La migrazione d`oggigiorno nel recente cinema italiano
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La migrazione d`oggigiorno nel recente cinema italiano
La migrazione d’oggigiorno nel recente cinema italiano Un’analisi degli aspetti estetici in quattro film Rianne Hollegien S1320750 Giugno 2007 Università di Groninga Facoltà di Lettere Lingue e culture romanze, Italiano Tesi di Laurea Prof. dr. P.G. Bossier Immagine in copertina: Scena dal film “Quando sei nato non puoi più nasconderti”, immagine proveniente da: http://www.cinematographers.it/archiviofoto/quando_sei_nato/barcone_totale_2_big.jpg, consultato il 16-03-2007 1 Indice Introduzione 3 1.Aspetti estetici comuni nel corpus 5 1.1 Lo spazio 1.1.1 La funzione dello spazio filmico 1.1.2 Lo spazio nel corpus 1.2 La lingua 1.2.1 La lingua nel corpus 1.3 Il mare 1.3.1 Alcuni esempi del tema del mare nel corpus 5 5 6 14 14 17 18 2. Specificità estetiche nel corpus 22 2.1 “Brucio nel vento” o il ritorno traumatico del passato 2.2 “Un’anima divisa in due” o il confronto tra due culture diverse 2.3 “Quando sei nato non puoi più nasconderti” o guardare in faccia la realtà 2.4 “Saimir” o la speranza di cambiare destino 23 29 37 47 3. La migrazione nel corpus 55 3.1 Una ricchezza tematica filmica 3.2 Il contesto storico della migrazione italiana 3.2.1 Dall’emigrazione all’immigrazione 3.2.2 Italia come paese d’immigrazione 3.3 La migrazione nella storia del cinema italiano 3.3.1 Il film come arte aperta a problematiche sociali 3.3.2 Il cinema di migrazione: vitalità di un genere tradizionale? 55 59 59 64 69 69 71 Conclusione 75 Bibliografia 80 Appendice A: Schede film Appendice B: L’Onda di Gabriele D’Annunzio 86 90 2 Introduzione Soccorsi da una nave della marina i ventisette clandestini a Lampedusa Dopo essere rimasti aggrappati per ore alle gabbie dei tonni trainate da un rimorchiatore maltese, l’unità militare italiana li ha tratti in salvo LAMPEDUSA (AGRIGENTO) Sono giunti a Lampedusa i 27 clandestini soccorsi ieri sera dalla nave Orione della Marina Militare, a circa 60 miglia dalle coste libiche, dopo essere rimasti aggrappati per oltre 24 ore alle gabbie per l’allevamento dei tonni trainate da un rimorchiatore maltese. L’unità militare italiana era intervenuta a conclusione di una giornata contrassegnata da convulse trattative diplomatiche tra Malta e la Libia, che si erano rifiutate di prestare soccorso agli immigrati. Gli extracomunitari, tutti maschi, sarebbero in buone condizioni di salute. Secondo le prime informazioni non erano a bordo del «barcone fantasma», avvistato lunedì scorso a 88 miglia a sud di Malta e di cui si sono perse le tracce. Il caso dei clandestini soccorsi da una nave spagnola Intanto, rischia di aprirsi un nuovo caso diplomatico per gli altri 26 naufraghi soccorsi ieri, sempre al largo delle coste libiche, da un rimorchiatore spagnolo. Le autorità maltesi hanno già comunicato via radio al comandante che non intendono accogliere gli extracomunitari. Una vicenda che ricorda per certi aspetti quella del peschereccio spagnolo Francisco Catalina, bloccato nel luglio scorso per una settimana davanti alle coste maltesi dopo avere soccorso 51 clandestini.1 Questa notizia è stata pubblicata il 27 maggio 2007 sul sito della cronaca della stampa. La migrazione è un tema molto attuale in Italia e in tutto il mondo. Appariscono frequentemente delle notizie simili nella media. È proprio quest’argomento che vorrei toccare in questa tesi. L’arrivo dei nuovi flussi migratori è un fenomeno che è cominciato dagli anni ’70 del secolo scorso. Nell’Italia d’oggigiorno l’immigrazione viene spesso considerato come un problema, mentre ci sono sempre stati stranieri in Italia. In questa tesi farò una ricerca ai nuovi flussi migratori. Ho deciso di usare il medium cinema per fare un approccio d’argomento molto preciso. Insomma, il mio scopo in questa tesi sarà di affrontare il tema attuale della migrazione attraverso il cinema italiano. Visto che il tema della migrazione è un fenomeno attuale ho scelto quattro film recenti (dal 1993 al 2005) nel cinema italiano per la ricerca. Il corpus contiene i seguenti film: “Brucio nel vento” di Silvio Soldini del 2001 “Un’anima divisa in due” di Silvio Soldini del 1993, “Quando sei nato non puoi più nasconderti” di Marco Tullio Giordano del 2005, e “Saimir” di Francesco Munzi del 2004. Ho fatto questa scelta più o meno casualmente. A prima vista, i film non hanno niente a che fare l’uno con l’altro. Ma se guardiamo bene, i quattro film hanno una cosa in comune: il tema della migrazione. La domanda principale a cui voglio trovare una risposta è: come viene rappresentato il tema della migrazione nel mio 1 http://www.lastampa.it/redazione/default.asp, consultato il 27-05-2007 3 corpus? In questa tesi lavorerò dall’esterno all’interno, quindi dall’aspetto generale al cuore della tesi. Nel primo capitolo tratterò gli aspetti estetici comuni nel corpus. Mi sono limitata a tre aspetti che saltavano agli occhi, mentre stavo guardando i film; lo spazio, il mare e la lingua2. In tutti i film vengono affrontati questi temi, però sempre in un altro modo. Il primo capitolo consiste di tre paragrafi. All’inizio d’ogni paragrafo spiegherò il tema in generale e poi lo applicherò sui film. Tutti i quattro film vengono analizzati individualmente, sulla base delle scene scelte dai film. Nel secondo capitolo vorrei accennare le specificità estetiche d’ogni film. Lo scopo di questo capitolo è di scoprire una linea di tendenza che rappresenta l’aspetto più fondamentale della trama. Ogni film rappresenta un paragrafo, quindi ci sono quattro paragrafi. Ogni paragrafo comincerà con un breve riassunto della trama del film. Poi, farò un’analisi d’ogni film, presentando alcune scene, corredate con un mio commento. Devo menzionare che i primi due capitoli sono scritti in uno stile aneddotico, perché contengono per una gran parte delle descrizioni precise delle scene prescelte dai film. Le scene dimostrate nella tesi sono provenienti dalle trascrizioni dei film. Visto che non ho potuto trovare delle sceneggiature complete, ho dovuto trascrivere personalmente tutti i quattro film interi, per ottenere i dialoghi precisi. Questo lavoro ci voleva molto tempo e chiede precisione, accuratezza e pazienza. Nel terzo capitolo vorrei collegare il mio corpus con il tema centrale, la migrazione. Nel primo paragrafo farò un’analisi sulla base delle scene provenienti dai film. In questo capitolo vorrei vedere quali sottotemi della migrazione sono presenti nel corpus e come vengono rappresentati. Poi, vorrei inquadrarci nella società italiana d’oggigiorno. Per fare questo, darò prima un resoconto del contesto storico della migrazione italiana. Nel secondo paragrafo del terzo capitolo vediamo come Italia si è sviluppata da un paese d’emigrazione in un paese d’immigrazione. Nel paragrafo seguente, vorrei dimostrare l’Italia come paese d’immigrazione. Qual è la risposta d’Italia sull’arrivo dei nuovi immigranti? Come vengono sistemati le politiche migratorie? E che cosa pensano gli italiani del fenomeno? In questo capitolo notiamo anche il legame tra l’emigrazione di ieri e l’immigrazione d’oggi. Nell’ultimo paragrafo spiegherò prima l’importanza del medium cinema e chiarirò la mia scelta per l’uso del cinema per affrontare il tema della migrazione. 2 Per evitare degli equivochi: con la lingua voglio dire la lingua come canale di comunicazione. 4 Poi, vorrei investigare se il cambiamento geografico e sociale, causato dalla migrazione in Italia negli ultimi anni, ha anche portato ad un movimento nella storia del cinema italiano. E in seguito, come viene espresso questo movimento.Vedremo che possiamo estrarre una linea di tendenza nella storia del cinema italiano che riguarda la migrazione italiana nel corso degli anni. In ultimo, tornerò al mio corpus. Vedremo dove possiamo inserire i film nel quadro storico della migrazione italiana e anche nella storia del cinema italiano. Tutti i risultati si trovano riassunti nella conclusione. I. Aspetti estetici comuni nel corpus Un film consiste di numerosi importanti elementi estetici; la lingua, le luci, gli attori, il movimento della macchina da presa, i colori usati, la musica, lo spazio ecc. Nel mio corpus ho potuto estrarre tre aspetti estetici comuni che voglio approfondire. Certo, ci saranno più elementi interessanti da investigare, come per esempio il personaggio oppure i luoghi comuni. Ma questi temi vengono affrontati già da sé nei capitolo seguenti, quindi mi limito a tre aspetti: lo spazio filmico, la lingua (come canale di comunicazione) e il mare. Comincerò con la funzione dello spazio filmico. In seguito, applicherò questo tema su ogni film del mio corpus. Nel paragrafo seguente, farò una piccola ricerca alla lingua in ogni film. Poi, metto a fuoco un tema molto particolare però essenziale in tutti i quattro film: il mare. Non solo perché in ogni film gioca un ruolo molto importante, ma soprattutto perché ha un valore simbolico. 1.1 Lo spazio 1.1.1 La funzione dello spazio filmico Il cinema è un medium di comunicazione. Attraverso le immagini sullo schermo racconta qualcosa allo spettatore. Ci si mette in contatto con le immagini e s’identifica con gli attori e le situazioni in cui sono coinvolte. Le immagini sono delimitate da un quadro. Davanti ad un’immagine, “noi reagiamo come se in realtà vedessimo una porzione di spazio a tre dimensioni analogo allo spazio reale nel quale viviamo. L’immagine è limitata nella sua estensione dal quadro, ci sembra di percepire 5 soltanto una porzione di questo spazio. È questa porzione di spazio immaginario, contenuta all’interno del quadro, che noi chiamiamo il campo.”3 Il quadro, infatti, fa vedere solo un frammento del mondo (forse immaginario), mentre ci sarà di più da vedere. Ma il pubblico sa che esisterà anche un mondo fuori delle immagini proiettate sullo schermo: il campo fuori. Quanto il campo, tanto il campo fuori appartiene ad un medesimo spazio immaginario che si chiama lo spazio filmico. Lo spazio viene usato per esplorare nuovi territori oppure fare degli scoperti nuovi. L’importanza di quest’aspetto risulta dal citato seguente: “In un certo spazio l’uomo si proietta ed esprime se stesso e la sua vita nella società (.....) Esistono tanti spazi quante sono le epoche e i gruppi sociali, e in questa figura che ogni epoca si fa dello spazio, confluiscono gli ideali, i miti, le conoscenze tecniche e scientifiche, insomma l’insieme delle mediazioni e delle strutture culturali con cui l’uomo si pone e si realizza nel mondo.” 4 Ho deciso di analizzare la funzione dello spazio nei film del mio corpus, sulla base delle scene prescelte. Vedremo che lo spazio contribuisce qualcosa di più al tema principale della tesi, perciò molto rilevante da osservare. 1.1.2 Lo spazio nel corpus “Brucio nel vento” Sullo sfondo di una Svizzera minore, che non compare neanche sul retro dei depliant turistici, fatta di modeste birrerie e tristi fabbriche d’orologi distese nitide e interni spogli, si svolge la storia di questo film. Il personaggio principale, che viene da una “nazione senza importanza”, e da un’infanzia senza il minimo calore, è sfuggito dalla vita dei paesi dell’Est. Ora vive in Svizzera, nel territorio di lingua francese. È operaio in una fabbrica d’orologi dove lavora alla catena di montaggio. Dalibor, il protagonista, dice che nessuno nella fabbrica ha mai visto un orologio completo. Producono solo pezzi incompleti e questo è molto frustrante per gli operai. Ogni giorno, Dalibor affronta la ripetitività e l’infelicità della sua vita quotidiana. La casa di Dalibor è vecchia, semplice e triste. C’è buio, ed è del tutto simile a quella della madre, quando abitavano ancora nell’Est, mentre in realtà il suo lavoro, seppure poco remunerativo, potrebbe offrirgli perlomeno un’abitazione dignitosa. Anche il villaggio è 3 Aumont, Jacques. Bergala, Alain. Marie, Michel. Vernet, Marc. Estetica del film, Lindau, Torino, 1998, p.18/19 4 Francastel, P. Lo spazio figurativo dal rinascimento al cubismo, Einaudi, Torino, 1957 6 molto triste, grigio e freddo, così come il paesaggio innevato e raggelato. Questo villaggio è il mondo degli immigranti dall´Europa dell´est; immigranti che si trascinano dalla fabbrica al bistrot seguendo il ritmo monotono di un’esistenza alienata, le cui miserie vengono presentate o suggerite in modo lucido. Soldini fa vedere molto bene il vuoto di vivere, da immigranti, in un altro paese, in un modo indifferente. E in seguito, il sogno di tornare nel proprio paese e l'impossibilità di farlo. Insomma, Dalibor non vede tant’altro che la sua casa, il paesaggio gelido dall’autobus, almeno se non sta dormendo durante la corsa, la fabbrica, e a volte il bistrot dove incontra i suoi amici. Nella mia opinione, quello che rappresenta benissimo la ripetizione d’ogni giorno è l’autobus. Giorno dopo giorno deve prendere quest’autobus dalla sua casa al lavoro e viceversa. Le scene in cui vediamo passare l’autobus nel film, oppure in cui il protagonista si trova nell’autobus, sono tantissime e a volte la lungaggine di queste scene si può definire come noiose o inutili. Però, secondo me, l’autobus significa di più e non è solo un mezzo di trasporto; l’autobus rappresenta il suo piccolo mondo in cui vive. Il mondo da cui vuole scappare, ma non riesce ad andare via. L’autobus rappresenta tutta la sua vita e dunque anche il posto dove s’innamora; è proprio in questo stesso autobus in cui vede per la prima volta Line, il suo grande amore. Dopo il primo incontro, si vedono spesso allo stesso posto nell’autobus. Oltre all’autobus, c’è la fabbrica, anzi, la mensa della fabbrica che diventa un posto importante nel film. Nella mensa Dalibor e Line hanno la loro prima conversazione. Si veda la scena seguente: Line: Lei viene dal mio paese? È per quello che mi sta seguendo tutto il tempo? Dalibor dice: Tutti dal mio paese m’interessano. Line dice che non ha bisogno del suo aiuto. Line: Come ti chiami? Dalibor: Dalibor Liska. Line: Anche mio padre si chiama Dalibor. Dalibor: Quanti anni ha suo padre? Line: Tra poco ha 60, perché? Dalibor: Forse perché i miei sono già morti. Line: Mi dispiace. Mi chiamo Caroline, ma non mi piace. Mio marito mi chiama Karo! Dalibor: Preferisco chiamarla Line. Line ride. Line: Da bambina tutti mi chiamavano Line. Come riesce a sopportare questa città? Dalibor: Ci si abitua. Line: non mi riesce mai. Dalibor: Devi, chi abita qui, non ha altra scelta. Line: Non è il mio caso. Lavoro nella fabbrica perché lo stipendio di mio marito non è sufficiente. Fa fisica e sono venuta con lui in questo paese, per il suo lavoro. 5 Dalibor e Line nella mensa,“Brucio nel vento”, immagine proveniente da http://www.italica.rai.it/immagini/cinema/vento/dx3.jpg, consultato il 16-03-2007 7 5 Fra un anno torniamo e farò un corso per insegnare greco e latino. Adesso sa tutto di me, signor Liska. Line va via.6 Dopo, Dalibor e Line s’incontrano di nuovo nell’autobus. Line e sua bambina si siedono accanto a Dalibor. Dalibor dice che Line non deve avere paura e che un anno passa in fretta. Lui ci sta lavorando già da dieci anni. Line risponde: Line: Non lo sopporterei. Dalibor: Nessuno lo sopporterebbe ma eppure nessuno muore, solo qualcuno s’impazzisce, ma sono casi rari. Come si chiama? Indica la bambina. Line: Anicka, ha solo cinque mesi.7 Presto, la mensa della fabbrica sarà anche il posto dove Dalibor e Line fanno il pranzo insieme ogni giorno: Line: Mio marito è molto geloso. Dalibor: Non saprà niente. Line: È ricercatore, fisica, va ogni giorno all’università. La sera lavora a casa. Dalibor: E lei? Non ti annoia? Non esce mai, non ha amici? Line: come lo sa? Mi segue anche a casa? Dalibor: Sí, con il mio binocolo, perdonami. Line racconta del suo marito, che non fa niente a casa. Solo il sabato, con Anicka. Dalibor: Non devi mai andare più a quella parrucchiera. È orribile che ti hanno fatto. (Dalibor l’ha seguita tutto il giorno). Line è arrabbiata. Line: Nessuno ha chiesto la tua opinione! Dalibor: Scusami. Line: non importa, fra un anno vado via. Dalibor grida: Nooo! Line: Sei pazzo? Dalibor: Sí, vai via ovviamente. Ma avrei delle difficoltà. Line: Perché mai? Dalibor: È una lunga storia. Assomiglia ad una ragazza che non ho visto da 20 anni. Lei mi accompagnava a scuola. Line: Anch’io conosco un ragazzo che non ho visto da 20 anni. Un giorno è sparito. È andato in città con sua madre. Mi ricordo il giorno della sua partenza perché mio padre era attaccato vicino al cimitero. L’hanno rubato il suo portafoglio. Mia madre l’ha curato. L’ha salvato la sua vita. Dalibor: E Tobias non hai mai visto più? Line: Non ho detto che si chiamava Tobias. Dalibor: Ti ho riconosciuto subito quando sei salito nell’autobus. Line: sei tu davvero? Perché hai cambiato nome? Dalibor: Perché ho cambiato vita, e poi mi sembrava ridicolo8. Da queste scene risulta chiaramente l’infelicità di Dalibor e Line e la loro voglia di scappare dalla Svizzera, dal paesaggio gelido e dal villaggio triste: dalla vita noiosa insomma. L’unica cosa che li rende felice è l’amore. Dalla prima vista sembra una 6 Scena proveniente dal film “Brucio nel vento”, Silvio Soldini, 2001 7 Idem 8 Idem 8 storia d’amore impossibile; Line è la sorellastra di Dalibor, poi Line è sposata e ha una figlia. Ma alla fine vedremo che l’amore vince tutto. “Un’anima divisa in due” In secondo luogo farò un’ analisi dello spazio nel secondo film del mio corpus, “Un’anima divisa in due”. Un sorvegliante di un gran magazzino, l’italiano Pietro, s'innamora di Pabe, una ragazza Rom. I due personaggi si rincorrono, si trasformano e si amano in un set fatto di non luoghi: la metropolitana, centri commerciali, svincoli autostradali, alberghi. Il film comincia nel caos del centro di Milano. Soldini dirige in maniera ottima: l'inizio, con l'intrecciarsi di diversi piani di racconto durante un viaggio in metropolitana, ma anche i frequenti e brevi carrelli ad inserire in una scena nuovi personaggi ed elementi, il tutto supportato da una bella fotografia. Nel film scorre la normalità apparente: la routine di tutti i giorni. Pietro è separato dalla moglie, suo figlio di cinque anni può vedere solo la fine settimana e la sua vita va avanti per inerzia. C’è anche qualche momento di gioia: in una scena vediamo Pietro e suo figlio giocare sulla strada in una macchina scassata, fingendo di essere in un'avventura al mare. Con il suo bambino inventa viaggi avventurosi senza muoversi dal marciapiede sotto casa. Così crea il suo proprio mondo e spazio immaginario. Ma più spesso vediamo lo squallore di situazioni note come la sera da soli con la cena davanti alla televisione. Pietro vive in solitudine e quando incontra la zingara Pabe, decide di fuggire via insieme con lei. Per salvarla dall’oppressione e per scappare dalla sua propria vita prende una decisione imprevista e questo lo porta in nuovi territori, sconosciuti ma appunto per questo affascinanti. Pietro e Pabe fuggono insieme da Milano. Ora comincia il viaggio in macchina. Vanno verso sud, lungo il mare. Già all’inizio del viaggio, affrontiamo di nuovo il tema dello spazio. Pabe ha sempre aperto la finestrina, anche se così c’entra molto vento. Però vuole sentire sempre l’aria fresca. La prima notte in un albergo Pabe non riesce a dormire. È sdraiata sul letto e ancora vestita. Di notte, Pietro si sveglia e scopre che Pabe non c’è più accanto a lui. Va a cercarla fuori. La trova accanto alla cancellata del balcone con una coperta. Sotto il balcone c’è il mare. Osserviamo la scena seguente: Pietro: Pabe, che succede? Pabe: Non riesco a dormire, la stanza è piccola. Mi soffoca. Pietro:Ma non puoi stare qui. Pabe: Mi sento in prigione. Pietro: Ma la roulotte era ancora più piccola. Pabe: Non è vero, è fuori, non è tutto chiuso come qua. Pietro: Ma non hai freddo, torniamo dentro, dai. 9 Pabe: Stai qui anche tu.9 Rimangono così un attimo, poi ritornano nella camera dell’albergo. Vediamo una scena in cui Pietro sta spostando il letto così che i cuscini stanno sotto la finestra aperta. La mattina, Pietro si sveglia e quasi muore dal freddo quindi chiude subito la finestra. Di nuovo, Pabe è uscita dall’ albergo. Questa volta Pietro la trova nella macchina. Ha passata la notte dormendo dentro la macchina. Pabe non si sente comoda in posti chiusi. Si è abituata al campo di nomadi. Un altro aspetto è che Pabe non si è abituata a lavorare in una fabbrica. Non solo per il motivo di lavorare tutto il giorno mentre da zingara poteva solo chiedere i soldi, ma anche a causa dell’ambiente chiuso. Diventa un problema così serio, che questo diventa motivo per ammalarsi.10 Pietro e Pabe si sposano ad Ancona e si trovano una casa. Pabe deve ancora abituarsi a vivere dentro e non fuori. Non gli piace stare dentro, nell’albergo, la casa, la fabbrica o la macchina. Preferisce l’esterno sopra ogni cosa, come la roulotte dove abitava vivendo come una zingara, oppure il mare, il porto o il parco. L’ultima scena che vorrei proporre è la fine del film. Pabe non si riesce di abituarsi alla nuova vita e vediamo una scena in cui Pabe scappa da Ancona e prende il treno per tornare a Milano. Porta i suoi vecchi vestiti colorati: maglietta rossa, pantaloni blu con fiori e gli stivali bianchi. Rimette i vecchi orecchini. Porta la nuova giacca di pelle e gli occhiali di sole. Arrivata alla stazione, prende un taxi che la porta alla sua tribù Rom: ma il campo dei nomadi è sparito, le ruspe già ripianano il terreno fangoso. Non c’è più una traccia della sua roulotte. La macchina da presa si focalizza sugli occhiali di sole di Pabe: nel vetro scuro si vede la macchina escavatrice e la sabbia. È una fine aperta, non sappiamo cosa farà Pabe o dove andrà. Però notiamo il tema di no- return. Pabe non poteva più stare con Pietro e aveva deciso di tornare alle proprie radici. Ma neanche questo era possibile perché il campo dei nomai è tutto sparito. “Quando sei nato non puoi più nasconderti” Il terzo film del mio corpus è “Quando sei nato non puoi più nasconderti”. Questo film può essere diviso in quattro atti e ogni atto ha luogo in uno spazio diverso. 9 Scena proveniente dal film “Un’anima divisa in due”, Silvio Soldini, 1993 10 Si veda la scena nel capitolo II “Specificità estetiche nel corpus”, pagina 32/33 10 Il primo atto si svolge in una piccola cittadina di provincia Brescia, dove abita il protagonista, Sandro. Ha dodici anni e ha una vita spensierata nell’agiatezza di una ricca famiglia borghese. Bruno e Lucia sono i ricchi genitori, proprietari di una fabbrica. Sandro abita in una gran casa, con una piscina nel giardino. Il secondo atto è il viaggio in barca di Sandro e Bruno, con un amico del padre, Popi. Partono con l’aereo per la Grecia. Da lì prendono una barca a vela e tornano a casa facendo vela. C’è un’atmosfera d’estate e di ferie: c’è il sole, e si sente la musica allegra sullo sfondo. Sulla barca stanno facendo una pellicola. Vediamo Sandro sdraiato, prendendo il sole. Popi gli insegna a governare la barca. I tre stanno parlando e scherzando. Nella terza parte del film il piccolo mondo che Sandro fin'ora ha sempre conosciuto crollerà improvvisamente. Il ritorno verso l’Italia, dopo esser caduto nel mare, rappresenta per Sandro un percorso avventuroso quanto sconvolgente. Sandro si trova in un mondo che non ha questa volta però la forma di una comoda barca a vela ma quella meno sinuosa e scura di un barcone d’immigranti disperati. Sandro viene costretto a vivere su una barca, con poco spazio e in una situazione disumana; c’è una mancanza d’acqua fresca, e il cibo è fradicio. La macchina da presa lo rispecchia molto bene di focalizzarsi su una mela guasta o sulle bocche secche dei migranti. Poi, c’e la scoperta dell’abiezione di una morte invisibile: quella del clandestino gettato nel mare. Mentre lo gettano nell’acqua uno dei capitani dice: “Pace all’anima sua.”11 Tutto questo sotto il sole caldissimo. L’unica cosa che conta è sopravvivere questo viaggio terribile. Attraverso la barca, entriamo nel mondo dei clandestini; un incontro che attraversa l’agio della ricca vita borghese e si posa sul disagio di chi compie un viaggio verso la speranza, una speranza che porta il nome Italia. 