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M. Cocuccio - Rilevanza dell`infedeltà coniugale nell`addebito della
Annali della Facoltà di Economia
Università degli Studi di Messina
Vol. 3/2013
ISSN: 2239-7183
RILEVANZA DELL’INFEDELTÀ CONIUGALE NELL’ADDEBITO DELLA
SEPARAZIONE
Cocuccio Maria Francesca
Dipartimento di Scienze Giuridiche e Storia delle Istituzioni
Università degli Studi di Messina
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Il dovere di fedeltà. – 3. Violazione del dovere di
fedeltà e addebito. – 4. Brevi note conclusive.
1. Premessa
Il lavoro prende spunto da una recente sentenza della Suprema Corte1, avente ad oggetto
la richiesta di addebito della separazione personale ad uno dei due coniugi per
inosservanza del diritto–dovere di fedeltà di cui all’art. 143 c. c..
La violazione del dovere di fedeltà coniugale nascente dal matrimonio è stata
considerata, peraltro non univocamente e in ogni caso, presupposto legittimante
dell’addebito della separazione. Ove l’infedeltà non sia causa della rottura
dell’equilibrio coniugale, ma piuttosto conseguenza di una crisi avente i caratteri della
irreversibilità, è stata ritenuta ininfluente ai fini dell’addebito al coniuge infedele2.
1
Cass. 21 settembre 2012 n. 16089, per la quale “è escluso l’addebito della separazione al marito infedele
perché la moglie non vuole avere figli da lui. L’inosservanza dell’obbligo di fedeltà non giustifica da sola
una pronuncia di addebito della separazione quando una simile condotta è successiva al verificarsi di
un’accertata situazione di intollerabilità della convivenza, tanto da essere non la causa della intollerabilità
stessa ma una sua conseguenza”.
2
Sul punto v. Cass. 14 febbraio 2012 n. 2059, in Foro it., 2012, 2434, con nota di CASABURI, Violazione
dei doveri coniugali e addebito della separazione giudiziale dei coniugi;in Corr. giur., 2012, 645, con nota
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Conformemente alla ratio decidendi di controversie analogamente risolte, la relazione
extraconiugale posta in essere dal coniuge non rileva quale causa di intollerabilità della
convivenza e, dunque, non giustifica l’addebito qualora si giustifichi dalla situazione di
crisi irreversibile del rapporto fra i due coniugi.
Nel caso esaminato dalla sentenza sopra indicata la moglie aveva dichiarato al proprio
marito di non volere avere figli, dichiarazione che aveva determinato in lui un senso di
frustrazione che lo aveva infine portato a cercare conforto in un rapporto sentimentale
con altra donna.
La violazione dell’obbligo di fedeltà coniugale da parte del marito non è apparsa la
causa determinante della crisi coniugale e, quindi, è stata ritenuta inidonea alla
pronuncia di addebito. D’altro canto, dal punto di vista codicistico, i doveri
matrimoniali di cui all’art. 143 c. c. non includono l’obbligo o il dovere di concepire
figli, a differenza del diritto canonico3. Nel caso di specie è stato asserito non solo che
di DE MARZO, Domanda di addebito e distribuzione degli oneri probatori; Cass. 7 dicembre 2007 n.
25618; Cass. 13 giugno 2006 n. 13592.
3
L’annullamento (tecnicamente “dichiarazione di nullità”) del matrimonio secondo il diritto canonico, non è libero ma
è concesso solo se il vincolo matrimoniale presenta determinati vizi del consenso già al momento della celebrazione.
