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STUPEFACENTI ILLECITI AMMINISTRATIVI Fattispecie Nel
STUPEFACENTI ILLECITI AMMINISTRATIVI Fattispecie Nel momento in cui si è in presenza di fatti o comportamenti che non consentono di ritenere dimostrata la destinazione ad un uso non esclusivamente personale del trasgressore, tali eventi costituiscono un illecito amministrativo. Occorre rammentare come la legge non punisce l’uso personale, ossia non vieta l'uso personale di stupefacenti, punisce, invece, con una sanzione amministrativa, determinate condotte finalizzate all'uso personale. Adempimenti di polizia giudiziaria Il sistema sanzionatorio previsto per tali tipologie di illeciti è previsto dall’art. 75 T.U., così come interamente sostituito dalla legge del 2006. Il comma 1 contiene una elencazione di sanzioni amministrative (applicabili per un periodo non inferiore a un mese e non superiore a un anno) per coloro che, fuori dai casi di cui all’art. 73, comma 1-bis, illecitamente importano, esportano, acquistano, ricevono a qualsiasi titolo o comunque detengono sostanze stupefacenti o psicotrope. Tali sanzioni sono: a) sospensione della patente di guida o divieto di conseguirla; b) sospensione della licenza di porto d'armi o divieto di conseguirla; c) sospensione del passaporto e di ogni altro documento equipollente o divieto di conseguirli; d) sospensione del permesso di soggiorno per motivi di turismo o divieto di conseguirlo se cittadino extracomunitario. In caso di accertamento di fatti costituenti illecito amministrativo, la polizia giudiziaria procedente è tenuta ad una serie di adempimenti qui di seguito elencati (art. 75, co. 3):- contestazione con relativa redazione del “verbale di contestazione” e sequestro della sostanza stupefacente con redazione del relativo verbale di sequestro (combinato disposto art. 72, co. 5 L. 685/75 ed art. 75, co. 3 cit.)- riferire senza ritardo e comunque entro 10 giorni, con gli esiti degli esami tossicologici sulle sostanze sequestrate effettuati presso le strutture pubbliche di cui al comma 10 (ASL, laboratorio di igiene e profilassi, sez. stupefacenti), al Prefetto competente in relazione al luogo di residenza o di domicilio dell'interessato (art. 13) allegando i sopra citati verbali. Se al momento dell'accertamento, l'interessato abbia la diretta e immediata disponibilità di veicoli a motore, gli organi di polizia procedono, altresì, all'immediato ritiro della patente di guida. Se è in possesso di un ciclomotore, viene ritirato anche il certificato di idoneità tecnica e il mezzo viene sottoposto a fermo amministrativo (art. 214, co. 1 ter, cod. strada). Il ritiro della patente di guida, nonché del certificato di idoneità tecnica e il fermo amministrativo del ciclomotore hanno durata di 30 giorni. La patente di guida e il certificato di idoneità tecnica sono trasmessi al prefetto competente ai sensi del comma 13, unitamente all’informativa relativa all’illecito amministrativo. In caso di guida di un veicolo durante il periodo in cui la patente sia stata ritirata ovvero di circolazione con il veicolo sottoposto a fermo amministrativo, si applicano rispettivamente le sanzioni previste dagli articoli 216 e 214 del nuovo codice della strada. In attesa del provvedimento di confisca e di distruzione della sostanza stupefacente sequestrata, questa è affidata e custodita dagli organi accertatori (art. 20 L. 689/81, art. 15 dPR. 571/82). Alla distruzione provvedono gli organi di polizia, avvalendosi di idonea struttura pubblica locale, ove esistente, o statale. Il verbale delle operazioni è trasmesso al Prefetto e al Ministero della Sanità. L'art. 77 del TU punisce con la sanzione amministrativa chiunque in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero in un luogo privato ma di comune o altrui uso, getta o abbandona, in modo da mettere a rischio l'incolumità altrui, siringhe o altri strumenti pericolosi utilizzati per l'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope. Provvedimenti a tutela della sicurezza pubblica L’art. 75–bis, di nuova introduzione nel Testo unico, prevede una serie di provvedimenti che il questore può emanare nei confronti di alcune