morale del cattolico ha contribuito ad attrarre gli evangelici – che non hanno un candidato di riferimento: il paradosso è piuttosto che i cattolici gli preferiscono l’avversario – dinamica che è diventata una costante nel percorso elettorale. Altrettanto costante è la spartizione di voti per censo. Romney conquista facilmente i conservatori che guadagnano più di Evangelici e cattolici, ruoli invertiti centomila dollari l’anno, mentre Santorum Questo figlio della working class s’era già intercetta la sensibilità della middle class visto all’opera durante gli anni di George meno agiata, quel grande centro che si sta W. Bush, impegnato con grande spirito ide- separando per una specie di idrolisi politiale sul fronte della vita, della cooperazio- ca indotta dalla crisi. Ma Romney, dicevamo, ha uno spirito da ragioSantorum ha la potenza di idee che prendono niere, il quale gli ha permesso di tramutare anche quealla pancia, trasmette una scossa elettrica sta sconfitta in qualcosa che quando parla ai suoi. Romney fa comizi, somiglia, almeno da lontano, a una vittoria moraSantorum adunate. La differenza è tutta lì | | 28 marzo 2012 | 31 le. Quando il vento sembra soffiare nella direzione opposta, Romney non ha nemmeno bisogno di prodursi nell’eloquio pubblico: convoca le squadre dei contabili ed espone al mondo il conteggio dei delegati, unico parametro oggettivo per distinguere la vittoria dalla sconfitta. Nella serata della sconfitta a sud, l’ex governatore ha racimolato 43 delegati, Santorum 36. In totale Romney ne ha circa 500, il suo principale avversario la metà, e per mettersi in tasca la nomination la fatidica cifra da raggiungere è 1.144. Questo è ciò che il governatore dice, ma soprattutto fa dire agli altri. E non c’è sondaggio che tenga Insistere in prima persona è sconveniente, meglio parlare di piani per rilanciare l’economia, tagli fiscali, attacchi di varia natura, dalle centrali nucleari iraniane al welfare europeo. A parole Romney vorrebbe cercare di smarcarsi dalla dialettica delle primarie, quella dove guadagna visibilità e consensi chi la spara più a destra, ed entrare nella grande lotta delle elezioni generali, quelle dove ci si batte per il voto di indipendenti e indecisi, dunque soprattutto al centro. Ma il tabellone dello score dice che per arrivare lì bisogna avere i numeri. Lui ce li ha, ma non ancora tutti. Ha quattro quinti di scala, come si dice nel poker, ma per agganciare la quinta carta serve un colpo favorevole. La sera successiva alle primarie del Sud, durante una cena di fundraising, il magnate dei supermercati John Catsimatidis ha detto: «I media non vogliono raccontare la realtà. Romney ha vinto più delegati la scorsa notte di qualsiasi altro candidato. Quando i media parlano di una “grande vittoria” di Santorum non dicono la verità. È semplice matematica. Fate i compiti a casa e ditemi il risultato dell’addizione. La verità è la verità». Questo è lo “stump speech” dei ragionieri di Romney, il suo contenuto è sostanzialmente vero nonostante appaia terribilmente lontano dalla percezione dell’elettorato nelle dinamiche di voto, nei caucus, nei discorsi romneyani, dove l’astante più eccitato sbadiglia. 32 | 28 marzo 2012 | | Santorum ha la visione, la IL SANTORUM DEL ’64 CHE “LANCIÒ” REAGAN potenza di idee che prendono alla pancia, trasmette una scossa elettrica quando parla Un nuovo Goldwater per ai suoi. Romney fa comizi, Sanun partito da rifondare torum adunate. La differenza è Nel 1964 il senatore dell’Arizona Barry Goltutta lì. Anche per questo una dwater vinse la nomination repubblicana dopo una costante dell’ex senatore è statornata di primarie affollata, logorante e con grande ta quella di “superare i sondagdispersione di voti. Con i dovuti aggiornamenti dello gi”. In Mississippi ha vinto senspettro politico, Goldwater allora occupava una za essere mai stato una sola volposizione simile a quella che occupa oggi Rick Santota in testa nelle previsioni, nemrum. Entrambi sono outsider senza il timbro ufficiale meno quelle fatte dal più audadell’apparato, entrambi hanno sfidato avversari ce o sprovveduto degli istituti. moderati e ricchi; quest’anno l’uomo da battere è Mitt Nate Silver, il cervellone che elabora i numeri elettorali del New York Times, ha dovuto ammettere, ancorché implicitamente, la sua incapacità di fare previsioni sensate su Santorum con un articolo dal titolo: “Perché Santorum supera sempre i sondaggi?”. Silver si difende dicendo innanzitutto che lui costruisce modelli di calcolo, non fa sondaggi, dunque se la materia prima di cui dispone è scadente il modello sarà inevitabilmente fallace. Ma fra le varie ipotesi sulle ragioni politiche degli exploit ce ne sono due non prettamente tecniche che illuminano la fenomenologia di Santorum. Prima ipotesi: l’entusiasmo. Gli elettori dell’ex senatore gli somigliano, sono entusiasti e galvanizzati come lui, si sentono parte di una comunità, non sono monadi isolate che arrivano razionalmente a sottoscrivere il titolare della fetta più radicale dell’elettoun patto di mutuo interesse. Presi da que- rato conservatore, gente che odia l’intrusiosta ispirazione, sono più propensi a convin- ne dello Stato nella vita delle persone, fino cere gli indecisi e a stanare i refrattari, men- al punto di ripudiare il censimento obbligatre il bacino di Romney ha una naturale ten- torio, visto come una violazione della liberdenza alla stagnazione (in diversi stati l’ex tà personale. Questo tipo umano non ama governatore ha preso un numero di prefe- che qualcuno scandagli le sue opinioni, renze estremamente simile a quelle che ave- nemmeno un sondaggista che sta facendo va ottenuto nel 2008, non proprio il segno il suo sporco lavoro telefonico, dunque predi una campagna dinamica). Seconda ipote- ferisce non dire nulla oppure tagliare corto si: la scelta privata. Il candidato visionario è con la storia del “voto il candidato più eleggibile”. E il ragionamento sull’eleggibilità, criterio di compromesso molto europeo, è uno dei perdenti certi in queste primarie repubblicane, tanto che “l’inevitabile” Romney ha alternato vittorie che sembravano definitive a sconfitte che riaprono la partita. Le osservazioni di Silver vanno unite a un fenomeno ricorrente in tutti gli stati. Santorum vince nei distretti rurali a bassa densità di popolazione, territori più sensibili alla campagna “grassroots”, radicata, capillare e basata su vie di comunicazione classiche; Romney si afferma nei centri urbani e nei sobborghi delle élite. I suoi uomini ne fanno un punto d’onore, dicono che è nelle città che si vincono le elezioni, Foto: AP/LaPresse ESTERI LE PRIMARIE DEL GOP Romney, allora era Nelson Rockefeller. I sostenitori dei moderati odiavano a tal punto il conservatorismo muscolare di Goldwater che quando Rockefeller si ritirò dalla corsa dirottarono le loro preferenze sul governatore della Pennsylvania, William Scranton, l’unico che avrebbe avuto qualche possibilità, secondo i calcoli disperati di quei giorni, di fermare Goldwater. Alle elezioni generali Lyndon Johnson poi spazzò via il senatore repubblicano con il 61 per cento delle preferenze, ma a quel punto Goldwater aveva già cambiato il volto del conservatorismo. Non si trattava esclusivamente della vittoria immediata, ma della direzione Foto: AP/LaPresse un’osservazione confermata dai dati storici ma che contiene un lato oscuro per Romney in vista della probabile (ma tuttavia ipotetica) corsa contro Barack Obama a novembre: l’ex governatore è forte nei distretti dove Obama è tremendamente forte. Dove va la White America Charles Murray, scienziato politico di ascendenze libertarie, ha scritto di recente Coming Apart: The State of White America, 1960-2010, un libro fondamentale per capire l’involuzione della classe media bianca negli ultimi cinquant’anni. Nel modello elaborato per spiegare come l’America bianca è cambiata sotto il profilo sociale, economico e politico, Murray propone due mondi contrapposti: Belmont e Fishtown, ovvero il quartiere più snob di Boston e il sobborgo di Philadelphia simbolo della working class. «Per essere assegnati a Belmont occorre avere almeno una laurea di primo livello e fare il manager, il medico, il giudice, l’ingegnere, l’architetto, il professore, lo scienziato o il giornalista. Per essere assegnati a Fishtown, invece, occorre non avere un titolo di studio più alto del diploma Qui accanto, Ronald Reagan tra i suoi sostenitori nel 1980. A sinistra, Barry Goldwater, outsider delle primarie dei repubblicani nel 1964. Il suo conservatorismo muscolare, inviso al partito, divenne poi il laboratorio della rinascita del Gop che culminerà appunto con Reagan. Sotto, la copertina del saggio di Charles Murray sulla middle class bianca degli States (elettorato di riferimento dei repubblicani), sempre più divisa, secondo la metafora dell’autore, tra Belmont, il quartiere più snob di Boston, e Fishtown, sobborgo di Philadelphia simbolo della classe operaia impressa a un partito lacerato da correnti e fazioni. Proprio come oggi, anche allora il Gop aveva bisogno di una restaurazione, un nuovo momento fondativo, e Goldwater fornì la piattaforma di idee che nel tempo ha portato anche i successi elettorali. Era il laboratorio che ha covato la nascita di Ronald Reagan. Quando quest’ultimo è stato eletto, sedici anni più tardi, il columnist George Will ha scritto: «Ci sono voluti sedici anni per ricontare i voti, e alla fine ha vinto Goldwater». Recitare la parte del nuovo Goldwater è un vasto programma, ma Santorum è abbastanza outsider e visionario per ragionare in questi termini. [mf] superiore e, nel caso si lavori, si considera il lavoro da colletto blu o da colletto bianco di basso livello». Lo scopo dell’analisi di Murray prescinde dalla tornata elettorale in corso, ma incidentalmente – e certo non casualmente – coglie la filigrana sociale che sta sullo sfondo dello scontro fra Romney e Santorum. Il primo viene da Belmont (peraltro non da una Belmont immaginaria, ma proprio da quella Belmont), mentre il secondo è, almeno idealmente, un abitante di Fishtown. Quella separazione del mondo bianco americano che Murray giudica il criterio supremo per considerare i cambiamenti dell’America finisce per essere riflessa e incarnata nella lotta fra i campioni di versioni incompatibili del conservatorismo. Coming Apart è uno strumento illuminante per trarre la presente competizione delle primarie fuori dalla fanghiglia della politica day by day, dal territorio pedestre del- la battaglia per i voti, e mette ogni cosa in prospettiva. Visti attraverso le lenti storiche e sociologiche di Murray, i due sfidanti vengono trasfigurati. Romney è un manager prestato alla politica, i suoi comizi sembrano riunioni di lavoro, le sue idee su società e vita sono programmaticamente deboli e ambigue, i suoi princìpi tendono a essere sempre negoziabili, e l’orizzonte della sua azione è un risultato ragionieristicamente calcolabile. Per questo insiste, con una tenacia che sfiora la monomania, sull’aspetto matematico della sfida. Santorum è il suo Doppelgänger visionario, poco pratico sui numeri ma abile nell’accarezzare le emozioni degli elettori. La sua storia politica manca di credibilità all’occhio del ragioniere, ma trova un posto rilevante nel mondo se vista attraverso la capacità di connessione con un elettorato che dei calcoli con l’abaco non sa che farsene. Per questo i frutti del conSantorum vince nei distretti rurali, territori più servatorismo sociale di Santorum potrebbero ricompasensibili alla campagna radicata, basata su vie rire nel panorama politico di comunicazione classiche; Romney si afferma molto più in là di questa tornei centri urbani e nei sobborghi delle élite nata elettorale. n | | 28 marzo 2012 | 33 ESTERI IL NUOVO RISIKO C’è tensione in casa Una nuova ondata nazionalista sta generando conflitti e crisi diplomatiche in mezza Europa. Il pretesto è la difesa delle minoranze etniche. Ma sembra una prova di forza tra governi ormai ridotti alla semi-inutilità da Bruxelles I ministri degli Esteri di Polonia e Lituania non si parlano più. La Romania blocca fino all’ultimo minuto la candidatura della Serbia all’ingresso nell’Unione Europea. L’Ungheria di Viktor Orbán si prepara a incrociare nuovamente i guantoni con la Slovacchia di Robert Fico, dopo la vittoria a valanga dei socialdemocratici nelle elezioni slovacche. Chi credeva che attriti e tensioni fra stati europei fossero confinati ai Balcani convalescenti dalle guerre degli anni Novanta del XX secolo e ai paesi nati dalla frantumazione dell’Unione Sovietica deve ricredersi: gli stati dell’Europa orientale che nel giro di pochi anni hanno visto degradare i loro rapporti in misura preoccupante sono parte integrante dell’Unione Europea o sono sulla strada per aderirvi. Ernesto Galli Della Loggia ha recentemente scritto due stimolanti editoriali sul Corriere della Sera per spiegare che l’eclis- 34 | 28 marzo 2012 | | se della politica alla quale stiamo assistendo è dovuta non solo alla crisi economica, ma alla crescente sovranità sovranazionale dell’Unione Europea, che toglie spazio all’unico ambito in cui la democrazia è praticabile in modi e forme sensati: quello nazionale, dove infatti storicamente è nata. Fatto sta che partiti, governi e parlamenti nazionali continuano a esistere: ma di che cosa si occuperanno, su cosa si accapiglieranno? Messo da parte il caso di Germania e Francia, paesi che ambiscono a comandare l’Europa per interposta Ue, si potrebbe concludere che in Italia gli oggetti residui della contesa politica sono la televisione e la giustizia; in Spagna, Belgio e Regno Unito sono le aspirazioni indipendentiste o secessioniste di alcuni territori; nell’Europa dell’Est sono i litigi coi vicini motivati dal trattamento delle rispettive minoranze nazionali. Tutte conseguenze della sottrazione di economia, fiscalità e welfare alle politiche nazionali da parte di Bruxelles? Galli Della Loggia non è del tutto d’accordo: «I paesi dell’Europa orientale», dichiara