Tra questi, basta anche che siano presenti in un solo coniuge, alcuni sono di natura esclusivamente spirituale (bonum
sacramenti e cioè l’indissolubilità del vincolo matrimoniale, bonum prolis e cioè la volontà di non volere dei figli,
bonum fidei e cioè la non accettazione della fedeltà). In tal caso la volontà matrimoniale del soggetto non corrisponde
a quella richiesta dall’ordinamento canonico. Non vi è, infatti, la volontà del negozio matrimoniale predisposto dalla
Chiesa; vi è, invece, la volontà di un negozio che l’ordinamento non prevede ed al quale non ha dato regolamentazione
o rilevanza. In dottrina v. GIACCHI, Matrimonio canonico. Elementi essenziali, in Enc. dir., XXV, Milano, 1975,
887; FINOCCHIARO, Profili del matrimonio canonico, in Il nuovo codice di diritto canonico, (a cura di Ferrari),
Bologna, 1983, 151; MONETA, Il matrimonio nel nuovo diritto canonico, Genova, 2008, 56; VITALI,
BERLINGO’, Il matrimonio canonico, Milano, 2012.
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le due condotte (la relazione extraconiugale del marito e la volontà della moglie di non
voler procreare) non possono essere messe in correlazione, ma anche che entrambe
s’inseriscono in un periodo in cui la crisi del matrimonio era tal punto irreversibile da
rendere intollerabile la convivenza. L’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale,
pertanto, non può giustificare, da sola, una pronuncia di addebito della separazione,
qualora una tale condotta sia successiva al verificarsi di un’accertata situazione di
intollerabilità della convivenza, sì da costituire non la causa di detta intollerabilità ma
una sua conseguenza4.
2. Il dovere di fedeltà
Quello della fedeltà è reputato sicuramente il dovere più rilevante e significativo tra gli
obblighi coniugali ed è quello che, sebbene in apparenza assoluto, sembra aver perso,
negli anni, non poco del suo originario e tradizionale significato5. Il fondamento
dell’obbligo è rintracciabile nella logica monogamica del rapporto coniugale, espressa
dal dettato degli artt. 86 c. c. e 556 c. p. “al cui rispetto senz’altro è subordinato il
4
Sul tema della intollerabilità della convivenza e le teorie ad essa riferite – oggettiva e soggettiva- cfr.
LA TORRE, Perdita dell'affectio coniugalis e diritto alla separazione, in Fam. Dir., 2008, 34.
5
Il tutto a seguito di alcune sentenze della Corte costituzionale che, dapprima, depenalizzando le relazioni adulterine
e, successivamente, limitando l’ambito di violazione del dovere da parte del coniuge separato alle sole manifestazioni
ingiuriose nei confronti dell’altro, ha sicuramente sferrato dei duri colpi all’impalcatura di coazione giuridica edificata
intorno ad esso. In tal senso v. Corte cost. 9 dicembre 1968 n. 126, in Giur. cost., 1968, 2175; Corte cost., 3 dicembre
1969 n. 147, in Giur. cost., 1969, 2230; Corte cost., 18 aprile 1974 n. 99, in Giur. cost., 1974, 1396.
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riconoscimento giuridico di ciò che si atteggia come rapporto di coniugio. Tale obbligo
viene configurato come l’impegno gravante su ciascun coniuge a non tradire la fiducia
in lui riposta dall’altro nello sceglierlo come unico compagno della propria vita6”.
Inizialmente era inteso in senso restrittivo come “dovere di astensione” da relazioni
sessuali con persone diverse dal proprio coniuge. Ciò comportava un riflesso
“negativo”, consistente nel divieto di intrattenere rapporti sessuali con terzi ed un
riflesso “positivo” basato nel dovere di “prestarsi” e soddisfare le richieste sessuali del
partner, quasi che ciascun coniuge potesse vantare una sorta di ius corporis sull’altro.
