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Suad, bruciata viva perchè femmina
6 Domenica 25 Aprile 2004 n. 16 ATTUALITÀ il nostro tempo La drammatica testimonianza di una ragazza della Cisgiordania, atrocemente punita dal cognato perchè aveva concepito un figlio DIARIO Suad, bruciata viva perchè femmina DAVIDE PELANDA Suad, all’epoca dei fatti, è solo una ragazzina di diciotto anni che vive in Cisgiordania. Un giorno il cognato, nel cortile di casa, le versa un liquido freddo sulla testa. Suad non capisce e, senza accorgersi, si trasforma in pochi secondi in una palla di fuoco. «Corro scalza nell’orto, mi batto le mani sulla testa, grido. Sento sulla schiena la stoffa che vola via. Anche i vestiti sono in fiamme? In quell’odore di petrolio, corro, corro, ma i pantaloni m’impediscono di andare in fretta. Il terrore mi guida, d’istinto, lontano dal cortile, verso l’orto, perché non c’è altra via d’uscita». Perché è bruciata viva? Perché tutto questo? Perché la sua unica colpa è quella di essere nata INIZIATIVE femmina e di avere avuto un momento d’amore nei campi con un uomo. E di portarne il frutto nel suo grembo. Ma essere considerata da tutti, nel villaggio e nella sua famiglia, una charmuta, una prostituta. Tutto questo e la svolta della nuova vita europea segreta di Suad (che è solo uno pseudonimo) è raccontata nel libro «Bruciata viva-Vittima della legge degli uomini» (Piemme, pp. 250, 14,90 euro), tradotto dal francese grazie all’enorme sensibilità e determinatezza di chi l’ha aiutata ad uscirne, Jacqueline, volontaria dell’associazione «Terre des hommes». Con questo straordinario diario, che in Francia ha venduto oltre 300 mila copie ed è in via di tradu- zione in altri diciotto Paesi, la protagonista ha voluto fare opera di sensibilizzazione e denunciare come la condizione della donna nei Paesi arabi sia ancora difficile, come nascere e vivere femmina oggi sia essere senza nessun normale diritto, niente istruzione, trattate alla stregua di animali da soma, schiave di padri-padroni che ne dispongono come e quando vogliono. Affermando, come sia meglio nascere maschio, nelle loro culture, perché ha tutti i privilegi del mondo. Suad, dice lei stessa nel libro, è stata il quattordicesimo bambino che sua madre ha fatto nascere. Praticamente tutte femmine. Anche l’ultima, che Suad vede nascere in casa: «Sento le grida, quelle di mia madre e poi quelle della cre- atura appena nata. Immediatamente mia madre la prende e la soffoca dentro la pelle di pecora. È in ginocchio, vedo il bebé agitarsi lì sotto, poi più niente. Non so che cosa sia successo dopo, il neonato non c’è più e io sono terrorizzata e sbalordita». Da quel momento Suad capisce. Capisce fino in fondo che la sua vita di ragazzina, in quel piccolo villaggio cisgiordano, è in pericolo, che prima o poi, dopo essere stata più volte picchiata, presa per i capelli, sfruttata e lasciata a lavorare nei campi, con le pecore, presto arriverà anche la sua ora. E ne ha paura. Grazie a quell’angelo dell’associazione «Terre des hommes», Suad dopo il dramma del fuoco e con il corpo martoriato, riesce lo stesso miracolosamente a far nascere il bimbo che porta nel grembo, Maruan. «Ho partorito da sola. Non ti ho sentito perché ero tutta bruciata. Ti ho visto, eri tra le mie gambe, poi sei scomparso. Dopo un po’ di tempo, Jacqueli- ne è venuta a cercarti per portarti con me in aeroplano. Abbiamo passato nove mesi insieme, all’ospedale, e poi siamo stati dati in affido». In seguito Suad viene curata e viene portata in Europa, dove l’assistenza verso di lei e verso suo figlio è continua. La sua ricostruzione è sia fisica che psicologica. Ci sono voluti parecchi anni, superando tutte le paure. Anche di straniera che vuole raccontare, come testimonianza, il suo doloroso passato, con uno sforzo di memoria traumatico. Oggi Suad si