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La tip. A della scrittura

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La tip. A della scrittura
Che cos’è e come si fa un’ ANALISI DEL TESTO
1. una traccia d’Esame finale
P000 - ESAMI DI STATO CONCLUSIVI DEI CORSI DI STUDIO DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE
Esami di Stato 2008-2009
PRIMA PROVA SCRITTA
PROVA DI ITALIANO
(per tutti gli indirizzi: di ordinamento e sperimentali)
Svolgi la prova, scegliendo una delle quattro tipologie qui proposte.
TIPOLOGIA A -
ANALISI DEL TESTO
Italo Svevo, Prefazione, da La coscienza di Zeno, 1923
Edizione: I. Svevo, Romanzi. Parte seconda, Milano 1969, p. 599.
Io sono il dottore di cui in questa novella si parla talvolta con parole poco lusinghiere. Chi di psico-analisi s’intende, sa
dove piazzare l’antipatia che il paziente mi dedica. Di psico-analisi non parlerò perché qui entro se ne parla già a
sufficienza. Debbo scusarmi di aver indotto il mio paziente a scrivere la sua autobiografia; gli studiosi di psico-analisi
arricceranno il naso a tanta novità. Ma egli era vecchio ed io sperai che in tale rievocazione il suo passato si
rinverdisse, che l’autobiografia fosse un buon preludio alla psico-analisi. Oggi ancora la mia idea mi
pare buona perché mi ha dato dei risultati insperati, che sarebbero stati maggiori se il malato sul più
bello non si fosse sottratto alla cura truffandomi del frutto della mia lunga paziente analisi di queste
memorie. Le pubblico per vendetta e spero gli dispiaccia. Sappia però ch’io sono pronto di dividere con lui
i lauti onorarii che ricaverò da questa pubblicazione a patto egli riprenda la cura. Sembrava tanto curioso di se stesso! Se
sapesse quante sorprese potrebbero risultargli dal commento delle tante verità e bugie ch’egli ha qui accumulate!...
Dottor S.
Italo Svevo, pseudonimo di Aron Hector Schmitz (Trieste, 1861 – Motta di Livenza, Treviso, 1928), fece studi commerciali e si impiegò presto in una
banca. Nel 1892 pubblicò il suo primo romanzo, Una vita. Risale al 1898 la pubblicazione del secondo romanzo, Senilità. Nel 1899 Svevo entrò nella
azienda del suocero. Nel 1923 pubblicò il romanzo La coscienza di Zeno. Uscirono postumi altri scritti (racconti, commedie, scritti autobiografici,
ecc.). Svevo si formò sui classici delle letterature europee. Aperto al pensiero filosofico e scientifico, utilizzò la conoscenza delle teorie freudiane
nella elaborazione del suo terzo romanzo.
[1]
1. Comprensione del testo
Dopo una prima lettura, riassumi il contenuto informativo del testo in non più di dieci righe.
2. Analisi del testo
2.1 Quali personaggi entrano in gioco in questo testo? E con quali ruoli?
2.2 Quali informazioni circa il paziente si desumono dal testo?
2.3 Quale immagine si ricava del Dottor S.?
2.4 Il Dottor S. ha indotto il paziente a scrivere la sua autobiografia. Perché?
2.5 Rifletti sulle diverse denominazioni del romanzo: “novella” (r. 1), “autobiografia” (r. 4), “memorie” (r. 9).
2.6 Esponi le tue osservazioni in un commento personale di sufficiente ampiezza.
3. Interpretazione complessiva ed approfondimenti
Proponi una tua interpretazione complessiva del brano e approfondiscila con opportuni collegamenti al romanzo nella sua
interezza o ad altri testi di Svevo. In alternativa, prendendo spunto dal testo proposto, delinea alcuni aspetti dei rapporti tra
letteratura e psicoanalisi, facendo riferimento ad opere che hai letto e studiato.
[2]
2. un’esercitazione a mo’ di spiegazione
Eugenio Montale, La poesia
5
10
15
20
I
L'angosciante questione
se sia a freddo o a caldo l'ispirazione
non appartiene alla scienza termica.
Il raptus non produce, il vuoto non conduce,
non c'è poesia al sorbetto o al girarrosto.