categorie particolari di soggetti. Infatti, qualora in relazione alle modalità od alle circostanze dell'uso, dalla condotta di cui al comma 1 dell'articolo 75 possa derivare pericolo per la sicurezza pubblica, l'interessato che risulti già condannato, anche non definitivamente: a) per reati contro la persona; b) per reati contro il patrimonio; c) per reati previsti dal testo unico stupefacenti; d) violazione di norme sulla circolazione stradale; e) violazione di norme del testo unico stupefacenti; f) destinatario di misura di prevenzione o di sicurezza può essere inoltre sottoposto, per la durata massima di due anni, ad una o più delle seguenti misure: 1) obbligo di presentarsi almeno due volte a settimana presso il locale ufficio della Polizia di Stato o presso il comando dell'Arma dei carabinieri territorialmente competente; 2) obbligo di rientrare nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, entro una determinata ora e di non uscirne prima di altra ora prefissata; 3) divieto di frequentare determinati locali pubblici; 4) divieto di allontanarsi dal comune di residenza; 5) obbligo di comparire in un ufficio o comando di polizia specificamente indicato, negli orari di entrata ed uscita dagli istituti scolastici; 6) divieto di condurre qualsiasi veicolo a motore. Il provvedimento è comunicato entro quarantotto ore dalla notifica al giudice di pace competente per territorio in relazione al luogo di residenza o, in mancanza, di domicilio dell'interessato. Il giudice dispone con decreto la convalida nelle successive quarantotto ore. Le misure, su istanza dell'interessato, sentito il questore, possono essere modificate o revocate dal giudice di pace competente, qualora siano cessate o mutate le condizioni che ne hanno giustificato l'emissione. Le prescrizioni possono essere altresì modificate, su richiesta del questore, qualora risultino aggravate le condizioni che ne hanno giustificato l'emissione. Illeciti penali L’art. 73. co. 1 TU prevede la sanzione della reclusione e della multa per “chi, senza autorizzazione, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope”. A titolo esemplificativo, la punibilità della “coltivazione” prescinde dal quantitativo di principio attivo o dalla dimensione della piantagione o da quanto sia ricavabile delle piante da stupefacenti. La semplice offerta o proposta di vendita assumono già rilevanza penale, senza che sia necessaria l'eventuale accettazione della proposta o la consegna della sostanza medesima. Il “motivo” della cessione non ha importanza, ben potendo essere anche a titolo di cortesia, cosi come il trasporto. Allo stesso modo il comma 1 bis dell’art. 73 punisce con una sanzione penale quei fatti di importazione, esportazione, detenzione illecita e acquisto o ricezione a qualsiasi titolo della sostanza che, per una serie di “indicatori indizianti”, “appaiono destinati ad un uso non esclusivamente personale” (p.e., principio attivo superiore ai limiti massimi, modalità di presentazione della sostanza oppure “per altre circostanze dell'azione”). Il reato si perfeziona, nel caso di “importazione”, nel superamento dei confini nazionali e nel caso specifico di “importazione aerea”, nel momento in cui la merce è introdotta nello spazio aereo italiano. La “detenzione”, invece, va intesa nel senso di disponibilità di fatto della sostanza stessa. L'illecita detenzione è un reato permanente, per cui la competenza per territorio del giudice, si determina con riferimento al luogo ove ha avuto inizio la consumazione del reato mentre non ha rilevanza il luogo ove si è conclusa la condotta. L’art. 73, comma 5 prevede, inoltre, che quando, per i mezzi, per la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, i fatti sono di lieve entità, la pena è diminuita. Una novità della Bossi-Fini (art. 73, co. 5 bis) è la possibilità per il giudice di applicare, anziché le pene detentive e pecuniarie, quella del “lavoro di pubblica utilità” di cui all'articolo 54 del d.lgs. 274/2000, per i reati commessi da persona tossicodipendente o da assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope. Il comma 6 prevede un aumento di pena per i fatti commessi in concorso da tre o