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Da un “banale” scompenso cardiaco a una repentina insufficienza

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Da un “banale” scompenso cardiaco a una repentina insufficienza
caso clinico
Da un “banale” scompenso
cardiaco a una repentina
insufficienza renale acuta:
il problema era nel sangue
Eleonora Spaggiari, Maria Sole Simonini, Francesca Franco,
Fabrizio Boni, Giuseppe Chesi
Dipartimento di Medicina Interna, Ospedale “C. Magati” Scandiano, AUSL di Reggio Emilia
IL CASO CLINICO
Come interpretare questi dati? Quale l’ipotesi
diagnostica più probabile?
Data la sostanziale negatività del D-dimero e della troponina I, la diagnosi più probabile sembra
essere quella di uno scompenso cardiaco e pertanto la paziente viene trattata, per le prime 24
ore, con infusione endovenosa di nitroderivati e
furosemide; successivamente la medesima terapia
viene somministrata per via orale, aggiungendo
Anno X n. 3 giugno 2010 - Decidere in Medicina 15
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La signora R.B., di anni 74, giunge alla nostra attenzione, nell’agosto 2008, riferendo comparsa di
dispnea ingravescente, con ortopnea obbligata,
accompagnata da astenia e sensazione gravativa
in sede retrosternale.
L’anamnesi patologica remota risulta sostanzialmente muta, fatta eccezione per la presenza di
ipertensione arteriosa in trattamento con atenololo e clortalidone, con soddisfacente controllo.
All’ingresso la paziente si presenta visibilmente
dispnoica e tachipnoica. L’EO non risulta sostanzialmente dirimente, rilevando la presenza di
rantoli prevalentemente ai campi medio-basali
di sinistra. Agli esami bioumorali dell’ingresso si
riscontra lieve anemia (Hb 12,1 g/dl), lieve leucocitosi (WBC 11.090/ul), urea 32,3 mg/dl, creatininemia 1,12 mg/dl (filtrato glomerulare 61 ml/min),
LDH 687 U/l, protidemia totale pari a 6 g/dl, troponina I negativa, D-dimero 554 ng/ml, proBNP
4558 pg/ml. All’EGA si riscontra alcalosi respiratoria (pH 7,5, pO2 67 mmHg, pCO2 31 mmHg, HCO326 mmol/l).
All’ECG si rileva la presenza di aspecifiche alterazioni della ripolarizzazione prevalenti nelle
precordiali di destra, mentre alla radiografia del
torace emerge una lieve ridistribuzione biapicale
del flusso vascolare.
un Ace-inibitore (ramipril) e un antiaggregante
(acido acetilsalicilico 160 mg).
Inizialmente si osserva un discreto miglioramento
della dispnea, con scomparsa del dolore precordiale, pur persistendo marcata astenia.
Nelle ore successive si assiste a un calo significativo dei valori pressori (la pressione arteriosa sistolica scende a 100 mmHg e anche oltre). A distanza
di 36 ore dall’ingresso vengono controllati i principali esami bioumorali, con riscontro di modesta
anemizzazione (Hb 10,8 g/dl), peggioramento
della funzione renale (creatininemia 2,29 mg/dl),
LDH 630 UI/l, uricemia 8,7 mg/dl e all’elettroforesi
sierica delle proteine riscontro di ipogammaglobulinemia (albumina 58%, alfa1 globuline 4,7%,
alfa2 globuline 17%, gamma globuline 7,2%). La
troponina rimane sempre negativa. Esegue anche
un ecocardiogramma, che mostra una cinetica
globale conservata (FE 55%), camere cardiache
non dilatate, moderata insufficienza mitralica,
lieve insufficienza polmonare, sclerosi aortica lieve, pattern diastolico di tipo restrittivo.
Questi dati fanno propendere per uno scompenso
di tipo diastolico. La paziente tuttavia continua a
presentare marcata astenia, valori pressori molto
bassi (la pressione arteriosa sistolica rimane intorno a 80-90 mmHg), e dalla terza giornata compare anche nausea e una certa sensazione gravativa
in sede epigastrica con inappetenza. La situazione sembra evolvere in maniera inesorabile e, a
fronte di una relativa stabilità dal punto di vista
soggettivo (la paziente riferisce infatti miglioramento della sintomatologia, con scomparsa della
nausea dopo l’introduzione in terapia dell’aloperidolo a basso dosaggio), in sesta giornata compaiono oligo-anuria e accentuazione dei segni di
congestione polmonare.