Si tratterà piuttosto di parole
molto importune
che hanno fretta di uscire
dal forno o dal surgelante.
Il fatto non è importante. Appena fuori
si guardano d'attorno e hanno l'aria di dirsi:
che sto a farci ?
II
Con orrore
la poesia rifiuta
le glosse degli scoliasti.
Ma non è certo che la troppo muta
basti a se stessa
o al trovarobe che in lei è inciampato
senza sapere di esserne
l'autore.
_____________________
3. scienza termica: termologia, branca della fisica che
studia il calore – 4. raptus: sensazione che rapisce la
volontà all’uomo – 10. surgelante: freezer – 16.
glosse…scoliasti: sono le spiegazioni dotte dei
commentatori (antichi) di un importante testo perlopiù poetico
– 19. trovarobe: colui che lavora al guardaroba del teatro;
magazziniere
Eugenio Montale nasce a Genova nella zona di Principe, il 12 ottobre 1896, in una famiglia di commercianti di prodotti chimici (il
padre, tra l'altro, era il fornitore dell'azienda di Italo Svevo). Bianca Montale, una nipote del poeta, così tratteggia in una sua
Cronaca famigliare del 1986, i tratti caratteriali del poeta:
Ultimo di sei figli, il giovane Eugenio gode di quella libertà un po' trascurata e malinconica che di solito è riservata all'ultimo di
molti fratelli. E infatti, sebbene per lui, ai più lunghi studi classici, vengano preferiti quelli tecnici, a causa della sua salute precaria,
e nel 1915 venga iscritto all'Istituto tecnico commerciale "Vittorio Emanuele", dove si diplomerà in ragioneria, il giovane Montale
ha tutto l'agio di coltivare i propri interessi prevalentemente letterari, frequentando le biblioteche cittadine e assistendo alle lezioni
private di filosofia della sorella Marianna, iscritta a Lettere e Filosofia.
Trascorre gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza tra Genova e Monterosso, nelle Cinque Terre, dove i Montale possiedono una
villa. La sua formazione è dunque quella tipica dell'autodidatta, che scopre interessi e vocazione attraverso un percorso libero da
condizionamenti che non siano quelli della sua stessa volontà e dei limiti personali. Letteratura (Dante in primo luogo) e lingue
straniere sono il terreno in cui getta le prime radici l'immaginario montaliano; assieme al panorama, ancora intatto, della Riviera
ligure di levante: Monterosso al Mare e le Cinque Terre, dove la famiglia trascorre le vacanze.
In questo periodo di formazione Montale coltiva inoltre la passione per il canto studiando dal 1915 al 1923 con l'ex baritono
Ernesto Sivori, esperienza che lascia in lui un vivo interesse per la musica.
[3]
1. Comprensione del testo
1.a.
fai una puntuale parafrasi del testo;
1.b.
partendo dalla presentazione che trovi nelle righe precedenti, dopo aver riletto
alcune volte l’intero testo, in non più di 15 righe complessive,
1. presentane le principali argomentazioni
2. e gli snodi concettuali.
1.c.
qual è l’argomento trattato dal poeta ?
2. Analisi del testo
2.a.
si indichi di che tipo di componimento poetico si tratti, analizzandone lo schema, la
struttura strofica e la forma della rima;
2.b.
perché il componimento è diviso in due parti (I e II) ?
2.c.
si individuino le principali figure retoriche di pensiero;
2.d.
la struttura della frase (l’ordo verborum) risulta simile alla prosa o invertito ?;
2.e.
si enucleino al massimo 5 parole chiave e le si commenti. Quali significati assumono
tali vocaboli nella poetica di Dante e in generale degli stilnovisti ?;
2.f. come definiresti il registro linguistico e stilistico adottato da Montale ? Ci sono ambiti
linguistici di particolare importanza data la loro frequenza ?
2.g.
comprensione di singole parti
i. spiega le seguenti parole o gruppi di parole:
1. angosciante questione (v. 1)
2. non c’è poesia al sorbetto o al girarrosto (v. 5)
3. la poesia rifiuta / le glosse degli scoliasti (vv. 14 s.)
