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Il ritorno dell`Asia nella cultura mondiale
focusASIA no.7, APRILE 2011 Il ritorno dell’Asia nella cultura mondiale di Urs Schoettli Recentemente mi sono recato in visita a Pechino in occasione di un viaggio di lavoro. Per l’unica serata libera, i nostri ospiti cinesi avevano prenotato un concerto di musica da camera occidentale di musicisti europei nel grandioso Teatro nazionale, progettato dal celebre architetto francese Paul Andreu. Era evidente il loro orgoglio mentre ci accompagnavano in visita all’edificio, che, per inciso, da qualche settimana ha acquisito un temibile «concorrente»: il nuovo teatro di Guangzhou (nel sud della Cina), capolavoro architettonico dell’irachena Zaha Hadid. Quella sera, oltre al concerto di musica da camera, era in programma anche la tradizionale Opera di Pechino. Naturalmente noi avremmo preferito assistere a questo spettacolo, con tutto il suo tripudio di musiche e colori, anziché a una rappresentazione occidentale un tantino anemica, ma di fronte a tale dimostrazione di orgoglio dei cinesi per il loro cosmopolitismo non abbiamo osato suggerire un cambiamento di programma. I nostri amici cinesi, come il pubblico presente al concerto, volevano dar prova della loro approfondita conoscenza in materia di musica occidentale. Un dettaglio sorprendente: molte famiglie avevano portato i bambini – chissà se fra di loro c’erano delle future Anne-Sophie Mutter! Una breve rassegna storica evidenzia come questo fenomeno sia del tutto recente. Isolamento e decadenza Tutte le grandi civiltà asiatiche hanno un’arte originale, per lo più di antichissime origini, che spazia da imponenti opere architettoniche a capolavori letterari sopravvissuti ai secoli o persino ai millenni e in grado ancora oggi di suscitare il nostro entusiasmo. A titolo di esempio, basti pensare alla favolosa collezione di miniature indiane dei tempi della dinastia Moghul, esposte nel Victoria and Albert Museum di Londra per la delizia dei visitatori. Questi manufatti contraddicono ogni menzogna di coloro che intendono ridurre l’arte islamica a immagini e dipinti con motivi astratti, in cui è totalmente assente la rappresentazione fi gurata. I grandi imperatori Moghul ospitavano vere e proprie scuole di pittura nei loro sfarzosi palazzi a Lahore, Agra e Delhi. Di quell’epoca è rimasta, tra l’altro, una miniatura sulla quale si può vedere un calice di vino. La Persia, che secondo gli storici al vino ha dato i natali, esercitava una forte influenza. Era lì, nel paese in cui oggi gli ayatollah puniscono il consumo di alcol, che le corti indiane acquistavano i loro vini migliori. Tempora mutantur, i tempi cambiano. In quest’ultimo ventennio, l’Asia ha iniziato a spostarsi nuovamente verso il centro dell’economia mondiale e della geopolitica. In precedenza, tuttavia, per circa duecento anni, aveva attraversato un’epoca di decadenza dovuta a fattori sia interni che esterni al continente. Un evento singolare della recente storia mondiale è che tra il XVIII e il XIX secolo circa le due più importanti aree culturali dell’Asia, l’India e la Cina, furono soggette contemporaneamente a un periodo di declino. Ne conseguì non soltanto la loro emarginazione economica e nello scacchiere internazionale ma anche una decadenza culturale. Forse è il caso di dire, come recita un antico detto, «chi troppo in alto sale cade sovente precipitevolissimevolmente»... Ad ogni buon conto, non solo la decadenza ma anche l’isolamento fecero sì che, nel XIX secolo e per la maggior parte del XX secolo, l’Asia perse sempre più terreno nei confronti dell’Occidente. La rinascita della civiltà asiatica dopo secoli di isolamento e decadenza Per lungo tempo, gran parte dell’Estremo Oriente è rimasto immobile in un tradizionalismo impenetrabile che ha precluso ogni trasformazione. Un’eccezione è rappresentata dal Giappone, che a seguito della restaurazione Meiji