I nuovi esami bioumorali mostrano un netto peggioramento della funzione renale (creatininemia
9,57 mg/dl, con un filtrato glomerulare pari a 5
ml/min).
caso clinico
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Quali i potenziali meccanismi dell’ira?
Viene eseguita ecografia renale che non evidenzia aspetti compatibili con una nefropatia cronica
e, pur con i limiti della metodica, non documenta
la presenza di stenosi bilaterale delle arterie renali. Tra le varie ipotesi (Tabella 1) viene preso in
considerazione il trattamento con ACE-inibitore,
che era stato iniziato proprio durante il ricovero.
L’IRA da ACE-inibitori non si verifica solamente in
caso di stenosi renale bilaterale, ma importanti
fattori di rischio per la comparsa di nefropatia sono rappresentati dall’associazione di ACE-inibitori con una contrazione del VEC (volume ematico
extracellulare), quale si verifica in corso di terapia
diuretica e per il concomitante uso di FANS. Nel
caso specifico, la paziente presentava all’ingresso
un valore di filtrato glomerulare (calcolato secondo la formula di C-G) già ridotto, era stata eseguita terapia diuretica anche per via endovenosa
ed era stata intrapresa terapia con acido acetilsalicilico.
Nell’ipotesi di un’IRA prerenale da disidratazione, aggravata dalla terapia farmacologica (associazione Ace-inibitore/diuretico, Ace-inibitore/
FANS), vengono sospesi i farmaci in questione e
si inizia blanda idratazione ev. Il giorno successivo
la paziente presenta un netto peggioramento clinico, segni di scompenso cardiaco incipiente e ulteriore incremento della creatininemia (10,93 mg/
dl). Viene pertanto trasferita in Reparto di Nefrologia per sottoporsi a trattamento emodialitico.
L’ipotesi diagnostica spiega il decorso clinico
della paziente? Avreste eseguito altre indagini?
Gli accertamenti diagnostici intanto procedono.
Ci si accorge che un esame chimico-fisico delle urine, nonostante faccia parte degli esami di
routine, non era stato eseguito. All’esame urine
si riscontra elevata densità, in accordo all’oligoanuria, emoglobinuria con eritrocituria, ma con
rari cilindri e per lo più ialino-granulosi, proteinuria apparentemente importante dal punto di vista quantitativo. Tuttavia, trattandosi di paziente
anurica e cateterizzata, l’esame urine non è attendibile. Viene quindi scartata l’ipotesi della sindrome nefrosica, anche per l’assenza delle altre
condizioni che caratterizzano la sindrome nefrosica: ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa,
ipoalbuminemia ed edemi.
A uno striscio di sangue periferico si rileva la presenza di plasmacellule pari al 47% della formula,
non rilevabile nei precedenti controlli dell’emocromo.
Tab. 1Principali cause di IRA prerenale.
Ipovolemia vera
• Emorragie
• Da perdite idrosaline effettive (vomito,
diarrea, eccessiva terapia diuretica, abuso
di lassativi, sudorazione profusa, drenaggi,
ustioni, diuresi osmotica)
Ipoperfusione renale
• Cause emodinamiche renali (uso di
FANS, ACE-inibitori, aneurisma dell’aorta
addominale, stenosi/occlusione dell’arteria
renale, sindrome epato-renale)
• Cause emodinamiche sistemiche (ipotensione
arteriosa, ridotta gittata cardiaca, shock
cardiogeno, vasodilatazione periferica)
Stati di edema
• Insufficienza cardiaca
• Cirrosi epatica
• Sindrome nefrosica
ponente monoclonale sierica a tipo catene leggere l e, ancor più, di una importante escrezione
della componente monoclonale nelle urine.
A questo punto si esegue una biopsia osteomidollare che documenta una massiva infiltrazione plasmacellulare a livello del midollo osseo (70-80%)
(Figura 1).
Viene pertanto posta diagnosi di mieloma micromolecolare, una patologia caratterizzata da una
espansione clonale di plasmacellule, che risultano
in realtà difettose e pertanto non riescono a secernere Ig monoclonali. Tale patologia è frequentemente complicata, già dalle fasi iniziali, da un
quadro di insufficienza renale.
Da segnalare inoltre marcato incremento della b2-microglobulina (35,7 UI/l) e una ipogammaglo-
Plasmacellule nello striscio di sangue periferico: quale significato? Esiste un collegamento
con l’ira?