a Tempi, «non hanno bussato alla porta della Ue mossi da volontà di integrazione europea, come è stato il caso dei paesi fondatori della Cee. Le loro motivazioni erano altre: sottrarsi all’influenza dell’Unione Sovietica e poi della Russia, accedere ai fondi europei, disporre di un mercato per le loro merci. Ma la loro cultura politica resta nazionalista». È senz’altro vero, ma ci sono casi in cui il nazionalismo e la suscettibilità per il trattamento delle minoranze etniche ha davvero l’aria di un pretesto per poter flettere i muscoli e giustificare la propria esistenza di fronte agli elettori del proprio paese. Prendiamo il caso del colpo di scena che ha preceduto il Consiglio europeo dell’1-2 marzo scorsi: doveva semplicemente rati- Un manifesto di protesta contro l’ingresso della Serbia nell’Unione Europea ficare la decisione di concedere alla Serbia lo status di paese candidato, ma al Consiglio degli affari generali del 28-29 febbraio la Romania ha di fatto bloccato il processo asserendo che Belgrado non offriva garanzie sul trattamento delle minoranze etniche sul suo territorio, in particolare dei valacchi della valle del fiume Timok, al confine fra i due paesi. Il veto è arrivato come un fulmine a ciel sereno, essendo Serbia e Romania fino a poco prima due paesi con visioni affini di politica estera: Bucarest ha sempre perorato la causa dell’ingresso di Belgrado nella Ue ed è uno dei pochi paesi dell’Unione a non aver riconosciuto l’indipendenza del Kosovo. Effettivamente nella sua visita del novembre scorso a Belgrado il capo di Stato rumeno Traian Basescu aveva chiesto maggiori garanzie a favore della minoranza rumena in Serbia in materia di diritti linguistici, religiosi e dell’istru- I VALACCHI Rumeni in Serbia La candidatura della Serbia all’Ue era stata bloccata dalla Romania motivando che Belgrado non offriva garanzie sul trattamento delle minoranze etniche sul suo territorio, in particolare dei 40 mila valacchi al confine tra i due Stati. Lo stesso capo di Stato Traian Basescu aveva già chiesto maggiori garanzie a favore della minoranza rumena in materia di diritti linguistici, religiosi e d’istruzione. Per sbloccare la concessione dello status di candidato all’Ue è stato necessario firmare un protocollo d’intesa fra i due paesi sul trattamento delle minoranze. Estonia Lettonia Lituania Polonia Repubblica Ceca Slovenia Slovacchia Ungheria Romania Croazia Serbia zione, ma non tutti avevano capito che stava ponendo la questione dei valacchi: in Serbia vivono, secondo il censimento del 2002, 35 mila rumeni nella regione della Vojvodina che godono dei pieni diritti linguistici, scolastici e religiosi (hanno anche un vescovado ortodosso rumeno che si occupa di loro), ma nulla del genere è previsto per i 40 mila valacchi della valle del Timok Benché di lingua rumena, in maggioranza costoro non si considerano legati alla Romania né alla minoranza rumena in Serbia. Tuttavia è stato necessario stendere e firmare a spron battuto un protocollo d’intesa bilaterale fra Romania e Serbia sul trattamento delle minoranze per sbloccare la concessione dello status di paese candidato alla Ue. L’ultimatum della Polonia Polonia e Lituania, invece, sono già membri dell’Unione (dal 2003 la prima, dal 2004 la seconda), ma i loro rapporti bilaterali continuano a degradarsi. Sabato scorso migliaia di giovani e non più giovani polacchi di passaporto lituano hanno dato vita a una marcia di protesta nella capitale Vilnius in difesa dell’educazione in lingua polacca e contro la legge che ha aumentato il numero delle materie che devono essere insegnate in lingua lituana all’interno delle scuole per la minoranza polacca. La data scelta per la protesta è inquietante: il 17 marzo ricorre l’anniversario della consegna dell’ultimatum con cui la Polonia, nel 1938, intimava alla Lituania di stabilire entro 48 ore rapporti diplomatici con Varsavia se non voleva una dichiarazione di guerra. Oggi non sia- Bulgaria Minoranze etniche* nei paesi dell’Europa dell’Est membri dell’Ue 25% della popolazione Bulgaria Turchi Rom 9,4% 4,7% Croazia** 4,5% Serbi Estonia Lettonia 25,5% Russi 2,1% Ucraini Bielorussi 1,2% 27,6% Russi Bielorussi 3,6% Ucraini 2,5% Polacchi 2,3% 1,3% Lituani Lituania Polacchi 6,7% 6,3% Russi Bielorussi 1,6% Repubblica Ceca 3,7% Moravi Slovacchi 1,9% Serbia*** Bosgnacchi 1,8% Rom e Sinti 1,4% Romeni e Valacchi 1,1% Slovenia 2% Serbi 1,8% Croati Bosgnacchi 1,1% Polonia Tedeschi Ucraini 4% 4% Romania Magiari Rom 6,9% 2,4% Slovacchia Magiari Rom 9,6% 1,8% Ungheria Rom Ruteni Tedeschi 5% 3% 2% * sono considerate solo quelle superiori all’1% della popolazione ** ingresso previsto per il 2013 *** paese candidato all’ingresso | | 28 marzo 2012 | 35 ESTERI IL NUOVO RISIKO Sopra, il primo ministro slovacco Robert Fico. È al suo secondo mandato. Il suo partito, “Direzione- Socialdemocrazia” ha ottenuto un grande successo elettorale. A sinistra, il primo ministro ungherese Viktor Orbán mo ancora agli ultimatum, ma già i ministri degli Esteri (il polacco Radek Sikorski e il lituano Audronius Azubalis) non si parlano più. Il cahier des doléances dei polacchi comprende, oltre all’aumento delle ore di lezione in lituano, la chiusura di alcune scuole per la minoranza polacca per asserite difficoltà di bilancio, la mancata restituzione a cittadini polacchi di proprietà immobiliari nella regione di Vilnius (che fu governata dalla Polonia fra il 1920 e il 1939) confiscate in epoca sovietica, l’utilizzo esclusivo dell’alfabeto lituano nei documenti ufficiali che costringe a rinunciare alla grafia polacca dei nomi e cognomi. Per parte loro i lituani lamentano il declino delle scuole per la minoranza lituana (circa 20 mila persone) in Polonia dopo il 2007 e le interferenze polacche nella loro politica interna, che vede il partito Azione elettorale polacca apertamente sostenuto dal governo della Polonia. Dove porterà questa atmosfera avvelenata non è chiaro, ma il fatto che in ottobre si svolgeranno in Lituania elezioni politiche non aiuta. to della minoranza ungherese in Slovacchia (oltre 520 mila persone, pari al 9,6 per cento della popolazione) a utilizzare la lingua madre subisse significative ferite. La legge sulla lingua slovacca del 2009 ha reso punibile con multe fino a 5 mila euro l’uso di lingue minoritarie nelle strutture pubbliche e nei pubblici esercizi di città e villaggi dove la minoranza linguistica presente è inferiore al 20 per cento; ha altresì stabilito il primato dello slovacco, che deve essere usato anche nei verbali e nelle circolari delle scuole delle minoranze linguistiche, e deve comparire in tutte le iscrizioni pubbliche, come i nomi delle vie e le targhe degli uffici pubblici, anche nelle località dove le minoranze sono maggioritarie (in questi casi si assisterà alla duplicazione di iscrizioni e documentazione, anche quando nessuno è interessato allo slovacco). Il primo mandato di Robert Fico è stato anche caratterizzato dal rigetto di ogni tentativo di approvare riparazioni per gli ungheresi danneggiati dai decreti di Benes (1940-’45) che li avevano spogliati delle loro proprietà in Slovacchia. E da incidenti diplomatici come quello di Komárno del respingimento alla frontiera del capo di Stato ungherese László Sólyom, inizialmente invitato all’inaugurazione di una statua di santo Stefano nella città di Komárno, poi dichiarato persona non grata dopo che aveva fatto sapere che non avrebbe ricevuto dignitari che il governo slovacco intendeva fargli incontrare. L’Ungheria portò la faccenda alla Corte di giustizia europea, asserendo che era stata violata la direttiva sulla libertà di movimento dei cittadini nei paesi della Ue, ma la Corte le diede torto. Si è sicuramente comportato in modo più disdicevole del presidente magiaro Sol- Il ritorno di Robert Fico Mentre la contesa lituano-polacca è già bella calda, un’altra crisi intra-Ue che si era raffreddata rischia di recuperare temperatura: quella fra Ungheria e Slovacchia. Grazie al successo del suo partito (Smer, acronimo di “Direzione-Socialdemocrazia”) che ha conquistato la maggioranza assoluta in un’elezione anticipata, Robert Fico va a occupare per la seconda volta nella sua carriera la carica di primo ministro. Il suo precedente mandato (2006-2010) è consegnato alla damnatio memoriae per la partecipazione alla coalizione di governo degli ultranazionalisti del Partito nazionale slovacco di Ján Slota, che in un discorso ad alto tasso alcolico aveva inviIl primo mandato di Robert Fico è stato anche tato la Slovacchia a inviare i caratterizzato da incidenti diplomatici come suoi carri armati a spianaquello di Komárno del respingimento alla re Budapest, ma soprattutto frontiera del capo di Stato ungherese Sólyom aveva ottenuto che il dirit36 | 28 marzo 2012 | | yom il presidente slovacco Ivan Gasparovic, che nell’agosto scorso ha manifestato la sua opposizione all’erezione, nella città di Kosice, di un monumento in memoria di János Esterházy, deputato di origine ungherese dei parlamenti prima cecoslovacco e poi slovacco, arrestato dai sovietici e deceduto nelle carceri comuniste cecoslovacche nel 1957, dove era internato con l’accusa di tradimento e di collaborazione col fascismo per aver seduto nel parlamento slovacco “collaborazionista” coi nazi-fascisti. I timori della Slovacchia Gasparovic però omette un dettaglio non insignificante: Esterházy fu l’unico deputato non solo del parlamento slovacco, ma probabilmente di tutti i parlamenti di paesi europei infeudati ai nazisti, che votò contro la deportazione degli ebrei nei campi di concentramento hitleriani e che aiutò centinaia di essi a salvarsi. L’Anti-Defamation League gli ha dedicato un’onorificenza alla memoria e la Chiesa cattolica ha aperto il suo processo di beatificazione. Gasparovic, invece, è stato eletto presidente anche coi voti degli ultranazionalisti di Ján Slota, che ha definito Josef Tiso, il presidente della Slovacchia filo-nazista, «uno dei più grandi figli del popolo slovacco». Più che delle statue di Esterházy, però, gli slovacchi sono preoccupati della legge emanata dal governo di Viktor Orbán nel 2010 che consente a tutti gli ungheresi, in qualunque paese vivano, di chiedere e ottenere la cittadinanza dell’Ungheria. A Bratislava temono che questo sia il primo passo per rimettere in discussione il trattato di Trianon del 1920 che ha assegnato alla Slovacchia i suoi attuali territori meridionali, abitati da popolazione di etnia magiara. Orbán in realtà non ha mai evocato una revisione dello storico trattato. Ma c’è il rischio che un’Ungheria umiliata dalla Ue si rivolga al nazionalismo come valvola di sfogo di frustrazioni crescenti. Rodolfo Casadei Il Free DUCk è un quadriciclo elettrico leggero, pratico e maneggevole che costituisce una valida risposta al problema della mobilità nel pieno rispetto dell’ambiente. • Quadriciclo di tipo leggero disponibile nelle versioni oelettrica ed ibrida serie • Autonomia: 60 Km in modalità elettrica, > 200 Km ocon range-extender • Dimensioni ridotte: 180x165x100 cm • Vano di carico: da 180 litri o da 300 litri • Omologato per due persone • Guida con patentino CIG per scooter 50cc • Esente dall’uso di casco e di cinture di sicurezza Ducati Energia SpA a Socio Unico, Via M. E. Lepido nr. 182 Bologna Italia - tel. 00 39 051 6411511 - fax 00 39 051 402040 - sito web www.ducatienergia.com GLI ULTIMI SARANNO PRIMI GLI INSULTI DI FRECCERO A BORGONOVO DI LIBERO Non si dice «stronzo fascista» a chiunque. Può sembrare offensivo M io caro Malacoda, è vero che l’inferno è lastricato di buone intenzioni, ma non mi stancherò mai di ricordarti che gli slanci morali vanno tenuti a bada. Se li lasci liberi di perseguire il loro fine combinano guai, ottengono effetti contrari a quelli per cui li innalzi come vessillo. Ti faccio un esempio: la trasparenza. Tutto si deve sapere, tutto si deve intercettare, tutto si deve pubblicare non è un principio universale. La trasparenza è come i vetri di certe automobili, da dentro vedi fuori, ma da fuori non puoi vedere dentro. Trasparente è aggettivo unidirezionale. Usato nei due sensi di marcia può nuocere ai “buoni”, i “morali”, i fautori del progresso e dell’emancipazione; i fustigatori degli altrui costumi rischiano di trovarsi in mutande (che è poi il nome popolare di costume). Ora ti faccio un nome: Carlo Freccero, il direttore di Rai 4. Un maestro della tv, un’intelligenza che va custodita e protetta, mica è un cardinale di curia che gli possiamo intercettare le lettere e pubblicarle. Le sue telefonate con i giornalisti sono gemme linguistiche da custodire nel Il direttore di Rai 4 è un’intelligenza che va segreto, perle da mostrare nell’intimità di un salotto, non da dare ai porci divulprotetta. Le sue telefonate con i giornalisti gandole via stampa. Pubblicare il sunto sono perle da mostrare nell’intimità di un della conversazione tra Freccero e Fransalotto, non da dare ai porci divulgandole cesco Borgonovo (giornalista di Libero che aveva criticato un suo programma) via stampa. Non fa bene alla democrazia non fa bene alla democrazia. «Il tuo articolo di merda» è frase equivoca. Se chi la pronuncia è coprofilo non va considerata insulto bensì complimento. Anche «lei ha scritto un pezzo dei coglioni» non è un’offesa ma un apprezzamento per il coraggio del giornalista (nel senso di «lei ha due coglioni così»). «Cretino», come spiega il matematico Odifreddi, è sinonimo di cristiano, nel contesto era un mero riconoscimento delle radici culturali dell’interlocutore. «Lei mi sembra deficiente» può sembrare un’offesa solo per chi non abbia conoscenza e uso appropriati del linguaggio; secondo l’etimologia di deficere: lei ha scritto ciò che ha scritto per mancanza di alcune informazioni che ora io le fornirò; siamo nell’ambito della critica accettabile, rafforzata da altri passaggi del colloquio («Bisogna leggere nel contesto della narrativa. Lei purtroppo non è un esperto di televisione, mi dispiace. Dovrebbe leggere interamente il contesto di