Oggi la posizione del dovere di fedeltà è mutata, collegata maggiormente al concetto di
lealtà, nella sua accezione di dovere a non tradire la fiducia dell’altro; di rispettarne la
dignità, nonché di astenersi da comportamenti incompatibili con la scelta di vita
familiare già intrapresa, riferibile, perciò, non solo al coniuge ma all’intero nucleo
familiare7. La nozione di fedeltà coniugale è stata, così, avvicinata a quella di lealtà, la
6
BUSNELLI, Il dovere di fedeltà coniugale, oggi, in Giur. it., 1975, 129; FURGIELE, Libertà e famiglia, Milano,
1979, 163; PACIA DEPINGUENTE, Rapporti personali tra coniugi, in Riv. dir. civ., 1982, 402; PALUMBO,
Brevi osservazioni sul dovere di fedeltà coniugale, in Dir. eccl., 1998, 293. Da ultimo GIACOBBE E., Il matrimonio
rapporto, in Tratt. dir. civ., Le persone e la famiglia. Vol. III. Il Matrimonio. Tomo I: L’atto e il rapporto, Torino,
2011, 695.
7
SANTORO PASSARELLI Art. 143 – 146, in Comm. dir. it. fam., (a cura di Carraro, Oppo, Trabucchi), Padova,
1977, 228: “la fedeltà viene da fede e non consiste soltanto, com’è stato “rozzamente” affermato, nell’astensione da
rapporti sessuali o anche soltanto da relazioni sentimentali, con persona diversa dall’altro coniuge, così che ad essa
faccia riscontro un mero ius in corpus del coniuge a cui la fedeltà è dovuta. Fedeltà è dedizione fisica e spirituale di un
coniuge all’altro e dura quanto il matrimonio, non venendo certamente meno l’obbligo di fedeltà per limite di età,
infermità o altro impedimento al debito coniugale corporale dell’uno o dell’altro coniuge”. Cfr. anche, BUSNELLI, Il
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quale impone il sacrificio di interessi e scelte individuali di ciascun coniuge che
possono collidere con gli impegni e le prospettive della vita comune. In questo quadro,
abbandonando la visione quasi “riduttiva” che vede il dovere di fedeltà come astensione
da relazioni sessuali extraconiugali, la fedeltà affettiva diventa componente di una
fedeltà più ampia, che si traduce nella capacità di saper sacrificare le proprie scelte
personali rispetto a quelle imposte dal legame di coppia e dal “sodalizio” che su di esso
si fonda8. Ne consegue, quindi, che l’obbligo di fedeltà è ora inteso come rispetto della
fiducia e della dignità reciproca e come impegno a non tradire il rapporto di dedizione
fisica e spirituale tra i coniugi. Se, pertanto, il matrimonio deve essere inteso quale atto
di creazione di una formazione sociale dalla comunione “spirituale e materiale” dei suoi
componenti, la fedeltà fonda uno dei parametri fondamentali del suo essere, quale
dedizione fisica e spirituale di un coniuge nei confronti dell’altro. Si abbandona il
contenuto per così dire “minimo” di tale obbligo, legato solo all’idea sessuale, in favore
dovere di fedeltà coniugale oggi, in Giur. it., 1975, 129; LOJACONO V., Fedeltà coniugale, etica giuridica e
costituzione, in Dir. fam. pers., 1974, 1127; TRABUCCHI, Fedeltà coniugale e costituzione, in Riv. dir. civ., 1974,
314.
8
Sul punto RUSCELLO, I diritti e i doveri nascenti dal matrimonio, in Tratt. dir. fam., vol. I. Famiglia e
matrimonio, (a cura di Ferrando, Fortino, Ruscello), Milano, 2002, 744; ID., Accordi tra coniugoi e dovere di fedeltà,
in Studium iuris, 1999, 630.
In giurisprudenza cfr. Trib. Roma, 17 settembre 1989, in Giur. merito, 1991, 754 ss, con nota di LATTANZI, Dovere
di fedeltà e responsabilità civile e coniugale. V. anche Cass. 18 settembre 1997 n. 9287, in Giur. cost., 1997, 2385, con
nota di GIACALONE, Sul dovere di fedeltà dei coniugi dopo la separazione, il quale afferma che “rispetto al
passato, ove si privilegiava l’interpretazione del dovere di fedeltà quale obbligo di astenersi da rapporti sessuali con
soggetti diversi dal coniuge, ai giorni nostri ci si orientata, invece, verso una concezione più ampia ed alta, che da
risalto, anzitutto, al profilo spirituale”.
