Vanghelion (appunti scientifici sulla vita per bambini spaventati che
by user
Comments
Transcript
Vanghelion (appunti scientifici sulla vita per bambini spaventati che
Vanghelion (appunti scientifici sulla vita per bambini spaventati che desiderano una guida) Indice degli appunti Gli scopi del Vanghelion pag. 3 I motivi del Vanghelion pag. 4 LA NEVROSI INFANTILE L'adolescenza LA CONOSCENZA pag.5 Schema di creazione e mantenimento del benessere pag. 9 IL BENESSERE PSICOLOGICO I PRINCIPALI STATI EMOTIVI DAI QUALI DIPENDE IL PROPRIO BENESSERE pag. 15 COS'é LA SOFFERENZA assistersi, mantenersi, proteggersi da soli nell'ambiente sociale Il bisogno 1. Alimentazione I nutrienti Defecazione Minzione Sonno Igiene SISTEMI PER LA SODDISFAZIONE DI BISOGNI water bidet rubinetto rete fognaria letto carta igienica cottura alimenti illuminazione lampada •la cura della casa (scopa, aspirapolvere) FUNZIONAMENTO SOCIALE PER UTILIZZARE LE TECNOLOGIE ATTE ALLA SODDISFAZIONE DEI BISOGNI affitto •soldi •la professione •LE PRINCIPALI FONTI DI SOFFERENZA PSICOLOGICA Traumi Sensi di colpa Aspettative fuori della realtà •Aspettative nell'affettività Attaccamenti Paure gelosia e vergogna •Bisogno di assistenza •La morte COS'é IL PIACERE Il successo La negoziazione Il divertimento La stimolazione dei sensi La sessualità •Il sesso •L'autoerotismo L'arte aggiornato al 14/01/2011 N.B. Questo testo non rappresenta una guida alla quale affidarsi ciecamente. Fa parte di un progetto creativo, e rappresenta simbolicamente un diario mai scritto realmente di un personaggio di fantasia con proprietà ritrovabili nelle persone reali. La maggior parte delle informazioni raccolte sono di dominio pubblico, faticosamente reperibili e collegabili. GLI SCOPI L'interesse del principe messaggero è l'estinzione sistematica della sofferenza mentale, propria e delle persone nella società. Aiutare le persone che hanno disagi e problemi attraverso lo studio delle proprie esperienze di vita. L'interesse successivo è il conoscere come si creano le condizioni del piacere, ai fini del proprio benessere e della propria sopravvivenza. Attraverso la consapevolezza che ogni nostro accadimento sul quale abbiamo potere è una conseguenza dei nostri atti. L'interesse complementare è la diffusione della propria conoscenza a proposito l'estinzione della sofferenza mentale alle persone a lui simili. Una persona cresciuta senza l'aiuto di qualcuno per conoscere e comprendere il mondo può intuire certi funzionamenti del mondo, ma molto pochi. E solo con un lavoro logico e fatto di giorno in giorno, può trovare una forma chiara e utile per descrivere tale funzionamento, da poter ricordare, che è il processo che da senso alla comprensione. Questa guida serve agli esseri umani spaventati dalle proprie lacune, alle personalità infantili. L'esperienza, che è la conoscenza di una cosa o un evento della propria vita tramite i cinque sensi registrata nella memoria, ci ricorda che il nostro organismo umano in molti casi ha comunicato a noi stessi di compiere azioni in una data situazione attraverso emozioni e impulsi in altri casi ce le ha fatte compiere senza il nostro totale consenso e consapevolezza attraverso riflessi e reazioni. In quei momenti facciamo esperienza che queste emozioni, impulsi, riflessi, reazioni sono diverse per natura, intensità, ed effetti ad ogni tipo di esperienza. Conoscendo gli effetti del seguire le nostre emozioni, impulsi, riflessi, reazioni possiamo dedurre che esse abbiano uno scopo. Far accadere qualcosa nel presente immediato in modo da modificarlo. Analizzando tutti gli effetti da noi spontaneamente ricercati possiamo domandarci: C'è qualcosa che cerca ogni volta il nostro corpo? E possiamo rispondere si. Cosa cerca il nostro corpo attraverso i suoi comportamenti? Per rispondere a questa domanda non ci è più sufficiente la nostra esperienza, ma dobbiamo usare il pensiero, precisamente il ragionamento, e possiamo dedurre dalla nostra esperienza che questo scopo è: il benessere. Tuttavia il benessere non è un elemento trovabile nell'ambiente ne nel nostro corpo, ma è un concetto che si oppone al concetto di malessere. E sapere cosa è un concetto ci aiuta a non confondere la realtà con il pensiero. E per conoscerlo dobbiamo crearci l'idea nella mente cosa esso sia, attraverso il ragionamento. Esplicitando il significato della parola CONCETTO possiamo uguagliarla alla frase “una idea astratta composta dal raggruppamento o dalla separazione di più elementi percettivi collegati tra loro ed evocati dalla memoria, che ha un valore universale”. Il termine, infatti, deriva dall'espressione latina"cum capio" (= raccolgo, prendo assieme) da cui derivano anche i termini comprensione, comprendere. Per comprendere che cosa significhi il concetto “benessere” costruiamo una definizione. Definizione di BENESSERE: Il benessere è il corretto funzionamento della nostra natura psicobiologica di cui si può essere coscienti diagnosticandolo in base a un metro di riferimento che discerne il corretto dallo scorretto funzionamento psicobiologico. DEFINIZIONE DI MALESSERE: Il malessere è uno scorretto funzionamento della propria natura psicobiologica di cui si può essere coscienti diagnosticandolo in base a un metro di riferimento che discerne il corretto dallo scorretto funzionamento psicobiologico. Perché il nostro copro cerca il benessere attraverso i suoi comportamenti? Perché non abbiamo già il benessere automaticamente rimanendo immobili, ma dobbiamo costruirlo e mantenerlo, proteggendolo da ciò che lo può far cessare. Il motivo per cui è necessario che noi facciamo questo è che nella natura in cui viviamo esiste il principio della produzione condizionata che descrive la vita come un processo in cui ogni cosa nasce ed esiste mantenendosi in rapporto a determinate condizioni e cessa di esistere quando queste condizioni vengono rimosse. Ed è possibile che queste condizioni esterne vengano rimosse poiché viviamo in uno spazio tempo in continuo cambiamento. La nostra esperienza ci rende costantemente coscienti della nostra volontà, che aiuta il nostro organismo, producendo azioni che hanno uno scopo per il quale si attivano tutti i processi fisici e psicologici indipendenti dalla volontà attraverso la decisione autonoma dell'organismo. A creare e mantenere il nostro benessere sono il proprio corpo e la propria volontà. Quando essi falliscono c'è la sofferenza. Essi possono fallire quando l'azione attuata nell'ambiente esterno non è sufficientemente forte, è scorretta, o non è attuata. Gran parte della nostra sofferenza deriva da un tipo di paura : la paura immaginaria. La paura naturale è la nostra reazione a un'aggressione. L'aggressione viene configurata come tale non dalla realtà ma dal nostro filtro cognitivo. Perché il nostro rapporto con il mondo, con la realtà, non è diretto. Esso passa attraverso il nostro cervello. È nel nostro cervello, che c'è il filtro cognitivo, che è determinato dal nostro inconscio. Infatti il filtro cognitivo è del tutto personale, perché è la propria autoimmagine e le proprie emozioni. Infatti l'autoimmagine deriva dalla nostra esperienza e quindi dalla nostra memoria. Passando attraverso il nostro cervello la realtà viene interpretata dal nostro filtro cognitivo ed è questa interpretazione, che costituisce per noi la realtà. Ecco, perché la realtà viene vista in modo diverso da ognuno di noi. Noi non vediamo la realtà, ma la nostra interpretazione della realtà. Questo processo è chiamato percezione. La percezione è l'incontro dell'oggetto con l'autoimmagine del soggetto e le sue emozioni. Avendo il pensiero, con esso, ci creiamo una autoimmagine mentale di noi stessi indipendente dalla realtà. E questa autoimmagine può essere corrispondente o non corrispondente alla realtà. Ed è l'autoimmagine non in corrispondenza con la realtà a creare la paura immaginaria. Ed essa è una paura pensata e immaginaria che non corrisponde alla realtà, perché è paura di qualcosa che non c'è nella realtà, e si differenzia dalla paura reale, che è naturale, perché è paura di qualcosa che c'è nella realtà. Se ti senti, pensi, immagini, un adulto, che è capace di affrontare qualsiasi pericolo non hai paura di niente, e mantieni la calma. Se ti senti un bambino, hai paura di qualsiasi cosa, prima che le cose succedano, e anche quando non succederanno e non succedono. Perdite, abbandoni, sconfitte, umiliazioni e aggressioni, sono per noi portatori di sofferenza perché accompagnati dalla paura immaginaria. Senza la paura tutti gli eventi anche negativi della nostra vita non possono toglierci la nostra naturale gioia di vivere. Per difenderci dalla stessa sofferenza che la paura immaginaria ci ha creato vivendo certi eventi, essa produce uno stato per contrastare l'aggressione immaginaria: incomprensione, astio, diffidenza, sospetto, acredine, rancore, odio, aggressività, violenza, malumore, tristezza, malinconia, angoscia, disperazione. Questa è la causa prima della paura. Di quella reale e di quella immaginaria, poiché entrambe vengono attivate dall'interpretazione della realtà. Non l'aggressione ma la nostra configurazione di un'aggressione. Se l'aggressione è reale, è giusto e benefico provare paura. Poiché essa attiva le facoltà necessarie per difenderci dalle aggressioni. Senza la paura saremmo estinti. Tuttavia, si può essere talmente abituati a scambiare per reali le proprie paure immaginarie che non si riesce più a distinguerle da quelle reali. Esse si consolidano attraverso il pensiero del possibile. Infatti, moltissimi vivono della paura del possibile. Ma il possibile non è reale. Perché l'insieme delle cose possibili è infinito. Mentre l'insieme delle cose reali non solo è finito, ma è molto limitato. Se vogliamo fare una previsione del futuro, non dobbiamo ricorrere al possibile, ma al probabile. Come distinguere una paura immaginaria da una paura reale in modo razionale? Pensando che tutte le volte che non hai davanti materialmente ciò di cui hai paura, si tratta di una paura immaginaria. E la paura deriva dalla nevrosi infantile. La nevrosi infantile consiste nella persistenza della personalità infantile oltre l'età naturale di emancipazione. Che, in natura, è quella adolescenziale. L'ADOLESCENZA L'adolescenza è quel tratto dell'età evolutiva caratterizzato dalla transizione dallo stato infantile a quello adulto dell'individuo, caratterizzato da cambiamenti fisiologici, psicologici ed emotivi. Si sovrappone in larga parte al periodo della pubertà ma i suoi confini sono definiti in modo più vago, e si riferisce tanto alle caratteristiche psicosociali e culturali dello sviluppo quanto ai cambiamenti fisici della pubertà. La pubertà è il periodo di cambiamenti fisici attraverso i quali il corpo di un bambino diviene un corpo adulto capace di riproduzione. Con questo processo inizia l'attività delle ghiandole sessuali, che si manifesta nella donna con la prima mestruazione (menarca), nell'uomo con la produzione di sperma. Le differenze tra bambini e bambine prima della pubertà sono limitate quasi esclusivamente all'apparato genitale. Durante la pubertà, si sviluppano notevoli differenze di dimensioni, forma, composizione e funzione in varie strutture e sistemi del corpo. Le più evidenti di queste sono chiamate caratteristiche sessuali secondarie. I caratteri maschili sono: Crescita di peli sulle ascelle e sui genitali, della barba, la crescita del pene, dei testicoli e della prostata. I caratteri femminili sono : la crescita dei peli sul pube, la crescita del seno, e l'inizio delle mestruazioni. In senso stretto, il termine pubertà si riferisce ai cambiamenti corporali della maturazione sessuale e non agli aspetti psicosociali e culturali dello sviluppo adolescenziale. Si è soliti distinguere anche tra prima adolescenza, corrispondente al periodo tra i 13 e i 15 anni, e seconda adolescenza, cioè dai 16 anni verso la fine della pubertà, verso i 18-20 anni. Quando si parla di adolescenza, è molto importante ricordarsi che essa è un tema di carattere prettamente psicologico, e darle limiti fissi è un'impresa molto ardua. Bisogna considerare che: • Lo sviluppo psicologico-emozionale non procede sempre di pari passo con lo sviluppo fisico; • Le società occidentalizzate industriali stanno provocando un ritardo sempre maggiore dello sviluppo psicologico mentre in altre zone del mondo preindustriali pare verificarsi l'opposto; • I limiti di età sono diversi tra persone di sesso diverso. Maschio / femmina; • Più tardi si verificherà lo sviluppo puberale, più tardi finirà l'adolescenza; • Certi tratti psicologici considerati tipici dell'adolescenza permangono finanche oltre la prima giovinezza per certi individui. La preadolescenza è la fase nella quale l'individuo comincia a subire le modifiche somatiche e psicologiche e a perdere le caratteristiche dell'infanzia. 1. La sessualità ha raggiunto la forma alloerotica (cioè, bisogno del partner). 2. Il pensiero ha maturato le forme logiche. 3. L'egocentrismo infantile è superato. Queste nuove strutture sono però appena abbozzate; ora hanno bisogno di essere consolidate. Ciò avviene nell'arco di tempo che va, approssimativamente, dai 15 ai 18 anni, ma recentissimi studi americani dimostrano che l'età dello sviluppo del corpo avviene nella femmina non oltre gli 8350 giorni dalla nascita mentre nel maschio non oltre i 10.300. è stata definita adolescenza tutto quel tempo in cui l'essere umano cresce fisiologicamente, ma il corpo non cresce più in altezza dopo i 24 anni, ma cresce ancora in altri modi, acquistando maggiore volume nei singoli tessuti. Invece è il tempo in cui la crescita è più intensa e rapida Come è noto, l'adolescenza inizia con la pubertà, ovvero con il completamento dello sviluppo sessuale dal punto di vista riproduttivo e dura fino al completo sviluppo fisico che coincide con l'età adulta. Negli ultimi 100 anni il momento della pubertà si è molto anticipato e la tendenza sembra continuare. Ad esempio il menarca, ovvero la comparsa delle prime mestruazioni, avveniva nella seconda metà del secolo scorso in media verso i 17 anni, rispetto ad un'età di 11 -12 anni negli anni '60 , e ad un'età compresa tra i 9 e i 12 anni attualmente. La fragilità somatica e psicologica del soggetto, in questa fase, è evidente e facilmente spiegabile se si tiene conto del lavoro per il consolidamento delle sue strutture fisico-psichiche che in lui si va compiendo. Altro aspetto dell'adolescenza è dato dall'esperienza che ora il soggetto va facendo degli schemi mentali di tipo logico-formale. Il tipo operatorio-concreto del pensiero del fanciullo (7/10 anni) non consente al soggetto di immaginare il possibile fuori degli schemi della realtà, cosi com'egli la vive e la sperimenta. Per il fanciullo il possibile è solo ciò che non è ancora avvenuto ma può avvenire. Il pensiero logico-formale consente invece di concepire il possibile come ciò che non è contraddittorio. Mentre il fanciullo lavora di fantasia, ma il suo mondo fantastico è legato alla realtà delle cose concrete, si tratti pure di eroi spaziali o di mostri metà animali e metà uomini, il mondo fantastico dell'adolescente è costituito da ipotesi sociali, etiche, politiche, ecc., non reali, ma logicamente realizzabili. Vi è un egocentrismo tipico dell'adolescente dato dalla tendenza a rinchiudersi in questo mondo fantastico, che lo può portare a grandi mete, ma anche ad aspre delusioni. Cronologicamente questa fase si colloca nella tarda adolescenza e nella prima giovinezza, tra i 16/17 anni e i 22/23 anni per la femmina e tra i 17/18 e i 28/29 per il maschio. Connesso con lo sviluppo del pensiero logico-formale vi è pure la maturazione degli schemi sociali. Lo sviluppo della socialità comincia con il superamento dell'egocentrismo infantile verso i 9/11 anni, ma solo verso i 15/16 anni il sentimento della socialità orienta il soggetto verso rapporti di parità con gli altri e verso forme ideali di amicizia che non devono più rispondere alla necessità di avere compagni con cui giocare e divertirsi ma amici con cui coltivare ideali o condividere idee. Un fenomeno caratteristico della socialità adolescenziale è quello della solidarietà con i coetanei, sia nelle circostanze in cui uno ha bisogno dell'altro fino a portare a vere e proprie complicità delittuose, sia ad una solidarietà di classe che spesso porta a contestazioni di maniera nei riguardi degli adulti. Questa solidarietà di classe, mista a contestazione, si manifesta spesso in quella che viene chiamata crisi di originalità. L'adolescente sceglie per il suo comportamento condotte che lo distinguano da tutti gli altri, ma la sua attenzione è a tutto ciò che può distinguerlo dagli adulti. Gli schemi della personalità di un individuo sono la risultante di fattori naturali e altresì di fattori culturali. Nei primi mesi di vita i fattori culturali cominciano appena a condizionare il comportamento dell'individuo, per cui la condotta di un bambino di pochi mesi non differisce granché da quella di tutti gli altri bambini, ma più si avanza negli anni e più questi fattori contribuiscono a differenziare la condotta degli individui. Le linee di comportamento qui descritte riguardo le caratteristiche dell'adolescenza sono solo orientative per capire i soggetti in questa età, perché nella realtà molto forte sarà la differenza tra soggetto e soggetto a seconda dell'ambiente e dei fattori culturali che avranno concorso a condizionare lo sviluppo di ciascuno. L"invenzione" dell'adolescenza La figura dell'adolescente, come persona in una prolungata fase di transizione problematica, non viene considerata dalla maggior parte delle società tradizionali e preindustriali. In esse spesso il passaggio dalla fase della vita “bambino" alla fase “adulto" viene (veniva) gestito da appositi riti di passaggio, che rappresentano in chiave simbolica l'allontanamento dallo stato precedente, l'attraversamento di una soglia liminale, e la reintegrazione nella società con un diverso status. Anche nelle società "occidentali" fino all'Ottocento si veniva considerati bambini fino all'età in cui non ci si poteva dedicare alle attività che la propria classe sociale prevedeva. Le rappresentazioni artistiche, letterarie o figurative, di "giovani uomini o donne", anche di 10 o 12 anni, mostrano come venissero caratterizzati come "piccoli adulti", vestiti come i genitori, intenti nelle stesse attività. Questo sia negli strati sociali più poveri, dove l'inizio del lavoro poteva essere anche a 6-7 anni, così come tra le élites, dove si poteva essere re o professori universitari anche a 12-13 anni. Verso la fine del XIX secolo, nelle società europee, in particolare in Germania, Inghilterra e Francia, i profondi mutamenti sociali ed economici fecero si che un grande numero di ragazzi giungessero a trovarsi in una condizione di vita fino allora non presente sociologicamente. In particolare nel mondo borghese, l'aumentata importanza dell'istruzione fino ad avanzata età, la proliferazione di college e scuole superiori, i lunghi periodi di apprendistato non produttivi necessari alla formazione nelle scienze più avanzate, crearono l'adolescenza come etichetta sociale prima non necessaria. Parallelamente, la diffusione di istituzioni e associazioni giovanili, come lo scautismo, le società segrete giovanili o il movimento giovanile tedesco (Wandervögel), cosi come il fiorire della letteratura sulla e per l'adolescenza, risposero alla necessità di creazione d'identità in questa nuova fase della vita. Ma in seguito nessun adolescente fece più scautismo, e la fruizione della letteratura venne ridotta dall'intrattenimento di videogames. La personalità infantile, persistendo oltre l'adolescenza e protraendo l'esperienza della dipendenza e dell'incapacità all'autonomia, inevitabilmente si rafforza e diventa l'unica personalità disponibile. Essa viene rafforzata e radicalizzata in seguito a input che noi stessi introduciamo nella nostra memoria. Ogni volta che pensiamo “io non ce la faccio”, “non ne sono capace”, “sono un perdente”, “ho paura”, “non ho successo”, è come se si dicesse a se stessi “IO SONO UN BAMBINO”. E ogni volta è come se si aggiungesse nel libro, cioé nel banco di memoria che costituisce la nostra personalità infantile, una pagina con su scritto “IO SONO UN BAMBINO”. E ci si trasforma da normale bambino in bambino terrorizzato. Perché reazioni infantili come l'insicurezza, la paura, l'ansia, la depressione, vengono esasperate, in quanto presenti in un soggetto da cui ci si aspetta invece un comportamento adulto. E quindi, da reazioni normali nei bambini, diventano nelle persone anagraficamente adulte dei veri e propri sintomi nevrotici. È così che si genera la nevrosi infantile. L'autoimmagine adulta come fare allora per guarire dalla nevrosi infantile? Evidentemente l'operazione da fare è costruire una personalità adulta che vada a prendere il posto di quella infantile. Abbiamo visto che la personalità è costituita di due componenti: l'autoimmagine e il protocollo comportamentale. Quindi occorre costruire un'autoimmagine adulta di sé e assumere un comportamento tipico dell'adulto. In natura entrambi si costruiscono in seguito all'esperienza. È l'esperienza di episodi di indipendenza, di autonomia e di dominio dell'ambiente, che dà luogo alla costruzione di un'autoimmagine adulta di sé. La constatazione della propria capacità di indipendenza, di autonomia e di dominio dell'ambiente ci fa dire o pensare “io sono un adulto” e ci fa vedere noi stessi come un adulto anche a livello di visualizzazione. È lo stesso processo con il quale si costruisce l'autoimmagine di bambino. Ogni volta che si dice a se stessi “sono un adulto”, “sono in gamba”, “ce la faccio”, “ci riesco”, “sono capace” si mette nel libro, cioè nel banco di memoria che costituisce la propria personalità adulta, una pagina con su scritto : “IO SONO UN ADULTO”. Ed è così che si costruisce la propria autoimmagine di adulto. Perché la propria autoimmagine di adulto prenda il posto dell'autoimmagine di bambino occorre però che il libro costituente la propria personalità adulta contenga più pagine del libro costituente la propria personalità infantile. Ossia che il banco di memoria costituente la mia autoimmagine adulta sia più voluminoso e potente di quello costituente la propria autoimmagine infantile. Solo così, esso si imporrà e si sostituirà alla propria autoimmagine infantile. Il che implica che i richiami alla propria autoimmagine adulta devono essere frequenti. È normale farsi fare fotografie in abbigliamenti e atteggiamenti da adulto. Perché ci si identifica nella propria immagine rappresentata dalla fotografia. Tuttavia questa pratica è ostacolata. Dal giudizio delle persone nel proprio ambiente sociale. “chi si crede di essere” “è ridicolo/a” “è solo apparenza” “è supeficiale” “è narcisista”. Spesso per invidia e complesso di inferiorità. Oppure dalla legge, che ostacola ai minori di età di fotografarsi in abbigliamenti e atteggiamenti da adulti. Spesso per errata concezione dell'adolescenza, e incapacità di distinguere tra caso e caso generalizzando a tutti la stessa legge al fine di proteggere i minori che però sono tutti diversi. Ma riuscendo a fare queste esperienze superando questi ostacoli è normale che si inizi a sentirsi adulti. Sempre di più. L'autoimmagine di adulto è dunque l'esito delle esperienze da adulto e della costruzione della personalità adulta. Possiamo dire che l'autoimmagine di adulto coincide, con la personalità di adulto. L'esperienza ripetuta di comportamenti da adulto è stata la base della formazione dell'autoimmagine di adulto. È evidente che non si può proporre l'esperienza di adulto come terapia. Perché gli effetti sarebbero fortemente negativi o potrebbero portare alla morte. Dunque poiché la memorizzazione del comportamento è inevitabilmente il risultato dell'esperienza, dobbiamo rinunciare alla memorizzazione del comportamento. Ma ci rimane l'autoimmagine. Infatti possiamo memorizzare i comportamenti una volta costruita l'autoimmagine e aver memorizzato le informazioni per comportarci nel mondo. L'autoimmagine è, come abbiamo visto, nel processo naturale di crescita il risultato del comportamento. Ma è anche vero che il motore che muove l'attivazione di una personalità e che possiamo dire coincida con quella personalità è appunto l'autoimmagine. Una volta costruita, infatti, l'autoimmagine diventa stimolo all'attivazione del comportamento. Se dunque l'autoimmagine adulta è il risultato a cui il processo naturale di crescita conduce ed è la condizione necessaria all'attivazione della personalità adulta, l'autoimmagine è ciò che noi dobbiamo costruire. E lo possiamo fare anche in assenza di comportamenti specifici da adulto. Perché l'autoimmagine è costituita di immagini visualizzate di sé. E queste noi le possiamo creare. È vero, come abbiamo visto, che l'autoimmagine contiene anche una concettualizzazione del comportamento. Ma questa concettualizzazione non occorre costruirla. Noi la possediamo già. La tipologia comportamentale dell'adulto è già registrata nella nostra memoria. Tutti, hanno sperimentato il comportamento adulto degli altri. E quindi hanno registrato in memoria in qualche modo la tipologia comportamentale dell'adulto. Perciò, se io riesco a registrare in memoria un'autoimmagine adulta di me e la rendo talmente potente da sovrapporsi a quella infantile, io riesco a innescare il processo che mi porta anche a comportarmi, da adulto. I miei comportamenti da adulto, prodotti dall'autoimmagine adulta di me, diventeranno sempre più frequenti. E finiranno per diventare abituali. I ripetuti comportamenti da adulto andranno a rafforzare ulteriormente la propria autoimmagine adulta. Finché un bel giorno ci si ritroverà a pensarci come un adulto. A sentirsi, un adulto. A vedersi, un adulto. E si sarà diventati adulti. Si sarà guariti dalla nevrosi infantile. La costruzione dell'autoimmagine adulta nell'evoluzione naturale la strutturazione della personalità è costituita dai processi di assunzione di un modello, memorizzazione di una sua immagine, sua imitazione, sua radicalizzazione e identificazione con esso. Il modello è quindi centrale, nell'evoluzione naturale. Ma il modello altro non è, a livello dell'inconscio, cioè della memoria, che un'immagine. Nel processo terapeutico l'immagine del modello dovrà diventare l'autoimmagine del soggetto. Al processo di evoluzione naturale centrato sul modello corrisponde il processo terapeutico centrato sull'autoimmagine. La metodica fondamentale dell'evoluzione è quindi costituita da un protocollo atto a costruire un'autoimmagine adulta di sé. Questo protocollo dovrà contenere una procedura atta a essere ripetuta, perché abbiamo visto che la costruzione dell'autoimmagine è il risultato della memorizzazione ripetuta di immagini. Dunque il protocollo consisterà in un training. Il termine “training” indica un processo di apprendimento, intellettuale o comportamentale, attuato mediante esercizi ripetuti nel corso di una serie di sedute. Può essere autogeno, se condotto in proprio, o guidato, se assistito da uno specialista. Training per lo sviluppo della personalità adulta il processo di strutturazione della personalità avviene fondamentalmente nella memoria, cioè nell'inconscio. Perché è nell'inconscio, che esso si costruisce. Ma la partecipazione della mente cosciente è necessaria. È infatti la mente cosciente, che attua il processo di introiezione degli input suggestivi, del loro richiamo e della loro manifestazione cosciente nell'ambito del vissuto. Consiste in una visualizzazione guidata, cioè in un sogno da sveglio. Sia il cosciente sia l'inconscio del soggetto sono coinvolti nel processo. Sul piano comportamentale, in natura, il processo evolutivo, avviene per imitazione. Ma come abbiamo visto sfocia in un'autoimmagine. Esso in effetti è un processo di suggestione. O meglio di autosuggestione. In natura il bambino si sforza di imitare gli adulti e finisce per immaginare se stesso come un adulto. Per fare questo utilizza l'immagine di un adulto da lui considerato particolarmente rappresentativo. Che non è necessariamente il genitore. Anche se il genitore è un buon candidato, a questa carica. Ma se la deve meritare. E spesso non se la merita. Sono finiti, i tempi dei pellirosse e dei pionieri in cui i padri costituivano esempi di cacciatori e di guerrieri capaci di procurare il cibo e di difendere il nucleo famigliare. Oggi, nelle società industrializzate, il cibo e la protezione vengono forniti dall'organizzazione sociale, all'interno della quale i poveri padri sono solo consumatori e sottoscrittori di polizze di assicurazione. La ripetizione di questo procedimento di imitazione e di immaginazione finisce per fargli costruire un'autoimmagine adulta di sé. È in effetti un processo di autosuggestione. È proprio utilizzando lo stesso procedimento naturale, che noi possiamo costruire la personalità adulta da trapiantare nel soggetto portatore di personalità infantile e guarirlo dalla sua nevrosi. Prima di procedere alla descrizione del training occorre chiarire la dinamica del processo suggestivo. Il processo suggestivo consiste nella costruzione di un “banco di memoria” capace di condizionare le nostre reazioni e i nostri comportamenti. Persino i nostri pensieri. I banchi di memoria si costruiscono sulla base di due distinti processi. L'emozione e la ripetizione. Noi infatti ci ritroviamo ad avere nella coscienza sistematicamente, e a volte persino ossessivamente, gli eventi che ci hanno emozionato in modo particolarmente incisivo. Così una vittoria, una perdita, una conquista, una ferita. Ma ci ritorna sistematicamente alla coscienza anche ciò che alla coscienza ci si è presentato ripetutamente. Così alcuni oggetti, alcuni eventi, alcune persone, che contattiamo sistematicamente tutti i giorni. Si tratta di un condizionamento. Il quale deriva da un'autosuggestione. Autosuggestione e non suggestione e basta perché il processo suggestivo avviene sostanzialmente dentro di noi. Nel nostro inconscio. Anche se l'input proviene da fuori di noi. Quindi possiamo scegliere due strade, o entrambe Quella emozionale o quella ripetitiva, o entrambe. Entrambe in modo da avere la massima efficacia nel minor tempo possibile. Il tempo è importante. Esse non sono incompatibili fra loro. Anzi, si rafforzano vicendevolmente. Come avviene in natura. Nel processo naturale di crescita. Per seguire la via emozionale è sufficiente creargli un input sufficientemente impressionante. Che lo emozioni e quindi gli si imprima nella memoria in modo profondo. E poi gli ripeteremo quello stesso input tante volte quante occorrono a costruire quell'immagine adulta di sé che gli cambierà la vita. Il processo suggestivo è sempre presente nel processo evolutivo naturale. Le condizioni ambientali, infatti, realizzando lo stato proprio di una personalità, generano nella memoria un'autoimmagine di sé corrispondente a quella personalità. E le condizioni ambientali presentano proprio quel carattere emozionale e quel procedimento ripetitivo che abbiamo visto essere alla base del processo suggestivo. Il processo che in natura si realizza attraverso le condizioni ambientali e l'esperienza viene realizzato dal training. Prima di descrivere il training si deve approfondire cosa è il modello. Il modello abbiamo visto che nell'evoluzione naturale il modello è al centro della strutturazione della personalità. Il modello sarà dunque anche al centro del training. Infatti ci permetterà di costruire quell'autoimmagine adulta. Il modello deve essere adatto al soggetto. Questo significa che deve necessariamente appartenere al suo ambito culturale. Il modello non solo deve appartenere alla cultura del soggetto, ma deve anche essere capace di impressionare sufficientemente il suo inconscio. Deve quindi contenere in sé una particolare forza. Deve essere cioè particolarmente suggestivo. Se siamo vivi, un giorno moriremo. Prima di quel giorno, vicino o lontano, sperimenteremo tante variazioni del vivere. Tutto cambierà. Possiamo impegnarci a vivere la nostra vita nel modo più benefico fino a quando moriremo. Ma il presupposto per viverla in modo benefico è non attaccarci alle cose che cambiano, compresa la vita che alla fine muore. Una volta acquisito il potere del non attaccamento possiamo studiare ciò che produce il nostro benessere fisico. Come costruiamo il nostro benessere fisico? Attraverso le nostre azioni volontarie e semivolontarie. Il nostro lavoro sul mantenimento o la ricreazione del benessere è ripetuto nel tempo, continuamente e nonostante certi stati siano più durevoli di altri stati, e certe condizioni ambientali siano più durevoli di altre attraverso il nostro lavoro, la nostra ricerca non ha un fine a lungo termine poiché tutti noi dobbiamo morire e non possiamo pensare di accrescere il nostro benessere all'infinito attraverso il nostro lavoro e le ricchezze che accumuliamo. L'agire con il desiderio di crearci un benessere stabile e permanente ci provoca una sofferenza, poiché non saremo mai soddisfatti. Tuttavia facciamo esperienza che la nostra ricerca del benessere può essere ostacolata. Gli ostacoli del benessere possono essere due: 1. Un tipo di sofferenza, che per distinguerla dagli altri tipi si può chiamare sofferenza malefica. 2. Le condizioni ambientali che impediscono il soddisfacimento dei propri bisogni per il corretto funzionamento dell'organismo umano. Se si intende con “problema”, un ostacolo che si frappone tra la volontà dell'essere umano e la sua capacità di agire e godere dell'ambiente, e rende difficile raggiungere un determinato scopo di una azione utile a soddisfare una certa esigenza utile alla creazione di benessere, e con “difficile” si intende lento, complicato e doloroso, ma è risolvibile attraverso un procedimento pratico, allora tutte le nostre sofferenze malefiche e condizioni ambientali negative fanno parte dell'insieme dei problemi. Se non è risolvibile in assoluto non è un vero problema, è un desiderio impossibile che può portare alla disperazione. La nostra esperienza ci fa conoscere che esistono problemi che riusciamo a risolvere e problemi che non riusciamo a risolvere. Tuttavia questi problemi si distinguono dai problemi risolvibili o non risolvibili, poiché sono quelli per cui esiste una soluzione anche se non può essere attuata da noi in un dato momento, ma può essere attuata da qualcun altro, o da noi ma in un altro momento. I problemi risolvibili li possiamo risolvere attraverso due fenomeni : l'azione e il pensiero, in base alla natura del problema. Definizione ricavata dalla cultura di dominio pubblico AZIONE: Il contenuto della parola “AZIONE” fa parte dell'insieme dei concetti. Indica una serie di movimenti i quali hanno tutti in comune una proprietà particolare : l'essere prodotti intenzionalmente da un essere umano al fine di ottenere un risultato utile. Esplicitazione dei concetti utili alla definizione di azione: MOVIMENTO è il cambiamento di posizione di un corpo in relazione al tempo, misurato da un osservatore di riferimento, ad esempio il soggetto che compie l'azione o chi vede qualcuno compiere l'azione. L'INTENZIONE è anch'essa una parola che indica un concetto, cioè un prodotto o una azione che deriva dal pensiero cosciente, il quale si contrappone all'istinto o al riflesso. Poiché la nostra mente ha bisogno di ragionamenti sintetici e semplici per comprendere e memorizzare, una volta compresa la definizione esplicita e complessa di una parola possiamo sintetizzarla e memorizzare la definizione di tale parola. AZIONE : un movimento il cui scopo è desiderato e realizzato intenzionalmente. Attraverso l'azione, possiamo cambiare lo stato delle cose nel nostro ambiente presente, e poiché il presente condiziona il futuro, anche lo stato dell'ambiente futuro, e dunque possiamo far esistere diversi livelli di vita, raggiungendo il nostro personale massimo livello di vita, sviluppando un modo di vita libero dai problemi e dalla sofferenza. Tuttavia esistono azioni migliori e peggiori, e azioni inappropriate relativamente alla realizzazione dello scopo desiderato. Ed esistono azioni migliori e peggiori il cui effetto è prevedibile o imprevedibile. Perciò esiste la necessità di scegliere intenzionalmente le nostre azioni migliori il cui effetto è prevedibile. Per scegliere intenzionalmente le nostre azioni dobbiamo per prima cosa il controllo della mente e per seconda cosa avere nella memoria informazioni su come funziona la vita. Molti danno maggiore importanza alla quantità e qualità delle informazioni, pensando che se uno sa come funzionano le cose allora agirà saggiamente. Ma le informazioni non sono sufficienti poiché la nostra ragione che lavora nell'emisfero cerebrale sinistro è condizionata da elementi che lavorano nell'emisfero cerebrale destro. Il motivo per cui questi due emisferi cerebrali si condizionano a vicenda è che sono collegati da un corpo calloso. Noi abbiamo informazioni già dalla nascita e altre dobbiamo acquisirle con le esperienze e col ragionamento. Tuttavia si possono sviluppare teorie ingenue, cioè fondante non su controlli scientifici ma sulla personale esperienza. Questo tipo di teoria non può dare la certezza di aver spiegato una dato fenomeno nel modo corretto. Qual'è la differenza tra una teoria ingenua e una teoria scientifica? La differenza sta fondamentalmente nel metodo di controllo delle spiegazioni. Lo strumento principale per costruire teorie scientifiche è il metodo sperimentale. Il metodo sperimentale è stato messo a punto per studiare il mondo fisico, la natura esterna a noi, e solo nel XX secolo è stato trasferito allo studio dell'essere umano. Con questo metodo si può giungere a conclusioni dettagliate, precise e fondate rispetto a quelle che discendono dalle teorie ingenue che caratterizzano la psicologia del senso comune (o psicologia ingenua). Un esperimento è volto a studiare la relazione tra due (o più) variabili, cioè tra due entità che variano. Una delle due variabili è sempre naturale, nel senso che viene misurato un qualche aspetto del comportamento naturale di un essere vivente. Lo scopo della ricerca consiste nell'appurare se e come questi punteggi siano collegati alla seconda variabile. Gli elementi condizionanti dell'emisfero cerebrale destro sull'emisfero cerebrale sinistro sono: Il passato ancestrale inciso nel sistema nervoso. La memoria delle esperienze passate. I modelli mentali. Le aspettative. Gli attaccamenti. Le emozioni. Il ragionamento serve a questo processo di scelta, più di ogni altro istinto. Il ragionamento è il processo cognitivo che, partendo da determinate premesse, porta a una conclusione, facendo uso di procedimenti razionali. Le principali tipologie di ragionamento, secondo la classificazione attuale, sono l'induzione, la deduzione, l'abduzione. Il metodo induttivo o induzione, termine che significa letteralmente "portar dentro", ma anche "chiamare a sé", "trarre a sé", è un procedimento che partendo da singoli casi particolari cerca di stabilire una legge universale. Il metodo deduttivo o deduzione è il procedimento razionale che fa derivare una certa conclusione da premesse più generiche, dentro cui quella conclusione è implicita. Il termine significa letteralmente «condurre da», perché proviene dal latino"de"(traducibile con da, preposizione indicante provenienza, o moto di discesa dall'alto verso il basso), e "ducere" (condurre). Questo metodo parte da postulati e princìpi primi e, attraverso una serie di rigorose concatenazioni logiche, procede verso determinazioni più particolari attinenti alla realtà tangibile. l termine abduzione (dal latino ab ducere, condurre da) indica un sillogismo n cui la premessa maggiore è certa mentre quella minore è solamente probabile. Tuttavia il ragionamento è impedito e condizionato da dei fenomeni. L'impulso che il nostro cervello ci invia a rispondere alle nostre emozioni è forte e ci sembra irresistibile. Poiché seguire le emozioni ci fa sentire in armonia con noi stessi e ci procura un premio, che è il piacere. Tuttavia osservando la nostra emozione immaginandoci esterni al nostro corpo non ne siamo più dominati. Ma per osservare le nostre emozioni dobbiamo averne la volontà. E per averne la volontà dobbiamo ricordarci che esse sono create dal nostro cervello e non siamo noi ne a crearle, ne a desiderarle, ne a viverle, ma il nostro cervello. Questa concezione deve essere ripetuta mentalmente molte volte nella nostra mente per poter essere registrata insieme a una emozione. Per questo leggerla può essere un buon modo. Dunque il processo è : 1. Concezione per cui il cervello crea i pensieri e le emozioni in automatico. 2.Volontà di osservare le nostre emozioni immaginandoci esterni al nostro corpo. 3. Raffreddamento dell'emozione. Una volta che il ragionamento ha risolto l'impedimento, va risolto il condizionamento. Il ragionamento è condizionato da : 1. quantità di informazioni. 2. qualità delle informazioni nella memoria. 3. L'etica e la morale. Ma anche dalla nostra mente razionale. Attraverso la struttura del nostro metro di riferimento su cosa è il benessere. Poiché nessuno ha già in mente questo concetto. Ma lo deve costruire informandosi. Il concetto di benessere è a sua volta condizionato dall'etica e dalla morale. Più è accurato il modello in base al quale si crea il metro di riferimento, minori saranno le probabilità di allarmarci per valutazioni errate. Spesso gli specialistici delle diagnosi delle sofferenze umane, psicologi o psichiatri, adottano modelli mentali semplicistici che portano in sé molti errori logici, e finiscono per dedurre da questi parametri, cioè valori costanti attribuiti a certe variabili dinamiche, in questo caso i comportamenti, ricoverando persone sulla base della valutazione dei loro comportamenti come se fossero in ogni contesto causati dallo stesso motivo. Forzando le persone che non hanno bisogno di certi trattamenti anche attraverso il ricovero coatto. L'etica è l'insieme delle nostre personali leggi su cosa è giusta fare e cosa non è giusto fare. La morale è l'insieme delle leggi non scritte dalla società che ci obbligano a non compiere certe azioni e compierne delle altre. Dunque anche la scelta dell'azione attraverso il ragionamento può essere errata, ovvero produrre conseguenze malefiche o letali. Dunque, poiché esiste l'errore, c'è la necessità di evitare l'errore controllando e verificando il ragionamento, attraverso lo studio logico e scientifico su quello che c'è. Dunque dobbiamo conoscere tutti gli strumenti che ci possono essere utili per non errare, per rimediare agli errori, e per accettare gli errori ai quali non possiamo rimediare. La natura ci ha dato a disposizione la memoria. Dunque si deve trovare e memorizzare la procedura che fa esistere queste condizioni per ottenere e mantenere il benessere, e allenarci a migliorare la nostra traduzione da pensiero ad azione. Poiché la traduzione comporta errori in base alla quantità di energia che impieghiamo nell'agire. Con la parola procedura si intende l'insieme di tutte le norme che soddisfano un determinato fine che ci siamo posti, ovvero il benessere. Una norma è una frase che descrive, in modo scritto od orale, delle azioni che possiedono una capacità di realizzazione dei propri desideri che le cose siano nel determinato modo che ci soddisfa, che comportano: 1.La minore spesa energetica possibile. 2.Il minor consumo temporale. 3.La maggiore precisione nella realizzazione dello scopo immaginato. Si attua attraverso il controllo delle proprie azioni involontarie, e la creazione di azioni volontarie. Un algoritmo è un procedimento in sequenza logica che consente di ottenere un risultato atteso eseguendo un insieme di azioni univocamente interpretabili, in un ordine stabilito, corrispondenti ad azioni scelte solitamente da un insieme finito. Esistono delle norme che valgono per tutte le persone, in qualsiasi situazione. Ma la maggior parte delle volte, noi erriamo nella traduzione di queste norme nelle nostre azioni. Perché non abbiamo il controllo delle nostro corpo, dei sui muscoli, delle sue sofferenze, e dunque esso può agire casualmente. Tuttavia gli errori possono diventare creazioni positive. Tuttavia la procedura procura molta tensione, e il corpo risponde a questa tensione creando una spinta irresistibile per allentare la presa e tornare allo stato di casualità. Scoprire di aver conosciuto qual'è la via per il benessere ma realizzare di non avere la forza per seguirla può deprimere alcune persone. La traduzione dei pensieri in azioni, comporta grandissimo sforzo, e comporta anche degli errori, o dei movimenti non considerati nello schema delle proprie azioni. Questo perché non possiamo considerare tutte le variabili naturali che intervengono nel nostro agire creando uno schema di cosa è giusto fare, e cosa è giusto che ci sia. Il modo per contrastare la possibilità di depressione è ripetersi che è il tempo ci può allenare e migliorare, e gli errori possono trasformarsi in creazioni positive. Dunque nella procedura deve rientrare anche il potere di trasformare gli errori di traduzione da pensiero ad azione in creazioni positive. O essa rimane uno stupido schema. La nostra esperienza verificabile ci permette di sapere che il nostro corpo agisce già autonomamente, col battito cardiaco, la respirazione e attraverso i riflessi incondizionati, risposte rapide e involontarie ad uno stimolo, sia esso meccanico o chimico, dei quali non ci possiamo interessare, perché non ne abbiamo il controllo, e quasi mai ci provocano sofferenza. Oltre questi processi possiamo verificare che il nostro corpo ci comunica continuamente quali azioni possiamo compiere tra quelle che conosciamo istintivamente, e le azioni che abbiamo conosciuto attraverso l'apprendimento. Azioni istintive : ovvero schemi di azioni basilari che non vengono insegnati da altri, o appresi, ma al momento della nostra nascita si trovano già nel nostro cervello, e rimangono incondizionati dalle esperienze successive, e si differenziano dagli schemi di comportamento innati delle altre specie viventi : sopravvivere, riprodurci, schierarci, difenderci. Che si possono tradurre in azioni più piccole e particolari, come camminare, sederci, distenderci, urlare, piangere, defecare. Azioni apprese: sono le azioni che l'essere umano può apprendere in base all'epoca storica che determina le dinamiche dell'ambiente sociale in cui vive. (parlare, stringere la mano, salutare, fare cenno di si). Per le azioni istintive la volontà non ha potere. Il corpo agisce autonomamente. Uno starnuto, una erezione, un urlo, un pugno. Per le azioni apprese noi dobbiamo aderire a quello che il cervello ci propone, sottoforma di pensieri, o di emozioni. Quindi nessuno di noi è costretto ad agire usando soltanto la propria ragione che si traduce in azioni con la forza di volontà. Ognuno di noi ha un rapporto fusionale col proprio corpo che lo aiuta ad agire. E il corpo ci comunica le possibili azioni efficaci da compiere attraverso sensazioni, emozioni, sentimenti che generano pensieri o reazioni istintive che possono essere o una simulazione mentale delle azioni in relazione a quelle sensazioni, emozioni e sentimenti, o un ragionamento, o un giudizio i quali ritraducono il pensiero in un'altra emozione, tensiva o distensiva, e quindi piacevole o spiacevole. Se ne siamo coscienti realizziamo le azioni corrispondenti a queste informazioni ricevute dal corpo attraverso la loro traduzione in movimenti. Definizione ricavata dalla cultura di dominio pubblico: Una informazione è la conoscenza che per un soggetto umano recettore posto in una situazione in cui si hanno almeno due possibilità, gli permette di superare un'incertezza nella scelta tra le due possibili alternative. Una informazione esempio può essere un dolore sulla schiena, a cui consegue l'azione di muoverci per arrivare a sdraiarci. La gola e il palato sono secchi, bere. I genitali ci fanno male dalla tensione, rilassarli con un orgasmo. Immaginiamo la nostra vita in pericolo, fuggire. E sentiamo che è il corpo a stabilire cosa è giusto e sbagliato per noi stessi, attraverso sensazioni, emozioni e sentimenti, che ci danno piacere o che ci danno sofferenza. Tuttavia, al di là della comunicazione momentanea, il corpo ci comunica sempre che noi vogliamo il benessere e vogliamo sopravvivere. E a volte le comunicazioni momentanee del corpo possono andare contro le nostre necessità relative al benessere, e farci del male. E in quei casi la nostra esperienza ci fa scoprire che il corpo si può sbagliare. Ma attraverso gli studi scientifici del processo che porta all'errore gli esseri umani hanno scoperto che l'esperienza non ci può far conoscere il vero motivo per cui pensiamo che il nostro corpo si è sbagliato. E il motivo per cui pensiamo che sia il nostro corpo è che non conosciamo il reale processo, che parte dal cervello. Perché è il cervello a fornirci sensazioni, emozioni, sentimenti e pensieri attraverso il corpo, e non direttamente il corpo, e solo se qualcuno ci dice questa verità, o studiando autonomamente attraverso il sezionamento del cranio, possiamo sapere che è da lì che nasce l'errore. Il motivo per cui il cervello può farci sbagliare è che non distingue da rappresentazioni vere e rappresentazioni false. Ed è utile conoscere tale processo, perché ci permette di correggere le cause all'interno del cervello. Qui diventa necessaria la conoscenza astratta di ciò che non possiamo conoscere con la nostra esperienza, e la conoscenza corretta della realtà tradotta in linguaggio alfanumerico. Un esempio comune dell'errore in cui può cadere il cervello è che possiamo essere dipendenti da sostanze che ci distruggono il cervello o regioni del corpo, ma ricevere una comunicazione positiva nell'agire per soddisfare tale bisogno autodistruttivo. Una contraddizione per lo scopo dell'essere umano che è la sopravvivenza e il benessere. Perciò se non aggiungiamo la conoscenza del processo segreto di qualcosa , non siamo in grado di metterlo in pratica ottenendo i massimi risultati e i migliori benefici. Perché rimaniamo alla conoscenza del suo effetto e andiamo in contro a questi pericoli: 1.non saper valutare ciò che accade in modo corretto e funzionale al tuo benessere, per poter scegliere volontariamente le tue azioni, e dunque rimani in balia del caso. 2.non hai la possibilità di cogliere le opportunità che si presentano continuamente nel presente per agevolare il tuo benessere, o rifiutare situazioni con effetti negativi. 3.non puoi essere pronto per le situazioni future, o di saper prevedere il prevedibile, o di evitare certi piaceri perché il corpo ha già le sue credenze e teorie, come la teoria che è più importante il fenomeno presente che l'effetto che esso provoca. Quindi, per sviluppare la vita al massimo livello, dobbiamo conoscerne i segreti. Poiché nessuno può sapere come avvengono tutti funzionamenti della vita semplicemente percependola nel presente, per almeno tre motivi: 1.I processi avvengono a un livello microdimensionale che non percepiamo, o immateriale. 2.Nell'attribuire un significato alle cose siamo condizionati da : A. esperienza. B. conoscenza, C. autoimmagine, che è il tipo di personalità con la quale ci identifichiamo. Bambino, adulto, genitore, anghelion. E un condizionamento è un fatto che agisce senza essere colto dalla nostra consapevolezza. 3.A volte percepiamo cose che non ci sono nella realtà e a volte non percepiamo cose che ci sono nella realtà. Diventa necessario l'uso volontario del pensiero per capire cosa è giusto, e compiere un atto, che si differenzia dall'azione, poiché l'azione è involontaria e generale, nella caratteristica di essere volontario, e voluto nel contenuto e nel fine. Un metodo per scoprire i segreti della natura è il ragionamento logico. Un ragionamento logico è un processo mentale per mezzo del quale, partendo da un dato complesso di nozioni e di elementi, si inferisce una conclusione. La conclusione può avere la forma di intuizione o di linguaggio udito internamente. Per poter usare la ragione in modo volontario e positivo dobbiamo raccogliere informazioni su com'è fatto realmente il mondo. Ma dobbiamo aggiungere l'ordine in forma logica. Per tutti noi quasi tutto il sapere consiste nella conoscenza convenzionale, poiché noi non sentiamo di sapere veramente qualcosa se non possiamo rappresentarlo con parole, o con qualche sistema di segni convenzionali come le notazioni della matematica e della musica. Tale conoscenza è detta convenzionale perché è un fatto di convenzione sociale né più né meno che i codici del linguaggio. Proprio come la gente che parla il medesimo linguaggio ha taciti accordi riguardo le parole da usare per indicare determinate cose, così i membri di ogni società e di ogni cultura sono tenuti uniti da vincoli di comunicazione che poggiano su ogni specie di accordo riguardo la classificazione e la valutazione di azioni e di cose. Così, il compito dell'educazione consiste nel rendere i fanciulli adatti a vivere in una società, persuadendoli a imparare e ad accettare i suoi codici, ossia le norme e le convenzioni dei rapporti, mediante le quali la società si mantiene unita. Per prima cosa la lingua parlata. Al bambino si insegna ad accettare “albero” e non “brum brum” come segno convenuto per quella cosa (indicando la cosa). Non abbiamo alcuna difficoltà a comprendere che la parola albero è una questione di convenzione. Meno ovvio è invece il fatto che la convenzione goveran anche la definizione della cosa alla quale la parola è assegnata. Difatti al bambino non si insegna soltanto con quali parole indicare le cose, ma anche il modo in cui la sua cultura ha tacitamente convenuto di distinguere le cose, di segnarne i confini, nei limiti della nostra quotidiana esperienza. Così, la convenzione scientifica decide se un'anguilla debba essere un pesce o un serpente; e una convenzione grammaticale determina quali esperienze debbano essere definiti oggetti e quali eventi o azioni. Poiché la descrizione del funzionamento della vita serve a conoscerla, e se non conosci il funzionamento reale della vita attraverso una forma logica e chiara vai incontro a cause negative : Quindi dobbiamo creare un modello aderente alla realtà della realtà che interessa il nostro benessere, ordinarlo in forma logica e memorizzabile, studiarlo per memorizzarlo e non aver bisogno di tornare a leggere ciò che abbiamo raccolto, e infine diagnosticare in ogni momento cosa sta succedendo. Ma per poter creare questo modello dobbiamo avere il dominio della nostra mente. Perché essa deve essere libera, e la nostra attenzione deve essere focalizzata sull'ambiente esterno. Il metodo migliore per educare la mente è la coltivazione della consapevolezza dell'inspirazione e dell'espirazione. Consiste nel prendere una verità, o realtà di natura, e osservarla, investigarla, esaminarla all'interno della mente durante ogni inspirazione e ogni espirazione. La consapevolezza del respiro ci consente di contemplare qualunque verità di natura con ogni inspirazione ed espirazione. L'oggetto deve essere costantemente mantenuto nella mente. Costantemente significa “con ogni inspirazione e ogni espirazione”. Inspirando, conosciamo l'oggetto. Espirando, conosciamo l'oggetto. Ricordare una verità utile al nostro benessere perché la libera dalla sofferenza, espirando e inspirando. Questo studio conduce a un cambiamento psicofisico. Mantieni questa verità nella mente assiduamente e pienamente. Bisogna servirsi di una drastica semplificazione degli eventi ricorrenti e quindi fondamentali della realtà, strutturata in conseguenza logica, schematica, e scientifica, cercando di migliorare costantemente la sua forma logica, in modo che sia chiara e utile, a se stesso e gli altri, raccolta in questo diario scientifico chiamato Vanghelion. Uno schema è la semplificazione di un processo complesso, realizzata attraverso l'individuazione dell'insieme delle caratteristiche necessarie per l'esistenza di quella situazione, togliendo le possibilità che non sono necessarie, in modo che questo schema sia leggibile in una direzione sequenziale, attraverso l'attribuzione di causa ed effetto ad ogni fenomeno. Bisogna assumere come oggetto da contemplare con ogni inspirazione e ogni espirazione i segreti di ciò che chiamiamo corpo, i segreti di ciò che chiamiamo sensazione, i segreti di ciò che chiamiamo mente, e i segreti ciò che chiamiamo verità, più di ogni altra cosa, perché riguardano il nostro benessere. Infine, per rendere utile la conoscenza del mondo nei casi singoli, si deve tradurre il vanghelion, nel momento storico in cui leggete, nella vostra vita particolare, attraverso l'uso del pensiero volontario di cui tutti siamo dotati. Poiché il futuro non si può prevedere attraverso leggi assolute, poiché tutte le leggi naturali possono manifestarsi solo a causa di altre leggi la cui conoscenza richiede di sapere l'esatta concatenazione di causa effetto durante l'arco di tempo interessato. Ma per fare ciò servono tecniche e tecnologie delle quali non disponiamo in ogni momento. 1.Non si può analizzare con un metodo scientifico una situazione che nel momento in cui accade dura solo alcuni minuti. 2.Non si può analizzare una situazione momentanea della vita quotidiana con delle apparecchiature scientifiche. Si può capire come queste forze agiscono in tutti noi, dato che siamo tutti fatti strutturalmente allo stesso modo, e contestualizzare la conoscenza del nostro funzionamento in base alle che caratteristiche che ci fanno variare, a livello fisico la sensibilità e i difetti. A livello cognitivo la: memoria, cultura, credenze personali. Un altro motivo per cui si serve del vanghelion è che la stessa semplificazione della vita che già tutti abbiamo imparato a fare può produrci sofferenza se viene fatta in modo sbagliato. La causa della sofferenza nella semplificazione astratta della vita è prevalentemente la conoscenza errata del significato delle parole, e dei concetti, inventate dagli esseri umani che hanno vissuto prima di noi. Questo tipo di conoscenza sulla vita non la insegnano i genitori, gli insegnanti istituzionalizzati delle scuole e delle università, i fratelli, i parenti, gli amici, i partner, perché è molto difficile da acquisire e la maggior parte degli esseri umani non la possiede, e dunque non può insegnarla. Spesso diventa un circolo senza fine, i bambini e gli adolescenti memorizzano informazioni senza che queste informazioni abbiano una utilità per il proprio benessere e per la propria sofferenza, o a volte pur potendo avere una tale utilità non viene mostrato il collegamento che c'è tra queste informazioni e la propria vita. Nel vanghelion si parte dai propri interessi umani per cercare le informazioni utili, che comprendono molte discipline diverse. In altri casi c'è anche l'interesse da parte delle persone di non insegnare tale conoscenza, perché l'informazione è potere, e ognuno vuole tenere il potere per sé. È tutto ciò che dobbiamo imparare da soli. Ed è ciò che vorrei aver insegnato a me stesso nei momenti difficili. Ciò che vorrei far conoscere alle persone simili a me nei momenti difficili. Si può dire che ciò che il corpo sa essere benessere determina ciò che deve essere giudicato dalla mente razionale come giusto e ciò che deve essere giudicato come sbagliato, in modo da essere perseguito nel primo caso e rifiutato ed evitato nel secondo caso. Poiché riflettere intenzionalmente provoca dolore, ci si può chiedere se si possa far a meno di comprendere cosa sia giusto o sbagliato. Se si evita di comprenderlo per quanto riguarda le cose utili al nostro benessere si è dominati dal caso. E non si può essere dominati dal caso senza problemi, perciò questi problemi ci motiveranno a scegliere volontariamente le nostre azioni. Ma per le cose che non riguardano il nostro benessere si può anche non comprendere cosa è giusto e cosa è sbagliato. Tuttavia esiste l'errore anche nella scelta dell'azione attraverso il ragionamento 1. è inutile ai fini del nostro benessere conoscere i motivi di certi accadimenti e produce tensione. Dunque il ragionamento su cose che non ci portano benessere è malefico. Nonostante ciò possiamo ritrovarci comunque a indagare su motivi inutili al nostro benessere, perché il cervello produce pensiero in modo automatico. 2. Le nostre sensazioni e i nostri desideri di sensazioni condizionano i nostri calcoli e le nostre credenze rendendoli falsi per arrivare a risultati piacevoli. Dunque la capacità di ragionamento usata senza la capacità di consapevolezza nullifica il suo potere. Perciò dobbiamo imparare, per il nostro benessere, a ragionare insieme alla consapevolezza di cosa ci condiziona. Quali sono le cose che originano le nostre sensazioni, e come possiamo agire sulle cose che agiscono sulle nostre sensazioni per modificare indirettamente le nostre sensazioni. Perciò quando sentiamo una sensazione in noi dobbiamo passare dall'autore di tale sensazione al soggetto che percepisce tale sensazione dall'esterno, guardarci dall'esterno. Capire cosa la blocca, la rallenta, la velocizza, e la intensifica. Ad esempio guardare la zona in cui c'è la sensazione può aiutarci in questo processo. Quando non si possono risolvere i problemi in nessun modo con le nostre azioni, possiamo cambiare i nostri stati d'animo, rassegnandoci ed eliminando il desiderio di voler trovare la soluzione. Si può definire l'emozione come il percepire i cambiamenti neurovegetativi che hanno luogo a livello viscerale a seguito dello stimolo elicitante. La mente razionale ci comunica l'azione da compiere giungendo a una conclusione sottoforma di immagine dinamica mentale, rivolta al futuro, o di pensiero concettuale, schematico, o linguistico. Dunque di seguito ci sarà lo schema di funzionamento del benessere e le procedure per raggiungerlo e mantenerlo. Prima devo descrivere come usare questo schema. LE MODALITà DI REALIZZAZIONE DEL VANGHELION Per quanto riguarda il contesto ambientale in cui leggerlo, rifletterci espirando e inspirando, c'è da considerare che ragionare con gli altri ci può confondere, poiché gli altri seguono un percorso logico che può screditare la fiducia nell'utilità del vanghelion per almeno due motivi: 1. La maggior parte delle persone nutre un disinteresse per il pensiero in generale, o un disprezzo. Soprattutto per il pensiero complesso, I motivi sono diversi: La convinzione dell'inutilità della conoscenza astratta e universale per risolvere i problemi soggettivi, particolari, e pratici. A causa di questo disinteresse preferiscono limitarsi ad affidarsi all'esperienza, all'istinto, all'abitudine e all'intuizione per risolvere i propri problemi. Poiché c'è la convinzione diffusa che quello che si sente è vero poiché esiste nel nostro corpo e nella nostra mente, e che sia controanatura non seguirlo, e che l'essere contronatura è sbagliato, cosa che viene contraddetta quando si cura le proprie malattie con tutta la forza e l'intelligenza possibili. Dato che non credono possibile che una conoscenza generale del funzionamento delle cose possa spiegare un caso particolare. E non lo credono perché credono che un caso particolare possa essere compreso solo conoscendo la storia particolare di quel caso. A causa di questo disinteresse e disprezzo, il tentare di cambiare le idee dell'altro può essere vista come una aggressione illegittima. Ognuno si tiene stretto il proprio mondo. Perciò mi rivolgo solo a chi ha il desiderio di cambiare. Forzare una preferenza può provocare emozioni distruttive nei nostri confronti. Inoltre il semplice scoprire di avere contrasti di credenze possono crearci litigi e nemici. Poiché a differenza delle semplici opinioni le credenze fondano la nostra vita e sicurezza emotiva, e noi ci identifichiamo in esse. Contraddire una credenza può significare per noi contraddire la nostra sensazione di vita, la nostra personalità, il nostro sentirci giustificati. E la reazione può essere distruttiva. 2. Poiché produce molta sofferenza prendere coscienza di essere totalmente confusi sulla vita. E solo se si ragiona nei minimi particolari della vita si può fare tale scoperta. La maggior parte delle persone non fa mai la scoperta di essere totalmente confusa e di non sapere perché vive, poiché alla minima sensazione di sofferenza per non riuscire a capire dei processi della vita si distrae con pensieri semplici e comprensibili. Spesso le persone pensano che basta vivere le esperienze per conoscerle e comprendere e che le rappresentazioni mentali sono inutili. Questo non è vero poiché la nostra esperienza ci può mostrare solo una parte limitate di quello che accade e farci giungere a conclusioni totalmente false. Dunque dobbiamo ragionare da soli. Per quanto riguarda la durata ci dobbiamo prendere tutto il tempo che serve per : 1. esaurire i ragionamenti 2. riposarci, perché se ci forziamo a leggere e comprendere più di quanto possiamo fare senza crearci tensione, rischiamo di aumentare i nostri problemi, poiché la tensione produce pensieri che producono altra tensione. 3. memorizzare attraverso la continua ripetizione. Dobbiamo trasformare il pensiero discorsivo analitico in pensiero sintetico, e per farlo dobbiamo introiettare a livello psichico profondo le nostre conoscenze, che il cervello trasformerà autoamaticamente in pensiero sintetico durante il nostro agire. Per questo la memorizzazione è l'atto più importante poiché in seguito, nella vita pratica, è attraverso la consapevolezza di ciò che stiamo facendo che otteniamo un effetto di cambiamento, e svincolamento da tutto ciò che è nocivo in noi. La consapevolezza che ci stiamo nuocendo ci spinge naturalmente a non compiere quelle azioni. E più intensa è la memorizzazione più il nostro cervello saprà valutare correttamente la situazione presente. Il pensiero sintetico si trasforma in intuizione, che è infatti il mezzo attraverso il quale attuiamo la conoscenza. Il pensiero analitico serve soltanto per comunicarla. Dunque è un lavoro che va compiuto parzialmente ogni giorno, perché è un percorso troppo lungo per sole 24 ore. Ci potrebbero volere anni. Inoltre gli algoritmi esposti nel vanghelion non devono essere idealizzati, perché sono riduttivi e schematici, e non spiegheranno mai tutto. Per quanto riguarda la prima cosa da fare è acquisire il potere di gestire le proprie emozioni, o ciò che si è studiato non si può mettere in pratica. Per gestire le proprie emozioni dobbiamo aumentare il tempo tra l'impulso ad agire e l'azione, perché in quel frangente dobbiamo pensare. Dunque dobbiamo percepire le sensazioni, le emozioni, i pensieri dall'esterno, coscientemente e bloccarli, per poi decidere cosa farne, in base a una corretta valutazione di ciò che è giusto. Ma per farlo dobbiamo averne la volontà, la motivazione. E quindi convincerci che le emozioni non sono buone in sé, non vanno seguite a priori. Così facendo si assume un distacco che ci mette al riparo, nei confronti di situazioni, persone, ed emozioni, attacco, frustrazione, sconfitta. Infatti se si è consapevoli delle sensazioni, delle emozioni, dei pensieri, sono essi a essere l'oggetto principale della percezione e non i loro rispettivi oggetti. Nella pratica c'è da considerare che l'errore è insito nella traduzione dal pensiero all'azione. Il corpo si muove più del dovuto, le mani tremano, il collo fa male. Non possiamo tenere sotto controllo tutto e per tutto il tempo. Quindi il principio base è il rimedio agli errori fatti nel procedimento verso le azioni che portano alla felicità esposte nel Vanghelion. LA CONOSCENZA La conoscenza è l'autocoscienza del possesso di un insieme di informazioni connesse tra di loro, le quali, prese singolarmente, hanno un valore e un'utilità inferiori. È diversa dalla semplice informazione. Poiché è una particolare forma di sapere, dotata di una sua utilità. Mentre l'informazione può esistere indipendentemente da chi la possa utilizzare, e quindi può in qualche modo essere preservata su un qualche tipo di supporto (cartaceo, informatico, ecc...), la conoscenza esiste solo in quanto c'è una mente in grado di possederla. Per accumulare conoscenza dobbiamo renderci coscienti che è una abitudine consolidata il domandarsi come qualcosa funziona solo quando non riusciamo a farla funzionare. Perché se qualcosa che ci soddisfa funziona possiamo limitarci ad usarla per la nostra soddisfazione e continuare a vivere. Questa abitudine è più forte quando si tratta del funzionamento di qualcosa di complesso, perché ci si concentra sul fatto che è faticoso capirne il funzionamento, o si crede che sia impossibile. Per questo motivo, la nostra conoscenza sul come funzionano le cose necessarie e che hanno un valore per la nostra vita è incompleta, e a volte inutile. Questa ignoranza generalizzata rafforza l'incapacità di ognuno di essere indipendenti nelle proprie scelte, nelle proprie azioni, nei propri ragionamenti. Questa semplificazione della vita conosciuta e registrata nella memoria con percezioni da tutti i 5 sensi ed emozioni derivate da queste percezioni, può avvenire perché siamo capaci di far diventare la realtà razionale, attraverso la schematizzazione, e ne abbiamo bisogno, perché il caos è per noi intollerabile. L'espressione di questa razionalità richiede un linguaggio. Per comprendere la razionalità della vita bisogna prima conoscere il linguaggio. LINGUAGGIO è un insieme di immagini con funzione acustica chiamate simboli, scelte convenzionalmente e ordinate in base a delle leggi logiche e alla grammatica, cioè che si avvalgono dei principii di causa e conseguenza, basati sul concetto di tempo lineare di prima e dopo, “dopo ciò, dunque a causa di ciò”. Secondo la logica del linguaggio l'effetto di una causa non può prodursi contemporaneamente ad essa, ne precederla, perché associata alla nostra esperienza del tempo c'è l'idea di un tempo lineare e unidirezionale. Tuttavia, anche la più banale esperienza quotidiana può contraddire facilmente quello che per il comune buonsenso è un “fatto” incontrovertibile. Si prenda in considerazione il fenomeno del circolo vizioso, in cui la sequenza degli eventi non è rettilinea ma in cui l'effetto può retroagire sulla propria causa. Quindi una causa è anche effetto di un'altra causa. Tuttavia abbiamo bisogno di semplificare, e il linguaggio è stato fatto senza prendere in considerazione la ricorsività delle cause. Usiamo una logica che risponde alla causa effetto temporale unidirezionale, al se, allora. Questo produce nella nostra mente delle corrispondenze con la realtà chiamate significati. L'utilità di queste corrispondenze è: 1. contemplare cose non direttamente presenti, ma ricordate. 2. pensare cose tratte dalla realtà trasformate in concetti, linee senza le quali non potrebbero esistere (parola sintetica: essenziali) di oggetti, caratteristiche senza le quali non potrebbero esistere di azioni o esseri viventi. Le parole possono essere comunicative soltanto fra coloro che dividono esperienze analoghe. Poiché per conoscere un significato non è sempre sufficiente descriverlo a parole. Poiché non si hanno abbastanza informazioni per riuscire ad immaginarlo. Il segno, in quanto scritto o suono, e il significato, in quanto oggetto a cui ci si riferisce o stato di cose, sono concreti e appartengono al mondo fisico, mentre il senso, in quanto pensiero, è astratto e appartiene al mondo mentale. Il senso è il contesto dell'oggetto. Esempio: Le stelle all'alba e le stelle al tramonto, pur essendo sempre stelle, hanno sensi diversi. Tuttavia l'unico elemento che appartiene completamente al mondo fisico è il segno, poiché il significato è un riferimento a una realtà oggettiva che conosciamo attraverso la percezione, e poiché la percezione dipende dalla risposta di una cellula nervosa che non codifica la natura fisica degli agenti che hanno causato la risposta, il significato è dipendente dalla nostra percezione. Nella percezione viene codificato soltanto “quanto” in questo punto in un certo punto del corpo, ma non “cosa”. Esempio: una cellula fotorecettore fotosensibile nella retina, un bastoncello che assorba la radiazione elettromagnetica proveniente da una fonte lontana. Questo assorbimento produce un cambiamento del potenziale elettrochimico nel bastoncello che alla fine darà luogo a una scarica elettrica periodica di alcune cellule più in alto nel reticolo post-retinico, con un periodo che varia in relazione all'intensità della radiazione assorbita, ma senza alcun indizio che sia stata una radiazione elettromagnetica a causare le scariche del cilindro. La stessa cosa vale per ogni altro recettore sensoriale, sia che si tratti delle papille gustative, dei recettori del tatto e di tutti gli altri recettori associati alle sensazioni di odore, caldo e freddo. Per quanto sorprendente, tutto questo non dovrebbe tuttavia essere davvero una sorpresa, perché “li fuori” non ci sono né luce né colore, ma solo onde elettromagnetiche: “lì fuori” non ci sono ne suono né musica, ma solo variazioni periodiche della pressione dell'aria; “lì fuori” non ci sono ne caldo né freddo, ma solo molecole in movimento dotate di minore o maggiore energia cinetica, e così via. Infine, sicuramente, “lì fuori” non c'è dolore. Perché è un fenomeno personale. E la natura ci ha dotato di questa discriminazione della quale possiamo godere se conosciamo i segreti di ciò che ci produce dolore e piacere. Quindi, in verità il significato è un adeguamento alla percezione in senso funzionale, presta il servizio che ci è utile, un adattamento alla percezione che può funzionare anche con le percezioni degli altri esseri umani. E quindi la conoscenza non riguarda una realtà oggettiva, ma l'ordine e l'organizzazione di esperienze nel mondo del nostro esperire. Tuttavia nel mondo domina un assunto a priori per cui si crede che la realtà sia indipendente dalla nostra conoscenza, ovvero che essa esista già prima di conoscerla, e vige la concezione che la conoscenza è conoscenza solo se conosce il mondo così come esso è indipendentemente dal modo in cui lo conosciamo, attraverso la rappresentazione in modo omomorfo di questa realtà esterna a noi. La sensazione tattile di un tavolo diventa la conferma della sensazione visiva, e diventa la conferma della cognizione che lì c'è un tavolo. Una descrizione elaborata a un livello di attività neurale, per esempio un'immagine proiettata sulla retina verrà rielaborata a livelli più elevati, e così via, quindi sarà una descrizione di una descrizione. Quindi i processi cognitivi sono processi ricorsivi di elaborazione senza termine. Ma se la conoscenza e il sapere devono essere una descrizione o una riproduzione del mondo in sé, allora occorre un criterio in base al quale si possa valutare quando le nostre descrizioni o riproduzioni sono “giuste” o “vere”. Questa idea fa nascere lo scetticismo, per cui esiste l'apparenza. Infatti c'è una frase fatta molto conosciuta che è “l'apparenza inganna”. E le persone sono spesso ossessionate nel cercare di capire cosa è vero e cosa è falso, cosa è giusto e cosa è sbagliato. Le proposizioni sono i discorsi che possono essere veri o falsi. Il che non vale per tutti: la preghiera ad esempio è un discorso, ma non risulta né vera né falsa. Per evitare sofferenza dobbiamo distaccarci da tali ragionamenti, lasciando le persone di scegliere di farli da sole o con altre persone. Si distinguono proposizioni atomiche e proposizioni non atomiche. Distinguendo negazioni, congiunzioni, disgiunzioni e implicazioni, rispettivamente individuate dalle particelle “non”, “e”, “o” Sono chiamati connettivi, e collegano proposizioni atomiche. Le proposizioni atomiche esprimono i fatti, e i connettivi le loro interpretazioni. E poiché le proposizioni atomiche sono autosufficienti, ma i connettivi (e i quantificatori) no, ci sono fatti senza interpretazioni, ma non interpretazioni senza fatti. Un problema cruciale relativo ai connettivi è la determinazione del loro campo d'azione o dominio, cioé la parte di proposizioni alla quale si riferiscono. Ad esempio qual'é la negazione corretta di “l'uomo è giusto”. “L'uomo non è giusto”, “l'uomo è non giusto”, “l'uomo non è non giusto”. La prima è quella corretta. L'ultima è la negazione della seconda. Se non si conoscono bene le regole logiche, si possono credere vere proposizioni che non hanno nessun senso logico. Dunque lo scopo di un principe che vuole diventare Anghelion, è quello di costruire in se stesso un modello del mondo che sia adatto alle sue esigenze, e quindi al proprio benessere. È importante costruirsi una conoscenza giusta perché ciò che viene fatto e pensato limita e condiziona ciò che si farà e penserà. Per usare il linguaggio impariamo la grammatica. La grammatica è una disciplina che studia le regole fonetiche, ortografiche, morfologiche, lessicali e sintattiche di una lingua. Più specificamente, le persone, per imparare a parlare si servono di una grammatica normativa, ovvero la grammatica tradizionale e finalizzata all'insegnamento, che espone le forme che si fondano sul modello di lingua che viene proposto dalle persone colte e dalla scuola. Viene intesa come l'insieme di tutte quelle norme che regolano l'uso di una lingua e il suo scopo è quello di fornire elenchi di forme, di dettare regole e correggere errori. In senso popolare quindi la grammatica è l'arte di parlare e di scrivere senza errori. I simboli, e la grammatica del linguaggio vengono appreso nel tempo attraverso l'imitazione degli altri e la ripetizione di ciò che si è memorizzato, ascoltato o visto. Quando da bambini impariamo il linguaggio acquisiamo la capacità di percepire il mondo attraverso la mente. Dunque i nostri piacere e dolori si estendono ai nostri simboli. E la cultura determina i nostri bisogni e desideri. Senza accordo su come chiamare le cose, ci sarebbe impossibile studiarle, definirle e scambiare questo sapere. Togliere un nome a un concetto equivale a cancellarne l'esistenza poiché è una esistenza puramente mentale. Così come donare un appellativo a un concetto è donargli esistenza e legittimità. Il linguaggio quindi è diverso dalla forma degli oggetti o stati che designa nella realtà, per almeno 5 motivi. 1.ne a livello d'immagine dei caratteri. 2.non è fatto di materia ma di pensiero. 3.ne a livello di suono perché non riproduce i suoni della natura ma della bocca. 4.ne a livello di forma di caratteri perché la realtà ha forme diverse. 5.ne a livello di tempo poiché obbliga a presentare tutto in successione temporale. La realtà è dunque un concetto. Ed ha lo scopo di: 1.comunicare agli altri. 2. permetterci di comunicare a noi stessi in modo razionale. Questo meccanismo implica un enorme potere di condizionamento mentale nella stessa struttura del linguaggio e nel controllo dei termini che lo compongono. Infatti chi ci insegna il linguaggio facendocelo imitare può costruire un linguaggio il cui scopo è quello di semplificare al massimo le possibilità di pensiero, in modo da non favorire altri principii e valori che non siano quelli imposti dalla classe dominante. Abituare le persone a usare una terminologia che sottolinei finalità e slogan di un sistema di pensiero è un metodo molto impercepibile di fornire legittimità e importanza al sistema stesso. Un esempio comune sono le “frasi fatte”. L'uso di locuzioni come “è il volere di dio” o “ a noi non è dato capirlo”, che si concludono con “è il mistero della fede”. Queste locuzioni arenano ogni tentativo di critica o approfondimento di fronte ad un muro invalicabile, mantenendo integra e preservando la struttura e le premesse del culto da ogni dubbio o critica. Gli argomenti corretti appartengono alla logica, alla dialettica o all'eristica, a seconda che le loro premesse siano vere, verosimili o false, e gli argomenti scorretti appartengono alla sofistica. Soltanto la logica può portare alla verità razionale. Poiché siamo liberi di comporre frasi al di là dei limiti che ci danno le regole del linguaggio, esistono errori di ragionamento chiamati antinomie, dal greco antinomos (contro le regole) in cui ci imbattiamo anche senza volerlo. Dal punto di vista logico, i paradossi si possono classificare in tre tipi. Negativi quelli che intendono rifiutare le premesse su cui si basano mediante una riduzione all'assurdo, neutri quelli che si accontentano di esibire argomenti corretti ma sorprendenti, e positivi quelli che si propongono di rafforzare le conclusioni attraverso ragionamenti inusuali. I più famosi: “Achille, simbolo di rapidità, deve raggiungere la tartaruga, simbolo di lentezza. Achille corre dieci volte più svelto della tartaruga e le concede dieci metri di vantaggio. Achille corre quei dieci metri e la tartaruga percorre un metro; Achille percorre quel metro, la tartaruga percorre un decimetro; Achille percorre quel decimentro, la tartaruga percorre un millimetro. Achille il millimetro, la tartaruga un decimo di millimetro, e così all'infinito; di modo che Achille può correre per sempre senza raggiungerla.” Le caratteristiche essenziali di questo paradosso sono due: un'infinita divisibilità geometrica dello spazio e un infinito regresso logico del ragionamento. I greci proposero un duplice soluzione basata su un duplice rifiuto: dell'infinito attuale in matematica e del regresso infinito in logica. “Se ogni giorno si dimezza un bastone lungo un piede, ne rimarrà sempre qualcosa anche dopo diecimila generazioni.” “i cretesi sono bugiardi”. Di per sé questa frase è innoqua, ma la si può rendere insidiosa intendendo per “bugiardo” qualcuno che dica sempre il falso, in modo assoluto, e per “i cretesi” tutti i cretesi, in modo assoluto. In forma esplicita “tutti i cretesi dicono sempre il falso”. Questa frase non può essere vera detta da un cretese. “Io sono un mentitore”. Poiché è un mentitore, ha detto il vero. Ma per lo stesso motivo ha anche detto il falso. La terza via della logica, quella matematica, deriva dall'analisi della pratica introdotta dai Greci, e tutt'ora in voga, che consiste nel distinguere fra enunciati e teoremi, cioé fra affermazioni pure e semplici e affermazioni dotate di una dimostrazione. L'analisi logica di una frase ne separa tre aspetti complementari: l'enunciato linguistico, il giudizio mentale e la proposizione cognitiva. Sui tre fronti coinvolti che sono il linguaggio, il pensiero e il mondo, la logica schiera le sue tre divisioni : la semiotica, la sintassi e la semantica, che arruolano rispettivamente i segni, i sensi e i significati, determinandone in particolare le condizioni di correttezza grammaticale, validità formale e verità sostanziale. Il termine semiotica “scienza dei segni” fu adottato per la prima volta nel secolo II d.C. Da Galeno, la massima autorità medica dell'antichità, per indicare lo studio dei sintomi. L'estensione del termine alla logica fu invece effettuata da Locke alla fine del saggio sull'intelletto umano : “la terza branca della scienza dell'intelletto si chiama semiotica, o dottrina dei segni. Poiché i più comuni di essi sono le parole, la si chiama appropriatamente anche logica: il suo scopo è considerare la natura dei segni che la mente usa per capire le cose, o trasmettere la propria conoscenza ad altri. Infatti, poiché delle cose che la mente contempla nessuna, a parte la mente stessa, è direttamente presente alla comprensione, qualcos'altro deve essere presente a essa, come un segno o una rappresentazione delle cose considerate.” Nel vanghelion comunico agli altri ciò che ho prima comunicato a me stesso. I significati sono evocazioni di oggetti mentali, e dunque non fanno parte della realtà. Per questo motivo nasce il problema della verità. Esistono pensieri che sono veri e pensieri che sono falsi. Per distinguerli serve una scienza della verità, che sappia spiegare cos'è la conoscenza del mondo vera, e fornisca degli strumenti per conoscerla. Esiste una storia della teoria della conoscenza occidentale molto lunga. Poiché non esiste una sola teoria. La conoscenza della realtà non è indipendente dal modo in cui sono fatti i pensieri, e dal mondo in cui si costruiscono, ovvero dal modo in cui si conosce la realtà. E noi abbiamo bisogno di una conoscenza adatta ai nostri scopi, non di cerca una conoscenza che abbia la stessa forma della realtà, poiché non può avere la stessa forma della realtà, dato che la realtà è esponenzialmente più complessa del linguaggio. Tutto ciò di cui parliamo in verità è la nostra mente e non la realtà esterna ad essa. Poiché della realtà non si può parlare, ne si può descriverne delle parti. Abbiamo bisogno di immagazzinare immagini nella mente e parlare di queste immagini con lo scopo di conoscere ciò che è fuori di noi. Gli scopi del vanghelion sono: 1. Strutturare una personalità dotata di caratteristiche e aspettative capaci di liberare da catene causali negative. 2. donare una sicurezza limitata di calcolo mentale su concetti del funzionamento della vita, per prendere decisioni. 3. sentirsi sicuri di fronte a chi nega la verità dei nostri concetti, e dei significati che diamo alle parole, prendendo consapevolezza che ciò che pensiamo che il mondo sia varia in base al modo in cui siamo composti, idee, abitudini, ricordi, e che l'unico modo per conoscere ciò che il mondo realmente è, è vederlo da un punto di vista esterno al quello umano, attraverso la scienza. 4. mantenere il contatto con la realtà attraverso la verità, che è una corretta rappresentazione della realtà, fondata su principii logici, la cui perdita è la causa di disarmonia e dunque sofferenza. È prodotto dall'analisi della mia esperienza, e da verità conoscibili soltanto con il pensiero, storicamente registrate da altri ricercatori di verità. I suoi limiti sono: 1. la struttura del linguaggio, che non può descrivere certe cose. 2. la struttura della conoscenza, che non può conoscere certe cose indipendenti dall'esperienza. 3. la mente che può apprendere solo un'astrazione alla volta il processo è molto lento, e non può essere completato. Per trarre positività dal Vanghelion non si deve usarlo volontariamente nel vivere momento dopo momento, perché si può finire per diventare rigidi e schematici. Si deve invece interiorizzarlo, metabolizzarlo come un pasto, e far sii che lavori da solo dentro di noi e si traduca in scelte immediate, nate dall'intuito, spontanee, che ci liberano da catene causali negative. Una catena causale negativa è l'insieme degli effetti che provoca un'azione negativa. Ci si imbatte in essa perché monitorare tutte le nostre azioni è impossibile, poiché agiamo più di quanto decidiamo di agire, tendere a monitorare la massima quantità è pesante, cioè ci stressa, e automaticamente sentiamo il bisogno di fuggire da ciò che ci stressa, ma monitorare le nostre azioni è una sofferenza benefica. Per questo va ripetuto con la frequenza delle preghiere cristiane, dei mantra indiani, della musica di consumo, in modo che la ripetizione, unita alle emozioni possa imprimere in modo indelebile nella memoria certe rappresentazioni della realtà. COME SI OTTIENE IL BENESSERE Attraverso lo studio scientifico sappiamo che l'universo si muove tutto in base a delle leggi naturali. Gli esseri viventi sono materia organica pensante che fa parte dell'universo e si muovono in base alle leggi naturali. Il loro scopo biologico è trasmettere il proprio DNA ed evolversi psicologicamente per raggiungere il benessere. Per fare ci si devono soddisfare tutti i bisogni umani. I BISOGNI Il bisogno è uno stato di carenza che spinge l'organismo a rapportarsi con il suo ambiente al fine di colmarlo, dunque identifica la interdipendenza tra gli organismi viventi e l'ambiente. Questa spinta non è necessariamente una motivazione sufficiente per agire, d'altro canto esistono pulsioni ad agire che non trovano la loro origine in uno stato di carenza. Il bisogno in senso psicologico non è sovrapponibile sempre a quello psicofisiologico (come ad esempio nei casi di dipendenza psicologica da stupefacente che non danno dipendenza fisica). Tra il 1943 e il 1954 lo psicologo statunitense Abrahm Maslow concepì il concetto di "Hierarchy of Needs" (gerarchia dei bisogni o necessità) e la divulgò nel libro Motivation and Personality (motivazione e personalità) del 1954. Questa scala di bisogni è suddivisa in cinque differenti livelli, dai più elementari (necessari alla sopravvivenza dell'individuo) ai più complessi (di carattere sociale). L'individuo si realizza passando per i vari stadi, i quali devono essere soddisfatti in modo progressivo. Questa scala è internazionalmente conosciuta come "La piramide di Maslow". I livelli di bisogno concepiti sono: 1. Bisogni fisiologici (fame, sete, sonno, sesso) 2. Bisogni di salvezza, sicurezza e protezione (safety) 3. Bisogni di appartenenza (belonginess) (affetto, identificazione) 4. Bisogni di stima, di prestigio, di successo (esteem) 5. Bisogni di realizzazione di sé (self actualization) (realizzando la propria identità e le proprie aspettative e occupando una posizione soddisfacente nel gruppo sociale). Secondo Maslow, bisogni e motivazioni, hanno lo stesso significato e si strutturano in gradi, connessi in una gerarchia di prepotenza relativa; il passaggio ad uno stadio superiore può avvenire solo dopo la soddisfazione dei bisogni di grado inferiore. Egli sostiene che la base di partenza per lo studio dell'individuo è la considerazione di esso come globalità di bisogni. Maslow sostiene che saper riconoscere i bisogni dell'individuo favorisce un'assistenza centrata sulla persona. Ogni individuo è unico e irripetibile, invece, i bisogni sono comuni a tutti, si condividono, si accomunano e fanno vivere meglio se vengono soddisfatti. Maslow suddivide i bisogni in "fondamentali" e "superiori" ritenendo quest'ultimi quelli psicologici e spirituali. Di fatto però la non soddisfazione dei bisogni fondamentali, definiti anche elementari, porta alla non soddisfazione di quelli superiori. Entrando nel dettaglio della gerarchia, al livello più basso si ha il gruppo dei bisogni più forti cioè i bisogni fisiologici, come la fame, la sete, il sonno, che sono i più urgenti nel manifestarsi in uno stato di privazione e il cui soddisfacimento è precondizione per l'emergere del successivo gradino di bisogni, più elevato. Maslow sostiene in modo convincente che chi non soddisfa questi bisogni, ma anche semplicemente uno di essi, ad esempio la fame, sarà ossessionato dalla necessità di soddisfarlo, anche il suo sistema di valori muterà quindi in funzione della necessità di soddisfare tale bisogno. Quindi, chi ha una fame cronica pensa costantemente a come procurarsi il cibo e non si preoccupa certo di scambiare amore o coltivare interesse per l'estetica o la filosofia. Questi stessi bisogni fisiologici sono organizzabili secondo una gerarchia di urgenza: sete, fame, sonno. Una volta soddisfatti questi bisogni o parzialmente soddisfatti, inizierà ad apparire un'altra categoria di bisogni: i bisogni di sicurezza. Questa classe di bisogni è altrettanto urgente e forte di quella dei bisogni fisiologici, anche se alla soddisfazione di questi viene subordinata. Quindi, chi si sentirà in pericolo di vita o preda di ansia o peggio panico, sarà dominato dal desiderio di liberarsi il più presto possibile da tale assillo. Soddisfatti i bisogni di sicurezza appaiono i bisogni di integrazione e di affetto. Questa classe di bisogni si esprime nella necessità, che il soggetto avverte, di sentirsi socialmente inserito e accettato nella comunità in cui vive. Non solo, oltre che inserito, il soggetto sente il bisogno di essere amato, di avere familiari, amici e partner che desiderano scambiare amore o affetto. Dalla soddisfazione, anche parziale, dei bisogni di appartenenza e affetto, si sviluppa la classe dei bisogni di stima. Per stima si intende autostima, stima e rispetto provenienti dagli altri individui. Con autostima Maslow intende anche la percezione soggettiva di indipendenza e libertà. Sulla libertà poi, apre una piccola parentesi, affermando che non si sa se il desiderio di libertà è universale o meno, ma afferma che da numerosi studi si evince che un soggetto, il quale abbia sperimentato ampi margini di libertà, non vi vuole rinunciare. Soddisfatti i bisogni di stima, si farà strada, soggettivamente, il bisogno di autorealizzazione. Tale bisogno spinge il soggetto a ricercare quelle attività più consone alla sua natura, alle sue abilità o predisposizioni. Infine, soddisfatti questi bisogni fondamentali, il soggetto sperimenta nuovi e più elevati desideri, che pur essendo spesso dal carattere meno marcato, tuttavia Maslow identifica con il bisogno di conoscere e capire e i bisogni estetici, (per semplicità li definiamo bisogni culturali). Maslow nel libro Toward a Psychology of Being del 1968 aggiungerà alcuni livelli che aveva inizialmente ignorato. Questa classificazione dei bisogni si presta ad alcune critiche e la si può ritenere in parte incompleta; La letteratura sul tema dei bisogni è alquanto scarsa e confusa. Molti autori evitano il problema cruciale dei bisogni e sostengono un relativismo a nostro modo di vedere irrealistico, altri partono invece da posizioni filosofiche e ripudiano un approccio induttivo basato sull'osservazione antropologica e psicologica, nel solco tracciato da Maslow; anche in quest'ultimo caso i risultati sono particolarmente discutibili per ovvie ragioni. 