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La storia – Il dibattito sull`ipotesi di Einstein 1906

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La storia – Il dibattito sull`ipotesi di Einstein 1906
L’effetto fotoelettrico – ipertesto didattico
http://www.ba.infn.it/~garuccio/didattica/fotoelettrico/homepage.htm
La storia – Il dibattito sull’
ipotesi di Einstein
1906-1913 il dibattito sull'ipotesi del quanto di luce
Negli anni successivi alla pubblicazione dell'articolo di Einstein, ci si rese man
mano conto che l'ipotesi dei quanti di energia non era solo un'assunzione per riprodurre
lo spettro di radiazione del corpo nero, ma poteva avere implicazioni più profonde.
Questa consapevolezza si sviluppò con un processo lento, e si raggiunse nel 1911
al I Congresso Solvay a Bruxelles dove i più autorevoli fisici del tempo discussero sul
tema La Teoria della radiazione e i Quanti. Il risultato storico di questo congresso fu
che quasi tutti i suoi partecipanti si convinsero che l'ipotesi di alcune grandezze "che
cambiano per salti" andava presa sul serio sia in fisica che in chimica.
Sebbene i fisici interessati all'ipotesi dei quanti non assunsero posizioni sempre ben
definite, possiamo individuarne tre:
• la posizione di chi, come ad esempio Lorentz, rigettava tale idea e cercava di arrivare alla legge
della radiazione in altro modo;
• quella di chi, come Planck, accetteva l'ipotesi dei quanti di energia ma non riteneva che la loro
introduzione comportasse necessariamente una rottura con la teoria di Maxwell;
• la posizione di chi, come Einstein, considerava il concetto di quanto una novità in fisica ed era
deciso ad investigarne le implicazioni senza preconcetti.
Gli atteggiamenti assunti da Lorentz e da Planck non risultarono produttivi, anche
se contribuirono ad individuare alcune difficoltà da superare.
L'atteggiamento di Einstein contribuì ad ampliare la validità del concetto dei quanti
dalle problematiche della teoria della radiazione a quelle di altri argomenti di fisica.
E infatti fu proprio Einstein che nel 1907 individuò una possibile estensione del
concetto dei quanti nel problema delle eccezioni alla regola di Dulong e Petit sui calori
specifici dei solidi, e in seguito, nel 1909, nella determinazione dell'espressione della
fluttuazione dell'energia della radiazione di corpo nero.
Il primo che si mostrò favorevole all'ipotesi dei quanti di luce fu Johannes Stark; la
posizione di Sommerfeld fu contraria all'inizio mentre in seguito divenne favorevole.
Infine fondamentale fu l'apporto di Walther Nernst alla graduale accettazione della
teoria dei quanti .
1906 Einstein e la teoria sui calori specifici dei solidi
La regola enunciata da Dulong e Petit nel 1819 affermava che i calori specifici di
tutti i solidi avevano la stessa espressione e uguale a
c = 3Rn
con R costante dei gas e n numero degli atomi della molecola del solido.
Questa regola era stata confermata da molte misure.
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Tuttavia:
• Negli ultimi decenni dell'800 si erano osservate delle eccezioni, in particolare nel caso di
elementi di basso peso atomico, come il carbonio, il boro, il silicio.
• Quando verso la fine dell'800 furono disponibili strumenti e mezzi tecnici per sperimentare a
bassa temperatura, si scoprì che i calori specifici di tutte le sostanze misurate assumevano al
diminuire della temperatura valori minori di quelli richiesti dalla regola di Dulong e Petit,
stabilita a temperatura ambiente.
• D'altra parte, al crescere della temperatura il comportamento anomalo degli elementi di basso
peso atomico si attenuava progressivamente, finchè essi tendevano a rientrare nella regola.
Se si applicava la teoria cinetico-molecolare ai corpi solidi, si giungeva ad un
ragionevole accordo con la regola di Dulong e Petit; ma non venivano previste né le
eccezioni né gli effetti dovuti alla temperatura, che erano stati sperimentalmente
osservati.