più persone. L’art. 74 TU punisce l’associazione (tre o più persone) finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope o più in generale per commettere i reati di cui all’art. 73 TU. Chi promuove, costituisce, dirige, organizza o finanzia l'associazione è punito con la reclusione non inferiore a venti anni, mentre chi partecipa all'associazione è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni. Le aggravanti sono previste nel caso in cui gli associati siano “dieci o più” o se tra i partecipanti vi siano persone dedite all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope oppure se l’associazione è armata. Occorre rammentare come tale delitto si perfeziona fin dal momento della costituzione dell’associazione, non occorrendo, per la fattispecie, che i delitti siano realmente commessi. Attività di iniziativa della polizia giudiziaria Controlli, ispezioni e perquisizioni previsti dal T.U. Stupefacenti Oltre a quanto previsto dall’art. 352 c.p.p. e art. 113 norme att., in relazione alle perquisizioni “ordinarie”, il Testo Unico prevede all’art. 103, co. 2, che gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, nel corso di operazioni di polizia per la prevenzione e la repressione del traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, possono procedere in ogni luogo al controllo e all'ispezione dei mezzi di trasporto, dei bagagli e degli effetti personali quando hanno fondato motivo di ritenere che possano essere rinvenute sostanze stupefacenti o psicotrope. Dell'esito dei controlli e delle ispezioni è redatto processo verbale in appositi moduli, trasmessi entro quarantotto ore al procuratore della Repubblica il quale, se ne ricorrono i presupposti, li convalida entro le successive quarantotto ore. L’art. 103, co. 3, T.U. prevede, invece, che gli ufficiali di polizia giudiziaria, quando ricorrano motivi di particolare necessità ed urgenza che non consentano di richiedere l'autorizzazione telefonica del magistrato competente, possono altresì procedere a perquisizioni dandone notizia, senza ritardo e comunque entro quarantotto ore, al procuratore della Repubblica il quale, se ne ricorrono i presupposti, le convalida entro le successive quarantotto ore. Nei casi sopra citati (controllo, ispezione e perquisizione) gli operatori procedenti sono tenuti a rilasciare immediatamente all'interessato copia del verbale di esito dell'atto compiuto. Sequestro Alla attività appena descritta fa spesso seguito il rinvenimento di sostanza stupefacente che dovrà essere sequestrata. Per il sequestro di iniziativa degli ufficiali di p.g. (art. 354 c.p.p.; casi di particolare necessità e urgenza, anche da agenti p.g., art. 113 n. att.), occorre che vi sia il pericolo che le cose o tracce possano subire alterazioni, dispersioni o modificazione prima dell'intervento del Pubblico ministero; nel caso particolare di rinvenimento di sostanza stupefacente, va sequestrato anche tutto quanto sia servito alla preparazione delle dosi nonché i mezzi di trasporto utilizzati per il traffico illecito. Naturalmente il tutto deve essere cristallizzato in un verbale di sequestro redatto con le forme e i contenuti previsti dal combinato disposto dell’art. 355 c.p.p. e art. 81 delle norme di attuazione. Copia del verbale di sequestro va consegnata alla persona alla quale le cose sono state sequestrate. Il predetto verbale va trasmesso, senza ritardo e comunque non oltre le 48 ore, al pubblico ministero del luogo dove il sequestro è stato eseguito per la convalida (art. 355, co. 1, c.p.p.) Arresto in flagranza: obbligatorio e facoltativo L'art. 380, co. 2 lett. h), c.p.p., prevede l’arresto obbligatorio in flagranza per i delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope puniti a norma dell'art. 73 del Testo Unico stupefacenti, salvo che ricorra la circostanza prevista dal comma 5 del medesimo articolo (fatti di lieve entità). In quest’ultimo caso vi è l’arresto facoltativo in flagranza, mentre nel caso di detenzione di droga “per uso personale” (o altro fatto) si è in presenza di una violazione amministrativa. L’art. 73, co. 5 prevede che “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329. Per poter classificare