pedagogia…», «Legga qualche libro!», «Impari qualcosa»). Sul foglio non viene riportato il tono esortativo del maestro nei confronti dell’allievo, di qui l’equivoco. Va, inoltre, detto che Freccero, pur avendo in uggia i «cardinali pedofili», è uomo di letture insospettabili: l’esegesi biblica è il suo forte. E quando dice «lei è un asino» conosce il significato nobile che a questo animale viene dato nella cultura ebraica, tanto da essere scelto da Gesù per il suo ingresso regale in Gerusalemme. «Stronzo fascista» ti sembra ingiustificabile? Caro nipote, anche noi siamo cultori del Libro Sacro, conosci Matteo 12, 34: «La bocca parla dalla pienezza del cuore». Perché vuoi negare a uno spirito illuminato come Freccero la spontaneità della sincerità? Non si lodano gli uomini che dicono ciò che pensano? Certo, forse la virtù non è nel passaggio dal cervello alle labbra. Ma del contenuto della testa ti dirò in una prossima lettera. Tuo affezionatissimo zio Berlicche | LE NUOVE LETTERE DI BERLICCHE | 28 marzo 2012 | 39 SOCIETÀ SUSSIDIARIETà VS CRISI La scuola di tutti Le iscrizioni sono troppe e i locali sono stretti. L’Aurora Bachelet di Cernusco deve decidere: chiudere o allargarsi. Genitori e prof vogliono rischiare. La banca della città sostiene la “follia”. La prima campanella suonerà a settembre L a chiamano la scuola del cancello azzurro. È quello che costeggiano decine e decine di bambini, ogni mattina appena prima che suoni la campanella della prima ora. Per chi abita a Cernusco su Naviglio, a nord est di Milano, si tratta di una scuola strana: metà statale (la Mosè Bianchi) e metà paritaria. In quei palazzoni grigi convivono infatti due strutture, che si scambiano palestra, fotocopiatrice e gessi colorati all’occorrenza. La paritaria si chiama Aurora Bachelet, laica, di ispirazione cattolica. Nata nel 1981, sotto forma di cooperativa, dalla libera iniziativa di un gruppo di genitori e insegnanti che desideravano per i propri ragazzi un’esperienza educativa fondata sulla solidarietà tra famiglie e docenti. La prima classe aveva 12 alunni, ospitati nel sottoscala di una parrocchia. «All’inizio ci dicevano: “Vuoi farti una scuola? Libero di farla, però te la devi pagare. E nessuno ti deve aiutare”», racconta uno dei primi soci. Il tentativo però viene subito condiviso da altri cittadini, e nascono così una scuola elementare e una media vere e proprie. Entrambe hanno sede nei locali scolastici messi a disposizione dal Comune, tramite una convenzione apposita. L’amministrazione mantiene le sue proprietà senza dispendio di energie, tempo 40 | 28 marzo 2012 | | e denaro, e i professori hanno delle aule in cui insegnare. La scuola statale non si è ritrovata di fronte un concorrente, bensì un interlocutore con cui condividere progetti e iniziative. In queste poche classi, con un corridoio a dividerle e un piccolo giardino attorno, c’è una familiarità fuori dal comune. E mentre i ragazzi giocano, i professori si riuniscono davanti alla macchinetta del caffè. «Il vostro è più buono», scherza uno, prima di tornare in classe. Per passare dall’Aurora Bachelet alla Mosè Bianchi basta fare trenta metri. «Fare rete è fondamentale, e ci viene spontaneo», racconta Silvia Trasi, insegnante di letteratura. «Conviene a tutti: se l’intero sistema funziona, anche la scuola paritaria sta meglio, e non viene percepita come refugium peccatorum». «Scommettiamo sui ragazzi» In classe si parla del naufragio della Concordia, come topos letterario. «Spesso prendiamo spunto dall’attualità, dalle domande dei ragazzi. Non vogliamo indottrinarli: il nostro compito è solo quello di tenere desta la loro naturale curiosità e apertura. Le materie non sono altro che punti di vista sulla realtà. A noi insegnanti spetta solo trasmettere uno sguardo profondo sulle cose». Se nei primi anni di attività veniva addi- Sopra e sotto, i rendering e alcune immagini del cantiere della nuova sede dell’istituto Aurora Bachelet. A sinistra, un’aula della sede attuale. Nell’altra pagina, in basso, la responsabile del cantiere Irene Mariano e il rettore della scuola Rosario Mazzeo I NUMERI DEL PROGETTO La nuova sede dell’istituto Dopo trent’anni di attività, l’istituto Aurora Bachelet si è dotato di una sede propria. L’importo per la realizzazione del progetto è di 9 milioni di euro: un edificio di 8.500 metri quadrati su un’area di 12.000, situata a Cernusco sul Naviglio (MI). Con la raccolta fondi si punta a rag- giungere quota 1,5 milioni. Attuallmente gli iscritti sono 509. Tutte le domande di ammissione ricevute potranno essere prese in considerazione grazie alla nuova sede. | | 28 marzo 2012 | 41 SUSSIDIARIETà VS CRISI SOCIETÀ A sinistra, l’attuale aula insegnanti, molto più piccola rispetto a quella della nuova sede (sopra), che prevede anche un auditorium da 200 posti, 35 aule cablate, con lavagne multimediali, climatizzazione ecologica e 5 laboratori tata come “la scuola di CL”, ora è diventata a tutti gli effetti la scuola della città. Fuori, un gruppo di mamme con le borse della spesa in mano aspetta che i figli escano. Poi si va al parco tutti assieme. Il rettore dell’Aurora Bachelet, Rosario Mazzeo, è alla guida dell’istituto dal 1997. E raramente parla in prima persona, perché si sente parte di una comunità educativa: «Per noi l’educazione consiste nel guidare e accompagnare un bambino o un ragazzo a realizzarsi, mettendo a frutto tutte le sue doti e i suoi interessi, nel rapporto con tutta la realtà. Vogliamo scommettere sulla libertà dei ragazzi, nella condivisione tra genitori e docenti, secondo una reale alleanza, nel rispetto dei propri ruoli e delle specifiche responsabilità. È questa unità ideale e operativa che favorisce la crescita integrale di ogni ragazzo. L’abbiamo constatato più volte, in questi trent’anni». Un progetto avveniristico Col passare del tempo e del passaparola gli alunni si sono triplicati. Si inizia a star stretti, non c’è più spazio per contenerli tutti. I posti disponibili per le future classi non bastano a soddisfare le richieste, che arrivano a sfiorare il doppio della capienza. Soprattutto, la convenzione col Comune è scaduta. Che fare? «Ogni avventura dell’uomo si trova periodicamente a considerare le ragioni che sorreggono l’intuizione iniziale, e che hanno mosso l’azione. I compagni di viaggio che si sono aggiunti di anno in anno sono una ragione in più per compiere questo approfondimento», continua il rettore. L’Aurora Bachelet è una scuola pubblica, cioè un bene di tutti. Lo è per storia, per legge, per esperienza. Non per nulla nasce, si propone e si sviluppa secondo la logica del- la solidarietà e della sussidiarietà. «È nel suo Dna essere fattore di crescita sociale. E ci siamo messi all’opera. Avevamo due possibilità: chiudere o rischiare. E puntare in alto. Abbiamo scelto la seconda opzione». Parte la ricerca di un terreno adatto, e si ipotizza la costruzione di un nuovo edificio. Il progetto è avveniristico: dal bar alla palestra, passando per l’auditorium e i laboratori, gli spazi sono impressionanti. «Soprattutto se paragonati a quelli attuali», sorride Mazzeo, nel suo minuscolo ufficio. Si tratta finalmente di una scuola vera, e moderna. Il tutto comporta un investimento importante, sia per l’acquisto del terreno, sia per la messa in piedi delle strutture. «Tutti ci consideravano dei folli, continuavano a ripeterci che in un momento di crisi come questo non era sensato rischiare così pesantemente, con una sede tanto ambiziosa. Che nessuna banca ci avrebbe concesso credito. Ma la vita è sempre un rischio, e abbiamo continuato a cercare dei donatori, a lanciare un sistema di auto-finanziamento. Erano anni che avevamo nel cassetto il sogno di poter porre la prima pietra di un edificio tutto nostro». Lo sforzo viene ricompensato: dopo mesi si trova una banca locale che decide di sostenere la cooperativa. Si tratta della banca del Credito Cooperativo di Cernusco che contribuisce con un mutuo straordinario. L’idea ispira fiducia: «L’Aurora Bachelet è una realtà che dà lavoro», spiega il presidente, Ennio Sirtori. «E soprattutto offre un servizio qualificato, a livello educativo e culturale». I cittadini sono stati chiamati a contribuire «perché la storia continui, perché le nuove generazioni possano usufruire di un luogo e di uno strumento che possa accompagnarle nell’avventura della conoscenza». La raccolta fondi Si può sostenere la costruzione della scuola “donando un mattone” del valore di 500 euro, mentre ai grandi donatori che offriranno cifre più significative, verrà proposto di lasciare un segno evidente nella scuola, personalizzando uno degli spazi della futura struttura: un’aula, la palestra, la biblioteca. «Da quello scantinato, ne abbiamo fatta di strada. Chi l’avrebbe mai detto? È un segno che l’intuizione era quella giusta. Alcuni pensano alla scuola non statale di ispirazione cattolica come a una sorta di campana di vetro sterilizzata contro i mali, reali o presunti, della società sempre più competitiva e corrotta. Un’isola fortunata, in cui non approdano cattive compagnie. La nostra esperienza è un’altra: la scuola cattolica esiste e si offre come un ambiente che educa istruendo, aperto a tutti così com’è ogni esperienza autentica. Che cos’è educare, se non introdurre alla realtà totale?». Nel cantiere, immerso nel verde, i lavori fervono. Anche gli operai si augurano di avere occasione di visitare la scuola una volta finita, «magari per un open day o qualche incontro pubblico». Il polo scolastico (che comprende la scuola elementare, media e superiore) dovrebbe essere «Tutti ci consideravano dei folli, continuavano terminato a giugno, in tempo per accogliere gli alunni a ripeterci che in un momento di crisi non era a settembre. Loro non vedosensato rischiare pesantemente. Invece ne no l’ora di varcare l’ingresso. abbiamo fatta di strada. Chi l’avrebbe detto?» Chiara Sirianni | | 28 marzo 2012 | 43 società un uomo di dio L’eredità di zio Giuseppe Como dedica una mostra alla straordinaria avventura di padre Ambrosoli. Il medico della carità che curava e battezzava i bambini dell’Uganda «scegliendo i nomi della nostra famiglia». Il racconto della nipote Giovanna 44 | 28 marzo 2012 | | U na vera eredità. La si riceve mentre tutti godono di ottima salute, nell’utilizzo inconsapevole e ovvio di beni che sembrano piovere dal cielo e in realtà sono frutto di ingegno, intraprendenza e lavoro sodo. O ancora, la si riceve respirando a pieni polmoni la ricchezza di sentimenti e valori sedimentati, tramandati da generazioni. Giovanna Ambrosoli, che già nel nome evoca la solidità e il successo di una famiglia legata al marchio inimitabile di miele e caramelle, si riconosce oggi fino in fondo erede di una storia eccezionale legata alla figura di suo zio, padre Giuseppe Ambrosoli, missionario comboniano medico per il quale è in corso il processo di beatificazione. «Sto conoscendo padre Giuseppe una seconda vol- Sopra, Giuseppe Ambrosoli (1923-1987), il medico della carità, come venne ribattezzato in Uganda dove trascorse 32 anni di vita missionaria come padre comboniano, apparteneva alla famosa famiglia dell’industria del miele. Dopo la morte è stata aperta la causa di beatificazione Il sogno di padre Ambrosoli sopravvisse alla terribile notte del 13 febbraio 1987, quando i militari evacuarono con la forza medici e ammalati. E oggi l’ospedale di Kalongo e i suoi 10 medici e 240 infermieri assistono 40 mila pazienti ogni anno ta, a distanza di venticinque anni dalla sua morte», racconta Giovanna, 49 anni, tre figli, una laurea in economia e commercio e una professione che dall’impegno nell’azienda di famiglia l’ha portata in altri ambiti fino a sviluppare nuove prospettive sul versante del no profit. «È stato un personaggio; fin da piccola avvertivo che la sua vita era dedicata a qualcosa di grande, a un’impresa coraggiosa, anche se non ne parlava mai direttamente. Un particolare mi è rimasto impresso: padre Giuseppe ci raccontava che battezzava tanti bambini e che spesso sceglieva i nostri nomi, i nomi dei suoi nipoti. Era molto umile, non aveva mai l’aria preoccupata, austera. Anzi, gli piaceva scherzare, prendere le cose con ironia», ammet- te, ripescando ricordi vividi a distanza di decenni. «Era molto legato a mio papà che era il più piccolo degli otto fratelli. Giuseppe, penultimo, era nato dieci anni prima. Anche per questo si era creato un legame molto significativo fra di loro». Tutta la famiglia, racconta la nipote, dai nonni agli zii a una quarantina di cugini, era toccata e affascinata dalle qualità e dalla sensibilità dello zio che aveva deciso di fare il medico per dedicarsi a popolazioni dimenticate nella miseria in una sperduta zona del Nord Uganda. «Lo vedevamo in poche occasioni, dato che quando ritornava a casa, a Ronago – il paese in provincia di Como dove era consolidata la famosa industria del miele –, dedicava tempo ai contatti con ospedali, per aggiornare la preparazione e sensibilizzare alla cooperazione o andava a trovare i familiari dei collaboratori che lavoravano con lui a Kalongo». In fuga da Kalongo E del resto un vero ponte di solidarietà, misurabile nel crescente numero di container carichi soprattutto di attrezzature mediche da destinare all’ospedale avviato in Uganda, aveva reso più evidente e nota una dedizione spesa con umiltà. Fra i ricordi più lucidi, il giorno della sua morte avvenuta il 27 marzo 1987 a Lira, 120 chilometri da Kalongo: «Avevo 24 anni quando giunse la notizia, mancavano tre giorni alla mia laurea. Mi aveva colpito la drammatica condizione in cui padre Giuseppe si era trovato a concludere i suoi giorni. L’avevo percepita come un’ingiustizia grave, inconcepibile: lui che aveva dedicato ogni energia per sollevare la popolazione ugandese da una condizione di miseria, che aveva messo in piedi un ospedale ben attrezzato per garantire servizi sanitari di qualità ai più poveri, è morto in una situazione desolante, costretto a fuggire da Kalongo», racconta, descrivendo il momento della forzata