4. la troppo muta (v. 16)
5. inciampato (v. 18);
ii. il poeta presenta delle metafore della propria opera: quali ?
iii. qual è il significato dell’espressione «che sto a farci ?» (v. 12) ?.
3. Interpretazione complessiva e approfondimenti
3.a.
si collochi il testo all’interno della percorso affrontato in aula, cioè il ruolo e la
funzione del poeta e della poesia;
3.b.
si confronti il testo proposto con la poesia L’albatros di Baudelaire: quali somiglianze
e differenze si riscontrano ?
3.c.
il testo proposto è chiaramente ironico, dissacrante e polemico: in quali altri autori
hai trovato le stesse caratteristiche “corrosive” ?;
3.d.
si esamini per sommi capi la figura e il ruolo del poeta nel passaggio dall’età classica
al Novecento.
[4]
3. note tecniche
1. sempre tre parti
1.a. lettura e comprensione del testo proposto
1.b. analisi minuta e interpretazione particolare
1.c. interpretazione complessiva ed espansione (approfondimenti, …)
2. i nomi e le richieste possono cambiare, ma
1.a. la comprensione è GENERALE
1.b. l’analisi è PUNTUALE
1.c. l’espansione è PERSONALE
3. attenzione al tipo di testo proposto
1.a. letterario
1. poetico
2. in prosa
1.b. extraletterario
4. L’ORDINE è LOGICO, NON SOLO FORMALE (non va scardinato)
5. la questione delle “domande”
1.a. non è un’interrogazione scritta: non si risponde “Sì, è vero; la parola può significare….”
1.b. le risposte devono essere date PARTENDO dalla richiesta, ma SENZA RIPORTARLA nel dettaglio
1.c. posso fondere le richieste ?
1. solo nella TERZA parte è indispensabile
2. nelle altre è possibile, non obbligatorio
3. se lo faccio, devo fare attenzione
1. a non trascurare nulla
2. a rispettare l’ordine logico delle richieste (non posso invertire certe cose a mio piacere)
6. la questione della lunghezza…
1.a. non ci sono regole prescrittive (fogli a metà, numero di colonne, …)
1.b. la C dipende dal tipo di testo proposto
1.c. la A dipende dal numero di domande: è ovvio che nessuna domanda debba avere una risposta telegrafica
(“indica il tipo di verso utilizzato” – “è un endecasillabo”)
1.d. spiega ciò che scrivi
1.e. la E è a discrezione, ma – in media, se le domande sono 1 o 2 – ci si aspetta non meno una facciata e
non più di due.
[5]
7. dove scrivere
tip. a, c, d
tip. a, c, d
tip. b
8. note e suggerimenti sulle singole parti (d’ora in poi, Comprensione, Analisi, Espansione)
C.
C.1.
C.2.
C.3.
C.4.
C.5.
i.
ii.
iii.
iv.
la comprensione deve essere letterale (non “a buon peso”)
se parafrasi è, parafrasi deve essere (precisa)
se testo poetico, ricorda che la parafrasi non va a capo…
riassunto a righe contate: ATTENZIONE alla consegna
se narrativo, si ricercano le sequenze e le sintesi di ciascuna
sensatezza nell’identificazione
titolatura corretta e perspicua
sintesi percepibile
riassunto del testo e collegamento con il resto dell’opera (dove si situa e come si collega)
A.
A.1.
A.2.
A.3.
di solito si fanno riferimenti a singole parole o a singoli punti
quando citi, usa gli stessi riferimenti (v. 34, r. 5, l. 12, …)
qui retorica, metrica e stilistica: ATTENZIONE
i. o da identificare
ii. o da ricercare
per un breve ripasso… (le figure IMPRESCINDIBILI)
− figure di suono
o allitterazione
o assonanza / consonanza
o onomatopea / fonosimbolismo
− figure di ordine
o anafora
o chiasmo
o climax
o iperbato
− figure di significato
o antitesi
o iperbole
o metafora / similitudine
o metonimia / sineddoche
o ossimoro
o sinestesia
[6]
A.4.
nel commento alle parole, se si UNISCONO le ripsote, fare un commento del genere:
“A livello lessicale, è da notare il vocabolo XXXXX (v. 21), che indica………; XXXXX (v. 1) rimanda, invece, alla
dimensione…. . XXXXX (vv. 2-3) potrebbe indicare….”
