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Cap.3 - Il progetto del timone

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Cap.3 - Il progetto del timone
Cap.3 – Il progetto del timone
3
Il progetto del timone
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
3.6
3.7
3.8
3.9
3.10
3.11
3.12
3.13
3.14
3.15
3.16
3.17
3.18
3.19
3.20
3.21
3.22
3.23
Introduzione ..........................................................................66
La descrizione della pala ......................................................66
Lo studio della pala isolata ..................................................69
L’effetto della carena ............................................................71
L’effetto dell’elica .................................................................74
Le forze sulla pala .................................................................78
I coefficienti idrodinamici .....................................................80
I profili idrodinamici ............................................................84
L’analisi dei profili idrodinamici .........................................87
I profili per timoni navali ......................................................92
La superficie idrodinamica a sviluppo costante ...................97
Lo sviluppo planare ..............................................................99
La scelta dello sviluppo planare .........................................103
L’utilizzo dei coefficienti idrodinamici di profilo ...............104
La superficie idrodinamica articolata ................................108
Il progetto idrodinamico della pala ....................................115
La configurazione strutturale del timone ............................122
Il progetto strutturale ..........................................................128
Il modello per lo studio dell’asta ........................................129
Lo stato tensionale sull’asta ...............................................135
La procedura IACS per la verifica strutturale ....................136
Il dimensionamento strutturale della pala e dei supporti ...142
L’evoluzione del timone ......................................................147
APP. 1 Elenco dei simboli ...............................................................151
65
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
3.1 – Introduzione
Nel presente capitolo si tratterà del progetto del timone facendo riferimento,
in particolare, allo studio delle forze che maturano sulla pala di un timone
tradizionale, ossia un timone verticale passivo posto a poppa della nave. In
quanto segue perciò, ad una descrizione della geometria della pala seguirà
un’analisi qualitativa del campo fluido in cui il timone si trova a lavorare, e
successivamente si forniranno le basi per poter stilare il progetto, sia da un
punto di vista idrodinamico, sia strutturale, analizzando la robustezza della
pala e degli elementi di controllo e sostegno.
3.2 – La descrizione della pala
La forma della pala di un timone è frutto di una serie di considerazioni
progettuali che sottostanno a valutazioni di origine sia idrodinamica sia
strutturale. Benché diverse siano le possibili soluzioni del progetto, la
superficie della pala assume un aspetto che ha delle caratteristiche ben
precise: è quindi possibile definire i parametri geometrici che consentono di
descrivere compiutamente la forma della generica pala.
Nel caso più semplice la pala è sostenuta da robuste strutture interne alla
carena, ma talvolta è necessario provvedere a disporre appendici di carena
che costituiscano un ulteriore sostegno: nel primo caso si ha una superficie
di manovra completamente mobile, nel secondo caso si ha una parte mobile
(la pala vera e propria) ed una parte fissa (il supporto, esterno allo scafo,
lungo il bordo di ingresso della pala). Sia che si tratti di superfici all–
movable, sia che si tratti di pale con supporti, il complesso esposto al flusso
ha una forma tale da costituire un unico corpo idrodinamico, perciò la
nomenclatura che viene qui introdotta si può considerare riferita
indistintamente ai due casi, con l’accorgimento comunque di riconoscere
quali parti siano mobili e quali fisse.
Va inoltre osservato che le definizioni che seguono possono applicarsi
anche ad altre superfici idrodinamiche presenti sulla nave, si citano ad
esempio le pinne stabilizzatrici utilizzate per lo smorzamento del moto di
rollio .
Le dimensioni geometriche principali della pala sono definite con
riferimento alla proiezione della pala sul piano identificato da due direttrici:
la direzione dell’asse di rotazione e la direzione del flusso ideale generato
dall’avanzo della nave. Su questo piano, in genere verticale e coincidente
con il piano diametrale della nave, si identifica la forma del timone, ossia la
forma della sua superficie idrodinamica proiettata. In particolare:
• l’area del timone AR [m2] (profile area) è l’area della superficie
proiettata – il pedice R si riferisce al termine inglese per indicare il
66
Cap.3 – Il progetto del timone
timone (rudder) –, il suo profilo tracciato sul piano di proiezione viene
scomposto in tratti come di seguito specificato;
• il bordo di ingresso (leading edge) e il bordo di uscita (trailing edge)
sono i due tratti del profilo affacciati rispettivamente al flusso in
ingresso ed a quello in uscita;
• il bordo alla radice (root, r) e il bordo all’apice (tip, t) sono i due
spigoli della pala rispettivamente vicino allo scafo e all’estremità
opposta. Trattandosi di superfici di controllo a sviluppo verticale, si
parla usualmente di spigolo superiore e spigolo inferiore.
In base a queste definizioni, la generica lunghezza misurata (sempre sul
piano di proiezione) nella direzione del flusso, ossia dallo spigolo di ingresso
a quello di uscita, è detta corda (chord) – indicata con c [m] –, mentre quella
misurata sullo stesso piano ma nella direzione ortogonale al flusso, dal bordo
inferiore a quello superiore, è detta campata b [m] (span), quest’ultima è
comunemente detta anche “altezza”.
Per quanto riguarda la terza dimensione, si definiscono gli spessori della
pala. A tale scopo si fa riferimento al profilo idrodinamico che viene definito,
sulla generica corda, da un sezionamento ortogonale al piano di proiezione e
parallelo alla direzione del flusso ideale.
I valori di corda, campata e spessore possono essere valutati su diverse
sezioni della pala, ma assumono particolare importanza quelli definiti nel
modo seguente:
• la corda cr [m] e la corda ct [m] misurate rispettivamente alla radice e
all’apice, eventualmente con riferimento alle linee orizzontali di
compenso dell’area quando gli spigoli della pala sono inclinati, curvi o
discontinui.
• la campata media bm [m] misurata come distanza fra la corda alla radice
e quella all’apice, e la corda media cm [m] misurata a metà della
campata bm; sulla base di questi parametri, quando la legge di
variazione della corda è, come usualmente sulle navi, di tipo lineare,
l’area del timone può essere espressa tramite il prodotto:
AR = bm cm
[m2]
(3.2.A)
• lo spessore tM [m] valutato come spessore massimo in corrispondenza
della corda media.
Un’altra caratteristica significativa dal punto di vista idrodinamico è
l’angolo di abbattimento medio Λ (sweepback angle), detto anche angolo di
freccia, corrispondente all’angolo medio di inclinazione, misurato rispetto
alla direzione della campata, della curva formata dai punti di ogni corda
posti a 0,25 c dal bordo d’ingresso, ove con c si indica la lunghezza della
67
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
generica corda. Si osservi che anche l’asse di rotazione può essere inclinato
rispetto alla direzione della campata.
Sulla base delle grandezze fin qui definite si introducono alcuni rapporti
adimensionali classici che, oltre a facilitare l’approccio allo studio delle
caratteristiche idrodinamiche della pala per confronto fra diverse soluzioni,
permettono di tenere sotto controllo le dimensioni principali entro campi di
usuale impiego e sperimentata efficienza. Si sottolinea a riguardo
l’importanza dei seguenti rapporti tra le dimensioni principali del timone:
• l’allungamento geometrico λG della pala (geometric aspect ratio), pari
al rapporto tra bm e cm:
λG =
bm
cm
[-]
(3.2.B)
che assieme all’area della pala AR costituisce uno dei parametri
fondamentali per il progetto preliminare del timone. La conoscenza
della coppia (AT, λG) permette infatti di fissare i valori di bm e cm , infatti:
bm = AR λG
cm =
[-]
AR
(3.2.C)
λG
• il rapporto tra lo spessore tM e la corda mediana cm (thickness chord
ratio), che usualmente viene mantenuto costante lungo la campata allo
scopo di ottenere superfici a generatrici rettilinee.
• il rapporto di rastremazione, definito come il rapporto tra la lunghezza
della corda all’apice e quella della corda alla radice (taper ratio).
• il grado di compenso, pari al rapporto tra l’area della pala a proravia
dell’asse di rotazione (ARF [m2]) e l’area totale del timone.
RAPPORTI ADIMENSIONALI DEL TIMONE
allungamento geometrico λG = bm / cm
thickness chord ratio tM / cm
rapporto di rastremazione ct / cr
grado di compenso ARF / AR
TABELLA 3.2.A
68
VALORI TIPICI
1,5 ÷ 2,5
0,06 ÷ 0,25
0,5 ÷ 1,0
0 ÷ 0.25
Rapporti adimensionali tipici per timoni convenzionali.
Cap.3 – Il progetto del timone
Le grandezze ed i rapporti sopra definiti trovano applicazione sia sulle
pale simmetriche, aventi cioè simmetria rispetto al piano di proiezione, sia su
quelle asimmetriche. In Tab.3.2.A si forniscono, a titolo di esempio, i valori
indicativi dei rapporti adimensionali tipici di un timone verticale
convenzionale, validi sia per piccole imbarcazioni, sia per navi mercantili e
militari.
3.3 – Lo studio della pala isolata
Le forze idrodinamiche che maturano sulle superfici passive di controllo
sono il frutto dell’interazione con il flusso d’acqua che le investe, ed il loro
studio può essere condotto richiamando concetti generali, applicabili ad ogni
corpo esposto al flusso di un fluido reale non omogeneo. Affinché tale
approccio risulti utile ad illustrare la risposta della generica superficie
idrodinamica, è però conveniente analizzare per prime le condizioni generali
di funzionamento di un corpo isolato immerso in flusso omogeneo, e solo
successivamente le particolarità legate al flusso non omogeneo nella volta di
poppa.
In generale, un corpo immerso in un fluido e dotato di moto relativo
rispetto ad esso sperimenta sulla sua superficie degli sforzi, sia normali sia
tangenziali, che possono essere ridotti ad un sistema equivalente costituito da
una forza risultante agente lungo una determinata retta d’azione.
L’orientazione ed il valore di tale forza dipendono sia dalle caratteristiche
del fluido e del corpo, sia dalla velocità relativa tra fluido e corpo, in ogni
caso si definisce portanza L [N] (lift) la componente della forza totale nella
direzione normale al flusso e resistenza D [N] (drag) la sua componente
nella direzione e nel verso del flusso. Le forze scambiate dipendono in gran
misura dalla direzione del flusso rispetto alla superficie, ossia dall’angolo
formato tra la corda del profilo di detta superficie e la direzione del flusso
(angolo di attacco).
Innanzitutto è necessario osservare che i due tipi di forza generati da un
corpo in moto in un fluido non sono sempre presenti contemporaneamente:
infatti, mentre la resistenza all’avanzamento è sempre presente, e può
considerarsi come una forza di base, ed in genere parassita, la portanza, la
cosiddetta componente nobile, non sempre si manifesta. Per generarla,
almeno in modo efficace, si richiede una classe speciale di corpi disegnati e
utilizzati in maniera opportuna. In realtà tale componente non può esistere
senza la prima, e più che di forze di natura diversa è più opportuno pensare a
un diverso equilibrio delle componenti. Per questi motivi, le superfici di
controllo della nave sono dei corpi relativamente sottili e affusolati che
hanno una forma alare ed un profilo ottimizzati proprio per generare
un’elevata portanza tenendo sotto controllo l’insorgere della resistenza, da
qui il nome di superfici idrodinamiche.
69
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
La forza idrodinamica totale è il risultato di complessi fenomeni
d’interazione fra il corpo ed il fluido, che possono essere messi in luce
considerando le due diverse condizioni di flusso ideale (incompressibile non
viscoso) e flusso reale (incompressibile e viscoso).
Procedendo secondo questo schema, si consideri inizialmente un corpo
isolato immerso in un fluido non viscoso e sottoposto ad un flusso omogeneo
e stazionario. Dal momento che non possono nascere forze viscose, non vi è
attrito sulla superficie e gli sforzi che maturano sul corpo hanno sola
componente normale a detta superficie. Per effetto dell’azione combinata
della velocità V [m/s] e dell’angolo di attacco α [°] si induce una circolazione
della velocità attorno alla pala determinando una depressione sulla superficie
del corpo non esposta al flusso (dorso) e una pressione sulla superficie del
corpo esposta al flusso (ventre):
• l’integrale degli sforzi di pressione nella direzione ortogonale al flusso
rappresenta la forza di portanza L;
• l’integrale degli sforzi di pressione nella direzione parallela al flusso
rappresenta la forza di resistenza D che, nel caso di fluido ideale,
risulta nulla: questa situazione esprime proprio il noto paradosso di
D’Alambert, per il quale un corpo sferico immerso in un flusso
omogeneo ideale non subisce alcuna forza da parte del fluido.
In realtà, poiché il fluido è sempre viscoso, sulla superficie del corpo si
generano sia sforzi tangenziali, sia di pressione. I primi sono all’origine di
una resistenza d’attrito. I secondi, oltre ad essere all’origine della portanza,
forniscono ora anche una risultante netta nella direzione del flusso, detta
resistenza di pressione di origine viscosa, che consta di due contributi
diversi:
• la resistenza di forma, o di scia, legata all’area della sezione trasversale
del corpo, ossia al tipo di profilo, e causata dalla formazione di vortici
nella zona poppiera del corpo (distacco dello strato limite). Tale
situazione comporta infatti il mancato recupero delle pressioni al bordo
di uscita della superficie idrodinamica.
• la resistenza indotta, quest’ultima ha origine dal fatto che la pala non
ha allungamento infinito e quindi, per effetto della sua particolare
fisionomia, mette in contatto alle estremità della campata le due zone
(dorso e ventre) caratterizzate da pressioni diverse, comportando una
minore differenza di pressione fra dorso e ventre e causando quindi una
corrente indotta nella direzione della campata (il flusso da
bidimensionale diventa perciò tridimensionale). Questa corrente indotta
si combina con quella del flusso di base che lambisce la pala e
determina la formazione di una scia vorticosa nella quale si disperde
energia: a questa energia è associato l’aumento delle perdite.
70
Cap.3 – Il progetto del timone
La nascita della corrente indotta ha un effetto deleterio sulla portanza, infatti
quest’ultima subisce una riduzione che si spiega proprio con la minore
differenza di pressione che si viene ad avere per effetto del contatto fra i due
campi del dorso e del ventre della pala.
L’effetto indotto dalla dimensione finita della campata non si manifesta
in maniera evidente quando il flusso possiede alcune caratteristiche di
omogeneità e il corpo immerso ha uno sviluppo costante con allungamento
molto elevato. In queste condizioni si può ritenere che il flusso sia
bidimensionale, ovvero che le forze idrodinamiche vengano scambiate tra
fluido e profilo alare in un contesto in cui i vettori della velocità e della forza
hanno caratteristiche invariate nella direzione perpendicolare al flusso e
appartengono tutti a piani paralleli. Si vedrà più avanti che il modello di
campo bidimensionale viene considerato valido, sebbene con opportune
correzioni, anche in presenza di corrente indotta.
3.4 – L’effetto della carena
Le situazioni fin qui descritte fanno riferimento a flussi omogenei, mentre
nella pratica le superfici di controllo sono poste in vicinanza alla carena e
all’elica, entrambe fonti di forti modifiche del flusso.
Per quanto riguarda la presenza della carena, due sono i motivi della
variazione del campo di velocità che viene ad incontrare il timone posto
nella volta di poppa, infatti:
• la carena genera una scia che investe il timone determinando sulla
pala un flusso a velocità inferiore rispetto a quella di avanzo della nave.
• la volta di poppa costituisce uno sbarramento all’innesco di un flusso
indotto verso l’estremità superiore della pala e quindi limita le perdite
legate alla formazione dei vortici alla radice.
Per effetto della presenza della carena a proravia del timone le forze
sulla pala si modificano (in particolare la portanza si riduce) e per tenere
conto di questo fenomeno si valuta la velocità media effettiva sul timone
riducendo la velocità della nave della velocità di scia di carena.
È noto che, indicando con VA [m/s] la velocità di flusso vista dal disco
dell’elica ad elica ferma (ossia la velocità di scia misurata rispetto alla nave),
e con VS [m/s] la velocità assoluta di avanzo della nave, la velocità assoluta
della scia vale allora (VS – VA). Il rapporto fra la velocità assoluta di scia e la
velocità della nave si definisce frazione di scia e si indica con w [-]. La
conoscenza della frazione di scia di una nave permette di valutare la velocità
VA . Per navi bielica vale generalmente w < 0,2 mentre per navi monoelica
vale 0,2 < w < 0,5.
71
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
Per meglio valutare l’effetto della carena sulla pala, la frazione di scia
viene corretta per dare la velocità media del tubo di flusso in cui si trova il
timone. Si definisce così la cosiddetta frazione di scia al timone wR [-] ed in
base a queste considerazioni la velocità media sul timone per effetto della
presenza della carena risulta pari a:
VA =VS
(1 − w )
[m/s]
R
(3.4.A)
I valori indicativi della frazione di scia al timone sono forniti in
Tab.3.4.A in funzione dei parametri che più la influenzano, ossia il
coefficiente di pienezza della carena cB [-], la configurazione della poppa e la
posizione del timone nella volta di poppa. Si osservi che, solo se la nave ha
forme molto piene ed il timone è al centro, la frazione di scia al timone
coincide con la frazione di scia di carena.
La presenza della carena a proravia del timone manifesta anche un altro
effetto sulle forze idrodinamiche da esso sviluppate. Infatti, il campo di
pressioni che matura sul timone durante la generazione di una forza attiva di
evoluzione crea una modifica del campo di pressioni sulla carena, formando
così un campo di velocità asimmetrico sulla carena stessa, tale da favorire la
rotazione della nave. In sostanza si manifesta una stretta interazione fra pala
e carena, palesando in pratica l’esistenza di un unico corpo idrodinamico,
fatto tanto più evidente quando il timone è posto a continuazione di un
prolungato skeg. Ciò indica perciò che, se si favorisce la continuità fra
timone e carena, si ottiene una maggiore efficacia del timone. Di questo
effetto si tiene conto quando si posiziona il timone a poppa – ma si trascura
però nella fase di progetto, essendo di difficile quantificazione.
CONFIGURAZIONE
wR [-]
nave monoelica con un timone al
centro (0,5 ≤ cB ≤ 0,8)
0,5981 – 1,92cB + 1,931cB2
nave monoelica con un timone al poppa a “V”
0,30 + 3,6 (cB – 0,8)
centro o nave bielica con due
timoni posti a non più di 0,1 B dal poppa ad “U” 0,35 + 2,0 (cB – 0,8)
diametrale (cB ≥ 0,8)
poppa a bulbo 0,48 + 2,0 (cB – 0,8)
nave bielica con due timoni posti
a più di 0,1 B dal diametrale
TABELLA 3.4.A
72
w
Frazione di scia al timone per varie configurazioni.
Cap.3 – Il progetto del timone
Per effetto della presenza della volta di poppa la pala si comporta, ai fini
della generazione della portanza, come se fosse più lunga, grazie allo
sbarramento offerto dalla carena al flusso trasversale indotto. Nel calcolo
delle forze si associa perciò ad essa un allungamento effettivo λ maggiore di
quello geometrico λG , e corrispondente all’allungamento geometrico della
pala isolata che, con lo stesso profilo, produce la stessa portanza.
Nel caso particolare in cui la superficie idrodinamica sia aderente,
all’estremità, ad una superficie piana perfettamente liscia, si manifesta il
cosiddetto effetto specchio, che consiste in un allungamento virtuale della
pala pari a 2λG .
Anche la carena può agire da specchio, ma non riesce nella realtà creare
un allungamento effettivo doppio rispetto a quello geometrico, sia per la
distanza del timone dalla carena, sia per la forma della volta di poppa. Inoltre,
solo se la volta di poppa è piatta il timone subisce lo stesso effetto a tutti gli
angoli di barra, altrimenti all’aumentare dell’angolo di barra la radice del
timone si allontana dalla carena e l’effetto di allungamento virtuale
diminuisce.
λ / λG
CONFIGURAZIONE
SISTEMAZIONE
timone molto vicino al corpo
superiore
(dS ≈ 0,05 m, dS / b ≈ 0,01)
CORPO
SUPERIORE
λG = 1,50
λG = 3,00
poppa piana
1,75
1,50
counter fin
1,65
1,45
volta di poppa
1,50
1,35
1,30
1,20
≈1,00
≈1,00
timone vicino al corpo superiore
(dS > 0,15 m, dS / b ≈ 0,05)
timone lontano dal corpo superiore
(dS / b ≈ 0,075)
TABELLA 3.4.B
Allungamenti virtuali della pala.
L’allungamento effettivo, almeno ai bassi angoli di barra, può essere
strettamente correlato alle dimensioni reciproche fra la campata b e la
distanza media dS [m] della pala dallo scafo. A tale riguardo si confronti la
Tab.3.4.B, nella quale si prende anche in considerazione il caso in cui fra la
73
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
pala e il fasciame della volta di poppa sia interposta un’appendice fissa
(counter fin) per ridurre la distanza fra la radice della pala e la poppa.
Va osservato che, in genere, nelle configurazioni tipiche delle navi
mercantili la distanza dS dalla volta di poppa è di qualche decina di
centimetri, e quindi l’effetto è piuttosto ridotto – tale distanza non scende
comunque al di sotto di 5 cm per evitare il blocco del timone nel caso di
formazione di ghiaccio.
Un altro importante effetto è quello della presenza della superficie
libera. Le variazioni dinamiche di pressione si possono infatti scaricare sulla
superficie libera soprastante formando un’onda di superficie, e ciò si traduce
in una riduzione delle forze generate dalla pala.
Al limite, quando il timone è molto caricato e vicino alla superficie, si
può anche verificare il fenomeno della ventilazione, con richiamo di bolle
d’aria sul dorso della pala in depressione. La presenza della volta di poppa
produce una riduzione dell’effetto di superficie libera e, in tale circostanza,
tale fenomeno si può ritenere trascurabile quando la pala presenta lo spigolo
di radice ad un’immersione pari ad almeno 0,4 bm.
3.5 – L’effetto dell’elica
Anche fra il timone e l’elica propulsatrice si manifesta un’interazione
idrodinamica. Gli effetti di tale reciproca interazione sono i seguenti:
• per quanto riguarda la manovra, l’efficienza del timone è accresciuta
dalla presenza della scia dell’elica, che non si limita a ridurre l’effetto
di scia di carena, ma anzi determina velocità medie sulla pala superiori
a quelle di avanzo della nave (sul timone possono maturare forze
raddoppiate). Inoltre, si ha il vantaggio di poter sfruttare il timone
anche a nave praticamente ferma, creando un flusso netto tramite
l’elica;
• per quanto riguarda l’avanzo, la presenza del timone fa aumentare
l’efficienza propulsiva grazie al raddrizzamento del flusso, e quindi per
effetto del recupero dell’energia associata al moto rotatorio del flusso
uscente dall’elica.
perciò il timone, quando possibile, viene posto nella scia dell’elica.
La presenza dell’elica crea infatti una variazione del flusso introducendo
un aumento della velocità media sulla pala nella direzione longitudinale, ma
causa anche forti disomogeneità e turbolenze. A ciò va aggiunto che la
componente trasversale parassita della velocità del flusso dell’elica produce
una piccola variazione dell’angolo di attacco medio sulla pala – valutabile in
circa 1° – e localmente variazioni quantificabili anche in 10º÷15º, con versi
opposti sulla parte superiore e su quella inferiore rispetto al mozzo dell’elica,
74
Cap.3 – Il progetto del timone
(la distribuzione delle pressioni lungo la campata assume un andamento
pressoché sinusoidale). Dall’azione dell’elica conseguono quindi, almeno
per la parte del timone entro la sua scia, l’aumento della portanza, associato
però all’aumento della resistenza, e la tendenza allo stallo.
Complessivamente, sommando l’azione dell’elica a quella della carena,
l’effetto più importante che si manifesta sulla pala del timone è la variazione
netta della velocità media nella direzione di avanzo. Questo effetto può
essere calcolato con la procedura (di seguito descritta) che consiste nel
valutare un flusso omogeneo equivalente, ottenuto modificando la velocità
del flusso indisturbato, generato dall’avanzo della nave, con fattori legati sia
al funzionamento dell’elica sia alle caratteristiche di carena. Se poi il timone
non si trova completamente nella scia dell’elica, si calcola una velocità
media pesata, proporzionale alle frazioni di area della pala esposte o meno
all’elica. In questo modo si trascurano le fluttuazioni di velocità lungo la
campata, che non danno comunque un significativo contributo netto sulle
forze complessive, e si riconduce lo studio della pala al modello di corpo
isolato in flusso omogeneo bidimensionale, in armonia con quanto fatto
quando si è definito il concetto di allungamento effettivo.
Si utilizzano comunque spesso procedure semplificate che consistono
nel trascurare gli effetti antagonisti della carena e dell’elica: secondo tale
approccio lo studio del timone viene impostato in un flusso di velocità pari a
quella della nave. Esistono infatti vecchi studi condotti su navi monoelica e
bielica con un solo timone a centro nave, che illustrano l’effetto combinato
di elica e carena rispettivamente per un timone posto nella scia dell’elica e
per un timone al di fuori delle scie. Per queste due configurazioni sono state
fatte prove su timone dietro lastra piana (condizione di riferimento), dietro
carena e dietro carena con elica in funzione. Tali studi, che confermano
l’applicabilità del metodo approssimato, mostrano sostanzialmente che per
una nave monoelica con timone al centro:
• la presenza della carena comporta un’accentuata riduzione delle forze
generate dal timone rispetto al caso di timone dietro lastra piana,
• la presenza della carena e dell’elica in funzione comportano effetti
opposti che tendono a compensarsi (sempre rispetto al caso di timone
dietro lastra piana),
mentre per una nave bielica con timone al centro la presenza della carena e
dell’elica in funzione comportano effetti opposti che però non si
compensano, infatti l’effetto di scia di carena è preponderante.
Per quanto riguarda il calcolo della velocità media sulla pala posta nella
scia dell’elica, si fa qui riferimento alla studio dell’elica propulsatrice
sviluppato in seno alla teoria della quantità di moto.
75
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
Si definisce perciò δVA [m/s] l’incremento totale di velocità impresso
sull’acqua dall’elica immersa nella scia di carena, e si calcola poi come
kmδVA l’incremento parziale di velocità che si realizza ad una certa distanza
alle spalle del disco dell’elica, km rappresenta infatti il coefficiente correttivo
per tenere conto della posizione della pala a valle del disco dell’elica. Si ha
perciò sulla pala del timone la velocità VA così calcolata:
VR
= VA + km δVA
[m/s]
(3.5.A)
in cui il fattore km è desumibile dalla Tab.3.4.C, ove viene espresso in
funzione del parametro kl definito come kl = l /De in cui l [m] è la distanza
longitudinale fra l’asse di rotazione della pala ed il disco dell’elica e De [m]
è il diametro dell’elica. Si osservi che il fattore km , come previsto dalla teoria
della quantità di moto, assume il valore 0,5 sul disco dell’elica e tende ad 1,0
al crescere di kl, assumendo il valore di circa 0,96 per mentre per kl = 1.
POSIZIONE
km
0 ≤ l /De ≤ 0,25
0,50 + 2,04 kl − 3,52 kl 2
0,25 ≤ l /De ≤ 1,0
0,79 + 0, 45 ( kl − 0, 25 ) − 0,30 ( kl − 0, 25 )
TABELLA 3.5.A
2
Fattori di correzione del flusso dell’elica.
Secondo la teoria della quantità di moto, con riferimento al coefficiente
di spinta CT [-] – definito come CT = T / (½ VA2ρAO), dove T [N] è la spinta
dell’elica, AO [m2] è l’area del disco dell’elica e ρ [kg/m3] è la massa
volumica del liquido –, si valuta l’incremento di velocità δ VA come:
δVA = VA ( CT + 1 − 1)
[m/s]
(3.5.B)
Da ciò consegue che sulla pala nella scia dell’elica si ha una velocità
pari a
VR
= VA 1 + km ( CT + 1 − 1) 
[m/s]
(3.5.C)
mentre sulla parte di timone esterna al tubo di flusso dell’elica vale
semplicemente VR = VA. L’aumento della portanza nella scia dell’elica è più
accentuato se il timone si estende oltre il tubo di flusso dell’elica, sia verso
l’alto sia verso il basso (a tale proposito va tenuto conto della contrazione
della scia).
In base a quanto detto, risulta evidente che il timone sperimenta un recupero
maggiore di velocità se è posto sufficientemente lontano dall’elica (ad una
distanza pari ad almeno un diametro dell’elica), mentre è evidente che tanto
76
Cap.3 – Il progetto del timone
più è vicino all’elica, tanto maggiore è l’effetto di recupero di efficienza
propulsiva. Inoltre, la vicinanza all’elica può comportare deleteri effetti di
erosione e vibrazioni indotte dal flusso disomogeneo dell’elica.
Un altro fenomeno importante nel funzionamento del timone è quello
legato alla cavitazione. Infatti, quando localmente la pressione assoluta
scende al di sotto della tensione di vapore dell’acqua si formano bolle di
vapore. Si rammenta a riguardo che nelle condizioni standard (temperatura
di 15°C), la tensione di vapore pV dell’acqua di mare è di 1962 Pa, pari a
circa il 2% della pressione atmosferica (patm = 101367 Pa), e varia in
funzione della temperatura (la variazione è di ±1% rispetto alla pressione
atmosferica).
Queste bolle si formano nelle zone in cui si manifesta una depressione
dinamica e vengono trasportate poi in zone dove la pressione è maggiore,
dove possono implodere. L’implosione genera microscopici getti d’acqua ad
alta velocità che possono colpire la pala, causando l’erosione della superficie
della pala stessa (erosione che viene poi amplificata dalla corrosione) e
vibrazioni che possono essere trasmesse allo scafo. Esistono diverse
modalità di sviluppo della cavitazione sul timone:
• la cavitazione a bolle sul dorso della pala − è legata alle modalità di
funzionamento del profilo idrodinamico, infatti la presenza di una zona
di depressione dinamica, con pressioni assolute negative, favorisce la
formazione di bolle di vapore. La cavitazione sul dorso causa, oltre ad
erosione, anche una modifica dell’intero campo di pressioni poiché
viene favorito il distacco dello strato limite sul dorso stesso (come
conseguenza si riduce la portanza complessiva e aumenta la resistenza).
• la cavitazione associata alle scie vorticali − si verifica poiché nel cuore
di un vortice, dove il campo di velocità è in condizione di massimo, si
possono creare forti depressioni dinamiche e quindi veri e propri “tubi
di cavitazione”. La formazione di vortici si verifica nelle zone di
discontinuità della pala, soprattutto alle estremità del bordo inferiore e
tra la pala e gli elementi fissi di sostegno, oppure trae origine dalle
estremità delle pale dell’elica e dal mozzo della stessa.
L’analisi della propensione alla cavitazione viene fatta solamente sui
timoni che risultano particolarmente caricati in virtù delle condizioni di
funzionamento e della forma della distribuzione di pressione tipica del
profilo utilizzato. Tale valutazione viene fatta analizzando la depressione che
nasce sul dorso della pala: esistono infatti utili diagrammi che, in funzione
del tipo di profilo e del carico che si realizza sulla generica corda (portanza
locale), forniscono il valore della depressione idrodinamica estrema –∆pM
che si realizza sulla pala. È interessante notare che in questi grafici la
depressione dinamica viene espressa in funzione della portanza specifica, in
modo da prescindere dalle particolari condizioni di funzionamento del
77
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
profilo (tipo di flusso, velocità del flusso, forma della pala, angolo di
attacco).
Il valore così ottenuto per la depressione massima –∆pM sul dorso del
profilo deve poi essere sommato algebricamente al battente statico po ed al
valore della pressione atmosferica patm, per essere infine confrontato con la
tensione di vapore pV dell’acqua di mare alla massima temperatura di
