Yuja Wang pianoforte - Società del Quartetto di Milano
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Yuja Wang pianoforte - Società del Quartetto di Milano
Stagione 2011-2012 Martedì 15 maggio 2012, ore 20.30 Rachmaninov Étude-Tableau in la minore op. 39 n. 6 Étude-Tableau in si minore op. 39 n. 4 Élégie in mi bemolle minore op. 3 n. 1 Étude-Tableau in mi bemolle minore op. 39 n. 5 Sala Verdi del Conservatorio Yuja Wang pianoforte Fauré Ballade in fa diesis maggiore op. 19 Skrjabin Sonata n. 5 op. 53 Brahms 7 Fantasien op. 116 Albéniz Triana da Iberia Debussy La Soirée dans Grenade da Estampes Horowitz Variazioni su temi dell’opera Carmen di Bizet Il concerto è registrato da RAI Radio3 16 Consiglieri di turno Marco Bisceglia Luciano Martini Direttore Artistico Paolo Arcà Sponsor istituzionali Sponsor Pianisti al Quartetto Sponsor Musica da camera Con il contributo di Con il patrocinio di Soggetto di rilevanza regionale Con il contributo di È vietato, senza il consenso dell’artista, fare fotografie e registrazioni, audio o video, anche con il cellulare. Iniziato il concerto, si può entrare in sala solo alla fine di ogni composizione. Si raccomanda di: • spegnere i telefoni e ogni apparecchio con dispositivi acustici; • evitare colpi di tosse e fruscii del programma; • non lasciare la sala fino al congedo dell’artista. Il programma è pubblicato sul nostro sito web dal venerdì precedente il concerto. Sergej Rachmaninov (Novgorod 1873 - Beverly Hills, California 1943) Étude-Tableau in la minore op. 39 n. 6 (1911/1916) (ca. 1,5’) Étude-Tableau in si minore op. 39 n. 4 (1916) (ca. 5’) Élégie in mi bemolle minore op. 3 n. 1 (1892) (ca. 2’) Étude-Tableau in mi bemolle minore op. 39 n. 5 (1916) (ca. 14’) Nel pianoforte di Rachmaninov si fondono varie tendenze della musica dell’Ottocento, che trovano una sintesi felice nel titolo conferito a due raccolte di pezzi pubblicate rispettivamente nel 1914 (Opus 33) e nel 1917 (Opus 39). Il termine Étude-Tableau infatti evoca da una parte l’idea di studio come ricerca di espressione poetica all’interno di una scrittura di carattere virtuosistico, dall’altra l’immagine vibrante e teatrale della pittura di genere. La prima via era stata battuta dai maestri del pianoforte romantico come Chopin e Liszt, mentre la seconda proveniva per Rachmaninov dalla tradizione di Musorgskij e degli altri capofila della musica nazionale russa. Lo schema narrativo, tuttavia, è stato gelosamente custodito dall’autore, che non ha mai voluto rendere noti gli eventuali spunti dei vari studi. Le uniche eccezioni sono i cinque Études-Tableaux orchestrati negli anni Trenta da Ottorino Respighi, al quale Rachmaninov confidò qualche segreto. Conosciamo così il bozzetto originario dell’Étude-Tableau in la minore n. 6, che raffigura in maniera vivida e aggressiva le vicissitudini di Cappuccetto rosso alle prese con il lupo. La seconda serie riflette in ogni caso i tempi angosciosi della guerra e della dissoluzione dell’Impero zarista, con una netta prevalenza di tonalità minori. Ma gli ultimi Études-Tableaux rivelano anche una più profonda ricerca delle possibilità di scrittura per il pianoforte, che rimaneva il crocevia delle esperienze musicali di Rachmaninov, malgrado il suo controverso rapporto con lo strumento. Il carattere leggero e fantastico dell’Étude-Tableau in si minore n. 4 sembra quasi il presentimento delle mascherate neoclassiche del decennio successivo, mentre l’appassionata retorica del n. 5, immerso nella livida luce della tonalità di mi bemolle minore, risente l’influsso della personalità visionaria di Skrjabin, scomparso pochi mesi prima che Rachmaninov intraprendesse