Pertanto, il problema delle eccezioni alla regola di Dulong e Petit sui calori
specifici dei solidi aveva assunto un carattere teorico poiché era collegato alla validità
generale del principio di equipartizione dell'energia.
Einstein pensò di utilizzare per l'energia media di un atomo l'espressione
quantistica di Planck, invece di quella data dal principio di equipartizione dell'energia,
Giunse così a una espressione del calore specifico di un solido che prevedeva il
comportamento anomalo osservato sperimentalmente a basse temperature, e ritrovava la
regola di Dulong e Petit a temperatura ambiente:
βν
c = 3R
e
T
( T)
βν
2
2
e βν T − 1




L'idea di Einstein a quel tempo fu decisamente innovativa. Il suo lavoro non fu
semplicemente, come a volte si legge, un'applicazione della teoria quantistica ai solidi,
ma fu un contributo di importanza storica all'affermazione della concezione
quantistica. Infatti il lavoro mostrò l'utilità dell'interpretazione quantistica a una classe
di fenomeni, quelli termici, ben distinti da quelli della radiazione.
L'articolo di Einstein fu pubblicato nel 1907 sugli Annalen der Physik col titolo La
teoria planckiana della radiazione e la teoria dei calori specifici.
Per una verifica sperimentale della nuova legge sui calori specifici dei solidi,
espressa da Einstein nell'equazione precedente, erano necessari ulteriori dati sulla
dipendenza del calore specifico dalla temperatura. Lo stesso Einstein nel suo articolo
suggeriva implicitamente di procedere a questo genere di misure. Tuttavia tra il 1907 e
il 1909 nessuna ricerca sperimentale sui calori specifici fu ispirata dalle idee di Einstein.
Solo nel 1910 Walther Nernst percepì l'importanza di quelle idee. Egli aveva già
sviluppato procedimenti di misura per la determinazione di calori specifici a date
temperature, e si era accorto che i comportamenti sperimentali "davano l'impressione"
di obbedire alla "teoria di Einstein". In breve tempo, Nernst divenne da oppositore della
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concezione quantistica, quale era stato,a fautore . Egli fu il promotore scientifico del I
Congresso Solvay che rappresentò una tappa fondamentale lungo il cammino
dell'affermazione dell'idea dei quanti.
Pertanto, la teoria di Einstein dei calori specifici fu storicamente importante non
solo sul piano concettuale, ma anche su quello pratico. Infatti essa suscitò l'interesse di
fisici che si accorsero come la teoria quantistica poteva avere implicazioni per i loro
argomenti di studio. La nuova teoria dei calori specifici esercitò un'azione
"promozionale" della concezione quantistica più efficace di quella che era derivata
dall'introduzione dei quanti di luce.
1907 il contributo di Johannes Stark
Il primo fisico sperimentale che accettò l'ipotesi dei quanti di luce e cercò di
mostrarne la necessità fu Johannes Stark.
Stark si interessò all'ipotesi dei quanti per poter superare delle difficoltà di
interpretazione di alcuni suoi risultati sperimentali, e poi per poter effettuare delle
previsioni di altri fenomeni.
Purtroppo nel 1907 gli argomenti addotti da Stark non riuscirono a convincere
della necessità dei quanti di luce, poichè mancavano di una valutazione quantitativa.
Tuttavia il merito di Stark è quello di aver individuato nuovi fenomeni quantistici e
di esser stato per qualche tempo l'unico fisico pubblicamente impegnato nella difesa
della validità della concezione quantistica di Einstein sulla radiazione.
1909 Einstein e la fluttuazione di energia della radiazione di corpo nero
La posizione favorevole di Stark fu evidente nel corso del Congresso degli
scienziati e medici tedeschi a Salisburgo nel 1909, in cui ci fu la presentazione ufficiale
di Einstein alla comunità scientifica.
Einstein era ormai noto per la sua teoria della relatività speciale, più che per i suoi
lavori sulla teoria quantistica. Tuttavia il principale impegno di Einstein in quegli anni
era proprio nella questione della costituzione della radiazione: egli riteneva che tale
questione fosse fondamentale per il superamento della "crisi" che era in atto in fisica.