si aprì al mondo esterno av viando un processo di modernizzazione UNA PUBBLICAZIONE DI WEGELIN & CO. BANCHIERI PRIVATI Dropping a Han-Dynasty Urn (Lasciando cadere un’urna della dinastia Han), 1995, Triptychon, © Ai Weiwei L’Europa ha ignorato a lungo i tesori culturali dell’Asia. Anche l’Europa compì notevoli passi avanti in questo periodo: la musica e la pittura del XVIII e XIX secolo sono caratterizzate da un grande impulso innovativo. Per i colonizzatori, gli avventurieri e gli esperti occidentali, l‘arte contemporanea in Cina e in India era irrilevante. I musei di Parigi, Londra e Berlino approfittarono del diffuso disinteresse per riempire i loro padiglioni asiatici di capolavori di valore inestimabile. Ci sono tuttavia alcune eccezioni: in India, nel XIX secolo, degli studiosi come l’indologo tedesco Max Müller e il filologo inglese William Jones contribuirono alla scoperta e alla traduzione di antichi testi in sanscrito. È significativo che dei filosofi tedeschi come Friedrich Nietzsche e Arthur Schopenhauer trattarono i temi della saggezza indiana nelle loro opere, sebbene nemmeno loro nutrissero particolare interesse per l’India moderna. Quanto alla Cina, in Occidente erano molto apprezzate le opere d’arte della dinastia Ming, soprattutto le magnifiche porcellane. Già sotto Luigi XIV, dopo la visita di una missione diplomatica dalla lontana Ayutthaya, situata nell’attuale Tailandia, si era diffusa la passione per la chinoiserie. Naturalmente, nel XIX secolo, e anche nel XX, non tutta la creazione artistica in Cina e India era rimasta ferma a un punto di stallo. In letteratura, Rabindranath Tagore (1861– 1941) assurse a poeta nazionale indiano e nel Non fu, tuttavia, solo colpa dell’isolamento se la Cina toccò il fondo dal punto di vista culturale. La vera causa fu la «Rivoluzione culturale» di Mao. Dai miei conoscenti cinesi mi sono giunti racconti deprimenti di quel periodo, sulle persecuzioni contro tutte le influenze «borghesi o occidentali». Una signora mi ha spiegato che da ragazzina dovette distruggere il suo violino di propria mano, perché i fanatici rivoluzionari consideravano questo strumento come un’importazione occidentale e un simbolo della grande borghesia decadente. Un musicista fuggito a Hong Kong negli anni sessanta ha riferito di quando seppellì il suo flauto traverso in giardino per evitare che fosse confiscato dai rivoluzionari. Come sono cambiati i tempi! Oggi la Cina è orgogliosa di tenere il passo con i migliori del mondo in fatto di musica classica occidentale. Celebri interpreti e orchestre vengono in tournée in Cina. I giovani talenti dalla Cina trionfano all’estero e l’ex capo di stato e di partito Jiang Zemin, pianista egli stesso, ha lasciato il grandioso Teatro nazionale di Pechino come monumentale eredità della quarta generazione di dirigenti della Cina. Il direttore d’orchestra indiano Zubin Mehta, noto in tutto il mondo, ha riscoperto la sua città natale Bombay/Mumbai dirigendo nel «National Center for Performing Arts». Risveglio e apertura Nel XX secolo, in India e in Cina si riscontra nella pittura locale la tendenza crescente a un’efficace rielaborazione autonoma degli influssi occidentali. Lo si osserva in particolare nelle arti figurative, che sono da riconoscere e apprezzare anche come elemento trainante della rinascita culturale dell’Asia nello scorso trentennio. In Asia, Bach, Beethoven, Mozart e Strauss hanno ammiratori entusiasti. In campo musicale, la Cina ha ricevuto molti impulsi dalla Russia nel corso del XX secolo, non solo come conseguenza dell’alleanza ideologica di breve durata tra URSS e Repubblica popolare. L’India, invece, paese indipendente, investì enormemente nella rivitalizzazione e diffusione della propria musica classica, sia sotto forma di musica strumentale che di danza. È incontestabile che tra tutte le culture asiatiche, l’India possegga da tempo immemorabile la tradizione musicale di più ampio