un fatto di “lieve entità” bisogna considerare una serie di parametri che vanno ben oltre alle quantità di droga posseduta dal soggetto. Bisogna aver riguardo, infatti, a tutte le circostanze di natura soggettiva e oggettiva che si rinvengono, ictu oculi, al momento dell’accertamento della violazione penale. Si può dire che la lieve entità può essere parametrata rispetto al principio di offensività penale, così come sancito nei principi generali del codice penale. Possono rientrare nella valutazione dell’operatore di polizia le circostanze relative alla qualità della sostanza stupefacente, alle modalità di svolgimento dell’azione e quant’altro. Una circostanza che si potrebbe verificare è la c.d. codetenzione di sostanze stupefacenti. Quest’ultima fattispecie costituisce reato, anche se è qualificabile come “fatto di lieve entità” se l’acquisto avviene per il consumo di ciascuno del gruppo ivi compreso l’acquirente; viceversa se l’acquirente detentore non è anche assuntore, la circostanza non può essere qualificata di lieve entità con tutte le conseguenze del caso. PROCEDURE OPERATIVE IN MATERIA DI STUPEFACENTI DOPO LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE La sentenza della corte costituzionale nr.32/2014 ha dichiarato incostituzionali gli artt.4 bis e 4 vicies ter del D.L.20.12.205 nr.272 convertito con L.21.02.2006 nr.49 (legge Fini Giovanardi) le ricadute di tale sentenza sull’art.73 DPR 309/90 sono la riviviscenza delle norme precedentemente vigenti, ossia quelle contenute nella legge Iervolino Vassalli (L.162/90), fondata come noto sulla distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti. Il testo ripristinato dell’art.73 del T.U. stupefacenti prevede ora (come allora) due distinte reati a seconda dell’oggetto materiale della condotta: i primi tre commi riguardano le c.d. droghe pesanti, ossia le sostanze elencate nelle tabelle I e III dell’art.14 prevedendo, per l’ipotesi di cui al comma 1, la pena della reclusione da 8 a 20 anni, mentre il quarto comma riguarda le cosiddette droghe leggere, ossia le sostanze catalogate nelle tabelle II e IV dell’art.14, prevedendo la pena della reclusione da 2 a 6 anni Per le condotte criminose in materia di spaccio o detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti o psicotropiche, sia che si tratti di droghe pesanti (tab.I e III) sia che si tratta di droghe leggere (tab.II e IV) l’arresto in flagranza è obbligatorio se il fatto NON è di lieve entità, per fatti di lieve entità l’arresto è facoltativo. STUPEFACENTI E MINORI Per quanto riguarda i minorenni giova ricordare che il combinato disposto degli artt.23 e 16 DPR 448/88 e 380 co.2 lett h) c.p.p. consente l’arresto FACOLTATIVO del minore per i reati sugli stupefacenti NON di lieve entità’, L’arresto del minore per le condotte illecite in tema di sostanze stupefacenti o psicotropiche di LIEVE ENTITÀ non è consentito. Come è noto l’arresto in flagranza di cui al comma 1° dell’art. 16 del D.P.R. 448/1998 è sempre facoltativo ( anche se trattasi di reati per i quali è previsto l’arresto obbligatorio, in caso di arresto si deve tenere conto della gravità del fatto, nonché dell’età e della personalità del minore) ed è consentito solo per i delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a nove anni. MISURA PRE CAUTELARE PER LIEVE ENTITA’ MINORE ALL’ACCOMPAGNAMENTO IN UFFICIO A SEGUITO DI FLAGRANZA DI REATO ART. 18 BIS DEL D.P.R. 448/88.Trattasi di atto diverso dall’accompagnamento per l’identificazione poiché influisce sulla libertà dell’individuo è un atto che necessita di convalida nei termini di legge. Per i delitti non colposi per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, gli Ufficiali e gli Agenti possono – (non devono) procedere all’accompagnamento di cui all’art. 18 bis del D.P.R. 448/1988 e cioè affidare entro dodici ore il minore ai genitori (o chi per essi) invitati presso i propri uffici per riceverlo in consegna, con l’avviso dell’obbligo di tenerlo a disposizione del Pubblico Ministero. Se l’ambiente familiare non appare idoneo al controllo del minore(ad. Es. genitori tossicodipendenti, con precedenti in materia di sfruttamento alla prostituzione o schiavitù