la nuova serie di lavori. La stessa tonalità, invece, assume un colore del tutto diverso in una pagina della fase iniziale della carriera di Rachmaninov. Elégie apre la raccolta intitolata Morceaux de Fantaisie, che contiene anche il celeberrimo Preludio in do diesis minore. La somiglianza con la scrittura di Chopin rivela le fondamenta della personalità artistica di Rachmaninov, che trova tuttavia la strada per conferire alla sua scrittura, soprattutto nella robusta parte centrale, un carattere originale. Gabriel-Urbain Fauré (Pamiers 1845 - Parigi 1924) Ballade in fa diesis maggiore op. 19 (1877-1879) (ca. 14’) Chopin era stato il nume tutelare anche del giovane Fauré, ancora più stordito di Rachmaninov dall’incenso abbondante del culto parigino per il grande esule polacco. Gli stessi titoli della sua opera pianistica, come notturno, barcarola o ballata, rivelano la devozione al genio di Chopin. La Ballade in fa diesis maggiore fu tuttavia l’occasione di un memorabile incontro con Liszt, nel 1882. L’anziano maestro si mise al pianoforte per leggere il lavoro, ma dopo poche pagine disse “di non avere più le dita” e pregò Fauré di continuare al posto suo. Oltre all’impronta di Chopin, questo primo lavoro importante di Fauré, che nel 1881 approntò una nuova versione per pianoforte e orchestra, reca il segno anche della musica vaporosa e brillante del suo maestro Saint-Saëns, al quale è dedicata la partitura. Ma il tratto più originale della Ballade è l’espressione calda e cantabile della melodia, che fluttua con grazia leggera e delicata sull’intero arco del lavoro. Non a caso Debussy paragonava, con una punta d’ironia, la musica della Ballade al gesto di una bella donna. La Donna d’altra parte è stato uno dei temi cruciali dell’arte del secondo Ottocento e la musica di Fauré ha incarnato senz’altro uno degli aspetti del mistero femminile, così indagato nella letteratura, nel teatro e nella pittura a cavallo del Novecento. La scrittura manifesta la predilezione di Fauré per la sonorità morbida della zona centrale della tastiera, ma la tipica delicatezza del suo carattere rimane inalterata anche quando la linea di canto sale nel registro acuto e il pianoforte si riempie di decorazioni scintillanti, come avviene nella parte finale del lavoro. Aleksandr Skrjabin (Mosca 1872 - 1915) Sonata n. 5 op. 53 (1907) (ca. 10’) Ecco un’altro dei lavori preferiti di Horowitz, la cui leggendaria arte interpretativa aleggia sul programma dell’intero concerto. La Quinta Sonata, scritta di getto nell’autunno del 1907 a Losanna, rappresenta una sorta di cerniera tra le prime e le ultime Sonate di Skrjabin, due gruppi di lavori con caratteristiche ben distinte. La Sonata op. 53 infatti è l’ultima a recare nell’armatura di chiave un’indicazione tonale e la prima a essere sviluppata in un unico blocco sonoro, la forma caratteristica delle rimanenti cinque Sonate. Per la verità, la tonalità del lavoro resta in sostanza indefinibile, malgrado la presenza di sei diesis nell’armatura di chiave, che dovrebbe indicare la tonalità di fa diesis maggiore/ re diesis minore. L’analisi armonica si perde in un labirinto di accordi arricchiti di colori timbrici, di dissonanze lasciate in sospeso senza risoluzione, di sovrap- posizioni di intervalli apparentemente irrelati. La scrittura della Sonata non è altro che un riflesso della febbrile immaginazione di Skrjabin, immerso in quel periodo nelle brucianti visioni del Poème de l’Extase, un testo mistico e sensuale nel quale il musicista esprimeva la sua interpretazione delle dottrine filosofiche della fondatrice della Società teosofica Helena Blavatsky e delle pratiche esoteriche