esercizio. Per non incorrere nella cavitazione deve verificarsi che:
−∆pM + po + patm > pV
[Pa]
(3.5.D)
In virtù delle approssimazioni nel calcolo del flusso indotto localmente
dall’elica, la pressione assoluta su ogni punto della pala deve risultare ben al
di sopra dello zero affinché vi sia certezza che la cavitazione non si inneschi.
L’insorgere della cavitazione sui timoni è favorito da alti valori di
velocità d’avanzo della nave e di carico dell’elica. Le situazioni più critiche
sono quelle in cui questo fenomeno si manifesta anche per piccoli angoli di
barra del timone: è il caso delle navi che hanno una velocità di crociera
superiore a 22 nodi e timone nella scia di un’elica avente una potenza
specifica superiore a 700 kW/m2. Sulle navi che hanno velocità di crociera
più basse ma superiori a 10 nodi la cavitazione si verifica solamente ad
elevati angoli di barra del timone, e quindi non interessa gli angoli di
normale utilizzo per la correzione della rotta.
Per quanto riguarda infine la cavitazione associata alle scie vorticali
proprie del timone, si può ridurre solo con un buon progetto dei particolari
costruttivi della pala adottando estremità di pala arrotondate. In alternativa,
per la costruzione del mantello si devono usare materiali che rispetto
all’acciaio dolce siano più resistenti all’erosione (acciai austenitici o alcuni
tipi di bronzo), infatti i rivestimenti con vernici non risultano talvolta
sufficientemente protettivi.
3.6 – Le forze sulla pala
La risultante degli sforzi tangenziali e normali trasmessi alla pala immersa
nel flusso reale appena descritto è la forza F [N] che agisce su una retta
d’azione essenzialmente contenuta nel piano del profilo, ha infatti
componenti di portanza L e di resistenza D ma è trascurabile la componente
nella direzione della campata. L’angolo di abbattimento della forza F
misurato rispetto alla normale alla corda viene indicato con ϕ [°] e l’efficacia
idrodinamica della pala, detta anche rendimento, è definita come rapporto
L/D ed è inversamente proporzionale al valore dell’angolo di abbattimento.
La retta d’azione della forza F interseca il piano diametrale in un punto
detto centro di pressione ed indicato con la sigla CP, in esso si considera
applicato il vettore della forza. Le coordinate del centro di pressione,
78
Cap.3 – Il progetto del timone
misurate lungo le direzioni della corda e della campata, sono fornite rispetto
al bordo di attacco (distanza CPC) e rispetto allo spigolo superiore (distanza
CPS).
Di pratico interesse sono anche le due componenti orizzontali della
forza F calcolate nella direzione del piano diametrale della pala, la forza
assiale FA [N], e nella direzione ad essa ortogonale, la forza normale FN [N],
facilmente calcolabili in funzione di L e D, infatti valgono le relazioni:
FA = D cosα – L sinα
[N]
(3.6.A)
FN = D sinα + L cosα
[N]
(3.6.B)
che permettono una immediata valutazione delle forze scaricate sull’asta del
timone.
Il momento torcente Q [Nm] generato sul timone dalla forza
idrodinamica si può calcolare una volta che è nota la distanza tra il centro di
pressione e l’asse di rotazione della pala. Indicando con d la distanza,
misurata all’altezza di CP, tra il bordo d’ingresso e l’asse del timone, il
braccio con cui lavora la forza attiva FN vale (d – CPC), cosicché il momento
torcente sull’asta risulta fornito dalla relazione:
Q = FN (d – CPC)
[Nm]
(3.6.C)
Per definizione il momento torcente generato dal flusso è quindi
negativo se il centro di pressione si trova a poppavia dell’asse di rotazione. È
questo il caso di timone stabile, così definito perché, a riposo al centro, è in
condizione di equilibrio stabile, infatti se spostato dalla posizione neutra e
poi lasciato libero torna nella posizione iniziale. Di conseguenza, in questo
caso, risulta positivo il momento che deve essere generato all’equilibrio dal
macchinario di agghiaccio.
Il centro di pressione non è in genere fisso al variare dell’angolo di barra,
ma tende a spostarsi verso poppavia con l’aumentare dell’angolo di barra del
timone, o meglio con l’aumentare dell’angolo di attacco. Di conseguenza, si
può verificare la situazione di timone inizialmente instabile se l’asse di
rotazione si trova leggermente a proravia del centro di pressione ai piccoli
angoli di barra, ma si sposta poi a poppavia per angoli maggiori. Tale
situazione favorisce la movimentazione agli angoli tipici del controllo di
rotta (operazione per la quale il timone è fortemente utilizzato), per i quali al
macchinario è richiesto un momento minore rispetto al caso di timone stabile,
ma può creare problemi di usura e di affaticamento ai macchinari stessi ed
alle strutture portanti. La timoneria risulta infatti sempre sotto carico ed è
costretta a generare momenti di equilibrio alternati poiché il momento
antagonista è così piccolo che può cambiare orientazione per azione di forze
accidentali.
79
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
Allo scopo di ridurre lo sforzo di torsione richiesto al macchinario, ma
con l’obiettivo di avere un timone stabile, si fa in modo che il centro di
pressione si trovi il più vicino possibile all’asse di rotazione, almeno ai
piccoli angoli, ma sempre a poppavia di quest’ultimo. Tale bilanciamento si
ottiene fissando il valore del grado di compenso della pala.
Le forze idrodinamiche fin qui introdotte vengono usualmente
adimensionalizzate per facilitare il confronto fra le prestazioni di timoni che
hanno forme e dimensioni diverse. Tale confronto è possibile solo se si
conosce la legge di similitudine che regola il fenomeno, che verrà qui di
seguito illustrata.
3.7 – I coefficienti idrodinamici
Le quantità dimensionali significative che caratterizzano il fenomeno della
generazione della forza idrodinamica F sulla superficie di controllo, isolata e
immersa in un flusso stazionario omogeneo di fluido reale, sono:
• caratteristiche della pala – l’area della superficie idrodinamica AR [m2],
la forma della superficie, che può essere individuata da una serie di N
parametri geometrici, qui indicati genericamente come s1, ..., sN [m], e
la forma del profilo idrodinamico, espresso analogamente a quanto
sopra da una serie di M parametri geometrici, qui indicati
genericamente come sN+1, ..., sN+M [m];
• caratteristiche del fluido – la massa volumica ρ [kg m-3] e la viscosità
dinamica µ [kg m-1s-1];
• caratteristiche del flusso sulla pala – la velocità media VR [m s-1] e
l’angolo di attacco α [rad].
La valutazione della legge di similitudine relativa alla generazione della
forza F sulla pala può essere effettuata applicando il Teorema di Vaschy alla
funzione omogenea che rappresenta il fenomeno fisico in termini esatti:
ψ [F, AR, (s1, ..., sN+M), ρ, µ, VR, α] = 0
[-]
(3.7.A)
Va osservato che in tali indagini è usuale trascurare l’effetto della
viscosità dinamica µ del fluido, sebbene al prezzo di introdurre un effetto di
scala, perciò la funzione si riscrive come:
ψ [F, AR, (s1, ..., sN+M), ρ, VR, α] = 0
[-]
(3.7.B)
Si osservi poi che se si vuole analizzare il comportamento di superfici
idrodinamiche di forma nota, e costituite da profili ben definiti, sotto
l’azione di un flusso a diversi angoli di attacco, allora le M+N grandezze
fisiche s1,..., sN+M e l’angolo α potranno essere considerati, volta per volta,
come parametri prefissati dell’indagine ed assumeranno valori costanti. In
altre parole, eliminando le variabili appena indicate si può studiare il
80
Cap.3 – Il progetto del timone
fenomeno fisico in maniera esatta esclusivamente sotto l’effetto delle
quantità rimanenti [F, AR, ρ, µ, VR]. Ciò consentirà ad esempio di trattare la
similitudine geometrica di una pala dalle caratteristiche prefissate, oppure di
confrontare pale che hanno forme diverse, ma sempre a parità di angolo di
attacco del flusso.
Nell’ipotesi di trascurare l’effetto della viscosità e di considerare le
grandezze [(s1,..., sN+M), α] come parametri dell’indagine fissati a priori, la
legge di similitudine si riscrive nella forma ridotta:
ψ [F, AR, ρ, VR] = 0
[-]
(3.7.C)
Dallo sviluppo dell’analisi dimensionale delle grandezze fisiche,
essendo 3 le grandezze fondamentali coinvolte e 4 le quantità dimensionali
caratterizzanti il fenomeno, si può ottenere una relazione esplicita fra tali
quantità, ed in particolare si può scrivere la relazione:
F = k AR ρ VR2
[N]
(3.7.D)
in cui la funzione adimensionale di proporzionalità k dipende dalle
grandezze utilizzate come parametro, ossia dall’angolo di attacco e dalla
forma della superficie e del profilo della pala, in altre parole si può scrivere
che k = k[(s1,..., sN+M), α].
Usualmente, nell’espressione della forza idrodinamica F viene
introdotto il fattore 0,5 in modo che il prodotto (½ ρ VR2) corrisponda alla
pressione dinamica q [Pa] nel punto di ristagno che si crea sul bordo di
attacco del profilo. Di conseguenza, nell’espressione di F, la funzione di
proporzionalità si modifica e viene indicata, per ogni pala di forme note, con
c(α) per mettere in evidenza la dipendenza dall’angolo di attacco. In
conclusione, per una pala di forme note, la similitudine che si instaura, nel
calcolo delle forze idrodinamiche, è espressa dalla relazione:
F = c(α) q AR
[N]
(3.7.E)
La legge di similitudine appena introdotta consente di effettuare le
seguenti operazioni:
• ricavare la forza idrodinamica F di una pala di forma e profilo noti
partendo dalla conoscenza della funzione di proporzionalità c(α)
ottenuta per un qualsiasi valore delle grandezze ρ, vR ed AR. Infatti,
D’altro lato, se per una pala di forma e profilo fissati la funzione c(α) è
stata misurata sperimentalmente, ossia sono noti i valori del cosiddetto
coefficiente idrodinamico c al variare dell’angolo di attacco α, è nota
anche la forza idrodinamica F che su di essa matura.
In base a quanto finora detto, c può essere determinato con prove in
scala, perché è indipendente dalle dimensioni assolute del timone;
inoltre le prove possono essere condotte a qualsiasi velocità ed in
81
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
qualsiasi fluido. In realtà la viscosità, anche per valori bassi (l’acqua e
l’aria sono fluidi poco viscosi), ha una sua importanza nel fenomeno di
generazione delle forze idrodinamiche.
• confrontare le forze prodotte da soluzioni diverse, in quanto a forma
della pala e del profilo, semplicemente confrontando i coefficienti c(α),
ovviamente nell’ipotesi che le pale abbiano la stessa area AR e lavorino
nello stesso fluido.
É comunque da intendersi che tali operazioni di similitudine devono essere
eseguite a parità di condizioni del flusso, vale a dire con riferimento al flusso
omogeneo. Le correzioni per conteggiare gli effetti della carena e dell’elica
devono essere effettuate successivamente. Infatti, i coefficienti delle forze
idrodinamiche effettive (condizioni di funzionamento reali nella volta di
poppa) vengono usualmente dedotti con procedimenti semi–empirici dai
valori ottenuti su pale isolate (condizioni di funzionamento ideali)
I più comuni coefficienti idrodinamici correlati al funzionamento del
timone (si veda la Tab.3.7.A) sono quelli relativi alla portanza cL, alla
resistenza cD ed alla forza normale cN, quest’ultimo esprimibile anche in
funzione dei due precedenti. Dalla definizione delle forze idrodinamiche si
ricavano inoltre le seguenti relazioni:
cF = c D 2 + cL 2
[-]
(3.7.F)
cN = cD sin α + cL cos α
[-]
(3.7.G)
Un altro coefficiente molto usato è quello relativo al momento torcente
sull’asta del timone cQ, per il quale il coefficiente di adimensionalizzazione è
rappresentato da [q AT cm]; definizioni alternative per il coefficiente
adimensionale relativo al momento torcente sono quelle che considerano il
momento generato rispetto a direzioni parallele all’asse di rotazione, ma
corrispondenti al bordo di attacco del flusso, oppure alla retta per cm / 4, forse
più utili in una fase preliminare del progetto quando non è nota con
precisione la posizione dell’asse di rotazione.
I coefficienti relativi alle forze di portanza e di resistenza sono calcolati
e diagrammati in funzione dell’angolo di attacco e mostrano andamenti tipici:
• la curva relativa al coefficiente di portanza ha inizio dallo zero, ha
andamento quasi lineare per bassi angoli per poi giungere ad un
massimo seguito da una più o meno brusca caduta, l’angolo per il quale
si verifica tale valore massimo viene indicato come angolo di stallo;
• la curva relativa alla resistenza parte da un valore diverso da zero (cD0)
ed è monotona crescente.
82
Cap.3 – Il progetto del timone
Anche il rapporto L /D tra la portanza e la resistenza, che definisce il
rendimento della pala, viene spesso diagrammato assieme ai coefficienti
idrodinamici.
Spesso, in luogo del coefficiente idrodinamico cQ caratterizzante il
momento torcente, viene diagrammato il rapporto adimensionale CPC /cm che
permette di valutare il braccio, rispetto all’asse di rotazione, con cui lavora la
forza FN, consentendo quindi di risalire al momento torcente Q. Meno
frequentemente è disponibile il rapporto adimensionale CPS /bm che permette
di valutare la distribuzione del carico idrodinamico lungo la campata.
COEFFICIENTE IDRODINAMICO
DEFINIZIONE
coefficiente di portanza cL
L
q AR
coefficiente di resistenza cD
D
q AR
coefficiente della forza totale cF
F
q AR
coefficiente della forza normale cN
FN
q AR
FN ( d − CPC )
q AR cm
FN CPC
q AR cm
coefficiente del momento torcente cQ
FN ( cm / 4 − CPC )
q AR cm
TABELLA 3.7.A
Coefficienti idrodinamici di pala.
In luogo dei grafici vengono talvolta forniti i valori dei coefficienti
idrodinamici cL e cD e del rapporto CPC /cm calcolati agli angoli di attacco di
10°, 20° e all’angolo di stallo, corredati dalla pendenza di cL all’origine e dal
valore iniziale di cD.
83
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
E’ utile ricordare che le grandezze standard relative alle caratteristiche
fisiche dell’acqua dolce, dell’acqua di mare e dell’aria sono fissate da uno
standard ITTC. Per applicazioni pratiche, le caratteristiche fisiche dell’acqua
possono essere considerate costanti, ovvero indipendenti dalla temperatura e
dalla pressione; in Tab.3.7.B sono riportate le grandezze fisiche d’uso più
frequente riferite alla temperatura standard di T = 15 °C (si rammenta che la
viscosità cinematica è fornita dal rapporto fra la viscosità dinamica e la
massa volumica).
FLUIDO
acqua dolce
(T = 15°C)
GRANDEZZA E VALORE
massa volumica
ρ
tensione di vapore
pV
viscosità cinematica ν
≈ 1000 kg/m3
1,14⋅10-6 m2/s
1962 Pa
massa volumica
ρ
acqua di mare
(T = 15°C, salinità 3,5%) viscosità cinematica ν
1026 kg/m3
1,19⋅10-6 m2/s
ρ
viscosità cinematica ν
1226 kg/m3
aria secca
(patm = 101367 Pa)
TABELLA 3.7.B
massa volumica
1,45⋅10-5 m2/s
Grandezze fisiche d’uso più frequente.
3.8 – I profili idrodinamici
Per mettere in luce la dipendenza delle forze di portanza e resistenza dai
singoli parametri di forma che caratterizzano la geometria delle superfici
idrodinamiche, è necessario analizzare il campo di pressioni e velocità che
matura attorno al corpo immerso nel flusso. Tale indagine può essere
convenientemente effettuata in due fasi successive:
• studio del profilo – riguarda l’analisi del campo fluido bidimensionale
che si instaura attorno ad un profilo idrodinamico considerato
appartenente ad una superficie a sviluppo costante ed allungamento
infinito. Questa indagine permette di analizzare il comportamento del
profilo indipendentemente dalla forma della pala, e di ottenere le
caratteristiche idrodinamiche dello stesso.
• studio della pala – riguarda l’analisi del campo fluido tridimensionale
che si instaura attorno ad una pala caratterizzata da un certo profilo e
da una certa forma. Questa indagine consente di determinare i
coefficienti idrodinamici della pala.
84
Cap.3 – Il progetto del timone
Nel seguito verrà trattata la prima fase di indagine, relativa all’analisi
del comportamento dei profili simmetrici, con riferimento alla condizione di
fluido reale in flusso omogeneo, stazionario ed ovviamente bidimensionale.
L’effetto di portanza di un corpo idrodinamico ha origine dal campo di
pressioni che si viene a generare grazie alla forma e all’angolo di attacco del
flusso, caratterizzate da una pressione dinamica sul ventre e da una
depressione dinamica sul dorso. Il fenomeno può essere messo in evidenza
visualizzando il campo cinematico attorno al corpo: sul dorso si manifesta
un’alta velocità e quindi una raccolta delle linee di flusso, sul ventre una
bassa velocità e conseguentemente linee di flusso a maggiore spaziatura.
Come noto, la portanza viene correlata a questo campo di velocità che dà
origine ad una circolazione non nulla della velocità attorno al profilo. Se la
differenza di pressione dinamica viene efficacemente mantenuta, si realizza
un campo di pressione favorevole al mantenimento della portanza: è perciò
essenziale che il flusso scorra con regolarità in prossimità della superficie del
profilo alare.
Sulla superficie del corpo immerso nel flusso reale si generano, oltre
agli sforzi di pressione, anche sforzi tangenziali, per effetto dei quali la
pellicola di fluido a contatto con il corpo si muove in maniera solidale allo
stesso: se il moto si realizza con un valore elevato del Numero di Reynolds,
e questo è il caso dei timoni navali, il passaggio della velocità dal valore
relativo nullo ai valori dettati dal moto esterno avviene in uno strato sottile
confinato sulla superficie del corpo, detto strato limite. Al di fuori dello
strato limite il campo di velocità non risente praticamente degli effetti della
viscosità e il fluido può essere considerato perfetto.
Ritornando alla generazione della portanza, è importante notare come la
depressione dinamica sul dorso sia all’origine della maggior parte della
portanza e come il picco delle due distribuzioni sia spostato verso il bordo di
attacco, con la conseguente localizzazione del centro di pressione nella zona
prodiera del profilo. Tale distribuzione della pressione idrodinamica è tipica
dei corpi affusolati.
La distribuzione delle pressioni e, in particolare modo, la posizione del
punto di minima pressione hanno un notevole effetto sul flusso nello strato
limite, soprattutto sul dorso del profilo. Si possono infatti osservare due zone
a comportamento ben distinto:
• la zona prodiera, nella quale la velocità locale all’esterno dello strato
limite aumenta e contemporaneamente la pressione diminuisce finché
in un determinato punto non si raggiunge il picco di depressione, dove
la velocità raggiunge il suo massimo.
85
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
• la parte poppiera, ove il flusso all’esterno dello strato limite è
decelerato e la pressione aumenta fino a portarsi al valore della
pressione in corrente libera in prossimità del bordo di uscita.
Nella zona prodiera, la diminuzione della pressione, che si trasmette
fino a contatto della parete all’interno dello strato limite, ha tendenza a
contrastare l’azione ritardatrice degli sforzi d’attrito sulla parete stessa, e
quindi a ridurre l’aumento dello spessore dello strato limite che essi tendono
a determinare. In altre parole lo sforzo tangenziale si esaurisce a breve
distanza dalla superficie e lo strato limite rimane confinato ad uno spessore
limitato.
Nella zona poppiera, l’aumento della pressione si associa alla resistenza
viscosa nel diminuire l’energia cinetica dello strato limite, che è già di per sé
scarsa per la ridotta velocità ivi presente. Infatti, i filetti fluidi devono
percorrere un campo caratterizzato da due tipi di resistenza: l’attrito sulla
superficie del profilo alare e il gradiente di pressione sfavorevole nella
direzione del flusso. Si provoca quindi un ispessimento per rallentamento e,
ad un certo punto, addirittura l’arresto dello strato limite. Di conseguenza,
più avanti si verifica un vero e proprio moto a ritroso del fluido nella zona
prossima alla parete, lambito dalla corrente esterna che scorre in verso
opposto: il contatto fra i due moti contrari dà luogo ad una scia di vortici. La
zona a valle del punto di distacco è infatti spiccatamente instabile e degenera
in formazioni vorticose, essa costituisce la cosiddetta scia vorticosa.
Il fenomeno descritto prende il nome di separazione della corrente ed è
all’origine del mancato recupero delle pressioni a poppavia del profilo e
quindi della resistenza di forma.
Inoltre, con l’aumento dell’angolo di incidenza del flusso, il punto di
separazione della scia si sposta verso il bordo di attacco in concomitanza con
un campo di pressione sempre più sbilanciato in avanti (ma con un picco che
si riduce d’intensità e che pesa sempre meno nella generazione della
portanza lungo la corda). L’effetto è quello di contrastare l’insorgere della
portanza mentre aumenta l’angolo di attacco. Confrontando infatti due
situazioni di lavoro di un profilo, caratterizzate da angoli diversi di attacco,
si vedono punti di separazione a distanze diverse dal naso del profilo e di
conseguenza si osserva che il gradiente di crescita della portanza del profilo,
in funzione dell’angolo di attacco, tende a calare (ossia la portanza manifesta
un andamento sotto–lineare): a uguali incrementi dell’angolo di attacco
corrispondono incrementi sempre più ridotti della portanza poiché, mentre la
pressione tende a crescere nella zona prodiera, il punto di separazione si
avvicina sempre più al bordo di attacco e diminuisce la zona utile per la
generazione della portanza.
86
Cap.3 – Il progetto del timone
Se il punto di distacco si mantiene a poppa, anche ad elevati angoli di
incidenza, allora la riduzione del gradiente di portanza è contenuta. Se
invece il punto di separazione del flusso si estende in avanti verso il bordo
attacco, può verificarsi una forte riduzione del gradiente di portanza, tale
addirittura da far diminuire la portanza all’aumentare dell’angolo di
incidenza, anche in maniera drastica: si è raggiunto lo stato di stallo,
caratterizzato dalla separazione a corda completa, ossia sull’intera zona del
dorso del profilo.
Parallelamente anche la resistenza è influenzata dalla posizione del
punto di distacco: se lo strato limite si mantiene attaccato al profilo la
resistenza è soprattutto dovuta all’attrito, in caso contrario si somma anche la
componente dovuta al mancato recupero delle pressioni.
3.9 – L’analisi dei profili idrodinamici
Una volta illustrate le modalità di funzionamento del generico profilo
idrodinamico, possiamo passare al confronto del comportamento dei profili
di forma diversa. A tale riguardo vanno distinti gli effetti dovuti a tre diverse
cause:
• l’allungamento,
• la forma dei fianchi,
• la posizione della sezione massima.
Per quanto riguarda l’influenza dell’allungamento del profilo, ossia del
rapporto fra lo spessore massimo e la corda, si possono evidenziare due tipi
di funzionamento, indicati come tipici dei profili sottili e dei profili spessi.
Sui profili sottili si verifica una situazione di portanza caratterizzata da
un andamento prossimo alla linearità al variare dell’angolo di attacco, e
contemporaneamente una resistenza ridotta. Ciò ha origine dal fatto che il
gradiente favorevole di pressione permane per un lungo tratto della corda,
favorito dalla forma affusolata e slanciata, ed in più i gradienti non sono
fortemente accentuati dalla forma del profilo. Il punto di distacco rimane
perciò verso il bordo di uscita determinando lungo la corda un’estesa zona
utile per la generazione della portanza.
Se però il profilo affusolato lavora ad angoli di attacco elevati, può
manifestarsi la formazione di una “bolla” sul bordo di attacco. E’ questo il
caso di una zona morta che si genera sul dorso a causa dell’eccessiva
curvatura dello spigolo: questa prima separazione può poi annullarsi per
effetto del gradiente favorevole di corrente, ma può anche protrarsi fino alla
zona di separazione di poppa (nel complesso essa favorisce la formazione
del distacco in coda). La forma del bordo di attacco – ovvero il raggio di
curvatura del bordo di attacco – gioca un ruolo importante nel favorire la
87
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
formazione della bolla. Quando essa si forma la portanza decresce
bruscamente determinando una repentina condizione di stallo.
Le curve di portanza dei profili sottili e di quelli spessi sono
praticamente coincidenti per piccoli angoli di incidenza ma, mentre quelli
sottili manifestano uno stallo repentino, quelli spessi hanno un’ulteriore
crescita quasi lineare e successivamente un gradiente sempre minore finché
si presenta la situazione di stallo. I profili spessi sono infatti in grado di
generare campi di pressione più spinti, grazie alle maggiori riduzioni di
pressione che si ottengono sul dorso (simultaneamente ai maggiori
incrementi di velocità), e grazie al fatto che lo stallo si realizza ad un
maggior angolo di incidenza.
Ciò si verifica a scapito di andamenti di portanza che mostrano una
progressiva riduzione del gradiente di crescita, riduzione che si manifesta
pienamente agli alti angoli di attacco, a causa di un lento ma progressivo
spostamento del distacco all’aumentare dell’angolo di attacco. Il distacco è
qui governato dall’effetto della curvatura, la quale favorisce il passaggio da
laminare a turbolento dello strato limite, passaggio che comporta minor
tendenza alla separazione grazie al più elevato gradiente che si instaura a
contatto con il sottostrato limite laminare. I profili spessi hanno infatti uno
strato limite prevalentemente turbolento, a differenza di quelli sottili. A ciò
si aggiunga che il campo di pressione in corrispondenza del bordo di attacco,
ad alti angoli, è più avviato rispetto a quello che si crea nel profilo sottile, e
questa situazione favorisce un comportamento più omogeneo, con graduale
decremento delle caratteristiche all’aumentare dell’angolo di incidenza.
(∂CL/∂α)α = 0
(CL)α = α
(CD)α = 0
NACA–0006
0,102
0,88
0,006
NACA–0009
0,101
1,27
0,007
NACA–0012
0,101
1,53
0,008
NACA–0015
0,100
1,53
0,009
NACA–0018
0,098
1,40
0,011
NACA–0021
0,094
1,38
0,012
NACA–0025
0,089
1,20
0,014
PROFILO
TABELLA 3.9.A
88
S
Confronto fra profili sottili e profili spessi della
famiglia NACA 4–digit (λ = ∞, RN = 3,2·106, valori
misurati).
Cap.3 – Il progetto del timone
Si confrontino a riguardo i valori caratteristici di risposta di profili sottili
e di profili spessi caratterizzati dalla stessa forma e riportati nella Tab.3.9.A
(famiglia di profili NACA–00), in cui è evidente un lieve vantaggio dei profili
sottili ai piccoli angoli di attacco, una portanza massima molto più alta nei
profili spessi ed assieme resistenze maggiori.
La resistenza di forma è in genere più elevata per i profili spessi, ed
anche quella d’attrito è maggiore, a causa del flusso fortemente turbolento
nello strato limite. In generale, il rendimento del profilo spesso è minore.
La posizione del centro di pressione in generale è localizzata nella zona
di prora della pala, dove è massima la depressione dinamica, causa
principale della portanza. La posizione del centro di pressione varia,
spostandosi verso il bordo di uscita all’aumentare dell’angolo di attacco, in
maniera più accentuata sui profili sottili.
PROFILO
CARATTERISTICHE
portanza
resistenza
NACA–643–015
(tM @ 0,4 c)
CL (α
= 5°)
0,534
0,564
CL (α
= 10°)
1,062
1,138
CL (α
= αS)
1,841
1,736
αS [°]
21,0
19,0
102·CD (α = 0°)
0,779
0,765
102·CD (α = 5°)
0,846
0,794
102·CD (α = 10°)
1,204
1,176
102·CD (α = αS)
4,201
3,511
102·CQ (α = 5°)
0,136
0,148
0,264
0,292
0,401
0,412
momento al bordo
102·CQ (α = 10°)
di attacco
102·CQ (α = αS)
TABELLA 3.9.B
NACA–0015
(tM @ 0,3 c)
Confronto fra profili NACA con sezione massima a
differente distanza dal bordo di attacco (λ = ∞, RN =
5,0·107, valori calcolati).
89
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
Per quanto riguarda l’influenza della posizione della sezione massima, i
profili con allungamento uguale hanno caratteristiche idrodinamiche
genericamente migliori se la sezione massima si allontana dal bordo di
attacco, infatti si prolunga il gradiente favorevole di depressione dinamica.
Se però la sezione di massima area si allontana troppo, il bordo di attacco
rischia di diventare troppo affusolato, e conseguentemente il profilo tende a
comportarsi come un profilo sottile.
La permanenza della lunga zona a gradiente di pressione negativo
favorisce, ai bassi angoli di attacco, l’instaurarsi di uno strato limite laminare,
con il vantaggio di una resistenza frizionale contenuta: tale comportamento è
caratteristico dei cosiddetti profili laminari.
In genere, per i profili standard, lo spessore massimo si realizza tra il
20% e il 40% della corda dal bordo d’ingresso. I profili con massimo
spessore spostato verso poppa sono da preferirsi se si presenta il rischio di
cavitazione, infatti comportano distribuzioni di pressione più omogenee
caratterizzate da un esteso plateau in luogo di un picco accentuato (vale
ovviamente che i profili meno caricati sono i più adatti nei casi di rischio di
cavitazione).
Per un confronto fra due profili aventi uguale allungamento e posizione
diversa della sezione massima si confrontino i valori dei coefficienti
idrodinamici riportati in Tab.3.9.B, dai quali risulta che il profilo con
spessore massimo al 40% della corda, rispetto a quello con spessore
massimo al 40% della corda, genera una portanza maggiore ai bassi angoli,
ma ha uno stallo ad un angolo minore (per effetto della “bolla” sul bordo di
attacco), ha una minore resistenza e ha il centro di pressione leggermente più
a poppavia.
Un’altra caratteristica che ha molta influenza sulle prestazioni
idrodinamiche è la forma stessa del profilo, ossia la legge di distribuzione
degli spessori. La forma dell’area trasversale del profilo rimane
essenzialmente quella di una goccia più o meno allungata per la quale, come
precedentemente indicato, risulta molto importante il raggio di curvatura del
bordo di attacco. I profili convenzionali hanno fianchi piani o superficie
convessa, ma esistono anche profili con fianchi concavo–convessi, ossia con
mantelli a doppia curvatura.
I profili concavo–convessi sono conformati in modo da esasperare il
picco di pressione in corrispondenza del bordo di ingresso del flusso, anche
con uno spostamento in avanti della sezione di massima area: la particolare
forma comporta infatti una forte accelerazione del flusso nella zona prodiera.
Tali profili hanno, al bordo di uscita, mantelli paralleli che possono
essere chiusi con un taglio netto di coda, sia per ragioni di robustezza che per
motivi costruttivi. L’effetto di un bordo di uscita spesso è quello di creare un
90
Cap.3 – Il progetto del timone
allungamento virtuale che influenza positivamente il campo di pressioni sul
dorso, infatti lo strato limite viene aspirato dalla scia che si forma in coda,
ritardando così la separazione. Questo fenomeno viene accentuato con un
bordo di uscita concavo, il cosiddetto fish tail.
Tutto ciò, nel complesso, dà origine ad una maggiore portanza ed alla
stabilità al centro di pressione, anche se per contro aumenta la resistenza di
forma (a meno che non si manifesti un effetto favorevole dovuto
all’allungamento virtuale del profilo): alla maggiore portanza si associa
infatti una maggiore resistenza di forma tale da comportare un’efficienza
generalmente ridotta.
PROFILO
CARATTERISTICHE
NACA–0015
(tM @ 0,3 c)
HSVA–MP71–15
(tM @ 0,45 c)
IfS–61–TR15
(tM @ 0,2 c)
CL (α
= 5°)
0,534
0,574
0,603
CL (α
= 10°)
1,062
1,160
1,189
CL (α
= αS)
1,841
1,915
1,983
αS [°]
21,0
20,5
17,0
102·CD (α = 0°)
0,779
0,830
1,213
102·CD (α = 5°)
0,846
0,862
1,316
102·CD (α = 10°)
1,204
1,352
1,787
102·CD (α = αS)
4,201
4,150
3,402
102·CQ (α = 5°)
0,136
0,156
0,150
102·CQ (α = 10°)
0,264
0,307
0,294
102·CQ (α = αS)
0,401
0,475
0,477
TABELLA 3.9.C
Confronto fra profili di famiglie diverse (λ = ∞, RN
= 5,0·107, valori calcolati).
Dal confronto con un profilo convenzionale, quello con fianchi
concavo–convessi mostra una curva di portanza che ha gradiente maggiore,
valore massimo maggiore e angolo di stallo ad un valore più basso, di
conseguenza questo tipo di profilo è preferibile quando sono richiesti
coefficienti di portanza elevati anche a scapito di una minore efficienza. Si
91
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
confrontino a riguardo in Tab.3.9.C i valori caratteristici di risposta di profili
di famiglie e forme diverse aventi lo stesso valore di allungamento.
Di tutte queste tipologie sono disponibili, oltre ai valori dei coefficienti
idrodinamici, anche i diagrammi dei coefficienti di pressione cp per angolo
di attacco nullo, che illustrano la distribuzione lungo la corda delle
depressioni idrodinamiche causate dal solo effetto dello spessore.
Il coefficiente di pressione cp [-] è definito come il rapporto fra la
depressione idrodinamica –∆p lungo la corda e la variazione di pressione q
nel punto di ristagno, cosicché:
cp =
−∆p
q
[-]
(3.9.A)
la quale, riscritta in funzione delle velocità del campo a potenziale che
lambisce il profilo, diventa:
V
cp = 
V
 ∞
2