respiro. Per questo motivo, probabilmente, nello scorso ventennio la musica classica occidentale ha goduto di minore successo e attenzione in India rispetto alla Cina e soprattutto al Giappone. Tokyo è una delle capitali mondiali della musica occidentale. L’ammirazione dei giapponesi per Bach, Beethoven, Mozart e Strauss è proverbiale. Nella megalopoli di Tokyo vi è sempre un pubblico numericamente sufficiente e pronto ad entusiasmarsi per correnti musicali nuove e anche alternative, che possono discostarsi notevolmente dalla musica convenzionale. Fusione e autonomia Qualche tempo fa ho avuto modo di assistere, nello Stadio dei lavoratori di Pechino, a un evento che mi ha particolarmente impressionato. Nell’arena, dove era affluito un folto pubblico, era in programma l’«Aida». Tra gli spettatori in trepida attesa vi erano persone di tutte le età, colore e provenienza. Il saluto di benvenuto pronunciato dal sindaco è stato presto sommerso da un irrispettoso chiacchierio. In fondo la gente era venuta a godersi uno spettacolo e non ad appagare le ambizioni retoriche di un politico. Alla Marcia trionfale ha partecipato una mezza divisione dell’Esercito popolare di liberazione e una variopinta troupe di ballerini. Era prevista anche una sfilata di animali, tra cui degli elefanti, perciò l’intera marcia si è protratta così a lungo che i musicisti, arrivati dall’Occidente, hanno dovuto suonarla un’altra volta. Dopodiché, essendo terminata la parte più celebre dell’opera, lo stadio si focusASIA no.7, APRILE 2011 Anche in ambito culturale si verificò un’apertura all’Occidente: nella filosofia e nella letteratura giapponesi, in particolare, si ritrovano collegamenti e riferimenti all’Occidente a partire dall’ultimo trentennio del XIX secolo. L’apertura all’Occidente emerge anche nella pittura giapponese più recente e nelle stampe tradizionali Ukiyo-e. Queste opere, eseguite su blocchi di legno dipinti, raggiunsero l’apice nell’era Edo, prima della fine degli Shogun, ma nelle stampe del tardo XIX secolo si riscontrano in misura crescente soggetti di ispirazione occidentale. 1913 fu insignito del premio nobel per la let teratura. Nello stesso periodo, Lu Xun (1881–1936), maestro del realismo cinese, si impegnava in difesa della Cina contro le umiliazioni inflitte dalle potenze straniere. Il suo racconto «La vera storia di Ah Q» è un capolavoro emblematico di un mondo intellettuale cinese progredito. UNA PUBBLICAZIONE DI WEGELIN & CO. BANCHIERI PRIVATI non solo in campo economico e tecnologico ma anche in altri settori, con l’aiuto di importazioni dall’Occidente. Il ritorno alle radici L’Occidente, inclusa la Svizzera, è pieno di ammirazione e al contempo di ansia di fronte alla rapida crescita economica dell’Asia. Alcuni prevedono che tra pochi decenni il polo India-Cina deterrà il predominio dell’economia mondiale. Anche chi non condivide questa previsione constata che l’Asia, e soprattutto l’India e la Cina, sotto l’aspetto della loro politica di potenza e dell’influenza economica, si sono riallacciate al punto in cui erano rimaste verso la fine del XVIII secolo. Gli occidentali hanno così la possibilità di abbandonare l’eurocentrismo e l’americacentrismo che ha caratterizzato anche la vita culturale e spirituale del XIX e del XX secolo. Non si tratta di una perdita. Al contrario: produrrà confronti fruttuosi con valori e idee nuovi, in parte molto estranei, in parte famigliari. È quel che è successo negli ultimi venti o trent’anni principalmente con la pittura cinese contemporanea. In passato offriva più che altro oggetti esoterici da collezionisti, dei dipinti con cui era difficile identificarsi. Per il profano l’interesse veniva risvegliato dopo una visita alle gallerie di Hollywood Road a Hong Kong. Come molti altri, anch’io devo il primo indimenticabile incontro con opere di importanza storica della moderna pittura cinese al collezionista svizzero Uli Sigg. È