Inoltre Einstein riteneva di aver trovato un nuovo argomento a favore dei quanti di
luce, per replicare alle impostazioni tradizionaliste dei problemi della radiazione
espresse l'anno prima da Lorentz e da Jeans.
Al Congresso, infatti, presentò la sua relazione sul tema "Sullo sviluppo dei nostri
punti di vista concernenti la natura e la composizione della radiazione".Secondo
Einstein:
• La teoria statistica del calore conduce inevitabilmente alla legge di Rayleigh-Jeans se si accetta
la validità delle equazioni di Maxwell nei domini microscopici;
• Inoltre non è sufficiente assumere con Planck che l'emissione e l'assorbimento di energia
avvenga per multipli di h?, ma bisogna assumere che l'energia raggiante esista solo in multipli di
h?.
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Per sostenere questa affermazione Einstein prese in considerazione le fluttuazioni
di energia della radiazione di corpo nero. Lo studio dei fenomeni di fluttuazione fu un
approccio originale rispetto a quelli usati per i problemi della radiazione, sebbene
Einstein lo avesse già utilizzato nel lavoro sul moto browniano.
L'argomentazione di Einstein è in breve la seguente:
• Data una cavità che racchiude radiazione di corpo nero a temperatura costante, ci si deve
aspettare che l'energia di radiazione ?, con frequenza compresa in un certo intervallo, contenuta
in un piccolo volume v, sia soggetta a variazioni istantanee rispetto al suo valore medio η .
• Dopo aver calcolato, in base a considerazioni termodinamiche, l'espressione della corrispondente
fluttuazione quadratica media, egli applica la legge di Planck e trova che la fluttuazione
quadratica media "dell'energia della radiazione localizzata nel piccolo volume", è espressa dalla
somma di due termini, che possono essere interpretati come dovuti a cause distinte e
indipendenti:
(η − η )
2

c3 2 
= vdν hν uν +
uν 
8πν 2 

• Quindi Einstein suggerisce di interpretare un termine (quello di "Wien") come dovuto al
comportamento di un gas ideale le cui particelle hanno energia h? e l'altro (quello di "RayleighJeans") come dovuto all'interferenza dei treni d'onda previsti dalla teoria ondulatoria.
• Infine, osserva che la fluttuazione dell'energia, calcolata dalla legge di Planck, è data dalla
somma di due contributi, uno dei quali è attribuibile all'ipotesi dei quanti di luce. Pertanto
Einstein conclude che tale ipotesi non è in contrasto con la legge di Planck ma anzi è da essa
richiesta.
L'espressione della fluttuazione quadratica media dell'energia implicava l'idea che
nella radiazione esistevano sia aspetti interpretabili con la teoria ondulatoria, sia aspetti
interpretabili con la teoria ondulatoria della luce. Questa implicazione in seguito è stata
indicata come dualismo onda-corpuscolo.
Nella sua relazione al Congresso di Salisburgo, Einstein sottolineò come la
necessità di pervenire ad una soddisfacente teoria dei fenomeni radiativi avesse
sollevato alcuni problemi complessi:
• La teoria ondulatoria, secondo Einstein, non è sufficiente poichè si incontrano gravi difficoltà
quando si tenta di applicarla alla descrizione dei processi elementari di emissione e
assorbimento.
• Infatti se nell'emissione si hanno onde uscenti dalla sorgente, che si espandono sfericamente
nello spazio circostante, nell'assorbimento di dovrebbe riscontrare l'opposto, cioè una
contrazione delle onde. Le equazioni di Maxwell non escludono questa possibilità, ma un tale
processo inverso non viene osservato in natura.
• L'ipotesi dei quanti di luce, proseguì Einstein, poteva risolvere in modo semplice la questione
della reversibilità di questi processi elementari.
• Inoltre l'insufficienza della sola teoria ondulatoria, era indicata anche dal calcolo delle
fluttuazioni, il cui risultato suggeriva che entrambe le teorie, quella ondulatoria e quella
corpuscolare quantistica, fossero vere.