evacuazione dell’ospedale imposta dai militari ugandesi. «Fu un colpo tremendo, fummo costretti a partire di notte: da lontano vedevamo fumo e bagliori di fuoco nella zona di Kalongo», così aveva annotato lo stesso padre Ambrosoli. «Non ho più dimenticato l’espressione di dolore sul viso di padre Giuseppe, avendo egli immaginato che nelle fiamme fosse andato distrutto proprio il suo ospedale. Morì con questa convinzione», testimonia il confratello comboniano medico padre Egidio Tocalli, che affiancò padre Ambrosoli nella sua opera prendendone successivamente le redini dal 1987 | | 28 marzo 2012 | 45 società un uomo di dio In questo servizio, foto che illustrano la vita presso il Dr. Ambrosoli Memorial Hospital e la scuola di ostetricia St. Mary Midwifery School. Una storia iniziata nel nord Uganda alla fine degli anni 50 da padre Ambrosoli e che si racconta oggi in una mostra ospitata al palazzo del Broletto di Como al 2009. Già dopo l’abbandono di Kalongo la prima preoccupazione di padre Giuseppe era stata quella di dare una ricollocazione alla scuola di ostetricia da lui stesso organizzata con metodiche d’avanguardia e la formazione di personale indigeno, e che rischiava la cancellazione nel quadro della sanità ugandese: «Nonostante i gravi problemi di salute, aveva supplicato il superiore di poter portare a compimento questo passo e dare continuità all’opera sanitaria particolarmente significativa anche sul fronte della maternità e dell’educazione». Un sogno sopravvissuto, o meglio, che continua a realizzarsi ancora oggi a Kalongo dove l’ospedale d’alto livello, sostenuto dall’impegno di 240 infermieri e 10 medici per 40 mila pazienti assistiti e 1.500 interventi l’anno, è punto di riferimento in un’area popolata da 500 mila abitanti. «La mia seconda vita» Un viaggio in Uganda, in occasione dei 50 anni dell’ospedale, e del 25° anniversario della morte di padre Ambrosoli, ha risvegliato una memoria e acceso i riflettori anche sul futuro: «Era il mio primo viaggio a Kalongo e ho visto con i miei occhi i luoghi e la gente che facevano parte del mio vissuto fin dall’infanzia. Mi sono sentita “a casa” e ho avvertito la responsabilità di un’opera che in un certo senso mi appartiene, mi è affidata come una eredità preziosa» ammette la stessa nipote che ha deciso di occuparsi a tempo pieno della Fondazione Dr. Ambrosoli Memorial Hospital, costituita nel 1998 dai missionari comboniani insieme alla famiglia di padre Giuseppe. Una nuova prospettiva è già delineata: «Le risorse a sostegno dell’ospedale sono sempre meno, sono venuti a mancare vari aiuti economici destinati all’area ugandese nel periodo della guerra e il futuro apre enormi problemi 46 | 28 marzo 2012 | | l’ESPOSIZIONE fotografica Istantanee di un’impresa missionaria “Da Como a Kalongo sulle orme di padre Giuseppe Ambrosoli”: è il titolo di una mostra fotografica allestita a Como, al palazzo del Broletto, che resterà aperta fino al 31 marzo. L’iniziativa è promossa dalla Fondazione Dr. Ambrosoli Memorial Hospital in occasione del 25° anniversario dalla morte del missionario comboniano originario di Ronago, in territorio lariano, e deceduto a 63 anni a Lira, in Uganda, il 27 marzo 1987. Decine di “scatti” raccontano la straordinaria avventura del “medico della carità”, come era stato soprannominato, che ha lasciato una testimonianza della sua fede profonda, trasmessa attraverso il servizio e la dedizione ai più poveri e declinata secondo uno spiccato spirito imprenditoriale legato alla tradizione familiare e al territorio lombardo. Nella carrellata di fotografie scorre la storia di padre Giuseppe Ambrosoli, appartenente alla famiglia dell’industria del miele e delle caramelle, che dopo la laurea in medicina e chirurgia e la specializzazione a Londra in malattie tropicali, decide di entrare nella congregazione dei comboniani con il sogno di partire per l’Africa. La mostra descrive quindi, con immagini di ieri e di oggi, la storia dell’ospedale di Kalongo, il Memorial Hospital, e della scuola di ostetricia St. Mary Midwifery School, fondati entrambi da padre Ambrosoli, e i progetti intrapresi grazie ai numerosi sostenitori e volontari che nel tempo hanno lavorato a favore dell’ospedale ugandese e collaborato alla crescente impresa sociale e solidale dall’Italia e dal mondo. La mostra è aperta da martedì a venerdì (dalle ore 14 alle 18), sabato e domenica (dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14 alle 18). Si prevedono visite guidate al mattino solo su prenotazione (scrivere a: [email protected]). di sostenibilità», spiega Giovanna, che oggi nel ruolo di vicepresidente della fondazione, insieme al cugino Roberto Ambrosoli presidente, sta assecondando una svolta decisiva nella direzione di un supporto all’ospedale che oltre ai fondi, sempre necessari, garantisca competenze qualificate sia mediche che manageriali. Più che una nuova professione, dato che la competenza nella gestione aziendale nell’ambito no profit non le manca, Giovanna ha imboccato un vero e proprio percorso esistenziale: «Il lavoro per la fondazione rappresenta la mia “seconda vita”. Ho deciso di coltivare fino in fondo il seme ricevuto». E le iniziative in cantiere sono molteplici, sia per recuperare i costi che il governo ugandese copre solo per un venti per cento, sia per ampliare le occasioni di collaborazione e aggiornamento con referenti importanti come la Fondazione Cariplo e l’università Bocconi di Milano. «Intendiamo valorizzare le risorse locali curando la formazione e proseguire nell’intento comboniano di “salvare l’Africa con gli africani”», spiega, ipotizzando un futuro ancora tutto da immaginare. E da realizzare con il massimo impegno, ma forse anche da attendere come una grazia. Laura d’Incalci l’italia che lavora La fabbrica delle note Il primo fu Ciccolini, che si esibì alla Scala nel 1984. Ma oggi, da Ashkenazy a Perahia, non si contano nel mondo gli estimatori dei pianoforti di Paolo Fazioli. E dire che tutto è cominciato con una laurea in ingegneria L e note – è proprio il caso di dirlo – del made in Italy, grazie alla Fazioli Pianoforti, risuonano in tutto il mondo e testimoniano l’ingegnosità italiana anche in campo artistico. Nell’azienda fondata dall’ingegner Paolo Fazioli negli anni Ottanta, a Sacile, in provincia di Pordenone, si fabbricano infatti pianoforti che per la loro qualità vengono esportati, per ben il 95 per cento della produzione totale, all’estero: dalla Germania al Giappone (paesi che con la Steinway e la Yamaha da sempre mantengono una posizione di preminenza), dalla Cina agli Stati Uniti. Com’è nata e si è sviluppata un’impresa impensabile per il nostro paese, famoso in passato nella produzione di strumenti musicali solo per i violini Stradivari, in grado di competere a testa alta con una formidabile concorrenza? Lo ascoltiamo dalle parole del presidente e socio di maggioranza, incontrato da Tempi nell’elegante showroom di Milano in via Conservatorio 17. Persona d’impeccabile cortesia, si racconta con modestia nell’accennare al suo successo. Quasi divertito. «La mia – dice Paolo Fazioli – è stata una vita percorsa curiosamente su un doppio binario. Mi sono laureato in ingegneria meccanica a Roma, alla metà degli anni Sessanta, pur 48 | 28 marzo 2012 | | A lato, l’ingegnere e pianista Paolo Fazioli, presidente della Fazioli Pianoforti, insieme ai suoi dipendenti. Nelle altre foto, il lavoro nella fabbrica di Sacile (Pn), una zona che vanta un’antica e prestigiosa tradizione nell’arte della lavorazione del legno essendo stato appassionato di pianoforte fin da bambino. Un amore mai tramontato e dopo l’università, ho conseguito il diploma al Conservatorio di Pesaro, dove insegnava un mio maestro. Tuttavia i miei sei fratelli, tutti maschi e romani (io, nato nel 1944, sono l’ultimo di loro) hanno voluto che entrassi nell’azienda di mobili per ufficio di alto design, la Mim, appartenente alla mia famiglia, che si era ampliata con stabilimenti sparsi in Italia e dove ho trascorso alcuni anni di lavoro». Fazioli ad un certo punto intuì che si poteva fare di più nella costruzione dei pianoforti, infondervi quella passione, quell’amore presenti una volta nei grandi costruttori dell’Ottocento, passati in secondo piano in seguito ai passaggi generazionali. «Ero convinto che ci fosse spazio per creare qualcosa d’innovativo, di raffinato e mi sentivo in grado di saperlo fare. Non solamente come ingegnere, ma anche come musicista. Appartenevo inoltre a una famiglia di imprenditori che conosceva bene il legno e sono partito proprio dal legno, mettendo poi assieme uno staff di persone che mi potessero seguire, esperte non solo in acustica». Biso- «Il pianoforte è uno strumento complesso, composto dal legno, da un telaio di ghisa, corde, tasti. La sua meccanica, basata su concetti tecnico/ingegneristici non è affatto semplice» gna, infatti, tenere presente che il pianoforte, inventato dall’italiano Bartolomeo Cristofori a Firenze nel Settecento, un’idea ripresa e sviluppata in seguito dai tedeschi grazie ai loro mezzi finanziari, «è uno strumento particolarmente complesso, composto, oltre che dal legno, da un telaio di ghisa, da corde, da tasti. La sua meccanica è basata su concetti tecnico/ingegneristici e non è per niente semplice. Dopo numerosi studi e ricerche, abbiamo preparato dei prototipi nello spazio messo a disposizione dalla nostra azienda di mobili a Sacile, per quanto i miei fratelli avessero delle riserve (ma ora due di loro sono soci di minoranza). Negli anni Ottanta abbiamo iniziato la produzione vera e propria». Il primo grande musicista a suonare con i pianoforti Fazioli fu Aldo Ciccolini, alla Scala nel 1984, seguito da Nikita Magaloff, Martha Argerich, Vladimir Ashkenazy, Alfred Brendel, Angela Hewitt, Murray Perahia, e tutti si sono congratulati per la qualità dello strumento. Il successo era stato raggiunto. «Non mi chieda cosa ho provato quando li ho sentiti suonare sul mio pianoforte. Una grande emozione certo, ma io non mi accontento mai. Ero arrivato sì ad un ottimo livello, ma ciò non m’impedì di cercare continuamente di migliorare. L’aspetto più soddisfacente è stato quello di raggiungere una buona quota di mercato in Germania, proprio nella nazione dove esiste il maggior numero di fabbriche di pianoforti. In Europa complessivamente esportiamo il 40 per cento, poi segue, con circa il 30 per cento l’Estremo Oriente, dove siamo presenti ogni anno alla fiera di Shanghai, e un altro 30 per cento in Nord America. Il totale della nostra produzione rivolta all’estero è del 95 per cento da trent’anni e mi chiedo, visto il buon apporto di denaro che portiamo in Italia, se un’azienda come la nostra non dovrebbe essere premiata con una sorta di sgravio fiscale. Se lo Stato avesse un occhio di riguardo per le aziende che rendono onore al valore del made in Italy, saremmo molto più ricchi…». Non è cosa da signorine La musica classica, continua Paolo Fazioli, è un valore rimasto ancora inalterato e deve essere trasferito ai giovani i quali pur parlando di pop e di rock, aspettano che qualcuno la insegni loro. «L’errore principale da noi è che nella scuola la musica o non è insegnata o è insegnata male. Una situazione che risale all’unità d’Italia, 150 anni fa. La musica fu l’ultima cosa a cui pensarono i politici, i quali ritenevano che fosse adatta alle signorine di buona famiglia e a gente che non aveva voglia di lavorare. Abbiamo in questo senso una tradizione molto scadente non paragonabile agli altri paesi. I bambini non possono, come si fa ora, conoscere la musica utilizzando i piccoli flauti dati loro. Una cosa sciocca. Bisogna insegnare ai ragazzi la grande musica e parlarne, fare loro ascoltare i famosi solisti, le grandi orchestre». I pianoforti della Fazioli si possono acquistare nello showroom di Milano, (dove vengono, su richiesta, dati anche a noleggio, oltre ad essere garantiti dall’assistenza tecnica), che ospita frequentemente dei concerti, e dai rivenditori in varie città d’Italia. L’azienda ha quaranta dipendenti e produce 120 pianoforti l’anno. «Un pianoforte costa dai sessanta ai centoventimila euro. Per il futuro sono sereno. Mio figlio, che fra poco conseguirà la laurea in economia aziendale, sarà il mio erede essendo molto interessato al mio lavoro. Ho poi un’altra figlia, una vivace bambina di tre anni e mezzo, che ascolta anche lei la musica dando grandi manate creative tipo “cluster” sul pianoforte di casa. Penso – conclude Paolo Fazioli – sia di buon auspicio». Paolo Grieco | | 28 marzo 2012 | 49 PER PIACERE SPOSARSI CULTURA E PARADISI TROPICALI Un viaggio di nozze indimenticabile P er le coppie che vogliono coronare il matrimonio con un viaggio perfetto, dato che sarà una delle poche fughe senza pargoli al seguito, il network di agenzie Frigerio viaggi propone lune di miele per tutti i gusti. Le destinazioni consigliate per chi si sposa in primavera sono per gli amanti della natura sconfinata. La proposta è un tour di 12 giorni in Australia con 4 notti a Sydney e il resto tra spiagge e canguri nei parchi naturali. Il pacchetto che abbina cultura e mare prevede invece 3 notti glamour nella Grande Mela per poi raggiungere il mare della Giamaica, oppure 3 giorni romantici a Parigi e poi via verso il paradiso tropicale delle Seychelles. Si può AMICI MIEI LIBRI/1 L’uomo dell’acqua di Alver Metalli Alver Metalli nato a Riccione nel 1952 è romagnolo a tutti gli effetti. Ma il mestiere di raccontare lo ha portato dapprima a Roma, poi in Argentina, quindi in Messico e in Uruguay. Attualmente vive a Buenos Aires. L’America Latina è il mondo che meglio conosce e al quale ha dedicato saggi e romanzi, tra i quali il libro per ragazzi La vecchia ferrovia inglese, pubblicato 50 | 28 marzo 2012 | | anche volare più lontano, in Giappone. È il periodo giusto per trovare ciliegi e susini in fiore e scoprire una cultura diversa tra templi, tecnologie avanzate e ravioli al vapore. Anche Marrakech è in fiore in questo periodo. Ci si può divertire al souk tra