Le ulteriori indagini diagnostiche si orientano
pertanto verso una patologia ematologica e da
esse viene la conferma della presenza di una com18 Decidere in Medicina - Anno X n. 3 giugno 2010
Fig. 1 Striscio di midollo osseo, con evidenza
di elevato numero di plasmacellule.
caso clinico
Fig. 2 Tracciato elettroforetico della paziente, con evidenza di ipogammaglobulinemia.
L’EVIDENZA
Il mieloma multiplo (MM) è una malattia tumorale a elettiva localizzazione nel midollo osseo,
caratterizzata dalla proliferazione di un singolo
clone di plasmacellule, in grado di produrre nella
maggior parte dei casi elevate quantità di un’im-
munoglobulina (componente monoclonale) rilevabile all’elettroforesi sierica e/o urinaria. Raramente può trattarsi di casi non secernenti.
Eziologia
L’eziologia è sconosciuta. Tra le concause più
accreditate vengono riconosciute l’esposizione
a radiazioni ionizzanti (radiologi o tecnici di radiologia, aree colpite da esplosioni nucleari) o
a sostanze chimiche (asbesto, benzene, lucite),
una predisposizione familiare, una stimolazione
antigenica protratta. L’incidenza è intorno a 2-4
casi/100.000 persone all’anno e aumenta con l’aumentare dell’età (l’età media alla diagnosi è di 67
anni). In aumento, anche se ancora rari, i casi a
esordio giovanile. Colpisce ambo i sessi in egual
misura. Nelle statistiche statunitensi risulta che la
prevalenza è superiore nella razza nera rispetto a
quella caucasica.
Tab. 2Condizioni cliniche associate a ipogammaglobulinemia.
Immunodeficienza comune variabile
Indotte da farmaci: corticosteroidi, carbamazepina ecc.
Disordini genetici
Anomalie cromosomiche: trisomia 21
Malattie infettive: HIV, altre malattie virali
Neoplasie: leucemia linfatica cronica, linfoma, mieloma, ipogammaglobulinemia con timoma (s. di God)
Malattie sistemiche: immunodeficienza da eccessiva perdita di immunoglobuline (ustioni, s. nefrosica,
linfangectasia, diarrea grave)
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bulinemia con riduzione delle varie sottopopolazioni di Ig (Figura 2), che era sfuggita alla prima
osservazione, ma che in presenza di insufficienza
renale progressiva dovrebbe sempre far sospettare una patologia ematologica, quale il mieloma
micromolecolare. Nella Tabella 2 vengono riportate le principali cause di ipogammaglobulinemia; importante è tenere in considerazione anche
le cause meno ovvie e non sottovalutare il riscontro occasionale di tale reperto di laboratorio.
caso clinico
Sintomatologia
Diagnosi
I sintomi caratteristici sono quelli legati all’infiltrazione di organi e tessuti a opera delle cellule
neoplastiche e all’eccessiva produzione di immunoglobuline monoclonali. Le principali manifestazioni sono rappresentate da:
• dolori ossei, soprattutto a carico dello scheletro assile;
• infezioni (20% dei pazienti) per deficit dell’immunità umorale e in un secondo momento
dell’immunità cellulare conseguente all’infiltrazione midollare;
• insufficienza renale (30% dei pazienti) a lenta
evoluzione;
• sindrome da iperviscosità (5-10% dei pazienti),
legata alla presenza nel sangue dell’immunoglobulina abnorme.
Meno frequenti risultano: alterazioni dell’emostasi (accentuata tendenza al sanguinamento),
manifestazioni neurologiche (disturbi del sensorio, dolori nevritici, deficit motori e sensitivi secondari a compressioni radicolari), amiloidosi (5%
dei pazienti). Possibili sintomi da anemia e/o piastrinopenia1.
Di recente, i criteri per la diagnosi di mieloma sono stati revisionati nella stesura delle ultime linee
guida internazionali.
1. Plasmacellule midollari ≥ 10% e/o presenza di
plasmocitoma confermato istologicamente.
2. Presenza di componente monoclonale nel
siero e/o nelle urine (se non è rilevabile una
componente monoclonale – MM non secernente – è richiesta un’infiltrazione midollare
di almeno il 30% e/o un plasmocitoma dimostrato istologicamente).