etc.) ovvero nessuno dei genitori si presenta per riceverlo in consegna, la Polizia Giudiziaria informe il Pubblico Ministero, il quale disporrà che il minore accompagnato sia condotto presso una comunità o presso il Centro di Prima Accoglienza. LIEVE ENTITA’ La lieve entità è prevista dall’art 73 comma 5 DPR 309/90 prima attenuante ad effetto speciale ora in virtù del D.L. nr.146/2013 convertito in Legge nr.10/2014 è autonoma figura di reato. Il fatto di lieve entità si sostanzia, come noto, di un insieme di parametri, che vanno esaminati l’uno indipendentemente dagli altri (peso dello stupefacente, modalità o circostanze dell’azione e mezzi utilizzati). Per costante giurisprudenza, il vaglio in senso negativo anche di uno solo dei parametri di riferimento individuati dalla legge deve condurre ad escludere l'ipotesi del fatto di lieve entità (Cfr. App. Lecce, 5 settembre 2012, Da.Ma.) Si riportano a titolo esemplificativo alcune sentenze della cassazione sulla lieve entità. Cass. pen. Sez. IV, 12/11/2010, n. 43399 (rv. 248947) In tema di sostanze stupefacenti, ai fini della concedibilità o del diniego della circostanza attenuante del fatto di lieve entità, il giudice è tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l'azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all'oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo, conseguentemente, escludere la concedibilità dell'attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di "lieve entità". (Fattispecie nella quale sono state ritenute ostative al riconoscimento dell'attenuante la quantità e qualità delle sostanze detenute illegalmente dall'imputato, pari nella specie a g. 155 di hashish e 9 involucri di crack). (Rigetta, App. Salerno, 03/07/2009) Cass. pen. Sez. VI, 01/07/2010, n. 29250 (rv. 249369) In materia di sostanze stupefacenti, la circostanza attenuante speciale del fatto di lieve entità non può essere legittimamente esclusa sulla base del mero presupposto che l'imputato ha posto in essere una pluralità di condotte di cessione della droga reiterate nel tempo, prescindendo in tal modo da una valutazione di tutti i parametri dettati in proposito dall'art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del 1990. (Annulla in parte con rinvio, App. Venezia, 21 Dicembre 2009) Cass. pen. Sez. Unite, 24/06/2010, n. 35737 (rv. 247911) La circostanza attenuante speciale del fatto di lieve entità di cui all'art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del 1990 può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell'azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio. (Fattispecie nella quale l'attenuante era stata riconosciuta valorizzando la qualità e quantità di droga - un grammo di hashish - ceduta a soggetto minore di età, nonché i mezzi, le modalità e le circostanze dell'azione, abitualmente posta in essere senza particolari accorgimenti). (Rigetta, App. Campobasso, 02/07/2009) Cass. pen. Sez. IV, 03/06/2009, n. 34331 (rv. 245199) In tema di detenzione di sostanze stupefacenti, la circostanza attenuante del fatto di lieve entità non può trovare applicazione quando la quantità di sostanza si riveli considerevole, trattandosi di sintomo sicuro di una notevole potenzialità offensiva del fatto e di diffusività della condotta di spaccio. (Nella concreta fattispecie, la detenzione illecita di centocinquanta pastiglie di ecstasy è stata ritenuta indicativa di potenzialità offensiva del fatto non sussumibile nella connotazione di "lieve entità"). (Annulla senza rinvio, Trib. Cagliari, 04/05/2007) COSA SIGNIFICA "SPACCIO" E COME SI ACCERTA Intanto, è utile premettere che spaccio significa cessione ad un altra persona, anche gratuitamente ed anche una dose minima: regalare una "canna" o fornire una "riga" ad un amico è dunque spaccio. Lo spaccio e la detenzione ai fini di spaccio vanno peraltro provati dall'accusa: infatti, a seguito della depenalizzazione della detenzione per uso personale di sostanze stupefacenti in esito al referendum abrogativo di talune disposizioni del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 (D.P.R. 5 giugno 1993 n. 171), la destinazione allo spaccio costituisce un elemento costitutivo del reato di illecita detenzione di droga e, come tale, deve ovviamente essere provata dall’accusa, non potendo farsi carico all'imputato di provare la destinazione a uso personale della sostanza di cui e stato trovato in possesso (cfr. tra le altre, Cass. pen., sez. VI, 29/04/2003, n. 26709, Pezzella). Ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 73 d.P.R. n. 309/90, dunque, non è l'indagato a dover dimostrare l’uso personale della droga detenuta (così da potersi giovare della "sole" sanzioni amministrative previste dall’art. 75 dello stesso d.P.R.); è invece l’accusa, secondo i principi generali, a dover dimostrare la detenzione della droga per uso diverso da quello personale (cfr. da ultimo, Cass. Pen. Sez. 4, 4-6-2004 n. 36755, Vidonis; Cass. Pen. Sez. 6, 22-9-2003, Pommella). La valutazione in ordine alla destinazione della droga (se al fine dell’uso personale - penalmente irrilevante - o della cessione a terzi - penalmente rilevante) è effettuata dal giudice secondo parametri come: la quantità, la qualità e la composizione della sostanza , anche in rapporto al reddito del detentore e del suo nucleo familiare nonché la disponibilità di attrezzature per la pesatura o il confezionamento della sostanza oltre che sulla base delle concrete circostanze del caso (cfr. tra le altre, Cass. pen., sez. VI, 19/04/2000, n.6282, D'Incontro). La destinazione della droga al fine di spaccio, quindi, è argomentata anche facendo esclusivamente riferimento ad elementi asseritamente "oggettivi univoci e significativi" (anche senza dichiarazioni di terze persone) come il quantitativo della droga sequestrata, il rinvenimento dello strumentario che lo spacciatore tipicamente utilizza per il confezionamento delle dosi (bilancino, etc.), la ripartizione in dosi singole pronte per la distribuzione, le modalità di detenzione della droga (cfr. ex pluribus, Cass., Sez. VI, 1-4-2003, Grisolia). Cercando di spiegare i singoli elementi (chiamati indiziari perchè costituiscono indizio di un reato): 1. Quantità Maggiore è il peso (lordo) maggiore è la "presunzione" che la sostanza stupefacente sia detenuta ai fini di spaccio (almeno parziale), anche se il solo superamento del cd. peso soglia non comporta di per sè la sussistenza del reato. Sostanza ripartita in diverse "pesature" (es. 3 pezzi da un grammo, e ciò perchè è indice di un confezionamento per la vendita, cfr. sotto) 2. Qualità e la composizione della sostanza, disponibilità di materiale da taglio Maggiore è la purezza / qualità della sostanza stupefacente (percentuale di principio attivo) più si suppone che il detentore sia spacciatore e non consumatore. Se trovano più sostanze (cocaina e hashish, ma anche marijuana e hashish), è un indizio per la destinazione a terzi (perchè la giurisprudenza nega in genere la possibilità di un cd. poliuso). E' evidente che se viene trovata anche sostanza da taglio (es mannite), la destinazione a terzi della sostanza è praticamente provata (il consumatore infatti non talgierà mai la sostanza che vuole consumare). 3. Reddito del detentore e del suo nucleo familiare Se viene ritrovata sostanza stupefacente nella disponibilità di chi si dichiara consumatore, l'interessato deve poter provare di avere reddito lecito sufficiente per potersi pagare il consumo. Se il consumatore infatti non ha lavoro ma in sede di perquisizione viene trovata sostanza stupefacente, la giurisprudenza presume lo spaccio per pagare con il ricavato le dosi che vengono consumate. La presenza di soldi contanti è altro indizio (forte) di spaccio. 4. Bilancino (disponibilità di attrezzature per la pesatura) o il confezionamento della sostanza Il ritrovamento di un bilancino e sacchetti di nylon, magari tagliati, o scatoline, sacchettini con la zip, bustine (es. quelle trasparenti delle sigarette), .. 