le bancarelle o fare un’escursione a dorso di cammello nel deserto. Per un viaggio indimenticabile si parte dai 4.000 euro a coppia ed eventualmente si può fare la lista nozze del viaggio disponibile online. Caterina Gatti Per informazioni www.frigerioviaggi.com da Gallucci. Ora fa il suo approdo in libreria L’uomo dell’acqua (Gallucci, 164 pagine, 12 euro), un breve romanzo per ragazzi, ma non solo, ambientato in un luogo imprecisato dell’America Latina, dove i paesani di un villaggio ricevono la notizia di una visita che potrebbe cambiare la loro penosa condizione. In un villaggio dove un uomo dai poteri singolari riceve la visita di persone che anelano ai suoi benefici e dove su tutto aleggia il mistero benigno in attesa di rivelarsi. La citazione di Kafka nelle pagine che precedono il racconto invita alla lettura: «Colui che non abbiamo mai visto, che però aspettiamo con vera bramosia, che ragionevolmente però è stato considerato irraggiungibile per sempre, eccolo qui seduto». LIBRI/2 Testimone della generosità di Dio Il libro Don Natale Bellani. Cristo ha afferrato la mia vita (Itaca, 12,50 euro, 216 pagine) recensito su Tempi (gennaio, numero 2) sarà presentato dagli autori, Cristiano Guarneri e Maria Acqua Simi, venerdì 23 marzo. Appuntamento presso la sala Bonomelli del centro pastorale di Cremona alle ore 21. Introdurrà don Vincenzo Rini, amico di don Natale e direttore del settimanale diocesano La vita cattolica. Un momento per conoscere e approfondire attraverso le testimonianze di chi lo ha conosciuto la storia del sacerdote cremonese, amico, guida e compagno fedele di centinaia di persone. Un uomo conquistato dall’amore di Maria e che ha testimoniato a chiunque «l’imprevedibile generosità di Dio». LA RIMESSA DI MARIANO COMENSE Ricette antiche, capolavori di succulenta corposità di Tommaso Farina C TERRA E MARE Non solo luna di miele Da New York alla Giamaica, da Parigi ale Seychelles. L’abbinata “cultura-mare” va sempre per la maggiore tra i viaggi degli sposi. Tra le mete scelte anche la Thailandia con la capitale Bangkok o Sukhothai, la città dei templi. Per il mare, li vicino ci sono le Maldive. Oppure l’Africa dove si può trovare la più completa gamma di safari per chi ama l’avventura e la possibilità di entrare in contatto con le popolazioni locali. MOSTRA Pier Paolo Pasolini a Casa Testori Nel 2012 “Casa Testori” riapre con una grande mostra dedicata a una delle figure più importanti del Dopoguerra: lo scrittore Pier Paolo Pasolini (1922-1975). L’opera eterogenea del grande artista intellettuale, presente in mostra con oltre cinquanta dipinti e disegni, scritti autografi e una nutrita selezione di corrispondenza inedita, sarà distribuita nelle sale della casa natale di Giovanni Testori, per offrire uno spaccato esaustivo delle diverse espressioni del genio pasolinia- i sono ricette antiche che sulla carta sembrano un niente, roba improponibile, un ghiribizzo da vecchie zie costrette a far di necessità virtù. E che si prendono la loro rivincita al moIN BOCCA mento dell’assaggio, facendo regolarmente ammutolire un’intera ALL’ESPERTO tavolata. Che dire della “rostisciada”? Fa parte senz’altro di questo novero. È un piatto molto povero della Brianza comasca, ossia di paesi come Cantù, Inverigo, Mariano Comense… Proprio a Mariano Comense (CO) Sergio Mauri, al ristorante La Rimessa, ha recuperato questo piatto della memoria. La rostisciada è uno spezzatino di maiale (Mauri usa il filetto, in altre epoche è ragionevole supporre che venissero utilizzate parti più povere) con cipollotti, salsiccia brianzola (luganega, per la precisione) e patate. Un capolavoro di succulenta corposità. A ordinarlo alla Rimessa, vi daranno il piatto del Buon Ricordo, se vi interessa. Ma in quest’autentica, annosa rimessa per carrozze tramutata in ristorante, dall’ambiente fresco e ospitale, troverete tante altre buone cose. Tra gli antipasti, potrebbero capitarvi le lumache in umido di verdure e polenta in verde (radiosa, quest’ultima) da leccarsi i baffi. Di primo, pastosi e regali gli gnocchi di patate con pagliette di verdura e briciole di pasta di salame brianzolo (qualche ingrediente del posto c’è quasi sempre), e da segnalare il risotto di vialone nano al radicchio, mantecato al taleggio naturale di Pasturo con speck croccante. Come piatto forte, oltre alla rostisciada, è raccomandabile la storica lombatina di coniglio alla Vecchia Brianza, oppure la frittella di baccalà con gamberi gratinati e tramezzino con crema di salmone fumée. Di dolce, numerose le alternative, anche se i sorbetti di particolari IL VINO gusti hanno una marcia in più. Da Guado al Tasso 2008 non sottovalutare gli eccellenti forLa tenuta Guado al Tasso di propriemaggi, scelti con cura. Rimarchevole la tà dei marchesi Antinori si estende per carta dei vini, comprensiva di corposa scelmille ettari, 300 dei quali coltivati a vita di bicchieri e bottiglie da dessert. Calcote. Il microclima è perfetto per questa coltivazione. Il Guado al Tasso del late circa 60 euro in un ristorante ormai so2008 al naso è leggermente conlido da molti anni. dizionato dal legno, con note balsamiche evidenti, pieno e concentrato, chiude un po’ asciutto e con finale amarognolo. Da abbinare con antipasti toscani, zuppe pepate, selvaggina e con vitellone bianco dell’Appennino centrale. Costo in enoteca: 75 euro. Carlo Cattaneo no e un suggestivo affresco delle infinite pieghe espressive del suo animo inquieto. L’esposizione è stata realizzata da Davide Dall’Ombra e Giovanni Agosti, in collaborazione con l’associazione Giovanni Testori e Casa Testori associazione culturale. “Pasolini a casa Testori” aprirà i battenti il 20 aprile e rimarrà aperto fino all’1 luglio a Novate Milanese (MI), in largo Testori 13, incrocio via Dante e via Piave. Apertura al pubblico prevista nei seguenti orari: martedì-venerdì 18-22, sabato 10-23, domenica 10-20. Chiuso il lunedì. Per informazioni e prenotazioni www.associazionetestori. it; www.casatestori.it Per informazioni La Rimessa www.larimessa.it Via Card. Ferrari, 13b Mariano Comense (Como). Tel. 031749668 Chiuso domenica sera e lunedì CONVEGNI L’Agenda Digitale e i suoi vantaggi Regione Lombardia, attraverso l’Agenda Digitale, sostiene l’innovazione tecnologica e assume il ruolo chiave delle tecnologie dell’informazione e comunicazione come strumento di rilancio della competitività e della crescita della società. L’Agenda Digitale intende valorizzare esperienze in cui operatori pubblici e privati, come nel caso sperimentato nella provincia di Cremona, accettano la sfida dell’innovazione allo scopo di massimizzare i benefici derivanti dall’utilizzo delle tecnologie informatiche e telematiche. I comuni, e le altre amministrazioni pubbliche, le associazioni e le imprese private come possono proporre servizi digitali a cittadini spesso non propensi all’adozione di nuove tecnologie? Il convegno oraganizzato a Cremona il 24 marzo (dalle 9.30 alle 13 nel salone dei Quadri, Palazzo Comunale) chiarirà il ruolo dell’Agenda Digitale Lombarda. L’iniziativa, nata in collaborazione con Aemcom, vedrà partecipare Carlo Maccari, assessore alla Semplificazione e digitalizzazione della Regione, il sindaco di Cremona Oreste Perri, il presidente di Aemcom Mirko Grasselli e altri relatori. Per informazioni dettagliate www.newscomuni.it | | 28 marzo 2012 | 51 GREEN ESTATE LE DIFFERENZE CON L’UOMO CINEMA Gli animali non hanno diritti Ghost Rider 2 – Spirito di vendetta, di Mark Neveldine e Brian Taylor di Paolo Togni G Gnudi, 74 anni, pochi giorni fa è stato assalito e ucciso da un branco di cani randagi alla periferia di Milano. I suoi funerali sono stati celebrati in una chiesa semi deserPRESA ta, senza la presenza di autorità né il concorso di cittadinanza, e D’ARIA addirittura nella totale assenza dei mezzi di comunicazione. Una cerimonia ben diversa da tante altre che siamo abituati a vedere nel corso di telegiornali o trasmissioni televisive di costume, nelle quali centinaia o migliaia di persone si accalcano attorno alla bara di un personaggio di cronaca o della vittima di un reato; non che abbia qualcosa contro il concorso di folla ai funerali (anche se giudico grossolana, volgare, incivile e idiota l’usanza di applaudire in chiesa, o fuori, la bara: usanza purtroppo costantemente praticata da frotte di imbecilli). Quello che vorrei sottolineare nella vicenda del povero Gnudi, però, è come l’indifferenza generale sia stata indotta, o almeno favorita, dal crescente atteggiamento “animalistico” del mondo della comunicazione. Mi ritengo un amico degli animali; a parte quelli che, ben tenuti e ben assistiti, hanno vissuto con me, ho sempre cercato di fare quanto in mio potere perché a tutti i “nostri fratelli minori”, domestici o selvatici, venisse garantito il maggior benessere possibile. Naturalmente non dimenticando mai l’infinita distanza di valore che corre tra l’uomo, creato a somiglianza di Dio, dotato di anima (o di ragione), e gli animali, che sono vicini, ma non sono portatori di anima né di diritti; qualitativamente – e non quantitativamente – diversi, esseri Come potrà confermare qualunque sì senzienti, ma che non possono esdiscreto studente del primo anno sere considerati individui. di giurisprudenza, non può esserci Credo che proprio su questo diritto senza persona e personalità; punto si misuri la grave, intrinseca persona e personalità sono esclusive e strutturale ignoranza di tutti quelli che parlano di “diritti” degli anidell’uomo, unica creatura ad averle mali. Come potrà confermare qualunque discreto studente del primo anno di giurisprudenza, infatti, non può esserci diritto senza persona e personalità; e la persona e la personalità sono esclusive dell’uomo, unica creatura a possederle. Non esistono diritti degli animali, esistono doveri degli uomini verso gli animali. Tanto più appare quindi sorprendente il vero e proprio culto che una sottocultura diffusa vuole si tributi a queste creature, con grande effusione di affetto e di soldi. Solo in Italia si calcola in oltre dieci miliardi di euro la spesa annua per nutrire, curare e accudire gli animali domestici: per opportuna conoscenza ricordo che pochi euro al mese potrebbero salvare la vita di un bambino africano. Certo, capisco che poi il bambino non può essere portato in giro al guinzaglio. [email protected] aetano HUMUS IN FABULA AL SALONE DEL MOBILE Come riciclare nel comparto turistico La Masseria Torre Coccaro di Savelletri di Fasano, una struttura 5 stelle lusso in provincia di Brindisi, in occasione del proprio decennale si è fatta promotrice di un progetto pilota di sensibilizzazione del territorio e del suo comparto turistico, volto al tema del riciclo e del recupero dei materiali di scarto che si producono quotidianamente nelle strutture alberghiere. Il progetto “Pie- 52 | 28 marzo 2012 | | tra carta forbice”, patrocinato da Regione Puglia, Federalberghi, Comieco, Corepla, CoReVe, Associazione DComeDesign, Adi, Cna-Puglia, viene lanciato nel 2012 con due momenti significativi: il primo è l’ evento-mostra “Pietra carta forbice” dal sottotitolo provocatorio “L’hotel è riciclabile?” verrà proposto nel periodo di massima attenzione da parte del pubblico e degli operatori del settore internazionale che si concentrano nella città di Milano per la settimana del Salone del Mobile 2012 (16 al 22 aprile). Saranno esposti prodotti per uso alberghiero e turistico, proposti da un nutrito gruppo di designer, appositamente realizzati per la Meglio del primo ma tamarrissimo Johnny Blaze sta ancora cercando il modo di liberarsi dalla maledizione che lo affligge. Ennesimo film tamarrissimo con Nicolas Cage che negli ultimi anni sta inanellando una serie di filmacci che manco i decrepiti Pacino e De Niro insieme. Tra il 2010 e il 2011 il ragazzo dalla chioma sbarazzina ha girato Kick Ass, L’apprendista stregone, Drive Angry, L’ultimo dei Templari, l’ancora inedito Trespass, HOME VIDEO L’erede, di Michael Zampino Buona la prima Un giovanotto riceve in eredità dal padre una casa di campagna. Dovrà vedersela con inquietanti vicini. Bel film di genere italiano, diretto da un esordiente. È una sorpresa perché, pur essendo girato con due soldi e nonostante qualche debolezza (recitazione così così, qualche buco di sceneggiatura) ha il coraggio di creare la suspense con le ambientazioni rustiche così da assomigliare almeno un po’ al leggendario thriller padano La casa dalle finestre che ridono. mostra o già esistenti e opere di alcuni artisti e fotografi che lavorano sui temi dei materiali di scarto e sul concetto di riuso e riciclo. Il secondo momento prevede l’azione sul territorio pugliese, con il coinvolgimento di albergatori, Comuni e consorzi Comieco, Corepla e Coreve, allo scopo di sensibilizzare turisti e cittadini sul tema del riciclo. Una serie di strutture alberghiere incenti- veranno la raccolta differenziata attraverso la consegna a tutti i clienti di un gadget di cartone, con un codice di lettura QR per scaricare su smartphone e iPad una comunicazione sul progetto e sulle regole ‘del buon turista’. Con questo progetto la Masseria Torre Coccaro si pone come esempio da seguire non solo per gli albergatori del territorio pugliese, ma anche a livello nazionale. STILI DI VITA IN MOSTRA A GENOVA Solo per vendetta, più altri quattro in uscita nei prossimi mesi. Ghost Rider 2 non è il suo film peggiore: è meglio del primo, ha un minimo di ironia e i due registi Neveldine e Taylor, gli stessi del dittico folle Crank con l’altro tamarro della compagnia, però simpatico, Jason Statham, non fanno mancare ritmo, adrenalina e colpi di scena. È pieno di esplosioni, urina infiammabile, diavoli e monaci e ha un cast un po’ schizofrenico. Da un lato il solito tosto, immarcescibile Ciarán Hinds, dall’altra la nostra Violante Placido e il redivivo Christopher Lambert, il Cage di trent’anni fa. visti da Simone Fortunato COMUNICANDO CONVIVENZE POSSIBILI Cultura: un ponte per il dialogo Può l’islam convivere pacificamente con le altre