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Numero 2 - Reporter nuovo
Anno III - Numero 2
Settimanale della Scuola Superiore di Giornalismo della Luiss Guido Carli
Reporter
22 Gennaio 2010
nuovo
Regionali
Inaugurazione
Ucraina
Giochi
Deaglio: Emma Col “laureato” Dragosei:
Warhammer
potrebbe farcela Joseph Stiglitz vincerà Mosca e nuove figurine
NOTTE DI RONDA
A BORDO DI UNA VOLANTE IN PATTUGLIAMENTO NELLE ZONE A RISCHIO
Politica
Elezioni regionali, gli schieramenti in campo. Ne parliamo con l’ex direttore di Diario
Deaglio: «Emma potrebbe farcela»
Intanto i manifesti elettorali per la Polverini alludono a Marrazzo
Andrea Pala
A grandi passi verso le elezioni regionali che, nel Lazio, vedono le candidature contrapposte di due donne.
Una sfida tutta al femminile. In città sono già visibili i cartelloni pubblicitari che alludono maliziosamente a una “regione normale” in
caso di vittoria della Polverini, riferimento esplicito alla non normalità
rappresentata dal “caso Marrazzo”.
Per tentare di comprendere i motivi e le prospettive della sfida in rosa,
ne abbiamo parlato brevemente con
Enrico Deaglio, ex direttore di Diario. Gli abbiamo chiesto se, dopo lo
scandalo che ha costretto alle dimissioni Piero Marrazzo, i due principali
schieramenti della politica italiana
sono stati costretti a scegliere donne
come candidate alla presidenza. E
cioè se esiste una sorta di «effetto
Marrazzo» che ha forzato le decisioni
del Popolo della Libertà e del Partito Democratico. «A mio avviso sì –
dice Enrico Deaglio – anche se non
saprei dire in che misura possa essere
stato determinante per la Polverini.
Per quanto riguarda la Bonino, invece, esiste eccome, dal momento
che tutte le altre candidature, soprattutto maschili, sono state affossate».
NORMALITÀ
Manifesti
per la Polverini
inneggiano
a una «regione
normale».
Numerose
le perplessità
per l’evidente
discriminazione.
Molti sono stati
subito fatti sparire
Il Partito democratico ha deciso di
puntare tutto su uno dei volti storici del Partito radicale. Tanti gli esponenti democratici che hanno applaudito alla decisione del partito di
appoggiare l’attuale vicepresidente del
Senato, ma la componente teodem in
seno al Pd non ci sta. «Per perdere
le elezioni nel Lazio Emma Bonino
va bene. Sono un grande ammiratore della Bonino, è molto brava e preparata, ma in questo modo si perde».
Così si è espresso il cattolico Enzo
Carra, mentre Paola Binetti ha dichiarato che in caso di vittoria del-
la Bonino è pronta a lasciare il partito.
Per Enrico Deaglio però non è detto che il centrosinistra sia destinato
a perdere. «È certo che il voto dei cattolici laziali non andrà alla Bonino,
ma è altrettanto vero che l’esponente radicale ha sempre goduto di un
forte voto di opinione, grazie anche
ai numerosi incarichi che ha ricoperto. Inoltre va sottolineato che sulle elezioni regionali ha sempre pesato
il voto romano e sarà la città a indicare il nome del prossimo governatore».
Sulla candidatura dell’esponente
radicale sono arrivati gli strali di Giuliano Ferrara, direttore de Il Foglio.
«Detesto Emma Bonino, spero che
perda le elezioni. È un’intollerante,
un’abortista sfegatata, una cercatrice di cariche meticolosa e fatua, la
complice non candida, ma molto
candidata, del peggior Pannella, una
pallona gonfiata come poche». La Bonino ha replicato sul Corriere della
Sera, con un secco «Ferrara dev’essere malato. L’avrò visto una volta in
vita mia».
Ma la linea di Ferrara avrà con-
Al lavoro la macchina elettorale dell’amministrazione: schede, scrutatori, liste
I costi “straordinari” per il voto
Enrico Messina
In vista delle prossime elezioni la pubblica amministrazione si è messa in moto. Un
periodo particolarmente caldo,
questo, in cui si accavallano
scadenze e nuovi adempimenti amministrativi che rendono il meccanismo particolarmente complesso, ed anche
molto costoso: basti pensare
che per le elezioni regionali
dell’aprile 2005 la sola Direzione dei servizi elettorali di
Roma ha speso l’incredibile
somma di 12 milioni di euro.