3. Disfunzione d’organo correlata al MM (1 o
più):
[C] calcio elevato nel siero (calcemia >10,5
mg/l);
[R] insufficienza renale (creatininemia >2 mg/
dl);
[A] anemia (Hb < 10 g/dl);
[B] lesioni osteolitiche o osteoporosi.
La diagnosi viene formulata quando sussistono
contemporaneamente tutti i 3 criteri.
Allo stato attuale, il generale consenso della comunità scientifica è che un trattamento debba essere iniziato solo nei pazienti che abbiano un MM
sintomatico con danno d’organo.
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Percorso diagnostico
Le principali indagini diagnostiche sono rappresentate da:
• Esame obiettivo completo.
• Parametri di laboratorio: esame emocromocitometrico (anemia), funzione renale (creatininemia), elettroforesi delle siero-proteine
(componente monoclonale nel 90% dei casi,
soprattutto IgG, IgA meno frequentemente;
ipogammaglobulinemia). Nel 10% dei casi il
mieloma multiplo è di tipo micromolecolare,
quindi non si rileva la componente monoclonale all’elettroforesi sierica, ma solo all’elettroforesi urinaria. Altri esami da sangue periferico:
ipercalcemia (30%), iperuricemia (40%), aumento della viscosità plasmatica, LDH, b-2 microglobulina, proteinuria di Bence-Jones (70%).
• Immunofissazione sierica e urinaria: determinazione del tipo di componente monoclonale
e delle catene leggere eliminate nelle urine.
• Esami invasivi: aspirato di midollo osseo e
biopsia osteomidollare per:
1. esame citologico (plasmacellule > 10%);
2. esame istologico;
3. immunofenotipo (metodica meno specifica
delle altre ai fini diagnostici): CD 38+, Pca
1+, CD137+;
4. citogenetica (tradizionale e FISH): alterazioni presenti nel 30-50%dei casi. Le più
frequenti sono a carico del cromosoma
14: t(11;14), t(14;16), t(4;14), t(2;8), t(8;22),
inoltre monosomia 13, delezione q13, delezione 17p2.
• Esami strumentali: radiografia standard dello
scheletro in toto, eventualmente risonanza
magnetica, scintigrafia ossea meno sensibile
dei radiogrammi standard per la determinazione delle lesioni litiche. Studio TC, RM e PET
in alcuni casi selezionati3.
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Varianti cliniche
Mieloma micromolecolare (il caso della nostra
paziente): manca la componente monoclonale,
presente invece la proteinuria di Bence-Jones. Le
plasmacellule reagiscono solamente con antisieri
anticatene k o l.
Mieloma non secernente: le plasmacellule non
producono alcuna catena immunoglobulinica. La
diagnosi è possibile solamente con la determinazione dell’infiltrato plasmacellulare midollare. In
genere si osserva una riduzione marcata delle immunoglobuline policlonali.
Plasmocitoma solitario dell’osso o extramidollare: il midollo osseo non è coinvolto, la malattia
si localizza a livello di un solo segmento osseo o
un organo extramidollare (apparato respiratorio,
rene, intestino, organi linfatici), di norma il picco
monoclonale è modesto o assente.
Leucemia plasmacellulare (rara): plasmacellule
nel sangue periferico > 15% dei globuli bianchi.
Tale forma esordisce più frequentemente in età
giovanile4.
Stadiazione e prognosi
La classificazione secondo Durie e Salmon fu introdotta circa trent’anni fa e considerata un modello semplice e pratico per valutare la gravità
della malattia: in base a esso i pazienti vengono
suddivisi in tre diversi stadi in funzione del grado
di anemia, dei livelli di calcemia, presenza e numero di lesioni litiche, quantità della componente
monoclonale all’elettroforesi proteica.
Inoltre, all’interno dei vari stadi si distingue la
presenza (B) e l’assenza (A) di insufficienza renale
(Tabella 3).
Più recentemente è stato introdotto un nuovo
modello per la stadiazione del MM, definito In-
ternational Staging System (ISS), che sulla base di
due soli parametri bioumorali: la b2-microglobulina e l’albumina, suddivide i pazienti affetti da
MM in tre diverse categorie (Tabella 4). Rispetto
al precedente ha il vantaggio di essere maggiormente riproducibile, correla meglio con la prognosi, ma presenta alcuni limiti, il più importante dei quali è che non sempre riflette lo stato di
attività della malattia (nello stadio III della ISS è
compreso un gruppo eterogeneo di pazienti nei
quali la b2-microglobulina può essere elevata sia
per lo stato di progressione della malattia sia per
la presenza di insufficienza renale).
