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Profumo d`Oriente a Zanzibar e Pemba
(01-98)Articoli Estivo 2006 19-04-2006 15:37 Pagina 32 AVVENTURE NEL MONDO • AVVENTURE NEL Tanzania - Zanzibar Piantagione di spezie vicino Stone Town Profumo d’Oriente a Zanzibar e Pemba Testo di Nicoletta Grieco Foto di Eugenio Corrà l gruppo Forzano-Peremba (così soprannominato per ragioni che poi spiegheremo) si amalgama bene già dai primissimi momenti, con un’età che varia dai 23 ai 40 inoltrati, ma tutti animati dallo stesso spirito che oscilla tra la curiosità del viaggiatore e una sana voglia di divertimento.All’aeroporto di Sana’a il primo scalo,le donne velate di nero sembrano osservarci con curiosità e già scattano le prime battute “E se adesso si perde un bambino come fa a ritrovare la madre?” (il tutto con il massimo rispetto per la religione altrui, intendiamoci). L’atmosfera si fa allegra, ridiamo e incominciamo a conoscerci, e quasi immediatamente entriamo in goliardica competizione con un altro gruppo di avventure che fa il nostro stesso viaggio.Arrivati a Dar Es Salaam ci aspettano 2 ore di aliscafo per Stone Town. A Stone Town ci sistemiamo in albergo e subito i corrispondenti Rachid e Masudi (soprannominato dal nostro avvocato romano “a’ bello’”) ci portano su una spiaggia bianca a sfogare la voglia di mare tropicale. La spiaggia è deserta e ci dà un assaggio dell’incanto che ci aspetta: granchi veloci corrono sulla sabbia dove la marea ha lasciato numerose conchiglie. Siamo in vacanza e siamo a Zanzibar! La sera, sempre sotto l’occhio vigile di Masudi, andiamo ai Forodhani Gardens a mangiare gli spiedini di pesce. Ci riempiamo i piatti di tutte le varietà di pesce (nessuno di noi riuscirà a terminare la sua porzione) e assistiamo allibiti ad un diverbio dell’altro gruppo con gli autoctoni poi- I 32 La scoperta di Zanzibar del gruppo Forzano ché, sembra, li hanno fregati, chiedendo troppi soldi; in effetti ad alcuni di noi è capitato lo stesso ma facciamo buon viso a cattivo gioco, siamo all’inizio della vacanza e nulla può turbare il nostro ottimismo. La mattina dopo partiamo per l’escursione all’isola di Bawi e Changuu (nota come Prison Island). Qualcuno di noi accusa qualche disturbo gastro-intestinale dovuto al cambio di alimentazione e di clima,ma si risolverà tutto in breve senza troppe tragedie, siamo forti e motivati affinché tutto vada bene. Sun Bay, una lingua di sabbia che appare e scompare a seconda della marea, dischiude i primi segreti di questa parte di Oceano Indiano: bianca ed accecante, da un lato offre un facile accesso per il bagno e lo snorkeling e dall’altro ci introduce al fenomeno delle maree, ritirandosi per centinaia di metri, tra pozze che rilucono al sole piene di conchiglie abitate e stelle marine colorate (che lasciamo rigorosamente al loro posto). Dopo un pasto a base di pesce e frutta sulla barca, cucinato sulla spiaggia dai nostri accompagnatori, ci dirigiamo verso Prison Island a visitare una colonia di tartarughe di terra. La sera cambiamo sistemazione e alloggiamo presso l’Hotel International, situato al centro di Stone Town, a due passi dal mercato. L’Hotel è molto suggestivo, in un palazzo d’epoca con letti a baldacchino in legno intagliato e mobili antichi,in un’atmosfera orientaleggiante che in effetti aleggia anche nelle strade della bianca Stone Town. La sera ceniamo al ristorante dedicato a Freddie Mercury (nativo di Zanzibar) e lì ci lanciamo nelle danze, rimorchiando pure qualche locale, accompagnati da un’orchestrina che suona reggae e successi africani. Al ritorno ci perdiamo, ed è bellissimo perdersi in questa città. Le bianche mura ci avviluppano,sopra i minareti stelle luminose indirizzano i nostri passi come in un labirinto. Le magnifiche porte di legno intagliato di Stone Town nel buio della notte sembrano