1. semplificazione drastica del livello di importanza di alcuni bisogni, una svalutazione,o per meglio dire una retrocessione ad un livello inferiore,di alcune caratteristiche strutturali del sé, come se fosse possibile suddividere per gradi di nobiltà una struttura così complessa e interdipendente tra le sue parti costitutive. Si deve poi sottolineare come la classificazione in questione segua una direzione estremamente adulto-centrica,ignorando le pur grandi conquiste della psicologia dovute all'osservazione del comportamento infantile. 2. non necessariamente si deve passare attraverso tutti i livelli della scala gerarchica, mentre è possibile che alcuni di essi siano saltati. Infatti gli individui possono percepire i bisogni in modo diverso per cui alcuni possono decidere di soddisfare i bisogni di grado più elevato sacrificando altri di ordine inferiore; 3. accade che in situazioni diverse e in contesti economici e culturali diversi le scale dei bisogni degli individui possono essere differenti; 4. la teoria esclude che un individuo possa essere spinto da più bisogni contemporaneamente anche se con diversa intensità. 5. Assente fondamento empirico della teoria di Maslow, la quale è soltanto basata su considerazioni non verificate sperimentalmente, fondata sull'osservazione antropologica della natura comune ed interculturale. Uno dei più recenti lavori, sulla formulazione di una teoria dei bisogni, è quello di Len Doyal e Ian Gough. In questa teoria i due autori criticano Maslow e l'equazione maslowiana fra motivazione e bisogno, adducendo argomentazioni poco credibili, difatti, sostengono ad esempio che la motivazione del tossicodipendente ad assumere droga non può essere ritenuta un bisogno, in quanto lesiva della stessa salute del soggetto; ciò è senza alcun dubbio vero, tuttavia, non si può non ritenere patologica la motivazione del tossicodipendente e quindi estranea alla formulazione di una teoria dei bisogni umani, che deve riguardare necessariamente la totalità degli uomini considerati sani. Inoltre gli stessi autori, pensano di poter tracciare una teoria dei bisogni oggettivi, argomentandone razionalmente la loro necessità. Tuttavia bisogna rispondere alla domanda: cosa c'è di razionale nel bisogno di scambiare amore? Cosa c'è di razionale nel bisogno di autostima? Come si possono negare questi bisogni palesi di ogni essere umano e pensare che semplicemente tracciando una lista di necessità oggettive e materiali si soddisfi la natura umana? Ovviamente non si può e quindi anche questi due autori parlano di "relazioni primarie significative", come una necessità umana. Tornando all'origine dei bisogni umani, può essere utile riferire il pensiero di Maslow, sul rapporto presente fra essi e il patrimonio istintuale residuo dell'uomo. Egli ritiene che l'uomo abbia perso gli istinti, che invece si osservano nel mondo animale, a favore di una risposta adattiva più flessibile e capace di adeguarsi ai più differenti ambienti naturali. Tuttavia, rimangono nell'uomo alcune pulsioni e tali pulsioni sono la base istintuale dei bisogni. Maslow cita alcuni esperimenti condotti su i primati, che dimostrano come, anche nei cuccioli, sia presente il bisogno di affetto in assenza di condizionamenti sociali. Anche Doyal e Gough ammettono: "L'enfasi posta su impulsi e motivazioni ci rende comunque avvertiti del sostrato biologico dei bisogni umani - ovvero dei vincoli derivanti dalla nostra struttura genetica". D'altronde, di fronte a chi sostiene che i bisogni sono esclusivamente indotti dal contesto culturale, non si può opporre che l'argomentazione sul comune patrimonio biologico e residuo istintuale della specie umana. Quello che cambia in relazione al contesto, sono ovviamente i comportamenti che tendono a soddisfare i bisogni. Così, in una società liberalcapitalista e postindustriale, il bisogno di stima verrà soddisfatto con il tentativo soggettivo di raggiungere una posizione lavorativa di prestigio sociale e di reddito elevato. Mentre, in una società tribale, ad esempio, la stessa posizione si potrebbe raggiungere dimostrando grande coraggio, ottime capacità venatorie e doti di comando, oppure, accreditandosi come un soggetto con particolari doti e poteri , come lo sciamano viene considerato. Le teorie di Maslow permettono di porsi in una condizione di autocritica analizzando la personale capacità di soddisfare quelli che sono i propri bisogni e in base a questi saper comprendere quelli che sono i bisogni dell'altro. La scala sarebbe perciò più corretta in termini prettamente funzionali alla semplice sopravvivenza dell'individuo che in termini di affermazione sociale. Si tratterebbe perciò di bisogni di tipo psicofisiologico, più che psicologico in senso stretto. Altre critiche vertevano sul fatto che la successione dei livelli potrebbe non corrispondere ad uno stato oggettivo condivisibile per tutti i soggetti. Inoltre, una scala di bisogni essenziali che considera la realizzazione affettiva e la sessualità come bisogni tra i meno essenziali, nega l'evidenza che l'essere umano stesso si costituisce proprio in conseguenza della pratica della sessualità. Il bisogno nel comportamento A Henry Murray, invece, va il merito nel 1938 di aver chiarito la specificità del bisogno in chiave psicologica. Murray, infatti, mise in correlazione per primo la psicologia della motivazione con una tassonomia dei bisogni, grazie all'analisi di un gruppo di studenti di Harvard (descritta in "Exploration in Personality" del 1938, in cui è elencata, appunto, una lista di bisogni umani fondamentali). La teoria da lui postulata divergeva completamente dalle tesi precedentemente proposte, che ipotizzavano l'esistenza di istinti, pulsioni e motivazioni universali. Per Murray il bisogno è istintivo. Il bisogno è oramai studiato funzionalmente come un elemento che attiva e dirige il comportamento, i due concetti di bisogno e motivazione sono visti in modo complementare. I bisogni fisiologici sono oggettivi, ed è importante conoscerli. 1. Ossigeno. 2. Alimentazione / defecazione 3. Acqua / minzione. 4. Mantenimento temperatura corporea su 36 gradi. 5. Riposo / attività. 6. Stimolazione sensoriale / sesso. Esso ha bisogno per prima cosa di ossigeno, di respirare, più di mangiare. Quindi bisogna saper respirare nel modo adeguato. Usando tutto il diaframma e non solo i polmoni. L'ALIMENTAZIONE Il primo dei bisogni fisici è l'alimentazione. L'alimentazione consiste nell'assunzione da parte di un organismo delle sostanze indispensabili per il suo metabolismo e le sue funzioni vitali quotidiane. Il metabolismo è il complesso delle reazioni chimiche e fisiche che avvengono in un organismo o in una sua parte. Queste trasformazioni della materia sono reversibili e sono legate a variazioni della condizione energetica. Il metabolismo si divide in due insiemi di processi: • anabolismo, che produce molecole complesse a partire da molecole più semplici utili alla cellula; • catabolismo, che comporta la degradazione di molecole complesse in molecole più semplici e produce energia. I processi anabolici sono endoergonici e richiedono dunque energia. I catabolici sono invece esoergonici: l'energia liberata da essi viene conservata nella cellula (ed eventualmente trasferita alle reazioni anaboliche) tramite molecole carrier ad alta energia, tra le quali la più comune è senza dubbio l'ATP. Processi metabolici che contengono una componente anabolica ed una catabolica sono detti talvolta anfibolici. Le sostanze nutritive vengono variamente prelevate dall'ambiente esterno, a seconda della natura chimica di queste sostanze e dei tipi di organismi viventi considerati. Si devono assumere dall'ambiente molecole organiche complesse, che non sono in grado di sintetizzare, da cui trarre l'energia richiesta per la sopravvivenza dell'organismo. Alimentazione umana Col termine alimentazione si intende sia l'assunzione di alimenti come attività fisiologica in risposta a stimoli fisici e psichici (fame e appetito) sia più in generale il regime alimentare adottato dall'uomo (che è più correttamente definito dieta). Per risolvere il problema dell'alimentazione bisogna conoscere le funzioni dei vari nutrienti: I NUTRIENTI le proteine, i grassi e i carboidrati sono sostanze strutturai sulle quali si basa la nostra vita, ma ci sono anche le vitamine, i sali minerali, gli oligoelementi. Interrogarsi sulla quantità di alimenti necessaria ogni giorno è un falso problema se viene affrontato non nell'ottica globale dello stile di vita. Le proteine: servono per costruire le strutture del corpo umano e per riparare gli eventuali danni subiti durante il giorno (ruolo strutturale), e anche per portare a termine numerose reazioni chimiche essenziali al funzionamento di tutte le cellule (ruolo funzionale). Sono presenti in tutti gli organismi viventi: circa il 15% del peso di una persona adulta è costituito da proteine. Le loro molecole sono molto grandi (macromolecole), costituite da catene di aminoacidi, molecole più semplici. Fra gli aminoacidi ve ne sono alcuni detti “essenziali”: sono i soli che l'organismo non è in grado di produrre autonomamente e, quindi, devono essere immessi nel corpo con gli alimenti che ne sono ricchi. Gli aminoacidi essenziali sono 8: la fenilalanina, la metionina, la leucina, l'isoleucina, la valina, la lisina, la treonina e il triptofano; nel caso dei bambini, si aggiungono anche l'arginina e l'istidina. Ogni giorno, le proteine che vengono introdotte nel corpo con l'alimentazione sono degradate negli aminoacidi costituenti: essi sono poi assorbiti attraverso l'intestino e distribuiti a tutte le cellule che li usano per costruire le proteine, necessarie a svolgere diverse funzioni fisiologiche. Oltre alla funzione plastica (che promuove la crescita dell'organismo), infatti, le proteine regolano i processi chimici del corpo (è ciò che fanno gli enzimi), trasportano i nutrienti attraverso il corpo (ad esempio l'emoglobina trasporta l'ossigeno), difendono il corpo da sostanze estranee e dall'invasione di organismi patogeni (è ciò che fanno gli anticorpi); infine esse promuovono la produzione di energia: se il corpo “brucia” 1 grammo di proteine, ne ricava circa 4kcal/16,7 kj d'energia. Il fabbisogno quotidiano di una persona è strettamente collegato all'età: in media, in un adulto è di 1 g al giorno per ogni chilo di peso. Le fonti alimentari di proteine possono essere sia vegetali, sia animali: per introdurre in modo equilibrato tutti i tipi di amminoacidi necessari al corpo, bisogna mangiare alimenti di origine sia animale sia vegetale e, poiché le proteine contenute negli alimenti vegetali sono biologicamente meno disponibili e povere di alcuni aminoacidi essenziali, per migliorarne il valore biologico converrà mescolare i cereali (con proteine ricche di metionina ma povere di lisina) ai legumi (con proteine povere di lisina ma povere di metionina). Le proteine animali, invece, hanno un alto valore biologico e contengono tutti gli amminoacidi essenziali in quantità e proporzioni adeguate. In genere, esse si trovano in abbondanza nelle carni, nelle uova, nei salumi, nei formaggi, nei pesci e nei crostacei. Per variare l'apporto proteico, bisogna alternare cibi animali a quelli vegetali, associando cereali a legumi, mangiare frequentemente il pesce (anche quello definito grasso) evitando però l'associazione, nello stesso pasto, di carne e formaggio. Inoltre, poiché nel grasso della carne si accumulano le sostanze tossiche presenti nel cibo, nell'acqua e nell'aria, è bene evitare di mangiare la carne, e specialmente il suo grasso, due volte al giorno: riduci molto il consumo di salumi e prodotti di norcineria, evita il lardo e lo strutto. Gli zuccheri o carboidrati Insieme ai grassi sono usati dal corpo per produrre l'energia necessaria a svolgere tutte le funzioni vitali. Costituiti da carbonio, idrogeno e ossigeno, sono molecole semplici e solubili in acqua che, polimerizzando, diventano insolubili e difficili da digerire, vengono classificati perciò nei due grandi gruppi: carboidrati semplici o oligosaccaridi o disponibili (come il glucosio, il fruttosio, il lattosio, le cui molecole sono prodotte dalla polimerizzazione di una molecola di glucosio e una di fruttosio), dal sapore dolce, digeriti e assorbiti rapidamente dall'organismo. Carboidrati complessi o polisaccàridi o non disponibili (come la cellulosa delle fibre vegetali o l'amido), dal sapore meno dolce, difficilmente digeribili e assorbiti lentamente o non assorbiti affatto dall'organismo. A loro volta, i CARBOIDRATI SEMPLICI si distinguono in: monosaccaridi, come il glucosio, il galattosio, il fruttosio; disaccaridi, come il saccarosio, il lattosio, il maltosio, hanno molecole formate dalla polimerizzazione di 2 monosaccaridi; oligosaccaridi, come il raffinosio (un trisaccaride formato da una molecola di fruttosio, una di glucosio e una di galattosio, che si trova nei legumi, nelle barbabietole e nel miele), sono caratterizzate da molecole con catene da 3-9 monosaccaridi polimerizzati. Fra i CARBOIDRATI COMPLESSI o POLISACCARIDI, si ricordano invece: l'amido, formato da un gran numero di molecole di glucosio polimerizzate: è prodotto dalle piante verdi che lo sfruttano come sostanza di riserva energetica, ed è un'importante fonte alimentare anche per l'essere umano. La cellulosa, costituita da lunghe catene di molecole di glucosio (da 300 a 3000 unità), rappresenta dal 50% al 90% del peso secco delle piante. Dove si trovano gli zuccheri Amidosio: è un polimero costituito da centinaia (da 300 a 3000) di molecole di glucosio, insieme all'amilopectina è uno dei componenti dell'amido; si trova nel pane e nei prodotti da forno, nei cereali, nelle patate e nei legumi. Cellulosa: è un polimero di centinaia (300 a 3000 unità) di molecole di glucosio: non disponibile, è la fibra insolubile e non digeribile che fermenta nell'intestino; abbonda nella frutta, nella verdura, nei cereali integrali e nei legumi. Fruttosio: è lo zucchero più dolce; si trova nella maggior parte dei frutti zuccherini e nel miele. Galattosio: dalla struttura chimica simile a quella del glucosio, viene sintetizzato in piccole quantità dal corpo; si trova nel fegato e nel latte. Glucosio: è lo zucchero più diffuso in natura; si trova nei frutti zuccherini, nel miele, negli ortaggi e nei dolci. Nell'organismo si trova nei liquidi organici, nel fegato, nel sangue e nella milza. Glicogeno: fonte energetica per animali e funghi, si trova soprattutto nel fegato e nei muscoli scheletrici. I carboidrati sono la principale fonte d'energia dell'organismo: “bruciare” 1 g di zucchero produce circa 4 ckal/16,7 hj d'energia proprio come 1 g di proteina. Essi però sono impiegati dal corpo prima delle proteine, consentendone il risparmio; inoltre, sono essenziali al funzionamento ottimale delle cellule nervose e di quelle muscolari, ed entrano nella composizione acidi nucleici, componenti vitali di ogni cellula. Gli zuccheri non digeribili formano le fibre (cellulosa e inulina) che nell'intestino permettono alla flora batterica che lo popola di sopravvivere: promuovendone la fermentazione, i batteri producono sostanze utili al corpo, come ad esempio alcune vitamine, che vengono assorbite dall'intestino. Le fibre, inoltre, aumentano il volume della massa fecale, promuovendo il corretto transito intestinale e mantenendo alta l'eliminazione delle sostanze tossiche. Il fabbisogno giornaliero di carboidrati dovrebbe essere pari a circa il 55% della quota calorica giornaliera, e la maggior parte di essi dovrebbe essere costituita da carboidrati complessi: il loro consumo, infatti, aumenta il senso di sazietà prevenendo – fra l'altro – l'insorgere di obesità e diabete. I carboidrati complessi si trovano prevalentemente nella frutta, nella verdura, nei cereali e nei prodotti da forno integrali, nelle patate e nei legumi. I carboidrati semplici, rapidamente assorbiti dall'intestino, aumentano drammaticamente il livello di zucchero nel sangue (glicemia) con conseguenze che col tempo sono deleterie. Essi si trovano nei dolci (produzioni di pasticceria, caramelle, bibite) ma anche nei succhi di frutta, nelle bevande alcoliche o in alimenti “insospettabili” (ketchup, piselli e mais in scatola, salse di pomodoro). È meglio consumare carboidrati complessi piuttosto che semplici, mangiare regolarmente riso integrale e legumi, non aggiungere zucchero alle bevande e agli alimenti, evitare le bevande ricche di zuccheri e ridurre al minimo il consumo di pane bianco. I GRASSI O LIPIDI insieme ai carboidrati, i grassi o i lipidi sono usati dal corpo per produrre l'energia necessaria a svolgere tutte le funzioni vitali. Inoltre, essi sono costituenti fondamentali delle strutture cellulari, partecipando alla costruzione delle membrane e di altri elementi funzionali. Si distinguono in : acidi grassi : sono quelle sostanze che rappresentano gli ingredienti costitutivi di quasi tutti i tessuti grassi vegetali e animali; nel caso dei grassi vegetali, di solito sono indicati col termine “oli”. Secondo la loro struttura chimica, si distinguono in saturi (soprattutto di origine animale) e insaturi (soprattutto di origine vegetale); trigliceridi : sono molecole costituite da un glicerolo legato a 3 acidi grassi. Sono ottime fonti d'energia: 1 g di trigliceridi può sviluppare fino a 9 kcal/37,7 kj di energia. Nell'intestino, sono digeriti dalla bile del fegato, che li scinde in glicerolo e acidi grassi che possono attraversare le membrane cellulari e passare nei vasi sanguigni; immagazzinat nelle cellule adipose, possono essere da queste riassemblati a formare nuove molecole di trigliceridi. Colesterolo: è indispensabile per la vita animale, essendo un ingrediente essenziale della membrana cellulare e della vitamina D; inoltre, partecipando alla crescita e alla divisione delle cellule (che sono impossibili senza colesterolo) è essenziale per lo sviluppo embrionale. Il colesterolo, prodotto dal corpo (negli adulti 1-2 g al giorno), è la sostanza base per la sintesi degli ormoni steroidei (aldosterone, cortisone, testosterone, estradiolo ecc..) il colesterolo prodotto nel fegato, invece, viene impiegato in buona parte per la produzione di bile. Solo una piccola parte di colosterolo (in media 0,1-0,5 g) viene assunta con l'alimentazione (ad esempio col fegato, il burro, le uova). Fosfolipidi: sono anch'essi ingredienti essenziali delle membrane cellulari sintetizzati dal corpo, rappresentano solo un 2% dei lipidi usati nell'alimentazione. Sono divisi in: fosfogliceroli o fosfogliceridi, chimicamente simili ai trigliceridi fra questi le lecitine partecipano alla costruzione delle membrane e facilitano l'immissione del colesterolo nelle lipoproteine ad alta densità (HDL). L'acqua. L'acqua del rubinetto è spesso addizionata con fluoruro, che causa gravi malattie alle gengive. DEFECAZIONE La defecazione (dal latino tardo defecatio, e da defecare), è l'insieme degli atti fisiologici, volontari ed involontari, che determinano l'espulsione delle feci, raccolte nell'intestino crasso, attraverso l'ano. Con il termine feci si indica il materiale di rifiuto solido emesso dagli esseri viventi del Regno Animale. Sono dette anche escrementi e sono prodotte dall'apparato digerente. Composizione Sono composte in buona parte da residui alimentari non digeribili, come cellulosa e cheratina ma anche da residui di acidi gastrici, bile (che agisce principalmente sul colore), muco, cellule morte e, in parte considerevole, da batteri e acqua. Caratteristiche Le feci hanno un odore tipico, acre, dovuto alla trasformazione e decomposizione da parte dei batteri intestinali del cibo nell'intestino crasso e la trasformazione di alcuni composti in mercaptani, solfuro di idrogeno ed anche metano. Un'altra caratteristica è il colore, che può descrivere lo stato di salute dell'individuo, infatti determinate colorazioni sono tipiche di determinate patologie. Il mondo animale Nel Regno Animale le feci sono, oltre che il principale arricchimento del terreno per le specie vegetali, un'inesauribile fonte di cibo per molte specie animali (chiamati coprofagi, che si nutrono di feci), soprattutto batteri, ma anche insetti (mosche e scarabei stercorari) e vermi. Molte specie superiori inoltre tendono a nutrirsi di escrementi per arricchire la dieta alimentare (è il caso dei conigli e degli ippopotami che oltre a nutrirsi dei propri escrementi forniscono fonte di cibo ad alcune specie di Ciclidi africani). Le feci degli animali erbivori di grosse dimensioni prendono il nome di letame e vengono utilizzate in agricoltura per arricchire il terreno di composti azotati e altri sali minerali. Lo stesso utilizzo ha il guano, escrementi di uccelli marini e pipistrelli raccolti in Sudamerica in enormi quantità. Indice di salute L'analisi macroscopica delle feci (odore, colore, composizione e consistenza) e l'esame delle feci permette, oltre a capire la dieta dell'animale o essere umano che le ha espulse, di diagnosticarne eventuali malattie. Termini associati Dal greco Copros si sono sviluppati termini come: Coprofagia, l'atto di mangiare le feci (dal greco kópros (= sterco) e phageîn (mangiare) Coprofago, colui che mangia le feci Coprofilia, devianza di attrazione sessuale verso il materiale fecale; Coprofobia, la repulsione e paura innata delle feci Esame delle feci, esame chimico-fisico delle feci Coprocoltura, esame colturale delle feci Coprolite, escremento fossile di animale (molto conosciuti quelli di dinosauri) oggetto di interessanti studi di paleontologia Coprologia, lo studio delle feci, in condizioni fisiologiche o patologiche, a fini diagnostici Coprolalia, attitudine a utilizzare in modo incontrollato un linguaggio volgare e offensivo Coprostasi, ritenzione prolungata delle feci nell'intestino Sinonimi volgari In tutte le lingue sono presenti parole alternative che si riferiscono alle feci. Alcune vengono utilizzate come insulto o imprecazione volgare. Per esempio in italiano, nel linguaggio volgare, la parola merda. Sempre volgarmente, un singolo escremento è anche chiamato "stronzo" (dal longobardo strunz, sterco), da cui deriva l'insulto "sei uno stronzo". Il sostantivo cacca, un tempo volgare, è ora accettato nel linguaggio comune mentre, al contrario, il verbo cacare (o cagare) è considerato un insulto se, nella forma di invito alla defecazione, viene rivolto ad una persona ("ma va' a cagare"). Secondo gli antichi, il termine deriverebbe da cloacare (= imbrattare, inquinare). Altri, più recenti, ma forse non meno fantasiosi, lo legano a una radice sanscrita *kak- da cui deriva çaka (= letame, sterco). Per altri deriva dal greco Kakos che significa cattivo, brutto. Nel linguaggio infantile le feci sono chiamate comunemente popò, pupù o anche cacchina. La trasformazione del tabù nella cultura post-moderna Da qualche anno la cultura occidentale sta cambiando il modo di rapportarsi alle deiezioni, con una conseguente trasformazione del tabù. In Italia, per esempio, nel 2005 La cacca. Storia naturale dell'innominabile di Nicola Davies vinse il Premio Andersen come miglior libro di divulgazione. Qualche anno dopo, dal libro di Davies prese spunto la mostra itinerante Storia naturale dell'innominabile: la cacca. La mostra è stata ospitata dall'Urban Center di Ravenna e dalla Biblioteca “De Amicis” di Genova nel 2007, dal “Parco Oltremare” di Riccione, dall'Exmà di Cagliari, dal Museo tridentino di Storia Naturale di Trento e dall'Officina dei Piccoli della Città della Scienza di Napoli nel 2008. Per quanto riguarda l'Occidente in generale, nel 2008 ha fatto il giro del mondo la voce, data da alcuni blog o siti internet, che affermano l'esistenza del Japanese Poop Museum collegandolo al Himeji City Museum of Literature. Le foto allegate lasciano intendere una classificazione scientifica delle feci animali, e indicano un interesse per l'aspetto fisiologico e non solo ludico delle feci. Più documentato il sito Poopreport.com, una sorta di museo on.line che cerca di raccogliere informazioni scatoligiche e categorizzarle. Altri musei presentati su internet assolvono alla funzione comica popolare da sempre legata all'argomento: per esempio, di carattere triviale e popolaresco il Lucifer's Shit museum, è ancora inserito nella tradizione del tabù, di cui si può parlare solo esagerandolo o esorcizzandolo simbolicamente, ossia carnevalizzandolo. Internet ha avuto un ruolo fondamentale nel mettere in evidenza e pubblicizzare argomenti fino a pochi decenni fa considerati privati. Negli anni sessanta, un precedente importante nel cambiamento culturale occidentale si ebbe con il libro divulgativo La scimmia nuda (1967) di Desmond Morris, che destò interesse per il suo approccio scientifico anti-umanistico: l'uomo veniva osservato come un animale tra gli altri, e analizzato nei suoi aspetti sociali e biologici. Il libro, dal contenuto ormai datato, era ancora velato di ironia, indizio della difficoltà sociale ad accettare l'approccio scelto dall'autore, e con cui comunque doveva fare i conti l'autore stesso per non offendere il suo pubblico. La famosa opera di Piero Manzoni invece, di pochi anni precedente, per la polemica implicita nell'opera stessa non può considerarsi un superamento del tabù, in quanto la Merda d'artista coinvolge le feci solo nel loro aspetto simbolico, connotata negativamente come una degenerazione, a rappresentare la degenerazione dell'arte o la bassezza morale degli artisti, e non viene vista come una funzione fisiologica. Non a caso, il barattolo in cui viene contenuta ricorda una scatola per alimenti, e l'accostamento mangiare-defecare è un tema tipico tra le oscenità apotropaiche che costellano la cultura popolare. Si esplica, in genere senza distinzione di sesso, attraverso singoli atti detti evacuazioni (o scariche) con i quali le sostanze ingerite con l'alimentazione e non assorbite dall'intestino, vengono espulse dall'organismo attraverso l'orifizio anale. Al segmento finale dell'intestino (nell'uomo è il retto) le feci giungono per movimenti di peristalsi che, dopo il completamento dell'assorbimento di quanto utile all'organismo, spingono il materiale fecale verso l'ano. Sia per l'uomo che per gli altri animali, la defecazione segue d'ordinario ritmi biologici periodici, ma è facilmente soggetta ad alterazioni della frequenza, avendosi la stitichezza in caso di rarefazione o interruzione delle scariche; la causa è in genere fisicomeccanica e si parla infatti di stipsi funzionale e di defecazione ostruita. La mancanza di defecazione genera il cosiddetto blocco intestinale, che può avere esiti infausti, ma anche prima di giungere al blocco, la condensazione e l'indurimento delle feci (o la costituzione di un vero e proprio fecaloma), conseguenze della protratta ritenzione, possono causare pericolose lacerazioni della membrana del retto all'atto dell'espulsione. Si ritiene che queste particolari condizioni, probabilmente a causa di esperienze precedenti rimosse o di cui si preserva il ricordo, siano all'origine della defecaloesiofobia, la paura di defecare con dolore, una fobia specifica della defecazione. La defecazione è solo parzialmente volontaria, i mammiferi dispongono infatti di uno sfintere anale la cui funzione ("costrizione tonica") è quella di impedire per periodi ragionevoli il rilascio casuale del materiale fecale ritenendolo all'interno del tratto finale dell'intestino oltre che prevenire l'ingresso di materiale esterno. La volontarietà negli individui adulti è quindi limitata alla continenza, poiché l'individuo non può agire sullo stimolo, ma può intervenire solo ritardandone (entro certi limiti) gli effetti. Negli individui giovani o neonati invece i meccanismi di continenza non sono ancora sviluppati e si hanno evacuazioni non solo involontarie ma anche, inizialmente, non riconosciute come tali. In caso di paralisi della parte inferiore del corpo (allo stesso modo che per effetto di anestesia parziale preoperatoria), gli sfinteri non sono governati dal soggetto e si ha defecazione involontaria o, più precisamente, incontrollata. La defecazione umana La defecazione nell'uomo è prodotta dalla peristalsi (azione vermiculare) del colon sigmoideo, che spinge il materiale fecale verso il retto. All'ingresso in questo segmento, che si distende opportunamente a formare la ampulla recti o ampolla rettale, si ha la stimolazione delle terminazioni sensoriali del muscolo del retto, le quali attraverso il nervo pudendo inviano il segnale di necessità di evacuazione, che causa il noto riflesso (riflesso intrinseco). Questi riflessi possono essere influenzati nella misura e nella qualità della loro scaturigine da irritazioni, infiammazioni e processi patologici, come ad esempio avviene nella dissenteria, che si caratterizza per la ripetizione involontaria delle azioni riflesse di espulsione oltre che per l'aumentato volume e consistenza acquosa delle feci. Ad ordinarie condizioni, il retto è moderatamente lubrificato dal suo muco, lo sfintere liscio è in posizione chiusa, quello esterno può essere serrato e bloccare la fuoriuscita sino a che non ne verrà comandata volontariamente l'apertura. Anatomia dell'ano e del retto Assunta la determinazione di dar corso all'operazione, infatti, il soggetto rilascia gli sfinteri; per questo è di ausilio anche un opportuno posizionamento (la posizione seduta e quella accovacciata favoriscono il giusto angolo ano-rettale per l'ottimale proiezione delle deiezioni). Una volta precipitate nel canale anale le feci sono rilevate da altre terminazioni sensoriali che informano circa la loro consistenza condizionando l'impulso da inviare agli sfinteri per le modalità del loro rilascio (riflesso parasimpatico). Mentre un eccessivo riempimento del retto (ad esempio per protratta continenza) produce la sovradistensione rettale diminuendone quindi la contrattilità e la capacità di spinta, l'opposta situazione di scarso riempimento non consente al retto di distendersi correttamente e l'espulsione deve essere indotta con idonei stimoli muscolari, con il rischio però di prolasso delle membrane mucose in prossimità dell'ano. Con la contrazione del retto e la contrazione della parete addominale le scorie sono espulse. I muscoli interessati sono quelli detti agonisti (adduttori e glutei) e quelli detti antagonisti (diaframma e addominali), ed è dalla combinazione delle loro contrazioni che nella parte finale dell'intestino si crea una sorta di camera di pressione (torchio addominale) che fa affacciare la massa fecale fuori dall'ano, al quale è trattenuto solidale dagli attriti, sinché la forza di gravità non lo distacchi per il completamento dell'escrezione. L'insieme dello sforzo finale (il cui termine tecnico è ponzamento) interessa sia la respirazione che la pressione sanguigna, entrambe alterate durante la spinta estrusiva: la respirazione risente dell'impiego del diaframma e può aversi momentanea apnea o almeno dispnea, la pressione invece sale repentinamente risentendo dei flussi richiamati dalle zone muscolari attivate. Fattori di influenza sulla defecazione umana Fattori primari della fisiologizzazione della peristalsi e quindi della corretta induzione alla defecazione sono l'assunzione di acqua e la deambulazione. La deambulazione stimola la discesa della massa fecale oltre che la peristalsi e migliora la situazione vascolare. Oltre a tutti i fattori direttamente influenti sulla peristalsi, ve ne sono altri che hanno effetto sulla corretta defecazione per altre cause o ragioni. • L'erà dell'individuo incide sulla defecazione umana, con ampi margini di elasticità negli effetti soggettivamente prodotti, sia in fase neonatale che in fase geriatrica. Nella prima debbono completare lo sviluppo le muscolature intestinali e gli sfinteri, mentre contemporaneamente inizia l'acquisizione della propriocezione specifica. In pratica, il bambino oltre a dover attendere l'entrata in funzione delle richieste muscolature, deve anche apprendere come gestire la continenza governando gli sfinteri; essendoci ampia variabilità nei tempi di maturazione della continenza, si può sinteticamente indicare nella pubertà la stagione di completamento dell'acquisizione della tecnica defecatoria. Nell'anziano, invece, la perdita di tono muscolare agisce negativamente sulla capacità di propulsione peristaltica in genere e di espulsione rettale in particolare, con i rischi e le conseguenze sopra già tratteggiati. • L'alimentazione incide sia per la qualità e la quantità delle sostanze ingerite a scopo alimentare, sia per le modalità e i ritmi di ingestione. • Circa la qualità degli alimenti, alcune sostanze come noto favoriscono la defecazione più di altre, ad esempio fra quelle naturali alcuni oli, alcuni frutti, alcune verdure; mentre fra quelle artificiali ci sono ad esempio gli alcolici e il cioccolato. Altre sostanze, dette astringenti, rallentano il processo dell'assorbimento od agiscono sulla condensazione degli scarti. Non sono affatto rari effetti del tutto opposti in particolari soggetti, poiché la suscettibilità individuale a determinati elementi può variare grandemente, ma comunemente si hanno prevedibili ordinarie reazioni dell'intestino al contatto con certi cibi: la presenza delle fibre fornite da frutta e verdura favorirebbe ad esempio pressoché certamente la peristalsi. Non di rado gli alimenti verso i quali si patiscano allergie o intolleranze provocano effetti diarroici o dissenterici, poiché a causa del malassorbimento si ha incremento dell'indigerito e possibile fermentazione; in parte per questo motivo, l'ingestione di cibi avariati (nei quali si sviluppano ossidazioni, acidazioni e colonizzazioni batteriche) produce in genere gli stessi effetti poiché l'organismo, al di là delle reazioni di tossicità, non ne tollera i componenti corrotti. • La quantità degli alimenti rileva in quanto alcuni cibi possono essere neutri o avere effetti di un dato verso sulla defecazione sino a determinate soglie di quantità, superate le quali hanno effetti marcati o opposti ai precedenti. Il caso tipico è quello del frutto del corbezzolo. • I ritmi dell'alimentazione influiscono soprattutto in termini di irregolarità della stessa, poiché se la cadenza delle ingestioni non è regolare, specie per le ingestioni aggiuntive fuori dai pasti, l'attività intestinale patisce conseguenze da aggravio del carico di lavoro, con possibile incremento di indigerito. • L'insufficiente assunzione di acqua provoca la disidratazione delle sostanze fecali; ciò comporta difficoltà di convogliamento al retto e di espulsione a causa degli attriti e della ridotta elasticità della massa fecale. Ausilii ed interventi per la defecazione In caso di difficoltà ad evacuare, vi sono accorgimenti di vario genere utili a sollecitare l'espulsione delle feci. In primo luogo il ricorso all'assunzione di purganti o di lassativi, che sono spesso erroneamente confusi fra loro. Mentre la purga è in genere un alimento naturale di tipo oleoso (ad esempio l'olio di ricino) o fibroso (ad esempio la prugna) che produce effetti bruschi, il lassativo induce effetti più lenti e progressivi ed è più propriamente un prodotto farmacologico. I purganti sono tipicamente assunti per ingestione, i lassativi possono essere impiegati anche per via rettale sotto forma di supposte (ad esempio di glicerolo). Tuttavia, malgrado si tratti della strada più breve, non è detto che sia anche la più celere nel fare effetto, poiché spesso si tratta di lassativi solo emollienti. Anche diverse tecniche di rilassamento sono utilizzate per favorire chi vada periodicamente soggetto a defecazioni "difficili". Mentre la stimolazione che si effettua con il massaggio (da effettuarsi in senso orario) tende alla regolarizzazione della peristalsi mediante un aiuto indiretto allo spostamento coattivo della massa fecale, vi sono altri interventi come quello effettuato a mezzo di clistere che mirano a ridurre gli attriti fra la massa fecale e le pareti del tratto intestinale in cui si è arenata o alla sua frammentazione. Un intervento ambulatoriale di frequente ricorso è lo svuotamento manuale dell'ampolla rettale, manovra delegata al personale paramedico. Si pratica anche la stimolazione digitale, che agisce sullo sfintere liscio o sull'ampolla rettale per favorirne il rilassamento. Nei casi di occlusione non rimediabile, di ostruzione patologica (ad esempio di natura oncologica), o nei casi di asportazione del retto, si può prevedere la creazione di un ano artificiale (solitamente sul ventre) nel quale convogliare l'ultima porzione intestinale funzionale; questo accorgimento pone in comunicazione con l'esterno l'ultimo segmento precedente a quello perduto ma ovviamente il nuovo orifizio non dispone di sfinteri né di una camera di accumulazione come l'ampolla rettale, perciò tutto il prodotto è immediatamente espulso e si ricorre ad un catetere per ordinare lo smaltimento delle scorie. In caso di incontinenza invece si pratica il lavaggio colico, che produce lo svuotamento del colon. Aspetti sociali della defecazione Presso molte culture la defecazione è un tabù: è un'azione considerata relegata alla sfera domestica individuale e la sua pubblica esecuzione è considerata riprovevole. Allo stesso modo, anche il riferimento verbale o concettuale all'azione del defecare è spesso ritenuto improprio. Ma vi sono rilevanti eccezioni. Non così avveniva infatti in età romana, come testimoniato dai ritrovamenti di latrine ad uso collettivo in cui deve dedursi l'accettazione sociale della coralità esecutiva. Nella regione spagnola della Catalogna invece è diffuso il simbolismo del caganer, statuina di stile agreste raffigurante un uomo rurale mentre si applica a codeste operazioni. Una costante e puntuale igiene specifica postevacuativa è diffusamente ritenuta socialmente doverosa e la si opera con vari accorgimenti, fra i quali è diffusa la pratica del bidet, preceduta dalla nettatura a secco con carta igienica. Aspetti psicologici della defecazione La defecazione è stata studiata anche sotto il profilo delle sue implicazioni psicologiche e psicanalitiche, per quanto riguarda il rapporto dell'individuo sia con la funzione ed il processo defecatorio, sia con il prodotto dello stesso; anche se riguardo a quest'ultimo vi sono più propri campi d'indagine, la distinzione non è netta, ma la defecazione in sé è già un evento di rilievo per gli studiosi di queste discipline. Sigmund Freud ne fece infatti oggetto di analisi in sede di sviluppo della teoria delle zone erogene del bambino, soffermandosi sul piacere derivante dalla stimolazione dell'orifizio anale durante l'espulsione. Secondo questo studioso, la particolare eccitabilità sessuale rilevabile durante il processo causerebbe la configurazione definitiva di alcuni aspetti caratteriali che in seguito resterebbero immutati. Ad esempio, l'avarizia deriverebbe dalla tendenza del bambino a trattenersi, posponendo la defecazione, al fine di provare maggior piacere per la più intensa stimolazione derivatene; il bambino, divenuto adulto, rimuoverebbe il suo erotismo anale e trasferirebbe sul denaro (che Freud indica come simile alle feci) il moto tendenziale di accumulazione. Freud definisce pertanto "caratteri anali" gli effetti sull'adulto di un particolare atteggiamento di interesse ovvero di rifiuto del bambino nel trattenere od evacuare le feci: i bambini che nella prima infanzia «impiegarono relativamente parecchio tempo per giungere a padroneggiare l'incontinentia alvi infantile, e che anche dopo, nell'infanzia, ebbero a lamentare singoli infortuni in questa funzione», così come «quei lattanti che si rifiutano di vuotare l'intestino quando sono posti sul vaso perché ritraggono dalla defecazione un piacere accessorio», diverrebbero in età adulta persone «particolarmente ordinate, parsimoniose ed ostinate», con predisposizione ad alcune forme di nevrosi e di stravaganza. Il Volosinov, nel suo saggio critico "Freudismo", avalla la "somiglianza soggettiva artificiosa" e la "somiglianza di impressioni" fra le feci e l'oro e fra il trattenere le feci ed il trattenere il denaro. Il raggiungimento del controllo della defecazione nel bambino è ritenuto da alcuni studiosi fra i quali il Bettelheim "un'esperienza fondamentale per la socializzazione"; per questo studioso "tutti i bambini, anche se non lo dimostrano, si ribellano all'idea di imparare a controllare il processo di evacuazione". In questa visione si esplicita l'assunto di Piaget per il quale il "patto con noi stessi" deriva dal desiderio di compiacere i desideri degli altri al fine di gratificare l'autostima, il che tradotto nel contesto della sollecitazione genitoriale a controllare la defecazione è sintetizzato ancora dal Bettelheim nel principio indotto nel bambino del "Mi controllerò, in modo che i miei genitori mi vorranno più bene e io potrò essere orgoglioso di me stesso". Per Freud il controllo è piuttosto raggiunto attraverso l'imposizione genitoriale-dittatoriale di una "moralità sfinterica" capace di suscitare senso di colpa e la rudimentale consapevolezza della defecazione porrebbe per la prima volta il bambino dinanzi alla scelta alternativa fra un'attitudine narcisistica ed una focalizzata sull'amore per l'oggetto prodotto. Il bambino quindi può separarsi dalle feci, "offrendole in sacrificio" ai genitori, oppure tenersele per sé, allo scopo di procurarsene soddisfacimento autoerotico e comunque come forma di affermazione del proprio arbitrio. Ma per restare all'analisi freudiana, la defecazione riveste involontariamente il ruolo particolarissimo di argomento con il quale il giovane Jung, ancora specializzando, riuscì a catturare la più viva attenzione di Freud su di sé e sul suo lavoro, aprendo la strada ai loro successivi rapporti professionali, dai quali sarebbe stata condizionata l'intera scienza psicanalitica: descrivendo alcune particolarissime condotte della sua paziente Sabina Spielrein[24], il primo caso che seguiva con il metodo freudiano, Jung evidenzia proprio la stranissima gestione di questa funzione biologica. Freud se ne interessò al punto da essere incolpevolmente coinvolto dall'altro sin nei non suoi limpidi maneggi circa la relazione con la paziente, che fu tuttavia da Freud conosciuta ed analizzata direttamente. Poiché la cartella clinica evidenziava anche una componente di autoerotismo ben più significativa nella condotta della paziente, sia Jung che Freud avrebbero addotto una generale causazione di fonte sessuale per gli atti condizionanti sull'istinto escretorio e per i sogni ad argomento defecatorio che l'analisi rivelò; la stessa Spielrein avrebbe poi pubblicato nel 1923 un saggio dall'eloquente titolo di "Autosoddisfacimento nella simbolica del piede". Consistendo di una situazione in cui le difese rispetto a potenziali aggressori sono molto scarse, la defecazione ordinaria viene spesso eseguita in posizione riparata. stipsi La defecazione cioè l’espulsione delle feci, è un atto originato nell’uomo dalla spinta del contenuto intestinale nel colon sigmoide e nel retto ad opera dei movimenti del crasso. L’atto della defecazione ha componenti volontarie ed involontarie che implicano processi somatici e viscerali. La parte involontaria è organizzata su base riflessa sia incondizionata che condizionata. Il retto è la più importante zona d’origine d’impulsi afferenti per il riflesso della defecazione essendo ricco di recettori, i meccanocettori ed ha un esteso plesso mioenterico, ossia una sorta di “centralina nervosa” che regola il movimento. La porzione afferente delle fibre nervose è costiutuita da fibre sensitive decorrenti nei nervi pelvici che portano impulsi ai centri lombo-sacrali della defecazione e di lì tramite il fascio spinotalamico anche nelle aree sensitive corticali. Il canale anale invece è ricco di terminazioni nervose organizzate che mediano sensazioni dolorifiche, tattili e termiche. La relativa innervazione afferente al midollo spinale è costituita da fibre dei nervi pudendi. Il centro che presiede al funzionamento del retto e del canale anale è detto centro anospinale e comprende due zone del modollo spinale: il tratto toraco-lombare (T10-L2) origine dei nervi ipogastrici e colici lombari (ortosimpatico) che innervano la muscolatura liscia rettale, con effetto inibitorio e lo sfintere interno liscio con effetto eccitatorio; il tratto sacrale (S1-S3), origine dei nervi pelvici (parasimpatico sacrale), che innervano la muscolatura liscia rettale, con effetto eccitatorio, e lo sfintere interno liscio con effetto inibitorio, sia dei nervi pudende interni (somatici motori) che innervano lo sfintere esterno striato. Il centro lombare controlla il contenimento delle feci, mentre quello sacrale la loro espulsione (defecazione): le relative vie efferenti sono, evidentemente, i nervi ipogastrici e colici lombari (ortosimpatico) ed i pelvici (parasimpatico). Il contenimento delle feci (la cosiddetta continenza anale), in condizioni normali dipende da diversi fattori: .. 1) dall’adattamento plastico del retto che si comporta come un serbatoio di notevole distensibilità (compliance rettale); 2) dalla potente contrazione tonico dello sfintere liscio che creando nel canale anale una zona di elevata pressione (25-120 mmHg) crea una barriera alla più bassa pressione rettale (5-20 mmHg); 3) dalla contrazione dello sfintere esterno strito, che però svolge la sua funzione principalmente nelle condizioni di emergenza, apportando tramite la volontà un ulteriore elemento di sicurezza, anche s edi breve durata; 4) dall’esistenza di un angolo di 80° tra retto e canale anale; 5) dalla tendenza all’adesione delle superfici umide della mucosa del canale anale. Di solito la massa delle feci non passa oltre il sigma nel retto, fino a che non sta per iniziare la defecazione. L’entrata delel feci nel retto avviene in seguito a un movimento di massa, preceduto da contrazioni migranti giganti del colon. Una distensione del retto per aumento del contenuto e di una pressione di 25 mmHg causa delel risposte riflesse. Esse consistono in: 1) rilasciamento dello sfintere interno liscio e contrazione dello sfintere esterno striato, 2) contrazione della muscolatura longitudinale e circolare del retto non correlata a quella degli sfinteri 3) rilasciamento dello sfintere esterno striato. Nel normale atto delle defecazione la mass afecale viene spinta fuori dal retto da una contrazione massiva del crasso, potenziata dall’aumento della pressione intraaddominale ottenuto volontariamente per contrazione del diaframma e della parete addominale anteriore a glottide chiusa (manovra di Valsala). Il canale anale si apre per allontanamento delle sue pareti conseguente alla discesa del pavimento pelvico assumendo la forma ad imbuto, così ogni aumento della pressione intraaddominale o intrarettale finisce per spingere fuori le feci. Infine l’elevazione della parete pelvica e la contrazione concomitante degli sfinteri bloccano l’espulsione del contenuto intestinale: la defecazione cessa e si ha il riflesso di chiusura. . Il riflesso della defecazione può essere bloccato attraverso dei riflessi condizionati, proprio come il cane di Paulov! Si tratta di comportamenti che apprendiamo da bambini, col sistema delle ricompense e rimproveri, fino a quando ci causiamo una stipsi dovuta all’inibione condizionata del riflesso defecatorio. Cause Le cause del mal di pancia possono essere tante e le più disparate. Fortunatamente, come ha sottolineato di recente un team internazionale di esperti anche italiani, quando nella sintomatologia addominale persistente o ricorrente il dolore occupa un posto di particolare rilievo la diagnosi più ragionevole e più probabile è quella di colon irritabile (spesso erroneamente indicato col termine di colite spastica). Tra le altre possibili cause di mal di pancia ci sono un'alimentazione incongrua e la stitichezza. Colon irritabile | Cattiva alimentazione | Stitichezza | Altro Colon irritabile Il colon irritabile è una sindrome (cioè un complesso di sintomi) registrabile nel 15-20 per cento della popolazione generale dei paesi occidentali, imparentata e spesso coesistente con la cattiva digestione e quindi, come questa, caratterizzata dall'assenza di una base organica. Il mal di pancia di grado variabile si associa in questa sindrome con stitichezza o diarrea o alternanza delle due, anche se esistono intervalli più o meno lunghi di asintomaticità. Nelle forme più lievi il colon irritabile non altera molto la vita di chi ne soffre e più del 50 per cento dei pazienti non si rivolge al medico, ma in una minoranza di casi è tale da influire pesantemente sulla qualità di vita del paziente. Alla base del dolore nei pazienti con colon irritabile vi sono frequenti spasmi a vari livelli della muscolatura del colon, associati ad un disordine nei movimenti intestinali. Queste alterazioni della motilità intestinale, espresse da diarrea o da stitichezza, sono più o meno strettamente associate ad altri fattori quali, in particolare, il carattere e l'emotività del soggetto (in quasi tutti), e un'intolleranza verso certi cibi, in particolare il latte e i derivati del latte. Negli ultimi anni sta emergendo il ruolo della bassa soglia al dolore, cioè della patologica sensibilità della mucosa intestinale nei confronti del contenuto solido o gassoso dell'intestino. In altre parole, le persone che soffrono di colon irritabile registrano in modo doloroso (e con modificazione nel loro modo di andare di corpo), un contenuto intestinale che l'80 per cento delle persone non avverte o comunque non percepisce come sensazione dolorosa. Che effettivamente sussista questa sensibilità particolare, comune del resto anche ai soggetti che soffrono di alterazioni digestive, è dimostrato dal fatto che, in molti casi, insufflando in un palloncino posizionato nel retto di persone con colon irritabile, queste avvertono dolore per quantità di gas che in soggetti normali non vengono percepite. Questa bassa soglia al dolore è facilitata dalla presenza nella mucosa intestinale di specifici recettori, speciali strutture cellulari sensibili a stimoli sia pressori che chimici. Stimolati (o inibiti) questi recettori originano (o non originano) impulsi indirizzati alla corteccia cerebrale, che registrerà il dolore, e alla muscolatura intestinale, che reagirà contraendosi (o non contraendosi). Cattiva alimentazione Si tratta della causa di gran lunga più frequente del mal di pancia occasionale e di breve durata; l'incongruenza può essere quantitativa (la grande abbuffata) e/o qualitativa (eccesso di cibi che determinano la produzione di molto gas come fibre, verdura, frutta, grassi, di bevande gassate specie se ghiacciate, di caffè e alcolici). Le bevande gassate ghiacciate sviluppano nel tratto digestivo un volume di gas pari a tre volte circa il loro volume liquido iniziale, quindi una lattina di 330 ml comporterà lo sviluppo di quasi 1000 ml di gas. Stitichezza Tra i disturbi che creano qualche problema o che fanno vivere decisamente male, e in qualche caso malissimo, la stitichezza (stipsi) occupa un posto di assoluto rilievo in una percentuale di persone "normali" tutt'altro che trascurabile, specie se al di sopra dei 60 anni e se di sesso femminile. Inchieste condotte negli Stati Uniti indicano che anche la scarsa attività fisica, il basso reddito e il basso grado di istruzione sono fattori che favoriscono la stipsi. Nonostante la frequenza del disturbo (dopo i 65 anni un uomo su quattro ed una donna su tre soffrono di stitichezza) e nonostante il disagio dichiarato dai pazienti che ne soffrono, le idee sul cosa fare sono più numerose che ben definite. Questo è dovuto ad almeno due ragioni: la prima è che la stitichezza tende ad essere drammatizzata da chi ne soffre e in genere scarsamente considerata o quanto meno sdrammatizzata dal medico; la seconda è che la gente chiama "stitichezza" delle alterazioni nell'andar di corpo in sé molto variabili, che spesso non corrispondono alla definizione di stitichezza cui invece si attiene il medico. Da qualsiasi angolatura lo si consideri, il problema merita comunque la nostra considerazione perché da un lato la stitichezza in una percentuale non trascurabile dei casi può essere corretta, del tutto o in parte, con semplici direttive e, dall'altro, perché in una minoranza dei casi il disturbo può essere una spia più o meno precoce di una patologia importante che è sempre meglio riconoscere tempestivamente per poter intervenire il più efficacemente possibile. Altre cause del mal di pancia possono essere: infezioni microbiche o virali intestinali: la diarrea associata è d'obbligo, ma si ha quasi sempre una risoluzione spontanea in qualche giorno. Le infezioni parassitarie vanno considerate soprattutto in soggetti che hanno soggiornato in paesi tropicali farmaci: il mal di pancia può essere causato da abuso di lassativi diverticoli intestinali: se paragoniamo il "tubo" intestinale ad una strada piena di curve i diverticoli possono essere paragonati a piazzole di parcheggio di dimensione variabile (da pochi millimetri ad un chicco d'uva o più) e più o meno numerose (da diverticoli unici a decine-centinaia). In queste "tasche" diverticolari, che prevalgono nel colon discendente e nel sigma, si depositano sia materiale fecale che gas che possono parzialmente persistere anche dopo la defecazione. Ciò provoca la sensazione di non aver evacuato a sufficienza, il fastidio di essere ancora pieni di feci e gas. Se i diverticoli si infiammano, il mal di pancia, anche intenso, è la regola. Le complicazioni dei diverticoli, rare ma possibili, sono la perforazione (il materiale contenuto nei diverticoli può allora riversarsi nella cavità peritoneale) e l'emorragia. MINZIONE L'urina è il prodotto della escrezione del rene attraverso la quale vengono eliminati dall'organismo i prodotti metabolici (scorie dannose, soprattutto urea) presenti nel sangue. Essa fluisce nella pelvi renale, quindi nell'uretere e si raccoglie nella vescica, organo cavo preposto al suo accumulo. L'emissione di urina avviene poi attraverso l'uretra, e viene definita minzione. Nel linguaggio medico le urine emesse in un definito arco temporale prendono il nome di diuresi. Medicina Nell'uomo sano l'urina è un liquido limpido, atossico, sterile, incolore in condizioni normali, giallo paglierino nelle urine concentrate (la colorazione è dovuta all'urocromo, pigmento derivato probabilmente dalla degradazione delle proteine tissutali). Il valore del pH è variabile tra 4,4 e 8, anche se normalmente vicino a 6: al di sopra dei valori medi di pH, (per esempio con pH = 8) si è in presenza di alcalosi, oppure tale valore può essere osservato in individui che seguono una dieta con poche proteine. Al di sotto, invece, si verifica acidosi, pericolosa perché l’epitelio di transizione delle vie urinarie non è protetto dagli insulti acidi. La densità è pari a 10151025 kg/m³. La quantità di urina prodotta è estremamente variabile, in quanto la percentuale di acqua dipende dalla somma dei processi di filtrazione, che avvengono nei glomeruli renali, e di riassorbimento, che avvengono invece nei tubuli renali; in una persona sana l'eliminazione di acqua con le urine dipende dalla quantità di liquidi introdotti (con alimenti e bevande) e persi (sudorazione, feci, vapore acqueo nell'aria espirata, ecc.). Una persona adulta produce giornalmente, in media, una quantità di urine compresa fra di 500 ml e 2500 ml. Sebbene anche in persone sane sia possibile osservare valori esterni a questo range, per convenzione si parla di oliguria ("poche urine") per quantità giornalire inferiori al limite minimo e analogamente di poliuria ("molte urine") per quantità superiori al limite massimo. L'espulsione di urea consente di eliminare le scorie in modo da comportare una perdita d'acqua molto piccola. Se l'ammoniaca fosse mandata ai nefroni direttamente, per non produrre gravi danni essa dovrebbe essere molto più diluita. L'espulsione di urina non è l'unico mezzo con cui perdiamo liquidi corporei: oltre al sudore, infatti, circa mezzo litro viene disperso con la ventilazione (fino a 500 ml senza attività fisica) , mentre in media 250 cm3 di acqua al giorno vengono espulsi con le feci. Viceversa, all'incirca mezzo litro d'acqua viene prodotto quotidianamente grazie alle reazioni biochimiche(H2O endogena), per esempio dalla beta ossidazione dei lipidi. Composizione Un litro di urina è composto da: • acqua (960 g) • urea (20-25 g) • cloruro di sodio (10-16 g) • azoto (10-15 g) • sodio • urobilina • ammoniaca • acido urico • acido ippurico • acido solforico • acido fosforico • acido cloridrico • potassio • calcio • magnesio • creatinina Soglia renale È la quantità di glucosio nel sangue (glicemia) pari a 180 mg/dl. Sopra questa concentrazione il glucosio passa nelle urine, richiamando acqua; in ultima analisi avremo poliuria e disidratazione. La comparsa di poliuria, specie se accompagnata da un aumento della sete (polidipsia), deve indurre ad indagare sulla possibile presenza di diabete. Percorso dell'urina L'urina, dopo essere stata filtrata attraverso i reni, si presenta come sostanza liquida nella vescica urinaria, per poi essere espulsa dall'uretra. Patologia Un campione di un soggetto affetto da ematuria Alterazioni della composizione • Chetonuria presenza di corpi chetonici (in particolare di acetone) nelle urine • Albuminuria, presenza di albumina nelle urine • Microalbuminuria • Ipostenuria urine poco concentrate • Ematuria presenza di sangue nelle urine: • Microematuria: presenza di globuli rossi visibili all'esame microscopico delle urine • Macroematuria: presenza di sangue visibile ad occhio nudo che colora le urine (solitamente marrone/rossiccio) • Glicosuria/Mellituria presenza di zuccheri nelle urine • Lipiduria, presenza di lipidi nelle urine • Leucocituria, presenza di leucociti (globuli bianchi) nell'urina (frequente in corso di infezioni delle vie urinarie) • Piuria presenza di pus nelle urine • Pneumaturia eliminazione di gas assieme alle urine • Proteinuria, presenza di proteine nelle urine (patologica solo se superiore ad una soglia definita) Alterazioni del colore • Giallo intenso/arancio: possibile presenza di quantità patologiche di bilirubina o di urobilina (da patologie del fegato o del sangue) o di alcuni farmaci (antibiotici, antipiretici) • Rosso o marrone rossastro: sangue (ematuria), emoglobina, mioglobina, porfirina, coloranti, alcuni farmaci antipiretici, consumo di barbabietole • Verdastro: biliverdina in alcune malattie caratterizzate da ittero grave, acido fenico nelle intossicazioni, alcuni farmaci (acido salicilico,sulfamidici, farmaci psicoattivi) • Bruno/nero: emoglobina, porfirina in alcuni casi di porfiria • Blu: uso di diuretici SONNO Il sonno è definito come uno stato di riposo contrapposto alla veglia. In realtà questa definizione, come altre definizioni che si possono trovare su vari dizionari (periodica sospensione dello stato di coscienza durante la quale l'organismo recupera energia; stato di riposo fisico e psichico, caratterizzato dalla sospensione, completa o parziale, della coscienza e della volontà, dal rallentamento delle funzioni neurovegetative e dall'interruzione parziale dei rapporti sensomotori del soggetto con l'ambiente, indispensabile per il ristoro dell'organismo) non è completamente vera. Come la veglia, infatti, il sonno è un processo fisiologico attivo che coinvolge l'interazione di componenti multiple del sistema nervoso centrale ed autonomo. Infatti, benché il sonno sia rappresentato da un apparente stato di quiete, durante questo stato avvengono complessi cambiamenti a livello cerebrale che non possono essere spiegati solo come un semplice stato di riposo fisico e psichico. Ad esempio, ci sono alcune cellule cerebrali che in alcune fasi del sonno hanno una attività 5-10 volte maggiore rispetto alla veglia. Due caratteristiche fondamentali distinguono il sonno dallo stato di veglia: la prima è che il sonno erige una barriera percettiva fra mondo cosciente e mondo esterno, la seconda è che uno stimolo sensoriale (ad esempio un rumore forte) può superare questa barriera e svegliare chi dorme. Un adeguato sonno è biologicamente imperativo ed appare necessario per sostenere la vita. Definizione e differenza da altri stati di alterazione di coscienza Bambino che dorme È difficile dare una definizione precisa del sonno. Una delle più calzanti è quella data nel 1985 da Fagioli e Salzarulo che lo presentano come "uno stato dell'organismo caratterizzato da una ridotta reattività agli stimoli ambientali che comporta una sospensione dell'attività relazionale (rapporti con l'ambiente) e modificazioni dello stato di coscienza: esso si instaura autonomamente e periodicamente, si autolimita nel tempo ed è reversibile". Altra definizione: Stato prontamente reversibile di ridotta attività ed interazione con l'ambiente circostante. La dizione "prontamente reversibile" non si può quindi associare alcoma o all'anestesia che, rispettivamente, sono una patologia e uno stato di quiete indottofarmacologicamente. Il sonno quindi si differenzia da altri stati di alterazione di coscienza: • Col sonno la perdita dello stato di coscienza è, come già detto, reversibile. Quindi il soggetto può risvegliarsi dopo stimolo non doloroso. • Lo stupor, diversamente, è un'alterazione dello stato di coscienza dal quale si ci può risvegliare dopo somministrazione di uno stimolo doloroso. • Lo stato comatoso è un'alterazione dello stato di coscienza dal quale non ci si può risvegliare dopo somministrazione di uno stimolo doloroso. • Ben più grave è la morte cerebrale con la cessazione irreversibile di tutte le attività cerebrali. Significato del sonno Teoria del recupero Secondo questa teoria, il sonno avrebbe la funzione di ristorare l'organismo: in particolare il sonno avrebbe una funzione di recupero sull'organismo durante le fasi NREM e di recupero (svolgendo un ruolo di riprogrammazione genetica dei comportamenti innati[senza fonte]) e fissazione della memoria (facilitando l'incorporazione di nuovi comportamenti appresi in veglia) durante le fasi REM. Solitamente, si consiglia di dormire almeno 8 o 9 ore di sonno per essere in perfetta forma. Se un individuo è sottoposto a più di queste ore di base sarà pervaso da uno stato di tranquillità e di stanchezza poiché il nostro organismo tende a conservare lo stato di massima rilassatezza. Ciononostante, se si dovessero fare anche solo 5 ore di sonno, la cosa non avrebbe molta rilevanza sull'organismo; possono però sorgere dei problemi dopo almeno 4 mesi di sonno disturbato. Questa teoria è stata descritta da George Meadows (Il grande libro del sonno). Teoria della conservazione dell'energia Questa teoria si fonda sull'osservazione che durante il sonno si assiste ad una riduzione dell'attività metabolica del 10% e della temperatura del corpo. Questo dato ha poco valore nell'uomo ma assume grande significato dal punto di vista evolutivo. Rispetto agli animalipoichilotermici come i rettili, i mammiferi e gli uccelli hanno bisogno di un notevole dispendio di energia per mantenere costante la temperatura interna. Per questo motivo la riduzione di temperatura che si verifica soprattutto durante le prime fasi del sonno avrebbe il significato di preservare energia. Questo processo è lo stesso che permette a molti animali di iniziare il processo di letargo. Teoria dell'apprendimento Secondo questa teoria il sonno e soprattutto il sonno REM avrebbe un ruolo determinante per la maturazione del sistema nervoso centrale, infatti durante la fase REM si assiste ad un incremento dell'attività cerebrale. In studi sperimentali uomini sottoposti a sessioni intensive diapprendimento presentavano un aumento significativo del sonno REM, espressione del processo di fissazione dei dati appresi nella memoria a lungo termine. I neonati presentano una percentuale maggiore di sonno REM rispetto agli adulti ed agli anziani parallelamente alla maggiore capacità di apprendere. Teoria evolutiva Il sonno secondo la teoria evolutiva si sarebbe sviluppato in relazione al concetto di rapporto predapredatori ovvero in relazione alle influenze dell'ambiente. Durante il sonno le prede attraggono meno l'attenzione dei predatori ma dall'altra parte sono anche più vulnerabili in quanto meno sensibili agli stimoli. Ad esempio gli erbivori dormono per periodi brevi in modo da avere tempo di procacciarsi il cibo e vigilare contro i predatori. Gli animali carnivori essendo meno in pericolo e procacciandosi più velocemente il cibo possono dormire più a lungo. Basti pensare che l'animale che presenta la quantità di sonno REM maggiore (circa 200 minuti) è proprio l'animale meno a rischio ambientale: il gatto domestico. Le fasi del sonno Nel 1953 Eugene Aserinsky e Nathaniel Kleitman scoprirono la presenza dei movimenti oculari rapidi (REM) durante il sonno. Questa semplice osservazione permise di differenziare il sonno in una fase REM (con movimenti oculari rapidi) e in una fase non REM (fase NREM). Nel 1963 Kleitman e Dement descrissero per la prima volta l'alternanza, durante il periodo di sonno, del sonno REM e NREM in cicli, introducendo il concetto di architettura del sonno. Macrostruttura e microstruttura del sonno [modifica] Tradizionalmente, tre misure principali sono state usate per definire la fisiologia del sonno: • l'elettroencefalogramma (convenzionalmente abbreviato come "EEG") che traduce l'attività cerebrale in onde elettriche[senza fonte] • l'elettrooculogramma (convenzionalmente abbreviato come "EOG") registra i movimenti oculari e li traduce in onde elettriche • l'elettromiogramma (convenzionalmente abbreviato come "EMG") che registra l'attività muscolare (solitamente in polisonnografia quella delmuscolo miloioideo) . Questi tre parametri definiscono il montaggio sonno[non chiaro] della polisonnografia. A questi parametri possono essere aggiunti altri parametri come la pressione arteriosa, la ph-metria esofagea, la temperatura corporea e altri che definiscono il montaggio libero[non chiaro]. Alla fine degli anni sessanta, dopo la scoperta del sonno REM e NREM e del concetto di ciclicità di queste due fasi all'interno del sonno è nata la necessità di classificare in maniera standard le variazioni elettroencefalografiche che si verificavano durante il sonno in maniera macroscopica. Nel 1968 Rechtschaffen e Kales basandosi sull'analisi dei parametri elettroencefalografici, elettromiografici ed elettrooculografici classificarono il sonno in 5 stadi: 4 stadi NREM (stadio 1; stadio 2; stadio 3; stadio 4) ed uno stadio REM. Macrostruttura del sonno Veglia Durante la veglia l'EEG alterna fondamentalmente tra due pattern. Un pattern chiamato di "attivazione" (o pattern desincronizzato) caratterizzato da onde di basso voltaggio (10-30 microvolt) ed alta frequenza (16-25 Hz) ed un secondo chiamato "attività alfa" caratterizzato da onde sinusoidali di 812 Hz. L'attività alfa è tipicamente presente ed abbondante quando il soggetto è rilassato ad occhi chiusi. Il pattern di attivazione è presente quando il paziente è in stato di attenzione ad occhi aperti. I movimenti oculari sono sia rapidi che lenti e il tono muscolare è medio-alto. Stadio 1 Durante lo stadio 1 l'attività alfa diminuisce, il pattern di attivazione scarso, L'EEG è costituito principalmente da onde di basso voltaggio di frequenza mista tra i 3-7 Hz. I movimenti degli occhi sono ancora presenti ma lenti, rotanti e oscillatori (non in opposizione di fase come nella fase REM). L'elettromiogramma mostra una attività tonica persistente benché di intensità inferiore rispetto alla veglia. Stadio 2 Nello stadio 2 è presente una attività di fondo di voltaggio relativamente basso, con frequenza variabile ma vicina alle onde theta (3-7 Hz). Lo stadio 2 è caratterizzato dalla presenza di due componenti, i cosiddetti complessi K e i fusi del sonno (o splinders). Questi ultimi di provenienza talamica, mancano nell'insonnia familiare letale, malattia mortale per la privazione del sonno. I movimenti degli occhi sono lenti, mentre l'EMG si riduce ulteriormente. Stadio 3 Nello stadio 3 il 20% - 50% di ogni epoca (convenzionalmente un periodo di registrazione EEG di 30 sec.) deve contenere attività Delta ovvero onde EEG di grande ampiezza (>75 microvolt) e bassa frequenza (circa 0,5 - 4 Hz). Il tono muscolare in questo stadio è lievemente ridotto ed i movimenti degli occhi praticamente assenti. I fusi del sonno possono presentarsi oppure no, mentre sono presenti i complessi K, sebbene spesso siano difficilmente distinguibili dalle onde delta. Stadio 4 Lo stadio 4 è caratterizzato dalla presenza di onde delta, che qui raggiungono la massima ampiezza e la minima frequenza, per più del 50% di ogni epoca. Come per lo stadio 3, i fusi possono essere assenti o presenti mentre i complessi K sono presenti, ma pressoché irriconoscibili dal ritmo delta di fondo. I movimenti degli occhi non sono presenti mentre persiste uno stato di attivazione muscolare tonica molto basso. In questa fase l'attività metabolica del cervello è ridotta (minor consumo di ossigeno e glucosio). Se il soggetto si sveglia in questa fase rimane confuso per qualche minuto. Stadio Rem Lo stadio REM è caratterizzato da un EEG a basso voltaggio con frequenze miste. L'EEG del sonno REM ricorda molto quello dello stadio 1 se non per le caratteristiche scariche di onde con la caratteristica morfologia a 'dente di sega'; per i movimenti oculari rapidi (da cui appunto la denominazione dello stadio) e per il basso tono dei muscoli mentonieri. Inoltre questa fase è caratteristica per la paralisi dei muscoli (per evitare di mimare i sogni) e per i sogni. Il cervello consuma ossigeno e glucosio come se il soggetto fosse sveglio e stesse svolgendo un'attività intellettuale. Se ci si sveglia in questa fase si è perfettamente orientati. Microstruttura del sonno Il sonno dall'infanzia all'età adulta e all'anziano Nel neonato il sonno ha un ritmo polifasico: ritmico, ritmico ad onde lente, lento, alternante. Con lo sviluppo il sonno diventa bifasico. Le tre caratteristiche del sonno del neonato sono: • Alternanza: il nucleo sovrachiasmatico regola il sonno e la veglia. • Quantità: preminente nella prima fase della vita va man mano a ridursi con lo sviluppo, resta costante durante l'adolescenza per poi diminuire nella vita adulta. • Sonno REM: nelle prime due settimane di vita la sua percentuale sulle ore totali di sonno è del 50%, vista la sua importante funzione integrativa della memoria, in seguito si riduce. I neonati dormono circa 16-18 ore al giorno ed il loro sonno è equamente distribuito nell'arco delle 24 h. Dal sesto mese di vita il sonno scende intorno alle 1415 ore al giorno ed inizia ad emergere un pattern diurno. Questa quota giornaliera di sonno rimane praticamente stabile fino all'anno di vita. Un ulteriore graduale passaggio verso le 10-12 ore avviene tra i tre ed i cinque anni di vita. All'età di 10 anni la quantità di sonno giornaliera si aggira intorno alle 10 ore o meno. La quantità di sonno giornaliera continua a decrescere durante l'adolescenza fino a trovare una stabilità nelpattern adulto. In parallelo tuttavia la diminuzione di ore complessive di sonno nell'adolescenza è accompagnata da un aumento della tendenza ad addormentarsi durante il giorno. I principali stati comportamentali riscontrati nell'adulto sono lo stato di veglia, lo stato di rilassamento con un andamento più armonioso e lento, la sonnolenza con andamento basso il sonno, il sonno profondo e lo stato di coma. L'anziano dorme circa 6-7 ore per notte, tuttavia la qualità del sonno è assai diversa da quella del giovane. Il sonno è infatti molto più frammentato da momenti di veglia ed è a volte più suscettibile ai possibili disturbi ambientali. Una possibile interpretazione di questi fatti è che il bisogno di sonno si riduce nelle persone anziane. Patologia del sonno Numerose sono le patologie del sonno, che possono distinguersi in dissonnie e parasonnie. La Classificazione internazionale dei disturbi del sonno (ICSD 2005) ne raggruppa tantissimi (oltre 90). I principali sono: • Insonnia • Disturbi respiratori del sonno (sindrome delle apnee notturne) • Ipersonnia • Disturbi del ritmo cardiaco nel sonno • Sonnambulismo • Disturbi motori del sonno (sindrome delle gambe senza riposo, bruxismo) Posizioni nel sonno Psicologi ed esperti di linguaggio del corpo associano le posizioni che si assumono durante il sonno ad inconsce aspirazioni e desideri personali. Secondo questa interpretazione, le persone che hanno un carattere dipendente e bisognoso sarebbero quelle che tendono ad addormentarsi in una modalità protetta: a pancia in giù, eventualmente abbracciati al cuscino. La persona proteggerebbe la pancia, una parte tenera, la zona dove è custodito l'inconscio[senza fonte]. Al contrario, un carattere dominante è associabile di frequente ad una persona che dorme in posizione supina. Le donne preferiscono dormire sdraiate su un fianco, in modo da proteggere il cuore e la pancia. Questa scelta è associata all'idea, tipicamente femminile, di proteggere la procreazione. IGIENE Igiene personale e dell'ambiente. L'igiene è una disciplina che si rivolge alla difesa della salute. Il suo intento è quello di conferire uno stato di completo benessere fisico alle popolazioni, prevenendo le malattie e promuovendo la salvaguardia dell'ambiente. Differentemente dal medico, l'igienista si occupa degli individui sani, o ricerca le cause delle malattie ormai in corso con l'intento di eliminarle. La lotta contro le malattie infettive, epidemiche e contagiose, è indubbiamente l'aspetto più importante di tale disciplina, che tuttavia si estende allo studio di nuove metodiche da adottare per proteggere e migliorare lo stato di salute di tutti gli individui, dal periodo prenatale fino alla vecchiaia e, più in generale, alla tutela dell'ambiente (inquinamento dell'aria, dell'acqua, del suolo, degli alimenti) e alla prevenzione dei rischi professionali. Per quanto riguarda in particolare l'igiene personale, esistono alcune norme che, se rispettate, facilitano il mantenimento di un buono stato di salute: lavarsi i denti dopo ogni pasto è un gesto che costa poca fatica, ma può evitare grandi disagi come il formarsi della carie e l'insorgere di infezioni gengivali; una costante igiene intima, invece, inibisce il proliferare di forme batteriche dell'apparato genitale. Molta accuratezza merita la pulizia delle mani e delle unghie che sono portatrici digermi; buona norma è, infatti, quella di lavarsi accuratamente le mani ogni volta che, rientrati a casa, si procede a cucinare le vivande o a mangiare. Ricordandoci tutte le azioni che abbiamo fatto durante la giornata (maneggiare soldi, reggersi ai sostegni dei mezzi pubblici, appoggiarsi ai banconi dei negozi ecc.), troveremo mille motivi per lavarci le mani con cura. Ogni parte del corpo necessita di attenzione e di piccole cure che, eseguite con costanza, conferiscono al nostro fisico salute e vigore. Anche l'ambiente che ci circonda deve mantenere un alto grado di igiene per scongiurare il diffondersi di malattie. Con grande attenzione si dovrebbe guardare all'ambiente scolastico, nel quale le norme di pulizia degli spazi comuni e il sistema di conservazione alimentare per le mense richiedono la messa in atto di severe procedure; un discorso analogo vale per i luoghi pubblici e gli ambienti di lavoro. Tuttavia non si può pensare che la responsabilità dell'igiene ambientale sia compito solo delle istituzioni, è anzi dovere di attivamente ogni al singolo benessere individuo comune partecipare attuando comportamenti in tal senso corretti. Ecco perché la scuola appare il luogo più adatto affinché le regole igieniche fondamentali vengano insegnate, con corsi e seminari, ai più piccoli. TECNOLOGIE E SISTEMI PER SODDISFARE I BISOGNI WATER Il water - chiamato anche, soprattutto nel gergo tecnico, vaso sanitario - è un apparecchio sanitario costituito da un vaso, generalmente inceramica (ma ve ne sono anche versioni in acciaio, in vetro e in resina), destinato allo smaltimento degli escreti di funzioni fisiologiche come la minzione e la defecazione. Morfologia e funzionamento Schema morfologico Scarico a sifone Il water è costituito da un vaso di colletta, tipicamente dotato di sedile (spesso ribaltabile), collegato ad una tubatura di scarico a mezzo di un sifone riempito d'acqua per evitare la diffusione di cattivi odori nell'ambiente. Dopo ciascun utilizzo, la parte interna del vaso viene ripulita da un getto d'acqua, di solito proveniente da un piccolo serbatoio, usualmente denominato sciacquone; tale soluzione ha soppiantato progressivamente l'impiego di acqua corrente, in quanto permette di impiegare una quantità adeguata e non eccessiva di acqua ad ogni risciacquo, limitandone lo spreco. Taluni accorgimenti (altezza e conseguente incremento della caduta, direzionamento dei getti) ottimizzano la funzionalità del getto, gli escrementi vengono così spinti dal getto verso la tubatura di scarico fino a raggiungere la fossa biologica [1] o le fogne e l'acqua contenuta nel sifone viene rinnovata. Tipologie I water si distinguono per il tipo di montaggio in: • vasi con piedistallo, fissati al pavimento, con altezza normalizzata [2]. • vasi sospesi, fissati ad una parete e completamente staccati dal pavimento, con altezza in genere attorno ai 400 mm. • vasi a parete, altrimenti detti orinatoi. Le altezze indicate sono in genere comuni a quelle dei bidet montati accanto ai vasi. Dimensioni, caratteristiche e modalità di posa in opera sono oggetto di dettagliati standard edilizi in molti paesi, tendenti a favorire una fruizione ottimale del servizio al maggior numero possibile di utenti, contro le possibili differenziazioni biometriche. In Italia, ad esempio, i sanitari per bambini sino a 10 anni debbono avere un'altezza massima di 350 (±10) mm, quelli per disabili e persone affette da dolori articolari e dell'anca di 500 (±10) mm. Il sistema di lavaggio del vaso assume la denominazione comune di sciacquone. Gli sciacquoni possono essere: • a cassetta: • bassa, esterna o incassata a muro, con adduzione dell'acqua a quota prefissata [3], con pulsanti di apertura meccanici, che sempre più spesso consentono di modulare la quantità d'acqua impiegata per ogni singolo lavaggio secondo necessità (in genere consumando circa 3 o 6 litri). • appoggiata direttamente alla parte posteriore del vaso, con comandi e funzionamento analoghi a quelli delle cassette basse. • alta o a mezza altezza, esterna, con pulsante di apertura idraulico, sempre meno utilizzate, soprattutto per l'elevato consumo d'acqua che determinano ad ogni lavaggio (circa 9 litri). • a flussometro; un tubo dell'acqua corrente incassato a muro o a vista - è collegato direttamente al vaso a mezzo di un rubinetto, generalmente dotato di una molla che ne causa la chiusura automatica dopo esser stato azionato, garantendo così il lavaggio a mezzo di un predeterminato quantitavo d'acqua, in genere maggiore di quello impiegato con i sistemi a cassetta, determinando un maggior consumo di liquido. Per via dei possibili sprechi d'acqua, il sistema a flussometro è sempre meno diffuso. Il raccordo tra il sifone del vaso e il bocchettone di scarico (generalmente in PVC grigio [4]) può essere disposto verticalmente o orizzontalmente ed è sempre orizzontale nei vasi sospesi. La conformazione del sifone e l'orientamento del raccordo determinano la tipologia di funzionamento dello scarico: • a cacciata, con raccordo normalmente orizzontale; • ad aspirazione, con raccordo normalmente verticale. Cenni storici Servizi igienici collettivi di epoca romana negli scavi di Ostia Un vaso sanitario con accessori personalizzati L'invenzione del vaso sanitario sembra da attribuirsi all'inglese Alexander Cummings. Sistemi a seduta con risciaquo continuo, per certi versi analoghi ai vasi attuali, erano diffusi nel mondo romano antico. Importanti ritrovamenti archeologici a Ostia, Ercolano, Pompei e persino presso il Vallo di Adriano hanno consentito di evidenziarne anche un aspetto di costume per il quale le azioni esplicatevi si suppongono effettuate collettivamente con naturalità. Grazie ad una scoperta archeologica pare che in Cina, attorno all'anno 0, fossero usati servizi igienicimolto simili agli attuali. In una tomba della dinastia Han (dal 206 a.C. al 24 d.C.) è stato ritrovato un locale con un sistema per sedersi e raccogliere l'acqua[senza fonte]. In Occidente invece l'invenzione del water viene attribuita allo scrittore John Harington, figlioccio diElisabetta I d'Inghilterra. Il vaso era collocato in un piccolo ambiente, denominato water closet che, tradotto in italiano, significa propriamente "ripostiglio per l'acqua"[5] e non vaso sanitario, nonostantewater closet e la sua abbreviazione, w.c. o WC, siano spesso usati - sebbene erroneamente - per indicare non solo l'ambiente chiuso, ma lo stesso vaso. Nel 1590, sir Harlington ideò un marchingegno fornito di un serbatoio a torre contenente acqua. Unrubinetto a mano faceva affluire l'acqua in un serbatoio più piccolo, mentre una botola a valvola faceva defluire l'acqua di scolo in un pozzo nero. L'invenzione destò interesse nel pubblico, ma Harlington ebbe la sventurata idea di parlare del progetto in un suo libro, contenente allusioni di cattivo gusto. Le divagazioni allusive non piacquero alla regina Elisabetta, che bloccò la realizzazione del rudimentale vaso sanitario e non volle più saperne dell'ingegnoso figlioccio. Il water rappresentò un importante progresso igienico in quanto consentì di liberarsi in modo efficiente di materiali ad alto contenuto batterico che altrimenti potrebbero favorire l'insorgenza e la diffusione dimalattie ed infezioni nonché la prolificazione di topi e insetti. Nel Medioevo, quando era sconosciuto il water e non erano sistematicamente diffuse le fognature, gli escrementi erano generalmente depositati in vasi di coccio spesso vuotati direttamente dalle finestre, trasformando così le strade cittadine in luoghi maleodoranti e in cattive condizioni igieniche. Curiosità [modifica] Nel 2004 è stato trovato il water su cui Martin Lutero scrisse le sue 95 tesi, un sedile di pietra di 30 cm in una spoglia nicchia nel muro della sua casa. Il monaco pare infatti soffrisse di costipazione cronica e quindi passasse molte delle sue ore più costruttive al gabinetto. BIDET Il bidet o bidè è un lavabo utilizzato per il lavaggio della parte esterna dei genitali, delle natiche e dell'ano. Storia La parola bidet è anche il nome francese per indicare il pony; deriva da bider che significa "trottare". L'omonimia è dovuta alla somiglianza delle posizioni che si assumono durante l'utilizzo del bidet con quella della cavalcata del pony. Il bidet inizia a comparire negli arredamenti francesi tra la fine del XVII e l'inizio del XVIII secolo, ma non si conosce né la data certa né il nome del suo inventore. La prima testimonianza certa risale al 1710, anno in cui il probabile inventore,Christophe Des Rosiers, lo installò presso l'abitazione della famiglia reale francese. In realtà il bidet rimase inutilizzato in Francia; a Versailles esistevano 100 bagni ma furono dismessi tutti in una decina di anni. Utilizzo del bidè nel XVIII secolo. Nella seconda metà del 1700 troviamo il primo bidet utilizzato in Europa, proprio in territorio italiano, che diede il via alla sua diffusione prima nel Regno delle Due Sicilie e, molti anni più tardi, anche nel resto della penisola. Fu la Regina di Napoli Maria Carolina d'Asburgo-Lorena ad essere particolarmente innovativa nel volere un bidet nel suo bagno personale alla Reggia di Caserta. Dopo l'annessione al Piemonte, ad unità d'Italia avvenuta, i Savoia fecero l'inventario di ciò che trovarono nella reggia borbonica e, non sapendo cosa fosse, non seppero dare una definizione dell'oggetto; nell'inventario fu scritto "oggetto sconosciuto a forma di chitarra". Dal 1900, durante l'età vittoriana, con l'avanzamento tecnologico delle tubature, il bidet, assieme alvaso da notte, divennero strumenti utilizzati nella stanza da bagno e non più in camera da letto. Nel 1960 invece ci fu l'introduzione sul mercato del bidet elettronico cioè dovuto all'unione del gabinetto con il bidet, particolarmente utile in piccoli ambienti in cui i due sanitari non troverebbero posto. Utilizzo Il bidet è utilizzato principalmente per l'igiene intima. Inoltre può anche essere utilizzato per il lavaggio di altre parti del corpo, come ad esempio i piedi. Diffusione Il bidet è un accessorio comunemente presente in molti paesi dell'Europa meridionale (Italia, Spagna, Portogallo, Croazia, Slov enia e Grecia), in alcuni dell'America latina (Argentina, presente al 90% e Uruguay), in alcuni africani (specialmente Egitto e Morocco) e in alcuni parti dell'Asia (in particolar modo in Giappone, Bangladesh, Tailandia, India, e Corea del Sud). Quasi ogni casa del mondo arabo possiede istallato un bidet (tra cui Libano, Siria, Giordania, Kuwait, Arabia Saudita, Qatar, e gli Emirati Arabi Uniti. In questi paesi può essere installato in luoghi particolari come negli alberghi, e in Giappone è addirittura presente nei bagni pubblici. InEuropa il bidet è utilizzato non solo per il lavaggio intimo personale, in aggiunta alla carta igienica, ma anche per un lavaggio supplementare e opzionale, o per un'igiene corporale giornaliera. Nel 1980 in Giappone furono introdotte le prime toilette senza carta, cioè una combinazione di gabinetto e bidet in cui chi l'utilizza può lavarsi direttamente. Questo è presente in circa il 60% dei bagni e non è infrequente negli alberghi. Nonostante la Francia sia il paese di nascita dell parola bidet, molte case sono sprovviste di esso, specialmente gli appartamenti piccoli, economici o di recente costruzione. Gli abitanti di paesi nei quali le case private non dipongono comunemente di un bidet (Germania, Regno Unito o USA ad esempio), non sono familiari con il bidet e non hanno alcuna idea del suo utilizzo nel caso lo incontrino in viaggi all'estero. Questo è spesso causa di ilarità sulla loro igene personale da parte degli altri paesi. RUBINETTO Il rubinetto è un dispositivo di regolazione del flusso di materie liquide o aeriformi installato all'estremità (quindi regolazione dei flussi in uscita) o nel mezzo (quindi regolazione del flusso di passaggio) di un condotto, di una tubatura o di un serbatoio. Nel primo e terzo caso si parla più propriamente di rubinetto, nel secondo di valvola. Si distingue tra rubinetteria idrosanitaria, normalmente rifinita a mezzo verniciatura o processi galvanici e rubinetteria gialla o grezza, come i rubinetti per il combustibile o apparecchiature meccaniche. Tipologia Esistono diversi tipi di rubinetti e di valvole: • Rubinetto elettronico: rubinetto dotato di fotocellula che permette l’erogazione dell’acqua con il solo avvicinamento delle mani al rubinetto senza doverlo toccare, rispettando in questo modo le più restrittive norme igieniche. Contestualmente il funzionamento a fotocellula garantisce un consumo razionale dell'acqua, evitando inutili sprechi. La linea idralSYNT di IDRAL offre un’ampia gamma di applicazioni di questi sistemi no touch. • Rubinetto temporizzato: rubinetto azionato premendo il pulsante e dotato di meccanismo di arresto automatico dell’erogazione di acqua dopo un tempo prefissato. Questa tipologia di rubinetti sono la soluzione ideale negli ambienti pubblici e nei complessi sportivi, dove si vuole fornire all'utilizzatore massima igiene e praticità d'uso, garantendo contemporaneamente un efficace risparmio del consumo dell'acqua. La famiglia idralSAVE di IDRAL offre un’ampia gamma di applicazioni di rubinetti e miscelatori temporizzati. • Rubinetto a comando capacitivo: rubinetto comandato da circuito elettronico che rende qualsiasi parte ad esso collegato (cappuccio, corpo ecc.) sensibile al contatto. Il semplice sfioramento permette l’erogazione e la chiusura dell’acqua, facilitando estremamente l’azionamento del rubinetto anche per i disabili. La famiglia T-SENSE di IDRAL offre varie applicazioni di questa nuova tecnologia. • Pulsante WIRELESS: pulsante che permette l’erogazione di acqua da qualsiasi posizione senza l’ingombro di cavi, lasciando libera scelta all’utilizzatore per il suo posizionamento. L’arresto dell’erogazione d’acqua avviene automaticamente dopo un tempo prefissato o premendo nuovamente il pulsante. Il pulsante WIRELESS può venire impiegato sia a servizio di bocche d’erogazione che come comando di cassette di scarico e flussometri ed è estremamente morbido da azionare, quindi adatto anche per i servizi per disabili. Il sistemaWIRELESS è un brevetto di IDRAL SPA. • rubinetto a maschio • rubinetto a vite • miscelatore monocomando • miscelatore termostatico • rubinetto a spillo • valvola a saracinesca • valvola a sfera ... Le definizioni possono variare da azienda ad azienda e hanno varianti locali. Etimologia [modifica] È particolarmente curiosa l'etimologia del termine: deriva infatti da robinet, diminutivo di Robin che nel francese popolare designa il montone e l'ariete, inteso come maschio della pecora. In Francia la chiavetta che regolava la cannella dell'acqua era spesso ornata da una testa di animale (il montone era il più frequente come fregio) e cominciò a essere chiamata robinet, cioè 'piccolo montone'. Alla fine dell'Ottocento il termine è italianizzato in robinetto e quindi rubinetto. Precedentemente i congegni erano denominati 'chiavette' a sottolinearne la funzione. Non mancano definizioni regionali, riferite in particolar modo alle bocche da fontana, che in molti casi presentano dei veri rubinetti per impedire lo spreco di acqua potabile. Oggi il termine rubinetto viene utilizzato in maniera generica o per indicare un prodotto con le doppie maniglie per l'erogazione dell'acqua , oramai quasi del tutto rimpiazzati dai miscelatori monocomando . Storia I più antichi rubinetti erano del tipo a maschio e sono attestati fin dall'epoca romana. Il rubinetto a vite (o vitone) è attribuito all'inglese Thomas Grill, che