La maggior parte degli studi raccomanda l’impiego di entrambi i modelli per la valutazione
della prognosi, mentre nessuno dei due risulta
adeguato per la stratificazione del rischio tera-
Terapia
Negli ultimi anni il trattamento dei pazienti con
mieloma multiplo di nuova diagnosi è andato incontro a significativi cambiamenti, con notevole
miglioramento della sopravvivenza. Senza alcun
trattamento, la sopravvivenza media di un paziente con mieloma in fase di attività è di circa
6 mesi. Con l’impiego del trattamento combinato melphalan-prednisone (MP), la sopravvivenza
media sale a 3 anni. Ricorrendo alla chemioterapia ad alte dosi seguita dal trapianto di cellule
staminali emopoietiche (HSCT), la sopravvivenza
media sale a 5 anni. La terapia del mieloma multiplo comprende: la terapia specifica della malattia
e la terapia di supporto. Una delle principali considerazioni nella scelta del trattamento specifico è
la reale possibilità da parte del paziente di ricevere le alte dosi di chemioterapia (HDC) seguite dal
HSCT. Inoltre, fattori specifici legati alla malattia
(presenza o meno di lesioni osteolitiche, anemia e
danno renale) giocano un ruolo importante nella
decisione di intraprendere un trattamento specifico, che viene riservato, pertanto, solo alle forme
attive di malattia. Non ci sono infatti evidenze che
iniziando un trattamento definitivo in pazienti
con mieloma indolente o mieloma smoldering si
ottenga un miglioramento della sopravvivenza.
Esistono diversi schemi di terapia, ma in linea generale ci si orienta come segue:
• Pazienti di età inferiore a 65 anni, considerati
candidati al HSCT, vengono sottoposti a una
iniziale terapia di induzione con alte dosi di
desametasone, che non causa danni permanenti alle cellule staminali. In caso di buona
risposta il paziente viene successivamente sottoposto a polichemioterapia ad alte dosi, seguita da raccolta di cellule staminali periferiche circolanti e quindi all’autotrapianto.
• Pazienti di età superiore a 65 anni e in generale pazienti non candidati all’autotrapianto
vengono sottoposti a diverse combinazioni di
farmaci, tra cui chemioterapici, corticosteroidi,
Tab. 4International Staging System (ISS).
Stadio
Criteri
Mediana sopravvivenza (mesi)
I
b2-M <3,5 mg/l e albumina >3,5 g/l
b2-M <3,5 mg/l e albumina <3,5 g/l
oppure
3,5 <b2-M <5,5 mg/l
b2-M >5,5 mg/l
62
II
III
44
29
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Stadio I
Tutti i seguenti parametri:
- Hb >10 g/dl
- livelli sierici di calcio <12 mg/dl
- assenza di lesioni osteolitiche (Scala 0) o presenza di plasmocitoma solitario
- ridotta produzione di componente monoclonale
(IgG <5g/dl, IgA <3 g/dl, proteinuria di BenceJones <4 g/24 ore
Stadio II
Tutti i casi non compresi né nello stadio I né nello
stadio III
Stadio III
Uno o più dei seguenti parametri:
- Hb <8,5 g/dl
- livelli sierici di calcio >12 mg/dl
- plurime lesioni osteolitiche (Scala 3)
- elevata produzione di componente monoclonale
(IgG >7 g/dl, IgA >5 g/dl, proteinuria di BenceJones >12 g/24 ore)
Sottogruppi
A: funzione renale conservata (creatininemia <2
mg/dl)
B: compromissione della funzione renale (creatininemia ≥2 mg/dl)
peutico. Diversi altri parametri clinici e di laboratorio possono, infine, influenzare negativamente
la prognosi: età avanzata, insufficienza renale,
ipercalcemia, catene pesanti di tipo A, LDH >190
UI/l, indice di marcatura delle plasmacellule > %,
refrattarietà alla chemioterapia, anomalie cromosomiche [del 13q, 17p-, t(4,14), t(11;14), t(14;16),
monosomia del cromosoma 13]5.
caso clinico
Tab. 3Stadiazione secondo Durie-Salmon.
caso clinico
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agenti immunomodulanti. La combinazione
di melphalan, prednisone e talidomide (MPT)
si associa a un significativo aumento della risposta completa (CR) rispetto all’associazione
di melphalan e prednisone (MP) (CR pari al
15,5% per il MPT vs 2,4% per il MP). Alte dosi
di desametasone sono spesso usate nei pazienti più anziani, che non sono in grado di tollerare la talidomide o il melphalan.