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Pertanto, concluse Einstein, la questione fondamentale era quella di trovare il
modo per operare una sintesi tra le due teorie. Per progredire in questa direzione,
Einstein suggerì come una situazione analoga si incontrava nella teoria degli elettroni,
in cui essi sono pensati come punti singolari - dotati di energia - di campi elettrostatici.
Analogamente si poteva pensare ai quanti di luce come singolarità nello spazio,
circondate da campi di forza la cui sovrapposizione avrebbe magari potuto produrre un
campo ondulatorio di tipo maxwelliano.
Purtroppo Einstein potè solo suggerire questa idea solo come esempio, senza
fornire alcuna conclusione definitiva.
La relazione di Einstein fu accolta con interesse da alcuni giovani fisici, tra i quali
Max Born.
Planck, invece, prese una posizione decisamente contraria verso l'idea dei quanti
di luce. Il nuovo argomento di Einstein sulla coesistenza delle descrizioni ondulatoria e
corpuscolare non lo convinse, perché l'ipotesi dei quanti di luce gli sembrava in
contraddizione con le equazioni di Maxwell, e lui non riteneva giustificato ripudiarle
neppure alle alte frequenze. I fenomeni quantistici, secondo Planck, non andavano
certamente negati ma considerati attinenti solo al dominio, limitato e ancora poco
conosciuto, dell'interazione tra radiazione e materia.
Questo rigetto dell'interpretazione della formula delle fluttuazioni fu mantenuto da
Planck per anni; del resto era un'opposizione che aveva largo seguito.
La relazione di Einstein al Congresso di Salisburgo e la conseguente discussione
segnalarono a molti fisici l'esistenza di problemi, connessi con l'ipotesi dei quanti, che
non potevano più essere considerati attinenti a determinati settori della fisica.
Dopo la relazione di Einstein, Stark confermò ulteriormente la sua posizione
favorevole al concetto di quanto di luce. Tuttavia la sua strenua difesa dell'idea di
Eintein danneggiò la stessa causa dei quanti di luce: Stark ebbe uno scambio perdente
prima con Sommerfeld e poi nel 1910 con Lorentz, contrari all'ipotesi dei quanti di luce.
Lo stesso Einstein ridusse il proprio impegno nell'approfondimento della
concezione quantistica, e si impegnò principalmente nella costruzione della Relatività
generale.
Pertanto dal 1910 l'ipotesi del quanto di luce fu tenuta in bassa considerazione
quasi dimenticata, come indica anche l'episodio della proposta di nomina di Einstein
membro dell'Accademia Prussiana delle Scienze nel 1913. Planck, Warburg, Nernst
Rubens raccomandarono in quell'anno l'elezione di Einstein, con un documento scritto
firmato che termina così:
In conclusione, possiamo dire che sarebbe difficile trovare un
problema, tra quelli di grande rilievo di cui la fisica moderna è così
ricca, al quale Einstein non abbia dato una contribuzione
importante. Che qualche volta egli con le sue concezioni abbia
mancato il bersaglio, come per esempio nel caso della sua ipotesi dei
quanti di luce, non può veramente costituire una grave imputazione
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e
a
e
e
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contro di lui, perché è impossibile introdurre idee fondamentalmente
nuove, anche nelle scienze più esatte, senza correre qualche rischio.
Tuttavia dal 1910 cominciò anche a diffondersi maggiormente tra i fisici l'interesse
per il quanto di luce. In questo stesso anno Sommerfeld, all'inizio contrario all'idea di
Einstein, cambiò la sua opinione e si mostrò favorevole. W. Nernst e P.Debye
aderirono al dibattito sulla concezione quantistica della radiazione.
1910 il contributo di Walther Nernst
Negli anni tra il 1910 e il 1911 un notevole apporto alla teoria quantistica fu fornito
dalle misure sui calori specifici.
In questi anni Walther Nernst stava verificando una implicazione del terzo
principio della termodinamica (che egli aveva enunciato nel 1905). Questa implicazione
affermava che i calori specifici dei solidi o liquidi diminuiscono fortemente con la
temperatura raggiungendo un valore limite allo zero assoluto.