12 11 13 Citato proveniente dal film “Quando sei nato non puoi più nasconderti”, Marco Tullio Giordano, 2005 12 Sandro con gli immigranti sulla barca, “Quando sei nato non puoi più nasconderti”, immagine proveniente da http://www.cinematographers.it/archiviofoto/quando_sei_nato/sandro_barcone.jpg, consultato il 16 marzo 2007 11 La quarta parte del film si svolge a terra d’Italia. Quando la barca è appena arrivata, Sandro rimane qualche tempo nel centro d’accoglienza per rifugiati. Anche qui Sandro si trova in un ambiente migratorio. Durante l’avvenimento traumatico sulla barca con clandestini, Sandro ha incontrato due rumeni, Radu e Alina. Sono diventati i suoi amici. Una volta giunto in Italia dove l'aspettano i ricchi genitori, tenterà di portarli con sé a Brescia, ma si scontrerà con la ferrea logica della legge e della burocrazia. Radu e Alina scappano dal centro d’accoglienza e tradiscono la famiglia Bresciana. Ma Sandro non può mettersi il cuore in pace. Nella scena finale, notiamo forse il tema dello spazio nel modo più forte: la ricerca d’Alina da parte di Sandro in una sorta di bolgia dantesca all'interno di un edificio abbandonato della periferia milanese. Nello squallore della Milano invisibile, osserviamo le immagini struggenti dei meno fortunati, di questi immigranti perfettamente integrati nella loro non-integrazione. In quest'ambiente Sandro trova Alina, e vediamo una bambina che è arrivata da lontano piena di speranze e che vede infrangersi i propri sogni nel terribile giro della prostituzione. “Saimir” Vorrei concludere il tema dello spazio con l’ultimo film del mio corpus: “Saimir”. In tutto il film viene chiaro che il regista ha l’occhio sul paesaggio ed i personaggi. Si veda l'inizio; sentiamo la musica albanese molto allegra, mentre viaggiano con il furgone dall’Italia in Albania, passando alle montagne e la natura bellissima. Con la traversata silenziosa, all’alba, dal Tirreno all’Adriatico. Il paesaggio è bellissimo. Subito dopo, capiamo che questa scena non è così bella come sembra; vediamo il protagonista, il sedicenne Saimir insieme con suo padre lavorando. Guidano un camion “carico” di migranti clandestini che lo trasportano dall’ Albania in Italia. Un secondo atto nel film, in cui notiamo il legame tra paesaggio e personaggio molto forte è il furto nella casa dei ricchi. Non rappresenta l’avidità dei ragazzi di rubare delle cose prestigiose, ma riflette invece i loro sogni di avere un’altra vita. Una vita in cui forse possono avere una villa così. I giovani delinquenti si uniscono davvero nell’ambiente della villa romana. Lo spazio si unisce con i personaggi. Approfondirò questa scena nel secondo capitolo. Oltre all’aspetto paesaggio- personaggio, troviamo il tema dello spazio nel territorio dove abita Saimir: Ostia. Francesco Munzi ha ripreso non solo Ostia ma anche Fregene, 13 Sandro sulla barca d’immigranti, “Quando sei nato non puoi più nasconderti”, immagine proveniente da http://www.repubblica.it/trovacinema/rendercmsfield.jsp?field_name=Image&id=290041, consultato il 16-032007 12 Torvaianica, Ladispoli. Sono tutte zone in cui sorgono spesso gli accampamenti degli immigranti soprattutto durante l’inverno, quando il litorale è semideserto e sembra terra di nessuno. La cronaca odierna ci dice che qui la malavita organizzata è in mano a clan d’uomini venuti dall’Europa dell’est, prostituzione e droga prevalentemente. Anche nel film Ostia è un paesaggio di un vecchio borgo marinaro senza storia, fatto di case povere di pescatori. La scelta di usare Ostia come il posto dove abita Saimir, serve ad aumentare l’attinenza con la realtà del film. L’aspetto realistico viene anche rappresentato della mescolanza tra attori di strada ed attori professionisti. Contribuisce a dare un taglio più personale alla storia. Saimir abita in una piccola casa dietro una finestra aperta sul mare d’Ostia. Abita qui insieme con suo padre e l’amante del padre, una donna italiana. La casa è vecchia e brutta, e c’è una piccola stanza per Saimir. In una scena vediamo Saimir nella sua stanza quando non riesce a dormire. In questa stanza, le notti sono lunghissimi. 14 Un altro spazio importante nel film è il furgone, in cui Saimir spende molto tempo durante il suo lavoro. Al lavoro Saimir deve fare tutto quello che dice suo papà. Ed anche a casa è costretto a vivere come vuole suo padre, mentre preferisce scappare via. Ma non ha il coraggio o i soldi di andare via e a vivere la sua propria vita. L’unico posto dove Saimir ha davvero qualcosa per se stesso, è una vecchia casa accanto all’autostrada vicino a Roma. Saimir e i suoi amici Rom a volte vanno in giro insieme a rubacchiare. C’è una stanza di Saimir, dove ha messo tutta la roba rubata. In questa camera Saimir può fare quello che vuoi e essere chi vuole. Quando Saimir incontra la sua fidanzata, vuole pure farla vedere questa casa che non ha nemmeno un proprietario, invece della sua casa dove abita con suo padre. 14 Saimir nella sua casa triste con vista sul mare, “Saimir”, immagine proveniente da http://www.filmsduparadoxe.com/saimir1.jpg, consultato il 16-03-2007 13 1.2 La lingua Oltre allo spazio filmico, possiamo estrarre un altro elemento rilevante, infatti, la lingua. Come abbiamo visto nel paragrafo dello spazio, un film comunica qualcosa allo spettatore attraverso le immagini sullo schermo. La lingua è il medium di comunicazione per eccellenza. Anche nella vita quotidiana di tutti noi la lingua è indispensabile; attraverso una lingua si può far sapere chiaramente all’altra persona tutto quello che vuoi; emozioni, sentimenti ecc. Inoltre, la lingua gioca un ruolo fondamentale nell’ambiente della migrazione, soprattutto nella politica d’integrazione. In molti casi, quando una persona emigra, non sa la lingua del paese d’arrivo. È uno straniero nel nuovo mondo. Senza aver una conoscenza della lingua del paese d’accoglienza il nuovo immigrante affronterà tante difficoltà con l’integrazione; al lavoro, nei negozi, alla ricerca di una casa. E come si fa a stabilire nuovi contatti, trovare amici, conoscere altre persone e la gente locale senza sapere la lingua? L’immigrante deve avere una minima conoscenza della lingua ed è spesso una condizione per entrare nel nuovo paese. 1.2.1 La lingua nel corpus “Brucio nel vento” “Brucio nel vento” si svolge nella parte di Svizzera dove la gente parla francese. I due protagonisti, Dalibor e Line, vengono da un paese dell’Europa dell’est. Non viene mai esattamente chiaro da quale paese. Però, nel villaggio in Svizzera predomina un ambiente d’immigranti provenienti dalla Repubblica Ceca. Gli operai che lavorano nella fabbrica d’orologi e gli amici di Dalibor, fra cui Janek e Pavel, sono anche Cechi. Quindi, è molto probabile che anche Dalibor e Line vengono dallo stesso paese. I due protagonisti non parlavano francese prima di arrivare nel nuovo mondo straniero del villaggio in Svizzera. La scena seguente dimostra la difficoltà di dover conoscere un’altra lingua. Dalibor e Line stanno giocando a scacchi nella mensa della fabbrica: Dalibor: sono meglio. Line: si, dev’essere qualcosa in cui sei meglio. A scuola eravamo insieme. Invece io mi sono laureata. Dalibor: scrivo, diario e libro. Line: in quale lingua? Dalibor: nella lingua di qui. Line: sarà difficile. Già nella propria lingua, quindi. Dalibor: proverò. Se va bene o se non va bene, è indifferente per me. Line: lavorare tutta la tua vita come operaio è indifferente? Dalibor: insieme a te no. Line: mi fai paura Tobias. 14 Dalibor: Anche tu, Line.15 Un altro esempio nel film che riguarda la lingua è la scena in cui Dalibor funziona come traduttore durante l’udienza di un Ceco che è stato condannato di furbo. Dimostra quanto è pieno il villaggio con migranti. Il terzo esempio è una scena alla fine del film che avviene in un nuovo paese dove tutto ricomincerà in un’altra lingua; vediamo Line sdraiata sulla spiaggia, accanto ad un mangianastri, ripetendo delle frasi in una nuova lingua, infatti, lo spagnolo. Con l’imparare d’una nuova lingua, Line vuole rifarsi una vita, per avere un buon futuro. “Un’anima divisa in due” Nonostante il fatto che tutta la storia di “Un’anima divisa in due” abbia luogo solamente in Italia, si trova più di una lingua nel film. Oltre all’italiano viene parlato anche la Rom, la lingua propria degli zingari. Nel film, la lingua Rom viene soprattutto parlata nei campi di nomadi, dov’è l’unica lingua che si parla. All’ inizio del film vediamo che Pabe abita qui, la ragazza zingara. Verso la fine del film, quando Pabe non abita più tra gli zingari ed è nel frattempo diventata una moglie d’un italiano, incontra una donna Rom, che vuole avere dei soldi. Pabe non ha lasciato e dimenticato mai la vita di prima e le risponde nella sua lingua Rom. L’altro protagonista del film, l’italiano Pietro, non capisce la lingua Rom. Ma dal momento in cui s’innamora con Pabe, impara sempre di più di quell'altra lingua. Pabe e Pietro possono comunicare molto bene in italiano, anche se a volte l’italiano di Pabe è imperfetto. Nel film viene affrontato spesso l’altra lingua, ed il contrasto tra l’italiano e la lingua Rom. Vediamo Pabe e Pietro in una scena quando hanno fatto l’amore: Pietro: Perché non hai detto? Pabe: Da noi è normale. Non sono più una ciai. Pietro: Che cosa sei? Pabe: Una romni. Pietro: Ed io? Pabe: Un gagio....Shosko. Ti ho messo un nome. Pietro: Cosa vuol dire? Pabe: Coniglio.16 Pabe ha inventato un nome per Pietro, Shosko, che vuol dire coniglio in italiano. Dopo, notiamo che anche Pietro ha un nomignolo per Pabe nella lingua Rom; kale ciai. Così, vediamo che le due lingue diverse s’intrecciano sempre di più. 15 Scena proveniente dal film “Brucio nel vento”, Silvio Soldini, 2001 16 Scena proveniente dal film “Un’anima divisa in due”, Silvio Soldini, 1993 15 “Quando sei nato non puoi più nasconderti” Vorrei dimostrare qualche esempio dal film “Quando sei nato non puoi più nasconderti” in cui la lingua ha un’importanza significativa. La storia ha luogo in Italia e per una piccola parte in Grecia, quando il ragazzino Sandro ci va in vacanza insieme con suo padre e un amico. Sandro e la sua famiglia sono italiani e ovviamente parlano italiano. Quando Sandro incontra un uomo africano che sta ripetendo sempre una stessa frase, Sandro sente una lingua che non ha mai sentito prima. Sandro vuole sapere che cosa significa la frase. Lo trova molto affascinante e così nasce in lui la curiosità e l’interesse per altre lingue e culture. Al lavoro di suo padre, dove lavorano molti migranti, parla con interesse con tutti gli operai, fra cui un Africano che si chiama Ndaje. Un altro esempio che riguarda la lingua nel film è durante le vacanze in Grecia. Bruno, il padre di Sandro e suo amico Popi, incontrano due ragazze inglesi. Con loro gli italiani provano a parlare l’inglese ma sono abbastanza imbranati. Tutto questo avviene in un ambiente tranquillo di vacanze. Quello che succederà Sandro è tutto di un’altra dimensione. Infatti quello che supera tutto è il momento in cui Sandro arriva sul barcone di migranti clandestini. Qui, Sandro si trova nel mezzo di stranieri che vengono da dappertutto; l’Africa, paesi dell’Europa dell’est. È un crogiolo di razze, sono presenti tutte le nazionalità. Parlano tutti un’altra lingua. Sandro incontra i suoi amici, Radu e Alina, che vengono dalla Romania. Capiscono italiano ma il loro italiano non è perfetto. Anche nel centro d’accoglienza si trova gente da tutto il mondo e ci circolano tante lingue diverse. Vediamo la scena in cui padre Celso (proprietario del centro) si rivolge alla sua gente: Padre Celso: Questo è un centro d’accoglienza (viene tradotto in tutte le lingue; arabo, francese ecc.). Dobbiamo starci bene (traduzione). Per questi ci sono delle regole, tutti devono rispettare. Prima regola: è vietato assoluto di rubare. Non si può, non è ammesso. Ognuno preghi il suo Dio senza disturbare gli altri. Per qualunque cosa, chiedete Soki. (Padre Celso introduce un uomo africano). Soki: Salaam Alekon. Poi tutti lo ripetano.17 Vorrei proporre un ultimo esempio rispetto alla lingua in questo film. Sul barcone, ci sono due capitani che sono cattivi e non hanno alcun rispetto per l’essere umano. Vengono dal Sud d’Italia e parlano un dialetto incomprensibile. Si può dire che attraverso i due capitani viene rappresentato il Sud d’Italia; il Sud, che è in contrasto con il ricco Nord, che viene 17 Scena proveniente dal film “Quando sei nato non puoi più nasconderti”, Marco Tullio Giordano, 2005 16 rappresentato attraverso Sandro. Vediamo che la lingua è molto importante perché indica da dove viene una persona e nello stesso tempo la sua situazione sociale. “Saimir" Saimir è un ragazzo emigrato da Albania insieme con suo padre. Sa parlare l’italiano, ma lo fa solo con altri italiani, per esempio con Michela, la ragazza italiana di cui s’innamora. Con i suoi amici Rom e con suo padre parla sempre l’albanese. Anche Edmond, il padre, sa parlare italiano ma così come Saimir lo fa solo in certe situazioni. Per esempio con il suo amante Simona, la donna italiana con cui sposerà. In una scena vediamo la cena a casa di Saimir. Saimir e suo padre stanno litigando. All’improvviso Simona dice: “Se magari mi fai capire anche a me qualche cosa?”18 Non capisce l’albanese. Una gran parte del film è in albanese, io l’ho visto con sottotitoli. Il fatto che Saimir parla il più delle volte in albanese, fa vedere da dove viene e che ancora non è integrato interamente nella società italiana. L’aspetto della lingua nel film rispecchia le difficoltà di Saimir di sentirsi uno straniero, ovunque va. 1.3 Il mare Per spiegare l’importanza fondamentale del mare mi riferisco al citato seguente: “Il mare. Un mondo nascosto da cui scaturisce la vita su questo pianeta. Materno, materno oceano. Un simbolo universale di vita e fertilità nell'arte e nella letteratura. Oggetto di sogni romantici. Un gentile seduttore che ti attira con un cenno e, allo stesso tempo, un'inflessibile forza capace di furia istantanea. E il mare è libertà. È l'ultima distesa per le vaste globali migrazioni dei più grandi animali in natura, dove i soli recinti sono le coste continentali. Libertà, anche dalla gravità, per quelli immersi nelle sue acque. Un ultimo rifugio. Per molti, semplicemente, un arcobaleno è un arcobaleno, e il mare è il mare, e si lasciano sfuggire i loro più profondi segreti. Ma essi meritano una maggior attenzione, poiché ci sono arcobaleni dentro il mare per coloro che hanno gli occhi capaci di scorgerli.” Christopher Newbert, 1984 19 Il terzo aspetto estetico comune che ritorna in ogni film del mio corpus è il mare. Italia è una penisola, circondata da acqua. Il mare è un mondo nascosto agli occhi degli uomini; il mare incanta, il mare uccide, commuove, spaventa, fa anche ridere, alle volte sparisce, è saggio, è dolce, è imprevedibile. E per questo, il mare è sempre stato molto importante in Italia. C’è una vera e propria letteratura marinaresca in Italia, soprattutto letteratura di viaggi, esplorazioni e avventure. Troviamo il mare nel lavoro di grandi scrittori e poeti italiani come 18 19 Citato proveniente dal film “Saimir”, Francesco Munzi, 2004 Sorisio,Sonnino Luca. Rapsodia Blu: il mare in poesia, prosa e fotografia, Nautica editrice, Roma, 2005 17 Giovanni Verga, Cesare Pavese, Elsa Morante e Gabriele d’Annunzio.20 Anche scrittori contemporanei, come per esempio Alessandro Baricco toccano il tema del mare. Esso vediamo nel suo libro “Novecento”, ma soprattutto in “Oceano Mare”, in cui si può unire tutti i vari personaggi ad una sola parola: il mare. Il tema del mare è sempre stato presente non solo in quell’italiana, ma anche nella letteratura mondiale. In seguito, anche nella cultura, arte oppure il cinema troviamo il mare. Quando vediamo un film non guardiamo solo al mare attraverso lo schermo, ma c’è un valore simbolico nascosto in quell’acqua. 1.3.1 Alcuni esempi del tema del mare nel corpus Il mare non viene rappresentato sempre nello stesso modo nei film del corpus. Nondimeno, è presente in ogni film. Sulla base di scene selezionate dai film, proverò ad analizzare il valore simbolico del mare. “Brucio nel vento” In questo film il tema del mare viene affrontato due volte. La prima volta è in una scena in cui sentiamo la voice- over di Dalibor che sta parlando sulla riva del lago ed il mare. Dice: Ma il mare è lontano da qui.21 Quindi, vuole andare al mare, ma non è possibile perché è troppo lontano. È solo un suo sogno. La seconda scena del mare è la fine. Il film conclude con il viaggio in treno e lungo il mare verso un altro Paese. Line e Dalibor hanno lasciato la Svizzera. Vanno in un nuovo paese, come per dire che l´amore vince tutto, che l´amore può essere più forte anche dell´esistenza desolata. Dopo il viaggio in treno, vediamo la nuova piccola famiglia amorosa, Dalibor, Line e la bambina Anicka, prendendo il sole al mare. Hanno cominciato una nuova vita. Sentiamo per l’ultima volta la voce di Dalibor: “Mi alzo ancora alle cinque la mattina però per andare al porto per guardare le barche e per pescare.”22 Il film si conclude con un lieto fine, una cosiddetta happy end. Liberatorio, dopo vicende tanto dolorose. Prima Dalibor poteva solo sognare di un posto al mare, alla fine si è riuscito di trovarlo. In questo film il mare rappresenta la nuova vita di Dalibor e Line. Ma 20 Si veda il verso L’onda di Gabriele d’Annunzio nell’appendice B 21 Citato proveniente dal film “Brucio nel vento”, Silvio Soldini, 2001 22 Citato proveniente dal film “Brucio nel vento”, Silvio Soldini, 2001 18 anche libertà; finalmente sono fuggiti dal villaggio in Svizzera, dove erano costretti di vivere in un peasaggio freddo e di lavorare nella fabbrica ogni giorno. Inoltre, le onde del mare prendono via i pensieri e così Dalibor può dimenticare il suo passato traumatico. “Un’anima divisa in due” In “Un’anima divisa in due” il tema del mare ritorna qualche volta. La prima scena in cui lo vediamo è quando Pietro sta giocando insieme con suo figlio Tommaso. Stanno in macchina e fanno finta di trovarsi nell’acqua insieme con coccodrilli. Fanno anche finta di andare al mare un giorno. Pietro tiene Tommaso sulle spalle e dice: “Puoi vedere il mare, dietro la mura?” Poi, vanno sopra la macchina e dicono: “Sì, sì, c’è il mare!! Vedo il mare!” 23Dopo vediamo una scena in cui il ragazzino dice a sua mamma che è stato al mare. Anche in questo film, per il protagonista il mare è solo un sogno. Un posto dove si può dimenticare la vita quotidiana. Quando Pietro va dal medico per la sua emorragia, il medico dice: “Perchè non prendi le vacanze, vai al mare.”24 Il mare è anche un posto per riposarsi, dove si può sentire felice e libero. Il primo posto dove Pietro va quando è appena fuggito da Milano è infatti il mare. Pietro e Pabe stanno in macchina e devono decidere dove possono andare. Dice a Pabe: “Ok, l’uomo qua ha deciso di andare al mare, lo vuoi?”25 Pabe risponde sì. Il primo albergo dove vanno a dormire durante il viaggio è al mare. Vediamo una scena di Pietro e Pabe sulla spiaggia: Pabe dice: perché dobbiamo andare via? Pietro: Sì che sono un gagio ma non sono così ricco di abitare in un albergo col vista sul mare. Pabe: dormiamo in macchina! Pietro: trovo un lavoro, vedrai. Pabe: i soldi sono finiti? Pietro: non ti preoccupare.26 Anche il secondo albergo è al mare. Ma costa troppo e sono finiti i soldi di Pietro. Pietro ha deciso di andare ad Ancona, dove abita Savorino, il nonno di Tommaso. Pabe gli domanda, 23 Citato proveniente dal film “Un’anima divisa in due”, Silvio Soldini, 1993 24 Idem 25 Idem 26 Scena proveniente dal film “Un’anima divisa in due”, Silvio Soldini, 1993 19 quando hanno appena dormito in macchina, “C’è anche il mare ad Ancona?”27 Poi, la macchina da presa si muove dalla macchina, sopra, al mare. Sullo schermo si vede il mare e la spiaggia. Rimane così per qualche secondo. Ad Ancona, vediamo Pabe spesso camminando al porto. Si siede accanto a Savorino (il nonno di Tommaso), nel vento con la vista sul mare e le barche. Ci va per prendere l’aria fresca oppure per parlare con Savorino, che è molto simpatico. In questo film il mare significa la possibilità di liberarsi, anche solo per un attimo, dalla vita quotidiana. Il mare rappresenta la libertà di essere fuori, nell’aperto. Un posto dove si può prendere una boccata d’aria, quando si sente chiuso. 28 “Quando sei nato non puoi più nasconderti” Nel film “Quando sei nato non puoi più nasconderti” l’aspetto del mare è molto forte. Si tratta non solo del mare, ma anche di barche. Nella prima parte Sandro si trova su una barca da velo con suo padre e un amico. Sono in vacanza. C’è il sole, si riposano, stanno scherzando e sono tutti felici. Il mare è tranquillo, dolce. Qui il mare rappresenta la tranquillità e serenità della vita. Ma il mare cambia quando Sandro cade nell’acqua durante la notte. Adesso il mare diventa misterioso, non sappiamo che cosa farà. Ci fa paura, è amaro e terribile. Forse possiamo sentire ancora di più il mare come abbandono. Sandro è da solo in acqua, e quasi muore. “Il mare e il deserto rappresentano le due distese dove si può verificare più facilmente la perdita di ogni riferimento, anche la perdita di sé.”29 27 Citato proveniente dal film “Un’anima divisa in due”, Silvio Soldini, 1993 28 Pietro e Pabe in spiaggia, “Un’anima divisa in due”, immagine proveniente da http://images.google.it, consultato il 16-03-2007 29 “... e c’è di mezzo il mare”: lingua, letteratura e civiltà marina, da: Mercedes Arriaga Florez L’Adriatico di Raffaele Nigro: il mare, i mari, l’utopia, vol. II, p. 229-235. 20 30 Fortunatamente viene salvato, e arriva su un’altra barca. La barca dei migranti rappresenta la lotta, la sfida, la prova e il confronto con la vita. Per Sandro il mare è l’orizzonte, il paesaggio imprescindibile della ricerca di se stessi e del significato della vita. Per i migranti sulla barca, il mare ha ancora un altro significato; “l’utopia e la ricerca di un nuovo mondo.”31 “Saimir” In “Saimir” il protagonista abita in una piccola casa al mare. Nell’inverno la spiaggia è abbandonata e durante l’estate è piena di gente. Sulla spiaggia Saimir incontra una ragazza italiana, Michela. Hanno anche il primo appuntamento al mare, come dimostra la scena seguente: Vediamo Saimir e Michela insieme sul motorino. Si fermano sulla spiaggia. Camminano verso il mare, Michela corre e sente l’acqua con le mani. Il tempo è bello ma è ancora freddo, dovrebbe essere l’inizio della primavera. Saimir sta un po’ indietro sulla spiaggia e sorride. Michela sorride anche, corre verso lui e dice: “È fredda! È freddissima!” Saimir: “Io invece mi tuffo.” Michela: “Tu sei matto.” Saimir si spoglia. Poi, anche Michela lo fa. Con solo una maglietta, corrono insieme nell’acqua, mano nella mano. Giocano, ridono, e si abbracciano. Quando escono dall’acqua il sole è quasi tramontato. Sulla spiaggia si vestono. Michela trema. Stanno ridendo. Saimir: “Hai freddo?” Michela: “Sto morendo.” Saimir le dà la sua maglietta. Michela: “E tu?” Saimir: “Sto bene.” Michela:“Sei sicuro?” Saimir:”Sí, sicuro.” Michela:“Perché ridi?” Saimir: “Sono contento.” Michela sorride.32 30 Sandro caduto nell’acqua, “Quando sei nato non puoi più nasconderti”,immagine proveniente da http://www.cinebel.be/portal/resources/movie/14198/b141981.jpg, consultato il 16-03-2007 31 “... e c’è di mezzo il mare”: lingua, letteratura e civiltà marina, da: Mercedes Arriaga Florez L’Adriatico di Raffaele Nigro: il mare, i mari, l’utopia, vol. II, p. 229-235. 