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Alimentazione in gravidanza
Alimentazione in gravidanza,
non solo un problema di peso
Professor E. Ferrazzi,
Direttore del Dipartimento Ospedaliero della Donna, Mamma e Neonato
Dipartimento Universitario di Scienze Cliniche, Ospedale Buzzi di Milano
I PROBLEMI DIGESTIVI E INTESTINALI IN
GRAVIDANZA: UNA OCCASIONE DI SALUTE
............................................................................... 1
UN POCO DI STORIA RECENTE DELLA
ALIMENTAZIONE.............................................. 1
PROFILO NUTRIZIONALE, GENOMICA E
IMMUNOLOGIA................................................. 1
REAZIONE IMMUNITARIA CELLULOMEDIATA RITARDATA AL CIBO..................... 2
GENETICA E ALIMENTAZIONE: LE LATTASI
DIMENTICATE................................................... 2
I GRUPPI ALIMENTARI IMMUNOGENI .......2
CONCLUSIONI.................................................... 3
QUALCHE CONSIGLIO...................................... 3
I problemi digestivi e intestinali in gravidanza:
una occasione di salute
La gravidanza ha un profondo impatto sulla
digestione e sulla funzione intestinale, tanto da
indurre la donna a rivolgersi frequentemente al
medico per alleviarne la sintomatologia, spesso di
scarsa gravità, ma sicuramente fastidiosa (bruciori,
gonfiore addominale, dolori colici, stitichezza più o
meno ostinata, alvo mosso alternato a stipsi, dolori
intestinali all’evacuazione, etc).
La gravidanza proprio grazie a questi “problemi”
offre un’eccellente possibilità per identificare
comportamenti nutrizionali appropriati e per
identificare disturbi gastrointestinali latenti resi
evidenti dalla gravidanza stessa.
Acquisire buoni comportamenti alimentari in
gravidanza potrebbe poi avere un’efficacia di lunga
durata, ben oltre le 40 settimane della gestazione
stessa, per la mamma e tutta la famiglia.
L’obiettivo della medicina materno-fetale deve
andare quindi oltre il semplice equilibrio degli
elementi della dieta (carboidrati, proteine e grassi),
meccanicamente orientata al mantenimento di un
1
peso forma standardizzato, che in quanto tale non è
uguale per tutti.
Facciamo subito due esempi per capire la
differenza tra l’obiettivo “peso” e l’obiettivo
“salute” di mamma e bambino.
Si parla troppo spesso di calorie in modo astratto e
sbagliato come se il nostro organismo fosse un
motore che gira sempre allo stesso numero di giri e
le “calorie” la benzina: se prendiamo più benzina
del “consumo” questa diventa grasso. Nulla di più
falso. E’ comprensibile anche per il non esperto che
300 calorie assunte sotto forma di zucchero -70
grammi di marzapane-, vengono assorbite
rapidissimamente dall’intestino, e passano nel
sangue determinando un altrettanto rapido
aumento della la quantità di glucosio nel sangue. La
quantità di zucchero-glucosio che supera i 110 120
mg/ml passa come a cascata attraverso la placenta e
al feto che si trova così immerso in un mondo
zuccherino che non è proprio della specie umana. Il
feto si “abituerà” così ad avere un metabolismo alla
caccia di zuccheri, un futuro potenziale individuo
obeso. Immaginiamo ora una quantità due volte
superiore di calorie assunte a colazione, con della
frutta, ad esempio due pere, o 200 gr di ananas
fresco, del pane integrale con un poco di
marmellata senza zuccheri aggiunti su un velo di
burro, magari di soia, una spremuta di pompelmo,
una grande tazza di te o caffe all’americana con un
cucchiaio di miele, uno yogurt magro o di soia.
L’assorbimento intestinale è più lento perché gli
alimenti un poco più complessi richiedono ore per
essere digeriti dallo stomaco, poi la presenza di fibre
rende più lento l’assorbimento delle componenti
zuccherine, infine il fruttosio e l’inositolo
abbondantemente presenti nella frutta stimolano la
funzione dell’insulina, cosa che il glucosio fa assi
meno, favorendo il rapido assorbimento delle
calorie dentro le cellule. Tutto questo all’inizio della
giornata quando si ha più bisogno di energia per il
lavoro professionale o domestico. Abbiamo assunto
il doppio delle calorie, ma non ci sono “picchi” di
glicemia elevata che danneggiano il feto, e via via
che gli zuccheri entrano nel sangue vengono captati
dalle cellule che li usano per l’energia necessaria.
Un secondo esempio di frequente superficialità
medica è il mitico fabbisogno di calcio per la
crescita del tessuto osseo del feto. Ideale per
questo una regolare assunzione di calcio nella dieta.
La fonte principale di calcio sono latte e latticini, ma
se la donna è intollerante al lattosio come avviene in
età riproduttiva nel 20% delle donne italiane e
caucasiche del sud Europa1 e alla assunzione del
1 Tishkoff S, Floyd A Reed FA, yyRanciaro A, et al. Convergent
adaptation of human lactase persistence in Africa and Europe.
NATURE GENETICS . 2007;39:31
latte ha gonfiore, dolori colici, spesso alvo
immediatamente mosso? Oppure se come
altrettanto di frequente accade, per l’eccessiva
presenza nella alimentazione di latticini e derivati, la
donna ha una intolleranza alle proteine del latte
(non allergic food hypersensitivity)2 con conseguenti
digestione difficile, coliti croniche, stipsi ostinate,
gonfiori, piccole malattie infettive recidivanti come
cistiti, vaginiti etc. Invece di pensare a queste
semplici diagnosi mediche, pur di fare assumere
questi alimenti si trattano i sintomi con farmaci
laddove invece si tratta di pensare a semplici
alternative nutrizionali. Purtroppo questo modo
sbagliato di procedere interessa almeno due donne
in gravidanza su dieci.
Un poco di storia recente della alimentazione
Non tanto tempo fa, fino agli anni ‘50 del secolo
scorso,
l’alimentazione
veniva
regolata
spontaneamente dalle culture locali sviluppatesi
nei secoli e nei millenni precedenti, e influenzata
dall’impatto climatico sulle coltivazioni.