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di una definizione più ricca e vicina all’idea di matrimonio come rapporto, non di
possesso, ma di scambio e unione.
3. Violazione del dovere di fedeltà e addebito
Perché si abbia violazione del dovere di fedeltà il comportamento posto in essere da uno
dei due coniugi deve essere “volontariamente” lesivo tanto della dignità personale
quanto dell’onore dell’altro. L’inosservanza di tale obbligo rileva ai fini
dell’addebitabilità della separazione e va posto in relazione ad un’accertata
intollerabilità della convivenza della quale il tradimento sia stato il fattore scatenante o
la causa principale9. Secondo il costante e unanime orientamento della giurisprudenza,
la violazione del dovere di fedeltà rimane nella sfera dell’irrilevante, nei limiti cioè in
cui sia stato accertato che la relazione extraconiugale non abbia inciso sulla vita
familiare10. Ai fini di una possibile addebitabilità della separazione, è necessario,
pertanto, che i comportamenti contrari ai doveri coniugali abbiano concorso al
deterioramento dei rapporti di convivenza coniugale11. In tale contesto la violazione del
9
Cass. 14 ottobre 2010 n. 21245; Cass. 23 maggio 2008 n. 13431.
In dottrina cfr. RUSCELLO, I diritti e i doveri nascenti dal matrimonio, in Tratt. dir. fam., (diretto da Zatti), I,
Milano, 2011, 1039; SCARDULLA, La separazione personale dei coniugi e il divorzio, Milano, 2008, 163.
10
Sul punto Cass. 28 gennaio 2011 n. 2093 e Cass. 20 aprile 2011 n. 9074, per le quali “la violazione dell’obbligo di
fedeltà coniugale non è causa d’addebito se risulta provato che comunque non ha avuto incidenza causale nel
determinare la crisi coniugale, giacché essa già preesisteva”. V. anche Cass. 17 dicembre 2010 n. 25560: “l’infedeltà di
uno dei coniugi è irrilevante allorché risulti, comunque, priva di efficienza causale, dal momento che interviene in un
menage già compromesso”.
11
Particolare la pronuncia di Cass. 9 ottobre 2012 n. n. 17195, che ha stabilito l’addebitabile della separazione nel caso di
“adulterio” solo apparente, senza consumazione di rapporti sessuale.
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dovere di fedeltà non può mai rilevare come autonoma causa di addebitabilità, ma solo
in quanto sia determinante della rottura del rapporto coniugale e, quindi,
dell’intollerabilità della convivenza. L’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale,
infatti, rappresenta una violazione particolarmente grave tale da determinare
l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza e, di conseguenza, giustificare
l’addebito di colpa nei confronti del coniuge responsabile, sempre che nel periodo
antecedente la condotta fedifraga il rapporto non fosse già in crisi12. Sulla stessa linea la
posizione di chi ha stabilito il principio secondo il quale l’inosservanza dell’obbligo di
fedeltà coniugale può giustificare ex se una pronuncia di addebito della separazione
esclusivamente nell’ipotesi in cui tale condotta sleale sia la causa dell’intollerabilità
della prosecuzione della convivenza e non una conseguenza di questa13. Qualora,
pertanto, il comportamento del coniuge “adulterino” si sia collocato nell’ambito di un
rapporto di per sé deteriorato e ridotto a mera formalità, l’addebito non potrà essere
12
Cfr. Cass. 9 giugno 2000 n. 7859. In dottrina LUNGHI, Sull’addebito nella separazione, in questa Rivista, 2011, 200
ss.: “non ogni inadempienza, invero, costituisce causa di addebito della separazione, dovendosi configurare violazioni
di una indubbia rilevanza e gravità. La pronuncia di addebito non può fondarsi, quindi, solo sulla violazione dei
doveri che l’art. 143 c. c. pone a carico dei coniugi, essendo, invece, necessario accertare che tale violazione abbia
assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale; deve, appunto, esservi un nesso di causalità tra i
comportamenti addebitati e il determinarsi dell’intollerabilità della convivenza”.