apprese dalla frequentazione con lo scultore Rodo. La partitura infatti reca nel frontespizio alcuni versi del Poème, che in un primo momento l’autore aveva pensato d’intitolare “Poema orgiastico”: Je vous appelle à la vie, ô forces mystérieuses! Noyées dans les obscures profondeurs De l’esprit créateur, craintives Ebauches de vie, à vous j’apporte l’audace. (Risveglatevi, o forze misteriose! Inghiottite nelle oscure profondità Dello spirito creatore, tremebonde Larve di vita, a voi dono l’audacia) La musica è degna del vibrante impeto poetico dell’autore, che volteggia sulla tastiera del pianoforte con selvaggia energia e senza la minima inibizione. Le indicazioni espressive richiedono all’interprete di immedesimarsi come un attore nella pantomima dei sentimenti: Con stravaganza, Languido, Accarezzevole, Presto con allegrezza, Estatico. Malgrado il carattere assolutamente estroso del linguaggio, la musica di Skrjabin rivela sempre un innato senso della forma, che si tende in un lungo arco fino a raggiungere un picco luminoso in fff, con una scrittura distesa su tre pentagrammi e un fronte sonoro che occupa l’intero spazio della tastiera. Johannes Brahms (Amburgo 1833 - Vienna 1897) 7 Fantasien op. 116 (1892) (ca. 22’) 1. Capriccio in re minore 2. Intermezzo in la minore 3. Capriccio in sol minore 4. Intermezzo in mi maggiore 5. Intermezzo in mi minore 6. Intermezzo in mi maggiore 7. Capriccio in re minore Verso la fine degli anni Ottanta, la musica di Brahms entra in una fase nuova della sua parabola. L’artista sente di aver terminato il capitolo eroico per così dire della sua avventura e comincia a meditare una sorta di ampia e personale retrospettiva della carriera, attraverso una serie di lavori rivolti a una sfera più privata e intima. In questa prospettiva di ricercata senilità intellettuale, Brahms recupera un rapporto con la scrittura per pianoforte solo, abbandonata in sostanza con le quattro Ballate op. 10 nel 1854. L’incontro con Schumann e con Clara rappresenta infatti una sorta di spartiacque nel pianoforte del giovane Brahms, che ritorna a scrivere per il “suo” strumento tanto amato solo dopo aver terminato di combattere la lunga battaglia artistica per il predominio nella musica tedesca. Una volta deposte le armi, e sorta attorno a lui una nuova generazione di musicisti attenti a valori diversi dai suoi, Brahms si rivolge a generi trascurati in precedenza, come quello dei piccoli pezzi lirici per pianoforte. Nascono così a poca distanza di tempo alcune raccolte di miniature pianistiche, nate tutte nell’elegante rifugio estivo di Bad Ischl, tra le montagne del Salzkammergut. Le sette Fantasien op. 116 sono le prime a essere pubblicate, anche se non è possibile ricostruire con precisione la cronologia esatta dei singoli pezzi sparsi nelle varie raccolte. Questo primo gruppo comprende soltanto due tipi di forma, il Capriccio e l’Intermezzo, mentre nelle serie successive l’elenco si arricchisce di altre definizioni, come Ballata e Romanza. Naturalmente la raccolta è tutt’altro che una rapsodia di pezzi caratteristici improvvisata secondo l’estro. L’album è organizzato secondo un disegno formale e poetico molto rigoroso, che si manifesta molto chiaramente nel circuito tonale del lavoro, che parte e ritorna alla tonalità di re minore. Al centro della raccolta spicca un trittico di Intermezzi, racchiuso come un gheriglio espressivo all’interno del guscio. La mandorla a sua volta contiene un “Intermezzo in mi minore”, che reca l’indicazione di “Andante con grazia ed intimissimo sentimento”. Il riferimento alle ultime Sonate di Beethoven è la chiave per risolvere l’enigma di questo tardo ritorno