è rifatta una vita nuova, ha un lavoro, è felicemente sposata e ha ben tre figli. Vive in una località segreta, partecipa alle presentazioni del suo libro a testimoniare. Ma in pubblico si presenta sempre con il volto coperto da una maschera per non farsi riconoscere. «Jacqueline mi ha chiesto di portare la mia testimonianza», racconta. «Ha aspettato che ne fossi psicologicamente in grado, dopo la depressione che mi aveva colpita all’improvviso, quando già ero riuscita a costruirmi una vita normale, a integrarmi nel mio nuovo Paese con un lavoro, un marito, due figlie, la sicurezza. Stavo meglio, ma mi sentivo ancora fragile davanti a quel pubblico di donne europee. Avrei dovuto parlare di un mondo completamente diverso, di una crudeltà inspiegabile. Ho raccontato la mia storia seduta su un palco, davanti a un tavolino con un microfono. Jacqueline era accanto a me. Mi sono fatta coraggio e ho «Corro scalza nell’orto, mi batto le mani sulla testa. I vestiti sono in fiamme» Il riscatto passa attraverso il lavoro Parità uomo e donna troppo spesso negata SARAH TAVELLA Facce di una medaglia su cui nessuno punta mai. Puzzle incompleti. Le donne in molti Paesi del mondo rappresentano ancora un emisfero a sé. Una carovana di visi e voci diverse che viaggia parallela all’evolversi della società. Quasi l’altra metà del cielo ancora da scoprire. Dal lavoro alla politica, dalla cultura all’economia è sporadica la presenza femminile. Paradossalmente diventa forte quando si stimano le cifre sulla povertà, le morti precoci, gli abusi. Numeri che testimoniano quanto la parità tra uomo e donna sia troppo spesso negata. Eppure è indiscutibile come la democrazia più vera passi attraverso la partecipazione femminile alla vita sociale. In questa direzione si stanno muovendo ultimamente molti governi che puntano sulla formazione delle donne, ma è ancora troppo labile la progettazione in quei Paesi dove mancano regole democratiche e cultura di base. A fare da spartiacque, nel delicato gioco delle parti, si inseriscono gli organismi internazionali e le organizzazioni non governative, che rivestono un ruolo determinante nel favorire il progresso, l’indipendenza e la libertà femminile, proponendo metodi e pratiche replicabili da un contesto all’altro. Proprio la parità di diritti tra i sessi è tra gli obiettivi perseguiti dalla Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, adottata dai Paesi membri quattro anni fa. «L’affermazione delle donne passa innanzitutto attraverso il lavoro», ha sostenuto Linda Wirth, direttrice dell’ufficio Pari Opportunità dell’Oil di Ginevra, intervenuta ad Expoelette, il Salone internazionale sulla presenza femminile nei luoghi decisionali tenutosi di recente a Torino, «per questo ci impegniamo a promuoverne l’inserimento nel panorama occupazionale». La strada verso un cambiamento, però, è ancora lunga da percorrere. «Sono da poco tornata dall’Iran, dove ho partecipato ad una tavola rotonda», ha detto, «le donne denunciavano di faticare a trovare un impiego pur rappresentando il 53 per cento dei laureati. Solo adesso il governo sta prendendo coscienza della situazione». Per incentivare l’imprenditorialità femminile l’Organizzazione internazionale del lavoro ha avviato campagne di sensibilizzazione a livello locale, corsi di formazione, programmi specifici, controlli sulle leggi. Garantire autosufficienza tramite l’occupazione è anche l’obiettivo perseguito dalla Fao che nei Paesi in via di sviluppo si adopera per far riconoscere alle donne l’inserimento nel settore agricolo. «Abbiamo approvato nel 1993 un piano d’azione “Genere e Sviluppo”», ha sostenuto Ilaria Sisto, funzionaria per la formazione del Servizio Pari Opportunità e Sviluppo della Fao, «che mira a promuovere l’uguaglianza tra uomo e donna per l’accesso al cibo, alla gestione delle risorse naturali, alle