 − 1

[-]
(3.9.B)
in cui V∞ è la velocità del flusso indisturbato e V è la velocità indotta lungo la
corda sia dalla distribuzione degli spessori (nella sua componente indicata
usualmente con Vt), sia dall’angolo di attacco (nella sua componente indicata
usualmente con δVa):
V = Vt
+ δVa
[-]
(3.9.C)
L’analisi di tali curve indica la predisposizione del profilo sia a generare
portanza, sia a cavitare sul dorso.
3.10 – I profili per timoni navali
I profili di più largo uso in campo navale sono quelli convessi, che
presentano l’indiscutibile vantaggio di avere una geometria meno elaborata e
di essere quindi di più facile ed economica costruzione. Va considerato
inoltre che uno spessore più elevato lungo la coda conferisce anche maggiore
robustezza alla pala. Tra questi sono di largo utilizzo i profili simmetrici
delle famiglie NACA–00 e NACA–643.
Per quanto riguarda i profili concavo–convessi, esistono essenzialmente
due tipologie denominate IfS e HSVA:
• i profili delle famiglie IfS–58, IfS–61 ed IfS–62 sono profili molto spinti
e, fra quelli commerciali, presentano le più alte curve di portanza e la
minore efficienza;
92
Cap.3 – Il progetto del timone
• i profili HSVA delle famiglie MP–71 ed MP–73 sono profili che hanno
caratteristiche idrodinamiche intermedie fra quelle dei profili NACA e
quelle dei profili IfS, essi costituiscono perciò un buon compromesso
fra le esigenze del governo e quelle della propulsione.
Nella pratica, si usano profili diversi dai NACA–00 quando è necessaria una
maggiore portanza specifica cL. Quando invece c’è rischio di cavitazione si
utilizzano in genere profili con lo spessore massimo spostato verso poppa
(NACA–643 oppure i tipi HSVA se si desiderano portanze maggiori). Rimane
comunque valido come principio di base che, se la portanza specifica della
pala non è oggetto di particolare attenzione, la scelta deve cadere sui profili
che hanno il rendimento idrodinamico migliore, oppure al limite sulla
superficie di più economica costruzione, ossia la lastra piana (a meno di
problemi strutturali).
Per quanto riguarda i profili con lo spessore massimo spostato verso
poppa, va osservato che, da un lato la differente forma del campo di
pressione sul dorso comporta un leggero spostamento verso poppa del centro
di pressione, d’altro lato la posizione dell’asta di comando del timone è
sempre posta in corrispondenza della sezione massima allo scopo di
utilizzare profili più allungati e quindi a più alto rendimento. Perciò l’asta di
comando viene a trovarsi a poppavia del centro di pressione, e ciò dà origine
ad un timone instabile. Per questo motivo l’uso di timoni con la sezione
massima spostata verso poppavia deve essere attentamente valutato.
Di tutti questi profili sono disponibili le leggi di distribuzione di
spessore ed i valori dei coefficienti idrodinamici.
Storicamente i profili NACA sono tra i primi ad essere stati studiati,
perciò esiste una consolidata esperienza ed una vasta documentazione.
Anche per questo motivo essi si sono imposti nella pratica navale, perciò se
lo scopo del progetto non è quello di cercare soluzioni innovative per
affrontare problematiche particolari, essi rappresentano un ottimo
compromesso sia per funzionalità sia per affidabilità.
Tra le diverse famiglie dei profili NACA, quella indicata con la sigla
“00” costituisce usualmente la base per il progetto delle superfici di controllo.
I profili di questa famiglia sono caratterizzati da un bordo di attacco
arrotondato, una superficie convessa, una sezione massima al 30% della
corda dal bordo di attacco e un bordo di uscita affilato o comunque molto
sottile. Essi vengono identificati facendo seguire alla sigla della famiglia la
sigla, formata da due numeri, indicante l’allungamento. Per questo motivo i
profili NACA–00 sono indicati con un codice di quattro cifre (e sono
denominati 4–digit) dove:
• la prima cifra indica il rapporto, moltiplicato per 100, tra la freccia
massima f della linea media di distribuzione degli spessori e il valore
93
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
della corda c, ma si osservi che tale cifra sarà “0”, trattandosi di profili
che devono avere un comportamento simmetrico;
• la seconda cifra indica il rapporto, moltiplicato per 10, tra l’ascissa
della freccia massima e il valore della corda c – come sopra, tale cifra
sarà “0”;
• la terza e quarta indicano il rapporto, moltiplicato per 100, tra il valore
dello spessore massimo t e quello della corda c.
A titolo d’esempio, la sigla completa NACA–0020 significa che la legge di
distribuzione degli spessori è quella della famiglia di profili idrodinamici
simmetrici NACA–00 con rapporto di forma t / c pari a 0,20.
In genere tali profili hanno allungamenti compresi fra 0,06 e 0,24 e le
caratteristiche idrodinamiche sono spesso riferite alla seguente serie di valori
0,06 0,09 0,12 0,15 0,18 0,21 0,24.
Tra questi i rapporti più bassi 0,06 e 0,09 configurano profili molto affusolati
con comportamento di profilo sottile, i rapporti medi rappresentano il
migliore compromesso tra portanza e rendimento, mentre i più elevati
rapporti 0,21 e 0,24 hanno rendimenti bassi e vanno presi in considerazione
solo se lo impongono le esigenze progettuali.
La legge di distribuzione degli spessori della famiglia NACA–00 è di tipo
polinomiale e viene spesso fornita per punti con riferimento ad un profilo
avente corda di lunghezza unitaria e semi–spessore massimo pari ad 1/10
della corda (ossia per un profilo NACA–0020), precisamente con y0 si indica
il semi–spessore all’ascissa x0. L’espressione analitica polinomiale del
profilo NACA–0020 avente corda unitaria è la seguente:
y0(x0) = 0,29690 x01/2 – 0,12600 x0 – 0,35160 x02 +
0,28430 x03 – 0,10150 x04
[N]
(3.10.A)
Per ottenere poi la distribuzione degli spessori relativa ad una prefissata
coppia di valori della corda c e dello spessore massimo t è sufficiente
calcolare per similitudine le coppie (x, y) tramite le espressioni:
x = x0 c
[m]
(3.10.B)
y = y0 t / 0,20
[m]
(3.10.C)
ed in particolare per lo spessore massimo vale y(x = 0,3 c) = t / 2.
Anche i profili NACA–643 possono trovare applicazioni in campo navale,
si tratta di profili della Serie 6 (la prima cifra della sigla), aventi estensione
del gradiente di pressione favorevole fino al 40% della corda (la seconda
cifra della sigla esprime tale lunghezza in decimi della corda) ed alta
efficienza entro cL = 0,3 (il pedice della sigla esprime tale valore moltiplicato
per 10). Come i profili della serie 4–digit, al codice identificativo della
famiglia seguono alcuni dati sulla freccia e sul rapporto di forma: per quelli
94
Cap.3 – Il progetto del timone
simmetrici, dopo uno “0” che indica il valore di cL per angolo di attacco
nullo, viene riportato il rapporto, moltiplicato per 100, tra il valore dello
spessore massimo t e quello della corda c (per esempio: NACA–643–018).
Le caratteristiche dei profili NACA sono state determinate tramite prove
in galleria del vento effettuate su pale aventi allungamenti λ molto elevati. I
dati sono stati poi raccolti, in funzione dell’allungamento λ, per diversi
numeri di Reynolds e per condizioni standard della rugosità di superficie,
fornendo essenzialmente le curve dei coefficienti idrodinamici di portanza e
di resistenza e la posizione del centro di pressione al variare dell’angolo di
attacco.
Relativamente alla famiglia di profili 4–digit sono disponibili le
caratteristiche di funzionamento principali anche per numeri di Reynolds R
tipici dei timoni navali, valori che per una nave mercantile sono prossimi a
RN = 1,0·107 ÷ 5,0·107. Si rammenta che per la pala del timone Rn è calcolato
con la velocità omogenea prevista sulla pala VR e la dimensione caratteristica
è rappresentata dalla corda media cm, cosicché RN = VR cm /ν.
Quando i risultati ai quali si fa riferimento sono condotti in campo
aerodinamico, ossia a numeri di Reynolds più bassi, inevitabilmente si
introduce un errore per effetto scala.
CARATTERISTICHE
PROFILO NACA–0015
RN = 0,20·106
RN = 0,79·106
RN = 2,70·106
CL (α
= 10°)
0,35
0,29
0,27
CL (α
= 20°)
0,55
0,62
0,60
CL (α
= αS)
0,72
1,06
1,26
35,0
33,8
38,5
αS [°]
CD (α
= 10°)
0,125
0,040
0,037
CD (α
= 20°)
0,310
0,141
0,141
CD (α
= αS)
0,605
0,461
0,573
CQ (α
= 10°)
0,28
0,18
0,16
CQ (α
= αS)
0,43
0,35
0,31
TABELLA 3.10.A
Confronto delle caratteristiche di un profilo a diversi
valori di RN (λ = 1, valori misurati).
95
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
Va osservato infatti che all’aumentare del Numero di Reynolds lo strato
limite tende a passare da laminare a turbolento, con ciò favorendo
l’attaccamento dello strato limite: conseguentemente si ha l’aumento
dell’angolo di stallo, l’aumento della correlata portanza massima, la
riduzione della resistenza di forma e quindi di quella totale, ed infine
l’avvicinamento del centro di pressione al bordo d’attacco. Di conseguenza,
gli esperimenti effettuati in campo aerodinamico forniscono in generale
risultati conservativi per le applicazioni navali (si confrontino i valori di
Tab.3.10.A). Va osservato infine che questi effetti, sicuramente rilevanti agli
alti angoli d’incidenza, possono essere in prima approssimazione trascurati
per piccoli e medi angoli.
Alla trattazione fin qui svolta vanno aggiunte alcune note, che
riguardano i vincoli dimensionali cui deve sottostare la scelta del tipo di
profilo allo scopo di consentire il collegamento della pala con l’asta di
comando.
Si verifica infatti spesso che l’asta di comando del timone debba essere
progettata con un diametro di innesto nella pala piuttosto elevato, a causa
delle alte sollecitazioni cui è soggetta. Ciò comporta di per sé l’esigenza di
prevedere una corda media piuttosto lunga per non far salire eccessivamente
il valore del rapporto di forma del profilo. Ma tale via non è in genere
praticabile a causa delle ristrette dimensioni della volta di poppa, e di
conseguenza si deve accettare un fattore di forma del profilo piuttosto
elevato, spesso anche superiore al valore limite di 0,24. In tali circostanze, è
usuale considerare come limite il rapporto di forma di 0,25 e per valori
superiori si ricorre, se non ad modifica sostanziale del progetto, almeno ad
uno dei due seguenti accorgimenti: la scelta di un materiale più resistente per
l’asta, oppure l’esecuzione di un accoppiatoio – tra l’asta e la pala – non
perfettamente avviato con il mantello (ringrosso).
In secondo luogo, è noto che per aumentare l’economicità di esercizio
bisogna minimizzare il valore del momento torcente di controllo, ed a tale
scopo si cerca di posizionare l’asse di rotazione in corrispondenza del centro
di pressione delle forze idrodinamiche. In generale il centro di pressione si
trova in vicinanza del bordo di attacco, perciò è conveniente che il profilo sia
scelto fra quelli che hanno lo spessore massimo in quella zona.
Sulla base di queste considerazioni, il profilo idrodinamico per la pala di
un timone navale dovrà essere progettato in modo che:
• il rapporto di forma sia il più basso possibile, compatibilmente con il
diametro dell’asta, per avere una migliore efficienza. Si osservi inoltre
che, visto il diametro dell’asta e le luci generalmente a disposizione
nella volta di poppa, il minimo valore applicabile del rapporto t/c
96
Cap.3 – Il progetto del timone
corrisponde generalmente a profili spessi (di solito non si corre il
rischio di usare profili sottili);
• lo spessore massimo sia in corrispondenza del centro di pressione,
quindi vicino al bordo di attacco, allo scopo di posizionare l’asta il più
vicino possibile al centro di pressione per minimizzare il momento
torcente di controllo.
Inoltre va tenuto presente che le navi destinate a lunghe rotte e a limitate
manovre in acque ristrette devono avere timoni con alti valori del gradiente
di portanza (∂cL / ∂α elevato) ai bassi angoli di barra, ossia a quegli angoli
utili per il controllo della rotta, mentre navi per servizi su brevi rotte e
soggette a frequenti manovre in acque ristrette devono essere molto
manovrabili e quindi devono avere timoni ad elevate prestazioni (portanza
massima elevata, e quindi generalmente cL massimo elevato).
3.11 – La superficie idrodinamica a sviluppo costante
I risultati dello studio del profilo idrodinamico in campo bidimensionale
possono essere utilizzati per valutare il comportamento di una superficie
idrodinamica ideale generata dalla traslazione all’infinito di un profilo a
sezione costante lungo una direzione ortogonale rispetto al piano che lo
contiene.
La superficie idrodinamica reale si differenzia dalla superficie ideale per una
serie di caratteristiche geometriche, si può pensare infatti alla pala reale
come una pala ideale sulla quale siano state effettuate le seguenti
trasformazioni:
• la limitazione della campata, introducendo un allungamento finito;
• la variazione della lunghezza della corda del profilo lungo la campata,
definendo quindi una rastremazione;
• l’introduzione di un angolo di abbattimento, definendo una certa
inclinazione dei bordi di entrata e di uscita rispetto all’asse di rotazione.
La superficie idrodinamica che costituisce il timone navale è quindi
caratterizzata essenzialmente dall’allungamento finito e dalla forma della sua
area proiettata sul piano diametrale, ossia dal suo sviluppo planare. Si
osservi che in genere le pale hanno, lungo la campata, un profilo ad
allungamento costante, per motivi sia idrodinamici (riduzione degli effetti
trasversali del flusso) sia costruttivi (economicità di realizzazione di
superfici a generazione rettilinea). E’ perciò evidente che il flusso sulla
superficie della pala risulterà diverso da quello bidimensionale illustrato a
proposito dei profili idrodinamici, che si realizza solamente per allungamenti
infiniti. Tale flusso tridimensionale dipenderà proprio dalla morfologia della
pala.
97
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
Nell’analisi del comportamento della pala reale è conveniente valutare
separatamente gli effetti di tali modifiche, partendo da quella più importante
per il funzionamento della pala. Si consideri perciò in un primo momento
una pala con allungamento finito e sezione costante, ossia con sviluppo
planare rettangolare.
L’allungamento finito della pala comporta il contatto fra il campo in
depressione dinamica sul dorso e quello in pressione sul ventre. Come
conseguenza nasce lungo la campata un flusso che, combinandosi con la
corrente di trasporto, dà origine, ad ogni estremità della pala, ad un vortice il
cui nocciolo è localizzato proprio sulle estremità. Il campo di velocità
complessivo può essere studiato come la somma di un campo
bidimensionale indisturbato e di un campo formato dalla presenza dei due
vortici di estremità, il cosiddetto campo di velocità indotto. Quest’ultimo
campo può essere visualizzato osservando ciò che succede su un piano
ortogonale al flusso che lambisce la pala: si vedrà così che si viene a creare
una corrente vorticale sul piano normale al flusso indisturbato, detta corrente
indotta, con valori della velocità che variano spostandosi dal centro della
campata verso il nocciolo del vortice. Questa corrente manifesta una
componente cosiddetta discendente che matura lungo la campata della pala,
ed una ascendente che si instaura al di là delle estremità della pala. La
corrente discendente comporta una deviazione del flusso che incide sulla
pala, determinando un angolo di attacco minore di quello ideale.
La velocità discendente ha un andamento variabile lungo la campata,
con legge che dipende dalle caratteristiche morfologiche della pala. Inoltre
tale variazione si manifesta in maniera diversa su pale che hanno sviluppi
planari diversi.
Questo flusso non è localizzato sulle estremità ma influenza il campo di
velocità sull’intera superficie della pala, rendendolo tridimensionale. Il
fenomeno è tanto più accentuato quanto minore è l’allungamento effettivo λ
della pala.
L’influenza dell’allungamento sulla resistenza ha origine nell’energia
persa per la generazione dei vortici di estremità, mentre l’influenza sulla
portanza va ricercata nella diversa orientazione del vettore di velocità del
flusso in corrispondenza della pala. Per tenere conto di questo effetto è
usuale riferirsi alla distribuzione delle velocità indotte vI [m/s] lungo la
campata, oppure in maniera equivalente a quella degli angoli indotti αI [°]
intesi come variazione rispetto all’angolo di attacco ideale α. Per quanto la
pala si comporta perciò come una pala ideale soggetta ad un flusso con
angolo di attacco effettivo α – αI ( x), dove l’ascissa x identifica la posizione
della singola corda.
98
Cap.3 – Il progetto del timone
L’effetto complessivo di questi fenomeni consiste nella riduzione del
gradiente di portanza e nell’aumento della resistenza. La riduzione della
portanza e l’aumento della resistenza comportano complessivamente un
peggioramento del rendimento della superficie idrodinamica. Tutto ciò si
verifica senza una sostanziale modifica del valore della portanza all’angolo
di stallo, infatti il valore massimo della portanza non risente sostanzialmente
della modifica dell’allungamento. Si osservi a tale riguardo che la portanza
massima è precipuamente dipendente dal valore del Numero di Reynolds del
fenomeno idrodinamico.
Le curve di portanza si abbattono tanto più quanto più l’allungamento si
riduce, e di conseguenza, mantenendosi costante il valore massimo, l’angolo
di stallo aumenta. In pratica la stessa portanza si realizza, al diminuire
dell’allungamento, ad angoli d’attacco sempre maggiori. È importante notare
che la riduzione del gradiente di portanza dipende quasi esclusivamente
dall’allungamento della pala, mentre la forma del profilo idrodinamico è
ininfluente
Ogni sezione della pala rettangolare vede quindi una velocità
discendente variabile in funzione della posizione lungo la campata, e tanto
maggiore quanto più ci si avvicina all’estremità. Inoltre una pala con basso
allungamento risente di tale effetto su una superficie percentualmente
maggiore rispetto ad una con allungamento più elevato: un allungamento
ridotto può disturbare il campo di velocità su tutta la lunghezza della
campata. Di conseguenza è preferibile avere una pala il più possibile
allungata, compatibilmente con la luce verticale a disposizione per il timone
nella volta di poppa.
Un contributo alla riduzione delle perdite per cross flow è rappresentato
dall’allungamento fittizio della pala, che si può ottenere avvicinando
notevolmente il bordo superiore della stessa alla carena. Tale interazione va
sotto il nome di effetto specchio perché, nel caso di flusso ideale, il contatto
con una superficie piana normale all’asse di rotazione raddoppia
l’allungamento geometrico. In realtà la superficie non è a contatto, non è
normale all’asse di rotazione né tantomeno piana, perciò l’incremento
dell’allungamento è limitato e diventa funzione dell’angolo di barra del
timone.
L’allungamento fittizio può essere aumentato anche agendo sul bordo
inferiore. Un intervento per ridurre gli effetti di estremità all’apice consiste
nell’aggiunta di una lamina terminale parallela al fondo e tale da fuoriuscire
dalla forma stessa del profilo. In alternativa, e più usualmente, l’apice della
pala viene tagliato di netto: rispetto al caso di apice sagomato permette di
avere una portanza maggiore, anche se a scapito di una maggiore resistenza