alla scrittura per pianoforte, che diventa il terreno per interpretare in maniera ironica l’antico precetto di nascondere l’arte. Brahms infatti semina i più complessi artifici di scrittura in forme che il pianoforte dell’Ottocento aveva destinato all’espressione bozzettistica e immediata, come per prendersi gioco con amarezza del mondo di ignoranti che gli stava attorno. Forse il vecchio artista peccava di manierismo nel compiacersi della propria bravura, ma di sicuro esprimeva una condanna radicale della musica del suo tempo, che vedeva andare alla deriva in preda alle correnti del gusto volgare e della nascente industria dello spettacolo. Isaac Albéniz (Camprodón 1860 - Cambo-les-Bains 1909) Triana da Iberia (1907) (ca. 5’) La Spagna dell’Ottocento ha vissuto molto di più nella musica che nella sfera politica e sociale. L’ultima parte del programma, che inizia con Triana di Albéniz, ne rappresenta una testimonianza, anche se si tratta di lavori che appartengono come cronologia al secolo successivo. Il carattere pittoresco del mondo iberico era legato soprattutto al timbro e al colore del suono, che il pianoforte francese ha studiato in maniera particolare a partire dall’ultimo scorcio dell’Ottocento. Anche un personaggio romanzesco come Isaac Albéniz, formidabile virtuoso e artista tanto imprevedibile quanto geniale, andrebbe annoverato tra i maestri francesi del pianoforte, malgrado i fortissimi legami con le proprie radici culturali. Gli ultimi anni della sua non lunga esistenza furono dedicati a una sorta di monumento pianistico del mondo spagnolo che prende il nome di Iberia. La suite è formata da quattro quaderni di tre pezzi ciascuno, suonati per la prima volta in pubblico dalla pianista francese di origine catalana Blanche Selva, alla quale sono dedicati. Nel complesso, Iberia rappresenta uno dei lavori più impegnativi per l’interprete, che deve padroneggiare la tecnica in maniera perfetta e allo stesso tempo plasmare un mondo sonoro come se improvvisasse. L’ultima delle nouvelles impressions, secondo la definizione dell’autore, del secondo Quaderno s’intitola Triana, il nome di un famoso quartiere popolare di Siviglia lungo il Guadalquivir. Il luogo è legato alle espressioni più tipiche e viscerali del popolo spagnolo, come la corrida e il flamenco. Albéniz cattura sul pianoforte la souplesse dei ritmi e il calore, per così dire, delle strade di Triana, che in Spagna è considerata la culla del flamenco. La scrittura imita in maniera estremamente brillante la rapida leggerezza dei passi e lo sferragliante suono del toque di chitarra, con invenzioni timbriche per il pianoforte che accostano immediatamente il nome di Albéniz a quello di Ravel. Claude-Achille Debussy (Saint-Germain-en-Laye 1862 - Parigi 1918) La Soirée dans Grenade da Estampes (1903) (ca. 14’) Anche nel pianoforte, come in tutti i generi affrontati in precedenza, Debussy parlava una lingua diversa da quella dei contemporanei. Il suo stesso modo di suonare, malgrado lasciasse una profonda impressione negli ascoltatori, era del tutto diverso da quello che il pubblico si aspettava da un virtuoso. Lo spazio ideale del pianoforte di Debussy era il salotto, non la sala da concerto, come dimostra il fatto che la sua prima affermazione artistica è avvenuta come compositore per orchestra e come autore teatrale. L’interesse per il pianoforte si risvegliò invece agli inizi del Novecento, quando Debussy entrò in contatto con un gruppo di giovani pianisti emergenti come Ricardo Viñes e Maurice Ravel, che aveva già fatto parlare di sé con alcuni lavori di stile nuovo e brillante. La raccolta di Estampes, dedicata a Jacques-Emile