politiche decisionali in ambito agricolo e alle opportunità di impiego nell’azienda rurale». Sono diverse le iniziative portate avanti in questi anni e anche con buoni risultati. In Nicaragua, ad esempio, dopo due anni di sforzi, è stato riconosciuto alle donne il diritto alla terra e concesso loro il 20 per cento dei campi coltivabili. In Africa, Vicino Oriente ed Europa è attivo il «progetto Dimitra», finalizzato a facilitare la comunicazione femminile e lo scambio di informazioni tramite seminari ed incontri che mettono a confronto le varie esperienze. Altro tema caro alla Fao è la gestione dell’acqua, La lotta per i diritti delle donne nel mondo è al centro di numerose iniziative internazionali e di campagne di sensibilizzazione. A fianco, una mamma africana con il proprio bambino. Qui sotto, il direttore generale dell’Unesco, Koichiro Matsuura. In alto a sinistra, accanto al titolo, le precarie condizioni di vita di una famiglia del Terzo mondo e, a destra, la copertina del libro che racconta la drammatica vicenda di Suad rivissuto tutto fin dall’inizio». La maggior parte delle persone non sa niente dei delitti d’onore, perché le donne sopravvissute sono poche al mondo e, per ragioni di sicurezza, non si espongono. Eppure, secondo le stime dell’Onu, ogni anno almeno 5 mila donne di ogni età vengono condannate a morte. Anche se la gente comune non lo sa. Suad, rimanendo nel più rigoroso anonimato, ha accettato di testimoniare, anche a costo di apparire per qualcuno non credibile. «Una volta una donna tra il pubblico si è alzata e ha mesI PROBLEMI so in dubbio le mie parole», ha ricordato. «In piedi, davanti a tutte quelle persone mi sono slacciata la camicetta. Sotto avevo una maglietta scollata con le maniche corte. Ho mostrato le braccia e la schiena. La siE DONNE sono la mag- tilazione dei genitali, diffugnora che mi aveva fatto gioranza tra coloro che sa in Africa, Egitto e presla domanda si è messa a vivono con meno di due so alcune minoranze etnipiangere. E i pochi uomini presenti erano a disa- dollari al giorno. Sono il 63 che in Yemen, Oman, Iran gio: provavano pena per per cento del totale degli e Indonesia. È una barbaanalfabeti nel mondo. So- ra usanza considerata da me». no i due terzi dei quaranta questi popoli come mezzo milioni di rifugiati. Due mi- necessario per tutelare la lioni di donne, ogni anno, verginità femminile in vista contraggono il virus dell’hiv del matrimonio. Già vietata e altrettante vengono co- dalla Convenzione internastrette a prostituirsi fin da zionale sui diritti dell’infanbambine. In 130 milioni su- zia del 1989, la mutilaziobiscono mutilazioni dei ge- ne è al centro di una battanitali, oltre 580 mila muo- glia che da oltre vent’anni iono di parto. coinvolge un crescente nuCifre agghiaccianti, che mero di organizzazioni tra aprono scenari complessi e cui l’Unicef e la Commisfanno riflettere. I mali del sione europea. secolo: miseria, mancanza Sono soltanto esempi tra di scolarizzazione, violenza i tanti che aiutano a comfisica e psicologica. Ad es- prendere quali siano le dusere minata in molti Paesi re condizioni in cui si troin via di sviluppo è soprat- vano quotidianamente a vitutto la salute. A rischio vere numerose donne da della vita. Nel Terzo Mondo una parte all’altra del glole donne hanno fino a sei- bo. Esempi estranei alla nocento probabilità in più di stra cultura, che pure premorire per ragioni legate senta in fatto di pari opporalla gravidanza. Solamen- tunità delle zone d’ombra. te il 53 per cento dei parti Nel Parlamento europeo le beneficia dell’assistenza di donne sono il 31 per cento, un’ostetrica. Un quinto del- nella Commissione eurole malattie è legato al sesso pea soltanto cinque su vene alla riproduzione. Oltre ti membri, nel Senato itala metà delle ragazze africa- liano rappresentano l’8 per ne non conosce alcun