indotta.
99
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
3.12 – Lo sviluppo planare
Si consideri ora la pala di un timone: essa mostra uno sviluppo planare
caratterizzato da una certa legge di variazione della lunghezza della corda
lungo la campata e da un angolo di abbattimento. Tali caratteristiche
geometriche verranno di seguito analizzate per valutare il loro impatto sulla
generazione delle forze idrodinamiche.
Dal momento che, nel caso in esame, la pala non lavora generalmente con
una distribuzione omogenea della portanza e della resistenza, l’interazione
fra pala e flusso deve ora essere analizzata introducendo delle grandezze
idrodinamiche che, variando lungo la campata, forniscano informazioni sulle
modalità di lavoro delle singole sezioni. Si definiscono a tale scopo, in
aggiunta ai coefficienti idrodinamici relativi all’intera superficie della pala, i
coefficienti di portanza e di resistenza locali, relativi alle singole sezioni
trasversali. Tali coefficienti fanno riferimento alle densità lineari di portanza
e di resistenza lungo la campata.
Il più usato è quello relativo alla portanza, che viene definito sulla base
della densità lineare di portanza l(x) [N/m], ove l’asse Ox è steso nella
direzione della campata. Per una generica pala a corda variabile c(x), l’area
proiettata del tratto δx (centrato sull’ascissa x) vale δAR = c(x)δx e la
portanza da essa sviluppata si può scrivere, in funzione della densità di
portanza l(x), come δL = l(x)δx. Dalla relazione appena scritta si può
osservare che la portanza della pala corrisponde all’integrale della densità l(x)
esteso all’intera campata:
b
L = ∫ l ( x ) dx
0
[N]
(3.12.A)
in cui b è palesemente la lunghezza della campata della pala.
In analogia alla definizione del coefficiente di portanza cL relativo alla
superficie complessiva della pala, si definisce anche il coefficiente di densità
di portanza χL:
χL ( x) =
l ( x)
q c ( x)
[-]
(3.12.B)
il quale caratterizza localmente il comportamento della pala assumendo un
valore diverso su ogni corda. Perciò il coefficiente di pala cL può essere
espresso come:
cL =
100
1
AR
b
∫ c ( x ) χ ( x ) dx
0
[N]
(3.12.C)
Cap.3 – Il progetto del timone
La forma della pala comporta una diversa distribuzione della velocità
discendente, e quindi differenti distribuzioni di portanza, con modifiche del
rendimento e dell’angolo di stallo. Per impostare un’analisi qualitativa
dell’influenza della forma sulle caratteristiche idrodinamiche, può essere
utile il confronto fra superfici idrodinamiche rettangolari e triangolari,
morfologie che rappresentano i due limiti estremi delle pale dei timoni. Tali
analisi verranno condotte su pale simmetriche lungo la campata, ovvero
addossate ad una estremità ad una superficie che crea l’effetto specchio.
La pala rettangolare mostra una distribuzione di corrente discendente
con valori massimi alle estremità, e quindi in tali zone il coefficiente di
densità di portanza è minore – si rammenta che esso rappresenta la capacità
del profilo, posto ad una determinata ascissa della pala, di generare portanza
indipendentemente dall’area ivi presente. Poiché la corda è costante, la
densità di portanza l(x) ha la stessa distribuzione del coefficiente locale χL(x),
con un andamento quasi piatto al centro e una forte variazione ai bordi dove
praticamente si annulla, qui infatti la velocità discendente è tale da rendere
vano l’effetto dell’angolo di attacco.
La pala triangolare mostra una distribuzione di corrente discendente
con valori minimi alle estremità, conseguentemente la riduzione del
coefficiente locale di portanza è più accentuata al centro della campata,
mentre il profilo sui bordi tende a generare portanza come se fosse isolato
poiché sui bordi la velocità discendente tende ad annullarsi. La densità di
portanza della pala, per effetto dello sviluppo planare, è maggiore a centro
campata. Si osservi che, in virtù della particolare configurazione, il flusso al
centro della campata tende a mantenere quello alle estremità sulla direzione
della corda, un po’ perché la formazione della corrente indotta è più graduale
lungo la campata, ed un po’ per effetto del ritardo di ingaggio dovuto
all’abbattimento del bordo di attacco.
Le due pale si comportano in maniera palesemente contrapposta per
quanto riguarda la distribuzione del coefficiente locale di portanza: quella
rettangolare registra valori più elevati alla radice e quella triangolare
manifesta valori più elevati all’apice. Di conseguenza, la pala rettangolare
mostra un inizio di stallo alla radice, quella triangolare al vertice. Esse non
lavorano perciò sfruttando appieno le caratteristiche del profilo idrodinamico
perché già a partire da angoli geometrici di attacco bassi (e tanto più bassi
quanto minore è l’allungamento) alcune zone si scaricano. Anche la
formazione di cavitazione, dipendendo dalle pressioni che sono strettamente
correlate alla distribuzione del coefficiente locale di portanza, non è
omogenea.
I due effetti di sbilanciamento del campo di pressione si compensano
quando la pala ha sviluppo planare ellittico, definendo così la condizione
ideale di lavoro dei singoli profili che la compongono.
101
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
La pala che ha il comportamento migliore nei confronti della
generazione delle forze idrodinamiche è infatti quella a superficie di forma
ellittica con profilo ad allungamento costante (e bordi di attacco e di uscita
del flusso simmetrici rispetto alla retta dei massimi spessori). Essa ha la
caratteristica di generare lungo la campata una distribuzione costante della
velocità discendente: ciò comporta che la distribuzione del coefficiente di
portanza sia costante. Di conseguenza la densità di portanza ha distribuzione
ellittica che, in funzione della portanza totale generata L può essere espressa
dalla relazione:
l ( x) =
L 4
2
1 − ( 2x / b)
b π
[N/m]
(3.12.D)
Essendo l’andamento di χL costante, il flusso si mantiene omogeneo e la
superficie entra in stallo con regolarità lungo la campata, mostrando linee di
stallo, ai vari angoli, parallele tra loro e alla direzione della campata. Ciò si
traduce, nel confronto con pale di morfologia diversa aventi la stessa
portanza totale, in una resistenza indotta minore, un gradiente di portanza
maggiore ed infine in una minore propensione alla cavitazione.
L’effetto della forma è perciò molto importante perché modifica
fortemente le condizioni di lavoro di una superficie ad allungamento finito,
perciò la pala del timone deve avere uno sviluppo planare il più possibile
simile a quello ellittico.
Un’altra caratteristica importante nella definizione della morfologia di
pala è l’angolo di freccia (o angolo di abbattimento), che gioca un ruolo
significativo nel modificare la distribuzione della portanza e lo schema di
stallo. Tale grandezza infatti è responsabile del ritardo con cui il filetto
fluido avverte la presenza della pala e concorre perciò a modificare la
corrente indotta della particella fluida. Si verifica infatti sperimentalmente
che un angolo di freccia elevato (abbattimento all’indietro) fa si che la pala
si comporti come se fosse più rastremata – perciò la pala abbattuta
all’indietro ha la tendenza a caricarsi di più all’apice. L’opposto si verifica
quando l’angolo di freccia è ridotto, al limite negativo: esso conferisce alla
pala un comportamento simile a quello di una superficie meno rastremata.
Per guidare la scelta del valore ottimale dell’angolo di abbattimento una
volta fissato il valore del rapporto di rastremazione, si può fare riferimento
alle risultanze sperimentali di studi condotti su pale aventi una distribuzione
ellittica delle pressioni e, poiché le pale rastremate a spigoli diritti hanno una
distribuzione della portanza pressoché ellittica, è usuale applicare anche ad
esse tali considerazioni.
La correlazione esistente fra il rapporto di rastremazione e l’angolo di
freccia è tale da far corrispondere angoli decrescenti a rapporti di
102
Cap.3 – Il progetto del timone
rastremazione crescenti. I valori ottimali di dette coppie sono riportati in
Tab.3.12.A, nella quale compaiono anche i valori dei corrispondenti angoli
di freccia al bordo di attacco ΛLE calcolati, con riferimento a pale a spigoli
rettilinei, per diversi valori di allungamento (i valori negativi non sono
indicati perché non si prestano alla definizione dello sviluppo planare del
timone).
rapporto di rastremazione ct / cr
0,40
0,45
0,50
0,60
angolo ottimale di abbattimento Λ
3,0°
0,0°
–3,0°
–7,5°
λ = 1,0
15,0°
11,0°
6,5°
0,0°
λ = 1,5
11,0°
7,0°
3,5°
–
λ = 2,0
9,0°
5,5°
2,0°
–
λ = 2,5
8,0°
4,5°
1,0°
–
corrispondente freccia
del bordo di attacco ΛLE
per diversi valori di
allungamento λ
TABELLA 3.12.A
Relazione ottimale fra abbattimento e rastremazione
e corrispondenti valori di freccia al bordo di attacco.
Si osservi che per rapporti di rastremazione superiori a 0,60 l’angolo di
freccia al bordo di attacco diventa negativo e quindi il bordo di attacco non
si adatta più a costituire il profilo di prora del timone. Infatti, considerazioni
pratiche suggeriscono l’opportunità di avere un bordo d’attacco abbattuto
all’indietro per evitare che la pala agganci e trattenga contro lo scafo corpi
esterni trasportati dal flusso incidente.
Un rapporto di rastremazione elevato comporta inoltre il rischio di avere
un centro di pressione troppo spostato in avanti e quindi di avere un timone
instabile, d’altro lato un rapporto di rastremazione basso comporta valori
troppo elevati dell’angolo di freccia e quindi sia momenti torcenti elevati a
causa della posizione arretrata del centro di pressione, sia una struttura
sbilanciata in cui i diaframmi verticali principali non siano allineati all’asta
di controllo. Per questo motivi è usuale, nella scelta dello sviluppo planare
dei timoni navali, riferirsi ad un rapporto di rastremazione pari a 0,45 e
corrispondentemente ad un angolo di abbattimento nullo.
3.13 – La scelta della forma della pala
Gli studi finora citati sono riferibili a pale con distribuzione ellittica delle
pressioni in presenza dell’effetto specchio su una estremità. L’effetto
specchio però si è già annullato per una distanza della pala dalla volta di
103
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
poppa uguale ad almeno 0,075 bS (si veda a riguardo la Tab.3.4.B). Per
questo motivo le considerazioni precedentemente esposte devono
considerarsi valide, almeno qualitativamente, per pale sufficientemente
vicine alla volta di poppa. Vale la pena rimarcare che in tali circostanze un
buon progetto deve considerare le seguenti osservazioni:
• l’allungamento deve essere il più elevato possibile;
• lo sviluppo planare ottimale è quello ellittico, perciò le pale a spigoli
rettilinei che lo approssimano devono essere rastremate e con profili
aventi rapporto di forma costante;
• la rastremazione migliore è, almeno indicativamente, quella che si
associa all’angolo di abbattimento nullo.
Quando poi la pala si trova ad una distanza dalla volta di poppa
superiore al valore limite sopra riportato, essa non risente più di un seppur
parziale effetto specchio. In questo caso la configurazione ottimale per lo
sviluppo planare è quella di pala rettangolare: questa geometria è infatti
l’unica che presenta una simmetria rispetto alla corda media, tale da far
assomigliare la pala il più possibile a quella ideale. Inoltre, studi effettuati su
pale isolate, aventi allungamenti tipici dei timoni navali (λ < 3), mostrano
che la distribuzione della portanza tende a rimanere praticamente invariata
passando da una pala rettangolare ad una con rapporto di rastremazione pari
a 0,5. Ciò giustifica ulteriormente la scelta, per le pale lontane dallo scafo, di
una forma semplice come quella rettangolare.
Quanto esposto finora si riferisce a pale aventi profili con rapporto di
forma costante, soluzione che rappresenta la quasi totalità dei casi. Talvolta
però il rapporto può essere variabile a tratti, allo scopo di poter alloggiare
l’asta nella parte superiore più spessa, mentre nella parte bassa viene
mantenuto un profilo più efficiente.
I dati idrodinamici dei diversi tipi di pala sono disponibili per diverse
morfologie e sono direttamente applicabili a timoni caratterizzati dalla stessa
forma che lavorano in campi fluidi omogenei. Talvolta i dati idrodinamici di
pala vengono forniti anche per flusso da poppa: in tal caso il centro di
pressione risulta così lontano dall’asse di rotazione che, anche se le forze
idrodinamiche si riducono, il momento torcente all’asta può risultare più
elevato di quello in marcia avanti e quindi pericoloso. È anche possibile
rintracciare le curve dei coefficienti idrodinamici relativi al funzionamento
di pale che sfruttano l’effetto di vicinanza della volta di poppa, ma è più
usuale riferirsi a dati per pale isolate ed effettuare correzioni a posteriori.
3.14 – L’utilizzo dei coefficienti idrodinamici di profilo
Quando non si dispone delle caratteristiche della pala, non rimane altra
soluzione che fare riferimento ai dati idrodinamici dei profili in regime di
104
Cap.3 – Il progetto del timone
flusso bidimensionale. Essi possono essere infatti trasformati e applicati con
buona approssimazione a pale rettangolari con allungamento finito e, in
mancanza di dati più precisi, anche a pale rastremate.
La trasformazione dei dati idrodinamici da allungamento infinito a finito
viene fatta sulla base della teoria elaborata nel 1920 da Prandtl per pale
aventi distribuzione ellittica della portanza. Poiché tale condizione
generalmente non sussiste, i coefficienti che compaiono nelle formule di
trasformazione sono stati leggermente modificati da Schönherr per adeguarli
a pale rettangolari.
Come già accennato, la curva del coefficiente di portanza cL(α) per pale
ad allungamento finito è tanto più inclinata quanto più l’allungamento si
riduce: al diminuire dell’allungamento l’angolo di stallo cresce mentre il
valore massimo della portanza rimane praticamente invariato. Per valutare la
curva di portanza di una pala avendo a disposizione quella del profilo (ossia
della pala con allungamento infinito), si deve effettuare una trasformazione
che consiste nell’abbattere la curva. In pratica, ogni valore del coefficiente di
portanza cL(α) viene riferito ad un nuovo angolo di attacco αλ, ottenuto
sommando ad α una quantità ∆α linearmente proporzionale al valore del
coefficiente di portanza cL(α):
αλ = α + ∆α = α + kλ cL(α)
[°]
(3.14.A)
ove kλ è espresso in gradi. Si ottiene in questo modo una nuova curva del
coefficiente di portanza per l’allungamento λ, costituita dalle coppie di
valori [cL(α),αλ].
La curva del coefficiente di resistenza per allungamento infinito cD(α)
viene modificata sommando ad ogni valore del coefficiente di resistenza
cD(α) una quantità proporzionale al quadrato del coefficiente di portanza, e
diagrammando i valori così ottenuti in funzione dell’angolo di attacco
modificato αλ:
cD(α)λ = cD(α) + mλ [cL(α)]2
[-]
(3.14.B)
dove mλ è un fattore adimensionale. Si ottiene così una nuova curva del
coefficiente cD per l’allungamento λ, formata dalle coppie [cD(α)λ,αλ].
Nessuna ipotesi viene fatta per quanto riguarda la posizione del centro
di pressione, che viene riportato senza modifiche al nuovo angolo di attacco
modificato αλ. Si ottiene in questo modo una nuova curva del coefficiente
(CPC /c)(α) per l’allungamento λ, formata dalle coppie [(CPC /c)(α),αλ]. Si
osservi che se non è nota la coordinata CPS è necessario ipotizzare la
posizione verticale del centro di pressione prima di passare a definire il
grado di compenso della pala.
105
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
Tali formule permettono anche il passaggio da un allungamento finito
ad un altro: è sufficiente infatti esprimere le formule di trasformazione per
due diversi allungamenti ed eliminare i parametri comuni α e cD(α).
Eseguendo queste operazioni mettendo in relazione gli allungamenti λ1 e λ2
si ottengono le relazioni:
αλ1 – αλ2 = (kλ1 – kλ2) cL(α)
[°]
(3.14.C)
cD(α)λ1 – cD(α)λ2 = (mλ1 – mλ2) [cL(α)]2
[-]
(3.14.D)
I fattori kλ ed mλ per le pale d’uso navale a spigoli diritti sono tabulati in
funzione dell’allungamento effettivo λ (si veda la Tab.3.14.A).
allungamento λ
0,5
1,0
1,5
2,0
4,0
6,0
fattore kλ [°]
37,20
19,05
12,92
9,85
5,17
3,58
fattore mλ [-]
0,632
0,318
0,213
0,161
0,082
0,056
TABELLA 3.14.A
Fattori di correzione per l’allungamento.
I fattori kλ ed mλ relativi a pale con distribuzione ellittica della portanza
sono esprimibili analiticamente. Se il fattore kλ viene espresso in radianti,
per le pale a distribuzione ellittica della portanza vale:
kλ = mλ =
1
πλ
[-]
(3.14.E)
ed i valori così ottenuti possono essere utilizzati in sostituzione di quelli
tabulati.
Come ultima risorsa, se non si dispone delle caratteristiche dei profili,
esistono formule analitiche semi–empiriche che, legando i coefficienti
idrodinamici all’allungamento e all’angolo di attacco, trascurano l’effetto
della forma sia della pala che del profilo, oltre che l’effetto del Numero di
Reynolds.
Un esempio di formulazione adatta a determinare con buona accuratezza
le caratteristiche idrodinamiche di profili classici è la seguente, in cui i valori
approssimati di cL, cD e cQ (quest’ultimo calcolato rispetto al bordo di attacco)
sono forniti per angoli di attacco “piccoli” rispetto all’angolo di stallo:
cL = cL1 + cL 2 =
106
2πλ ( λ + 1)
(λ + 2)
2
sin α + sin α sin α cosα
[-]
(3.14.F)
Cap.3 – Il progetto del timone
cD = cD1 + cD 2 + cD 3 = 1,1
cL2
0,075
3
+ sin α + 2,5
2
πλ
( log RN − 2 )

λ+2 
cQ = − ( cL1 cosα + cD1 sin α )  0, 47 −
+
4 ( λ + 1) 

− 0,75 ( cL 2 cos α + cD 2 sin α )
[-]
(3.14.G)
[-]
(3.14.H)
Queste espressioni devono essere poi completate con i dati relativi
all’angolo di stallo.
È molto interessante osservare infine che pale con profili convenzionali,
se il loro allungamento è troppo basso (λ < 1,0), possono non riuscire ad
esprimere la portanza massima del profilo, a causa dell’abbattimento della
curva di portanza, entro il valore limite rappresentato dal massimo angolo di
barra del timone. D’altra parte va sempre verificato che il massimo angolo di
barra previsto per il timone non sia superiore all’angolo di stallo.
Anche per la pala rettangolare costituita da una lastra piana si può fare
riferimento a formulazioni semi–empiriche.
Vanno ricordati, a riguardo, i risultati delle prove al vero condotte sulla
Loira da Joessel nel 1873: questi misurò la forza idrodinamica che nasce su
una lastra piana al variare dell’angolo di attacco α e dell’intensità della
corrente. La formula che propose mette in luce la dipendenza della forza
d’interazione idrodinamica dal quadrato della velocità e dall’area della
superficie, d’altro lato non considera altri fattori importanti come
l’allungamento della pala.
In pratica Joessel fece variare, a parità di angolo di attacco e di velocità,
la posizione dell’asse di rotazione (facendole assumere i due valori d1 e d2) e
misurò i momenti di controllo Q1 e Q2 nelle due configurazioni: ciò gli
permise di pervenire al valore della forza FN ed a quello della distanza CPC
del centro di pressione dal bordo di ingresso. Infatti, da ogni coppia di prove
ottenne due relazioni con due soli dati incogniti (FN e CPC), quelli ricercati,
due parametri noti (d1 e d2) e due grandezze misurate (Q1 e Q2):
 FN ( d1 − CPC ) = Q1