13
Cass. 19 settembre 2006 n. 20256. Da ultimo Cass. 23 ottobre 2012 n. 18175, per la quale “la pronuncia di addebito non
può fondarsi sulla sola violazione dei doveri che l'art. 143 c.c. pone a carico dei coniugi, essendo, invece, necessario
accertare se tale violazione abbia assunto efficacia causale nella determinazione della crisi coniugale”.
In dottrina ARCERI, Dei diritti e dei doveri che nascono dal matrimonio, sub. art. 143, in Codice della famiglia, (a
cura di Sesta), I, Milano, 2007, 412; PARADISO, I rapporti personali tra i coniugi. Artt. 143 – 148 c. c., in
Commentario del codice civile, (diretto da Schlesinger), Milano, 1997, 76.
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pronunciato, essendo l’intollerabilità della convivenza preesistente e indipendente
dall’infedeltà commessa14.
Ai fini dell’addebitabilità della separazione il giudice, di conseguenza, dovrà accertare o
che la frattura del rapporto coniugale sia stata provocata dal comportamento
oggettivamente trasgressivo di uno o di entrambi i coniugi, sussistendo un rapporto di
causalità tra detto comportamento ed il verificarsi dell'intollerabilità dell'ulteriore
convivenza15, o se piuttosto la violazione dei doveri coniugali sia avvenuta quando era
14
Cass. 12 aprile 2006 n. 8512, in Giust. civ., 2007, 1711; in Fam. dir., 2007, 249, con nota di SCARANO, Crisi
coniugale o obbligo di fedeltà, per il quale “in tema di separazione tra coniugi, l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà
coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilità
della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della
separazione al coniuge responsabile, sempre che non si constati la mancanza di nesso di causale tra infedeltà e crisi
coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i
coniugi, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da
una convivenza meramente formale”.
15
Si segnala Cass. 19 maggio 2006 n. 11844, la quale ritiene che “reiterate violenze fisiche e morali sono causa di
addebito della separazione, non essendo necessario che il giudice abbia l’obbligo di effettuare comparazioni con il
comportamento dell’altro coniuge, in quanto si tratta di atti che per la loro estrema gravità, sono comparabili solo con
comportamenti omogenei, stabilendo che la violenza è causa di addebito della separazione anche se motivata da
ritorsione verso il comportamento dell’altro coniuge, sottraendosi ad ogni comparazione”. Pur non essendo l’obbligo
di fedeltà un diritto costituzionalmente garantito e la sofferenza psichica e la percezione dell’offesa causate, che ne
scaturirebbero quali indefettibili corollari, non fanno nascere di per sé alcun diritto al risarcimento, nel caso in cui la
violazione del dovere di fedeltà avviene con modalità tali da ledere diritti fondamentali ed inviolabili, garantiti dalla
nostra Costituzione, quali salute, riservatezza, relazioni sociali, dignità ecc., il coniuge tradito, a prescindere dal
procedimento di separazione o di addebito, potrà chiedere ed ottenere il risarcimento.
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già maturata una situazione di crisi del vincolo coniugale in un contesto caratterizzato
da una convivenza meramente formale16.
V. anche Cass. 1 giugno 2012 n. 8862, per la quale “la violazione dell’obbligo di fedeltà coniugale può dar luogo, nel
medesimo procedimento, sia alla pronuncia di addebito della separazione, sia al riconoscimento del diritto del
coniuge al risarcimento dei danni non patrimoniali per illecito civile”. La Cassazione ha espressamente riconosciuto la
possibilità di una coesistenza tra una pronuncia di addebito e una pronuncia di risarcimento dei danni, in ragione del
medesimo fatto illecito commesso in violazione dei doveri derivanti dal matrimonio, “considerati i presupposti, i
caratteri, le finalità, radicalmente differenti” tra i due istituti; Cass. 15 settembre 2011 n. 18853, in questa Rivista, 2012,
1447, con nota di PETTA, Infedeltà coniugale e responsabilità civile: “i doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio
hanno natura schiettamente giuridica e la loro violazione non trova necessariamente sanzione unicamente nelle misure
tipiche previste dal diritto di famiglia, quale, per es., l’addebito della separazione, discendendo dalla natura giuridica
degli obblighi suddetti, che la loro violazione, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, possa
integrare gli estremi dell’illecito civile e dare luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’art.