L’avvento della refrigerazione, della disponibilità di
fertilizzanti, di energia in agricoltura etc. ha portato
a grandi trasformazioni nella dieta degli uomini che
abitano in Europa e nel Nord-America (per esempio
la disponibilità di verdura non di stagione, di carne
bovina tutto l’anno, l’assunzione diffusa di latte
fresco e latticini). In seguito le grandi concentrazioni
agroindustriali hanno introdotto un commercio di
sapori artificiali e di bisogni indotti (ad es. zucchero
raffinato, acidi grassi polinsaturi usati come
conservanti, grassi animali), per arrivare infine
all’attuale alimentazione globalizzata con cibi
provenienti da tutto il mondo a cui possiamo
accedere semplicemente entrando in un qualsiasi
supermercato.
L’aspetto più immediato, anche se non-medico, della
perdita di una cultura nutrizionale locale ha a che
fare prima di tutto con la perdita di fragranza e
gusto sostituito dai sapori forti dolci e grassi. Il
secondo ben conosciuto effetto della competizione
agro-alimentare globale è lo squilibrio alimentare e
gli eccessi nutrizionali determinati da strategie di
marketing rivolte soprattutto alle fasce deboli dei
consumatori, i bambini e i soggetti a basso reddito.
Infine l’aspetto meno evidente, ma probabilmente
più importante per il suo impatto sulla salute
umana, è rappresentato dai profondi effetti che le
componenti nutrizionali esercitano sul sistema
immunitario i processi infiammatori cronici 3.
2 Hugh A. Sampson, MD Current reviews of allergy and clinical
immunology. Update on food allergy. J Allergy Clin Immunol
2004;113:805
3 Thomas T. MacDonald T.
2
and Monteleone G. Review.
Infatti, le diverse componenti di una dieta
“globalizzata”, sbilanciata, aggiunte alle sostanze
chimiche
e
inquinanti
che
assumiamo,
interferiscono i in modo incisivo con il genoma dei
singoli soggetti e con il loro microbioma intestinale
ereditato.
In estrema sintesi potremmo dire che il genoma è
una sorta di libreria di risposte possibili del nostro
organismo all’ambiente esterno e interno, cioè il
genoma è molto di più dell’insieme dei singoli geni,
come una orchestra è di più dell’insieme dei
singoli strumenti. Così pure in estrema sintesi
potremmo dire che in un individuo nato per le vie
naturali e allattato al seno dalla madre naturale il
microbioma è l’insieme dei batteri buoni che
vivono con noi, e grazie ai quali noi siamo i buona
salute e non siamo immediatamente sterminati dai
batteri e virus che sono “nemici” delle nostre
cellule4. Cioè l’alimentazione non è un semplice
fatto di gusto o di eccessi, ma interferisce con il
sistema immunitario innato e acquisito e con
microrganismi commensali anch’essi nella norma
biologica ereditati all’interno del ceppo familiare e
attraverso questi può determinare la salute o la
malattia.
Profilo nutrizionale, genomica e
immunologia
A livello intestinale, sede di passaggio di alimenti e
microrganismi, esiste un’importante barriera del
sistema immunitario: il tessuto immunitario
intestinale (GALT: gastro intestinal associated
limphatic tissue), che fa parte del più ampio tessuto
immunitario associato alle mucose. La sua
importanza è ben sottolineata dalla sua estensione
ubiquitaria nella mucosa intestinale, la quale è
equiparabile per dimensioni a un campo da tennis,
cioè circa 350 metri quadrati.
Al momento della nascita con la colonizzazione
intestinale avvengono le prime e grandi esposizioni
agli antigeni microbici e contestualmente alimentari
(colostro,
latte
etc.).
La
colonizzazione
dell’organismo è influenzata dal tipo di parto, dal
tipo di alimentazione, dal livello di igiene e dall’uso
di medicinali, antibiotici in particolare. In un
ambiente naturale il microambiente batterico
intestinale viene trasferito quasi completamente
Immunity, Inflammation, and Allergy in the Gut. Science,
2005;307:1920
4 Dethlefsen L, McFall-Ngai M & Relman DA. An ecological
and evolutionary perspective on human–microbe mutualism and
disease Nature 2007;449:811
dalla madre al neonato5, e in questo senso è molto
importante anche il contatto pelle a pelle tra madre
e neonato fin dalla nascita.
Molti studi dimostrano attraverso l’analisi delle
modificazioni delle sequenze a singolo nucleotide
(SNPs) del DNA, come batteri gastro-intestinali si
ritrovino invariati dalla madre al neonato e al
soggetto adulto. La completa e permanente
colonizzazione batterica viene raggiunta nei bambini
a circa 4 anni di vita. Gli stimoli indotti dalla
colonizzazione dei batteri commensali sono
essenziali per lo sviluppo di un completo,
funzionale ed equilibrato sistema immunitario 6. Il
tessuto linfoide associato all’intestino è in grado di
processare gli antigeni che interagiscono con la
mucosa intestinale e, successivamente, di
diffondere le reazioni immunitarie. E’ stato
dimostrato come le cellule dendritiche (DCs) che
sono i globuli bianchi predisposti a controllare la
presenza di sostanze batteriche o tossiche, presenti
nella lamina propria delle mucose intestinali, cioè lo
strato appena sottostante alla mucosa dove avviene
l’assorbimento dei nutrienti, siano direttamente
implicate nel testare gli antigeni presenti nel lume
attraverso veri e propri periscopi cellulari che
vengono messi nel lume intestinale (dendriti transepiteliali) da parte del globulo bianco DC, senza
mettere a rischio l’integrità di barriera intestinale
né la cellula stessa 7. In questo modo gli antigeni
presenti nel lume intestinale, ad esempio antigeni
batterici di batteri buoni, come i bifidi o i coli, o di
batteri cattivi, o antigeni alimentari sconosciuti o al
contrario presenti costantemente in eccessiva
quantità sono portati nelle placche di Peyer 8
localizzate proprio nella mucosa intestinale.
Recentissimamente è stato osservato anche un
fenomeno inverso e cioè batteri buoni che infilano
periscopi (filamenti che emergono dalla loro cellula)
dentro le placche di Peyer quasi a segnalare la loro
normale presenza “chiedendo e ottenendo di non
essere aggrediti9.