32 Scena proveniente dal film “Saimir”, Francesco Munzi, 2004 21 33 34 In questo film il mare rappresenta l’amore. Saimir goda del piccolo momento in cui è felice. Si goda del panorama, dell’acqua, e soprattutto di Michela. Qui s’innamora con la ragazza italiana, e per la prima volta non si sente uno straniero. Il mare è anche un posto dove Saimir non deve preoccuparsi di niente. Può dimenticare le difficoltà della sua vita, il lavoro o i problemi con suo padre. Il fatto che Saimir si tuffa nell’acqua, può avere anche un altro significato: quello della purificazione. Può essere che per il fatto di lavarsi totalmente, fa sparire la persona che era; dolorosa e infelice. Vuole cominciare da zero, come una persona nuova, fresca e pulita. Insieme con sua fidanzata. 2. Specificità estetiche nel corpus Fin’ora ho parlato del mio corpus in senso generale. In questo capitolo vorrei analizzare una peculiarità d’ogni film. Non devono avere a che fare per forza con il tema principale della tesi; si tratta una linea sola del film, che rappresenta l’aspetto più fondamentale della trama. La linea del film che vorrei approfondire, si rispecchia già in ogni titolo del paragrafo. Osserviamo ogni film individualmente. Per una comprensione maggiore del capitolo seguente, mi pare utile di dare un piccolo riassunto della trama all’inizio d’ogni paragrafo. In quanto segue, mio scopo sarà di presentare secondo un ordine cronologico lineare alcune scene corredate con un mio commento sull’importanza delle specificità estetiche nel corpus. 33 Saimir va da solo in spiaggia, “Saimir”, immagine proveniente da http://www.cine-metroart.com/upfiles/0786p1.jpg, consultato il 16-03-2007 34 Saimir e Michela in spiaggia, “Saimir”, immagine proveniente da http://www.port.hu/picture/instance_2/94274_2.jpg, consultato il 16-03-2007 22 2.1 “Brucio nel vento” o il ritorno traumatico del passato Trama ”Brucio nel vento” che soffia forte in un paesino della Svizzera. Protagonista assoluto è Tobias Horvath, " nato in un villaggio senza nome di un paese senza nome", fuggito adolescente dopo aver accoltellato l'amante della madre prostituta (il suo vero padre). Tanti anni dopo, in Svizzera, Tobias è operaio in una fabbrica di componenti per orologi. Ogni suo giorno scorre nell’estenuante ripetizione degli stessi gesti. Tobias cerca di annullare lo squallore della vita d'operaio immigrato attraverso l'arte delle parole, scrivendo poesie. E aspetta l’arrivo di una donna : ”sconosciuta, bella, irreale”: Line. La sogna, la cerca in ogni donna che incontra. La sua vita è popolata da ricordi e visioni del passato. Un passato che Tobias rinnega e che ha voluto dimenticare, fin dal momento in cui è scappato dal suo paese d'origine, dalla madre prostituta, da un padre non legittimo, e da un nome che decide di cambiare scegliendo, paradossalmente, quello del suo non-padre; Dalibor. Poi, però, un giorno all'improvviso sembra che "l'aria serena" del paese straniero, in cui Tobias ormai vive da circa vent'anni, gli porti la donna tanto attesa. Line e lui s’innamorano perdutamente. Nonostante il loro sembri un amore impossibile, Tobias non vuole arrendersi…35 Questa è la trama del primo film dal corpus: “Brucio nel vento”36 di Silvio Soldini, del 2001. La storia si è ispirata al libro “Hier”, romanzo d’Agota Kristof.37 Gli incubi di Dalibor Il film comincia già con un sogno del personaggio principale, Dalibor. Sta scrivendo molto affrettato, rigorosamente a matita. Cerca di annullare lo squallore della vita d'operaio immigrato attraverso l'arte delle parole, scrivendo poesie. Poi, le lettere diventano immagini. Allo stesso tempo sentiamo la voice- over di Dalibor, che dà il suo commento su quello che succede: “Comincia con un vento, un vento conosciuto. Poi viene il sentimento di distendersi sul letto. La porta si apre. Entra la tigre, che grida: Musica! Suoni qualcosa!” 38 35 La trama di “Brucio nel vento” è proveniente da www.centraldocinema.it , www.kataweb.it, consultati il 1403-2007 36 Per ulteriore informazione sul film “Brucio nel vento” si veda l’appendice A 37 Agota Kristof è una scrittrice ungarese, nata il 30 ottobre 1935. Ha conosciuto molto guerra e violenza nella sua vita, temi che ritornano spesso nel suo lavoro. Nel 1963 Agota Kristof si è sposata con il fotografo francese Jean-Pierre Baillod. Imparò il francese e cominciò a scrivere in questa lingua. Il nome del primo romanzo è “Le grand cahier”, uscito nel 1986. “Hier” (1995) è il quarto romanzo della scrittrice. 38 Citato proveniente dal film “Brucio nel vento”, Silvio Soldini, 2001 23 Poi, vediamo una finestra, che dà sul bosco nel vento. La macchina da presa vola sopra il bosco. La voice- over dice: “Vedo gli uccelli.”39 Sullo sfondo comincia la musica del pianoforte. Suona sempre più forte e diventa insopportabile. La voice- over dice: ” In mezzo della camera sta seduto la tigre che dice: basta per oggi, dovresti esercitarsi più spesso.”40. Questa è la prima scena del film. Caschiamo dentro l’incubo del protagonista che ci porta dentro la sua angoscia esistenziale e sociale. Dimostra già uno dei principali aspetti del film; gli incubi di Dalibor. Ma non vengono solo durante la notte. Ritornano anche di giorno, quando sta lavorando nella fabbrica. Una volta al lavoro, stava un vento molto forte fuori. Si sentiva il rumore tra gli alberi. Dalibor smette con il suo lavoro e guarda dalla finestra. Ripensa al suo incubo che ha avuto durante la notte. Che cosa vogliono dire questi incubi? Gli incubi lo tormentano, lo costringono ogni tanto di rifugiare nei boschi come un animale ferito e braccato. Dalibor cerca rifugio perché ha un senso di colpa che lo persegue e anche perché si vergogna di una famiglia che non ha mai posseduto. Si nasconde nei boschi innevati e raggelati dell’algida Svizzera. La natura è un aspetto molto importante nel film. Per lui la natura è la sua vera madre, che gli è mancata sempre. Il passato I ritorni degli incubi vengono dal passato, che si presente come un passato traumatico. Questo spiega anche la misteriosità del protagonista: è molto affascinante con lo sguardo inquieto, sempre perso altrove. Il momento in cui lo spettatore scopre la verità del suo passato è quando Dalibor è quasi morto. Dalibor era caduta nella neve, quando voleva rifugiarsi un’altra volta nei boschi. Ma questa volta non era un sogno notturno, era la realtà: Scendeva dall’autobus e cominciava a camminare, verso il bosco tutto coperto di neve e ghiaccio. Poi, cominciava a correre, sempre più veloce. Ad un certo punto non ne poteva più e si è caduto con la faccia verso la terra. La macchina da presa prende la distanza di Dalibor e lascialo stare così. Si sente la voice- over di Dalibor: 39 Idem 40 Idem 24 “Sono morto così. Presto il mio corpo si è confuso sulla terra.”41 42 Lo schermo diventa bianco. È finito così? No, nella scena seguente si vede Dalibor dal medico. Non era morto, aveva solo una polmonite. Però dice che non può vivere più così. Il medico gli chiede di raccontare della sua infanzia. Dalibor gli dice che è un orfano, ma questo non è la verità. Poi, c’è un flashback; torniamo nel suo passato. Scopriamo la vera storia della sua infanzia. Ora capiamo la propria esistenza di Dalibor, che è trascorsa in una costante ricerca della condanna per la vergogna di essere nato povero, chiamato Tobias, figlio di una prostituta e del maestro del villaggio. Per dimenticare il suo passato traumatico, Dalibor fugge e così si tira avanti. La natura fa rivivere in lui un'energia primordiale. Le emozioni brucianti che escono fuori, le scrive nel suo diario o nel suo libro in costruzione. Il contrasto fra la freddezza del paesaggio e la bruciante energia delle passioni è molto forte. Qui notiamo il legame con il titolo del film; “Brucio nel vento.” In una frase del film il protagonista afferma che non bisogna essere nulla per essere uno scrittore. Secondo lui stesso, è un nulla puro. Tobias non è. Non è un operaio, perché ama scrivere sopra ogni cosa. Non è Tobias, perché ha cambiato nome . Ora si fa chiamare Dalibor, il nome del padre, dal momento in cui ha lasciato il suo villaggio. Non è perché vive solo di un lontano luccichio chiamato Line, una donna forse reale, forse proiezione del suo inconfessato desiderio di essere. Tobias non ha ambizioni, scrive per necessità, scrive con la matita per avere la possibilità di cancellare tutto e di non essere ora e per sempre. Accanto a scrivere per dimenticare l’infanzia tragica e “colpevole” (perché ha accoltellato l’amante della madre prostituta), sta anche lavorando. Già da dieci anni lavora nella stessa fabbrica d’orologi. Fa un lavoro triste alla catena di montaggio e vive una vita tra altri migranti. Dalibor è circondato con la povertà e le umiliazione quotidiane. È un operaio 41 Idem 42 Lo sguardo inquieto di Dalibor, “Brucio nel vento”, immagine proveniente da http://www.tempimoderni.com/2002/gennaio/film/brucio/1.jpg, consultato il 16-03-2007 25 straniero dell’Est che svolge la “corsa idiota” della vita. Queste sono le proprie parole del protagonista, quando è appena uscita dall’ospedale dopo la sua polmonite: “Oggi ricomincio la corsa idiota. Mi alzo alle cinque di mattina, mi lavo, mi faccio la barba, salgo sull’autobus, chiudo gli occhi, e tutto l’orrore della mia vita presente mi assale.”43 L’ amore irreale Anche se ci sono abbastanza donne che s’interessano per Dalibor, abita da solo. Lavora tutto il giorno e la sera a casa scrive. Non esce molto. A volte va al bistrot del villaggio, per incontrare i suoi amici. Anche i suoi amici sono tutti migranti, vengono dalla Repubblica Ceca. Al suo lavoro c’è una donna. Un giorno, la donna avvicina Dalibor e dice: “In tutti quegli anni che lavori qui, non ti ho mai visto ridere.”44 Dalibor rimane zitto per qualche tempo e poi fa un sorriso apposto, molto cattivo. La donna dice: “Sarà meglio che non lo fai mai più.”45. Sembra che Dalibor non vuole avere niente a che fare con delle donne. Ma non è così. A volte incontra una donna. Yolande per esempio. Yolande sa cucinare bene, e ha un bel corpo. Ma secondo Dalibor non c’è amore tra loro e non ci sarà mai perché non è Line. Dal momento che Dalibor si è lasciato il suo paese, sta sognando di Line. Line è una figura femminile, “una donna sconosciuta, bella e irreale.” Esiste solo nell’immaginario di Dalibor. Sta aspettando il momento che Line entra nella sua vita e la sta cercando in tutte le donne che incontra. Quando Dalibor visita il medico, gli chiede: Medico: Che significano i tuoi sogni, il bosco, gli uccelli, la tigre. Chi è Line? Dalibor: Sto aspettando Line. Medico: Quindi Line esiste? Dalibor: Sì, penso.46 Già all’inizio del film, accanto all’aspetto importante degli incubi, notiamo anche l’elemento della donna irreale. Al lavoro, dopo Yolande gli ha detto che non ride mai Dalibor parla da solo: “Line, ti amo Line. Ma non posso pensarci, ci sono tante altre cose su cui devo pensare, questo vento per 43 Citato proveniente dal film “Brucio nel vento” di Silvio Soldini, 2001 44 Idem 45 Idem 46 Scena proveniente dal film“Brucio nel vento”, Silvio Soldini, 2001 26 esempio.”47 Dalibor è alla ricerca della donna ideale, femminile, Line, l’unica donna di cui potrebbe innamorarsi e che riuscirebbe a salvarlo da questa vita. È una donna immaginaria frutto della sua mente. Un giorno, Dalibor incontra Eve. Lei lavora alla corte e gli ha chiesto se vuole essere il traduttore durante l’udienza di un Ceco che è stato condannato di furbo. Da questo momento s’incontrano qualche volta. Così, Dalibor fa l´amore senza amore una volta alla settimana. In una scena, in cui Dalibor è a casa di Eve, sentiamo la sua voice- over che dice: “È la più bella donna che ho mai visto nella mia vita. Ma non è Line. Non può mai essere Line.”48 Un’altra scena in cui il protagonista afferma la sua ricerca di Line è il seguente. Un amico di Dalibor, Pavel, è sposato con Kati. Kati ha una sorella minore, che lavora nel bistrot del villaggio. Si chiama Vera. Una sera, Dalibor accompagna Vera dal bistrot a casa. È necessario secondo Pavel perché lei è ancora così giovane, una ventenne. Questa sera Pavel ha da fare e per quello Dalibor viene a prenderla. Davanti alla porta di casa, Vera prova a baciarlo. Ma lui gira la testa. Quando è entrata nella sua casa, sentiamo la voice- over di Dalibor: “Forse potrei sposarla. La differenza in età non è così grande. Però prima devo rompere con Yolande, durante le ferie.”49 Un po’ più avanti nel film, Dalibor e Yolande vanno in vacanze insieme. Al campeggio c’è il sole e tutti sono allegri. Ma Dalibor e Yolande non fanno molte cose insieme. Quando lei vuole fare il bagno, Dalibor vuole leggere un libro. La sera sta leggendo Yolande mentre Dalibor fa un giro e torna al momento in cui lei sta già dormendo. Sentiamo di nuovo la voice- over di Dalibor: “Sono cambiato idea di sposare Vera. A causa di Line. Lei potrebbe entrare ogni momento nella mia vita.”50 Il dolore nella sua vita, per Dalibor, diviene meno insopportabile se è uguale a se stesso, se non ha cambiamenti significativi, tranne incontrare Line, lei darà al suo dolore un significato che lo renda accettabile. L’incontro con Line Il film fa una svolta, quando un giorno come tutti gli altri giorni, Dalibor sta nell’autobus. Alla prossima fermata sale una donna, con una bambina nelle mani. La riconosce subito. È Line, o Caroline. Ma da bambina tutti la chiamavano Line. Da ragazzino Line era la 47 Citato proveniente dal film“Brucio nel vento”, Silvio Soldini, 2001 48 Idem 49 Idem 50 Idem 27 compagna di banco a scuola. Era figlia del maestro, ha lo stesso padre di lui. È Line, la donna di cui ha sempre aspettato e sognato, ed è la vera Line. Da allora in poi, Dalibor sta seguendo continuamente Line. La insegue al lavoro, e scopre che lavora nella stessa fabbrica d’orologi di lui, la segue a casa sua e la sera la osserva con il suo binocolo. Vede che ha un marito e una bambina ma non importa. La segue pure nel villaggio quando Line passa alla parrucchiera. Dalibor s'innamora subito. Adesso ha ritrovato la voglia di svegliarsi alle cinque la mattina e di prendere l’autobus, di lavorare. Dalibor vuole ripercorrere e rivivere da adulto, quindi con l’illusione di sceglierlo e non più subirlo, il suo passato, ma anche farne qualcosa di pulito, di gioioso, qualcosa l’unica, che può renderlo felice. Tranne il fatto che Line è una donna immaginaria frutto della sua mente, ora è anche una donna realmente esistita ma nel suo passato. Il passato che ritorna sempre. Oltre al suo passato, anche un’ossessione d’amore, il sogno di un affetto e di una famiglia insegue tutta la vita Dalibor. Da questo desiderio nasce il rapporto incestuoso, che la voice- over di Dalibor ridimensiona affermando che in fondo è sua sorella solo a metà. Una volta quando Dalibor ha inseguito Line, sta di fronte alla sua casa e la guarda mentre sentiamo la voice- over di Dalibor: ”Voglio dire che ci sono per lei, suo fratello, che prendo curo di lei e la proteggo contro tutti i pericoli in questo strano paese. Al tempo dei Faraoni si pensava che il matrimonio migliore fosse tra fratello e sorella…lo penso anch’io, anche se Line è mia sorella solo a metà.”51 52 L’ultima scèna dal film che vorrei proporre è la scena in cui Dalibor è appena tornato dalle vacanze insieme con Yolande, e Pavel viene a trovarlo a casa sua. Racconta che Vera, la sorella di sua moglie Kati, è morta. Ha comitato suicidio e Pavel l’ha trovata. Ora si sente colpevole. Dalibor dice che nessuno non ha potuto fare niente. Pavel si arrabbia un po’e grida: “Dalibor, non capisci niente! Sei imbecille, non credi in niente, pensi niente. Sei solo capace a stare lí e guardare.”53 Da questo 51 momento non ci hanno visto più. Un po’più avanti nel film Dalibor va a Citato proveniente dal film“Brucio nel vento”, Silvio Soldini, 2001 52 Dalibor e Line nel paesaggio gelido, “Brucio nel vento”, immagine proveniente da http://images.google.it, consultato il 16-03-2007 28 trovare Pavel. Apre Kati e dice che Pavel non c’è. L’ha lasciata. Kati racconta che Pavel è stato sempre innamorato di Vera. Ed è per quello che Vera è morta. Non poteva vivere più quando Pavel stava sempre con lei, sua sorella. Un attimo Dalibor aveva pensato che Vera fosse innamorato di lui, ma non era così. Dalibor si domanda: Se Pavel e Vera non sono riusciti a sopravvivere allo scandalo della loro relazione perché erano cognati, lo riusciranno lui e Line? La storia dei faraoni che ritenevano il matrimonio tra fratelli il più felice è una giustificazione. Così Dalibor è convinto di poter unire con successo due solitudini. 2.2 “Un’anima divisa in due“ o il confronto tra due culture diverse Trama Il film si tratta di Pietro Di Leo, trentasette anni, che vive e lavora a Milano. È separato dalla moglie, con un figlio di cinque anni che può vedere solo il fine settimana, e la sua vita va avanti per inerzia. È solo, insoddisfatto, perso. Lavora in un gran magazzino del centro, è impiegato nella sicurezza e fa l'osservatore occulto. Controlla cioè se qualcuno commette furti. Conosce un giorno Pabe, una zingara che ha tentato di rubare, e vuole aiutarla a togliersi dall'ambiente dove l'hanno costretta a vivere. L'incontro con Pabe, si trasforma dall'iniziale solita diffidenza in un desiderio di entrare in contatto con quella "diversità", per scoprire quanto inconciliabili siano due mondi così distanti tra loro, non solo in apparenza. Insieme con Pabe, Pietro concepisce la fuga. Viaggiano verso sud, lungo la costa italiana fuori stagione. Pabe deve lentamente adattarsi, cambiare aspetto, mentre inizia una storia d'amore che li porterà entrambi ad inventarsi un nuovo possibile modo di vita.... Fuggono lontano, ad Ancona, dove abita il suocero di Pietro. Si sposano; Pietro trova lavoro come camionista, Pabe trova lavoro come cameriera in un albergo. La incolpano ingiustamente di furto. Se ne devono dunque andare ma ormai sono definitivamente uniti. Una storia sulle problematiche degli zingari in Italia, senza sermoni e con un "quanto" di ironia che rende tutto più credibile. Due culture completamente diverse a confronto. Per tutti e due è faticoso, felice e doloroso cambiare vita, abitudini. Lei non ce la fa a continuare a subire pregiudizi e sopraffazioni, a rinunciare alla libertà girovaga. Fugge, torna a Milano alla sua tribù Rom: ma il campo dei nomadi è sparito, le ruspe già ripianano il terreno fangoso.54 Il secondo film del mio corpus è “Un’anima divisa in due”55 del 1993 di nuovo del regista Silvio Soldini. L’incontro con Pabe 53 Citato proveniente dal film“Brucio nel vento”, Silvio Soldini, 2001 54 La trama di “Un’anima divisa in due” è proveniente da www.it.movies.yahoo.com, www.mymovies.it, consultato il 14-03-2007 55 Per ulteriore informazione sul film “Un’anima divisa in due” si veda l’appendice A 29 La storia si fonda sulla dialettica tra normalità e diversità, sul difficile incontro tra culture ed etnie diverse. Vorrei cominciare con la presentazione di uno dei due protagonisti del film: Pietro, l’italiano che lavora in un gran magazzino a Milano. Sotto l'apparente rassegnazione, dietro i gesti, gli sguardi e le parole dell'abitudine c'è però dell'altro. A volte, Pietro ha delle visioni. Durante questi visioni, gli esce il sangue dal naso. Nel film succede tre volte. Spia del malessere, della nascosta consapevolezza di un'esistenza “a perdere", è la concreta emorragia che lo colpisce nei momenti in cui quella consapevolezza si traduce in vera e propria angoscia, provocandogli istanti di concitato sovraffollamento della coscienza. Le immagini dell'esistenza quotidiana lo travolgono allora come un insieme sconnesso e minaccioso, del tutto estraneo alla consequenzialità indotta che lo regola nei momenti di “normalità.” Durante un’emorragia, Pietro non può stare più in piedi e deve fermarsi per un attimo. Si può dire che le visioni servono come un tentativo di dare un’immagine alla paura di cambiare. 56 L’inizio del film comincia con una scena in cui Pietro ha un attacco nella metropolitana: ha un tubetto di rossetto tra le mani, di cui solo più tardi conosceremo la provenienza. È una presenza "forte" e insieme indifesa: basta poco e lo rivediamo, scivolato sul pavimento, alla merce dei piedi pesanti della folla che riempie la metropolitana, senza che Pietro sa far nulla per cercare di riprenderselo. Viene raccolto da un vecchio piuttosto male in arnese; che se ne farà, a chi lo darà? Poi, viene chiaro che il tubetto di rossetto appartiene a Pabe, la ragazza zingara. Lei l’ ha rubato dal magazzino e Pietro l’ ha inseguita però dopo l’ha lasciata andare via. I giorni dopo s’incontrano di nuovo. Sulle strade e nei metropolitani della città. Pietro la trova affascinante e la ragazza rincorre a sua volta l'uomo per chiedergli dei soldi e lasciargli in cambio un “pegno”: una collana. 56 Pietro durante un’emorragia, “Un’anima divisa in due”, immagine proveniente da http://www2.unibo.it/boll900/numeri/2001-ii/W-bol/Soldini/frameanimadivisa3.html, consultato il 16-03-2007 30 Qualche giorno dopo Pietro viene chiamato al suo lavoro. Deve testimoniare alla corte che Pabe aveva prestato, e non rubato, i soldi. Dopo quest’avvenimento, Pietro non può dimenticare la ragazza. Vuole sapere come sta adesso e va dall’avvocata della ragazza, Petrelli. Lei dice che non ha nessun contatto con loro e che non ha senso di andare a trovarla al campo di nomadi, così non funziona. Dice che vivono un’altra vita che noi non possiamo capire mai: “Lei ha mai visitato un accampamento di zingari? O visto delle foto? Sa come si sposano? L’uomo rape la donna, tornano dopo quattro giorni e poi festeggiano il matrimonio. Non si conoscono per niente.”57 Un po’più avanti nel film vediamo che Pietro si prepara al vero e proprio rapimento d'amore. Vuole aiutarla a togliersi dall'ambiente dove l'hanno costretta a vivere e lui ha la voglia di evadere dalla solita vita. Insegue Pabe con la sua macchina, che è molto pericoloso perché se lei non fa quello che dicono le altre Rom, le prendano a botte. L’inseguimento gli porta dentro l’autoparcheggio. Pabe si riesce ad entrare nella macchina di Pietro e fuggano insieme. Comincia il viaggio, il viaggio visto sì come fuga ma soprattutto come nuovo inizio. La relazione uomo- donna Ora è cominciata la seconda fase del film; il road- movie. Vanno verso sud, lungo il mare. Già durante questo viaggio in macchina escono fuori delle differenze molto forti tra i due protagonisti. Quando sono appena usciti da Milano e si trovano sull’autostrada, Pietro dice: Pietro:Sai un posto dove puoi andare? Non so dove andiamo, ho preso la prima autostrada, se hai un’idea? Pabe: Sei tu l’uomo. Pietro: Sì, lo so che sono l’uomo. Pabe: Decidi tu.58 Nel film ci sono tantissimi esempi del rapporto fra l’uomo italiano e la ragazza zingara. La relazione rappresenta molto chiaramente il confronto tra le loro culture diverse. Una scena che lo colpisce di più è la seguente: Pabe ha provato a lavorare in una fabbrica, ad Ancona, ma non ce la fa più. A casa Pietro dice: Pietro: Dai, Pabe, troviamo qualcosa. Ci sono tanti lavori per te. Pabe: Ma non quello che posso fare. Pietro: Tutto quello che vuoi! Pabe: I figli non posso fare da sola. Pietro: Avremmo i figli, quando sarà possibile, ma dovranno studiare, non è uno scherzo. Pabe: Mia madre ha ottenuto otto figli, mia nonna dieci. Come facevano loro? Non erano ricchi. Una donna deve avere i figli. Pietro: Ma da noi….Io posso fare solo una cosa a volta. 