religioni? Sì, tramite la creazione di ponti tra culture e civiltà diverse. L’operato degli organi diplomatici del Kuwait in Italia ne è testimonianza: da tempo si impegnano a trasmettere i veri princìpi di questo credo religioso con l’obiettivo di modificare l’attuale immagine dell’islam agli occhi del mondo. La cultura è considerata il miglior Mistero palpabile e commovente I registi Mark Neveldine e Brian Taylor di Annalena Valenti R ubare un giorno alla quotidiana organizzazione da paura, per un viagMAMMA OCA gio tra amiche a Genova. Meta principale la bellissima mostra “Van Gogh e il viaggio di Gauguin”, non a caso la più vista anche oggi in Italia, prorogata fino all’1 maggio. Punto di fuga che si snoda in un percorso affascinante, fatto di quadri e parole, «le cose del viaggio», le chiama il curatore Marco Goldin, che ci conduce dalla vertigine dei vasti spazi americani di Church e Turner al viaggio di esplorazione di Gauguin. Fulcro e rarità della mostra il quadro del pittore amante dei paradisi tropicali, Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?, che fa virare, nel viaggio che anche il visitatore fa, dal naturale movimento di spostamento ed esplorazione al viaggio per conoscere più profondamente ciò che già ci appartiene come fa il pittore Monet con il suo giardino. Bella ed evocativa l’idea dei curatori di riprodurre il plastico della sua casa, grande regno da esplorare, a Giverny. Si approda alle sale dove ci appare il mistero dell’esistenza come viaggio. Mistero palpabile e commovente davanti alle opere di Van Gogh, vero cuore della mostra. I ritagli dei giornali che copiava, i quadri, gli stralci delle sue lettere al fratello Theo. Qui diventano tangibili i versi del poeta T. S. Eliot che, lo si legge nel ricco libro di accompagnamento, sono la trama su cui è tessuta la mostra. «Non smetteremo di esplorare/ e alla fine dell’esplorazione/ saremo al punto di partenza/ sapremo il luogo per la prima volta». mammaoca.wordpress.com ponte per il dialogo e la convivenza tra popoli e religioni. Per questo motivo il consolato del Kuwait a Milano ha organizzato la mostra “Al Fann: arte della cività islamica” durante la quale sono stati esposti reperti archeologici e artistici di inestimabile valore. Un singolo reperto può rivelare tutte le relazioni, le influenze e le interazioni con le altre civiltà, soprattutto perché queste opere d’arte sono state realizzate da artisti cristiani, ebrei o appartenenti ad altre religioni: è questa la prova della convivenza pacifica tra le varie religioni in Kuwait. Il consolato ha anche organizzato “Le giornate kuwaitiane a Milano” allo scopo di rafforzare la coopera- zione tra Italia e Kuwait e per far conoscere il ruolo svolto da questo paese a livello locale e internazionale. Momenti di incontro come questi permettono un attivo, stimolante e proficuo scambio di opinioni e informazioni. La cultura è un veicolo privilegiato per la trasmissione di valori e testimonianze che consentano una libera opinione: è stato così per secoli e continua a esserlo ancora oggi, il messaggio è stato ribadito in occasione della celebrazione del 21esimo anniversario della liberazione del Kuwait tenutasi a Milano presso l’Hotel Principe di Savoia. www.discoverkuwait.org Giovanni Parapini Emanuele Gallo Perozzi | | 28 marzo 2012 | 53 MOBILITÀ 2000 DI NESTORE MOROSINI A sinistra, il frontale della Ford Fiesta St. Dall’alto, in basso: i comandi del sedile; i sedili Recaro; il volante che domina gli strumenti della plancia; il posteriore è USCITA DAL REPARTO CORSE DELLA FORD Fiesta St, la compatta iper vitaminizzata F ord Fiesta è uno dei cult dell’automobilismo mondiale. Una compatta che ha venduto milioni di unità e che sul mercato italiano occupa la quarta posizione dietro a Fiat Panda, Punto e Lancia Ypsilon. A Ginevra ha debuttato la Fiesta St dove la sigla identifica, da qualche tempo, le versioni più sportive e brillanti dei modelli di grande serie della Ford, in particolare Focus. La previsione per Fiesta St è di essere venduta a partire dal 2013. La vettura è stata sviluppata dal reparto sportivo Rs, che ha messo a durissima prova i prototipi sul circuito del Nürburgring, in Germania. Il reparto è noto anche per lo sviluppo delle vetture da gara della Ford. Più potente della precedente, la nuova Fiesta St può contare sull’apporto del quattro cilindri turbo EcoBoost 1.6 in configu- razione da 180 cavalli di potenza e 240 Nm di coppia massima. Le prestazioni sono di rilievo assoluto, con una velocità di punta di 220 km/h e un tempo inferiore ai 7 secondi per accelerare da 0 a 100 km/h. La presenza di un propulsore più moderno ed efficiente ha permesso di ridurre le emissioni e i consumi del 20 per cento rispetto al modello della generazione precedente. Il reparto Rs ha ovviamente adattato assetto e sospensioni alla potenza del motore. Il telaio è ribassato di 15 millimetri, c’è il Torque vectoring control per scaricare meglio a terra la coppia motrice in curva e, infine, sono state programmate tre modalità di gestione del sistema di controllo della stabilità. È inoltre previsto il dispositivo MyKey che, tramite una seconda chiave, limita le prestazioni e mantiene alta la soglia del controllo di stabilità per rendere più facile la vita dei guidatori meno esperti. Sono quasi d’obbligo i sedili Recaro, che hanno caratterizzato con la loro presenza altre versioni St. Facile riconoscere la Fiesta più sportiva. Il design della carrozzeria è stato dotato di appendici aerodinamiche per aumentarne l’efficienza, mentre gli interni si fanno notare per il contrasto tra i diversi colori dei rivestimenti. | | 28 marzo 2012 | 55 LA ROSA DEI TEMPI DOVE TIRA IL VENTO Orrore orrore, ho visto le cozze pelose Repubblica si è molto scandalizzata davanti a tutte le ghiottonerie che il sindaco di Bari Michele Emiliano ha ricevuto in regalo da un imprenditore poi finito nei guai con la giustizia. «Champagne, vino, formaggi, ostriche imperiali, quattro “spigoloni”, designati al maschile, e venti scampi, cinquanta noci bianche (trattasi di un prezioso mollusco bivalve, per giunta in estinzione), cinquanta cozze pelose, due chili di seppioline di Molfetta e SCHIFO Il repubblicones non mangia le cozotto astici», ha sciorinato ze pelose. Gli fanno schifo le cozze, al repubbliFilippo Ceccarelli con irocones. Anzi, gli fanno schifo i regali in generale. nia, pur senza nascondere Mai omaggiare un repubblicones con seppioperò la sua indignazione line, caciocavallo o altro bendiddio. Se gli verso quei regali «indicaserve qualcosa, il repubblicones se lo tivi di uno stile sfrontatelcompra. O magari si affida alla giulo e di un certo potere che stizia. Metti che gli va grassa e non distingue fra doni e porta a casa 564 bei milioni: desideri, umane debolezze dopo, con tutte le ostriche e mirate generosità». che può permettersi, ci riveste in madreperla il pavimento del tinello. Un giorno Google ragionerà come un uomo C’è grande attesa intorno a Google. Secondo le indiscrezioni, il motore di ricerca più potente del mondo starebbe sviluppando la “ricerca semantica”. In pratica, spiega il Daily Wired, BigG sarà in grado di «guidare gli utenti verso pagine selezionate in base ai dati personali di chi effettua la ricerca». Domani, quindi, non digiteremo più per esempio alberghi a Roma, ma chiederemo direttamente qual è il migliore albergo di Roma?, ricevendo risposte su misura per i nostri gusti. Non a caso diversi giornali annunciano già che RISPOSTE È una bella fregatura questa di «Google ragionerà Google che ragiona come un uomo. Uno digicome un uomo». ta il proprio nome e quello: «Uè sfigato, non ti si linka nessuno». Uno cerca repubblica.it e lui: «Ecco, clicca qua, ma niente fotogallery o lo dico a tua moglie». Scrivi farfallina e ti esce: «Bè? Non ti vergogni, alla tua età?». Insomma è una tragedia, la fine della libertà, soprattutto per noi cronisti. Già pare di vedere il giorno in cui chiederemo all’amico Google di cosa si parla oggi?, e lo sbruffoncello ribatterà: «Uffa, che pizza. La solita banalità di voi giornalisti. Tanto valeva continuare a twittare con Riotta». LI W EB GA RE Pornodiva ma con filosofia “Solferino 28 anni”, il blog dei ggiovani per i ggiovani del corriere.it, non smette di soprendere noi ggiovani. Qualche giorno fa, per esempio, ha ospitato l’intervento di Valentina Nappi, una ggiovane universitaria di Napoli che dichiara bellamente di aspirare a fare la pornodiva. Attività che per altro ella avrebbe già concretamente avviato. «Non amo il decostruzionismo di maniera», filosofeggia la Nappi. «Amo invece i decostruzionismi quando PENSIERO Attenzione perciò. Quella di Valensono “potenti”, come ad tina non è la scelta superficiale di vendere il proesempio la decostruzioprio corpo per spillare i quattrini al maschio libine dei concetti kantiani di dinoso. No, qui c’è tutta una filosofia dietro. Una spazio e di tempo ad opedecostruzione. Un pensiero, oseremmo dire. Tipo: ra di Einstein» e via deco«È possibile una tekne del piacere sessuale che struendo. Finché «mi sono stia alla sessualità di coppia come la cucina del chiesta: perché non anche grande chef sta alla cucina di mamma? È un delinella pornografia un ferrio, il mio? O forse è solo un sogno ridicolo?». Ma mento analogo?». soprattutto: è possibile che un redattore del Corriere, per far girare un po’ di patonza, debba ogni volta sciropparsi una secchiata di minchionerie? GI OV AN 56 | 28 marzo 2012 | | I «Marmocchio, Babbo Natale non esiste» RIV EL Il centralinista sardo di un call center è stato denunciato a piede libero da una coppia di Como per molestie a mezzo telefono. L’uomo di 36 anni aveva chiamato per una promozione, ma quando si è accorto che a rispondere era stato un bambino che tardava a passare il ricevitore ai genitori, ha cominciato a insultarlo: «Se non mi passi la mamma vengo a prenderti. So che sei lì, passami qualcuno o arrivo, sbrigati marmocchio. Babbo Natale non esiste e la befana è tua mamma». AZ IO N pronto Tempi ha intercettato la telefonata di riparazione del centralinista al bimbo: «Ciao, scusami, sai, ero nervoso, non ce l’avevo con te. Sì, sì, sei un bambino splendido, la gioia di mamma e papà. No, no, non è una befana, anzi è bellissima. Ma certo che Babbo Natale esiste, ci passerò le vacanze di Pasqua assieme, sai? Anzi, mi ha detto di dirti che quest’anno ci terrebbe tanto a farti un regalo speciale. Non i soliti balocchi ma un bel set di coltelli Miracle Blade. Di’ a quel coglione di tuo padre di farmi un colpo». I Moscerini ubriachi per misurare il tasso alcolico SCIENZA Hanno studiato le reazioni delle “mosche ubriache”, così i ricercatori delle università della North Carolina State e di Boston hanno capito quali siano i geni che decretano una maggiore o minore tolleranza all’alcol. Gli accademici sostengono che, studiando la reazione dei moscerini, si possono avere importanti indicazioni sulla tollerabilità all’alcol anche degli esseri umani. L’esperimento è iniziato ubriacando zzzz L’altra sera sono andato al bar. In i moscerini: i ricercatori hanstrada un moscerino pirata quasi mi inno poi misurato quanto tempo vestiva. Sciami barcollanti di moschipassasse prima che gli insetti ni rigettavano ai bordi della carreggiata. iniziassero a barcollare. Alcuni di loro intonavano canti incomprensibili, agitando bottiglie di vino tra le loro zampine. Non so come, ho evitato bande di mosquitos che devastavano negozi e supermercati, giungendo salvo al bar. Ho ordinato una birra. Dentro il bicchiere c’era un moscerino che ciucciava con la cannuccia. Era arrabbiato con me: «Ma tra tutte le birre che ci sono, proprio la Turtel dovevi ordinare?». Bambini, è meglio non avere un best friend EDU Z CA IO imperdibile godibile inutile fetido NE Si chiama “No best friends” ed è la nuova tendenza educativa in voga nelle scuole inglesi. Secondo questa teoria le maestre devono aiutare i bambini a non avere un amico del cuore. Abolendo la preferenza per un singolo amico si eviterà che i pargoli soffrano al momento del distacco o della rottura. Guru di questo tipo di educazione la psicologa Gaynor amico Io e mia moglie crediamo molto nelle teorie eduSbuttoni, che ha assicative della dottoressa Sbuttoni. Nessuno dei nostri figli curato al Daily Mail di ha un “migliore amico”. Pietro, però, mi dà qualche gratessere stata contattatacapo. Lo vedevo sempre assieme a uno strano tizio. Si ta da molte maestre chiudevano per ore e ore in camera, si incontravano in oradel Regno per spiegari strani al parco, nascosti dietro un albero, si parlavano in re come applicare al un linguaggio cifrato ed evitavano conversazioni al telefomeglio la sua idea. no. Gli ho fatto una lavata di capo. Gli ho spiegato che non può avere questo tipo di preferenze. Ma lui: «Tranqui papi, non è il mio best friend. È solo il mio pusher». | | 28 marzo 2012 | 57 UN ALTRO MONDO è POSSIBILE TESTIMONIANZE Il Mistero si vede anche quando “tutto gira” di Aldo Trento «C ontemplerò ogni giorno il volto dei Santi per trovare riposo nei loro discorsi», recita un’antifona delle lodi. Di questi tempi, sento l’urgenza nel mio cuore di contemplare i volti nei quali vedere quello misericordioso di Dio! Il mondo è pieno di persone che scrivono libri su qualsiasi argomento e in particolare nel mondo cattolico in riferimento alle diverse virtù cristiane. Ma sono pochi coloro che ci introducono a vedere il volto dei Santi contemporanei, che ci testimoniano nel quotidiano cosa significhi vivere la carità, condividere le sofferenze altrui e immedesimarsi con il dolore e la speranza dell’altro. Tutti sono disposti a dare consigli e forse anche a pregare per le persone in difficoltà, ma il cuore è lontano dall’impregnarsi del dolore del fratello. Condividere un momento è facile per tutti, ma come direbbe San Paolo: «Farsi povero con i poveri, debole con i deboli» è una posizione ancora lontana dal nostro modo di vivere. Veramente, come affermerebbe Drogo, protagonista del romanzo di Buzzati Il deserto dei