5 Backhed F, Ley RE, Sonnenburg JL, Peterson DA, Review
Host-Bacterial Mutualism in the Human Intestine
Gordon JI. SCIENCE, 2005;307:1915
6Borchers AT , Selmi C,
Meyers FJ, Keen CL, And Gershwin
ME Review Probiotics and immunity J Gastroenterol 2009; 44:26
Le cellule dendritiche sono dei giocatori critici nella
risposta immunitaria innata: cioè la difesa esercitata
dai globuli bianchi in grado di riconoscere
immediatamente, cioè al momento stesso del
contatto, i caratteri delle cellule batteriche o virali
“nemiche” e di aggredirle. Le stesse cellule
dendritiche intervengono anche nel complesso
processo di presentazione degli antigeni “nemici” ai
globuli bianchi di tipo T immaturi e di attivarli come
cellule in grado di aggredire in modo specifico ma
molto potenziato cellule che sulla superficie
presentano quagli antigeni che le cellule dendritiche
gli hanno fatto conoscere. Come cani da caccia che
inseguono in mezzo a tante possibili prede solo
quelle fatte loro riconoscere dal cacciatore.
Ma il sistema immunitario intestinale ha un
compito più difficile di quello di altre mucose, dato
che deve distinguere non solo fra antigeni delle
cellule dell’organismo (“self”), dei batteri buoni e
“non-self”, ma anche tra antigeni esterni
potenzialmente pericolosi (cioè dei batteri cattivi)
e cibi comunemente innocui ai quali è
costantemente esposto.
Ad esempio nei soggetti con morbo celiaco non
riconosciuto l’aggressione agli antigeni del glutine
interpretati dalle cellule dendritiche come antigeni
“cattivi” è tale per cui i globuli bianchi si scatenano
anche contro le cellule della mucosa intestinale
distruggendola, o contro le cellule delle
articolazione (artrite reumatoide) o contro cellule
della pelle (psoriasi) o della tiroide etc.
Dal momento che la tolleranza al cibo (che è sì
innocuo, ma è non-self, ad esempio le proteine
dell’uovo non sono uguali a quelle del nostro
organismo) e agli antigeni commensali è un
prerequisito per il buon equilibrio immunitario
gastro-intestinale, non sorprende che le cellule
intestinali dendritiche differiscano sia come forma
che come funzione dalle cellule dendritiche
periferiche, cioè che attivino preferenzialmente
globuli bianchi che producono mediatori chimici
locali e cellule T con funzione di indurre tolleranza
agli antigeni. Queste cellule hanno quindi sia
capacità pro-infiammatorie cioè di attivazione
delle difese immunitarie, sia antiinfiammatorie
cioè capaci di indurre tolleranza ad antigeni a cui
non si associano effetti dannosi, come i batteri
buoni alcuni dei quali addirittura attivamente
vanno a presentare le loro credenziali infilando i
7 Coombes JL and Powrie F. Dendritic cells in intestinal immune
regulation. NATURE REVIEW IMMUNOLOGY, 2008;8:435
8
Gruppi di cellule immunitarie con diverse specializzazioni di
difesa o di tolleranza agli antigeni
9 Una volta all’interno di esse, gli antigeni interagiscono con le
cellule-presentanti-l’antigene (APC), che li presentano alle
cellule B e T ancora immature (o naive) situate nei centri
3
germinativi e nelle regioni interfollicolari. Le cellule B e T
attivate dagli antigeni stessi sono veicolate dapprima nei
linfonodi regionali e, successivamente, attraverso il dotto
toracico, immesse in circolo. Infine si differenziano in cellule
mature effettrici e migrano nella lamina propria e nell’epitelio
intestinale. Per questo motivo si possono ritrovare nell’intestino
tre principali popolazioni di linfociti (linfociti delle placche del
Peyer, linfociti della lamina propria, linfociti intra-epiteliali).
loro filamenti dentro le cellule dendritiche, ne
sono presenti in quantità eccessiva a costante10 .
L’evidenza scientifica al riguardo proviene dagli studi
condotti su topi knock-out per le cellule dendritiche,
cioè topi non in grado di produrre cellule
dendritiche11. Essi sviluppavano un’autoimmunità
spontaneamente, caratterizzata da infiammazione
intestinale, e sviluppo di autoanticorpi cioè anticorpi
che aggrediscono l’organismo stesso. Il 40% dei topi
moriva a 8 settimane di vita. Simili risultati venivano
registrati nei topi che venivano mantenuti asettici
dopo la nascita, cioè ai quali si impediva di essere
colonizzati dai batteri delle loro madri. Il ritardo di
crescita e i complessi cambiamenti autoimmuni
occorrevano entro pochi giorni dal parto, esitando
alla fine in precoci morti perinatali.
La prole umana viene partorita con un sistema
immunitario che può accettare come buoni batteri
da particolari ceppi selezionati in migliaia di anni di
evoluzione, e può iniziare a tollerare gli antigeni
alimentari quando presentati durante lo
svezzamento in un ambiente gastro-intestinale
adatto. L’introduzione di differenti alimenti
durante lo svezzamento è storicamente diverso
nelle diverse culture e rappresenta il processo di
induzione della tolleranza, di una larga parte del
nostro sistema immunitario verso antigeni non
self, a specifiche varianti genetiche sia della specie
umana che dei ceppi batterici.
Un crollo dell’omeostasi può risultare in malattie
infiammatorie croniche come appunto le malattie
infiammatorie croniche intestinali (IBD), il morbo
celiaco, e le intolleranze alimentari non allergiche e
allergiche. Le cellule dendritiche, attraverso la loro
capacità di orchestrare un’immunità protettiva e
10 Si pensi, per capire questo secondo concetto, a sostanze che
possono essere “irritanti” come ad esempio il nichel di cui sono
ricchissimi i pomodori. I pomodori sono entrati nella
alimentazione comune nell’Europa del sud nella seconda metà
dell’ottocento. E’ un frutto deperibile e come tale era tipicamente
stagionale. E prima della diffusione del vetro e della scoperta
della sterilizzazione per bollitura non erano conservabili. I
soggetti intolleranti al nichel assumevano pomodori per uno o
due mesi all’anno e avevano poi il tempo di “sfiammarsi”. Oggi,
queste persone assumono inconsapevolmente un alimento che è
per loro un tossico infiammatorio, cronicamente, tutto l’anno,
dalla “caprese” al sugo al pomodoro, alla pizza, all’insalata etc.
sino a che sviluppano gastrite, colite, altri disturbi infiammatori
sistemici, sino a trovare il medico che per trattare il sintomo
gastrite invece di togliere i pomodori dalla dieta passa a terapie
croniche con inibitori delle pompe protoniche gastriche e fare
così di questi soggetti dei malati cronici, e magari questa
paziente era una donna che aveva reazioni allergiche cutanee al
nichel. Una piccola tragedia della medicina d’organo: il
gastroenterologo non è un immunologo e soprattutto non si
occupa di dermatologia.