nascondere segreti d’altri tempi; ogni tanto qualche abitante in caffettano ci saluta con un cordiale “Jambo” (che significa ‘Ciao’ in swahili). Il ‘Capo’, ovvero il nostro faro, cammina spedita davanti a noi ostentando una sicurezza poco convinta,e solo un velocissimo topolino che le sfiora la punta dei sandali riesce a fermare il suo passo cadenzato (“C…. un topo!” E’ la sua colorita espressione). Infine ritroviamo la strada di casa ma non contenti ci arrampichiamo sulle ripidissime scale dell’Hotel International per un veloce saluto sulla terrazza, a rimirare le stelle. La mattina la sottoscritta insieme al Capo, sveglie di buon ora per il canto mattutino del Muezzin, si reca in avanscoperta nel colorato mercato. Ed è un tripudio di odori e di colori: banchi colorati di spezie ci stordiscono con aromi di chiodi di garofano, cannella, curry, zafferano, cardamomo etc. Saranno gli odori (e i sapori) che ci accompagneranno per tutta la vacanza. Giustappunto ci rechiamo a fare il giro delle spezie insieme all’altro gruppo. La nostra simpaticissima guida ‘Rambo Nero’ ci accompagna tra le piante spiegando in un ottimo italiano e poi lancia l’idea di un pranzo a casa sua preparato dalla bella moglie. Ovviamente, poiché il cibo è uno degli ideali comuni che affratella il gruppo, accettiamo entusiasti. Ci fa sedere per terra su delle stuoie in una casa spoglia ma dipinta di un blu acceso, l’altro gruppo si sistema nella stanza attigua. Mangiamo uno dei pasti migliori della vacanza, a base di riso speziato, melanzane alla ‘non so come’ (deliziose) e spinaci (ma non sono spinaci!) al peperoncino, ovviamente il tutto accompagnato dall’immancabile chapati (il loro omologo del pane).Alla fine del lauto pasto si presenta uno dell’altro gruppo con una ciotolina e ci dice “C’è ancora pesce,eh.” Poiché ne ignoravamo l’esistenza (se lo sono mangiato tutto loro!) diciamo all’unisono “Ancora?” guardandolo con aria interrogativa, mentre la più giovane dei milanesi, aprendo una giocosa ostilità, sibila fra i denti un chiarissimo e caustico “Bastardi” che per giorni sarà il nostro grido di battaglia. Nel pomeriggio respiriamo ancora un po’ la magica atmosfera di Stone Town e poi ci andiamo a godere il tramonto sulla terrazza dell’esclusiva ‘Africa House’.Al mattino dopo ci muoviamo ed arriviamo a Bwejuu verso mezzogiorno. E’ un momento magico. La marea ha ritirato le acque per almeno un chilometro. Davanti a noi una grandissima distesa di bianche pozzanghere interrotta dai colori delle vesti delle donne che raccolgono le alghe.Alcuni di noi passeggiano,incantati,tra le coltivazioni di alghe, altri si godono il sole sulla spiaggia. Il soggiorno a Bwejuu è molto piacevole. A seconda delle preferenze alcuni fanno lunghe passeggiate sulla spiaggia, qualcuno si avventura in una gita sulle barche con i bilancieri fino alla barriera corallina, altri giocano a pallone sulla spiaggia con i bambini del luogo. Durante il pomeriggio, alla spicciolata, ci si reca al villaggio vicino: qui scompare l’atmosfera orientaleggiante di Stone Town e appare l’Africa. Tra le capanne sbucano i bambini che ci corrono incontro e ci urlano “Jambo!”, i ‘kanga’ (teli usati dalle donne come vestimenti) stesi al sole colorano le strade sterrate, le alghe per terra ad asciugare mandano un forte odore di mare, le vacche (con la gobba) intralciano il raro traffico di auto. (01-98)Articoli Estivo 2006 19-04-2006 15:38 Pagina 33 AVVENTURE NEL MONDO • AVVENTURE NEL MONDO L’affiatatissimo gruppo Forzano nella riserva marina di Misali Island a Pemba I bambini chiedono penne e caramelle e, seppur animati da ottime intenzioni, alcuni di noi si trovano coinvolti in una polemica con alcuni autoctoni che considerano diseducativo il nostro comportamento. Ma i nostri propositi sono buoni, vogliamo solo entrare in contatto, prendere