A.5.
i.
ii.
iii.
iv.
A.6.
i.
ii.
iii.
A.7.
i.
ii.
iii.
iv.
v.
vi.
vii.
la metrica deve essere ben spiegata
tipo di verso
tipo di strofa
tipo di componimento
tipo di rima (schema)
scelte del lessico
perché di certi ambiti
perché di certi ordini di parole
perché di certo stile (paratassi, ipotassi, …)
scelte narratologiche
fabula e intreccio
discorso diretto…
narratore…
punto di vista e focalizzazione
sistema dei personaggi
altre tecniche (flashback, …)
se c’è un titolo, analizzalo e commentalo
E.
E.1. è il luogo dove “sfogarsi” e fare “sfoggio” delle proprie conoscenze
i. in ambito letterario
ii. in ambito culturale
E.2. qui si possono usare le regole generali per la raccolta e la sistemazione delle informazioni
E.3. ricordarsi, però, che si deve partire sempre dal testo PROPOSTO
E.4. qui la guida è molto labile: sono io che devo cercare la mia “strada”
i. o confrontando con altri testi dello stesso autore
ii. o confrontando con altri autori dello stesso periodo
iii. o confrontando con altri testi all’interno di un percorso (oltre i secoli e gli autori)
E.5. analisi tematica
E.6. contestualizzazione è fondamentale
E.7. commento personale (di gusto e di stile)
E.8. rapporto con idee di fondo della poetica dell’autore e del periodo, o della corrente, o del tema
[7]
4.uno svolgimento “vero”
Andrea M., a.s. 2001/2002, Liceo ginnasio “G. Plana” – Alessandria
valutazione conseguita: otto/10 – dodici/15
MARE di GIOVANNI PASCOLI
M'affaccio alla finestra, e vedo il mare:
vanno le stelle, tremolano l'onde.
Vedo stelle passare, onde passare:
un guizzo chiama, un palpito risponde.
Ecco sospira l'acqua, alita il vento;
sul mare è apparso un bel ponte d'argento.
Ponte gettato sui laghi sereni,
per chi dunque sei fatto e dove meni?
O, Pascoli, da Myricae, in Opere complete, Mondadori, Milano, 1939
1. Comprensione del testo
1.1. dopo una prima lettura, riassumi il contenuto informativo del testo in non più di sette righe.
2. Analisi del testo
2.1. indica come si sviluppa il discorso poetico;
2.2. quale significato metaforico si può attribuire al «bel ponte d'argento» (v. 6) ?
2.3. rileva la struttura metrico-fonica della poesia;
2.4. individua il rapporto tra la struttura della poesia e il suo significato.
3. Interpretazione complessiva e approfondimenti
3.1. sulla base dell'analisi condotta, proponi una tua interpretazione complessiva di questa lirica e
approfondiscila alla luce delle caratteristiche tematiche e formali della poesia pascoliana.
[8]
1.
1.1.
Il poeta osserva. da una finestra un paesaggio marino; le stelle sembrano vagare in
cielo, le onde tremano impercettibilmente, Al suo sguardo i moti delle stelle e delle onde si
unificano: entrambi sembrano allontanare da lui gli oggetti che sta osservando.. Tra cielo e
mare si instaura un discorso: al brillio delle stelle risponde il dondolio del mare. Dal mare si
leva un sosppiro; si alza il vento. Sul mare la luce riflessa degli astri sembra formare un
ponte argenteo che si alza verso il cielo. Ma a chi serve quel ponte gettato sulla calma
superficie del mare - si chiede il poeta - e dove conduce?
2.
2.1.
Nei primi tre versi il poeta parla in prima persona e descrive il paesaggio marino
come l'oggetto di una sua diretta osservazione; a partire dal v. 4 però il paesaggio assume
una sua vita autonoma, diventando il vero soggetto della poesia, capace di agire e di
sentire: «Ecco sospira l'acqua, alita il vento». L’apparizione del «bel ponte d’argento» (v. 6)
determina un nuovo cambiamento nella costruzione del discorso, perché il poeta riprende la
parola, non limitandosi però a contemplare il ponte di luce, ma rivolgendogli direttamente la
domanda che gli agita l'animo: «per chi dunque sei fatto e dove meni?".