57 Citato proveniente dal film “Un’anima divisa in due”, Silvio Soldini, 1993 58 Scena proveniente dal film “Un’anima divisa in due”, Silvio Soldini, 1993 31 Pabe: Tu sempre con i progetti. Vivi nel futuro, mentre io vivo adesso. Voglio avere figli. È questo il mio lavoro.”59 Pietro prova a vivere una vita normale e tranquilla come marito e moglie. Ma Pabe la trova molto difficile. “...Lei deve per forza integrarsi in una società che non è sua e per fare questo deve in qualche modo nascondersi, mascherarsi, cambiare nome, senza capire che così facendo sta lentamente perdendo la sua identità...”60 L’adattamento ad una nuova cultura Non solo la relazione uomo- donna è importante in “Un’anima divisa in due”, anche l’adattamento ad una nuova cultura. Per Pietro è normale che lui va a lavorare ogni giorno per guadagnare il pane quotidiano. Anche Pabe ha trovato un lavoro. Ma non si è abituata. Il primo giorno che deve andare a lavorare si è svegliata molto presto ed è già vestita. Nella cucina lascia cadere la tazza di caffè perché è molto nervosa. Pietro entra la stanza e dice: Pietro: Sei già pronta, abbiamo ancora molto tempo.Che c’è? Pabe: Ho paura. Pietro prova a calmarla Pietro: Andrà bene.”61 Dopo vediamo come Pietro la porta al lavoro, in una fabbrica di cucito. All’inizio va molto bene. Ma tra qualche tempo Pabe diventa stanca e scappa nel bagno. Una donna, il capo, viene a cercarla. Dice: “Di Leo, non puoi rimanere qua tutto il giorno. Sai che devi fare almeno 55 per ora.”62 Durante il pranzo, Pabe non può mangiare niente. Tornata dentro, si è ammalata e deve vomitare nel bagno: Capo: Dimmi la verità, sei incinta, vero? Pabe: No. Capo: Sicura? Pabe: Non sono incinta.63 La sera, Pietro viene a prenderla dal lavoro. Pabe: Non ce la faccio! Pietro: Andiamo a casa. Pabe: Non ti lasciano andare nemmeno in bagno, devi fare tutto quello che dicono! 59 Idem 60 Silvio Soldini: http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2001-ii/W-bol/Soldini/frameanimadivisa3.html, consultato il 16-03-2007 61 Scena proveniente dal film “Un’anima divisa in due”, Silvio Soldini, 1993 62 Citato proveniente dal film “Un’anima divisa in due”, Silvio Soldini, 1993 63 Scena proveniente dal film “Un’anima divisa in due”, Silvio Soldini, 1993 32 Pietro: È lavoro, Pabe. Pabe: Tuo lavoro mi fa schifo! Sono stata calma, tutto il tempo. Pietro: Non gridare così. Pabe: È il lavoro che lo trovi così importante? Per questo poco soldi che ci danno? Pietro: E allora cosa vuoi fare? Pabe: Voglio chiedere i soldi, come fanno tutte le donne Rom. Pietro: Non puoi più fare quello che fanno le donne Rom.64 Tranne il lavoro, l’adattamento ad una nuova cultura si esprime anche nelle scene seguenti. Durante il viaggio in macchina, Pietro ha detto che Pabe non può vestirsi più così. Si è vestita molto colorata, con fiori dappertutto. Questa scena è anche un po’ comica: Pietro: Questo è un disastro. Pabe: Perché? Sono i miei vestiti. Pietro: Appunto.65 Fanno una pausa accanto all’autostrada. Pietro sta aspettando Pabe, che sta cambiarsi dietro il boschetto. Quando esce fuori del boschetto, Pietro deve ridere, perché si è messa altri pantaloni però troppo grandi. Pabe si vergogna. Dopo, entrano un negozio per comprare nuovi vestiti per lei. Pietro gli dice che può scegliere qualcosa. Pabe vede un vestito molto elegante. Alla commessa Pietro dice: Ma non ha qualcosa più semplice, una gonna, camicia. Pabe: Ma avevi detto che posso scegliere quello che voglio!! Pietro: Sí, sí, lo prendiamo anche. Un'altra scena è una in cui Pabe ha fatto nuova amicizia con Lidia, una collega dalla fabbrica dove Pabe ha lavorato. Sono diventate amiche e vanno in città insieme. Stanno guardando le vetrine di un negozio con delle cose per il matrimonio. Lidia dice che vuole sposarsi in bianco. Lidia: Tutto dev’essere bianco al matrimonio. Come sei sposata tu? Pabe: In fiori. Ma tu sei una vergine? Lidia: Ma che domanda fai? Non sono più una ragazzina!66 Dopo passano ad un negozio di biancheria intima: Lidia: Se avessi i soldi, comprerei tutto qui. Pabe: Preferisco di comprare qualcosa che si vede. Lidia: Ma è più importante quello che non si vede! Pabe: Davvero? Lidia: Ma Pabe, tu non sai proprio niente!67 64 Idem 65 Idem 66 Idem 67 Idem 33 In questa scena le differenze tra le culture si manifestano in un modo piacevole, qualche volta fa ridere anche, per esempio quando la sera i protagonisti escono nel bar dell’albergo. Pabe si è vestita proprio come una donna, porta quel vestito che hanno comprato nel negozio. Però hanno dimenticato una cosa: le scarpe che vanno bene con il vestito. Adesso vediamo Pabe e Pietro ballare nel bar, con la camera focalizzata sulle scarpe ginnastiche di Pabe. Ma la convivenza fra le due culture non è facile. Per tutti e due è faticoso, felice e doloroso cambiare vita, abitudini. Lei non ce la fa a continuare a subire pregiudizi e sopraffazioni, a rinunciare alla libertà girovaga. Un confronto molto forte, già un po’alla fine del film, vediamo nella scena in cui Savorino, si è morto. Savorino abitava anche ad Ancona. Anche Pabe l’ho conosciuto molto bene. Un giorno Pabe voleva incontrarlo al porto, ma Savorino non c’era. Poi, l’ha trovato sul divano a casa sua, era già morto. Con il suo cane accanto a lui, piangendo. Miriam, figlia di Savorino ed ex-moglie di Pietro, arriva per il funerale. Il funerale è piccolo, con poca gente. Il sacerdote racconta una preghiera. Dopo, Pietro, Pabe e Miriam stanno seduti nella cucina, bevendo il caffè. Si comincia una conversazione, e stanno parlando della casa di Savorino, di Tommaso che ancora non sa che suo nonno non c’è più. Miriam dice che non può avere il cane a Milano. Pabe : “Lo teniamo noi. Pietro: Ti facciamo sapere tutto. Miriam: Era una casa triste. Pabe: Savino ci sentiva bene. Miriam: Lo so. Quando l’ha comprata era così felice. Ci vedevamo poco… Pabe: È stato per quello così triste il funerale? Miriam: Come mai? Pabe: Voi non rispettate la morte. Pietro: Non è così. Pabe: Da noi si bruciano tutto, anche la roulotte e poi facciamo una festa per onorare la persona. Pietro: Ma questo era un funerale piccolo, solo per amici. Pabe: Era triste. Noi non facessimo così. Miriam: E chi sono noi? Pabe: Noi Rom. Savino l’avesse trovato terribile. Miriam: Savino era mio padre e ha avuto un funerale cattolico. Pabe: Voi non volete delle memorie. Pietro: Non puoi dire quello. Pabe: Non avete dei sentimenti. Miriam: Devo farmi insultare da una zingara!?” Miriam parte dalla cucina.68 Stereotipo L’ultima cosa che vorrei mettere a fuoco è l’aspetto dello stereotipo. Quest’aspetto è più delle volte negative, come vediamo nelle scene seguenti scelte dal film. 68 Idem 34 All’inizio del film, dopo aver rubato nel negozio dove lavora Pietro, Pabe fugge. Pietro l’ha inseguita e la trova nel bagno di un bar. La gente che lavora nel bar dice: “Eccola, sono sporche e non si lavano mai, ma rubano il profumo.”69 70 Questa volta, la gente ha ragione, Pabe ha veramente rubato il profumo, gli orologi ecc. Però la accusano anche di furto, quando non ha fatto niente. Durante il viaggio verso il sud d’Italia, fanno una pausa e entrano in un negozio lungo l’autostrada. Pabe sta guardando tutte le cose nel negozio e le prende anche in mano. Il sorvegliante la vede, la avvicina e dice: “Signorina, è meglio che lei lo rimette e poi andiamo fuori insieme.”71 Pabe gli guarda negli occhi e lascia cadere apposto la roba che aveva in mano. Il sorvegliante dice: “Prendilo, prendilo! Signorina prendilo o devo chiamare la polizia.”72 Poi, Pietro chiede cos’ha fatto Pabe. I due uomini diventano nervosi e si scontrano. Adesso Pabe non aveva fatto niente. Era un pregiudizio del sorvegliante. La scena seguente mostra una cosa simile. Anche qui vediamo che gli italiani hanno dei pregiudizi verso gli zingari: Quando Pietro e Pabe non possono più vivere negli alberghi perché sono troppo cari, Pietro va alla ricerca di un lavoro. Una sera, quando stava in giro l’intera giornata, Pietro torna all’albergo ma Pabe non c’è. Va a cercarla e la trova davanti un gran negozio. Un gruppo di persone sta intorno a Pabe. La accusano di furbo. Secondo Pabe tutti stanno mentendo. Dopo, in macchina, Pietro grida: Pietro: Cosa ti è venuta in mente! Pabe: Volevo solo chiedere i soldi per vivere come ricchi. Pietro: Chi vuole essere ricco deve lavorare. Non si va a chiedere le elemosine e neanche rubare. Pabe: Non ho rubato niente! Quella donna era matta, cominciava subito a gridare. Che male è chiedere. 69 Citato proveniente dal film “Un’anima divisa in due”, Silvio Soldini, 1993 70 Pabe dalla polizia, “Un’anima divisa in due”, immagine proveniente da http://www2.unibo.it/boll900/numeri/2001-ii/W-bol/Soldini/frameanimadivisa1.html, consultato il 16-03-2007 71 Citato proveniente dal film “Un’anima divisa in due”, Silvio Soldini, 1993 72 Idem 35 Pietro: Niente.73 È vero che ci sono anche scene in cui vediamo Pabe rubare davvero. Così Pietro e lei si sono incontrati. Nella scena seguente vediamo che è difficile cambiarsi da un momento all’altro, soprattutto quando pensi di non aver fatto niente di male. Dopo la prima notte in un albergo, dove stanno Pietro e Pabe durante il viaggio, stanno facendo la prima colazione nella sala dell’albergo. Pabe ha fame e mangia troppo e velocemente. Tutti gli stanno guardando e parlano di loro. Pietro è a disagio. Dopo la colazione, Pabe torna da sola alla loro camera. Quando hanno ripreso il viaggio e si trovano di nuovo in macchina, Pabe prende dei piccoli pacchetti con burro e marmellata dalla borsa. Pietro chiede dove li ha presi: Pabe: Da una stanza. Pietro: Dall’albergo? Pabe: Sì. Pietro: Che stanza, dove? Pabe: Li ho trovati, non c’era di nessuno. Pietro: Cosa vuol dire li ho trovati, dov’erano? Pabe: Su un tavolino Pietro: Se erano su un tavolino intanto vuol dire che sono di qualcuno. Pabe: Di un gagio stupido che li ha lasciati lì. Pietro: Tu dovevi lasciarli lì! Prendere qualcosa da una stanza di qualcuno è rubare, non trovare. Hai capito? Anche quando la porta era aperta! Ti ho aiutato quando tutti dicevano che avevi rubato, e che voi siete tutti ladri. Avevano ragione!74 Pabe crede di non aver fatto niente di male, perché nella sua opinione non ha rubato ma trovato qualcosa. Alla fine del film, vediamo una scena in cui viene a trovarsi Pabe quando, lavorando all'albergo, di fronte alla possibilità di impadronirsi di un gioiello preferisce rimetterlo al suo posto, dimostrandoci così di aver imparato una norma che fino a poco tempo prima era da lei giudicata ridicola. Mi prendo a cuore le parole da una recensione che sono applicabili sulle scene precedenti “Gli zingari rappresentano una cultura totalmente diversa dalla nostra, col loro rifiuto del lavoro e la vita nomade che conducono: non c'era un modo migliore, probabilmente, per far diventare questa storia quasi un simbolo di tutte le intolleranze e gli inevitabili conflitti fra modi di vivere diversi che le recenti ondate di immigrazione dal terzo mondo hanno portato in Italia.” 75 73 Scena proveniente dal film “Un’anima divisa in due”, Silvio Soldini, 1993 74 Idem 75 Citato proveniente da una recensione di “Un’anima divisa in due” http://www.municipio.re.it/manifestazioni/ufficio_cinema/Archivio_schede/schede_tutte/Soldini/AnimaDivisa.ht m, consultato il 29-10-2006 36 Alla fine del film vediamo che Pabe non può più resistere alla discriminazione. Non vuole più dover subire l'umiliazione dello "smascheramento" e del rifiuto. Un giorno torna a casa dal lavoro, ma prima di entrare, bussa alla porta dei vicini e grida: “So che mi guardano sempre! Sì, avete ragione. Sono una zingara!”76 Dopo fugge e torna a Milano, lasciando Pietro e la casa dietro. Ma Pabe resta infine sola e sospesa in una no man's land da cui non ci è dato sapere se e come potrà uscire. 2.3 “Quando sei nato non puoi più nasconderti“ o guardare in faccia la realtà Trama Nel film si tratta di un ragazzino, Sandro, che ha dodici anni e una vita spensierata in una piccola cittadina di provincia. Cresciuto in una famiglia bresciana benestante. Il padre, Bruno, è un piccolo imprenditore, la madre, Lucia, lavora anch'essa in ditta, nell’amministrazione. Durante una crociera in barca a vela nel Mediterraneo con il padre, cade nottetempo in acqua. Quando gli altri se ne accorgono e tornano indietro, non riescono più a trovarlo. Con orrore si rendono conto che il bambino dev’essere affogato. Invece è riuscito a salvarsi. Grazie ad un’imbarcazione di clandestini, anche contro il volere dei due scafisti a bordo. Sono imbarcati dei clandestini che fanno rotta verso l'Italia, sperando in una vita migliore e nel miraggio di un lavoro per poter mantenere le loro famiglie. Tra gli emigranti ci sono due fratelli rumeni, Radu e Alina. Hanno la stessa età di Sandro e tra i tre ragazzi si stringe un rapporto che somiglia sempre più ad un'amicizia, nonostante le diversità e la lingua diversa. Il ritorno verso l’Italia, rappresenta per Sandro un percorso avventuroso quanto sconvolgente. Con l’aiuto dei suoi due nuovi amici impara infatti a misurarsi con una realtà a lui totalmente sconosciuta, ad aderire alla legge di chi lotta per sopravvivere, a subire la prepotenza del più forte. Finalmente la nave riesce a raggiungere l’Italia, Sandro può riabbracciare i genitori, per i suoi compagni di viaggio invece, inizia il durissimo iter da profughi. Ma qualcosa dentro di lui è cambiato, un nuovo disincanto caratterizza il suo sguardo verso la vita.77 Dopo il successo di “La meglio gioventù” nel 2003, il regista Marco Tullio Giordano ha realizzato “Quando sei nato non puoi più nasconderti“ 78 nel 2005. È anche il titolo del romanzo di Maria Pace Ottieri a cui il film s’ispira. 76 Citato proveniente dal film “Un’anima divisa in due”, Silvio Soldini, 1993 77 La trama di “Quando sei nato non puoi più nasconderti” è proveniente da www.mymovies.it, www.centraldocinema.it, www.it.movies.yahoo.com, counsultati il 14-03-2007 78 Per ulteriore informazione sul film “Quando sei nato non puoi più nasconderti” si veda l’appendice A 37 Il titolo del film Vorrei cominciare con un aspetto molto importante del film; il titolo, che è un filo rosso nel film. Incontriamo questa frase per la prima volta all’inizio del film. Sandro sta guardando una vetrina davanti un negozio. All’improvviso c’è un uomo che sta gridando nella cabina di telefono sulla strada. Sandro lo avvicina e dice il signore che il telefono non funziona, c’è anche scritto sopra la cabina. L’uomo viene fuori e passa verso Sandro. È un uomo negro, vecchio, e con la barba grigia. Probabilmente africano. Sta ripetendo una frase nella sua lingua. Sempre più forte. Sandro cammina indietro. Poi, arriva il carabiniere e portano via l’uomo. La frase che l’uomo stava dicendo era: “Soki abotami okoki kombomba Lisusu Te.”79 Nelle scene seguenti Sandro vuole sapere che cosa significa questa frase. Durante una lezione a scuola, Sandro chiede ad un compagno, attraverso una notizia che fa passare, che cosa significa. Ma neanche lui, che è un negro, lo sa. Poi c’è una scena nella fabbrica dove il padre di Sandro, che si chiama Bruno, è il capo. Ad un operaio negro, che si chiama Ndaje, Sandro chiede che cosa significa la frase. Non lo sa perché non è scritto nella sua lingua. Sandro: “Ma è sempre africano.” Ndaje: “Ma l’Africa è grande e ci sono migliaia di lingue.” 80 Ancora Sandro non sa che cosa vuol dire la frase. Quando lui è appena arrivato sulla barca con i clandestini, dopo di esser caduto nel mare, gli chiedono il suo nome. Sandro capisce di trovarsi in una compagnia sconosciuta, strana. I due capitani sono brutti e cattivi. Quando Sandro sta ancora dormendo i due uomini hanno una conversazione: - Dovevi lasciare in mare quel cazzo di curdo! - Ma c’era il ragazzino. - Sapevano nuotare entrambi! Ormai stanno qua, fregatene! Sandro ora si è svegliato. - Non aveva nemmeno delle scarpe! Se avesse delle scarpe, io saprei chi era. Ho guardato nel suo pigiama, ma non ho trovato neanche un’etichetta. Adesso non sappiamo se lui sia francese o curdo! - Ha delle mani lisce, è ricco. Allora, chiediamo un riscatto e risolviamo i nostri problemi. - Ooooh! Organizzare un sequestro è complicato! - Lo ributto in mare. - Scherzi? E se era tuo figlio? - Zitto! Non permetterti di nominare mio figlio.81 Uno dei due capitani gli chiede il nome: 79 Citato proveniente dal film “Quando sei nato non puoi più nasconderti”, Marco Tullio Giordano, 2005 80 Idem 81 Scena proveniente dal film “Quando sei nato non puoi più nasconderti”, Marco Tullio Giordano, 2005 38 - Eeeh! Ma quanto tempo cazzo dormi? Mi chiamo Tore, e tu?Da dove vieni: Grecia, Turchia, Italia? Malta? Chi sei? Chi sei? Basta! Finito! Di ’qualcosa! Sandro sussurra qualcosa. - Ma che cazzo sta dicendo! Qualcuno capisce che cazzo sta dire questo qua! Più forte!! Sandro grida: “Soki obotami okoki kombomba Lisusu Te!” Un ragazzo viene fuori della gente e dice: - Aspetta, ha detto che viene da un paese in guerra. I suoi sono morti, è Curdo come me. Tore: Curdo? Curdo e orfano, è roba inutile. Merce avariata.82 Sandro non dice il suo vero nome, ma solo la frase africana, così nessuno lo capisce. È furbo di Sandro di aver fatto finta di non capire niente, e di far credere che anche lui è uno straniero invece di un italiano ricco. Dopo il viaggio verso Italia, Sandro arriva nel centro d’accoglimento per rifugiati. Vuole prendere parte a tutto quello che passano gli altri immigranti, che nel frattempo sono diventati amici. Nella sala di bagno si stanno lavando, tra cui Sandro. Soki, l’africano che lavora nel centro come traduttore e che risponde sempre alle domande di tutti entra nella sala. Dice: “Ce n’est pas possibile. Digli di non sprecare l’acqua, è molto preziosa.”83 Uno sta parlando in una lingua araba. Sandro aveva visto Soki prima e gli chiede: Sandro: Scusa, ma ti chiami Soki? Soki: Sì. Sandro: Solo Soki? Soki: No, Soki Obotami Okoki. Sandro finisce la frase: Kombomba Lisusu Te? Soki: Ma quello è il mio nome completo, come fai a saperlo? Sandro: Che significa? Soki: Significa, quando sei nato non puoi più nasconderti Soki ride.84 Questa frase rappresenta tutto quello che vuol dire il film. Ognuno in questo mondo deve avere un posto proprio suo da vivere. In cui può sentirsi sicuro e libero. Ma non tutti sono così fortunati di poter rimanere nel posto dove sono nati, e sono costretti a lasciare la loro patria in cerca di una vita migliore. Sandro ha incontrato gente simile, sulla barca con migranti e nel centro d’accoglienza. Dall’inizio del film Sandro stava cercando il significato della frase. E alla fine ha trovato la soluzione. Sandro ha incontrato e imparato molto durante il viaggio in barca. Ma ha soprattutto fatto conoscenza con la crudele realtà e questa ha cambiato la sua visione sulla vita. 82 Idem 83 Citato proveniente dal film “Quando sei nato non puoi più nasconderti”, Marco Tullio Giordano, 2005 84 Scena proveniente dal film “Quando sei nato non puoi più nasconderti”, Marco Tullio Giordano, 2005 39 Lo sguardo di Sandro L’aspetto peculiare che vorrei analizzare è lo sguardo del ragazzino Sandro. Osserviamo alcune scene del film, che rappresentano questo tema. Il tema nasce dalle esperienze che Sandro ha avuto dal momento in cui si è caduto dalla barca a vela nel mare. Sandro sta quasi affogando. Beve acqua e tosse. Sentiamo i suoi urli disperati. Sandro sta tremendo dal freddo. Dice ad alta voce: “ Lascio il playstation a Stefano, i libri ad Alberta, tranne il signore degli anelli, no, anche quello. Perciò c’è una lettera, speriamo che non la trovi. E se mi addormento…vaffanculo!“85 Sandro sta vedendo la morte negli occhi. Proprio in questo momento nella sua vita cambia qualcosa dentro di lui, con una nuova forza interiore che nasce da quel mare in cui si è perso. Il mare lo immobilizza e lo nasconde ma allo stesso tempo fa rivivere. Con quest’avvenimento muore definitivamente l’innocenza di un’anima. Una volta salvato dall’acqua Sandro si troverà esploratore di un nuovo mondo; in una condizione di straniero tra stranieri. Sulla barca d’immigranti Sandro incontrerà delle cose che non ha mai visto nella sua vita. Ma tutto quello che incontra durante questo viaggio disumano è il nuovo punto di partenza su di cui il corpo sporco di Sandro naufrago costruisce la propria restaurata identità. Sulla barca, Sandro viene affrontato con situazioni che sono inumane e molto scioccanti. Prima, non sapeva di niente, era nascosto. Sandro era ingenuo e innocente. Viene da una famiglia ricca, non gli mancava niente. I suoi l’hanno sempre protetto. Sandro era anche indifferente. A casa a Brescia Sandro faceva lo sport: nuotare. Era molto bravo tecnicamente ma gli mancava la voglia di vincere. Dopo un allenamento Sandro e la sua mamma stanno in macchina. Sandro dice che a papà farebbe piacere se diventasse campione. Sua mamma dice: “E tu lo vuoi?” Sandro risponde: “Non voglio diventare niente.”86 Questa scena dimostra l’innocenza di Sandro: Quando la macchina sta aspettando per i semafori, Sandro si domanda cosa abbia da guardare verso di lui una prostituta. Sua mamma dice di chiudere la finestrina. A casa Sandro e suo papa stanno cucinando insieme. All’improvviso Sandro dice: Sandro: Senti, da giovane, tu sei stato alle puttane? Bruno: Ma che domanda fai, Sandro! Guardami, da giovane tutte le donne mi saltavano addosso. Non ho mai dovuto pagare per avere una donna, sei matto! 85 Citato proveniente dal film “Quando sei nato non puoi più nasconderti”, Marco Tullio Giordano, 2005 86 Idem 40 Nuova amicizia Quello che fa la più forte impressione su Sandro è la nuova amicizia con i migranti, sopratutto con un ragazzo, Radu, e una ragazzina che si chiama Alina. Radu è il ragazzo che ha aiutato Sandro quando si è appena imbarcato. Un po’ più avanti nel film, il ragazzo dà una maglietta a Sandro, perché i suoi vestiti sono ancora bagnati. Comincia una conversazione: Radu: Speak english? Do you come from? Really, from where? Ho solo detto che ti ho capito, perché stavi in pericolo. English? America? Sandro dice con voce piano: Italiano. Radu: Io capisco l’italiano, sono da Romania. Sandro: Prima hai detto che eri curdo. Radu: Volevo aiutarti, li hai sentiti? Se scoprono che hai soldi. Tuo padre può pagare il riscatto? Che fa? Sandro: Lavora in una fabbrica. Radu: Tu sei cauto, è giusto, meglio non fidarsi di nessuno. Nemmeno di me, nemmeno di lei (indica una ragazzina che stava guardando tutto il tempo). Lei capisce l’italiano, ma non lo parla bene, ma impara subito. Sandro gli chiede chi sono i due capitani. Radu: Organizzano il viaggio, brutta gente. Sandro: Dov’è diretta questa barca? Radu: In Italia. Stai male? Sandro: No, sto pregando.87 Dopo, Sandro ha fatto anche conoscenza con la ragazzina. Sta disegnando e fa vedere a Sandro quello che ha fatto. Alina: Alina, mamma, papa. Sandro: Questo sei tu, tua madre e tuo padre. Dove sono loro? Alina mette una croce sulle facce. Sandro: Non hai nessuno? Sei sola? Alina: Radu, è il mio fratello.88 Sandro si lega con Alina. La piccola rumena ha il viso da bambina macchiato da donna cresciuta anzitempo. Svela la sua voce solo con le note di una canzone di Eros Ramazzotti, “Un’emozione per sempre”. È la ragazza, fragile e precaria, che dà ancora senso a questa lotta di vivere e così Sandro continua a sopravvivere e amare. 