L’eurocentrismo e l’americacentrismo del XIX e XX secolo hanno plasmato anche la vita culturale e spirituale. Con l’emergere del continente asiatico, gli equilibri cambieranno. Nel frattempo è diventata di moda anche la pittura indiana moderna e, seppur in misura inferiore, in paesi come il Vietnam, l’Indonesia e la Tailandia si sta affermando una giovane generazione di artisti. La Corea, dal canto suo, troppo spesso ignorata, forse, per la sua posizione geografica marginale, non sembra scossa nemmeno dai toni bellicosi di Pyonyang. Eppure, nell’ultimo ventennio la capitale sudcoreana Seoul si è trasformata in un centro culturale di tutto rispetto. Sono finiti i tempi in cui a Seoul si respirava un’aria vagamente provinciale, dal lieve sentore di stantio. Oggi, anche in confronto a Tokyo, è invece una destinazione di prim’ordine che merita attenzione. Gli operatori culturali in Asia sono ormai consapevoli di non dover reinventare la ruota per poter essere punti di riferimento per gli artisti occidentali. Va notato tuttavia che mentre si accresce la distanza verso le meraviglie del passato di cui gli asiatici sono direttamente artefici, o che sono state apportate dall’esterno, riacquista forza e influenza un movimento di ritorno alle radici. Lo si percepisce nella pittura, nella cinematografia, ma anche in letteratura e filosofia. Simbolo della rivalutazione positiva del passato è il ritorno del confucianesimo in Cina. Non solo per Mao ma anche per molti riformatori liberali dell’inizio del XX secolo, il Grande Saggio rappresentava una Cina saldamente legata alle sue tradizioni. Negli ultimi tempi, questo atteggiamento è radicalmente mutato. Mao rimane sempre la più importante personalità politica di riferimento della Repubblica, ma le istituzioni culturali cinesi all’estero sono ora denominate, sorprendentemente, Istituto Confucio! Quel che accade in Cina è importante anche per gli altri paesi dell’Asia orientale. Il confucianesimo ha influenzato profondamente l’idea di stato e società anche in Vietnam, Singapore, Taiwan, Corea e Giappone. Subito dopo il crollo del blocco sovietico, circolava la teoria che la storia fosse giunta alla fine e che in futuro tutto il mondo si sarebbe diretto verso una globalizzazione politica ed economica di stampo occidentale. I rivolgimenti in atto nel mondo islamico hanno però scosso profondamente la situazione. Dopo la teoria della fine della storia è venuta di moda la teoria dello scontro di civiltà. La rinascita asiatica arricchisce l’Occidente di una nuova dimensione dello sviluppo contemporaneo anche in campo culturale. Benché le grandi civiltà asiatiche pongano accenti diversi sui valori rispetto alla civiltà occidentale, non ne deriva alcun conflitto. In ultima istanza, le nostre civiltà hanno a cuore lo stesso obiettivo: un aumento costante del benessere generale e individuale mediante l’educazione, l’istruzione e la cultura. US, aprile 2011 focusASIA no.7, APRILE 2011 L’«Aida» di Verdi ha un finale tragico. Allora, per chiudere la serata su una nota allegra, sono stati lanciati spettacolari fuochi d’artificio. Due farfalle colorate si sono sollevate in aria nel cielo notturno, un riferimento a una favola cinese che è stata capita e apprezzata da tutti i presenti. Quando due amanti muoiono, rinascono come farfalle. Con questo piccolo trucco il pubblico ha potuto lasciare lo stadio visibilmente soddisfatto prima di riversarsi nel traffico cittadino. naturale che, non appena gli investitori hanno scoperto l’arte cinese moderna intravedendovi una buona opportunità di investimento, il valore monetario è schizzato alle stelle. Tuttavia, il valore di una collezione così vasta come quella acquisita da Uli Sigg nel corso di decenni risiede nella documentazione di un’epoca della storia dell’arte cinese che ancora oggi è spesso soggetta alla scure implacabile della censura. UNA PUBBLICAZIONE DI WEGELIN & CO. BANCHIERI PRIVATI è