Blanche, autore del famoso ritratto di Proust ora al Museo d’Orsay, è stato il primo passo di Debussy in direzione di una maniera del tutto diversa e originale di concepire il pianoforte, come luogo dell’immaginazione e del realismo magico. La scrittura infatti non ha nulla a che vedere con il descrittivismo esteriore della pittura musicale del tardo Ottocento, bensì esprime una dimensione psicologica e interiore legata a certe immagini. Non a caso un andaluso come Manuel de Falla rimase così impressionato dalla forza evocativa della Soirée dans Grenade, scritta da un musicista che non aveva mai messo piede in Spagna. Debussy indica all’interprete un tempo vago come “Mouvement de Habanera”, raccomandando di cominciare “lentement dans un rhytme nonchalamment gracieux”. L’aspetto più sorprendente della scrittura di Debussy è la dimensione spaziale del suono, definita fin dall’inizio dalla progressiva estensione delle ottave sulla nota do diesis, che in poche battute raggiunge i confini della tastiera. All’interno di questo palcoscenico immaginario, s’intrecciano sguardi, gesti silenziosi, echi di danze lontane, piccole storie misteriose sospese a mezz’aria in un’atmosfera di attesa sensuale. Debussy conferisce al pianoforte una profondità scenografica, sovrapponendo i piani sonori a diversa distanza, alcuni in primo piano e altri sullo sfondo. Il sogno andaluso di Debussy mostra una fantasia onirica, che il linguaggio cinematografico sarà in grado di rappresentare in maniera altrettanto efficace solo molti anni dopo. Vladimir Horowitz (Saint-Germain-en-Laye 1862 - Parigi 1918) Variazioni su temi dell’opera Carmen di Bizet (ca. 3,5’) Il concerto si chiude nel segno di uno dei maggiori artisti del Novecento, Vladimir Horowitz, i cui resti riposano proprio qui a Milano nella tomba di famiglia di Toscanini. Horowitz ha sempre usato a piacere un’idea musicale, per improvvisare delle variazioni che mettessero in luce le migliori caratteristiche della sua arte pianistica. C’erano tempi in cui il pubblico non permetteva a Horowitz di lasciare il palcoscenico prima che avesse suonato le Variazioni della Carmen o la sua trascrizione di Stars & Stripes Forever. Horowitz non ha mai lasciato una versione definitiva di Carmen, che in cinquant’anni di carriera è sempre rimasta tra i suoi encore prediletti. Ogni volta suonava questa musica in maniera diversa, seguendo l’infallibile istinto pianistico e l’estro del momento. Negli anni Cinquanta aveva pensato di preparare una versione da concerto, ma poi abbandonò il progetto, così come non volle mai pubblicare nessuno dei suoi numerosi lavori, scritti in maggior parte in Russia tra il 1911 e il 1917. Oreste Bossini Yuja Wang pianoforte Nata a Pechino nel 1987, Yuja Wang ha iniziato lo studio del pianoforte all’età di sei anni. Dopo alcuni anni di studio al Conservatorio di Pechino, si è trasferita in Canada dove ha studiato con Hung Kuan Chen e Tema Blackstone. Nel 2002, all’età di 15 anni, ha vinto il Concorso dell’Aspen Music Festival e si è trasferita al Curtis Institute of Music di Philadelphia, dove si è diplomata nel 2008 sotto la guida di Gary Graffman. Nel 2006 ha ricevuto il Premio “Gilmore” per giovani artisti. Dopo il debutto nel 2005 con la National Arts Center Orchestra diretta da Pinchas Zukerman, si è esibita con le maggiori orchestre del mondo in collaborazione con direttori di primo piano quali Charles Dutoit, Lorin Maazel, Neville Marriner, Antonio Pappano, Robert Spano, Michael Stern, Yuri Temirkanov e Michael Tilson-Thomas. Claudio Abbado l’ha diretta nel concerto inaugurale del Festival di Lucerna 2009 (Terzo di Prokof ’ev), con l’Orchestra Mozart e