 FN ( d2 − CPC ) = Q2
[-]
(3.14.I)
Egli espresse i risultati degli esprimenti in termini di coefficiente
adimensionale cN fornendo infine la relazione:
cN =
0,811sin α
0,195 + 0,305 sin α
[-]
(3.14.J)
107
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
dalla quale è possibile dedurre l’equazione del momento evolutivo:
M E (α ) ≈ FN
LPP
L
cosα = q AR cN PP cosα
2
2
[-]
(3.14.K)
e successivamente, per derivazione, l’angolo al quale si verifica il suo valore
massimo che, a dispetto delle approssimazioni del modello e del calcolo,
risulta proprio uguale a 35°.
I coefficienti idrodinamici della lastra piana rettangolare sono forniti,
per i diversi RN, al variare dell’allungamento e del rapporto fra spessore e
corda. Si vedano per esempio i valori riportati in Tab.3.14.B dove sono
anche riportati i dati relativi ad un profilo di uso comune in campo navale: il
confronto fra le due efficienze rende conto della convenienza d’utilizzo dei
profili.
PROFILO
CARATTERISTICHE
portanza
efficienza
TABELLA 3.14.B
lastra piana
(t /c = 0,07)
NACA–0015
CL (α
= 10°)
0,323
0,289
CL (α
= 20°)
0,654
0,622
CL (α
= 30°)
0,915
0,926
CL (α
= 40°)
1,000
0,685
CL /CD (α
= 10°)
2,45
6,90
CL /CD (α
= 20°)
2,10
4,61
CL /CD (α
= 30°)
1,54
2,89
CL /CD (α
= 40°)
1,15
1,13
Confronto fra le caratteristiche della lastra piana e di
un profilo NACA–00 (λ = 1, RN ≈ 0,75·106, valori
misurati).
3.15 – La superficie idrodinamica articolata
Il timone sospeso ha la configurazione più semplice fra quelle utilizzate per
le navi, esso prevede infatti una superficie di controllo azionata e sostenuta
108
Cap.3 – Il progetto del timone
da un’asta disposta verticalmente, collegata alla pala per mezzo di un
accoppiatoio contenuto generalmente entro i mantelli.
In alternativa, la pala viene sostenuta anche da strutture che fuoriescono
dallo scafo, poste in corrispondenza del bordo di attacco nella parte alta o in
prossimità del bordo inferiore: in questo modo l’asta viene sgravata di parte
del carico trasmesso dalla pala (in particolare diminuisce il momento
flettente sull’asta). Quando la struttura di supporto della pala si estende in
maniera parziale lungo il bordo di attacco il timone viene detto su corno,
quando invece la struttura di supporto corre dallo spigolo superiore a quello
inferiore della pala il timone è detto su pinna.
Le strutture di supporto poste lungo il bordo di attacco modificano
anche significativamente le caratteristiche idrodinamiche della pala,
partecipando alla generazione delle forze di portanza e di resistenza. Per
questo motivo tali supporti vengono sagomati in modo da assumere una
forma idrodinamica, possibilmente ben avviata con la pala allo scopo di
costituire un unico corpo idrodinamico senza discontinuità o interstizi fra le
parti.
In alcune configurazioni si usa un sostegno inferiore, detto calcagnolo,
costituito da una struttura ottenuta dal prolungamento della chiglia. Il
calcagnolo non costituisce un ingombro per il flusso incidente sulla pala e
quindi non richiede particolari sagomature.
Dal punto di vista idrodinamico si distinguono perciò i timoni a
superficie completamente mobile da quelli dietro superficie fissa, ovvero con
sostegno lungo il bordo di attacco.
In generale, la presenza di una superficie fissa avviata a prora del
timone deve essere tenuta in considerazione nel calcolo delle caratteristiche
della pala, perciò una pinna o un corno devono essere considerati a tutti gli
effetti come facenti parte della pala. Concorrendo a determinarne tutte le
caratteristiche morfologiche, essi devono essere conteggiati nel calcolo della
lunghezza media della corda e della campata, del rapporto t/c, dell’area
totale, dell’allungamento, della rastremazione e dell’angolo di abbattimento.
D’altro lato, dal punto di vista costruttivo si parla di timoni sospesi, su
pinna, su corno o su calcagnolo.
È bene notare che il progetto strutturale e quello idrodinamico sono
strettamente connessi, infatti una pala senza strutture aggiuntive di sostegno
richiede un’asta di controllo e supporto più robusta perché soggetta, oltre che
a carichi torsionali (immediata conseguenza dell’azione di controllo) anche a
carichi flessionali. La presenza di strutture di sostegno sgrava parzialmente
l’asta dalle azioni flessionali, permettendo così un dimensionamento più
leggero della stessa.
109
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
La differenza sostanziale tra timone sospeso e timone su sostegno
riguarda il valore minimo realizzabile del rapporto di forma del profilo (che
come noto dipende dal diametro dell’asta): dal punto di vista idrodinamico il
rendimento della pala migliora se si utilizzano profili più sottili, anche se tale
effetto positivo viene ridotto dalle maggiori perdite indotte dalle
discontinuità fra le parti. Vale comunque, in generale, che le soluzioni con
supporti sono da preferire quando si vuole aumentare l’affidabilità della
struttura di sostegno del timone, infatti le forze si scaricano su una struttura
portante più ampia ed efficace.
Inoltre, la presenza di una parte fissa (corno o pinna) migliora le
caratteristiche di controllo della rotta perché contribuisce alla stabilità
dinamica della nave. Diverso è invece l’effetto dei supporti durante
un’accostata, infatti l’angolo di attacco sulla parte fissa, a causa della deriva
può diventare opposto a quello impostato sulla pala e, con il flusso che
incide sul dorso nella parte fissa della pala articolata, la portanza si riduce.
D’altro lato, se la parte fissa è molto estesa (per esempio lo skeg su cui sono
fissati i timoni centrali sulle navi bielica), l’effetto che questa ha sulla pala è
quello di ridurre l’angolo di deriva al timone durante l’accostata e così
migliora il funzionamento del timone rispetto al caso in cui esso sia sospeso
lontano dallo scafo.
Prove sperimentali su timoni isolati e investiti da un flusso omogeneo
sempre allineato con l’eventuale parte fissa, hanno mostrato che, a parità di
area totale AR, una superficie completamente mobile realizza una portanza
maggiore rispetto ad una parzialmente mobile, qualsiasi sia la percentuale di
suddivisione tra area mobile AM ed area fissa AF (con AR = AM + AF). In
particolare, tali esperienze, condotte su timoni con avviamento perfetto fra le
parti, mostrano che la portanza, massima quando la superficie è
completamente mobile, diminuisce all’aumentare del rapporto fra AF /AM. In
Tab.3.15.A è riportato, in funzione del rapporto AM /AR, il fattore rL [-] che
esprime il rapporto fra la portanza generata dalla superficie completamente
mobile e quella generata dalla stessa superficie quando è parzialmente
mobile (i valori sono indicativi).
RAPPORTO
fattore rL [-]
TABELLA 3.15.A
AM /AR
0,5
0,6
0,7
0,8
0,9
1,0
0,75
0,85
0,92
0,97
1,0
1,0
Valori del fattore di riduzione della portanza.
Questo profilo, formato da due corpi in cascata, presenta un angolo di
attacco sulla parte prodiera che non è ottimale per la generazione della
110
Cap.3 – Il progetto del timone
portanza perché, per un flusso proveniente nella direzione prora–poppa, è
sempre nullo. Le cose poi non possono che peggiorare quando in accostata si
è in presenza di un angolo di deriva. Come noto, l’effetto della deriva è
quello di ridurre l’angolo di attacco sul timone, e ciò sulla parte fissa si
traduce automaticamente in un angolo di attacco opposto rispetto a quello
della pala.
A ciò si aggiunga che la resistenza indotta aumenta a causa delle zone
di discontinuità, sia per effetto degli interstizi fra la pinna e la pala, sia per
effetto dell’eventuale grado di compenso del timone, che crea un ulteriore
disallineamento fra le parti. In realtà infatti tra dorso e ventre si crea un vaso
di comunicazione, che è sempre più grande all’aumentare dell’angolo di
barra, e di conseguenza si ha una riduzione dei campi di pressione
idrodinamica.
Ma la presenza di una parte fissa davanti al timone non è di per sé un
fatto negativo, infatti l’aggiunta di una parte fissa, avviata con continuità di
fronte all’intero bordo di attacco, ha l’effetto di aumentare l’area della
superficie complessiva di controllo. Prove sperimentali hanno mostrato che
fra un timone di area AM completamente mobile e lo stesso timone di area AM
preceduto da una pinna di area AF, quest’ultimo genera una portanza
maggiore a fronte di una maggiore resistenza. In conclusione, una volta
fissata l’area per esigenze evolutive, si può pensare di posizionare di fronte
alla pala una pinna per migliorare sia la generazione della portanza, sia il
controllo di rotta.
Un caso tipico è quello dei timoni fissati direttamente a carena su uno
skeg, in cui la pala viene a funzionare come un flap dell’intera carena –
ovviamente in queste configurazioni i timoni non possono sfruttare la scia
dell’elica.
Un’alternativa più interessante è quella costituita dal timone su corno,
preferibile sia perché, a parità di area totale AR la parte fissa è più piccola in
quanto si estende per circa metà altezza della campata, sia perché la parte
inferiore della pala non trova davanti a sé alcun ostacolo. A ciò si aggiunga
che il corno è una struttura più tozza e robusta di una pinna e quindi è meno
sollecitata (si pensi alla flessione indotta dalla pala) e più facile da realizzare.
Con la configurazione su corno si ottiene una maggiore portanza rispetto
ad un timone di uguale area totale AR ma su pinna. Per quanto riguarda la
resistenza, diversi sono i fenomeni che la determinano ed è difficile dire se
essa aumenti o diminuisca: da un lato essa aumenta perché risente della
presenza deleteria della zona di discontinuità alla base del corno, dall’altro
essa si ricuce grazie alla diminuzione del disallineamento fra parte mobile e
fissa sia per la minore estensione del supporto, sia per l’avvicinamento
dell’asse di rotazione al bordo di attacco. Complessivamente il rendimento
111
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
del timone su corno é migliore di quello su pinna, essendo la pinna più
intrusiva sul funzionamento della pala.
Va osservato che l’asta può essere avvicinata al bordo di attacco della
parte mobile nella zona alta, in quanto la compensazione è realizzata
solamente nella parte inferiore: tali timoni si dicono per questo motivo
timoni semi–compensati.
I timoni navali, se non sono sospesi, sono generalmente su corno, infatti
tra le due configurazioni la seconda presenta i seguenti pregi:
• garantisce migliori doti di controllo della rotta,
• consente di mantenere un favorevole rapporto di forma del profilo,
• possiede una maggiore affidabilità strutturale,
seppure a scapito di un rendimento idrodinamico minore.
Le configurazioni su calcagnolo sono limitate a casi particolari in cui tra
le finalità del progetto vi sia quella di creare un pozzo dell’elica chiuso,
infatti il calcagnolo è di per sé un elemento strutturale delicato che per
aggiunta si trova in una zona estremamente critica.
Poche sono le prove sperimentali disponibili sul comportamento dei
timoni su corno. Fra esse si ricorda un interessante studio condotto da
Goodrich e Molland su una serie di timoni su corno provati in galleria del
vento in condizioni di flusso isolato.
Tali esperienze sono state effettuate su pale in scala, avvicinate ad una
superficie piana in modo da simulare l’interazione del timone con la volta di
poppa ed investite da un flusso avente un Numero di Reynolds di poco
superiore ad 1⋅106 allo scopo di ridurre il più possibile l’effetto scala. Le tre
configurazioni studiate sono tutte su corno con pale aventi caratteristiche
geometriche identiche se non per quanto riguarda il rapporto di
rastremazione.
Le prove sono state effettuate, per diversi angoli di deriva al corno (fino
ad un massimo di ±15°), al variare dell’angolo di barra relativo al corno (con
un intervallo costante di 2,5°). Le forze sono state misurate con celle di
carico sia sull’asta di sostegno della pala, rendendo disponibili dati parziali
per il contributo delle due superfici, quella fissa e quella mobile. In un
secondo momento, allo scopo di poter confrontare tali contributi parziali, i
coefficienti idrodinamici sono stati calcolati utilizzando come superficie
quella totale (pala + corno).
Tra i risultati significativi delle prove si menzionano i seguenti:
• la portanza generata complessivamente dal timone quando viene
aggiunto il corno aumenta, assieme alla resistenza, purché l’angolo di
attacco sul corno (ossia l’angolo di deriva) si mantenga positivo, infatti
112
Cap.3 – Il progetto del timone
la presenza di un angolo di deriva negativo sul corno, come succede in
accostata, fa diminuire la portanza;
• il centro di pressione risente della presenza del corno, spostandosi in
avanti e verso l’alto quando viene considerata anche la parte fissa
(inoltre il centro di pressione si muove molto al variare dell’angolo di
barra);
• facendo ruotare il corno assieme alla pala si ottiene una portanza
maggiore ed un rendimento maggiore rispetto al caso di pala mobile e
corno fisso;
• la chiusura dei meati fra il dorso ed il ventre della pala fa aumentare il
gradiente di crescita della portanza e fa diminuire la resistenza.
In generale è molto difficile avere a disposizione dati sulle
caratteristiche idrodinamiche dei timoni semi–compensati, di conseguenza è
spesso necessario ripiegare su metodi approssimati. Una via è quella di
calcolare le caratteristiche idrodinamiche di un timone di area uguale e
completamente mobile, salvo poi correggere con un fattore stimato rL la
portanza generata dalla zona alta, che può essere percentualmente valutata
ipotizzando una distribuzione lineare lungo la campata. Inoltre, nel progetto
strutturale si può ricorrere all’assunzione conservativa di considerare la
superficie idrodinamica come se fosse tutta mobile.
Per quanto riguarda la valutazione della posizione del centro di
pressione CP del timone su corno o su pinna, in prima approssimazione si
può supporre che essa corrisponda a quella del timone a superficie
completamente mobile. Ciò comporta che il centro di pressione della sola
parte mobile sia spostato a poppavia, e tale circostanza va tenuta in
considerazione quando ci si appresta a definire il grado di compenso della
pala – riferito ovviamente alla sola parte mobile.
In generale, un timone all movable ha un grado di compenso massimo
compreso fra il 23 % ed il 30 %, in funzione del tipo di profilo e del grado di
instabilità che si vuole accettare. Un timone su pinna o su corno ha
generalmente un grado di compenso minore, compreso fra il 18 % ed il 24 %,
per limitare il disallineamento fra parte fissa e parte mobile e, per timoni su
corno, anche per esigenze di robustezza della parte inferiore della pala.
Quando il momento evolutivo generato da una pala non è sufficiente a
conferire alla nave le qualità evolutive richieste, e contemporaneamente non
è possibile aumentare la superficie della pala, l’unica soluzione è quella di
ricercare un profilo con una portanza specifica superiore. Ciò conduce
all’utilizzo di pale con flap di coda.
In tali configurazioni l’avviamento tra i due profili, quello principale e
quello di coda, viene fatto con precisione e la pala si comporta quindi come
se fosse formata da un unico profilo asimmetrico avente la freccia delle
113
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
corda variabile, sul quale il flusso incide con un angolo di attacco non nullo
già sul bordo di ingresso. Tale circostanza fa si che alla portanza generata
per effetto dell’angolo di attacco si aggiunga il contributo della freccia del
profilo e ciò assicura valori di portanza che possono essere il doppio di quelli
di pale uguali ma a superficie non articolata. Va però osservato che anche la
resistenza tende ad aumentare, comunque la scelta di un profilo con flap è in
genere dettata da considerazioni di necessità e non dalla ricerca di un basso
rendimento.
Le caratteristiche idrodinamiche del timone con flap dipendono dalla
percentuale di superficie di flap ATF rispetto alla superficie mobile totale, e
dal grado di compenso del flap. In ogni caso la portanza massima con flap è
significativamente maggiore rispetto al caso di superficie completamente
mobile: il massimo guadagno si ha con il rapporto ATF /AT = 0,20.
Il grado di compenso del flap viene generalmente mantenuto basso
anche per non aumentare il disallineamento, mentre il grado di compenso
totale sull’area AR raggiunge valori molto elevati (circa il 45%) poiché il
centro di pressione totale si sposta verso poppavia per effetto della curvatura.
Per questo motivo è conveniente che tali pale abbiano profili con massimo
spessore spostato verso il centro della corda e che non siano presenti
supporti fissi di fronte al bordo di attacco.
Le curve idrodinamiche per questo tipo di pala vengono diagrammate
sia in funzione dell’angolo αTF di inclinazione del flap (angolo relativo al
diametrale della pala), sia in funzione dell’angolo α di attacco del flusso
sulla pala principale. Utilizzando uno dei due angoli come parametro si
possono visualizzare le possibili condizioni di lavoro del timone ed è
interessante al proposito analizzare l’andamento delle curve di portanza:
• la curva per α = 0 mostra la portanza ottenuta con la sola inclinazione
del flap; essa è caratterizzata da un andamento simmetrico rispetto alla
posizione al centro;
• la curva per αTF = 0 mostra la portanza ottenuta con l’inclinazione del
flap in maniera solidale alla pala; essa è caratterizzata da un andamento
simmetrico rispetto alla posizione al centro;
• le curve ottenute con il flap a diversi angoli di inclinazione sono
asimmetriche e appaiono ottenute attraverso traslazioni proporzionali al
valore dell’angolo αTF .
Infine, l’analisi delle curve di resistenza rende palese che la situazione
di minima resistenza è quella che corrisponde alla situazione di flap solidale
alla pala.
Appare perciò evidente che, definendo un’opportuna legge che leghi
l’angolo del flap a quello di barra, legge del tipo αTF(α), si può ottenere una
114
Cap.3 – Il progetto del timone
curva di portanza che ottimizzi il comportamento del profilo in cascata, con
un gradiente di crescita particolarmente alto fino allo stallo.
Proprio per sfruttare questa possibilità e considerando che il timone con
flap a doppio comando richiede un meccanismo complesso e delicato, è stata
ideata una variante nella quale il timone viene realizzato con un meccanismo
piuttosto semplice che lega l’angolo relativo αTF tra il flap e la pala
all’angolo di barra, in modo che il flap assuma un valore prestabilito per
ogni angolo di barra impostato.
Si raggiunge così lo scopo di coniugare la semplicità del sistema di
controllo, limitato all’asta principale, con elevate portanze specifiche, alto
valore del gradiente di crescita della curva di portanza ed un angolo di stallo
invariato. Questi timoni portano il nome dell’inventore e sono noti come
timoni Lumley, furono ideati a metà del secolo scorso e sono tuttora prodotti
da diverse aziende.
Si ricorda infine che sono stati ideati anche timoni con flap posto sul
bordo d’ingresso, ma tali soluzioni, pur efficaci a migliorare le
caratteristiche della pala, sono da evitare per questioni di sicurezza essendo
il bordo di ingrasso della pala soggetto all’impatto con oggetti trasportati dal
flusso che lo lambisce.
3.16 – Il progetto della pala
Il timone deve essere progettato considerando una serie di vincoli progettuali
di diversa natura. Come per ogni altro impianto della nave l’insieme della
pala, dell’asse, delle strutture di supporto, dei cuscinetti e dell’agghiaccio
deve essere progettato in modo da offrire il minor ingombro e il minor peso.
Inoltre, deve essere particolarmente affidabile, poiché la perdita della
capacità di governare rappresenta un serio pericolo per la nave, perciò il
progetto deve essere semplice e ridondante, il che si traduce in una struttura
dalla morfologia non complessa e dimensionata con coefficienti di sicurezza
elevati. Come per ogni prodotto commerciale i costi di produzione ed i
previsti costi di gestione devono essere contenuti.
Il timone deve essere posto all’interno della volta di poppa, ad
opportuna distanza dalla linea di base, dallo specchio di poppa e dall’elica.
La distanza minima dalla linea di base è dettata da esigenze di sicurezza, lo
scopo è di evitare che il timone venga danneggiato da un eventuale incaglio
o durante le operazioni di immissione nel bacino di carenaggio, perciò si fa
in modo che il suo bordo inferiore sia rialzato rispetto alla chiglia di circa
150÷200 mm. Analogamente il timone deve essere rientrante dallo specchio
di poppa per ridurre il rischio di danni e per sfruttare appieno l’effetto
specchio. Infatti, la radice del timone deve essere prossima alla volta di
poppa per sfruttare l’effetto specchio, ma deve stare ad una opportuna
115
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
distanza dalla superficie libera, per ridurre gli effetti della ventilazione, oltre
che per evitare che la pala risenta dei colpi di mare o che venga investita da
corpi galleggianti.
La distanza dall’elica deve essere opportunamente calibrata per sfruttare
al massimo l’effetto della scia senza incorrere in vibrazioni eccessive indotte
sul mantello della corrente vorticosa prodotta dall’elica: questo campo
alternato di pressioni può possedere infatti armoniche prossime alle
frequenze naturali della struttura globale della pala o degli elementi
strutturali del mantello. Nel complesso, la trasmissione delle vibrazioni allo
scafo deve essere minimizzata, soprattutto quando queste provocano
problemi di abitabilità (altre vibrazioni o rumore strutturale possono essere
anche indotti dal macchinario di controllo della pala).
Per quanto riguarda la configurazione della pala, dal punto di vista
commerciale i timoni convenzionali sono quelli su cui ricade generalmente la
scelta degli armatori.
Il timone di più semplice costruzione, e quindi meno costoso, è
sicuramente quello a superficie completamente mobile, il vantaggio
economico viene reso però meno attraente dal rischio di carenza di
robustezza dell’asse di controllo. L’asta del timone deve infatti sopportare
forti sollecitazioni flessionali oltre che torsionali e la sua capacità può essere
ridotta da fenomeni di fatica. Non è da trascurare inoltre il rischio dello
sfilamento accidentale del timone nel caso che la nave sia soggetta a
condizioni di mare particolarmente avverse e l’impianto non sia ben
mantenuto. Dal punto di vista idrodinamico è preferibile un timone sospeso
se il rapporto di forma del profilo è tale da garantire una sufficiente
efficienza, ma l’affidabilità del sistema di controllo migliora se è presente un
sostegno aggiuntivo oltre all’asta.
Per questioni di sicurezza, e sulla base delle motivazioni sopra esposte,
sulla maggior parte delle navi mercantili e militari viene preferita la
soluzione su corno, che rappresenta un buon compromesso tra la soluzione
su pinna e quella di timone sospeso.
L’uso del calcagnolo comporta un migliore effetto sgravante per l’asta,
ma introduce all’estrema poppa un elemento strutturale snello e delicato, che
non ha sufficiente robustezza per far fronte a carichi accidentali come quelli
dovuti ad un incaglio. Quest’ultima soluzione non viene usualmente
considerata, se non su navi di piccole dimensioni, infatti quando le forze in
gioco non sono particolarmente elevate il calcagnolo può essere progettato
con una sufficiente sicurezza senza essere eccessivamente appesantito, e può
costituire una protezione per l’elica e il timone, per esempio per i
pescherecci.
116
Cap.3 – Il progetto del timone
Le navi monoelica hanno generalmente un solo timone, a centro nave e
quindi nella scia dell’elica. Le navi bielica possono avere uno o due timoni:
un solo timone dietro lo skeg di carena, e quindi strutturalmente ben
sostenuto, conferisce migliori caratteristiche di controllo della rotta; due
timoni nelle scie delle eliche hanno una migliore efficacia idrodinamica e
conferiscono alla nave migliori doti di manovrabilità, causando però un
aumento della resistenza aggiunta di carena. Si ricorda che per ciascun
timone deve essere definito un piano di riposo di minore resistenza, in
genere inclinato di pochi gradi (1°÷3°) rispetto al piano diametrale della
nave. La maggiore sicurezza derivante dalla ridondanza comporta maggiori
costi che si giustificano, in genere, solo per le navi militari e per le
passeggeri (ma più di recente anche per le grandi navi petroliere).
Per quanto riguarda la scelte delle caratteristiche morfologiche della
pala, valgono le seguenti considerazioni generali:
• profilo – per timoni convenzionali si usano i profili NACA 4–digit; solo
per motivi particolari si utilizzano profili diversi: per evitare l’insorgere
della cavitazione o per ottenere coefficienti di portanza particolarmente
elevati (in tal caso si usano anche pale con flap). Il rapporto di forma
del profilo non deve essere elevato. La lastra piana si utilizza quando
non si è interessati al rendimento del timone.
• allungamento della pala – deve essere il più possibile elevato,
compatibilmente con la dimensione del diametro dell’elica: la parte di
pala al di fuori del disco dell’elica risulta infatti poco efficace. Per
questo motivo il timone può essere collegato alla volta di poppa da una
pinna superiore fissa, avente lo stesso profilo idrodinamico della pala
in modo da mantenere un favorevole allungamento effettivo. Questa
configurazione è sempre auspicabile quando la volta di poppa è poco
profonda rispetto al galleggiamento ed è conveniente quando l’area
necessaria ad ottenere l’effetto evolutivo desiderato può stare tutta a
poppavia del disco dell’elica.
• sviluppo planare – la pala è sempre a spigoli diritti, con una opportuna
correlazione fra rastremazione ed abbattimento. Considerazioni di
economicità costruttiva o di robustezza possono fare optare per pale
rettangolari ad abbattimento nullo. Il rapporto di forma del profilo deve
essere mantenuto costante lungo la campata.
• grado di compenso – deve essere il maggiore possibile per avere
minori spese di funzionamento e di installazione dei macchinari di
agghiaccio (accettando eventualmente anche un certo grado di
instabilità iniziale) ma, per i timoni su corno, compatibilmente con
fattori di robustezza ed efficienza.
Si osservi che l’allungamento del profilo e quello della pala sono fra
loro legati. Il timone verticale viene infatti collocato nella volta di poppa, a
117
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
poppavia dell’elica e, per quanto possibile, nella sua scia, perciò può avere
una corda massima pari alla distanza tra l’elica e la volta di poppa, al netto
delle luci necessarie. In direzione verticale l’altezza della volta di poppa ed il
diametro dell’elica sono le dimensioni che obbligano la scelta della campata.
Il terzo elemento fondamentale per la definizione delle caratteristiche
geometriche della pala è costituito dal diametro dell’asta che si collega alla
pala, in genere infatti per ottenere un collegamento avviato è necessario che
la parte superiore della pala sia in grado di alloggiare l’accoppiatoio dell’asta.
La bontà del progetto del timone di una nave si misura con la capacità
della pala di generare, nell’interazione col flusso d’acqua, la forza necessaria
al controllo della rotta e all’accostata. Più precisamente tale operazione deve
avvenire con un elevato rendimento della pala e, se possibile, con piccoli
angoli di barra per avere una minore usura dell’impianto di manovra.
In genere la scelta del tipo di timone e delle sue caratteristiche deve
basarsi sul profilo di missione della nave, favorendo le esigenze di controllo
della rotta o quelle di manovrabilità in acque ristrette, tenendo in conto
anche l’eventuale presenza di eliche trasversali. La pala deve cioè essere
ottimizzata per il controllo della rotta o per la manovra, ricercando,
nell’intervallo degli angoli di attacco di lavoro, il valore migliore del
rendimento.
Il procedimento di progetto è un processo iterativo di ottimizzazione
che prevede le seguenti fasi:
• la scelta dell’area totale del timone in base al confronto con navi simili;
• la definizione delle condizioni di lavoro e dei vincoli dimensionali, e
conseguentemente della massima area disponibile per la pala;
• la scelta della tipologia di timone, del profilo e dello sviluppo planare
(se l’area disponibile per la pala è sufficiente si considera un timone
convenzionale);
• il calcolo della forza idrodinamica trasversale FT generata dalla pala al
variare dell’angolo, caratterizzata essenzialmente dal gradiente di
crescita ai bassi angoli (∂FT /∂α)α = 0 [N/grado] e dal valore massimo
FT,max [N];
• la valutazione del valore minimo YO [N] della forza trasversale di
controllo Y [N] richiesta per avere buone doti di evoluzione della nave
nelle più gravose condizioni di navigazione previste (la forza Y non è
altro che la forza richiesta per generare il momento evolutivo che
soddisfa ai criteri di manovrabilità), e la valutazione del minimo
gradiente di crescita delle forze di controllo (∂Y /∂α)α = 0, utile per
quantificare l’efficacia del timone nelle manovre di correzione della
rotta;
• la verifica delle forze di controllo in termini sia di valori massimi, sia
di gradienti di crescita:
118
Cap.3 – Il progetto del timone
FT,max ≥ YO
 ∂FT 
 ∂Y 


 ≥
 ∂α α = 0  ∂α α = 0
[N]
(3.16.A)
[N/grado]
(3.16.B)
Come indicato nello schema del procedimento, il parametro con cui
viene tarato il progetto è l’area della pala, essa rappresenta infatti la
caratteristica da cui il progetto è maggiormente influenzato.
Il metodo di previsione approssimata dell’area della pala si basa sul
confronto con navi della stessa tipologia (per esempio portacontenitori,
cisterne, bulk carriers) e quindi simili per carena, forma della volta di poppa,
caratteristiche dell’elica, velocità ed esigenze evolutive, oltre che per
tipologia di pala.
Allo scopo di favorire la definizione dell’area del timone, i dati sulle
navi esistenti sono stati raccolti in diagrammi o tabulati, esprimendo AR in
funzione di un parametro ad essa strettamente legato: l’area del piano di
deriva della nave APD [m2]. Essendo un dato di valutazione non immediata,
può essere calcolato con buona approssimazione come prodotto fra
l’immersione di progetto T [m] e la lunghezza della nave tra le
perpendicolari LPP [m], perciò APD ≈ LPP T.
Generalmente, per navi mercantili, AR non supera il valore di 1,5÷2,5%
dell’area del piano di deriva. Si vedano ad esempio le formule proposte dai
registri di classificazione, e tra queste la formula proposta dal DNV:
AR =
2
 B  
TL 
1 + 25 
 
100 
LPP  



[m2]
(3.16.C)
la quale introduce come fattore correttivo il rapporto B/LPP fra la larghezza B
e la lunghezza LPP della nave, rapporto che, diminuendo per navi veloci,
riduce il valore dell’area minima prevista. Si osservi infatti che, per navi
della stessa tipologia, l’area del timone deve aumentare in maniera
inversamente proporzionale alla massima velocità di servizio prevista.
Questa formula è valida per timoni posti nel flusso dell’elica, in caso
contrario il DNV propone una maggiorazione dell’area del 30%.
Nota l’area, il progetto prosegue con la definizione dell’ingombro
massimo, nel rispetto delle minime luci dallo scafo e dall’elica. Si osservi
che la distanza minima consigliata dal Lloyd Register tra elica e pala è pari
al valore del 12% del diametro dell’elica, e almeno una volta lo spessore
massimo tM del timone. Si può quindi scegliere la lunghezza della campata e
successivamente si può valutare la lunghezza della corda. Dall’allungamento
geometrico si risale infine al valore dell’allungamento effettivo.
119
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
Si passa poi alla scelta del minimo rapporto di forma del profilo, previo
dimensionamento dell’asta con formule esatte o approssimate (quali quelle
dei Registri di classificazione), utilizzando per il profilo la legge che si
ritiene più opportuna e dopo aver definito il tipo di supporto della pala, il suo
sviluppo planare ed il grado di compenso del timone. Si osservi che il
diametro minimo così calcolato è tale da verificare le normative, esso
rappresenta infatti quello previsto dal Registro e non quello calcolato sui
carichi valutati per via diretta.
Una volta che sono state fissate tutte le caratteristiche morfologiche
della pala, il calcolo delle forze idrodinamiche viene svolto utilizzando i
coefficienti idrodinamici di pala, corretti per la presenza della carena e
dell’elica, oppure i coefficienti idrodinamici di profilo, corretti anche per
tenere conto dell’allungamento effettivo.
La forza trasversale utile, generata dal timone al variare dell’angolo di
barra, deve essere ora confrontata con il valore della forza minima necessaria
al controllo della nave nel rispetto delle qualità manovriere richieste dalle
normative. Tale confronto di verifica viene effettuato in due fasi:
• il valore massimo della forza trasversale utile (FT)max deve risultare
maggiore della forza minima YO necessaria per generare l’accostata
della nave, desunta da prove di evoluzione e di zig–zag effettuate su
navi simili.
• il gradiente medio della forza evolutiva sviluppata dalla pala per piccoli
valori d’angolo di barra (ossia per α ≤ 5°÷10°) deve risultare superiore
al tasso minimo di crescita necessario a generare forze di controllo
adeguate per il controllo della rotta.
Tale via è difficilmente percorribile a causa della difficoltà correlate al
reperimento di dati attendibili (anche per l’imprecisione dei modelli di
previsione) relativi alle forze evolutive Y necessarie per garantire una buona
manovrabilità nei rispetti delle normative vigenti.
Un metodo alternativo a questa doppia verifica diretta è quello che fa
riferimento al cosiddetto coefficiente di efficacia del timone cY [-], definito
come:
 ∂L 


 ∂α α = 0
cY =
q APD
[m2]
(3.16.C)
in cui q è valutato sulla base della velocità VA. Esso, come si vedrà oltre,
ingloba i termini essenziali per la determinazione delle caratteristiche di
manovrabilità offerte dal timone.
Per esprimere il coefficiente di efficacia del timone in maniera più
esplicita è necessario evidenziare le grandezze da cui dipende la forza di
120
Cap.3 – Il progetto del timone
portanza. A tale scopo si consideri un timone con parte della superficie di
pala, di area ARE, esposta al flusso dell’elica. La velocità media del flusso su
tale area risulta espressa dall’Eq.3.5.C, mentre la velocità del flusso sull’area
rimanente, indicata come (AR – ARE), si valuta con l’Eq.3.4.A:
VR
ARE
= VA 1 + km ( CT + 1 − 1) 
[m/s]
VR
( AR − ARE )
(3.16.D)
= VA
Richiamando l’espressione della portanza L in funzione del coefficiente di
portanza cL e considerando separatamente i contributi della superficie nel
flusso della carena e di quella nel flusso dell’elica, si può scrivere:
1
ρVR2 AR cL
2


1
= ρ cL  VR2
ARE + VR2
AR − ARE ) 
(
ARE
( AR − ARE )
2


L=
[N]
(3.16.E)
e sostituendo le relazioni per la velocità 3.16.D e 3.16.E, si ottiene
l’espressione:
L=
2
 A

1
ρVA2 AR cL 1 + RE  1 + km ( CT + 1 − 1) − 1 

2
AR 

(
)
[N]
(3.16.F)
in cui si può indicare con KE [-] il fattore di correzione della velocità del
flusso che raccoglie gli effetti della presenza dell’elica:
KE = 1 +
(
)
2
ARE 
1 + km ( CT + 1 − 1) − 1