87 Scena proveniente dal film “Quando sei nato non puoi più nasconderti”, Marco Tullio Giordano, 2005 88 Idem 41 89 Sandro, Radu e Alina diventano amici. Ma anche gli altri migranti significano molto per Sandro. Una volta tornata in Italia, tutti sbarcano e stanno in linea, anche Sandro. Il carabiniere dice: “Chi ha documenti, venga avanti e dica il suo nome! “90Lo dice anche in inglese e in francese. “Documenti! Come questi!”91 Poi, il carabiniere dice a Sandro: Carabiniere: Che fai qui? Vieni, ti porto via da qui. Sandro:No, preferisco stare qui. Carabiniere: Loro sono in una situazione diversa. Sandro: Dove li portano? Carabiniere: Li identificano, poi vanno al centro. Sandro: Posso andare anch’io al centro? Carabiniere: Non credo, è recintato, ha le sbarre. Bisogna chiedere a Padre Celso.92 L’autoctono aiutante Sandro ha spento molto tempo con i migranti sulla barca e ha vissuto come loro e adesso vuole fare le stesse cose. Quando arrivano i suoi genitori per portarlo a casa, non vuole andare via. Sandro vuole fare qualcosa per Radu e Alina e per il centro d’accoglienza. Nel centro sono stati separati. Alina sta nella sala per donne e bambini e Radu sta nella sala d’uomini. Sandro vuole riunirsi. I genitori di Sandro sono molto riconoscenti a Radu per aiutare il loro figlio. Bruno gli dà il suo cellulare, mentre la mamma ha portato dei vecchi vestiti per Alina. Alina può provare tutto. Anche le altre ragazze della sua camera. Nell’ufficio di Padre Celso Sandro e suoi genitori stanno parlando: Sandro: “Dovremmo fare qualcosa per loro. 89 La rumena Alina sulla barca d’immigranti, “Quando sei nato non puoi più nasconderti”, immagine proveniente da http://www.digg.be/images/movie/quando3.jpg, consultato il 16-03-2007 90 Citato proveniente dal film “Quando sei nato non puoi più nasconderti”, Marco Tullio Giordano, 2005 91 Idem 92 Scena proveniente dal film “Quando sei nato non puoi più nasconderti”, Marco Tullio Giordano, 2005 42 Bruno: Che cosa? Sandro: In ogni caso portarsi via da qui. Bruno dice che Radu può venire a lavorare nella sua fabbrica e vuole trovare una casa a Brescia per Radu e Alina. Padre Celso: Il problema è che sono minorenne. In questi casi o vengono affidati ad una famiglia o ad un istituto. Mamma: No, l’istituto è triste. Bruno: Magari qualcuno dei nostri amici… Mamma: Maura e popi hanno sempre voluto adottare. Padre Celso: È facile dirsi la gente è disponibile ad adottare bambini piccoli, ma loro sono grandi. Sandro: Li adottiamo noi. Bruno: Non possiamo decidere così in fretta. Sandro: Perché no? Bruno: Perché è complicato, no? Sandro: Di’ che sono figli tuoi, li hai avuti anni fa con una rumena, lei è morta e sono venuti a cercarti. Bruno dice: Sandro! Haha. Sandro: Non c’è niente da ridere! Allora non ti importa. Tu mi capisci, vero mamma? Si abbracciano. Bruno: Ma certo lo capisco anch’io. Voglio fare qualcosa, anche per questo centro. Cosa posso fare? Padre Celso: Tra poco viene il giudice minorenne. L’adozione è difficile però forse l’affidamento è possibile.93 Hanno anche una conversazione con il giudice: Bruno: Radu può lavorare da me, vivranno a Brescia, poi volevamo chiedere in affidamento la ragazzina. Giudice: Perché la ragazza sí e il ragazzo no? Bruno e Lucia: Perché lei è più piccola, indifesa. Giudice: L’affido deve riguardare entrambi, se li separiamo vivranno un altro trauma. Bruno: se prendiamo entrambi, gli accertamenti saranno più veloci? Giudice: No, ci da tempo..sono davvero orfani? Se hanno precedenti penali, saranno rispediti subito in Romania. Bruno: Se uno solo ha precedenti? Giudice: Ne mandiamo uno solo.94 Allo stesso tempo, Radu deve fare l’iscrizione. È una scena in cui passano tutti i migranti con le loro facce in close- up: Radu: Radu, Romena. Carabiniere: Età? Radu: 17 Carabiniere: Scrivo 17 anni, poi ti facciamo una l’asta al polso e vediamo se è vero. Allora, quanti anni hai? Radu: 17 Carabiniere: Firma qua, leggibile.95 93 Idem 94 Idem 95 Idem 43 Dopo, Alina sta in una camera con tutte le donne e ragazzini. Sta facendo la doccia, e canta la canzone d’Eros Ramazzotti. Allo stesso momento Sandro sta parlando con Radu nella sua camera degli uomini: Sandro: Dopo, dove vi portano? Radu: Non lo so. Sandro: Vi rimandano in Romania? Radu: Alino no, lei è piccola. Sandro: Cioè? Radu: È la legge italiana. Se hai meno di 18 anni devono…prenderti. Sandro: Accoglierti. Radu: Sì. Sandro: Tu, quanti anni hai? Radu: 17. Sandro: Ma dico veramente. Radu: 17! Sandro: Allora, puoi stare tranquillo, puoi rimanere anche tu. Radu: Io non sono mai tranquillo.96 È arrivato il momento in cui Radu deve fare il test. Non vediamo niente, solo che qualche tempo dopo viene portato via. Alina grida: Nooo, Radu!” Giudice: Ti piacerebbe vivere da loro? Alina: Ma, Radu? Giudice: Radu non ha detto la verità. È maggiorenne e tu lo sai. Alina: Ma lui adesso? Giudice: Adesso lo rimandano in Romania. Alina: Come faccio? Io, qui, sola? Giudice: C’è per questo la famiglia a Brescia. Alina: No, io sto con Radu. Lui resta, io resta. Lui via, io via.97 Sandro e i suoi genitori devono tornare a casa. Nel frattempo vogliono cercare una soluzione per aiutare Alina e Radu. L’addio è molto difficile ed emozionante per Sandro. Radu gli ha fatto un braccialetto d’amicizia. Dopo, in macchina, Bruno dice: “Sai che quasi tutti piangevano. Mi è emozionato questa cosa. Ti vogliono bene!” Sandro: “Ci sono stati vicini.”98 Di notte, Radu e Alina scappano dal centro. Vanno alla casa della famiglia di Sandro. Ma Bruno non è accordo con loro: Bruno: Avete fatto male, ora siete tutti e due clandestini. Radu: Ma non ho fiducia nella polizia Rumena, è corrotta. Bruno: Che cosa posso fare per voi? Capisci che non posso nascondervi. Radu: Noi andiamo via in Germania, da zio. Non resteremo in Italia. Lucia: Alina poteva restare con noi. Non ti piace qui? Alina: Io sto con Radu. 96 Idem 97 Idem 98 Idem 44 Bruno: Radu, devi fare come ti dico io. Stanotte dormite qua. Domani chiamiamo il centro e sistemiamo tutto. Non ti preoccupare. Parlo io con Padre Celso. Vedrai che capisca. Radu: È giusto che ci separano solo perché ho pochi mesi di più di 18 anni? È giusto che dobbiamo lasciare il nostro paese? È giusto vivrei così? Bruno: No, non è giusto. E dopo: ma non è colpa mia.99 Radu e Alina possono restare a dormire nella casa della famiglia. Di notte, Sandro dice: Sandro: Radu, sei sveglio? Senti, dov’è finito il braccialetto? Radu: S’è rotto il giorno dopo la tua partenza. Ci sei rimasto male? Sandro: No. Radu: Facciamone subito un altro.100 Ma la stessa notte Radu e Alina scappano dalla casa. Prima, cercano delle cose preziose e costose, le rubano e partono. La famiglia non va alla polizia a denunciare i ragazzi, perché non erano delle cose con tanto valore per loro. Capiscono che i ragazzi volevano solo i soldi. Però Sandro non riesce a capire questo tradimento d’amicizia. Ne parla con un compagno di scuola: Sandro: “Dicono che Radu si chiama Razfan e in Romania è stato dentro per furto. Amico: Anche la sorella è una ladra? Sandro: Non so, comunque mi hanno mentito. Io gli ho creduto come un cretino. Amico: Non sappiamo, forse. Sandro: Pensavo volessero stare con noi. Amico: Alina era contenta. Sandro: Perché è scappata senza avvisarci? Amico: Perché Radu è il suo fratello, e lei gli vuole bene.101 Sandro parla anche con Ndaje, l´operaio nella fabbrica di suo padre: Sandro: Tu prima eri clandestino? Ndaje: Sì. Sandro: Come sei entrato? Ndaje: Dentro un camion. Sandro: Avevi soldi? Ndaje: Non avevo soldi, né lavoro. Sandro: Tu hai rubato in quel periodo? Si, a volte. Ndaje: Non avevi paura per la polizia? Sandro: Certo, però la fame è più forte. Ndaje: Come hai fatto a non diventare un ladro di mestiere? Sandro: Che mestiere è, fare il ladro, Sandro!102 Poi, ne parla con i suoi genitori: 99 Idem 100 Idem 101 Idem 102 Idem 45 Sandro: Se Alina tornasse, la perdoneresti? Lucia risponde: Credo di sì. Dopo Sandro fa la stessa domanda a Bruno, ma lui dice: Sandro ancora non hai capito chi sono? Sandro: Sì, però forse hanno bisogno di affetto. Bruno: Volevano solo i soldi! 103 La realtà è diversa Sandro è arrabbiato, triste e non capisce quello che è successo. Un giorno, quando sta nell’autobus viene chiamato con il cellulare del suo padre. Ma è il telefono che Bruno aveva dato a Radu. Sandro risponde al telefono e sente la voce di Alina che sussurra: “Milano, corea, grande casa, non posso parlare.”104 Sandro vuole sapere dove sono Radu e Alina e perché se ne sono andati via. Ma questo va a finire male. Va da solo a Milano, i suoi non sanno niente. Dalla stazione prende un taxi alla periferia. Deve scalcare una porta, dietro c’è molta gente. Ci sono delle roulotte. Sono tutti stranieri. Entra un grand’edificio. C’è molto rumore, voci confuse, un bambino che piange. L’atmosfera sgradevole. Sandro cammina e cammina. Ci sono stanze e scale dappertutto. All’improvviso sente musica da una radio. È la canzone che Alina cantava sempre. Sandro segue la musica, diventa più forte. Bussa una porta. Sandro: “Alina, sei tu?” Alina apre la porta. È lei. È truccata, porta una mini-gonna e gli stivali. Si siede sul letto e mette la radio più forte. Sandro è perplesso. Abbassa la radio. “Dov’è Radu?” Alina alza la radio. “È lui che ti costringi fare questo?” Alza la radio di più.“È tuo fratello o tuo ragazzo?”105 La musica ancora più forte. Alina non dice niente. Piange. Anche Sandro deve piangere. Dopo vanno a mangiare un panino fuori. Sandro viene riconosciuto, ma Sandro dice che non era lui il ragazzino che era caduto nel mare. Dopo il tradimento d´amicizia e in particolare la scoperta di una sessualità orribile, Sandro guarda in faccia la crudeltà della realtà. La realtà è diversa di quella che sapeva. Con la fine del film, Sandro si raggiunge alla tragica verità della cronaca. 103 Idem 104 Citato proveniente dal film “Quando sei nato non puoi più nasconderti”, Marco Tullio Giordano, 2005 105 Idem 46 2.4 “Saimir“ o la speranza di cambiare destino Trama Saimir, ha sedici anni, è albanese e vive dietro una finestra aperta sul mare d’Ostia. Le sue notti sono lunghe, infinite come il numero d’immigrati clandestini che raccoglie sul litorale laziale e che poi suo padre traffica coi piccoli imprenditori agricoli della zona. Anche Saimir e suo padre Edmond sono immigrati clandestini albanesi.. Saimir è poi e soprattutto un adolescente che vive un'età straordinaria dentro una realtà e una condizione altrettanto straordinarie:quella dell'immigrazione e dell'emarginazione. Saimir è due volte fuori: fuori dei valori parentali, fuori dei valori comuni dei suoi coetanei italiani. Nel processo di transizione verso lo stato adulto, Saimir come ogni altro ragazzo della sua età ricerca l'autonomia dal genitore, suo padre disorientato e rassegnato ad una realtà miserabile che chiama "destino". Tra i due c'è un affetto profondo, complicato però da un difficile rapporto di comunicazione. Saimir, oltre ad aiutare il padre, passa il tempo a rubacchiare con gli amici. Fino a rendersi conto che quella non è la vita che davvero vuole. Nel corso d’alcuni mesi, dovrà affrontare il difficile passaggio all'età adulta. S’innamorerà di una ragazza, che lo rifiuterà perchè appartenente ad un mondo completamente diverso dal suo. Dovrà comprendere il matrimonio del padre con una donna italiana, per la quale non nutre alcuna simpatia. E conoscerà quanto male si nasconde dietro la criminalità. Fino al drammatico epilogo finale, quando Saimir sarà costretto a fare una scelta definitiva e sofferta. 106 L'opera prima di Francesco Munzi è un film toccante e riflessivo. È una pellicola che affronta molteplici temi. Il primo, il più evidente, è quello dell'immigrazione clandestina. Il secondo, più nascosto ma decisamente di maggiore impatto emotivo, è quello del rapporto conflittuale tra un adolescente ed il proprio padre. Ed è proprio questo secondo tema quello maggiormente caro al regista, che non ha voluto fare un documentario sulla condizione albanese, quanto piuttosto raccontare l'adolescenza più vera, più tormentata, più difficile. La relazione padre- figlio L’aspetto specifico che trovo il più importante del film è quello di cambiarsi destino. Nel film si tratta di Saimir, un ragazzo albanese di sedici anni che è emigrato clandestinamente in Italia insieme col suo padre, Edmond. Edmond si guadagna da vivere trasportando in Italia clandestini. Saimir aiuta il padre. Tra i due c'è un affetto profondo, complicato però da un difficile rapporto di comunicazione. Già l’inizio del film dimostra il difficile rapporto di comunicazione: 106 La trama di “Saimir” è proveniente da www.centraldocinema.it, www.mymovies.it, consultati il 1403-2007 47 Vediamo Saimir sul motorino. Arriva a casa, prende suo zaino che era sotto il suo letto. Fuori sta aspettando il padre, che sta pisciando sopra un muro. Saimir: Scusa. Poi, stanno seduti nel furgone. Parlano in albanese. Edmond: Dammi una sigaretta, dove sei stato tutto il giorno? Saimir: In giro. Edmond: Cos’hai fatto? Saimir: Non molto. Edmond: Che cosa ti passa per la mente? Saimir: Meglio non sapere. Edmond: Quindi, non posso saperlo?107 Vorrei mostrare ancora alcune scene in cui notiamo l’aspetto della difficile comunicazione tra loro. C’è una scena alla tavola di cucina. Una donna italiana, Simona, sta cucinando. La sera, Saimir torna a casa: Saimir: E perché tu sei sempre qua? Simona: hai sbagliato la sera su cui puoi fare casino Edmond: che pensi, devo rimanere da solo tutta la mia vita? Simona: la pasta è a tavola. Saimir: io non mangio.108 Un po’più avanti nel film, Saimir e Edmond litigano di nuovo. Saimir sta mangiando alla tavola di cucina, insieme con suo padre e la donna italiana. È già arrabbiato perché ha avuto dei problemi con la sua ragazza questo giorno: Simona: Com’è, ti piace? Saimir non dice niente. Edmond risponde: È buono. Simona: “Edmond, prima dell’estate dobbiamo cambiare fornelli. Oppure lo scaffale della cucina, è vecchio. Fa schifo. Saimir, Io e tuo padre dobbiamo dirti una cosa. Saimir non dice niente, sta guardando suo papa. Edmond: Simone viene a stare qui con noi…e dopo l’estate ci sposiamo. Saimir non dice niente. Simona: Pensaci, il tuo padre prende la cittadinanza italiana, così siamo tutti più tranquilli. Saimir dice al suo padre, in albanese: Ed io? Edmond: Sono io che si sposa. Saimir: E poi cosa succede? Edmond: Vediamo. Rimani se ti pare, altrimenti puoi partire. Simona: Se magari mi fai capire anche a me qualche cosa? Saimir: Tu fai buona, fai dei cazzi tuoi, tu! Edmond picchia Saimir nella faccia. Saimir va alla sua camera e chiude la porta.109 Secondo me, i rapporti tra genitori e figlio stanno alla base della vita. Non ci è dato sapere dove è la madre del protagonista, ma sappiamo che il padre ha trovato una nuova compagna italiana e che lui non riesce ad accettarla. Quell’odio del ragazzo è una forma di gelosia nei 107 Scena proveniente dal film “Saimir”, Francesco Munzi, 2004 108 Idem 109 Idem 48 confronti del padre, la figura più importante e presente nella sua vita. Il contrasto padre- figlio non vediamo solo in quest’aspetto. I contrasti sono molteplici e profondissimi. Il padre e figlio lavorano anche insieme. Una sera, vediamo come padre e figlio imbarcano e trasportano una merce illegale: connazionali albanesi che cercano la felicità in Italia, una specie di terra dell’abbondanza, completamente idealizzata. Saimir guarda negli occhi gli uomini che il padre trasporta come bestie dall’Albania all’Italia. Saimir sa che la gente che trasporta, non troverà una vita migliore. Conosce la miseria e il dolore di questo disperato “viaggiare” e vorrebbe ribellarsi, dire no a questa vita di compromesso e umiliazione... ma non ce la fa. Dalla scena seguente risulta che Saimir non ha niente da controbattere. Saimir e suo padre sono a casa che è vecchia e brutta. C’è dappertutto un motivo dei fiori sul muro. La finestra della casa dà sul mare. Edmond si è seduto alla tavola di cucina, fumando una sigaretta. Saimir dice che dopo l’estate parte. Vuole andare a Roma o Milano, dove c’è lavoro. Edmond risponde: “Va a letto.” Saimir: “Non sono stanco.” Edmond: “Vai, cominciamo presto domani.”110 L’adolescenza di Saimir sembra essere stata compromessa per sempre dalla condotta del padre e dallo squallido universo che lo circonda: ha lo sguardo freddo e l’indifferenza del criminale mentre aiuta il padre a trascinare via un derelitto umano da un alloggio e a buttarlo tra la spazzatura, ma è solo rabbia e insofferenza. Si veda la scena seguente alla tavola di cucina: Saimir: Papa? Ho bisogno dei soldi. Edmond: Perché? Saimir: Ho incontrato una ragazza. Edmond sorride. Edmond: Quanto vuoi? Saimir: Questa volta ho bisogno di molto, duecento euro. Edmond: Duecento euro? Sei diventato matto? Saimir va via, si gira. Saimir: Lavoro io e tu spendi tutto? Edmond: Ti do da mangiare, vestiti, un posto di dormire, ti ho comprato anche il tuo motorino.Saimir va via. Edmond grida: “Che cosa vuoi di più!? Prende un tiro della sigaretta. Saimir è nell’altra stanza. Edmond sta sulla soglia: Sai che abbiamo bisogno di un nuovo furgone, no. Saimir: Il furgone è tuo! Edmond: È anche il tuo, dobbiamo mantenersi da vivere. Saimir: Da vivere? Secondo te, questa è vivere? Edmond: Questo è il nostro destino. Saimir guarda giù sulla terra, Edmond dice buonanotte. 111 110 Citato proveniente dal film “Saimir” Francesco Munzi, 2005 111 Scena proveniente dal film “Saimir” Francesco Munzi, 2005 49 Da una parte c’è il padre, un uomo adulto, provato dalla vita e ormai abituato ad abbassare la testa . “Questo è il nostro destino”112 dice al figlio. Dall’altra parte c’è un giovane che soffre sperando in una possibilità; in una vita migliore. Saimir vive una vita difficile, la sua non è una vita da ragazzino. Accanto alla sua relazione difficile con il suo padre, e il lavoro che fanno insieme, Saimir passa il tempo a rubacchiare con gli amici rom. Lo spettatore segue Saimir nei suoi vagabondaggi in motorino. Una volta, dopo aver litigato a casa, Saimir va ad una festa con un amico albanese. Gli fa usare la droga, e questa sera Saimir va anche per la prima volta ad una prostituta. A casa, non può dormire. Saimir non ha nessun amico vero: l’unico sorriso Saimir lo offre e lo riceve da Michela, una ragazza italiana che rappresenta quella normalità tanto agognata. L’incontro con Michela Un giorno Saimir va alla spiaggia. Passa ad un gruppo d’amici italiani. Dalla duna Saimir sta guardando il gruppo. C’è una ragazza, che sembra di non divertirsi. Sta parlando con un’amica. “Che hai? No, niente, vado a bere qualcosa, torno subito.”113 Va al bar e anche Saimir va a prendere una birra. Si siede vicino alla ragazza. Saimir: Quelli lì in spiaggia sono i tuoi amici? Michela: Come? Saimir: Quelli lì, sono i tuoi compagni? Michela: Sí, sono accompagni di classe. Saimir: Non stai bene con loro? Non risponde. Saimir: Ti dispiace? Michela: Cosa? Saimir: Cosi, se ti parlo. Michela: No Saimir: Come ti chiami? Michela: Michela, e tu? Saimir: Saimir Michela: Non sei italiano Saimir: Da Albania, perché, qualcosa di strano? Michela: No. Michela: Senti, devo andare adesso, ciao. Va via, ma Saimir la insegue: Saimir: Aspetta! Ma ci s’incontriamo un’altra volta? Michela: Ma se non ci conosciamo.. Saimir: Ma dai, perché no? Michela: Va be, ci rincontriamo qui. Saimir: Poi non succede, dai. Ridono. 114 112 Citato proveniente dal film “Saimir” Francesco Munzi, 2005 113 Idem 114 Scena proveniente dal film “Saimir” Francesco Munzi, 2005 50 115 Si rivedono qualche volta e Michela diventa la ragazza di Saimir. È per la prima volta che Saimir ha un senso d’appartenenza all’Italia, finalmente riesce a non sentirsi un “immigrato”. La magia però dura un attimo: la differenza d’educazione e cultura appaiono in tutta la loro crudele realtà. Michela comprende la voragine che c’è nella vita di Saimir e lo rifiuta. Un pomeriggio Saimir viene a prendere Michela da scuola. Vanno insieme sul motorino ad una vecchia casa. Saimir vuole farla vedere il suo posto. Michela: “Qui non mi piace, era meglio il mare. Era una giornata così bella.” Saimir: “Aspetta un momento, voglio che vedi li sopra.” Salgono le scale, la casa è vecchia e c’e buio. Saimir: “Che c’è?” Michela: “No, no niente.” Saimir: “Quest’è il mio posto.” Apre una porta d’una camera. Michela sta guardando. Vede uno scaffale con delle autoradio. Michela: Cos’è che fai da qui? Saimir: Segreti Michela: Che segreti? Saimir: Vuoi che ti dico la verità? Michela: Certo che voglio. Saimir: Ogni tanto rubiamo delle cose e poi portiamo qua. Michela: Ma che siete ladri? Saimir: Ma che ladri!così per guadagnare una cosa di più. Il gas per il motorino . Che c’è? Michela: Niente. Saimir: Sei arrabbiato con me? Michela: No, solo che non ho voglia di stare qui. Saimir: Dai, vieni un momento. Michela: Dimmi che vuoi! Saimir le dai una collana, che ha comprato per lei. Saimir: È per te. È d’oro, voglio un sacco di soldi. Michela: Senti, io non posso accettarlo. Saimir: Perché? Michela: Perché ci conosciamo già troppo poco. Saimir tocca la sua guancia. Michela: Per favore, mi riaccompagni a scuola. Saimir: Ma che ci hai? Cosa ti ho fatto? Michela: Non mi hai fatto niente, voglio soltanto andarmene via. 115 Saimir e Michela, “Saimir”, immagine proveniente da http://www.unipv.it/cinema/spazio/recensioni/Immagini%20rec/2004/saimir2.jpg, consultato il 16-03-2007 51 Saimir: Cosa ho fatto? Saimir prende il suo braccio. Michela: Lasciami, mi fai male. Lasciami! Michela scende e fuori della casa fa fermare una macchina che può portarla a scuola.116 Michela, si spaventa e scappa via. Si allontana per sempre dal ragazzo albanese. Adesso Saimir non sa dove battere la testa. Un giorno va alla scuola di Michela e interrompe durante una lezione, gridando. Grida: “Che ti ho fatto, eh? Che ti ho fatto? Perché sei andato via? Faccio una cosa brutta? Che sono io, merda? Eh? Che sono io, merda? Merda? Cosa sono per te? Perché non parli? Perché?”117 118 Poi corre via e scappa sul suo motorino. La sequenza della scenata nella classe di Michela ha una gran forza espressiva: con la rabbia il protagonista cerca di abbattere il muro dell’indifferenza sociale, della discriminazione. Il furto nella villa In seguito vediamo la scena che nell’opinione del regista Munzi, è la migliore del film: quella del furto nella villa romana dove viene mostrata tutta la fragilità dei giovani ladri, con i loro corpi snelli e agili e spaventosamente ingenui che ricordano le figure dei ragazzi di borgata pasoliniani. Tra i quali c'è anche Saimir. La scena mostra come i giovani, da un lato così maturi, sono in fondo soltanto dei ragazzi ognuno con i propri piccoli sogni. Portano via dalla villa lussuosa oggetti senza neanche rendersi conto del diverso valore delle cose: un candelabro, una pelliccia. Toccano 116 Scena proveniente dal film “Saimir” Francesco Munzi, 2005 117 Citato proveniente dal film “Saimir”, Francesco Munzi, 2005 118 Saimir dopo la scenata nella classe di Michela, “Saimir”, immagine proveniente da http://www.filmweb.no/barnefilmfestivalen2006/multimedia/archive/00098/Saimir2_98993c.jpg 52 tutti gli oggetti, prendono delle foto di persone sorridenti incorniciate nell’argento. Sono tutti gesti che fanno vedere il desiderio dei ragazzi di voler avere quella felicità. Con la rapina, i ragazzi possono assaporare questo modo di vita solo per qualche istante per poi tornare al campo, con pochi spiccioli. Nella scena si percepisce prima un’accelerazione e poi un rallentamento: al caos rumoroso della rapina segue il tuffo al ralenti di un ragazzino rom di godere del piacere della lussuosa piscina. Tutta la rapina viene accompagnata sulle note di "Le quattro stagioni” di Vivaldi. La musica classica aumenta il gradiente di drammaticità. È davvero una scena commovente. La rabbia di Saimir è già annunciata e si carica della paura di non essere accettato e del dolore di non sapersi ribellare alla clandestina illegalità. La storia con Michela, la porta soltanto ad una nuova umiliazione, ad un rifiuto verso ciò che egli è; Saimir fa parte della delinquenza organizzata. Ma quando Saimir scopre che il padre, in cambio d’una gran somma di soldi, ha accettato di aiutare ad introdurre clandestinamente una quindicenne albanese da avviare alla prostituzione, decide che non è più tempo di stare a guardare. Una scoperta terribile Quando Saimir e suo padre stanno lavorando come di solito, Saimir scopre che qualcosa non va bene. Questa volta trasportano una ragazza albanese, quindicenne. Quando sale nel furgone chiede a Saimir: “È lontano Milano? Andiamo a Milano, no?”119 Saimir non dice niente. Sa che non li portano a Milano. Dopo, chiede a Edmond: Saimir: Dove li portiamo? Edmond: Ti ho detto che non lo so. Faccio solo un favore per Urtmann. Saimir: Eh, Urtmann. Quella ragazza, è una puttana? Edmond: Non m’interessa che cosa fa. Mi pagano per il trasporto, chiaro? Chiaro!?” Saimir non risponde.120 Dopo viene chiaro che Urtmann e i suoi compagni sono veramente magnacci. Edmond deve rimanere a bere qualcosa con loro, mentre Saimir sta aspettando nel furgone. Quando lui entra nella camera dove sta il suo padre, viene mandato via subito. Dopo, Saimir non accetta i soldi che Edmond gli vuole dare per il suo lavoro. Quando sono a casa, mentre Saimir sta nel letto Edmond dice dalla cucina: “Saimir, dormi? Quando l’estate è passata, tutto sarà diverso. Te lo giuro.”121 119 Citato proveniente dal film “Saimir”, Francesco Munzi, 2005 120 Scena proveniente dal film “Saimir”, Francesco Munzi, 2005 121 Citato proveniente dal film “Saimir”, Francesco Munzi, 2005 53 Un giorno quando Edmond non c’è a casa, Saimir va da solo alla casa di Urtmann sulla spiaggia. Urtmann non c’è. Saimir vuole aspettarlo e mentre sta guardando la casa, trova la ragazza albanese in un letto. Ha dei lividi dappertutto. Non dice niente, è veramente quasi morta. Saimir si siede accanto al letto e piange. Dopo, vediamo che Edmond viene chiamato e che deve andare alla casa di Urtmann per prendere Saimir. L’hanno picchiato, ma non è così male perché è il figlio di Edmond. Edmond dice ad Urtmann: “Adesso vai anche dietro bambini?”122 Edmond segue Saimir, che è già fuori: Edmond: Saimir, aspetta, dove vai Saimir: Sono tutti porchi! Devono pagare! Edmond: Sono pericolosi, devi tenersi lontano. Saimir: E tu, sei uno dei loro! Edmond: Stai parlando a me? Edmond raggiunge Saimir, che stava quasi correndo. Tocca la sua guancia. Saimir: Non mi toccare!! Va via e parte sul motorino. Edmond rimane lì guardando.123 Siamo arrivati alla fine del film, quando Saimir sarà costretto a fare una decisione rigorosa. Ha conosciuto quanto male si nasconde dietro la criminalità. Saimir si rende conto che quella non è la vita che vuole davvero. Vediamo una scena in cui Edmond è da solo a casa, disperato, dormendo sul divano, aspettando il ritorno di Saimir. All’improvviso sta suonando qualcuno alla porta. Vediamo che Edmond si alza per aprirla. Poi, lo spettatore è arrivato al commissariato della polizia. Vediamo Urtmann e i suoi compagni, poi la ragazza albanese. E Saimir. In ultimo vediamo Edmond che arriva con due poliziotti. Saimir ha scelto con coraggio la cosa giusta da fare, l'unica vera azione di cambiamento da attuare per ritrovare se stesso. Ha denunciato tutto alla polizia. In seguito, vediamo Saimir salire nella macchina di polizia, per strada si addormenta e questo è la fine del film. Non sappiamo dove va, cosa farà. Ma possiamo interpretare la fine del film, come un inizio che nasce da una frattura, quel rifiuto del padre che non offriva speranze di riscatto. La fine lascia comunque aperta una speranza. Così Saimir è riuscito a cambiare il suo destino. 