5. Altre concrete circostanze del caso Trovato in possesso di stupefacente divisa in dosi, in locale pubblico o luogo pubblico frequentato da giovani tossicodipendenti. COLTIVAZIONE PER USO PERSONALE (COLTIVAZIONE DOMESTICA) La coltivazione di marijuana (anche di una sola piantina sul balcone di casa) è considerata sempre reato a condizioni che la pianta possieda una efficacia drogante anche minima. (Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 51497/13; depositata il 19 dicembre) La coltivazione di piante da cui sono estraibili sostanze stupefacenti è penalmente rilevante ai sensi degli artt. 26 e 28, D.P.R. n. 309/1990, a prescindere dalla distinzione tra coltivazione tecnico agraria e coltivazione domestica, posto che l’attività in sé, in difetto delle prescritte autorizzazioni, è da ritenere potenzialmente diffusiva della droga. Irrilevante deve considerarsi, inoltre, ogni richiamo al valore minimo del principio attivo ricavabile dalle piante stesse allorquando non di una singola piantina si tratti, ma della coltivazione in serra, sia pure rudimentale, di una pluralità... Sentenza della Cassazione Penale Sez. IV, sent. n. 40295 del 17-10-2006 (ud. del 17-10-2006), Q.C. (rv. 235425) In tema di stupefacenti, alla coltivazione di piante da cui possono ricavarsi sostanze stupefacenti non si applica l'art.75 d.P.R. 9 ottobre 1990, bensì l'articolo 73 dello stesso d.P.R., essendo irrilevante, ai fini della declaratoria di responsabilità penale, la destinazione ad uso personale della coltivazione, nonché la modesta estensione di quest'ultima. Solo l'assenza o insufficienza di effetto drogante della sostanza coltivata consente di escludere l'offensività della condotta, configurandosi così il reato impossibile previsto dall'articolo 49 cod.pen.. (Nella specie, la Corte ha osservato che le modifiche introdotte con la legge 21 febbraio 2006 n. 49 non hanno inciso sulla disciplina relativa alla "coltivazione" di stupefacenti). CONSUMO DI GRUPPO DI SOSTANZA STUPEFACENTE In tema di consumo di gruppo di sostanza stupefacente, "occorre che la sostanza sia stata acquistata da uno dei componenti il gruppo su preventivo mandato degli altri, in vista della futura ripartizione, ed attraverso una partecipazione di tutti alla predisposizione dei mezzi finanziari occorrenti, di talchè possa affermarsi che l'acquirente agisca come longa manus degli altri e che il successivo frazionamento della sostanza acquisita sia solo una operazione materiale di divisione senza trasferimento dall'uno all'altro di valore". E' stato, ancora, affermato che "la condotta di un soggetto acquirente di sostanze stupefacenti può ritenersi non punibile, perchè finalizzata al consumo di gruppo, solo quando possa accertarsi che gli altri componenti del gruppo abbiano avuto, fin dall'origine - e cioè fin dal momento dell'acquisto - quell'autonomo potere di fatto sulla cosa in cui si sostanzia la detenzione, con la conseguenza che, in mancanza, l'acquirente deve considerarsi l'unico originario detentore e che la successiva consegna si configura come una cessione principale. La sentenza della Cassazione penale , sez. IV, sentenza 29.01.2013 n° 4560 sancisce la non punibilità dell'uso comunitario, sia nella forma del mandato all'acquisto che in quella dell'acquisto in comune, riconducendosi entrambi le fattispecie all'uso di gruppo e quindi all'uso personale (tra le altre, Cass. Sez. 6, sent. n. 17396 del 27.2.2012, Bove, rv. 252499). Orbene, anche ad accedere a quest'ultima tesi, occorre pur sempre che l'acquirente-mandatario, il quale opera materialmente (o conclude) le trattative di acquisto, sia anche lui uno degli assuntori; che sia certa sin dall'inizio l'identità dei componenti il gruppo, nonchè manifesta la comune e condivisa volontà di procurarsi la sostanza destinata al paritario consumo personale e si sia del pari raggiunta un'intesa in ordine al luogo ed ai tempi del relativo consumo; che gli effetti dell'acquisizione traslino direttamente in capo agli interessati, senza passaggi mediati" (Cass. 17396/2012, cit). Pertanto per quanto precede il consumo di gruppo non è punibile penalmente solo se ricorrono le sottonotate condizioni: coinvolga anche il mandatario deputato alla ricezione materiale dello stupefacente; nella esatta identificazione ab origine di tutti coloro che compongono il gruppo; nella comprovata volontà di procurarsi lo stupefacente, destinata ad un uso personale di ciascuno dei sodali; nella circostanza che non si verifichino passaggi intermedi che possano interessare lo stupefacente acquistato.