11 Ohnmacht, C. et al. Constitutive ablation of dendritic cells
breaks self-tolerance of CD4 T cells and results in spontaneous
fatal autoimmunity. J. Exp. Med. 23 Feb 2009
4
una tolleranza nell’ospite, hanno il ruolo chiave di
modellare la risposta immunitaria intestinale.
Reazione immunitaria cellulo-mediata
ritardata al cibo
Nel 2004 Sampson descrisse l’esistenza di una
ipersensibilità non mediata dalla risposta
anticorpale12. La risposta allergica mediata dalle
IgE quindi non costituisce più l’unica forma di
reazione immunitaria verso gli antigeni alimentari:
il contatto ripetuto tra gli allergeni alimentari e i
globuli bianchi nel tratto gastro-intestinale causa
una tipo di ipersensibilità al cibo che si esplica in
una risposta cellulo-mediata di tipo ritardato,
definita intolleranza (food intolerance come definito
dalla gastroenterologia europea o ipersensibilità
non allergica ad antigeni alimentari come definita
dagli americani.
Questo nuovo approccio porta ad un allargamento
del campo delle malattie allergiche. (9) Queste
scoperte furono confermate da Finkelman et al nel
2007 e descritte come “una via alternativa di
allergia” dovuta a una reazione tra allergene e
cellula, come risultato di una complessa interazione
tra linfociti T, PAF, piastrine, e immunoglobuline
della classe IgG e IgG4, senza alcun coinvolgimento
delle IgE (cioè le immunoglobuline che determinano
la reazione allergica).
La connessione tra l’assunzione di cibo e la
reazione infiammatoria intestinale era stata
osservata già dal 1998 quando la stipsi dimostrò di
essere correlata con l’allergia alle proteine del
latte13 e il sanguinamento intestinale nei bambini
correlato all’introduzione delle proteine del latte
vaccino fino a 12 mesi di vita. Anche nel reflusso
gastro-intestinale nei giovani pazienti 14 fu
dimostrata la presenza di eosinofili nella mucosa
intestinale, senza alcuna corrispondente aumento
della produzione di HCl nello stomaco. Questi
ritrovamenti furono confermati nei neonati affetti
da reflusso gastro-esofageo.
Anche più
12 Hugh A. Sampson, Current reviews of allergy and clinical
immunology. Update on food allergy. J Allergy Clin Immunol
2004;113:805
13
Intolerance of cow’s milk and chronic constipation in
children
Iacono G, Cavataio F. Montalto G, et al.. N Engl J Med
1998;339:1100
14 Salvatore S, Vandenplas
Y. Gastroesophageal reflux and cow
milk allergy: is there a link? Pediatrics. 2002;110:972-
recentemente la sindrome del colon irritabile è stata
connessa a una condizione infiammatoria in quanto
si sono osservati elevati livelli di Calcprotectina15.
Genetica e alimentazione: le lattasi
dimenticate
Una condizione specifica che viene esasperata dalla
diffusione di latticini nella dieta umana negli ultimi
quaranta anni è rappresentata dal deficit di lattasi
(mancata persistenza della lattasi). Pazienti e anche
medici talvolta confondono la cosiddetta
intolleranza al lattosio con l’intolleranza alle
proteine del latte, perché in alcune condizioni i
sintomi possono essere anche simili.
Diventare intolleranti al latte vaccino è una reazione
cellulo-mediata scatenata dal sistema immunitario
come abbiamo appena visto.
L’intolleranza al lattosio è invece un problema legato
agli enzimi digestivi. La capacità di digerire il lattosio
dipende dall’attività dell’enzima LATTASI presente
sulla superficie delle cellule intestinali che rivestono
i villi (le micropieghe che formano le pareti della
prima parte dell’intestino (tenue). L’espressione del
gene LPH (il gene che fa produrre le lattasi) nei
mammiferi è regolata in modo tale che nella vita
fetale vi sia una bassa espressione, in quella
neonatale un’elevata espressione e di nuovo una
bassa espressione in quella adulta. Nel corso dello
sviluppo dei mammiferi l’uomo rappresenta l’unica
eccezione in quanto la produzione di lattasi può
perdurare per tutta la vita adulta.
Il fenotipo “LATTASI-persistenza/non persistenza
nell’adulto” cioè l’organismo con la sua “libreria di
risposta genomica” che ha o non ha la capacità di
digerire il lattosio, ha carattere diverso nelle diverse
razze e etnie. Esistono due fenotipi: Lattasipersistenza e Lattasi-non persistenza, determinati
geneticamente, entrambi considerati normali. La
prevalenza di “LATTASI-non persistenza nell’adulto”
come riportato dall’American Association of
Gastroenterology è assai alto (dal 30% dei caucasici
bianchi fino al 90% dei Cinesi). In Italia la
distribuzione del fenotipo “lattasi non persistenza”
presenta un gradiente crescente Nord-Sud. Il
declino nella produzione di lattasi a livelli molto
bassi non permette la digestione del lattosio
nell’intestino tenue determina un effetto lassativo;
esso viene quindi fermentato dai batteri dell’ileo
distale e del colon con produzione di gas, flatulenza,
15 Shulman RJ Eakin MN, Czyzewski DI, Jarrett M, Ou CN.
Increased gastrointestinal permeability and gut inflammation in
children with functional abdominal pain and irritable bowel
syndrome. J Pediatr. 2008 Nov;153(5):646
5
diarrea, dolore addominale. In pratica se chiedete
cosa succede ad un soggetto con lattasi non
persistenti quando beve un bicchiere di latte ci dirà
che in pochi minuti o poco più compare distensione
addominale, flatulenza, alvo mosso, coliche. E’
interessante come molte donne che soffrono di
stipsi, di regola per una alimentazione povera di
fibre, di acqua e a volte associata a infiammazione
da intolleranza alimentare, bevano del latte al
mattino per scaricarsi.