2.2.
Anche in questa poesia, come avviene di consueto nella raccolta Myricae, un
elemento naturale assume un significato simbolico, allusivo a una realtà che va oltre i sensi.
In questo caso il «bel ponte d'argento» può indicare un canale di comunicazione con la
natura misteriosa inquietante, di cui però non viene .fornita 1a chiave d'ingresso. Il «ponte
d'argento» potrebbe essere un invito per il poeta ad abbandonare la Terra, a salire verso la
dimensione che più sembra appartenergli, quella del cielo,dove si trovano i suoi cari. Ma
come sempre avviene, anche il senso di questo messaggio che la natura invii al poeta è
oscuro; il «bel ponte d'argento» non dà infatti risposta alla domanda del poeta: «per chi
dunque sei .fatto e dove meni?».
2.3.
La poesia si compone di tre strofe di endecasillabi:una quartina: e due distici. Nella
quartina si alternano endecasillabi a maiore (vv. 1 ,3) con endecasillabi a minore (vv. 2, 4 ).
Nei distici gli endecasillabi si distinguono in questo modo: vv. 5, 8 a maiore, vv.6, 7 a
minore. La cesura è sottolineata, nei primi cinque versi, dalla virgola. Nelle prime due strofe
il discorso si conclude nell'arco di ciascun verso; nella terza prosegue dal settimo all'ottavo
verso, determinando un enjambement. Nei primi tre versi il ritmo si mantiene uniforme e
lento: gli accenti metrici principali cadono sulla sesta e sulla decima; nel quarto verso il
ritmo diventa più rapido: gli accenti metrici cadono sulla seconda, sulla quinta, sulla decima
sillaba. Notiamo una forte contrapposizione tra il ritmo del quinto e del sesto verso; il quinto
è molto veloce, anche a causa della presenza della parola sdrucciola «alita»; il sesto
assume un'andatura lenta in conseguenza delle molte parole monosillabe e bisillabe. La
stessa costruzione viene ripetuta all'ottavo verso. Le quartine sono a rima alternata; i due
distici a rima' baciata. Nella quartina le parole «mare» e «onde» diffondono la loro sonorità
a tutta la strofa mediante la rima «onde: diffonde», la ripetizione della parola «onde» al v. 3
e i richiami fonici dati dalla. diffusione dei gruppi «ma» e «re» in altre parole: «tremolano,
passare, chiama». Nella poesia il suono consonantico più diffuso è quello della s, presente
nel verbo «sospira»; è importante anche il ruolo sonoro della consonante v ( «vedo»,
«vanno», «vento», «dove» ). Grande rilievo ha il suono della vocale a; tuttavia i vv. 5 e 6
[9]
sono costruiti fonicamente sul variare di tutti e cinque i suoni vocalici. L'uniformità del livello
fonico è accentuata dalla ripetizione di: alcune parole: «onde» (vv. 2, 3), «passare» (v. 3),
«vedo» (vv. 1,3). La ripresa della parola «vedo» (vv. 1, 3) evidenzia da una parte il ruolo di
spettatore del poeta, dall'altra introduce, accanto alla sonorità della d e della o, specifica
anche della parola «onde», quella della consonante v (presente nel verbo «vanno»), che
ritorna nella parola «vento» (v. 5).
2.4.
In tutta la poesia la scelta dei suoni delle parole diventa funzionale alla
disgregazione del loro significato abituale; il livello sonoro uniforme che si viene a creare
determina una specie di rispondenza alogica tra il linguaggio dell'uomo e quello della
natura. Si deve rilevare che i verbi che esprimono i. moti naturali sono quelli propri del
sentire e dell'agire umano: «vanno», «chiama»; «risponde», «sospira», «alita». Ma
l'accostamento tra l'uomo che osserva e. la natura che gli si rivela nel suo fascino
indecifrabile è rappresentato visivamente attraverso la figura del parallelismo, che domina
le prime due strofe: «vanno le stelle, tremolano l'onde»,«un guizzo chiama, un palpitorisponde», «sospira l'acqua, alita il vento». La costruzione sintattica del componimento
sembra collegarsi alla .volontà del poeta di spezzare il muro d'ombra che gli impedisce di
comunicare con la natura: notiamo che i primi cinque versi sono divisi in due emistìchi da
una virgola, quasi a indicare la difficoltà di quell'incontro. Il v.4 «sul mare è apparso un bel
ponte d'argento»,che esprime l'avvenuto collegamento tra uomo e natura, è invece privo di
una punteggiatura interna che lo frantumi. Allo stesso modo solo negli ultimi due versi si
può osservare un enjambement: in tutti gli altri versi il discorso è concluso nell'arco
dell’endecasillabo. La rima, alternata nella prima strofa, diventa baciata nella seconda e
nella terza, dove il discorso tra l'uomo e la natura si fa più stretto.