con la Mahler Jugendorchester. È stata inoltre protagonista di recital nelle più importanti città del Nord America, in Europa e ospite regolare di festival quali Aspen, Santa Fe, Gilmore, Schleswig-Holstein e Verbier. La carriera di Yuja Wang è in piena ascesa e ogni stagione si arricchisce di nuovi debutti sia con importanti orchestre sia in recital. Nella stagione 20102011 ha esordito con l’Orchestra del Concertgebouw diretta da Daniele Gatti, l’Orchestre de Paris diretta da Juraj Valcuha, l’Orchestra della RAI di Torino diretta da Mikko Franck, l’Orquesta Nacional de España e la Staatskapelle di Berlino, entrambe dirette da Pietari Inkinen. Madrid e Tokyo sono state le città che ne hanno ospitato i debutti in recital. Nella stagione in corso è stata ospite della Israel Philharmonic, London Symphony, NDR, Orchestra di Santa Cecilia, e le orchestre di New York, Philadelphia e Los Angeles. Nell’ottobre del 2011 ha debuttato alla Carnegie Hall di New York. Yuja Wang registra in esclusiva per Deutsche Grammophon. Il suo album di debutto, “Sonatas & Etudes” pubblicato nel 2009, contiene la Marcia Funebre di Chopin, la Sonata in si minore di Liszt, la Sonata n. 2 di Skrjabin e una selezione di Studi di Ligéti. “Tranformation”, pubblicato nell’aprile 2010, è dedicato a Stravinskij, Scarlatti, Brahms e Ravel. Nel 2011 ha inciso con Claudio Abbado e la Mahler Chamber Orchestra la Rapsodia su un tema di Paganini e il Concerto n. 2 in do minore di Rachmaninov. È stata ospite della nostra Società nel 2010. Prossimo concerto: Martedì 22 maggio 2012, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Quartetto di Cremona Andrea Lucchesini pianoforte La stagione del Quartetto si chiude con un concerto che non è azzardato definire un evento. Andrea Lucchesini e il Quartetto di Cremona, due delle realtà artistiche più affermate della musica italiane, hanno deciso di affrontare in una sola serata tre capolavori del repertorio da camera, che rappresentano il meglio della letteratura per pianoforte e strumenti ad arco. Il Quintetto op. 44 di Schumann appartiene all’anno meraviglioso della “scoperta” della musica da camera, il 1842, mentre quasi un secolo dopo, nel 1940, Šostakovicˇ scriveva il Quintetto in sol minore op. 57 pensando al leggendario Quartetto Beethoven, negli anni successivi il primo interprete di quasi tutti i suoi Quartetti. Infine è la volta del massimo capolavoro forse scritto per questa formazione, il Quintetto in fa minore op. 34 di Brahms, che ha intrapreso un lungo percorso di trasformazioni e metamorfosi prima di giungere alla definizione perfetta del rapporto tra pianoforte e quartetto d’archi. La stagione di concerti 2012 – 2013 preludio ai 150 anni verrà presentata Martedì 22 maggio, ore 12 Sala Verdi del Conservatorio Al termine della prova aperta del concerto del Quartetto di Cremona e Andrea Lucchesini Antonio Magnocavallo e Paolo Arcà Presidente e Direttore artistico anticiperanno anche le iniziative in cantiere per festeggiare nel 2013-2014 il traguardo dei 150 anni del Quartetto. La prova del concerto, che inizierà alle ore 11, è per l’occasione aperta a tutti, non limitata agli studenti. Società del Quartetto di Milano - via Durini 24 - 20122 Milano - tel. 02.795.393 www.quartettomilano.it - e-mail: [email protected] SOGNI UNA POLTRONA TUTTO L’ANNO ALLA SCALA, AL METROPOLITAN, AL BOLSHOI? CON CLASSICA TV LA GRANDE MUSICA È A CASA TUA. Scopri il canale televisivo dedicato alla grande musica. Ogni giorno 24 ore di opera, concerti sinfonici, musica da camera, danza classica e contemporanea, musica antica, musica contemporanea, jazz. 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