• Il trattamento delle forme refrattarie o delle
riprese di malattia prevede l’impiego di diverse combinazioni dei nuovi farmaci tra cui bortezomib, talidomide e il suo derivato lenalidomide6.
La terapia di supporto prevede il trattamento
delle complicanze del mieloma tra cui l’ipercalcemia, le lesioni ossee, l’anemia, le infezioni e
il dolore. Molto importante, specie nei pazienti
con lesioni ossee, è la regolare somministrazione
di difosfonati, come il pamidronato (90 mg una
volta al mese) o lo zoledronato (4 mg in monosomministrazione mensile). Questi farmaci, oltre
ad arrestare il processo di riassorbimento osseo
(mediante down-regulation dell’attività degli
osteoclasti) sembrano possedere un’attività antitumorale specifica per le cellule mielomatose,
poiché inibiscono la produzione di IL-6, che gioca
un ruolo importante nella loro crescita. In base
alle evidenze cliniche, le attuali indicazioni consigliano di proseguire la terapia con difosfonati
per due anni7.
La paziente in questione è stata trattata con desametasone e bortezomib, raggiungendo la remissione completa.
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LA PRATICA
Il rene nelle gammopatie monoclonali
• L’elevata prevalenza della malattia in soggetti di età avanzata e il potenziale nefrotossico
o amiloidogenetico delle Ig patologiche rendono le gammopatie monoclonali un problema
nefrologico di crescente importanza. L’insufficienza renale è presente fino al 50% dei casi di
MM alla diagnosi e comprende numerosi quadri clinico-patologici, in relazione alle diverse
caratteristiche qualitative e quantitative della paraproteina, benché la maggior parte delle
lesioni renali derivi dall’iperproduzione di catene leggere (fatta eccezione per la nefropatia in
corso di ipercalcemia, la nefropatia da deposizione di catene pesanti, di Ig complete e più raramente da infiltrazione del clone plasma cellulare). Oltre alla nefrotossicità da paraproteine,
altri fattori possono essere riconosciuti all’origine di un rapido deterioramento della funzione
renale, tra questi: ipercalcemia, iperuricemia, disidratazione, esposizione a mezzi di contrasto
radiologici, la sindrome da iperviscosità, la produzione di citochine con effetti emodinamici
(interleuchina 6, a sua volta responsabile di elevato turnover osseo e quindi di ipercalcemia) e
infine l’impiego di farmaci potenzialmente nefrotossici tra cui FANS, ACE-inibitori, diuretici e
antibiotici.
• La classica patologia vascolare renale in corso di gammapatia monoclonale è costituita
dall’amiloidosi. Tale materiale deriva dalla deposizione e dal metabolismo locale da parte di
monociti/macrofagi di frammenti di gammaglobuline, variamente complessate ad altre componenti prevalentemente proteiche, a formare la cosiddetta “sostanza amiloide”.
• La tossicità tubulare è pressoché costante e si esplica prevalentemente con il classico quadro
della sindrome di Fanconi acquisita, con conseguente acidosi tubulare renale prossimale, glicosuria, aminoaciduria, ipokaliemia, ipofosfatemia, ipouricemia. Più raro il quadro di acidosi
tubulare distale. Il classico “rene da mieloma” si configura come una nefropatia cronica tubulo-interstiziale, caratterizzata da atrofia tubulare, fibrosi tubulo-interstiziale e dalla precipitazione di catene leggere unitamente alla proteina di Tamm-Horsfall (cast nephropathy).
• Le lesioni glomerulari sono espressione della reazione non infiammatoria alla deposizione delle paraproteine filtrate: infatti il mieloma multiplo e in particolare il mieloma micromolecolare possono produrre quadri di deposizione glomerulare di materiale fibrillare non amiloide
con proliferazione e sclerosi. Alla immunofluorescenza si osservano depositi di catene leggere
nel contesto mesangiale e nelle pareti capillari, in assenza di componenti del complemento.
La proliferazione e la sclerosi possono assumere aspetti di tipo lobulare, inducendo occasionalmente problemi di diagnosi differenziale con una glomerulonefrite mesangio-capillare.
Una glomerulo-nefrite rapidamente progressiva è stata descritta nel mieloma IgA e IgG8.
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