La elevata frequenza di Lattasi persistenza in diverse
razze e etnie come ad esempio nelle popolazioni
Nord Europee è il risultato della forte pressione
selettiva positiva esercitata dall’introduzione
dell’allevamento e il conseguente vantaggio
nutrizionale in soggetti che potevano utilizzare per
tutta la vita latte e latticini come fonte alimentare,
soggetti in cui compariva questa mutazione
spontanea in grado di “saltare” l’inattivazione del
gene conseguente alla metilazione del gene
regolatore. La variante europea e le tre varianti
africane di persistenza delle Lattasi sono comparse
non più tardi di 10.000 anni fa e sono state
selezionate positivamente fino a raggiungere
frequenze elevate16.
Questo è infatti ciò che è accaduto negli ultimi
quindici mila anni di introduzione stabile
dell’allevamento del bestiame in Eurasia e nell’Africa
dell’est ed è stato ampiamente documentato da
studi di genetica di popolazione (15)
Poiché segni e sintomi di lattasi-non persistenza
sono frequentemente correlati con le malattie
infiammatorie croniche (IBD) e di sindromi
infiammatorie intestinali (IBS) e poiché questa
condizione è molto frequente (30% degli europei
del sud) essa dovrebbe essere esclusa in ogni
paziente che soffre di meteorismo, diarrea e
crampi17.
16
Questo fenomeno di modificazione del genotipo senza
modificazione della regione codificante del gene (esone) ma per
modificazione del promoter è un modello paradigmatico in
quanto le mutazioni spontanee del DNA in questo tratto nonsense
hanno portato a modificazioni fenotipiche nello spazio di
migliaia di anni, mentre una modificazione naturale del gene
stesso (le poche sequenze di basi che codificano l’RNA
messaggero e quindi la proteina), a causa di radiazioni cosmiche
o per errori casuali di trascrizione, avviene con una frequenza di
10 alla dodicesima per generazione per gene, e richiederebbe
quindi centinaia di migliaia di anni per stabilizzarsi in una
popolazione
17 E’ interessante notare come per gli storici romani al seguito
delle legioni il grado di inciviltà dei “barbari” era rappresentato
anche dal fatto che gli adulti bevessero latte (!!!). Sino alle
recenti scoperte si è attribuito questo al clima caldo del sud
europa e quindi alla possibilità di conservare solo formaggi
stagionati (più un formaggio è stagionabile meno lattosio ha
nella sua pasta) e non certo il latte, oggi possiamo interpretare
questo come dovuto alla diversa prevalenza di resistenza alle
lattasi nel nord europa, diversità che tuttora persiste.
I gruppi alimentari immunogeni
Il nostro genoma, in pratica la capacità di dare
risposte adeguate all’ambiente, è frutto delle
modificazioni e delle pressioni ambientali sui geni.
Sembra un paradosso, ma la superficie maggiore
con cui il nostro corpo è in rapporto all’ambiente
esterno è proprio l’intestino con le sue centinaia di
metri quadrati di superficie formata dalle
microscopiche pieghe interne al lume intestinale
che è costantemente in contato con sostanze che
provengono dall’ambiente esterno. Seguono i
bronchi e i polmoni con circa 60 metri quadrati di
superficie e poi la pelle con meno di due metri e
mezzo. Sarà strano, ma mentre tutti corrono dal
dottore per una bronchite cronica o fenomeni
asmatici, la maggior parte delle persone,
soprattutto donne e soprattutto in gravidanza
sopportano disturbi intestinali cronici anche gravi,
come normali, o spesso etichettati come
“psicosomatici”- Le “cure” sono lasciate ai
lassativi o più recentemente agli ottimi batteri
specificamente antiinfiammatori18 il cui uso però
non può contrastare cronicamente una condizione
infiammatoria determinata con il cibo, giorno dopo
giorno in un soggetto con ipersensibilità ai lieviti
che si voglia nutrire di pane e pizza.
Come abbiamo visto, in base alla prevalenza di
Lattasi resistenza (capacità di digerire il latte da
adulti) possiamo dire da quante migliaia di anni le
popolazioni dell’Africa dell’est allevavano bestiame.
Analogamente possiamo risalire alle condizioni
ambientali che hanno selezionato talune malattie
come l’anemia mediterranea o il favismo. Non è
difficile allora, alla luce della recente comprensione
dell’interazione tra ambiente, geni e espressione
genomica, immaginare quali gruppi alimentari e
sostanze possano trovare maggiore difficoltà ad
essere tollerate da alcune di noi. In sostanza se
vogliamo trovare i gruppi più importanti di alimenti
che oggi generano intolleranza, cioè infiammazione
intestinale dobbiamo cercare tra quelle di più
recente introduzione nel ciclo alimentare (da dieci,
quindicimila anni fa ad oggi), o sovra-rappresentate
nella dieta occidentale. Vediamo le principali qui di
seguito omettendo forse alcune più rare, ma
aiutando le nostre pazienti a riconoscere alcuni loro
possibili problemi. Diciamo subito che identificare
un alimento a cui il nostro organismo reagisce
dando una infiammazione intestinale cronica e
quindi una ipereccitabilità di tutto il sistema
immunitario, non vuol dire dovere eliminare
quell’alimento. A parte il problema delle lattasi per
cui ovviamente quello che manca è la capacità di
digerire il lattosio e assorbire i due zuccheri che lo
18
Quelli che si vedono in pubblicità “della pancia piatta”,
“contro i gonfiori” etc.
6
compongono, per gli altri alimenti occorre dapprima
ridurne drasticamente le quantità assunte ad una
piccola porzione settimanale distribuita in solo 2-5
pasti con lo scopo di “tranquillizzare” il sistema
immunitario e poi reinserirlo “normalmente”, ma in
piccole quantità nella dieta, una sorta di
svezzamento da adulti19, importatne quanto lo
svezzamneto del neonato sulla prevenzione di
malattie croniche, infiammatorie e degenerative
future20.
Lieviti: i lieviti sono funghi microscopici, sono
entrati nella alimentazione umana con la scoperta
della fermentazione dei cereali quindi circa 15mila
anni fa. Il solo lievito che il sistema immunitario
umano non ha considerato “nemico” è stato il
Saccaromicete Cervisie, quello con cui si fa il pane,
focacce, pizze, birra, vino. Ma, per qualcuno di noi,
per il genoma di alcuni di noi, quando alle famose
cellule dendritiche dell’intestino ne arrivano troppi,
i lieviti sono ancora considerati “cattivi” e contro di
essi si monta una risposta immunitaria, per queste
persone mangiare pizza e birra è come per altri fare
arrivare all’intestino enormi quantità ad esempio di
candida albicans, lieviti appunto, ma patogeni.