3.
3.1.
Come gran parte dei componimenti della raccolta Myricae, anche Mare ha per
oggetto una rappresentazione della natura, in apparenza tradizionale: una veduta marina
notturna. Ma in questa poesia gli elementi naturali palpitano e sospirano per emozioni a noi
ignote, delle quali percepiamo solo echi deformati, che invano la parola poetica cerca di
tradurre, Eppure la natura sembra voler comunicare con. noi, attraverso suoni e luci, fremiti
e vibrazioni. Qui è la luce bianca della luna, diffusa tra cielo e superficie del mare, a creare
un possibile canale di comunicazione tra uomo e natura: «un bel ponte d'argento», capace
di collegare cielo e terra; Ma qual è il senso del messaggio che la natura invia all'uomo? E
per chi è fatto quel ponte e dove conduce ? A queste domande la poesia non offre risposta.
Questa risposta negata conduce ai temi di fondo della riflessione pascoliana: da una parte
l'angoscia per il mistero insondabile che circonda l'uomo, dall'altra l'attrazione verso questo
mistero, il desiderio di valicare, attraverso la morte, la soglia che lo separa dal «nido»
distrutto dall'assassinio del padre. D'altra parte la morte incombente è intesa dal. poeta
come una presenza ossessiva, che spia ogni attimo della vita e si rivela attraverso richiami
ambigui provenienti dal mondo della natura (suoni e luci, voci di animali e colori di fiori e
bacche). Appare evidente che la funzione della natura nella poesia pascoliana non può
avere rapporti diretti né con l'idillio leopardiano, né con la tendenza alla rappresentazione
realistica dei dati naturali propria della poesia di Carducci, ma può trovare piuttosto una sua
adeguata collocazione nelle correnti simboliste europee di fine secolo. Alle poesie del
[10]
Pascoli la natura fornisce unicamente lo scenario sul quale proiettare la visione del mondo
maturata nel suo animo e resa vi- va dall'invenzione linguistica. Ogni dato realistico assume
su di se significati nascosti, allusivi, venendo a costituire un semplice elemento di una
comunicazione simbolica il cui codice è solo parzialmente decifrabile. Come già a Charles
Baudelaire, anche in Pascoli il mondo appare come «una foresta di simboli», ai quali solo
l'«intuizione» può accostarsi in un tentativo di interpretazione destinato a rimanere
sostanzialmente inappagato. È perciò giustificabile la presenza della natura in gran parte
dell'opera pascoliana, soprattutto in Myricae; il mondo della natura, però, non appena
toccato dallo sguardo del poeta, perde la sua limpidezza, caricandosi di simboli; Il poeta
assume su di se il compito di rendere percepibile la voce della natura nascosta nei mille
suoni che provengono dal cosmo: il soffiare del vento, il brontolio del tuono, il cinguettio
degli uccelli, ecc. Per questo suo ruolo di interprete della natura, la lingua pascoliana
rinuncia alla concretezza denotativa, assumendo una funzione essenzialmente evocativa di
realtà .indescrivibili ed escluse dal mondo umano. A questo fine il poeta fa largo uso di
onomatopee, di allitterazioni, di ardite metafore, di sinestesie. Tuttavia, a differenza di
quanto avviene per altri poeti, il discorso del Pascoli si mantiene sempre a un livello di
immediata comprensibilità: il significato recondito, cifrato, che il poetaci vuoI far pervenire è
come aggiunto alle immagini naturali che vivono nei suoi versi e che possono anche essere
godute nella loro apparente serenità.
[11]
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