in braccio questi bambini bellissimi, giocare a pallone con loro,dargli qualche caramella è un gesto istintivo che, forse per inesperienza, non siamo riusciti a tenere sotto controllo. Nei due giorni che seguono visitiamo altre spiagge e un altro villaggio e passiamo le nostre serate a giocare ai mimi, a carte, e a guardare, naso all’insù, le stelle cadenti. Il rumore del mare e delle palme scosse dal vento culla il nostro sonno. E galeotto è il mare che, insieme alle stelle, al vento e al profumo di tropico fa nascere una simpatia tra due partecipanti del gruppo, i cui nomi, per discrezione,taceremo omertosamente (ma c’abbiamo tanto di prove fotografiche…). Dopo un’ultima serata passata intorno al fuoco a ballare al suono dei tamburi africani ci spostiamo. Sveglia all’alba (il capo è inflessibile) e partenza per Kizimkazi per il Dolphin Tour, percorrendo strade meravigliose contornate da manghi, eucalipti, banani, papaye e baobab; ogni tanto ci arrestiamo per pochi minuti presso punti di controllo della polizia locale, talora dislocati in luoghi deserti. La bellezza del viaggio ispira canzoni romantiche. Appena arriviamo al molo saliamo a bordo della barca che parte sparata verso il largo, alla ricerca dei delfini, e ci rendiamo conto subito che il mare non è proprio una tavola (in particolare due delle gentili signorine del gruppo, il cui stomaco accuserà il colpo). Ma ecco che si avvistano i primi delfini, la barca parte all’inseguimento e noi, affascinati e imbambolati, cerchiamo di fotografarli mentre sinuosamente cavalcano le onde. Il nostro Capitano ci fa capire che dobbiamo indossare le maschere e buttarci prontamente appena la barca si avvicina ai delfini. Obbediamo e ci piazziamo la maschera sulla faccia, poi, pronti sul bordo della barca, scrutiamo il mare alla ricerca delle nostre prede. E qui inizia il divertimento (per loro) compaiono a pochi metri da noi, ci osservano (ridacchiando, m’è parso di sentire i loro versi) mentre ci tuffiamo scomposti e goffi,tra gridolini e risate,per poi scomparire agili e risbucare dalla parte opposta (qualcuno faceva pure ‘marameo’). Questo giochetto va avanti per un po’, ad un certo punto qualche fortunato tra noi riesce persino a vederli passare sott’acqua, ma sempre per sbeffeggiarci come meritiamo. Intanto la caccia al delfino s’è fatta grossa (e il mare pure) e le barche pronte all’inseguimento sono numerose ma i delfini non si scompongono e continuano nella loro gita di osservazione degli umani mascherati, su qualche barca se ne possono vedere alcuni completi di pinne (come faranno a tuffarsi velocemente?) seduti sul bordo di spalle, pronti per il combattimento. Ritornati a terra, i più fortunati si ristorano con un delizioso gelato al cioccolato, poi si riparte per la Jozani Forest, dove svettano piante di eucalipto e mogano rosso; la guida ci illustra piante utilizzate dalla popolazione per medicamenti vari e ci conduce ad osservare, zigzagando fra arbusti urticanti, due specie Zanzibar senatura deserta, dove campeggia un veliero spiaggiato e alcuni pescatori preparano le barche per la pesca notturna: insomma anche il posto più turistico ha il suo incanto nascosto. Nei due giorni che seguono il tempo è piovoso e fresco. Alcuni si fermano all’asciutto e improvvisano tornei di carte, altri visitano il villaggio.Anche questo è colorato e pieno di bambini, c’è modo di vedere una scuola dal di fuori, le bambine con il velo bianco e la gonna azzurra fanno capannelli e salutano da lontano; i bambini, camicia bianca e pantaloni blu, giocano a calcio durante l’intervallo. Vicino al mare un cantiere di barche in costruzione: odore di legno misto a salsedine. Gli uomini con le mani callose non amano farsi fotografare e per scattare una foto alla reti colorate stese per terra devo chiedere il permesso. Di fronte una