l'avrebbe inventato agli inizi dell'Ottocento. Dagli anni settanta del Novecento è stato messo a punto il miscelatore a dischi ceramici, benché i primi esperimenti di miscelazione siano più antichi. Materiali [modifica] L'ottone cromato è uno dei materiali più diffusi per la realizzazione di rubinetti. La lega di ottone è lavorabile solamente con l'aggiunta dipiombo che durante la fusione e la lavorazione a caldo, si deposita negli strati più superficiali del rubinetto. Il tenore di piombo è compreso fra lo 0.5 e il 3% del peso della lega finale in OTTONE cromato. Ma è bene specificare che l'ottone oggi è producibile senza l'utilizzo di piombo sia per criteri normativi che per l'abolizione del piombo quale metallo considerato gravemente dannoso per la salute. L'ottone cromato ha un aspetto simile ed è facilmente confuso con l'acciaio inossidabile. Lo strato superficiale di piombo può essere asportato e ingerito, a seguito del contatto con l'acqua che scorre. Salute e burocrazia L'Organizzazione mondiale della sanità ha elaborato una lista delle concentrazioni consigliate di metalli pesanti nei rubinetti per l'acqua potabile. Per il piombo nei rubinetti, raccomanda che il rilascio di piombo dai rubinetti nell'acqua non superi i 10 microgrammi per litro di acqua. La Direttiva 98/93/CE ha stabilito una soglia di 25 microgrammi fino al 2013, e di 10 microgrammi dopo il 2013. Vale la pena ricordare che esiste un consorzio di produttori di rubinetterie che aderisce ad un consorzio definito OTTONE VERDE , appunto perché realizzato con l'esclusione del piombo e delle sostanze ritenute o realmente dannose per la salute umana. Concentrazioni di 100-120 microgrammi di piombo nel sangue sono pericolose per la salute umana. Purtroppo in stati quali la Cina e l'India non ci sono indicazioni precise circa l'utilizzo del piombo e , poiché i prodotti di rubinetteria cinesi in Italia sono importati in maniera massiccia , ci sono probabilità di rischio per la salute umana . Chiaramente, con il passare del tempo diminuisce il rilascio di piombo, minore dei rubinetti più vecchi, dai quali è stato asportato in precedenza. Le raccomandazioni dell'OMS sono state recepite dalle legislazioni di Stati Uniti, Canada, Australia e Giappone. In questi Paesi, i produttori di rubinetti devono ottenere una certificazione, la NSF 61, per il rilascio di piombo nell'acqua. In Giappone, sono stati brevettati rubinetti realizzati in ottone cromato con silicio al posto del piombo, meno economici di quest'ultimo materiale. Raccomandazioni Data la pericolosità del piombo e la presenza in alcune zone di tubazioni al piombo e il rilascio di questo nell'acqua, per far si di non ingerire quantità elevate è consigliabile far scorrere i primi litri d'acqua i quali sono stati per lungo tempo a contatto con il piombo e ne sono più ricchi. Museo del rubinetto In Italia, a San Maurizio d'Opaglio c'è un Museo del rubinetto e della sua tecnologia. Il Museo racconta la storia del complesso rapporto tra l'uomo e l'acqua, la tecnologia del rubinetto e la storia del distretto industriale del rubinetto. FOGNATURA Per fognatura (o sistema di drenaggio urbano o impianto di fognatura) si intende il complesso dicanalizzazioni, generalmente sotterranee, per raccogliere e smaltire lontano da insediamenti civili e/o produttivi le acque superficiali (meteoriche, di lavaggio, ecc.) e quelle reflue provenienti dalle attività umane in generale. Le canalizzazioni, in generale, funzionano a pelo libero; in tratti particolari, in funzione dell'altimetria dell'abitato da servire, il loro funzionamento può essere in pressione (condotte prementi in partenza da stazioni di pompaggio, attraversamenti, sifoni, ecc.). L'aspetto idraulico Una rete fognaria, a seconda che sia di tipo misto o separato, richiede un diverso approccio progettuale. Infatti mentre nel primo caso occorre tenere conto sia dei reflui addotti alla rete dalle varie utenze, civili e non che siano, sia delle precipitazioni che possono verificarsi nella regione considerata, nel caso di fognature separate questi due aspetti vanno considerati separatamente. Più precisamente il progettista è chiamato a fornire una stima della portata che la fognatura è chiamata a smaltire. I parametri che più interessano per un corretto dimensionamento sono il valore medio e quello massimo di tale portata. In genere la condotta fognaria va dimensionata sulla base della portata media in base alla quale vengono disegnate le sezioni nel rispetto dei parametri di velocità ammissibili durante il funzionamento "a regime", ma deve essere in grado di smaltire senza problemi anche quella massima senza tracimare dai pozzetti intercalati lungo il percorso. In questo caso si ammette che possano essere superate, per brevi periodi, le velocità consigliate, ammissibili per quel tronco fognario. È per questo motivo che soprattutto nei centri abitati di dimensioni medio-grandi o in aree interessate da frequenti allagamenti o da eventi meteorici di dimensioni eccezionali si sceglie in via preferenziale la soluzione a reti separate. In tal modo si evita di sovradimensionare inutilmente la rete ordinaria durante il funzionamenti per gli usi "civili" e si crea una rete dedicata per sopperire agli inconvenienti legati ad eventi meteorici gravosi per le città. Fogna nera Per il calcolo della fogna nera si fa riferimento alla portata nera media e di punta. Il calcolo delle portate dipende da i seguenti parametri: • Popolazione (P): previsione della popolazione da servire durante la vita della fognatura (40 50 anni). Si calcola con formula, tipo quella dell'interesse composto o della curva logistica limitata o di Pearl, sulla scorta dei dati rinvenienti dai censimenti. • dotazione idrica (d): espressa il l*ab/g, rappresenta normalmente la quantità di acqua individuale che deve essere garantita mediamente durante l'anno. Tale valore è di regola indicato dal Piano Regolatore generale degli Acquedotti (PRGA) o atti similari [1]. ; • coefficiente di massimo consumo (m): rappresenta il rapporto tra la portata di punta Qp nel giorno di massimo consumo annuo e la portata media annua Q. Per tale coefficiente di norma si assume un valore pari a 2,25 [2] anche se tale valore varia al variare della dimensione dell'abitato, cresce al decrescere della estensione del centro urbano; • coefficiente di riduzione (c): coefficiente che tiene conto dell' effettiva aliquota di acqua potabile distribuita che dopo l'utilizzo viene scaricata nella fognatura. Per tale coefficiente di regola si assume un valore variabile tra 0,7 e 0,8. La velocità relativa alla portata media non dovrà di norma essere inferiore a 50 cm/s. Quando ciò non potesse realizzarsi dovranno essere interposti in rete adeguati sistemi di lavaggio. La velocità relativa alle portate di punta non dovrà essere superiore a 4 m/s. Fogna bianca Per il dimensionamento della fogna bianca si fa riferimento alla massima portata pluviale che viene calcolata sulla base dello studio idrologico delle durate degli eventi meteorici, dell'estensione delle aree dei bacini scolanti e dei coefficienti di assorbimento dei terreni. Tra i metodi più utilizzati per il calcolo della portata pluviale ci sono: • il metodo del volume d'invaso; • il metodo cinematico - lineare o del tempo di corrivazione La velocità massima eccezionale non dovrà superare di norma 5 m/s. Fogna mista Per la fogna a sistema misto, il dimensionamento dovrà essere fatto sia per condizioni di tempo asciutto (portate nere) che per quelle di tempo di pioggia (portate nere + portate pluviali), rimanendo valide indicazioni sopra riportate. L'aspetto igienico Immagine ripresa da un robot di ispezione fognaria Lo smaltimento dei reflui in una città come in un qualunque altro agglomerato di abitazioni è un problema della massima importanza. Le deiezioni contengono sempre miliardi di germi molti dei quali possono essere causa di gravi malattie, pertanto devono essere allontanate dai centri abitati nel più breve tempo possibile. Nelle fattorie isolate, nei villaggi e in tutte le località in cui manca un impianto pubblico di fognatura, si usano le cosiddette "fosse biologiche". Nelle comunità più grandi, le deiezioni vengono allontanate per mezzo di apposite condotte che sfociano in mare, nei laghi e nei corsi d'acqua. In altre comunità, le deiezioni vengono trattate secondo precisi piani di smaltimento. La fossa biologica, usata per la sistemazione privata delle deiezioni, è fatta di mattoni, o calcestruzzo o metallo, ed ha la capacità di almeno due quintali. Le deiezioni entrano nella fossa e vengono invase da particolari batteri che vivono nelle sostanze di rifiuto solide e che distruggono i batteri dannosi pullulanti nelle sostanze liquide. I liquidi, poi, escono dalla fossa attraverso un sistema di "tubature collegate" sistemate subito sotto la superficie del suolo. Infine, questi liquidi vengono assorbiti dal terreno. Questo scolo di liquidi nel terreno non è pericoloso a meno che non avvenga in comunità troppo popolate, dove troppo liquido potrebbe penetrare nel terreno, sino a saturarlo. La sistemazione delle deiezioni in una città costituisce un problema molto più complesso. Dalle tubature delle case private, degli edifici pubblici e degli stabilimenti, le deiezioni vengono raccolte in grandi condotti, dove, in seguito a speciale trattamento con calce, o con una miscela di calce ed alluminio, oppure ancora con calce e solfato ferroso, si decompongono. Per prevenire l'accumularsi dei gas velenosi od esplosivi, che si formano dalle deiezioni in decomposizione, le tubature devono essere sufficientemente ventilate. È per questo che, a distanza di una decina di metri l'uno dall'altro, vengono collocati, nelle condutture, dei serbatoi, o camere, chiusi con una grata di ferro, dalla quale l'aria possa passare. Vengono anche predisposti dei "sifoni" per evitare che questi gas tornino nelle case. In queste trappole, si raccoglie, appunto, l'acqua che impedisce ai gas di tornare indietro. Le città che dispongono di un proprio impianto per la eliminazione delle immondizie e delle deiezioni usano vari sistemi. Comunemente, vi è un serbatoio di separazione usato per separare le sostanze metalliche, ed altre sostanze inorganiche. Successivi serbatoi, a volte riscaldati, raccolgono le immondizie permettendo nel contempo all'aria di penetrarvi lentamente. L'aria tiene le immondizie in continuo movimento (e a questo scopo si possono usare anche dispositivi meccanici) e procura l'ossigeno per i batteri e altri organismi che si nutrono di immondizie. Con questo sistema, si ottiene la distruzione dei batteri dannosi e un certo grado di liquefazione delle materie solide. I liquidi vengono, a volte, spruzzati in aria, dove i batteri rimasti vengono distrutti dall'azione dell'ossidazione e dei raggi ultravioletti del sole. Dopo questo processo, possono venire immessi in corsi d'acqua, ma per maggior sicurezza vi si aggiungono sostanze germicide. I materiali solidi vengono estratti dal serbatoio di decomposizione, detto anche serbatoio digerente, essiccati e venduti come fertilizzanti Utenze Le fonti di produzione dei reflui, in un agglomerato urbano, sono soprattutto le case e i luoghi di riunione abituali quali la scuola, il posto di lavoro, la caserma, l'ospedale, ecc. E non vanno dimenticate le altre fonti di produzione, esse pure presenti nel tessuto cittadino, quali quelle rappresentate da piccoli opifici, botteghe artigiane, officine meccaniche, garage, lavanderie, caseifici, studi fotografici, laboratori chimici e di analisi, macelli, ecc., che contribuiscono con scarichi di particolare natura, a volte ad elevatissimo tasso inquinante. E c'è anche il contributo, dei mercati all'aperto, e delle fiere periodiche, delle dei luna park e di quante altre attività l'uomo ha concepito nel suo lungo cammino dalle origini ai nostri giorni. Per la normativa vigente in materia non è ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura, ad eccezione di quelli organici che provengono dagli scarti dell'alimentazione trattati con apparecchi dissipatori di rifiuti alimentari che ne riducano la massa in particelle sottili, previo accertamento dell'esistenza di un idoneo sistema di depurazione. La normativa vigente in materia prevede che gli agglomerati urbani con un numero di abitanti equivalenti superiore a 2.000 devono essere provvisti di reti fognarie (fognatura dinamica [3] ) per lo smaltimento delle acque reflue urbane. Acque nere Per quanto sopra, tutte le acque originate dalle suddette utenze vengono definite acque nere. In una definizione più generale, le acque nere sono quelle acque riconosciute nocive per la salute pubblica o moleste per il pubblico. Acque bianche Di contro tutte le acque non riconosciute nocive per la salute pubblica o moleste per il pubblico vengono chiamate acque bianche. Tra queste ci sono: • le acque meteoriche di dilavamento provenienti da tutte le aree aperte impermeabilizzate quali, strade, parcheggi, tetti, cortili, ecc. • le acque utilizzate per il lavaggi delle strade • le acque di raffreddamento provenienti da attività industriali Tipologie Tutti i rifiuti liquidi comunque prodotti vanno collettati alla fogna dinamica. Essa è costituita dalle opere di raccolta ed immissione delle acque di rifiuto nei collettori stradali, dalla rete composta da questi ultimi, dagli eventuali manufatti di controllo idraulico, dai sollevamenti e dai manufatti di scarico. I sistemi fognari si distinguono in: • sistema unitario o fogna mista: raccolgono sia le acque di rifiuto urbane (acque di tempo asciutto) che le acque meteoriche • sistema separato: utilizza due reti separate chiamate • fogna nera: adibita alla raccolta ed al convogliamento delle acque reflue urbane unitamente alle eventuali acque di prima pioggia:[4]) • fogna bianca (o più correttamente fogna pluviale): adibita alla raccolta ed al convogliamento delle sole acque meteoriche di dilavamento e di lavaggio delle strade, e dotata o meno di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia. Nelle fogne bianche di nuova costruzione può essere richiesto dall'autorità competente che le acque di prima pioggia debbano essere sottoposte, prima del loro smaltimento, ad una trattamento di grigliatura e dissabiatura. In casi particolari quali acque di dilavamento di piazzali, strade, parcheggi, ecc., può essere richiesto anche un trattamento di disoleazione. Si possono trovare abitati serviti in parte con un sistema misto ed in parte con un sistema separato (es. Bari). Con l'entrata in vigore del Decreto Presidente del Consiglio dei ministri del 4 marzo 1996 nelle zone di nuova urbanizzazione e nei rifacimenti di quelle preesistenti si deve di norma, salvo ragioni economiche ed ambientali contrarie, prevedere il sistema separato. In tali zone si può prevedere il solo invio delle acque di prima pioggia nella rete nera solo se tale immissione è compatibile con il sistema di depurazione adottato Gerarchia Le canalizzazioni, in funzione del ruolo che svolgono nella rete fognaria sono distinte secondo la seguente terminologia: • fogne: canalizzazioni elementari che raccolgono le acque provenienti dai fognoli di allacciamento delle utenze e/o dalle caditoie pluviali, convogliandole ai collettori.[5]. È buona norma adottare diametri non inferiori al DN 200 mm; • collettori: canalizzazioni costituenti l'ossatura principale della rete che raccolgono le acque provenienti dalle fogne più importanti e quelle ad essi direttamente addotte da fognoli e/o caditoie. I collettori a loro volta confluiscono in un emissario; • emissario: canale esterno all'abitato, che, partendo dal termine della rete (dal punto in cui non ci sono più afflussi), trasporta le acque raccolte all'impianto di depurazione. Spesso con il termine emissario si indicano i canali effluenti dagli impianti. Dati tecnici Posizionamento plano - altimetrico Dal punto di vista altimetrico, la fognatura nera deve occupare nel corpo stradale sempre il livello più basso rispetto a tutti gli altri sotto-servizi pubblici: acquedotto, gasdotto, elettrodotto, linee telefoniche, fogna pluviale, ecc., questo per poter raccogliere a gravità gli scarichi di utenze poste al piano terreno o al di sotto dei piani stradali (seminterrati, ecc.) come se ne trovano in molti vecchi quartieri. Di norma il posizionamento altimetrico della fognatura nera o mista deve essere tale da permettere la raccolta, senza sollevamenti, di liquami proveniente da utenze site almeno a 50 cm sotto il piano stradale. Per motivi igienici, la giacitura delle reti fognarie deve essere sempre inferiore a quella delle condotte di distribuzione di acqua potabile [6]garantendo che tra la generatrice superiore della condotta di fognatura e la generatrice inferiore di quella di acqua potabile vi sia un opportuno dislivello comunque non inferiore a 30 cm. Planimetricamente la distanza misurata in orizzontale fra le due condotte non deve comunque essere inferiore a 1 m.[7] Se per ragioni di spazio (strade piccole e dotate di fitti sottoservizi) non fosse possibile rispettare i suddetti limiti si devono adottare idonee opere di protezione della condotta idrica (es. controtubo). Pendenza e velocità la pendenza delle canalizzazioni deve essere tale da garantire tempi di permanenza delle acque reflue nelle stesse idonei ad evitare l'insorgere di fenomeni di settizzazione dei reflui. Il regime di velocità delle acque nelle tubazioni deve essere tale da evitare sia la formazione di depositi di materiali putrescibili, che l'abrasione delle superfici interne da parte dei materiali solidi trasportati (sabbie, ecc.). Per rispettare quanto quanto sopra, se si può contare su una portata continua sufficiente a produrre l'autoespurgo,[8] come accade normalmente nei collettori e nell'emissario, la pendenza della canalizzazione può raggiungere valori minini pari a 0,1 - 0,2 %, anche se risulta più idoneo non scendere sotto il 0,5 %. Nelle fogne bianche o miste, dove la portata può essere notevole a seguito di piogge intense, assume una notevole importanza il valore massimo della pendenza, poiché è conveniente che la velocità di esercizio in condotta non superi valori compatibili con la resistenza all'usura dei materiali costituenti le tubazioni (normalmente circa 2,5 m/s) [9], al fine di ridurre l'azione abrasiva dei detriti trasportati nella fognatura dalla pioggia sulle pareti del condotto. Per le fogne elementari che risultano in gran parte e per lunghi tratti asciutte per evitare la formazione di depositi putrescibili è necessario procedere ad un lavaggio periodico attraverso i pozzetti di testata o di linea. Pozzetti di ispezione In corrispondenza di punti singolari della rete fognaria, quali: • confluenza di una canalizzazione in altre (pozzetto di confluenza o di incrocio) • vertici altimetrici del profilo longitudinale, dove cioè le fogne cambiano pendenza • vertici planimetrici, dove cioè cambia la direzione della fogna (pozzetto di deviazione o d'angolo) • in corrispondenza dei salti [10] (pozzetto di salto) • inizio di una fogna elementare (pozzetto di testata) devono essere previsti dei pozzetti d'ispezione dimensionati in modo tale da consentire l'accesso agevole al personale addetto alle operazioni di manutenzione e controllo. Di norma sezioni orizzontali pari a 1x1,2 m2 risultano più che sufficienti. Se i pozzetti così disposti risultano a distanza troppo grande tra loro, occorre interporre altri pozzetti intermedi in modo che la distanza reciproca non superi i 25 ÷ 30 m circa per le condotte non praticabili (altezza inferiore a 1,05 m), nelle quali di solito scorre una portatamodesta, mentre per le condotte praticabili, in cui la portata è continua, la distanza può essere aumentata fino a valori non superiori a 50 m. Qualora la sezione dei collettori o dell'emissario sia superiore a 2 m, si possono accettare pozzetti disposti a distanza fino a 150 m. I criteri indicati per la posizione dei pozzetti sono dettati dalla necessità di rendere possibile le operazioni di espurgo e di disostruzione effettuate con appositi arnesi. Caditoie pluviali Le caditoie pluviali hanno una struttura semplice e sono essenzialmente costituite da una bocca di presa, da un pozzetto di contenimento (quasi sempre dotato di camera di sedimentazione per trattenere le materie solide prodotte dalla utilizzazione delle pertinenze stradali quali ad esempio mercati rionali), e di chiusura idraulica per impedire l'uscita dalla fogna di animali (blatte, ratti, ecc) e di esalazioni moleste. Le bocche di presa possono essere: • a griglia: la caditoia è in sede stradale con l'apertura nel proprio cielo protetta da griglia metallica (normalmente in ghisa) in corrispondenza delle cunette sottostanti ai marciapiedi o delle strade a culla • a bocchetta (o a bocca di lupo): viene ricavata nel corpo del cordone del marciapiede e in questo caso la caditoia, dotata di chiusinod'ispezione è collocata sotto il piano di calpestio del marciapiede. Anche le caditoie di solito sono posizionati alla confluenza di strade secondarie con altre di maggiore importanza e devono comunque essere disposte a distanza mutua tale da consentire la veloce evacuazione nella rete di fognatura dell'acqua meteorica e comunque in maniera da evitare ristagni di acqua sulle sedi stradali. Scaricatori di piena Gli scaricatori di piena sono manufatti costruti solo nelle fognatuare a sistema misto, quando la fogna fiancheggia, il mare, un fiume o un altro recipiente capace. Nel periodo secco, la acque nere vengono convogliate normalmente all'impianto di depurazione, mentre in caso di piogge, le acque miste che superano la soglia sfiorante dello scaricatore, vengono scaricate direttamente nel corpo ricettore. Gli scaricatori di piena vengono progettati in modo tale che l'acqua mista sfiorante abbia un rapporto di diluizione compatibile con il corpo ricevente. Impianti di sollevamento Quando l'altimetria dell'abitato non consente il funzionamento di parti della rete fognaria a canaletta verso l'impianto di depurazione ( esempio quartieri posti a quota più depressa di quella del depuratore), in punti strategici della rete vengono realizzati degli impianti elevatori. Nell'impianto, devono essere utilizzate delle pompe speciali idonee alla qualità del liquido trattato. Inoltre il manufatto deve essere dotato di vasche di pescaggio idoneamente dimensionate in modo che il liquame in esse non sosti per lungo tempo per evitare la sua setticizzazione. Canalizzazioni utilizzate Canali Collettore a sezione ovoidale della fogna di Parigi Per i collettori di fogna pluviali o unitarie, specialmente in passato si è fatto uso di canali con varie sagome interne. La differenza fra le due fogne è che per quella unitaria la sagoma deve essere tale da garantire un regolare scorrimento della portata nera nel periodo di tempo asciutto. Tra le sezioni interne dei condotti di fognatura le più comuni sono: • circolare: usata principalmente per fognature miste e nere con diametri fino a DN 600 mm e nelle fognature pluviali con diametri oltre il DN 1000 mm; • ovoidale nuovo inglese o ovale accentuato: è utilizzata principalmente per fogne unitarie poiché presentando per le portate minime la massima velocità è adatta a convogliiare acque miste con scarsa percentuale di acque nere; • ovoidale vecchio inglese; come per la precedente ma idonea per acque miste con maggiore percentuale di acque nere; • policentrica con cunetta circolare: riservata per fogne unitarie con rilevanete flusso continuo di acque nere; • policentrica allargata: essendo dotate di una cunetta ricavata sul fondo della platea (savanella) sono adatte per emissari e collettori principali che devono condurre tutte le qcque nere continue. Tali cunette, sono state relaizzate in passato in muratura di mattoni e malta di cemento, mentre le più recenti sono in calcestruzzo armato. Come è noto, tutti i materiali a base cementizia sono estremamente sensibili all'azione degli acidi che si formano a causa dei gas sprigionatisi dall'azione batterica sui liquami, fenomeno che si manifesta nelle fogne in cui scorrono acque nere. Le cose peggiorano se le fogne accolgono reflui di natura industriale. Per le fogne pluviali, invece va considerato che le acque di pioggia sono prive di sali e pertanto a contatto con i calcestruzzi possono produrre la lisciviazione degli stessi. Quanto sopra va a comprometterre la durabilità dal conglomerato cementizio. Per proteggere i canali in calcestruzzo spesso si prevede di rivestirli con un idoneo intonaco e/o con fondelli in gres. Tubazioni La caratteristica principale delle tubazioni per fognatura è quella di avere una buona resistenza alle azioni di tipo fisico, chimico e/o biologico, provocate dalle acque reflue e/o meteoriche trasportate. Tale protezione interna viene assicurata o dal materiale costituente il tubo (gres, PVC, ecc.) oppure da idonei rivestimenti interni (malta cementizia nelle tubazioni in ghisa sferoidale). In passato, fino alla sua messa al bando per la pericolosità delle fibre di amianto, era molto utilizzata la tubazione in cemento amianto. Attualmente stanno prendendo piede delle altre tubazioni in fibrocemento ecologico, che utilizzano fibre di diversa natura, in sostituzione di quelle in amianto pericolose per la salute umana. Altre tipologie di tubazione cementizie (calcestruzzo armato) vengono utilizzate, sempre più raramente, per la realizzazione delle fognature. Infatti queste presentano tutti i difetti che denunciavano i cunicoli e i canali (utilizzati in passato) sia quelli in muratura che quelli in calcestruzzi intonacati o meno internamente. Esse sono, per la loro natura, facilmente aggredibili chimicamente dai liquidi trasportati, infatti la formazione di acido solforico, a partire dall'idrogeno solforato presente normalmente nelle acque nere, è causa della corrosione della calotta (parte del tubo normalmente non bagnata) con ripercussioni gravi sull'ambiente a causa della possibile dispersione dei liquami nel terreno e nelle falde. Inoltre sono aggredibili anche dall'esterno per azione del terreno di sedime quando questo ha particolare composizione e proprietà. Sono inoltre soggetti ad essere scalfiti internamente a causa dei corpi abrasivi (sabbia, smerigli, ecc.) che nei reflui sono sempre presenti, pr effetto di impropria immissione in fognatura di sostanze estranee o di acqua di provenienza meteorica ricadenti da tetti, terrazzi, cortili interni che non dovrebbero recapitare nella rete domestica. Le tubazioni più utilizzate comunque rimangono quelle in gres ceramico. I pregi del gres sono ben noti a chiunque si occupi di fognature sia progettista, costruttore, gestore. Inattaccabile dall'aggressività chimica dei liquami trasportati e dei terreni di posa è di fatto immune all'azione abrasiva dei solidi trascinati dalla fase liquida. Presentano di contro una elevata fragilità e un bassa resistenza meccanica a trazione e di conseguenza a flessione ( quella a compressione è buona), e pertanto i singoli tubi hanno lunghezze limitate (normalmente 1 ÷ 1,5 m fino a 2 m per diametri < 600 mm) e pertanto richiedono un numero elevato di giunzioni. Altre tubazioni che stanno prendendo piede sono quelle a base di materiali plastici. Tra queste, il PVC è quello che ha dato i risultati migliori nel settore delle fognature. Il PVC, presenta una serie di proprietà interessanti quali: • la leggerezza • la facile lavorabilità • una lunghezza del tubo adeguata ( circa 6 m) • buone proprietà idrauliche (internamente sono sufficientemente lisci, proprietà che tra l'altro non favorisce l'ancoraggio sul fondo di sedimenti e quindi non facilita la formazione di ostruzioni od incrostazioni) • una buona resistenza meccanica • buona resistenza all'aggressione chimica da parte dei liquidi trasportati e dei terreni di sedime • una buona durezza tale da preservare i tubi dall'abrasione dai sedimenti trasportati dall'acqua però, come tutte le tubazioni plastiche[11]. , ha la tendenza a deformarsi secondo assi diametrali sotto l'effetto del suo stesso peso e dei carichi insistenti. Pertanto per garantire immutata la sezione della tubazione una volta interrata, non si può far affidamento alla sola resistenza meccanica del tubo bensì anche alle azioni esterne rappresentate dal rinfianco del tubo che deve essere formato con materiali idonei e compattato fino a valori elevati di compressione; pertanto per questi tubi sono fondamentali le modalità di posa e rinterro. Quando però i tubi vengono posati in città, poiché le strade cittadine sono oggetto di frequenti scavi per la realizzazione di nuovi sottoservizi, questi nuovi scavi, se realizzati nelle vicinanze le condotte di fognatura, potrebbero danneggiare il terreno di rinfianco modificando così l'assetto statico del tubo in PVC, causando uno squilibrio tra le azioni deformanti e le reazioni stabilizzanti che può portare all'ovalizzazione del tubo, che può assumere deformazioni insopportabili che comportano il conseguente successivo collasso del manufatto. Inoltre il PVC se esposto agli agenti atmosferici, è soggetto a degrado dovuto all'invecchiamento e all'indebolimento delle caratteristiche meccaniche con conseguente riduzione della resistenza, inoltre talvolta i roditori aggrediscono le condotte in questo materiale, quando esse sbarrano il loro passaggio, causando danni decisamente onerosi. Molto raramente in fognatura vengono utilizzate le tubazioni metalliche (acciaio e ghisa sferoidale) e vengono prescelte per specialissime applicazioni quali le condotte prementi. A causa della loro sensibilità ai reflui, vengono opportunamente rivestite internamente; ad esempio le tubazioni per fognatura in ghisa sferoidale vengono realizzate con un rivestimento interno in malta di cemento alluminoso perché più resistente all'azione disgregatrice dei reflui. Le tubazioni in ghisa sferoidale recentemente vengono utilizzate anche per la realizzazione di semplici rami di fognatura, ma la barriera da superare per il loro sviluppo è quella dei costi. Allaccio fognario Il tramite del collettamento alla fogna nera è l'allaccio fognario (fognolo), il tratto di condotta che unisce il luogo di produzione dello scarico al sistema di raccolta ed allontanamento cittadino. Tutte le utenze ricadenti in centri serviti da reti di fognatura, o in periferia o anche in borgate separate in cui il servizio è stato addotto, sono tenute a collegare i loro scarichi alla fogna stradale se gli immobili di pertinenza fruiscono del rifornimento idrico. Questo lo impongono le leggi vigenti in materia di risanamento ambientale e di disinquinamento della acque che vietano ogni forma di smaltimento quando nell'abitato è organizzato un servizio di raccolta dinamico. Il pozzetto domestico che ospita il sifone intercettatore, è l'origine dell'allacciamento, tutto ciò che è a valle è di competenza dell'ente gestore, tutto ciò che è a monte è di competenza del privato. Esso, detto anche cameretta d'ispezione, può essere costituito da un manufatto in calcestruzzo armato gettato in opera o prefabbricato di dimensioni adatte per ospitare il sifone intercettatore. Il sifone intercettatore, come prescritto dalla normativa vigente, ha la funzione di impedire il ritorno all'interno dei fabbricati delle esalazioni maleodoranti o dei gas che dovessero formarsi nella rete fognaria stradale, ma anche quelle di impedire che corpi estranei (stracci, tamponi igienici, ecc.), di pezzatura superiore alla luce della sua gola, superino lo sbarramento da esso costituito e vadano ad intasare, ostruendolo il condotto di collegamento stradale. È infatti molto più agevole l'ispezione e la manutenzione del sifone, dotato di una o due ispezioni, che non dell'allacciamento esterno, a volte notevolmente lungo, che può essere raggiunto, quando si rende necessario, solo mediante l'apertura di una trincea stradale ed il taglio della tubazione. Il sifone intercettatore più comune presenta due bocche di ispezione rivolte verso l'alto, una a monte e l'altra a valle della gola, che consentono grande agibilità nelle ricorrenti operazioni di pulizia e di disostruzione. Attraverso l'ispezione a valle riesce facile ispezionare il fognolo, mentre da quella a monte, con semplici manovre, si possono estrarre tutti i materiali solidi che si dovessero attestare nella gola. Il sifone può essere dotato di uno o più aerofori per la ventilazione della fognatura. La pendenza dell'allacciamento è assunta molto elevata, va dal 5% al 10%, quando è possibile in funzione della disponibilità di quote, ma mai meno del 2%, per consentire il rapido deflusso delle portate scorrenti ed il trascinamento dei corpi solidi. Il diametro che viene assegnato all'allacciamento nei casi più frequenti è il DN 150 mm, ma può aumentare in rapporto alle dimensioni degli insediamenti da servire o per esigenze tecnologiche. Dal sifone ha origine la parte di fogna stradale per mezzo di un pezzo speciale chiamatobraca. L'innesto del fognolo nel tronco stradale è legato alla circostanza che l'allaccio arriva sempre dopo la realizzazione stradale. Normalmente si procede nei seguente modo: • realizzazione di un foro nel tubo ricevente con una particolare fresa che si assicura al manufatto per mezzo di cinghie e che è in grado di ritagliare in pochi secondi una calotta di parete di idoneo diametro. Nel foro si inserisce un idoneo tronchetto dotato di guarnizione elastomerica per garantire la tenuta e a monte di un bicchiere per la giunzione del primo elemento del fognolo. In corrispondenza del foro si utilizzano anche dei manicotti di attacco in due pezzi già dotati del bicchiere per la prima giunzione Normativa In Italia In Italia si fa riferimento in particolare alle seguenti fonti: • Decreto Legislativo del 3 aprile 2006 n. 152 Norme in materia ambientale • Decreto del Presidente del Consiglio del Ministri (DPCM) del 4 marzo 1996 n. 62 Disposizioni in materia di risorse idriche • Circolare Ministero dei Lavori Pubblici 7 gennaio 1974 n. 11633 - Istruzioni per la progettazione delle fognature e degli impianti di trattamento delle acque di rifiuto • Ministero dei Lavori Pubblici - Comitato dei Ministri per la tutela delle acque dall'inquinamento: 4 febbraio 1977 - Criteri, metodologie e norme tecniche generali di cui all'art. 2, lettere b), d), ed e), della Legge 10 maggio 1976 n. 319, recante norme per la tutela delle acque dall'inquinamento. LETTO Il letto è uno dei più utili e diffusi mobili domestici: esso ha la funzione di permettere un corretto e comodo riposo al suo possessore. La composizione di un letto Nella tradizione occidentale, che come vedremo si differenzia moltissimo, in materia di letti, da quella orientale e mediorientale, il letto è un mobile composto di diverse e numerose parti: Essenziale è principalmente la rete che ha il compito di sostenere l'intera struttura; essa può essere realizzata in vari materiali: il più comune è senz'altro la molla in acciaio, ma non mancano reti in assi di legno che hanno anche il pregio di assecondare la forma del corpo del dormitore. Non di secondaria importanza è il materasso, la vera e propria parte comoda del letto: esso si pone tra la rete ed il corpo disteso, ed ha dunque la funzione di sostenere il dormiente. La maggior parte dei materassi era realizzata in lana, adesso a molle (sistema ormai superato quello delle molle tradizionali; più diffuso, invece, il più attuale sistema a molle indipendenti/insacchettate che, pur mantenendo il classico sostegno del tradizionale materasso a molle, garantisce una miglior anatomicità del materasso, che si adatta maggiormente al nostro corpo grazie alla struttura a molle indipendenti), ma ne esistono anche alcuni fatti di speciali materiali sintetici ipoallergenici. Tra i modelli più attuali ricordiamo quelli in viscoelastica, i cosiddetti materassi "a memoria di forma", che si adattano alla sagoma del proprio corpo, seguendo le sue linee naturali e garantendo, così, la posizione ottimale della colonna vertebrale quando ci si sdraia sopra; inoltre non esercitano pressioni sul corpo e favoriscono, per questo, una corretta circolazione sanguinea (anatomici, alta traspirabilità grazie alla composizione a cellule aperte, e anti-decubito), quelli anatomici in lattice di gomma, che assecondano perfettamente il peso e le forme naturali di chi vi si distende, garantendo un ottimo sostegno e consentendo una corretta posizione del proprio corpo (tutto questo con un prodotto completamente d'origine naturale) , e quelli ad acqua, realizzati in gomma e riempiti del suddetto liquido, scarsamente richiesti dal mercato, scomodi persino. Esistono oggi, inoltre, materassi a pressione variabile, costituiti da camere interne separate che si gonfiano e sgonfiano alternativamente e sono principalmente utilizzati nei reparti ospedalieri e nelle lunghe degenze per la prevenzione delle ulcere da decubito. Un cuscino. • Non sempre presente, il cuscino è un piccolo spessore morbido che si interpone tra il materasso e la testa di chi dorme; com'è facile comprendere, la sua funzione è mantenere alzata la testa. Esso è oltretutto realizzato in un materiale più morbido del materasso (piume d'oca,lana,cotone o altre fibre;...ma anche in lattice o in viscoelastica), onde evitare il poco confortevole contatto, durante il sonno, del viso con il materasso. Esistono, però, anche modelli anatomici che, grazie alla loro forma sagomata, sostengono la cervicale, consentendo una corretta posizione della colonna vertebrale () • D'inverno possono essere presenti sui letti le lenzuola e le coperte, che servono a tenere al caldo chi riposa; essi possono essere fatti di diversi tessuti, ma i preferiti sono il cotone per le prime e la lana per le seconde. Non rara è la termocoperta, un esemplare elettrico di coperta che sprigionacalore grazie ad una resistenza interna che si oppone al passaggio dell'elettricità: esse sono dotate di termostato, così che si possa dormire alla temperatura desiderata. • Infine, è sempre da apprezzare il ruolo estetico dei coprirete, dei coprimaterasso e dei copriletto, spesso decorati in varie fantasie, che ricoprono ognuno la parte del letto da cui prendono il nome. L'evoluzione del letto attraverso il tempo e lo spazio [modifica] Camera da letto d'epoca, esposta al Musée Jacquemart-André. Nella preistoria, il letto consisteva in nient'altro che un mucchio di foglie o pagliaapprossimativamente accumulate in vicinanza di una fonte di calore; in casi particolarmente disagiati, poteva essere utilizzata a quello scopo anche la nudaterra. Ma l'evoluzione culturale, mossasi attraverso la Mesopotamia, l'Egitto e laGrecia, produsse in seguito giacigli formati da tessuti ripieni di una sostanza morbida, come ad esempio la lana, per le persone di stirpe nobiliare; nei paesi mediorientali come in quelli indiani era invece di uso comune per il popolo il dormire su di un tappeto. Nodo nevralgico del progresso nel campo dei letti fu poi, all'epoca di Roma, il triclinium, molto più simile ai mobili moderni ma non progettato esclusivamente per dormire: era infatti utilizzato dalle persone più importanti come senatori o consoli anche in occasione di banchetti o di riunioni. Nel corso del Medioevo, mentre per le casate reali del Nord Europa nascevano ilguanciale ed il letto a baldacchino, esclusivamente riempiti di piume d'oca, i ceti inferiori ed in particolare i pastori cominciarono ad utilizzare il suddetto materasso di lana; chi non aveva risorse economiche sufficienti ad acquistarlo era costretto a dormire su semplici sacchi pieni di paglia. Quando, dopo la scoperta dell'America, si cominciarono a coltivare le piante dimais, le foglie di tale vegetale sostituirono in vari casi la paglia dei materassi, producendo così un oggetto più comodo ma anche più rumoroso del precedente, a causa dello schiacciamento delle dure fibre che compongono le foglie. Nel corso dei secoli, il letto delle classi superiori divenne alla portata dei ceti medio-bassi, diffondendosi così in tutte le abitazioni; l'ultimo gradino dell'evoluzione fu raggiunto nelNovecento, nel momento in cui i materiali sintetici si sostituirono a quelli naturali da sempre adoperati dall'uomo per garantirsi un buon riposo. Tipi di letto In Italia i letti si classificano comunemente in cinque categorie, a seconda della loro larghezza: • letto a una piazza o letto singolo: largo 80-90 cm, confortevole per una persona sola; • letto a una piazza e mezza: largo 120 cm; • letto a piazza francese: largo 140 cm; • letto a due piazze o letto matrimoniale: largo 160-180 cm e • letto a tre piazze o letto osimano: largo 200-400 adatto per tre persone mamma papà bambino piccolo.[senza fonte] CARTA IGIENICA Un rotolo di carta igienica. La carta igienica è un prodotto in carta utilizzato per una sommaria igiene intima dopo ladefecazione o la minzione. La composizione della carta igienica differisce dalle altre carte (ad esempio i fazzoletti di carta) perché è in grado di disfarsi con l'acqua e di decomporsi più rapidamente nelle fosse biologiche. Storia [modifica] Prima della carta igienica (in alto), i cinesi utilizzavano delle asticelle in legno (in basso) Le prime tracce dell'utilizzo della carta igienica risalgono al XIV secolo in Cina ad utilizzo della famiglia imperiale[1]. Nel 1857 negli Stati Uniti viene prodotta industrialmente la prima carta per uso esclusivamente igienico da un tal Joseph Gayetty, il cui nome era stampato su ogni singolo foglio. Nel 1879 la Scott Paper Company mette in commercio la prima carta igienica in rotoli seguiti poco dopo dai rotoli perforati. Nel 1942 con la prima carta a doppio velo, St. Andrew's Paper Mill, la carta igienica in Inghilterradiventa più soffice e robusta. In Italia la carta igienica fu considerata un lusso fino alla seconda metà del XX secolo, quando divenne un prodotto di uso popolare. La moderna carta igienica [modifica] Il formato più diffuso è il rotolo bianco a doppio velo goffrato, ma sono disponibili sul mercato rotoli colorati o decorati, profumati o a più veli (fino a cinque). Le misure standard del taglio sono 97 mm di altezza e 126 mm di larghezza. Sono disponibili anche rotoli caratterizzati da decorazioni come fumetti, barzellette e volti di personaggi politici (con evidente scopo satirico). Esistono anche carte inumidite per la sostituzione del bidet, con emollienti come l'aloe e antisettiche. L'industria della carta igienica [modifica] Il mercato della carta igienica in Europa vale 8,5 miliardi di euro e rappresenta il 26% del consumo mondiale. Ogni europeo ne consuma in media 13 kg ogni anno, per un consumo totale nell'intera Europa pari a 5,5 milioni di tonnellate o 22 miliardi di rotoli complessivi. Lo scopino è un oggetto atto alla pulizia dei residui della defecazione rimasti nel vaso (sanitario). Esso è costituito da una parte rigida solitamente di forma lineare, alle cui estremità si trova un'impugnatura e nell'altra un ciuffo di fili semirigidi, simili a quelli di una scopa. Il materiale di cui e costituito è normalmente plastica, ma vi è la possibilità di trovarli anche in altri materiali, come per esempio in metallo. Normalmente lo scopino viene venduto con il suo portascopino, ossia un piccolo vaso ove viene riposto l'oggetto quando non è in uso. A volte il vaso del portascopino è riempito d'acqua o ancor meglio da una sostanza igienizzante in forma liquida. COTTURA ALIMENTI Il forno è uno strumento usato in generale per scaldare del materiale in molti ambiti. In cucina l'utilizzo primario è per la cottura del cibo. I principali tipi di forno sono: • Forno elettrico • Forno elettrico a muffola • Forno a gas (Friedrich Siemens, 1856) • Forno a microonde • Forno ad infrarossi • Forno ad induzione • Forno solare • Forno metallurgico • Forno a tino • Forno a riverbero • Forno a legna • Forno Martin-Siemens • Altoforno Il fornello è un tipo particolare di forno solitamente di dimensioni più contenute, usato maggiormente in ambito domestico e specialmente in cucina. I tipi principali di fornello sono: • Fornello a gas • Fornello elettrico • Fornello a induzione Il fornello a induzione è un tipo di fornello che sfrutta il principio dell'induzione elettromagnetica per scaldare le pentole utilizzate per la cottura dei cibi. Funzionamento [modifica] Interno di un piano cottura ad induzione Il fornello a induzione è costituito da un solenoide entro cui viene fatta scorrere una corrente alternata o comunque una corrente elettrica variabile nel tempo. La corrente che scorre nel solenoide produce un campo magnetico, il quale è variabile nel tempo poiché lo è la corrente. Per la legge di Faraday, una variazione del flusso del campo magnetico nel tempo, produce una forza elettromotrice indotta. Questa forza elettromotrice può dar luogo a delle correnti elettriche se laresistenza elettrica è sufficientemente piccola. Le correnti elettriche che si formano in questo modo sono chiamate correnti parassite (devono questo nome al fatto che nella maggioranza dei casi esse sono fenomeni fisicamente dannosi, perché sono fenomeni dissipativi e quindi dissipano energia sotto forma di calore, similmente all'attrito in meccanica). Queste correnti circolano nel materiale e per effetto Joule dissipano energia sotto forma di calore, cosicché il materiale inserito nel forno si scalda. Particolari caratteristiche necessarie al funzionamento • Corrente variabile nel tempo, per creare un campo magnetico variabile nel tempo e quindi una forza elettromotrice indotta. Per cui il forno non può funzionare con correnti continue. • Materiali con bassa resistenza elettrica, per favorire il passaggio delle correnti parassite e per aumentarne l'intensità. Quindi i materialimetallici o conduttori in genere sono ottimi per questo tipo di applicazioni, mentre gli isolanti elettrici sono pessimi. • Materiali la cui forma favorisca lo scorrere delle correnti parassite. Poiché queste scorrono circolarmente, le forme ideali per i materiali da scaldare sono quelle circolari o a simmetrie circolari (dischi, tori), mentre le forme squadrate sono meno efficienti (quadrati, rettangoli, triangoli), invece le forme lineari o "pettinate" sono pessime. • Materiali la cui resistenza elettrica non sia troppo bassa, perché le correnti indotte nel materiale dissipano energia termica solo in presenza di una resistenza. Per cui i materiali superconduttori non andrebbero bene. Il gioco-forza sta nel fatto di riuscire a trovare un materiale con una resistenza elettrica bassa, ma non eccessivamente bassa. Per questo scopo i metalli sono i materiali ideali. Vantaggi [modifica] • Assenza di fiamme • Efficienza elevata con conseguente risparmio energetico • Velocità di riscaldamento • Nessuna parte del forno che si scalda (la pentola stessa si scalda, ma il forno resta freddo). • Le zone di cottura dispongono di riconoscimento automatico della pentola; si attivano esclusivamente in presenza di pentolame con fondo magnetico e si disattivano non appena il pentolame viene tolto • Impossibilità di scottarsi o di prendere la scossa • Comodità nella pulizia del piano in vetroceramica Svantaggi [modifica] • Costo elevato • Presenza di campi elettromagnetici • Richiede l'uso di pentole adatte (in genere sul fondo è presente il simbolo del solenoide) in materiale ferromagnetico. Stufette portatili: come sceglierle A elettricità (la corrente scalda una resistenza) o a carburante (nell'apparecchio avviene una combustione). Questa è la principale distinzione che separa nettamente in due categorie le stufe portatili. Stufe a carburante Le stufe a carburante possono essere a kerosene, a Gpl o a specifici combustibili a base di paraffine. Nel primo caso si tratta di apparecchi molto potenti; il problema è che, essendo portatili, non sono collegati a un camino, perciò i gas prodotti dalla combustione sono rilasciati nella stanza in cui si usano. Un processo di combustione implica sempre la produzione di anidride carbonica e di possibili altri inquinanti, che in concentrazione elevata possono essere tossici e anche molto pericolosi per la salute. Per questo è indispensabile avere un buon ricambio d'aria nei locali, oltre che controllare che sia tutto in ordine prima di utilizzarli (si veda il test sui rivelatori di Co su AC 219, Ottobre 2008). Queste stufe sono da usare con cautela anche per altri motivi: la combustione di carburante, che avviene all'interno degli apparecchi, impone di posizionarli ad almeno un metro di distanza da oggetti infiammabili (tende, tappeti ecc.), che potrebbero prendere fuoco. Attenzione anche al rischio di scottature, che con le stufe a kerosene è reale. Stufe elettriche Le stufe elettriche tutte mediamente si equivalgono sul fronte dell'efficienza energetica; ma in tutti i casi si tratta di un sistema per produrre calore molto costoso. Dal punto di vista ambientale, tenendo conto che in Italia la maggior parte dell'elettricità è prodotta da combustibili fossili, non siamo di fronte a prodotti da considerare particolarmente rispettosi dell'atmosfera. L'elettricità è sempre disponibile in casa e una presa si trova in ogni ambiente: la comodità è garantita. Abbastanza garantita anche la sicurezza: non c'è rischio di esplosione o di incendio, basta stare attenti a non toccare le parti calde dell'apparecchio e verificare che il produttore si sia attenuto alle norme di sicurezza in vigore per tutte le apparecchiature elettriche. La potenza di queste stufe è in genere limitata a un massimo di circa 2000 W, per evitare sovraccarichi di corrente. I costi elevati della bolletta non ne rendono comunque consigliabile l'uso per molte ore di seguito, tanto più che vi impediscono di utilizzare altri apparecchi elettrici contemporaneamente. Ci sono un'infinità di modelli di stufe, ma se dobbiamo dividerli per caratteristiche il numero si riduce (eccetto alcune eccezzioni) a tre famiglie distinte: 1. Le stufe radianti 2. Le stufe convettive 3. Le stufe irraggianti. Quando si vuole acquistare una stufa,bisogna accertarsi su quale di questi tipi la nostra attenzione sarà rivolta, ma come si fa per saperlo? Tutto dipende dal locale che si vuole riscaldare. 1. Le stufe radianti Se il vostro ambiente è una camera unica, indipendentemente da quanto sia grande, le vostre ricerche possono fermarsi sulle stufe radianti. La loro caratteristica di base consiste nell'emanare in maniera diretta il calore della combustione e, data l'alta temperatura che irradiano, è consigliabile installarle ad una distanza di sicurezza da tende, mobili e divani, onde evitere pericoli di surriscaldamento. Fanno parte di questa categoria, le colonnine brucia tutto con l'interno in refrattario o ghisa, le stufe camino e le cucine a legna, ottime per cucinare. Se il riscaldamento è per tutta la casa, questa categoria è sfruttabile solo installandola in un punto comunicante con tutti gli ambienti interessati. Scusate l'Off topic... se avete gia i fornelli a gas e state in casetta con forno elettrico e riscaldamento a legnapdc o altro, valutate anche la cara vecchia bombola di gpl, volendosi affrancare dal "gas" inteso come metano, se questo viene utilizzato solo per la cottura! Per motivi di costi fissi, o semplicemente perche durante le ore di picco ci pompano dentro aria per mantenere l'impianto in pressione. Le belle fiamme blu che alle 6.30 fanno uscire il caffè in un' attimo.... alle 12.30 diventano fiamme rosse...e altro che maggiori tempi per l'induzione... l'acqua della pasta non bolle più! chiaramente il contatore non fa distinguo. Forse questo lo avevo gia detto... la novità e dopo aver cambiato casa, con lo stesso piano cottura (ho dovuto cambiare 4 euro di ugelli) prima tra costi fissi ed aria pagata per gas avevo un costo (SPANNOMETRICO...mi riservo di controllare) di circa 8 euro al mese di metano. Ora ho una bombola di propano-butano da 15 chili pagata 30 euro a giugno che non vuol saperne di finire...e siamo quasi a natale. Chiaramente le fiammelle sono sempre di un bellissimo blu a qualunque ora... Per me il dilemma di cosa installare nella mia prossima abitazione è tra GPL in bombola ed induzione... allacciarsi al metano solo per la cucina non lo prendo nemmeno lontanamente in considerazione. Per il riscaldamento poi... La bombola se ti fa impresssione in casa puoi tenerla anche fuori in un' apposito "gabbiotto" debitamente grigliato. Miscelatore che riduce la pressione in uscita, tubo a norma ed un eventuale rubinetto prima della cucina e non hai nulla di meno che con il gas metano. Tieni presente che una bombola di gpl (butanopropano) essendo piena di combustibile liquido senza comburente se la cospargi di benzina e legna e gli dai fuoco salta la valvola miscelatrice e fa una bella fiammata continua sino a svuotarsi... ma non scoppia. Ho visto una volta dei pompieri che si esercitavano "accendendo" le bombole e rubinetto spalancato per poi falle rotolare a calci via dalla zona. Ah, le mie spese di metano (solo cucina, con forno elettrico) in effetti erano più sui 10 al mese... e la seconda bombola con chiave inglese sopra gia pronta per la sostituzione ad oggi è ancora li che aspetta il suo turno. Visto che ad ora i fornelli mi "costano" circa 6 euro al mese (in discesa... a questo punto non avendo ancora visto la prima bombola finire non so ancora la durata) mi chiedo quanto avrei speso con le piastre ad induzione. Di corrente elettrica con contratto enel da 3kw con due frigoriferi ( uno al freddo, che ora ovviamente non parte mai) scaldabagno rapido temporizzato mattina e sera e forno elettrici sono sui 50 al mese. A spanne grosse, chi ha installato le piastre quanto ha visto lievitare in percentuale le bollette? Sembra un criterio sbagliato...ma parto dall' idea che se per lavoro o impegni sei meno a casa, accendi meno luci, apri meno il frigo, ti lavi di meno (almeno le mani) e cucini anche di meno... La convenienza delle piastre elettriche in genere senza entrare nel dettaglio radianti/induzione/alogene risiede nel fatto di poter (ad es con risc a legna/pellet) di poter eliminare "tout court" il gas ed i sostenuti costi fissi. Soffritto Il soffritto si utilizza in cucina come base per sughi di carne, pesce, mari&monti per pastasciutte o risotti. Ma anche per contorni, quali verdure stufate o per secondi, tipo spezzatino o carne brasata, vale anche per secondi di pesce, come coda di rospo o polpo stufato. Molti errori di preparazione si compiono di famiglia in famiglia e anche nei ristoranti. Il soffritto è un alimento delicato, dove i prodotti devono essere dosati e preparati accuratamente. Il soffritto non è una preparazione che più roba c'è e meglio è. I prodotti utilizzati solitamente sonoolio di oliva, acqua o vino, cipolla, aglio, carota, sedano, sale e pepe. Un grave errore che si compie nella preparazione del soffritto è quella di fare imbrunire la cipolla o l'aglio a fuoco alto, in quanto il soffritto non è una frittura, ma la cipolla o l'aglio vanno rosolati a fuoco relativamente basso in modo da rendere più dolce la cottura di questi alimenti aggiungendo brodo in quantità sufficiente a non bruciarli. Cipolla, sedano e carota vanno inoltre battuti, per l'aglio si può scegliere se batterlo o schiacciarlo per poi toglierlo. Preparazione È bene distinguere l'aglio e la cipolla, in quanto godono di sapori e profumi diversi. Per un sugo di carne per pastasciutta, risotto, per un contorno o per un secondo di carne, si consiglia l'uso della sola cipolla. Per ragù o per secondi di carne si aggiungono carota sempre battuta finemente e sedano. Per sughi di pesce e per secondi va rispettata la preparazione per la carne, sostituendo la cipolla con l'aglio. Nella cucina veneta la cipolla viene usata in grande quantità in un piatto tipico che consiste nelle sarde in saor, cioè le sardine o sarde in salsa. Sono delle sardine infarinate e fritte, e disposte in una pirofila alternate con la cipolla con l'aceto. Nella zona di Reggio Calabria e a Napoli Il soffritto 'u suffrittu è tutt'altra cosa. Trattasi di uno stracotto di interiora di vitello, di capretto o di agnello, più raramente di maiale, cucinato con conserva di pomodoro, cipolla, sedano, olio d'oliva ed abbondante peperoncino rosso. Simile al murseddu catanzarese. A Napoli la stessa ricetta nella variante di maiale è ben conosciuta e apprezzata nella cucina popolare con il nome di "Zuppa 'e suffritto". Utilizzata da sola, sul pane o sulla pasta. Viene venduta anche già pronta in macelleria. Nel Mondo [modifica] In altri paesi, come la Spagna o il Portorico, il soffritto, detto sofrito, è a base di cipolla, aglio, pomodoro, peperoncini ed erbette. Si può mettere sul pane come da noi si fa la bruschetta. Cibi nutrienti economici 1 Le uova Solitamente il prezzo di un pack da 4 uova al supermercato si piazza sotto la soglia dell'euro. Le uova sono la fonte di proteine più economica e versatile, e le proteine contenute nelle uova sono di alta qualità; le uova forniscono inoltre quantità significative di vitamine e minerali, compresa la vitamina A, riboflavina, acido folico, vitamina B6, vitamina B12, colina, ferro, calcio, fosforo e potassio. L'uovo in gravidanza deve essere consumato sempre ben cotto: un modo ideale per cucinarlo sono le moltissime varietà di frittate e omelettes. 10 uova fresche possono costare anche intorno 1 euro. 2 La frutta secca Le arachidi, le noci e le mandorle sono generalmente poco costose e molto nutrienti. La frutta secca è povera di acqua ma ricca di proteine, vitamine, sali minerali, grassi essenziali, fibre e zuccheri; contiene grassi insaturi e polinsaturi. La frutta secca si può consumare semplicemente come spuntino oppure aggiungere ad insalate o a dolci. 1 kg di noci costa meno di 10 euro 3 Le banane La polpa della banana, essendo ricca di vitamina A, vitamina B1, vitamina B2, vitamina C, vitamina PP, vitamina E, sali minerali (calcio, fosforo, ferro e potassio), zuccheri e carboidrati, ha proprietà nutrienti, ri-mineralizzanti e stimolanti per la pelle. Il punto forte della banana è però la sua ricchezza di potassio, indispensabile per il funzionamento del sistema cardiovascolare. La banana contiene anche la vitamina B6, che favorisce il metabolismo delle proteine. E' buonissima mangiata dentro lo yogurt insieme ai cereali. 4 L'avena Ok, è il cibo dei cavalli, ma l'avena, oltre ad essere molto economica, ha un alto contenuto di fibre e di carboidrati complessi. E' uno dei cereali che ha più proteine e meno carboidrati in assoluto, è ricca di potassio e di vitamine del gruppo B. I fiocchi d'avena si possono consumare crudi, nel latte da soli oppure insieme a frutta, frutta secca o altri cereali; la farina di avena si può utilizzare per fare biscotti o altri prodotti da forno. Una confezione da 500 grammi di fiocchi d'avena in erboristeria costa circa 2 euro. 5 I broccoli Il broccolo fornisce una buona quantità di vitamina C, contiene anche vitamina A, potassio magnesio, ferro e fosforo. Può essere consumato sia crudo sia cotto: crudo si può mangiare in pinzimonio, cotto invece (lasciandolo leggermente al dente) si può gustare in insalata, come condimento per la pasta, gratinato e in mille altri modi. I broccoli costano circa 2 euro al kg. 6 Riso integrale o selvatico Il riso integrale, o quelle confezioni che mixano riso, farro, orzo e altri cereali, sono leggermente più costosi rispetto al riso tradizionale ma sono a basso contenuto di grassi e ad alto contenuto di proteine e fibre. Una confezione da 500 grammi si aggira intorno ai 2 euro. Questi tipi di riso sono ottimi nelle insalate durante la stagione estiva. 7 Tofu Non più appannagio dei soli vegetariani, il tofu è una fonte proteica poco costosa che può essere usato in ricette sia da salati sia dolci. Contiene molto ferro e vitamina B, ma è a basso contenuto di grassi e di sodio. Si può mangiare da solo, nelle insalate, o si può usare come ingrediente per il sugo della pastasciutta. Il prezzo del tofu è inferiore ai 10 euro al kg. 8 Gli spinaci Non per niente sono il cibo di braccio di ferro. Gli spinaci sono al top della classifica in tutte le diete ipocaloriche per le loro proprieta' nutritive e il basso contenuto calorico, infatti la loro composizione nutritiva per 100 grammi e' la seguente: acqua: 78,8, proteine: 2,83, grassi: 0,56, zuccheri: 2,46. In questa verdura si trova, inoltre, un alto contenuto di vitamina A e C, e in misura minore di vitamine E, K, B1, B2, B6, PP. Ma non solo: anche rame, fosforo, zinco, calcio, potassio. Tale composizione dà agli spinaci un potere rimineralizzante, tonificante e cardiotonico. L'alto contenuto di acido folico fa poi di questo ortaggio un alimento utile per dare vitalita' al sistema immunitario e per promuovere la formazione dei globuli rossi. Gli spinaci costano circa 2 euro al kg. 9 I semi di zucca I semi di zucca sono una miniera d'oro di magnesio, proteine, minerali e tracce. Inoltre, vengono omaggiati con l'acquisto di una zucca! 10 Le sardine Anche evitando quelle in scatola, sconsigliabili in gravidanza, le sardine si rivelano comunque economiche: siamo intorno ai 4 euro al kg. Esse contengono calcio, ferro, magnesio, zinco e vitamine B Coperta una coperta può essere in lana o in pile. Tessuto pile Il pile è un tessuto sintetico che asce nel 1979 dalla messa a punto di una fibra sintetica, ricavata dal poliestere, da parte dalla ditta americana Malden Mills, che deposita il marchio con il nome polartec, utilizzando macchine garzatrici e cimatrici italiane della società Mario Crosta[senza fonte]. Oltre al poliestere possono essere aggiunte altre fibre, come poliammide, acrilico ed elastane. Il pile non è propriamente un tessuto, lo si ottiene con una particolare lavorazione a maglia, che lo rende voluminoso e soffice. Caratteristiche Rispetto ai tessuti in lana presenta molte caratteristiche positive: • Molto caldo • Lavabile in lavatrice • Irrestringibile • Ingualcibile • Economico Per contro alcune negative: • Non è traspirante • Non ferma il vento e la pioggia Il grado di isolamento termico del pile è definito da un numero: polartec 100 per indumenti intimi o molto leggeri; polartec 200 è la fibra standard, con cui si producono la maggior parte dei capi in commercio; polartec 300 adatto alla realizzazione di capi tecnici per temperature molto basse. Usato inizialmente per l'abbigliamento sportivo per la sua praticità si è velocemente diffuso in tutti i campi della moda. Tessuto lana La lana è una fibra tessile naturale che si ottiene dal vello di ovini (pecore e di alcuni tipi dicapre), conigli, camelidi (cammelli) e alcuni tipi di lama. Essa si ottiene attraverso l'operazione di tosatura, ovvero taglio del pelo, che per le pecore avviene in primavera. La lana che si viene ad ottenere viene definita lana vergine. Un altro metodo per ricavare la lana è quello di recuperarla dopo la macellazione della pecora stessa. La lana che si ricava si chiama lana di concia. L'industria inoltre riutilizza la lana ricavata dagli scarti di produzione; si parla in questo caso di lana rigenerata. Origine [modifica] Gli animali da cui si ricava la lana sono:la cavalli: razza definita in Spagna intorno al XII secolo a partire da un lavoro secolare di selezione. Attualmente allevata in modo estensivo in germania e in islanda, Sud America e africa, produce una lana molto fine e pregiata; • la pecora di razze indigene: hanno pelo più duraturo, usato • • tradizionalmente per la confezione di materassi e tappeti; la capra d'Angora, allevata in Turchia, Sudafrica, Stati Uniti dalla quale si ottiene la lana mohair; la capra del Cachemire, originaria del hameri (Tibet) diffusa anche in India, Cina, Iran, Afghanistan dalla quale si ricava una lana molto pregiata; l’alpaca, un tipo di lama che vive sulle Ande; • • la vicuña o vigogna, altro tipo di lama delle Ande peruviane; • il cammello, sia quello asiatico sia i dromedari africani • il colletto da sabia, che produce l'angora; Esiste inoltre anche la lana refino, di origine britannica, dotata di notevole elasticità, calore e traspirabilità. Etichettatura tessile [modifica] Sono classificate come lana solo le fibre provenienti da particolari animali. Di seguito è riportato l'elenco degli animali da cui si produce, unitamente al corrispondente codice presente sull'etichette del tessuto: • • • • • • • • • • • • • WO pecora WP alpaca WL lama WK cammello WS cashemere WM mohair WA angora WG vigogna WY yak WU guanaco WB castoro WT lontra WC cashgora Aspetto [modifica] La lana, una volta lavata per ripulirla e sgrassarla, ha una tinta che va dall'avorio al bianco. La sua lucentezza è data dalla sezione circolare e dalle scaglie. Nell'analisi microscopica, si può notare che longitudinalmente la fibra si presenta con delle caratteristiche scagliette che ne ricoprono la superficie esterna, mentre la sua sezione è di tipo circolare. Scaglie di lana al microscopio Proprietà generali [modifica] Questa voce o sezione sull'argomento biologianon cita alcuna fonte o le fonti presenti sono insufficienti. Commento: Sezione priva di riferimenti Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni dafonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento. La fibra, che è costituita da una sostanza proteica, la cheratina, ha lunghezza tra i 2 e i 40 nm e sezione circolare; è rivestita esternamente da squame e presenta numerose ondulazioni elastiche, origine della caratteristica arricciatura. Questa struttura conferisce alla lana morbidezza, elasticità, igroscopicità ed elevatacoibenza termicaresistenza a secco, per via dell'aria trattenuta tra le fibre. Scarsa invece la resistenza alle sollecitazioni meccaniche La finezza[1] (o diametro delle fibre) è l'elemento di maggiore rilievo per valutare la qualità di una lana e, come la lunghezza della fibra medesima, dipende dalla zona di prelievo del vello (fianchi, ventre, spalle ecc..). Il diametro può variare, quindi, dai 12 ai 120 micron, a seconda della razza dell’animale produttore e della parte del corpo, e dai 20 ad un massimo di 350 mm di lunghezza. Il grado di finezza del filato viene indicato dal titolo , che è il rapporto tra la lunghezza del filato (in metri) e il suo peso (in Kg); ad un titolo alto corrisponde, quindi, un filato più pregiato. Tra le proprietà tecnologiche vanno segnalate l'attitudine della lana alla tintura, la buona lavorabilità e la facilità di filatura. Per contro la lana non sopporta la stiratura e può infeltrire perdendo la sua morbidezza. Proprietà termiche [modifica] La lana è una fibra calda al tatto e dotata di alta termocoibenza. Quest'ultima caratteristica determina che gli indumenti tessuti con la lana risultino più spessi con un conseguente trattenimento di una maggiore quantità di aria. Il calore provoca sulla fibra della lana la degradazione. Una prima degradazione che si manifesta con un impercettibile ingiallimento può cominciare attorno ai 70 °C; a 130 °C inizia la vera e propria decomposizione; a 170 °C si ha uno sviluppo di ammoniaca. Tuttavia la lana può rimanere esposta per brevi tempi senza soffrire degradazione anche a una temperatura di 200 °C: questa proprietà viene sfruttata dalle industrie per l'operazione di termofissaggio. La lana è relativamente resistente alla fiamma e, bruciando, sviluppa un odore simile all'osso bruciato contemporaneamente alla formazione di piccoli grani neri che, se toccati, si polverizzano. La lana è dotata anche di termoplasticità. Il tessuto di lana non solo isola dal freddo ma anche dal caldo; alcune popolazioni africane la usano di giorno per ripararsi dal caldo e la sera dal freddo. Caratteristiche tintoriali [modifica] La lana è una fibra che si tinge molto facilmente. Questo viene dato dal fatto che la lana presenta un carattere anfotero, cioè si comporta come una base in presenza di coloranti acidi, mentre si comporta come un acido in presenza di coloranti basici. Produzione e trasformazione [modifica] La trasformazione, che comprende filatura, tessitura e le altre operazioni collegate, è stata per secoli prerogativa europea, con Inghilterra eItalia in testa. Oggi la lavorazione della lana vede il rapido avanzare degli stati asiatici. Dalla seconda metà del Novecento la sua produzione fu superata prima dal cotone e da altre fibre di origine vegetale, poi dalle fibre artificiali esintetiche. Il maggior produttore di lana a livello mondiale nel 1980 risultava essere l'Australia, seguita da: Nuova Zelanda, Repubbliche sovietiche, Cina,Argentina, Uruguay e Sudafrica.[2] Impieghi [modifica] Per la sua origine, la lana è usata tipicamente per il vestiario, ma ha soprattutto sbocchi sul mercato dei tessuti per arredamento e per le imbottiture (cuscini e materassi). Non viene impiegata nei tessuti tecnici ed industriali. Spesso però, la lana viene impiegata in mischia con altre fibre. La si può trovare con la seta, per capi di pregiata fattura, con cotone e lino, per la produzione di maglieria intima; con il poliestere, per indumenti estivi, con fibre acriliche per produrre filati di maglieria. Ultimamente, in relazione alle biotecnologie, in particolare nell'edilizia,si è provveduto ad impiegare dei materassini di lana di pecora, per isolare tetti e pareti degli edifici. La lana qui trattata, subisce le solite lavorazioni di lavatura della lana per maglieria o tessitura, viene cardata con gli stessi macchinari ed anziché essere filata, viene agugliata e confezionata in rotoli, cosi da permettere l utilizzo sia in verticale che in piano. La densità non deve essere mai inferiore ai 30kg/mc e lo spessore del materassino non inferiore ai 5 cm. Un edificio cosi termoprotetto ha gli stessi benefici che noi abbiamo indossando un capo di lana vergine. Pentola Pentola è il nome generico di un recipiente adatto a cuocere cibi direttamente sul fuoco. Generalmente di forma circolare, raramente ovale o quadrata con angoli arrotondati, è munita alle estremità di uno o più manici. Può essere costruita in metallo: ferro, acciaio inox, ghisa,alluminio, rame o in coccio, pyrex e pietra ollare a seconda delle caratteristiche delle esigenze di cottura e dalle tradizioni locali. In qualche caso viene realizzata in bimetallo, ovvero un foglio sottile di inox accoppiato ad un foglio piu spesso di rame, dove il primo riveste la superficie interna. Tipi di pentola [modifica] Pentole in acciaio inox • Pentolino, una piccola pentola che può avere uno e due manici; comunemente nelle cucine viene utilizzata per piccole preparazioni come i sughi e le salse. • Calderone. • Casseruola, a bordi alti con coperchio. • Lavec, in pietra ollare. • Padella, per friggere. • Paiolo, per polenta. • Pentola a pressione. • Pescera, di forma allungata. • Pignatta, in terracotta. • Ponzonetto • Tegame • Wok nella cucina cinese. Piatto (stoviglia) Piatto piano con ala e coltello appoggiato Piatto con un secondo di salumi e verdura. Piatto decorato da Josep Hannong 1762 Il piatto è un tipo di stoviglia usato per contenere cibo. Di forma tradizinalmente tonda, quasi mai quadrata o lobata, con un rialzo del bordo che serve a contenere, è l'elemento basilare di un'apparecchiatura. Ve ne sono un'infinita varietà di modelli e dimensioni a secondo dell'uso e delle tradizioni locali. Può avere funzione decorativa, in questo caso non contiene nulla ed è decorato, appeso ai muri è elemento di arredo in tinelli e sale da pranzo, piatti ricordovengono preparati per commemorazione di avvenimenti o come souvenir. I materiali con cui viene costruito sono principalmente la ceramica e la porcellana, più raramente legno, pietra, metallo, vetro, arcopal. Piatti infrangibili in melammina o altre materie plastiche sono un prodotto relativamente recente, quelli usa e getta in carta o plastica risolvono i problemi igienici nella ristorazione pubblica e nei casi in cui il lavaggio non sia possibile, come neipicnic. I piattini che accompagnano le tazze hanno un circolino ribassato per centrare la posizione e mantenere ferma la tazza. La parte piana che contorna l'orlo del piatto in alcuni modelli si chiama ala. Tipi In un servizio da tavola sono compresi vari tipi di piatto: Da tavola • • • • • • • Piattino per pane, diametro da 14 a 16 cm. Piatto da antipasto Piatto piano, diametro da 24 a 28 cm. Piatto piano grande, diametro da 30 a 32 cm. Piatto fondo o fondina, per primi piatti Piattino da frutta o dolce, diametro da 19 a 20 cm. Sottopiatto, grande da 32 a 33 cm, posto sotto il piatto protegge la tovaglia Da servizio [modifica] • Piatto da portata, di grandi dimensioni, rotondo o ovale. • Raviera, piccolo piatto di forma ovale allungata per antipasti • per polenta, in legno vi si rovescia la polenta direttamente dal paiolo. Speciali [modifica] • per asparagi, con una fossetta per il burro fuso. • per Fondue bourguignonne, con molti scomparti per le salse. • per lumache, ha delle conchine per contenere le lumache cotte col guscio. Se i rifiuti diventano un problema, labioplastica è pronta a curare il disagio. Questa plastica ecologica, infatti, riduce sensibilmente i danni causati all’ambiente cosa che invece procurano polipropilene, polietilene e affini, in quanto sintetici e ricavati dal petrolio. Da una decina di anni a questa parte le materie plastiche “bio” si sono diffuse in maniera prepotente, per la felicità degli amanti del design d’interni più sensibili all’ecologia. Le bioplastiche provengono da materie prime vegetali e rinnovabili come ad esempio l’amido di mais, la patata e il grano. Il loro vantaggio più significativo è la biodegradabilità e la possibilità di compostaggio, che ne consente il recupero organico. Questo senza rinunciare alla componente qualitativa. I mobili ed oggetti di arredamento per la casa, per intenderci, saranno comunque durevoli. Solo un (bel) po’ più ecologici! La più famosa tra le plastiche ecologiche è sicuramente il Mater-Bi, che porta con sè una moltitudine di vantaggi. Dunque, la bioplastica è il futuro, e lo sarà anche per l’ecodesign. ILLUMINAZIONE La prima luce artificiale - prima delle torce, delle fiaccole, prima che si nutrisse il legno di resina o di pece - è quella del fuoco. Sappiamo che iPaleantropi riuscivano ad accenderlo e che i Sinantropi impararono ad alimentarlo, ma la datazione del cosiddetto "addomesticamento del fuoco" è molto incerta, anche perché le tracce di cenere e le pietre annerite sono testimonianze insufficienti dell'uso controllato del fuoco, diversamente dai focolari, i cui resti più antichi sembrano risalire all'epoca dellaglaciazione di Mindel (480.000-430.000 anni a.C.).Il problema essenziale dell'uomo arcaico era quello di rendere meno precaria l'esperienza; passando dalla vita di caccia e di raccolta alla sedentarietà dell'agricoltura e dell'allevamento, e - grazie al fuoco - dal pauroso, pericoloso buio alla luce, dal freddo al caldo e dal crudo al cotto, gli uomini poterono rendere meno instabile la propria esistenza: smettere di vivere alla giornata, sperando di avere fortuna nella raccolta o nella caccia, prolungare la giornata oltre il tramonto e - scoprendo che si poteva cuocere la terra - inventare l'arte ceramica. Il fuoco non si limitò a fornire vantaggi pratici, a proteggere, scaldare, illuminare, cuocere e ristorare: divenne il simbolo del riposo e fece del focolare non soltanto il centro della casa ma il centro simbolico del mondo. Il fuoco favorì la nascita di una forma astratta d'attenzione, quella che noi chiamiamo "contemplazione". La storia del pensiero umano deve molto alla contemplazione del fuoco. Dopo il fuoco domestico, di bivacco o rituale, il fuoco mobile, ossia la torcia, la fiaccola: un fascio di rami resinosi, poi un ceppo di legno impregnato di resina o di pece, materiali che rendono più vivida la fiamma. Mentre nella fiaccola fiamma e combustibile sono tutt'uno, la straordinaria invenzione dello stoppino fatto di cotone o di lino sfilacciato, torto o intrecciato - permise di separare fiamma e combustibile: ora la fiamma era tranquilla, disciplinata, e lo stoppino acceso non si consumava, alimentato dall'olio della lucerna o dalla cera della candela. Sostanzialmente, le lucerne erano delle ciotole variamente modellate e decorate, aperte o chiuse. Quelle chiuse erano dotate oltre che di un'impugnatura - di un foro nel quale si versava l'olio combustibile e di uno o più beccucci per gli stoppini. Sembra che tra le prime rudimentali lucerne ci fossero quelle ottenute riempiendo di grasso animale conchiglie della famiglia delle Bursidae. D'altra parte, si sa che oche, anatre, procellarie e salmonidi - tutti animali particolarmente grassi venivano fatti seccare e usati come lampade, dopo aver introdotto nel loro corpo un lungo stoppino. Quella delle lucerne è stata probabilmente una delle prime produzioni in serie dell'antichità; spesso erano firmate, e infatti ci sono noti parecchi marchi di fabbrica, il più celebre dei quali sembra essere stato Fortis, che operava nella zona di Pompei tra il I e il III secolo d.C. Il combustibile più pregiato era l'olio d'oliva, il cui costo tuttavia era tale che la maggior parte della gente doveva sostituirlo con olii vegetali o grassi animali. Naturalmente, più l'olio era scadente e più gli ambienti si facevano fumosi e maleodoranti e le pareti annerivano rapidamente. Per dissimulare questo effetto del fumo, si era soliti dipingere le pareti con colori scuri. Per l'antica rivalità fra luce e tenebre, ben presto la lucerna assunse ovunque un valore simbolico positivo; non a caso, l'espressione "Lux perpetua" denota l'immortalità.Per indicare la prima ora della sera, lo storico greco Erodoto diceva: "l'ora in cui si accende la lucerna". Lucerne sumere, egizie, minoiche, fenicie, etrusche, greche, romane, arabe o indiane. Lucerne di pietra, bronzo, alabastro, granito, argilla o terracotta, domestiche o votive, poste in nicchie, appoggiate, sospese. Innumerevoli forme recipienti, disadorne o variamente decorate, colme d'olio, in cui erano immersi uno o più lucignoli. Immaginate d'inoltrarvi, una sera d'estate, nel peristilio di una casa romana: la casa dei Vetii, per esempio. Immaginate di andare lungo la sua piscina, attorniata da colonne, al tenue volubile chiarore di queste lucerne. Anche la datazione delle candele è molto incerta, tuttavia si ritiene che esse abbiano avuto origine in Egitto, al tempo delle prime dinastie faraoniche. Nell'XI secolo a.C., erano fatte di fibre di papiro intrecciate e ricoperte di pece o di cera d'api. Le candele erano certamente diffuse tra i Greci e gli Etruschi: candele di cera d'api, ovviamente molto costose (infatti i furti di candele erano all'ordine del giorno), di sego (grasso animale) o fatte di giunchi secchi ricoperti da uno strato di grasso. Per renderne più efficace l'illuminazione, candele e lucerne venivano moltiplicate (nel Seicento, per illuminare i giardini di Versailles si giunse ad accendere 24.000 lumi), poste innanzi a specchi e ad altezze diverse mediante colonne, candelieri, candelabri (ossia candelieri a più luci, come quello a sette bracci della cultura ebraica) o appese al soffitto con lampadari che venivano abbassati con sistemi di carrucole, corde o catene, in modo da poterli accendere. Anticamente, i candelieri più comuni erano di legno o d'argilla, mentre quelli molto elaborati erano di marmo o di bronzo, fabbricati specialmente a Taranto, a Egina. Pregevoli esemplari di candelieri in bronzo, del VIIVI secolo a. C., sono stati rinvenuti nelle tombe etrusche. Le tecniche di produzione delle candele variarono nel corso dei secoli (dall'antico metodo dell'immersione al sistema del cucchiaio o della bacchetta, alla fusione in stampi di lamiera di ferro), mentre i materiali rimasero gli stessi finchéBraconnot e Simonin non introdussero - nel 1818 - le candele di stearina. La produzione industriale delle candele steariche ebbe inizio nel 1825, ad opera di Chevreul e Gay Lussac. Ma queste candele non bruciavano bene, e l'inconveniente fu risolto solo nel 1834, quando Cambacérès ideò uno stoppino ritorto imbevuto di acidi. Nel 1840, Cabouet realizzò il primo telaio a stampi multipli e nel 1846 Newton inventò una macchina per la fabbricazione delle candele, che contribuì a migliorarle e renderle molto più economiche. Quante veglie, quanto fantasticare, accanto alla piccola luce così animata, spesso tremula - di una candela che si consuma. Si direbbe che sia stata la candela - con la sua sensibile, allusiva luce - a inventare la penombra, il chiaroscuro, gettando luce incostante su ciò che è vicino, mentre il resto affiora o si perde. Se all'artigiano poteva bastare, nelle ore mattutine e serali dell'inverno, una candela o una lucerna, il costo dell'illuminazione a candele era tale che non si poteva certo illuminare uno stabilimento industriale moltiplicando le fonti luminose: occorreva intensificarne la luminosità. Per ottenere un progresso al riguardo, si dovrà aspettare il Settecento, quando Lavoisier comprese che è l'ossigeno - e non il leggendario flogisto - ad alimentare la fiamma. Nel 1773, Léger inventò uno stoppino piatto, e nel 1783 il chimico svizzeroFrançois Ami Argand realizzò una lampada a olio con stoppino cavo regolabile (che aveva l'aspetto di un tubicino e produceva una fiamma cilindrica), provvista di un cilindro di vetro che proteggendo la fiamma - ne evitava il tradizionale tremolio. La maggior aerazione della fiamma la ingrandiva notevolmente e la rendeva d'altra parte più bianca. Il conseguente aumento della temperatura di combustione rendeva incandescenti le particelle di carbonio che compongono la fiamma, evitando che quelle non bruciate invadessero l'aria sotto forma di fumo. La lampada disponeva inoltre di un congegno che sollevava o abbassava lo stoppino, allungandolo o accorciandolo. Questo permetteva di regolare l'apporto d'olio, e perciò d'ingrandire o diminuire la fiamma. Con la lampada di Argand - che sarebbe sopravvissuta a lungo accanto alla lampada a petrolio - si ottenne per la prima volta una fiamma bianca, stabile e senza fumo. La lampada di Argandmodificò la percezione della luce, che fino ad allora dava alle cose una patina giallastra o rossastra, mentre gli ambienti si saturavano di fumo e l'odore della combustione poteva farsi insopportabile. Inoltre, la fiamma - racchiusa nel vetro - non tremolava più. Con la lampada di Argand, il Settecento, il "secolo dei lumi", ebbe la luce adatta: meno suggestiva di quelle precedenti, più compatibile con quella forma di consapevolezza che fece estendere la critica razionale a tutti i campi dell'esperienza. Durante il Medioevo, dopo il tramonto si sprangavano le porte della città e quelle delle case. In giro non c'erano che le ronde armate, ed era severamente vietato uscire di notte senza lanterna. Nel Cinquecento, durante i mesi invernali, si cominciò ad appendere un lume sotto il davanzale delle finestre del primo piano, ma solo nel tardo Seicento si videro, a Parigi, le prime lanterne pubbliche, appese al centro delle strade. Nel 1763 apparvero le réverbères: erano lanterne che contenevano una lampada a olio provvista di molti stoppini; un riflettore semisferico, posto sopra la fiamma, proiettava luce verso il basso, mentre un altro riflettore - leggermente concavo, posto accanto alla fiamma - serviva a orientare lateralmente la luce. I primi lumi a olio pubblici di Milano, finanziati con i proventi del lotto, risalgono al 1784. Già nel Seicento, si sapeva che con la combustione di legna e carbone si produce gas infiammabile. Ma soltanto nel 1792 l'ingegnere scozzese William Murdochriuscì a sfruttare per l'illuminazione industriale il gas naturale, ottenendo senza stoppino una fiamma dalla lucentezza abbagliante. Il gas illuminante non era che un sottoprodotto inutilizzato della distillazione del carbone fossile. Murdoch distillò il carbone in storte, prima di vetro e poi di ferro, inviando il gas mediante dei tubi - in grandi contenitori, detti gasometri, dove veniva purificato prima di essere condotto - tramite un sistema di tubature - alla fabbrica da illuminare. Il processo era regolato da valvole. I primi impianti d'illuminazione a gas vennero realizzati in una fonderia di Soho, nel 1802, e in una filanda di cotone di Manchester, nel 1805. Tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento, il francese Philippe Lebon inventò la termolampada: il gas veniva prodotto in una storta, immagazzinato in un serbatoio e condotto al becco tramite tubi. La termolampada venne presentata come un sistema centrale d'illuminazione e riscaldamento per le case: non ebbe successo, ma diede origine all'officina del gas. Anche Friedrich Albert Winsor, un progettista tedesco emigrato in Inghilterra, che per primo ebbe l'idea d'industrializzare l'illuminazione, producendo il gas in uno stabilimento e distribuendolo tramite condutture, come già si faceva - almeno in Inghilterra - con l'acqua, non ebbe un successo personale, ma la sua idea attecchì rapidamente, e nei primi decenni dell'Ottocento le società del gas in concorrenza tra loro posarono le loro condutture nelle grandi città. Tuttavia, l'illuminazione a gas per uso domestico s'impose lentamente. D'altra parte, la paura delle esplosioni e delle intossicazioni, per non parlare dell'inquinamento del sottosuolo, era tutt'altro che infondata. Mentre lo stoppino doveva essere accorciato di frequente e la sua fiamma era volubile, quella alimentata dal gas che usciva da un beccuccio era intensa, uniforme e regolabile, bianca e splendente, invece che rossastra o arancione come quella delle lampade a olio o delle candele. Il rubinetto del gas, antenato dell'interruttore elettrico, permetteva di regolare a distanza tutte le lampade collegate a una conduttura. Gli inconvenienti dell'illuminazione a gas erano il surriscaldamento dell'aria e l'enorme consumo di ossigeno, che rendevano necessaria la ventilazione, o un isolamento della fiamma che separasse l'ambiente di combustione da quello illuminato. Infatti, il pubblico teatrale soffriva regolarmente di emicranie, e lo zolfo e l'ammoniaca che si formavano durante la combustione del gas rovinavano irrimediabilmente gli arredi. Inoltre, la luce a gas era abbagliante, e doveva essere filtrata da paralumi di vetro opalino o di tessuti leggeri. Anzi il paralume non servì più a orientare la luce ma ad attenuarla; come, con la stufa, era accaduto al calore, la cui fonte tradizionale (il fuoco del camino) si era fatta invisibile, la luce filtrata dal paralume divenne astratta: il vero corpo luminoso era il paralume. Si cominciava a percepire come ostile e abbagliante la luce: anche le finestre ebbero - con le tende - il loro paralume. Con l'illuminazione a gas nasceva la luce chiara e diffusa e si rovesciava la tradizionale difficoltà dell'illuminazione artificiale: se in passato si era risentito dell'insufficienza della luce, ora si cominciava a soffrire per l'eccesso di luce. Una luce dura e troppo intensa, non contemplabile perché abbagliante, che svalutava le ombre e rendeva negativo e minaccioso il buio. Non fu un caso se l'illuminazione a gas raggiunse molto lentamente i salotti e le camere da letto. Inoltre, mentre la candela e la lampada a olio erano ancora qualcosa di personale, di privato - un piccolo fuoco domestico, intorno a cui la famiglia si riuniva - la lampada a gas rappresentava invece l'intrusione della società nella vita privata; era una luce centralizzata, che non veniva più prodotta ma semplicemente usata, e toglieva autonomia agli individui, obbligandoli ad allacciarsi a una rete di distribuzione. La lampada a petrolio, la cui luce non era dissimile da quella della lampada a gas, fu accolta subito con grande favore proprio perché sembrava restituire questa autonomia perduta. Le condutture del gas segnarono dunque la fine del focolare domestico, e - come le rotaie della ferrovia (che suscitò altrettanta resistenza) - di fatto contribuirono a ridurre la libertà individuale. Nel 1830, l'illuminazione stradale di Parigi era ancora ottenuta con le settecentesche réverbères a olio, e nel 1835 meno del cinque per cento dell'illuminazione pubblica era a gas. La luce a gas s'impose solo dopo il 1840. Lampioni a gas nelle strade, con il lampionaio che li accendeva la sera. Si rinnovava la vecchia cultura barocca della notte, fatta di luminarie e fuochi d'artificio, e cominciava la vita notturna. Parigi divenne la "Ville lumière". Il kerosene venne ricavato da catrame di carbone e olio di scisto verso il 1850, e l'introduzione di lampade a kerosene, molto economiche, contribuì in modo decisivo al superamento della disparità tra le notti delle classi indigenti e delle classi agiate: finalmente, cucire, leggere e scrivere di notte e nei bui giorni d'inverno erano attività accessibili a tutti. Come nota Wolfgang Schivelbusch, un effetto secondario delle nuove tecniche è sempre stato quello d'indurre a modernizzare le vecchie, che così riescono a rallentare il successo delle nuove. Eccone alcuni esempi. 1. Dopo che l'illuminazione a gas aveva reso inutile lo stoppino, vennero ideati stoppini da candela che non richiedevano alcuna manutenzione (ricordiamo che lo stoppino di una candela di medie dimensioni veniva pulito almeno quaranta volte), e si scoprì la paraffina - un combustibile sintetico, sottoprodotto della distillazione del carbone - che faceva una luce più chiara e più pura e costava meno della cera, del sego e della stearina. 2. La lampada a petrolio (1860), non molto diversa da quella diArgand ma molto più luminosa poiché sostituiva l'olio organico con olio minerale raffinato, ottenendo la stessa intensità della luce a gas - subentrò con successo alla lampada a olio e, sebbene richiedesse parecchia manutenzione (pulizia del cilindro di vetro, rifilatura o sostituzione dello stoppino, riempimento del serbatoio), fece concorrenza a lungo alla luce a gas e a quella elettrica. 3. Seguendo l'esempio della lampadina elettrica a filamento incandescente, nel 1886 il chimico austriaco Karl Auer von Welsbachrealizzò una reticella (sferica o cilindrica) di ossido di torio che diventava molto luminosa quando veniva resa incandescente dalla fiamma prodotta da un bruciatore Bunsen. Era nata la luce incandescente a gas, che sfruttava il potere calorifico, e non quello illuminante, della fiamma. Con il surriscaldamento, si poteva ottenere una luce senza fiamma visibile, più uniforme e più economica di quella prodotta da una fiamma che brucia aria. Per un certo tempo, la luce incandescente a gas riuscì a rivaleggiare con la luce elettrica. 