AR 
[-]
(3.16.G)
Infine, utilizzando le espressioni 3.16.F e 3.16.G il coefficiente di
efficacia del timone si può riscrivere come:
cY =
AR
 ∂c 
KE  L 
APD
 ∂α α = 0
[-]
(3.16.H)
dalla quale risulta evidente che il coefficiente cY riunisce i parametri
principali per il progetto della pala, ossia:
• l’area della superficie della pala (espressa in proporzione all’area del
piano di deriva), che rende conto della forza massima di controllo
sviluppabile dal timone;
• il gradiente delle forze specifiche di controllo (espresso tramite il
coefficiente di portanza che ben si presta ad approssimare il
121
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
coefficiente della forza normale), che rende conto della velocità di
risposta del timone in termini di generazione della forza per il controllo
della rotta;
ai quali si aggiunge il fattore KE che introduce le correzioni necessarie per
considerare l’effetto dell’elica nella generazione di dette forze.
Riguardo al gradiente di crescita delle forze va detto che esso serve a
garantire un controllo veloce della rotta. Infatti, se sono sufficienti piccoli
angoli di barra per ottenere le forze volute si ha il vantaggio di dover
manovrare poco il timone e di generare tali forze in intervalli di tempo
minori. Si ricorda che la velocità del timone è testata nel cosiddetto hard
rudder test.
Il percorso standardizzato che si basa sulla definizione del coefficiente
di efficacia del timone prevede di confrontare il cY calcolato con il valore
minimo cYO che, desunto da prove al vero su navi simili, garantisce alla nave
le doti di manovrabilità richieste.
I risultati delle prove per la valutazione di detto indice sono espressi in
funzione dei parametri significativi della nave ai fini delle qualità
manovriere. Tra i più importanti si menzionano: la massima velocità di
servizio della nave VS, il coefficiente di finezza cB, il rapporto LPP/T ed il
rapporto i/L (si rammenta che i [m] esprime il raggio di girazione di massa
calcolato rispetto all’asse baricentrico verticale). Inoltre, quando la nave ha
una superficie di vela AL [m2] molto elevata, il valore di verifica cYO è quello
ottenuto da prove condotte in presenza di vento costante a diverse velocità,
ed ai parametri significativi si aggiunge il rapporto AL/APD tra l’area
longitudinale esposta al vento e l’area del piano di deriva.
In ultima analisi, quando non sono disponibili né i valori delle forze di
manovra Y, né il valore del minimo coefficiente di efficacia del timone cYO,
non rimane che soprassedere alla fase di verifica, e la bontà del progetto
rimane condizionata essenzialmente dalla scelta dell’area della pala AR: per
questo motivo, almeno in tali casi, è necessario che i dati tramite i quali si
opera la scelta dell’area di pala siano estremamente affidabili.
3.17 – La configurazione strutturale
Per descrivere la configurazione strutturale del timone, comprensiva degli
elementi di sostegno e controllo, è utile fare innanzitutto riferimento ad una
configurazione semplice come quella utilizzata nelle prime navi in acciaio.
Si tratta di una pala a semplice lastra piana, sostenuta da braccioli
orizzontali che possono essere posti alternativamente da un lato e dall’altro e
che sono fissati ad un sostegno verticale allineato al bordo di ingresso della
pala. Tale sostegno, detto fusto o spalla, è collegato tramite cerniere al dritto
122
Cap.3 – Il progetto del timone
di poppa, ove i cardini, detti agugliotti, sono costituiti da perni che ad una
estremità hanno una sezione tronco–conica allo scopo di essere bloccati al
fusto stesso o al dritto. All’altra estremità essi ruotano in alloggiamenti
cilindrici, detti femminelle. L’ultima femminella in basso può essere ricavata
nel prolungamento del calcagnolo, la struttura inferiore di chiusura del pozzo
dell’elica.
La rotazione del timone avviene per azione dell’asta o miccia collegata,
a poppavia dell’asse di rotazione, alla radice della pala con una flangia
verticale od orizzontale o con un accoppiatoio a parelle. Il sistema
complessivo è perciò formato dall’asta e dalla pala che è sostenuta dal dritto
di poppa tramite gli agugliotti. Esso per poter ruotare richiede ovviamente
che l’asse dell’asta e l’asse degli agugliotti siano coincidenti.
La configurazione di pala finora descritta è quella di pala a semplice
lamiera, usata al giorno d’oggi solo su piccole imbarcazioni. La pala del
timone di una moderna nave è infatti carenata, formata cioè da un mantello
di fasciame stagno adagiato su una struttura interna di supporto.
Inizialmente la struttura interna di sostegno del mantello ed il fusto
costituivano un unico telaio, ottenuto per fusione. Ora il fusto non ha più
ragione di essere presente poiché la pala è a struttura portante, costituita da
diaframmi in lamiera, orizzontali e verticali, disposti cioè in modo da
formare un grigliato. Essi devono essere allineati con le strutture di supporto
della pala, sia l’asta sia l’eventuale corno, e devono essere disposti in modo
da suddividere il mantello in pannelli di opportune dimensioni
(indicativamente fra 600 mm e 900 mm, in funzione della dimensione della
pala) e, quando possibile, di allungamento unitario. Il diaframma verticale
posto in continuazione dell’asta deve essere particolarmente robusto e può
essere eventualmente raddoppiato. I diaframmi orizzontali estremi sono
anche detti coperchi. Infine, il bordo di uscita può essere ottenuto saldando
uno sull’altro gli spigoli dei due semi–mantelli, oppure inserendo tra le due
lamiere una lama.
I mantelli vengono collegati ai diaframmi con saldature che solo su un
lato possono essere fatte dall’interno: la saldatura del secondo lato del
mantello viene effettuata dall’esterno con il sistema delle asole. In pratica,
sui diaframmi vengono saldate delle piattabande in corrispondenza delle
quali sul mantello vengono praticati dei fori: il collegamento del mantello
viene fatto tramite cordoni di saldatura stesi tra lo spessore del mantello
stesso e le piattabande. Invece di essere forato per ricavare delle asole, il
mantello può essere tagliato in più pannelli in corrispondenza delle
piattabande (sistema ad asola continua). In alternativa i diaframmi possono
essere lavorati, su un lato, in modo da presentare degli occhielli sporgenti, in
corrispondenza dei quali devono corrispondere le asole del mantello: la
saldatura viene effettuata in maniera analoga e successivamente gli occhielli,
123
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
che servono per forzare con dei cunei il mantello sui diaframmi, vengono
tagliati.
Sul mantello si possono individuare alcuni particolari, quali i fori di
aleggio, i portelli per l’ispezione e lo smontaggio degli agugliotti o dell’asta,
i fori di sollevamento. Inoltre, sul coperchio superiore ed a scafo sono fissati
degli scontri di fine corsa per limitare l’angolo di barra del timone, a meno
che l’agghiaccio non sia dotato di un proprio dispositivo di fine corsa. In
alternativa, per i timoni su corno, gli scontri, compreso quello per evitare il
sollevamento, possono essere previsti alla base del corno.
Sul grigliato vengono saldati gli accoppiatoi tronco–conici per gli
agugliotti e per l’asta (o la flangia per l’asta). Questi elementi, ottenuti per
fusione, portano delle alette per il collegamento di testa delle lamiere dei
diaframmi e sono eventualmente sagomati in modo da partecipare alla
definizione della superficie avviata della pala (il loro ingombro trasversale è
di circa 1,75 volte il diametro dell’asta). L’accoppiamento fra l’asta e la pala
viene effettuato con sistemi oleodinamici, sia per il serraggio dei dadi, sia
per la forzatura dell’asta entro l’accoppiatoio tronco–conico.
L’asta di comando del timone entra a scafo attraverso un’apertura detta
losca, un’appendice negativa di carena costituita da un volume non stagno
ricavato entro l’avviamento del fasciame della volta di poppa. Il passaggio
stagno dell’asta è garantito da un cuscinetto radiale munito di guarnizione a
pressatrecce. Il pressatrecce è costituito da una serie di anelli di guarnizione
intrisi di grasso, un tempo canapa oggigiorno anche fibre sintetiche, posti fra
l’asta e il cuscinetto e tenuti in posizione da due semi–anelli fissati al
cuscinetto con viti prigioniere.
L’asta prosegue poi fino al ponte che ospita l’impianto di timoneria o
agghiaccio, ove è sostenuta da un cuscinetto radiale e da uno assiale (il
reggispinta) che regge, oltre al peso dell’asta, anche quello della pala. La
forza verticale è costituita dal peso proprio del timone ridotto della spinta
archimedea sulle parti immerse e può essere aumentata o diminuita
dall’effetto delle forze inerziali. Il cuscinetto assiale viene anche detto
capodrina e deve essere corredato da uno scontro per impedire il
sollevamento del timone quando prevalgono le forze verso l’alto. In alcune
sistemazioni particolari i cuscinetti di losca e di agghiaccio possono essere
sostituiti da due cuscinetti in unico lungo astuccio, munito inferiormente di
guarnizione stagna. Infine, all’estremità superiore dell’asta è calettata la
barra di comando, sulla quale agiscono gli attuatori dell’agghiaccio.
L’asta è in acciaio, ottenuta per fucinatura, laminazione o fusione, e
presenta una sezione circolare costante, eventualmente rastremata tra i
cuscinetti di losca e di agghiaccio, zona nella quale il momento flettente è
generalmente basso.
124
Cap.3 – Il progetto del timone
I cuscinetti radiali sono formati da una boccola calettata nella camicia
saldata su una struttura di supporto e hanno un’altezza massima pari a circa
1,0÷1,2 volte il diametro dell’asta poiché non devono interferire con
quest’ultima quando si flette sotto l’azione del carico. Essi sono del tipo a
strisciamento e l’usura è contrastata da una piccola quantità di lubrificante,
generalmente grasso ma anche acqua di mare. Ciò è reso possibile dal fatto
che su di essi in genere si realizzano valori di pressione e di velocità relative
non elevati.
La pressione convenzionale p agente su un cuscinetto radiale è definita
come il rapporto tra la forza radiale scaricata sul cuscinetto e l’area della
superficie cilindrica del cuscinetto proiettata sul piano contenente l’asse, in
altre parole l’area ottenuta dal prodotto tra l’altezza del cuscinetto ed il suo
diametro.
In luogo del prodotto fra pressione e velocità relativa (indicato
usualmente con la sigla PV), trattandosi di sistemazioni con basse velocità
relative tra l’albero e il cuscinetto, la scelta del materiale viene fatta
confrontando la massima pressioni ammissibile con quella prevista.
Quest’ultima è nota una volta che è stata valutata la reazione vincolare che
matura sul cuscinetto di supporto.
Per le boccole nelle quali deve strisciare l’albero si utilizzano perciò
materiali che necessitano di una minima lubrificazione. Il cuscinetto assiale è
anch’esso del tipo a strisciamento (ma può anche essere a rulli su piccole
imbarcazioni).
Un tempo i cuscinetti erano anche formati da un corona di doghe in
legno duro (legno santo o lignum vitae) alloggiate in una camicia di bronzo.
Anche l’asta aveva una camicia in bronzo o in ottone, la lubrificazione era
ottenuta con acqua di mare ed il bronzo era inserito per evitare problemi di
corrosione.
Un buon materiale per i cuscinetti dei timoni deve possedere in generale
basso coefficiente di attrito statico e dinamico, durezza sufficiente, buona
resistenza all’usura e alta resistenza all’ambiente corrosivo marino e
stabilità di prestazioni anche a basse temperature. È inoltre preferibile che il
materiale abbia buone caratteristiche di auto–lubrificazione in modo da non
dover installare impianti di lubrificazione ad olio.
Nelle nuove costruzioni i cuscinetti hanno boccole in metallo bianco
(lega antifrizione di rame, stagno, piombo e antimonio) oppure in materiali
sintetici. Tra queste si ricordano, in ordine crescente di durezza – e quindi di
capacità di sopportare carico radiale – i policarbonati, il Nylon, il PTFE
(Teflon) e le resine fenoliche. Altri materiali usati sono quelli metallici.
125
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
Il legno ed il metallo bianco sopportano pressioni di lavoro piuttosto
basse, pari a 2,5 N/mm2 per il legno santo ed in 4,5 N/mm2 per il metallo
bianco lubrificato ad olio. Va osservato che la lubrificazione ad olio su
boccola in metallo bianco è preferibile laddove vi sia una velocità relativa di
rotazione pressoché costante perché in tal modo si dà la possibilità all’olio di
formare una sottile pellicola fra le parti in movimento reciproco. Nel caso
del timone, dal momento che la rotazione è non è continua e spesso si inverte
fra un azionamento e l’altro, questa soluzione non porta in genere alcun
vantaggio, richiedendo altresì un impianto di riempimento e circolazione
dell’olio.
Per quanto riguarda le resine sintetiche, si considerano adeguati all’uso
quei materiali che garantiscano pressioni di contatto ammissibili di almeno
5,5 N/mm2 e che abbiano nel contempo durezze “Shore D” pari ad almeno
60÷70.
I materiali sintetici soffrono, rispetto a quelli metallici, di limitazioni
nelle temperature di utilizzo, di minore stabilità dimensionale e di minor
capacità di carico (hanno cioè pressioni convenzionali limite più basse),
d’altro lato sono però più economici. Fra questi il più utilizzato è il PTFE che
è auto–lubrificante, ha un coefficiente di frizione eccezionalmente basso, una
buona resistenza agli attacchi chimici e stabilità in un ampio intervallo di
temperature (fino a circa 250°C) ma per contro ha una bassa resistenza
meccanica (circa 4,5 N/mm2). Per questo motivo si ricorre a materiali
compositi con PTFE:
• PTFE caricato – viene addizionato con altri materiali, fibra di vetro,
carbone, bronzo grafite in forma di polveri, allo scopo di aumentare la
resistenza meccanica, ottenendo così pressioni limite di esercizio di
circa 11,0 N/mm2. In alternativa il PTFE costituisce un legante per
materiali metallici porosi (come per esempio il bronzo) permettendo di
costruire cuscinetti con uno strato superficiale a bassa frizione (si
osservi che il supporto in bronzo ha lo scopo di migliorare le
caratteristiche meccaniche e di favorire l’asportazione di calore).
• tessuto di PTFE – nella forma di tessuto è in grado di sostenere carichi
elevati e può essere intrecciato con fibre naturali o sintetiche o ancora
con fibra di vetro; in questa forma viene sostenuto da una camicia di
acciaio. Le pressioni limite di esercizio sono in questi casi ancora più
elevate.
Anche il Nylon viene usato per fabbricare boccole per cuscinetti: è
auto–lubrificante, ha un basso coefficiente d’attrito, la resistenza meccanica
assieme alla resistenza all’usura vengono migliorate con additivi ma le
temperature massime di esercizio rimangono basse (circa 90°C). Al giorno
d’oggi il Nylon è usato in luogo del PTFE caricato quando le temperature di
esercizio non sono alte e va a sostituire i cuscinetti fatti da fibre naturali o
126
Cap.3 – Il progetto del timone
sintetiche annegate in matrice fenolica, che, pur economici, sono però
caratterizzati da una bassa conducibilità termica e necessitano di
lubrificazione ad olio.
Quando le pressioni di esercizio sono alte, ossia per timoni di grandi
dimensioni, le boccole possono essere costituite da bronzo, acciaio
inossidabile (o acciaio resistente all’usura) o infine da materiali ottenuti per
sinterizzazione. Nel complesso questi materiali sono ritenuti adatti
all’utilizzo nei cuscinetti dei timoni se la loro pressione convenzionale
massima è di almeno 7,0 N/mm2.
La sinterizzazione è un procedimento della metallurgia delle polveri con
il quale si ottiene un intimo legame fra componenti diversi tramite una
specie di pressatura a caldo. Con questo procedimento si ottiene una struttura
molto porosa, i vuoti arrivano infatti al 10÷35 % del volume totale, che può
assorbire e trattenere il lubrificante per azione capillare.
I materiali di sinterizzazione per la costruzione di cuscinetti sono a base
di bronzo o di ferro. In particolare, il bronzo (90% rame, 10% stagno) si
presta alla produzione di cuscinetti che hanno buona resistenza alla
corrosione ed all’usura e l’aggiunta di grafite riduce il fattore d’attrito.
Per quanto riguarda le guarnizioni si usano sia fibre naturali (canapa
sativa), sia materiali sintetici. Fra questi si rammentano le trecce formate da
fili in PTFE che hanno elevata resistenza agli agenti chimici, alta resistenza
meccanica e qualità antifrizione elevatissime (non necessitano infatti di
lubrificazione).
Si osservi che se il cuscinetto non è auto–lubrificante (ed in tal caso è
sufficiente la presenza di acqua di mare o di grasso) allora anche all’esterno
va posta una tenuta per evitare che l’acqua di mare si misceli con l’olio di
lubrificazione.
L’asta e gli agugliotti vengono superficialmente rinforzati in
corrispondenza dell’accoppiamento con i cuscinetti radiali per proteggerli, a
scapito dei cuscinetti, dai danni causati dall’usura. In genere è previsto un
indurimento superficiale ottenuto con procedimento di cementazione o di
nitrurazione, oppure anche una camicia o un riporto in acciaio inossidabile
(l’indurimento della superficie di contatto è indispensabile quando si usano
boccole metalliche).
Il momento resistente di frizione sull’asta viene calcolato come:
QF =
1
DA µF FR
2
[Nm]
(3.17.A)
dove DA [m] è il diametro dell’asta, µF [-] il coefficiente d’attrito – i cui
valori possono essere assunti in base alle indicazioni dei Registri – ed FR [N]
127
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
la forza radiale applicata sul cuscinetto. Ovviamente il momento di controllo
agente sull’asta deve vincere anche un simile momento d’attrito generato su
ogni accoppiamento fra agugliotto e femminella.
Nel caso dei timoni Simplex ad agugliotto passante, questo agugliotto
appoggia su due cuscinetti interni alla pala, posti alle estremità della stessa, e
la struttura a grigliato viene a modificarsi inglobando un rinforzo tubolare
entro il quale passa appunto l’agugliotto continuo.
Per concludere, le strutture del corno, della pinna e del calcagnolo
hanno una configurazione simile a quella della pala, ossia un supporto
interno fatto da un grigliato di lamiere saldate o da un telaio fucinato. La
struttura di ancoraggio a scafo è rinforzata sia in corrispondenza del corno,
sia in prossimità dei supporti per i cuscinetti.
3.18 – Il progetto strutturale
Il sistema strutturale complessivo del timone è formato dalla pala – sorretta
eventualmente dagli agugliotti del corno e del calcagnolo – e dall’asta,
sorretta a sua volta dai cuscinetti di losca e di agghiaccio. L’insieme dell’asta
e della pala può essere trattato come una struttura unica poiché il
collegamento fra le due parti è ottenuto con un accoppiamento rigido che
garantisce l’effetto di incastro perfetto fra le due parti.
Il progetto della struttura del timone e dei suoi elementi di sostegno
consiste nel dimensionamento delle varie parti sollecitate dall’azione delle
forze idrodinamiche, della forza peso e del momento di controllo esercitato
dalla timoneria, oltre che dall’azione delle forze di attrito sulle parti in
movimento reciproco. Si tratta in pratica di valutare le forze reciprocamente
scambiate fra le diverse parti e successivamente di verificare che esse
resistano agli sforzi che maturano. In sintesi gli elementi da dimensionare
sono:
• la pala (rudder blade), formata da mantello e diaframmi,
• l’asta (rudder stock),
• gli accoppiatoi (rudder stock couplings), gli agugliotti (pintles) ed i
cuscinetti (bearings),
• le strutture di sostegno, quali il corno (horn) o il calcagnolo (solepiece),
ivi compresi gli ancoraggi entro scafo.
Tra queste parti, il maggior interesse deve essere rivolto agli elementi più
critici del sistema, ossia l’asta e la pala – e come noto il primo elemento ad
essere dimensionato è proprio l’asta.
Il modello strutturale per il progetto dell’asta può essere definito tramite
un sistema di travi rettilinee, ovvero una trave a più campate, in cui la pala
stessa è rappresentata da un elemento mono–dimensionale a comportamento
128
Cap.3 – Il progetto del timone
equivalente ai fini della flessione. In tale configurazione il carico distribuito
sulla lunghezza della pala viene equilibrato sia dagli appoggi fissi o cedevoli
offerti dai cuscinetti (che esercitano forze di reazione vincolare radiali o
assiali), sia dal macchinario d’agghiaccio (che esercita il momento torcente
di controllo).
La determinazione delle reazioni vincolari e delle caratteristiche di
sollecitazione sul sistema di travi richiede in genere l’utilizzo di metodi di
risoluzione specifici per le strutture iperstatiche, che possono essere analitici,
e in tal caso può essere applicato il metodo dei quattro momenti oppure
quello iterativo noto come metodo di Cross, oppure numerici (calcolo agli
Elementi Finiti).
Si ricorda che le forze idrodinamiche generate dalla pala vengono
trattate con riferimento alla risultante F applicata sul centro di pressione CP
ed inclinata dell’angolo ϕ rispetto al piano normale alla pala. Per valutare lo
stato di sollecitazione, il sistema appena descritto viene ridotto ad un sistema
equivalente traslando la forza F sull’asse di rotazione ed aggiungendo il
momento torcente di trasporto Q. Trascurando la distanza fra l’asse di
rotazione e quello baricentrico, si applica la teoria della trave ideale di De
Saint–Venant (trave con carico e vincoli agenti sull’asse baricentrico).
È quindi chiaro che, per quanto riguarda lo stato di sollecitazione, il
sistema sperimenta una sollecitazione di flessione deviata composta
(momento flettente in presenza di taglio) causata da F, ed una torsione
causata da Q. Trattandosi di strutture snelle, la sollecitazione derivante dal
momento flettente è quella dominante, a meno che l’asta non venga
opportunamente sgravata dal flettente – per esempio irrigidendo la pala con
un fusto disaccoppiato dall’asta, o con un agugliotto passante, o ancora con
più appoggi ravvicinati –, in tal caso rimane la sola torsione, che comunque è
sempre presente. Un altro caso particolare è quello in cui anche la
sollecitazione da taglio può essere elevata, si tratta della configurazione in
cui i cuscinetti sono molto vicini ed esercitano elevate forze radiali.
3.19 – Il modello per lo studio dell’asta
La definizione del modello strutturale per il calcolo analitico richiede la
valutazione delle caratteristiche delle singole travi componenti – l’asta e la
pala –, in termini sia di lunghezze efficaci, sia di sezioni resistenti. La
conoscenza di questi dati permette infatti di valutare i momenti d’inerzia
rispetto all’asse neutro e conseguentemente le rigidezze flessionali delle travi
tramite le quali si possono poi valutare i moduli di resistenza per la
successiva verifica delle sollecitazioni. Si osservi che, sia per quanto
riguarda la torsione, sia per la flessione, l’elemento critico è l’asta.
129
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
La sezione resistente dell’asta è una sezione circolare piena, avente
momento d’inerzia JA [m4] rispetto all’asse neutro pari a:
4
π D 
JA =  A 
4 2 
[m4]
(3.19.A)
[m4]
(3.19.B)
e momento polare JO [m4] pari a:
4
JO = 2 J A =
π  DA 