Il calendario è preciso: le
consultazioni si devono tenere in una delle quattro domeniche antecedenti la fine del
mandato. La data deve essere
indicata con un minimo di 45
giorni di anticipo. A partire da
questo momento per la macchina amministrativa inizia
una corsa contro il tempo:
l’obiettivo è far sì che tutto
funzioni al meglio il giorno
delle elezioni. A trenta giorni
dalla consultazione scatterà ufficialmente la campagna elet-
2
22 Gennaio 2010
torale e la Commissione elettorale comunale nominerà i
10.400 scrutatori e i 2.600 presidenti di seggio.
La maggior parte degli
adempimenti, come la comunicazione delle liste e della
data delle elezioni e la predisposizione di tutti i servizi
“esterni” all’ufficio (ad esem-
ta deroga alla norma che impone al dipendente di non sforare le quarantotto ore di straordinario mensili.
Intanto la Direzione dei
servizi elettorali si sta già occupando di quelle pratiche che
si possono concludere nel periodo antecedente i “45 giorni di fuoco”. Si tratta della con-
L’aumento delle ore di straordinario dei
dipendenti arriva a toccare il cento per cento
del monte ore mensile
pio il trasporto delle schede a
fine consultazione e dei membri del seggio all’ufficio generale per la consegna di plichi
e verbali), si concentra in
quei 45 giorni. Ciò comporta
un aumento considerevole
delle ore di straordinario dei
dipendenti, che arriva a toccare il cento per cento del
monte ore mensile. Per permettere lo svolgimento di
questi straordinari “anormali”
è prevista perfino un’apposi-
segna delle tessere elettorali a
tutti i “nuovi romani” e dell’aggiornamento di quelle che
riportano dei dati inesatti.
Ancora, della formazione delle liste di sezione (che contengono gli elettori per seggio), della verifica dei 499
plessi scolastici e degli altri 40
tra ospedali e case di cura), del
monitoraggio dei luoghi che
ospiteranno gli impianti per la
propaganda elettorale, della tenuta dell’albo degli scrutato-
ri (chi ha presentato la domanda ha tempo ancora qualche giorno per verificare il proprio inserimento nell’albo).
Facilmente, tra spese tecniche e spese generali, la quota dei 12 milioni di euro, spesi per i servizi elettorali del
solo comune di Roma per le
elezioni regionali passate, sarà
superata. Lo straordinario del
personale dipendente non è sicuramente la voce più importante, ma è comunque una
parte consistente delle spese
generali, quelle, cioè, “interne”
all’ufficio.
Il dato, che alle orecchie del
normale cittadino sembra
esorbitante, è in realtà in linea
con i costi generali delle consultazioni elettorali. Basti pensare che per le ultime elezioni politiche sono stati spesi all’incirca 400 milioni di euro
per gestire le 61.428 sezioni
nazionali. Le sezioni che la Direzione dei servizi elettorali di
Roma si troverà a gestire per
queste elezioni regionali sono
2.600, per un totale di due milioni 300 mila elettori.
seguenze? Sarà in grado di spostare
consensi? «No – afferma Deaglio –
perché si è visto alle ultime politiche
quanti pochi voti ha preso Ferrara,
dimostrando di avere scarsissimo
peso elettorale».
Su Renata Polverini, invece, il Popolo della Libertà si è schierato al
gran completo. «Senza dubbio –
spiega Deaglio – la sua candidatura
è stata decisa perché ex segretaria dell’Ugl. Grazie a questo ruolo ha avuto grande visibilità mediatica nell’ultimo periodo, partecipando come
ospite a trasmissioni televisive di successo che l’hanno fatta conoscere al
pubblico».
Rimane ancora il nodo Udc. Se
per la Polverini l’accordo con i casiniani esiste, gli organismi regionali
del partito la pensano diversamente.
Luciano Ciocchetti, segretario regionale Udc nel Lazio, si è espresso
in questo modo a Il giornale: «Spero prevalga il buon senso. D’altronde è di tutta evidenza che, senza il nostro appoggio, la Polverini rischia
concretamente di perdere». Intanto
alle elezioni comunali di Viterbo,
l’Udc potrebbe appoggiare il candidato del Partito democratico.
Tante polemiche dunque all’interno dei due schieramenti in attesa che gli elettori si esprimano.