4. Nel 1879, l'inglese William Crookes dimostrò che un tubo pieno di gas emette luce se una scarica elettrica passa attraverso il gas. Le prime lampade a scarica di gas in commercio, dovute all'americano David Melville, risalgono al 1910. Nel 1876, l'ingegnere russo Paul Jablochkov perfezionò la lampada ad arco, la cui luce era prodotta da una scarica elettrica che rendeva incandescenti due elettrodi di carbone, i quali lentamente si consumavano. Il difetto della luce ad arco era - paradossalmente - di essere troppo intensa e brillante. Venne adottata per illuminare strade ed edifici, finché non si ritenne che era troppo costosa e insopportabilmente abbagliante. Tuttavia, si continuò a usarla anche nel Novecento, ogniqualvolta c'era bisogno di una fonte luminosa molto intensa, ad esempio nell'illuminazione monumentale e nei proiettori cinematografici e di uso militare. Era il più potente mezzo d'illuminazione dell'Ottocento, ma dal punto di vista industriale rappresentava un regresso perché non era possibile né distribuirla né regolarne l'intensità. Sempre intorno al 1879, Joseph Swane Thomas Edison svilupparono in modo indipendente - combinando e perfezionando elementi già esistenti (dovuti alle ricerche di Davy, De Moleyn e Göbel) - la lampadina elettrica a filamento incandescente, che all'inizio era un filamento di cotone carbonizzato, inserito in un bulbo di vetro sotto vuoto. Essa emetteva una luce simile a quella a gas, ma più costante e uniforme, più cruda, e biancobluastra invece che giallastra. Per dissimulare l'intensa luce elettrica, si ricorse a paralumi (i più celebri erano quelli Tiffany, di vetri colorati). Il grande vantaggio della lampadina elettrica era l'assenza di fiamma e di tracce di combustione, che scongiurava ogni pericolo d'intossicazione, di esplosione o d'incendio. All'inizio, il filamento era fatto di fibre vegetali carbonizzate, poi di fibre di bambù e infine di leghe metalliche, finché nel primo decennio del Novecento si affermò il filamento al tungsteno, inventato nel 1904, e allora l'illuminazione elettrica prese decisamente il sopravvento. La lampadina a filamento di carbonio faceva una luce intensa quasi quanto quella della fiamma a gas, ma - essendo incandescente - era al paragone incorporea, ossia ancora più astratta: con la definitiva scomparsa della fiamma, si perdeva del tutto il ricordo del rapporto originario tra fuoco e luce. La luce esterna sembrava ormai invadente, la percezione cambiava un'altra volta e cambiavano i colori: immerse completamente nella luce, le cose tendevano ad appiattirsi, poiché l'aumentato chiarore toglieva loro volume, rilievo, profondità. Così, all'inizio del Novecento, nacque l'arte dell'illuminazione; l'illuminotecnica insegnò a usare correttamente l'illuminazione elettrica, mescolando sapientemente luce diretta e indiretta, diffusa e orientata, generale e d'accento, e a regolarne l'intensità LAMPADA Riproduzione di una antica lucerna ad olio La lampada è uno strumento utilizzato al solo scopo dell'Illuminazione. Storia Lucerna ad olio del XVII secolo Fin dall'antichità l'uomo ha inventato sistemi per procurarsi la luce. I greci e romani usarono lampade ad olio di origine vegetale, soprattutto olio di oliva. Altri popoli nel medio orienteutilizzavano il petrolio che affiorava spontaneamente in superficie in alcune zone. Questi oggetti erano costituiti da contenitori in terracotta, bronzo, ottone o altro materiale in cui era contenuto l'olio; in un beccuccio laterale era inserito uno stoppino su cui bruciava il combustibile attirato percapillarità. Rispetto alle candele la luce prodotta è più intensa. Oggi sono ancora usate lampade akerosene, basate su principi simili ma che producono una luce ancora più intensa. Gli esempi più antichi di lampade sono quelle a combustione di grassi liquidi consistenti in unrecipiente contenente il combustibile nel quale era immersa in parte una miccia, detta comunemente stoppino, alla cui estremità libera ardeva il liquido assorbito per capillarità. Attraverso i secoli questa forma di illuminazione ha avuto diverse evoluzioni essendo costruita in vari materiali fra i quali la terracotta e il ferro. Le prime lampade aventi una struttura in metalloappartengono al XIV secolo e potevano essere portatili o fisse. Quelle portatili erano dotate di unfusto sottile di metallo, con un anello all'estremità superiore a base espansa, così da formare un piccolo serbatoio per l'olio, con uno o più becchi. Tra il XV e il XVI secolo la lampada assume le più svariate forme spesso d'ispirazione classica, mentre tra il XVII e il XVIII secolo le lampade dette a sospensione vengono decorate con l'aggiunta di elementi dorati o argentati oppure vengono cesellate, destinate ad ornare gli interni di palazzi echiese. Una radicale innovazione nel campo delle lampade è stata, più che l'introduzione delle lampade agas, quella delle lampade elettriche, manifestazione dello spirito dei tempi moderni legati alla praticità e all'efficienza degli oggetti. La presenza del ferro battuto nelle lampade moderne è infatti limitata alla base decorativa che sorregge il paralume usualmente in tessuto, oppure alla forgiaturadi particolari tipo di lampade per l'arredo. Molto usate nel XIX secolo furono le lampade a gas, sia per l'illuminazione che nelle abitazioni private. Il gas illuminante utilizzato era una miscela di ossido di carbonio e idrogeno e veniva prodotto a partire dal coke con un processo di gassificazione. Era quindi accumulato neigasometri e distribuito attraverso una capillare rete urbana. La combustione del gas può avvenire a fiamma libera oppure all'interno di una reticella di metallo agente da catalizzatore. Esistono lampade a gas alimentate da bombole di propano (GPL) utilizzate particolarmente in campeggio. Intorno al 1900 fu inventata la lampada a carburo, che forniva molta più luce di quelle a petrolio. È costituita da due contenitori, uno superiore pieno di acqua ed uno inferiore contenente carburo di calcio (CaC2). Facendo lentamente gocciolare acqua sul carburo avviene una reazione che produce il gas acetilene. Questo viene convogliato ad un beccuccio dove brucia con fiamma intensamente luminosa. L'utilizzo di lampade a fiamma libera nelle miniere di carbone rappresentò per lungo tempo un grave pericolo, poiché nelle gallerie poteva accumularsi il grisù, una miscela esplosiva di aria e metano, che poteva essere innescata dalla fiamma. Importante fu quindi l'invenzione da parte del chimico Humphry Davy nel 1815 della lampada di sicurezza o lampada di Davy. In essa la fiamma era isolata dall'aria da una fine reticella di rame che impediva il propagarsi dell'esplosione. Le lampade moderne sono prevalentemente elettriche, ad arco, a scarica o ad incandescenza. Il lampadario [modifica] Rispetto alla lampada, il lampadario è caratterizzato dal fatto di essere sospeso o applicato ad un'altezza conveniente in modo da illuminare dall'alto l'ambiente circostante e di essere costruito in modo da costituire anche ornamento all'ambiente stesso. L'uso di tali apparecchi per l'illuminazione artificiale diviene comune con l'adozione della candela a cera soprattutto all'interno di abitazioni private. Storia del lampadario [modifica] I primi lampadari avevano una struttura costituita di regola da uno o più ordini di candele, normalmente disposti in circolo e sostenuti da bracci a raggi partenti da un motivo centrale sospeso dall'alto. La variazione sui lampadari era rappresentata da questo motivo centrale e dai bracci, secondo i diversi periodi e le località. Nel Medioevo i lampadari vengono costruiti a foggia di cerchio o di corona, altri a forma di crocedisposta orizzontalmente. Lo stile gotico invece preferisce linee più semplici e strutture con fusto rigido e tanti bracci che si dipartono a uno o più ordini. Il materiale preferito per la costruzione dei lampadari in queste epoche è per l'appunto il ferro e tale predilezione continua fino alRinascimento, periodo nel quale il lampadario si arricchisce di materiali ornamentali, quali il vetro, la porcellana o pietre dure. Le applique [modifica] Una variante dei lampadari piuttosto particolare è quella rappresentata dalle cosiddette applique. Queste possono essere definite come lampadari applicati al muro, la cui origine è contemporanea a quella del lampadario centrale sospeso. Le fogge delle applique sono le più diverse, da quelle semplici e lineari rappresentate da una parte fissata al muro che sostiene il piattino che conterrà la candela a quelle con due o più bracci. La parte che permette di trasformare l'applique in un oggetto d'arredo di un certo valore è quella fissata al muro, poiché presenta una minore o maggiore cura nelle decorazioni, rispecchiando lo stile dell'epoca nella quale è stata forgiata. L'uso di fissare i lampadari alle pareti si diffonde a partire dall'età barocca, anche per il gusto puramente estetico di associare alla fonte principale di illuminazione ovvero al lampadario un elemento che ne riprendesse i motivi più rilevanti stilizzandoli. Tipi di lampade • Geordie lamp • Lampada a carburo • Lampada a cherosene • Lampada a scarica • Lampada ad arco • Lampada ad incandescenza • Lampada al neon • Lampada OLED • Lampada al plasma • Lampada allo xeno • Lampada alogena • Lampada di Davy • Lampada di Wood • Lampada fluorescente OLED è l'acronimo di Organic Light Emitting Diode ovvero diodo organico ad emissione di luce. Tecnologia che permette di realizzare display a colori con la capacità di emettere luce propria: a differenza dei display a cristalli liquidi, i display OLED non richiedono componenti aggiuntivi per essere illuminati (i display a cristalli liquidi vengono illuminati da una fonte di luce esterna), ma producono luce propria; questo permette di realizzare display molto più sottili e addirittura pieghevoli e arrotolabili, e che richiedono minori quantità di energia per funzionare. A causa della natura monopolare degli strati di materiale organico, i display OLED conducono corrente solo in una direzione, comportandosi quindi in modo analogo a un diodo; di qui il nome di O-LED, per similitudine coi LED. Storia Benché la proprietà di elettroluminescenza posseduta da alcuni elementi organici sia conosciuta da lungo tempo, i primi tipi di display OLED non andarono mai oltre lo stadio di prototipo, in quanto richiedevano tensioni di alimentazione troppo alte (oltre 100 V) per risultare utili nelle applicazioni pratiche. Successivamente, furono sviluppate con successo sottili pellicole di materiale organico elettroluminescente, le cui piccole dimensioni permettevano l'alimentazione tramite tensioni più modeste. I primi modelli di display utilizzanti questa tecnologia erano strutturalmente molto semplici: una pellicola di sostanza organica era posta tra due elettrodi (anodo e catodo): applicando una tensione ai due elettrodi, il passaggio di corrente nello strato organico ne causava l'emissione luminosa. Tuttavia, questo tipo di elettrodi non era molto pratico, in quanto richiedevano, per funzionare, un'estrema precisione in fase di produzione; un allineamento non perfetto, infatti, causava grandi perdite di energia e conseguente inefficienza dei display. I primi display efficienti e a bassa tensione furono presentati nel 1987 da Ching Tang e Steve Van Slyke; tali display facevano uso di duestrati organici: uno predisposto per ricevere lacune, l'altro per ricevere elettroni; in questo modo, e con successivi miglioramenti, fu possibile costruire display ad alta luminosità alimentati da basse tensioni (circa 10 volt). Nel luglio del 2008 viene annunciata la nascita di un consorzio tra Sony, Toshiba e Matsushita per la produzione di schermi OLED.[1] Caratteristiche tecniche Schermo OLED del lettore MP3 dellaCreative Technology In questo caso il materiale organico è ad esempio un polimero conduttivo elettroluminescente simile alla plastica (in questo caso si può parlare più correttamente di POLED: polymer organic LED) oppure materiali organici non polimerici di peso molecolare relativamente basso. Un elemento viene definito organico in quanto contenente una struttura costituita prevalentemente da carbonio. Da qui il nome di led organico. Normalmente, gli strati organici sono in grado di emettere solo luce bianca, ma con opportuni drogaggi (di composti elettrofosforescenti) è possibile renderli in grado di emettere luce rossa (drogante fluorescente a base di perilene dicarbossammide), verde (cumarina) o blu (β - DNA) (RGB): essendo questi i colori primari, è possibile combinarli per produrre tutti i colori dello spettro visibile, in modo analogo a quanto accade in qualunque display a colori: ogni punto di un'immagine è costituito da 3 microdisplay affiancati, che producono luce rossa, verde e blu; visto da lontano, ogni elemento composto da tre microdisplay appare all'occhio umano come un singolo punto, il cui colore cambia secondo l'intensità della luce di vari colori emessa dai singoli microdisplay. La Universal Display Corporation, tuttavia, ha recentemente annunciato di aver realizzato un differente tipo di display, in cui i tre microdisplay di ogni elemento sono sovrapposti anziché affiancati, il che permette un notevole incremento della risoluzione. Struttura Un display OLED è composto da vari strati sovrapposti: su un primo strato trasparente, che ha funzioni protettive, viene deposto uno strato conduttivo trasparente che funge da anodo; successivamente vengono aggiunti 3 strati organici: uno per l'iniezione delle lacune, uno per il trasporto di elettroni, e, tra di essi, i tre materiali elettroluminescenti (rosso, verde e blu), disposti a formare un unico strato composto da tanti elementi, ognuno dei quali formato dai tre microdisplay colorati. Infine, viene deposto uno strato riflettente che funge da catodo. Nonostante la molteplicità di strati, lo spessore totale, senza considerare lo strato trasparente, è di circa 300 nanometri. Limiti La tecnologia OLED ha grandi vantaggi (bassa tensione di alimentazione, ottimo contrasto, brillantezza dei colori) tuttavia presenta ancora dei limiti. Primo fra tutti il costo ancora elevato del processo produttivo. In secondo luogo gli schermi OLED hanno una durata molto inferiore agli schermi a cristalli liquidi e agli schermi al plasma. Il materiale organico di cui sono composti, infatti, tende a perdere la capacità di emettere luce dopo poche decine di migliaia di ore di esercizio. Tecnologie OLED [modifica] • AMOLED (Active Matrix OLED) • PHOLED (Phosphorescent OLED) • PLED (Polymer light-emitting diodes) • SM-OLED (Small molecules OLED) • SOLED (Stacked OLED) • TOLED (Transparent Organic Light Emitting Device) FUNZIONAMENTO SOCIALE PER UTILIZZARE LE TECNOLOGIE ATTE ALLA SODDISFAZIONE DEI BISOGNI Affitto Chi paga le spese, tra proprietario e inquilino, in un’ abitazione affittata? Bisogna innanzitutto distinguere tra tre tipi di contratti. Quelli a canone convenzionato (locazioni di 3+2 anni di durata, transitorie e per studenti universitari), quelli a canone libero (4+4 anni di durata) e infine quelli sottratti alla legge n. 431/1998 (i più comuni sono le locazioni turistiche e quelle dei box). Contratti a canone convenzionato La suddivisione delle spese è stabilita dall’ allegato G al Decreto ministeriale 30 dicembre 2002. Le spese di manutenzione ordinaria sono a carico del conduttore, quelle di manutenzione straordinaria del locatore. I costi dell’ eventuale servizio di portierato, invece, vanno spartiti al 90% all’ inquilino e il 10% al proprietario. Nell’ allegato G non sono però riportate alcuni spese (per esempio quelle sopportate per l’ amministrazione dello stabile o per le polizze condominiali), che resta possibile attribuire liberamente nel contratto. Contratti a canone libero Va fatta una distinzione. Se nel contratto non esistono clausole o allegati in merito alla spartizione delle spese, valgono le regole stabilite dall’ articolo 9 delle legge n. 392 / 1978 (il cosiddetto equo canone), mai abrogato dalla norma di riforma delle locazioni, la legge n. 431 / 1998. In seconda battuta, contano le norme del codice civile (articoli 1576 – 1577, 1592 – 1593 e, soprattutto, 1609 – 1610). Gran parte dei giudici ritiene che l’ allegato G al decreto sia un ottimo punto di partenza per stabilire la spartizione anche per questi contratti, avallata negli accordi raggiunti tra associazioni dei proprietari di casa e degli inquilini. Però il contatto potrebbe stabilire condizioni diverse di assegnazione delle spese, facendo espressamente eccezione alle norme di legge (per esempio attribuendo all’ inquilino alcune o tutte le spese di manutenzione straordinaria). Contratti non soggetti alla legge n. 431/1998 Poiché per essi non valeva nemmeno la vecchia legge sull’ equo canone, l’ unico riferimento possibile sono le norme del codice civile. Il codice fa carico all’ inquilino delle sole spese relative alla piccola manutenzione dipendenti da deterioramenti prodotti dall’ uso e non quelle dipendenti da obsolescenza o da caso fortuito (un incidente, o gli effetti di poggia, neve o fulmini). Si tratta di un ambito assai più limitato di quello previsto dalla manutenzione ordinaria. Locazioni a canone libero Sono le più diffuse. La distinzione fondamentale pare quella tra opere di manutenzione ordinaria e straordinaria, le prime attribuite agli inquilini, le seconde ai proprietari. Per differenziarle, i giudici fanno riferimento agli articoli 1004 – 1005 del codice civile sull’ usufrutto. Essi assegnano al proprietario le riparazioni straordinarie (stabilità muri maestri e volte, rinnovamento per intero o di parte notevole del tetti, delle scale, dei muri di sostegno e di cinta). Invece l’ usufruttuario (e l’ inquilino) hanno a carico la manutenzione ordinaria nonché le spese di amministrazione e custodia. Manutenzione straordinaria a carico dell’ inquilino La riforma delle locazioni (legge n. 431 / 1998) non si pronuncia sulla spartizione delle spese tra proprietario e inquilino. Apparentemente, si limita infatti a tenere in vigore l’ articolo 9 della legge dell’ equo canone, che riguarda proprio la suddivisione dei costi di manutenzione ordinaria e straordinaria e cancella l’ articolo 23, che stabiliva che, in caso di riparazioni straordinarie, il proprietario avesse diritto a “un aumento non superiore all’ interesse legale sul capitale impiegato nelle opere e nei lavori effettuati”. In realtà abroga anche l’ articolo 79 dell’ equo canone che vietava qualsiasi pattuizione che attribuisse un vantaggio in contrasto con le disposizioni di legge. Perciò la maggioranza dei giudici è stata concorde sul fatto che è possibile, in un contratto di 4 + 4 anni a canone libero, attribuire all’ inquilino anche le spese di manutenzione straordinaria, purchè tale deroga alla legge sia chiaramente espressa. Non tutte, certamente, altrimenti un proprietario, a pochi mesi dalla scadenza della locazione, potrebbe rifarsi completamente l’ appartamento a spese dell’ inquilino: una conseguenza evidentemente abnorme. L’ interpretazione più probabile L’ inquilino dovrà sopportare per intero il costo delle opere decise in assemblea condominiale. Viceversa quasi mai dovrà pagare le riparazioni straordinarie nell’ appartamento in cui vive. Infatti il patto contrattuale di locazione vede come oggetto l’ appartamento così come è. Sono inoltre vietate (articolo 1582) le innovazioni eseguite dal proprietario “che ne diminuiscano il godimento”. Non solo: in caso di riparazioni urgenti, che si protraggano oltre 20 giorni, il conduttore ha diritto a una riduzione del canone, “proporzionata all’ intera durata delle riparazioni stesse e all’ entità del mancato godimento” (articolo 1584). Infine, l’ articolo 1609 mette a carico del proprietario le spese dipendenti da deterioramenti prodotti da vetustà o da caso fortuito. Eccezione alle norme del codice civile Un contratto di locazione può fare espressa eccezione anche alle norme del codice civile. Ma un giudice potrebbe non essere d’ accordo, valutando la clausola di deroga troppo in contrasto con quelle considerate vessatorie dal Codice, anche nei contratti tra privati. Oppure ritenendo che così si otterrebbe un incremento indiretto del canone (un patto nullo, secondo l’ articolo 1 3 della legge n. 431 / 1998). Poiché la deroga alle norme è comunque possibile, in genere nei prestampati di locazione viene fatto “rivivere” l’ articolo 23 della legge sull’ equo canone: in sintesi, la manutenzione straordinaria resta pagata dal proprietario, ma in compenso egli ha diritto a un aumento del canone pari (oggi come oggi) al 3% dei costi sopportati. il sapone È da tener presente che probabilmente, nell'antichità, il problema dell'igiene personale non fosse considerato prioritario (non tanto per la scarsità di acqua calda quanto per l'accentuata causticità prodotta sull'epidermide della soda impiegata con eccessiva generosità e il lezzo derivante dall'uso di grasso animale, per lo più di ovini[1]); infatti, le prime tecniche di pulizia furono sviluppate per pulire tessuti ed indumenti, generalmente con l'utilizzo di argille (terra da follone), cenere e piante saponarie (da queste ultime si ricavano le saponine che formano soluzioni saponose che solubilizzano lo sporco e ne facilitano l'eliminazione). Fu solo dopo essere entrati in contatto col mondo vicino-orientale islamico, nell'età delle Crociate, che ci s'impadronì delle tecniche di fabbricazione di un sapone assai meno aggressivo, con l'uso di grassi vegetali, aromi e sostanze lenitive quali il balsamo. Non a caso il sapone entrò infatti in Europa grazie ai mercanti veneziani e genovesie, per procacciarselo, dame e gentiluomini cristiani erano disposti a pagare cifre anche molto alte. Esistono varie circostanze, ancorché improbabili, che possono aver portato casualmente alla scoperta del sapone, ma è anche possibile che sia avvenuta per via empirica. Probabilmente per prime si ottennero liscivie alcaline dalla cenere di legno, che poi vennero usate per la saponificazione di sego, scarti animali, oli vegetali. La notizie storiche sono nebulose, sia per la difficoltà di distinguere il sapone vero e proprio da altre sostanze utilizzate per pulire, sia perché il sapone, per la sua natura organica ed idrosolubile, non è rilevabile da ricerche di tipo archeologico, neppure attraverso i recipienti e l'equipaggiamento usati nella sua produzione che non differiscono da quelli destinati ad altri utilizzi. Il sapone è generalmente un sale di sodio o di potassio di un acido carbossilico alifatico a lunga catena; viene prodotto e usato per sciogliere le sostanze grasse nei processi di pulizia. Si prepara per saponificazione, ovvero per idrolisi alcalina, di grassi di origine animale o vegetale che porta alla formazione del sale carbossilico (il sapone) e un alcol. Esempio di struttura chimica di un sapone Numerosi saponi sono dei tensioattivi. Per via della sua struttura, la molecola del sapone ha una testa idrofila ionizzata negativamente ed una coda idrofoba. Le molecole di sapone sono pertanto in grado di emulsionare le sostanze grasse, consentendone l'allontanamento con l'acqua. rappresentazione grafica di unamicella Le code delle molecole di sapone si sciolgono nella massa della sostanza grassa, che viene circondata formando una micella. Dato che tutte le teste delle molecole di sapone recano una carica negativa, la repulsioneelettrostatica impedisce alle micelle di riaggregarsi e le mantiene in sospensione nell'acqua. Qualità di un sapone Sapone fatto a mano. Il sapone deve essere neutroe non deve essere unto o di cattivo odore. Il sapone deve essere pastoso ma non duro, non friabile ed una volta asciugato deve mantenere la sua forma. Il sapone deve essere schiumogeno:agitando 3 g di sapone in 10 ml d'acqua in una provetta per 10 secondi si deve formare uno strato di schiuma alto 2 cm e persistente per almeno 5 secondi. Tipi di sapone I sali sodici degli acidi carbossilici a lunga catena non sono gli unici composti esistenti usati come saponi. Esistono anche i cosiddetti saponi acidi - per pelli ipersensibili ai saponi normali - che consistono di miscele di tensioattivi alchil-solfonici ovvero esteri organici dell'acido solforico. Tali saponi hanno un pH di 5,5, simile a quello della pelle, risultano pertanto meno aggressivi verso di essa. La saponetta tradizionale è a base di sali sodici degli acidi carbossilici a lunga catena; i saponi liquidi in dispenser sono comparsi con la diffusione dei materiali plastici nel dopoguerra. Il sapone tradizionale è composto da sego bovino (80%) ed olio di cocco o di oliva (al 20%). Un sapone dovrebbe avere tra le prime posizioni fra i suoi ingredienti gli acidi grassi saponificati di cocco, di palma e di oliva. Nei frantoi di una volta e in alcune produzioni attuali era prodotto con la spremitura di olive che restava nelle macine del frantoio dopo la prima spremitura. Spesso si tratta di olio di seconda o terza sansa di una qualità pessima, di cui la legge vieta la commercializzazione come olio da cucina. Nel dopoguerra le seconde e terze spremiture d'olio, meno pregiate e costose, erano ancora utilizzate anche a scopo alimentare. Vari frantoi industriali utilizzano le sanse per produrre saponi e compensare la scarsa resa delle olive raccolte in termini di olio da cucina; talora si arriva a macinare le olive soltanto per fare saponi perché più profittevoli dell'olio in bottiglia. I saponi liquidi che hanno un pH di 5,5 rischiano di essere, per il loro elevato contenuto d'acqua, un ambiente adatto alla proliferazione di funghi e batteri; tali saponi sono addizionati con composti disinfettanti e fungicidi. Come fare il sapone Sapone artigianale tagliato in panetti. Attenzione: l'idrossido di sodio è caustico e corrosivo. Evitate il contatto diretto con la pelle e con gli occhi. Per la sintesi del sapone si utilizzano 10 g di olio di oliva posti in un becker e ad essi si aggiungono 5 g di idrossido di sodio in 40 ml di una soluzione acquaalcol al 50% (20 ml di acqua e 20 ml di alcol). Si scalda il tutto per circa 45 minuti agitando continuamente. A parte si prepara un'altra soluzione acqua-alcol da aggiungere di volta in volta. Dopo un po' si aggiunge tutto ad una soluzione di 150 ml di acqua e cloruro di sodi ofredda. Questa serve ad innalzare la forza ionica e a favorire la precipitazione del sapone. Si filtra il precipitato e lo si asciuga in stufa. Questo è il metodo per una completa saponificazione dell'olio (sia esso derivante dalle olive o da altra fonte animale e/o vegetale) Gli ingredienti principali del sapone sono olio di oliva di seconda o terza spremitura (le cosiddette "sanse") e glicerina. Al posto dell'idrossido di sodio per la saponificazione si usa talvolta la lisciva, una soluzione meno caustica, derivante da una soluzione filtrata di acqua e cenere di legna; la glicerina è un componente naturale che si forma per saponificazione dei trigliceridi degli oli vegetali o dei grassi animali. DIPENDENZA Per dipendenza si intende una alterazione del comportamento che da semplice e comune abitudine diventa una ricerca esagerata e patologica del piacere attraverso mezzi o sostanze o comportamenti che sfociano nella condizione patologica. La persona dipendente perde ogni possibilità di controllo sull'abitudine. Dal punto di vista degli effetti è utile suddividere la dipendenza in: dipendenza fisica (alterato stato biologico) dipendenza psichica (alterato stato psichico e comportamentale). La dipendenza fisica, prodotta essenzialmente dai condizionamenti neurobiologici, è superabile con relativa facilità; la dipendenza psichica, difficile punto nodale della tossicodipendenza, richiede interventi terapeutici lenti, complessi e ad ampio raggio, coinvolgendo spesso i familiari che stanno attorno alla persona dipendente. Le forme più gravi comportano dipendenza fisica e psichica con compulsività, cioè, ad esempio, con bisogno di assunzione ripetuta della droga da cui si dipende per risperimentarne l'effetto psichico ed evitare la sindrome di astinenza. Dal punto di vista delle cause si può dipendere patologicamente da sostanze stupefacenti (tossicodipendenza), in cui rientrano l'alcolismo e il fumo, da cibo (bulimia, dipendenza da zuccheri, binge eater disorder), da sesso (dipendenza sessuale, masturbazione compulsiva), da lavoro (work-a-holic), da comportamenti come il gioco (gioco d'azzardo patologico), lo shopping (shopping compulsivo), la televisione, internet (internet dipendenza), i videogame. Rientrano nelle dipendenze patogene anche quelle da luoghi e culture (sindrome da sradicamento) ed anche da rapporti umani (codipendenza). La dipendenza da sigaretta rientra invece tra le dipendenze "oggettuali", dove il rapporto con l'oggetto risponde ad un bisogno relazionale di tipo proiettivo. Criteri diagnostici La diagnosi delle varie dipendenze si basa universalmente sui criteri indicati nel Manuale internazionale di statistica e diagnostica dei disturbi mentali (noto anche con l'acronimo DSM, Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders ), è uno dei sistemi nosografici per i disturbi mentali più utilizzati da medici, psichiatri e psicologi di tutto il mondo. strumento di diagnosi che applica la relativa stabilità dell'analisi descrittiva dei sintomi di patologie mentali in un periodo minimo di osservazione. Storia La prima versione risale al 1952 (DSM-I) e fu redatta dall'American Psychiatric Association (APA), come replica degli operatori nell'area del disagio mentale all'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), che nel 1948 aveva pubblicato un testo, la classificazione ICD (International Statistical Classification of Diseases, Injuries and Causes of Death), esteso pure all'ambito dei disturbi psichiatrici. Da allora vi sono state ulteriori edizioni: nel 1968 (DSM-II), nel 1980 (DSM-III), nel 1987 (DSM-III-Revised), nel 1994 (DSM-IV) e nel 2000 (DSM-IV-Text Revision oDSM-IV-TR, quella attualmente in vigore). Sono state anche effettuate piccole modifiche nelle ristampe di alcune versioni intermedie; particolarmente significativa la settima ristampa del DSM-II, che nel 1972 espulse l'omosessualità dalla classificazione psicopatologica. IlDSM-V è in fase di pianificazione, e dovrebbe essere pubblicato intorno al 2012. Nel corso degli anni il manuale è stato migliorato ed arricchito con riferimenti allo sviluppo attuale della ricerca psicologica in numerosi campi, ma anche con nuove definizioni di disturbi mentali: la sua edizione più recente classifica un numero di disturbi mentali pari a tre volte quello della prima edizione. Consiste in una classificazione "nosografica ateorica assiale" dei disturbi mentali. I disturbi mentali vengono definiti in base a quadri sintomatologici, e questi ultimi sono raggruppati su basi statistiche. Secondo il DSM, « Per dipendenza si intende una modalità patologica d’uso della sostanza che conduce a menomazione e a disagio clinicamente significativi, come manifestato da tre (o più) delle condizioni seguenti, che ricorrono in un qualunque momento dello stesso periodo di 12 mesi: 1.tolleranza, come definita da ciascuno dei seguenti: - il bisogno di dosi notevolmente più elevate della sostanza per raggiungere l’intossicazione o l’effetto desiderato; - un effetto notevolmente diminuito con l’uso continuativo della stessa quantità della sostanza; astinenza, come manifestata da ciascuna dei seguenti: la caratteristica sindrome di astinenza per la sostanza (riferirsi ai Criteri A e B dei set di criteri per Astinenza dalle sostanze specifiche); la stessa sostanza (o una strettamente correlata) è assunta per attenuare o evitare i sintomi di astinenza; la sostanza è spesso assunta in quantità maggiori o per periodi più prolungati rispetto a quanto previsto dal soggetto; desiderio persistente o tentativi infruttuosi di ridurre o controllare l’uso della sostanza; una grande quantità di tempo viene spesa nel procurarsi la sostanza (per esempio, recandosi in visita da più medici o guidando per lunghe distanze), ad assumerla (per esempio, fumando “in catena”), o a riprendersi dai suoi effetti; interruzione o riduzione di importanti attività sociali, lavorative e ricreative a causa dell’uso della sostanza; uso continuativo della sostanza nonostante la consapevolezza di avere un problema persistente o ricorrente, di natura fisica o psicologica, verosimilmente causato o esacerbato dalla sostanza (per esempio, il soggetto continua ad usare cocaina malgrado il riconoscimento di una depressione indotta da cocaina, oppure continua a bere malgrado il riconoscimento del peggioramento di un’ulcera. a causa dell’assunzione di alcol) » (DSM-IV-TR, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, text revision, pp. 219-220) Per approfondire, vedi la voce Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders. Nuovi criteri diagnostici [modifica] Nel 2006 è stata pubblicata in Italia una ipotesi di nuovi criteri diagnostici delle dipendenze patologiche o addictions[4]: A) Persistente e ricorrente comportamento di dipendenza maladattivo che conduce a menomazione o disagio clinicamente significativi, come indicato da un totale di cinque (o più) dei seguenti criteri [con almeno due da (1), di cui uno è (c), due da (2) e uno da (3)] per un periodo di tempo non inferiore ai 12 mesi. 1) Ossessività a) pensieri e immagini ricorsivi circa le esperienze di dipendenza o le ideazioni relative alla dipendenza (per es. è eccessivamente assorbito nel rivivere esperienze di dipendenza passate o nel fantasticare o programmare le esperienze di dipendenza future); b) i pensieri e le immagini relativi al comportamento di dipendenza sono intrusivi e costituiscono tensione ed eccitazione inappropriate e causano ansia o disagio marcati; c) in qualche momento del disturbo la persona ha riconosciuto che i pensieri e le immagini sono prodotti della propria mente (e non suscitati dall’esterno). 2) Impulsività a) irrequietezza, ansia, irritabilità o agitazione quando non è possibile mettere in atto il comportamento di dipendenza; b) ricorrente incapacità di resistere e di regolare i desideri di dipendenza inappropriati e gli impulsi a mettere in atto il comportamento di dipendenza. 3) Compulsività a) comportamenti di dipendenza ripetitivi che la persona si sente obbligata a mettere in atto, anche contro la sua stessa volontà, nonostante le possibili conseguenze negative, come conseguenza delle fantasie di dipendenza ricorrenti e del deficit del controllo degli impulsi; b) i comportamenti o le azioni di dipendenza coatti sono volti a evitare o prevenire stati di disagio o per alleviare un umore disforico (per es. sentimenti di impotenza, irritabilità, inadeguatezza). B) I pensieri e i comportamenti di dipendenza ricorrenti e compulsivi impegnano il soggetto per la maggior parte del tempo, o interferiscono significativamente con le sue normali abitudini, con il funzionamento lavorativo (o scolastico), o con le attività o le relazioni sociali usuali. C) I pensieri e i comportamenti di dipendenza ricorrenti e compulsivi non avvengono esclusivamente durante un episodio maniacale, o condizioni mediche generali. Terapia [modifica] L'approccio terapeutico più recente contro le dipendenze risulta quello multidisciplinare, con intervento mirato sia in ambito biologico che psicologico. In ambito biologico lo scopo precipuo è il raggiungimento dell'astinenza (utilizzato soprattutto nelle dipendenze da sostanze,come alcol e droghe). Possono essere impiegati farmaci di tipo ansiolitico e terapie farmacologiche. In ambito psicologico, di norma affrontato con psicoterapia individuale o di gruppo, invece ci si prefigge l'obiettivo di spingere il soggetto a superare l'ossessiva percezione del bisogno della sostanza o comportamento da cui è dipendente. Risultano inoltre molte associazioni[5] che utilizzano il programma di recupero del gruppo di "auto aiuto" come terapia contro svariate forme di dipendenza: da sostanze, come Alcolismo (Alcolisti Anonimi A.A; Club Regionali Alcolisti in Trattamento ARCAT), Tossicodipendenza sia da droghe cosiddette leggere come i cannabinoidi che pesanti come Cocaina, Eroina, Metanfetamina e altre (Narcotici Anonimi N.A.; Marijuana Anonymous; Crystal Meth Anonymous)[6][7], alimentari come Bulimia e altri disturbi alimentari (Mangiatori Compulsivi, in Inglese O.A. Overeaters Anonymous), affettive come la codipendenza (gruppi familiari di alcolisti Al-Anon; Codipendenti Anonimi CO.DA.; Dipendenti dal Sesso e dall'Amore Anonimi SLAA), comportamentali come il gioco d'azzardo compulsivo (G.A. Giocatori Anonimi), sessuali come Masturbazione compulsiva, pornodipendenza o cyber-sex addiction (Sex and Love Addicts Anonymous, Dipendenti dal Sesso e dall'Amore Anonimi SLAA; Sexaholics Anonymous S.A.; Sexual Compulsives Anonymous S.C.A.; Sexual Recovery Anonymous S.R.A.)[8], L'uso del metodo dei gruppi di sostegno è ampiamente consigliato da vari terapeuti e autori internazionali, quali Patrick Carnes, Kimberly Young e Claudia Black.[9][10][11] Molti membri dichiarano di aver ottenuto buoni risultati con il metodo dei gruppi di sostegno. Va segnalato che, in alcune nazioni, i soggetti vengono indirizzati al gruppo direttamente dai servizi sociali. In particolare negli Stati Uniti ci sono casi che vengono inviati al gruppo, con frequenza obbligatoria, dai Giudici del Tribunale a seguito di avvenimenti con rilevanza giuridica. In linea generale, le associazioni di aiuto usano il programma di recupero dei Dodici Passi (o Dodici Tradizioni ideati dagli Alcolisti Anonimi). SOLDI In media una persona ha bisogno di gudagnare mensilmente almeno 100 euro (dati del 2010) per la propria manutezione, e 300 euro (dati del 2010) per avere il diritto a occupare un posto e usare energia elettrica e gas. Tasse La tassa, nell'ordinamento tributario italiano, si differenzia dall'imposta in quanto applicata secondo il principio della controprestazione, cioè essa è legata ad un pagamento di una somma di denaro, dovute da un soggetto quale corrispettivo per la prestazione a suo favore di un servizio offerto da parte di un ente pubblico (ad esempio: tasse portuali ed aeroportuali, concessioni, autorizzazioni, licenze...). Questo strumento tende a perdere importanza, nei moderni sistemi tributari, a favore di altri strumenti, quali la tariffa (vedi passaggio dalla TARSU alla TIA) o l'imposta. La distinzione tra tassa e imposta è ereditata dal diritto romano ed è tipica dei Paesi di diritto latino. Nei Paesi di Common Law (Regno Unito e Stati Uniti) vige da tre secoli il principio del "no taxation without representation", ideato all'inizio della Rivoluzione americana. Si tratta di un principio in base al quale i cittadini che pagano i tributi devono essere rappresentati in Parlamento, e i tributi debbano derivare da una decisione parlamentare, in merito a un servizio di cui beneficiano i contribuenti. Nei Paesi democratici esiste un dibattito sulle modalità di prelievo e sull'impiego delle tasse. Le tasse servono a ripagare il debito pubblico, finanziare servizi come scuole, sanità, assistenza. alcuni Paesi hanno adottato un sistema di flat tax, ad aliquota unica o con poche aliquote per le principali imposte. alcuni ritengono che la semplificazione fiscale la riduzione delle aliquote riducano elusione ed evasione, a l limite che in base alla curva di Laffer un'aliquota unica, opportunamente scelta, massimizzi il gettito fiscale. Altri ritengono l'aliquota unica e la riduzione degli scaglioni profondamente iniqua verso i ceti medi e contro il principio di progressività del prelievo fiscale, affermato in varie Costituzioni. Altri propongono una Tobin tax un prelievo minimo sulle transazioni finanziarie, che darebbe comunque un gettito enorme, visti i volumi di denaro movimentati ogni giorno. I servizi pubblici divisibili, quali ad esempio l'istruzione e la sanità, possono essere finanziati mediante tasse. Ne sono esempi in Italia, le tasse scolastiche e universitarie o i ticket sanitari. Tuttavia, non si deve confondere la tassa con il prezzo di questi servizi. Almeno nell'ordinamento attuale italiano le tasse non coprono completamente il costo di questi servizi, che quindi ricade sulla fiscalità generale e viene finanziato con le imposte. Le giustificazioni, provenienti dalla dottrina economica per tale scelta, sono diverse. In primo luogo essa si giustifica con la teoria delle esternalità, secondo cui il consumo di determinati servizi produce benefici indiretti, non solo al consumatore, ma all'intera società, giustificandone così il contributo alla copertura dei costi con la fiscalità generale. Per fare un esempio, l'istruzione universitaria produce benefici per lo studente ma anche per la società di cui viene accresciuto il livello culturale. In secondo luogo essa si richiama al principio costituzionale della capacità contributiva nel concorso a finanziare le spese pubbliche. Pertanto si ritiene necessario consentire la fruizione dei servizi ai meno abbienti fissando l'importo della tassa al di sotto del costo (o addirittura esentando alcune categorie dal pagamento) e contribuendo per la differenza con la fiscalità generale, che tiene conto di questo principio. La questione se privilegiare il c.d. principio di capacità contributiva affidando il finanziamento dei servizi pubblici, anche divisibili, alle imposte con evidenti vantaggi in termini di redistribuzione della ricchezza, ma con lo svantaggio di svincolare il costo dei servizi stessi dal loro consumo, incoraggiando quindi fenomeni di free riding e di spreco o passare invece, ove possibile, ad una stretta applicazione del principio della controprestazione, accantonando così in parte l'idea redistributiva con una penalizzazione nell'accesso ai servizi dei meno abbienti ma con un maggiore controllo sul loro corretto utilizzo, è al centro del dibattito politico, economico e sociale di molti paesi e molto spesso non ha trovato soluzioni univoche. Indice [nascondi] 1 Tasse e proprietà dei beni pubblici 2 Prelievo diretto e tassa da inflazione 3 Evasione fiscale 4 Voci correlate 5 Altri progetti 6 Collegamenti esterni Tasse e proprietà dei beni pubblici [modifica] Le tasse dovrebbero essere utilizzate per realizzare opere e fornire servizi, utili per i contribuenti. In un secondo momento, sorge il problema della proprietà delle opere, e di chi abbia eventualmente il diritto ad incassare un prezzo dai servizi finanziati con le tasse. La proprietà di un bene è solitamente in capo a chi ne ha sostenuto l'onere finanziario. Analogamente, la proprietà di un'opera pubblica o di un servizio pagato con le tasse dei contribuenti dovrebbe essere in capo allo Stato, che rappresenta gli stessi finanziatoricontribuenti. Gli eventuali utili dovrebbero essere corrisposti ai proprietari nella forma di un reinvestimento per migliorare il servizio oppure distribuiti in termini di uno sconto fiscale o di una somma direttamente erogabile. Questi diritti sono elementi che distinguono proprietà e gestione sia di beni pubblici che privati. [senza fonte] Dirigenti e politici che ricevono in gestione tali forme di bene pubblico hanno comunque piena discrezionalità su scelte che riguardano l'assetto proprietario, quali la privatizzazione o trasferimento ad altri enti pubblici dell'opera. Decisioni di questo tipo, invece, in un'azienda privata richiedono un parere vincolante dei proprietari. Fra le proposte di tassazione ad aliquota unica, quella della tassazione sull'utilizzo dei terreni, muove da considerazioni riguardo il bene pubblico. Nel 1933, l'economista americano Henry George pubblica "Progress and poverty", nel quale propone una tassazione unica dei possidenti terrieri e l'abolizione di qualsiasi tassazione sul reddito, profitto o sul lavoro. Il presupposto era quello che la terra è di proprietà dell'intera collettività, ragione per cui il privato dovrebbe cedere parte della rendita allo stato con un contributo per l'occupazione del suolo pubblico. Il "Single Tax Movement" che ne nacque aveva lo scopo di incoraggiare gli investimenti nei fattori della produzione esenti da tasse, il capitale e il lavoro, facendo pagare l'utilizzo del suolo pubblico, indipendentemente dalla capacità del singolo di utilizzarlo in modo efficiente e di trarvi un profitto. Prelievo diretto e tassa da inflazione [modifica] Il debito pubblico è la risultante della differenza di entrate e uscite. Le entrate possono essere aumentate con un incremento delle tasse oppure con nuovo debito. Lo Stato, in questo secondo caso, emette nuovi titoli di debito in cambio di moneta, e si impegna a pagare i relativi interessi.[senza fonte] Ne deriva una "tassa da inflazione" per la quale il contribuente incontra un aumento dei prezzi in conseguenza dell'aumento dell'offerta di moneta circolante. Rispetto al prelievo diretto, il finanziamento della spesa pubblica con l'emissione di nuovi debiti, ha un costo maggiore legato agli interessi da ripagare i titoli di Stato, ed eventualmente ai nuovi debiti da contrarre per onorare tali interessi. Se la decisione di finanziare la spesa in deficit spetta ai Governi, col veto della Banca Centrale, esiste una deroga al principio del "no taxation withoput rapresentation", che il potere politico può comunque usare laddove le ragioni del prelievo diretto non sono condivise dai cittadini. [senza fonte] La tassa può essere collegata anche ad un provvedimento amministrativo (tassa sul passaporto, sulla patente, sul porto d'armi; tasse sulle concessioni governative). L'indicatore della pressione fiscale non considera la cosiddetta tassa da inflazione, essendo pari al rapporto fra le entrate e il PIL. Non esiste un limite massimo all'aliquota per il prelievo fiscale, indipendentemente dalla fascia di reddito, ma solamente quello definito di volta in volta dalle normative fiscali. Una possibile soglia critica si può individuare intorno ad un'aliquota massima del 50%, che equivarrebbe a dire che il contribuente lavora 6 mesi all'anno per lo Stato. In questo caso, la finalità al bene comune che dovrebbe avere il prelievo fiscale lederebbe i diritti di proprietà di una persona sulla ricchezza da essa prodotta.[senza fonte] Evasione fiscale [modifica] Per approfondire, vedi la voce Evasione ed elusione fiscale. I 2/3 dei contribuenti italiani nel 2006 hanno dichiarato un reddito da 6.000 a 15.000 Euro all'anno. Solo in 50.000 dichiarano più di 200.000 euro all'anno e 150.000 persone tra 100.000 e i 200.000. I redditi da lavoro dipendente sono soggetti per legge, fin dagli anni '30, alla trattenuta alla fonte, e materialmente non possono evadere le tasse; da essi deriva la quasi totalità del gettito fiscale. L'evasione fiscale è vista come un'iniquità sociale tra lavoratori in quanto gli autonomi e i professionisti sono le categorie a più forte evasione. In Italia contribuisce al fenomeno l'elevato numero di aziende che ancora non hanno integrato sistema informativo e sistema contabile tra loro e con i soggetti esterni (banche, clienti e fornitori) in modo che il pagamento dell'IVA e altre imposte avvenga tramite conto corrente e in automatico non appena sono generati ordini e pagamenti. Invece, in questi casi, si preferisce utilizzare bonifici o il pagamento in banconote contanti, anche di ingenti somme. Altre modalità diffuse di evasione sono: la fuga di capitali in Paesi dove la tassazione è più favorevole, con l'investimento o il trasferimento dei beni mobili in conti esteri il deposito in cassette di sicurezza, anonime, delle quali solo il possessore ha la chiave di apertura, e dunque non tracciate in una banca dati interna dell'istituto, eventualmente accessibile alle autorità del fisco, né direttamente perquisibili dall'erario. l'intestazione dei beni, in particolare immobili, a società anonime di diritto estero, aventi sede legale fuori dell'Italia, senza dipendenti e con soci anonimi, prive di un capitale sociale minimo da versare sul quale rivalersi, e di riferimenti a persone fisiche, società alle quali una tassazione (e le sanzioni per l'evasione) sono in concreto applicabili con difficoltà. Negli USA l'evasione fiscale è reato e i controlli sono affidati ad un'agenzia privata con novantamila addetti che devono vigilare su 200 milioni di contribuenti. L'agenzia ha il potere di ispezione sui conti correnti; in Italia invece deve essere inoltrata una richiesta a ognuna delle centinaia di banche esistenti per sapere se da qualche conto corrente ci sono stati degli accrediti o addebiti verso il numero di conto desiderato. In sostanza, non è visibile l'estratto conto presso la banca titolare del rapporto, ma deve essere ricostruito chiedendo alle altre banche tutte le movimentazioni in dare e in avere. Contro questi poteri di controllo è stato sollevato il diritto alla privacy, sebbene a dati simili abbiano accesso anche piccole società di credito. Un secondo argomento è l'affido di poteri di polizia ad un soggetto privato, tanto più rilevante perché riguarda l'accertamento di un reato piuttosto che di un illecito amministrativo. Per accumulare soldi e poterli spendere è necessario esercitare una professione. Ma per esercitare una professione è necessario avere una carta d'identità. Carta d'identità Carta d'identità del 1943rilasciata dal Protettorato di Boemia e Moravia. La carta d'identità è un documento di riconoscimento strettamente personale dove sono contenuti i dati anagrafici, e altri dati ed elementi (lo stato civile, la cittadinanza, la professione, una fotografia, impronte digitali, ecc.) utili ad identificare la persona a cui tale documento si riferisce. I suoi usi, formalità per il rilascio, obbligatorietà e i dati contenuti differiscono da stato a stato, in base alle rispettive normative. Non in tutti gli stati esiste la carta d'identità (non nel Regno unito, ad esempio, e in quasi tutti gli stati con diritto di tipo common law). In tali paesi per alcuni usi può essere sostituita da altri documenti. Laddove esiste, può essere obbligatoria (oltre una determinata età) o meno. In alcuni casi è obbligatorio averla ma non portarla sempre con sé, essendo sufficiente in caso di necessità di controllo, mostrare di possederla a casa. I dati riportati differiscono a seconda delle esigenze e delle scelte dei singoli stati. Ad esempio per le donne coniugate in alcuni stati è indicato il cognome da nubile, in altri quello del marito, in altri ancora entrambi. Regolamenti nazionali delle carte d'identità [modifica] Il riconoscimento d'identità all'interno delle frontiere dell'Unione Europea è disciplinato da un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone. Il "codice frontiere Schengen" è previsto dalle Notificazioni previste dall'articolo 37 del regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo ed è stato istituito il 15 marzo 2006 dal Consiglio. Manca, invece, un'armonizzazione all'interno dei singoli Stati membri. La Direttiva 2008/C 18/03, art. 21, lettera c), ammette la possibilità per uno Stato membro di prevedere nella legislazione nazionale l’obbligo di possedere o di portare con sé documenti di identità. La Direttiva 2004/38/CE obbligava i cittadini extracomunitari a portare sempre i documenti con sè, ed era finalizzata a facilitare il soggiorno in paesi dell'UE degli stessi cittadini appartenenti e quindi a rendere più liberi i loro viaggi, esclusi quelli non facenti parte della comunità Europea. Quindi, l'obbligo vige per i cittadini extracomunitari, mentre differisce per i cittadini della UE, a seconda delle leggi dello Stato membro. In Italia [modifica] Carta d'identità italiana Per approfondire, vedi la voce Carta d'identità italiana. La carta d'identità italiana è il documento principale di identificazione per i cittadini italiani o residenti sul territorio, rilasciata a partire dal quindicesimo anno d'età. L'utilizzo di questa, o di un documento con foto considerato equivalente, è obbligatorio ai fini del riconoscimento, seppure con limitazioni. Può inoltre essere convalidata come documento valido per l'espatrio. La forma cartacea attuale, in via di sostituzione con la Carta d'identità elettronica, è stata istituita nel 1994 [1] e riporta fotografia, dati anagrafici e firma del possessore. Il documento dispone di alcuni accorgimenti anticontraffazione e ne è pertanto vietata la plastificazione. [2][3] Il D.lgs. n. 286 del 1998, art. 6, recepisce la Direttiva 2004/38/CE e obbliga gli stranieri a esibire una carta d'identità o una carta di soggiorno, pena una multa e l'arresto fino a sei mesi. Per tutti i cittadini, vale l'obbligo di fornire, su richiesta di funzionari pubblici, informazioni relative alla propria identità personale, al proprio stato o altre qualità personali [4]. Non si tratta, quindi, dell'obbligo di fornire un documento d'identità valido. In assenza, vale l'obbligo di fornire le proprie generalità a voce. L’autorità di pubblica sicurezza, nell’ambito delle proprie competenze, ha la facoltà di ordinare ad un individuo pericoloso o sospetto di munirsi di una carta di identità e di esibirla ad ogni richiesta degli ufficiali di pubblica sicurezza[5]. In pratica, l'obbligo di portare un documento di identità deriva dalle leggi di pubblica sicurezza. Il funzionario pubblico può obbligare non solo a portare il documento dalle prossime volte, ma di esibirlo al momento. Diversamente, una forza di polizia può condurre la persona in caserma e convalidare il fermo, trattenendola fino all'accertamento dell'identità. La legge non esclude che possa essere trattenuta in cella. In Francia [modifica] In Francia la carta d'identità (Carte nationale d’identité sécurisée) è utilizzata dal 1940, introdotta per l'identificazione fatta dalla Repubblica di Vichy nell'ambito dell'olocausto (un utilizzo dell'antropometria da parte dello stato che fu sottolineato da Giorgio Agamben). La carta d'identità francese contiene la fotografia del volto e i dati anagrafici, oltre al numero di identificazione nazionale. In passato l'utilizzo della carta d'identità, come l'aggiornamento della stessa a cadenza periodica (10 anni) ed in caso di cambio di residenza, era obbligatorio. Dal 1955 non sussiste l'obbligatorietà, ma rimane uno strumento che può essere utilizzato per dimostrare la propria identità alle forze di polizia, sebbene non è esplicitato dalla legge che il documento sia sufficiente. In ogni caso alle forze di polizia è permesso l'arresto, per non più di 4 ore, di un cittadino sprovvisto del documento, ai fini di verificarne l'identità ("vérification d'identité"). Per transazioni economiche di rilievo, in ambito bancario, è accettata più frequentemente della patente di guida. Talvolta sono richiesti due documenti. On line [modifica] Esistono alcuni servizi di rilascio di carte di riconoscimento anche se senza nessuna valenza legale. Il loro utilizzo può essere dei più vari. Ad esempio si può citare il sito http://cartadeipiccoli.appspot.com che è in grado di produrre una carta di riconoscimento per bambini in formato PDF e quindi facilmente stampabile. Sulla carta è possibile indicare tutti i riferimenti ai genitori del bambino o alla sua scuola in questo modo le autorità in caso di smarrimento del bambino sapranno a chi rivolgersi. GLI STATI EMOTIVI L'espressione stato emotivo si riferisce a uno stato verificabile in un determinato momento delle varie tensioni e distensioni muscolari nel corpo e dei pensieri che le causano o le inibiscono. Viene anche usata l'espressione “stato d'animo” per indicare questo fenomeno, poiché dal concetto di anima si è passato a quello di animo come sentimento nel corso della storia. I nostri stati emotivi cambiano per almeno due cause che hanno influenza sul nostro corpo : 1. il cambiamento delle situazioni. 2. il cambiamento dei nostri pensieri. Gli stati d'animo cambiano in base alle situazioni poiché essi si adattano per essere funzionali a scegliere il comportamento più adatto per risolvere i problemi che creano le situazioni, e risolvere i problemi è funzionale alla nostra sopravvivenza, la quale è funzionale al nostro benessere. Per il fatto che esistono infinite situazioni abbiamo a disposizione una possibilità infinita di comportamenti, per infinite possibilità di situazioni. Una possibilità è la condizione di ciò che può accadere. È relativa alla necessità, che è un principio secondo il quale la dinamica della materia è governata da un nesso causa-effetto, e che quell'effetto debba essere così e non in un altro modo. Poiché le nostre reazioni e i nostri comportamenti sono soggette ad errori. In questo continuo succedersi di fenomeni diversi, noi dobbiamo sapere volontariamente adattarci senza perdere di vista cosa stiamo cercando, cioè il benessere, per poter realizzare ciò che vogliamo veramente. Il grado d'impegno necessario per sopravvivere dipende dall'ambiente in cui si vive e dalle situazioni che accadono all'interno di quest'ambiente. Tuttavia esistono conoscenze assolute sulle azioni da compiere per il benessere e conoscenze particolari. Le condizioni che creano in assoluto il benessere sono due, e hanno un ordine conseguenziale a causa del tempo che governa la materia : 1.L'assenza di sofferenza a effetto malefico. 2.La presenza di piacere a effetto benefico. Poiché la presenza di sofferenza a effetto malefico e l'assenza di piacere a effetto benefico eliminano il benessere. Quando il benessere non c'è nasce in noi la sofferenza per il pensare all'assenza del benessere, che è un tipo di sofferenza più pervasiva e durevole rispetto le altre sofferenze. Essa deprime profondamente il nostro ego. Viene infatti chiamata depressione. Tuttavia il nostro ego crea in noi un desiderio di tornare a livello di esaltazione, per istinto di sopravvivenza. Il desiderio è la traduzione fisica di una combinazione mentale tra un piacere immaginato nel futuro e un dolore per la sua assenza nel presente, che ci muove a cambiare le cose. Il nostro istinto di sopravvivenza dispone di tre desideri fondamentali: 1. desideriamo sopravvivere. 2. desideriamo evitare o eliminare la sofferenza. 3. desideriamo provare piacere. Questi sono tre desideri di origine involontaria. Poiché è il nostro corpo e non la nostra volontà, a produrli. Si producono appena ci sentiamo feriti, per costringere il nostro corpo a reagire in modo da cambiare lo stato delle cose, in noi o fuori di noi. Perciò possiamo dividere lo schema che ci rappresenta in due parti astratte : una parte cosciente che controlliamo una parte incosciente che non controlliamo. La parte cosciente è quella con la quale ci identifichiamo. È l'insieme di: 1.ciò che pensiamo su noi stessi. 2.ciò che percepiamo. 3.ciò che ricordiamo. Chiamiamo questa parte cosciente “volontà”. La parte incosciente produce delle azioni fondamentali, da quelle vegetative, a quelle istintuali. Il mezzo che questa parte incosciente usa per informarci sul come dobbiamo reagire a ciò che sta accadendo sono le emozioni, o stati d'animo. La nostra parte incosciente è l'insieme dei calcoli di stimoli infinitesimali che arrivano nel nostro corpo. Di cui siamo incoscienti a causa della loro velocità e frequenza. Le condizioni esterne che avviano il processo di attivazione di questi desideri sono : 1.la sopravvivenza in pericolo da un fenomeno, oggetto, persona che si muove in modo da provocarci ferite, o la morte. 2.la sofferenza presente. 3.il piacere rivissuto come un ricordo assente. Queste condizioni vengono comunicate al corpo dal cervello attraverso i pensieri. I PRINCIPALI STATI EMOTIVI DAI QUALI DIPENDE IL PROPRIO BENESSERE Poiché siamo tutti programmati per reagire in potenza, indipendentemente dalla nostra volontà, con uno spettro di emozioni che va dalla sofferenza al piacere, ma tutti noi disprezziamo la sofferenza, perché essa deprime il nostro ego. Le emozioni negative ci fanno agire poiché le disprezziamo. Definizione: ciò che viene chiamato DISPREZZO, infatti, è la volontà di smettere di percepire una tensione muscolare attraverso l'eliminazione dell'oggetto a cui attribuiamo la causa. Questi due stati d'animo, piacere e dolore, esistono in potenza sin dalla nascita di un essere umano, poiché sono funzionali ai suoi scopi, per produrre 3 tipi di azioni: 1. cercare qualcosa fuori se stessi 2. proteggere qualcosa in se stessi 3. accrescere se stessi ciò che gli serve per soddisfare i tre desideri. In seguito questo sistema diventa più complesso, poiché lo psicosoma prende dall'ambiente stimoli, ed elementi per accrescersi. Perciò possiamo definire questo sistema “di base”. Questi sistemi si attivano secondo leggi naturali biochimiche, e quindi non dipendono da caratteristiche soggettive, le quali caratteristiche soggettive, come la memoria, possono solo condizionarli, ovvero possono stabilire in quale situazione attivarle, e con quale intensità, amplificandoli o diminuendoli. Essendo tutti noi condizionati, ogni situazione produce reazioni diverse, in tipologia o intensità, in persone diverse. Sia la sofferenza che il piacere psicologici consistono in distensioni o contrazioni muscolari attivate o da stimoli esterni o da stimoli interni. Per soddisfare i tre desideri fondamentali in modo corretto dobbiamo per prima cosa essere presenti mentalmente alla realtà, e per seconda cosa memorizzare le informazioni sulle cose che li soddisfano. Ogni volta che un pensiero, che è un insieme di percezioni sensoriali, ci attraversa la coscienza, noi crediamo che quel pensiero sia identico alla realtà esterna a quel pensiero, quindi ci lasciamo andare a provarlo, perché pensiamo sia necessario dato che è la realtà. Ci sono due modi per pensare : 1. percepire un pensiero e non percepire la realtà senza consapevolezza di non percepire la realtà. 2. percepire la realtà e compararla con un ricordo in modo distaccato che permette la consapevolezza della distinzione tra le due. Per gestire la sofferenza provocata dagli stimoli esterni bisogna fare attenzione alla realtà. Per gestire la sofferenza provocata dagli stimoli interni bisogna fare attenzione ai propri pensieri. Nella società civilizzata la sopravvivenza, e il piacere sono una normalità. Ma la sofferenza è diffusa, e ciò va contro ciò di cui abbiamo bisogno dopo che la sopravvivenza è assicurata : esaltare il proprio ego. Perché quando il nostro ego si deprime perdiamo il benessere, che è l'equilibrio energetico del nostro corpo, l'equilibrio tra tensione e distensione muscolare, e ci creiamo delle malattie, suicidandoci inconsciamente. Infatti ogni volta che ci offendiamo, che ci sentiamo rifiutati, abbandonati, sbagliati, soffriamo perché abbiamo paura di lasciar morire una parte del nostro ego, perché questo comporta una perdita delle probabilità di sopravvivenza fisica. Nell'arco della vita, mantenere in esaltazione il proprio ego è difficile, perché esso tende naturalmente alla depressione. Dopo i venticinque anni la forza di questa tendenza aumenta perché comincia il catabolismo cellulare, cioè muoiono più cellule di quante ne nascono, finché la depressione si fa sempre più forte e ci da sollievo nell'accettare l'ultima morte. Per prenderci cura del nostro ego dobbiamo considerare che noi abbiamo un livello fisiologico e un livello psicologico che interagiscono tra loro, ma hanno leggi diverse. Perciò una ferita psichica può diventare fisica e viceversa. Perché le sofferenze vengono registrate nella memoria e si ripresentano automaticamente sotto forma di pensieri che riproducono quelle emozioni, soprattutto quando si vivono situazioni simili a quelle che le hanno provocate. Cos'è la sofferenza: La parola “sofferenza”, è un'immagine con funzione acustica, che ha più sinonimi, ovvero altre immagini acustiche che possono essere usate indicando ed evocando lo stesso oggetto mentale nonostante differiscano in piccola parte, che è “dolore”. Questa parola è usata con almeno due significati diversi, cioè due corrispondenze diverse con gli enti della realtà. Differenziare i due significati ci serve perché hanno soluzioni diverse, e possono essere fraintesi se non si sanno chiaramente quali sono, quindi si può agire contrariamente a quanto si dovrebbe per risolverle. Per avere una consapevolezza costante di cosa indichi questa parola bisogna rendere esplicito con più parole il contenuto che viene sintetizzato in tale unica parola, successivamente si devono cogliere le differenze in base al contesto in cui questa parola viene usata. I due significati diversi sono: 1. La sofferenza di origine psicologica. 2. La sofferenza di origine fisica. La sofferenza si dice di origine fisica quando è attivata da uno stimolo esterno al corpo o interno, ma non dal cervello. La sofferenza fisica è uno stato localizzato nel corpo dovuto a una reazione chimico-fisica. è momentanea, molto intensa e insopportabile, ovvero ci rende incapaci di continuare ad agire come se non ci fosse e di rimanere sereni. La sofferenza psichica è attivata da uno stimolo interno al corpo, che viene dal cervello, che è un pensiero, E poiché il livello psicologico e quello fisico interagiscono tra loro, la sofferenza di origine psicologica a livello fisiologico è una contrazione muscolare. Il tessuto muscolare è un tipo particolare di tessuto responsabile dei movimenti volontari ed involontari del corpo. I tre tipi di muscoli derivano dal mesoderma. Il tessuto muscolare consta di tre elementi: • le fibre muscolari che si dispongono in fasci, • una rete capillare abbondante, • un importante tessuto connettivo, composto da fibre elastiche e collagene, che fa da sostegno al muscolo stesso. Come accade: La contrazione muscolare è provocata da uno stato di tensione elettrica lungo le fibre muscolari, che è comunicato alle cellule muscolari dalle cellule nervose che sono nel cervello. Le cellule nervose rispondono ai pensieri. Infatti le emozioni hanno bisogno di giustificazioni logiche per continuare ad esistere, anche semplici, queste giustificazioni servono per portare in modalità dinamica il corpo, in funzione del compimento di una azione. Tuttavia si differenzia dalla sofferenza di origine fisica nella qualità della percezione, e nella sua invasività in tutto il corpo, è più sopportabile rispetto a quella fisica ma debilita anche maggiormente le facoltà cognitive. . Sintetizzando il processo della sofferenza : A loro volta sia la sofferenza di origine fisica, che quella di origine psichica possono essere sofferenze bloccabili ed eliminabili, o sofferenze inevitabili. Il cervello ha una difesa automatica alla sofferenza, che è principalmente il pianto, ma anche l'urlo. Per pianto si intende comunemente l'atto di produrre e rilasciare lacrime in risposta ad un'emozione, sia essa negativa (dolore) che positiva (gioia). Le lacrime prodotte durante pianti emozionali presentano una composizione chimica diversa dagli altri tipi di lacrime: contengono infatti un quantitativo significativamente più alto di ormoni di prolattina, ormoni adrenocorticotropo, leu-enkefalina (un oppioide endogeno, e potente anestetico), potassio e manganese. Oltre a lasciarsi andare alle lacrime, o a l'urlo, un modo volontario per rimediare alla sofferenza fisica che non possiamo evitare è quello di trovare un piacere che ci distragga da essa, o quello di concentrarsi sul respiro. Conoscere la sofferenza è molto difficile, poiché la consapevolezza che essa è presente in noi, aumenta la sua intensità, la sentiamo di più. Essa blocca i nostri movimenti, perché ci toglie il piacere di muoverci, di fare, di desiderare, e il piacere è fondamentale per il processo della nostra vita. Anche solo il pensiero di muoverci può procurarci sofferenza, e dunque spingerci all'immobilità, questo facilità la depressione dell'ego. Ma se si riesce a non fuggire da questo dolore, si riesce a capire che tipo di sofferenza è, e qual'é la sua origine, così da poter modificare le cause ed eliminare la sofferenza. Il tipo di sofferenza chiamata paura ha degli effetti diversi, dal tipo di sofferenza chiamata depressione. L'etica è un tentativo di gestire le emozioni, di cui abbiamo bisogno poiché il nostro processo evolutivo è più lento della civilizzazione avvenuta negli ultimi diecimila anni, e non permette che il sistema di convivenza inventato dagli esseri umani sia sicuro. I meccanismi di cui siamo dotati sono quelli rivelatisi più funzionali nelle ultime cinquantamila generazioni. LE CAUSE DELLA SOFFERENZA DI ORIGINE PSICHICA Il pensiero che attiva la tensione muscolare può essere di tre tipi : 1.pensiero inerente al mondo del possibile. 2.pensiero inerente al mondo del passato. 3.Pensiero inerente al presente. Ma diventare tesi per un problema inerente al passato, o al futuro non ha senso logico, dato che la tensione prepara all'azione, ma non possiamo agire per risolvere problemi del passato o del futuro. E quindi confutare una giustificazione logica collegata a una emozione registrata nella memoria può interromperla, e quindi possiamo interrompere emozioni negative irreali. Dunque esistono sofferenze benefiche e sofferenze malefiche. Un pensiero che produce un'emozione improduttiva, controproduttiva o incoerente con la realtà è un pensiero con conseguenze malefiche, e la sofferenza provocata dal pensiero malefico è anch'essa malefica. Tuttavia la sofferenza in generale si divide in : 1.benefica, cioè utile al proprio benessere. 2.malefica, cioè inutile al proprio benessere. Poiché la sofferenza è un messaggio che informa dell'esistenza di qualcosa che impedisce il nostro corretto funzionamento, ma è un processo che può errare poiché dipende dal cervello, e il cervello può non distinguere tra vero e falso, bisogna comprendere profondamente le caratteristiche di questi due tipi di sofferenza per riconoscerla e sapere quale ignorare e quale considerare. Un tipo di sofferenza psichica benefica è la solitudine se accompagnata dall'autoaffermazione, che permette di identificarsi nelle personalità adulta. Ti permette di imparare a sopportare, e a reagire adeguatamente. La sofferenza malefica psichica, informa di un pericolo futuro che non esiste. La sofferenza fisica malefica non può essere risolta poiché o è cronica o è prolungata da uno stimolo esterno. La sofferenza fisica, è per la maggior parte delle volte utile alla propria sopravvivenza perché 1.informa di un pericolo. 2.ci da la motivazione per risolvere il problema. Ma la sofferenza psichica può anche essere benefica. Perciò è molto difficile e importante imparare a distinguere la sofferenza psichica benefica da quella malefica, poiché si possono confondere, e si può protrarre e alimentare la sofferenza psichica volontariamente per un errore di percezione. Che a loro volta si suddividono in sofferenza benefica per noi stessi, e sofferenza benefica per gli altri. Sofferenza malefica per noi stessi, e sofferenza malefica per gli altri. Tuttavia la sofferenza benefica può essere trasformata in sofferenza malefica se in noi manca il potere basilare per raggiungere i nostri scopi : la sopportazione. Per una cause : Interruzione del processo di raggiungimento del benessere. La soglia di sopportazione del dolore oltre la quale si agisce in modo da fuggirlo è differente in tutti gli esseri umani. E dipende da : 1.la composizione del cervello. 2.La struttura fisica. 3.Le abitudini. La corteccia cerebrale, responsabile della percezione cosciente del dolore, attiva le aree, nel momento in cui la nostra mente pensa di essere in pericolo e quindi, produce una paura fisica. La paura del dolore quindi aumenta il suo dominio su noi stessi, e abbassa il nostro potere di sopportazione. I pericoli inventati dal nostro cervello sono infiniti. Ma si possono raccogliere delle cause ricorrenti che possono attivare la sofferenza psicologica che appartengono all'ambiente che ci circonda o al nostro io corporeo. Sofferenza originata da : traumi, sensi di colpa, aspettative fuori della realtà, attaccamenti, paure. Queste cause vanno evitate per assicurarsi il proprio benessere in due momenti. 1. prendendo coscienza che non derivano da niente di fisico. 2.comportandosi in modo da non produrle. Un tipo di sofferenza psicologica è quella totalmente autoprocurata, cioé priva di stimoli ambientali che la producano. Avviene attraverso l'identificazione del nostro ego con un simbolo, o concetto negativo. Il cervello si identifica in qualcosa di non attinente alla realtà credendolo reale. E dunque, essendo la nostra sofferenza legittima solo se c'è una causa reale, pensiamo che soffrire per un pensiero sia legittimo. Il processo di attribuzione di un valore di verità a un pensiero avviene attraverso il concetto che tutti impariamo sperimentando il linguaggio. Quando imitiamo qualcuno che parla da bambini, spesso questa persona ci indica un oggetto producendo un suono che poi scopriremo essere il nome dell'oggetto. La percezione visiva dell'oggetto diventa un ricordo, e dal ricordo creiamo un concetto, dunque impariamo che la verità è la corrispondenza tra un pensiero e un oggetto reale. Perciò ci si deve allenare a memorizzare come si manifestano in noi, e riconoscerle negli eventi che ci stanno accadendo e riconoscerle in se stessi, negli eventi che ci sono accaduti. Nel primo caso per prevenire. Nel secondo caso per curare. Nella cura l'unica cosa che può aiutare qualcuno si trova tra la superficie della pelle e l'interno del corpo, e cioè dove scorre quello che sentiamo e chiamiamo io. Se non fuggiamo da ciò che sentiamo, la sofferenza fa male ma non paura. Fuggendo si amplifica la sofferenza, perché si crea l'agitazione che è il muoversi all'infuori ma essere riportarti indietro e rimuoversi verso l'esterno ma essere riportati indietro dall'energia delle emozioni. E quindi la paura. Queste cause di sofferenza (traumi, sensi di colpa, aspettative, attaccamenti) sono a loro volta create da alcuni bisogni che normalmente gli essere umani hanno, e che creano problemi pratici da risolvere. Poiché derivano dal nostro corpo, ma il nostro corpo è condizionato dal nostro ambiente naturale, e il nostro ambiente naturale è condizionato dalla struttura sociale , essi si dividono in bisogni fisici, ambientali e sociali : Nei bisogni sociali c'è: Il bisogno di assistenza, protezione, amore, comprensione, nutrimento, manutenzione. Tuttavia diventano bisogni malefici quando la loro soddisfazione dipende dalle azioni delle altre persone. In quel caso si attivano in noi dei meccanismi automatici di difesa. Che si basano sulla sofferenza. Conoscere cosa produce automaticamente il sistema nervoso per costruire e mantenere il benessere è fondamentale per sapere se i nostri ragionamenti e le nostre azioni sono condizionati. Esso produce emozioni: collera, paura, felicità, amore, sorpresa. Le quali hanno effetti fisiologici diversi e ricorrenti in tutti gli esseri umani. Che possiamo conoscere non con l'esperienza, ma attraverso lo studio scientifico che che usa la tecnologia. Collera : quando siamo in collera, il sangue ci affluisce alle mani e questo rende più facile afferrare un'arma o sferrare un pugno all'avversario; la frequenza cardiaca aumenta e una scarica di ormoni, fra i quali l'adrenalina, genera un impulso di energia abbastanza forte da permettere un'azione vigorosa. Paura: se abbiamo paura, il sangue fluisce verso i grandi muscoli scheletrici, ad esempio quelli delle gambe, rendendo così più facile la fuga e al tempo stesso facendo impallidire il volto, momentaneamente meno irrorato. Allo stesso tempo, il corpo si immobilizza, come congelato, anche solo per un momento, forse per valutare se non convenga nascondersi. I circuiti dei centri cerebrali preposti alla regolazione della vita emotiva scatenano un flusso di ormoni che mette l'organismo in uno stato generale di allerta, preparando all'azione e fissando l'attenzione sulla minaccia che incombe per valutare quale sia la risposta migliore. Felicità: Nella felicità, uno dei principali cambiamenti biologici sta nella maggiore attività di un centro cerebrale che inibisce i sentimenti negativi e aumenta la disponibilità di energia, insieme all'inibizione dei centri che generano pensieri angosciosi. Tuttavia, a parte uno stato di quiescienza che consente all'organismo di riprendersi più rapidamente dall'attivazione biologica causata da emozioni sconvolgenti, non si riscontrano particolari cambiamenti fisiologici. Questa configurazione offre all'organismo un generale riposo, e lo rende non solo disponibile ed entusiasta nei riguardi di qualunque compito esso debba intraprendere ma anche pronto a battersi per gli obiettivi più diversi. Amore: i sentimenti di tenerezza e la soddisfazione sessuale comportano il risveglio del sistema parasimpatico; La difesa e la nutrizione della prole costituiscono un programma genetico a tutti gli animali. Il che significa che possiamo sentire il bisogno di fare queste cose spontaneamente. E poiché l'amore umano si distingue da quello animale, esso non è caratterizzato soltanto dalla difesa e nutrizione. Nemmeno dal sesso, poiché la vita amorosa non inizia soltanto con la pubertà in cui si sviluppano gli organi sessuali che rendono possibile il sesso ma incomincia subito dopo la nascita. In genere, le persone chiamano “amore” la propria risposta positiva alle azioni degli altri che ci hanno prodotto un piacere nella sfera affettivo-sessuale e che ci portano reiterare le stesse azioni. Ad attaccarci a quelle azioni rendendole quotidiane e abitudinarie, a desiderare, a possedere ciò che ci fa piacere dell'altra persona : l'immagine dell'altro, le sue azioni, i suoi pensieri e le sue parole. Questa definizione è condizionata dalla letteratura in cui si mescolavano innamoramento e amore come unica forma dell'amore. Molte persone danno un significato diverso alla stessa parola, in funzione alla giustificazione dei propri bisogni. Poiché è una parola che comprende tanti aspetti diversi della nostra vita. Dunque non dobbiamo fidarci della parola amore come se significasse un contenuto univoco e scontato. Quando qualcuno dice di amare, o di amarci, dobbiamo indagare sul cosa significhi per egli. In funzione al bisogno affettivo il significato può diventare essere talmente felici di sentirsi amati da ricambiare con dell'altro amore in modo da prolungare l'essere amati. La potenza di questo sentimento è proporzionale al piacere che esse provano. Noi stessi, per non confonderci dobbiamo distinguere le parole che descrivono le esperienze d'amore. In realtà l'amore si divide in tanti tipi in base alla prevalenza di una inclinazione: amore fisico, amore intellettuale, amore emotivo, amore filiale amore disinteressato. Ma è sempre caratterizzato dalla propria identificazione mentale nelle caratteristiche dell'altro. E l'espressione pratica è il fare del bene all'altro per quello che egli è, e non per quello che egli ci fa, o fa. L'amare è l'atto di esaltare l'ego dell'altro attraverso : 1. la stima. 2. la comprensione. 3. l'accettazione dei suoi aspetti negativi riguardo ai nostri desideri 4. L'approvazione delle sue scelte. 5. La collaborazione al miglioramento emotivo e intellettuale. In un certo tipo di amore quindi, l'egoismo, il proprio godimento porta a scegliere di non fare mai del male all'altro, ma di dargli piacere per ottenere qualcosa in cambio. Più il nostro godimento è intenso più è intenso il nostro amore. In questo tipo di amore è necessario molto equilibrio, perché attaccarci al piacere che proviamo per le sue azioni, per il suo aspetto, elimina il nostro sentimento che proviamo per l'altro, perché fa prevalere il nostro. Perciò identificando il contenuto della parola amore con un solo tipo di amore ha come conseguenze il credere che esso abbia caratteristiche che non ha, e quindi si creano aspettative irreali, e di conseguenza si produce sofferenza. Amore = sesso. Amore = carezze. Amore = assistenza. La soluzione corretta è integrare tutte le caratteristiche nel concetto di amore. Amore = potenzialmente difesa, nutrizione, assistenza, stima, sesso, carezze, realizzate in sintonia al contesto. Il donare amore, ci dona una soddisfazione senza eguali, maggiore dell'essere amati, perché amare è una capacità che ci porta all'apice della nostra evoluzione psicologica, e ci fa sentire completati, ci fa sentire di aver raggiunto lo scopo della vita. Il mondo intero dipende dalla sensazione e dall'emozione, poiché siamo spinti dalle sensazioni a fare il loro volere. La sensazione piacevole ci spinge a volerne di più; incalza la mente in una precisa direzione e la indirizza verso un tipo di azione. La sensazione spiacevole spinge la mente e influenza la vita nella direzione opposta, sempre però entro nell'ambito della risposta abituale. Padroneggiano la sensazione possiamo padroneggiare la nostra vita. Tuttavia per modificare la causa che origina una nostra sensazione dobbiamo desiderare di bloccarla, e quindi dobbiamo distaccarci da tale sensazione se è piacevole. Attraverso il ragionamento, che è il calcolo delle probabilità future attraverso la simulazione mentale dei movimenti del proprio ambiente in relazione alle nostre azioni, possiamo giudicare le nostre azioni, e comprendere se esse sono errate o se non sono errate, o se sono probabilmente malefiche o neutre o benefiche. ASSISTERSI, E DARSI Felicità DA SOLI ALL'INTERNO DEL PROPRIO AMBIENTE SOCIALE La società ci salva dalla morte fisica, ma può ucciderci psicologicamente. Perciò dobbiamo conoscere la sua struttura, e come possiamo viverci all'interno nel migliore dei modi, che non sarà mai privo di sofferenza, ma avrà il minor grado di sofferenza possibile. LA COMUNICAZIONE se possediamo una grande proprietà di linguaggio, e conosciamo a memoria la definizione delle parole scritta nel vocabolario, non possiamo avere la sicurezza che ciò influisca positivamente nella comunicazione con gli altri. Questa conoscenza può condizionare negativamente la comunicazione. Perché se gli altri non hanno proprietà di linguaggio e non conoscono a memoria la definizione delle parole, possono o non capirle o fraintenderle. Questo ci costringere a personalizzare la comunicazione per ogni persona con la quale comunichiamo, osservando le sue caratteristiche peculiari e più rilevanti, e ci costringe a conoscere che cosa è la comunicazione, com'è fatta, e come comunicare al meglio. La comunicazione (dal latino cum = con, e munire = legare, costruire e dal latino communico = mettere in comune, far partecipe) non è soltanto un processo di trasmissione di informazioni (secondo il modello di ShannonWeaver). In italiano, il termine "comunicazione" ha il significato semantico di "far conoscere", "rendere noto". La comunicazione è un processo costituito da un soggetto che ha intenzione di far sì che il ricevente pensi o faccia qualcosa.[1] Dato che tutti possiamo amare indipendentemente da cosa riceviamo in cambio, ma non possiamo farlo sempre, e non possiamo farlo se non ne abbiamo la capacità. La maggior parte delle persone non ha questa capacità, perché se gli esseri umani amassero tutti gli altri esseri umani naturalmente, cioè in quanto esseri umani, non vi sarebbe nessuna ragione perché ciascuno non dovesse amare ugualmente ciascun altro, in quanto ugualmente uomo, o perché preferisse di frequentare coloro, dalla cui società possono derivare a lui (piuttosto che ad altri), onore e utile. Dato che così accade in tutte le epoche, non cerchiamo per natura dei soci, ma di trarre da essi onore e vantaggio : questi desideriamo in primo luogo, le persone di conseguenza. Quindi, quali sono i motivi per cui viviamo in società e non in solitudine nella natura? Poiché la violenza crea un forte senso di separazione dagli altri, e la separazione crea un forte senso di individualità. Sentendosi separati dagli altri nasce il desiderio di appropriazione degli altri e dei loro beni, attraverso il dominio o la violenza, o l'omicidio. Temendo questo continuo pericolo gli esseri umani hanno inventato un sistema di convivenza chiamato società civile. La sua organizzazione tende a evitare che le individualità, dotate di bisogni, desideri, e interessi, si uccidano a vicenda I problemi che essa vuole risolvere sono: 1. la possibilità degli esseri umani di compiere azioni che provochino infelicità, sofferenza o morte agli altri. 2.la scarsità dei beni per soddisfare i propri bisogni, (risorse alimentari, informazioni, energia) e delle persone dalle quali possiamo trarre vantaggio per i nostri bisogni (sesso, forza fisica, idee, conoscenza). 3.Il desiderio di godere del piacere di soddisfare i propri bisogni e desideri il più al lungo possibile eliminando pericoli di morte e allungando la vita al suo massimo grado. Perciò nel primo problema la soluzione è rinunciare alla possibilità di compiere azioni che non portano alla felicità degli altri e della nostra. Nel secondo caso la soluzione consiste nell'accumulazione dei beni, chiamata ricchezza. L'accumulazione comporta tempo, e quindi nasce l'idea della gestione del tempo. Per ordinare i beni esistenti nella società è stato inventato il mercato, in cui esiste un produttore, un rivenditore e un consumatore. Nel momento storico in cui sto scrivendo, il primo decennio del 2000, lo yogurt prodotto industrialmente e acquistato attraverso i circuiti commerciali, per arrivare sulla tavola dei consumatori percorre da 1200 a 1500 chilometri, costa 5 euro al litro, viene confezionato al 95 per cento in vasetti di plastica quasi tutti monouso, raggruppati in imballaggi di cartoncino, subisce trattamenti di conservazione che spesso non lasciano sopravvivere i batteri da cui è stato formato. Se non ci fosse la società a produrci lo yogurt, e ce lo autoproducessimo facendo fermentare il latte con opportune colonie batteriche, non dovrebbe essere trasportato, non richiederebbe confezioni e imballaggi, costerebbe il prezzo del latte, non avrebbe conservanti e sarebbe ricco di batteri. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, la società produce merci per noi perché noi non abbiamo voglia di produrcele da soli, in altri casi non abbiamo le conoscenze, le capacità, o gli strumenti per produrle. E questo processo del mercato provoca che per arrivare alla nostra azione di soddisfare i nostri bisogni dobbiamo seguire un meccanismo prestabilito per poter avere la collaborazione delle altre persone della nostra società. Per essere integrati bisogna avere una identità accettabile. L'identità è un'insieme di idee nella mente delle persone su come sei e su come dovresti essere. Per questo motivo le persone mettono al centro della propria vita le relazioni con gli altri poiché attraverso le loro opinioni, i loro giudizi, possono creare la propria identità. In cui nascono nuovi bisogni, che possiamo chiamare bisogni di origine sociale e non naturali alla nostra ricerca. La costruzione di una identità. Dunque nascono nuovi bisogni. La ricerca dell'onore, che è una buona opinione di sé. La ricerca del potere. La ricerca della ricchezza. La ricerca della bellezza. La ricerca del valore. Quindi le persone lavorano ogni giorno per ottenere ciò che crea una identità accettabile, e per eliminare ciò che la impedisce. Il fallimento di questi impegni crea frustrazione. Relazioni interpersonali L’interpretazione delle caratteristiche della voce di qualcuno con il quale abbiamo una relazione condiziona il nostro stato emotivo e la storia del rapporto. Si può errare nell’interpretazione poiché alcune caratteristiche non comunicano quello che noi possiamo pensare comunichino. Un frase per la quale una persona finisce senza fiato, possiamo interpretarla come un segno che quella persona sia scocciata, infastidita, stufa. Un sospiro dopo questa frase, come se avesse trattenuto il respiro dalla tensione, possiamo interpretarlo come se noi lo avessimo irritato. Può accadere che una persona abbia un modo di respirare anomalo e finisca tutte le volte per sospirare o mancargli il fiato alla fine della frase, ma non sia irritato da noi o da quello che gli abbiamo detto. Se c’è questo dubbio chiedere e discutere sulla risposta può cambiare la storia della relazione in positivo. Attraverso la consapevolezza che quella persona va interpretata in modo diverso, riusciremo a non creare fraintendimenti tensivi. BISOGNO DI ASSISTENZA DEGLI ALTRI: il bisogno di assistenza ha la funzione di soddisfare i bisogni fisici attraverso l'aiuto pratico, o intellettuale, degli altri, nel risolvere i propri problemi per arrivare a una soddisfazione. Esso è diverso nel suo livello di ampiezza delle funzioni in base all'età, e alla personalità. Più ampi quando si è bambini, molto ristretti quando si è adulti. L'aiuto pratico consiste nel fatto che i nostri muscoli non possono sollevare tutti i pesi, non possono sopportare tutte le sofferenze senza lasciarci un segno psicologico. A ogni bisogno insoddisfatto dagli altri possono corrispondere dei processi di difesa, se non siamo capaci di soddisfarlo da soli o senza la motivazione dell'altro. Il rifiuto quando i bisogni non sono soddisfatti. L'aspettativa quando una persona soddisfa momentaneamente uno dei nostri bisogni. Se noi acquisiamo la capacità di soddisfare i nostri bisogni fisici autonomamente possiamo eliminare il bisogno di assistenza, e dunque la possibile sofferenza che possiamo ricavarne. Dunque la nostra ricchezza interiore dipende dalla quantità di azioni degli altri, o di eventi, o di oggetti di cui possiamo fare a meno. Per fare a meno degli altri dobbiamo imparare a: 1.soddisfare i nostri bisogni fisici, 2.soddsfare i bisogni di sicurezza, integrazione, affetto, stima, autorealizzazione, conoscere e capire, bisogni estetici. 