122 Idem 123 Scena proveniente dal film “Saimir”, Francesco Munzi, 2005 54 3. La migrazione nel corpus I capitoli precedenti sono stati dedicati alle analisi degli aspetti estetici comuni e le specificità estetiche nei film del corpus. Abbiamo visto già molti temi diversi in ogni film. Questo capitolo accennerà gli aspetti che sono legati al tema principale della tesi, la migrazione. Visto che questo termine è molto largo, dovrei limitarmi ad alcuni sottotemi della migrazione. Ho deciso di trattare in questo capitolo i sottotemi della migrazione trovati nel corpus. Nei capitoli precedenti abbiamo già affrontato alcuni, come per esempio lo stereotipo in “Un’anima divisa in due” o la speranza in “Saimir”. Però ci sono più sottotemi da scoprire e lo farò di nuovo sulla base d’alcune scene scelte dai film. 3.1 Una ricchezza tematica filmica Da “Brucio nel vento” vorrei menzionare due esempi che sono legati al tema principale. La prima scena dimostra un avvenimento preso dalla vita dei migranti. In una scena un amico di Dalibor, l’immigrato Janek, ha appena dipinto la casa di Dalibor. In cambio, Dalibor gli dà da mangiare. Ma non è molto da mangiare, solo le patate. Stanno mangiando alla tavola e Janek è felice perché ha potuto mandare dei soldi a sua moglie e bambini nel suo paese, per comprare vestiti e qualche roba da mangiare. Dalibor dice che Janek potrebbe ritornare nel suo paese: “Andrà meglio.” Janek risponde: “Non posso. Mi ridono in faccia. Li ho promesso mare e monti.” Poi Janek dice cosa potrebbe fare di più nella casa come lavoro. Sentiamo la voice- over di Dalibor: “Troverò lavoro occasionale per Janek. Una volta alla settimana va a Eve per fare il giardino....ma non riesco a liberarmi di lui. Viene ogni sera. Così non posso scrivere. Solo le patate e il lordo riescono a consolidarlo.”124 La seconda scena che voglio menzionare è un esempio del tema d’adattamento. Dalibor e Line stanno nell’autobus. Line era incinta ma ha abortito. Kristof, suo marito, pensava che il bambino fosse di Dalibor. Ma questo non è possibile. Line pensa che Kristof ha un’altra. Appena tornati a casa, si separano. Dalibor dice: “Lascia perdere lui. Puoi venire da me con Anicka, già questa sera.” Ma Line risponde che non può rimanere qui, a Svizzera. Vuole che i suoi bambini crescono in un posto dove sono i parenti. Dalibor dice che trovano amici qui. “Così vanno le cose quando si emigra in un altro paese.”125 In“Un’anima divisa in due” affrontiamo il tema della nostalgia e il senso d’estraneità. 124 Scena proveniente dal film“Brucio nel vento”, Silvio Soldini, 2001 125 Idem 55 Quando Pabe non supporta più il lavoro nella fabbrica rimane da sola a casa mentre Pietro va al lavoro. Mentre Pabe sta ancora nel letto Pietro dice: Pietro: Sei sveglia, kale iacia126? Vado a lavorare. Pabe: Rimani qua. Pietro: Vieni con me. Pabe: No, dai, stai qui. Pietro:E chi va a lavorare? Pabe: Nessuno.127 Pabe rimane a casa e sta guardando la televisione. La vediamo girare attraverso la casa. Sul balcone sta guardando il cantiere di fronte alla loro casa. C’è molto rumore. Pabe esce a fare un giro. Nel parco vede un gruppo d’amici. In seguito vediamo una scena in cui Pabe sta aspettando un’amica, Lidia, fuori della fabbrica dove ha lavorato. Vanno in città insieme. È chiaro che Pabe si sente sola, desolata. Pabe affronta il pericoloso passaggio da una cultura ad un'altra. Abituarsi alle pareti di una casa, modificare per adeguamenti successivi la propria apparenza, con nuovi vestiti, il taglio dei capelli. È chiaro che Pabe ha un senso d’estraneità nel nuovo mondo. Quando Pabe ha appena tagliato i capelli, va al ristorante di Savorino. Pabe:cosa pensi? Savorino: girati. Stai bene, molto bene, tanto i capelli crescono. Pabe: spiritoso. Abid (lavora nel ristorante) dice: sei come una della tv, bella! Pabe: ah, si? Savorino: No, per niente. Per fortuna no. Preferisco te. La musica di Abid è 128 accesa. Savorino dice: Abid, basta quella musica! Sto diventando islamico! Pabe affronta anche altri Rom dalla sua nuova posizione ambigua e per loro certo incomprensibile. La scena seguente la dimostra. Mentre Pabe sta bevendo qualcosa sulla terrazza con l’amica del lavoro, vede una donna Rom. Pabe ha comprato un regalo per il compleanno di Lidia, ma è molto distratta di quello che sta succedendo. La donna Rom con la sua bambina sta chiedendo i soldi alla porta del bar. Il cameriere la manda via. Pabe è molto nervosa e a casa Pietro la consolida: “Ma in tutto nel mondo sono bastardi così. Anche tu l’hai esperimentata. Pabe: Sì, ma non è lo stesso. Perché!?” 129 126 Kale iacia è un nomignolo per Pabe nella lingua Rom 127 Scena proveniente dal film “Un’anima divisa in due”, Silvio Soldini, 1993 128 Idem 129 Citato proveniente dal film “Un’anima divisa in due”, Silvio Soldini, 1993 56 Verso la fine del film Pabe va a trovare un campo di nomadi. Solo per vedere. Una donna la avvicina che vuole leggere la sua mano. Pabe è confusa, non sa come comportarsi. Dà i soldi e va via il più veloce possibile. Da questa scena risulta la confusione di Pabe. Non sa più dove appartiene; tra gli zingari o a casa insieme con Pietro. A causa degli incontri con altri Rom, nasce il senso di nostalgia dentro Pabe. Anche in “Quando sei nato non puoi più nasconderti” troviamo l’aspetto della nostalgia. La notiamo già all’inizio del film. La macchina da presa esplora un muro di graffiti; in dissolvenza ci accorgiamo di essere in una galleria d’arte infantile senza età. Il film è iniziato da pochi secondi e già, attraverso quel calco, ne abbiamo raggiunto le profondità. Questo è il muro del centro d’accoglimento per rifugiati ed è pieno di dipinti diversi: fantocci, il mare, barche, case, giardini, il cielo e il sole, la luna e le stelle, sbarre, e testi in lingue diverse. Tutte le immagini sono molte colorate e sono dipinte e scritte in modo molto facile. Il muro rappresenta la vita che gli immigranti hanno lasciato; i fantocci possono essere le loro famiglie. Attraverso le immagini, ripensano alla loro patria. Ma il muro rappresenta soprattutto la loro nuova vita in Italia. Fa vedere la felicità dei migranti di aver trovato la terra promessa. Le case, giardini e il sole possono rappresentare la vita migliore che vogliono trovare in Italia. Il mare, le barche ed il cielo con le stelle sono immagini che hanno visto durante il lungo viaggio da il loro paese in Italia. Sono imbarcati dei clandestini che fanno rotta verso l'Italia, sperando in una vita migliore e nel miraggio di un lavoro per poter mantenere le loro famiglie. Un altro esempio nel film che rappresenta la terra promessa è la seguente: quando i due capitani della barca di migranti scappano dalla barca e lasciano tutti da soli, dicono: “Quella è Italia, seguite il sole. Se siete fortunati, non incontrate la Finanza. Se va male, avrete il cibo e alloggio.”130 In “Saimir” troviamo anche il tema della terra promessa. Tutti gli albanesi che vengono in Italia credono di trovare una vita migliore. Ma Saimir sa che sarà una delusione. Durante uno dei viaggi, Saimir sta seduto di fronte ad un ragazzino che gli chiede: Ragazzino: È lontano Italia? Saimir: Siamo in Italia. Ragazzino: Di dove sei? Saimir: Pristina, e tu? Kavaje. Ragazzino: Com’è Italia? …… Saimir non risponde.131 130 Citato proveniente dal film “Quando sei nato non puoi più nasconderti”, Marco Tullio Giordano, 2005 131 Scena proveniente dal film “Saimir” Francesco Munzi, 2005 57 Poi, ci sono tanti esempi di stereotipi in “Saimir” così come negli altri film del corpus. Saimir vuole comprare una collana per sua nuova fidanzata, ma costa troppo. Deve fare dei lavoretti ‘sporchi’ per guadagnare i soldi. Poi, Michela non accetta neanche la collana. Negli occhi d’italiani i migranti vengono rappresentati spesso così: come ladri, brutta gente ecc. Anche in “Un’anima divisa in due” vediamo Pabe che ruba delle cose, ma nella sua opinione è trovare invece di rubare. In questo film affrontiamo anche il tema della discriminazione e del pregiudizio. Pabe sta lavorando come cameriere. Ma il direttore dell'azienda di pulizie in cui lavora Pabe, la caccia non appena si sparge la voce che sia una rom, nonostante si fosse dimostrata una lavoratrice modella. Così come in “Quando sei nato non puoi più nasconderti”. In una scena Sandro sta nell’ autobus e ci sono sedute due donne di fronte a lui. Lo riconoscono dalla televisione come il ragazzino che era caduto nel mare durante le ferie. Dicono: “È lui....ahhh, poverino. Sempre con quei negri sulla barca.”132 Infine, voglio menzionare che in “Un’anima divisa in due” troviamo tantissimi esempi dell’aspetto dello stereotipo e l’adattamento. Ma visto che questi elementi formano una gran parte della specificità estetica che ho già analizzato nel secondo capitolo, non li prendo in considerazione in questo capitolo. In sintesi, i sottotemi della migrazione estratti dal corpus sono i seguenti: • la nostalgia • la terra promessa • il senso d’estraneità • l’adattamento ad una nuova cultura • lo stereotipo • il pregiudizio • la discriminazione Poi, ci sono delle linee di tendenze già affrontate nei capitoli precedenti come: 132 • la speranza in una vita migliore • la ricerca di un nuovo senso d’appartenenza • il no-return • la solitudine del migrante Citato proveniente dal film “Quando sei nato non puoi più nasconderti”, Marco Tullio Giordano, 2005 58 • lo sradicamento • l’esterno (libertà) verso l’interno (chiusura) • le storie d’amore interculturali • il confronto tra due mondi e due culture • difficoltà di comunicazione Ora che abbiamo filtrato i sottotemi della migrazione dal corpus, vorrei vedere fino a che punto rappresentano la società italiana d’oggigiorno. Per poter farlo, mi pare utile di dare prima un breve resoconto del contesto storico italiano rispetto alla migrazione. Vedremo come Italia si è sviluppata da un paese d’emigrazione ad un paese d’immigrazione. Questo può aiutarci a comprendere meglio la situazione d’oggi nel paese. 3.2 Il contesto storico della migrazione italiana 3.2.1 Dall’emigrazione all’immigrazione Nel passato molti italiani hanno lasciato Italia per trovare una vita più agevole e un futuro meglio. Accanto a America, le destinazioni erano Canada, Australia, America Latina e altri paesi in Europa. La gente si è emigrata sempre, ma in ogni periodo, i motivi sono stati diversi. “Può essere per mancanza di lavoro, fuga dal dolore, la speranza di un futuro più agevole, ricerca di se stessi, passione per l’avventura, o per motivi d’amore.”133 In Italia, i motivi per emigrare erano soprattutto economici. In primo luogo c’era il problema con il Mezzogiorno dove gli abitanti non avevano nessun legame con il resto del paese, le regioni più stabili nel Nord. Poi, in quell’epoca, Italia aveva un posto isolato in Europa perché l’unificazione d’Italia era molto tardi. Terzo, c’era la mancanza del contributo del popolo italiano alla formazione politica. Infine, c’era la sovrappopolazione in Italia. Questi problemi hanno causato necessariamente un gran flusso d’emigrazione. Vorrei quadrare il contesto storico nelle grandi linee sulla base di qualche periodo importante, dalla fine dell’Ottocento ad oggi. Ognuna fase ha delle caratteristiche demografiche e sociali proprie. Dal punto di vista cronologico possono essere così suddivise: 133 Cangi, Natalia. Piccinelli, Bettina. Veri, Loretta, Lontana terra: diari di toscani in viaggio, Fondazione archivio diaristico nazionale, Terre di mezzo editore, Milano, 2005, la copertina del libro 59 La Grande emigrazione Nel periodo da 1876 a 1900 l’agricoltura costituisce ancora largamente la base dell’economia nazionale. La gran depressione (1873-79), con il crollo dei prezzi delle derrate alimentari colpe duramente gli agricoltori e soprattutto gli agricoltori nel Mezzogiorno. Dopo, a causa del grande sviluppo industriale d’Italia, le fabbriche erano incapaci di assorbire la larga eccedenza di manodopera, presente sul mercato del lavoro italiano. Per questi motivi, ci sono partiti quasi ogni giorno dei transatlantici per, soprattutto, l’America dai primi anni del Novecento alla prima guerra mondiale. Il periodo viene chiamato la Grande Emigrazione,134ovvero l’emigrazione transoceanica. Il periodo tra le due guerre Nel periodo tra le due guerre mondiali si osserva l’emigrazione decrescente a causa delle difficoltà esterne: Gli Stati Uniti avevano parzialmente chiuso le frontiere e introdotto il sistema delle “quote” in base alla nazionalità d’origine. Questo Johnson Act del 1924135 degli Stati Uniti riduceva drasticamente le possibilità d’ingresso negli USA Poi, a causa della situazione economica nelle altre destinazioni, come conseguenza della gran crisi economica non era più tale da incoraggiare grandi ondate d’ immigrazione. America Latina non era più una destinazione preferita e anche Australia non correspondeva pienamente alle aspirazioni dei potenziali emigranti italiani. Le destinazioni europee come Inghilterra e Francia, che avevano riguardato in passato essenzialmente le regioni del Nord e rappresentavano una meta difficilmente praticabile per il Mezzogiorno, l’area caratterizzata dalla più intensa pressione migratoria. Il periodo del dopoguerra Il periodo dopoguerra era un periodo con una tendenza decisamente crescente. Accanto all’eccedenza di manodopera e alla sovvrapopolazione, le tracce del periodo fascismo erano fondamentale per l’emigrazione italiana. Così dimostra il citato seguente: “Di certo c’erano condizioni che rendevano l’emigrazione necessaria: in particolare lo squilibrio tra popolazione e risorse, nonché la fame di terra dei contadini, condizioni aggravate dalla politica “antiurbanesimo” del fascismo che, congelando nelle campagne un eccesso di popolazione e forza lavoro, 134 Bevilaqua, Piero. Clementi De, Andreina. Franzina, Emilio, Storia dell’emigrazione italiana: partenze, Donzelli editore, Roma, 2002, p 3 135 Idem, p 52 60 aveva reso ancora più dura la situazione nel Mezzogiorno e nelle altre regioni prevalentemente rurali del paese.”136 Italia era povera e a tutto questo viene aggiunta la riduzione delle prospettive d’occupazione nei posti sia in agricoltura che in settori extra agricoli e i bassi livelli salariali. L’emigrazione intraeuropea Abbiamo visto che negli anni precedenti Italia è stata teatro di profondi cambiamenti economici, sociali e politici che hanno chiaramente mutato le cause e gli effetti dell’emigrazione. In seguito, alla fine degli anni quaranta notiamo un cambiamento rispetto alle destinazioni: ora prevalgono l’Australia e soprattutto i paesi dell’America Latina e quello europeo; la Francia, la Svizzera e il Belgio. Alcune destinazioni, come la Francia, risultavano come un gran successo e mostravano una significativa mobilità sociale e quindi un successo dell’esperienza degli emigrati italiani. Però erano anche altre destinazioni con esperienze non così fortunate: le partenze per America Latina in questo periodo risultavano in generali fallimentari a causa dell’instabilità politica ed economica. Questi paesi non davano molte possibilità di successo ai nuovi immigrati e molti erano costretti di ritornare dopo un breve periodo in Italia. Il Belgio, era un’esperienza particolare. Gli italiani venivano per il lavoro in miniera. Di solito gli immigrati destinati al lavoro in miniera erano provenienti da altre zone minerarie, ma questo non era il caso degli italiani. Questa vicenda viene associata spesso con la tragedia di Marcinelle137, che segna il punto di svolta nell’emigrazione italiana: le destinazioni sperimentate nei primi anni del dopoguerra vengono da allora in poi progressivamente abbandonate. Il cambiamento che seguiva non riguarda solo l’abbandono della destinazione belga, e ci sono altri motivi, ma la tragedia aveva luogo nel periodo in cui altri paesi europei aprivano per gli emigranti italiani nuove possibilità d’occupazione nei servizi, nell’edilizia e nell’industria. Ciò avviene in Svizzera e in Germania. Negli anni cinquanta e sessanta questi due paesi sono le destinazioni preferite degli italiani. Vorrei proporre che tra gli anni ’50 e ’70 c’erano più emigranti dall’Italia in Europa che emigranti transoceanici. La vicinanza 136 Pugliese, Enrico, L’italia tra migrazioni internazionali e migrazioni interne, Il mulino, universale paperbacks, Bologna, 2002, p 18 137 Con la tragedia di Marcinelle indico la miniera di carbone dove una esplosione di gas grisou causò la morte di centinaia di emigranti italiani nel 1956 61 territoriale giocava un ruolo importante: gli emigranti potevano tornare per ogni occasione o necessità familiare. L’emigrazione interna (anni ‘50/’60) Accanto alla migrazione intraeuropea, possiamo notare allo stesso momento un movimento interno dal Sud al Nord. La veloce industrializzazione e un complessivo boom economico mettevano in moto un processo d’esodo dalle campagne verso i centri urbani e verso le regioni più industrializzate. Dal Mezzogiorno sono partiti, tra gli anni Cinquanta e Settanta, milioni di persone verso le aree più ricche e industrializzate del paese. Da questo cambiamento sorgeva il “triangolo industriale”138 nel Nord d’Italia. Si può parlare di una davvero fuga dalle campagne139. Vediamo il seguente citato di Manlio Rossi- Doria, uno studioso del periodo d’emigrazione italiana, nel 1965: “Personalmente debbo dichiarire che non avrei mai creduto di poter vivere tanto a lungo da vedere la fine della miseria contadina. Oggi la miseria contadina- la miseria di gente che non aveva scarpe, che viveva nelle capanne o in una sola stanza, che non aveva da mangiare a sufficienza…- non esiste più nelle zone interne e questo sostanziale progresso è dovuto all’emigrazione.”140 Però, dall’altra parte l’emigrazione è sempre una scelta sicuramente dura e per molti aspetti dolorosa; l’emigrante lascia dietro la sua vita, paese e famiglia. L’emigrazione è un’esperienza umana e psicologica complessa e spessa contraddittoria. Era così nell’emigrazione di allora così come nell'immigrazione d’oggi. La svolta degli anni ’70 Con questo siamo arrivati alla svolta nella situazione storica d’Italia: gli anni ’70. In questo periodo si nota una riduzione dell’emigrazione all’estero. Poi, l’emigrazione di ritorno gioca un ruolo importante. La terza e quarta generazione hanno sempre di più interesse per le proprie radici, per la storia della propria famiglia, comunità e appartenenza e tornano in Italia. Con tutti questi avvenimenti, notiamo alla fine degli anni ’70 una fine dell’emigrazione e si registra allo stesso momento l’inizio dei primi arrivi in Italia di lavoratori provenienti dal 138 Il termine “triangolo industriale” indica le città Genova, Milano e Torino. Sono queste le zone che hanno assorbito la più grande quantità di immigrati per il lavoro industriale. 139 Pugliese, Enrico, L’italia tra migrazioni internazionali e migrazioni interne, Il mulino, universale paperbacks, Bologna, 2002, p 41 140 Idem, p 37 62 Terzo Mondo. L’interesse per la questione d’immigrazione in quel periodo è ancora molto modesto. Le nuove migrazioni internazionali L’Italia, come altri paesi europei, diventa sempre più attraente per immigranti dal Terzo Mondo, soprattutto per motivi economici. Nel corso degli anni ‘80 notiamo una convergenza crescente delle politiche migratorie europee: politiche d’ingresso e di frontiera e politiche sociali per gli immigranti, politiche di chiusura e controllo. Con queste politiche migratorie nasce il termine extracomunitario (immigranti provenienti da paesi fuori Europa), che si usa anche oggigiorno: “Le politiche d’integrazione europea e di potenziamento della libera circolazione della mano d’opera e dei cittadini finiscono per avere un effetto di progressiva separazione e differenziazione fra la condizione degli stranieri provenienti da paesi dell’Unione e quella degli stranieri provenienti da paesi esterni.”141 Come risposta sui nuovi flussi migratori, nascono varie trattati, in cui si parlano dei problemi sorgenti. Ma l’immigrazione è un fenomeno estremamente complesso e sempre in evoluzione, come vediamo anche oggi in tutto d’Europa: “ La politica europea dunque da un lato appare caratterizzarsi per una serie di misure volte a controllare l’immigrazione e contrastare flussi di immigrazione illegali, insomma una politica di controllo e ripressione. Dall’altro invece appare orientata a garantire agli immigrati che si trovano in condizioni di legalità- agli immigrati regolari- una serie di diritti e benefici sul piano delle politiche di welfare.”142 Visto che l’immigrazione in Italia è un fenomeno recente, solo da poco tempo il paese ha sviluppato una politica migratoria. Dagli anni ’80 ad oggi ci sono stati tanti legislazioni in Italia rispetto all’immigrazione. Non è la mia intenzione di trattare ampiamente tutta la legislazione italiana dagli anni ’80 a oggi. Ma vorrei dare un’impressione della difficoltà di trovare delle soluzioni per la problematica. Solo il numero di leggi introdotti negli ultimi anni, come la legge no.943 del 1986, la legge Martelli nel 1990, la legge Turco-Napolitano e la legge Bosso- Fini dimostra che l’immigrazione è molto complessa e diventa sempre più grande. Nel 1990 La Conferenza Nazionale dell’emigrazione ha luogo. È un dibattito sul piano politico sulle prospettive degli immigranti. Nonostante la legge Martelli e la Conferenza, 141 Idem, p 80 142 Idem, p 85 63 in quel periodo Italia si mostra ancora notevolmente impreparata a gestire il nuovo fenomeno. A causa della politica che sta sempre mutando, gli immigranti vivono continuamente in dubbio e incertezza, così dimostra il citato seguente: “Così come la condizione degli immigrati è in continuo movimento ed evoluzione, lo è anche il quadro legislativo e regolativo, almeno per la parte di competenza del governo nazionale ed è in un contesto così caratterizzato che vivono gli immigrati.”143 Fino alla fine degli anni ’80, l’immigrazione viene considerata principalmente come un problema di lavoratori stranieri (per fare lavori che gli italiani ormai rifiutavano). A partire dalla legge Martelli, quindi dal 1990, gli stranieri vengono spesso più visti come una realtà, come profughi dal proprio paese che non dalla domanda di lavoro dequalificato presente nell’economia italiana. Un motivo per questo cambiamento sono i tracolli dei regimi dell’Europa orientale; in Italia simboleggiato dall’arrivo delle navi dall’Albania. Così come negli altri paesi europei, anche in Italia l’immigrazione viene vista in modo crescente come un problema d’ordine pubblico e di difesa delle frontiere. 