Tartari, ognuno è solo nel suo dolore, che è totalmente personale. Osservo questo accompagnando a morire i moribondi! C’è una grande solitudine dell’essere umano di fronte al Mistero che chiama. Ma quanto è necessaria, invece, la presenza di qualcuno che ci prenda per mano per accompagnarci in questi ultimi passi verso il compimento della vita! L’energia di questa missione, quell’energia che mi impedisce di fuggire davanti al dolore o alla morte, la trovo esclusivamente nella mia relazione con Cristo, che ogni momento si fa presente nei volti dei Santi che mi circondano. Stare al loro fianco, accarezzarli, pregare con loro, tenergli la mano, significa sperimentare quel riposo spirituale che loro stessi, nel loro drammatico dolore, mi testimoniano. Guardarli in faccia è il migliore trattato sulla carità, sulla paternità, sul senso e il perché della vita. Non solo, ma anche coloro che stanno al fianco di questi Santi trovano la possibilità di riconoscere che solamente Cristo può essere, anche per loro, la ragione per cui lottare ogni giorno. La suprema carità è quella di lasciarsi trascinare, provocare dalla modalità attraverso la quale i Santi ci comunicano la pace e la gioia della vita. In questi giorni ho ricevuto da amici alcune lettere di persone malate di cancro, nelle quali raccontano come questa cir- 58 | 28 marzo 2012 | | POST APOCALYPTO Pieter Bruegel il Giovane, Festa di matrimonio all’aperto, 1610 circa, olio su tavola, 74,2x94 cm costanza sia per loro la modalità più preziosa per amare Cristo, per scoprire, come afferma don Giussani, che «Cristo non è “qualcosa” di giustapposto, ma è “qualcosa” dentro». [email protected] C arissimo amico, ti voglio scrivere per- ché ciò che ho dentro il mio animo, non riesco a trattenerlo. La seconda chemio è andata piuttosto meglio della prima. Sebbene fossi altrettanto “rincoglionito”, nauseato e insonne, ho sopportato meglio il tutto. Il guaio è stata la bronchite che è sopraggiunta dopo una settimana e che è durata tanto. Avevo paura che non passasse in tempo per la terza chemio. Invece, oggi ho avuto la conferma che è passata, che gli esami vanno bene e domani mattina sarò in ospedale per “ciucciarmela” tutta. Ma la cosa che vorrei raccontarti è l’incredibile letizia e pace che sto vivendo in questi mesi. Ho sentito stamattina per telefono una nostra amica, che è in cura da tre mesi per una leucemia fulminante e anche lei ora è ricoverata e ha iniziato la sua terza chemio. Alcuni giorni fa mi ha chiamato un altro amico, anche lui leucemia, in cura da circa 10 mesi, con un autotrapianto già fatto e un altro previsto prossimamente. La cosa incredibile è stata che tutti e tre ci testimoniavamo la letizia che aveva investito la nostra vita. Da quando abbiamo saputo del tumore la nostra vita è cambiata, tanto da dire che non abbiamo mai vissuto una letizia così grande. Perché? Come riusciamo a dire così? Siamo pazzi o c’è qualcosa di vero? Perché vediamo spesso persone sane il cui volto non è lieto? Il bisogno di una risposta Quando mi hanno detto del tumore (e pensavano a qualcosa di più grave di quello che poi si è rivelato) la prima reazione è stata di rabbia perché questo rompeva totalmente i miei progetti. Ma il mio cuore desiderava solo una cosa: come posso essere felice, ora, con questa notizia? Cosa può dare risposta a questo mio desiderio? O meglio, chi mi può soddisfare in questa drammaticità? Chi mi salva in questo istante? Che senso ha la mia vita? Avevo bisogno di una risposta, tutto di me era teso ad avere una risposta. Il re- «Vivevo con stupore tutto e continuamente ringrazio chiedendomi come ricambiare questo amore che sento su di me. Perciò non pensiamo che “certe domande” nascono solo da circostanze “brutte” e che l’unica possibilità per capire che cos’è la vita è quando succedono circostanze dolorose» tevo ricambiare questo amore che sentivo su di me. Perciò non pensiamo che “certe domande” nascono solo da circostanze “brutte” e che l’unica possibilità per capire che cos’è la vita è quando succedono circostanze dolorose. Poi, quando mi sono “trovato” questo tumore addosso, l’impotenza di darmi una risposta con le mie forze era evidente e il bisogno di pienezza che il mio cuore letteralmente gridava, mi ha spalancato la ragione e mi sono trovato a guardare semplicemente la realtà che avevo attorno, che non era diversa da quella che avevo prima, solo che ora la guardavo con un cuore trepidante di verità. E mi sono ri-accorto del Suo abbraccio in una presenza carnale e fedele come è stata ed è mia moglie. Segno e Mistero coincidono. Un amore totale sto non mi interessava e non mi bastava. Volevo ritornare in Toscana da mio figlio e dai miei nipoti e ciò che mi si prospettava, mi spaventava moltissimo, quasi mi terrorizzava. Non volevo pensare alla fatica (purtroppo già ben sperimentata nella mia vita) delle cure, ricoveri, esami eccetera. Il desiderio del mio cuore, ti assicuro, era semplice e terribilmente vero, senza fronzoli e sentimentalismi. Ebbene, da questa risposta è nata una “botta di vita” impressionante, imprevista e stupefacente. Chi l’avrebbe pensato che un tumore ti sconvolga la vita tanto da dire che non l’ho mai vissuta così lietamente come in questi ultimi mesi. Il mese che ero in Toscana avevo un gran mal di stomaco (il tumore che si manifestava) ma, in un certo senso, è stato un periodo che mi ha “preparato”. La bellezza del tempo, dei tramonti, la compagnia dei miei cari e degli amici, la nascita della mia nipotina, erano tutti segni dell’abbraccio di Cristo a me. Ogni momento che vivevo, percepivo questo abbraccio pieno di bellezza e Mistero. Vivevo con stupore tutto e continuamente ringraziavo chiedendomi come po- Lei è stata la riscoperta del Sacramento del matrimonio. Cristo presente che mi sostiene, mi abbraccia, mi accarezza, mi sta vicino, mi “serve”, mi con-forta, mi con-sola, mi guarda, mi ama. In modo sempre più completo e totale. Perché io sia più me stesso, più uomo e la mia vita più vita. Poi don Carrón, il lavoro di scuola di comunità che mi ha costantemente educato a questo sguardo stupefatto della realtà (non ce ne rendiamo conto abbastanza della Grazia che lo Spirito ci ha fatto partecipando al carisma del movimento), padre Aldo Trento che mi ricorda nelle sue preghiere. Il miracolo degli amici che mi vengono a trovare e la compagnia dei miei figli e delle loro famiglie. Tutto ciò che ho attorno, la casa, i mobili, le tende, i piatti, eccetera. Nulla è scontato perché vedo le cose, le persone, il tumore, il mondo intero come un dono: per me! Chi sono io perché Tu te ne curi? Mi ami di un amore infinito e hai pietà del mio niente. Com’è possibile essere tristi dentro questa consapevolezza? Che grande letizia c’è nel mio cuore anche soffrendo con i dolori e i fastidi della malattia. È questa l’esperienza che vivo in questi mesi. Il bello è che sono qui a “far niente”, vivendo il tempo in attesa che la tossicità della chemio passi per poterne fare un’altra. È incredibile, stupefacente il constatare che non è il “fare” cose, magari importanti, che ti rende lieto. Che bello!! Ti svegli al mattino e già l’aprire gli occhi è pieno di gratitudine; poi l’abbraccio di Nella che mi dà il “buon giorno”; poi la colazione, le tazzine, i biscotti, il miele; poi le cure; poi le lodi, le preghiere al don Gius e alla Madonna e la lettura della scuola di comunità, di Tracce; poi il ri- poso perché sono talmente “rincoglionito” che non mi stanno aperti gli occhi; poi il pranzo; tutto mi commuove perché tutto mi è dato da Lui, mi parla di Lui, è segno di Lui; è Lui. Ogni giorno di più Lo desidero dentro questa realtà che mi viene incontro in modo così diverso da come la pensavo, ma così stupefacente che il mio cuore sobbalza letteralmente dalla gioia (il mio medico mi ha detto che ho i battiti del cuore alti). Perciò pieno di gratitudine offro tutto di me, così come sono, la mia sofferenza, il mio tempo e le mie giornate a Cristo, partecipando alla sua croce per il bene di tutti. lo gli chiedo che questa mia offerta sia un poco per te e per tutti gli amici del gruppo di scuola di comunità, in modo tale che il lavoro su di sé che don Carrón ci chiede continuamente, porti frutti di santità personale. Abbandonato totalmente nelle Sue braccia e alla Sua volontà così misteriosa, certo che Lui fa le cose bene, ti do un grande abbraccio. Lettera firmata C arissima, mi ha confortato molto la tua visita di ieri perché ho avuto innanzitutto la percezione che la tua presenza era “segno” evidente della tenerezza di Cristo nei miei confronti. Ho proprio gustato la tua visita. Nei nostri colloqui siamo andati al cuore dei problemi. «Vivere è Cristo e morire un guadagno»; cosa abbiamo di più caro se non Cristo presente ora? Cosa desideriamo per i nostri figli se non che vivano questo rapporto con Colui che risponde al desiderio del nostro cuore? Mia moglie mi raccontava dell’incontro di ieri sera con don Carrón e mi diceva che era stata colpita da una sua osservazione finale. Quando diceva che il problema non è nemmeno quello di un cambiamento, ma quello di gustare la Sua presenza. È questo che cambia tutto. E la Sua presenza mi sta rendendo le giornate così liete che vivo costantemente nello stupore. Com’è possibile non annoiarsi stando praticamente sdraiato quasi tutto il giorno a “far niente”? Eppure ogni attimo offerto, abbracciando e abbandonandomi alla croce di Cristo (attraverso questa mia condizione) è così prezioso che vale la pena viverlo. Offro perciò anche un poco della mia sofferenza per te e la tua famiglia. Davvero l’unica nostra “preoccupazione” è dire il nostro sì che rende vita qualsiasi situazione e che rende possibile la Sua presenza ora. Grazie. Un abbraccio. Lettera firmata | | 28 marzo 2012 | 59 family 2012 Marco Martegani, direttore generale di Maxi Brums, scommette sul valore aggiunto della maternità per fare impresa nell’abbigliamento per bambini da 0 a 16 anni La nostra storia in tre parole avviare un’attività in franchising all’interno della nostra rete, trasferendo a ciascuna di esse il nostro know how e permettendo l’accesso al credito a condizioni vantaggiose. Grazie a Moms@work forniamo poi il servizio “mamma jolly”, una mamma che loro, sul valore aggiunto della maternità». sostituisce la titolare durante le ferie per In altre parole, spiega Marco Martegani, tre settimane nei primi tre anni di attività; direttore generale Maxi Brums, sono sta- garantiamo inoltre una borsa di studio delte avviate una serie di iniziative uniche nel la durata di cinque anni e assegnamo un genere in Italia: «Siamo partiti con la ricer- guardaroba Brums o Bimbus del valore di ca di addette vendita per l’apertura di nuo- mille euro all’anno per ciascun figlio». vi punti vendita Maxi Brums dedicati a proSarà per la scommessa imprenditoriale dotti per la prima infanzia e la materni- sulla conciliazione di famiglia e lavoro, che tà, affidandoci a Moms@work, il servizio di coinvolge il gruppo in progetti di solidarieintermediazione professionale di Gi Group tà con gli ospedali Sacco, Buzzi di Milano dedicato alle madri. Il requisito, va da sé, e la Fondazione Francesca Rava, o perché era essere mamme. Chi infatti meglio di condivide la vita aziendale con la moglie, o una madre poteva garantirci di instaura- ancora perché prima di tutto questo si defire un rapporto di fiducia con la clientela, nisce un papà, e nessuna festa somiglia a basato sulla condivisione dell’esperienza quella che gli ha travolto il cuore alla nascidella maternità e la capacità di risponde- ta dei suoi figli, ma «la nostra adesione alla re ad ogni esigenza in maniera adeguata?». Fiera internazionale della famiglia, che si Fioccano le candidature e il succes- terrà a Milano dal 29 maggio al 2 giugno, è so dell’iniziativa, nell’anno nero dell’eco- stata immediata». C’è, nel titolo dell’Inconnomia, rafforza il legame del gruppo col tro mondiale delle famiglie di cui la fiera è mondo delle mamme: «Abbiamo così dato parte integrante e che culminerà il 2 e il 3 vita a Mamme fanno impresa, un proget- giugno con gli incontri con il Papa, «tutta to di sostegno alle madri che decidono di la storia della nostra impresa: “La famiglia, il lavoro, la festa”, tre semplici parole per dichiarare Sarà per la scommessa sulla conciliazione di che la famiglia è un valore casa e lavoro, o per la festa che l’ha travolto fondante della società, del alla nascita dei figli, ma «la nostra adesione lavoro, dell’uomo». Caterina Giojelli alla Fiera della famiglia è stata immediata» La famiglia, il lavoro, la festa. Per Martegani (Brums) c’è più di una ricetta imprenditoriale nel titolo dell’incontro con il Pontefice I dalla porta oltre mezzo secolo fa. Allora nel piccolo laboratorio tessile di Carnago, in provincia di Varese, la vita si misurava con il metro e trascorreva con ago, filo e pazienza, tanta ce ne voleva per ogni loden o impermeabile confezionato a fine giornata. Poche chiacchiere, molta stoffa e tre generazioni più tardi pazienza e spirito artigiano venivano premiati dai numeri: con due marchi storici come Brums e Bimbus, Preca Brummell, emanazione imprenditoriale del piccolo nucleo pioniere di Carnago, aveva conquistato il mercato producendo e distribuendo in Italia e all’estero, attraverso la formula del franchising e dei negozi mono e multibrand, abbigliamento per bambini dagli 0 ai 16 anni. Un’impresa che in Italia fattura oggi 120 milioni l’anno, dà lavoro a 500 persone e continua a chiudere la porta in faccia ai cliché: quelli che considerano la fiducia una causa persa all’epoca della crisi e le mamme dotate di figli piccoli una zavorra inammissibile nel mercato del lavoro. «Il successo della nostra azienda è stato costruito grazie a milioni di mamme che ci hanno dato fiducia, e, un paio di anni fa, abbiamo deciso di scommettere su ciascuna di cliché li hanno chiusi fuori | | 28 marzo 2012 | 61 LETTERE AL DIRETTORE E se fatto l’integruppo Maurizio Lupi facesse di sussidiarietà virtù? 