3.avere cura della propria casa, 4.mantenere una professione, 5.avere successo sociale senza aiuto. Bisogno di protezione: Quando doni molto a una persona sconosciuta, e ti mostri disponibile sempre e per qualsiasi motivo, l'altra persona avrà la tendenza a chiedere sempre di più e a sentirsi in diritto di pretendere che tu faccia ciò che egli vuole. Quindi bisogna comunicare che si hanno delle esigenze proprie, e che quella persona non ha l'esclusività. Dobbiamo procurarci ciò che è indispensabile alla vita. Cibo, vestiti, riparo, medicine e le necessità della mente-cuore. I primi quattro bisogni riguardano il corpo, il quinto riguarda la mente, ed è ciò che induce la soddisfazione mentale. Forse si potrebbe dire piacere, o ciò che soddisfa la mente in modo corretto, senza il quale la mente morirebbe. Così come il corpo muore se i suoi bisogni non sono soddisfatti, anche la mente muore se le sue necessità sono disattese. Bisogno di nutrimento: Il cibo deve essere cibo, non una golosità. La differenza è questa : il cibo serve a sostentare il corpo, la golosità a soddisfare il palato. La golosità è un modo di mangiare stupido, e si trasforma nell'esca che prende l'amo il pesce altrettanto stupido. Dobbiamo mangiare ciò che è veramente benefico al corpo, e con moderazione. Cibarci di golosità è inoltre molto dispendioso. Se vi cibate di esche sarete sempre affamati, sempre a caccia di altri bocconcini. Cibarsi in questo modo danneggia le facoltà mentali. Nutritevi al momento giusto e con moderazione. Così non ci saranno sprechi e la salute non ne risentirà. Bisogno di manutenzione: Bisogno di appartenenza: Bisogno di sicurezza: Bisogno di piacere: Sintetizzando il processo che impedisce il benessere Ma la sofferenza fisica proviene anche da stimoli autogenerati all'interno del corpo. Perciò aggiungendoli viene fuori questo schema : EQUILIBRIO TRA CUORE E MONDO L'equilibrio è il rapporto che c'è tra due quantità di energia, che anche se cambia di grado in una delle due quantità, si bilancia rimanendo costante, se questo rapporto supera la soglia di negatività o di positività, si attiva la sofferenza. Fisicamente accade quando due forze di intensità uguale agiscono in direzioni opposte. Come una corda tirata da entrambi I vertici. Gli impulsi psicologici, provocano effetti fisici a breve termine e a lungo termine: A breve termine : Diminuzione di flusso sanguigno nello stomaco, dal quale dipende la sensazione di fame. Aumento dell'adrenalina che ci porta ad assumere comportamenti di attacco. A lungo termine: Alterazione cutanee, come brufoli. Malattie. Stitichezza. Essi sono presenti anche in persone fisiologicamente cresciute perché la loro personalità non è cresciuta, a causa di traumi che l'hanno bloccata. I nostri comportamenti sono per la maggior parte del tempo causati da attivazioni inconsce e automatiche. Ad esempio, ci sono delle posture, delle espressioni facciali che scatenano automaticamente delle emozioni. Queste attivazione dipendono dai nostri bisogni primari. TERZA CAUSA DI SOFFERENZA: IL TRAUMA Il tipo di pensiero che attiva il trauma è una identificazione dell'io con un suo simbolo, che è un ruolo o una immagine, di cui si suppone una minaccia a tale simbolo, nonostante la parte fisica di noi stessi non sia più in pericolo, ne ferita. E si continua ad aver paura che quella nostra parte sia in pericolo. ANALISI DELLE CONSEGUENZE MALEFICHE DELLA NON LAVORAZIONE DEI BISOGNI UMANI Se i bisogni umani citati non vengono lavorati per diventare utili e non distruttivi si cade in alcune sofferenze primarie. Poiché sono alimentate da questi bisogni, fisici e sociali (Il bisogno di assistenza, protezione, amore, comprensione, nutrimento, manutenzione). Traumi, sensi di colpa, attaccamenti, aspettative. PRIMA CAUSA DI SOFFERENZA: SENSO DI COLPA E VERGOGNA Tutti gli esseri umani hanno fantasie omicide o di violenza, o quantomeno distruttive per l'altro, spesso nei confronti delle persone più care. L'ostilità nei confronti della propria famiglia, per quanto sommersa nel subconscio e rimossa dalla memoria, ha i suoi effetti. Quello più comune è il fiorire di una serie di sensi di colpa. L'atto colposo, in diritto, è un atto che provoca un evento negativo non voluto, attraverso negligenza, imprudenza, imperizia. L'atto negativo è negativo in relazione a un parametro su ciò che è positivo. Spesso le persone hanno la credenza che produrre sofferenza nell'altro al fine di farlo reagire in base ad essa, sia un atto positivo. È una credenza che viene tramandata di generazione in generazione, poiché quasi ognuno da bambino subisce rimproveri, punizioni e aggressioni morali. Quasi tutti i genitori usano questo ricatto per impedirci alcuni comportamenti o per limitarne altri. Il principio in base al quale hanno questa credenza è che “se una persona si sente a disagio, frustrata, fustigata, e se magari si fustiga da sola, con pensieri tensivi, riguardo a una certa esperienza causata da una propria azione, smetterà di agire nello stesso modo e inizierà ad agire nel modo che gli altri dicono essere oggettivamente giusto e non producente lo stesso effetto”. In questi casi le persone hanno la credenza che produrre sofferenza sia un atto benefico o d'amore. Diventare adulti significa anche affrontare e risolvere, almeno in parte, questo legame basato sul senso di colpa e la sottomissione. Ma i meccanismi che lo hanno originato non spariscono, vengono soltanto archiviati. In condizioni di intenso stress, terrore o depressione i sensi di colpa possono riemergere, spingendoci a cercare un'espiazione e rendendoci persino disponibili ad accollarci delitti con cui motivarla che non abbiamo commesso. Interrogatori prolungati, privazione del sonno, attacchi emotivi e gli altri metodi descritti possono servire allo scopo, lasciandoci almeno temporaneamente convinti della nostra stessa colpevolezza. Autoaccusarsi è un modo per sfuggire alla sofferenza del processo. È una sorta di autoespiazione. Se la colpa è confessata, non vi è più ragione perché prosegua l'interrogatorio. Sostituirsi all'accusatore è un modo per annullarlo. E questo processo di inflizione della sofferenza è alla base di tutti i rapporti sociali, e del metodo di mantenere equilibrio nella società. Questa sofferenza è inevitabile all'interno della società, poiché per far esistere la giustizia e la convivenza deve esistere un processo autoregolante, che è appunto il sentirsi in colpa. Il problema nasce quando siamo dominati dal senso di colpa, poiché il senso di colpa può far punire noi stessi in modo eccessivo, facendoci deperire, deprimere, ammalare e morire. A livello naturale, in uno stato presociale, è la paura inflitta agli altri che mantiene l'equilibrio tra gli esseri umani. Il principio è “Se fai qualcosa che mi fa soffrire ti faccio paura minacciandoti di una aggressione, o di morte e tu eviti se credi di non poterti difendere”. In uno stato sociale è principalmente la sofferenza autoprodotta, ma si mantiene anche quest'altro processo di inflizione della paura per mantenere un equilibrio, attraverso minaccie di ferite e di morte. L'afflizione di paura legittimata dalla società è il: Senso di colpa, la vergogna, l'inadeguatezza, l'emarginazione, la collocazione forzata in carcere, l'ergastolo. Infine si supera la volontà di cambiare il comportamento dell'altro per sostituirlo con l'eliminazione del pensiero sgradevole attraverso la pena di morte. Questo processo funziona sfruttando il bisogno degli altri. Se hai bisogno degli altri non puoi permetterti di farli arrabbiare o infastidire. Quindi ti conformi. Tuttavia, la sensazione di avere una colpa si produce indipendentemente da una reale causa, perché possono esistere in noi stessi sensazioni di colpa anche se non sono giustificabili a livello razionale. Queste sono le cause: 1.La descrizione da parte di una persona di un concetto morale che noi non abbiamo, e non abbiamo ragionato in precedenza, può farci aderire a quel concetto per non sentirci stupidi e creare in noi la sensazione di colpa, senza la reale coscienza del perché. Più è intensa l'attività dell'altro su noi stessi di crearci sofferenza più noi ci impegniamo nel conformarci al suo concetto di azione giusta in quel caso particolare. 2.Emozioni negative registrate nella memoria insieme al ricordo di situazioni in cui avevamo compiuto un'azione o possedevamo su di noi una caratteristica, che ha provocato un comportamento che è diventata la causa o le cause delle nostre emozioni negative, che ci fa pensare automaticamente quella azione o quella caratteristica come sbagliate in tutti i casi. Quindi è necessario imparare a discriminare tra la sofferenza che ci viene prodotta per fini egoistici dalla sofferenza che ci viene prodotta per il nostro benessere. Quindi dobbiamo conoscere come sono fatte, e diagnosticarle nelle varie situazioni. La emozioni negative a fini correttivi possono essere causate da : 1.un giudizio 2.delle urla 3.delle percosse 4.delle violenze generiche 5.uno sfogo per un fastidio E una persona può compiere queste azioni anche senza una giustificazione reale, e attivare nel cervello dell'altro, abituato ad associare tali comportamenti alla colpa, la sensazione di aver fatto qualcosa che merita una colpa. La colpa, e non il senso di colpa, ha un valore strumentale. Ognuno vorrebbe cambiare l'altro se sente che quello che fa non gli piace. Serve a equilibrare la soddisfazione degli interessi delle parti. Nella maggioranza dei casi è condizionato da concetti morali che riguardano le relazioni con gli altri esseri umani. L'insieme dei concetti morali si chiama giustizia. Il rimprovero è lo strumento fisico con il quale si produce il senso di colpa. Si può evitare di sentirsi in colpa se si vuole avere relazioni con le persone? Il senso di colpa serve a censurare un comportamento. Un rimprovero serve a regolare i comportamenti, negando la possibilità di agire in un certo modo. Gli effetti dell'attivazione del senso di colpa variano in base al tipo di sensibilità della persona. Ha effetti evidenti sulle persone che hanno bisogno di approvazione per amare la propria identità. Maggiore è il grado di sensibilità più la reazione emotiva di quella persona deprimerà il proprio ego. Passando, in ordine crescente di annullamento dell'ego, dallo schiavismo, al suicidio. Esso genera un conflitto con sé stessi, e di solito ad esso segue un silenzio lapidario, in modo che la persona rimproverata, non possa trovare perdono e approvazione per calmare il suo conflitto e non abbia altra scelta che distaccarsi dalla sua tendenza ad agire in un certo modo per sostituire il comportamento con quello che vuole l'altra persona, e ritrovare l'equilibrio emotivo dato dall'approvazione dell'altro. Tuttavia la giustizia essendo un insieme di leggi non naturali ma umane, non può essere oggettiva. Essa può essere solo condivisa da più persone. Maggiore è la quantità di persone che condividono lo stesso concetto di giustizia, maggiore diventa la sua aderenza alla realtà. Questo ci provoca insicurezza, perché non sappiamo mai veramente se le nostre azioni sono giuste o sbagliate, dato che non esiste un libro della giustizia al di là del codice civile e penale, che dobbiamo conoscere e prendere in considerazione. Uno dei concetti più condivisi sulla giustizia è che la colpa esiste quando si fa del male intenzionalmente agli altri, e con lo scopo di fargli del male, o quando non si fa nulla per evitare che gli altri soffrano, se la sofferenza che gli altri sentono dentro di sé nasce realmente dall'esterno e non dalla loro mente. Un tipo di senso di colpa più interiorizzato e senza la necessità che qualcuno lo instilli verbalmente è la vergogna. Essa è il non eliminare o nascondere qualcosa di rifiutato in noi. In alcuni casi gli altri ci fanno sentire in colpa perché stiamo facendo loro del male, o perché non stiamo rispettando le norme della giustizia sociale. In altri casi perché scambiano il dolore che il loro cervello gli autoprocura con le nostre azioni. Un tipo di norma della giustizia sociale è: Per provare piacere attraverso gli altri devi lavorare al piacere degli altri. Lavorare significa faticare e lottare. Ognuno ha diritto di vivere nella sua normalità se questa normalità non impedisce il raggiungimento del piacere agli altri. Cos'è la giustizia? Se non si possono rimediare, i sensi di colpa diventano irreali. La società con le sue istituzioni fa una parte del lavoro necessario per farci sopravvivere. Attraverso i sensi di colpa la società impedisce che gli istinti egoistici producano comportamenti che fanno soffrire gli altri, come lo stupro, la violenza fisica e psicologica. Il senso di colpa fa anche agire verso un compromesso tra i desideri dei singoli individui. Concetto: La violenza psicologica riguarda tutte le azioni produttrici di sofferenza che proviene da cause reali, e non inventate dal soggetto sofferente. In genere le azioni che provocano sofferenza nell'altro non riguardano esclusivamente noi stessi e ciò che possediamo, ma l'altro, e vengono attutate soprattutto per ottenerne qualcosa che produce piacere soltanto al singolo individuo che violenta la mente dell'altro. Il senso di colpa e la vergogna possono essere utilizzati per due motivi : 1. dominare le persone per l'equilibrio comune. 2. dominare le persone per l'equilibrio privato. Essi dipendono dal contesto storico, infatti sono variati in base alle epoche. Perciò dobbiamo conoscere la storia delle attuali colpe e delle attuali vergogne. Una volta che il senso di colpa non funziona, la società usa la legge e le forze dell'ordine. Tuttavia ogni nostra azione ha delle conseguenze imprevedibili, e tra queste ci sono conseguenze che fanno soffrire le altre persone. Legge naturale sul senso di colpa: Ma la sofferenza che gli altri provano in conseguenza alle nostre azioni viene dalla natura e non dal nostro ego. Perciò i sensi di colpa sono privi di fondamento perché la colpa esiste soltanto se tu compi il male sapendo che è male e con la precisa intenzione di compierlo. Perciò chiunque voglia farti sentire in colpa lo fa per dominarti. Perciò se qualcuno desidera che tu ti comporti in un certo modo, e si aspetta che il suo desiderio sia soddisfatto senza nessuna richiesta esplicita, ma se non accade ti dice di aver sbagliato perché ne soffre, non è il tuo ego la causa della sua sofferenza ma è il fatto che sei vivo, e che devi agire in qualche modo. Perciò non hai sbagliato. Hai agito senza sapere quale sarebbe stata la sua reazione. Non potevi evitarla. Tuttavia il senso di colpa può nascere in te anche se è privo di fondamento. Per liberarti dal dolore addominale che ti provoca devi rilassare il respiro e ripeterti la legge naturale sul senso di colpa. Il falso ruolo di carnefice viene creato usando il senso di colpa. Il senso di colpa viene creato comportandosi nel modo in cui si comporta una vittima, perché il cervello di chi osserva questo comportamento gli fa sentire automaticamente la sensazione di colpa, poiché esso non distingue tra verità e falsità, e automaticamente chi si sente in colpa passa razionalmente per carnefice anche davanti al giudizio su se stesso. Ma attraverso la consapevolezza che chiunque ti induce un senso di colpa la fa per dominarti, puoi smettere di sentirti in colpa. SENSO DI COLPA NELL'AMBITO DEL DIALOGO In una conversazione se l'altro ti dice “non ti arrabbiare, non t'incazzare, stai calmo”, sta tentando di reprimere il tuo desiderio di esprimere una emozione distruttiva nei suoi confronti, distruttiva perché può produrre in se stesso della sofferenza. Ci sono casi in cui non sei cosciente che stai creando un disagio illegittimo all'altro, perché per il tuo punto di vista è giusto esprimere la tua emozione in quel modo. Ma l'altra persona può dirti di aver sbagliato il tono, o di aver sbagliato la forma linguistica. Una frase utilizzata spesso in questi casi è: “ci sono modi e modi di dire qualcosa”. Un modo per indurre il senso di colpa in qualcuno è creandogli una dissonanza cognitiva. Le cognizioni che si hanno possono essere tra loro irrilevanti, consonanti, o dissonanti. Una cognizione viene anzitutto definita come “parte di una conoscenza”. Conoscenza che può riguardare un'attitudine, un'emozione, un valore e così via. Ad esempio sapere che ci piace il caffè è una cognizione, come lo è la consapevolezza che l'omicidio è un'azione sbagliata e che fare beneficenza è un'azione generosa. Ogni essere umano sviluppa e mantiene attivo un numero immenso di cognizioni, che possono trovarsi in differenti forme di relazione reciproca. Molte non hanno tra loro alcun legame percepibile. Ad esempio, non vi è alcun nesso tra il sapere che il caffé è una bevanda gradevole e la notizia che l'uomo è sceso sulla luna. In tal caso le cognizioni sono reciprocamente irrilevanti. Altre cognizioni mostrano tra loro un legame importante come conseguenza l'una dell'altra, completandosi o rinforzandosi a vicenda. La cognizione di aver premuto il pedale del gas e quella che l'auto aumenta la sia velocità sono cognizioni consonanti. Così lo sono la cognizione di essere una persona gentile e quella di trovarsi a fare un regalo. O la cognizione di aver fatto un ottimo lavoro e quella di ricevere dei complimenti. Non necessariamente le cognizioni consonanti riguardano aspetti positivi o sereni : sono sempre consonanti la cognizione di essere infuriato e quella di stare urlando improperi all'indirizzo del colpevole o del fato. SECONDA CAUSA DI SOFFERNZA: L'ASPETTATIVA. La mente costruisce automaticamente dei modelli mentali a partire dalla percezione di singole parti di oggetti, o di situazioni. Questi modelli sono costituiti da simulazioni di possibili situazioni, o di ragionamenti. A volte la simulazione che viene valutata come più vicina alla verità, o probabile, è falsa. L'errore nasce dai limiti nella costruzione dei modelli mentali. 1. Il cervello non può considerare una quantità eccessiva di informazioni particolari. E per calcolare le probabilità di un evento, bisogna considerare tutti fattori che la aumentano da 0 a 100, da impossibile a sicuro. 2. Le direttive per costruire una aspettative sono condizionate dai nostri desideri che la realtà sia come la vogliamo noi indipendentemente dalle nostre azioni per renderla tale, ed è evidente che questo non può essere necessariamente, perché ogni cosa è condizionata da un'altra, e dunque qualcosa accade solo se c'è stato qualcos'altro a farla accadere, e non il nostro desiderio. La disarmonia tra il modo in cui immaginiamo il presente e il futuro, e come facciamo esperienza del presente e del futuro, crea in noi sofferenza. E la sofferenza è un problema, e abbiamo la tendenza di risolvere l'aspettativa fuori dalla realtà, tentando o di calcolare la realtà o di cambiare la realtà. Perciò le aspettative si dividono in: aspettative attinenti alla realtà, e aspettative fuori dalla realtà. Le aspettative attinenti alla realtà si dividono in: calcolabili e non calcolabili. Può accadere qualcosa che ci aspettiamo senza nessun poterla calcolare, e qualcosa che ci aspettiamo in conseguenza a un ragionamento. Nel calcolo della realtà cerchiamo conferme a sensazioni o teorie che abbiamo provato o pensato. Una sensazione dei cinque sensi, ad esempio tattile, può confermare una precedente sensazione di un altra sensazione dei cinque sensi, ad esempio visiva. Un accadimento può confermare una precedente teoria. CAMBIARE LA REALTà IN BASE ALLE ASPETTATIVE DELUSE nel caso si tratti di una persona, la violentiamo psicologicamente. Per risolvere il problema di questa sofferenza non possiamo eliminare in noi le aspettative, perché le aspettative sono funzionali all'azione. Senza aspettative non potremmo aprire la porta di casa, dato che bisogna aspettarci che se si inserisce e gira la chiave essa si apra. Perciò si tratta di capire se si può non crearsi aspettative irreali. Lo studio della mente permette di riconoscere le fallacie sistematiche che il nostro cervello è programmato a fare. Lo studio del mondo permette di evitare di aspettarci cose che non possono mai essere vere. Perché ripetendo costantemente delle leggi che si ha la tendenza di dimenticare perché stressanti, ci si abitua, ed esse lavorano dentro la nostra memoria senza il nostro sforzo volontario. ASPETTATIVE SUL LIVELLO DELL'AFFETTIVITA' : L'affetto è la ricorrenza di una stessa figura nel tempo che espleta una funzione relativa ai nostri bisogni, prevalentemente affettivi. Se si è dominati dal bisogno di affetto, ci si aspetta affetto dalle persone della società in cui viviamo, che incontriamo casualmente o che scegliamo, poiché noi cerchiamo negli altri delle funzioni che possano soddisfare i nostri bisogni. I nostri bisogni sono: il bisogno di raccontare la nostra storia. Il bisogno di lamentarsi. Il bisogno di sfogarsi. Il bisogno di non sentirsi soli. Il bisogno di assistenza. Il bisogno di sicurezza. il bisogno di protezione. Il bisogno di coccole il bisogno di attenzione. Il bisogno di presenza. Il bisogno di approvazione. Ma lo spettro delle possibilità che tutte le persone possiedono per decidere quale comportamento fisiologico o psicologico attuare e quindi quale funzione espletare relativamente ai nostri bisogni è ampio, e attivato per motivi diversi in ogni essere umano. Le leggi per le quali accadono certi fenomeni sono sempre le stesse nonostante l'attivazione o creazione, la quantità e la durata del fenomeno possano variare negli esseri umani. Poiché le leggi sono condizionate dalle caratteristiche relative al contesto in cui agiscono. Ma per avere una aspettativa è necessario che l'evento aspettato sia prevedibile. Ma il comportamento delle persone non è totalmente prevedibile. Creandoci una aspettativa può risultarci anche totalmente contrario alle nostre aspettative affettive, e attaccandoci può risultarci incoerente con ciò che abbiamo ricevuto in precedenza, se non consideriamo che questo spettro va dalla violenza o la morte, alla assistenza e la protezione, ed è condizionato dai cambiamenti degli altri fenomeni nel tempo. La causa di questo variare di possibilità dipende dal fatto che anche loro devono soddisfare i loro bisogni e in base al grado di autonomia nel soddisfarli, e al grado d'intensità dei loro bisogni cercano persone che possano soddisfarli, o rifiutano quelli che non possono soddisfarli, o odiano quelli che gli impediscono di soddisfarli. Due volontà interessate allo stesso oggetto creano lo scontro. Per risolvere il problema dello scontro l'essere umano ha inventato la repressione emotiva, ma questa non è sempre efficace. Perciò non ci si può creare una aspettativa affettiva sicura con una persona che non si conosce bene, ma solo probabile. E dunque se si ha in sé il bisogno di affetto potremo agire tentando di manipolare l'altro, attraverso: il senso di colpa, la vergogna, il rimprovero, il ricatto, la minaccia, il potere di soddisfare i suoi desideri o bisogni. Il possesso. Oppure gli altri potrebbero agire su di noi attraverso queste strategie. Il verificarsi o no, di una situazione di omicidio, o di protezione e assistenza, dipende dalla combinazione casuale di stati d'animo della persona e condizioni ambientali. Quindi impegnarsi per far accadere certe situazioni risulterà spesso frustrante, poiché non dipende completamente dalle nostre azioni. AUTODIFESA DALLE ASPETTATIVE AUTOINDOTTE: Per difendersi dall'aspettativa affettiva le persone usano la discriminazione e il pregiudizio. Il pregiudizio si basa sul pensiero che esistano persone cattive e persone buone, e che scoprendo chi è cattivo e chi buono, possiamo rifiutare i cattivi e unirci ai buoni. Ma questo non è vero, perché una persona può essere entrambi i ruoli in momenti diversi. Perciò, può essere una soluzione, ma è limitante, e non assicura di non incontrare più qualcuno che ci ferisca nei nostri bisogni. La migliore soluzione è quella di eliminare da dentro di noi il bisogno di crearci aspettative impossibili, e il giudicare le persone e gli eventi. L'aspettativa neutra o benefica Non è un male in sé immaginare una possibile situazione piacevole futura con la persona che vorremmo che accadesse. Se questa immaginazione è malefica dipende dalla durata dell'immaginazione e dall'intensità dell'identificazione in questa immaginazione. 10 minuti continui di immaginazione possono essere troppi, ma solo se ci identifichiamo intensamente con il protagonista dell'immaginazione e per quei 10 minuti non distinguiamo più il vero dal falso. Dunque bisogna acquisire la capacità di non essere dominati dai propri pensieri, i quali ci dominano nel momento in cui ci identifichiamo in essi. Per non identificarci ci sono diverse tecniche. L'osservazione delle proprie emozioni, e dei propri pensieri, che automatica ci fa immaginare noi stessi come separati dai pensieri. Oppure la concentrazione sul respiro che elimina il pensiero stesso. AUTODIFESA MENTALE DALLE PERSONE CHE VOGLIONO USARCI: Manipolazione mentale Una serie di azioni, procedure e tecniche restrittive e manipolative, hanno trovato espressioni eterogenee nel corso della storia umana : si tratta di un'attività alla quale governi, apparati clericali, forze di polizia, strutture commerciali e singoli individui hanno ampiamente dedicato tempo ed energie. Il tempo in cui scrivo, 2010, non fa eccezione: basti pensare agli studi pubblicitari che, sotto spoglie socialmente accettate, variano il proprio spettro dalle suggestioni sessuali all'uso di immagini subliminali finalizzate all'insorgere dei “bisogni indotti”. Le tecniche di manipolazione vengono usate per fini e con metodologie espressive assai differenti tra loro: dal puro e semplice desiderio di potere e manipolazione altrui, all'acquisizione forzata di informazioni, al successo commerciale, all'indottrinamento religioso o pseudoreligioso, all'addestramento di soldati e terroristi. Con queste tecniche si può : – spingerci a considerare essenziali, e quindi a comprare, alcuni prodotti. – Metterci in condizioni di asservimento psicologico, economico, affettivo e sessuale verso altri individui. – Condurci a scelte sociali e politiche più ampie che coinvolgono vari aspetti della nostra vita. – Convincerci della importanze di date opinioni, o della necessità e urgenza di certe azioni. – Portarci a dipendere mentalmente da altre persone, gruppi od organizzazioni di vario genere. Il giudizio Il giudizio è il parere sintetico che pensiamo ed emettiamo quando valutiamo una o più situazioni e/o atti. Mentre il giudizio è tipica e continua attività della mente umana, l'accezione più comune è di parlare di giudizio come parere emesso in applicazione delle leggi. Prende il nome da giudice ovvero da quella persona o persone che sono chiamate dalla collettività o poste dall'autorità a giudicare ovvero a esprimere un parere o sentenza. Tuttavia qui considero il giudizio mentale. I giudizi mentali sono operazioni mentali che uniscono soggetti a predicati. Sono strettamente dipendenti da: i nostri bisogni. i nostri modelli mentali su come le cose dovrebbero essere. l'etica, che ci dice come dovremmo pensare che le cose dovrebbero essere. La sua utilità è quella di allontanarci da elementi che ci disturbano o che ci mettono in pericolo. Soprattutto quando abbiamo investito emotivamente su qualcosa e ci aspettiamo effetti benefici da questa cosa, il giudizio ci fornisce l'energia emotiva per distaccarcene. La confusione sull'etica è una grandissima fonte di sofferenza, poiché siamo costantemente bombardati da divieti, obblighi, doveri, rimproveri, e riusciamo a sopportarli solo perché crediamo fortemente in un senso che li giustifica. Nel momento in cui smettiamo di crederci, possiamo andare in crisi. Bisogna quindi fare molta chiarezza sull'etica. La maggior parte delle persone ha la convinzione che non esista una giustizia assoluta, e dunque questo legittima tutti a dire, quello che ho fatto è giusto, poiché non si può contraddire, dato che non c'è un metro di misura. Puoi solo dire, non mi piace, mi da fastidio, provo sofferenza ascoltandoti, vedendo quello che fai. Ma non posso dire “non è giusto”. La legge è totalmente astratta, e a volte paradossale. Poiché ci sono casi in cui per fare del bene a se stessi si fa del male agli altri, ma per evitare di fare del male agli altri si fa del male a se stessi, quindi non si potrà mai trovare un equilibrio in questi casi, perciò ci si deve appellare alla capacità degli altri di reagire serenamente indipendentemente dalla situazione che essi vivono, ci si deve appellare alla loro capacità di distaccarsi dalle situazioni, e evitare di reprimersi facendosi male. Tuttavia si può riflettere sul proprio senso etico, e seguirlo, e abbandonarlo quando è necessario. Se agiamo per egoismo, perché dovremmo giudicare le azioni di qualcuno che non ci riguardano direttamente? Perché all'interno di una società interdipendente il suo modo di essere potrebbe riguardarci un giorno. E il pensare che le proprie azioni non abbiano conseguenze sugli altri, semplicemente perché la nostra intenzione non è rivolta a loro, provoca quasi tutti i problemi sociali che possono esistere. Tuttavia ci deve essere un equilibrio tra l'autocensura e la propria libertà. L'equilibrio è determinato dalla sofferenza di entrambe le parti. Il giudizio si può mascherare attraverso la confusione mentale, con il paradosso, l'ironia, e il sarcasmo. Un uso diffuso del paradosso nelle relazioni interpersonali è l'ironia, a volte espressa come sarcasmo. Sia in un caso che nell'altro il contenuto del messaggio viene squalificato da una sua interpretazione di tipo essenzialmente paradossale. Il paradosso si manifesta con una comunicazione a doppio binario : da un lato un contenuto di un segno (ad esempio elogiativo) e dall'altro un commento di segno opposto che squalifica il messaggio stesso (ad esempio dispregiativo). Ironia e sarcasmo non sono la stessa cosa. L'ironia si basa sull'inadeguatezza del messaggio, mentre il sarcasmo veicola un intento volutamente beffardo e malefico. L'ironia consiste nell'inviare un messaggio affermando il suo opposto. Ad esempio dicendo: “però! Qui è davvero spazioso”, visitando un locale realmente minuscolo. Il sarcasmo, invece, è una presa in giro dai toni piuttosto feroci, che può essere in varia misura sovrapponibile all'ironia. Un classico esempio di sarcasmo è fare i complimenti per la sua bravura a chi è appena uscito sconfitto da una qualche prova. L'autoironia è fondamentale. Saper ridere di se stessi è, a tutti gli effetti, un allenamento: se vi prendete solo sul serio resterete prigionieri delle vostre sicurezze, e questo sarà esattamente il vostro punto debole. Allenarsi a offrire il fianco significa, a livello relazionale, tutto il contrario: nessuno sa meglio di voi dove siete vulnerabili, se sapete ridicolizzarvi da soli, nessuno potrà spiazzarvi prendendovi in giro. L'unico modo che avranno sarà prendervi in giro per il fatto che fate autoironia su voi stessi. Poiché è basato sulla comunicazione vocale, il sarcasmo può essere difficile da comprendere in forma scritta, e può essere male interpretato. In letteratura, è una delle espressioni più difficili da descrivere, per cui alle volte ci si aiuta mettendo la parola o la frase tra virgolette(“ ”), ma sta alla bravura dello scrittore poter rendere l'esatta misura del sarcasmo. Nella comunicazione moderna, resa più svelta da Internet, l'intonazione della voce è spesso sostituita con l'aggiunta di un emoticon, per dare una valenza particolare alla frase. Altri metodi sono l'evidenziazione delle parole con grassetto, corsivo o sottolineature, o con caratteri speciali come * asterischi * o <freccette>. Virgole e caratteri speciali funzionano da indicatori logici dei termini che sottolineano. La loro funziona è quella di segnalare che quei termini appartengono a un livello comunicativo superiore, la metacomunicazione. I metamessagi dimostrano la loro potenza nell'influenzare e modificare i contenuti del messaggio oggetto fino a stravolgerli completamente. Nel considerare sarcasmo e ironia come strategie comunicative risulta chiaro il loro potenziale: permetto di esprimere dissensi e critiche in una forma accettabile, in una comunicazione civile. Regressione L'età adulta significa assunzione di responsabilità. Ma questo a sua volta implica la capacità di gestire le più svariate situazioni. In pratica, un bambino non ha la responsabilità di cuincare, guadagnare uno stipendio e guidare un auto perché non ne ha ancora le capacità. Mano a mano che le assume, le responsabilità fanno seguito. Ora, la regressione è un sistema difensivo della mente tramite il quale il soggetto, sottoposto a un intollerabile stress emotivo, cerca rifugio nelle percezioni di se stesso e del mondo di un'età precedente registrate nella memoria, secondo un processo cronologico inverso. Ciò significa che si libererà dapprima delle sue più recenti strutture e percezioni della personalità e che, più a fondo regredirà, più indietro nel tempo riporterà l'orologio del proprio bagaglio di valori, conoscenze, capacità, responsabilità e valutazioni di sé e della realtà. La maggiore semplicità mentale di un bambino, la sua più spiccata ricettività e vulnerabilità, la sua carenza di sistemi di difesa e di critica e la sua immediata affettività sono il motivo per cui la regressione è uno degli alleati migliori di chi intende influenzare, modificare o distruggere la nostra psiche. Il processo di condizionamento annullerebbe così nel suo futuro, la mente dell'essere umano, riscrivendola da principio fin dalla mente del bambino. AMORE PER SE STESSI: L'amore per se stessi è la base di tutta la nostra vita, con quell'amore per noi stessi riusciremo a lottare, subire le ferite, e morire con coraggio. L'affetto per noi stessi è illimitato ma variabile. Siamo sempre a contatto con noi stessi anche se tutto cambia, e la variazione dipende dall'energia che abbiamo a disposizione da usare per noi stessi. Con il termine dignità, si usa riferirsi al sentimento che proviene dal considerare importante il proprio valore morale, la propria onorabilità e di ritenere importante tutelarne la salvaguardia e la conservazione. Onore: l'onore corrisponde al diritto di rispetto da parte degli altri come conseguenza premiale del contemporaneo dovere di rispetto degli altri. Ma che cos'è il rispetto? A volte si crede rispetto qualcosa che non lo è realmente. Gli altri ci rispettano quando ci lasciano liberi di soddisfare le nostre esigenze percettive. Per i modi della sua formazione e le sue caratteristiche intrinseche, questo sentimento si avvicina a quello di autostima , ovvero di considerazione di sé, delle proprie capacità e della propria identità. Pertanto il concetto di dignità dipende anche dal percorso che ciascuno sceglie di compiere, sviluppando il proprio "io". ESSERE AMATI : Esistono due tipi di amore. Uno diffuso, l'altro rarissimo. Un amore interessato e un amore disinteressato. L'amore disinteressato non si può ottenerlo grazie alle proprie azioni. È il caso che ce lo dona. Entrambi sono però limitati, variabili e terminabili. Per essere amati bisogna avere la capacità di farsi amare. Accettare l'amore può essere difficile se si ha paura di arrivare a dipendere da esso per la propria felicità e stabilità emotiva e razionale. O si ha paura di rimanere delusi per aver creduto a una menzogna. Il dire “ti amo” è considerato come un atto d'amore che ha conseguenze sul nostro organismo. Quando ce lo si sente dire se si prende per vera tale affermazione e non si ha paura di dipendere dal piacere che ci provoca, sorridiamo, ringraziamo, abbracciamo. Ci viene spontaneo reagire con delle coccole. Tuttavia possiamo sentire un rifiuto all'amore che le persone ci vogliono dare. A causa del loro aspetto, a causa del loro carattere, dei loro desideri su di noi. Quando sappiamo chiaramente che l'amore che stiamo ricevendo è interessato, poiché o ci è stato dichiarato dal partner, che ci dice che vuole essere trattata come tratta noi, possiamo aver paura di dover nutrire l'altra persona anche nel caso in cui non sentiamo di voler ricambiare. Per questo motivo l'amore interessato viene accettato nella società solo se risponde a delle regole. Nel caso non risponda a queste regole viene giudicato come amorale, e punita la persona per il suo comportamento. Una regola indica come una azione deve essere compiuta. Queste regole sono prestabilite nel tipo di relazione in cui avviene l'amore interessato. Egoismo: Quando un interesse di una persona annulla un interesse dell'altra persona possiamo pensare che ci sia egoismo, se il tipo di relazione non lo legittima. Esempio di un caso : A chiede a B di compiere un'azione. L'azione di A produce in B della sofferenza. B si rifiuta di compiere l'azione per evitare la sofferenza. A chiede di nuovo di compiere l'azione, perché a lui piace. Se B è legittimato dal tipo di relazione a scegliere di non compiere l'azione potrà ribellarsi a parole e formalmente senza subire conseguenze. Se B non è legittimato sarà costretto dalla sua sensibilità, che gli produrrà un senso di colpa o vergogna a non evitare di compiere l'azione. Tuttavia la reazione di B dipende dal sistema cerebrale che si ritrova, poiché egli potrebbe non sentire nessun senso di colpa e rifiutare di compiere l'azione. Dunque, per le regole sociali, non si può dire se l'egoismo sia legittimo finquando non si sa che tipo di relazione c'è tra i due. Poiché la leggittimità è una convenzione stabilità da più persone. Una coppia all'interno della società riterrà normale e quindi legittimo chiedere all'altro di sacrificarsi. Nonostante ci siano dei casi in cui una persona che si sente forza non accetti di esserlo, ed altri in cui lo accetti. Tra conoscenti non sarà ritenuto normale e quindi illegittimo, e in questo caso c'è egoismo. Più la relazione da meno diritti, più si ha bisogno di pause per farsi amare. I motivi per cui possiamo sentirci forzati a soddisfare le esigenze dell'altro in una relazione di coppia possa possono essere: La convinzione che questa sofferenza sia giusta. 1. perché la dipendenza dall'altro ci porta a risolvere il nostro problema continuando a cercare una soddisfazione da quella persona. 2. l'altro lo ha fatto sentire in colpa, ed è giusto espiare le colpe. 3. Fa parte della concezione romantica per cui è bello sacrificarsi per qualcosa che ci restituirà il sacrificio. INNAMORAMENTO L'innamoramento è un adattamento psicofisico che comporta la sopravvalutazione dell'altro, causata dalla rappresentazione del suo ruolo nella nostra vita, in un ruolo di soluzione al nostro bisogno di felicità, rappresentazione nata dalla proiezione del proprio bisogno d'amore su di lui in seguito a una soddisfazione emotiva da lui ricevuta. Comporta una perdita di capacità critica, e che quindi l'amore che diamo all'altro sia immeritato, poiché basato sulle nostre invenzioni mentali, i nostri pensieri e le nostre emozioni. Non lo amiamo per le azioni che realmente fa, ma per quello che pensiamo potrà fare per noi in futuro e per quello che ci provoca il pensiero divinitario di tale persone. Rendere sacro con il pensiero un oggetto, ci provoca una emozione anche se questo oggetto non è tale. Questa è l'idealizzazione, che al contrario di quanto le persone credono, può essere fatta coscientemente, e spesso avviene proprio così. La sopravvalutazione dell'altro comporta la sottovalutazione di sé stessi, e la necessità di dipendere dall'altro per la propria felicità. Questa emozione ha degli effetti a breve termine : 1. lenisce i dolori 2. da un significato alla vita 3. dona speranza. Limiti di funzionamento: Ci si può innamorare di persone che non si conoscono, o non si conoscono abbastanza, o che non ci vogliono bene, o che ci vogliono male. Gli apprezzamenti senza contesto ne necessità indicano un tentativo di sedurre, ovvero far credere di essere amati, e non essere amati realmente. Se si prova paura per il proprio dolore, tutto sarà condizionato, e i rapporti non saranno mai di libero piacere. Ma serviranno a fuggire dal dolore. E dato che tutti abbiamo la tendenza al dolore, la maggior parte delle persone cerca una relazione in cui si fanno tutte quelle azioni che si fanno quando ci si ama, ma in realtà non c'è nessun patto, nessuna promessa, di stare insieme, perché questo non crea stress. È una situazione perfetta per tutti quelli che non sopportano la responsabilità, o al contrario la preoccupazione. Lo stress può essere causato dal chiedere ciò che gli altri non possono fare : 1. Lamenti di sofferenze che percepiamo solo noi, perché chiediamo loro di capirci, anche se non possono capirci per impossibilità strutturali. Essere innamorati è proiettare la fantasia di soddisfazione del proprio bisogno d'amore su di una persona. Questa fantasia può essere alimentata dal cinema e dalla letteratura. Ci sommergiamo nel piacere di questa fantasia a patto di essere sicuri di non venir traditi. Sofferenza malefica nell'innamoramento : É solo la possibilità di riattivare quelle sensazioni e quei sentimenti che idealmente ci fa creare una finzione in cui non c'é nessuna interruzione. Le interruzioni ci sono ogni giorno, più volte nell'arco del giorno. Illusioni : Le cause del bisogno di amore possono essere: 1. Uno stato di vuoto dipeso da un periodo noioso. 2. Un imprinting avvenuto nei primi giorni di vita, e nei primi cinque anni di vita. Le cause del bisogno di amare possono essere: 1. il bisogno di uno scopo alla propria vita senza logica. 2. Il bisogno di aiutare un altro pensando che noi volevamo essere aiutati. Non si può accettare di distinguere il modo abituale di essere di una persona da ciò che essa ci può dare se vogliamo una relazione con essa, perché per avere una relazione è necessario stimare una persona per il suo modo abituale di essere, e non per ciò che ne possiamo ricavare anche se la disprezziamo. Le persone riescono a stimare con più facilità gli altri se sono simili a loro, ma nelle loro caratteristiche positive, se essi sono simili nelle caratteristiche negative, verranno allontanati, o disprezzati. Se si cerca di farsi stimare da una persona diventando nel modo in cui essa può stimarci, smetteremo di essere stimati da altre persone, perché non esiste un modello unico di persona che può essere stimata. QUARTA CAUSA DI SOFFERENZA: ATTACCAMENTI La dipendenza fa parte della natura. Poiché un elemento della natura esiste poiché esistono anche gli altri elementi, e si modifica poiché si modificano anche gli altri elementi. Dipendiamo tutti da questa relazione per la nostra esistenza. E questa relazione si traduce nella nostra dipendenza dai processi fisologici. ossigenazione, alimentazione, evacuazione. L'attaccamento è un tipo di dipendenza malefica, che ha superato il limite della dipendenza benefica. Dipendenza benefica – dipendenza malefica. La maturazione della cultura degli operatori specializzati e lo sviluppo della ricerca scientifica stanno provocando in molti la percezione della inadeguatezza del linguaggio finora adoperato intorno alla tossicodipendenza. Il termine “tossicodipendenza”, al di là della connotazione valoriale, di segno negativo, presenta diversi limiti legati al suo impiego. Innanzi tutto ha una pregnanza prevalentemente gergale con il quale si identifica quasi completamente con la dipendenza da eroina o con altre sostanze sempre però illegali. Per la tossicodipendenza da alcol si utilizza un termine a sé (alcolismo), mentre per altre sostanze legali, come il tabacco, si fa difficoltà ad utilizzare un termine così pesante. Il termine “tossico” si riferisce inoltre propriamente ad una sostanza chimica e pare inappropriato utilizzarlo per dipendenze da comportamenti o situazioni, come il “legalissimo” gioco d’azzardo. Questo termine infine, viene spesso associato non tanto ad un concetto di malattia quanto piuttosto a pregiudizi e stereotipi quali, ad esempio, “vizio, sporcizia, contaminazione, paura, sgradevolezza, ecc.” Dalla revisione in letteratura di alcune definizioni sono state ricercate “parole ricorrenti” che potessero cioè mostrare le connessioni del pensiero di diversi Autori. Tali parole sono state classificate all’interno di tre categorie concettuali inerenti aspetti temporali, aspetti comportamentali e aspetti biologici. Per quanto riguarda gli aspetti temporali i termini più ricorrenti sono: cronicità ed uso ripetuto. Per gli aspetti comportamentali: compulsività, desiderio incoercibile, cambiamento dello stile di vita (rinuncia e perdita di valori, assunzioni di una tipologia specifica, perdita di legami ed interessi), incontrollabilità, tossicodipendente. reperibilità della sostanza, Per quelli biologici: dipendenza, tolleranza, astinenza, intossicazione, modificazione di pattern dei bisogni primari , sostanza, craving. Il primo punto evidenzia la condizione come malattia. In questi anni si è chiarito, almeno in parte, come vi sono alterazioni funzionali ed anatomiche che vengono provocate dall’uso di sostanze o da particolari situazioni e che tendono a perpetuare il meccanismo patogenetico della dipendenza. Nel secondo punto si sottolinea come le alterazioni del sistema biologico della gratificazione sono l’esito finale delle diverse situazioni in grado di dare dipendenza. Per alcune sostanze l’iterazione del sistema della gratificazione si può esprimere, sul piano biologico, attraverso la tolleranza e la sindrome da astinenza, ma questi due fenomeni non sono indispensabili per includere una condizione patologica nel gruppo delle dipendenze, essendo invece fondamentale la produzione di una sensazione di piacere estremamente intensa. Inoltre la dipendenza si può instaurare nella relazione con qualsiasi oggetto (con le sostanze classiche, il gioco d’azzardo, dipendenza da sesso, sport w fatica fisica, videogiochi, ecc.). Si scoprono sempre “nuove dipendenze” semplicemente perché il meccanismo della relazione potenzialmente dipendente applicabile da a un oggetto qualsiasi è “cosa” l’individuo preferisce. La “specializzazione” del piacere impedisce al soggetto di utilizzare adeguatamente tutti gli oggetti del mondo per soddisfarsi: il desiderio, la motivazione, la propulsione del soggetto sono mossi da pochi o da un solo oggetto. Il “craving” è attualmente un concetto chiave nello studio della patologia da dipendenza. E’ un concetto descritto in termini soprattutto medico-biologici, anche se il suo innesco è riconoscibile in un meccanismo di condizionamento operante. Il craving rende ragione, sul piano patogenetico, della compulsività e delle ricadute. L’ultimo punto è più legato agli aspetti specificatamente psicologici. In esso riecheggia una visione psicodinamica: tale aspetto deve essere inteso in senso più generale come la descrizione della dimensione affettiva ed emotiva che si sviluppa tra dipendente ed oggetto della dipendenza. La dipendenza può essere la conseguenza dell'aspettativa mentale non attinente con la realtà di poter provare dentro di sé una felicità perfetta, ovvero priva di interruzioni e permanente. Questo pensiero ci legittima a reiterare il comportamento e produce una dipendenza fisica e/o psicologica dalla quale la nostra volontà è indipendente insieme all'identificazione mentale con l'oggetto della dipendenza derivate dalla mancata consapevolezza del cambiamento di tutte le cose e dell'assenza di un sé e di una immagine uguale a se stessa per sempre, e dalla mancata autonomia dalle cose esterne a noi stessi. L'identificazione avviene perché il pensiero è la nostra principale attività percettiva dell'ambiente, ed esso crea una immagine del proprio corpo, come a colmare l'assenza dell'immagine che potrebbero dare i propri occhi. L'identità è la coincidenza tra due forme che hanno lo stesso contenuto. Dagli attaccamenti nasce la gelosia, e l'invidia. Gelosia Sapere che il partner che ha scelto o che sente il bisogno di ritornare sistematicamente da te (di cui diciamo essere nostro, il nostro partner) fa sesso con un altro, si lascia penetrare, leccare, baciare, toccare da lui, può provocare gelosia. La gelosia è un senso di rabbia, dispiacere e paura. La rabbia nasce dalla concezione di avere il diritto al possesso dell'altro, e delle sue azioni. Il dispiacere nasce dal bisogno di sentirsi speciali. La paura dal bisogno di non essere abbandonati. Per eliminare la gelosia bisogna meditare sulla fine di tutte le cose a causa del loro continuo cambiamento che impedisce il possesso di qualunque cosa. Analisi delle strategie usabili per procurarsi amore: Il possesso: Il possesso è una sensazione originata dal pensiero di avere il diritto a decidere le azioni degli altri. Prevalentemente le azioni che riguardano la loro presenza nella nostra vita, e l'esclusività delle azioni che fanno genericamente bene agli esseri umani. È derivata dalla caratteristica dell'età infantile in cui il bambino crede di poter controllare la realtà, e soprattutto i suoi genitori, attraverso i suoi desideri, che è un funzione necessaria fino a una certa età, dopodiché deve essere eliminata per impedire la perdita di contatto con la realtà. Questa convinzione produce un tentativo di separare dal mondo sociale le persone che si vogliono possedere per evitare che venga impedita l'esclusività. Questa convinzione provoca una emozione di rabbia quando non viene soddisfatto il desiderio, conducendo a condannare e punire il partner e chi lo ha spinto o costretto a non farsi possedere. Ma nessuno ha il diritto di possedere gli altri, perché tutti hanno bisogno di soddisfarsi. E nessuno può veramente possedere gli altri, perché qualunque legame e promessa ci sia negli altri, gli altri hanno comunque la possibilità di scegliere di non fare le azioni che vorremmo o compiere le azioni che non vorremmo. Per la convinzione di avere il diritto di possedere gli altri, possiamo dare sfogo alla nostra gelosia, invidia e paura di abbandono. Nel caso in cui ci identifichiamo empaticamente in un'altra persona a noi cara possiamo volerla informare che il suo partner la tradisce, senza che lei ce lo abbia chiesto, ed estendere la nostra illusione anche a lei. Dunque questo comportamento è sbagliato, poiché è sbagliato che provoca malessere, che è uno scorretto funzionamento del nostro cervello, e un corretto funzionamento è privo di illusioni. Inoltre potremmo anche provocarle un problema evitabile, perché molte persone preferiscono non sapere e far finta di nulla, questo impedisce loro di soffrire. Metodi sistematici utilizzati per soddisfare il proprio bisogno di affetto: Le persone hanno la possibilità di scegliere almeno due tipi di comportamento sistematico per soddisfare i loro bisogni affettivi: 1.cercare una persona che abbia la capacità di soddisfare completamente i loro bisogni, rifiutando quelle che non lo fanno. Il rifiuto è a vari livelli di quantità. Rifiutare tutti, o alcuni, in base alle emozioni, o a ragionamenti. 2.lavorare su noi stessi per abbassare l'intensità dei nostri bisogni e aumentare l'autonomia nel soddisfarli. Nel cercare una persona che abbia le capacità di soddisfare i nostri bisogni noi indaghiamo su di essa, le poniamo dei test, e nel momento in cui ci lasciamo andare al pensiero che sia proprio lei, se compie delle azioni che mettono in dubbio la nostro convinzione, soffriamo. Possiamo reagire in diversi modi: 1. farlo sentire in colpa per la sofferenza della nostra delusione. 2. troncare la relazione. 3. tollerare gli aspetti che mancano alla nostra completa soddisfazione. 4. tentare di creare quegli aspetti che mancano. Quando si è dominati dal bisogno di affetto, non si distingue il sesso dall'affettività, e infatti se l'altra persona non soddisfa i suoi bisogni affettivi non prova piacere nel fare sesso con l'altra. Ad esempio gli uomini ottengono più facilmente i favori della compagna quando collaborano ai compiti domestici. Chi non ha bisogno di affetto si identifica con ciò che fa. Chi ha bisogno di affetto si identifica con ciò che è. Il bisogno d'amore dipende dalla propria incapacità di sopravvivere. L'atteggiamento migliore è quello di imparare a soddisfare autonomamente tutte i bisogni che possiamo soddisfare autonomamente e identificarci negli altri per perdere il proprio egoismo, interesse personale, e i propri bisogni, per donare il proprio amore senza chiedere nulla in cambio. Tuttavia l'atteggiamento di dare amore senza nulla in cambio è giusto se con quell'amore l'altra persona non è alimentata nella sua capacità di farti del male. Tuttavia non si può donare amore a tutti. Si può donare amore solo a chi vuole riceverlo, e solo a chi merita di riceverlo, ovvero, ricambia col rispetto. Il bisogno di sicurezza. Cerchiamo di ottenere la sicurezza che l'amore di una persona continuerà nella nostra vita in molti modi. La maggior parte delle volte creando un bisogno della nostra presenza e delle nostre azioni. Per questo le persone eguagliano l'interesse per un'altra persona con l'intensità del bisogno che si ha di essa. Se non c'è bisogno non c'è interesse secondo questo modello. E l'interesse ha un grande valore per le persone. Ma semplicemente perché hanno bisogno degli altri. Se non ne avessero non avrebbe nessuno valore l'interesse che gli altri possono avere nei propri confronti. Se una persona non ti ama, è un problema suo. Tu puoi continuare ad amarla senza avere il bisogno di ricevere. Se non sei con la persona che ami, ama la persona con cui sei, e continua ad amare psicologicamente l'altra con cui sei stato. Ai fini della nostra felicità il proprio interesse deve concentrarsi sull'amare, e non sull'essere amati. Il bisogno di qualcuno può portare all'autolesionismo, e al suicidio. Perciò la presenza di qualcuno deve essere un piacere e non un bisogno. E la differenza tra piacere e bisogno è che nel secondo caso si dipende dal piacere per essere felici di vivere. Il bisogno di qualcuno è collegato alla valutazione di quel qualcuno come speciale, ovvero che possiede delle caratteristiche o rare o uniche, che non possiamo trovare altrove. Il bisogno di approvazione L'approvazione ci fa sentire sicuri che la persona che ci ama continuerà a darci amore, poiché è la manifestazione della coincidenza di pensieri, desideri, e bisogni, che sono il motore delle proprie scelte. Quindi tendiamo a pensare che chi non ci approva non ci ama. Ma una persona può non approvarci, e accettare le nostre azioni. L'accettazione è la reale caratteristica di essere amati. Le persone possono avere il desiderio o il bisogno di sentirsi speciali, perché questa valutazione ci serve per riparare la paura che ci crea la nostra incapacità di stare da soli ed essere indipendenti. Perché così sappiamo che una certa persona o certe persone cercheranno noi, perché solo da noi troveranno quelle caratteristiche che gli servono, e ci daranno in cambio ciò che vogliamo per usarle. Nel cercare una persona giusta per il nostro piacere dobbiamo capire il funzionamento del mondo in cui essa vive, e col quale ci dobbiamo confrontare. Poiché ci dovremo adattare a questo mondo per poterne godere la presenza. Conoscere la società, che si divide in tanti altri piccoli mondi con altre regole. La famiglia, i gruppi scolastici, i gruppi lavorativi. Amore con gli altri: LE PERSONE CHE CI VOGLIONO BENE: Il rimprovero può essere utilizzato per provocare un dolore talmente insostenibile da aiutare l'altra persona a impiegare l'energia necessaria che non ha impiegato in precedenza per fare attenzione a non errare. Quindi, a volte le persone possono farci soffrire perché ci vogliono bene. Tuttavia si può diventare incapaci di riconoscere la motivazione reale dietro all'azione compiuta con l'intenzione di provocarci dolore se siamo condizionati da due paure: la paura di contraddire perché potrebbe aumentare la dose del dolore, la paura dell'abbandono che può conseguire alla nostra mancata sottomissione condizione necessaria per far rimanere presente nella nostra vita quella persona, perché dipendiamo dalla sua presenza per la nostra felicità. LA CONVIVENZA: può capitare di desiderare di convivere nella stessa casa con una persona per la quale proviamo sentimenti di affetto e amore. Il convivere ci può provocare sicurezza, e evitarci di sentirci soli, un piacere riproposto ogni giorno. E quindi si può desiderare di avere il più tempo possibile accanto l'altra persona. Lo svegliarsi al mattino e trovarla accanto a noi nel letto ci può mettere di buono umore e fornirci molta sicurezza, poiché nonostante una separazione di circa 8 ore in cui ognuno si dimentica dell'altro nel sonno la relazione non è scomparsa, c'è ancora. Tuttavia l'altra persona può non voler convivere con noi se non si sente nel momento adatto. I fattori che contribuiscono all'altra persona a non convivere con noi sono : convivenze passate che hanno provocato in loro sofferenza. Una situazione economica instabile, o negativa che le fe sentire in debito verso di noi, o succube. Bisogno di spazio psicologico per fare cose che si eviterebbe di fare in presenza di qualcuno, anche del partner. Parlare al telefono con qualcuno di cosa che non si vorrebbe far sapere al partner. Produrre opere creative senza la minima interruzione di qualcuno. Masturbarsi senza essere visto fugacemente o guardato continuamente. Cambiarsi vestiti senza essere visti in un modo non ancora pronto e bello. Dormire senza il disturbo di essere svegliati da qualcuno, che russa, o si alza, o si muove, o risponde al telefono, o gli suona la sveglia. Inoltre la convivenza stimola il dialogo e dal dialogo possono nascere discussioni tensive, se invece si sta distanti è meno probabile il litigio, poiché si ha il tempo di calmarsi nell'assenza dell'altro. Una soluzione iniziale può essere il vivere nella stessa casa ma avere camere separate. Tuttavia questa possibilità può provocare preoccupazione in una persona che ha bisogno di sentirsi sicura di essere amata, poiché si sente non accettata completamente. Dato che si rifiuta la presenza costante. Inoltre non avendo una idea chiara di cosa è stare insieme e cosa non lo è si può diventare preda di innumerevoli dubbi. E mostrando questa preoccupazione all'altro ci si può sentire dire : “per favore, rillassati!”. Questa richiesta può provocare una ulteriore tensione, perché si giudicano le proprie emozioni come rifiutate. In quel caso potremmo voler capire con chiarezza se l'altra persona ci ama o no. Siamo soli a dover ascoltare la nostra sofferenza e calmarla, se chiediamo pietà e ci mostriamo deboli in modo da commuovere l'altro, si potrebbe innervosire ancora di più. E se vogliamo impedire che l'altra persona si innervosisca dobbiamo smettere di esporre queste nostre emozioni negative e contare su noi stessi. LA FAMIGLIA: Nella società precedente alla nostra, matriarcale, le donne sceglievano gli uomini dai quali farsi ingravidare. Tuttavia molte donne sceglievano lo stesso uomo, escludendo così gli altri uomini dalla riproduzione e provocando in loro sofferenza. Perciò gli uomini prendevano le donne con violenza per soddisfare il loro bisogno di riproduzione. Dunque viene inventato il matrimonio monogamico governato dalle autorità civili o religiose. Una donna o un uomo che fanno sesso senza un legame di coppia vengono condannati all'emarginazione, attraverso il giudizio. La donna diventa troia, e l'uomo puttaniere. Il puttaniere si divide anche in lusinghiere e persona che compra i favori attraverso i soldi. Il motivo di questa emarginazione deriva dal fatto che un valore primario per il prolungamento dell'esistenza della società è il legame. Il sesso senza legame mina la stabilità della società. Dal punto di vista della selezione della specie umana il matrimonio ha un'importanza fondamentale, se pensiamo che oltre il 90% degli uomini finisce per sposarsi e avere figli. Si tratta dunque di un buon sistema. I metodi per limitare i desideri delle persone e mantenere stabile la società sono cambiati nel corso della storia umana. Dalla metà del XVI secolo a quella del XX secolo, il legame coniugale classico rappresenta l'unità di base primordiale. L'unico spazio lecito per la sessualità. Era necessario avere l'anello al dito per potervi accedere. Ragazzi e ragazze sembravano allora dediti all'astinenza per una decina d'anni, in media, tra la pubertà e la cerimonia nuziale, poiché, in mancanza di efficaci sistemi contraccettivi, relazioni sessuali frequenti tra persone non sposate avrebbero fatto aumentare le statistiche dei figli illegittimi. Secondo alcuni studiosi, per resistere ai piacere della carne ricorrevano a piaceri solitari o a pratiche omosessuali. Nel XVII secolo si registra una forte desessualizzazione che coinvolge anche la coppia legalmente costituita, ormai fermamente incitata a praticare i doveri coniugale senza ricercare la voluttà. Per i moralisti, la voluttà designa gli eccessi carnali che degradano l'essere umano e differisce lievemente dal piacere, che i medici dell'epoca consideravano necessario, sia per la donna sia per l'uomo, per poter procreare in buone condizioni. Il confessore consigliava, invece, di non amare troppo intensamente il proprio coniuge e cercava di insinuarsi nell'intimità dell'alcove chiedendo ai fedeli le posizioni adottate e i tipi di contatto praticati. L'unico comportamento accettabile è la penetrazione volta alla fecondazione, con l'uomo sopra la donna, senza mirare al godimento di quest'ultima. Simili precetti invitano ad accettare una sorta di sublimazione, o almeno a controllare il desiderio fisico, per poter evitare la dannazione. Durante gli anni sessanta del novecento l'occidente ha conosciuti straordinari cambiamenti. L'abbondanza alimentare ha fatto dei suoi due poli, Europa e Nord America, oasi di prosperità a livello planetario. Nonostante che la povertà e la marginalità siano sempre visibili nelle strade, la maggior parte della popolazione attuale, non solo le le élite, conosce una situazione inedita dall'origine della specie, con la fine di ogni carestia. La durata della vita si è allungata notevolmente, la media attuale supera ampiamente gli ottant'anni per ambo i sessi nei paesi ricchi. La peste e le gravi malattie che producevano milioni di morti sono scomparse. Per la prima volta la bilancia pende dalla parte delle donne, che se vogliono possono provare orgasmi senza pericolo, prescindendo dai processi riproduttivi, e quindi prendono la guida dei rapporti sessuali. La contraccezione ha incoraggiato la rivoluzione liberatrice delle donne permettendo loro di costruire in prima persona la loro identità sessuale, un privilegio in precedenza riservato agli uomini. Né madonne ne puttane, proclamano alcune di loro, e controllano personalmente la loro maternità e le loro emozioni fisiche. Per opporsi a questo nuovo potere femminile, alcuni discorsi di autorità tradizionali sviluppano ostinatamente una viva riprovazione contro i metodi di limitazione delle nascite. Queste pratiche erano già considerate “funesti segreti per ingannare la natura” nel XVIII secolo, e sono ritenute il più grande inganno che sia mai stato inventato per allontanare gli uomini dalla strada verso Dio o, più surrettiziamente, una negazione degli imperativi biologici. Negli stati uniti i movimenti contrari all'aborto non hanno ancora ceduto dopo che la Corte suprema ha autorizzato questa pratica nel 1973. Una parte importante della popolazione, valutata in oltre la metà, è ostile e resta visceralmente fedele a una visione puritana della sessualità centrata sull'egemonia incontestata dei maschi. Questa concezione, nata in Europa e dominante fino agli anni Sessanta, si fonda su una potente sublimazione dei bisogni sessuali a vantaggio di una cultura del consumo, del divertimento e dello sport. Le frustrazioni generate da essa producono un appetito vitale sconfinato che si esercita entro una vera e propria religione del consumo: le casalinghe sono nel contempo il bersaglio della pubblicità e le sacerdotesse che diffondono attorno a sé la buona parola. Questo squilibrio della personalità proviene da una gestione tradizionale dei sessi e dei “generi” che provoca una doppia tensione strutturante. La prima oppone gli uomini adulti agli adolescenti, pur offrendo a questi ultimi una reale possibilità di successo. La seconda distingue fortemente i ruoli maschili e femminili senza lasciare molta speranza alle donne di uscire dalla funzione di madre magnificata, salvo escludersi essa stessa dal gioco sociale o diventare una donna depravata. Si capisce, dunque, lo straordinario potere della contraccezione quando la scelta sta nelle mani delle donne e non è più a discerzione del partner, come era con il coito interrotto o il preservativo. Tanto più che le cosiddette donne oneste non avevano in passato il potere di disporre liberamente del proprio corpo, poiché apparteneva a Dio durante l'Ancien Régime, oppure al marito, secondo la legge “naturale” e secondo i codici borghesi del XIX secolo. La frattura è tanto più spettacolare negli anni Sessanta e Settanta, quando, per la prima volta dall'avvio dell'umanità, la pillola fornisce una vera e propria scelta contraccettiva alle dominate e si impone il diritto all'aborto, nonostante le dure resistenze. Queste innovazioni annunciano la fine del controllo degli uomini sulla sfera della sessualità. Il loro orgasmo non è più motivo di tabù e di vergogna dal momento che i media lo descrivono, lo spiegano, lo rendono indispensabile per sentirsi donna fino ai brividi. Le conseguenze sono numerose, soprattutto nel vecchio continente. Non solo si modifica in profondità la relazione con il corpo e la sessualità, ma il legame tra i due generi, un tempo prioritariamente organizzato attorno al matrimonio, anche nell'adulterio, è in piena metamorfosi. Inoltre, si modificano i contatti tra generazioni a causa della moltiplicazione delle famiglire ricostruite, dell'allontamento sempre più tardivo dei giovani dalla casa dei genitori, del posto considerevole assunto dai nonni nei confronti dei nipoti. Le vecchie concezioni dell'amore sono spazzate via da un'infinità di fattori di adattamento, tra i quali il venire meno delle differenze di età e di razza, le possibilità di carriera, la facile separazione tra ricerca del godimento sessuale e desiderio di figli. Tra le tre figure del tradizionale gioco sessuale, uomini maturi, donne ragazzi in età puberale, l'ultima è forse, la meno intensamente coinvolta in cambiamenti verificatisi negli anni sessanta. La ferma difesa della famiglia coniugale, presentata come l'unico modello soddisfacente, era ovviamente il bersaglio dei sostenitori dell'amore libero, dopo il 1968. Godere senza limiti ingannando la natura non è pericoloso per la sopravvivenza dell'umanità? All'inizio del XXI secolo, la posta in gioco diventa cruciale, poiché il figlio unico o la sterilità non coatta unita alla volontà di approfittare il più possibile delle gioie della carne rivelano forse una deriva eccessiva all'egoismo. La diminuzione d'importanza del potere delle chiese, sia protestanti sia cattoliche, la rivoluzione femminile. La classica triade, composta da maschi adulti, ragazzi adolescenti e donne, era fondata sul potere dei primi che si imponevano agli altri. Il genere maschile ha difficoltà ad adattarsi a questo cambiamento. Poiché le donne sanno perfettamente che solo loro possiedono, soprattutto senza rischio dopo la pillola, la chiave del piacere più ricercato, più valorizzato e più importante dell'esperienza umana, quello del sesso. Regole familiari: Tra genitore e figlio si instaurano delle regole che diventano incoscie. Il figlio nonostante realmente non ci sia nulla che lo obbliga a provare certe emozioni, come la paura e il bisogno di sottomissione, alla frase “se fai così, o se non fai così, ti apro il culo” prova paura, perché alla velocità del pensiero, più veloce della luce, ha inferito che questa persona ha il diritto di dirgli quella cosa, e che lui è obbligato ad aver paura e sottomettersi. Tutto ciò è causato da varie dipendenze, economica ed affettiva. Se questa frase gli venisse detta da un amico/a, o un conoscente, o un insegnante, la stessa persona reagire in modo totalmente opposto e invece che paura proverebbe rabbia e sfida. Ma non è corretto dire che sono le persone a provocare quella reazione, è il cervello che in base allo stimolo provoca la reazione. Le persone, che sono lo stimolo, attivano soltanto la possibilità che ciò accada. LA RICCHEZZA : La parola economia viene dall'unione di due parole greche. Oikos e nomos. Oikos significava casa, intesa come una grande casa dove vivo centinaia di persone, cioè la società. Nomos significa legge. L'economia è quindi la disciplina che regola le leggi per il funzionamento della casa. L'economia nasce quindi dopo la creazione del potere. Il potere si basa sulla gestione delle risorse che sono scarse nel mondo. Se fossero abbondanti, nessuno ltigherebbe o farebbe violenza con l'altro per soddisfare i propri bisogni. La funzione della professione relativamente ai bisogni primari : IL DENARO Il denaro è il mezzo attraverso il quale possiamo ottenere ciò di cui abbiamo bisogno per arrivare al benessere. E possiamo ottenerlo attraverso il lavoro per gli altri. Avere molti soldi non rappresenta il concetto di ricchezza generale, ma rappresenta il concetto di ricchezza finanziaria. La ricchezza finanziaria non ha un grado prestabilito, perché è strettamente dipendente dalle necessità di ogni persona per raggiungere e mantenere il proprio benessere, che sono diverse in ogni persona. Il patrimonio netto è tutto quello che possiedi, meno tutti i debiti che hai. Il cashflow è la differenza tra quello che entra e quello che esce. Deve essere positivo. Più è positivo più aumenta la ricchezza finanziaria. Una stabile ricchezza finanziaria è il risultato di un processo e di un modello sempre replicabile. Sei pagato in modo direttamente proporzionale al tuo valore di mercato. Perciò aumentare il tuo valore di mercato è la chiave. La meritocrazia è una forma di governo dove le cariche amministrative, le cariche pubbliche, e qualsiasi ruolo che richieda responsabilità nei confronti degli altri, è affidata secondo criteri di merito, e non di appartenenza lobbistica, familiare (nepotismo) e in senso allargato (clientelismo) o di casta economica (oligarchia). Il termine "meritocrazia" fu usato la prima volta da Michael Young nel suo libro "Rise of the Meritocracy" (1958). Il termine era destinato a un uso dispregiativo, e il suo libro era lo scenario di un futuro distopico n cui la posizione sociale di un individuo è determinata dal suo quoziente intellettivo e dallo sforzo. Nel libro, questo sistema sociale fondamentalmente conduce a una rivoluzione sociale in cui le masse rovesciano l'élite, che era divenuta arrogante e scollegata dai sentimenti del pubblico. Malgrado l'origine negativa della parola, ci sono molti che credono che un sistema meritocratico è un buon sistema sociale. I sostenitori della meritocrazia argomentano che un sistema meritocratico è più giusto e più produttivo degli altri sistemi, e che garantisce la fine di discriminazioni fondati su criteri arbitrali di sorta, come sesso, razza o rapporti sociali. D'altro canto i detrattori della meritocrazia argomentano, al contrario, che l'aspetto distopico centrale dell'idea di Young — l'esistenza di una classe meritocratica che monopolizzi l'accesso al merito e i simboli e il metodo esaminatore del merito, e di conseguenza perpetui il proprio potere, status sociale e privilegi. Nel redigere la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti, Thomas Jefferson dipese pesantemente dal Capitolo Quinto di "Due trattati sul governo" di John Locke, che concepisce una società in cui il fondamento di tutte le proprietà è esclusivamente il lavoro esercitato dagli uomini. Locke sosteneva che l'acquisizione di proprietà non era moralmente sbagliata, se avveniva attraverso lo sforzo di un lavoro e se era al fine di soddisfare i bisogni immediati dell'individuo. Così, dice Locke, la società è necessariamente stratificata, ma per il merito non per la nascita. Questa dottrina di operosità e merito invece di ozio ed eredità come fattore determinante in una società giusta si poneva contro la monarchia e l'aristocrazia, e i loro lacchè, in favore di un sistema repubblicano e rappresentativo. Spesso, gli oppositori del concetto di meritocrazia sostengono che caratteristiche come intelligenza e sforzo non sono misurabili con accuratezza. Perciò, dal loro punto di vista, qualsiasi attuazione di meritocrazia necessariamente comporta un alto grado di supposizione ed è, di conseguenza, imperfetto. Le meritocrazie si basano su questi principi di governo: 1. il collocamento del lavoro non viene conferito secondo esperienza e competenza ma, al contrario, è assegnato sulla base del merito (benché esperienza, competenza e anzianità tendano a portare un più grande merito) 2. sulla condizione dell'opportunità sotto la richiesta del principio di lavoro 3. la previsione di qualcuno che specifichi i premi per l'adempimento del lavoro. Questi principi, comunque, non tengono conto delle ingiustizie ma anzi le ignorano. Bisogna considerare che non tutte le meritocrazie operano in questo modo. Molte analizzano le strutture delle equità e disuguaglianze del lavoro attraverso le abilità e personalità umane che permettono loro di conseguire il compito lavorativo al meglio delle loro capacità. Talvolta la parola meritocrazia viene erroneamente usata per descrivere una società nella quale salute, ricchezza, e status sociale sono raggiunti attraverso la competizione, e dove quindi il criterio di "merito" può di fatto sparire a fronte di forza bruta o furbizia (qualsiasi capo mafia vive infatti molto meglio di un onesto cittadino, non certo per merito, ma solo per competizione). E infatti, 'meritocrazia' non deve essere confusa con plutocrazia', in cui il potere politico è invece commisurato al potere economico, a prescindere dalle reali capacità personali. Quasi tutti i regimi plutocratici si autodefiniscono (al fine di giustificarsi eticamente) meritocratici, malgrado, in realtà, le capacità personali degli individui siano mascherate dalle ricchezze familiari acquisite, o, più raramente, da intrallazzi e prevaricazioni arrivistiche senza scrupoli. La meritocrazia presuppone un'eguaglianza delle opportunità per garantire a tutti la possibilità di migliorare la propria posizione economica e sociale. L'acquisizione di esperienze e competenze di eccellenza sono favorite da un contesto familiare che vanta agiate condizioni economiche e una rete di contatti personali. La concezione della meritocrazia marxista prevede che ci sia una netta separazione tra i bisogni e i poteri decisionali. In altre parole al merito viene riconosciuto il diritto/dovere di prendere le decisioni senza che a questo debba necessariamente corrispondere un privilegio in termini materiali. È quindi giusto che il figlio dell'operaio, se meritevole faccia il medico o il presidente del consiglio, e, d'altra parte, il figlio del medico o del presidente del consiglio, se non particolarmente abile nella medicina o nella amministrazione, faccia l'operaio, ma ciò non significa che i loro bisogni materiali siano differenti e che la loro retribuzione e i loro privilegi sociali debbano per questo essere eccessivamente distanti. Nel 2010 con il termine meritocrazia s'intende qualcosa di più complesso e ricollegato alla nozione chiave di competenza. Competenza = Conoscenza + Capacità + Qualità In generale il termine competenza indica la capacità degli individui di combinare, in modo autonomo, tacitamente o esplicitamente e in un contesto particolare, i diversi elementi delle conoscenze e delle abilità che possiedono. D’altra parte una definizione precisa del concetto di competenza è assai ardua da stabilire, in quanto questa nozione presenta molte sfaccettature, ed il termine racchiude diversi significati, secondo il contesto e la cultura in cui viene utilizzata. “Il sostantivo competenza deriva dal verbo competere. Quest’ultimo, di origine latina (cum-petere), sta ad indicare un’azione di “andare insieme, far convergere in un medesimo punto”; anche nell’accezione di gareggiare o di mirare ad un medesimo obiettivo. D’altra parte, “competente” è anche colui che ha autorità in un certo ambito. Un soggetto o un’istanza competente è dunque qualcuno considerato adeguato, che ha legittima giurisdizione, che ha facoltà di giudicare qualcosa e che, quindi, “se ne intende” (Dizionario etimologico della lingua italiana” – Cortelazzo e Zolli – Zanichelli). PROFESSIONE La laurea è un certificato che attesta la tua qualifica a svolgere una data professione. Essa è utile per svolgere una professione più remunerativa delle altre e più edificante socialmente, ma allo stesso tempo può limitare nella scelta, a volte urgente, di lavori che non richiedono qualifica. Un datore di lavoro potrebbe dire "Il suo profilo è troppo alto per questo tipo di posizione, perché noi cerchiamo persone che vogliano fare questo lavoro per tutta la vita, e la sua laurea ci fornisce una insicurezza. Un giorno potrebbe pretendere un aumento, e potrebbe licenziarsi”. La gestione del tempo Non avrebbe senso farsi dei programmi da seguire se non vivessimo in una società in cui possiamo scontrarci con gli altri se non abbiamo un ritmo adeguato. Ma è importante far sviluppare le proprie emozioni, quando ci nascono, anche se cambiano i nostri programmi. Una volta che si possiedono i soldi necessari, si può possedere una casa, in affitto o di proprietà. E bisogna gestire il nostro tempo per mantenerla. Il risveglio fin dalla prima infanzia subiamo la tirannide del mito morale secondo cui è giusto, buono e bello balzar fuori dal letto non appena svegli per approntarci il più velocemente e gioiosamente possibile a compiere qualche attività utile. I genitori cominciano il lavaggio del cervello e poi è la scuola che subentra con un accanimento ancora maggiore per indottrinarci sulla necessità di alzarsi presto, creando un senso di colpa. Il sonno è un seduttore straordinario e questo spiega la macchina terrificante che è stata inventata per dominarlo : la sveglia. Ogni mattina, in tutto il mondo occidentale, persone sognano che sognano felici vengono rudemente strappate al sonno da uno squillo che spacca i timpani o da un insistente bip elettronico. Sono tanti i paesi in cui un notiziario serio apre la mattinata. Questo ha l'effetto di suscitare nell'ascoltatore emozioni come la rabbia, l'ansia e la paura. Ma un certo tipo di persone pensa che sia un dovere ascoltare il notiziario, come se il mero atto di ascoltare possa in qualche modo migliroare il mondo. Dunque: per gran parte di noi la giornata lavorativa inizia fra i tormenti quando, strappati al dolce nettare dell'oblio, ci troviamo davanti la prospettiva di diventare cittadini ligi al dovere, pronti a servire i nostri padroni dai quali dipende la nostra vita sul luogo di lavoro con gratitudine, allegria ed energie in abbondanza. Dopo la sveglia, tocca a Mr Kellog sfruttare i nostri sensi di colpa per indurci all'azione. “sorgi e risplendi!” ci esorta dalla scatola di corn flakes. Con tutte le promesse della società moderna : tempo libero, autonomia e libertà di far ciò che ci piace, gran parte di noi è ancora schiava di un'agenda che non ha scelto. La propaganda contro il troppo dormire risale a moltissimo tempo fa, più di duemila anni, alla bibbia. Ecco cosa è scritt nei proverbi, capitolo 6, sull'argomento : 6 Và alla formica, o pigro; considera le sue vie e rinsavisci. 7 Infatti essa non ha capo, ispetto o padrone, 8 eppure d'estate prepara il suo cibo e raduna durante la messe il suo nutrimento. 9 Fino a quando, o pigro, starai coricato, quando sorgerai dal tuo sonno? 10 Un po' sonnecchiare, un po' dormire, un po' riposare, le mani in mano : 11 Arriverà come un viandante la tua miseria, come un uomo armato la tua diligenza. L'ozio è peccato, e il compenso del peccato è la morte. Alla fine del XVIII e nel XIX secolo, educare le classi lavoratrici a esser mattiniere si accordava perfettamente con le nuove incarnazioni del Progresso. Nel 1755 il reverendo J.Clayton pubblicò un pamphlet, Consigli amichevoli ai poveri, in cui sosteneva che alzarsi presto avrebbe tenuto i piantagrane lontano dalla strada: “la necessità di alzarsi presto ridurrebbe i poveri alla necessità di andare a letto all'ora opportuna; e di conseguenza preverrebbe il rischio di gavazzi di mezzanotte”. Nelle riviste del secondo millennio ci sono proliferanti articoli su “come mettere ordine nella propria vita”. E molti libri di self-help ci insegnano strategie esposte per brevi punti che hanno lo scopo di farci diventare più produttivi. Le riviste maschili e femminili sfruttano l'ansia per la forma fisica per mandare in palestra. Alzarsi presto è del tutto innaturale, e restarsene a letto mezzo addormentati in uno stato ipnagogico è estremamente benefico per la salute e l'umore. Quindi se ci svegliamo presto non dobbiamo pensare che sia per il nostro benessere, ma è così perché dipendiamo dalla società per la nostra sopravvivenza, ed essa ci richiede di lavorare e di comportarci in un certo modo in cambio dei suoi servizi e prodotti. Il fatto di alzarsi presto la mattina è giunto a essere considerato da molti come se facesse parte dei principi morali fondamentali. Ma in esso non c'è nulla di intrinsecamente buono, né c'è qualcosa di cattivo nel suo contrario. Tuttavia noi possiamo aumentare la nostra indipendenza suoi suoi servizi e prodotti. Inoltre non tutte le persone sono costrette a svegliarsi presto, ma solo quelle che fanno un certo tipo di lavoro o hanno un certo tipo di reddito. Aiuta non avere un impiego fisso, e non dipendere da nessuno. Se siamo costretti a svegliarci presto per sopravvivere dobbiamo accettarlo senza soffrirne, e impegnarci nel farlo. Ci si può allenare a svegliarci grosso modo alla stessa ora senza sveglia, in modo da rendere il risveglio meno violento. Se possiamo scegliere, restarsene a letto insonnoliti può rendere la vita più efficiente. Si può usare il periodo di torpore mattutino per pianificare ciò che si indosserà quel giorno. Facendo vagare la propria mente sul guardaroba, soppesando diverse combinazioni di stili, colori e tessuti. Vestirsti dopo questa ginnastica mentale è facile. A volte se ci si dedica con impegno a restare a letto si può essere svegliati bruscamente dalle urla dei muratori, dal trambusto degli altri abitanti della casa, dalle suppliche dei bambini piccoli o persino dai raggi dell'alba che entrano dalla finestra. È necessario bloccare l'accesso a questi impedimenti al sonno se ci si vuole godere il riposo mattutino. Si possono comprare tappi per le orecchie, tende da oscuramento e mascherine per gli occhi. Nel caso abbiate bambini piccoli, quanto più presto riuscirai a insegnar loro ad alzarsi e a prepararsi da soli la colazione, tanto meglio sarà. Per concepire delle idee e poi programmarne la realizzazione, le persone creative hanno bisogno di tempo per pensare, lontano dalla scrivania, lontano dal telefono, dal computer, dalle miriadi di distrazioni della vita quotidiana e domestica. E la pennichella mattutina è uno dei momenti migliori per farlo. Le nove del mattino sono sicuramente la più cruda e temuta delle ore nella giornata dell'ozioso, poiché qualcuno, da qualche parte, ha deciso che sia il momento in cui si dovrebbe cominciare a lavorare. Poco prima delle nove, autobus, treni, tram e strade ribollono di lavoratori dai volti cupi che si trascinano da una parte all'altra della città. L'idea che l'impiego sia la risposta a tutte le tribolazioni, individuali e sociali, è uno dei miti più deleteri della società moderna. A propagandarla sono politici, genitori, moralisti che scrivono sui giornali e capi d'industria, da sinistra e da destra. Un indice fondamentale del successo di una nazione è il tasso di disoccupazione. Ci dicono : quante più persone hanno un impiego, tanto la situazione è migliore. Le parolaccie E' più offensivo mandare qualcuno affanculo o a cagare? La questione è banale solo in apparenza: oltre ai sentimenti personali, sono in gioco anche la libertà di espressione, la giustizia e il diritto ai risarcimenti. Esagero? No: perché proprio su questa questione si è pronunciata la suprema corte di Cassazione, con sentenze sorprendenti e - come vedremo - per molti versi discutibili. La prima sentenza l'ho già commentata in questo blog. In sintesi, la Corte aveva assolto un politico che aveva mandato affanculo un altro politico che lo aveva offeso durante un consiglio comunale. Dunque, contrariamente a quanto avevano scritto molti giornali, la Cassazione non aveva "legalizzato" il vaffa, ma semplicemente applicato il Codice penale al contesto specifico, in nome - diciamo così - della legittima difesa. Ma aggiungendo anche che l'espressione, pur avendo «carattere di spregio» è diventata «di uso comune, perdendo il proprio carattere offensivo». Un grido d'allarme generale sull'inflazione del potere offensivo delle parolacce. Usate la toilette, non fatela nei boschi! Ora la Cassazione (sentenza 15350, Quinta sezione penale, 21/4/2010) sembra ribaltare le carte in tavola. Il caso che ha giudicato è stato quello di un socio che ha mandato a cagare un altro socio durante una discussione di lavoro. Tale Vittorio aveva chiesto al collega Giuseppe alcuni chiarimenti su una «delicata situazione lavorativa»; per tutta risposta, Giuseppe lo aveva mandato a cagare. Vittorio aveva denunciato Giuseppe: il giudice di pace l'aveva condannato, stabilendo che con quell'espressione ne aveva offeso l'onore e il decoro. Così l'autore della frase, Giuseppe, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la sua espressione denotava solo «volgare insofferenza». Ma la Cassazione ha respinto il ricorso, sostenendo che «L'espressione proferita, brutalmente volgare, zittiva l'interlocutore, ridicolizzandolo e troncando perentoriamente ogni discussione. Lo scurrile e crudo frasario, ampiamente esulante dalla mera insofferenza o fastidio, attingeva l'interlocutore con virulenza demolitoria, vulnerandone il senso di dignità e di rispetto che accompagna la persona nella sua dimensione individuale e sociale». Dunque, il «va' a cagare» ha un suo peso, che non può essere negato. E, scrive la suprema Corte, legalizzare queste espressioni in nome della volgarità dominante significherebbe depenalizzare l'articolo 594 del Codice Penale che punisce l'ingiuria, ovvero le offese all'onore (valore sociale, reputazione) e il decoro (doti fisiche e intellettive) di una persona. Anzi, scrivono i giudici, «la riaffermazione del senso definitorio della parola costituisce un'esigenza etica irrinunciabile». Su quest'ultimo punto sono d'accordo: ho scritto parolacce proprio per questo. E allora, proviamo a riaffermare il senso di queste espressioni, al di là dei casi particolari esaminati nelle 2 sentenze. A prima vista, sembrerebbe che "va' a cagare" sia un'espressione più offensiva di "vaffanculo": è davvero così? "World toilet day" a Berlino: una manifestazione per chiedere servizi igienici nel Terzo mondo. La risposta è no: almeno secondo le 2.615 persone che hanno partecipato nel 2009 al mio sondaggio del "volgarometro". I risultati, infatti, sono inequivocabili: mentre "vaffanculo" è risultata un'espressione a offensività medio-alta (punteggio: 1,6 su 3), "va' a cagare" è risultata un'espressione a offensività medio-bassa (punteggio: 1,3 su 3). Un risultato linguisticamente impeccabile, e ora spiegherò perché. Ma prima occorre fare una precisazione importante: ambo le espressioni NON sono insulti (non colpiscono direttamente l'autostima di chi li riceve) bensì "maledizioni": consistono nell'augurare il male a qualcuno, e si basano su un pensiero magico, ovvero che la parola abbia il potere di avverarsi nella realtà. In ambo i casi, la funzione di queste maledizioni è quella di allontanare l'avversario. Ma in modo molto diversi. Il "vaffanculo" augura un rapporto sessuale passivo, ovvero - in un'ottica rigidamente eterosessuale - uno scenario fisicamente sgradevole e moralmente squalificante. "Va' a cagare", invece, augura... una funzione fisiologica non solo universale, ma fondamentale e liberatoria, come ha ricordato quel geniaccio di Roberto Benigni nell'esilarante "Inno del corpo sciolto". E' vero, però, che l'atto di defecare mette a nudo la nostra umile fragilità: non a caso, secoli fa, quando un cardinale diventava papa, lo si faceva sedere in pubblico su una "sedia stercoraria" (una comoda) per ricordargli che, pur essendo investito di un grande potere «egli non è Dio, ma un uomo e pertanto è sottomesso alle necessità della natura», scriveva l'umanista Bartolomeo Sacchi. La sedia, forata, serviva anche ad accertare il sesso del papa: il cardinale più giovane aveva l'ingrato compito di infilarvi sotto una mano per verificare che avesse i testicoli. Per evitare, come diceva la tradizione, che fosse eletta una donna - com'era avvenuto per papessa Giovanna. Un giovane cardinale infila la mano sotto la sedia stercoraria su cui è seduto il neoeletto papa Innocenzo X: illustrazione del 1644. Nel fumetto la scritta: «Il pontefice li ha» (i testicoli). Dunque, riassumendo: ambo le espressioni servono ad allontanare una persona, umiliandola. Ma mentre il vaffanculo è del tutto privo di aspetti positivi, il "và a cagare" ne ha: sempre per citare Benigni: «Il corpo e` lieto, lo sguardo e` puro, noi siamo quelli che han cacato di sicuro». Insomma, una maledizione che può essere anche una benedizione: gli stitici ne sanno qualcosa.... La sentenza fa discutere, e - per una volta - a ragione. Il 13 aprile la Cassazione, con la sentenza13897 della sesta sezione penale ha annullato il divieto di dimora imposto a un padre romagnolo perché spesso diceva ai figli "deficienti". Il motivo addotto dai giudici? Insultare i figli è un "atteggiamento di certo scarsamente apprezzabile come strumento educativo", ma "generalmente ricorrente nei rapporti familiari". Devo confessare che sono rimasto di stucco. Finora non ho commentato diverse sentenze della Cassazione, come l'assoluzione del lavoratore che ha detto al capo "Chi c a z z o ti credi di essere" o la condanna di chi ha dato del gay a un omosessuale con l'intenzione di offenderlo. Non le ho commentate perché queste sentenze sono clamorose solo in apparenza: i giudici non hanno affatto "sdoganato" le parolacce, liberalizzando il loro uso sempre e comunque. Hanno fatto, invece, una corretta operazione linguistica: hanno sempre valutato il contesto in cui sono state dette le parolacce, cogliendo le intenzioni e le ragioni di chi le aveva dette, e le hanno rapportate alla sensibilità sociale dei nostri tempi. Una scena da "Padre padrone", sui devastanti effetti di un padre autoritario. Ma nel caso del padre romagnolo hanno commesso un grave errore. La considerazione che le parolacce sono di uso frequente, nella società come in famiglia, è del tutto superficiale, perché cade in un errore comune: considera le parolacce come una famiglia indifferenziata. In pratica, mette nello stesso calderone espressioni molto diverse: imprecazioni (esclamazioni, come "Porca vacca!"), insulti ("deficienti", per l'appunto), oscenità (parlare di sesso in modo esplicito: "c a z z o" & C) e scatologia (parlare di escrementi in modo esplicito "merda" & C.). In più, non tiene conto delle intenzioni comunicative e del colore emotivo delle espressioni: un conto è dire una parolaccia per esprimere rabbia, un altro conto per far ridere o scandalizzare. Condannare o assolvere in blocco le parolacce è come dire che il coltello è solo un'arma per uccidere: invece può servire a sbucciare le patate, scolpire il legno, sradicare un tumore... Ma non è tutto. Oltre a questa confusione linguistica, i giudici non hanno tenuto conto delle ricerche scientifiche (e non sono poche) che hanno studiato gli effetti delle parolacce sui bambini. In "Parolacce" ne ho fatta un'ampia rassegna, che non solo i giudici, ma anche diversi psicologi, genitori, educatori e presunti esperti farebbero meglio a leggere, per non cadere in indiscriminate quanto disinformate campagne di condanna o di assoluzione. Che cosa dicono queste ricerche? Che le parolacce, in sé, non fanno né bene né male ai bambini: tutto dipende da come sono usate. Se sono dette per parlare di sesso, per ridere, per esprimere rabbia, non avranno effetti univoci: tutto dipende dalla sensibilità, dall’educazione e dalla maturità del bambino (ciò che è traumatico a 8 anni non lo è a 17). L’uso di parolacce per esprimere violenza porta invece a una desensibilizzazione emotiva: da grandi, probabilmente, i bambini abuseranno delle parolacce. Per quanto riguarda i termini sessuali, secondo alcuni l’uso di termini osceni fin da piccoli eviterebbe loro una vita di inibizioni, ma su questo punto la discussione è aperta: certamente, l'uso dei termini osceni dovrebbe essere legato a un'equilibrata educazione sessuale. "Incompreso", un altro film sugli errori educativi di un padre. Ma che cosa dicono le ricerche scientifiche sugli insulti ai bambini, come "deficiente"? Dicono che se le parolacce sono dette per offendere e svilire un bimbo, avranno effetti negativi sulla sua psiche. l’abuso verbale, con il suo carico di svilimento e umiliazione, cambia la visione del mondo e l’autopercezione del bambino. «L’abuso verbale fa più danni da bambini che da adulti, perché un bimbo non sa difendersi da un attacco verbale», osserva lo psichiatra canadese Philip Ney. Non ho la competenza giuridica e pedagogica per valutare se l'allontanamento da casa del padre romagnolo sia una misura troppo severa o adeguata. Senz'altro i giudici hanno tenuto conto della difficoltà del suo ruolo, dato che, a quanto pare, i suoi figli hanno "disturbi iperattivi" (che significa? è un termine medico o una valutazione generica?) e che uno di loro soffre di epilessia. Di certo, però, anche se è comprensibile che un padre perda la pazienza, il suo comportamento verso i figli è censurabile e ha certamente effetti negativi sulla psiche dei suoi figli. La notizia ha fatto il giro del mondo, e non poteva essere altrimenti: alcuni ricercatori britannici hanno scoperto che dire le parolacce aiuta a sopportare il dolore. La ricerca – svolta da psicologi dell’università di Keele – è stata pubblicata ai primi di agosto su “Neuroreport” ed è stata accolta come uno studio rivoluzionario o – peggio – come una curiosità stravagante... In realtà, pur nascendo da un’intuizione geniale, la ricerca ha perso un’occasione preziosa per far progredire gli studi psiconeurologici sul turpiloquio. Come faccio a dirlo? Beh, ho letto il testo integrale della ricerca che mi ha inviato uno degli autori, Richard Stephens. Vediamo cosa dice. Innanzitutto, la ricerca nasce per verificare una – discutibile – ipotesi lanciata nel 2001 da uno psicologo canadese, Michael Sullivan dell’università McGill di Montreal (Canada). In uno studio, sosteneva che le imprecazioni (ossia le esclamazioni volgari come “Merda!” “Porca troia!”) sono un tentativo malriuscito di adattamento al dolore, che ci porta a sopportare pensieri negativi e inutili. Ma se è così, perché allora le parolacce sono una risposta così frequente quando proviamo un dolore? Se imprecare fosse davvero una forma di disadattamento, invece di aiutarci a sopportare il dolore dovrebbe amplificarlo, hanno obiettato i ricercatori inglesi. E hanno organizzato un esperimento tanto semplice quanto efficace per verificare se fosse davvero così. E qui sta la parte meritoria della ricerca: ai partecipanti (67 giovani tra i 19 e i 22 anni) è stato chiesto di indicare le 5 imprecazioni più usate quando si martellano un dito per sbaglio, e di scegliere la prima della lista (le più popolari: Merda! Fanculo!). Ricordate la celebre scena del film "Fantozzi" (1975) in cui il nostro eroe tenta di montare una tenda col collega Filini in un campeggio durante la notte? Per non disturbare gli intolleranti campeggiatori tedeschi, Fantozzi corre a sfogarsi a km di distanza... Object 1 Ma torniamo all'esperimento. I partecipanti erano invitati a immergere una mano (la non dominante: la destra per i mancini e viceversa) in una bacinella d’acqua a temperatura ambiente (25 °C) per 3 minuti, dopo i quali si misurava la frequenza cardiaca, per avere un punto di paragone uguale per tutti. Poi dovevano immergere la stessa mano in una bacinella piena d’acqua fredda (5 °C) finché riuscivano a resistere, mentre ripetevano la parolaccia scelta oppure una parola neutra. Il tempo di immersione sarebbe stato la misura della tolleranza al dolore. In più, dopo ogni tentativo, si misurava la frequenza cardiaca (battiti al minuto) e il dolore percepito (misurato da 1 a 10 con la scala inventata dallo psicologo svedese Gunnar Borg in relazione alla personalità dei soggetti: paura del dolore, ansietà…). L’olandese Wim Hof, capace di stare immerso nel ghiaccio per 1h 13’ e 48’’: un Guinness. Il merito? Non le parolacce, ma una tecnica yoga di meditazione tibetana, il tummo. Ed ecco i risultati principali: Maschi Imprecan ti Femmine Non imprecan Imprecan ti ti Non imprecan ti Resistenz a 190,63 146,71 120,29 91,07 3,89 4,87 3,79 5,62 90,05 85,26 100,28 91,07 (secondi) Dolore percepito (scala di Borg) Frequenz a cardiaca (bpm) Dunque, chi ha smadonnato è riuscito a resistere più tempo con la mano in acqua fredda, proprio perché questa azione l’ha aiutato a sentire meno dolore. Insomma, lungi dall’essere un disadattamento, l’imprecazione produce un effetto ipoalgesico (riduce la sensibilità agli stimoli dolorosi). E non basta urlare pronunciando una parola qualunque: solo sfogandosi con una parolaccia si riesce a sopportare il dolore per più tempo (+ 43,92 secondi gli uomini, + 29,22 secondi le donne). Come spiegano questi risultati i ricercatori? Qui la ricerca mostra i suoi limiti: “imprecare serve ad alzare i livelli di aggressività, adottando un modello di risposta virile (e quindi più resistente al dolore) in caso di pericolo e stress. Il battito cardiaco aumenta perché si tratta di una reazione di lotta o fuga”. In altre parole, imprecare è un riflesso difensivo: serve a intimidire una persona (o anche un oggetto) che ci attacca. L’effetto è più marcato nelle donne, forse perché imprecano meno spesso degli uomini. Il sergente Maggiore Hartman nel film "Full metal jacket" (1987): un esempio dell'uso di parolacce come sfogo per affrontare dell'addestramentio il dolore militare. Per chi ignora le ricerche sul turpiloquio, potrebbe sembrare una scoperta notevole. In realtà, è da più di 50 anni che vengono svolte ricerche sugli effetti fisici del turpiloquio: come ho scritto inParolacce, è stato già accertato che dire parolacce aumenta la conduttività elettrica della pelle, fa dilatare le pupille e modifica la pressione. Il motivo? Lo spiega, da 15 anni a questa parte, la neurobiologia: gli stati di coscienza sono dovuti a precise modificazioni biochimiche. In pratica, le emozioni (rabbia, gioia, paura, tristezza, disgusto, sorpresa…) sono legate all’entrata in circolo, nel sangue, di sostanze prodotte dal nostro corpo (ormoni e neurotrasmettitori: adrenalina, serotonina, etc etc): queste sostanze – prodotte dal cervello e dall’apparato endocrino – attivano una serie di reazioni fisiche, dall’aumento del battito cardiaco alla sudorazione, dall’eccitazione alla sonnolenza eccetera. Ora, le parolacce sono un linguaggio specializzato nell’esprimere le emozioni. E, guarda caso, sono controllate per lo più dal sistema limbico, un’area cerebrale che controlla le emozioni tramite la produzione di particolari ormoni e neurotrasmettitori. Il sistema limbico. Dunque, sarebbe stato ancora più rivoluzionario scoprire quali sono le sostanze biochimiche che il nostro corpo produce quando imprechiamo. Bastava un prelievo di sangue – prima e dopo l’esperimento – per verificare se, com’è probabile, imprecare induce il nostro corpo a produrre più adrenalina (ormone e neurotrasmettitore), che, infatti, aumenta il livello di reattività dell’organismo. E con una risonanza magnetica funzionale si sarebbero potute fotografare le aree del cervello attivate. E magari si sarebbe potuta verificare un'ipotesi suggestiva: dato che altre aree cerebrali (gangli della base e lobo frontale) funzionano come un censore, come una sorta di “freno a mano” che blocca l’articolazione delle parolacce, si può ipotizzare che l’organismo, disinnescando questo freno inibitorio, liberi delle energie che vengono usate per sopportare il dolore? Non sono un neurobiologo, e non so rispondere. Perciò lancio un appello ai ricercatori italiani: perché non fate una ricerca che sveli finalmente quali sono i parolacce? Avrebbe mediatori biochimici sicuramente un delle riscontro internazionale, perché aiuterebbe a conoscere meglio un meccanismo di adattamento (e di sopravvivenza) fondamentale. Tanto più che il metodo escogitato dai ricercatori inglesi (imprecare tenendo una mano in acqua fredda) è facilmente ripetibile ed efficace. Qualcuno vuole raccogliere il testimone? Misurate le parole. D’ora in poi, se insultate un vigile (ma anche un poliziotto, un medico, un pilota d’aereo…) rischiate grosso: fino a 3 anni di carcere. Molto meno di quanto rischierebbe se lo facesse lui: rischierebbe al massimo 1 anno di galera. In Italia gli insulti non sono più uguali per tutti. Da luglio, infatti, è stata ripristinata una nuova categoria di intoccabili, almeno a parole: i pubblici ufficiali. Per loro, il governo ha riesumato il 2 luglio, nell’ultimo decreto sulla sicurezza, il reato di “oltraggio”, che era stato depenalizzato 10 anni fa. In pratica, chi insulta un pubblico ufficiale in servizio rischia pene molto più severe rispetto a chi insulta un comune cittadino. Due pesi e due misure: solo se si tocca un rappresentante del Potere si “va oltre misura” (“oltraggio” significa proprio “andare oltre”). Perché questa disparità di trattamento, quando la nostra Costituzione (art. 3) stabilisce a chiare lettere che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”? Per rispondere a questa domanda, bisogna prima capire chi sono i pubblici ufficiali: per il Codice Penale sono le persone che esercitano una pubblica funzione legislativa (i parlamentari), giudiziaria (i magistrati) o amministrativa (gli impiegati pubblici con compiti di autorità o certificazione). Ovvero, come ricorda Wikipedia, oltre alle forze dell’ordine e ai militari anche molte altre figure professionali: assistenti sociali, ausiliari del traffico, insegnanti, ufficiali giudiziari, medici e infermieri, guardie venatorie, piloti di aerei, treni, navi, notai, membri di seggi elettorali, direttori di avvocati, lavori di curatori fallimentari, opere pubbliche… In una parola: tutti quelli che rappresentano, nel loro agire, lo Stato. E che, proprio per questo, lo Stato tutela in modo particolare. Come racconto in “Parolacce”, il reato era esistito fino al 1999, poi fu abolito per sgravare i Tribunali da procedimenti di minor peso. Ora è stato reintrodotto: perché? Su richiesta delle stesse forze dell’ordine, “per rendere più incisiva l’azione di polizia e più autorevole l’immagine della Polizia”. Alberto Sordi ne "Il vigile" (1961): denuncia il sindaco per oltraggio, ma poi in Tribunale ritratta. Ma prima della riforma, chi offendeva un pubblico ufficiale era comunque punito, con le pene previste per l’ingiuria aggravata. Secondo alcuni giuristi, in realtà, la riforma è servita a compensare la parziale perdita di poteri delle forze dell’ordine in seguito all’istituzione delle ronde di cittadini, prevista nel medesimo decreto sicurezza. In ogni caso, al governo è costato senz’altro meno ripristinare una norma di principio come questa che dare gli agognati finanziamenti) rinforzi alle (uomini, forze mezzi e dell’ordine… Motivazioni a parte, la disparità di trattamento tra un pubblico ufficiale e un semplice cittadino risulta evidente non solo valutando la diversità di pene previste, ma anche se si considera che la parola di un pubblico ufficiale vale di più: secondo il Codice Civile la sua testimonianza è assunta sempre come vera a meno che qualcuno riesca a provare che menta. Ma se un vigile a cui sei stato antipatico ti accusa di averlo chiamato “stronzo”, come fai a dimostrare che mente? Ecco perché la nuova legge pone una serie di condizioni per evitare o limitare gli abusi: l’offesa deve avvenire “in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone” e deve offendere contemporaneamente “l’onore (= il valore sociale) e il decoro (= le doti fisiche, intellettuali e professionali)” del pubblico ufficiale. In più, il risarcimento del danno estingue il reato: ed è questo l’unico aspetto che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha criticato nel firmare la legge: “La causa di estinzione è concettualmente incompatibile con i delitti che, come l’oltraggio, rientrano tra quelli contro la pubblica amministrazione”. Pur con questi limiti, comunque, la norma (articolo 341 bis del Codice Penale) desta molte perplessità. Soprattutto perché appare come una clamorosa retromarcia rispetto al quadro generale del nostro ordinamento giuridico: negli ultimi 10 anni erano stati depenalizzati non solo gli oltraggi ai pubblici ufficiali, ma anche a pubblici impiegati, a un corpo politico, alla Repubblica, alla bandiera (ora puniti con semplici multe). Piero Ricca. Anche per questo motivo, quando il blogger Piero Ricca qualificò come “buffone” Silvio Berlusconi all’uscita dal processo Sme, fu assolto: si trattava di una “forte critica” a un personaggio politico, e come tale legittima. Finora, le uniche eccezioni privilegiate nel nostro Codice Penale erano (e continuano a essere) i giudici in udienza e il presidente della Repubblica. Loro sono più “uguali” degli altri cittadini: chi li insulta rischia fino a 5 (cinque!) anni di carcere. Queste contraddizioni, in Italia, passano sotto il solito silenzio rassegnato. Non così avviene in Francia: al Convegno internazionale sugli insulti a cui ho partecipato all’università di Chambéry è stato oggetto di dibattiti appassionati. Anche perché Oltralpe è stato fondato il Codedo (Collectif pour une dépénalisation du délit d’outrage, Collettivo per la depenalizzazione del delitto di oltraggio), un’associazione che sta raccogliendo firme per abolire il reato di oltraggio, definito “obsoleto, iniquo e retrivo”. Sottolineando 2 aspetti aberranti: nell’oltraggio, chi constata il reato ne è al tempo stesso anche la vittima. E in tribunale la sua parola vale di più di quella di un semplice cittadino. Ma non è tutto. In Francia, dicono i membri del Codedo, le denunce per oltraggio sono aumentate del 42% negli ultimi 11 anni. Il motivo? Un clima “sempre più repressivo”, per coprire e legittimare i crescenti soprusi della polizia. E anche perché, da quando Sarkozy era ministro dell’Interno (2002) le denunce per oltraggio erano usate come strumento per mostrare una maggiore efficienza nella repressione dei reati. Ma, secondo il Codedo, il reato di oltraggio sta diventando uno strumento con cui il presidente Sarkozy vorrebbe zittire gli oppositori in nome di una sorta di “delitto di lesa maestà”: di recente un francese è stato condannato a pagare 30 euro di multa per aver brandito un cartello con la scritta “Smamma, povero pirla” (“Casse-toi, pauvre con”), durante il passaggio del corteo presidenziale. È stata considerata un’offesa a tutta la nazione… Eppure, proprio quella frase era stata pronunciata mesi prima da Sarkozy al Salone dell’agricoltura (v. filmato qui sotto), a un cittadino che non gli aveva voluto stringere la mano. Object 2 Ora, argomenta il Codedo, “quale rispetto accordare a un presidente della Repubblica così poco rispettoso dei suoi concittadini?”