3.2.2 Italia come paese d’immigrazione Il fenomeno della migrazione è qualcosa di tutti i tempi. È una costante nel corso degli anni, solo i motivi cambiano spesso: “…Sono entrati, e in molti casi anche usciti, per tornare nel proprio paese o per trasferirsi in un paese terzo, mostra che non solo state le provenienze nazionali sono le più diverse, ma che diverse sono stati i tempi e i ritmi delle migrazioni, diverse sono state le motivazioni, gli obiettivi personali per cui sono partiti e arrivati, le precondizioni storiche che hanno fatto da contesto alla loro migrazione, le caratteristiche demografiche e sociali.”144 Quando si parla d’ immigrazione in Italia d’oggigiorno, vengono spesso definiti vucumprà (i venditori ambulanti stranieri), o extracomunitari. Ciò implica che i migranti siano diversi da noi, ma uguali tra loro. Però molti migranti non sono affatto così diversi da ‘noi’, e quasi tutti i migranti non sono affatto simili fra loro. Agli immigranti vengono attribuiti spesso degli stereotipi come per esempio primitività, la mancanza d’educazione, sporcizia, violenza, tendenza di delinquere dagli Italiani, il popolo autoctono. Gli immigranti vengono spesso esclusi dalla vita italiana. 143 144 Idem, p 110 Colombo, A – Sciortino, G. Gli immigrati in Italia, assimilati o esclusi: gli immigrati, gli italiani, le politiche, Il Mulino, farsi un’idea 105, Bologna, 2004, p 11 64 Nazionalità presenti Perché l’arrivo degli immigranti viene visto come un problema? Ci sono stati presenti sempre stranieri in Italia. Per esempio i migranti postcoloniali (Africani), immigranti di ritorno, italiani immigrati o loro discendenti, che rientravano, o in alcuni casi entravano per la prima volta, in Italia. Si tratta soprattutto di latinoamericani. E immigranti intraeuropee da paesi con uno stesso orizzonte politico e relazioni commerciali. Oltre a questi tre componenti possiamo distinguere anche alcuni flussi piccoli, come un gruppo di commercianti cinesi negli anni ’20 e rifugiati come russi, ungheresi, armeni ed ebrei tedeschi tra il 1933 e 1938. Poi, c’erano anche immigranti turchi, statunitensi, brasiliani e argentini. Ma dalla fine degli anni ’70 se ne aggiungono altre nuove. Il primo sistema migratorio che vorrei menzionare è quello che collega la Sicilia alla Tunisia. Tra 1964 e 1969 molti tunisini abbandonavano il paese a causa delle nazionalizzazioni. Un secondo sistema migratorio è il legame tra Italia e l’Europa orientale e i Balcani. Poi, c’è il collegamento d’alcune grandi città del Centronord, Roma e Milano con alcuni paesi coloniali, come Eritrea, La Libia e la Persia. Italia aveva anche relazioni privilegiate con alcuni paesi riguarda la forte presenza missionaria come le Isole di Capo Verde e le Filippine. Per una parte, questa divisione è visibile ancora oggi, ma in parte questa geografia è ancora di più cambiata nel corso degli anni ’80 e di nuovo negli anni ’90. Al primo sistema migratorio si aggiungono negli anni ’80 anche marocchini, egiziani e algerini. Alla fine degli anni ’80 vediamo anche un legame con il paese Senegal. Poi, oltre alle Filippine, si aggiungono anche Cina, Sri Lanka, Pakistan e Bangladesh. In particolare negli anni ’90 il legame tra Italia e i Balcani aumenta e soprattutto l’immigrazione dall’Albania, a causa del periodo d’incertezza politica e di disordine economico e poi la caduta del regime di Henver Hoxha. Oltre all’Albania, la crescita dell’immigrazione negli anni ’90 dall’Europa dell’est si veda dalla forte presenza di rumeni, polacchi russi e ucraini. Caratteristiche degli immigranti Negli ultimi 30 anni, l’immigrazione è cresciuta drasticamente. Ma com’è successo e con quale velocità? Un motivo per i problemi è il lungo periodo del rifiuto di riconoscere l’esistenza di flussi d’immigrazione, delle politiche migratorie italiane. Molti stranieri sono divenuti visibile all’apparato amministrativo soltanto in periodi successivi al loro ingresso, dopo aver soggiornato per anni in modo irregolare. Gli immigranti possono essere divisi in quattro categorie: regolari che sono entrati seguendo le procedure richieste e mantengono un permesso di soggiorno per tutto il periodo 65 della loro permanenza. Irregolari che sono entrati legalmente ma non fanno richiesta di permesso di soggiorno per mancanza di requisiti o non lo rinnovano pur permanendo nel paese: entrano con un ‘visto’ turistico o con un lavoro stagionale. Clandestini che sono entrati clandestinamente eludendo la sorveglianza e i controlli alle frontiere nazionali, e poi sono privi di titolo di soggiorno validi. Regolarizzati che sono gli irregolari oppure i clandestini e possono venire regolarizzati attraverso programmi di regolarizzazione in un momento successivo. È questo il caso per molti stranieri presenti oggi in Italia. “Sia l’irregolarità che la clandestinità non sono attributi del migranti, ma della sua interazione con l’apparato amministrativo……L’immigrazione in Italia infatti non è stata costituita da due flussi distinti, uno di ‘regolari’ orientati al lavoro, e uno di ‘clandestini’ destinati alla marginalità sociale. L’elevato numero di irregolari dipende piuttosto dalla presenza di una forte domanda di lavoro straniero e dall’essenza di canali d’ingresso legali.” 145 I flussi migratori non cambiano solo nel volume, ma anche nella loro composizione interna. Diamo uno sguardo allo schema di Bohning. È un metodo di definire gli stadi di un processo migratorio. 1° fase: il ciclo migratorio è rappresentato dalla presenza di giovani, uomini, soli, in cerca di lavoro e interessati a ritornare a più presto al paese di origine. 2° fase: l’età si alza e si veda la presenza di persone sposate. 3° fase: cresce la presenza di donne e bambini. Il tasso di attività si abbassa in modo corrispondente ed aumenta la domanda di servizi sociali. 4° fase: il soggiorno degli stranieri tende a divenire permanente, la presenza delle seconde generazioni diviene rilevante e con essa emerge il problema del riconoscimento, giuridico (cittadinanza) e sociale della loro presenza, ponendo le basi per la nascita di future minoranze etniche in senso stretto.146 Questo schema è stato criticato da molti studiosi perché è molto generalizzato. Molte caratteristiche sono individuate da Bohning come proprie dei flussi migratori. Gli stadi di Bohning si presentano contemporaneamente anche in forma modificata. Il primo stadio per esempio, ha visto in Italia la prevalenza in molti casi di donne. Ancora oggi, in gran parte delle principali comunità sudamericane, ma anche nelle comunità d’Etiopia e Somalia, Filippine, Polonia e Russia, le donne sono il doppio degli uomini e in alcuni casi, come Brasile, Colombia e la Repubblica Dominicana, oltre il triplo. In ogni caso, è utile di tenere 145 Idem, p 18 146 Idem, p 19/20 66 presente lo schema come punto di riferimento e ci aiuta a comprendere meglio le caratteristiche specifiche dell’immigrazione. L’opinione della società italiana Ho detto prima che ai nuovi flussi migratori vengono spesso attribuiti degli stereotipi negativi. Però, l’arrivo di nuovi immigranti porta anche dei vantaggi con sé. I nuovi arrivati sono spesso giovani e poi si sposano con giovani italiani. Aumentano i nati da stranieri e le coppie miste. Così aiutano a combattere l’invecchiamento del paese. Perché l’immigrazione viene considerata come un problema? La risposta evidente è il cambiamento nella cultura italiana a causa dell’immigrazione. Però si deve tener in mente che i nuovi immigranti non hanno trasformato la società italiana rendendola ‘multiculturale’. Da quando si ha memoria, Italia è sempre stata un territorio attraversato da una molteplicità di fratture culturali. Per esempio la situazione linguistica d’ Italia. Solo da pochi decenni fa, la popolazione si esprimeva in dialetti e non esisteva ancora una lingua unica in Italia. Poi, c’è la forte frattura tra Settentrione e Meridione ed accanto al comune cattolicesimo, Italia ha sempre avuto alcune minoranze religiose. Possiamo sostenere che l’immigrazione in Italia ha prodotto alcune differenze, che si sono combinate e hanno interagito con questa caratteristica strutturale della società italiana. Poi, voglio menzionare che l’immigrazione è solo uno dei fattori di cambiamenti della società italiana. Abbiamo visto che anche prima dell’immigrazione la cultura italiana ha vissuto di continui interscambi basati sulla mobilità geografica. Poi, per tutti i fenomeni sociali, gli atteggiamenti e i comportamenti individuali dipendono fortemente dalla maniera in cui essi vengono collettivamente definiti e interpretati. Il modo in cui l’immigrazione viene interpretata in Italia dipende molto dalla stampa, ovvero dai mass media. Nei primi anni dell’immigrazione per esempio, la presenza di stranieri in Italia veniva utilizzata per dimostrare la buona qualità della vita in Italia e gli italiani venivano considerati la brava gente. Adesso però, gli immigranti fanno spesso passati come “altri” dalla media. Attraverso la stampa, non cresce solo la distinzione tra gli italiani e stranieri, ma anche una distinzione tra diversi tipi di stranieri presenti nel paese, quindi una distinzione tra ‘immigrato’ (dal Terzo mondo) e ‘straniero’ (occidentali e benestanti). Poi, la stampa, per caratterizzare gli individui, usa sempre di più degli aggettivi fortemente evocativi. Alcuni esempi dei termini usati sono: schiavi, disperati, senzapatria, fantasmi. C’è un ultimo fattore che dimostra la grande influenza della stampa sull’interpretazione dell’immigrazione. A causa 67 della stampa molte cose come furto, rapina, spaccio di stupefacenti e rissa vengono spesso associati alla criminalità straniera. I giornalisti menzionano sempre le loro origini negli articoli e questi danno più nell’occhio. Se invece sono stati italiani che hanno commesso un reato, la stampa non le menziona. È molto difficile per me estrarre quale posizione la società italiana prende nella complessa problematica dell’immigrazione. “Secondo alcuni gli italiani sarebbero la proverbiale brava gente che, magari lamentandosi, sarebbe sentimentalmente ed emotivamente disponibile, alcuni dicono sin troppo, a comprendere le buone ragioni degli immigrati, a giustificarne i comportamenti, a chiudere un occhio per difenderne le richieste. Secondo altri, invece, gli italiani sarebbero un popolo piuttosto razzista, poco incline a difendere i diritti e la dignità degli stranieri e molto incline invece a sfruttarli in tutti i modi quando ne esiste la possibilità.147 C’è sempre l’esperienza pratica che qualcuno ha d’alcune situazioni o persone. Dall’altro lato c’è la descrizione del fenomeno in termini generali. Per esempio, un italiano può dire che tutti gli immigrati sono ladri, senza aver mai conosciuto uno. Nello stesso tempo, una persona può dire che non accetta immigranti nel suo territorio, ma quando incontra l’immigrante, può comportarsi molto diverso di quello che aveva aspettato, e non avere nessun problema con l’immigrante. Abbiamo visto che Italia è paese d’immigrazione e emigrazione, quindi ci sono emigrati , immigrati, emigranti e immigranti: una peculiare condizione. C’è un ministero che si occupa specificamente degli emigrati, c’è una legge che riguarda il voto dei cittadini residenti all’estero, ci sono conferenze nazionali sull’immigrazione e sull’emigrazione. Tutti questi provvedimenti mostrano la rilevanza dell’emigrazione e l’immigrazione. Un confronto tra l’esperienza dell’emigrazione italiana all’estero e quella dei nuovi immigranti in Italia può aiutare a comprendere la realtà dell’immigrazione d’oggi. È una condizione necessaria anche per la produzione d’efficaci politiche d’accoglienza. 147 Idem, p 114 68 3.3 La migrazione nella storia del cinema italiano 3.3.1 Il film come arte aperta a problematiche sociali Secondo alcuni studiosi, gli italiani sono il popolo più emigrato nel mondo. Fino ad oggi, quasi ogni persona che abita in Italia conosce qualcuno, nella sua famiglia o nei gruppi d’amici, che è emigrato e forse anche ritornato. Tra le memorie si sente ancora oggi le loro storie. Attraverso le esperienze degli emigrati di allora, che hanno vissuto il dolore, le partenze, speranze, illusioni e nostalgia da vicino, possiamo comprendere meglio la situazione dei nuovi flussi migratori d’oggi. Infatti, gli Italiani di ieri sono gli immigrati d’oggi. La storia d’Italia si sta ripetendo. “Una storia che ha vissuto le drammatiche pagine dell’emigrazione all’inizio del secolo verso le Americhe, e che ora vive il grande flusso di stranieri che arrivano sul nostro territorio in cerca di lavoro, tanto da costituire un fenomeno eclatante, portatore di un problema fra i più complessi, peraltro assai controverso in sede politica.”148 Con il cambiamento nella storia della migrazione italiana, notiamo allo stesso tempo un movimento nella media e la cultura italiana. Man mano si è creato proprio un nuovo genere nella letteratura, infatti, quella dei nuovi immigranti d’Italia. Questo genere è spesso autobiografico. Gli immigranti, affrontano già tantissime cose prima di arrivare nel paese d’accoglienza. Poi, appena arrivati, devono integrare nel nuovo paese. Sono avvenimenti che hanno un grande impatto sulla vita umana. Vorrei menzionare alcuni titoli significanti, che parlano già da sé: “Ho trovato l’occidente:Storie di donne immigrate a Palermo” di Amelio Crisantino, “Volevo diventare bianca” di Nassera Chohra (1993), “Chiamatemi Alì” di Mohamed Bouchane (1990), “Immigrato” di Salath Methnani e Mario Fortunato (1990), “Io, venditore di elefanti” di Pap Khouma (1990).149 La letteratura è una forma d’arte di comunicare le storie d’immigrazione al mondo. Oltre alla letteratura, esiste anche la fotografia. La fotografia non è una semplice riproduzione meccanica del reale. Il sociologo e filosofo Edgar Morin dice che “La ricchezza della fotografia è tutto ciò che non c’è, ma che noi proiettiamo e fissiamo in essa.” 150 È l’osservatore a delineare i contorni dell’immagine, ad animare le figure, a dare vita all’immagine stessa. In questa tesi invece, ho 148 149 150 Zocaro, Ettore, Lo schermo della speranza Ruberto, Laura E, Immigrants speak: Italian Literature From the Border, Forum Italicum, Volume 31, 1997 Triolo, Riccardo,Vedere gli immigrati attraverso il cinema, guida alla formazione interculturale, Guerra edizioni, Perugia, p 9 69 affrontato il tema della migrazione attraverso l’arte del cinema. Il cinema amplifica ancora di più il circuito della fotografia; lo spettatore s’identifica con i personaggi sullo schermo e così vengono attivati dei processi psicologici. Andare al cinema è come entrare in un mondo immaginario e magico. Il cinema è “una delle forme culturali più vicine al mondo dell’ incanto.”151 “Guardando un film, la nostra visione del mondo inconsciamente si trasforma, noi prendiamo atto di costumi diversi dai nostri, assorbiamo immagini che prima non contemplavano nemmeno e le rielaboriamo, le facciamo nostre facendole interagire con i nostri paesaggi interiori.”152 A causa del fatto che lo spettatore è profondamente coinvolto e attivo, il cinema viene spesso usato per conoscere altre culture. Nel cinema vengono realizzati continuamente scambi tra saperi e culture. Per questo, il cinema è anche il medium migliore per raccontare storie di migrazione e scambi interculturali. Lo spettatore “può sperimentare e comprendere a fondo inquietudini e passioni dei protagonisti, ricoprendo un ruolo attivo nel testo.”153 Per dimostrare l’importanza dell’elemento d’ interculturalità nel cinema ancora di più si veda il citato seguente: “Le prime esperienze interculturali le abbiamo fatte tutti al cinema: abbiamo visitato paesi lontani che ora coabitano nel nostro immaginario; abbiamo appreso abitudini ignote, improvvisamente familiari, suoni e linguaggi prima estranei, ora cari; abbiamo vissuto guerre ed esplorato città “aperte” e baracche dei film neorealisti; ci siamo inoltrati in foreste incontaminate e smarrite nei più vasti deserti, abbiamo solcato oceani e cieli. Il cinema ha contribuito, come nessun altro mezzo di comunicazione prima, alla dissoluzione d’ogni confine geografico e culturale.”154 Nel cinema infatti esiste la volontà di oltrepassare le frontiere. Vorrei proporre l’opinione di Yamina Benguigui, un’Algerina nata in Francia e autore cinematografico. È conosciuta per le sue opere dedicate alla memoria e all’immigrazione. Il suo primo lungometraggio è “Inch’Allah dimanche” del 2001. Secondo lei la cultura apre alla parola.155 “Credo che il cinema sia d’importanza capitale perché l’immagine è determinante nei rapporti culturali.”156 151 152 Leech, P. Bussi, E. Schermi della dispersione, p11 Triolo, Riccardo,Vedere gli immigrati attraverso il cinema, guida alla formazione interculturale, Guerra edizioni, Perugia, p 13 153 Idem, p 8 154 Ibidem 155 Fabien Lemercier, Yamina Benguigui: “La cultura apre la parola”, p 1 156 Ibidem 70 Da bambina Yamina Benguigui viveva in Francia, dove veniva considerata straniera, però abitava in una società algerina: “Non eravamo né di là né di qua e penso che abbiamo cominciato ad esistere quando abbiamo visto delle immagini di noi stessi. Bisognava mettere in immagini questa storia e queste memorie perché avevamo molto dolore da esprimere: non esistevamo da nessuna parte.”157 Nella mia opinione il cinema è il medium migliore per affrontare il tema della migrazione. Bisogna mettere in immagini le storie per comprendere e condividere i sentimenti degli immigranti. 3.3.2 Il cinema di migrazione: vitalità di un genere tradizionale? Ora che ho chiarito il mio motivo per analizzare il tema della migrazione proprio nel cinema, vorrei inquadrare i film del mio corpus nella storia del cinema italiano. Il tema della migrazione si veda già da molto tempo nel cinema italiano. Prima di continuare vorrei rinviare al citato seguente: “Il rapporto tra cinema ed emigrazione è particolarmente ricco, come illustra in un recente testo Gian Piero Brunetta: Egli parte dalla considerazione che: “Lungo la storia del cinema italiano le figure di emigranti sono viste rapsodicamente.” E aggiunge tuttavia: “La storia di un destino di fame e miseria in cui ci si ribella, del trauma e del dolore per la rescissione del cordone ombelicale con la madre patria, dell’epopea relativa al cammino della speranza verso la terra promessa…del lungo e sofferto processo di integrazione è ben scandito, con motivi ricorrenti e perfettamente coesi nei cent’anni del cinema appena celebrati.” (Brunetta 2001, 496)158 Se facciamo una ricerca precisa alla storia del cinema italiano, notiamo che accanto ai generi popolari e i grandi maestri del cinema italiano esiste un vero cinema di migrazione, però da cui forse non si è ancora riconosciuto tutta l’importanza. È un genere cinematografico che collega le diverse epoche del cinema italiano. Temi come l’abbandono di un luogo in cerca di fortuna o di una vita migliore, soprattutto da parte dei poveri, ha interessato e continua ad interessare il cinema di tutto il mondo, ma è da quell’italiana che esso s’impone ricorrente. Già negli anni ’30 vediamo il tema nei film diversi. In primo luogo ci sono molti film su “La Traversata Atlantica”. Sono soprattutto film classici che raccontano la storia dell’italiano emigrato e la terra promessa. “Passaporto rosso” di Guido Brignone del 1935 è un episodio d’emigrati nell’America del Sud alla fine dell’Ottocento. “La Grande Emigrazione” troviamo anche in “Emigrantes” di Aldo Fabrizi del 1949, “Sacco e Vanzetti” 157 Ibidem 158 Pugliese, Enrico, L’italia tra migrazioni internazionali e migrazioni interne, Il mulino, universale paperbacks, Bologna, 2002, p 36 71 di Giuliano Montaldo del 1970, e “Un italiano in America”di Alberto Sordi e Vittorio De Sica del 1967. Poi ci sono stati fatti molti film che rappresentano il periodo della migrazione intraeuropea. Nel 1948 esce “Fuga in Francia”, di Mario Soldati che forse dava a Pietro Germi lo spunto per il più famoso “Il cammino della speranza” del 1950. Il film mostra la partenza di un gruppo di minatori siciliani, quando la miniera di zolfo che dava lavoro a tutto il paese, chiude. In mancanza di conoscenze la gente si affida ad un mediatore che tenta di truffarli. Dopo molteplici vicissitudini, essi riescono a varcare clandestinamente il confine con la Francia. “Forse più di ogni studio o ricerca sull’emigrazione dal Mezzogiorno in quegli anni, il carattere drammatico dell’esperienza migratoria è rappresentato nel film.”159 Nel 1959 esce “I magliari”, di Francesco Rosi, che racconta la storia d’emigrati dal Sud in Germania. Terzo, ci sono film con lo sguardo alla migrazione interna. È affrontato da Eduardo De Filippo con “Napoletani a Milano”, del 1953. Però l’opera finora considerato capolavoro insuperato sulla migrazione e in particolare sulla migrazione interna è “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti, del 1960. Considerato l’importanza di “Rocco e i suoi fratelli”, ho aggiunto anche la trama di questo film: Trama Rosaria Parondi è vedova e proviene dalla Lucania. Uno dei suoi cinque figli, Vincenzo, vive a Milano, una città che sembra offrire opportunità di lavoro ed il miraggio di una nuova vita. Vincenzo ha un impiego temporaneo, eppure Rosaria è persuasa che il trasferimento nella metropoli lombarda possa garantire un'esistenza migliore a tutta la famiglia. Giunti in città, l'unica sistemazione possibile è nella squallida e povera zona di Lambrate, dove Rosaria prende in affitto un seminterrato. I ragazzi cercano tutti un'occupazione e conoscono Nadia, una prostituta. Rocco lavora in una lavanderia, Ciro fa l'operaio specializzato, Luca, il più piccolo, trova lavoretti saltuari, mentre Simone, il maggiore dei cinque, pensa di fare una brillante carriera come pugile. E' Nadia che lo ha convinto a farsi allenare da un ex campione di pugilato, col miraggio d'una brillante carriera dai facili e cospicui guadagni. Tra i due nasce una relazione. La vita a Milano si dimostra più dura del previsto. Vincenzo ha una storia d'amore con una ragazza del posto e intende sposarsi, ma la madre Rosaria pregiudica il suo matrimonio, costringendolo ad occuparsi della sua famiglia. Nel frattempo Nadia lascia Vincenzo e, poco dopo, viene arrestata. L'uomo sta prendendo una brutta strada, il brillante inizio