2 ue vicende ultimamente mi lasciano sconcertato: Massimo Ciancimino dichiara che Ingroia lo considera un’icona dell’antimafia, e difatti se lo porta appresso a Servizio Pubblico da Santoro. Come è possibile ciò, a parte che ci andranno diversamente scortati? Voglio dire, come è possibile che un magistrato ritenga credibile un farloccatore che oltretutto per trasportare una paccata di soldi, alla preoccupazione del complice su come attraversare il confine senza problemi, rispondeva se non avesse visto che era sempre in televisione e ormai fosse considerato un’icona dell’antimafia? L’altra vicenda riguarda Rita Borsellino, sorella del giudice ucciso dalla mafia e grande amico di Falcone, candidata alle primarie Pd di Palermo e sponsorizzata dalla lista del grande accusatore del giudice Giovanni Falcone, Leoluca Orlando, il quale accusava il grande amico di suo fratello di nascondere nei cassetti del suo ufficio le prove dei legami tra mafia e politica: quanto di più incredibile si possa immaginare, sia l’accusa di Orlando, sia la candidatura della Borsellino. Urge un suo commento, e peccato che Sciascia non possa vedere certe cose, o forse meglio per lui. Aveva già visto e previsto molte cose, comunque. Ciro Maddaloni via internet In quale Truman Show è finita la vera Sicilia? Ecco, l’immagine che mi porto nella memoria è questa: atterrare a Punta Raisi e domandarsi perché, nel posto in cui dovrebbe sorgere solo il palazzo di una procura della Repubblica, c’è, invece, anche Palermo, grande e mobile città; e c’è perfino un’isola grande e ricca di varie- Pare che la maggior parte delle persone si ricordi dell’esistenza di Dio solo ed esclusivamente in occasione di disgrazie, tragedie, cataclismi e calamità! Ecco quindi che – puntuale come le vespe nei pic nic – anche in occasione della tragedia di Sierre, per qualcuno Dio si sarebbe distratto. Strana questa idea di Dio come “body guard”... Vincenzo Mangione Sassari Il Prima Linea di questa settimana è eloquente in proposito. E brava Annalisa Teggi, che ci hai restituito un po’ di libertà. Di vita e di destino. 2 Nel 1983, a una domanda di Vittorio Messori, Arturo Carlo Jemolo rispondeva: «Credo in una Chiesa cattolica anche gerarchica perché il termine “cristianesimo” non faccia la fine del termine “socialismo” che nessuno sa più cosa voglia dire». Nel 2000 – su Tempi – Gianni Baget Bozzo scriveva che nel nichilismo culturale dominante in Occidente «contano più le chiese come istituzioni che non l’azione politica dei cattolici» organizzati in “partiti cristiani”. Dunque – aggiungeva – servono «forze politiche che abbiano come oggetto politico la Tradizione di fronte al nichilismo: cioè affrontino i problemi del mondo unico in modo da preservare le identità di fondo dei popoli, e in questo caso la memoria della cristianità». Mi sono ricordato di queste riflessioni dei due grandi intellettuali cattolici do- NON C’È PIÙ LA FERRARI DI UNA VOLTA SPORT ÜBER ALLES N | 28 marzo 2012 | di Fred Perri Guardare la Formula 1 oggi è noioso come sorbirsi un (ex) comico guru non guardo un Gp di Formula 1. Confesso che le corse delle macchine non mi hanno mai entusiasmato, ma una volta, come per tante altre cose, c’era un non so che di tragico-eroico, di puzza di catrame, benzina e asfalto che ti inebriava come il profumo Chanel di una bella topa. E poi c’era la Ferrari. Donne e motori. Ma nulla è più co- 62 po il recente voto sulle unioni gay del Parlamento europeo (contrastato dal Ppe e dai conservatori nazionali); l’eco (nel Regno Unito e in Europa ma non in Italia) della lezione del presidente della Cei Angelo Bagnasco nella prestigiosa London School of Economics sul tema “Una economia per l’uomo e per la società”; e dopo la ritornante tentazione in Italia di ridare vita a un partito “di ispirazione cristiana”. Sono fatti che mi portano a dire: 1) per i cattolici impegnati in politica e nel sociale assumono un valore sempre più attuale, al fine di affermare in concreto la propria identità, i “princìpi non negoziabili”, e la conseguente “questione antropologica” che ne deriva (in particolare su vita, famiglia, bioetica e centralità della persona in economia e nel sociale) richiamati dalla “Nota Dottrinale” del 2003 dall’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, cardinal Ratzinger. 2) Su quei princìpi, come auspicato nel 2006 da Benedetto XVI a Verona, è possibile fondare risposte adeguate ai problemi antropologici e sociali posti dal nichilismo e dal relativismo dilaganti, con una stretta collaborazione tra i cattolici e settori della cultura e di forze politiche e sociali di diversa o nessuna ispirazione religiosa e di diversa matrice ideologica; come dimostra il recente documento degli intellettuali marxisti Barcellona, Sorbi, Tronti e Vacca sui rischi che derivano all’uomo e alla democrazia dalle manipolazioni della vita. 3) In Italia, allo stato dei fatti, lo strumento più idoneo a difendere nelle istituzioni e nella società anche i valori identitari dei cattolici potrebbe essere (partendo da un ripensamento della eccezionale esperienza dell’Opera dei Congressi alla luce delle realtà distintive del nostro tempo) una struttura permanente | on so da quanto tempo me un tempo. Prendete le trasmissioni politiche. Da quando non c’è più lui, caro lei, che pizza. Prendersela con Monti non è la stessa cosa. I talk show politici arrancano, non si litiga più, tranne quando tirano fuori qualche leghista dal cassetto. Ma sono i maître pensatori di questi anni, tutti quei programmi bau-bau e micio-micio che ammicca- Foto: AP/LaPresse D tà e culture imprenditoriali. Eppure, rientrati in continente, come si fa a non dimenticare tante belle cose, quando su giornali e tv passa soltanto quella roba lì, ovvero la Confindustria della mafia e dell’antimafia? [email protected] di studio, di confronto, e di proposta aperta a tutti i cattolici impegnati in politica e nel sociale, in qualsiasi partito e associazione. In tale struttura essi dovrebbero impegnarsi a trovare posizioni comuni da far valere nelle istituzioni e nella società su questioni decisive per la loro identità di fede; ma anche sulle risposte che derivano dalla Dottrina sociale della Chiesa alle grandi questioni culturali, sociali, economiche e politiche del nostro tempo. Credi, caro direttore, che sia una proposta sensata, attuale e realizzabile? Nicola Guiso 1) Non è questione di “identità”, ma di “verità”. 2) Esatta conseguenza del punto primo. 3) Pensi che addirittura Marco Pannella ci ha citato l’Opera dei Congressi per descrivere la dinamica e il retroterra di questo giornale. Politicamente parlando, però, a noi pare che l’attualità possibile di quell’intuizione ottocentesca sia illustrata, almeno in nuce, in ciò che l’onorevole Maurizio Lupi ha costituito come “Intergruppo parlamentare della sussidiarietà”. Ecco, se Lupi traesse le conseguenze di questa sua iniziativa (che oggi raccoglie 340 deputati), altro che il “partito tecnico”, magari ne verrebbe fuori un gruppo che fa di sussidiarietà virtù partitica. 2 Foto: AP/LaPresse È doveroso chiarire che il cosiddetto matrimonio gay è stato soltanto raccomandato dal Consiglio d’Europa agli Stati membri, con soli 20 voti di maggioranza su 320, ma non è stato prescritto, non avendo quell’organismo poteri legislativi sui singoli Stati. Un giudice della Cassazione ha espresso un parere soggettivo conforme alla raccomandazione del Consiglio d’Europa, ma INFORMAZIONE AVVELELNATA Uno strano paese dove il premier è più venerato del Santo Padre di Pippo Corigliano CARTOLINA DAL PARADISO Q uando c’è qualcosa di strano, c’è qualcosa di strano. Non è una frase di Lapalisse, è un principio che funziona sempre. È ora che i cristiani guardino con più sospetto al sistema informativo che ci avvolge. Ci sono troppe cose strane. Si è fatto un baccano infernale (è il caso di dirlo) attorno alla presunta acquiescenza di Ratzinger per i casi di pedofilia nel clero. Poi si è dovuto fare marcia indietro perché era vero il contrario. Si è detto che in America un gran numero di sacerdoti erano pedofili, poi il leader degli accusatori (come rivela Tempi) ha ammesso di aver raccontato bufale. Ma non c’è proporzione fra il chiasso delle accuse e il sussurro delle ritrattazioni. Il risultato è che i sacerdoti e la Chiesa cattolica vengono guardati con sospetto. Idem per la Santa Sede: prima fanno credere che sia un covo di fraudolenti, poi si vede che è un ambiente umano con tanti santi e qualche irritabile. Pazientemente il Papa soffre e provvede. Per altri il trattamento è paradisiaco: Monti viene fotografato mentre prende il treno democraticamente, il presidente della Repubblica viene rappresentato come un santo, ciò che dice viene riportato con venerazione. Sono persone rispettabili ma sembra che lassù svolazzino solo angioletti e che il nostro paese sia guidato in modo libero e indipendente, mentre non è così. È meglio confidare nel Papa e diffidare del sistema d’informazione che tende ad avvelenarci. Non ce la beviamo: quando c’è qualcosa di strano, c’è qualcosa di strano. contrario alla nostra Costituzione che prevede un’unica forma di matrimonio: quello tra un uomo e una donna (...) Al riguardo, mi raccontava una dentista che per curare un bambino si sono presentate nel suo studio due mamme dicendo di essere entrambe madri di quel bambino. Una si è presentata come madre anagrafica, l’altra come madre biologica, cioè inseminata da uomo estraneo al loro paramatrimonio. Purtroppo nelle unioni gay si verificano queste situazioni paradossali, le cui vittime so- no i figli in provetta o adottivi. Siamo di fronte a un capovolgimento antropologico con figli che hanno due padri o due madri, salvo che a un certo punto non si aggiunga anche il padre biologico o i genitori dei figli adottivi, con grave danno psicologico per i figli, che sono il vero capro espiatorio di questa confusa situazione esistenziale. Bruno Mardegan Milano Ne stiamo giusto parlando. E preparatevi al prossimo numero di Tempi. vano, che usavano il birignao dell’intelligenza (autoproclamata e auto-assegnata) come una clava per colpire tutti gli altri (specialmente i berluscones) a segnare il passo. A parte l’audience è una faccenda di noia. È la crisi del comico-guru, di quella figura che, in questi anni, aveva assunto il compito del vecchio intellettuale marxista, cioè la guida delle masse proletarie. In realtà, più che guidare le masse, amministravano i loro conti in banca. Adesso cercano disperatamente di adeguarsi ai tempi, di riciclarsi, ma senza il Grande Bersaglio non acchiappano più. È come la Formula 1 per me. Una volta c’era la Ferrari che stuzzicava il mio cuoricino patriottico. Ora manco più quella. | | 28 marzo 2012 | 63 taz&bao 64 | 28 marzo 2012 | | Foto: AP/LaPresse La chiamano giustizia Quando l’odio diventa codardo, se ne va mascherato in società e si fa chiamare giustizia. Arthur Schnitzler GLI ULTIMI SARANNO I PRIMI UNO SGUARDO SULLE CASE DEGLI UOMINI I tetti di Carate Brianza di Marina Corradi C Brianza, 1 marzo. Questa finestra si affaccia proprio sul centro antico del paese – le vie irregolari e strette, le vecchie case, viste dall’alto, assiepate come un gregge attorno al campanile. E i loro tetti larghi, solidi, le tegole di cotto allineate in file non precisamente regolari, e mai del tutto uguali nel colore. Rosse, sì; ma alcune più pallide, altre più cotte, o più scure. Come se la diversa angolazione del sole, in lontane estati, le avesse accese o brunite. Mi affascina soprattutto la mole di questi tetti, pacifica, adagiata sulle case degli uomini: sembrano groppe di docili animali da soma, pazienti, immobili a proteggere le stanze dalla pioggia, dalla neve, dal sole a picco di luglio. Quanti anni avranno le case qui sotto? Certo più di cento. Quante vite sono passate, sotto ai tetti larghi come ali di chioccia sulla nidiata? Se solo i muri potessero raccontare. Grida di partorienti, primi vagiti, echi di giochi infantili; e amori, e solitudini, e ragazzi vestiti da soldati che una mattina, lo zaino in spalla, sono partiti. Da qualSe solo i muri potessero raccontare. Grida che parte forse una lapide riporta i loro nomi, sbiaditi. Gli uomini passano e le di partorienti, vagiti, echi di giochi infantili; case restano, sotto le tegole di cotto bole amori, e solitudini, e ragazzi vestiti da lenti a luglio, un anno dopo l’altro. (Mi soldati che una mattina, zaino in spalla, sono affascina e mi inquieta, la prospettiva dei tetti; come fosse lo sguardo di qualpartiti. Gli uomini passano e le case restano cuno che, straniero, vegli dall’alto). C’è, questa mattina all’orizzonte, uno stormo, forse di rondoni, lontano; che vola in formazione regolare e passa e ripassa sulle case, come cercando qualcosa; poi, si allontana. Per un attimo le ali degli uccelli sono tutte rivolte al sole di marzo, e allora sono lucenti, quasi bianche. Che siano colombi? Vanno e ritornano, senza mai posarsi; chissà cosa cercando, mi chiedo, dalla mia finestra. E com’è strano che, dall’alto, le case degli uomini sembrino altre, come mai viste davvero, nella rete di speranze che le colmano e impregnano. Assomiglia a nostalgia il mio sguardo assorto sui tetti. Nostalgia di cosa? Non conosco nessuno, in queste case. Nostalgia di vite passate e ignote, di storie, che non saprò mai. Come se tuttavia ogni parola, ogni faccia mi riguardasse e non mi fosse estranea; come fossimo tutti foglie di uno stesso albero grande. Nella giornata già tiepida un gatto bianco spuntato da chissà dove percorre con passi felpati un tetto; si ferma nell’angolo più battuto dal sole, si acciambella sui coppi caldi, e beato dorme. Primavera, ancora: una dopo l’altra, per cento anni, sulle tegole rosse. Mentre nelle stanze qui sotto i bambini di un tempo invecchiano, e se ne vanno. Che mistero grande, sospeso sulle case degli uomini. Mentre un gracidio di tv accese a tratti sfugge dalle finestre chiuse. Perché parliamo, parliamo; ma mai di ciò che abbiamo veramente, qui nel petto. 66 | 28 marzo 2012 | | arate DIARIO