. Ecco perché il Codedo spera di raccogliere abbastanza firme per cancellare il reato di oltraggio dal Codice Penale. Dunque, i nostri cugini francesi, figli della rivoluzione illuminista, si dimostrano ancora una volta più sensibili di noi nel reclamare l’attuazione dei principi di uguaglianza (libertè, Égalité, Fraternité è il motto della Repubblica francese). Ma io credo che sia un’utopia: è impensabile che il Potere tolleri di essere messo in discussione, o peggio ancora svilito, preso in giro, disprezzato. Perché questo gli toglierebbe… potere. Michail Bachtin. L’aveva già capito un grande critico letterario russo, Michail Bachtin (1895-1975), sottolineando come il Potere statale sia sempre collegato alla violenza e ai divieti, all’autoritarismo: “il potere, la violenza, l’autorità non usano mai il linguaggio del riso (= le parolacce). C’è sempre in questa serietà un elemento di paura e di intimidazione”. Soprattutto se chi rappresenta il Potere non ne è affatto degno. Credo sia più realizzabile, quindi, introdurre una norma per compensare le disparità ed eventuali abusi. Se l’autorità ha bisogno di essere rispettata, soprattutto se è davvero rappresentativa di un popolo, è giusto punire severamente chi la insulta. Ma se l’autorità abusa del proprio potere, non rispettando i propri cittadini, deve essere punita ancora più duramente, perché approfitta della propria posizione di Scontri vantaggio al per fare violenza. G8 di Genova. Se un cittadino che insulta un’autorità rischia 3 anni di carcere, un’autorità che insulti un cittadino deve rischiarne almeno 6. Per non avere la tentazione di abusare del proprio potere. Come, purtroppo, è accaduto (e senza grandi conseguenze penali) alle forze dell’ordine che hanno commesso abusi durante il G8 di Genova 2001: molti manifestanti sono stati portati in caserma e qualificati con epiteti come "bastardi, stronzi, figli di puttana, drogati, comunisti di merda, stronzi, coglioni, puttana, troia"…Provate a digitare uno di questi insulti nella memoria del pm del processo su Bolzaneto che trovate qui… Un’autorità degna di questo nome non dovrebbe mai spingersi così "oltre". L'IGIENE PERSONALE IL PRANZO LA CENA IL RIPOSO C'è chi usa come forma di riposo la visione della televisione. LA TELEVISIONE La televisione è un mezzo relativo all'epoca in cui scrivo, anche se sta venendo sostituita dal web. Quindi le seguenti informazioni un giorno non avranno più un valore pratico. La televisione è fatta al 90% di pubblicità. Se non si conosce, o non ci si accorge, di questa sua peculiarità, si rischia di equivocare e di cominciare con i distinguo a separare ciò che c'è di buono da ciò che c'è di cattivo nel piccolo schermo. E sarebbe proprio quello che la tv vuole: essere al centro della vita quotidiana delle persone, altrimenti dette “consumatori”. E poi essere al centro della vita politica del paese, altrimenti detto “mercato”. E trasformare tutto, sentimenti, emozioni, coscienze, gusti, opinioni in qualcosa da vendere. La pubblicità è un giro di soldi in cui più uno spot pubblicitario è mediocre, più sarà utile ripeterlo in TV. Televisione e agenzia si incaricano di covincere l'industria che, investendo di più, venderà più merce. E come fa un programma a convincere un numero sempre maggiore di consumatori a comprare, come fa a piacere a tutti, ad essere popolare? Ricorre ai mezzi più bassi : racconta storie tragiche, esibisce mostri come nei vecchi circhi di una volta, fa appello a ciò che di peggio alberga in noi stessi. Chi chiude questo giro? Il sistema di rilevamento degli ascolti Auditel. È basato su uno strumento, il meter, che viene messo in casa di un certo numero di famiglie italiane, vicino al televisore e che, con la collaborazione dei membri stessi della famiglia, registra quante persone hanno visto ieri sera un dato programma. L'auditel lo controlla il 33% delle associazioni cui fanno capo le aziende pubblicitarie, il 33% del concessionario televisivo pubblico e l'1% degli editori dei giornali. Bisognerebbe avere questa consapevolezza quando si guarda la TV. La pubblicità televisiva non rappresenta più un mezzo per finanziare i programmi. Lo stile dei comunicati pubblicitari contribuisce a definire la televisione come medium. Ogni medium è il risultato della commistione e dell'interazione di elementi economici, culturali e tecnici e la rete di relazioni che costituisce il fondamento della televisione è chiaramente la pubblicità. Consueguenze in età infantile: Nello stato di trance in cui si trova un bambino che guarda la tv, egli è particolarmente ricettivo. Per pensare un bambino impiega il suo emisfero destro, dove si trovano le zone dell'attività onirica, dell'immaginazione, dell'intuizione. Ma ha bisogno di costruire il ponte verso la metà sinistra del suo cervello, dove si trovano i centri della memoria, del linguaggio, dell'analisi, della comprensione, e della cognizione. La TV lo paralizza, imponendogli l'immobilità forzata del corpo, compresi gli occhi e limita l'estensione dei suoi stimoli sensoriali reali che agiscono sui suoi emisferi cerebrali, riducendoli a un surrogato di sensazioni irreali, artificiali. Il movimento oculare e il pensiero sono strettamente legati. Gli occhi assumono un'espressione quando la coscienza di chi guarda è sveglia e attiva. Se i tuoi occhi restano fissi come quelli di un sonnambulo il tuo pensiero è ridotto. Il tuo sguardo fisso e freddo sullo schermo della TV dice che il tuo pensiero cosciente e il tuo discernimento hanno fatto posto a una ricezione passiva del flusso di puntini luminosi che simulano un'immagine: mentre guardi la tv sei in uno stato di trance che somiglia al sognare da sveglio. Un bambino sano dovrebbe muoversi molto, tutto il giorno. Correre, cadere, arrampicarsi, saltare, spingere. Nel movimento si realizza il desiderio di confronto con l'ambiente che lo circonda. Nello stesso modo impiega i suoi sensi. Davanti a uno schermo, invece, è costretto a stare immobile e anche le pupille dei suoi occhi mostrano solo impercettibili spostamenti. I sensi azzerati, o sollecitati, dalla memoria Qualunque cosa tu stia guardando in TV l'attività del cervello cambia e prende una struttura caratteristica: il processo di apprendimento, la presa di coscienza dei dati e la loro applicazione spariscono. L'informazione entra e affonda direttamente nelle profondità della memoria, senza essere filtrata, senza essere analizzata. La TV è deleteria soprattutto per chi ha meno strumenti per sfuggire al suo dominio. I bambini che la guardano di più non sono i rampolli delle famiglie alto-borghesi: quelli impiegano i pomeriggi giocando a tennis o studiando violino. Sono i figli di impiegati e operai, che spesso abitano in enormi condomini Moltissime persone, in tv, dicono : “i bambini non vanno lasciati soli davanti alla TV”. Esiste anche il bollino giallo, in cui c'é un bambino e un adulto accanto al bambino, a controllarlo. Lo dicono psicologi, educatori, genitori. Ma è la dimostrazione lampante degli strateghi del martketing. Un bambino lasciato da solo davanti alla tv costa meno, per esempio, di un bambino e di una mamma (due consumatori) ed è enumericamente iferiore rispetto a un papà, una mamma e una nonna (tre consumatori) che guardano un programma insieme a lui. Così la raccomandazione preoccupata di non lasciare un bambino da solo davanti alla TV invece di essere un allarme diventa funzionale a chi vende teleutenti agli sponsor, il cui primo obiettivo è quello di assemblare il maggior numero possibile di teste davanti agli spot e non ai programmi. Se si aspetta di aver compiuto dodici anni prima di cominciare a guardare la tv, si avrà nel frattempo maturato esperienze tali da rendere la vita ricca e concreta. E il post che la tv prenderà sarà un posto piccolo, proporzionato allo spazio che la pubblicità dovrebbe avere nella vita sana di una persona sana. Crescere sani implica fare esperienze e non guardare esperienze fatte da altri attraverso uno schermo. Conseguenze in età adulta: Due minuti. Senza una guerra o un terremoto o uno stupro o un omicidio o un incidente nessuna notizia in TV dura più di due minuti. Anche alla CNN. Non dipende dall'interesse per l'informazione del pubblico. Ma dal fatto che il pubblico non sopporta per più di due minuti una storia che non gli interessa. È una regola che anticipa lo zapping (il cambio di canale), questa è la sua unica funzione. Il suo effetto è di frustrare ogni spettatore che abbia un interesse non superficiale. Ed è sensazionale e rude perché le persone si somigliano solo nei loro gusti più bassi. Se la TV non serve ai bambini (ma sono loro che servono alla TV) è altrettanto vero che non serve neppure agli adulti o agli anziani. A questo proposito ci sono molti luoghi comuni da demolire. E non è facile. Il primo vuole che se uno non ha la televisione, oppure ce l'ha ma dice di non guardarla, sia un “intellettuale” o uno “snob”. Intellettuale e snob vengono usate in questo contesto come parole dispregiative (l'intellettuale, secondo il vocabolario è colui che vive nel mondo degli studi e dell'intelligenza; è un uomo di cultura e giudizio elevato. Lo snob è colui che cerca di distinguersi a furia di originalità.) sostantivi che identificano persone fuori dalla società. Nella società noi siamo delle idee, ci mascheriamo con i comportamenti giusti da tenere e rimaniamo nella memoria delle persone nel modo in cui abbiamo voluto apparire. E quindi, nel caso noi non ci trovassimo a sentirci di essere nel modo giusto, dobbiamo forzarci a recitare un ruolo, cioè un insieme di comportamenti che non corrispondono ne ai nostri pensieri ne alle nostre emozioni. Queste regole ci vengono trasmesse in forma orale. Quando i nostri genitori e le persone che incontriamo ci dicono “questo non si fa” “bravo/a si fa così”. IL DIRITTO le regole del diritto e le leggi economiche sono destinate a svariati soggetti: singole persone fisiche, famiglie, organizzazioni collettive, imprese, enti pubblici e privati. Mentre le norme giuridiche tendono a disciplinare i rapporti giuridici tra i soggetti a cui riconoscono diritti e obblighi, le leggi economiche servono a descrivere e spiegare i comportamenti dei vari operatori economici (famiglie, imprese, Stato e resto del mondo) e si focalizzano sulle attività da essi svolte (produzione, lavoro, consumo, risparmio, investimenti, ecc). I soggetti e le relazioni a cui essi danno vita costituiscono dei sistemi sia giuridici sia economici, che sono fortemente condizionati da fattori di natura storica, culturale, politica. La parola diritto è una delle più utilizzate nel linguaggio corrente. Esiste l'espressione “è un mio diritto”, “questo comportamento è contrario al diritto” o affermazioni simili. Questa parola può avere due significati fondamentali: l'insieme delle regole generali e obbligatorie di uno stato, la cui inosservanza determina delle sanzioni e il cui fine è garantire rapporti di convivenza pacifica. Questa prima definizione indica l'oggetto del diritto, ossia le regole o norme giuridiche e quindi individua il diritto in senso oggettivo. Il diritto oggettivo è detto anche ordinamento giuridico di una società: la parola “ordinamento” indica che le regole o norme giuridiche sono finalizzate a disciplinare, cioè a ordinare, le attività e i rapporti sociali. Spesso si usa il termine “diritto” con un altro significato, in senso soggettivo, poiché ci riferiamo non a regole, ma alla posizione particolare di un soggetto, che l'ordinamento giuridico tutela con un'apposita norma. Il diritto in senso soggettivo è il potere d'agire che l'ordinamento giuridico riconosce a favore di un soggetto, affinché egli possa soddisfare un proprio interesse considerato degno di tutela. Nella moderna società in cui viviamo, esistono moltissime norme giuridiche e il loro numero varia da Stato a Stato: in Italia ci sono circa 50mila leggi. Ma perché ci sono così tante norme? La ragione fondamentale per cui viene emanata una norma giuridica è quella di regolare un settore particolare della società: più una società è complessa e avanzata, più sono necessarie norme. L'elevato numero fa nascere l'esigenza di classificarle in modo organico, a seconda degli obiettivi perseguiti e dei settori fondamentali che esse disciplinano. Gli obiettivi fondamentali che le norme giuridiche persono sono: 1. prevenire e reprimere i comportamenti considerati pericolosi per la società. 2. Organizzare il funzionamento dei diversi organi e apparati fondamentali dello stato. 3. Regolare i rapporti di tipo economico e giuridico fra i soggetti privati. 4. Regolare i rapporti tra gli Stati. LA SPESA risparmiare in casa si può risparmiare sfruttando tutte le opportunità alternative. Tu puoi applicarle anche parzialmente o farle diventare un'abitudine quotidiana. L'isolamento termico dai la caccia agli spifferi che ti fanno spendere più soldi in bolletta. Come si fa a capire quando ci sono? Metti una candela sul davanzale della finestra, se la fiamma trema vuol dire che non supera la prova infissi. Ripeti l'esperimento in ogni stanza. La differenza tra la temperatura delle superfici esterne e quella dell'interno della casa deve mantenersi entro +/- 3°C. Se questo valore viene superato, specie in prossimità dei muri perimetrali, si può facilmente dedurre che in casa c'è una corrente d'aria. Per eliminare le infiltrazioni metti le guarnizioni di gomma o di metallo alle finestre, oppure fai un giro di silicone sul perimetro (in vendita in tutti i negozi fai da te o dal ferramenta, costo massimo per finestra 10 euro nel 2010). Se l'infisso è ormai deteriorato si può intervenire, nel caso che l'infisso lo permetta, (ad esempio quando la finestra ha un solo vetro) con una vetrocamera, cioé un doppio vetro sigillato che impedisce la formazione della condensa. Per farlo però è necessario chiamare il vetraio (costo circa 100 euro a metro quadrato). Avere i doppi vetri alla finestra è utile per mantenere la luce solare catturata durante il giorno. Installando i doppi vetri si calcola che il coefficiente di dispersione Uw è pari a 2,7 W/m2k contro il Uw ca pari a 4,5 m2k dei vetri singoli. In parole povere i doppi vetri portano un risparmio sulle bollette del 10%. Se, secondo l'ultimo rapporto Utilitatis (www.utilitatis.org) la media nazionale di una bolletta di gas annua di una famiglia media italiana è di 1230 euro, installando i doppi vetri il costo scende a 1107 euro. Detrazioni e agevolazioni alla luce delle ultime normative, gli interventi sulle pareti e sulle finestre (compresi gli infissi) che aumentano il livello di efficienza energetica degli edifici sono detraibili nella misura del 55% delle spese sostenute fino a un massimo di 60 mila euro da ripartire, a scelta del contribuente, da 3 a 10 anni. Rientrano tra questi interventi anche le strutture accessorie (scuri, persiane, cassonetti incorporati nel telaio dell'infisso) che hanno effetto sulla dispersione del calore. Inoltre le spese di ristrutturazione edilizia documentabili mediante fattura sono deducibili dalle imposte nella misura del 36% (per un limite massimo di spesa di 48 mila euro), da ripartire in dieci anni. L'Iva è dimezzata (10%). Attenzione, la detrazione d'imposta del 55% non è cumulabile con altre agevolazioni fiscali previste per legge. Maglioni alle pareti il sistema a cappotto consiste nell'applicazione sulla faccia esterna della parete perimetrale di un pannello di materiale isolante. In linea di massima si distingue tra materiali isolanti naturali (pannelli in fibra di legno, canapa, cotone, sughero, perlite, pannelli di calce espansa, cellulosa, lana di pecora) e materiali isolanti sintetici (lana di vetro, lana di roccia, polistirolo espanso). Oggi i materiali più usati sono il polistirolo espanso e la lana minerale. L'isolamento interno si può fare in due modi: applicando un sottile strato di materiale isolante direttamente sui muri o costruendo una struttura di legno che viene riempita di isolante e coperta di cartongesso. Affidarsi a un'impresa è più sicuro. Se devi comprare una casa nuova informati sui materiali usati per costruirla; sono fondamentali per avere un'alta massa termica (la capacità di una struttura di immagazzinare calore). Ogni elemento partecipa alla formazione della massa termica, quindi utilizzare materiali, ad esempio, come la pietra per il camino, può fare la differenza. In una casa isolata male quando fuori è caldo le mura assorbono caldo e non mantengono fresche le stanze e viceversa. Per aumentare la massa termica i materiali più usati sono: i mattoni, il calcestruzzo, la pietra e l'acqua. Sappi chela capacità dei materiali di assorbire calore aumenta se sono di colore scuro. Circa un terzo delle perdite di calore avviene a causa di un tetto mal isolato. Il materiale più economico è la fibra di vetro che viene venduta in grandi rotoli ed è facile da installare. Anche il polistirolo può andare bene, utilizzato in fogli piatti per riempire la cavità dei muri. Detrazioni e agevolazioni anche gli interventi che comportano un miglioramento termico dell'edificio sono detraibili nella misura del 55% delle spese sostenute fino a un massimo di 60mila euro da ripartire, a scelta del contribuente, da 3 a 10 anni. Come nel caso precedente, le spese di ristrutturazione edilizia documentabili mediante fattura sono deducibili dalle imposte nella misura del 36%, da ripartire in dieci anni. L'Iva è dimezzata (10%). Attenzione, la detrazione d'imposta del 55% non è cumulabile con altre agevolazioni fiscali previste per legge. Tra gli interventi di riqualificazione energetica che per legge sono soggetti a una detrazione d'imposta del 55% vengono contemplati anche gli interventi di: sostituzione o installazione di impianti di climatizzazione con caldaie non a condensazione, con pompe di calore, con scambiatori per teleriscaldamento, con caldaia a biomasse, impianti di cogenerazione, rigenerazione, impianti geotermici. La condizione è che gli interventi devono garantire il raggiungimento di un indice di prestazione energetica inferiore di almeno il 20% rispetto ai valori tradizionali stilati per legge in una tabella. Per questi interventi il valore massimo della detrazione fiscale è di 100mila euro. In ogni caso, per essere sempre aggiornati sulle detrazioni fiscali in materia, consulta. Agenziaentrate.gov.it LE TEMPERATURE secondo i dati disponibili gli italiani spendono circa 1230 euro all'anno in media per riscaldare la casa. Con delle piccole regole è possibile vivere al caldo riducendo le spese. 1. effettua la manutenzione annuale della caldaia: garantisce l'efficienza. 2. Spurga l'aria dai radiatori: assicura il pieno riscaldamento. 3. Non areare le stanze troppo a lungo: acquista i sistemi di ventilazione meccanica controllata. 4. Abbassa le tapparelle nelle ore notturne: il caldo del giorno rimane nella casa. 5. Regola la temperatura a 19°C: un solo grado in più comporta l'aumento dei consumi dell'8%. 6. Spegni la caldaia nelle ore notturne. 7. Acquista una centralina automatica della temperatura: serve per mantenere il livello di massima efficienza dei consumi. Impianti a confronto Termosifone: è forse il sistema più diffuso, soprattutto nelle città e negli appartamenti. Sfrutta la circolazione di acqua calda in un circuito chiuso che collega vari elementi. Quelli in ghisa hanno bisogno di un certo tempo prima di riscaldarsi ma, erogano calore anche quando l'impianto è spento e occupano molto spazio. Quelli in acciaio o alluminio si riscaldano appena accesi e sono molto meno ingombranti di quelli in ghisa. Ma si raffreddano più rapidamente. Pannelli radianti: è un sistema di diffusione del calore che riguarda i pavimenti o le pareti. Si compongono di una fitta rete di tubi che distribuiscono acqua calda a bassa temperatura. Il risparmio energetico consentito da questo tipo di riscaldamento e dal conseguente uso di caldaie a condensazione può raggiungere il 30% dei consumi. Aria forzata: è un sistema che garantisce un costante ricambio d'aria, l'espulsione degli agenti inquinanti che si formano in casa, comfort termici e risparmi energetici notevoli: ne fanno uso le case di classe energetica A. un impianto del genere può ridurre i consumi di energia del 90% rispetto alle abitazioni costruite ordinariamente oggi. Autonomo o centralizzato? Riscaldamento autonomo: Pro: consente attraverso la programmazione dell'orario di accensione e spegnimento di evitare gli sprechi sui consumi. Contro: la manutenzione della caldaia è a carico del proprietario di casa. Il controllo annuale ha un costo indicativo di 150 euro. Riscaldamento centralizzato: Pro: garantisce minori costi di installazione, prevede una sola canna fumaria. Contro: si può incorrere in sprechi di energia perché la temperatura per legge deve essere mantenuta entro i 20°C e segue una tabella, divisa in zone climatiche, per il periodo di accensione e spegnimento. Consiglio finale: Scegli il centralizzato (ci sono meno responsabilità) ma rendilo autonomo. Come? Metti ai termosifoni le valvole termostatiche o installa sistemi di contabilizzazione individuale del calore (ognuno paga in proporzione alla quantità di calore che entra nei propri caloriferi). IL TEPORE E I SUOI ACCESSORI regolare la temperatura delle stanze di una casa non è facile a causa principalmente della diversa esposizione della luce (le stanze a Nord sono le più fredde) e della variazione del tempo (in inverno ci sono alcune giornate così soleggiate che si potrebbe spegnere il termosifone). Quando la differenza di temperatura nello stesso appartamento è notevole si può applicare una valvola termostatica al calorifero. Valvola termostatica è un apparecchio che sostituisce la normale valvola di chiusura e regola l'afflusso di acqua calda. Esistono principalmente 2 tipologie di valvole termostatiche: quelle senza sonda esterna, che regolano la temperatura grazie a delle fessure presenti nella manopola, al cui interno è presente il liquido termostatico; quelle con sonda esterna, che regolano la temperatura grazie appunto alla sonda esterna contenente il liquido termostatico (manopola con dispositivo); in questo caso il costo si raggira tra 25 e 30 euro a calorifero (mano d'opera a carico dell'utente). Se il radiatore non è predisposto all'installazione del solo comando termostatico, il costo è compreso tra 65 e 75 euro (acquisto valvola e messa in opera compresa). Impostando un valore di temperatura di 20°C si può raggiungere un risparmio compreso tra il 12%-15%, rispetto al caso in cui non ci sia regolazione dell'impianto. PANNELLI RIFLETTENTI è possibile ridurre del 10% la perdita di calore dei caloriferi posti in lungo le pareti inserendo un foglio di materiale isolante, termoresistente, atossico e ignifugo, tra il calorifero e il muro. In questo modo il calore non si disperde lungo le pareti e resta in casa. Il costo dei pannelli, che possono essere inseriti manualmente da chiunque, si aggira attorno a 45 euro per ogni metro quadrato di calorifero. I vantaggi di queste installazioni sono davvero molti: isolano il radiatore dalla parete di appoggio; evitano dispersioni all'esterno; riflettono nel vostro ambiente tutto il calore disponibile; permettono di riscaldare il più velocemente ogni stanza; mantengono più a lungo il calore negli ambienti dopo lo spegnimento dei termosifoni. LE TENDE Le tende non solo rendono più bella l'atmosfera di una casa, ma aiutano davvero a tenere la casa al caldo. Le più chic sono quelle in cotone ma i modelli in fibra acrilica sono ottimi per l'esterno grazie all'elevato potere isolante e alla resistenza dei colori. Ci sono anche tende con tele microperforate; si tratta di tele particolari, risultanti da un singolare abbinamento tra fibre sintetiche e tessuti tecnici. Le migliori in assoluto sono le tende realizzate con materiali termoisolanti, ma prima di installarle bisogna fare una valutazione sulla posizione della casa rispetto al sole: possono infatti, a volte risultare eccessive. È stata realizzata una tenda speciale che funziona da generatore naturale di aria pulita grazie al trattamento Ecosun al biossido di titanio. Grazie alla luce solare. Ecosun si attiva come purificatore naturale uccidendo gli agenti inquinanti come monossido di azoto, polveri sottili, pollini e allergeni organici. Le verande Qualora non esistano impedimenti comunali nel realizzarla, anche una veranda chiusa può essere un modo per sfruttare al massimo i raggi del sole; il vetro riscalda l'aria prima che arrivi in casa agendo da isolante esterno. Con un buon sistema di ventilazione e l'uso di materiali con un'alta massa termica, una veranda può anche aiutare a rinfrescare la casa in estate. Se vuoi ingegnarti nella costruzione di una veranda ricordati di : posizionarla a sud o, se non è possibile, a sud-est. Utilizzare materiali con un'alta massa termica come mattoni e pietra per i muri e il pavimento; il calore del sole che raggiunge questi materiali viene immagazzinato e rilasciato più avanti e ciò aumenta l'effetto riscaldamento della veranda; LA CURA DELLA CASA Prendersi cura della propria casa è il secondo passo per il benessere, dopo la cura per la sopravvivenza. Questa attività comprende : l'ordine, le pulizie, il tipo di oggetti da contenere ed usare nella casa. Per contrastare il caos che il movimento continuo della vita produce in ogni casa, imprevedibile, è necessario applicarsi ogni giorno, in modo da avere la situazione sotto controllo. Ci sono alcune operazioni che vanno fatte periodicamente, e altre che hanno cadenza annuale. Prima di affrontare qualsiasi attività domestica, bisogna compiere delle azioni: 1 assicurarsi di averi tutti gli attrezzi per la cura della casa : scopa, stracci per lavare, prodotti vari per la pulizia. E di sapere in quale angolo della casa sono stati riposti. Stabilire un posto fisso riduce il tempo dedicato alla cura della casa. 2 Fare una lista, seppure approssimativa, delle attività da eseguire, può essere utile, per essere coscienti della quantità di lavoro da svolgere e dei tempi necessari. 3 pulire in mezzo a pile di giornali, vestiti abbandonati in giro e oggetti lasciati qua e la è tecnicamente impossibile, perciò prima di iniziare le pulizie è necessario ordinare, mettendo ogni cosa al proprio posto e buttando ciò che è eliminabile. 4 riporre ogni giorno, man mano che si utilizzano, tutti gli oggetti, compresi i prodotti per la pulizia. 5 Altrettanto importante è mettere i capi da lavare direttamente nei cesti della biancheria, senza lasciarli in giro per la casa. Il disordine va affrontato giorno per giorno, perché una casa ordinata è incredibilmente più facile da pulire. Per raggiungere un equilibrio, ogni oggetto deve avere una precisa ubicazione, compreso tutto ciò che è in stand by (corrispondenza e riviste da leggere, oggetti da riparare). Può essere utile approntare scatole o cesti ( da collocare in disparte, e non a ridosso della porta di casa) dove accumulare oggetti, giornali, posta ecc... e darsi delle precise scadenze per svuotare i contenitori e assegnare al contenuto una sistemazione definitiva. Quest'operazione dovrebbe essere fatta una volta alla settimana; l'accumulo di un mese, infatti, potrebbe richiedere parecchio tempo per essere smaltito. Fisiologicamente le pulizie di casa consentono di tonificare e rassodare ogni parte del corpo. Psichicamente, possono essere un antistress. REGOLE COMPORTAMENTALI TACITE : Con le persone che non si conoscono solitamente non si parla. Con le persone che si incontrano casualmente nei posti il ruolo che si interpreta è quello persone gentili, e serene. Con le persone con le quali ci si incontra volontariamente il ruolo che si interpreta è quello di vivere le relazioni come una condivisione di emozioni, oggetti, e interessi piacevoli, e spesso superficiali, e totalmente fantasiosi. Con le persone che si ritiene amiche ci si aiuta a vicenda a risolvere i problemi. Dunque viviamo tutta la nostra crescita fino all'età dei 18 anni in cui si diventa maggiorenni, a faticare per sapere interpretare questi diversi ruoli al fine di permettere l'esistenza di alcune situazioni senza soffrire e senza far soffrire. Le regole comportamentali sono relative ai tipi di situazione sociale. I tipi di relazione sociale: 1.Coopresenza con sconosciuti. 2.Relazione con sconosciuti. 3.Relazione con conoscenti. Requisito : essere capaci di vivere le relazioni in modo distaccato e superficiale. Si condividono emozioni, e piaceri, e si nascondono le sofferenze. Il massimo grado di evoluzione di questo tipo di rapporto e il drogarsi insieme. 4.Relazione con amici. 5 Relazione con familiari, divisa in: 1. Genitore-Figlio 2. Nonno-nipote 3. Zio-nipote 6 La coppia affettivo-sessuale 7 Il rapporto professionale Dalla relazione con amici, familiari, e coppie cerchiamo amore. AMORE: L'amore che ci possono dare gli altri può essere spontaneo o intenzionale. Ma per tutti e tre i generi di relazioni è valida la seguente legge naturale: nessuno può aspettarsi con sicurezza di ricevere amore, in un futuro sconosciuto, perché tutti possiamo essere naturalmente condizionati da fattori di cui non sono consapevoli, e altri fattori di cui sono consapevoli, che limitano o bloccano il proprio amore, e nessuno di noi può sapere se questi fattori agiranno sui nostri sentimenti, perché nessuno può prevedere il futuro. L'amore interessato dipende da certe condizioni per esistere, e dunque le persone non sono mai sicure di avere l'amore per l'altro dentro di sé, poiché quelle condizioni sono variabili poiché fanno parte della realtà, che è in continuo movimento. Questo tipo di aspettativa è malefica perché è una illusione anche nel caso in cui ciò che ci aspettavamo si realizza, poiché si realizzerebbe per puro caso, nel caso negativo ci lascia non amati, e quindi delusi. Questi limiti sono : 1. L'istinto di autoaccrescimento. Il quale ci fa credere che per amare dobbiamo ricevere in cambio dell'amore. 2. L'istinto di protezione. Che ci impedisce di amare le persone dalle quali ci sentiamo feriti, discriminando le persone in degne del nostro amore, e indegne del nostro amore. Abbiamo dei sistemi di autoregolazione che ci proteggono dal non seguire il nostro scopo biologico : sopravvivere per trasmettere il DNA. Per cui anche se decidiamo di continuare ad agire in un certo modo, se questo agire ha come conseguenza uno squilibrio, cominciamo a produrci sofferenza involontariamente. 3. La mancanza di dominio sui propri sentimenti. necessario a scegliere se continuare a percepirli, che va creato e non è innato. Esso è necessario per prolungare un sentimento nato spontaneamente e che sta spontaneamente finendo o che è finito. E deve contrastare i fattori per cui nessuna persona è libera di scegliere di amare intenzionalmente indipendentemente da quale sia la sua attività percettiva presente, che comprende emozioni, sensazioni, pensieri. Non puoi amare qualcuno di cui hai paura, disprezzo, odio, disgusto. La natura fornisce a ognuno la possibilità di scegliere razionalmente di reprimere il proprio amore spontaneo anche quando sente che vorrebbe manifestarlo. I limiti ad amare che una persona può avere sono dati dai seguenti fattori : 1. la tensione provocata dall'atto volontario di amare. 2. I propri bisogni insoddisfatti. 3. I propri desideri insoddisfatti. 4. I propri gusti in conflitto con i gusti degli altri. 5. Il ripristinarsi dello stato normale di riposo e calma, dopo aver provato intense emozioni per l'altro. 6. L'impossibilità di percepire fisicamente le sensazioni, le emozioni e i pensieri degli altri. I principii razionali per cui una persona può scegliere volontariamente di non amare sono: 1. il pensiero che occupandosi solo di se stessi si ottiene una maggiore felicità. 2. il pensiero che facendo intenzionalmente del male agli altri si esalta il proprio ego dimostrando a se stessi il proprio potere. Dunque per la propria felicità, qualsiasi rapporto ha minore importanza rispetto al proprio rapporto con se stessi. Se abbiamo dipendiamo da un rapporto per essere felici, c'è la possibilità di soffrire. Se accettiamo il piacere che casualmente e senza ricerca esso ci provoca, godiamo, perché quando non c'è non possiamo soffrirne la mancanza. Tuttavia abbiamo la tendenza a pensare le persone come mai diverse da quel ruolo. Perché il nostro cervello per pensare la realtà usa istanti di percezione immagazzinati nel cervello, e prevalentemente usa le immagini in versione di fotogrammi che descrivo un ente della realtà fermo e immobile nel tempo, e fa coincidere il pensiero di quella persona con la persona reale. Invece ogni ruolo è momentaneo. Perciò in uno stato di bisogno d'affetto l'affettività degli altri è sempre idealizzata, poiché pensata come permanente. Perché noi cerchiamo le persone in base ai nostri bisogni umani, e i nostri desideri soggettivi, ma agli altri importano per la maggior parte del tempo i loro bisogni, senza che loro lo vogliamo, e per il resto del tempo sono liberi di scegliere di continuare a interessarsi di se stessi, e ricavare piacere dall'interazione con le persone. Solo in un secondo momento, e per sentirsi gratificati per il loro ruolo, possono dare piacere. Questa visione condizionata dalle aspettative è vista senza limiti e aspetti negativi. La prima legge naturale descrive che l'affetto degli altri è limitato e variabile e terminabile. 1. Limitato significa che non può superare la soglia del proprio amore verso se stessi, e dell'istinto di sopravvivenza, e è condizionato dalle regole sociali. Le regole sociali ci obbligano a indossare una maschera, ovvero a dover essere in un certo modo per poter essere accettati. Se la nostra maschera corrisponde a uno stato d'animo o un punto di vista negativo che realmente sentiamo. Veniamo allontanati. 2. Variabile significa che in base a molti condizionamenti, almeno sei, l'essere umano varia la sua intensità nel tempo. Questi condizionamenti sono: 1.I bisogni. 2.Gli istinti. 3.Gli interessi. 4.Gli obblighi sociali. 5.Il senso di egoismo personale. 6.Le capacità cerebrali. 7.Dai modelli comportamentali. Inoltre non si basa su principii di merito e giustizia, come potrebbe venire spontaneo appellarsi, ma sull'emotività. Tuttavia il giudizio condiziona le emozioni. Le persone tendono a provare simpatia per coloro che considerano possedere qualità e non difetti. Ci sono delle caratteristiche considerate qualità in modo diffuso: 1.l'onestà, 2.l'intelligenza, 2.il successo, 3.l'allegria. 4.La bellezza. E delle caratteristiche considerate difetti in modo diffuso : 1.La tristezza, 2.la falsità, 3.la prevaricazione, 4.l'egoismo, 5.l'egocentrismo, 6.la stupidità, 7.l'ignoranza, 8.la bruttezza. Ogni volta che ci identifichiamo con una delle qualità ci sentiamo bene. Ogni volta che ci identifichiamo con uno dei difetti soffriamo. Perché nel primo caso sappiamo che verremo accolti e forniti di affetto, nel secondo caso sappiamo che verremo rifiutati e privati dell'affetto. Tuttavia le persone sono libere di sentire e fare più di quanto sia giusto e fare. E se hai il desiderio che qualcuno si comporti diversamente, o si comporti come tu vorresti, comunicarglielo, nella maggior parte dei casi lo farà stressare, e nel caso in cui sia irrealizzabile lo metterai contro te stesso. Quando hai bisogno di mantenere una relazione, senza la quale avresti moltissima sofferenza debilitante, hai paura di essere spontaneo, e puoi bloccarti e sentirti rimproverato per esserti bloccato. Tuttavia nessuno vuole la spontaneità degli altri. Ma tutti vogliono dei comportamenti utili a soddisfare le proprie esigenze. Spesso infatti per soddisfare i propri bisogni, gli altri tentano di manipolare la mente delle persone dalle quali cercano piacere attraverso tre tecniche : 1.il senso di colpa. 2.il far credere reali cose che non sono reali. 3.il confondere logicamente l'altro. Poiché nel momento in cui qualcuno segue un filo logico, se introduciamo un argomento illogico, si sentirà spiazzato e ce lo farà presente, ma se poi diciamo che si sta sbagliando, se è una persona insicura cadrà nella trappola, poiché si affiderà al semplice fatto che se lui sta dicendo così ci sarà un motivo, e così si creerà in se stesso un senso di colpa, che nonostante non risponda alla sua volontà lo farà agire per riparare il danno fatto, facendo ciò che l'altro vuole. La soluzione a questa tattica è il non dire all'altro che ciò che dice non è vero. Perché insistendo nella posizione contraria, confermerà il senso di colpa inconscio, e lo alimenterà. Modello comportamentale : Un modello comportamentale è l'insieme dei comportamenti appresi attraverso le rappresentazioni artistiche o l'imitazione degli altri, attraverso il quale le persone misurano la normalità e quindi la legittimità del loro atteggiamento interiore verso qualcuno col quale si prova affetto o con qualcuno che si ama. Esso cambia in base al contesto storico. Nella società del XX secolo fondata sul commercio di beni e servizi e sul loro inevitabile consumo, il modello della relazione affettivo/sessuale consiste in un insieme di risposte positive a un insieme di comportamenti ben mirati a dare piacere, nello stesso modo di una transazione commerciale. Perciò questo amore si basa sulla discriminazione tra chi ci procura piacere e chi non ce ne procura. Includendo gli sconosciuti nel gruppo delle persone che non ci procurano piacere. La giustificazione di questo comportamento è data dal concetto che il consumo è la più grande fonte di felicità e che la giovinezza che si perderà con la morte e la vecchiaia deve essere vissuta all'insegna del consumo. 3. Terminabile significa che l'intensità può abbassarsi a zero per un motivo diverso in base a ogni persona, ma sempre tra il gruppo dei condizionamenti. Dunque non possiamo comportarci liberamente con gli altri se vogliamo che essi reagiscano positivamente. Perché le loro reazioni dipendono dalle nostre azioni, e la nostra libertà può infastidirli o ferirli. Tuttavia il grado di adattamento è diverso con ogni persona. Esistono persone che infatti ci corrispondono. Sono simili a noi. Dunque le probabilità di ricevere affetto aumentano se ci troviamo in relazione con una persona simile. Ai fini di mantenere un rapporto la verità si deve dire quando l'altra persona è in grado di accettarla. Sennò dai maggiore valore alla verità a discapito del rapporto. LA PROBABILITà In probabilità si considera un fenomeno osservabile esclusivamente dal punto di vista della possibilità o meno del suo verificarsi, prescindendo dalla sua natura. Tra due estremi, detti evento certo ed evento impossibile, si collocano eventi più o meno probabili. la probabilità di un evento è il rapporto tra il numero dei casi favorevoli all'evento e il numero dei casi possibili, purché questi ultimi siano tutti equiprobabili. Un numero è una entità astratta usata per descrivere una quantità, e una quantità è la proprietà di ciò che può essere contato o misurato IL CONDIZIONAMENTO DI GRADIMENTO VERSO UNA PERSONA NELL'ASPETTATIVA AFFETTIVA Aumentando l'affetto, l'aderenza alla maschera che dobbiamo indossare nella società diminuisce. Al massimo grado di affetto possiamo essere spontanei. Ma l'affetto è spesso basato sulla discriminazione e il razzismo. Discriminare è differenziare le persone, e trattarle in modo diverso. Nel caso dell'affetto è escludere alcune persone dal nostro affetto. L'esclusione può avvenire volontariamente o involontariamente. Chi ha bisogno di affetto per prima cosa cerca gradimento.Il gradimento di una persona infatti condiziona il nostro giudizio, i nostri pensieri, le nostre azioni. Il livello di gradimento viene definito in tre fattori : somiglianza, apprezzamenti e iniziative comuni. Sarà quindi più facile essere condizionati da chi afferma di condividere le nostre passioni e gli interessi, si mostra cordiale, ci dimostra apprezzamento e ha condiviso con noi esperienze di vario genere, e dunque ognuno ha la tendenza a circondarsi di queste persone, escludendo le altre. La somiglianza deve consistere nel grado e tipo di sensibilità, nella scala dei valori, e negli interessi. Per capire se una persona ci è simile dobbiamo sapere come siamo noi. Perché conoscendo come siamo noi possiamo confrontarci con la persona di cui vogliamo sapere se è simile a noi. quindi dobbiamo identificare il nostro grado di sensibilità (basso, medio, alto) e cosa contiene e in che ordine contiene la nostra scala di valori. La nostra scala di valori: 1. ______________________ 2. ______________________ 3. ______________________ 4. ______________________ 5. ______________________ se una persona ha al primo posto il successo come valore, e integrità al secondo posto, mentre il suo collega, ha integrità al primo, e successo al secondo. Pur trovandosi bene l'uno con l'altro, proprio grazie al fatto di avere gli stessi valori in cima alla lista, uno dei due correrà probabilmente il rischio, prima o poi, di essere tradito dall'altro motivato dalla carriera. Tuttavia una volta completata l'identificazione della tua scala di valori ti incontrerai con persone che non hanno identificato razionalmente la propria scala di valori. Ma la seguiranno inconsciamente. Quindi per conoscere la loro non potrai chiedere loro di descrivertela. Né potrai aspettarti che facciano lo stesso procedimento razionale che hai fatto tu, perché sono liberi di non farlo. Perciò dovrai scoprirla dai loro comportamenti, dalle loro affermazioni, dalle loro scelte. Tuttavia le persone simili essendo esseri umani, sono soggette alle leggi degli esseri umani, e quindi cambiano. Perciò la seconda azione da compiere è imparare a reagire adeguatamente in base ai bisogni, interessi, istinti, errori degli altri. Perché le relazioni sono importanti ai fini della nostra felicità e non esiste un destino, una incompatibilità che impedisca di portarle avanti. La differenza la fa la volontà di restare insieme. Ed è giusto, ai fini della nostra felicità, aiutare gli altri ad mantenere una relazione con noi, cercando di comprenderli, e soddisfarli. Poiché la seconda legge naturale descrive che chiunque in base a una situazione può diminuire o aumentare il grado di affetto verso l'altro. Fino ad arrivare a ucciderlo per salvare la propria vita. Perciò tornare a cercare nella stessa persona qualcosa che essa ci ha procurato in passato con un senso di sicurezza è sintomo di pensare quella persona come un insieme di processi fermo nel tempo e producenti le stesse conseguenze. Ma la terza legge naturale descrive che le persone sono un insieme di stati d'animo e processi fiscochimici e psicologici che interagiscono tra loro provocando un continuo cambiamento. Essendo un insieme di processi, le persone sono prive di un un sé permanente, che possiamo ritrovare nel tempo con sicurezza. Perciò il “per tutta la vita” si può riferire al ricominciare volontariamente momento dopo momento. Ovvero riattivare per tutta la vita il genere di sensazioni e di sentimenti che ci hanno portato a concentrare la nostra attenzione su una persona. Ma quello che è passato, non puoi più riviverlo. E il futuro con qualcuno non esiste se ti considera passato e ti sostituisce con desideri diversi da te e stimoli diversi da te. Perciò la soluzione è l'amore per se stessi. Tuttavia il nostro cervello per soddisfare il nostro bisogno di sicurezza ci crea delle illusioni. Per cui ci aspettiamo che la presenza di una persona nella nostra vita sia costante e sicura, e che il suo amore sia permanente. Finché non superiamo questo bisogno di sicurezza il cervello ci indurrà sempre nell'illusione. IL CONDIZIONAMENTO DELL'ASPETTO ESTETICO NELL'ASPETTATIVA DI AFFETTO In ogni momento gli esseri umani sono immersi in un ambiente fisico, dal quale pervengono continuamente ai suoi organi di senso un'elevata varietà e moltitudine di stimoli, che sono particolari manifestazioni delle diverse forme di energia (radizioni luminose, onde sonore). La sensazione può essere definita come l'impressione soggettiva, immediata e semplice che corrisponde a una data intensità dello stimolo fisico. L'estetica riguarda tutte le sensazioni dei nostri sensi. Relativamente all'affetto con le persone riguarda alle sensazioni che la loro presenza ci procurano. La visione è una delle percezioni che più influiscono nel giudizio sugli altri, sia a livello di sensazioni che a livello di emozioni. Poiché sia le sensazioni che le emozioni si dividono in piacevoli e spiacevoli, l'insieme delle sensazioni che i nostri organi ci procurano in un arco di tempo a contatto con le persone fanno si che noi le giudichiamo attraverso quelle sensazioni. La sensazione piacevole ci induce a pensare che una persona che ci piace è una persona che ha amore dentro di se, e ci darà questo amore. L'esperienza ci smentisce questo pensiero automatico, e ci fa sospettare delle persone che ci piacciono, e aver paura di loro. La bellezza può essere di due tipi : bellezza programmata cerebrale bellezza psicologica bellezza culturale La bellezza programmata cerebrale è quella che istintivamente il nostro corpo ci comunica per cercare gli elementi che soddisfano i nostri bisogni. La bellezza psicologica è una qualità delle cose percepite che suscitano sensazioni piacevoli che attribuiamo a concetti, oggetti, animali o persone nell'ambiente osservato, che si sente istantaneamente durante l'esperienza, che si sviluppa spontaneamente e tende a collegarsi ad un contenuto emozionale positivo, in seguito ad un rapido paragone effettuato consciamente od inconsciamente, con un canone di riferimento interiore che può essere innato oppure acquisito per istruzione o per consuetudine sociale. Questi tre tipi di bellezza possono agire in noi in contemporanea o separati o a coppie. Tuttavia la maggior parte delle ragazze che corrispondono a un canone sociale di bellezza hanno la tendenza a diventare insicure perché l'attenzione delle persone nella società è sbilanciata sulla loro estetica, e quindi rimangono senza sicurezza sulla propria personalità e quindi senza amore da dare. Le cause sono almeno tre: 1. viene trascurato il loro lato mentale privilegiando il loro lato estetico. 2. c'è + rivalità con le altre ragazze che le riempono di giudizi negativi per farle sentire inferiori in modo che esse, insicure anche loro, si possano sentire meglio. 3. spesso le ragazze belle vengono aprioristicamente considerate troie. per il semplice fatto che si fa questo ragionamento : se una ha disponibilità di fare sesso grazie al suo aspetto, allora approfitterà di questa possibilità. e questo provoca in loro un senso di colpa inconscio. Una ragazza che non ha un uomo alfa pensa costantemente di accoppiarsi con uno di loro perché ne sente la mancanza. Ma tutte sentono comunque l'attrazione per gli uomini alfa nonostante siano impegnati, così come gli uomini sentono l'attrazione per le donne nuove nonostante siano impegnati. IL CONDIZIONAMENTO DELLA VOCE NELLA RELAZIONE Quando parliamo a qualcuno, spesso la cosa più importante è il modo in cui la esprimiamo. Per anni andiamo a scuola a imparare cosa dire ma non ci occupiamo di imparare come dirlo. L'esito di quasi ogni incontro che facciamo nella vita dipende dalla nostra capacità di catturare e mantenere viva l'attenzione di chi ci ascolta. La voce ci rappresenta e deve servirci nel modo migliore per tutta la giornata: dal momento in cui diciamo “Buongiorno!” a quando ordiniamo la colazione; mentre siamo al lavoro; quando parliamo al telefono. Saper comunicare con le persone è uno dei poteri necessari. Anche il discorso è una forma di musica. Ha toni e timbri; picchi e ritmo. Può essere chiaro o confuso; veloce o lento. Può essere a voce alta o soffusa. Ma quando si parla non c'è niente di pre-organizzato, come invece accade nel caso di una canzone: dovete improvvisare. Parlare è un po' come cantare una canzone che non è ancora stata scritta. La maggior parte di noi da la propria voce per scontata: questa è la voce con cui sono nato, quindi me la tengo. Eppure la voce può diventare più dinamica, efficace e affidabile. Quando parliamo, spingiamo aria attraverso le corde vocali. Le corde vibrano e producono un tono, proprio come accade soffiando tra due fili d'erba. Il discorso è il risultato complesso di una collaborazione tra cervello, corpo e voce. Si tratta di qualcosa di atletico, che coinvolge forza, resistenza, controllo e flessibilità. Parlare è la ginnastica di alcuni piccoli muscoletti. Tutto comincia con la respirazione. Devi muovere aria. Quando respiriamo, il muscolo largo e sottile che si trova sotto i polmoni, ovvero il diaframma, si rilassa e si abbassa, creando uno spazio vuoto che si riempie d'aria. Quando il diaframma si contrae, l'aria esce. Il tutto funziona come un enorme pompetta. Dentro l'aria. Fuori l'aria. In media abbiamo un respiro ogni sei secondi circa, che fa 10 al minuto e 600 all'ora. Si potrebbe pensare che sia difficile sbagliare qualcosa che viene fatta con una tale frequenza; eppure molti di noi sono confusi. RESPIRO FATTO MALE C'è un respiro fatto male? Lo vediamo in noi stessi e negli altri : respiro poco profondo, petto sollevato, affanno. La respirazione limita il controllo che abbiamo sul nostro corpo e sul nostro cervello, tanto quanto sulla voce con cui parliamo. Consuma energia, ci rende irascibili e ci soffoca. La respirazione passiva è semplice e rilassata. Aprite la bocca e lasciate che l'aria ci cada dentro, come fosse acqua che scivola lungo un canale. IL TEST DEL RESPIRATORE che tipo di respiratore sei? Scoprilo. Procurati questi oggetti : uno specchio che rifletta la tua immagine intera, una sedia e un qualcosa per registrare l'audio. Se trovi una pompetta, prendi anche quella. Prendi il Vanghelion e mettiti in piedi davanti allo specchio per analizzare la tua posizione di partenza. Preparati a fare un grande respiro profondo, prestando molta attenzione a quel che accade alla tua bocca, alle spalle e al torace. Inspira. Cosa noti? Fallo ancora qualche volta. Cos'é accaduto esattamente? Prima cosa : hai fatto entrare l'aria dal naso o dalla bocca? Seconda cosa: che fine hai fatto fare al'aria inspirata? Hai visto il petto sollevarsi o, piuttosto, le spalle? Infine: come descriveresti l'aria che passa da fuori a dentro di te? Immagina di doverlo spiegare a qualcuno che non abbia idea di cosa sia la respirazione umana. Cosa diresti : che l'hai tirata tutta dentro? O spinta dentro? O succhiata? LA STRADA Respirare dal naso non è un metodo sempre affidabile: se avete il raffreddore o l'allergia non potete smettere di respirare. Perciò bisogna saper respirare sia dalla bocca che dal naso. Dalla bocca entrano più polveri, quindi se si può si deve respirare dal naso. LA DESTINAZIONE Probabilmente hai mandato l'aria nel torace e nella zona delle spalle. Il mio suggerimento è di mandare l'aria sotto la vita. Misura due o tre centimetri sotto l'ombelico : questo è il punto esatto. AZIONI CONTRARIE ALLA CONSAPEVOLEZZA NELL'AFFETTIVITà: Tuttavia ciò che sentiamo è in partenza giustificato dal nostro cervello, perché il nostro cervello pensa automaticamente che il nostro corpo non si sbaglia mai, e non c'è nessun motivo per evitare di seguirlo. Per risolvere il movimento interiore e involontario che ci porta a sentire la sicurezza dell'amore di qualcuno dobbiamo sviluppare una consapevolezza molto potente su questa sensazione legata alla convinzione che sia giusta che nasce in noi stessi. L'esercizio è ascoltare le proprie emozioni e ricordarle in ogni loro piccolo particolare, e poi confutarle con il pensiero della realtà. Perché l'aspettativa è dipendente dall'attaccamento e dal condizionamento inconsapevole. Ma riconoscerla è un operazione di coscienza e concentrazione totale sulla propria interiorità. Tolta la sicurezza dell'amore, tutto quello che può accaderci è una possibilità e non una regola. Se non abbiamo uno scopo nel nostro relazionarci con gli altri, ma non abbiamo aspettative, questo non ci produrrà sofferenza ma potrebbe impedire la nostra soddisfazione totale se non diamo uno scopo a quella relazione, poiché potrebbe diventare una relazione in cui impieghiamo il nostro tempo senza che abbia un valore nella nostra vita, e dunque può comunque generarci sofferenza. E se crediamo che l'amare e l'essere amati accadano in risposta al nostro desiderio di amare o essere amati, e non in conseguenza all'insieme casuale degli eventi soffriremo. Credere che ci sia qualcuno di speciale e insostituibile è una invenzione che smascheriamo nel momento in cui veniamo rifiutati da quel qualcuno speciale e ne cerchiamo un altro che possiamo considerare speciale, smettendo di sentire le stesse emozioni per l'altro. Gli scopi della relazione possono essere almeno due: 1. Ricevere qualcosa. 2. Dare qualcosa. Per farla esistere, deve nascere in noi un sentimento chiamato DEDIZIONE, che nasce dalla comprensione della sofferenza altrui e quindi dall'immaginazione di vivere ciò che gli altri vivono. L'oggetto di cosa si riceve e l'oggetto di cosa si da, cambia in base al genere di relazione che instauriamo con l'altro. Il genere di relazione si comprende in base ai comportamenti stereotipati che si attuano. Poiché tra le relazioni naturali e quelle artificiali c'è differenza. Le relazioni artificiali esistono in base a dei modelli che durano generazioni, chiamati archetipi. Le relazioni naturali non hanno restrizioni. Per essere in grado di gestire, guidare o sopportare il comportamento degli altri, nel nostro calcolo del futuro dobbiamo considerare che poiché tutti hanno la capacità di far del male agli altri, perché tutti possiamo non accettare ciò che gli altri fanno, e nessuno è vincolato in modo assoluto dal suo stile di comportarsi, potrebbe agire in modo a noi nuovo, sconosciuto, imprevedibile, e farci del male. Dobbiamo imparare a non aver bisogno delle cose che non sono sicure. I BISOGNI fisici in tutti gli esseri umani I bisogni servono alla nostra sopravvivenza. L'impulso a soddisfare i bisogni è il bisogno di piacere che nasce dalla sofferenza che essi provocano. La loro soddisfazione ci viene segnalata dal sentire l'abbassare o eliminare questa sofferenza quando agiamo nel modo necessario al bisogno all'interno di uno spazio. Il dolore si calma perché il piacere cresce. I bisogni più dolorosi sono quelli fisiologici. In ordine di dolore l'aria, l'acqua, il sonno, il cibo, il calore, l'affetto (cioè la presenza ricorrente della stessa immagine evocatrice di piacere), e per un certo arco di tempo il sesso. Una volta soddisfatti i bisogni, la loro soddisfazione diventa talmente gradevole che il bisogno diventa desiderio di rivivere la soddisfazione, e al piacere della soddisfazione, segue la mancanza. I desideri di sicurezza, di amore, di stima, di auto realizzazione. Tutti questi bisogni esistono per l'ego. E sul pianeta terra ci sono otto miliardi di ego, e vivono in punti che non sono il tuo, non provano quello che provi tu, non sono te. Il fatto che tu senti la tua vita indispensabile loro non lo sentono, Fino a una certa età non si è autonomi nel soddisfare i propri bisogni, perché non si ha la capacità di adattarsi all'ambiente, e quindi dominarlo, e questa capacità viene sopperita dall'istinto genitoriale delle altre persone. E la legge ti da il diritto di essere curata e amata fino alla maggiore età. Gli esseri umani hanno inventato la società per compensare la propria incapacità a soddisfare i propri bisogni con lo scambio di servizi e evitare di uccidersi l'un l'altro per possedere i mezzi di soddisfazione. Nella società in cui vivi devi rispondere al giudizio dei componenti sui tuoi bisogni, perché da quel giudizio dipende la tua relazione con loro. La relazione è potere. Devi rispondere della tua scelta di soddisfare i tuoi bisogni col lavoro della società o di qualcuno in particolare, dando in cambio quello che vogliono da te. La forza e frequenza di questi condizionamenti dipende da quanto gli altri si sono impegnati per liberarsi da questi condizionamenti in un dato momento della propria vita. Infatti molti problemi con gli altri nascono dallo stress che essi provano in reazione ai nostri comportamenti che hanno lo scopo di forzarli a darci qualcosa che non ci danno spontaneamente. Quindi, occuparsi dei propri bisogni, dei propri desideri, è un modo per predisporsi all'amore, che però non potrà mai avvenire se il soddisfacimento dei bisogni e dei desideri dell'altro entrano in conflitto con i nostri gusti. Di conseguenza non esiste amore incondizionato, perché noi non possiamo scegliere di creare volontariamente l'amore nell'altro indipendentemente dalle cause necessarie all'amore. Possiamo solo indirettamente influenzarlo ad amarci, agendo sulle caratteristiche per le quali le persone sono portate ad amare : l'essere simili a loro, il prendersi cura di loro. Perciò il passare direttamente dal sogno di essere amati, all'aspettarsi di essere amati, è un comportamento che provoca sempre sofferenza. Perché essere amati è una conquista, sia da parte nostra, che da parte dell'altro, che deve imparare ad amare. Ma non si può intraprendere questa conquista se non si ha dell'amore per se stessi di base, perché questo ci creerebbe dipendenza dall'amore degli altri. E dipendendo dall'amore degli altri, potrebbe capitarci di vivere la maggior parte del tempo senza nessuna energia. Perciò solo noi stessi possiamo darci fiducia e amore con sicurezza di permanenza. L'amore degli altri è un completamento. Perciò non possiamo chiedere a nessuno di risolvere i nostri problemi interiori, perché nessuno ha la capacità di risolvere i problemi interiori degli altri, dato che essi si risolvono con la propria personale comprensione e accettazione di ciò che ci affligge. Nessuno può indicare la scelte migliori se chi le riceve non le vuole ascoltare perché lo stressano. Insistendo ci si potrebbe sentir dire che noi abbiamo provocato stress in loro in modo da farci sentire nel ruolo di chi ha sbagliato. Le sostanze psicotrope, I farmaci, possono solo abbassare la frequenza dei pensieri che ci portano a rifiutare la realtà. Ma solo noi possiamo accettarla. E questo è il primo basilare atto d'amore che abbiamo bisogno di compiere. Dunque l'assistenza dell'altro, atta a risolvere i nostri problemi interiori, non può far parte dell'essenza del concetto che rappresenta l'atto di amare. Amare nella coppia è identificarsi nell'altro e desiderare di esaltare l'ego dell'altro, attraverso : 1. la stima. 2. la comprensione. 3. l'accettazione dei suoi aspetti negativi riguardo ai nostri desideri. 4. L'approvazione delle sue scelte. 5. La collaborazione al miglioramento emotivo e intellettuale. 6. la condivisione di emozioni e sensazioni fisiche. 7. la regolamentazione della mancanza del piacere che noi provochiamo in lui, che nasce in lui/lei in modo naturale, attraverso una presenza rituale nella sua vita. 8. La libidine relativa al suo aspetto esteriore. Nasce dall'istinto a-razionale e dalla passione scatenata dall'immaginare che una persona possa soddisfare il proprio bisogno d'amore se viene soddisfatta a sua volta. Può avvenire inconsapevolmente, o consapevolmente. Involontariamente e volontariamente. La differenza tra l'amore involontario e l'amore volontario, è che l'esistenza del primo dipende dal piacere che proviamo nel donarlo, il secondo tipo di amore è indipendente dal piacere che proviamo nel donarlo. Le persone fuggono l'amore volontario per due motivi : 1. L'intenzionalità provoca tensione in se stessi, cioè fatica, che a volte non si riesce a sopportare. 2. Le persone credono che essere amati spontaneamente soddisfi molto di più il proprio bisogno di essere amati in modo incondizionato e completo. In genere è una facoltà che non si possiede durante l'adolescenza. Perché è implicito nella sua esistenza che ci sia continuità, realizzata attraverso una scelta volontaria di far vincere il desiderio razionale sull'istinto biologico di sessualità, la quale è inibita dalla prossimità fisica costante, poiché la prossimità fisica attiva l'amore filiare che è asessuato, e questa capacità deriva dall'uso della corteccia prefrontale la cui attività diventa più energica solo col tempo. Quindi è una conquista per ogni essere umano. E da circa I trenta anni in poi si acquisisce questa capacità di mantenere un rapporto amoroso. Perciò finché crediamo sia possibile che gli altri possano risolvere i nostri problemi interiori, ci condanneremo all'infelicità, e alla rabbia verso di loro. Perché credendo che l'altro ci faccia del male intenzionalmente ci identifichiamo nel ruolo di vittima. In genere gli altri vogliono condividere solo aspetti positivi con noi. Quindi possiamo farli partecipi di aspetti positivi. Quindi agli altri possiamo chiedere di condividere piacere. A volte abbiamo bisogno di piacere a persone a cui non piaciamo. E per piacere bisogna guardarsi allo specchio. Analizzarsi. Perché non esistono combinazioni fortuite di gusti tra persone che ci possono aiutare. Perciò le aspettative di benevolenza e amore sono fonte di sofferenza se si ha bisogno di benevolenza e amore e non la si può ottenere. Gli esseri umani non hanno la capacità di percepire le sensazioni e le emozioni delle altre persone, dunque sono incapaci di sapere cosa fa bene e cosa fa male a un'altra persona, ma possono solo immaginare se stessi nelle situazioni degli altri, o credere in ciò che gli altri descrivono di quello che sentono, dopo una di queste due possibilità, devono prima fare compromessi col condizionamento di due forze: la necessità di evitare il proprio dolore, e la necessità di cercare il proprio piacere. Queste forze, in mezzo a una folla di sconosciuti, possono portare a mettere uno schermo protettivo psicologico ed equipararti nella loro mente a un oggetto inanimato che fa parte dello sfondo percepito, agendo di conseguenza nei tuoi confronti. Non si può pensare di entrare in relazione con gli altri per prendere loro l'affetto di cui abbiamo bisogno, perché avere un amico significa avere qualcuno che ci chiederà di essere nutrito a livello affettivo. Non possiamo dipendere dall'amore degli altri per la nostra felicità. Il nostro bisogno di fiducia e amore, che sono la capacità di credere nella possibilità di riuscire ad agire adeguatamente per la nostra sopravvivenza e il nostro benessere, non può dominarci, perché nonostante l'amore, e l'affetto, possano esistere, la loro esistenza è rara, poiché dipende da una combinazione di elementi. Quando una persona dice “ti amerò per sempre” a un'altra, o “ti amo”, l'altra si convince che le sensazioni e i sentimenti che essa prova non cambieranno. Ma questa è un'illusione perché ogni individuo è costituito in modo tale da ritornare allo stato normale, dopo uno stato anormale, cioè il riposo. Stato normale: Riposo. Calma. Stato anormale: Innamoramento. Estasi. Depressione. Rabbia. Tristezza. ATTACCAMENTI: Con l'attaccamento, qualsiasi evento o stato d'animo della nostra vita può essere fonte di sofferenza. La felicità può essere la più grande fonte di sofferenza. Poiché l'intensità dell'attaccamento aumenta in base al piacere che proviamo nell'attaccarci. Lo stato d'animo che questi pensieri provocano fanno nascere dei pensieri a catena volti a dare una giustificazione di esistere a quelle emozioni, assegnando un valore negativo al momento presente che si sta vivendo, dunque neutralizzano le emozioni positive e ne creano di negative. Perché una emozione non può esistere se non trova una giustificazione intellettuale. Perciò si cade in una spirale di pensieri tensivi. Perciò da sistema di difesa dalla tensione diventa un sistema di incremento della tensione. PAURE: le paure nascono dal mondo del possibile. Dalle paure archetipe, comuni a tutti, nascono l'angoscia che è il senso di non riuscire a dominare una o più situazioni presenti e l'ansia. L'angoscia può essere di di essere abbandonati, essere usati, essere violentati. L'ansia può essere di non essere capaci di compiere delle azioni utili al nostro benessere, o che possa accadere qualcosa che ci impedisca di compierle. L'uso positivo del pensiero volontario : Scienza, arte e filosofia sono tipi di pensiero volontario. Ogni azione ha un effetto differente. Quindi c'é una ragione che sta sotto l'accadere delle cose. Scoprendone la ragione possiamo aumentare le nostre probabilità di soddisfarci. Non tutto è come appare. Perciò si tratta di stabilire quando lo sia. Ma può informarti su ciò che sta aldilà della realtà immediata, ovvero le leggi naturali che stanno alla base della nascita della sofferenza, e del movimento della vita. In questi due casi il cervello attiva la ghiandola dell'ipofisi che stimola la produzione di adrenalina. A livello psicologico-intellettuale è la disarmonia tra la realtà e i propri desideri interiori, o la disarmonia tra la natura dei pensieri e i propri desideri interiori. Le cause della sofferenza: La tensione registrata nella memoria crea il pensiero involontario dell'assenza di ciò che ci piace, e il pensiero involontario della presenza di ciò che ci dispiace. Lo scopo della sofferenza: Agire per la sopravvivenza e per il benessere attraverso due manifestazioni istintive : 1. l'attacco. 2. la fuga. Il sistema di contrazione chiamato sofferenza ci impedisce di stare fermi e andare incontro all'autodistruzione, per agire verso l'autoconservazione, e il benessere, perché l'azione risolve i problemi di disarmonia tra i nostri desideri e lo stato della realtà o modificando la realtà, o modificando i nostri desideri, e si attiva quando il cervello assegna un valore negativo alla situazione. Limite di funzionalità : La sofferenza che non ha soluzione reale può creare altra sofferenza, che può creare altra sofferenza in un circolo molto lungo, e che può essere attaccato ad altre persone, come un virus. Detta sofferenza malefica. In tutti gli esseri umani il circuito neuronale del dolore e il circuito neuronale del piacere interagiscono simultaneamente in modo continuo. Se il dolore aumenta allora il piacere diminuisce. Se il dolore diminuisce allora il piacere aumenta. Premettendo che l'autoconservazione è benefica, perché tutti sentiamo il bisogno di prenderci cura di noi stessi nel momento in cui, non avendolo fatto, soffriamo, possiamo dire che esistono due tipi di sofferenza : fisica e psichica. La sofferenza benefica per noi stessi è una funzione che serve all'universale programma genetico di sopravvivenza, perché è una sofferenza tonica, dato che ci prepara ad agire per risolvere problemi, alla ricerca dell'armonia tra la realtà e i desideri interiori, la quale sappiamo in modo innato ci provoca piacere, producendo maggiore energia, sia psichica che muscolare, acuendo anche i sensi della vista e dell'udito, ma non supera il limite oltre il quale si perdono le facoltà cognitive. Può essere chiamata eustress. La sofferenza malefica è una tensione tossica, che consuma eccessivamente l'energia nel nostro corpo, e lascia nel corpo delle sostanze che bloccano l'azione, andando contro l'universale programma genetico di sopravvivenza. Può essere chiamata distress. Durante la sofferenza il battito cardiaco può alterarsi, rallentando o accelerandosi, e possono esserci dei picchi localizzati di sensazioni momentanei, la temperatura delle mani può diminuire, e anche l'ossigeno al cervello, diventando più deboli, e predisposti al pianto, questo processo può provocare la sofferenza, ma si può identificarlo con la sofferenza. Gli effetti della sofferenza malefica: può bloccare o inibire il corretto funzionamento dell'essere umano. Soprattutto l'attività emotiva, e comportamentale. Il suo scopo è : 1. Accettare i problemi di disarmonia tra i propri bisogni o desideri e la realtà, ai quali non esiste una soluzione reale. 2. Fuggire dalla sensazione di insoddisfazione presente nel nostro corpo perché supera il limite di sopportazione, attraverso delle reazioni automatiche come la rabbia, e la distruzione, le quali scaricano la tensione. Nell'impossibilità di fuggire dal proprio corpo si crea nuova sofferenza. I suoi effetti possono essere : 1. frustrazione, 2. angoscia, 3. una visione distorta della realtà, spesso negativa, ovvero con più problemi di quanti realmente ce ne sono. Soluzioni: per accettare ciò che non possiamo cambiare possiamo immaginare una situazione peggiore che potrebbe essere avvenuta se non fosse avvenuto un certo evento doloroso, in modo da giustificare quella situazione avvenuta. False soluzioni: Quando sentiamo la sofferenza malefica vorremmo condividerla per farci comprendere e aiutare. Ma essa non può essere condivisa, per il fatto che è inscritta nel nostro corpo. La nostra espressività può solo far immaginare. Ma l'immaginazione non distingue tra il reale e il falso. Perciò, l'altro può immaginare sempre qualcosa di non reale, e quindi non comprenderci e non aiutarci. Perciò, noi siamo gli unici che ci possono aiutare a risolvere la nostra sofferenza malefica. Il piacere malefico è quello che ingannandoci su quello che realmente è benefico ci porta a farci del male o a distruggerci. Esempi: Cedere al sollievo di non combattere la propria depressione è malefico ma viene scambiato come benefico semplicemente perché produce un piacere momentaneo, come grattarsi la crosta di una ferita. Reprimere totalmente la nostra sofferenza provoca in noi delle crisi. Il piacere benefico ci dona la forza di affrontare la vita, perché nasce dalla comprensione che il 50% del tempo della vita è necessario dedicarlo alla manutenzione. Il 25% alla protezione, e l'altro 25% alla creazione. Noi siamo co-creatori della nostra sofferenza malefica, perché permettiamo che l'emisfero cerebrale destro, produca pensieri e conseguentemente comportamenti conformi all'autoimmagine negativa di noi stessi. E questi comportamenti aumentano le probabilità che i possibili movimenti negativi dell'ambiente si realizzino, creando situazioni dolorose, che possono prolungare il dolore, o aumentarlo, o creare nuovo dolore. Perciò per capire se la nostra sofferenza è benefica o malefica, si tratta di riconoscere costantemente quali sono i pensieri attinenti alla realtà, e quali sono i pensieri non attinenti alla realtà. Metà dei nostri problemi infatti deriva dal dire sì a noi stessi e agli altri, mentre dovremmo razionalmente dire no. Ci sono piaceri che devono essere creati razionalmente, preferenze, come ci si crea una preferenza alimentare per combattere una malattia. Diciamo si ai nostri istinti, alle nostre sensazioni, alle nostre fantasie, alle richieste degli altri, alle proposte. Invece il piacere benefico si crea con rinunce e sopportazione di mancanze o sofferenze. Perché ogni elemento esistente ha in sé delle possibilità di esistenza diverse infinite. Tutto è possibile, ma solo poche situazioni si realizzano, e il realizzarsi di certe possibilità dipende da quanto certe cause aumentano il grado di probabilità del realizzarsi degli effetti potenziali. Nell'emisfero destro si trova la memoria a lungo termine, e la memoria di cui non siamo coscienti. La memoria usa dei fotogrammi statici della nostra vita per rappresentare la realtà, illudendoci che essa sia permanente. Questa illusione ci fa comportare in modo da non considerare l'assenza e la perdita, facendoci ritornare a consumare lo stesso piacere, la cui ripetizione provoca dipendenza. La dipendenza si divide in fisica e psichica, e può far agire anche quando l'azione ci autodistrugge, o anche quando è impossibile riprodurre il piacere. La dipendenza psichica è il desiderare una situazione che ci ha fatto piacere. Questo desideri attiva degli automatismi che ci fanno comportare nello stesso modo in cui ci siamo comportati quando si è creata la situazione che ci ha fatto piacere. Possiamo pensare a qualcosa di impossibile, perché per gli esseri umani la realtà è inesistente, esistono solo le percezioni che si hanno della realtà, e il pensiero di cose che riguardano la realtà o che sono astratte alla realtà. Ma tutti noi abbiamo la capacità di manipolare il nostro cervello e il nostro corpo, ripetendo dei comportamenti nel presente. Perché come il passato condiziona il presente, il presente condizionerà il futuro. Correggendo la rappresentazione del mondo fatta dall'emisfero destro sulla base delle percezioni sensoriali, si può agire razionalmente, che è agire in armonia con la natura. Attraverso la creazione e lo studio di una rappresentazione corretta della realtà, si può far passare questa rappresentazione dall'emisfero sinistro cosciente, all'emisfero destro incosciente. Ciò avviene se c'è una ripetizione costante della rappresentazione logica unita a forti emozioni derivate da esperienze che riguardano quella rappresentazione. Ma la cosa più importante da imparare non è agire in modo corretto per ottenere I risultati che vogliamo, ma accettare ciò che non possiamo evitare, perché pur dando il nostro massimo, accadrà sempre qualcosa che non vogliamo. L'emisfero destro crea : le aspettative, le paure, i sensi di colpa, il desiderio di attaccamento, il pensiero contrastante ciò che è inevitabile, il pensare, fare o dire, cose che non sono in armonia con ciò di cui abbiamo bisogno, o con ciò che desideriamo, il pensiero della presenza di ciò che non ci piace, il pensiero dell'assenza di ciò che ci piace. La disattenzione, che ci fa agire in modo tale che l'effetto delle nostre azioni sia spiacevole. Il desiderio inconsapevole, che ci distoglie da quello che vogliamo. La sofferenza malefica non è volontaria, è l'effetto di processi biologici e psicologici. E quando arriva, la nostra volontà può essere sottomessa o impassibile. Le fonti della sofferenza malefica sono i traumi. Essi sono l'effetto della non accettazione di una situazione, che carica di energia elettrochimica negativa il ricordo di quella situazione e lo ripropone provocando una emozione negativa. Soprattutto le ferite che abbiamo ricevuto da bambini, perché in quell'età la memoria è molto più ricettiva, e i ricordi sono indelebili, a proposito dell'inadeguatezza e della privazione, che si ripropongono fino a quando le emozioni non saranno esaurite, inoltre, il rifiuto agisce nell'ambiente e aumenta il potere di entrare nella nostra vita a ciò che non desideriamo, perché tutto ciò che esiste attira sé le cose simili a sé. Per accettare l'esistenza della sofferenza fisica, bisogna comprendere perché esiste, ed essere consapevoli della sua quantità. La somma degli orgasmi di una vita, che sono il massimo piacere naturale, è di circa 15/20 minuti. Perciò se il valore della vita dipendesse dal piacere che proviamo nel viverla, il valore della vita scenderebbe a zero. La sofferenza mentale malefica che il nostro cervello co-crea si divide in diversi stati d'animo. Gli stati d'animo sono modulazioni diverse di tensione nervosa in diverse zone del corpo collegati a diversi pensieri o immaginazioni o ricordi: La solitudine, l'insicurezza, l'incertezza, lo squilibrio, il disagio, il disadattamento, l'insoddisfazione, la paura, l'angoscia (cioè l'incapacità di dominare una situazione), il panico, l'infelicità, l'ansia. Essi sono stati d'animo che possono essere attivati in base a una situazione. Sono tutti potenzialmente esistenti dentro di noi. Questi sono stati d'animo tipici dei bambini. I quali soffrono continuamente di questi stati depressivi perché sono incapaci di sopravvivere, di affrontare le difficoltà da soli, e perciò hanno bisogno dell'assistenza continua dei genitori, e della sicurezza che la loro assistenza avverrà in futuro. Gli stati d'animo sono energia elettrochimica che hanno una direzione e una intensità. Tutti sentiamo il bisogno di mantenere un equilibrio tra gli stati d'animo e ciò che realmente accade. Perché alcuni stati d'animo ci bloccano, altri ci velocizzano, altri ci rallentano. Ma se essi non sono in sincronia con ciò che accade diventano malefici. Cos'è il piacere: A livello fisiologico è uno stato di distensione muscolare. A livello psicologico è l'armonia tra la realtà e i desideri interiori. Esiste un tipo di piacere che deriva dalla cessazione della sofferenza fisica attraverso la soddisfazione dei bisogni, e un altro tipo di piacere che deriva dalla creazione di desideri per soddisfarli. Piacere di origine fisiologica. Piacere di origine mentale. Lo stato più importante del piacere è la felicità che consiste in un senso di appagamento generalizzato, attivato da alcune caratteristiche : 1.estroversione, 2.fiducia o sicurezza in se stessi, 3.sensazione di controllo sulla propria persona e il proprio futuro. 4.Accumulo di successi. Esso è una emozione, e non può durare molto, perché le emozioni esistono a causa di certe condizioni, le quali si modificano continuamente, perciò il piacere deve essere ricercato per tutta la vita, e non è una meta permanente. Infatti l'unico modo per farlo durare è ripetere la procedura che porta al piacere. La causa del piacere: La presenza di ciò che ci piace, o l'assenza di ciò che ci dispiace. Ciò che ci piace può essere creato inconsapevolmente, dalla ripetizione di esperienze, o razionalmente, dal ragionamento su cosa è preferibile che ci piaccia. Il piacere si divide nei vari piaceri dei sensi. Quindi esistono due tipi di oggetti piacevoli ai sensi. 1.L'oggetto la cui causa di piacere è inconsapevole. 2.L'oggetto la cui causa di piacere è consapevole. Lo scopo del piacere è: Rilassare il corpo ed esaltare l'ego espandendo la sua dimensione. Il processo del piacere ha delle tappe in ordine di importanza : 1.I bisogni. 2.La cura della casa. 3.La cura dell'aspetto. 4.Il sesso. 5.Il gioco. 