I NUMERI DELLE REGIONALI PER ROMA
499
2.600
plessi scolastici
impegnati
sezioni elettorali
nel territorio del Comune
40
150
tra ospedali
e case di cura
euro il gettone per i
presidenti di seggio
13.000
12.000.000
fra scrutatori
e presidenti di seggio
120
euro il gettone
per gli scrutatori
di euro la spesa
del Comune
per le regionali del 2005
2.300.000
elettori
COORDINAMENTO La direzione servizi elettorali in piazza Marconi
Reporter
nuovo
Economia
Laurea honoris causa alla Luiss Guido Carli per Joseph Stiglitz, economista controcorrente
Quella mano invisibile da guidare
La ricetta del premio Nobel: più Stato per governare la globalizzazione
Davide Maggiore
Dichiarare in un discorso
ufficiale che “le lezioni di
economia hanno persuaso
molte generazioni di studenti a credere in tante cose che
sembrano contrarie al modo
in cui va il mondo” non è certo la miglior pubblicità per un
economista. Come anche dire
che “Il crollo di Wall Street è
per il fondamentalismo del
mercato quello che la caduta
del Muro di Berlino è stata per
il comunismo”. Se poi si ironizza sul principio fondamentale che da secoli, per gli
studiosi di scienze economiche, regola il mercato, sostenendo che “la ragione per
cui la mano invisibile sembra
frequentemente invisibile è
che, spesso, non c’è”, la fama
di persona da non ascoltare è
presto guadagnata.
Sono necessari
più interventi pubblici
per correggere i
fallimenti del mercato
A meno che non ci si chiami Joseph Stiglitz. Cioè, appunto, uno degli esperti più
citati nel suo campo, che può
sfoggiare un Premio Nobel e
varie lauree honoris causa conseguite in giro per il mondo.
Alle quali si aggiungerà, il
cinque febbraio prossimo,
quella conferita dalla Luiss
Guido Carli, presso cui il professore statunitense terrà una
lectio magistralis su “lezioni
della crisi globale per la teoria economica e politica”. Ennesimo riconoscimento, questo, di una carriera già segnata dal luogo di nascita: Gary,
nell’Indiana, da dove venivano anche un altro premiato
col Nobel per l’economia,
Paul Samuelson e numerosi
docenti universitari della materia. Dagli Stati Uniti profondi
alla cattedra della prestigiosa
Columbia University, passando, tra l’altro, per il Mit e Yale,
un cammino che ha visto Stiglitz impegnato anche in politica, come capo dei consiglieri economici del presidente Clinton e come vicepresidente della Banca mondiale.
In campo universitario, la
notorietà dell’economista statunitense è legata soprattutto
agli studi che gli sono valsi il
Nobel 2001, con George Akerlof e Michael Spence: un contributo alla teoria delle “asimmetrie informative”, ovvero di
quelle situazioni in cui uno
degli interlocutori ha maggiori
informazioni rispetto agli altri e può trarne un vantaggio.
In questi casi, che possono riguardare il mercato delle assicurazioni come quello del lavoro o dei prestiti bancari, è
possibile porre rimedio alla
mancanza di informazioni
studiando la reazione dei soggetti ai diversi livelli di prezzo. Più in generale, per Stiglitz,
le imperfezioni del mercato (e
di conseguenza quelli che in
economia si chiamano i suoi
“fallimenti”) sono molto più
diffuse di quanto sostenga la
Il conferimento della laurea honoris causa al professor Stiglitz concluderà, il 5 febbraio, l’inaugurazione dell’anno accademico all’Università Luiss. Nel corso della
cerimonia, a cui sarà presente come ospite d’onore il presidente del Senato Renato Schifani, sono previsti, tra gli
altri, interventi di Luca Cordero di Montezemolo, del rettore Massimo Egidi e dell’amministratore delegato Pier
Luigi Celli. Una prolusione su economia e lavoro sarà
inoltre affidata a Pietro Reichlin, mentre Jean-Paul Fitoussi
pronuncerà la laudatio che precederà la consegna della
laurea al Nobel statunitense.
NOBEL Josph Stiglitz sarà il 5 febbraio alla Luiss Guido Carli
teoria economica dominante,
ed è dunque giustificato un
più ampio intervento dello
Stato nel sistema. Nonostante il ruolo del settore pubblico sia moderato dall’uso di accorgimenti che hanno lo scopo di ridurne gli sprechi e le
inefficienze, è bastato questo
per guadagnare a Stiglitz la
fama di studioso “controcorrente”.