Infatti, in quidicimila anni il genoma ha avuto modo
di adattarsi nella maggior parte degli esseri umani,
ma sopravvivono tipi ancora non in grado di
adattarsi a grandi quantità di antigeni di cerevisie.
La presenza di anticorpi contro alcuni lieviti
presenta una azione di blocco anche nei confronti di
alcuni enzimi, tra cui alcuni potenti anzimi
antiossidanti determinando una accellerato danno e
invecchiamento di strutture cellulari.
Proteine del latte: le caseine hanno una grande
efficacia antigenica cioè di stimolo ai globuli bianchi.
Oggi purtroppo i formaggi, le creme, etc. hanno
letteralmente invaso la dieta occidentale da fast
food e purtroppo anche la tavola domestica.
Non è difficile immaginare come anche qui l’eccesso
di presentazione di questi antigeni alle cellule
immunitarie
intestinali
possa
determinare
infiammazione.
Alimenti contenenti nichel: il pomodoro abbiamo
già visto che come membro principale della famiglia
delle solanacee (pomodoro peperoni etc.) abbia per
alcuni un potente effetto infiammatorio, già al
contatto con lo stomaco dà “bruciore”, “acidità”. Il
pomodoro è un alimento arrivato in Europa dal
Sudamerica quindi da circa tre secoli. Trecento anni
sono troppo pochi per cambiare il genoma di una
specie. Per alcuni di noi, fortunatamente non per
19 www.eurosalus.it
20 Stockinger S et al, Cell Mol Life Sci. 2011 Nov;68(22):3699712.
tutti vale ancora il principio della medicina
medioevale indiana, aiurvedica, per la quale le
solanacee erano considerate veleni.
Agrumi contenenti salicilati: le arance, i mandarini
sono arrivati in Europa assieme ai pomodori e alle
patate, dal “nuovo mondo”. Non è difficile sentirsi
raccontare da donne i gravidanza che la spremuta di
arance dà “acidità” e magari che non possono
prendere l’aspirina perché dà bruciore di stomaco. Il
fatto è che il principio attivo dell’aspirina è l’acido
acetil salicilico. E in molti agrumi sono presenti
salicilati. Qualcuno pensa di curare questi “disturbi”
con gli antiacidi magari quelli costosi di nuova
generazione, quando basterebbe suggerire la
spremuta di pompelmo che pur essendo un agrume
ricco di vitamina C antiossidante, eccellente in sé
per la gravidanza, non contiene salicilati!
Sale: il sale ha rappresentato da sempre un bene
alimentare raro e prezioso. Le vie del sale
attraversano l’Europa ancora oggi. Da Salisburgo,
dove vi erano cave di salgemma, a Monaco, sede dei
monaci che presidiavano le vie del sale verso la
Germania e verso l’Italia, oppure i passi che dalla
Liguria portavano il sale (e lo iodio) nella pianura
padana passando dalla Abazzia di San Colombano a
Bobbio, centro monastico fondato dall’omonimo
santo nel 620 dopo Cristo. Oggi il sale (come lo
zucchero) è un bene di larghissimo ed eccessivo
consumo, a volte usato assieme allo zucchero per
rendere più attraenti al palato gli hamburgers (e
dannosi per l’organismo). Le continue alte
concentrazioni di sale oltre a dare danni cardiaci e
vascolari certi e progressivi, possono generare vere
e proprie infiammazioni gastro intestinali altrimenti
di difficile comprensione.
I cereali: sembra strano che la base alimentare di
tutte le popolazioni indoeuropee possa essere fonte
di disturbi metabolici. Tutti conoscono la celiachia
che nelle sue varie forme (psoriasica, artritica,
associata a malassorbimento, oltre alla forma
conclamata della vera e propria malattia celiaca che
inizia con la prima infanzia), interessa una donna su
cento (quanti esami vengono fatti per disturbi con
prevalenze assai inferiori!!!). Ma questa è una vera
e propria patologia per quanto trascurata
totalmente nelle sue forme atipiche fino a pochi
anni fa. Esiste poi un numero più ampio di persone
che risultano intolleranti al glutine pur senza
sviluppare il processo severo autoimmunitario
diretto contro la mucosa intestinale 21. E’ una
21
Am J Gastroenterol. 2011 Mar;106(3):516-8. Verdu EF.
Editorial: Can gluten contribute to irritable bowel syndrome?
Functional gastrointestinal disorders are the most common
gastroenterological problem in our society. Changes in gut
function, including pain perception, motility, and intestinal
permeability, and low-grade inflammation have been described in
patients with irritable bowel syndrome (IBS). The triggering
factors for the described immunity and gut functional changes in
patients with IBS are not completely understood. Similarly to
7
scoperta recente22 ma perfettamente in linea con
questi studi epidemiologici. In questa forma di
intolleranza al glutine non celiaca, si attivano i
meccanismi della immunità innata, legata alla
segnalazione infiammatoria mediata da particolari
recettori altrimenti utilizzati dai globuli bianchi per
riconoscere batteri e virus.
Viene invece evidenziato da grandi studi
epidemiologici che riguardano le popolazioni afroamericane e afro-caraibiche (e che riguardano però
anche minoranze di bianchi caucasici, cioè gli
europei) che popolazioni che sono entrate in
contatto con l’agricoltura, nella forma che noi
conosciamo, solo dopo le deportazioni nelle
americhe, quando sottoposti ad una dieta basata
prevalentemente su calorie derivanti da cereali
(pane, pasta, etc) sviluppano una particolare forma
di obesità, quella cosiddetta truncale ( il grasso si
accumula al tronco e non ai fianchi dando quasi un
aspetto di maggior salute)23. Il grasso bianco che si
accumula nell’addome e al tronco è infiltrato da
cellule infiammatorie che generano un quadro
infiammatorio a tutto l’organismo, lieve, ma cronico,
con danno progressivo alle arterie e ai recettori
all’insulina determinando quella che oggi si chiama
sindrome metabolica24 (ipertensione, malattie
cardiovascolari e diabete non insulino dipendente).
Condizione che in gravidanza al nono mese si può
manifestare acutamente con rialzo della pressione
arteriosa e ritenzione di liquidi. In sostanza queste
persone hanno mantenuto un repertorio genomico
di risposta agli alimenti tipici dei “cacciatori
raccoglitori” in cui le fonti caloriche erano
prevalentemente frutta, tuberi, miele selvatico,
piccoli animali, piccole quantità di miglio, sorgo
(cereali a basso contenuto proteico e calorico).