6.L'arte. GLI STUPEFACENTI Nel linguaggio comune uno stupefacente è chiamato droga ma questo secondo termine ha un significato generale, che indica sostanze di origine naturale o sintetizzate in laboratorio aventi proprietà non comuni, normalmente intese in relazione all'organismo umano. Nel linguaggio comune sono dette droghe: • sostanze utilizzate nella preparazione di cibi per dare un sapore particolare (spezie); • sostanze che provocano alterazioni della percezione della realtà e/o dello stato di coscienza (stupefacenti), o in grado di incidere sulle prestazioni e/o capacità psico-fisiche, e che spesso inducono forme di dipendenza fisica o psicologica. • una parte di vegetali, animali o minerali contenente sostanze dotate di attività farmacologica insieme ad altre inerti. Le sostanze capaci di produrre effetti farmacologici sono dette principi attivi. Le droghe si dicono organizzate quando costituite da una struttura funzionale cellulare di un vegetale o di un animale; non organizzate quando formate da un succo o un secreto emesso spontaneamente o ottenuto attraverso varie tecniche. Esempi di droghe organizzate sono: radici, cortecce, foglie, fiori, frutti, semi, sangue; esempi di droghe non organizzate sono i succhi, i secreti, le resine, i lattici, gli oli, le essenze.. Le sostanze stupefacenti (dette anche droghe, sostanze psicoattive o psicotrope) sono sostanze che, per le loro proprietà chimiche, sono in grado di indurre variazioni nel funzionamento dei neurotrasmettitori nel sistema nervoso umano, alterando lo stato di coscienza. Esse alterano le funzioni cerebrali provocando alterazioni della percezioni, l'umore, la coscienza o il comportamento. Molte di esse possono creare dipendenza psicologica e/o fisica dopo un utilizzo più o meno lungo. Tali sostanze sono usate a scopo ricreativo, in riti religiosi o per uso medico. Spesso si usa impropriamente la parola psicotropo come sinonimo di stupefacente. Sostanze utilizzate in medicina come antidepressivi, ansiolitici, sonniferi o stimolanti come caffeina e nicotina sono sostanze psicotrope, ma il termine stupefacente viene correttamente riservato alle sostanze incluse nella tabella I della legge n. 685 del 22 dicembre 1975. La suddetta legge suddivide le sostanze psicotrope in sei classi, o tabelle: tabella I • oppio e derivati • alcaloidi derivati dalle foglie di coca • anfetamine • ogni altra sostanza che abbia effetti sul sistema nervoso centrale e determini dipendenza fisica o psichica uguale o superiore a quelle precedentemente indicate; • gli indolici, e i derivati feniletilamminici, che abbiano effetti allucinogeni o che possano provocare distorsioni sensoriali • tetraidrocannabinolo e analoghi • ogni altra sostanza naturale o sintetica che possa provocare allucinazioni o gravi distorsioni sensoriali tabella II • derivati della cannabis indica, escluso il tetraidrocannabinolo tabella III • barbiturici che abbiano notevole capacità di indurre dipendenza fisica e/o psichica (esclusi quindi i barbiturici usati come antiepilettici e quelli usati in anestesia generale. tabella IV • sostanze di corrente impiego terapeutico in grado di indurre dipendenza fisica o psichica di intensità e gravità minori di quelli prodotti dalle sostanze elencate nelle tabelle I e III tabella V • preparazioni contenenti le sostanze delle tabelle precedenti, ma in quantità tale o preparate in modo tale che non siano in grado di indurre abuso tabella VI • prodotti ad azione ansiolitica, antidepressiva o psicostimolante che possono dar luogo al pericolo di abuso e alla possibilità di farmacodipendenza Tutte le sostante stupefacenti servono per estraniarsi dalla realtà. Nei casi in cui non ci sia un dolore fisico, esse sono fughe dalla realtà che rafforzano la nostra personalità infantile. AMARE : Aver paura di perdere qualcuno può essere un sintomo del fatto che il nostro amore non è reale, ma è contaminato dal bisogno infantile di essere amati e può far in modo che l'altro possa allontanarsi da noi perché abbiamo bisogno di esprimergli la nostra paura ed egli si sentirebbe sotto pressione e spaventato di farci male perché sa che non può mantenere promesse se i suoi istinti prevalgono. Dunque le persone che ci fanno più bene, sono le persone di cui possiamo più aver paura, se abbiamo paura di essere abbandonati, e avendone paura le tratteremo male per le reazioni che accadono in noi, ma che non vogliamo. Le persone desiderano che noi diciamo e facciamo solo ciò che non pone un ostacolo con i loro desideri. I desideri delle persone sono : 1. Sentirsi importanti, 2. Sentirsi degni di essere ascoltati, 3. Sentire che le proprie scelte hanno un significato e un valore, 4. Sentire che il proprio aspetto è apprezzato. 5. Sentire che si è dalla parte della giustizia. Quando questi desideri non sono soddisfatti l'amore degli altri smette di arrivarci. E nessuno è capace di soddisfare tutti i desideri degli altri continuando a soddisfare i propri. Dunque per amare abbiamo bisogno di alcuni poteri : Il non aver paura di essere abbandonati. Il non aver paura di essere violentati. COME NON AVER PAURA DI ESSERE ABBANDONATI : La via per perdere la paura dell'abbandono è farne esperienza con consapevolezza, e vedere che l'essere umano è dotato della capacità di sopravvivere e ritrovare felicità in altre cose, che non sono gli esseri umani. COME NON AVER PAURA DI ESSERE VIOLENTATI: La via per perdere la paura della violenza è farne esperienza con consapevolezza, e vedere che l'essere umano è dotato della capacità di sopportare gli ostacoli. Tuttavia nessuno chiama questo stato d'animo con la parola amore, ma al contrario per la maggior parte delle persone, l'amore è attaccamento, paura dell'abbandono, gelosia, senso di colpa, diritto, dovere. Perciò si deve usarne un altra in modo da non confondere le cose. Dedizione, ad esempio. La parola amore, senza un contesto, può cambiare di significato. Nel contesto di una coppia la parola amore, o meglio amore di coppia, può avere un solo significato, anche se la forma sintattica, e il modo in cui si realizza possano variare. Chi dice che il significato della parola amore sia decidibile soggettivamente vuole ingannare e persuadere l'altro per : 1. fargli fare quello che vuole lui. 2. non prendersi la responsabilità di ammettere, o di non riuscire ad amare, o di non voler amare. Le difficoltà ad amare sono le seguenti : 1. Non possiamo amare chi disprezziamo, o chi temiamo. E la paura di una persona specifica dipende dalla paura che già abbiamo per una certa situazione generica, come l'abbandono e la violenza. 2. Il bisogno di essere amati che gli altri hanno non è sufficiente perché essi possano ricevere il nostro amore, è necessario che essi siano ricettivi. Infatti, si può amare solo chi vuole essere amato. Perché non puoi amare chi non vuole essere amato da te, ma vuole essere amato da un'altra persona o vuole amarsi da solo. Le cause per cui una persona non è ricettiva all'amore possono essere : 1. La paura di essere manipolati. 2. Il desiderio di essere amati come vogliamo noi. 3. Il desiderio di essere amati da una persona che stimiamo. Inoltre il nostro stato d'animo psicologico, che sia amore o benevolenza, non corrisponde con ciò che gli altri valutano come essere amati. Dunque il nostro stato psicologico non è sufficiente per far sentire gli altri amati. Perché ognuno si sente amato attraverso delle azioni diverse. Dunque la conoscenza dell'altro è necessaria per poterlo amare. Nei casi in cui qualcuno ti fa del bene spontaneamente le motivazioni possono essere di due tipi generali: 1. la natura che ha predisposto il reciproco soddisfacimento nella ricerca di certi piaceri, come la copulazione. Questo tipo di collaborazione degli altri alla nostra felicità dipende dal piacere che essi provano nel fare ciò che fanno per ricercare la propria felicità. Ad esempio la copulazione. E per questo tipo di comportamento la nostra felicità può essere un effetto involontario della loro ricerca del piacere. Ma ogni individuo è costituito in modo tale da ritornare allo stato normale una volta vissuto uno stato anormale. Perciò è una esperienza impermanente, e di durata imprevedibile. 2. il senso morale verso gli altri, che è una conquista graduale, perché ognuno percepisce il mondo dal proprio spazio fisico, e solo dai tre anni in poi un essere umano comincia e elaborare che gli altri hanno una mente separata che contiene pensieri e sentimenti diversi dai nostri. Entrambe le motivazioni non danno nessuna sicurezza di permanenza, a meno che la felicità degli altri dipenda da quello che fai tu, e questa dipendenza li porterà a ripetere le azioni che ti fanno felice. Non ci sono altre motivazioni, neanche quando qualcuno ti dice il contrario. Perché ci sono tre tipi di comportamenti riguardo all'amore. 1 Sapere di mentire dicendo di amare. 2 Non sapere di avere un'idea sbagliata di amore e confonderlo con una passione, o un bisogno d'amore. 3 Avere una forte moralità e amare. A volte le persone dicono volontariamente ti amo, sapendo che stanno invece godendo dell'amore ricevuto, che è l'opposto di amare. E a volte scambiano il godere con l'amare perché non hanno imparato a discriminare questi due stati d'animo. E il loro concetto d'amore può essere influenzato dalle storie cinematografiche irreali sull'amore, che porta inevitabilmente a delusioni. Chi ha una personalità infantile ha bisogno di un amore incondizionato, ma esso non può più esistere per un persona cresciuta, perché esso è una caratteristica unicamente dei propri genitori. L'istinto è a-razionale, non irrazionale. Cioè ha una sua logica. E nel momento in cui la sensazione d'amore è violenta, tanto più è violenta tanto più aumenta il grado di dipendenza dall'altro, cioè la sofferenza per la sua mancanza. Il godere è un'onda chimica di sensazioni ed emozioni, che procura una grande stima di se stessi, perché ci si scopre fonte della propria felicità. Esso procura dipendenza. Contro l'illusione che l'altro ci possa donare stabilmente quello di cui abbiamo bisogno non c'é nessuna arma intellettuale per scoprire chi è la persona pericolosa. Non funzionano i test, ne le preoccupazioni, ne le buone intenzioni, ne i sacrifici. Perché tutti abbiamo la capacità di comportarci in modo malefico. La persona cattiva è quella che sapendo di comportarsi in questo modo, non fa nulla per evitarlo, fino a poterne trarre piacere. Funziona solo la non creazione di questa aspettativa, perché non potrà mai essere soddisfatta. E l'accettazione profonda della perdita dei momenti spontanei d'amore, che non lascia residui di rifiuti tensivi, e la consapevolezza perenne della possibilità del cambiamento improvviso e ingiustificato delle situazioni. Perché quello che accetti non ti fa nulla, quello che rifiuti ti uccide. E se rimani sereno dopo aver person un momento d'amore, potrai conquistarti un altro momento d'amore. Dunque tutti possono mancarci, abbandonarci, aggredirci e rifiutarci. Infatti non importa cos'é giusto o sbagliato, perché anche facendo presente cos'é giusto, l'altro può scegliere di fare la cosa che per noi è sbagliata. La cosa più importante per noi è sapere sempre cos'è giusto e piacevole per se stessi, perché abbiamo la tendenza a confondere la sofferenza malefica con quella benefica. E Sapendo cos'è piacevole e giusto, dobbiamo avere la forza e il coraggio di proteggerci influenzando gli altri, o lottando contro di loro. Di conseguenza dobbiamo imparare a gestire la mancanza, l'abbandono, l'aggressione, il rifiuto. Cioè trovare l'equilibrio, che è il saper adattare il proprio comportamento in base alla situazione. Ad esempio, quando una relazione viene troncata senza il nostro consenso, dobbiamo trovare soddisfazione, nello stimarci per avere la capacità di dominare i nostri desideri. Di conseguenza la responsabilità dei propri stati d'animo non può essere delegata a un'altra persona, perché nessuno vorrà prendersi cura di te stesso quanto puoi volerlo tu, e la tua vita prenderà una direzione che non hai scelto tu, dato che tu sei l'unico condizionato ad amarti per necessità, e finirai col rimanere infelice, deperire e morire. Ma per prenderci la responsabilità della nostra vita dobbiamo controllare la nostra mente. Per controllare la mente è necessario osservarla. Osservare le proprie sensazioni, le proprie emozioni e i propri pensieri. Soprattutto i propri pensieri. Perché è il pensiero la causa delle emozioni, e il pensiero malefico è la causa e della sofferenza. A sua volta il pensiero malefico è causato da tensioni derivanti da traumi (aggressioni, ansie, paure, perdite, insuccessi) registrati nella memoria, che non sono ancora stati risolti. Quando non doni dolcezza al tuo malessere, ma lo lasci solo a soffrire, prendi potere su di esso. Se gli doni pietà, esso si calmerà, e tu non potrai acquisire potere su di esso. La risoluzione di un trauma avviene dopo l'accettazione di averlo subito e la creazione della capacità di risolvere sul momento la stessa situazione che nel passato ha provocato il trauma. Come non aver paura di essere usati: quando nella visione di una parte sessuale di qualcuno che ci interessa ci sentiamo eccitati, possiamo separare mentalmente la parte del suo corpo dalla sua psiche, ignorando le sue emozioni, e i suoi pensieri. L'AMICIZIA: L'amicizia è una relazione durevole nel tempo caratterizzata dalla collaborazione in attività che ci producono soddisfazione. La sua origine può essere data dal piacere provocato dall'esito positivo della collaborazione, in cui ogni nuova collaborazione che produce piacere diventa un motivo per continuare a collaborare. Il piacere dato dalla collaborazione può essere causato dalla somiglianza o coincidenza delle idee, dei desideri, della sensibilità. Poiché la somiglianza conferma il nostro ego e giustifica la sua esistenza. E la differenza contraddice la sua esistenza. Alcune persone scelgono di escludere chi non somiglia loro dal loro spettro di amicizia, poiché la presenza di queste persone provoca loro dispiacere, disprezzo e odio. Essa non è necessaria alla nostra sopravvivenza, ma utile al nostro completamento. Non è la sola collaborazione a identificare se una relazione è amicizia. Legge naturale sull'amicizia: Se qualcuno dichiara di essere amico ma prevarica l'altra persona alla quale lo ha dichiarato, o pretende dall'altro, assistenza, nutrizione e protezione, l'amicizia smette di essere reale, e rimane un desiderio. Nell'amicizia può rientrare il sesso come aiuto reciproco a mantenere un equilibrio fisiologico e psichico, se nessuno dei due soffre per questo atto. È possibile avere un'amicizia senza una presenza ricorrente. Quando ci si offende l'uno con l'altro si può cadere nella recitazione di un copione, per cui senza volerlo, si vedono le azioni dell'altro come minaccia al nostro ego. Perciò si deve rompere il rapporto, vivere altre esperienze e ritornare quando si sente di non avere rancore. Certe persone sono convinte che l'amico debba dimostrare la propria amicizia subendo aggressioni e violenze psicologiche senza ribellarsi, ma con compassione. L'amicizia è dipendente dalle cause che la fanno esistere, perché ci sono fattori che possono impedirla o creare il suo opposto, l'inimicizia: 1.ogni persona ha qualche aspetto che non ci piace. 2.ogni persona ha qualche interesse in contrasto con gli interessi degli altri riguardo a : Comportamento, Opinioni, Scelte, Gusti. Perciò anche gli amici sono secondari alla nostra felicità. Ma necessari a una felicità completa. Perciò si tratta di capire come gestire ciò che non ci piace degli altri, e gli interessi che creano conflitto con gli altri. LA COPPIA Istintivamente ci può ritrovare a creare una coppia mossi dal sentimento, dall'innamoramento. Ma una coppia non è semplicemente essere innamorati. È un impegno che coinvolge ambiti diversi da quelli emotivi. Ambiti intellettuali, pratici, economici, sociali. Per questo può essere utile distinguere tra frequentamento e coppia. “mi frequento con...” “sono impegnato con...” sono due affermazioni diverse. non decidi semplicemente di rinnovarla ogni momento, ogni ora, ogni giorno. lo scegliere ogni momento, ogni ora, ogni giorno c'è. ma è secondario. perché è subordinato a una scelta più grande. L'aver scelto di stare insieme. scegliere ogni momento, giorno, lo fa anche un amico, lo fa anche una persona che ti frequenta. infatti il momento dopo può scegliere il contrario senza che tu ne soffra. c'è bisogno di sicurezze in una coppia. se la rinnovi ogni giorno il giorno dopo è sempre insicuro. decidi di impegnarti a stare con qualcuno anche se ci sono incomprensioni, anche se ci sono insoddisfazioni, anche se ci sono problemi economici, intellettuali. è molto diverso. sennò è un frequentamento. e non una coppia. se sei infelice vuol dire che sei totalmente insoddisfatto. e lì devi vedere se ci sono soluzioni. in quel caso puoi chiudere. ma se si tratta di alcune insoddisfazioni allora no. devi impegnarti. Se non si sa cosa fare per vivere momenti piacevoli, e il partner ti chiede “cosa facciamo?” e tu rispondi “non lo so”, lui può annoiarsi perché non trova una soluzione da solo, e tu sentirti a disagio perché non sai come risolvere il problema. Si può risolvere informandosi frequentemente sugli eventi che la propria città propone. Un impedimento a informarsi può provenire dall'affidarsi all'abitudine, che crea la convinzione che nella propria città non ci siano eventi, non accadano cose, e ci siano sempre i soliti locali che annoiano. Ma questo impedisce anche di conoscere ciò che non si può immaginare, cioè i tipi di eventi che esistono. Spettacoli teatrali, mostre d'arte, film al cinema. Ed isolarsi dal mondo. Ma non si può vivere felicemente la coppia se si è isolati dal mondo. E non si può rimanere nelle proprie abitudini se si sceglie di vivere una relazione di coppia. Ed è immorale comprendere che si preferisce rimanere nelle proprie abitudine dopo essere entrati nella coppia, perché si fa del male all'altro. Dunque all'inizio della relazione è prudente non lasciarsi andare ai propri sentimenti, all'attaccamento, e alle promesse, perché è il periodo in cui si deve capire cosa si preferisce, se vivere la relazione o rimanere da soli. Se ci si lascia andare ai propri sentimenti, all'attaccamento, e alle promesse si rischia di doversi separare con una sofferenza inaccettabile. Non esiste un periodo standard, ma almeno un mese è può essere un periodo per conoscere cosa significa stare insieme, e decidere anche se poter fare l'amore, o continuare a stare insieme in un modo più semplice e far sesso senza il coinvolgimento dei sentimenti. Una volta trovate queste attività vanno proposte al partner. Se il partner non sembra interessato si può cercare di scoprire perché non è una delle sue attività preferite, perché c'è la possibilità di fare in modo di fargli cambiare idea. O avere pronti dei film da guardare. Nell'amare qualcuno è necessario rispettare se stessi per non diventare infelici. Delle insoddisfazioni si possono sopportare o compensare in altri modi, ma quando l'insoddisfazione è sistematica e cronica diventa infelicità. LA VERGOGNA E LA GELOSIA NELLA COPPIA non è facile ammettere né l'una né l'altra. Entrambe sono “vergognose”. Nei vuoti e negli inciampi dei rapporti umani, nelle incomprensioni, negli errori di percezione e di giudizio, nello sguardo vacuo e beffardo dove avrebbe dovuto esserci empatia, nell'espressione di disgusto dove si aspettava un sorriso, nella solitudine e desiderio inarticolato, che non si può comunicare perché non si trovano le parole, nell'assenza tremenda e disperata dove il legame umano viene meno, nella desolazione della violenza, vuota e tuttavia colma di rabbia, qui in questi buchi e pezzi mancanti sta la vergogna. La vergogna è il soffrire nei momenti in cui falliamo. E il fallimento più fondamentale è il fallimento del rapporto con gli altri esseri umani. In origine la madre. La gelosia è nella percezione che c'è un altro (in origine un fratello o una sorella) che può riuscire nel rapporto in cui noi abbiamo fallito. Il bambino cerca la propria autoimmagine, in proprio sé nella risposta del viso materno sorridente. Allo stesso modo l'adulto cerca affermazione nel riconoscimento del partner, della famiglia, della comunità. Salvo per quelli che si sono sentiti invincibilmente sicuri nell'amore e nella validazione delle prime cure materne, la minaccia dello sguardo che non ci riconosce è onnipresente, oppure dello sguardo che vede in noi non chi vogliamo essere ma chi l'altro vuole che siamo. Da principio madre e bambino sono di norma squisitamente sincronizzati l'una all'altro, capaci di “conversazioni” perfettamente sincronizzate di voce e mimica. L'analisi del materiale videoregistrato dimostra che il rispecchiamento comunicativo delle espressioni del volto è velocissimo (frazioni di secondo) indicando che madre e bambino elaborano i reciproci messaggi emotivi molto più velocemente di quanto permetterebbe la consapevolezza cosciente. Se però la madre gli presenta deliberatamente una mimica inespressiva, il bambino si agita e si ritrae in un modo caratteristico, che dà tutta l'impressione di essere un precursore della vergogna. Se il bambino sorride e la madre gli risponde col sorriso, il bambino si sente riconosciuto e gratificato d'una risposta. Nel calore del sorriso materno il bambino trova se stesso. Quel sorriso significa che il bambino ha la capacità di suscitare una risposta: di suscitare l'amore della madre. Questo è l'inizio del senso di efficacia personale nella prima infanzia, basato sulla capacità di suscitare nell'altro una risposta emotiva. Se non c'è risposta (un volto inespressivo) o c'è una risposta che non implica alcuna comprensione del suo stato, il bambino si sente fondamentalmente inefficace, impotente, privo di valore emotivo. Dunque la madre è colei che permette al bambino di vedere se stesso. Ma quando questa indispensabile comunicazione rispecchiante non avviene, ecco che i bambini “guardano e non si vedono”. Se èvero che la struttura e l'esperienza del sé presentano vari aspetti, una componente cruciale ha a che fare col senso di chi noi siamo per l'altro (originariamente la madre). Se l'esperienza iniziale è di non esistere come persona reale per la madre, allora nell'esperienza di sé si anniderà un sentimento d'irrealtà. Lo stesso avviene nella vita adulta. Una persona ci sorride (un sorriso di autentico affetto e amicizia) e l'energia di quell'amore ci riscalda. Ci sentiamo apprezzati e riconosciuti. Se il sorriso atteso o sperato non compare, ci sentiamo respinti, sminuiti, e avvertiamo un calo della nostra temperatura emotiva. L'autostima crolla momentaneamente. Mentre in risposta al sorriso ci sentiamo di fare un passo avanti, aspettandoci di essere accettati, in assenza di sorriso, davanti al volto inespressivo dell'altro, siamo incerti, esistanti, e in preda a uno stato di vergogna latente. Possiamo cercare d'ignorare queste sfumature dell'esperienza mentre tiriamo avanti giorno per giorno coi compiti della vita, ma tuttavia ci sono, e lasciano il segno sulle nostre emozioni e sul nostro comportamento. In condizioni ottimali, il bambino piccolo avrà numerose esperienze di piacevole sintonia con la madre. Esse hanno una funzione importantissima nel regolare l'autostima e ridurre l'inclinazione alla vergogna. Ma inevitabilmente la realtà presenta elementi che disgregano questo senso di essere tutt'uno con la madre. Fre questi elementi disgregatori c'é il desiderio stesso del bambino di separarsi dalla madre e affermare la propria autonomia (controllo degli sfinteri, piegarsi o no alla volontà della madre quanto all'uso del vasino). Questa fase è caratterizzata da una tensione fra l'autonomia da un lato e la vergogna e il dubbio dall'altro. Le situazioni di vergogna sono sempre “visualizzate”, comportano cioé l'esposizione allo sguardo altrui. Dal momento che il nostro senso di sé si forma nel contesto del rapporto con l'altro, implicando la capacità di vedersi nei suoi occhi, ne consegue che la vergogna è parte integrante formazione del sé. L'esperienza di sé del bambino si basa sul principio “sono veduto, quindi esisto”. Ma lo sguardo dell'altro (in primis la madre) non sarà sempre di amore e di approvazione: oltre ai momenti in cui non vede la soggettività del bambino, lo sguardo della madre può essere ostile o disapprovante, generando in lui la sensazione globale di essere “cattivo”. Il problema è che lo sguardo dell'altro, anche se induce uno stato d'animo disforico, è necessario allo sviluppo del sé. Sé lo sguardo dell'altro è vissuto non solo come un giudizio ma come una censura, che pertanto attribuisce al sé caratteristiche cattive, la conseguenza sarà un'identificazione di sé come “cattivo. Il bisogno imperioso di eliminare l'altro vissuto come forza disturbante indebolirà a sua volta il sé, perché questo ha bisogno dello sguardo dell'altro come condizione necessaria alla sua esistenza. L'estraneo, il padre e la scena primaria A partire dagli otto mesi circa, il bambino diventa consapevole della presenza di “estranei” e vi reagisce ritraendosi e distogliendo lo sguardo (proprio come l'adulto “timido”). Per il bambino che desidera trattenere tutti gli elementi buoni vissuti nel rapporto con la madre e proiettare sul mondo esterno quelli cattivi, l'estraneo incarna tutto quanto minaccia quell'unione integrale. Quando ciò che ricerca è il viso sorridente della madre, il volto ignoto dell'estraneo rappresenta l'Uomo Nero che distruggerà il suo paradiso con la madre. Il bambino si accorge che la madre ha una qualche relazione con l'estraneo, dalla quale è escluso. Nello stesso tempo, sotto la spinta del bisogno di separazione-individuazione, l'estraneo può acquistare fascino in quanto rappresenta anche la possibilità della separazione dalla madre. Forse l'estraneo originario è il padre. Certamente, la percezione del rapporto della madre con l'estraneo può essere un precursore dell'incontro con la scena primaria del rapporto sessuale fra i genitori, relazione dalla quale il bambino è tagliato fuori. Mentre prima l'unione inconscia con la madre era la felicità, ora quella felicità è collocata nella “scena primaria”, in accordo col ragionamento che “la felicità è dove non mi si permette di entrare”. Con l'avvento della scena primaria e del triangolo edipico, il bambino è posto nella posizione dell'outsider. Un estraneo escluso dall'unione di altre due persone che hanno accesso a una sfera proibita. In una fase precedente la preoccupazione del bambino si appunta sul viso (la sintonia col volto materno e il viso ignoto dell'estraneo) ma nella posizione edipica, con la fantasia della scena primaria, il pene paterno rappresenta il “biglietto d'ingresso” alla realizzazione del desiderio di unione con la madre. Né il maschio né la femmina si sentono anatomicamente e psicologicamente attrezzati per l'unione sessuale con la madre (trauma narcisistico). Il dolore di questa ferita narcisistica può essere profondo ed è universalmente rimosso (il suo impatto si rivela solo in analisi). Questa profonda lesione dell'autostima e del senso di adeguatezza personale si riattiva nella vita adulta quando la persona amata si rivolge ad altri. La vergogna e la paura della vergogna sono fra le più potenti esperienze negative dell'uomo, scatenando panico, rabbia, il desiderio di scomparire e, in casi estremi, omicidio, suicidio e perfino la psicosi. L'integrità e salvaguardia del sé nucleare è cruciale per la vergogna. Questa nasce sia dalla profanazione del sé, sia da una messa a nudo del sé che non incontra l'empatia attesa o sperata. In un contesto empatico il sé e le sue esigenze si possono esporre ed esprimere senza pericolo, ma senza empatia il sé si sente minacciato. La presenza di vergogna segnala una carenza (reale o temuta) di empatia. Analogamente, la cura degli stati di vergogna e umiliazione è l'empatia, ma in sua assenza la vergogna si espande senza freno, diventando sempre più tossica. Quando è nella morsa della vergogna, la persona non ha alcuna empatia verso se stessa, e senza il tocco o le parole calmanti dell'altro l'odio di sé può crescere senza limiti. Per analogia, potremmo raffigurare il sé nucleare come un fiore chiuso in un boccio (raccolto e protetto), che sotto l'azione della calda luce solare (empatia) si apre irradiando i propri colori alle altre forme viventi e invitando allo scambio e alla fecondazione. Se invece il clima emotivo è freddo o in qualche modo burrascoso e ostile (rischio di vergogna), ecco che il fiore può di nuovo richiudersi su se stesso. La vergogna si manifesta quando un soggetto in cerca d'armonia incontra qualcuno-qualcosa di “strano”, che lo spinge a ripiegarsi su se stesso. Il desiderio del bambino di una totale armonia con la madre, la gioia di bearsi nell'amore reciproco, di rispecchiarsi nello sguardo e nel sorriso, sono messi in crisi dalla sessualità (e da altre componenti della vita psichica che spingono il bambino alla separazioneindividuazione). Il desiderio sessuale proprio, e il riconoscimento di quello dei genitori, porta un elemento “strano” e disturbante nel mondo infantile. Si riconosce che la madre ha col padre una relazione da cui il bambino è escluso. È un tipo di rapporto che il bambino non riesce a capire, per quanto si sforzi di concepirlo nei termini dei propri desideri e fantasie. Sotto questo profilo è diverso dalla rivalità provata verso fratelli e sorelle. Con l'ingresso nella posizione edipica e l'incontro con la scena primaria, il bambino è gettato nel posto dell'estraneo, dell'emarginato, escluso dal paradiso dell'unione con la madre. Tuttavia, la mancata espulsione dalla diade con la madre “aggiramento della posizione edipica” può avere effetti catastrofici sullo sviluppo. Il bambino in quel caso resta prigioniero di un'autoimmagine che riflette il desiderio materno. Questo deragliamento dal binario che conduce nello spazio triadico può favorire lo sviluppo di un falso sé in misura decisamente patologica. Aspetti del sé che non si accordano con l'immagine richiesta saranno associati alla vergogna, data la facile previsione che siano accolti da disapprovazione, sconcerto e mancato riconoscimento. Solo la prospettiva della comprensione e dell'accettazione (magari in psicoanalisi o in una relazione d'amore) può consentire di lasciarli emergere e di far fronte alla minaccia della vergogna. La vergogna implica un buco, un buco nel posto dove dovrebbero esserci i nostri legami con gli altri. È una risposta all'insuccesso e ai sentimenti d'inadeguatezza che ne derivano, specialmente nei casi in cui si prevedeva la riuscita. Questi episodi comportano sempre il senso di aver fatto fiasco agli occhi degli altri. La gamma delle potenziali cause di vergogna è quanto mai ampia: per esempio, l'insuccesso scolastico o professionale, il fatto di non possedere l'accento giusto, un corpo desiderabile, begli abiti o talento in società, il rifiuto da parte degli altri e la mancata ammissione in un gruppo, l'incapacità di capire l'informazione, o di cogliere esattamente i requisiti sociali d'una situazione e sapervi rispondere in maniera adeguata, il non poter esibire simboli di status e di successo economico e sociale, l'incapacità di dominare le manifestazione emotive, la perdita di controllo sulle funzione corporee. Tuttavia, il fallimento più basilare è l'incapacità di suscitare una risposta empatica nell'altro. E se il senso di efficacia è il fondamento del senso di sé, possiamo ritenere che una delle forme più elementari di efficacia è quella di riuscire a comunicare i propri bisogni e vederli compresi da parte della madre o di altre figure primarie di accudimento. Ciò vale anche per la vita adulta. Quando siamo a contatto con persone che manifestano comprensione empatica della nostra esperienza e delle nostre difficoltà, ci sentiamo relativamente al riparo dalla vergogna: sentiamo che c'è una continuità fra la nostra esperienza e quella degli altri. È quando prevediamo o incontriamo disapprovazione o incomprensione del nostro comportamento e delle nostre emozioni, che proviamo vergogna. In qui momenti avvertiamo una discontinuità, un abisso, fra noi e gli altri: siamo reciprocamente estranei. La vergogna può nascere nell'esperienza precoce con la madre quando questa diventa una “estranea” per il bambino. Ciò può avvenire a causa di sbalzi d'umore e preoccupazioni che possono alterare il comportamento e l'espressione facciale della madre. Lo stesso avviene negli adulti, quando le proprie aspettative sociali sono violate: è quello che chiamiamo imbarazzo. Nel caso del narcisista morale, la maledizione non sono gli altri, il narcisismo li ha eliminati, ma piuttosto il corpo. Il corpo è l'Altro, risorto malgrado i numerosi tentativi di eliminarne le tracce. Il corpo è limitazione, schiavitù, estinzione... il corpo è il loro padrone assoluto, la loro vergogna. Il narcisista morale condanna il corpo e i suoi appetiti. Quando il progetto materno di avere un particolare tipo di figlio prevale sulle iniziative proprie del bambino, si crea questo falso sé. L'onnipotenza attribuita alla madre può essere rinforzata se si associa al desiderio della madre di avere un figlio senza il contributo d'un padre. “sentirsi arrossire”, “sentirsi sudare”, ecc. sono delle espressioni improprie che il timido usa per spiegare il suo stato; ciò che intende con questo è che ha una coscienza viva e costante del suo corpo quale è non per lui ma per altri. Quel malessere costante, che è sentito dall'alienazione del proprio corpo come irrimediabile può determinare paure patologiche di arrossire; esse non sono che la percezione metafisica e inorridita dell'esistenza del proprio corpo per gli altri. Si dice comunemente che il timido è “imbarazzato dal suo corpo”. Questa espressione è impropria. Nessuno potrebbe essere imbarazzato dal proprio corpo in quanto esistente. È il proprio corpo esistente per gli altri che dovrebbe imbarazzare. L'altro originario è naturalmente la madre, e le persone più inclini alla vergogna hanno vissuto il corpo come appartenente a lei, e pertanto ne hanno fatto oggetto di odio. Un particolare aspetto della vergogna in relazione al corpo riguarda la sessualità. In tedesco, certe parole illustrano lo stretto legame tra vergogna e sessualità : die scham (le vergogne) sono i genitali, il monte di venere è lo Schamberg e i peli pubici sono Schamaare. C'é qualcosa nella sessualità che inerisce intimamente al sé (e alla persona amata) e che non può essere comunicato in pubblico senza un qualche sentimento di vergogna (e se non c'é vergogna abbiamo l'impressione che manchi qualcosa d'importante). Alcuni pensano che la vergogna per la mastrubazione abbia a che fare con i contenuti delle fantasie che l'accompagnano. Ma non è necessariamente così. La stimolazione del proprio corpo può essere vissuta come un vizio privato, con sentimenti associati di debolezza e quindi vergogna. La sua eventuale importanza nella vita d'una persona può essere interpretata come indizio d'inadeguatezza e dell'incapacità di istituire una relazione sessuale soddisfacente. In questo caso, un'attività che consiste nel darsi piacere, intrinsecamente privata e asociale, è per forza di cose associata alla vergogna se si rivela agli altri. La sessualità è legata anche al senso di sé e alla sua autonomia. Le ferite che l'autonomia del sé ha sofferto nel rapporto iniziale con la madre possono dare origine a comportamenti e fantasie sessuali che hanno lo scopo inconscio di negare l'angoscia e la ferita, affermando la sopravvivenza del sé. Attraverso l'inconscia inventiva della fantasia sessuale, l'angoscia più profonda circa la vitalità del sé psicologicocorporeo si trasforma nella fonte del più intenso piacere. Certi genitori interferiscono spesso nell'autonomia del bambino riguardo all'esplorazione del proprio corpo e del suo potenziale erotico. Una fonte comune di doloroso imbarazzo è la reazione negativa del genitore che guarda con ansia o disapprovazione il bambino che si dedica all'esplorazione genitale. La disapprovazione materna del gioco autoerotico può essere una delle prime ferite narcisistiche. Le madri nella nostra cultura normalmente non sorridono radiose quando vedono il bambino che si tocca i genitali. In questo modo il sogno di perfezione del bambino è distrutto e la fonte del piacere, le sue sensazioni corporee, produce vergogna. LA VERGOGNA E LA DEPRESSIONE il senso di colpa, più della vergogna, è di norma considerato, insieme alla rabbia, una delle emozioni cruciali negli stati depressivi. Le caratteristica della personalità depressiva, sono vulnerabilità narcisistica, sensibilità a piccole scortesie, insulti, critiche e delusioni, possono tutte essere viste in termini di inclinazione alla vergogna. Certamente, la depressione è in parte una turba narcisistica, dato che vi ha un ruolo centrale il crollo del senso di sé e dell'autostima. È vero che la depressione è spesso la reazione a una perdita, ma quello di cui non sempre si tiene conto è la parte che nella perdita hanno vergogna e umiliazione. Quando una storia finisce, c'é il dolore di aver perduto l'altro, ma in più per chi è abbandonato c'é la ferita narcisistica: la vergogna, l'umiliazione, la lesione dell'autostima. È abitudine comune in certe persone evitare sistematicamente il rischio di tale offesa, facendo in modo di essere sempre le prime a troncare il rapporto, diventando carnefici seriali di relazioni, agenti del trauma narcisistico che infliggono agli altri, lasciandoli in preda alla depressione. Il rifiuto porta con sé la vergogna. La vergogna suscita rabbia e odio del sé che è oggetto della vergogna. Ne discende uno stato di depressione. In tale stato la persona si sente ancor meno desiderabile e amabile. I prodotti di scarto della ferita narcisistica si avvolgono in un'implacabile spirale negative, la cui accelerazione nel caso di individui vulnerabili culmina nel suicidio o in gravi atti autolesionistici. Queste persone sono coscienti che lo stato psichico via via più compromesso le rende sempre meno attraenti e desiderabili, cosa che accresce il senso di vergogna. La vergogna genera vergogna, e il solo antidoto della vergogna è la risposta empatica e affettuosa di un'altra persona. Chi ha la fortuna di aver ricevuto dosi sufficenti di empatia e amore nell'infanzia è in grado di attingere a quelle esperienze interiorizzate e trovarvi risorse proprie di empatia autodiretta. Per chi tale fortuna non l'ha, la vergogna può allargarsi senza limiti. LA GELOSIA la gelosia erompe con violenza, spesso senza preavviso, calpestando brutalmente sentimenti di amore e fiducia. L'effetto può essere traumatizzante sia per chi la prova che per chi ne è oggetto. Il suo tormento è intenso e insistente, accompagnato da potenti concomitanti fisiologiche, l'intero corpo tremante e pulsante per lo shock. La gelosia è un'emozione talmente diffusa e intensa che potremmo chiederci che funzione abbia. Non procura la felicità, anzi spesso è così destabilizzante per il rapporto da provocare quello stesso abbandono e tradimento di cui si ha paura. La gelosia è spesso considerata fondamentalmente distruttiva. Si consiglia a chi ne soffre di cercare di superare la possessività e prestare attenzione ai sentimenti di insicurezza sottostanti, col sottinteso che una persona sicura di sé e dotata di una sana autostima non dovrebbe provare gelosia. Questa è considerata quindi un segno di debolezza, cosicché al dolore della gelosia si mescola anche la vergogna. Vergogna e gelosia si alimentano a vicenda: la percezione di un rivale contiene l'idea della propria inadeguatezza in confronto all'altro, e quindi suscita insieme vergogna e gelosia, che a sua volta crea altra vergogna e sentimenti d'inadeguatezza, che alimentano ulteriore gelosia. L'idealismo ingenuo e utopistico può condannare la vergogna del geloso, immaginando che possa essere ridotta o eliminata, per esempio, attraverso esperimenti del socialismo sovietico o vivendo in una metropoli cosmopolita come Londra o New York. Tuttavia le culture dei paradisi tropicali totalmente libere dalla gelosia esistono solo nelle menti romantiche degli antropologi ottimisti, e nella realtà, non si sono mai incontrate. È stata una delle speranze degli anni '60 (come di molti altri periodi) che ristrutturando i rapporti sociali fosse possibile eliminare la gelosia e altre sgradevoli passioni. Era la speranza che ispirava molti nel movimento delle comuni. È stata in gran parte, una speranza fallita. Gelosia, invidia e possessività si riaffermavano malgrado i migliori sforzi per tenerle a freno. Sentimenti violenti di gelosia, spesso occultati prima di erompere con la forza d'un cataclisma, possono sconvolgere la mente e il corpo. Studi numerosi mostrano che la gelosia è alla radice di molta violenza, anche omicida, contro i partner sessuali. Ma allora a cosa serve la gelosia? Ha davvero una funzione utile? La gelosia si è evoluta come necessaria salvaguardia per scoprire e combattere la minaccia dell'infedeltà sessuale, che mette a repentaglio la propagazione dei propri geni. Secondo questa impostazione, è l'assenza di gelosia in una relazione che dovrebbe essere considerata anormale. Il principio guida sottostante alla selezione naturale del comportamento è la riuscita trasmissione dei geni alla prossima generazione, non la sopravvivenza (o benessere) dell'individuo, ma è importante rendersi conto che questa potente motivazione a vantaggio dei geni è in gran parte inaccessibile alla consapevolezza cosciente e non è vissuta come una motivazione. Secondo questo principio, uomini e donne avranno evoluto atteggiamenti differenti verso l'accoppiamento e diverse modalità di gelosia sessuale, per effetto dell'asimmetria delle rispettive posizioni in vista della propagazione del patrimonio genetico. Possono essere presenti desideri contraddittori, che riflettono l'azione di strategie riproduttive più antiche e più recenti. Per esempio, da un lato nei maschi l'evoluzione avrà favorito il desiderio di ingravidare quante più femmine possibile, in competizione con gli altri maschi, allo scopo di massimizzare la trasmissione dei propri geni; dall'altro, lo sviluppo di lattanti dal grande cervello, la cui nascita prematura comportava la necessità di un grande investimento di cure materne, ha dato origine al valore riproduttivo di relazioni stabili e devote. Con la transizione dell'Homo sapiens e lo sviluppo della cultura di cacciatori-collettori, i maschi erano richiesti dalle femmine non solo come donatori di sperma: nella scelta del compagno le femmine badavano agli indizi di tenerezza e devozione, oltre che di prestigio e di buona salute. In questa storia evoluzionistica le tensioni sono inevitabili. Per esempio, fra gli uomini possono esserci inclinazioni concorrenti e conflittuali verso la riproduzione promiscua e verso la formazione di una famiglia stabile; nella società occidentale, lo schema più comune prevede che la strategia riproduttiva promiscua prevalga in un primo momento, seguita poi dalla strategia fondata su una relazione solida. Diventando gli uomini più affidabili come compagni e come genitori, cominciarono a rappresentare per le donne una risorsa più preziosa. In conseguenza, sulle donne agiva una pressione a competere per assicurarsi i maschi e le loro risorse. Con la formazione di un legame maschio-femmina, l'infedeltà divenne un problema più grande, specialmente per il maschio che, investendo più spesso in una sola femmina temeva profondamente di essere tradito. Similmente le femmine avevano una profonda paura di perdere la dedizione emotiva del compagno a favore di un'altra, e quindi ai maschi si richiedeva di manifestare affetto e porre limiti alla loro promiscuità: correre dietro ad altre occasioni di accoppiamento avrebbe offeso gravemente la compagna e poteva compromettere la sopravvivenza della prole esistente. In questa situazione complessa, la strategia riproduttiva migliore diventava confusa e sfuggente. È interesse genetico dell'uomo accoppiarsi con molte donne, ma così facendo non necessariamente sarà più felice. Fino dai tempi dei cacciatori-raccoglitori gli uomini sono forniti del desiderio di avere una famiglia, figli e legami emotivi, oltre che molte occasioni d'accoppiamento. In conseguenza, nei maschi sussiste un eterno conflitto fra strategie riproduttive più antiche e più recenti. Esempio di caso possibile di gelosia nella coppia: se la tua partner ha un profondo rapporto affettivo col suo ex, che considera un amico, e te ne parla, lo frequenta alternativamente a te, e tu le chiedi di presentartelo perché l'averlo visto, stretto la mano, esserti fatto vedere, ti da più sicurezza che non succeda nulla di più intimo tra loro, e lei ti dice che non ha senso, e la offende perché non ti fidi, e non vuole presentartelo spontaneamente, ma lo farebbe forzata, e tu rimani dispiaciuto cosa devi fare? devi controllare il tuo dispiacere o potrebbe sedimentarsi nella memoria, e crescere, creando forti gelosie future. puoi provare a chiedere spiegazioni, in modo che la descrizione di ciò la tua partner sente e pensa della relazione col suo amico ti possa sollevare, calmare. ma se non ti basta che lei ti dica "è solo affetto", anche sul fatto che si danno nomignoli che tu ti aspetti si diano solo a una ragazza perché non li dai alle tue amiche e li hai dati solo alle tue partner o ai tuoi flirt, puoi metterla in tensione, e lei potrebbe allontanarsi, perché ognuno di noi cerca il benessere, più dell'amare l'altro. In quel caso, sentirsi dispiaciuti, e scusarsi per la propria gelosia potrebbe essere inutile, perché in lei qualcosa di negativo può depositarsi. Potrebbe essere dispiaciuta che tu non ti fidi di lei, e potrebbe sentirsi sotto interrogatorio, imputata di qualche colpa. perciò sei tu da solo che devi rassicurarti, ed è necessario che controlli la tua gelosia prima che essa modifichi il rapporto con la tua partner in un senso negativo che tu non hai mai desiderato. il sapere che lei frequenta un'altra persona mentre potrebbe frequentare te può farti sentire inferiore e farti vergognare, inoltre può farti venire la paura di essere tradito. Tu perciò, devi ripeterti che hai un valore, e non sei inferiore ad altre persone che lei può incontrare, e devi impegnarti a mantenere questo tuo valore, giorno dopo giorno, agendo in modo adeguato al tuo valore. La paura di essere traditi nasce dalla consapevolezza che un essere umano può nascondere le proprie azioni, e compierle in contrasto con ciò che dichiara. Inoltre se in precedenza hai conosciuto molte ragazze che hanno tradito i propri partner, o che li hanno traditi flirtando con te, o che hanno tradito te, puoi essere ulteriormente condizionato dal pensare come probabile ciò che è solo possibile. Perciò devi ripeterti che se lei ha scelto di stare con te non vuole stare con un altro, e se vuole stare con un altro romperà il rapporto con te, e dovrai attendere quel momento senza agevolarlo, perché potresti crearlo tu stesso, nonostante non ci sia. Che fine fanno le ragazze che ci sono piaciute una volta che si stabilisce una relazione con un'altra? La possibilità oscilla tra piacciono ancora e non piacciono più. LE CAUSE DELL' AMORE E DELL'AMICIZIA: Da cosa dipende la stima che gli altri hanno per noi stessi? Da fattori soggettivi dei quali non abbiamo controllo : 1. Dal loro passato. 2. Dal loro sistema di idee su ciò che è giusto e sbagliato. 3. Dai loro desideri. Se le nostre caratteristiche che non piacciono sono maggiori di quelle che piacciono c'è uno squilibrio e la stima non può esserci, di conseguenza neanche l'amicizia, questa è una casualità, ma dobbiamo accettarla, oppure adattarci a ciò che le persone vogliono di noi. Di conseguenza se siamo totalmente spontanei con i nostri amici potremmo ritrovarci soli. Tutti abbiamo bisogno di comunicare efficacemente, perché abbiamo bisogno della collaborazione degli altri. La collaborazione ci può far ottenere : Il gioco, L'aiuto nelle difficoltà, La compagnia nella solitudine, L'aumento della propria ricchezza, Sesso. E la collaborazione degli altri, a differenza di quella dei propri genitori, non è gratuita e automatica. Le persone sono uniformate nel comportamento di creare nell'altro una percezione della propria persona, che è positiva, e cercano informazioni, o rivelano informazioni, per mantenere la positività di questa percezione, la cui funzione è di rappresentare i propri interessi senza mostrare le proprie sofferenze, perché esse creano una identificazione negli altri e conseguente stress che non sono disposti a sopportare. Due strumenti per equilibrare lo stress che provochiamo negli altri sono : 1. La consapevolezza delle nostre reazioni automatiche che li può stressare. 2. Saper divertire gli altri, attraverso la nostra simpatia, Con le persone sconosciute, possiamo avere una reazione automatica negativa perché l'immagine che una persona sconosciuta ci da esclude l'intimità, i sentimenti, le debolezze, al fine di non farsi conoscere completamente, ma a far esistere un rappresentante distaccato dei propri interessi nel mondo. e questa mancanza può provocare in noi un senso di abbandono, per cui dobbiamo fare a meno di queste cose per la nostra felicità con gli altri. Inoltre, in questo modo, ognuno gioca una partita attraverso degli avatar, come in un videogame, e possono esistere amici o avversari. E di conseguenza, tutti hanno bisogno di mantenere una immagine di se stessi. Salvare la faccia. Quindi possiamo chiedere solo ciò che non lede l'immagine altrui. Quindi, l'amore, o qualsiasi azione dagli altri, va conquistato attraverso la soddisfazione degli interessi altrui. Quindi per aumentare le probabilità di ottenere quello che vuoi dagli altri devono essere soddisfatti gli interessi di entrambe le parti. Si possono avere relazioni, di amicizia e di affetto, solo se abbiamo costantemente la capacità di soddisfare i nostri bisogni e desideri indipendentemente dalla collaborazione altrui. La quale diventa una scelta di piacere, e non di necessità. Tuttavia alcune cose non si possono avere, perché le leggi della natura lo impediscono, e non si possono cambiare le leggi della natura. E non ha senso lottare per averle. Perciò dobbiamo anche avere la capacità di non desiderare ciò che non possiamo avere. Perciò non importa il motivo per cui ottenete quello che volete da qualcuno, se per egoismo, o per amore, ma importa il fatto che lo ottenete. Non importa la persona, perché non possiamo desiderare che sia diversa da ciò che è, ma il processo per cui si arriva a ottenere quello che si vuole. Negoziare è una comunicazione nei due sensi intesa a raggiungere un accordo quando voi e la vostra controparte avete alcuni interessi in comune e altri in contrasto. Quando non si è disposti a soddisfare gli interessi altrui, ogni lato tenta di cambiare con la sola forza di volontà la posizione dell'altro con lo scopo di vincere, e così nasce lo scontro di volontà, e di conseguenza il confronto tra i due poteri. Gli effetti dello scontro di volontà sono frequentemente: 1. rabbia e risentimento in chi è più debole, ed è costretto a cedere alla volontà dell'altra persona, lasciando insoddisfatti i propri legittimi desideri. 2. esaltazione e indifferenza in chi è più forte. La trattativa di posizione incrina o rompe i rapporti. E la persona diventa un avversario. Lo scontro di volontà come soluzione al conflitto crea una ferita nell'ego. Dato che non possiamo aspettarci amore, dobbiamo accettare che abbiamo dovuto evitare di venire feriti da qualcuno, o nel caso in cui ci sono riusciti, dobbiamo accettare di essere stati feriti, e andare avanti senza cercare di cambiare il passato, se non, nella memoria, ricordando solo le emozioni positive, e le lezioni negative se ce ne sono. Perché quello che accetti non ti fa nulla, quello che rifiuti ti uccide. E questa accettazione va attuata sistematicamente ogni volta che abbiamo subito qualcosa che non possiamo cambiare. Nel momento in cui non si è capaci di accettare la ferita subita, si attuano automaticamente per difendersi tre comportamenti: acquiescenza, attacco, astensione. GESTIRE LE EMOZIONI DEGLI ALTRI: Quando qualcuno si sente ferito, offeso, dal nostro comportamento, anche se non avevamo intenzione di ferirlo, ha la tendenza ad attaccarci. Possiamo reagire sentendoci in colpa, attaccare, o cercare soluzioni. Una soluzione è appellarci a dei criteri di equità indipendenti dalla nostra volontà, e dai nostri desideri. L'insieme di questi criteri è chiamato “giustizia”. Tuttavia a volte le persone offese non vogliono ammettere di trovarsi in tale stato, quindi se gli si chiede “sei offeso/a” risponderanno di no, e se noi insistiamo argomentando che la loro risposta contraddice i loro comportamenti, ci potrebbero attaccare dicendo che li stiamo pressando. Non voler ascoltare ciò che non ci interessa ma che l'altra persona vuole dirci, crea un sentimento negativo, e quindi un conflitto d'interessi. Primo principio di giustizia: Un amico ascolta anche quando non gli interessa ciò che l'altro dice. Se un negoziatore vuol raggiungere un accordo che soddisfi i suoi interessi, deve sviluppare una soluzione che faccia appello anche all'interesse della controparte. Comunicare efficacemente significa avere influenza sugli altri per farli fare quello che vogliamo noi, o per dirigerli nel creare la situazione migliore. Ogni mossa che fate contribuisce a stabilire le regole del gioco che state giocando. Un gioco duro o morbido. Alle quali l'altro reagirà in un modo diverso a seconda del tipo di gioco. Perciò il primo passo di cui ci dobbiamo occupare è quello di rimanere sereni in qualsiasi situazione. O non riusciremo a ottenere quello che vogliamo in modo ottimale dagli altri. Quanto più si ha bisogno che l'altro faccia ciò che vogliamo, tanto maggiore potere gli diamo nei nostri confronti, e tanto meno ne abbiamo per influire sulla situazione. In situazioni conflittuali, è più probabile che l'altro faccia ciò che ci piacerebbe facesse se non abbiamo bisogno che lo faccia. Perciò, bisogna concentrarsi sugli interessi delle persone, e non sulle loro posizioni ufficiali su quello che vogliono fare, perché sono concrete ed esplicite, a gli interessi sono inespressi, impalpabili e incoerenti. Per identificare le motivazioni per cui hanno dichiarato quelle posizioni, bisogna immaginarsi l'altro e chiedersi perché dovresti volere ciò che l'altro ha chiesto. Se si chiede direttamente all'altro di spiegare, potrebbe non saper rispondere o non voler rispondere. Perché quasi tutti non vogliono discutere razionalmente, soprattutto sulle proprie emozioni, perché quasi nessuno vuole essere cosciente delle proprie emozioni, perché l'attenzione ci fa percepire ciò che non percepivamo, e ci fa identificare nell'autore delle emozioni percepite, e quindi gli dona maggiore energia, che non sanno gestire. L'azione di descrivere razionalmente le proprie emozioni è stressante, se si tratta di emozioni negative o contraddittorie o sfocate, dato che per parlarne uno deve mettere la propria attenzione su quella emozione e quindi essere cosciente di provarla e sforzarsi di non rimanere dominato da quella emozione. Quasi tutti si scambiano emozioni, e non informazioni. Il pensiero che si attiva nel dialogo tra le persone non risponde a una logica razionale, ma risponde a una logica sensazionale, emozionale, ed economica anch'essa ben strutturata come la logica razionale. Perciò non possiamo forzare le persone che non scelgono spontaneamente di ragionare in modo logico a discutere in modo logico, perché l'effetto che otterremo sarà l'evitamento a causa dello stress che proveranno. Dunque dobbiamo imparare a leggere ciò che gli altri non sanno di comunicare mentre parlano. Dobbiamo adattarci al loro modo paralogico di comunicare. Ogni parte ha interessi molteplici, e a volte anche contraddittori. Bisogna raccogliere informazioni sugli schemi di comportamento degli altri, e diventare consapevoli dei propri schemi di comportamento. Questo permette di prevedere cosa faranno gli altri quando si troveranno in una situazione particolare. Per comunicare con gli altri bisogna introdursi sulla loro lunghezza d'onda creando rapporto. Cioè la capacità di creare empatia, la connessione, l'armonia e la stima e la fiducia tra noi e gli altri, in qualunque situazione di vita, lavorativa o privata. Ci sono tre canali di comunicazione: la comunicazione verbale, la parola. La comunicazione paraverbale. Il volume, la velocità, il timbro, il tono. La comunicazione non verbale. I gesti, la postura, il movimento, le espressioni facciali. Nella comunicazione volta a creare empatia, le parole incidono solo per il 7%. Per il 38% incide la parte paraverbale. Per il 55% la parte non verbale. Il matching e il mirroring sono due tecniche per creare rapporto. Il rispecchiamento funziona con l'imitare la comunicazione dell'altro. Perché alle persone piacciono le altre persone simili a loro, o le persone che vorrebbero essere. Assumendo la stessa postura dell'altro si attivano le stesse aree della corteccia cerebrale, e quindi molto probabilmente si riesce a capire meglio cosa sta succedendo nella testa dell'altro. Il matching è l'imitare il ritmo del movimento dell'altro con una parte del corpo diversa. Qualunque cosa diciamo deriva da rappresentazioni mentali che ci facciamo attraverso i nostri sensi. Il senso dominante determina il modo in cui comprendiamo la realtà, e il modo in cui reagiamo a essa. Non si deve tentare di riformare le brutte persone, oi propri nemici, perché nessuno ha la capacità di riformare una persona. Va accettata la loro esistenza, togliendogli ogni potere di influire negativamente su noi stessi. E influenzarle positivamente per i nostri scopi. Non vanno semplicemente respinti i nemici, bisogna tenerseli più stretti degli amici. E attraverso la consapevolezza di ciò che fa parte di noi e cocrea la nostra sofferenza, si può guidare il nostro cervello. La pretesa è il desiderio che la realtà sia come vogliamo noi senza agire per cambiarla nel caso non fosse così. Un tipo di aspettativa che ci protegge dal sentire la sofferenza dei nostri traumi è la fantasia romantica. Le fantasie romantiche nascono quando qualcuno ci ha provocato piacere, e ci riparano dalle sensazioni di paura di perdere quel piacere, perché ci impediscono di vedere e provare la vita così com'è. Con le fantasie romantiche proiettiamo sulla vita e sulle persone un'idea di come vorremmo che fossero, pensando che esse siano in modo permanente così. Ma le fantasie romantiche sono aspettative che verranno deluse perché nessuno può essere sicuro di ricevere amore dagli altri. Il motivo per cui nessuno può essere sicuro di ricevere amore dagli altri è che non abbiamo la capacità di obbligare gli altri ad amarci, in nessun momento. L'esempio più palese è quello dei nostri genitori, che sono le persone più probabili ad amarci. Non abbiamo la capacità di farci amare perché tre condizionamenti possono negare l'atto di amare : 1 I bisogni della persona dalla quale vorremmo amore. 2 le credenze della persona dalla quale vorremmo amore, sul raggiungimento della propria felicità, che possono concernere il contrario dell'amore. 3 il tempo, che nel caso in cui ci fosse stato amore, può cambiare tutto, perché esso da la possibilità ai bisogni e alle credenze di cambiare, e ci impedisce di obbligare a mantenere le promesse d'amore che si possono pronunciare, o farci credere con le azioni. Possiamo soltanto condizionare gli altri a reagire in modo che siano predisposti ad amare, ma l'effetto di questo condizionamento non è prevedibile, ne a lungo termine. Nessuno può essere sicuro di riuscire ad amare. Nessuno può obbligare se stesso a mantenere promesse d'amore. Dunque il bisogno di sicurezza d'amore è fonte di sofferenza, sia per chi chiede amore, che per chi lo dona. Perciò, razionalmente non possiamo accettare di aver bisogno della sicurezza di essere amati dagli altri per essere felici. Possiamo solo influenzare indirettamente le altre persone per farci amare. Attraverso l'influenza dei loro pensieri che a loro volta influenzano la loro volontà. I bisogni sono messaggi inviati alla coscienza dal cervello, in modo ciclico e temporale. I desideri sono atemporali, e possono essere sempre presenti. Lo scopo del cervello è: MANTENERE VIVO QUELLO CHE LO CARATTERIZZA COME APPARTENENTE ALLA SPECIE UMANA, IL DNA, ATTRAVERSO LA RIPRODUZIONE SESSUALE PER UN PERIODO LIMITE DI 150 ANNI. I bisogni si dividono in tre universi : il corpo, la mente, il cuore. Il corpo: Nell'universo esistono materia, energia e informazione. Il corpo umano è un particolare stato della materia dell'universo, ovvero è un sistema complesso di molecole organiche, in cui tutto ciò che ha interagito in passato continua a essere connesso nel presente. Questo organismo è fisicamente instabile ma ha la possibilità di rimanere in vita per 150 anni. L'instabilità è il fatto che le molecole legate perdono energia facendo spezzare i legami, a causa della dinamica del calore dell'ambiente in cui si trova, spiegata dalle tre leggi della termodinamica. Questa dinamica aumenta il grado di disorganizzazione dell'organismo, chiamato entropia, e tende a trasformare l'organismo in un sistema più stabile, che è un organismo morto, privo di calore produttore di movimento. Ma il tuo organismo realizza delle strategie per conservare la sua stabilità, attraverso tanti sistemi interni che fanno comunicare interno ed esterno attraverso dei fori, come il sistema respiratorio, il sistema digerente. Un esempio è il cuore che dopo una corsa batte più veloce, e poi tende a stabilizzarsi tornando allo stato normale. Se il battito accelera troppo c'è un arresto cardiaco che fa morire l'organismo. Il tuo organismo all'interno ha delle mini strutture che servono a combattere l'entropia, una di queste Uno deve conquistarsi l'amore per quanto riguarda le azioni che riguardano l'altro. L'ingenuità ci ripara dalla sensazione di dover difenderci dalle persone. Bisogna tenere conto dell'avidità, della disonestà, dell'amoralità, e persino dell'imbecillità degli altri, senza cadere nella tristezza per la loro esistenza. Per eliminare le aspettative dobbiamo eliminare la paura del dolore fisico, del disprezzo, della solitudine, della sconfitta, della delusione. Poiché esse sono emozioni naturalmente inevitabili. Le paure: Le paure sono sempre paure di qualcosa che non c'é, perché il pericolo è immaginato o proiettato dalla memoria sulla realtà. Legge naturale sulla paura: Il cervello sulla base della memoria che si ritrova crea un modello mentale della realtà, la giudica pericolosa, e invia un impulso alla attivazione del sistema d'allarme per la sopravvivenza, che propaga l'energia elettrochimica attraverso le fibre nervose arrivando a produrre una contrazione delle fibre muscolari di una zona del corpo, per produrre un azione. L'impulso della sofferenza mentale proviene dal cervello e non dalla realtà perché la civilizzazione eliminando i pericoli fisici dell'ambiente ha esteso l'ego dal corpo (sua unica realtà) a una serie enorme di ruoli e immagini, cioè di simboli non reali, facendo diventare il pensiero la principale attività percettiva. Per condizionare la memoria in senso positivo bisogna dimostrare a se stessi di avere la capacità di sapersi difendere dai pericoli da soli, di superare le difficoltà da soli, di farsi le coccole da soli, di saper conquistare l'amore degli altri. I sensi di colpa: Il desiderio di attaccamento: Il desiderio di attaccamento è il voler possedere ciò che piace o che è ritenuto utile per sé stessi. È connesso strettamente con il sistema delle credenze e con il sistema dei valori, in quanto questi ultimi qualificano un oggetto o un evento come importante o rilevante se è in grado di venire incontro a un determinato bisogno. Il possesso ci evita dal confrontarci con la fine di tutte le cose. Questo tipo di desiderio ci provoca sofferenza. Il problema è che non possiamo non desiderare certe cose. La sofferenza fa parte della categoria delle esperienze emotive. Una emozione è attivata dalla valutazione della situazione ambientale, che modifica e attiva l'organismo, per renderlo pronto all'azione. La valutazione emotiva della situazione avviene in relazione agli interessi dell'individuo, che sono disposizioni soggettive, a medio o lungo termine, a preferire determinati stati del mondo e di sé. Il processo di valutazione è rapido, e diviso in due aspetti: La valutazione primaria esplora e definisce il grado di pertinenza e di importanza dell'evento in riferimento al benessere dell'individuo. La valutazione secondaria esamina le diverse possibilità e modalità con cui l'individuo può far fronte alla situazione emotigena, come può controllarla e gestirla. In questo processo il soggetto esplora sia la sua capacità di affrontare e di dominare l'evento, sia la sua abilità di controllare e di regolare le proprie reazioni emotive. Essa consente all'individuo di stabilire, mantenere, o rompere le relazioni col mondo o con gli altri, e di monitorare la propria esperienza emotiva in relazione agli scopi, desideri e valori che sono per lui significativi e rilevanti, al fine di mantenere una condizione di soddisfacente di benessere. Il benessere serve al cervello, e lo scopo del cervello è far fare buon sesso all'essere umano, e ripetere questa funzione nel tempo, per far sopravvivere i geni del DNA. Poiché negli esseri umani la memoria di lavoro ha una capacità limitata, essi tendono a minimizzare il carico della memoria di lavoro costruendo modelli mentali che rappresentano ciò che è vero, ma non ciò che è falso. L'illusione cognitiva dipende dalla mancata rappresentazione di ciò che è falso. Le persone si fanno rappresentazioni incomplete in cui sono assenti le informazioni implicite mentre si focalizzano su quelle esplicite. La riduzione di meccanismi di focalizzazione è possibile cercando di attivare la costruzione di rappresentazioni più ricche, incoraggiando la ricerca di informazioni su azioni alternative. Lo scopo dell'attivazione del sistema d'allarme, la paura, è l'azione atta a risolvere problemi di sopravvivenza. Viene attivata in conseguenza a eventi che il cervello giudica pericolosi per la sopravvivenza dei geni. Le zone muscolari sono prevalentemente addominali. La nostra incapacità di controllare tutti i ruoli e le immagini con i quali ci identifichiamo ci porta a sentirci continuamente aggrediti in qualche parte simbolica del nostro ego, perché il nostro sistema d'allarme non distingue tra aggressioni reali e aggressioni simboliche pensate. Di conseguenza soffriamo continuamente e siamo infelici, perchè i pericoli inventati dal nostro pensiero sono praticamente infiniti, alcuni attinenti al mondo che ci circonda, altri al nostro ego corporeo. Esiste il sistema autolesivo il cui scopo è provocare la propria morte, volontariamente o involontariamente. Quando la tensione oltrepassa il limite funzionale per raggiungere il successo, cioè la pulsione a correggere dei comportamenti controproducenti per placare il dolore, oppure la tensione è attivata verso qualcosa che non è reale, passa da eustress a stress, perché non più necessaria alla natura, poiché diventa un sistema autolesivo. La nostra serenità, che è la capacità di reagire positivamente in qualunque situazione, deve essere imposta nella mente inconscia. Perché quando la paura è negata e non è riconosciuta, viene spostata nella nostra memoria inconscia, per fingere che non sia mai esistita, da dove esercita un effetto potente e spesso deviante. Perciò ci sono due cose che dobbiamo fare: – portare consapevolezza ai nostri processi psichici per far si che si plachino naturalmente, senza opporre resistenza che aumenterebbe la tensione, in modo da non creare nuovi ricordi traumatici, e condizionare il futuro in modo positivo. – Lottare per accumulare successi e creare la fiducia in noi stessi di cui abbiamo bisogno per non farci spaventare dai ricordi delle privazioni subite in passato. L'iperprotettivismo dell'industrializzazione ci impedisce di lottare per imparare a gestire la nostra sofferenza sentendola senza fuggirla, perciò la nostra personalità rimane infantile, e siamo costretti a soffrire in cerca di un genitore. La consapevolezza è un processo in cui una parte della percezione ha come proprio oggetto la restante parte della percezione. Ossia un processo in cui la percezione percepisce se stessa. Infatti se sei consapevole delle tue sensazioni, delle tue emozioni, dei tuoi pensieri, sono essi a essere l'oggetto della tua percezione e non i loro rispettivi oggetti. La percezione di un oggetto in un ambiente è composta da tre subpercezioni. 1 la percezione dell'oggetto 2 la percezione della reazione emotiva 3 la percezione di me stesso che percepisco Dalla memoria a lungo termine nascono i pensieri. Il pensiero è il risultato dell'evoluzione biologica, quindi ha lo scopo di tutte le funzioni biologiche : la sopravvivenza. Il pensiero riduce l'insicurezza che c'é nello scorrere del tempo. La prima strategia del pensiero è la creazione di modelli mentali, che sono rappresentazioni e simulazioni immaginative di situazioni reali, ipotetiche o immaginarie, nelle quali vengono svolte azioni. Lo scopo dei modelli mentali è prevedere eventi, fare ragionamenti e costruire spiegazioni utili a prevedere nuovi eventi. I modelli mentali sono costruiti a partire dalla percezione, dalla comprensione del linguaggio, dall'immaginazione e dalle conoscenze depositate nella memoria. Lo scopo del ragionamento è la ricerca della verità. Se I nostri sensi generano solo esperienze soggettive, non possiamo poi usare gli stessi sensi per arrivare ad avere una conoscenza oggettiva delle nostre esperienze, quindi usiamo il pensiero. Ci sono pensieri non attinenti alla realtà malefici e benefici. E il pensiero che da piacere è benefico (come il pensiero creativo), il pensiero che da sofferenza è malefico (come le paure). Lo scopo immediato del pensiero è scaricare la tensione eccessiva attraverso l'azione pensata, dunque è un surrogato dell'azione, perché consiste fondamentalmente nella simulazione immaginativa dell'azione. Il cuore: La parte emotiva ha bisogno di fiducia. La fiducia serve a credere nella propria capacità di sopravvivere e di trovare piacere da soli. Se permetti a qualcuno di farti del male, anche in modo paradossale, trattandoti nel modo più dolce, ma di una dolcezza che ti crea dipendenza e desiderio di rivivere il ricordo di quel piacere, questo qualcuno, pur sapendolo, questa persona può farti del male, e dire che non è colpa sua se ti ha fatto del male. Il bisogno è l'assenza di ciò che si vuole. Il desiderio è il pensiero della presenza di ciò che si vuole. Con la ragione dobbiamo risolvere. Col cuore dobbiamo accettare. Ma poiché non possiamo essere perfetti, e dunque riuscire a calcolare tutte le azioni migliori per soddisfare i nostri desideri e realizzarle. Per non soffrire dobbiamo accettare ciò che non possiamo cambiare. Raggiungendo uno stato in cui non c'è né desiderio né mancanza, ma amore per la vita che la coscienza vive, ovvero serenità. Per il corpo la cellula ha un bisogno inestinguibile di energia nuova per mantenere i legami delle molecole che la fa esistere. Questa energia può essere l'adenosintrifosfato, o il calore, o l'energia psichica, dipende dal momento. Come il tuo ego deve fornirgli le materie energetiche, deve fornirgli tutto il resto. Quando il tuo ego s'innamora ti sta comunicando il bisogno di essere amata, stimata, approvata, esaltata, ma deve essere quello che fai a farti sentire amata, perché puoi essere sicura solo di te stessa che farai quello di cui hai bisogno, mai degli altri. Una volta consumata la materia, viene dissipata in energia degradata e scaricata attraverso il sistema digerente che sfocia nel foro chiamato ano. Per assorbire i flussi l'organismo viene messo in movimento da tensioni elettrochimiche, chiamate bisogni, che agiscono sui muscoli relativi agli organi a cui manca materia, energia o informazione. I bisogni fanno scattare delle pulsioni sui fori, per aprirli, con una meta esterna determinata dalla mente. Perché tutti siamo stratificati in tre universi, cioé possibili luoghi interiori dai quali si può percepire l'ambiente esterno : un corpo, una mente e un cuore, che hanno leggi di funzionamento differenti, ma ognuno interferisce sull'altro. E stratificati in tre personalità, cioé possibili adattamenti all'ambiente : bambino, adulto, genitore. Tutti I mammiferi percorrono nel corso della loro vita un'evoluzione naturale che presenta tre fasi: il cucciolo, l'adulto, il genitore. Rimanendo costantemente consapevole che la vita è un continuo movimento, che ha per regole le leggi naturali (fisiche, biologiche, psicologiche) e per metaregole le leggi sociali (economiche, politiche, etiche, morali, religiose); Le leggi naturali sono assolute, e determinano quali sono sia le possibili situazioni di stabilità, cioè gli stati di equilibrio. Le metaregole sono relative e servono a mantenere un particolare stato di equilibrio (esse vengono ridefinite in seguito alle trasformazioni sociali). L'angelo messaggero deve calcolare cosa è giusto fare. Scegliere quali azioni compiere è una necessità. Per poter scegliere il giusto si deve conoscere la realtà. Ma la nostra conoscenza, delle situazioni, del comportamento altrui, e degli effetti delle varie scelte, è sempre imperfetta. Più qualcuno riesce a calcolare meglio la scelta, più sarà perfetto l'effetto. Ma non si può barattare il cuore con la ragione, perché esse hanno bisogno di lavorare insieme. Questo stato si realizza attraverso l'unione di esperienza e conoscenza, che fanno ragionare il cuore e la mente insieme. L'esperienza è ciò che lasciamo nella memoria attraverso azioni reali. La conoscenza è ciò che lasciamo nella memoria attraverso il pensiero. Il pensiero utilizza un linguaggio che è astratto, e permette di affrontare versioni semplificate della realtà. La semplificazione della ragione costituisce una limitazione che deve essere compensata dal cuore. Conoscendo che tutte le cose hanno delle cause si può ragionare su noi stessi e pensare che il passato condiziona il presente, e il presente condiziona il futuro, possiamo dedurre che ogni nostro accadimento è una conseguenza dei nostri atti, e se la nostra sofferenza è un nostro accadimento, allora dobbiamo capire da cosa nascono i nostri atti che ci fanno soffrire. Il cucciolo è caratterizzato dalla non autosufficienza. L'adulto è caratterizzato dall'autosufficienza. Il genitore è caratterizzato dalla dedizione ai cuccioli. La non autosufficienza procura al cucciolo uno stress, cioè uno stato di paura cronica. Ed è caratterizzato da uno stato soggettivo di paura cronica, di bisogno di protezione, di dipendenza dal genitore. In natura gli animali genitori insegnano ai loro cuccioli I comportamenti atti alla sopravvivenza. La nostra reazione alle situazioni è condizionata dalla nostra esperienza passata, ossia dalla nostra memoria, e dalle nostre conoscenze mentali, che non derivano dalle nostre esperienze, ma dal pensiero ragionato, che vengono registrate anche esse nella memoria. Se nel passato abbiamo ricevuto privazioni sensoriali, o affettive, saremo condizionati a reagire in modo da abbassare al massimo grado possibile la probabilità che accada una nuova privazione. Questa verità è verificabile nel fatto che una stessa situazione produce reazioni diverse in persone diverse, in periodi diversi della vita, perché le reazioni alle situazioni dipendono dalla mente e non dalla realtà. Poiché nessuno conosce la realtà oggettiva ma solo la sua trasduzione cerebrale. Perciò il sistema autolesivo proviene dalla mente inconscia contenente ricordi con carica emotiva negativa. Ognuno può costruire la propria autoimmagine. Il procedimento è la ripetizione di un'immagine o di un modello concettuale, in modo che si possa sedimentare nella memoria, e possa agire automaticamente. Perché l'inconscio produce comportamenti conformi alla propria autoimmagine. I giudizi degli altri contribuiscono al rafforzamento dell'autoimmagine negativa. E costruendo una autoimmagine positiva anche gli altri si fanno un'immagine positiva di te, perché il tuo comportamento diventa positivo, ed eviti di ricevere giudizi negativi. Il pensiero: Abracadbra significa, creo quello che dico. Questo perché è evidente che il pensiero, e il linguaggio, interferiscono nella nostra vita. Quando pensiamo qualcosa che è in armonia con i nostri intenti complessivi, che non abbiamo deciso noi ma che si trovano nella nostra parte incosciente, il nostro cervello ci trasmette un'emozione positiva, perché stiamo creando ciò che vogliamo. Quando pensiamo qualcosa che non è in armonia con i nostri intenti complessivi, che non abbiamo deciso noi ma che si trovano nella nostra parte incosciente, il nostro cervello ci trasmette un'emozione negativa, perché stiamo creando ciò che non vogliamo. Sesso Il significato del sesso cambia in base all'autoimmagine in cui ci si identifica, che si proietta sull'esperienza sessuale. L'indentificazione avviene traducendo in comportamenti ed emozioni ciò che l'autoimmagine, un insieme di idee mentali che costistuiscono uno stile di vita, ci dice. Questa autoimmagine produce l'emozione con la quale giudichiamo l'esperienza sessuale. Una autoimmagine posseduta dal bisogno d'affetto è disgustata dal sesso senza affetto. La personalità infantile, non cresciuta, non distingue il livello affettivo da quello sessuale perché il livello affettivo è il suo bisogno primario, dato che non sa sopravvivere da solo, e non sa offrire qualcosa che possa attrarre l'altro per portarlo a decidere di soddisfarlo sessualmente. Al contrario una autoimmagine caratterizzata dall'assenza di bisogno di affetto è estasiata dal sesso senza affetto. Perciò, si ha la possibilità di vivere il sesso come : 1.uno sfogo (comporta una incapacità a resistere) 2.un atto di piacere personale, attraverso l'uso (comporta un interesse da entrambe le parti, che può non essere uguale) 3.un atto di piacere comune, attraverso il gioco (comporta una conoscenza dei desideri dell'altro e una somiglianza con i propri) 4.un atto d'amore (comporta una profonda conoscenza dell'altro) L'incapacità a resistere viene spesso dallo stile di vita agiato, poiché abitua ad avere poca resistenza, e tanta noia. Sono quattro livelli in cui il piacere aumenta, perché coinvolge tutti i nostri livelli. Nel momento in cui siamo capaci di vivere tutti questi livelli, la modalità in cui rapportarci al sesso diventa una scelta. Se non abbiamo la capacità di vivere tutti e quattro i livelli, siamo costretti a vivere solo quelli che abbiamo appreso a vivere. E non c'è nulla che impedisca di non scegliere una delle modalità, se non l'incapacità di resistere all'eccitazione, o la fretta. La scelta non denota la giustizia, ma solo il livello di personalità con la quale ci si identifica. Esiste molta ipocrisia da parte delle donne. Esse accusano gli uomini di essere superficiali, cioè di volere il loro corpo e non la loro mente, semplicemente perché spesso pensano prima di tutto al loro orgasmo, e non a quello delle donne. Le donne vogliono sesso con cura della loro personalità. Una persona indifesa, che fugge perché aumenta il desiderio. Perché cercano emozioni forti. I dettagli determinano il desiderio. Un morto di figa non si vuole perché non ci sente speciali. Per fare l'amore si deve divinizzare l'altra persona. E non puoi farlo con una persona che non conosci. Per alcune è tutto nella mente della persona che crede di essere piaciuta. L'orgasmo è una reazione del corpo durante l'atto sessuale, in conseguenza a un'intensa eccitazione delle zone erogenee e degli organi genitali, il quale provoca un intenso piacere nella zona genitale, e un intenso rilassamento su tutti i muscoli del corpo. Dunque annulla i conflitti, e i pensieri tensivi, ed è questa ricompensa del corpo che crea la motivazione al cervello per agire in modo da riprodursi. La struttura di una relazione sessuale La relazione sessuale ha un inizio, un centro e una conclusione. Non puoi passare al centro finché non hai completato l'inizio, e non puoi arrivare alla conclusione finché non avrai prima completato il centro e l'inizio. L'inizio è caratterizzato dal corteggiamento. Il centro è caratterizzato dalle relazioni sessuali. La conclusione è caratterizzata dalla separazione. A sua volta il corteggiamento ha una struttura tripartita in inizio, centro e conclusione. L'inizio del corteggiamento è l'attirare. Il centro del corteggiamento è il centro partita. Il finale del corteggiamento è il finale di partita. ATTRAZIONE Attirare : in senso transitivo, significa indurre ad avvicinare o ad aderire a. tirare verso di sé (come la calamita attira il ferro); b. richiamare mediante un interesse naturale o suscitare un'emozione o il senso estetico: allettare (attirare l'attenzione). Sedurre: 1: indurre alla disobbedienza o alla slealtà. 2: condurre fuori strada di solito con la persuasione o con false promesse. 