me- cento e l’11,3 per cento altodo per proteggersi dal vi- la Camera. Non così rosea rus hiv. Dare alle donne pa- nel nostro Paese è anche rità di diritti significa anche la condizione lavorativa. Il consentire loro di instaura- tasso di occupazione femre un corretto rapporto con minile si attesta al 43,1 per il proprio corpo e un conse- cento, appena oltre i due guente approccio alla ses- terzi dell’obiettivo indicato sualità attento e consape- dall’Europa e mediamente, vole. nelle stesse posizioni proProprio l’accesso univer- fessionali, le donne guadasale ai servizi per la salute gnano il 20-30 per cento in riproduttiva è uno dei prin- meno rispetto ai loro collecipali obiettivi da perse- ghi uomini. guire entro il 2015, stabiCerto si intravedono seliti nella Conferenza mon- gnali positivi, come l’audiale delle Nazioni Unite del mento dell’imprenditoria 1994. Un processo artico- femminile che è raddoppialato che passa attraverso ta negli ultimi dieci anni, il diritto alla pianificazione ma si deve fare di più. «È familiare, a una maternità necessario favorire l’ingressenza rischi e alla protezio- so delle donne nel mercato ne dalle infezioni quali l’Ai- del lavoro in modo dinads, avviato da anni ma di mico, evoluto e moderno», non facile attuazione. Non ha dichiarato recentementutti i governi, infatti, in- te il ministro per le pari L’oppressione del burqa in cludono nel piano di spesa opportunità Stefania PreAfghanistan: la vera questo servizio sanitario. In stigiacomo, «e incentivare democrazia, nel mondo, passa molti Paesi manca addirit- al tempo stesso le politiche anche attraverso la tura l’informazione di ba- della famiglia. Il nostro impartecipazione femminile se. pegno è far sì che la parità alla vita sociale Un’altra scommessa dif- tra i sessi diventi il cardine ficile da vincere è quella di una società realmente contro la pratica della mu- democratica». [s.tav.] Violenze, miseria e rischio malattie L In Iran il 53% dei laureati sono donne, ma faticano a trovare un lavoro bene prezioso per l’umanità. «Sono stati formati in Africa ed Asia sessantasette specialisti», ha detto a Torino la Sisto, «incaricati di pianificare e salvaguardare questa risorsa così scarsa in quei Paesi. La tutela dell’acqua è fondamentale per la sicurezza alimentare». Una delle più recenti campagne di sensibilizzazione sulla condizione femminile è «Donne/vite da salvare» promossa dall’Aidos lo scorso gennaio con il contributo dell’Unione europea. Si articola in diversi piani di intervento: lotta alla pratica della mutilazione dei genitali in Africa e salvaguardia dei diritti riproduttivi, istruzione delle bambine e prevenzione del lavoro minorile, creazione di imprese e centri di documentazione. Settori in cui si è concentrata fortemente l’attenzione dell’Associazione italiana donne per lo sviluppo, nata a Roma nel 1981 e operante in numerosi Stati, dalla Tanzania all’India, dallo Yemen alla Romania. «L’intento è fornire gli strumenti per essere autonome e riconosciute come motore attivo della società», ha chiarito la presidente Daniela Colombo, «con questo spirito abbiamo istituito consultori in Nepal, Venezuela e Palestina, centri per la salute riproduttiva in Burkina Faso e Giordania, sportelli per i servizi alle imprese femminili in Siria, borse di studio per la scolarizzazione delle bambine afgane in Pakistan». Sulla scia aperta da questi spiragli occorre procedere guardando alla donna come risorsa indispensabile anche agli occhi di un uomo perché «l’eguaglianza», ha sottolineato il direttore generale dell’Unesco, Koichiro Matsuura, «non dovrebbe essere vista come una questione che interessa esclusivamente le donne». È questa la sfida del nuovo millennio. VITTORIO CHIARI LA DONNA NEL CUORE DEL VANGELO pagg. 212 - € 12,90 ITLspa20124 Milano Via A.da Recanate,1 Tel. 02671316.1 - Fax 0266984388