2059 c. c., senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di separazione sia preclusiva dell’azione di
risarcimento relativa a detti danni”.
In dottrina cfr. CARINGELLA, GIOVAGNOLI, Studi di diritto civile, I, Famiglia e Successioni, Milano, 2007, 33;
CONTIERO, I doveri coniugali e la loro violazione, Milano, 2009, 111 ss.
16
Cass. 14 febbraio 2012 n. 2059, in Foro it., 2012, 2434, con nota di CASABURI, Violazione dei doveri familiari e
addebito della separazione dei coniugi, in Fam. dir., 2012, 761, con nota di VIGNUDELLI, L’addebito fra soggetto e
oggetto, in Corr. giur., 2012, 645, con nota di DE MARZO, Domanda di addebito e distribuzione degli oneri
probatori.
La Suprema Corte si è pronunciata ritenendo che ”grava sulla parte che richieda, per l’inosservanza dell’obbligo di
fedeltà, l’addebito della separazione all’altro coniuge l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel
rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre, è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a
fondamento della domanda, e quindi dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare le
circostanze su cui si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà”.
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Deve, quindi, evidenziarsi che la dichiarazione di addebito della separazione implica la
prova che l’irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al
comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal
matrimonio; pertanto, in caso di mancato raggiungimento della prova che il
comportamento contrario ai predetti doveri tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia
stato la causa efficiente del fallimento della convivenza, legittimamente viene
pronunciata la separazione senza addebito17.
4. Brevi note conclusive.
17
Né ad escludere la rilevanza della infedeltà è ammissibile la qualificazione della stessa quale reazione a
comportamenti dell'altro coniuge, non essendo possibile una compensazione delle responsabilità nei rapporti
familiari, e potendo, invece, essere addebitata la separazione a entrambi i coniugi, ove sussistano le relative domande:
Cass. 9 giugno 2000 n. 7859, cit..
In questo caso il giudice di merito, con la sentenza parimenti annullata con rinvio dalla S. C., pur in presenza
dell'ammissione da parte del marito della relazione adulterina intrattenuta, aveva affermato che nel fallimento
dell'unione coniugale aveva avuto un'incidenza decisiva la condotta della moglie, caratterizzata dall'impiego di
espressione spiccatamente volgari e oscene nei confronti del coniuge.
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Il profilo attinente ai diritti – doveri dei coniugi rappresenta forse la pagina più
problematica del diritto di famiglia. Se nell’ambito della libertà contrattuale la posizione
reciproca dei contraenti, dopo il perfezionamento del contratto, non è più quella di
conformare il proprio comportamento alle aspirazioni personali del momento, bensì
quella di onorare un rapporto al quale liberamente si sono assoggettati, analogo discorso
potrebbe, quindi, valere per chi, altrettanto liberamente, si assoggetta al vincolo
matrimoniale18. Il matrimonio rappresenta, dunque, l’atto fondante quella comunità di
coloro che si uniscono stabilmente e della loro prole, creando un intenso vincolo,
giuridicamente rilevante, di solidarietà reciproca tra tutti i componenti; la famiglia, che
ne discende, non è una comunità di affetti purchessia, ma è la sintesi di relazioni
giuridicamente vincolanti. I coniugi, dunque, sanno che celebrando il matrimonio
conseguono corrispondenti diritti e si assoggettano a determinati doveri.