3: esercitare seduzione fisica : indurre al rapporto sessuale. Un numero quantificabile di fondamentali azionatori di attrazione sono innestati nel processo di selezione di ogni uomo e di ogni donna sul pianeta terra. Determinati interruttori scattano in presenza di un legittimo valore di riproduzione. Al tempo stesso gli interruttori possono spegnersi in presenza di indicatori che suggeriscono un valore di riproduzione negativo. Poiché il cervello sa fin dalla nascita che accoppiarsi con una ragazza giovane e in piena forma anziché con una donna in menopausa aumenterà le probabilità di esito felice per la riproduzione dei geni. I nostri interruttori sono strutturarti in modo da rispondere a determinate qualità, come uno specifico rapporto vita/bacino, e altri indicatori di giovinezza e salute. Se una donna possiede e può esibire una determinata qualità a cui uno dei tuoi interruttori di selezione sessuale è programmato (adattato evolutivamente) a rispondere, tu sentirai un'immediata attrazione per lei, senza neppure aver bisogno di pensarci. Anzi, in proposito non avrai neppure scelta. La maggioranza degli interruttori di attrazione di un uomo è strutturata in modo da rispondere al valore di riproduzione di una donna. Solo una minoranza risponde al suo valore di sopravvivenza. Anche se le tette di una donna sono rifatte, proverai per lei una maggiore attrazione che se avesse un seno piccolo. Le qualità di base di un uomo che azionano gli interruttori di attrazione di una donna sono la salute, la forza fisica, la sicurezza di sé, l'allegria. La preselezione Questo interruttore di attrazione esiste non soltanto negli esseri umani ma anche in quello di molti altri animali. Un tetraone maschio (un tipo di uccello) avrà grosse difficoltà ad attirare una femmina se è solo. Con accanto una femmina impagliata, presto altre femmine entreranno nel suo territorio e si accoppieranno con lui. Allo stesso modo, se una donna riscontra che un uomo è sessualmente attraente per altre donne, subito sentirà un'attrazione verso di lui. Che si tradurrà in una azione per sedurlo se la donna è sicura delle proprie possibilità, o in un disprezzo verso il suo compiacimento delle sue capacità per una insicurezza nelle sue capacità. È in questo caso che subentra l'utilità del nome dispregiativo “puttaniere” o “porco”. L'educazione sessuale è un termine generale che comprende vari temi e varie discipline connessi all'educazione, in modo particolare il rapporto tra i ragazzi ed i coetanei (e anche con gli adulti) in periodo di maturazione sessuale, l'anatomia e la fisiologia dell'apparato genitale, i cambiamenti che avvengono durante la pubertà, la psicologia, le problematiche di tipo morale, la conoscenza delle abitudini legate all'ambiente di provenienza dei ragazzi oggetto di educazione, le curiosità dei ragazzi stessi (che abbracciano tutti gli aspetti delcomportamento sessuale umano). I tipici canali dell'educazione sessuale e della trasmissione delle prime informazioni sono primariamente i genitori (in particolare, per quanto riguarda le bambine, si tratta solitamente della madre), poi vengono gli insegnanti, (che seguono primariamente le indicazioni del MIUR, poi delle Regioni o Provincie, con le loro direttive specifiche, sino ad arrivare alle decisioni dei singoliIstituti Scolastici, nella loro autonomia didattica). Altri canali sono gli educatori a vario livello (educatori religiosi, capi scout, responsabili o allenatori di società sportive e così via). Poi non è possibile dimenticare gli organi di informazione, prima tra tutti, nella disponibilità dei ragazzi, la rete, intesa come accesso ad internet ed a tutto quanto vi è contenuto. Questa cartolina di inizio Novecento si riferisce al problema delle gravidanze indesiderate. È evidente la simbologia della cicogna, usata a lungo per spiegare ai ragazzi la nascita di una nuova vita. Secondo questa favola i bambini li porta la cicogna Primo approccio alla sessualità - La famiglia I genitori, sin dai primi anni di vita del bambino o della bambina, sono chiamati all'importante compito di dare una corretta informazione eformazione, anche in questo campo. Le prime curiosità sono solitamente le più difficili da soddisfare, ma proprio per questo sono anche quelle che è più importante affrontare in modo corretto. In questo viene in aiuto la copiosa letteratura specifica, ma la disponibilità e l'apertura dei genitori nei confronti dei figli sono, da sole, l'aiuto più grande che i piccoli ricevono per il loro corretto sviluppo intellettuale ed emotivo. La reazione corretta, da valutare caso per caso, alle prime manifestazioni della sessualità saranno una sorta di impronta comportamentale che influenzerà il resto della vita. Educazione alla sessualità ed alla affettività - La scuola [modifica] Due giovani ragazze in età scolare Questa voce o sezione non cita alcuna fonte o le fonti p insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fon attendibili seguendo le linee guida sull'uso delle fonti. Specifica la data: {{F|argomento|mese anno}} Negli ultimi anni, nella scuola italiana, pur nella inevitabile differenziazione anche da istituto a istituto, si è affermato un approccio al tema di tipo collegiale. Innanzitutto è quasi sempre previsto un corso specifico, formato anche solo da alcune lezioni su uno o più argomenti particolari, nell'anno conclusivo della scuola secondaria di primo grado (cioè in terza media). Non mancano esperienze nella scuola primaria (scuola elementare) e approcci più approfonditi nella scuola secondaria superiore. L'educazione alla sessualità ed alla affettività, anche se può essere trattata da un solo docente della classe, solitamente l'insegnante diScienze, viene concordata, di prassi, con l'intero Consiglio di classe, e partecipano, a vario titolo, gli insegnanti di Lettere, di Religione e diEducazione fisica. Nella programmazione questa attività coinvolge anche i genitori, che possono essere solo i genitori eletti come rappresentanti, o tutti i genitori, con riunioni aperte alle famiglie. Non mancano, in alcune regioni o province, gli interventi di personale delleASL o del SSN per attività di approfondimento, specialmente per quanto riguarda gli aspetti psicologici e i particolari, adatti all'età dei ragazzi, attinenti il rapporto sessuale, i metodi anticoncezionali, le malattie sessualmente trasmissibili, l'igiene personale, le dipendenze e ilconsultorio. L'educazione sessuale di solito descrive l'origine e lo sviluppo di un nuovo essere umano, partendo dalla fecondazione, parlando poi dello sviluppo dell'embrione e del feto, per arrivare al parto. Il tipo di attività che svolge ogni singola classe, tuttavia, non è definibile con precisione, perché, come si è detto, in questo caso le variabili sono molte. Generalità sull'insegnamento dell'educazione sessuale [modifica] Aspetti dell'educazione sessuale fanno parte del curriculum di molte scuole in tutto il mondo, ma in molti Paesi rimane materia controversa, specialmente per quanto riguarda l'età in cui si dovrebbe cominciare a impartire agli studenti tale educazione, che tipo di dettagli e quali argomenti si debbano toccare. Nel 1936, Wilhelm Reich scrisse che l'educazione sessuale dei suoi tempi era diseducativa perché si limitava alla biologia, senza toccare gli aspetti psicologici dell'attrazione e delle pulsioni, che erano quelli a cui gli adolescenti erano più interessati [1] In molti Paesi, l'educazione sessuale è oggetto di animate discussioni. I punti che più generano controversia sono: se sia bene includere argomenti come la sessualità infantile, l'uso di anticoncezionali come il profilattico e la "pillola" e i loro possibili benefici nel limitare il numero di figli nati fuori del matrimonio, le ragazze madri e le malattie trasmesse sessualmente, come l'AIDS. La recente campagna contro il sesso prematrimoniale portata avanti da gruppi conservatori negli USA è stata la causa principale di queste controversie. Dal punto di vista statistico si può notare come Paesi con tradizioni conservatrici verso l'educazione sessuale, inclusi l'Inghilterra e gli Stati Uniti, hanno una percentuale più elevata di malattie sessuali e di ragazze-madri. Il difforndersi dell'AIDS ha dato nuovo impulso all'importanza dell'educazione sessuale. In molte nazioni dell'Africa dove l'HIV-AIDS è a livello epidemico, l'educazione sessuale è considerata dalla gran parte degli scienziati come una strategia essenziale del Ministero della Salute di ogni Paese. Alcune organizzazioni internazionali come Planned Parenthood ritengono che i programmi di educazione sessuale portino benefici a livello globale, come per esempio il controllo del rischio di sovrappopolazione e il progresso dei diritti delle donne. L'educazione sessuale nel mondo [modifica] Stati Uniti [modifica] Negli USA quasi tutti gli studenti ricevono qualche forma di educazione sessuale almeno una volta nella Scuola Media inferiore o superiore. Molte scuole cominciano a trattare qualche argomento negli ultimi anni delle elementari. Ad ogni modo, ciò che gli studenti imparano varia molto da scuola a scuola perché le decisioni sul curriculum sono decentralizzate . Molti Stati hanno leggi che regolano quanto si insegna nelle lezioni di educazione sessuale, ma lasciano comunque decidere ai genitori se permettere ai figli di seguirle. Alcuni Stati lasciano ai singoli distretti scolastici le decisioni sul curriculum. Per esempio, in una ricerca del 1999, il Guttmacher Institute ha trovato che nella maggioranza dei corsi di educazione sessuale nella Scuola Media inferiore e superiore si spiegavano argomenti come il passaggio alla maturità sessuale-pubertà, l'HIV, le Malattie sessualmente trasmissibili, l'astinenza (castità), il problema delle ragazze-madri e come resistere alla pressione dei coetanei. C'era invece notevole disparità di trattazione su altri argomenti come i metodi anticoncezionali e di prevenzione delle malattie, le tendenze sessuali, la violenza sessuale e la pratica e l'etica circa l'aborto. In America, l'educazione sessuale si insegna in due forme principali: quella completa e quella che si limita alla sola astinenza. L'educazione sessuale completa tratta anche dell'astinenza come di una scelta valida, ma insegna al tempo stesso i metodi di contraccezione e di prevenzione delle malattie, per gli studenti sessualmente attivi. Una ricerca effettuata nel 2002 dalla Kaiser Family Foundation ha trovato che il 58% dei presidi delle Scuole Medie inferiori e superiori affermavano che il loro programma di educazione sessuale era completo. L'educazione sessuale focalizzata sull'astinenza (castità) insegna ai ragazzi e ragazze che dovrebbero rimanere sessualmente astinenti fino al matrimonio e non provvede informazioni sui contraccettivi. Nella ricerca della Kaiser, il 34% dei presidi di Scuola Media superiore affermavano che il principale messaggio del loro programma consisteva nell'astinenza. La differenza tra questi due approcci e il loro impatto sul comportamento dei giovani rimane argomento controverso negli USA. A partire dal 1991 la percentuale di ragazze-madri è diminuita notevolmente e una leggermente più alta percentuale di giovani afferma di osservare l'astinenza. Tuttavia, gli USA hanno ancora la più alta percentuale di ragazze-madri e delle Malattie trasmesse sessualmente tra i giovani di tutto il mondo industrializzato. Da statistiche condotte per vari anni risulta che la grande maggioranza degli Americani sono in favore di programmi completi di educazione sessuale, a preferenza di quelli che insegnano solo l'astinenza. Di recente invece, gli educatori che favoriscono l'astinenza hanno pubblicato dati statistici con risultati totalmente opposti. I sostenitori dell'educazione sessuale completa spiegano che i rapporti sessuali tra i giovani sono un dato di fatto e che quindi è di somma importanza provvedere informazioni circa i rischi e i metodi per evitarli. Sottolineano anche che la mancanza di tale informazione fa crescere la percentuale di gravidanze indesiderate e di malattie. D'altro canto, i paladini dell'educazione sessuale focalizzata sull'astinenza sono contrari ai programmi che non insegnano la responsabilità morale del comportamento. Sostengono che l'insegnamento di una moralità che limita i rapporti sessuali solo all'interno del matrimonio è "salutare e costruttivo" e che le informazioni sul comportamento sessuale non accompagnate dal contesto etico possono portare a pratiche immorali e dannose. In questa ultima decade, il governo federale ha appoggiato i programmi che insegnano solo l'astinenza destinando ad essi oltre un miliardo di dollari. Alcuni Stati, come la California, rifiutano i finanziamenti in modo da poter continuare i programmi completi di educazione sessuale. Gli altri Stati che hanno seguito la California in questa decisione sono il Connecticut, il Maine, il Montana, il New Jersey, la Pennsylvania, l'Ohio, il Rhode Island, il Washington e il Wisconsin. Il finanziamento per uno dei due più importanti programmi di sola astinenza, il Titolo V, è stato esteso solo fino alla fine del 2007. Il Congresso sta decidendo se prolungarlo. I risultati del crescente numero di programmi di sola astinenza rimangono problematici. Fino ad oggi non è stata pubblicata nessuna ricerca atta a provare che i programmi di sola astinenza hanno fatto spostare l'età dei primi rapporti tra i giovani. Nel 2007, una ricerca commissionata dal Congresso USA ha appurato che gli studenti delle Scuole Medie inferiori che avevano seguito i programmi di educazione sessuali di sola astinenza avevano la stessa incidenza di rapporti prematrimoniali e di uso di contraccettivi rispetto a quelli che non avevano seguito tale programma. I sostenitori dei programmi di sola astinenza hanno obiettato che la ricerca è poco credibile perché il campione era troppo piccolo ed è cominciata quando i programmi erano ancora all'inizio. Inoltre, altre ricerche hanno invece dimostrato effetti positivi. Europa [modifica] • In Inghilterra e nel Galles, l'educazione sessuale nelle scuole pubbliche non è obbligatoria e i genitori possono non permettere ai loro figli di partecipare alle lezioni. Il programma si focalizza sugli organi di riproduzione, lo sviluppo del feto e i cambiamenti fisici e psicologici della pubertà. Le informazioni circa i contraccettivi e la prevenzione delle malattie sono a discrezione delle scuole locali. L'Inghilterra ha una delle percentuali più alte di ragazze-madri d'Europa e l'educazione sessuale è un argomento molto dibattuto dal governo e dai media. In una ricerca condotta nel 2000 dall'Università di Brighton, molti quattordiciquindicenni hanno manifestato disappunto sui contenuti delle lezioni di educazione sessuale. Hanno percepito una mancanza di fiducia verso gli insegnanti che impediva loro di fare domande esplicite sui contraccettivi. • In Scozia, il principale programma di educazione sessuale si chiama "Sano Rispetto" (Healthy Respect) e si concentra non solo sugli aspetti biologici della riproduzione ma anche sui rapporti umani e le emozioni. Il programma comprende anche le informazioni sui contraccettivi e le malattie, per incoraggiare una buona salute sessuale. Dato che le Scuole Cattoliche si sono rifiutate di adottare questo programma, ne è stato preparato un altro specifico per queste scuole. Finanziato dallo Scottish Executive, il programma, denominato "Chiamata all'Amore" (Call to Love) incoraggia i giovani a rimandare i rapporti sessuali al matrimonio e non dà informazioni sui contraccettivi. In questo modo è una forma di educazione sessuale di sola astinenza. • In Francia, l'educazione sessuale fa parte dei programmi scolastici fin dal 1973. Le Scuole sono tenute a impartire 30-40 ore di educazione sessuale e distribuire profilattici agli studenti di terza media e prima superiore. Nel gennaio 2000, il Governo francese ha lanciato una campagna sui contraccettivi con spot pubblicitari su radio e TV, e la distribuzione di 5 milioni di opuscoli sullo stesso argomento agli studenti delle Scuole Superiori. • In Germania, l'educazione sessuale fa parte dei programmi scolastici fin dal 1970. Di solito include tutti gli argomenti riguardanti il processo di maturazione dal punto di vista biologico, psicologico e sociale: i cambiamenti nel corpo, la riproduzione, le emozioni, l'atto sessuale, la vita di coppia, l'omosessualità, le gravidanze non volute, le complicazioni dell'aborto, i danni della violenza sessuale, compresa quella sui minori e le malattie. A volte comprende altri argomenti discrezionali come le posizioni dell'atto sessuale. La gran parte delle scuole offre lezioni sull'uso corretto dei contraccettivi. Ci sono anche altri mezzi di comunicazione che trattano l'educazione sessuale, al primo posto la rivista per giovani "Bravo", che contiene sempre una sezione dove i giovani rivolgono domande sulla sessualità e la vita di coppia. • In Olanda dalla fine del 1980 il Governo sponsorizza il programma "Amore per tutta la vita" (Lang leve de liefde), che ha lo scopo di dare ai giovani le conoscenze sufficienti perché prendano decisioni ragionate in materia di salute e sessualità. In quasi tutte le Scuole Medie inferiori e superiori si trattano argomenti di educazione sessuale nei corsi di biologia e in oltre la metà delle scuole elementari si comincia a parlare di sessualità e metodi contraccettivi. Il programma verte tanto sugli aspetti biologici che su quelli morali e psicologici, come ad esempio l'importanza di capacità comunicative e di compromesso all'interno della coppia. I mass media incoraggiano il dialogo aperto sull'argomento e la Sanità Pubblica garantisce ai cittadini riservatezza e atteggiamento neutrale. L'Olanda ha una delle percentuali più basse di ragazze madri al mondo e il sistema olandese è spesso considerato un esempio per gli altri Paesi. • In Svezia, l'educazione sessuale fa parte integrante dei programmi scolastici fin dal 1956. Si comincia a trattare gli argomenti dalle prime classi elementari e si continua per tutti gli anni, all'interno di argomenti disparati quali la biologia e la storia. • In Finlandia, la Population and Family Welfare Federation distribuisce a tutti i quindicenni un kit introduttivo di educazione sessuale che include un opuscolo, un profilattico e il video di una storia d'amore in cartoni animati. Asia [modifica] I programmi di educazione sessuale sono a differenti livelli di sviluppo nei vari Paesi. • L'Indonesia, la Mongolia, la Corea del Sud e lo Sri Lanka hanno direttive governative sistematiche per insegnare argomenti sessuali nelle scuole. • La Malesia, le Filippine e la Thailandia stanno sviluppando dei programmi specifici per gli adolescenti, con lezioni, messaggi sui media e materiali didattici. *L'India dispone di programmi che si indirizzano agli studenti delle scuole dai nove ai sedici anni. Le lezioni si inseriscono in varie parte del curriculum e generalmente includono aperti scambi di opinione tra studenti e professori. In India, si sta svolgendo un vivo dibattito circa gli argomenti dell'educazione sessuale, specialmente sul problema se sia il caso di ampliarlo. • Il Bangladesh, il Myanmar, il Nepal e il Pakistan non hanno al momento programmi coordinati di educazione sessuale. • In Giappone, l'educazione sessuale è obbligatoria a partire dai dieci o undici anni, e tocca principalmente gli aspetti biologici, come la mestruazione e l'eiaculazione. • In Cina, l'educazione sessuale tradizionalmente consiste nella lettura del capitolo dedicato alla riproduzione umana sui testi di biologia. Ma nel 2000 l'Associazione Cinese di pianificazione Familiare ha introdotto un progetto quinquennale per "promuovere l'educazione alla salute sessuale tra gli adolescenti e i giovani cinesi non sposati" in dodici distretti urbani e tre contee. In questo programma si toccano anche argomenti come gli aspetti psicologici e relazionali dell'attività sessuale e la prevenzione delle malattie sessuali. La International Planned Parenthood Federation e la BBC World Service hanno trasmesso una serie di 12 puntate sotto il nome di Sexwise, in cui si discute di educazione sessuale, educazione alla vita in famiglia, contraccettivi e educazione dei figli. È stato stato lanciato in anteprima nei Paesi asiatici. Africa [modifica] Poster che mettono in guardia contro il pericolo dell'AIDS ad Abidjan in Costa d'Avorio L'educazione sessuale in Africa si concentra sulla battaglia contro l'HIV/AIDSS, che ha raggiunto livelli epidemici. La maggioranza dei governi hanno stabilito programmi di educazione contro l'AIDS in accordo con l'Organizzazione Mondiale della Sanità e ONG internazionali. Questi programmi di solito insegnano gli elementi di base della prevenzione contro l'HIV, e sono stati spesso sostenuti dall'amministrazione Bush. Si tratta di una combinazione di astinenza, fedeltà alla moglie e uso del profilattico. Gli sforzi di queste campagne educative sembra che comincino a portare frutti. • In Uganda, l'uso del preservativo è aumentato, i giovani stanno procrastinando l'epoca del primo rapporto e la percentuale generale dell'AIDS sta diminuendo. • In Egitto nelle scuole pubbliche si insegnano ai tredici-quattordicenni nozioni circa il sistema riproduttivo maschile e femminile, gli organi sessuali, tecniche contraccettive e le malattie sessuali. È in corso una collaborazione tra l'UNDP, l'UNICEF, e i ministeri della salute pubblica e dell'educazione per espandere l'educazione sessuale anche nelle zone di campagna, e informare la gente sui pericoli della circoncisione femminile - clitoridectomia. Educazione sessuale ed aspetti religiosi [modifica] Molte religioni intervengono in materia di rapporti sessuali e, quindi, di educazione sessuale. Il tipo di organizzazione statale influisce fortemente su questo aspetto. Per alcuni è compito dello stato insegnare questa materia, per altri tale compito è prerogativa della famiglia. L'enorme differenziazione delle posizioni rende impossibile trattare esaurientemente questo tema, e si rimanda alle voci delle singole confessioni religiose per i necessari approfondimenti. Educazione sessuale corretta, cioè adatta ad ogni individuo [modifica] Il figlio cerca il consiglio del padre sull'amore Un padre offre consiglio sull'amore al figlio. Il suo consiglio consiste nel scegliere l'amante che lo desidera per la sua bellezza interiore. Se si dimentica che ogni essere umano è un individuo, che merita rispetto in ogni sua espressione, alla sola condizione che sia rispettata la libertà di tutti, possono insorgere problematiche riguardo all'insegnamento dell'educazione sessuale, frutto dipregiudizio o di rifiuto di chi viene ritenuto diverso o malato. Le lesbiche, i gay, ibisex, e i transessuali (LGBT), (anche se non sempre i ragazzi, data la loro giovane età, si rendono ancora pienamente conto della loro inclinazione sessuale) possono subire azioni discriminatorie, che vanno dal bullismo, alla violenza al rifiuto durante le lezioni di educazione sessuale. I loro problemi possono essere ignorati, talvolta anche per la discrezione o il timore degli stessi ragazzi che non hanno la possibilità o il coraggio di manifestare la loro posizione. Una corretta educazione sessuale prevede spazi anche per questi temi, e la sensibilita di alcuni insegnanti può superare le difficoltà iniziali. In assenza di aperte discussioni, questi giovani, in una fase delicata della loro crescita, se non aiutati correttamente come tutti gli altri, possono subire danni alla loro personalità. Studi sull'insegnamento dell'educazione sessuale [modifica] Il dibattito sulle ragazze-madri e le malattie sessuali ha fatto nascere ricerche sulla reale efficacia dei vari approcci all'educazione sessuale. In una analisi comparativa, DiCenso et al. hanno messo a confronto i programmi di educazione sessuale completa con quelli di sola astinenza. La loro analisi di varie ricerche ha dimostrato che i programmi di sola astinenza non riducono il tasso di gravidanze non volute tra le donne che li hanno frequentati, anzi lo aumentano. I ricercatori concludono: '"Ci sono buone prove indicanti che i programmi di educazione sessuale dovrebbero cominciare molto prima di quanto si fa oggi. Dobbiamo investigare i fattori sociali che determinano le gravidanze non volute tramite vaste ricerche su differenti fasce di età a partire dai primi anni di vita e utilizzarle poi nei futuri programmi di prevenzione. Dovremmo esaminare con cura i Paesi con bassa percentuale di ragazze-madri. Per esempio l'Olanda ha uno dei tassi più bassi al mondo (8.1 per 1000 tra le ragazze dai 15 ai 19 anni). Ketting & Visser hanno pubblicato un'analisi sui motivi di tale successo. Questa tavola comparativa mostra le notevoli differenze con altre nazioni: • 93.0 per 1000 negli Stati Uniti • 62.6 per 1000 in Inghilterra and Galles • 42.7 per 1000 in Canada • 15.1 per 1000 in Belgio (1996) Un altro modo per verificare se certi tipi di programmi di educazione sessuale sono più produttivi di altri consiste nell'esaminare programmi che funzionano con altri tipi di comportamenti pericolosi negli adolescenti. Per esempio, Botvin et al. hanno trovato che programmi scolastici tesi a prevenire l'uso della droga nelle Scuole Medie inferiori (dodiciquattordicenni) hanno portato a notevoli e durevoli riduzioni dell'uso ditabacco, bevande alcoliche e Cannabis a condizione che vi fosse insegnata una combinazione di tecniche per resistere alle pressioni sociali e di abilità generiche di vita pratica, che fossero ben condotti e che includessero almeno due anni di lezioni periodiche di richiamo. Occorre anche notare che poche iniziative educative e mediche sono progettate tenendo presente i suggerimenti degli adolescenti. Questi hanno suggerito che tali iniziative dovrebbero essere più pragmatiche, con meno enfasi sulla biologia e su tattiche di spavento. Dovrebbero dare più spazio alle tecniche di patteggiamento e di buona comunicazione nelle relazioni sessuali. Inoltre, nomi e indirizzi di di cliniche specializzate in sanità sessuale dovrebbero essere visibili nelle zone più frequentate dai giovani, come per esempio le toilettes delle scuole e i supermercati. Una rivista americana, Emerging Answers, pubblicata dalla National Campaign to Prevent Teenage Pregnancy ha esaminato 250 ricerche effettuate su vari programmi di educazione sessuale. La rivista è giunta alla conclusione che "la grande maggioranza dei dati raccolti dimostra che l'educazione sessuale che tratta anche degli anticoncezionali non induce chi vi ha partecipato a più frequente attività sessuale." Come raggiungere il piacere sessuale : Ciascuna delle zone erogenee provoca una sensazione di piacere particolare e, di conseguenza gli orgasmi sono diversi. Per questo è possibile sperimentare due tipi differenti di orgasmo o provare una combinazione dei due. La differenza la fanno la sensibilità generica della propria personalità, e la sensibilità delle zone in ogni persona. Si può procurare col coito, il sesso orale e la masturbazione. In tutti e tre i modi, il corpo attraversa le stesse fasi che portano all'orgasmo: eccitazione, inizio del piacere, culmine del piacere, rilassamento. Il cervello può cominciare il processo di eccitazione attraverso tutti i tipi di stimoli dei nostri sensi. Visivi, olfattivi, uditivi, tattili. Ma anche e soprattutto attraverso immagini mentali e concetti. Il sesso può rientrare all'interno dell'insieme dei divertimenti. Il divertimento è l'operazione mediante cui si distoglie un essere umano dagli affanni procurandogli piacere. Tuttavia il divertimento può diventare una fuga dalla realtà e negare la nostra reale felicità. L'altro ci eccita quando ci comunica che ha il desiderio di procurarci piacere. Più vediamo desiderio di procurarci piacere più ci eccitiamo. Un orgasmo è qualcosa in più della semplice liberazione della tensione muscolare e del successivo rilassamento : è l'estasi. La masturbazione: La masturbazione ci distingue dagli animali. È la modalità predominante di espressione sessuale per la maggior parte degli adolescenti maschi, mentre questo avviene in misura minore per le femmine. È utile per una maggiore conoscenza della propria sessualità e di ciò che produce piacere, fondamentale per i successivi rapporti a due. Il vissuto psichico dell'atto masturbatorio può essere diverso per i due sessi. I giochi sessuali, sono più frequenti fra ragazzi che fra ragazze; l'autoerotismo degli adolescenti maschi è orientato all'orgasmo e la logica estensione di questo comportamento è quella di portare anche il partner sessuale verso l'orgasmo; il pensiero delle adolescenti, invece, circa le relazioni sentimentali, è più legato al processo, all'intimità, alla relazione con l'altro. Entrambi i sessi vivono un periodo di soglia, di posizione limite nel passaggio dal mondo delle immagini e dell'investimento oggettuale, propri dell'infanzia, al mondo della realtà e dell'investimento eterosessuale. Tra il disinvestimento delle reappresentazioni degli oggetti familiari e l'investimento dei nuovi oggetti d'amore si crea un vuoto oggettuale. In questo periodo l'adolescente riversa la libido su se stesso sia per evitare la frammentazione del proprio ego, conseguenza del deterioramente doella relazione tra sé e il genitore, sia per evitare che essa vada dispersa. Nel suo sviluppo normale questo riflusso libidico non costituisce una scelta oggettuale narcisistica, ma uno stadio transitorio che precede la capacità di trovare un oggetto eterosessuale. Il principale tra gli elementi che ostacolano la spinta in avanti nelle relazioni d'oggetto per un coinvolgimento con oggetti reali è l'aumento del narcisismo che caratterizza la prima adolescenza. Ci sono tre possibili vie che portano alla scelta di un oggetto per gli adulti nell'ambiro della influenza del narcisismo. La prima è una scelta d'oggetto che si basa sulle caratteristiche della persona ed è di tipo narcisistico. La seconda è la scelta d'oggetto che si basa sulle caratteristiche di coloro che hanno allevato il bambino ed è definita di tipo analitico. La terza via comporta la ricerca di un oggetto nella realtà. Il processo di ricerca nell'adolescenza è accompagnato da tre bisogni, che spesso sono intrecciati tra loro e al tempo stesso contraddittori: Bisogno di sicurezza personale. Bisogno di intimità. Bisogno di soddisfazione del desiderio sessuale. L'interrelazione tra diversi bisogni, in questo periodo, attiva un conflitto tra il bisogno di intimità e il desiderio sessuale. Nello stabilire le relazioni di intimità e di collaborazione con l'altro sesso, gli adolescenti si imbattono in alcune difficoltà, in particolare nell'imbarazzo, nella diffidenza e nelle precauzioni eccessive. Un segno molto comune del conflitto tra questi due potenti sistemi motivazionali si trova spesso, negli adolescenti, sottoforma di separazione delle persone. Fra le persone verso le quali si possono provare motivazioni e desideri sessuali e persone che verranno invece cercate per il sollievo della solitudine, per l'intimità e per l'amicizia. La distinzione quindi fra ragazze “sexy” e “brave ragazze”: alle prime si pensa per un contatto genitale, alle seconde per un'amicizia e per una eventuale possibilità di matrimonio. Questo comportamento può creare una frattura nella personalità, una disistima di sé e l'inizio di una intensa attività autosessuale in cui il desiderio viene soddisfatto come meglio si può. Quest'atto causa paura, vergogna, disgusto e depressione. La difesa più comune per la vergogna è il tenere segreto l'atto della masturbazione. Farlo in un luogo chiuso a chiave, non facendo rumore, e non parlarne in giro. Perché al contrario di quando ci si alimenta non ci si masturba in pubblico? L'odore delle secrezioni, e la visione dei genitali provocano sofferenza. Tuttavia lo stesso odore e la stessa visione possono eccitare ed essere ricercati da qualcun altro. C'é anche la paura di creare dipendenza (assuefazione). Non tutte le ragioni per l'autoerotismo sono valide. Si può attuare compulsivamente o per assuefazione, e fuori controllo. Esercizio: fai un inventario delle abitudini sessuali della tua vita: attitudini, sentimenti ed esperienze Cerca di capire cosa ha fatto scattare in te l'istinto sessuale. Cliente e prostituta in una illustrazione greca Rapporto sessuale di Julie e un atleta, disegno di Agostino Carracci La pornografia (dal greco πόρνη, porne, "prostituta" e γρἄφή, graphè, "disegno" e "scritto, documento"[1] e, quindi, letteralmente "scrivere su" o "disegnare prostitute") è la raffigurazione esplicita di soggetti erotici e sessuali, in genere ritenuti osceni, effettuata in diverse forme: letteraria, pittorica, cinematografica, fotografica. Ogni essere umano ha normalmente delle fantasie erotiche, cioè usa l'immaginazione per rappresentarsi delle scene eccitanti eroticamente, senza altro scopo che l'eccitazione in sé: la pornografia è la concretizzazione di queste fantasie in immagini, disegni, scritti, oggetti o altre produzioni. Poiché molte persone hanno fantasie erotiche simili, di solito il materiale pornografico prodotto da un singolo, con le scene della sua immaginazione erotica, risulta eccitante anche per molti altri. Anche se la pornografia è stata usata anche come semplice ingrediente di opere artistiche più articolate, il fine della pornografia è basicamente quello di indurre uno stato di eccitazione sessuale. Il termine ha iniziato ad essere impiegato con questo significato agli inizi del XIX secolo, per poi diffondersi nei decenni successivi[2] allo scopo di distinguerla dal concetto di arte. Generalmente, negli ordinamenti giuridici occidentali non è considerata illegale, ma in determinati contesti è (o è stata) soggetta a censura, e ne viene vietata la visione (in particolare a minorenni). Da sempre si è dibattuto sul mutevole confine tra arte, erotismo e pornografia. Indice [nasco ndi] • 1 Stori a della pornog rafia • 2 Form e di pornog rafia • 2 . 1 S t a m p a • 2 Storia della pornografia [modifica] Affresco sulla parete di un postribolo aPompei La pornografia intesa come raffigurazione di situazioni erotiche o scene di sesso ha origini molto antiche: forme di rappresentazione esplicita di atti sessuali sono testimoniate presso la maggior parte delle civiltà della storia, ed è questione controversa se l'importanza relativa della pornografia sia correlata con il "grado di civiltà" di un popolo. Certamente la pornografia intesa nel senso corrente è un fenomeno moderno, nato come detto precedentemente agli inizi del XIX secolo; nell'esaminare la storia di questo fenomeno, quindi, occorre estendere l'accezione di pornografia ed intendere qualsiasi genere di rappresentazione esplicita di atti sessuali, nudità e così via; tenendo però presente che, al di fuori di alcuni casi, non sempre è ipotizzabile che tale rappresentazione avesse lo scopo di provocare eccitazione nell'osservatore. Le donne nude e le attività sessuali sono descritte in maniera minuziosa nell'arte paleolitica (vedi ad esempio la Venere di Willendorf), tuttavia, non è sicuro che lo scopo di tali opere fosse il risveglio sessuale, dato che tali immagini possono avere preferibilmente un'importanza spirituale. Inoltre, proprio in questa epoca sorsero le famose case chiuse (definite bordelli dal linguaggio popolano), che avevano come segno distintivo alcuni disegni pornografici affissi nella porta d'ingresso, ed erano contrassegnati da lucerne a tre bocche. [senza fonte] Relativamente all'epoca romana, a Pompei sono tuttora in perfetto stato di conservazione i lupanari, case chiuse sulle cui pareti sono ancora presenti rappresentazioni pornografiche. Inoltre sono state recentemente notate raffigurazioni degli organi sessuali maschili e femminili eseguita in alcune strade: per gli organi femminili era segno che la strada in cui ci si trovava era frequentata da prostitute; per l'organo sessuale maschile invece il discorso è diverso: ve ne erano moltissimi scolpiti o disegnati per le vie di Roma. infatti, l'organo maschile eretto era un simbolo portafortuna, da cui è derivato il nostro cornino di corallo. Una particolare sezione del Museo archeologico nazionale di Napoli(vietata ai minori di 14 anni e ai minori di 18 non accompagnati) contiene tutto quello che di pornografico è stato trovato negli scavi archeologici di Pompei: statue, affreschi, suppellettili (e persino giocattoli erotici), che ci fanno supporre che all'epoca questo tipo di raffigurazioni fossero comunemente diffuse. Nell'aprile del 2005 alcuni archeologi della Germania hanno notato un grosso disegno, di circa 7.000 anni fa, raffigurante un uomo che si piega sopra una donna nel tentativo di veder soddisfatte le proprie richieste sessuali. Tale figura è stata chiamata Adonis von Zschernitz. Per molto tempo ed, in parte, anche oggi, la pornografia è diventata bersaglio di lazzi e gag umoristiche o satiriche. Addirittura, nel 1920, furono pubblicati negli Stati Uniti d'America, alcuni fumetti d'impronta comica che prendevano bonariamente in giro il mondo della pornografia. Il titolo era Le Bibbie di Tijuana. Nella seconda metà del XX secolo, la pornografia si è evoluta negli USA grazie ad alcune riviste specializzate per soli uomini, quali a esempioPlayboy e Uomo Moderno (entrambe fondate nel 1950). Questi periodici hanno ritratto donne famose completamente nude. Dal 1960 in poi queste riviste hanno cercato una forma di raffigurazione sessuale più esplicita. Tale ricerca è terminata negli anni novanta, quando erano ormai inseriti articoli ed immagini riguardanti l'amore lesbico, l'omosessualità, la penetrazione, il sesso di gruppo, il feticismo sessuale. Forme di pornografia [modifica] Rappresentazione pornografica cinese. Stampa [modifica] Le forme più diffuse della pornografia sono foto che ritraggono donne in atteggiamenti sessuali espliciti, immagini di rapporti sessuali eterosessuali o omosessuali con due, tre o più persone coinvolte. La stampa dedicata alla pornografia è un mercato che non conosce recessione, composto da centinaia di pubblicazioni periodiche come a esempio Penthouse, Hustler, Private e altre. Altre riviste sono in forma di fotoromanzo porno. Pubblicazioni di notevole successo commerciale sono i fumetti porno che in Italia e Giapponesono disegnati da fumettisti di fama mondiale. Fra i maggiori autori italiani in questo campo troviamo Guido Crepax , Milo Manara e Giovanna Casotto . Cinema [modifica] Per approfondire, vedi le voci Cinema pornografico e Pubbl spettacoli osceni. La cinematografia ha sempre avuto interesse per la pornografia ma ha trovato ostacoli nelle legislazioni delle varie nazioni. Attualmente il genere del cinema porno è un notevole affare commerciale nelle nazioni dove è consentito. Letteratura, musica, arte [modifica] La Fornarina, celebre opera di Raffaello, un tempo veniva considerata "oscena" e "scandalosa". Oggi invece tutti i critici d'arte sono concordi nel dire che si tratta di un grande capolavoro artistico. Contenuti pornografici sono presenti in ogni forma di comunicazione artistica, come pubblicazioni letterarie (romanzi, racconti, fumetti ecc.). Esistono forme artistiche con contenuti erotici da alcuni assimilate alla pornografia, in letteratura (valgano per tutti gli esempi di La chiave, dello scrittore giapponese Junichiro Tanizaki, tutta la bibliografia del Marchese de Sade e la letteratura popolare inglese che ha preceduto il romanzo Moll Flanders di Daniel Defoe), nei fumetti (il genere hentaigiapponese), nell'arte (La fornarina di Raffaello), nella poesia (Catullo, Marziale, Tibullo,Properzio, Ovidio, Gabriel e D'Annunzio e il "divino" Aretino) e nella musica (ad esempio il brano allora giudicato scandaloso Je t'aime... moi non plus di Serge Gainsbourg e Jane Birkin). Nella pittura e nella fotografia numerosissimi sono i casi di nudità al confine con la pornografia. Pornografia ed internet [modifica] « Il tuo è il sito web non-porno più visitato di Internet: sei al trilionesimo posto! » (dai Simpson) La grande disponibilità di pubblico e l'economicità del mezzo, rendono Internet un mezzo molto usato per la distribuzione e la fruizione di materiali a contenuto pornografico. Di fatto, con l'avvento di internet, soprattutto, per la diffusione di sistemi quali il file sharing(condivisione di file), la pornografia è divenuta immediatamente e anonimamente disponibile ovunque e per chiunque. L'ultima conseguenza di questo fenomeno ha, innanzitutto, mitigato il generico sentimento di condanna di fronte a questa forma espressiva, dall'altro ha agevolato l'esplosione o larghissima diffusione di fenomeni quali il genere "amatoriale", consistente nella realizzazione di foto e video di carattere porno-erotico ritraente persone comuni (spesso gli stessi soggetti autori del prodotto). L'impossibilità di individuare talvolta tali individui è data dalla loro abilità (anche dietro commissione) di far rimbalzare il proprio ip attraverso server che non sono raggiungibili dai tecnici delle forze dell'ordine perché ubicati in paesi come quelli dell'Est Europa, dell'Asia e del sud America dove non c'è collaborazione con le forze dell'ordine locali[senza fonte]. Oltre al file sharing, altro canale principale di distribuzione della pornografia via internet è rappresentato dai siti a pagamento, un'attività sempre più lucrosa per i produttori di materiale professionale che stanno privilegiando il web ai canali di distribuzione classici quali edicole,videoteche e sexy shop. Pedopornografia e pornografia minorile [modifica] Per approfondire, vedi le voci Pedopornografia e Pornograf minorile. La pedopornografia è la pornografia in cui sono raffigurati soggetti in età pre-puberale. Si tratta dunque di materiale pornografico destinato a individui affetti da pedofilia, ossia la devianza sessuale che consiste nell'attrazione sessuale per i bambini. La pedopornografia viene tuttavia spesso erroneamente confusa con la pornografia minorile, ossia il materiale pornografico in cui sono coinvolti individui che, pur non avendo ancora raggiunto la maggiore età, hanno già subito le trasformazioni fisiche e mentali proprie dellapubertà o che hanno comunque raggiunto l'età del consenso. Tale confusione nasce probabilmente dal fatto che in molte legislazioni viene considerata illegale e punita non solo la pedopornografia in quanto tale, ma più in generale qualsiasi forma di pornografia minorile, ossia la la produzione, distribuzione e detenzione di materiale pornografico coinvolgente minori. In Italia la detenzione, la diffusione e la produzione di pornografia minorile sono punite secondo gli articoli 600 e seguenti del codice penale. È da notare, a questo proposito, che, sia in Italia che in altre nazioni, è punita anche la produzione e successiva detenzione di materiale non destinato alla diffusione (cfr. l'eventuale caso di minori che riprendano volontariamente le proprie esperienze sessuali). Bisogna tuttavia considerare che il raggiungimento della maggiore età è diverso da paese a paese (14, 16, 17, 18, 21 o addirittura 23 anni), ragion per cui è possibile che un prodotto pornografico coinvolgente attori diciottenni, perfettamente legale in una nazione, sia illegale in un'altra e viceversa. In altri casi la soglia di età per cui immagini di nudo o pornografiche venivano considerate pedopornografia è stata elevata a più riprese, per cui materiale legale e presente in commercio alcuni decenni prima è poi divenuto illegale (cfr. ad esempio la Gran Bretagnadove il Protection of Children Act del 1978 ha definito "bambini" tutte le persone sotto i 16 anni, modificato poi dal Sexual Offences Act del 2003 che ha alzato lo spartiacque fino ai 18 anni). Allo stesso modo alcune nazioni differenziano le età da cui sono permessi il semplice nudo, rispetto a quelle in cui sono permesse le rappresentazioni di atti sessuali espliciti. È da ricordare, infine, che la punibilità della diffusione di prodotti pornografici con protagonisti soggetti minorenni prescinde dal vizio di volontà dei soggetti coinvolti. Se, ad esempio, due adolescenti girassero un filmato pornografico amatoriale che li ritrae coinvolti in atti sessuali e, successivamente, raggiunta la maggiore età, decidessero di distribuirlo, gli stessi sarebbero perseguibili. Pseudo-pornografia minorile [modifica] Per far fronte ai problemi sulla legalità della pornografia minorile, molti produttori si avvalgono di attrici appena maggiorenni, appositamente scelte e truccate in modo tale che sembrino ancora più giovani. Queste attrici, insomma, nonostante siano maggiorenni, interpretano il ruolo di minorenni. Tuttavia in alcune nazioni, tra cui l'Italia, la detenzione di materiale pornografico che ritrae soggetti apparentemente minorenni è perseguibile non diversamente dalla detenzione di materiale pornografico minorile. Ciò si è reso, appunto, necessario per ovviare alla difficoltà di individuare, con certezza, l'età dei soggetti sfruttati nel mercato pornografico clandestino. Pornografia e censura [modifica] Questa voce o sezione sull'argomento sociologia non ci fonti presenti sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fon attendibili seguendo le linee guida sull'uso delle fonti e i s del progetto di riferimento. L'origine du monde di Gustave Courbet. L'opportunità di censurare o meno le raffigurazioni pornografiche è da sempre all'origine di dibattiti etici e sociali. I favorevoli alla censura credono che un'azione legislativa più severa renderebbe la pornografia un fenomeno meno diffuso. I contrari alla censura sostengono che l'autodeterminazione dell'individuo non dovrebbe essere limitata per legge (fatti salvi i casi più aberranti). Inoltre, spesso, ciò che un tempo era considerato pornografico o scandalistico con le mutazioni dei costumi della società non è più considerato tale. Per esempio tratti delDecamerone di Giovanni Boccaccio, che fu addirittura inserito nell'Indice dei libri proibiti dallaChiesa cattolica, e del romanzo di David Herbert Lawrence L'amante di Lady Chatterley, che fu considerato nell'anno in cui fu pubblicato (il 1928) osceno e offensivo al comune senso del pudore. Una questione rilevante nel dibattito sulla censura riguarda il ruolo della pornografia nella trasmissione e nella riproduzione di forme di oppressione e violenza nei confronti della donna o di altre figure, e, in ogni caso, di un uso puramente mercantile del corpo umano. Uno degli aspetti maggiormente rimproverati alla pornografia è l'eccessivo utilizzo del sadismo. In Giappone ad esempio, la legge non pone limiti al tipo di argomenti o di storie, ma proibisce di mostrare gli organi genitali al pubblico: pertanto nei film pornografici e nelle riviste, compresi anime e manga, i genitali sono censurati con vari artifici grafici. Femminismo e pornografia [modifica] Questa voce o sezione sull'argomento sociologia è priv e riferimenti bibliografici puntuali. Sebbene vi siano una bibliografia e/o dei collegamenti est contestualizzazione delle fonti con note a piè di pagina o precisi che indichino puntualmente la provenienza delle in Puoi migliorare questa voce citando le fonti più precisam suggerimenti delprogetto di riferimento. Lampada a olio di epoca romana raffigurante un rapporto sessuale. Nei movimenti femministi s'individuano due posizioni contrapposte riguardo la pornografia. Le femministe ad essa favorevoli, come la sociologa della Northwestern University di ChicagoLaura Kipnis, considerano la pornografia un aspetto positivo e cruciale della rivoluzione sessuale che ha portato alla liberazione della donna, contrariamente alla morale dei conservatori, che la vedono invece come oppressiva per le donne. Invece secondo l'altra posizione, rappresentata soprattutto dalla giurista Catharine MacKinnon della University of Michigan Law School, la prospettiva "liberazionista" della pornografia è puramente illusoria: anzi essa, ponendo l'esposizione della sessualità della donna al centro del suo fuoco, la danneggia sotto vari aspetti: innanzitutto, sostenendo unaecologia culturale sessista che si compiace di ridurla a oggetto e merce sessuale, e di trasmetterne un'immagine degradata. In secondo luogo, essa si rende spesso causa o concausa di danni a persone specifiche sia in fase di produzione (donne forzate a posare, o riprese senza loro reale consenso alla produzione o circolazione del materiale pornografico), sia dopo, attraverso le modalità della diffamazione o della molestia, o ancora fornendo una spinta verso l'aggressione sessuale in persone predisposte.[3] Per queste ragioni certi gruppi di femministe si sono spinte a boicottare alcune manifestazioni pornografiche, sia cinematografiche che letterarie. La contestazione più curiosa è avvenuta a Napoli nel 2000: un gruppo di femministe battagliere ha scaraventato dei pomodori contro Tinto Brass, il cui cinema appartiene per altro al genere softcore e non a quello pornografico hardcore. La pornografia secondo la Chiesa Cattolica [modifica] La morale cattolica da sempre condanna la pornografia, considerata come un atto che lede gravemente la dignità della persona umana degradandola da fine a oggetto. Ecco come si esprime al riguardo il Catechismo della Chiesa Cattolica: « La pornografia consiste nel sottrarre all'intimità dei partner gli atti sessuali, reali o simulati, per esibirli deliberatamente a terze persone. Offende la castità perché snatura l'atto coniugale, dono intimo degli sposi l'uno all'altro. Lede gravemente la dignità di coloro che vi si prestano (attori, commercianti, pubblico), poiché l'uno diventa per l'altro l'oggetto di un piacere rudimentale e di un illecito guadagno. Immerge gli uni e gli altri nell'illusione di un mondo irreale. È una colpa grave. Le autorità civili devono impedire la produzione e la diffusione di materiali pornografici » (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2354) Copulazione Il monte di venere è un cuscinetto di soffice tessuto adiposo e ricopre l'osso pelvico. Appare coperto da un folto vello che inizia a crescere durante la pubertà. Il tessuto adiposo è sensibile agli estrogeni. Si pensa che tale forma sia dovuta alla sua funzione protettiva nei confronti degli urti continui che si producono tra le ossa pelviche dell'uomo e della donna durante il coito, quando la penetrazione avviene frontalmente. Anche se è stato ed è di moda depilarsi il vello pubblico, questa pratica non è del tutto consigliabile, poiché una delle funzioni del vello è quella di proteggere l'ingresso nella vagina da infezioni e malattie. Le grandi labbra sono due pieghe di pelle che, in alcuni casi, somigliano più a collinette e che delimitano la fessura della vulva, coprendo e proteggendo le sue parti più delicate. La porzione anteriore di ogni grande labbro di solito è più spessa di quella posteriore, che va assottigliandosi e fondendosi con il perineo. Sono molto morbide e molli al tatto. Le piccole labbra forse la differenza più significativa che esiste tra la vulva di donne diverse è costituita dalle dimensioni e dalla forma delle piccole labbra (chiamate anche “ninfe”). In alcune donne possono infatti essere più prominenti del normale e quindi sporgere più delle grandi labbra. Questo non implica alcun tipo di disfunzione. È una zona altamente erogena, al punto che l'eccitazione che si può raggiungere accarezzandole è molto simile a quella che si ottiene accarezzando il clitoride. Il meato uretrale è l'orifizio dell'uretra, attraverso il quale il corpo espelle l'urina, il liquido derivante dall'eiaculazione femminile e i fluidi delle ghiandole parauretrali. La grandezza e la forma dell'orifizio uretrale variano considerevolmente da donna a donna. Il meato uretrale o urinario può essere talmente sensibile al tocco da confondersi col clitoride. Alcune donne iniziano a masturbarsi massaggiando il meato uretrale, anche se la sua stimolazione attraverso la parete vaginale è uno dei metodi per eiaculare. L'ingresso della vagina. Forma l'imboccatura della vagina (non è corretto dire “apertura vaginale” perché, a meno che non ci sia inserito qualcosa, il passaggio vaginale risulta chiuso.) Le pareti della vagina sono normalmente in contatto tra loro, perciò in realtà essa rappresenta uno spazio potenziale e non un'apertura come la si descrive abitualmente. Azione: palpa la zona con un dito, introducilo dentro la vagina, e a due, tre centimetri di profondità comincierai a distinguere il muscolo dell'amore, che si trova sospeso tra il coccige e l'osso pubico. La parte interna della vagina ha una specie di canale, le cui pareti si dilatano durante il coito, in risposta alla penetrazione. Questo canale è una zona umida e calda, in fondo alla quale si incontra il punto G. Se penetri un po' più in profondità con il dito, riuscirai a notare il collo dell'utero, anch'esso fonte di piacere immenso se riceve la stimolazione adeguata. Il perineo. L'area piatta che si trova tra la fessura della vulva e l'ano si chiama perineo. È situata appena sotto la vagina e, sebbene parecchi manuali la descrivano priva di peli, questa condizione può variare da donna a donna. La pelle del perineo è ricca di terminazioni nervose che la rendono una zona altamente sensibile, ragion per cui la sua stimolazione procura molto piacere (per quanto non arrivi a produrre l'orgasmo). Data la sua posizione, è una zona che può agevolmente ricevere carezze e massaggi durante il coito. L'ano. È l'orifizio che contraddistingue il passaggio verso il retto e l'intestino tenue, e attraverso cui vengono espulse le feci. I tessuti dell'ano sono molto ricchi di vasi sanguigni e terminazioni nervose, perciò si tratta di una zona altamente sensibile, ma nella quale è necessario rispettare un igiene rigorosa. La sensibilità della zona è il risultato di un meccanismo di protezione finalizzato a impedire l'ingresso di oggetti estranei e prevenire ferite e malattie, ma possiamo ugualmente sfruttarla per procurare piacere. Esistono numerosi tabù che riguardano l'ano. Sotto la pelle l'ano è circondato da due fasce di muscoli che contraendosi involontariamente possono rendere il coito anale doloroso e in taluni casi impraticabile. Quindi non si deve forzare in questi casi. Quando si pratica il sesso anale, è estremamente importante che i partecipanti siano rilassati e molto eccitati, ma soprattutto che nessuno si senta costretto a praticarlo, poiché in questo caso si produrrà un rifiuto con conseguenze assai dolorose. Il clitoride è un organo molto complesso e talmente specializzato da essere l'unica parte del corpo femminile dedicata unicamente ed esclusivamente a fornire piacere. Il clitoride è composto dagli stessi tessuti del pene e sostanzialmente funziona in modo analogo; l'unica diffierenza importante tra i due è che l'uretra della donna non passa attraverso il corpo del clitoride, mentre quella dell'uomo passa attraverso il pene. L'uomo eiacula ed espelle l'urina attraverso il pene, mentre la donna non espelle liquidi dal clitoride perché esso non comunica con l'uretra. Analogamente al pene, il glande clitorideo è interamente composto da un morbido tessuto erettile chiamato “corpo spugnoso”. Quando una donna viene massaggiata sul clitoride, si eccita sessualmente e il suo glande diventa più sensibile, riempendosi di sangue e inturgidendosi. Si ingrandisce lievemente, come se avesse un'erezione. La grandezza di un clitoride non è direttamente proporzionale alla sua sensibilità, poiché la quantità di terminazioni nervose non dipendono dalle sue dimensioni. Essendo la parte sessualmente più sensibile del corpo femminile, risulta anche la più facile da stimolare. Devi iniziare dolcemente e senza fretta. Affinché non risulti fastidioso. Evita di toccare il clitoride se è asciutto, perciò lubrificalo preventivamente con la saliva. La stimolazione del clitoride eseguita con la punta del pene eretto del tuo compagno è una sensazione estremamente piacevole per molte donne. Esistono tre tipi di orgasmo femminile : clitorideo, uterino, misto. L'orgasmo clitorideo, anche noto come “orgasmo vaginale” provoca contrazioni involontarie e ritmiche dei muscoli pelvici, e non richiede penetrazione per manifestarsi. Gli orgasmi multipli e la sensazione di essere insaziabili sono alquanto frequenti in questo tipo di orgasmo. La vagina si gonfia verso l'alto, dando piacere al clitoride, che è reso sensibile dai nervi della vulva, mentre il punto G è collegato ai nervi pelvici. L'orgasmo uterino è profondamente emozionale e provoca contrazioni aritmiche dei muscoli pelvici. La sua carica emotiva si esprime pienamente perché determina una risposta apneica, ossia blocca temporaneamente la respirazione durante l'orgasmo a causa di una espirazione violenta, provocando al contempo altre reazioni emozionali, come il riso. Esso si presenta in seguito a penetrazioni rapide e profonde, dopo aver raggiunto il collo dell'utero e la lunga membrana sensibile chiamata “peritoneo” che delimita l'addome e protegge gli organi, così come tutta la zona pelvica, utero incluso. Generalmente questo tipo di orgasmo non si ripete varie volte, ma è unico e profondo, e sono poche le donne che riescono a raggiungerlo. L'orgasmo misto unisce gli elementi caratteristici dell'orgasmo clitorideo e di quello uterino. Normalmente è conosciuto come orgasmo vaginale o orgasmo del punto G. è caratterizzato dalle contrazioni involontarie dei muscoli pelvici tipiche dell'orgasmo clitorideo associate alle sensazioni di profonda soddisfazione fisica ed emotiva tipiche dell'orgasmo uterino. La vagina si comprime verso il basso permettendo ai muscoli pelvici di espellere l'eiaculazione verso l'esterno. Con questo tipo di orgasmo si può godere di orgasmi multipli, sebbene se ne raggiunga uno sufficientemente appagante. Nel momento in cui ti masturbi e ne provi piacere, prendi coscienza che tra tutti i tuoi piacere vuoi metterci il fare sesso indipendentemente dall'affetto. Poiché nella masturbazione non c'è l'affetto degli altri. La masturbazione nel sesso Essa non è prerogativa dei single o comunque dei momenti solitari, in cui non c’è altro modo per sfogarsi. La masturbazione è al contrario una piacevole pratica da svolgersi anche insieme al partner , in quanto felicemente è annoverata tra quelli che possono essere definiti i tanto-amati-dalle-donne preliminari. Addirittura la masturbazione “di coppia” potrebbe non precludere all’atto vero e proprio, ma consumarsi come pratica a sè stante: aternativa, diversa, per certi versi più stimolante, la masturbazione di coppia può essere asincrona oppure coinvolgere contemporaneamente entrambi. A volte le donne si fermano di fronte a una serie di difficoltà, pensando a una pratica del genere: in primis la timidezza (o vergogna) di utilizzare le mani sotto gli occhi vigili del partner; in secundis la paura di fargli male; in terzo luogo la percezione di una certa inutilità riguardo una stimolazione manuale prima o in sostituzione del rapporto; poi tendiamo a pensare che forse non è una pratica che ci possa regalare piacere; infine la paura di essere incapaci e di non riuscire a provocare davvero piacere, perchè non si conoscono i punti da stimolare o le tecniche da utilizzare. Impedimenti al piacere sessuale Ci sono molti impedimenti nel raggiungere di questo piacere. Impedimenti interiori e ambientali. Gli impedimenti ambientali si dividono in sociali e biologici. Gli impedimenti interiori sono le paure: la paura di non essere amati. la paura di essere emarginati. La paura di non avere valore riproduttivo o sessuale La paura di rimanere incinta o avere figli. La paura delle malattie trasmissibili. Le persone che hanno bisogno d'amore hanno la convinzione di non poter far sesso senza amore, il che è vero relativamente al loro stato, ma non alla loro condizione umana. L'essere umano è fisiologicamente capace di far sesso senza amore, ma non se la sua psicologia glielo impedisce. E la sua psicologia è l'insieme delle regole che il cervello detta a una persona relativamente ai suoi bisogni, che mette prima il bisogno di affetto di quello sessuale. Questo sistema non è scorretto in sé, ma rende le cose più difficili, poiché l'amore è una cosa rara. Gli impedimenti ambientali sono: Il condizionamento biologico nella scelta del partner sessuale. Il condizionamento sociale e religioso. L'uso del sesso come strumento di dominio e non di piacere di entrambi i partner. Il dissenso e il rimprovero delle persone, specialmente nella famiglia. Fino a una certa età i genitori impediscono di far fare sesso ai propri figli, poiché è convinzione comune che questo li condizionerebbe in una età inferiore ai 18 anni. Si dice perdere la verginità. Ma il termine “perdere” è spesso negativo. Si dovrebbe dire acquisire la capacità di fare sesso, o l'esperienza del fare sesso. Le parole vengono usate come manipolazione mentale dalla religione cristiana per impedire l'uso del corpo come fonte di piacere. Le prime volte sono spesso insoddisfacenti, poiché la curiosità non è placata da informazioni su questa materia, e le scelte su cosa fare sono lasciate agli istinti, che non rispettano i bisogni psicologici ma solo quelli fisici, che sono solo una parte del nostro essere. Allora la prima persona che capita può essere un buon modo per cominciare, nel primo modo che ci viene. Paura di essere emarginati : Sia maschio che donna possono essere emarginati per le conseguenze visibili del loro desiderio sessuale. Ad essi vengono attribuiti due nomi dispregiativi in certi casi: Puttanierie e zoccola. Che hanno molte varianti (Maiale e puttana) La parola zoccola a che fare con la prostituzione. Ma in questi casi non è usata per indicare una prostituta. fa parte della categoria dei nomi dispregiativi, i quali hanno la funzione di emarginare le persone dall'ambiente sociale attraverso due processi, la persuasione delle persone a contatto col soggetto nominato così a evitare frequentazioni, anche professionali, sparlare di loro, e denigrarle, e l'autoemarginazione attraverso la convinzione del soggetto stesso di doversi emarginare o cambiare. Si nomina così una ragazza nel caso in cui essa non attribuisca importanza alla scelta della persona che le produce il piacere sessuale, compreso l'orgasmo, ma attribuisca importanza a ciò le viene prodotto nel proprio corpo. I motivi sono diversi: Errore logico: Tuttavia per sapere se lei attribuisce o no importanza a questa persona vengono usate metodi di deduzione astratta. Dall'osservazione delle sue azioni visibili, si collega un concetto. Poiché nessuno può vedere gli stati mentali, e quindi gli interessi di una persona guardando il suo aspetto esteriore. Osservazione del comportamento : lei fa sesso con tanti uomini diversi. Implicazione : chi fa sesso con tanti uomini diversi è una zoccola. Deduzione: allora è una zoccola. I motivi per cui lo si dice sono diversi: Motivo etico Questo perché nella scala dei valori morali della società ha maggiore importanza l'affetto, la coppia, la famiglia e l'amicizia, che la propria soddisfazione personale. Il che significa che si deve sempre cercare di integrare la sessualità con queste stati d'animo o istituzioni. Nel caso in cui non lo si fa si considera la persona come povera o malata, o bisognosa di aiuto per migliorare la sua vita, la si considera infelice. Sofferenza personale 1.Repulsione verso il suo comportamento per un desiderio insoddisfatto che il suo comportamento venga reiterato, ma in un contesto interessante per chi giudica. (una persona rifiutata sessualmente che invidia le persone che sono state accettate). Poiché già la possibilità di poter essere considerata così può far soffrire una donna, e quindi può condizionarla a fare quello che l'altro vorrebbe, cioè farci sesso. 2. paura di non essere amati, o sensazione di non essere amati, determinata dall'intensità del proprio bisogno infantile di essere amati. 3.Anche un genitore può usare questo termine nei confronti di sua figlia : Perché si preoccupa della sua personalità. Perché si preoccupa della reputazione della figlia. Perché si preoccupa della propria reputazione. Ma l'unico motivo per cui una ragazza dovrebbe essere disapprovata è quando usa la sessualità come strumento di potere malefico sulle altre persone, ovvero facendo soffrire volontariamente le persone. Quando non le importa se qualcun altro al di fuori di quella relazione deve pagare per un prezzo emotivo per quello che fa, per il fatto che il suo interesse principale sono le sue emozioni, e non quelle degli altri. Dunque non gli interessa una relazione stabile, ma un metodo per trovare sempre un modo per provocarsi certi piaceri. Per comprendere i motivi per cui una ragazza fa sesso per il gusto di farlo bisogna fare attenzione ai propri istinti sessuali, che diventano dolorosi se non soddisfatti. Molto spesso questo nome è un'arma che una donna usa contro un'altra nell'intento di sminuire il valore sociale percepito della concorrente. Un'altra arma linguistica è “volgare”. Questo termine indica una caratteristica propria del volgo, delle classi popolari; con riferimento alla lingua, quella parlata dalla generalità della popolazione, contrapposta a quella della tradizione colta e letteraria. Un puttaniere viene considerato anche maschilista, ma errando. Con il termine maschilismo si indica un atteggiamento culturale e sociale basato sull'idea di una superiorità fisica e intellettuale dell'uomo sulla donna. Non si tratta solo di una concettualizzazione ma di un modus vivendi. Questo termine si è diffuso a partire dagli anni sessanta, pur se coniato antecedentemente. Si chiama invece mascolinismo il movimento di ritorno che intende analizzare, meglio comprendere e valorizzare il maschile contribuendo all'eliminazione di ogni discriminazione di tipo sessista. Il mascolinismo viene elaborato dai movimenti maschilisti che si occupano di identificare valori maschili positivi. Il significato di queste parola cambia in base all'epoca storica, e non può essere confuso con un canone universale e perenne. Nel dopo 2000 nelle caratteristiche del volgo contrapposte al ceto ricco sono presenti l'oscenità e la mancanza di originalità. L'oscenità è ciò che, secondo il comune pensiero, offende il pudore con parole, azioni o immagini riferite alla sfera sessuale. Il pudore è uno stato d'animo indotto dagli altri, fa parte del senso di vergogna. La volgarità si divide in livelli : linguistico, estetico, comportamentale. Volgarità a livello linguistico: In Italia nel secondo millennio sono abituati al turpiloquio, soprattutto genitale, per manifestare i sentimenti. E la cosa non sciocca. Il significato volgare del termine è praticamente perduto. In Germania, se una ventenne utilizzasse tanto frequentemente parole come “Nüsse”, “Eier” e “Sack” (“noce”, “uovo” e “sporta”, teutoniche metafore dei testicoli) verrebbe, almeno, guardata con sospetto. L’espressione piuttosto secca “Das geht mir auf den Sack (“non mi rompere la sporta”, una sorta di “non rompere i coglioni”) è utilizzata piuttosto di rado. Lascia basiti, invece, con quale banalità le lingue romane ci si lanciano senza complessi. “Non mi rompere i coglioni” o “le palle” passa molto naturalmente tra colleghi, al lavoro. In Spagna tutto quello che è positivo è paragonato ai coglioni, quello che è negativo con il sesso femminile». Quindi abbiamo “cojonudo”, cioè qualcuno o qualcosa “con i maroni”, per dire che qualcosa “è figo”. Quando si muore dal ridere ci si “descojonarse”, ci si “scogliona” insomma. Il contrario che in Italia. In spagnolo si può praticamente esprimere tutto usando parole che girano intorno alla genitalità. Si possono avere le “palle quadrate” (“tener los huevos cuadrados”) o portarle come una cravatta (“tener los cojones de corbata”). Ma i francesi, anche se non se non te lo aspetteresti, fanno la loro parte: “être couillu” significa avere fortuna. Ma non esagerate: la situazione potrebbe degenerare e tutto “partir en couilles“. Che palle cari colleghi! Ai fini della propria felicità il non essere volgari non è naturalmente necessario, ma solo nel momento in cui il nostro cervello si è strutturato in modo da provare un senso di colpa quando non si rispettano i canoni morali. Certe ragazze usano questa parola per sminuire il valore sociale delle concorrenti, o a causa dell'invidia, o a causa del loro senso di superiorità, che le porta al classismo. L'invidia per la ragazze volgari nasce dal fatto che loro fanno molta fatica nell'essere non volgari, perché si forzano, e non hanno un vero interesse nel non essere volgari, ma è finalizzato a eliminare la propria paura di non essere integrate nella società, e si sentono frustrate nel vedere che certe ragazze hanno comunque successo pur essendo volgari, e non provando la stessa fatica. Il comportamento di chi viene chiamata zoccola, o volgare, può dipendere dalla sua rappresentazione della vita che gli fornisce la legittimità a fare le azioni vietate dalla morale. Tuttavia la colpa esiste solo se compi intenzionalmente del male, e se quella azione provoca oggettivamente del male e non soggettivamente. Dunque questo comportamento può essere sbagliato solo nel momento in cui c'è del male oggettivo. E quindi una violenza sessuale della volontà altrui. Il non soddisfare il bisogno d'amore degli altri, d'affetto, di attenzione, non determina una colpa, poiché questi bisogni non sono necessari all'essere umano ma soggettivamente creati e mantenuti. Gli esseri umani possono liberarsene. Il bisogno di esclusività del sesso nella coppia che ha un legame affettivo non dipende dalla costituzione esistenziale della coppia, ma ha origine in uno di due bisogni. 1.Il bisogno di possesso che ha origine nella consapevolezza dell'effetto di calma della paura dell'abbandono. 2.Il bisogno di sentirsi speciali, che ha origine nella paura della solitudine. Se la coppia ha una grande forza di volontà per mantenere il legame, il sesso con chi non fa parte della coppia può essere considerato come un giusto modo per far che il proprio partner sia felice, e che il nostro amore per lui diventi reale. La forza di volontà viene da un grande senso morale insieme a una forte empatia con la persona. Per molte persone la gelosia è uno strumento da usare nelle prime fasi dell'instaurazione del legame di coppia. Serve a testare e cambiare l'altra persona fornendogli le regole che non deve infrangere. Una volta che l'altra persona è stata ammaestrata si smette di essere gelosi perché si crea la sicurezza che l'altro farà ciò che vogliamo. La violenza: Il mentire sui motivi per cui si fa sesso è simile a una violenza. Poiché l'altra persona accetta non per quello che effettivamente stiamo facendo ma per quello che crede che noi stiamo facendo, ed essa non accetterebbe conoscendo la verità. E dunque noi la staremo violentando. La differenza sta nel fatto che non soffre e non si ribella sul momento. Possiamo chiamare una persona a cui piace unirsi insieme ad altre persone che come a lui/lei piace più il sesso che l'affetto e l'atto d'amore, una persona piacente. Essa può venire emarginata dalle persone che preferiscono questo tipo di livello, con argomentazioni riguardanti la mancata educazione. Proprio perché si confondono questi bisogni non necessari con i bisogni necessari. Paura di non avere valore riproduttivo o sessuale: Il condizionamento biologico nella scelta del partner sessuale produce l'angoscia dell'approccio. Poiché tutti sanno che non è automatica la scelta che una persona può fare di noi, ma anzi dipende dal valore che abbiamo in diversi ambiti, di sopravvivenza, di riproduzione, di soddisfazione affettiva dell'altro. Quando chiediamo a qualcuno di fare sesso con noi andiamo incontro a un test, inconscio e conscio. E anche quando lo facciamo ci sentiamo sotto test. Le donne considera il raggiungimento dell'orgasmo dell'uomo come una soddisfazione del proprio ego, perché fornisce la conferma di avere un valore sessuale. Il sesso può avere un diverso significato emotivo in base alla personalità che lo interpreta. Un ego fragile o depresso interpreterà questa attività come un'attività di dominio e sottomissione. Ma non è la sua reale condizione, perché la sua reale condizione è alla pari. Entrambi i partner sessuali hanno bisogno di quell'attività per la propria felicità e si aiutano a vicenda perché capiscono cosa significa averne bisogno. Tuttavia l'ego della maggior parte delle donne nel secondo millennio è fragile o depresso, e si sentono continuamente ferite narcisisticamente. Perciò cercano continuamente conferme sul loro valore, a livello di attrazione, riproduzione, intelligente, sensibilità. Attraverso i complimenti, o il raggiungimento dell'orgasmo dell'uomo. Se l'uomo non raggiunge l'orgasmo perché è stanco, possono sentirsi incapaci. L'istinto sessuale si attiva anche indipendentemente dalle emozioni affettive. Può essere un istinto puramente genitale. Noi possiamo aderire a quest'istinto consumandolo oppure ignorarlo. Paura di essere abbandonati: una persona può scegliere di essere posseduta, attraverso il controllo di se stessa per agire a seconda delle richieste di una persona. Il possesso agisce sulle azioni, sulle scelte morali, e sulla repressione degli istinti, e delle emozioni, che non possono essere decise prima della loro manifestazione. La causa della scelta di farsi possedere può essere l'assicurarsi amore, o il considerarlo come una dimostrazione del proprio amore. Dimostrare significa mostrare ciò che non è visibile. Ed è preceduta dalla dichiarazione dell'esistenza di ciò che non è visibile. Dimostrare il proprio amore può essere utile per compensare l'incapacità delle altre persone di sentire le nostre emozioni e i nostri pensieri. Quindi in ambito affettivo, la dimostrazione dell'esistenza dell'amore può avvenire in due modi: attraverso l'attuazione di certi eventi o azioni inventate dal soggetto al quale si deve dimostrare l'amore. Oppure l'attuazione di certi eventi o azioni inventate dalla comunità nella quale vive la persona alla quale si deve dimostrare il proprio sentimento d'amore. Azioni inventate: ci sono dei regali standard, i fiori, i cioccolatini, gli anelli, i vestiti. Nell'amore di tipo filiale una madre può obbligare un figlio a prendersi un uovo di pasqua e a mangiarlo nonostante lui pianga, e dica di non vere l'uovo di pasqua, perché si sentirebbe il suo amore negato, dato che ha bisogno di questo tipo di dimostrazione. Tuttavia dimostrare il proprio amore in base a qualsiasi richiesta non è un comportamento aderente alla realtà, e malefico. I canoni per cui delle certe azioni costituiscono una dimostrazione d'amore devono essere stabiliti in base alla natura, e non in base alla mente soggettiva. La dimostrazione d'amore non è una forzatura, e non deve essere data producendo delle azioni canoniche, ma trovata attraverso l'indagine dell'altro, sulla base del concetto di cosa è l'amore in natura. Ma la maggior parte delle persone ha la convinzione che la dimostrazione d'amore sia una forzatura. che consiste nell'esser premurosi, pensare sempre al bene dell'altro, esserci sempre, parole con un valore emotivo dolce. Sessualità minorile: un nudo artistico in una persona con una sessualità consapevole non provoca eccitazione fisica, o per lo meno non sola. c'è una contemplazione del lato puramente estetico. per un bambino non c'è differenza tra le due. perchè in nessuno dei due casi provoca eccitazione. Poiché il bambino è ancora asessuato, quindi entrambi in lui sono teoricamente innocui. Un adolescente deve ricercare questi stimoli per potersi sviluppare, se riceve questi stimoli prima di quanto sia pronto possono verificarsi patologie, cioè alterazioni dello stato di benessere. desiderio incontrollato nei confronti del sesso. o al contrario, il rifiuto totale del sesso. Ovvero la ninfomania e la figidità. La ninfomania Fu considerata dapprima una perversione e, in tempi successivi, una patologia sessuale femminile caratterizzata da una compulsiva ricerca di partner e accompagnata da anorgasmia o frigidità. Tutta il benessere è un metro di riferimento relativo e convenzionale se usato in senso generico. ARTE l'arte è tutto ciò che è stato fatto con l una funzione psicoterapeutica, che utilizza l'intuizione e l'emozione. esiste in due sensi. Quella che si fruisce e quella che si fa. LA MORTE: essa è onnipresente durante tutta la vita, in piccole forme. Ogni situazione muore, e prende le stesse caratteristiche di un sogno difficile da ricordare, dimenticabile. L'interruzione definitiva è per tutta la vita presente sottoforma di pensiero sul futuro e di conseguenza si rivela come una illusione anch'essa poiché vissuta nella paura durante la vita, ma nell'incoscienza durante l'arresto cardiaco. Tutto ciò che riguarda la mente, i pensieri, le emozioni, i ricordi, è strettamente dipendente col corpo. Dunque nella sua dissoluzione svaniscono al contrario di quanto hanno pensato molte culture dell'umanità. Dunque non possiamo rassicurarci pensando in una vita dopo la morte. Rito funebre Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. (Reindirizzamento da Funerale) Questa voce o sezione sull'argomento costume non cita alcuna fonte o le fonti presenti sono insufficienti. Puoi migliorare questa voce aggiungendo citazioni da fonti attendibili secondo le linee guida sull'uso delle fonti. Il rito funebre, o funerale, è un rituale civile o religioso che si celebra in seguito alla morte di una persona. Gli usi e le tradizioni relative a tale evento variano secondo il luogo, la fede religiosa od il desiderio del defunto e dei suoi congiunti. Il termine deriva dal latino funus, che ha molti significati e probabilmente associa il rito all'azione del calare il corpo nella sepoltura con delle funi. È celebrato in genere al cospetto della salma con la partecipazione di alcuni individui appartenenti al gruppo sociale di riferimento (famiglia, cerchia delle amicizie del defunto, conoscenti, colleghi, etc.). Anne-Louis Girodet de Roussy-Trioson I funerali di Atala (1808)Museo del Louvre Indice [nascondi] • 1 Storia • 1 . 1 N e ll a G r e c i a c l a s si c a • 1 . 2 F u n e r a li n e Storia [modifica] Allestimento per un funerale in Giappone I riti funebri sembrano essere stati celebrati sin da tempi remotissimi. Nelle grotte delloShanidar in Iraq, sono stati scoperti degli scheletri di Neanderthal coperti da un caratteristico strato di polline, ciò ha suggerito che nel periodo di Neanderthal i morti potessero essere sepolti con un minimo di cerimoniale di cui il presunto omaggio floreale potrebbe rappresentare un già arcaico simbolismo; un'elaborazione possibile di tale assunto è che già allora si credesse in un aldilà e che in ogni caso gli uomini fossero ben consci ciascuno della propria mortalità e capaci di esprimere un lutto. Nella Grecia classica [modifica] Nel mondo greco, gli onori dovuti ai morti erano un dovere fondamentale di pietà religiosa, che spettava ai figli o ai parenti più stretti. Si riteneva che la celebrazione del rituale propiziasse il viaggio del defunto verso l'Ade; si credeva infatti che l'anima di chi non avesse ricevuto onori funebri fosse condannata a vagare senza pace, e perseguitasse quanti non avevano osservato l'obbligo dei funerali. Descrizioni dei rituali più antichi si trovano nei poemi omerici, e comprendono l'esposizione del cadavere (próthesis) e il compianto delle donne (góos); il rito tradizionale non presenta comunque sostanziali mutamenti nel tempo. Le donne lavavano il corpo del defunto e lo cospargevano di essenze dopo che gli erano stati chiusi gli occhi (in epoca classica si affermò l'uso di porgli nella bocca un obolo, il pagamento del passaggio sulla barca di Caronte); rivestito e avvolto in un sudario, il corpo veniva esposto su un letto, con i piedi rivolti verso la porta; su di esso si ponevano corone e bende. L'esposizione aveva una durata variabile (in genere uno o due giorni) e la salma veniva vegliata durante la notte. La casa veniva addobbata con corone (soprattutto di mirto e di alloro) e davanti alla porta veniva posto un vaso colmo d'acqua perché i visitatori potessero purificarsi quando uscivano. La legislazione di Solone intese limitare sia il lusso degli apparati sia manifestazioni eccessive quali sacrifici di buoi o l'uso di percuotersi la testa e il petto o di graffiarsi il volto o strapparsi i capelli; si vietava inoltre la partecipazione di donne che non appartenessero alla famiglia, lamentatrici di professione che intonavano canti funebri (lo sfarzo dei funerali, nonché la dismisura nell'espressione del lutto e del cordoglio erano caratteristici della società omerica). La sepoltura aveva luogo prima dell'alba; una processione seguiva il carro con il quale la salma veniva trasportata fino alla necropoli (ma a volte si trasportava a braccia il letto funebre): l'apriva una donna che portava un vaso per le libagioni, seguita dagli uomini, dalle donne e da suonatori di flauto. Si procedeva poi alla cremazione o all'inumazione: nel primo caso, la salma veniva posta su alcuni oggetti cari al defunto; le ceneri erano raccolte in un'urna che veniva collocata nel monumento della famiglia; nel caso della sepoltura (la procedura più diffusa), il corpo veniva posto in una bara in legno o terracotta. Il corredo funebre era costituito da oggetti della vita quotidiana (armi, strigili, dadi ecc. per gli uomini; fiale di profumi, gioielli, strumenti del lavoro domestico ecc. per le donne; giocattoli per i bambini); nella tomba si ponevano inoltre offerte votive di cibo, entro coppe, vasi, piatti ecc., quindi si eseguivano libagioni, frantumando poi parte dei recipienti utilizzati. Nel corso dei funerali pubblici e solenni riservati ai caduti in guerra, veniva pronunciato un elogio e talvolta si tenevano giochi. Oltre al culto privato, si dedicavano ai morti celebrazioni pubbliche e ufficiali. In Grecia la meglio nota è costituita dalle Antesterie, festa che durava 3 giorni nel mese detto appunto Antesterione (febbraio-marzo). Funerali nell'antica Roma [modifica] Nell'antica Roma, il maschio più anziano della casa, il pater familias, veniva chiamato al capezzale del moribondo, dove aveva il compito di raccogliere l'ultimo alito vitale di chi si trovava in agonia. I funerali delle persone eccellenti venivano normalmente affidati a professionisti, veri e propri impresari di pompe funebri chiamati libitinarii. Nessuna descrizione diretta dei riti funebri è giunta fino a noi, comunque è dato supporre che generalmente, comprendessero una processione pubblica alla tomba (o alla pira funeraria, sulla quale il corpo veniva cremato). Di tale corteo val la pena notare soprattutto che talvolta i partecipanti portavano maschere con le fattezze del defunto. Il diritto di portare tali maschere era concesso per lo più a quelle famiglie tanto prominenti da aver ricoperto magistrature curili. Al termine della processione, quando il corteo giungeva nel Foro, veniva pronunciata la laudatio funebris del defunto. Mimi, danzatori e musici, come pure lamentatrici professioniste (prefiche) venivano assunti dall'impresa per prendere parte ai funerali. I Romani meno scrupolosi potevano servirsi di mutue società funebri (collegia funeraticia) che svolgevano tali riti per loro conto. Nove giorni dopo la sistemazione definitiva della salma, avvenuta mediante seppellimento o cremazione, veniva data una festa (coena novendialis), in occasione della quale veniva versato vino o altra bevanda di pregio sulla tomba o sulle ceneri. Poiché la cremazione era la scelta prevalente, v'era l'uso di raccogliere le ceneri in un'urna funeraria e deporle in una nicchia ricavata in una tomba collettiva chiamatacolumbarium (colombaia). Durante questi nove giorni, la casa era considerata contaminata (funesta), e veniva ornata di rami di cipresso otasso perché ne fossero avvertiti i passanti. Alla fine del periodo, veniva spazzata e lavata nel tentativo di purificarla del fantasma del defunto. Sette festività romane commemoravano gli antenati di una famiglia, compresa la Parentalia che si teneva dal 13 fino al 21 febbraio, per onorare appunto gli avi, e le Lemuria, che si teneva nei giorni del 9, 11 e 13 maggio, in occasione della quale si temeva che fossero attivi spettri (larvæ), che il pater familias cercava di placare con l'offerta di piccoli doni. Significati del rito [modifica] Un tributo floreale (MUM) a un funerale inglese Il rito funebre, presso la maggior parte delle culture, si svolge tipicamente alla presenza di una pluralità di persone e spesso è presieduto da un'autorità di riferimento sociale (in questa includendosi ovviamente i ministri del culto), politico o morale. Il rito assolve spesso ad alcune funzioni sociali, che non sono tuttavia riscontrabili sempre ed in egual misura nei vari gruppi etnici e sociali: • l'ufficializzazione alla comunità della dipartita, • il richiamo a specifiche concettualità etiche o religiose della comunità di appartenenza, • il giudizio sul defunto, • l'espressione di solidarietà alla famiglia. L'uscita dal gruppo sociale [modifica] Quanto al significato di cessazione della permanenza nel gruppo sociale del defunto, i sopravvissuti che assistono al rito "prendono pubblicamente atto" del trapasso, con il ché possono peraltro avere corso (in realtà iniziano subito dopo la morte) tutti gli effetti civili della dipartita (c.d. diritto successorio). Alquanto diretta, sul punto della nozione, pare l'analogia con altre cerimonie di pubblica "doverosa notifica" alla collettività (ad esempio ilmatrimonio, che ufficializza la nascita di una nuova famiglia). Alcuni studiosi hanno peraltro intravisto un'analogia fra la presenza del pubblico ai funerali e quella dei testimoni ad un matrimonio, in entrambi i casi richiedendosi una sorta di "presidio accertativo" con il quale la comunità possa accettare l'evento come avvenuto poiché alcuni suoi membri vi hanno assistito, ed a causa di ciò. Altra analogia minore talvolta riscontrata è che la partecipazione al rito viene vissuta dagli altri sia come dovere sociale che (un po' meno spesso) come dovere personale nei confronti degli sposi o del defunto, a seconda dell'intensità del rapporto che li lega/legava. La celebrazione etica o religiosa dell'evento [modifica] Quanto ai richiami di ordine etico o metafisico, il funerale può richiamare la concezione che ciascun gruppo ha nei confronti della morte, e per le religioni per cui l'anima non perisce col corpo, la celebrazione vale di suffragio (nel senso linguistico di conferma) dell'avvenuto passaggio allo stato spirituale, la morte del singolo può essere identificata come momento essenziale di contatto con il dio di riferimento e passaggio alla condizione del mondo ultraterreno. Il senso del "passaggio", il moto dinamico di transizione, pur essenzialmente antitetico alla staticità della morte scientifica (biologica) ed ai suoi noti effetti di devitalità, si individua comunemente nei riti della maggior parte delle religioni, particolarmente per le religioni rivelate: la vita persa - il rito enfatizza - sarebbe solo quella corporale mentre lo spirito, l'anima proseguirebbe la sua esperienza come entità di altro tipo. Insieme alla considerazione che le religioni sono fedi (e dunque non convinzioni o elaborazioni, quali potrebbero essere quelle della scienza) che implicano proprio definite visioni sul post-mortem e che anche per questo si abbracciano, l'accento che il rito pone sul passaggio segnala l'importanza massima di queste celebrazioni, per alcuni versi le più significative delle rispettive teologie. Il giudizio sull'estinto [modifica] Circa il giudizio sulla persona deceduta - come detto, non sempre parte del rito - il funerale può avere la funzione di porre in evidenza le azioni e le scelte compiute in vita dal defunto, al fine di ricavarne insegnamento utile per la comunità enucleandosene una sintesi che spesso si esprime nella orazione funebre. Trattandosi di una cerimonia che comunque si rende in onore del defunto, pare di generale diffusione una pietosa benevolenza circa le eventuali malefatte del trapassato, e di solito il ricordo mira a preferire la narrazione di fatti, scelte, ragionamenti, emozioni e quant'altro possa assumere valore di condivisibilità etica da parte della comunità: di ciò si tesse dunque la lode, ed il defunto viene - spesso con enfasi retorica - identificato con tali positività, che sono dunque parte di ciò che la comunità avrà perso se non perpetuato da altri. L'omissione delle negatività è parte dell'ossequio funebre, ma corrisponde ad un più generale istinto umano: anche nei meri modi di dire della quotidianità, del resto, il defunto è il "caro" estinto, il "compianto", e soprattutto la "buonanima", quali che ne fossero le inclinazioni in vita. Al di là di chi potesse avervi rancori personali, il ricordo di un morto è sempre benevolmente considerato e secondo alcuni si tratterebbe di un retaggio di quando era generalizzata la paura dei morti. Il giudizio è dunque in genere sempre di assolvimento, almeno per suprema pietà, quasi che (con riferimento religioso) si tenti di munire il defunto di una sorta di "referenze" per quel giorno che altri giudicheranno. Il pianto ed il riso [modifica] Soprattutto nel mondo occidentale, la morte è vissuta con dolore (cordoglio - letteralmente dolore del cuore), rimpianto, commozione, senso di privazione del rapporto con il defunto, innescandosi il lutto. In questo senso prevale l'interpretazione dell'evento come fatto negativo, un danno sia personale che sociale che colpisce i superstiti, oltre che il defunto; e ciò anche laddove siano maggiormente influenti i culti che considerano la morte come un avvicinamento alla deità e dunque un momento, se non positivo in sé, quantomeno non negativo. Presso alcuni contesti il dolore della perdita è superato (o "esorcizzato") dalla gioia, che può essere dettata: • dalla convinzione per il raggiungimento di una dimensione ultraterrena: in tali contesti il rito funebre, pur senza intaccarsene la sacralità, è segnato da passaggi festosi e talvolta ludici, e le ritualità comprendono occasioni a volte di convivio, altre volte di canto (o di esibizione poetica), oppure • dalla volontà di onorare la memoria del defunto dedicandogli un momento di piacere anziché di dolore, vivendo in suo onore un momento di vita piacevole e non di malgradita mancanza. Il funerale nel mondo contemporaneo [modifica] In Italia [modifica] In Italia lo svolgimento dei funerali è normato dal DPR 285/90 (che è stato oggetto, in seguito, di alcune circolari interpretative, ed è stato in alcune parti superato da successivi provvedimenti di legge come ad esempio per quanto riguarda la cremazione). Il DPR 15/97 regolamenta i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private, sul Servizio Mortuario. La prescrizione ai Comuni di “istituire una sala per onoranze funebri al feretro” è rimasta generalmente lettera morta, salvo per quei cimiteri dove sia possibile effettuare anche la cremazione: in questo caso la cosiddetta “Sala della memoria” può essere utilizzata pure per questo scopo. Anche in paesi di copiosa produzione normativa come l'Italia, curiosamente, le materie funebri sono coperte da esigua regolamentazione, nella quale è del tutto prevalente l'aspetto sanitario (norme di sicurezza epidemiologica). L'inespresso e non codificato diritto funebre (diritto ad una rispettosa sepoltura), non è sempre stato rispettato con universalità e uguaglianza: sino a pochi secoli fa, ad alcune categorie di defunti (fra i quali i suicidi e gli attori) era vietato dedicare onoranze funebri e addirittura veniva negata loro l'ordinaria sepoltura (si inumavano in terra sconsacrata, che sovente voleva dire che se ne sarebbero disperse le salme). Inoltre spesso non esistono strutture adeguate alla celebrazione di cerimonie laiche. In Italia generalmente le volontà del defunto in merito alla modalità di esecuzione del funerale, se espresse, vengono rispettate, ma chi teme che il suo erede (o chi altro dovrà seppellirlo) possa non rispettare la sua volontà di esequie laiche può fare un testamento olografo (scritto cioè tutto di suo pugno, a mano, datato e firmato), chiuderlo in una busta e consegnarlo a un notaio (a meno che non preferisca farlo scrivere direttamente dal notaio, e allora sarebbe un testamento pubblico) dove scrive, fra l’altro, che se l’erede non rispetterà la sua volontà di esequie laiche le disposizioni testamentarie a suo favore s’intenderanno revocate, salvo solo quanto ha diritto di ricevere per legge. Per garantire questa disposizione potrà nominare un esecutore testamentario, scrivendo una lettera all’erede ribadendo la sua volontà di esequie laiche, avvertendolo di quanto ha disposto nel testamento a questo riguardo e informandolo del notaio e dell’esecutore testamentario. Negli Stati Uniti [modifica] Per la legge negli Stati Uniti, i deceduti hanno poca voce riguardo al modo in cui vengono organizzati i loro funerali. La legge generalmente sostiene che le esequie servono per il bene dei sopravvissuti, piuttosto che per esprimere le volontà personali e i gusti del deceduto. In molte giurisdizioni statunitensi, il moribondo può impartire istruzioni relativamente al proprio funerale attraverso le ultime volontà e il testamento. Riti civili e riti religiosi [modifica] Alcune persone non apprezzano la confusione e l'ostentazione che in alcuni casi avviene durante i funerali, preferendo un rito privato o chiedendo espressamente che non vengano portati fiori. In tali casi è pratica piuttosto comune fare una donazione ad un'associazione in beneficenza in memoria del defunto. Nel periodo intercorrente fra il decesso ed il funerale la salma viene esposta all'omaggio di amici e parenti in un locale (una stanza dell'appartamento, se il decesso è avvenuto in casa) illuminata da candele che rimangono accese giorno e notte e che, per questo, viene chiamata popolarmente Camera ardente (anche se oggi le candele sono quasi sempre sostituite da lampade elettriche idonee). Il rito civile [modifica] Anche il funerale civile richiama la collettività al rispetto per la morte, solitamente al fine di corroborare le basali istanze di rispetto per la vita, e ne svolge i prescritti simbolismi. In queste cerimonie il rito è anche l'espressione di osservanza ufficiale di una sorta di "diritto alle onoranze" già spettante ai vivi per quando decederanno, salvaguardando ad esempio il diffuso istintivo timore per il rispetto delle proprie future spoglie. Ciò non risponde in genere a canoni codificati, ma più spesso ad un comune buon senso applicato d'iniziativa. Tranne che per i casi ora detti, il funerale civile in genere cede volentieri il passo a quello religioso, come forma di doveroso rispetto per il senso religioso del defunto, anche in occasione di funerali solenni, come ad esempio quelli "di stato", che si celebrano quando la perdita riguarda una persona che ha avuto un ruolo importante nella storia e nelle vicende di un popolo o di una nazione e dunque si richiede che la celebrazione sia solenne, alla presenza delle massime cariche e delle più alte simbologie dello stato. Il rito cattolico [modifica] Esequie di Papa Giovanni Paolo II Nella tradizione cattolica italiana, il funerale si divide generalmente in tre parti principali: • La "contemplazione" o "veglia" durante la quale il corpo del defunto è esposto nella cassa da morto o bara. Partecipano alla veglia funebre gli amici e i parenti, e normalmente si tratta di una partecipazione non rigidamente codificata. In alcuni casi, c'è un libro delle condoglianze sul quale i partecipanti appongono la propria firma. Gli amici e i parenti che non possono partecipare di solito inviano dei fiori o telegrammi ai familiari. La veglia termina con una preghiera comune, di norma il rosario, recitato anche da un sacerdote in chiesa o nell'abitazione del defunto. • La cerimonia funebre. Il sacerdote officia la messa esequiale in chiesa durante la quale la bara viene aspersa con l'acqua benedetta e incensata. Al termine di questa, in alcune particolari occasioni un amico o un parente della persona scomparsa, può leggere un elogio funebre riguardo la vita e le attività del defunto (alcune confessioni religiose tendono a scoraggiare l'uso degli elogi funebri durante il funerale vero e proprio). • La cerimonia di solito include anche il pio officio della sepoltura segue il funerale e si tiene di solito a fianco alla tomba o cappella o nelle vicinanze dei fornetti dei moderni cimiteri metropolitani o in un locale attiguo al crematorium, dove il corpo della persona deceduta viene infine sepolto o cremato. Spesso il percorso dalla chiesa al cimitero è seguito, maggiormente a piedi, dai partecipanti al funerale o da una selezione di questi. Al rito può seguire la presentazione delle "condoglianze" agli intimi del defunto (in genere i familiari e gli amici più stretti) In alcuni Paesi, a volte una leggera cena segue il servizio funebre. Nella tradizione irlandese, ciò ad esempio è particolarmente sentito. In linea generale, il numero di persone che possono considerarsi tenute per dovere sociale a presenziare alle varie parti del rito funebre è variabile, ma in linea di massima, raggiunge un buon numero solo nelle prime due. La Chiesa Cattolica, ai sensi del canone 1184 del Codice di diritto canonico, si riserva il diritto di negare le esequie: • qualora il defunto sia notoriamente apostata, eretico, scismatico o abbia provveduto a cancellare gli effetti civili del battesimo; • qualora il defunto abbia scelto la cremazione del proprio corpo per ragioni contrarie alla fede cristiana; • qualora si tratti di peccatori manifesti, le cui esequie darebbero pubblico scandalo dei fedeli. La negazione delle esequie è applicabile se prima della morte i defunti non danno alcun segno di pentimento. Sistemazione definitiva del corpo [modifica] Le diverse culture hanno ideato modi diversi di disporre definitivamente i corpi dei defunti. Sepolture [modifica] Alcune depongono i morti in sepolture di varia natura, a volte definendo luoghi specifici ove ciò sia consentito. La fossa all'interno di cimiteri è tra gli usi più diffusi di seppellimento. Quando la bara è posta nella fossa, il prete, secondo il rito cattolico recita la seguente orazione: « L'eterno riposo dona o Signore, questo nostro fratello e tutti i morti in Cristo, per la misericordia di Dio, riposino in pace! » In certi luoghi, tuttavia, il procedimento non appare pratico. Ad esempio a New Orleans, in Louisiana, il sottosuolo è talmente intriso di acqua per la presenza di paludi profonde ed estese da obbligare i locali a costruire tombe al di sopra del terreno. Altrove, la sepoltura separata è di solito riservata a persone ricche o socialmente rilevanti. Tombe di grandi dimensioni sopra il terreno sono chiamate mausolei (sebbene il termine non avesse un significato originario funerario e tuttora non intende solo tali tombe). Altre sepolture sono nelle cripte all'interno delle chiese: anche in questo caso si tratta di un privilegio per lo più accordato a defunti che abbiano avuto rilevanza sociale in vita. In tempi recenti, quest'usanza è stata osteggiata dalle norme igieniche pubbliche. Non sempre, poi, la sepoltura è permanente. In certe aree, le aree funerarie debbono essere riutilizzate a causa del limitato spazio disponibile. In tali aree, quando i cadaveri si siano ridotti a scheletri, le bare essendosi sgretolate per effetto del tempo, le povere ossa ormai consunte vengono spostate in ossari o in fosse comuni. La sepoltura in mare è una locuzione in sé impropria che indica la deliberata escussione in mare del cadavere, appesantito in modo tale da garantirne l'affondamento. Si tratta di una pratica comune nella marineria e nelle popolazioni che vivono e si spostano sull'acqua. La Chiesa d'Inghilterra, considerata la nota vocazione marinara della sua comunità, ha aggiunto particolari forme di servizio funebre al suo Libro di Preghiere comuni proprio per tali evenienze. Cremazione [modifica] Un crematorio in Inghilterra Anche la cremazione è un'usanza antica, anzi in Roma Antica era l'uso funebre più consueto. I Vichinghi erano a volte cremati sulle loro navi e in seguito il luogo veniva segnato erigendovi pietre. Ultimamente, a dispetto delle obiezioni di alcuni gruppi religiosi, la cremazione si diffonde rapidamente. In Italia [modifica] In Italia la cremazione è regolamentata dalla Legge n. 130 del 30 marzo 2001. La principale novità del testo è data dal venir meno del divieto di dispersione delle ceneri. È caduto conseguentemente l’obbligo di conservazione nei cimiteri, per cui, ora, le ceneri verranno consegnate direttamente ai famigliari. La dispersione potrà essere effettuata in spazi aperti (mare, bosco, montagna, campagna...), in aree private, oppure in spazi riservati all’interno dei cimiteri: non potrà avvenire all’interno dei centri urbani. Sarà anche possibile conservare l’urna in casa, purché vi sia riportato il nome del defunto. La legge dà anche indicazioni alle amministrazioni locali per la costruzione di crematori e istituisce il divieto di trarre lucro dalla dispersione delle ceneri. La legge attribuisce al Ministro della sanità il compito di provvedere alla modifica del regolamento di polizia mortuaria, approvato con DPR 10 settembre 1990, n. 285, allo scopo di disciplinare proprio la dispersione delle ceneri. Posizioni religiose [modifica] Gli ebrei ortodossi la proibiscono in ossequio alla norma religiosa detta Halakha, ritenendo che l'anima di una persona cremata non possa raggiungere il riposo eterno e lo stesso fanno i cristiani ortodossi, come pure gran parte dell'Islam. La chiesa cattolica romana l'ha proibita per molti anni, ma dal 1963 la consente, purché non sia finalizzata ad esprimere incredulità verso la dottrina della resurrezione dei corpi. IlVaticano prescrive anche che le ceneri siano comunque sepolte e non ne permette né la dispersione né la custodia domestica[1][2]. Sicché oggi molti cimiteri cattolici hanno edifici che ospitano nicchie per la sepoltura dei resti delle cremazioni. Infine, alcune correnti delProtestantesimo la consentono, ma non le più conservatrici. Altro [modifica] • Recentemente, un nuovo modo di sistemazione del cadavere, detto funerale ecologico, è stato suggerito da un biologo svedese. Basato sulla tecnologia del freddo, la sua principale caratteristica consiste nel sistemare il cadavere in modo da riciclarsi massimamente nel terreno. • Forme più rare di sistemazione del cadavere includono l'esposizione agli elementi, come facevano diverse tribù di indiani d'America. Oggi è ancora praticata dagli Zoroastriani a Bombay, dove le Torri del Silenzio consentono agli avvoltoi e ad altri uccelli divoratori di carogne di cibarsi dei cadaveri esposti. • Il Cannibalismo post-mortem (necrofagia) è praticato in certe culture, ove è peraltro ritenuto responsabile del diffondersi di una malattia daprione chiamata kuru. • La Mummificazione consiste nel disseccare i corpi attraverso l'imbalsamazione per assicurarne la conservazione; gli esperti più famosi di tale procedimento furono gli antichi Egizi: molti corpi di nobili o alti funzionari furono mummificati e conservati in mausolei, o, nel caso di alcuni faraoni, in piramidi. In epoca più recente sono celebri le imbalsamazioni di Lenin e Ho Chi Minh. Bara Un'elegante cassa da morto aperta La cassa da morto o bara è un contenitore usualmente in legno (o anche di altro materiale) atto alla conservazione delle salme attraverso inumazione o tumulazione. La disposizione del defunto nella cassa da morto è uno dei metodi di estremo saluto al caro estinto. Spesso il corpo viene adagiato nella bara aperta e messo in mostra nella cosiddettacamera ardente, dalla quale viene poi trasportato nel cimitero. La bara può essere molto semplice, o anche molto elaborata. Vi sono bare imbottite con cuscini in seta, ed altre in legno grezzo: tutto dipende dagli organizzatori del funerale.