della sua carriera di pugile sfuma in breve tempo ed egli entra in un giro di piccola delinquenza. Rocco, il più ingenuo della famiglia, sempre pronto a tenere uniti i fratelli e la madre, parte per il servizio militare in una piccola città di 159 Colombo, A – Sciortino, G. Gli immigrati in Italia, assimilati o esclusi: gli immigrati, gli italiani, le politiche, Il Mulino, farsi un’idea 105, Bologna, 2004, p 18 72 provincia. Qui incontra Nadia: i due iniziano a frequentarsi e tra loro nasce l'amore. Rientrati a Milano, entrambi vogliono iniziare una nuova vita insieme, ma Simone, roso dalla gelosia, picchia il fratello e violenta Nadia. Rocco, sentendosi in colpa verso il fratello, rompe con Nadia e fa in modo che si rimettano insieme. Gli imbrogli di Simone hanno mandato in rovina la famiglia, l'uomo ha derubato il suo procuratore sportivo, il quale in cambio vuole che Rocco firmi un contratto e diventi pugile per lui. Rocco, per il bene della famiglia, accetta, pur odiando la boxe. I fratelli continuano la loro misera vita milanese, Luca è l'unico che ancora spera in un ritorno al paese. Nadia è tornata con Simone, ma l'uomo è violento e, in una lite, la uccide. Simone confessa l'omicidio ai fratelli. Ciro vuole denunciarlo, ma Rocco e gli altri sono decisi a proteggerlo: tutto è ormai inutile, alla fine la polizia lo arresta.160 ”Visconti, milanese, ha ripensato la propria città, vedendola attraverso gli occhi degli immigrati, immensa, ostile, nebbiosa. E ha ambientato, nei suoi spazi freddi e geometrici, l’esplosione di passioni arcaiche. “161 Dopo “Rocco e i suoi fratelli”, Ettore Scola ha presentato nel 1973 “Trevico- Torino, viaggio nel Fiat Nam”. Questo film segna una linea di confine fra i film della migrazione interna e quelli delle immigrazioni dall’estero verso Italia. Negli anni ’90 vediamo di nuovo film con il tema della migrazione interna, e anche il tema dell’emigrazione verso le Americhe riemerge per iniziativa di Paolo e Vittorio Taviani in “Good Morning, Babilonia” del 1987 e in “Oltremare- Non è l’America” di Nello Correale del 1998. Troviamo anche film che raccontano di emigrati in Africa, come “Cresceranno i carciofi a Mimong” del 1996. Nel cinema di migrazione notiamo anche il tema del ritorno. Qui troviamo di nuovo Francesco Rosi, con “Tre fratelli”, del 1981. Altro ritorno vediamo in “Sicilia!” di JeanMarie Straub e Danielle Huilet del 1999. L’ultimo genere nel cinema di migrazione è infatti l’ondata delle immigrazioni. Ha inizio con un film di Michele Placido, “Pummarò” del 1990. Un film girato nelle campagne di Caserta, dove la camorra controlla lo sfruttamento degli immigranti. “Black africans also pose a threat and are pushed to the margins of society in Pummarò. Kwaku comes from Ghana to look for his brother, Giobbe, nicknamed Pummarò as he has been working as an illegal tomato picker in the south. This quest narrative allows the progressive discovery of the inhuman conditions of African clandestine, exploited as cheap labour and contained within living spaces that resemble those of battery hens. Pummarò’s Italian girlfriend is heavily pregnant and Kwaku falls in 160 161 http://www.italica.rai.it/cinema/film/roccoeisuoifratelli.htm, consultato il 16-03-2007 Zocaro, Ettore, Lo schermo della speranza 73 love with an Italian teacher but the forces break up these relationships, including the Neapoltian camorra or mafia, indicate the diffilculties of conceptualizing full racial integration.”162 Un secondo film famoso che rappresenta il tema dei nuovi immigranti è “Lamerica” di Gianni Amelio, del 1994. Una storia di due italiani che cercano di rimpatriare fortunosamente, dopo una speculazione sfortunata in Albania solo che uno dei due ha perso la memoria ed è convinto di stare in Sicilia e di essere in procinto di emigrare in America. In “Vesna va veloce” di Carlo Mazzacurati del 1996 vediamo Vesna che viene dalla Repubblica Ceca in Italia. Più recenti sono titoli come “Oltre il confine” di Rolando Colla del 2002, “Lettere al vento” di Edmond Budina del 2002 e “Sud Side Stori” di Roberta Torre del 2000. Con questa categoria, quindi quella dell’arrivo dei nuovi immigranti, torniamo al mio corpus. Ora che abbiamo investigato il tema nel cinema italiano, possiamo inquadrarci ancora meglio. Il primo film che ho trattato, “Brucio nel vento” racconta la storia di un emigrato dalla Repubblica Ceca in un paese d’accoglienza, la Svizzera. Adesso possiamo aggiungere che il film rappresenta il periodo dopoguerra, la migrazione intraeuropea, in cui la Svizzera era un destino preferito e importante insieme con la Germania. Il secondo film, “Un’anima divisa in due”,non possiamo inserire in un periodo chiaro nella storia della migrazione. Anche se non è un film proprio sull’immigrazione, abbiamo potuto estrarre dei sottotemi legati alla migrazione. Il citato seguente lo conferma. Nella letteratura, Rosa Braidotti ha introdotto la parola zingara nel suo lavoro di studi femminili e produzioni culturali. Secondo lei c’è un paragone tra la vita degli zingari e quella dei migranti. Scrive: “What has become clear over the years is that without such geographical dislocations, I could not write at all, and what I write in not travel literature. But I do have a special affection for the places of transit that go with travelling: stations and airport lunges, trams,shuttle buses, and check-in areas. In between zones where all ties are suspended and time stretched to a sort of continuos present. Oases of nonbelonging, spaces of detachment. No-(wo)man’s lands.” Il terzo film nel mio corpus, “Quando sei nato non puoi più nasconderti” insieme con il quarto film nel corpus, “Saimir” possiamo mettere senza dubbio nell’ultima categoria, quindi l’arrivo di nuovi immigranti verso Italia dagli anni ’70. L’arrivo in Italia di una barca piena di migranti provenienti dall’Africa e i Balcani, succede ancora oggigiorno. Saimir, che rappresenta la società albanese in Italia è anche molto recente. Questi argomenti sono diventati rovente nel cinema ed è specchio di una società in ebollizione. 162 Wood, Mary P, Italian Cinema, Berg, Oxford UK, New York USA, 2005 74 Conclusione Punto di partenza di questa tesi era il mio corpus composto da quattro film recenti italiani. Tema centrale nel corpus era la migrazione d’oggigiorno in Italia. Per la struttura della tesi ho scelto per un approccio dall’esterno all’interno; dalle analisi estetiche di quattro film al tema della migrazione. La formazione del corpus ha avuto luogo, in fondo, casualmente. Avevo in mente due richieste su cui dovevano rispondere i film durante la mia ricerca al corpus. In primo luogo dovevano essere film recenti italiani e poi dovevano avere in comune il tema della migrazione. La migrazione non poteva essere per forza tema principale nel film. Poteva essere anche una linea di tendenza più insignificabile, accanto al tema centrale nel film. Con queste due esigenze sono cominciata la mia ricerca ad un corpus e mi ha portato alla seguente compilazione finale: • “Brucio nel vento” di Silvio Soldini del 2001 • “Un’anima divisa in due” di Silvio Soldini del 1993 • “Quando sei nato non puoi più nasconderti” di Marco Tullio Giordano del 2005 • “Saimir” di Francesco Munzi di 2004 Nel primo capitolo mi ho preso l’incarico di analizzare gli aspetti estetici comuni nel corpus. Un film consiste da molti aspetti importanti, come i personaggi o il luogo comune. Mi sono limitata a tre aspetti comuni nel corpus. In primo luogo lo spazio, ovvero lo spazio filmico. Dopo una spiegazione dell’aspetto in generale, l’ho applicato al mio corpus. Gli spazi in cui vivono i personaggi rispecchiano la loro vite e determinano le loro identità. Il primo film in cui l’abbiamo visto era “Brucio nel vento”con il paese d’immigranti nel paesaggio gelido della Svizzera e la casa triste di Dalibor. La sua vita passa nell’autobus e la mensa della fabbrica, che rappresentano la ripetizione di ogni giorno della sua vita noiosa. In “Un’anima divisa in due” gli spazi determinanti sono i non luoghi: la metropolitana, centri commerciali, svincoli autostradali, alberghi. Però l’aspetto più importante in questo film è la relazione tra l’esterno e l‘interno, oppure aperto verso chiuso. Abbiamo visto che la zingara Pabe non riesce a vivere in posti chiusi come un albergo, casa, macchina, oppure fabbrica. Nel terzo film la barca caricata d’immigranti rappresenta lo spazio più interessante e in “Saimir” notiamo una relazione tra il paesaggio e i personaggi: la casa triste ad Ostia, e il furgone che rappresenta il lavoro illegale. Insomma, lo spazio è rilevante da osservare. 75 Oltre allo spazio ho analizzato la lingua come canale di comunicazione nel corpus. La lingua è il medium di comunicazione per eccellenza. I film hanno fatto vedere che la lingua gioca un ruolo importante rispetto all’integrazione dell’immigrante e fino a che punto l’immigrante si sente uno straniero. Nel terzo luogo ho affrontato il tema del mare nel corpus. Il mare è presente in ogni film, ma sempre con un altro valore simbolico. Può rappresentare l’inizio di una nuova vita oppure la libertà. Al mare si fa dimenticare la vita quotidiana, è un posto dove si può prendere una boccata d’aria. Il mare può essere semplicemente un posto per riposo, e per vacanze. Più sul serio, il mare può essere un posto di purificazione o rappresenta la ricerca di se stessi o la ricerca di un nuovo mondo. Questi aspetti estetici comuni ci portano al secondo capitolo in cui vengono approfonditi ancora di più gli aspetti estetici. Abbiamo analizzato la peculiarità d’ogni film del corpus. Vuol dire una specificità nel film che rappresenta l’aspetto più fondamentale della trama. In “Brucio nel vento” il ritorno traumatico del passato, attraverso sogni di notte e di giorno, rappresenta la linea di tendenza specifica. In “Un’anima divisa in due” il confronto tra la cultura italiana e la cultura Rom viene raccontato attraverso una storia d’amore. La specificità di “Quando sei nato non puoi più nasconderti” viene formata dallo sguardo di un bambino, che guarda in faccia la realtà che è spesso crudele e ingiusto. In “Saimir” il filo rosso è la speranza di cambiare vita. Essa risulta molto difficile per un immigrante in un paese straniero. La domanda principale su cui volevo trovare una risposta in questa tesi è: come viene rappresentato il tema della migrazione nei quattro film recenti italiani? Attraverso le analisi degli aspetti comuni e le specificità estetiche nei primi due capitoli ho potuto estrarre dei sottotemi della migrazione presenti nel corpus. L’ho presentati nel terzo capitolo della tesi insieme con alcune scene provenienti dal corpus. Nel primo capitolo abbiamo visto che lo spazio e la lingua rappresentano la migrazione. Poi, la speranza in una vita migliore, la terra promessa, le storie d’amore interculturali, l’adattamento ad una nuova cultura, il senso d’estraneità dell’immigrante, la solitudine dell’immigrante, la ricerca di un nuovo senso d’appartenenza, gli stereotipi, i pregiudizi, la discriminazione, la nostalgia e infine il no-return sono sottotemi che vengono affrontati nel corpus. Con questa risposta siamo arrivati alla domanda seguente: fino a che punto rappresentano questi sottotemi la società italiana d’oggigiorno? Per una risposta chiara su questa domanda, era necessario di studiare prima il contesto storico della migrazione italiana. 76 I risultati di questo studio si trova nel primo paragrafo del terzo capitolo. Come abbiamo visto la storia della migrazione può essere suddivisa in varie fasi dall’Ottocento fino ad oggi: • La Grande emigrazione • Il periodo tra le due guerre • Il periodo dopoguerra • L’emigrazione intraeuropea • L’emigrazione interna (anni ‘50/’60) • La svolta degli anni ’70 • Le nuove migrazioni internazionali Nell’arco del tempo, i movimenti emigratori sono cambiati in movimenti migratori verso Italia. Italia è diventato paese d’immigrazione. Come abbiamo visto questo nuovo fenomeno ha causato un cambiamento significante nella cultura italiana. Con questo cambiamento nasce un termine con cui vengono ancora oggi indicati gli immigranti, infatti, gli “extracomunitari”. Succede anche che agli immigranti vengono attribuiti spesso degli stereotipi negativi. Ma bisogna affrontare questo movimento con cautela. Come abbiamo visto nel terzo capitolo, ci sono stati sempre presenti degli stranieri in Italia. È solo dagli anni ’70 che questo fenomeno ha preso una forma più grande. Ma si deve sempre tener in mente che l’immigrazione è solo uno dei fattori che ha cambiato l’intera società italiana e che l’immigrazione ha prodotto solo alcune differenze. Come ha risposto la società italiana su questi cambiamenti culturali? La risposta era una gran quantità di leggi introdotti, vari trattati e la fondazione di politiche migratorie. Con questi provvedimenti Italia ha tentato di sistemare la problematica dell’immigrazione. Però la politica italiana non ha fatto caso per molto tempo il problema. Così sono nati concetti come regolari, irregolari, clandestini e regolarizzati. Con lo schema di Bohning, proposto nel terzo capitolo, riusciamo a comprendere meglio i processi migratori. Adesso sappiamo come ha risposto il governo italiano, ma che cosa è l’opinione del popolo italiano rispetto all’immigrazione? Come descritto nella tesi, l’opinione pubblica viene sempre formato con l’aiuto dei mass media. È la media che attribuisce allo straniero degli aggettivi evocativi. La media crea una distinzione tra la “brava gente” ,infatti gli Italiani, e gli immigranti. Poi fanno una distinzione tra stranieri (occidentali) e immigranti. Però dalla tesi appare che accanto all’opinione comune, spesso evocata dai mass media, esiste anche 77 l’opinione individuale dell’italiano. Quindi, l’esperienza pratica che qualcuno ha d’alcune situazioni o persone. La descrizione del fenomeno in termini generali insieme con l’opinione individuale ottenuta dall’esperienza pratica, formano il grado d’accettazione e rispetto degli italiani verso gli immigranti. La risposta sulla domanda insomma è ambigua e dimostra nello stesso tempo la complessività del fenomeno. Dopo i dati storici arriviamo al cinema italiano. Nel paragrafo 3.3.1 ho chiarito la mia motivazione per la scelta di usare il cinema italiano per affrontare il tema della migrazione. Certo, anche la letteratura oppure la fotografia può affrontare il tema, però attraverso il cinema si può mettere in immagini le storie della migrazione, è quindi una combinazione di fotografia e letteratura. Nell’ultimo paragrafo 3.3.2 ho fatto un’analisi del tema della migrazione lungo la storia del cinema italiano. Il primo fatto che possiamo concludere è che su quasi ogni periodo della storia della migrazione italiana esistono film. Ci sono realizzati film su “La traversata Atlantica”, l’emigrazione intaeuropea, l’emigrazione interna, la migrazione del ritorno, e sui nuovi flussi migratori. Possiamo inserire il mio corpus nell’ultima categoria. Sia l’emigrazione che l’immigrazione, sono temi frequenti nel cinema italiano. Certo, accanto ai film menzionati nel terzo capitolo, esisteranno di più. Non ho menzionato tutti i film, però ho dimostrato che esiste proprio un cinema di migrazione in Italia e che conosce molte opere, alcune delle quali anche memorabili. Accanto ai generi famosi e grandi maestri che dominano la storia del cinema italiano ho potuto scoprire un vero genere: il cinema di migrazione. La scoperta del “nuovo” genere nel cinema italiano ci porta a due altre tendenze in Italia che ho potuto osservare. La prima è che fare film sulla migrazione è una tradizione in Italia. È una continuità nella storia del cinema italiano: prima nei film sull’emigrazione e dopo nei film sull’immigrazione. Quindi non è una tendenza solo dell’ultimo periodo, ma esiste già da anni. La seconda tendenza che possiamo notare in Italia è il fatto che anche i grandi nomi se ne sono occupati con il tema della migrazione. Mi riferisco per esempio a Luchino Visconti con “Rocco e i suoi fratelli” del 1960 e Pietro Germi con “Il cammino della speranza” del 1950 . Forse queste grandi opere servono fino ad oggi come modello per altri, nuovi e giovani, registi italiani. Dall’idea che i film della migrazione servono come modello può nascere il motivo per ogni nuovo regista, di dover affrontare il tema della migrazione, per affermarsi. In sintesi, se il nuovo regista vuole ottenere un posto significante nel mondo del cinema oppure avere 78 successo al pubblico, dovrebbe fare prima un film sulla migrazione. Così può riferirsi ai grandi maestri come Visconti, che ha fatto proprio lo stesso nel passato. Insomma, abbiamo visto che il cinema di migrazione è una vitalità di un genere tradizionale. Nel primo luogo a causa delle nuove generazioni. Infatti, esistono tantissimi nuovi film sull’immigrazione d’oggigiorno in Italia. Questo fenomeno può anche funzionare come nutrimento per il pubblico. Le storie messe in immagini, possono aiutare il pubblico a comprendere meglio e ad accettare la situazione immigratoria italiana. Poi, accanto alla nuova situazione, quindi l’immigrazione degli stranieri verso Italia, notiamo allo stesso momento nuovo input in una vecchia cornice, infatti, film sull’emigrazione degli italiani verso l’estero. Vorrei riferirmi ad un citato di un giovane regista italiano, Emanuele Crialese, che ha fatto rivivere l’emigrazione italiana con il suo film del 2006, “Nuovomondo”. È una storia del sogno di una famiglia siciliana d’ inizio Novecento in viaggio per l’America. “Ho voluto dare identità a quella che chiamiamo “fenomeno” dell’ emigrazione. Un fenomeno che poi riguarda le persone, i loro sogni, le delusioni, di viaggi incompiuti, bloccati o finiti tragicamente. Vorrei dare un po’ di identità a questo “fenomeno” anche se non credo che “Nuovomondo” sia un film sull’emigrazione ma sul sogno, il sogno di tutti quelli che partono lasciando tutto per sperare in un domani migliore.”163 Non ho potuto esprimerlo meglio. Il film racconta una storia di ieri ma parla anche molto del presente. L’ultimo citato a cui vorrei riferire è proveniente dall’articolo Immigrants speak: Italian literature from the border : “This movement, the inversion of the myth whereby Italy replaces the U.S. as the “land of opportunity”, however in stride with the rest of Western Europe, is particularly odd given Italy’s own history, a history in which migration has usually been defined as an emigration of its citizens. Though Italians continue to leave their country or move North for work, the significant migration occurring in Italy today is a migration to Italy.”164 Vorrei concludere con la supposizione che attraverso i film su nuovi flussi migratori, così come il mio corpus, ma anche tra nuovi film inseriti in una vecchia cornice, come quello di Crialese, possiamo comprendere meglio le situazioni migratorie di allora e d’oggi, che in fondo sono ancora le stesse. 163 http://www.kataweb.it/cinema/detail_articolo.jsp?idContent=312243, Emanuele Crialese; un regista emigrante, Ugolini, Chiara e Finos, Arianna 164 Ruberto, Laura E, Immigrants speak: Italian Literature From the Border, Forum Italicum, Volume 31, 1997 79 Bibliografia Adler, Leonore Loeb and Gielen, Uwe P, Migration, Immigration and Emigration in International Perspective, Praeger Publishers, Westport, USA, 2003 Anthias, Floya and Lazaridis, Gabriella, Gender and Migration in Southern Europe ,Women on the move, Oxford UK, New York USA, 2000 Atti del XIV Congresso dell’A.I.P.I. 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Lionello Cerri per Albachiara – RTSI 2001 Soggetto Silvio Soldini, Roberto Tiraboschi Sceneggiatura Silvio Soldini, Doriana Leondeff dal romanzo "Ieri" di Agota Kristof Paola Bizzarri, Silvia Nebbiolo Scenografia Paola Bizzarri Musica Fotografia Montaggio Costumi Durata Giovanni Venosta Luca Bigazzi (colori Carlotta Cristiani Silvia Nebiolo 118 minuti 86 “Un’anima divisa in due”, di Silvio Soldini, (Italia 1993) Titolo originale: Un’anima divisa in due Regia: Silvio Soldini Aiuto regia: Giorgio Garini Interpreti principali: Fabrizio Bentivoglio Maria Bakò Interpreti secondari Ivano Marescotti Giuseppe Cederna Silvia Mocci Felice Andreasi Jessica Forde Nazione/origine Italia/ Svizzera BN/ Colore Lingua Distribuzione Colore Italiano, Rom 20th Century Fox Home Entertainment Produzione Anno Aran S.R.L. Darc (Italia) Intra Film (Dist. Int.) 1993 Soggetto Silvio Soldini, Roberto Tiraboschi Sceneggiatura Silvio Soldini, Roberto Tiraboschi Scenografia Elvezio V. D. Meijden Musica Fotografia Montaggio Durata Giovanni Venosta Luca Bigazzi (colori Claudio Cormio 124 minuti 87 “Quando sei nato non puoi più nasconderti” di Marco Tullio Giordano (Italia 2005) Titolo originale: Quando sei nato non puoi più nasconderti Regia: Marco Tullio Giordano Interpreti principali: Alessio Boni Michela Cescon Rodolfo Corsato Matteo Gadola Andrea Tidona Adriana Asti Ana Caterina Morariu. Nazione/origine Italia, Gran Bretagna, Francia BN/Colore Lingua Distribuzione Produzione Anno Colore Italiano, Romeno, Francese, Africano 01 Distribution Cattleya, Rai Cinema 2005 Soggetto Sceneggiatura Scenografia Marco Tullio Giordano Marco Tullio Giordano Giancarlo Basili Fotografia Montaggio Costumi Durata Roberto Forza Roberto Missiroli Maria Rita Barbera 115 minuti 88 “Saimir” di Francesco Munzi, (Italia 2004) Titolo originale: Saimir Regia: Francesco Munzi Interpreti principali: Mishel Manoku Xhevdet Feri Lavinia Guglielman Anna Ferruzzo Nazione/origine BN/Colore Lingua Italia/ Svizzera Colore Italiano, Albanese Distribuzione Produzione Anno Adriana chiesa enterprises Orisa Produzioni 2004 Soggetto Francesco Munzi Sceneggiatura Scenografia Francesco Munzi, Serena Brugnolo, Dino Gentili Valentina Scalia Musica Fotografia Montaggio Costumi Durata Giuliano Taviani Vladan Radovic Roberto Missiroli Loredana Buscami 88 minuti 89 Appendice B Il verso di Gabriele D’Annunzio L’Onda Nella cala tranquilla scintilla, intesto di scaglia come l'antica lorica del catafratto, il Mare. Sembra trascolorare. S'argenta? s'oscura? A un tratto come colpo dismaglia l'arme, la forza del vento l'intacca. Non dura. Nasce l'onda fiacca, sùbito l'ammorza. Il vento rinforza. Altra onda nasce, si perde, come agnello che pasce pel verde: un fiocco di spuma che balza! Ma il vento riviene, rincalza, ridonda. Altra onda s'alza, nel suo nascimento più lene. Palpita, sale, si gonfia, s'incurva, s'allunga, propende. Il dorso ampio splende come cristallo; la cima leggiera s'arruffa come criniera nivea di cavallo. Il vento la scavezza. L'onda si spezza, precipita nel cavo del solco sonora; spumeggia, biancheggia, s'infiora, odora, travolge la cuora, trae l'alga e l'ulva; s'allunga, rotola, galoppa; intoppa in altra cui 'l vento dié tempra diversa; l'avversa, la salta, la sormonta, 90 vi si mesce, s'accresce. Di spruzzi, di sprazzi, di fiocchi, d'iridi ferve nella risacca; par che di crisopazi scintilli e di berilli vividi a sacca. 0 sua favella! Sciacqua, sciaborda, scroscia, schiocca, schianta, romba, ride, canta, accorda, discorda, tutte accoglie e fonde le dissonanze acute nelle sue volute profonde, libera e bella, numerosa e folle, possente e molle, creatura viva che gode del suo mistero fugace. E per la riva l'ode la sua sorella scalza dal passo leggero e dalle gambe lisce, Aretusa rapace che rapisce le frutta ond'ha colmo suo grembo. Sùbito le balza il cor, le raggia il viso d'oro. Lascia ella il lembo, s'inclina al richiamo canoro; e la selvaggia rapina, l'acerbo suo tesoro oblìa nella melode. E anch'ella si gode come l'onda, l'asciutta fura, quasi che tutta la freschezza marina a nembo entro le giunga! Musa, cantai la lode della mia Strofe Lunga. Gabriele D'Annunzio, 1904165 165 Sorisio,Sonnino Luca. Rapsodia Blu: il mare in poesia, prosa e fotografia, Nautica editrice, Roma, 2005 91 92