L’eccesso di carboidrati e proteine dei cereali
dell’agricultura sviluppata nella mezzaluna fertile
post-infective IBS, some patients with IBS symptoms exhibit
immunological evidence of gluten sensitivity but have no overt
intestinal mucosal injury. They have symptoms that meet the
diagnostic criteria for IBS and respond symptomatically to
exclusion of gluten from the diet. Thus, gluten sensitivity may be
involved in the pathogenesis of a subgroup of IBS patients.
Unfortunately, there remain many unanswered questions
regarding the mechanistic link between gluten sensitivity and
functional gastrointestinal symptoms
22
Biesiekierski JR, Newnham ED, Irving PM, et al. Gluten
causes gastrointestinal symptoms in subjects without celiac
disease: a double-blind randomized placebo-controlled trial.
Am J Gastroenterol. 2011 Mar;106(3):508
23 Wood L. Obesity, waist–hip ratio and hunter–gatherers.
BJOG 2006;113:1110.
24 Cancello R, Clement K. Is obesity an inflammatory illness? Role
of low-grade inflammation and macrophage infiltration in human
white adipose tissue. BJOG 2006;113:1141
della Mesopotomia (l’attuale Iraq) 15mila anni fa e
poi giunta in europa del sud determina in queste
persone un accumulo di grasso in sedi anomale con
effetti infiammatori cronici. Gli stessi studi
raccomandano in questi soggetti con obesità
truncale di eliminare, non di ridurre, dalla dieta le
fonti caloriche derivate dai cereali (pane pasta,
focacce, dolci da forno) e di orientare la
alimentazioni su frutta verdure, legumi, proteine
animali.
Conclusioni
I sintomi gastro-intestinali che abbiamo descritto
all’inizio di questo contributo (dispepsia, bruciori,
gastrite, gonfiare addominale dopo i pasti, episodi di
dolori colici, aggravamento di stitichezza più o meno
ostinata, alvo mosso alternato ad stipsi, dolori
intestinali all’evacuazione, comparsa di dolore alla
palpazione del colon ascendente e discendente etc.)
sono ben altro che semplici fastidi, sono il modo in
cui l’organismo manifesta di regola un profondo
disagio degli organi fondamentali della assunzione,
digestione e assorbimento degli alimenti. Fino ad
ora questi problemi erano spiegati solo con gli
effetti del progesterone sulla muscolatura liscia e
con la distensione e pressione addominale
esercitata dall’utero gravido. E’ apparso chiaro da
quanto abbiamo sin qui scritto che questi sintomi
presenti in gravidanza devono essere spiegati come
condizioni subcliniche preesistenti, trasformate in
condizioni sintomatiche dalla condizione di
gravidanza.
Una occasione quindi per il medico di capire più
facilmente ed aiutare la donna ad una
alimentazione sana e personalizzata, nella quale il
peso è un indicatore di per se anche poco utile di
questo processo di riappropriazione di una
alimentazione ricca e sana.
Qualche consiglio
Colazione
La colazione dovrebbe costituire almeno il 20%
dell’apporto calorico della giornata (ma alcuni studi
suggeriscono una percentuale anche più elevata per
la dominanza in quegli orari di ormoni che facilitano
il consumo piuttosto che l’accumulo). E’ il mattino la
parte di lavoro più intenso di regola della giornata,
Una colazione non sufficiente induce o alla
assunzione di snack di solito iperglicemizzanti o a
base di grassi idrogenati (brioche!!!) a metà
mattinata, oppure comporta la attivazione di un
metabolismo energetico basato sugli ormoni dello
stress (tiroide, surrene) che permettono la
mobilizzazione dei grassi di deposito per portare
energia alle cellule. Questo tipo di metabolismo
8
quando attivato cronicamente tutti i giorni innalza il
profilo infiammatorio dell’organismo ed è una della
basi delle
malattie croniche infiammatorie
(cardiovascolari, e neurodegenerative).
In gravidanza questa condizione è definita dalla
letteratura anglosassone come “missing breakfast
syndrome” ed è associata al rischio di parto
prematuro e a patologie placentari.
Gli alimenti raccomandabili sono 1) la frutta –
porzione abbondante di circa 200 gr a fare almeno
80 – 90 calorie – 2) cereali biologici con 3) yogurt
eventualmente di soia con frutti di bosco o frutta
per fare un piatto buono oltre che salutare, 4) una
fetta di pane integrale o gallette di riso con
marmellata senza zuccheri aggiunti, te o caffe’ lungo
o spremuta di frutta o centrifugato 25
Se piace, si può aggiungere anche un apporto
proteico e qualche grasso animale (prosciutto, un
uovo biologico, salmone affumicato, acciughe).
Questo per rallentare la digestione e il passaggio in
circolo delle sostanze nutritive e quindi i carichi
glicemici che vanno al feto.
Se la sera assumete un pasto leggero e buono
(minestra di verdure, pasta di farro o pasta con sugo
vegetale etc.), al mattino al risveglio (invece del
caffe assunto come una sorta di “idraulico liquido”
per fare dimenticare la “la pasta al pomodoro,
l’hamburger al formaggio e il tiramisu” o “la bistecca
e insalata seguita da una porzione di formaggio e
pane”), sarà il corpo a farvi sentire la voglia di
nutrirsi bene. Questa colazione è anche un
momento di vita di famiglia, un modo per educare i
figli ad una buona alimentazione ed evitare junk
food, merendine e schifezze nutrizionali varie da
distributori automatici a metà mattinata.
Non dimenticate 4 noci, o 8, 10 mandorle o
nocciole, la vostra dose quotidiana ben bilanciata di
Omega 3 – Omega 6, i grassi più nobili della natura.
PRANZO :
Il pranzo deve essere preferenzialmente a base di
proteine senza grassi. Le fonti migliori di proteine
sono il pesce (tre porzioni almeno di pesce alla
settimana, pesce crudo se di mare e vivete in città
con il mercato del pesce), gli ortaggi (cavoli,
cavolfiori, broccoli finocchi, carote, sedano
zucchine, peperoni, melanzane, pomodori), i legumi
in genere (non dimenticate di cucinarli con
antifermentativi come l’alloro o il rosmarino) e
insalata.