distesa di barche ormeggiate, tutte di legno, alcune con i bilancieri, altre grandi a vela.A bordo pescatori che lavorano le reti: il mare è grigio per la pioggia e si confonde con il cielo. Le voci dei bambini che si fanno il bagno, incuranti della pioggia fitta, animano il silenzio spettrale di questo paesaggio.A gruppi ci rechiamo anche all’acquario,piccolo ma grazioso, dove ci sono le tartarughe marine. Tre di noi avranno la fortuna di vederle nel loro ambiente naturale durante un’immersione a 18 metri, seguita ad un viaggio rocambolesco in barca durante un fortunale (si fa per dire…) di pioggia, vento e mare grosso. Altri otto eroici si recano in barca all’isola di Mnemba,beccano anche loro il fortunale e si bagnano come pulcini, la ricompensa è però succulenta: fare snorkeling e vedere tanti pesci colorati. Sulla via del ritorno, per tutti, delfini e pesci volanti. In una di queste serate a Nungwii ci pappiamo (non senza aver prima fatto un’accurata indagine e una faticosa contrattazione) una squisita aragosta che ci ripaga delle giornate di pioggia. Un po’ stufi per il maltempo la mattina di ferragosto,all’alba,partiamo di nuovo per Stone Town per imbarcarci per Pemba, l’altra isola dell’arcipelago di Zanzibar.Nel frattempo i nostri spostamenti in pulmino si so- Nungwi di scimmie: il colobo rosso e le scimmie blu.Alla fine, torniamo a Stone Town e ripartiamo per Nungwii, allietando l’autista e l’accompagnatore con i nostri canti. Arriviamo nel pomeriggio a Nungwii e capiamo subito che qui l’atmosfera è decisamente più turistica. Ma la spiaggia è bella, il mare limpido e calmissimo, e poi c’è un’interessante rete di beach volley, potremo sfidare i nostri concorrenti dell’altro gruppo… Gli affezionati delle passeggiate sfidano la marea (che al ritorno li costringerà ad un facile guado) e partono alla scoperta di Kendwa, e, dopo aver costeggiato confortevoli villaggi (qualcuno pure lussuoso ma decisamente poco amalgamato all’ambiente) giungono ad una piccola in33 (01-98)Articoli Estivo 2006 Zanzibar 19-04-2006 15:38 Pagina 34 AVVENTURE NEL MONDO • AVVENTURE NEL MONDO Bassa marea mattutina nella spiaggia di Bwejuu no fatti animati, ormai cantiamo a squarciagola ed abbia- lo cosa posso fare sono giovane quanto te ma non ho solmo anche imparato (completa di traduzione) una canzo- di altrimenti ti sposerei). ne locale,il cui testo (con traduzione a fronte) allego a se- La sera festeggiamo il compleanno di un noto playboy miguire. lanese (che ha infranto diversi cuori, anche locali) presso Jambo jambo bwana – habari gani nzuri sana – wageni wa- il ristorante dello Swahili Divers,gestito da inglesi,con tankaribishwa – Zanzibar yetu – hakuna – matata (ciao ciao to di torta al cioccolato (offerta dal playboy) e candeline. signore come stai molto bene turista sei benvenuto nella La mattina dopo un viaggio in pulmino attraverso la forenostra Zanzibar non ci sono problemi). sta di Pemba (fitta e con alberi altissimi) arriChi guida l’Aliscafo per Pemba è un criminale e l’equipag- viamo in un angolo di paradiso, la gio lo sa:infatti appena saliti ci vengono distribuiti dei sim- spiaggia di Vumawimbi. patici sacchetti dove depositare il contenuto del nostro Ci siamo solo noi (e qualstomaco. Non so come (e dico sul serio) arriviamo a de- che locale) e sembra stinazione senza averli usati (i sacchetti) mentre per ter- di esser i protagonira restano stesi morti e feriti tra i locali. sti di una puntata Eroico gruppo Forzano-Peremba! di ‘Quark’. Sugli Baciamo la terra e ci accoglie Suleiman, un simpaticissimo alberi ci sono le ragazzo che ci accompagnerà nei due giorni a seguire (e scimmie, sulla il cui cuore sarà spezzato da…. anche questo sottaciamo, spiaggia atterrano per il momento). copiosi uccelli di Per andare a Chake Chake attraversiamo una bellissima tutti i tipi (che