Nel suo istituto di Berlino, Nernst effettuò delle misure sull'andamento dei calori
specifici con la temperatura. Pertanto, la sua motivazione all'inizio non aveva nulla a
che fare con la teoria quantistica e infatti Nernst, prima del 1909, non fu interessato alla
teoria dei quanti di Einstein.
Quando, però, nel 1910 ottenne i primi dati sperimentali, Nernst riferì di aver
osservato un accordo qualitativo ma comunque significativo con le previsioni di
Einstein. Esortò, quindi, i suoi collaboratori a proseguire le misure per cercare la
conferma di un accordo anche quantitativo. Si recò subito a Zurigo per consultarsi con
Einstein, il quale non ebbe dubbi sull'importanza dei risultati di Nernst, come mostra
una lettera dello stesso Einstein all'amico Laub:
"Per quanto mi riguarda, la teoria quantistica ha fondamenta
solide. La mia predizione riguardo ai calori specifici sembra essere
stata brillantemente verificata. Nernst, che è appena venuto a
trovarmi, e Rubens, stanno vigorosamente proseguendo nella
verifica sperimentale… ".
Nernst, sempre nel 1910, decise di riunire i più rappresentativi fisici del tempo per
discutere sull'introduzione in fisica delle idee quantistiche: la sua decisione si realizzò
l'anno successivo nel I Congresso Solvay.
Le misure del calore specifico, effettuate nel 1910 nell'Istituto di Nernst,
confermarono per le sostanze esaminate un comportamento in sostanziale accordo con
le previsioni della formula di Einstein. Nernst, anche se considerava la teoria quantistica
ancora una regola di calcolo, si convinse che un accordo così sistematico tra teoria ed
esperienza era una prova decisamente favorevole all'ipotesi dei quanti. Infatti, all'inizio
del 1911 così si espresse:
"Io credo che nessuno che abbia acquisito, attraverso lunghi
anni di pratica, una ragionevolmente attendibile sensibilità per il
vaglio sperimentale di una teoria… potrà riflettere su questi risultati
senza essere persuaso della grande potenza logica della teoria
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quantistica,
essenziali".
che
chiarisce
immediatamente
tutti
gli
aspetti
I risultati sui calori specifici furono importanti per l'affermazione della teoria
quantistica, come mostrano nel 1911 le parole di Sommerfeld:
"Una delle pagine gloriose nella storia… dell'Istituto FisicoTecnico sarà sempre che esso ha collocato una pietra di fondazione
della teoria dei quanti, la base sperimentale della radiazione di corpo
nero. L'istituto di Nernst merita probabilmente un eguale
apprezzamento per averci fornito un'altra, non minore, pietra di
fondazione della teoria dei quanti, attraverso le sue misure
sistematiche di calori specifici".
I risultati sui calori specifici di Nernst e dei suoi collaboratori costituirono un
ulteriore accordo tra teoria quantistica ed esperimento. Infatti, fino a quel momento
l'unico accordo era fornito dalla formula di Planck, mentre una verifica sperimentale
non era stato possibile, ad esempio, per l'interpretazione dell'effetto fotoelettrico. Questa
mancanza di verifiche sperimentali delle previsioni della teoria dei quanti fu uno dei
motivi di diffidenza o indifferenza verso le nuove idee introdotte in fisica.
1911 il primo Congresso Solvay
Quando nel 1911 si svolse il I Congresso di Solvay, l'atteggiamento generale verso
la teoria dei quanti era più favorevole rispetto a quando Nernst ebbe l'idea di un
convegno. Nernst aveva ottenuto il sostegno finanziario dell'industriale belga, e
scienziato dilettante, Ernest Solvay, per cui il convegno si chiamò I Congresso Solvay e
fu tenuto a Bruxelles.
Il responsabile della scelta degli invitati e del programma dei lavori fu Nernst,
probabilmente in consultazione con Planck e con Lorentz, che fu il presidente del
Congresso.