Tra questi il dovere di fedeltà consiste proprio nell’impegno a non tradire la“reciproca”
fiducia19, ovvero a non tradire il “rapporto di dedizione fisica e spirituale” esistente tra i
coniugi; è un obbligo di devozione, che presuppone una comunione spirituale, volto a
garantire e consolidare l’armonia esistente, ma anche una regola di condotta imperativa,
oltre che una “direttiva morale” di particolare valore sociale: si articola in una serie
18
GIACOBBE E., op. cit., 676, per la quale “a differenza di quanto tendenzialmente avviene in ambito contrattuale,
nella celebrazione del matrimonio è pur previsto il solenne ammonimento, da parte dell’ufficiale dello stato civile, in
merito a ciò cui i nubendi vanno incontro, proprio attraverso la lettura degli artt. 143, 144 e 147 c. c., volendosi in tal
modo renderli “preventivamente” edotti sulla portata del vincolo che, da ora in poi, li astringe”.
192
19
TOMMASEO, Dizionario della lingua italiana, II.1, Torino, 1869, 723: la fede che l’uomo ha nell’uomo viene da
persuasione che non ci inganni; fede in un uomo è più di fiducia, la fiducia può essere quasi di mera indulgenza,
talvolta è più tenera, ma la fede è sempre più rispettosa.
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complessa di comportamenti, di rispetto e di delicatezza, funzionali tutti alla
realizzazione di una piena unità familiare20.
La sua reiterata inosservanza, tanto più se attuata attraverso una stabile relazione
extraconiugale, rappresenta una violazione particolarmente grave che, determinando
normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi causa
della separazione personale dei coniugi e, quindi, circostanza sufficiente a giustificare
l’addebito della separazione al coniuge che ne è responsabile, sempre che non si constati
la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento
rigoroso e una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi21. Il
giudice dovrà, quindi, sempre valutare in quale misura la violazione del dovere abbia
inciso sulla vita familiare, tenuto conto delle modalità e della frequenza dei fatti, del tipo
di ambiente in cui si sono verificati e della sensibilità dei soggetti interessati. Quando la
legge parla di doveri coniugali lo fa solo per tutelare l’unità familiare e non per
comprimere la libertà del singolo. Se, quindi, è necessario che la violazione del dovere di
fedeltà vada posta in relazione con l’accertata intollerabilità della convivenza, viceversa,
20
21
COSPITE, Artt. 143- 230 bis, in Commentario breve al codice civile, (a cura di Cian, Trabucchi), Padova, 2011, 232.
Con sentenza del 15 luglio 2010 n. 16614, la Suprema Corte ha ritenuto che per concretizzarsi l'addebito è
indispensabile verificare se tale violazione, “lungi dall’essere intervenuta quando era già maturata e in conseguenza di
una situazione di intollerabilità della convivenza, abbia, viceversa, assunto efficacia causale nel determinarsi della crisi
del rapporto coniugale”. Si focalizza, quindi, l’attenzione sullo specifico che ha condotto alla “crisi matrimoniale” che a
sua volta potrebbe già essere esistente prima dell’atto in sé di violazione.
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Annali della Facoltà di Economia
Università degli Studi di Messina
Vol. 3/2013
ISSN: 2239-7183
la scelta di un coniuge di non voler avere figli non può trovare giustificazione nella
violazione del dovere di fedeltà da parte dell’altro coniuge22.
22
MACARIO, I rapporti personali dei coniugi, in Diritto della famiglia, (a cura di Patti, Cubeddu), Milano, 2012, 122.
L’A. mette in evidenza come il matrimonio, comporta la scelta, da parte di ciascuno dei nubendi, del proprio
compagno di vita, con il quale instaurare un rapporto affettivo “privilegiato ed esclusivo”. Ne consegue che l’obbligo di
fedeltà è inteso come rispetto della fiducia e della dignità reciproche e come impegno di non tradire il rapporto di
dedizione fisica e spirituale tra i coniugi.
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