25
La spremuta di arancio è un eccellente vitaminico.
Occorre ricordarsi che tutti gli agrumi, tranne il
pompelmo, contengono salicilati naturali, e a per alcuni
danno irritazione e acidità gastrica, in particolare ai
soggetti intolleranti all’Aspirina (acido acetil-salicilico).
Soggetti che non dovrano mai assumere spremute di
aranci mandarini etc.
La carne di pollame è ottima purché di volatili
allevati a terra e non in batteria. Analoga
considerazione vale per i piccoli animali da carne
come conigli etc. La carne bovina deve essere
unicamente di manzo, allevato a prato (escludere
vitello, vitellone – di regola macellati dopo
alimentazioni che determinano una ritenzione idrica
notevole a base di anabolizzanti o derivati
estrogenici). Considerazione analoghe sulla qualità
valgono per le uova. Le uova di gallina allevate a
terra con mangimi di granaglie hanno un contenuto
di omega3-omega 6 che è diciannove volte
superiore alle uova di gallina ovaiole in batteria con
mangimi animali, trattate con antibiotici,
antimicotici e anabolizzanti, che “producono” uova
che in pratica contengono solo colesterolo.
in vitamina B12) e, la domenica un bel filetto dei
migliori allevamenti italiani. Lasciamo invece le
fettine di carne serale, congelata sei anni fa in
qualche fattoria industriale dell’europa centrale, o di
animali tirati a peso in batteria, con ormoni e
mangimi e antibiotici
CENA
La cena deve essere leggera, in gravidanza la
digestione è rallentata, quindi o si cena alle 18.00,
come ad esempio come di abitudine negli Stati Uniti
e ci si corica alle 23.00, oppure la classica cena
serale italiana che termina alle nove e il riposo
notturno della donna in gravidanza che inizia alle
dieci non è compatibile con alimenti complessi e
digestioni laboriose e il rallentamento digestivo
della gravidanza.
La base della cena deve essere quindi cereali,
preferenzialmente integrali, (pasta riso, orzo, kamut,
farro) con condimento a crudo preferenzialmente,
oppure ragout vegetale o anche con carne. Oppure
un piatto di legumi o un minestrone di verdura,
sempre precedute da verdura fresca cruda, ricche di
vitamine come le carote, i finocchi con olio di oliva
q.b..
In generale è utile per migliorare l’assorbimento
intestinale dei cibi complessi far precedere ai pasti
(colazione pranzo e cena) frutta –colazione- o
verdure crude come finocchi carote etc. – pranzo e
cena- . La vitamina A e gli zuccheri dei vegetali
hanno un effetto antiinfiammatorio sulla mucosa
intestinale che predispone ad un migliore
assorbimento anche dei cibi complessi e ad un
miglior funzionamento dei recettori all’insulina.
Quando vi preparate per cucinare pulite e tagliate
un finocchio e due carote e mentre cucinate
mangiateli come spuntino. Senza accorgervi, se lo
fate a mezzogiorno e a cena avrete assunto quasi
300 grami di verdura eccellente (il finocchio è anche
poco calorico) per il vostro organismo. In generale
non mangiate mai verdura cruda o frutta dopo i
pasti, il processo digestivo dei cibi complessi assunti
distrugge gran parte del valore aggiunto del crudo e
al peggio determina processi fermentativi.
Occorre ricordare che in generale le nostre diete
sono basate su un eccesso di prodotti (carne,
salami, prosciutti, insaccati, derivati dagli animali da
prato (prato?), mucche maiali etc., e formaggi latte
e latticini. Le proteine animali dopo i 20 25 anni
comportano solo un inutile sovraccarico metabolico
e invecchiamento cellulare da stress ossidativo. In
realtà il problema non sono le proteine ma con
quale alimento vengono assunte. Nella cultura
diffusa alla parola “proteine” si associa “carne”,
formaggi. In realtà una eccellente fonte tradizionale
e sana di proteine sono i legumi (lenticchie fagioli,
ceci etc.) le crocifere (verze, cavoli etc.). A parità di
peso un piatto di lenticchie contiene più proteine
della carne bovina, ma è più ricca di fibre, contiene
grassi nobili (omega3 -6 in equilibrio) invece del
colesterolo.
In soggetti con sindrome infiammatoria da glutine,
da caseine, o da lieviti, la dieta deve arricchirsi di
proteine, ma per proteine dobbiamo intendere
prevalentemente proteine vegetali, o del pesce di
mare, del pollame allevato a terra (entrambi ricchi
9
Il concetto di prevalentemente proteico o
prevalentemente glucidico non significa che un poco
di proteine non possano essere associate ai
carboidrati –spaghetti alla bolognese- o viceversa
filetto di sogliola impanato. Significa che “il pranzo
della domenica” primo secondo e frutta in
sequenza, assunto tutti i giorni per due pasti al
giorno è un inutile affaticamento digestivo e non un
equilibrato apporto nutrizionale.
In questi consigli nutrizionali i grassi animali
soprattutto latte, formaggi e derivati sono
scarsamente rappresentati. La loro assunzione è
raccomandabile in piccole quantità a tutti i soggetti
che geneticamente non abbiano problemi nella
digestione del lattosio (solo il 30% di bianchi
caucasici non digerisce più il lattosio in età adulta).
Nella nostra dieta da supermercato i latticini sono di
regola sovra-rappresentati, le porzioni di formaggio
ad esempio sono sempre vicino al mezzo etto o
poco meno, i formaggi e derivati sono presenti in
numerosissimi preparati alimentari e quindi in
queste note vi è solo un elemento di sottolineatura
del loro eccessivo consumo.
Gli integratori alimentari hanno senso solo in
presenza di patologie (iperomocisteinemia – da
trattare con acido folico) (mal assorbimento
intestinale
da
integrare
con
complessi
plurivitaminci) (profilo nutrizionale privo di omega3-
omega6 da integrare con concentrati) e comunque
su consiglio medico.
La cucina mediterranea è piena di piatti
eccellenti e ricette gustose che seguono
queste logiche. Sono invece le abitudini e la
cucina guidata dalle logiche di produzione,
conservazione
e
distribuzione
da
“supermercato” a guidare i nostri gusti, e … il
modo di ammalarsi ! La gravidanza è una
buona occasione per cambiare, fare arrivare al
proprio bambino nella pancia il meglio delle
sostanze per nutrirlo.
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