semisvuotato. Coloro che sono rimasti fino alla fine della rappresentazione hanno potuto assistere a una conclusione che riflette appieno lo spirito della nazione. Il regista aveva evidentemente capito che in Cina non si paga un biglietto a caro prezzo per dover tornare a casa con il morale a terra. Ai Weiwei è un generalista che studia l’attrito con la realtà e le possibilità che abbiamo di plasmarla. Scultore, artista concettuale, fotografo, architetto, abile intervistatore e attivista politico, sismografo di temi attuali e problemi sociali, grande sensibilizzatore e comunicatore che vive per l’arte ed è artista per vivere. Urs Schoettli, Neue Zürcher Zeitung Urs Schoettli, nato nel 1948, ha studiato Filosofia all’Università di Basilea. Dal 1983 al 1989 è stato corrispondente dall’Asia meridionale per la Neue Zürcher Zeitung a Delhi e dal 1990 al 1995 rappresentante nella Penisola Iberica della Fondazione Friedrich Naumann a Madrid e Sintra (Portogallo). Nel 1996 è tornato alla NZZ ed è stato corrispondente da Hong Kong, dal Giappone e dalla Cina. Dall’inizio del 2010, Urs Schoettli è responsabile della rubrica «Eurasia» pubblicata il lunedì sulla NZZ. Wegelin & Co. Banchieri Privati sostengono l’esposizione di Ai Weiwei come sponsor principali con l’obiettivo di approfondire la propria comprensione della cultura e dell’economia della Cina e di farla conoscere ai propri clienti e agli interessati. Con «Focus Asia» Wegelin & Co. Banchieri Privati, in collaborazione con Urs Schoettli, giornalista che ha maturato una lunga esperienza presso la NZZ e uno dei più profondi conoscitori dell’Asia, intendono fornire periodicamente informazioni su questa regione che sta acquisendo sempre maggior peso. «Focus Asia» offre rendiconti periodici sugli avvenimenti macroeconomici delle più importanti economie asiatiche. Inoltre, mediante approfondimenti tematici, la rivista evidenzia tendenze socioeconomiche di sicuro interesse per coloro che investono in Asia. «Focus Asia» intende inoltre fornire al lettore uno sguardo sui valori e sulle convinzioni delle popolazioni asiatiche. www.wegelin.ch /focusasia È possibile scaricare le pubblicazioni focus ASIA (PDF, Podcast), vademecum ASIA (PDF), e le schede informative sui paesi (PDF). [email protected] Restiamo volentieri a disposizione per domande o suggerimenti. Terremoto in Giappone A seguito della recente catastrofe sismica e nucleare, il Giappone dovrà sobbarcarsi danni di gran lunga superiori ai 100 miliardi di dollari. Tuttavia, come hanno dimostrato a seguito del disastroso terremoto di Kobe nel 1995, i giapponesi saranno in grado di affrontare con successo anche questa enorme sfida. Anzi, è possibile che la ricostruzione possa persino determinare un impatto positivo sulla crescita economica. Censura in Cina Nelle scorse settimane le autorità cinesi sono nuovamente intervenute con drastici provvedimenti di censura nei confronti di dissidenti. Questa operazione non è collegata tanto alla «rivoluzione dei gelsomini» dei paesi arabi quanto piuttosto al timore dei dirigenti cinesi che i tassi di inflazione persistenti ad alti livelli possano dare origini a turbamenti sociali su scala nazionale. Corruzione in India In India, il governo è sotto pressione su diversi fronti. Benché nessuno accusi il primo ministro Manmohan Singh di corruzione, gli viene rimproverato di non agire con sufficiente determinazione contro corruzione e fondi neri all’interno del proprio partito (il Congress Party) e tra i partner della sua coalizione. focusASIA no.7, APRILE 2011 La prima esposizione mondiale di fotografie e video del celebre artista cinese pone in evidenza l’opera poliedrica, stratificata e intrecciata di Ai Weiwei: l’artista come rete reale, come ditta, attivista, voce politica e membro impegnato della società. In breve UNA PUBBLICAZIONE DI WEGELIN & CO. BANCHIERI PRIVATI Ai Weiwei – Interlacing dal 28 maggio al 21 agosto 2011 Fotomuseum Winterthur