2 2 
La sezione resistente della pala è costituita dagli elementi strutturali a
elevato sviluppo longitudinale, ossia dal mantello e dai diaframmi verticali.
Il calcolo della rigidezza flessionale della pala viene svolto usualmente per
mezzo di un modello geometrico semplificato ottenuto rettificando la curva
del mantello. Perciò per il generico i–esimo tratto rettificato di spessore ti
[mm], lunghezza li [mm] ed inclinazione θi [°] rispetto al diametrale della
pala, il momento d’inerzia baricentrico JPi [m4] rispetto all’asse parallelo
all’asse diametrale della pala (asse diametrale che costituisce, come si vedrà
più avanti, l’asse neutro della pala) vale:
J Pi =
2
2
1 3
1
ti li ( cosθ i ) + li3ti ( sin θ i )
12
12
[m4]
(3.19.C)
e il momento d’inerzia della pala complessiva è dato dalla somma dei
momenti d’inerzia propri e di trasporto dei singoli elementi di lamiera:
n
J P = 2 ∑ ( J Pi + li ti di2 )
[m4]
(3.19.D)
i =1
in cui di rappresenta la distanza del baricentro di ogni elementino dall’asse
diametrale della pala e con n si è indicato il numero totale di elementi
rettilinei con cui si sono definiti il mantello e i diaframmi relativamente alla
struttura che sta da un lato del piano diametrale della pala (da qui il fattore 2
per ottenere il momento d’inerzia complessivo).
La pala formata da una semplice lamiera consente una modellazione più
diretta della trave equivalente, è infatti sufficiente considerare la sezione
resistente formata da pala e fusto.
Per quanto riguarda i vincoli, i cuscinetti radiali di supporto dell’asta
vengono considerati dei semplici appoggi, trascurando la loro estensione
longitudinale sia per sicurezza, sia per creare un modello più aderente alla
realtà, in quanto l’effetto incastrante è generalmente ridotto. Infatti, i
cuscinetti devono essere di altezza limitata per non interferire con l’asta in
flessione (per lo stesso motivo la rigidezza flessionale dell’asta deve essere
controllata, soprattutto quando si usano acciai ad elevata resistenza).
130
Cap.3 – Il progetto del timone
Parallelamente, le cerniere formate da agugliotti e femminelle vanno
considerate come semplici appoggi, eventualmente cedevoli sotto l’azione
delle forze indotte dal timone. In questi casi il vincolo deve essere
considerato elasticamente cedevole e deve essere opportunamente valutata la
rigidezza alla traslazione: è questo il caso dei cuscinetti di appoggio della
pala sul corno, sulla pinna e sul calcagnolo.
Le rigidezze del calcagnolo e del corno vengono usualmente calcolate
con modelli a travi a sezione costante considerando l’effetto della sola
componente trasversale della forza ivi scaricata. Tali supporti cedevoli
comportano una deformazione del sistema che non è necessariamente piana,
infatti da una parte i supporti si deformano trasversalmente al diametrale
della nave mentre la pala tende a deformarsi ortogonalmente al suo piano
diametrale. Per risolvere il sistema in maniera analitica si accetta quindi
l’ipotesi semplificativa di cedimenti paralleli tra loro e normali al piano
diametrale della pala. Ciò comporta un’ulteriore approssimazione nel calcolo
delle rigidezze dei supporti.
Poiché, in generale, il modello può essere a travi con sezione variabile
lungo la campata, si devono utilizzare i metodi risolutivi specifici per travi a
sezione variabile o, in alternativa, si può applicare l’ipotesi della “falsa
posizione” per creare campate fittizie a sezione costante. Tale situazione si
verifica per esempio quando il cuscinetto di losca è lontano dalla radice della
pala oppure quando la pala ha una geometria fortemente variabile lungo la
campata, mentre in genere viene trascurata la rastremazione dell’asta tra
agghiaccio e losca.
L’ipotesi della falsa posizione si applica quando una campata è formata
da una trave che per un certo tratto ha una sezione costante e per la parte
rimanente un’altra sezione pure costante. Esso consiste nell’inserire un
appoggio in un punto di comodo della travatura, quello di variazione della
sezione, e nel cercare la soluzione del problema strutturale facendo cedere
anelasticamente la trave in quel punto finché la reazione di vincolo ivi
maturata non si annulla. Le fasi di applicazione del metodo sono di seguito
descritte.
Partendo dal sistema iniziale Σ0 si identifica il punto P in cui separare la
campata e si inserisce in tale punto un appoggio con cedimento anelastico
incognito, ottenendo il sistema modificato Σ1 nel quale però la reazione
vincolare in P deve essere nulla affinché vi sia congruenza ed equilibrio con
il sistema di partenza:
Σ0 ≡ (Σ1, RP = 0)
(3.19.E)
A questo punto si risolvono separatamente i due sottosistemi così
definiti:
131
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
• il sistema Σ1A nel quale la struttura è sollecitata dal vero carico agente e
dagli eventuali cedimenti di vincolo, escluso il cedimento in P ove
l’appoggio viene mantenuto fisso; si calcola così in P la reazione RP,1A
[N] ivi maturata per il solo effetto del carico e dei vincoli cedevoli;
• il sistema Σ1B nel quale la struttura è sollecitata dal solo spostamento
anelastico in P, la struttura è infatti scarica e con gli altri vincoli
cedevoli bloccati nella posizione di riposo.
Poiché però il cedimento vero nel punto P non è noto, il sistema Σ1B si
risolve in due passi successivi:
• prima si impone un cedimento arbitrario pari ad un valore di comodo,
per esempio δP,1B =1 [m], e si calcola in P la reazione vincolare RP,1B [N]
maturata per il solo effetto del cedimento δP,1B ;
• poi, richiamando la linearità fra carico e stato di sollecitazione e
deformazione ed indicando con δP lo spostamento vero nel punto P, si
ottiene la relazione per la determinazione della vera reazione RP,1B:
RP ,1B
δP
=
δP
RP ,1B
δ P ,1B
[N]
(3.19.F)
in cui δP rimane incognita.
A questo punto si può esprimere il valore totale della reazione RP del
sistema Σ1, essa infatti in base al principio di sovrapposizione degli effetti
vale:
RP ,1 = RP ,1A +
δP
RP ,1B
δ P ,1B
[N]
(3.19.G)
Si osservi ora che la reazione vera nel sistema di partenza Σ0 è nulla perché
l’appoggio nel punto P in realtà non esiste, di conseguenza affinché il
sistema Σ1 sia congruente ed in equilibrio con il sistema iniziale deve essere:
RP ,1 = RP ,1A +
δP
RP ,1B = 0
δ P ,1B
[N]
(3.19.H)
dalla quale si ottiene il valore dello spostamento vero δP nel punto P:
δP = −
RP ,1A
RP ,1B
δ P ,1B
[N]
(3.19.I)
In pratica, fra tutte fra le soluzioni congruenti con il sistema di partenza si
ottiene l’unica che sia anche di equilibrio, ossia l’unica soluzione che
fornisca una reazione nulla nel punto P.
Una volta determinato il valore dello spostamento nel punto in cui si era
posto l’appoggio fittizio, si possono calcolare le caratteristiche di
132
Cap.3 – Il progetto del timone
sollecitazione del sistema di partenza sommando a quelle del sistema Σ1A i
valori ottenuti dal sistema Σ1B dopo averli moltiplicati per δP.
In base alle possibili configurazioni del timone, nella pratica si possono
distinguere le seguenti diverse situazioni di calcolo:
• timone sospeso,
• timone su calcagnolo,
• timone su corno (con appoggio unico sul corno),
• timone su più agugliotti.
Nel caso di timone sospeso, la trave equivalente è costituita da due
campate: partendo dal basso si ha prima la campata che si estende dal fondo
della pala fino al centro del cuscinetto di losca, poi quella che rappresenta
l’asta compresa fra i due cuscinetti di losca e di agghiaccio. Si osservi che il
sistema è isostatico su appoggi fissi.
Nel caso di timone su calcagnolo, la trave equivalente è costituita da
due campate: partendo dal basso si ha prima la campata che si estende dal
fondo della pala al centro del cuscinetto di losca, poi quella che rappresenta
l’asta compresa fra i due cuscinetti di losca e di agghiaccio. Si osservi che il
sistema è iperstatico e l’appoggio di calcagnolo è del tipo cedevole
elasticamente. La prima campata presenta una trave a sezione variabile in
quanto comprende sia la pala, sia l’asta. Perciò, se l’estensione dell’asta in
questo tratto non è trascurabile, si ricorre all’interposizione di un appoggio
fittizio allo scopo di ridurre la travatura ad un sistema di travi a sezione
costante (e si risolve con il metodo della falsa posizione). Si osservi ancora
che viene usualmente trascurata la distanza fra il centro dell’agugliotto di
calcagnolo ed il fondo della pala.
Per il timone su corno con appoggio unico, la trave equivalente è
costituita da tre campate: partendo dal basso si ha prima la campata che si
estende dal fondo alla sezione della femminella sull’estremità inferiore del
corno, poi quella che si estende da lì sino al coperchio della pala, e poi verso
l’alto la configurazione è come quella sopra descritta. Si osservi che il
sistema è iperstatico e l’appoggio sul corno è del tipo elasticamente cedevole.
Infine, per i timoni su più agugliotti si ha una situazione strutturale
particolare. È questo infatti il caso che si presenta quando la pala è sostenuta
da una pinna, o da un dritto di poppa, o ancora da un corno con più appoggi.
La trave equivalente è costituita qui da molte campate, poiché ad ogni
agugliotto corrisponde un appoggio (in genere fisso): in virtù dei rapporti
dimensionali, si può ritenere che tale sistema di sostegno sia da considerarsi
un appoggio continuo e che esso in pratica costituisca una specie di incastro
per il tratto su cui si estende. Ciò significa che, a differenza dei casi sopra
citati, l’asta si considera sgravata dal carico flessionale prodotto dalla pala,
infatti la presenza di un appoggio molto robusto lungo la pala impedisce alla
133
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
stessa di flettersi e quindi di trasmettere un momento flettente all’asta, e
perciò questa si dimensiona a solo torcente.
Appare evidente che, oltre a quest’ultimo caso, lo studio dell’asta può
prescindere dalla modellazione della pala anche quando il timone è sospeso.
D’altro lato, risulta invece necessario generare un modello strutturale
completo quando la flessione della pala influenza quella dell’asta (è questo il
caso dei timoni su corno e su calcagnolo). Nel caso di timone Simplex con
agugliotto passante, si verifica un irrobustimento della pala per effetto della
maggiore rigidezza offerta dal contatto sui cuscinetti interni, perciò la pala,
portando in flessione l’asta passante, si comporta come un sistema più rigido
sgravando l’asta di comando da gran parte del momento flettente.
Anche nel caso in cui l’asta sia sostenuta da appoggi di losca e di
agghiaccio molto vicini, l’effetto incastrante può essere molto elevato ed il
modello può essere limitato alla sola parte di struttura che manifesta
sollecitazioni flessionali.
Il calcolo delle forze agenti sul sistema equivalente di travi richiede
qualche osservazione. Infatti, la forza F ha una componente normale ed una
assiale rispetto alla pala, e ciò comporta una flessione deviata. D’altro lato la
componente assiale, dello stesso ordine di grandezza rispetto a quella
normale, lavora sul piano di massima inerzia della pala e perciò induce uno
stato di sollecitazione molto più basso rispetto alla prima.
Ciò comporta la possibilità di definire un approccio approssimato nel
quale la componente assiale venga trascurata, oppure, in alternativa, venga
annullata facendo ruotare la forza F dell’angolo –ϕ. In ciascuno dei due
modi il calcolo viene semplificato dovendo trattare una flessione retta che si
manifesta con asse coniugato coincidente con l’asse di simmetria della pala –
questo piano coincide con quello di minima inerzia e la verifica si configura
quindi come una verifica dalla parte della sicurezza.
Inoltre, per riprodurre con fedeltà il sistema strutturale, sul modello di
travi equivalenti la forza idrodinamica F va distribuita lungo la campata. In
questo modo si definisce un carico per unità di lunghezza q(x) [N/m] che
dovrebbe essere distribuito con legge pressoché ellittica, ma che in pratica
viene ridotto ad una distribuzione lineare con risultante sul baricentro
dell’area della pala. Per una pala rettangolare si ha semplicemente q = F / b.
Per lo studio dell’asta dei timoni sospesi, trattandosi di un sistema
isostatico, la rotazione della forza F non introduce alcuna approssimazione, e
la modellazione del carico non è necessaria poiché, per il dimensionamento
dell’asta, è sufficiente valutare il momento flettente MO [Nm] in
corrispondenza del cuscinetto di supporto di losca, che vale:
MO = F (CPS + dO)
134
[Nm]
(3.19.J)
Cap.3 – Il progetto del timone
dove dO è la distanza fra il coperchio della pala e il centro del cuscinetto di
losca. Tale momento d’estremità costituisce proprio il carico sul sistema
risolutivo.
I carichi dominanti sulle aste, come detto, sono generalmente quelli
determinati dalla flessione semplice e dalla torsione. Può essere anche
considerato l’effetto del taglio, ma soprattutto per aste tozze ed in particolare
per il dimensionamento degli agugliotti.
Le caratteristiche di sollecitazione del taglio e del momento flettente
possono essere tracciate in maniera qualitativa, poiché la struttura dell’asta
assume configurazioni standard, infatti i risultati qualitativi sono molto utili
per confrontare le varie tipologie classiche di timone (timone sospeso, su
corno, su calcagnolo e su appoggio continuo), soprattutto quando lo studio
comparativo viene svolto mettendo in evidenza le variazioni di carico indotte
dalla cedevolezza degli appoggi. Per quanto riguarda il calcolo delle
sollecitazioni da momento torcente, il carico ha distribuzione costante lungo
l’asta (si trascurano infatti i momenti resistenti d’attrito) e il sistema risulta
sempre isostatico.
3.20 – Lo stato tensionale sull’asta
Le verifiche a snervamento sull’asta vengono condotte sulle sezioni
maggiormente caricate, in genere in corrispondenza del cuscinetto di losca
per quanto riguarda la massima sollecitazione da momento flettente e da
momento torcente e, per aste rastremate, anche in corrispondenza
dell’appoggio di agghiaccio, ed in questo caso a solo momento torcente. La
verifica deve essere effettuata sia in marcia avanti che indietro, le due
situazioni comportano infatti sollecitazioni in grado di estremo
rispettivamente di flessione e di torsione. Il dimensionamento dell’asta a sola
torsione richiede il calcolo della tensione tangenziale (nominale) massima τQ
[MPa] che si manifesta sulle fibre superficiali dell’asta (ossia alla distanza
DA/2 dall’asse):
τQ =
16Q −6
10
π DA 3
[MPa]
(3.20.A)
ove Q [Nm] rappresenta il valore del momento torcente sulla sezione di
verifica. Tale tensione non deve superare il valore ammissibile τamm [MPa]
per il materiale:
τ Q ≤ τ amm
[MPa]
(3.20.B)
in cui τamm viene calcolata, a partire dalla tensione normale ammissibile σamm
[MPa], valutando la tensione equivalente in base al criterio dell’energia di
distorsione di Von Mises:
135
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
τ amm =
σ amm
[MPa]
3
(3.20.C)
Il dimensionamento a torsione e flessione richiede il calcolo della
tensione equivalente, che viene valutata considerando oltre alla tensione
tangenziale anche la massima tensione normale di flessione σM [MPa]:
σM =
32 M −6
10
π DA 3
[MPa]
(3.20.D)
ove M [Nm] rappresenta il valore del momento flettente sulla sezione di
verifica. Poiché la tensione normale di flessione raggiunge il suo valore
massimo sul diametro della sezione resistente disposto lungo l’asse di
sollecitazione nei punti alla distanza DA/2 dall’asse, la tensione ideale
equivalente σeq [Mpa] indotta dalla somma del momento flettente e di quello
torcente si scrive come:
σ eq = σ M 2 + 3τ Q 2
[MPa]
(3.20.E)
Essa infine deve risultare non superiore al valore ammissibile del materiale:
σ eq ≤ σ amm
[Pa]
(3.20.F)
Si osservi che in genere il contributo delle tensioni tangenziali da taglio
si trascura. Quando però è necessario controllarne i valori massimi, si
procede come di seguito illustrato. Innanzitutto si valuta la massima tensione
tangenziale da taglio τT [MPa]:
τT =
16T
10−6
3π DA 2
[MPa]
(3.20.G)
ove T [N] rappresenta il valore del taglio sulla sezione di verifica. Poi,
ricordando che il valore massimo della tensione da taglio si ha sul diametro
della sezione resistente ortogonale a quello in cui si verificano le massime
tensioni di flessione, si esegue la verifica prendendo in esame la tensione
equivalente indotta assieme dal taglio e dal momento torcente:
σ eq = 3 (τ T + τ Q )
2
[MPa]
(3.20.H)
che deve risultare inferiore alla tensione ammissibile.
3.21 – La procedura IACS per la verifica strutturale
La procedura di calcolo fin qui esposta per il dimensionamento dell’asta,
assieme a quella relativa al progetto delle altre parti strutturali del timone, è
stata standardizzata dall’IACS (International Association of Classification
136
Cap.3 – Il progetto del timone
Societies). Tali indicazioni, raccolte come “IACS Requirements” nel
documento S-10, sono state recepite dai maggiori Registri di Classificazione
e costituiscono la base della normativa riguardante la verifica strutturale del
timone.
In questo documento la forza idrodinamica che si scarica sulla pala è
calcolata trascurando la resistenza D e considerando la sola componente di
portanza L che, come noto, è quella che da il massimo contributo alla
flessione sul piano di minima inerzia. Successivamente il momento torcente
viene valutato in sicurezza facendo lavorare tale forza come se fosse
ortogonale alla pala, ossia con braccio misurato lungo la corda del profilo
all’altezza del centro di pressione. Il centro di pressione viene fissato ad una
certa distanza dal bordo di attacco e ad un’altezza, lungo la campata, pari a
quella del baricentro dell’area della pala.
La forza CR [N] messa a calcolo per la verifica (o il progetto) dell’asta
viene espressa come:
CR =
1
ρ VS 2 AR cR
2
[N]
(3.21.A)
in cui il coefficiente della forza cR [-] è tarato sulla portanza specifica
massima espressa da una pala a semplice lamiera ed allungamento unitario
posta nel flusso dell’elica: per tale configurazione cR = 1 esprimendo proprio
la portanza specifica espressa dalla pala (si veda per confronto il valore del
cL massimo in Tab.3.14.B).
Per poter considerare tutte le possibili configurazioni, il coefficiente cR
viene determinato in maniera approssimata in funzione dei seguenti
parametri principali della pala:
• l’allungamento geometrico λG,
• il tipo di profilo idrodinamico,
• le condizioni di lavoro della pala,
definendo cR come:
cR = r1 r2 r3
[-]
(3.21.B)
in cui i fattori ri sono così definiti:
• r1 è il coefficiente correttivo per l’allungamento di pala, rispetto al
quale risulta proporzionale
• r2 è il coefficiente correttivo per la forma del profilo e varia con la
tipologia di profilo (lastra piana, profilo convenzionale, a doppia
curvatura, profilo con flap),
• r3 considera infine la posizione del timone nel flusso di poppa ed in
particolare tiene in considerazione se la pala si trova o meno nel flusso
dell’elica.
137
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
Come si può constatare applicando i valori proposti dalla norma, nel caso
particolare di pala quadrata costituita da una lastra piana posta nel flusso
dell’elica vale r1 = r2 = r3 = 1.
La forza idrodinamica CR va calcolata per velocità di flusso pari alla
massima velocità di esercizio della nave. Esprimendo VS in nodi e ponendo ρ
pari alla massa volumica dell’acqua dolce (si veda la Tab.3.7.A), dalla
Eq.3.21.A si ottiene:
CR = 132 VS 2
[kn]
AR r1 r2 r3
[N]
(3.21.C)
In base a quanto anticipato, il momento torcente QR [Nm] si valuta facendo
lavorare la forza CR con braccio pari a:
• CPC /cm = 0,33 per pale senza elementi carenati di supporto lungo il
bordo di attacco, sia per la marcia avanti che per la marcia indietro;
• CPC /cm = 0,25 per pale con elementi carenati di supporto lungo il bordo
di attacco, limitatamente alla parte dietro al supporto. In questo caso la
corda cm si riferisce al valore medio delle superficie mobile di pala che
si trova dietro al supporto (tale valore diventa 0,45 per marcia indietro).
Per esempio, per un timone su corno, per la parte di pala dietro al supporto si
ha un braccio pari a (0,25 – d) cm1 in marcia avanti e (0,55 – d) cm1 in marcia
indietro, mentre per la parte di pala compensata si considera un braccio pari
a (0,33 – d) cm2 in marcia avanti e (0,66 – d) cm2 in marcia indietro, essendo
cm1 e cm2 le corde medie dell’area di pala rispettivamente dietro e sotto il
corno. La forza idrodinamica viene frazionata in proporzione alle aree delle
due parti. Nel caso più generico di timone su corno si ottiene perciò per
marcia avanti:
QR = CR1 ( 0, 25 − d1 ) cm1 + CR1 ( 0,33 − d 2 ) cm2
[Nm]
(3.21.D)
in cui le distanze d1 e d2 vengono espresse tramite il grado di compenso
calcolato sulle singole aree (si osservi che il momento delle forze
idrodinamiche è qui definito positivo).
Il modello strutturale che viene utilizzato per la verifica a flessione e
torsione dell’asta è quello di trave su più campate, con vincoli eventualmente
cedevoli.
Per verificare l’asta a flessione, in alternativa al procedimento diretto –
applicabile solamente quando il diametro è noto –, il RINA (Rules for the
Classification of Ships, Part B – Hull and Stability, Ch.10, Sec.1) propone di
utilizzare formule approssimate, espresse in funzione di parametri geometrici
riferiti a statistiche su configurazioni tipiche. In tali norme il momento
flettente di verifica viene definito come il momento della componente della
138
Cap.3 – Il progetto del timone
forza CR normale alla pala, calcolato in via approssimata considerando un
angolo di abbattimento della direzione della forza pari a 30°:
M R = cos30°CR bM
[Nm]
(3.21.E)
dove bM [m] è il braccio con cui lavora la forza, ossia la distanza fra il centro
di pressione e l’estremità inferiore del cuscinetto di losca. Tale grandezza è
valutata sulla base di dati statistici.
Il documento dell’IACS fornisce poi le relazioni per il progetto del
diametro dell’asta. In esso vengono distinti due casi:
• progetto a sola torsione – corrisponde alle configurazioni in cui si può
supporre che la pala sia ben sorretta da strutture che in pratica le
impediscono di deformarsi e quindi di trasmettere una flessione all’asta.
Si tratta delle soluzioni con appoggio continuo sul dritto del timone o
su pinna, con appoggio parziale su corno con due agugliotti e con
agugliotto passante (timone Simplex).
• progetto a torsione e flessione – corrisponde alle configurazioni in cui
si può supporre che la pala sia libera di deformarsi e quindi di
trasmettere una flessione all’asta. Si tratta delle soluzioni di pala
sospesa, su corno con un solo agugliotto e su calcagnolo.
Il diametro minimo dell’asta per dimensionamento a sola torsione viene
indicato con DT [mm] e viene calcolato per via diretta esplicitandolo dalla
relazione (Eq.3.20.A) che lo lega alla tensione massima sulla sezione. Inoltre,
considerando un coefficiente di sicurezza pari a 2 per calcolare la tensione
ammissibile da quella di snervamento ed introducendo, come d’uso nei
Registri, un coefficiente del materiale km [-] per generalizzare la formula per
diversi materiali, si ottiene la relazione:
DT = 4, 2 3 QR km
[mm]
(3.21.F)
in cui km = 1 per acciaio avente tensione di snervamento pari a 235 MPa
ed assume valori prestabiliti per acciai diversi (a riguardo si vedano le
norme). Si rammenta che la norma, fissando pari a 2 il coefficiente di
sicurezza per la verifica, fa implicitamente riferimento alla seguente tensione
ammissibile:
σ amm =
118
km
[MPa]
(3.21.G)
Il diametro minimo dell’asta per dimensionamento a torsione e flessione
viene indicato con DTF [mm] e viene calcolato per via diretta esplicitandolo
dalla relazione (Eq.3.20.E) che lo lega alla tensione massima sulla sezione.
Se ne ricava un’espressione in cui esso può essere espresso in funzione del
diametro DT:
139
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
DTF = DT
6
4 M 
1+  
3 Q 
2
[mm]
(3.21.H)
in cui l’espressione sotto radice esprime un fattore di maggiorazione del
diametro rispetto al caso di dimensionamento a sola torsione.
Il sopra richiamato documento S-10 propone anche un metodo
approssimato per il calcolo delle rigidezze degli appoggi elastici sul
calcagnolo e sul corno.
Come si può rammentare, nelle ipotesi fatte per impostare il modello per
la risoluzione analitica del complesso pala–asta si è fatto riferimento ad un
piano di deformazione normale alla pala. In realtà la situazione è
leggermente diversa, la pala infatti, nella situazione di verifica con le
massime forze applicate, deve considerarsi inclinata di un certo angolo α
(angolo di barra) rispetto alla struttura di supporto ed in questa situazione i
vincoli obbligano ad una deformazione non piana.
Nell’ambito della risoluzione approssimata proposta dalle norme,
rimanendo valida l’ipotesi di una deformazione piana, si ipotizza che la forza
scaricata sul vincolo sia normale al supporto e che la pala si deformi su tale
direzione, cosicché viene proposto di utilizzare, in luogo della vera rigidezza
del supporto, la rigidezza relativa alla deformazione trasversale del supporto
stesso. Nel caso del calcagnolo si ottiene perciò la rigidezza del calcagnolo
ρC [Nm–1]:
ρC =
3EJC
lC3
[N/m]
(3.21.I)
in cui E [Pa] è il modulo di elasticità normale del materiale (per l’acciaio
vale 2,06⋅1011 Pa), JC [m] è il momento d’inerzia della sezione resistente
della struttura di supporto calcolato rispetto all’asse neutro corrispondente
allo stato di flessione indotto dalla forza ivi scaricata dalla pala, lC [m] è
infine la lunghezza libera del calcagnolo.
Appare evidente che tale approssimazione conduce a calcolare una
rigidezza inferiore di quella reale (infatti la forza, essendo ortogonale al
calcagnolo, è in grado di estremo) e ciò comporta una verifica in sicurezza
dell’asta ma non del supporto.
Una via più corretta è quella di considerare che il calcagnolo si deformi
trasversalmente sotto l’azione di una forza FC inclinata dell’angolo α (la
forza di calcolo è infatti ipotizzata essere normale alla pala) avente
componente utile trasversale FC cosα (la componente FC sinα si trascura
perché la rigidezza assiale del calcagnolo è molto elevata). In base a quanto
detto lo spostamento trasversale del calcagnolo risulta pari a:
140
Cap.3 – Il progetto del timone
δT =
FC cos α
3EJC
lC3
[N/m]
(3.21.J)
Di tale deformazione si prende la sola componente δT cosα sul piano ideale
di deformazione della pala (quello di minima inerzia della pala) e quindi per
la rigidezza del calcagnolo si ottiene l’espressione:
ρC′ =
FC
1
ρC
=
δT cosα ( cosα )2
[N/m]
(3.21.K)
che rappresenta la forza da applicare sul calcagnolo nella direzione normale
alla pala per ottenere uno spostamento unitario in tale direzione.
È importante osservare che con questa formulazione si lega la direzione
della forza al valore della rigidezza, superando l’incongruenza implicita
nella formula semplificata delle norme, in base alla quale anche con pala
inclinata di 90° si otterrebbe il cedimento trasversale del calcagnolo. Con la
formulazione proposta, la rigidezza del calcagnolo calcolata per α = 35° è
pari a 1,5ρC .
Per la rigidezza dell’appoggio su corno il calcolo si fa più complicato
poiché richiede la determinazione del cedimento d’estremità di una trave ad
“L” per effetto della forza FH che si scarica sull’asse dell’agugliotto del
corno. In questa analisi il corno può essere schematizzato con una pinna di
altezza hH [m], che porta inferiormente un’appendice ortogonale rigida di
lunghezza lH [m], ove lH rappresenta l’interasse fra la pinna e l’agugliotto.
Secondo le norme, la rigidezza del corno si calcola sotto le stesse ipotesi
semplificative che hanno portato a scrivere l’Eq.3.21.I, ossia che la pala
abbia una deformazione piana, che la forza scaricata sul vincolo sia normale
al supporto e che la pala si deformi su tale direzione, cosicché viene
proposto di utilizzare, in luogo della vera rigidezza del supporto, la rigidezza
relativa alla deformazione trasversale del supporto stesso.
Nel caso del corno bisogna considerare che l’azione della forza induce
sia una flessione, sia una torsione dell’elemento verticale. Per contro si
suppone che la parte inferiore ortogonale che ospita l’agugliotto non si
deformi trattandosi di una struttura tozza e quindi molto rigida.
Considerando una forza trasversale unitaria sull’agugliotto, la pinna si
flette con spostamento d’estremità pari alla cedevolezza ϕ1 [m/N] e
corrispondentemente anche l’estremità della mensola orizzontale cede della
stessa quantità. La pinna inoltre si torce sotto l’azione del momento lH [Nm]
– causato dalla forza unitaria che agisce sull’asse dell’agugliotto – con
rotazione pari a θ1lHhH [rad], ove θ1 [rad/Nm2] è l’angolo di rotazione per
141
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
unità di lunghezza della pinna indotto da un momento unitario. Ne consegue
che l’estremità della mensola orizzontale per effetto della torsione cede della
quantità θ1lHhH [m/N]. Infine, la cedevolezza trasversale ϕH [m/N]
all’estremità dell’appendice può scriversi come:
ϕ H = ϕ1 + θ1 lH 2 hH
[m/N]
(3.21.L)
ove ϕ1 può calcolarsi come per il calcagnolo ricordando che per definizione
la cedevolezza è il reciproco della rigidezza , che si può calcolare come il
reciproco della rigidezza trasversale flessionale della pinna,:
ϕ1 =
hH 3
3EJ H
[m/N]
(3.21.M)
in cui JH [m] è il momento d’inerzia della sezione resistente della pinna.
L’angolo di torsione unitario θ1 può essere determinato con il metodo di
Bredt. A tale scopo si deve considerare la sezione media della pinna,
rettificarla definendo per il mantello elementi rettilinei e calcolare, per
ciascun tratto della sezione stessa, la snellezza λi [-] come rapporto fra la
lunghezza li e lo spessore ti del singolo elemento. L’angolo di rotazione θ1
(nell’ipotesi semplificativa di trascurare i diaframmi interni) risulta allora
pari a:
θ1 =
∑i λi
4Ω 2 G
[rad/Nm2]
(3.21.N)
in cui Ω [m2] rappresenta l’area circoscritta dalla linea media del mantello e
G [Pa] è il modulo di elasticità tangenziale del materiale (che per l’acciaio
vale circa 0,78⋅1011 Pa).
Si ottiene infine la rigidezza del corno ρH [N/m]:
ρH =
1
ϕH
=
1
ϕ1 + θ1 lH
2
=
1
hH
∑λ
+ i i lH 2 hH
3EJ H 4Ω 2 G
3
[N/m]
(3.21.O)
il cui significato è palesemente quello della forza da applicare per ottenere
uno spostamento unitario in direzione trasversale. Va solo osservato infine
che le norme contenute nel documento IACS riportano la stessa formula ma
con una correzione sul valore di ϕ1, che viene aumentato del 30%.
3.22 – Il dimensionamento strutturale della pala e dei supporti
Risulta evidente che per effettuare il calcolo diretto dell’asta del timone è
necessario avere a disposizione gli spessori dei fasciami del mantello e dei
diaframmi sia della pala sia del corno, i primi per procedere alla valutazione
142
Cap.3 – Il progetto del timone
della rigidezza flessionale della pala, i secondi per valutare la cedevolezza
del supporto. A tale scopo si consiglia l’utilizzo delle formulazioni proposte
dal Registro. In esse, il dimensionamento del mantello della pala viene
effettuato con una formulazione che fa riferimento allo stato di collasso di
snervamento dei pannelli soggetti ad un carico laterale distribuito
omogeneamente, mentre per i diaframmi interni sono fornite solo indicazioni
sui minimi di spessore. Ciò è giustificato dal fatto che il grigliato interno è
molto robusto e non costituisce quindi una parte debole del complesso
(eventualmente esso può essere studiato con un calcolo diretto).
Tale procedimento si propone di calcolare lo spessore minimo del
singolo pannello elementare, a sola flessione, in due fasi successive:
• prima ipotizzando una flessione cilindrica del pannello, analizzata
utilizzando come modello una strisciolina di fasciame estratta
parallelamente al lato più corto;
• poi ripristinando la congruenza della deformazione della strisciolina
tramite l’uso di un coefficiente correttivo che tenga conto della
presenza dei vincoli sui lati corti del pannello. In questo modo si riduce
il valore dello spessore minimo del pannello, infatti il supporto sui lati
corti fa aumentare la resistenza del pannello poiché riduce la
deformazione di flessione e le correlate tensioni.
In base a tale considerazioni, per il dimensionamento dei mantelli è
necessario definire prima la collocazione dei diaframmi; si può procedere
poi al calcolo degli spessori di entrambi.
I diaframmi vanno disposti in modo da formare un robusto grigliato di
travi ortogonali ed in modo tale da definire – sui mantelli – pannelli
elementari ad allungamento il più possibile prossimo all’unità, con lati di
circa 600÷1000 mm, in funzione delle dimensioni della pala. In genere,
all’interno della pala viene posto un diaframma verticale irrobustito sulla
continuazione dell’asta, inoltre vengono osservate particolari precauzioni nel
definire la struttura dei timoni su corno, infatti in essi la zona di cambio di
sezione (attorno all’agugliotto del corno) diventa critica a causa delle forti
concentrazioni di tensione.
Operando come sopra indicato, la tensione sui pannelli del mantello si
calcola estraendo la strisciolina di fasciame e considerandola come una trave
incastrata alle estremità (per continuità del carico tra pannelli limitrofi) e
caricata con un carico distribuito uniformemente. Se con sf [m] la lunghezza
del lato corto del pannello e con pf [Pa] la pressione sul pannello e se si fa
riferimento ad un coefficiente di sicurezza pari a 1,5 , con il modello sopra
illustrato si ottiene lo spessore minimo ammissibile tf [mm] del fasciame:
143
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
tf =
1,5 p f s f 2 km
[mm]
235
(3.22.A)
Calcolando la pressione agente come somma del battente statico e di quello
dinamico si ottiene l’espressione:
p f = γ hf +
CR
AR
[Pa]
(3.22.B)
dove con hf [m] si è indicata la profondità del pannello rispetto alla
superficie del mare. Sostituendo poi nell’Eq.3.22.A si ha:
t f = 5,5
hf +
CR ⋅ 10−4
sf
AR
km
[mm]
(3.22.C)
Il valore così ottenuto deve infine essere moltiplicato per il fattore correttivo
β [-] per tenere conto della presenza dei vincoli sui lati corti del pannello:
s
β = 1,1 − 0,5  f
 bf