per strada costeggiata da capanne in paglia immerse in una ve- farsi fotografare meglio getazione lussureggiante di palme e banani. Lungo la stra- fanno anche dei piccoli voda teli coperti di chiodi di garofano a seccare rendono l’a- li dimostrativi), e dopo una pasria profumata. Il pomeriggio a Chake Chake ci porta di seggiata di circa un’ora e mezza, tra panuovo in Africa: è un piccolo villaggio, con un mercato co- guri, stelle marine e conchiglie, ci meritiamo un bagno lorato e persone socievoli che ci salutano. tra le mangrovie, circondati (sembra incredibile!) da arPemba è incontaminata, a Chake Chjake (che è il centro gentati pescetti volanti. più grande) ci sono solo tre alberghi e trovare un risto- Quando torniamo troviamo il resto del gruppo che si gorante è un’impresa, bisogna avvisare la mattina per la se- de il sole sulla spiaggia e sulle barche ormeggiate a riva. ra: quasi in nessun posto servono birra perché sono più Nel nostro ultimo pomeriggio al mare si consumano tre osservanti che a Unguja. La sera alle 19.00 dalla collina ci caste storie d’amore: il nostro Suleiman conduce la bionarriva la voce del Muezzin:echi di risposta si perdono neldina di Milano su una barchetta e,a distanza di sicurezza l’aria, tra pianto di bambini e voci che si chiamano. (per carità, ha una promessa sposa!), le continua a Nei due giorni a seguire ci rendiamo conto di essere arcantare ‘Malaika’; mentre il play boy di Milano rivati in un piccolo paradiso: visitiamo la riserva dell’Isola corteggia spudoratamente una splendida lodi Misali, una spiaggia bianca che scivola in un mare cricale, giocando a palla in mare, e converstallino, una barriera corallina colorata e popolata da pesando con tutta la famiglia (vigile ed sci variopinti, una fitta vegetazione, delle grotte sacre che attenta “sarà un buon partito? C’anascondono leggende, e un piccolo golfo dove le tartaruvrà i soldi?” ); la giovane proghe vanno a deporre le uova (vediamo i gusci dischiusi sulmessa del cinema di Napoli la spiaggia).E tante conchiglie abitate da paguri di ogni grandà il suo numero di celludezza, che si lasciano prendere in mano e quasi accarezlare (sbagliato) a un auzare. toctono con la maSulla via del ritorno in barca, Suleiman ci insegna musica e glia numero 27, testo di un’altra canzone “Malaika” (Angelo) e la canta che però non guardando con sguardo perso una biondina con gli occhi molla facilverdi di Milano. mente la Ecco il testo con la trapresa. Foto: gr. Cattaneo duzione: Malaika Al rinakupenda malaika – nami nifanyeje – kajana mwenzio – nashindwa na mali sina weee – ningekuoa malaika (angelo ti amo ange34 torno una luce tersa e vivida inonda di azzurro intenso il cielo, di verde brillante le piante e i prati, di arancione le capanne,di rosso e giallo i vestiti delle persone e… a qualcuno di noi sembra di essere altrove: aleggia un’emozione di commossa meraviglia. Al tramonto si impone una rapida sosta per cogliere (come direbbe il maestro fotografo,che è poi il playboy di Milano) “l’unicità dell’attimo”. Risaliti sul pulmino puntiamo decisi verso casa per andare a cena in un piccolo ristorante che ha aperto apposta per noi (e tenterà il colpaccio). Sono con noi anche il nostro fidato Suleiman e Issa che ci insegna il detto che diventerà il nome del nostro gruppo “Pemba peremba” (Pemba is different). Alla fine della cena, senza infamia e senza lode, il padrone tenta di fregarci e ci chiede l’incredibile cifra di 15.000 scellini a testa, ovvero 4 volte l’importo da noi calcolato. Gli offriamo non più di 100.000 scellini in tutto anche perché siamo a fine vacanza e…i soldi stanno per finire. Il tipo argomenta e la sottoscritta, nella foga della discussione,tira fuori una chicca linguistica che,se divulgata,potrebbe costarle il licenziamento in Italia. Gli dico, piccata e a muso duro “100.000 is much more than we should pay,you can stay…” che tradotto nel vernacolo romano (infatti il Capo e l’avvocato si sono accasciati all’istante) vuole dire “Ce poi sta’”. La mattina dopo, a malincuore, dopo un breve giro al mercato per le ultime compere, andiamo a prendere l’aliscafo.Dopo 3 ore di traversata rincontriamo l’altro gruppo che sale a Stone Town e mentre loro accusano morti e feriti nella traversata noi, drogati quasi tutti dalla Xamamina, sorridiamo beati. Una notte a Dar e la mattina dopo al mercato del legno dove effettuiamo compere per parecchi dollari a testa. Alle 14.00 il volo per Sana’a, che parte quasi in orario per scaricarci però 3 ore all’aeroporto di Aden, causa maltempo.Arriviamo in albergo a Sana’a a mezzanotte. Alla reception il tipo con in bocca il qat concorda con noi la cena (pane e formaggino) e la visita all’alba del giorno dopo alla città vecchia. Alle 8.00 ora locale vediamo la città del “Fiore delle mille e una Notte” stagliarsi alla nostra sinistra, e il cuore fa un sobbalzo. Ci sono luoghi nel mondo che non hanno tempo e sembrano avvolti da un incantesimo: Sana’a è uno di quei luoghi.Camminiamo per la città vecchia:gli edifici,come modellati nella sabbia, rossa e chiara, si stagliano contro il cielo. I vicoli si dipanano e schiudono all’occhio mura tortuose, minareti che svettano tra teloni di colore azzurro intenso. Le strade sono un continuo suk, colorate di spezie, intense di profumi, popolate da donne invisibili e da uomini con il volto scolpito. La gente è cordiale e ci saluta, cerca di venderci sciabole, cestini di spezie, pashmine e scatole di mirra. Il tempo è poco e queste facce, queste vie e questi aromi meriterebbero intere giornate: ma è tardi, dobbiamo andare, l’aereo ci aspetta per riportarci a casa. Dal pulmino ci voltiamo a sbirciare ancora la città circondata dalle mura. E ognuno, malinconicamente, pensa: “il prossimo viaggio….”. (01-98)Articoli Estivo 2006 19-04-2006 15:38 Pagina 35 AVVENTURE NEL MONDO • AVVENTURE NEL MONDO Vietnam Tutti i toni del verde Travolti dalle immagini, suoni, profumi e sapori dal TuttoVietnam gr. Paganini n traffico davvero insolito quello di Hanoi. Senza auto. Sciami di motorini hanno sostituito le biciclette di fabbricazione cinese e ronzano per le vie della città secondo le regole sfuggenti di un codice stradale autenticamente “buddhista” ! . Conta solo la capacità di rimanere nel flusso, di praticare la “via del mezzo”, senza eccessi e virtuosismi.Scorre la “vita fluttuante” della capitale vietnamita, senza mai rallentare e mai accelerare. Osservare il traffico aiuta a capire tante cose di questa città, irriconoscibile rispetto al grigiore di solo un decennio fa (quando si faceva addirittura fatica a trovare cibo nei ristoranti) e piena di voglia di vivere, vivace nonostante gli “schemi” imposti della retorica di regime (nel 2005 si è celebrato il 30° anniversario della liberazione di Saigon). Sembra davvero una corsa collettiva contro l’immobilismo, per ritrovare nuovi stimoli e nuovi traguardi : per cancellare dall’inconscio di un popolo anni di guerra e corruzione post-bellica,di impoverimento economico e culturale,di meccanico asservimento ai “dictat” della propaganda, di sacrificio della libertà di espressione e della singolarità di ogni percorso esistenziale. E ovviamente nel traffico sta sempre l’imprevisto,tolto il quale – come scriveva Tucci nel suo mitico “Lhasa e oltre” – “…il vivere si riduce a un noioso transito di cibo…” Il colore predomina sul grigiore del passato, e ai ricordi spettrali della recente tragedia bellica,alla tristezza e ai fallimenti della pianificazione socialista (così ben rappresentati anche nello struggente romanzo di Duong Thu Huong intitolato “Oltre ogni illusione”) si antepongono le (forse troppo ingenue) manifestazioni della vita collettiva : con- U Testo e foto di Alessandro Pellegatta certi all’aperto di cantanti neo-melodici,grandi abbuffate e bevute di birra alla spina nei rumorosi ristoranti “open space”...Nel groviglio dei cavi elettrici e telefonici, tra le mura scrostate di vecchi edifici coloniali, si intravedono rami di alberi rampicanti che tra curve e svolte improvvise rivelano nuovi boccioli, speranze che nascono dalle rovine delle illusioni...Un grande paese dalle mille contraddizioni e dei mille contrasti vive e si manifesta ai nostri occhi, nella relativa oscurità della nostra limitata esperienza turistica... Lo zio Ho Chi Minh,imbellettato nel suo spettrale mausoleo (freddissimo e presidiato da inflessibili guardiani dall’abito candido) e sempre rappresentato nei murales colorati agli angoli delle strade, ricorda che «Qui si studia,si lavora e si produce».A 30 anni dalla fine della guerra con gli Usa ilVietnam,secondo la maggior parte dei report degli economisti,si sta trasformando in una straordinaria “tigre” produttiva, con tassi di crescita impressionanti. Fortunatamente,gli esacerbanti richiami liberisti non sembrano ancora avere un peso predominante.C’è ancora un grande senso di appartenenza alla comunità e alla famiglia, l’etica del lavoro è autenticamente e genuinamente “condivisa”.Tutto bene ? Due sono comunque i pericoli principali: un "vicino" ingombrante come la Cina potrebbe stritolare in un attimo la competitività del Paese. La frontiera nel Nord del Paese è del resto molto “evanescente”. Il secondo è rappresentato dalla incalzante mercificazione della società, attuata attraverso processi di privatizzazione che rischiano di spaccare in due il Vietnam: da una parte c'è chi accede al “benessere” (lavorando con gli stranieri o avviando comunque un’attività redditizia in proprio), dall'altra chi ne resta fuori e mantiene uno stipendio fisso da fame. Ciò provoca la corruzione di un settore pubblico che, talvolta, mal sopporta il divario retributivo con il privato (e si rivale come meglio può…). E’ l’eterno conflitto città - campagna, che nella vicina Cina sta alimentando altri drammi collettivi (sociali e ambientali) e nella vicina Cambogia ha contribuito ad alimentare la follia ideologica pol - potiana. La corsa al “progresso” rischia inoltre di aumentare i già sensibili divari tra viet e le numerose minoranze etniche (sia al Nord che al Centro-Sud del Vietnam) : minoranze confinate in aree geografiche svantaggiate, dove prevale ancora un’economia di pura sussistenza e dove analfabetismo e carenze igienico - sanitarie sono evidenti e diffuse. Trent'anni fa,il 30 aprile 1975,cadeva Saigon.Era una mattina limpida e la luce riempiva gli occhi. Rivedo le foto in bianco nero affisse al Palazzo della Riunificazione di Ho Chi Min, una splendida e affascinante costruzione realizzata dall’architetto Ngo Viet Thu e completata nel 1966. A mezzogiorno due carri armati con bandiera vietcong sfondarono i cancelli. Due esemplari di quei carri armati sono ancora parcheggiati in bella mostra nel giardino del Palazzo a imperitura memoria. Poche ore prima l'ultimo elicottero americano decollava. L’atmosfera del Palazzo è ariosa e spaziosa, e si ispira al razionalismo europeo. Le suggestioni della “modernità” si fondono magicamente con stupendi esempi di artigianato vietnamita. Nel seminterrato giacciono ancora, in un sistema di gallerie polverose, il centro di telecomunicazioni e la cucina, tra grandi carte geografiche che riproducono gli schieramenti militari dell’epoca. Un elicottero militare americano in disuso ancora posizionato sul tetto dell’edificio ricorda che qui avvenne l’affrettata partenza del presidente sudvietnamita Nguyen Van Thieu nel 1975 sotto l’incalzare delle truppe vietcong,che dispiegarono le grandi bandiere rosse con la stella gialla dal balcone del quarto piano. 35