La parola "congresso" non deve far pensare a una riunione numerosa e affollata: i
partecipanti furono in tutto 18, più 3 segretari scientifici e 2 "osservatori" invitati da
Solvay.
Questo è l'elenco, in ordine alfabetico, dei partecipanti: M. Brillouin, Marie
Curie, Albert Einstein, F. Hasenoehrl, J. H. Jeans, H. Kamerling Onnes, M.
Knudsen, P. Langevin, H. A. Lorentz, W. Nernst, J. Perrin, Max Planck, H.
Poincaré, H. Rubens, Ernest Rutherford, A. Sommerfeld, E. Warburg, W. Wien,
più i segretari scientifici Maurice de Broglie, R. B. Goldschmidt, F. A. Lindemann.
L'assenza più rilevante fu quella di Lord Rayleigh che, ormai vicino ai 70 anni,
declinò l'invito ma precedentemente inviò a Nernst una lettera in cui ribadiva la sua
convinzione che una soluzione dei problemi sollevati dall'impiego del principio di
equipartizione dell'energia non era ancora stata trovata.
I lavori consisterono nella presentazione di dodici relazioni - i cui testi erano stati
distribuiti in anticipo - seguite da ampie e vivaci discussioni. Dei lavori sono rimasti
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esaurienti rendiconti, apparsi in francese nel 1912 a cura di P. Langevin e di M. de
Broglie, e in tedesco nel 1913 a cura di A. Eucken.
La maggioranza dei partecipanti era ormai convinta della necessità di introdurre il
concetto di quanto. Tuttavia tale maggioranza non era del tutto omogenea, poiché
comprendeva alcuni, e tra essi Lorentz, che accettavano la necessità dei quanti ma con
una certa dose di diffidenza.
Due partecipanti erano dichiaratamente contrari: Jeans (che rappresentava anche il
punto di vista di Lord Rayleigh) e Poincaré.
Altri cinque, tra cui Marie Curie e Rutherford, erano "neutrali", forse perché nelle
loro attività di ricerca non si erano trovati di fronte al problema quantistico.
Pertanto fu un convegno molto stimolante per le idee sostenute, le divergenze
espresse e anche per le successive riflessioni.
Nonostante le divergenze di opinioni, si riconobbe l'impossibilà di trovare una
spiegazione della costante di Planck all'interno dello schema concettuale della fisica
classica. Questo riconoscimento fu espresso per primo proprio da Planck, che per anni
aveva cercato alternative a una soluzione così radicale.
Uno degli effetti indiretti del I Congresso di Solvay fu una maggiore diffusione dei
concetti quantistici. Ogni partecipante, rientrato nella propria sede, diffuse tra colleghi e
allievi l'importanza delle idee quantistiche che aveva acquisito o confermato.
Nella trasmissione delle nuove idee si distinsero, ad esempio, Langevin a Parigi e
Sommerfeld a Monaco.
Le nuove idee progressivamente entrarono anche nell'insegnamento a livello
avanzato, e nella preparazione accademica.
Un altro mezzo di informazione fu fornito dai rendiconti scritti, che offrirono ai
fisici che non avevano partecipato al congresso l'occasione di conoscerne i lavori e le
discussioni.
Se il I Congresso di Solvay segnò il riconoscimento della necessità della
concezione quantistica e l'allargamento del suo consenso, tuttavia non raggiunse un
accordo sul significato della teoria quantistica in rapporto alla preesistente
rappresentazione del mondo fisico. Questa situazione può essere riconosciuta nelle
opzioni sottolineate nel 1913 da Eucken (in un'appendice all'edizione tedesca dei
rendiconti):
"E' la teoria quantistica un ramo della meccanica usuale;
oppure, è la meccanica tradizionale un caso speciale di una
meccanica più generale (che comprende, o si identifica con, la teoria
quantistica); o, infine, è la teoria quantistica una scienza del tutto al
di fuori della meccanica?".
Ognuno, quindi, aveva la propria opinione su quale risposta favorire, e alcuni
avevano delle idee sulle direzioni da prendere.
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