2



[-]
(3.22.D)
in cui bf [m] è la lunghezza del lato lungo del pannello di fasciame
considerato. Allo spessore così determinato le norme aggiungono poi 2,5
mm.
Una volta definiti gli spessori e risolto il sistema di travi equivalenti, i
fasciami e i diaframmi devono essere verificati agli sforzi indotti dalla
flessione della pala. Il Registro fissa i valori ammissibili di tali tensioni con
fattori di sicurezza che oscillano da fra 2 e 3 in funzione del tipo di tensione
(normale o tangenziale) e del punto di verifica.
Per quanto riguarda il dimensionamento della pala formata da una lastra
piana, non essendo ad essa richieste doti di resistenza alla flessione lungo la
campata – è infatti sorretta da una robusta spalla –, ci si limita alla verifica
della flessione che nasce nella direzione della corda. Ogni bracciolo va
verificato a flessione assieme al fasciame ad esso associato, considerando un
vincolo d’incastro sul fusto ed un carico laterale distribuito lungo la corda. In
questo modo si ottiene il valore del minimo modulo di resistenza richiesto
per il bracciolo.
Per quanto riguarda infine la verifica delle appendici dello scafo che
costituiscono strutture di sostegno per la pala, va osservato quanto segue:
• per il corno, la zona critica è quella costituita dalla sola pinna verticale,
essendo l’appendice di supporto dell’agugliotto un elemento molto
144
Cap.3 – Il progetto del timone
robusto, per questo motivo il modello è costituito da una trave rettilinea
incastrata a scafo. Tale pinna è soggetta ad una flessione retta (si
trascura infatti la flessione sul piano della struttura) e ad un momento
torcente che nasce dall’interasse fra la pinna stessa ed il punto di
applicazione della forza. Le sollecitazioni complessive da momento
flettente, da taglio e da torcente devono essere confrontate con quelle
ammissibili.
• per il calcagnolo il modello strutturale è semplicemente quello di una
trave incastrata all’estremità prodiera, sulla quale il carico trasmesso
dall’agugliotto inferiore della pala produce un sistema di caratteristiche
di sollecitazione alquanto complesso. La forza eccentrica causa infatti
una trazione, una flessione verticale semplice, una flessione orizzontale
composta ed un momento torcente, le cui sollecitazioni complessive
devono essere confrontate con quelle ammissibili. Si osservi che in
genere la verifica è condotta con riferimento alle sole caratteristiche di
sollecitazione trasversali e che per quanto riguarda la flessione
verticale si ritiene sufficiente garantire un modulo di resistenza pari ad
almeno la metà di quello relativo alla flessione orizzontale.
Si rammenta inoltre che, mentre la struttura del corno è simile a quella della
pala carenata, ove la sezione – costituita da un mantello e da diaframmi
verticali ed orizzontali – è cava, il calcagnolo può invece essere anche a
sezione piena, in genere rettangolare.
Il dimensionamento degli agugliotti, trattandosi di elementi tozzi, viene
generalmente fatto a taglio. Va però sempre controllato il valore della
massima pressione scaricata nel contatto con il cuscinetto.
Per gli accoppiatoi flangiati vengono forniti i valori limite degli spessori
delle flangie e del diametro di bulloni, mentre per quelli tronco–conici si
danno i valori limite dei diametri e delle dimensioni esterne, oltre ai dati
relativi al dado di sicurezza. Anche i collegamenti degli stessi con la
struttura della pala sono oggetto di considerazioni da parte del Registro.
I cuscinetti vengono dimensionati per via diretta con riferimento alle
massime pressioni ammissibili relative ai diversi materiali della boccola.
Nelle norme è inoltre contemplato anche il caso di timoni con mantello
cilindrico. Queste pale hanno un doppio mantello cilindrico sostenuto da un
grigliato interno formato da più anelli collegati da diaframmi. In questo caso
le formulazioni di verifica strutturale sono di tipo empirico perché un calcolo
diretto risulterebbe alquanto complesso in virtù del particolare sistema di
forze che si scarica sui mantelli (va qui infatti considerata anche la pressione
indotta dall’elica) e della complessità geometrica della struttura: i
dimensionamenti sono perciò eseguiti in funzione della potenza dell’elica e
del diametro della pala. In alternativa si possono eseguire solo calcoli agli
145
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
Elementi Finiti, benché sia possibile costruire dei modelli piani di travi che
simulino la pala e gli appoggi (in genere questi timoni sono sostenuti
inferiormente da un calcagnolo collegato con braccetti alla camicia dell’asse
portaelica).
Un altro caso contemplato dalla normativa è anche quello del timone–
propulsore di tipo Pod (indicato come azimuth propulsion system). Per il
calcolo della robustezza delle diverse parti si richiede un metodo diretto,
mentre per la valutazione degli spessori minimi viene stabilito quanto segue:
• per la superficie del braccio verticale che regge la gondola, detto
rudder part, si propone di usare le stesse formule di dimensionamento
delle pale dei timoni convenzionali;
• per la superficie della gondola, detta pod, si indicano le formule per il
dimensionamento dei fasciami dello scafo.
A ciò si aggiunge che la struttura interna di supporto va dimensionata
necessariamente con calcolo diretto considerando un modello completo che
comprenda tutto il complesso fino al cuscinetto di losca. Le forze con cui
caricare la struttura sono, oltre alla forza peso ridotta della spinta, quelli
massimi che insorgono:
• quando la nave procede alla massima velocità di crociera, ottenuti
valutando le forze che nascono al variare dell’angolo di barra fino
all’angolo massimo che in navigazione è prossimo ai 35°;
• quando la nave procede a velocità ridotta ed il timone propulsore è
manovrato fino all’angolo limite (oltre il quale non può andare per la
presenza di scontri di fine corsa);
• quando si esegue la manovra di arresto con l’inversione del verso di
rotazione dell’elica;
• quando si esegue la manovra di arresto con la rotazione del pod di 180°.
Particolare attenzione deve poi essere prestata al dimensionamento del
cuscinetto radiale di losca che deve sopportare sia il carico generato dalla
rudder part, sia quello generato dall’elica.
Lo stesso IACS fornisce anche una guida (“Guidelines for Surveys,
Assessment and Repair of Hull Structures”) per il monitoraggio dei punti
critici della struttura del timone: ad un elenco dei potenziali punti caldi della
struttura vengono fatti seguire suggerimenti per una corretta riparazione
degli elementi localmente collassati. Tali punti caldi, essendo zone di
concentrazione delle tensioni ed essendo l’intera struttura sollecitata a
carichi ciclici, sono soggetti a rotture per fatica. Nella stessa guida vengono
anche evidenziate le zone che soffrono di erosione e di usura.
I punti di più probabile innesco di cricche da fatica sono indicati come
quelli in corrispondenza degli accoppiatoi e dei fasciami ad essi collegati,
146
Cap.3 – Il progetto del timone
delle lamiere della pala nella zona del bordo di attacco e, per i timoni su
corno, nella zona dell’agugliotto inferiore.
L’identificazione di tali punti critici è evidentemente frutto
dell’esperienza ma può essere eseguita anche con analisi statiche dirette
utilizzando modelli agli Elementi Finiti molto dettagliati. Una volta valutata
l’intensità degli sforzi in tali aree, la previsione della vita a fatica può essere
eseguita considerando opportuni cicli di carico.
Modelli agli Elementi Finiti possono essere creati sia per lo studio del
sistema di travi equivalenti (elementi monodimensionali), sia per lo studio
della pala (anche con grigliati di travi), si rammenta a riguardo la guida
fornita dal DNV (Strength Analysis of Rudder Rudder Arrangements) per il
dimensionamento della pala e dell’asta per via diretta. Infine, modelli
opportuni devono essere impostati per lo studio dei modi di vibrare
dell’intera struttura.
3.23 – L’evoluzione del timone
La prima configurazione di timone su navi ad elica rispecchiava la
sistemazione delle precedenti imbarcazioni a vela: la pala continuava infatti
ad essere sostenuta dal dritto di poppa, che in questo caso era collegato alla
chiglia da un prolungamento della stessa detto calcagnolo. In questo periodo
la pala è formata da una lastra piana di forma approssimativamente
semiellittica (non è né carenata, né compensata) ed è irrobustita da braccioli
terminanti su un fusto posto lungo il bordo di attacco. Il sostegno è effettuato
con una serie di cardini coassiali all’asta di manovra, detti agugliotti, fissati
sulla pala all’estremità dei braccioli e liberi di ruotare in alloggiamenti, detti
femminelle, ricavati sul dritto di poppa. Il collegamento all’asta (detta anche
miccia), quando questa non è tutt’uno con il telaio della pala – ossia un solo
pezzo di fusione –, è effettuato con accoppiatoi a flangia.
Una prima modifica, atta a migliorare l’efficacia idrodinamica del
timone, è stata quella di sostituire la lastra piana con un doppio mantello
(carenatura). Anche il dritto di poppa è stato poi carenato per creare un
profilo idrodinamico continuo con la pala.
L’utilizzo di pale carenate, più robuste di quelle a semplice lamiera, ha
permesso di ridurre il numero degli agugliotti sul dritto di poppa, senza
incorrere nel rischio di sollecitare eccessivamente l’asta a flessione. Nelle
configurazioni più evolute, sul dritto di poppa erano ricavati gli
alloggiamenti per due soli agugliotti, posti alle estremità della campata della
pala.
Esistono diverse varianti di carenatura del dritto, una interessante è
quella con una carenatura non simmetrica, nella campata superiore verso un
147
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
lato e in quella inferiore verso l’altro, allo scopo di ridurre le perdite causate
dal flusso rotatorio dell’elica. Una soluzione ancora più elaborata è
rappresentata dalla pala articolata con un flap mobile posto a proravia del
dritto di poppa: il movimento della pala principale porta in rotazione il flap
realizzando così un aumento della portanza (profili in cascata). Il timone è
detto del tipo “Aller”) ed è anche caratterizzato dall’avere un certo grado di
compenso.
Il dritto di poppa è stato poi finalmente eliminato, sostituendolo con un
elemento altrettanto robusto costituito da un’asta passante, posizionata
sull’asse di rotazione e collegata superiormente a scafo e inferiormente al
calcagnolo: si tratta della nota configurazione “Simplex”. Tale asta
rappresenta in pratica un lungo agugliotto passante all’interno della pala,
cosicché il pozzo dell’elica continua a rimanere strutturalmente chiuso. Il
timone di questo tipo è un timone compensato la cui asta di controllo
continua ad essere sgravata anche da gran parte degli sforzi flessionali.
Una variante del timone Simplex è rappresentata dal timone del tipo
“Hörtz”, in cui l’area di compenso viene sacrificata a favore di una
carenatura fissa, con l’idea di fare aumentare le caratteristiche idrodinamiche
per effetto della sistemazione di due profili in cascata.
L’evoluzione ha fatto successivamente registrare la scomparsa
dell’agugliotto passante, ridotto a due semplici agugliotti, uno a scafo ed uno
sul calcagnolo. In questo modo la pala del timone Simplex deve essere a
struttura completamente portante, formata da un grigliato robusto di travi nel
verso della campata e della corda, e deve avere una robustezza sufficiente sia
per reggere i carichi diretti, sia per non trasmettere elevate sollecitazioni di
flessione all’asta. Inoltre, con la mancanza del dritto e dell’agugliotto
passante, il pozzo chiuso viene ora ad essere meno robusto.
Un’alternativa a questa soluzione è stata ottenuta eliminando i due
agugliotti e trasferendo a proravia l’innesto sulla pala dell’asta di comando.
L’asta, ora diritta, viene a costituire superiormente (al cuscinetto di losca) un
appoggio per la pala a struttura portante, caricandosi anche a flessione.
Complessivamente la sistemazione è più semplice, ma richiede una pala ed
un’asta di comando più robuste.
Esistono diverse configurazioni di pala per i timoni su calcagnolo. Una
variante alla pala classica è rappresentata dall’introduzione di un profilo
asimmetrico sfalsato: la sagomatura, in funzione del verso di rotazione
dell’elica, può riguardare il solo bordo d’attacco oppure tutta la pala.
Quest’ultima può essere effettuata in maniera continua lungo la campata,
come nel timone “Star”, oppure, più semplicemente, tagliando a metà altezza
una pala asimmetrica e riunendo, con le concavità contrapposte, le due parti.
148
Cap.3 – Il progetto del timone
I timoni delle navi Liberty, del tipo Simplex, erano ottenuti proprio in
questo modo, ma erano ancora meno elaborati, infatti erano costituiti da due
semplici semi–pale simmetriche collegate una all’altra con un certo angolo
di sfasatura lungo la linea della corda mediana (il timone “alla via” risultava
però instabile).
Un altro esempio di ricerca di un rendimento migliore, sia del timone sia
propulsivo, è rappresentato dall’aggiunta, sul mantello della pala, di un
bulbo allineato con l’asse dell’elica, è questo il caso del timone “con bulbo
Costa”. Grazie alla presenza del bulbo si ha un flusso più omogeneo sulla
pala e una riduzione della velocità media d’ingresso sul disco dell’elica.
Intervento finalizzato allo stesso scopo è quello che prevede l’inserimento
fra timone ed elica di un’elica fissa oppure contro–rotante, da una parte si
ottiene infatti un recupero di energia propulsiva, dall’altra un aumento
dell’efficienza della pala, che lavora così in un flusso più omogeneo.
Un altro tipo d’intervento è quello teso ad aumentare l’allungamento
effettivo, e quindi il rendimento idrodinamico della pala, tramite l’utilizzo di
lamine trasversali di estremità poste in corrispondenza sia del coperchio, sia
del fondo del timone.
La completa apertura del pozzo dell’elica è stata resa possibile
dall’irrobustimento delle pale: ciò ha permesso la messa in opera di timoni
sospesi, ossia senza calcagnolo, prima con asta passante, eventualmente
rastremata, e poi a struttura carenata completamente portante. In questo
modo l’asta viene gravata, oltre che dal momento torcente di controllo della
pala, anche da un momento flettente che non viene più mitigato dalla
presenza di uno o più appoggi lungo la pala stessa. Una soluzione intermedia,
per ovviare al problema dell’elevato carico di flessione sull’asta, consiste nel
creare un appoggio parziale lungo il bordo di attacco superiore della pala
(appoggio su corno con uno o due agugliotti), oppure lungo tutto il bordo
(appoggio su pinna).
L’evoluzione della tecnica navale ha condotto alla progettazione di navi
con più di un’elica propulsatrice, rendendo quindi conveniente
l’installazione dei timoni al di fuori del piano diametrale: la prima soluzione
adottata è stata quella di timone sospeso, ma col crescere delle forze in gioco
è stato necessario ancorare con più sicurezza la pala utilizzando un corno di
sostegno. Nel caso di navi bielica con timone centrale su skeg, la
configurazione è assimilabile a quella di timone su pinna, quando il timone
non è compensato, oppure a quella di timone su corno, quando il timone è
semi–compensato.
I timoni moderni, per navi mercantili o militari, sono essenzialmente di
due tipi, sospeso o su corno, e solo nel caso di navi bielica con timone
centrale non compensato la configurazione è quella di timone su pinna. Il
149
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
timone su calcagnolo si usa ormai solo in casi particolari, per esempio sui
pescherecci quando si vuole proteggere l’elica dalle reti.
Sia i timoni su corno che quelli sospesi possono avere un flap di coda
per sfruttare l’effetto dei profili in cascata. Questa soluzione ha visto una
prima applicazione nei timoni ideati da Lumley già per le navi a vela con il
flap comandato prima da catene e poi da un perno fisso (la prima
applicazione risale al 1862).
La caratteristica più attraente di questi timoni è infatti quella di avere un
meccanismo semplice per il controllo del flap: il flap è incernierato alla pala
e porta superiormente un’asta orizzontale che, all’altra estremità, è inserita
nell’occhiello di un perno ad asse verticale. Quando la pala ruota, il flap
ruota rispetto alla pala perché comandato dall’asta orizzontale che, pur
traslando nell’occhiello, è obbligata a passare per l’asse del perno. In tal
modo l’angolo di rotazione del flap è legato a quello della pala, usualmente
in maniera tale da far ruotare il flap con un’amplificazione di 2,5 , cosicché
per i 35° di barra della pala si hanno circa 90° di angolazione assoluta sul
flap. Il timone viene commercializzato con il nome dell’azienda produttrice
(per esempio sono diffusi quelli della ditta “Becker”).
Una più recente e meno fortunata applicazione è quella che prevede
l’uso del flap per facilitare la rotazione della pala piuttosto che per
aumentare la portanza della pala stessa (timone “Flettner”). Tali timoni, non
più usati, avevano un comando indipendente per il flap, che li rendeva però
delicati perché il sistema di comando passava obbligatoriamente nell’asta.
Essi diventavano inoltre ingovernabili per flusso proveniente da poppa.
Un’interessante combinazione delle soluzioni sopra esposte – relative al
miglioramento dell’efficienza propulsiva e dell’efficienza della pala oltre
che alla razionalizzazione della configurazione strutturale – è quella offerta
dal timone “Wichmann”, commercializzato ora dalla Wärtsilä sotto la
denominazione “PropacRudder”. Si tratta di un timone semi–compensato su
corno, con flap di coda e con un bulbo “Costa” che costituisce un tutt’uno
con il mozzo dell’elica. Ai vantaggi idrodinamici derivanti dalla morfologia
della pala si aggiunge perciò quello di avere un appoggio inferiore della pala
molto più rigido rispetto al semplice corno – il pozzo dell’elica risulta infatti
parzialmente chiuso – con la conseguente riduzione delle vibrazioni e delle
sollecitazioni statiche trasmesse all’asta, e perciò con la possibilità di ridurre
il diametro della stessa.
150
Cap.3 – Il progetto del timone
APP. 1 – Elenco dei simboli
α
αλ
αTF
β
χL
δP
δT
σamm
σeq
σM
τamm
τQ
τT
[°]
[°]
[°]
[-]
[-]
[m]
[m]
[ms–1]
[ms–1]
[Pa]
[Pa]
[°]
[mN–1]
[mN–1]
[-]
[-]
[°]
[°]
[m2]
[kg m–1s–1]
[-]
[m2s–1]
[rad m–2N–1]
[kg m–3]
[Nm–1]
[MPa]
[MPa]
[MPa]
[MPa]
[MPa]
[MPa]
angolo di attacco al timone
angolo di attacco modificato per effetto di λ
angolo di inclinazione del flap
fattore di correzione per il calcolo di tf
coefficiente di densità di portanza
cedimento nel generico punto P della trave
cedimento trasversale del calcagnolo
velocità del flusso indotta da α lungo la corda
incremento totale di velocità della scia dell’elica
valore assoluto della depressione sul profilo
valore assoluto della depressione massima sul profilo
angolo di abbattimento della forza F
cedevolezza a flessione della pinna
cedevolezza a flessione del corno
allungamento effettivo della pala
allungamento geometrico della pala
angolo di abbattimento medio della pala
angolo di freccia al bordo di attacco
area racchiusa dalla sezione resistente del corno
viscosità dinamica
coefficiente di frizione
viscosità cinematica
angolo di torsione unitario
massa volumica
rigidezza del calcagnolo
tensione normale ammissibile
tensione equivalente
massima tensione normale da flessione
tensione tangenziale ammissibile
massima tensione tangenziale da torsione
massima tensione tangenziale da taglio
AF
AL
AM
AO
APD
AR
ARE
ARF
[m2]
[m2]
[m2]
[m2]
[m2]
[m2]
[m2]
[m2]
area della parte fissa del timone
area della superficie di vela
area della parte mobile del timone
area del disco dell’elica
area del piano di deriva della nave
area del timone
area della pala esposta al flusso dell’elica
area della pala a proravia dell’asse di rotazione
δVa
δVA
∆p
∆pM
ϕ
ϕ1
ϕH
λ
λG
Λ
ΛLE
Ω
µ
µF
ν
θ1
ρ
ρC
151
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
ATF
b
bf
bm
bM
B
c
c
cm
cp
cr
ct
cB
cD
cD0
cF
cL
cN
cQ
cR
cY
CR
CT
CPC
CPS
d
dO
dS
D
DA
De
DT
DTF
E
F
FA
FC
FN
FR
FT
G
hf
hH
i
152
[m2]
[m]
[m]
[m]
[m]
[m]
[m]
[-]
[m]
[-]
[m]
[m]
[-]
[-]
[-]
[-]
[-]
[-]
[-]
[-]
[-]
[N]
[-]
[m]
[m]
[m]
[m]
[m]
[N]
[m]
[m]
[mm]
[mm]
[Pa]
[N]
[N]
[N]
[N]
[N]
[N]
[Pa]
[m]
[m]
[m]
area del flap del timone
campata della pala
lunghezza del lato lungo del pannello di fasciame
campata media della pala
distanza fra il CP della pala ed il cuscinetto di losca
larghezza della nave
corda della pala
generico coefficiente idrodinamico
corda media della pala
coefficiente di pressione
corda della pala alla radice
corda della pala all’apice
coefficiente di pienezza della nave
coefficiente di resistenza
coefficiente di resistenza all’angolo di attacco nullo
coefficiente della forza totale
coefficiente di portanza
coefficiente della forza normale
coefficiente del momento torcente
coefficiente idrodinamico della forza CR
coefficiente di efficacia del timone
forza per la verifica dell’asta secondo IACS
coefficiente di spinta dell’elica
distanza del centro di pressione dal bordo di attacco
distanza del centro di pressione dallo spigolo superiore
distanza dell’asse di rotazione dal bordo di attacco
distanza fra la pala ed il centro del cuscinetto di losca
distanza della pala dallo scafo
forza di resistenza idrodinamica
diametro dell’asta
diametro dell’elica
diametro minimo dell’asta secondo IACS
diametro minimo dell’asta secondo IACS
modulo di elasticità normale
forza totale sulla pala
forza assiale sulla pala
forza applicata dalla pala al calcagnolo
forza normale sulla pala
forza radiale applicata sul cuscinetto
componente utile della forza generata dal timone
modulo di elasticità tangenziale
profondità del pannello di fasciame della pala
altezza del corno
raggio d’inerzia della nave all’imbardata
Cap.3 – Il progetto del timone
JA
[m4]
JC
[m4]
JH
[m4]
JO
[m4]
JP
[m4]
JPi
[m4]
k
[-]
kλ
[°],[rad]
[-]
kl
km
[-]
[-]
km
KE
[-]
l
[m]
l
[Nm–1]
lC
[m]
lH
[m]
L
[N]
LPP
[m]
[-]
mλ
M
[Nm]
MO
[Nm]
MR
[Nm]
patm
[Pa]
pf
[Pa]
po
[Pa]
pV
[Pa]
q
[Pa]
q
[N/m]
Q
[Nm]
Q
[Nm]
QF
[Nm]
QR
[Nm]
r1, r2, r3 [-]
rL
[-]
RH
[N]
RN
[-]
RP
[N]
sf
[m]
si
[-]
tf
[m]
tM
[m]
T
[m]
T
[N]
momento d’inerzia dell’asta rispetto all’asse neutro
momento d’inerzia del calcagnolo
momento d’inerzia del corno
momento d’inerzia polare dell’asta
momento d’inerzia della pala rispetto all’asse neutro
momento d’inerzia dell’i–esimo elemento di pala
fattore di proporzionalità nella formula 3.7.D
fattore di trasformazione dell'angolo di attacco
rapporto fra l e De
coefficiente correttivo della scia dell’elica
coefficiente del materiale secondo IACS
fattore di correzione di VA per l’effetto dell’elica
distanza fra elica e timone
densità lineare di portanza
lunghezza del calcagnolo
lunghezza della mensola del corno
forza di portanza
lunghezza della nave tra le perpendicolari
fattore di trasformazione del coefficiente di resistenza
momento sezionale di flessione
momento flettente rispetto al cuscinetto di losca
momento flettente per la verifica dell’asta secondo IACS
pressione atmosferica
pressione sul pannello di fasciame della pala
battente idraulico sul profilo
tensione di vapore
pressione nel punto di ristagno
carico per unità di lunghezza agente sulla trave
momento torcente originato sulla pala
momento sezionale di torsione
momento resistente di frizione
momento torcente per la verifica dell’asta secondo IACS
fattori di correzione per il calcolo di cR
fattore di riduzione della portanza funzione di AM /AR
forza applicata dalla pala al corno
Numero di Reynolds
reazione vincolare nel generico punto P della trave
lunghezza del lato corto del pannello di fasciame
generico parametro geometrico della superficie di pala
spessore minimo del pannello di fasciame
spessore massimo sulla corda media della pala
immersione media di progetto della nave
spinta dell’elica
153
L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione
T
T
V∞
Vt
VA
VR
VS
w
wR
x
x0
y
y0
Y
YO
154
[°C]
[N]
[m/s]
[m/s]
[m/s]
[m/s]
[m/s]
[-]
[-]
[m]
[m]
[m]
[m]
[N]
[N]
temperatura
forza sezionale di taglio
velocità del flusso indisturbato
velocità del flusso lungo la corda indotta dagli spessori
velocità del flusso sul disco elica
velocità del flusso sulla pala
massima velocità di servizio della nave
frazione di scia
frazione di scia al timone
distanza dal bordo di attacco
distanza dal bordo di attacco per profilo standard
semispessore all’ascissa x
semispessore all’ascissa x per profilo standard
forza trasversale di controllo
minima forza trasversale di controllo
Fly UP