Fama accresciuta, se possibile, dalle posizioni per le
quali è più celebre presso il
pubblico dei lettori, quelle
su globalizzazione e sviluppo.
Non è la globalizzazione in sé,
secondo il professore della
Columbia, ad essere negativa,
sottolineano i recensori dei
suoi libri. Questo processo infatti ha permesso un cambiamento del modo di pensare
collettivo, e la diffusione di
democrazia e benessere. A
dover essere profondamente
rivista sarebbe solo la maniera in cui è gestita da quelli che
Stiglitz chiama i “fondamentalisti”. Che non hanno guardato all’esperienza storica,
dove si dimostra il successo di
strategie fondate su un tentativo di sovrapporre ai meccanismi della mondializzazione un intervento diretto
dei governi, come nelle vicende di Stati Uniti e Giappone. E invece hanno raccomandato ai Paesi in via di sviluppo politiche fondate sull’apertura delle frontiere e
sulla liberalizzazione del commercio. In una parola sul
predominio assoluto di quel
mercato le cui falle Stiglitz ha
studiato nella sua opera accademica. Un errore grave,
che ha aumentato la povertà
diffusa, fatto perdere milioni
di posti di lavoro, ma soprattutto ha causato o peggiorato crisi come quella asiatica del 1997, quella russa del
1998 o quella argentina dell’inizio del millennio. E tutto
più in nome di ragioni ideologiche (la difesa del Washington consensus, il pensiero unico sulla globalizzazione) che di effettive necessità.
Feudo dei “fondamentalisti”, e principale imputato di
questo stato di cose, il Tesoro statunitense, accusato di
voler perseguire a ogni costo
i suoi interessi particolari.
Ma anche le istituzioni sovranazionali, Organizzazione mondiale del commercio,
Banca mondiale e Fondo mo-
netario internazionale, hanno
le loro responsabilità. In
quanto dominate, nei loro
organismi dirigenti, da uomini dei Paesi già sviluppati,
non di quelli che più avrebbero bisogno del loro intervento. E accusate di favorire,
con le loro politiche, proprio quelli che già sono i
vincitori del gioco globale. Sarebbe dunque necessaria una
riforma dell’intero assetto che
governa l’economia internazionale, ispirata al principio
per cui ad una testa dovrebbe corrispondere un voto, e
non a quello attuale “un dollaro, un voto”.
Sono opinioni come queste, espresse soprattutto nel libro La globalizzazione e i suoi
oppositori, ad essere costate al
Premio Nobel del 2001 la
perdita del ruolo ricoperto alla
Banca mondiale. Ma soprat-
Sotto accusa i
“fondamentalisti” del
ministero del Tesoro
statunitense
tutto ad aver fatto di lui una
delle voci più ascoltate da chi
ritiene possibile un’altra gestione dell’economia globale.
Gli stessi che normalmente
non vedono di buon occhio i
premi Nobel, o gli economisti, e che invece sono diventati i migliori alleati dell’uomo
di Gary. Una contraddizione?
Per qualcuno forse, ma non
per Joseph Stiglitz.
Non più regali per mandati-baby. Ora servono cinque anni di legislatura
Vito Miraglia
Da questa legislatura la
pacchia è finita. I parlamentari eletti per la prima volta
devono aborrire il pensiero di
scioglimento anticipato delle
Camere, altrimenti addio pensione. Saranno necessari, infatti, cinque anni effettivi di
mandato parlamentare per
poter intascare un assegno vitalistico pari al 20 per cento
dell’indennità parlamentare
lorda. Scende dall’80 al 60 per
cento l’importo massimo per
quindici anni, o più, di mandato. Stop alla possibilità – in
questo caso per tutti gli onorevoli – di riscattare con contribuzione volontaria gli anni
di mandato non svolti in caso
Reporter
nuovo
Addio alla pacchia dei vitalizi
di fine anticipata della legislatura.
Questo il contenuto della
delibera approvata il 23 luglio
2007 dai presidenti di Camera
e Senato, Fausto Bertinotti e
Franco Marini. Alla notizia, i
deputati e i senatori allora accomodati in parlamento hanno tirato un sospiro di sollievo. Per loro erano ancora valide le vecchie regole: il vitalizio sarebbe scattato con soli
due anni, sei mesi e un giorno di mandato, con la possibilità di riscattare gli altri
anni con la contribuzione
volontaria. Con l’aria che ti-
rava a Palazzo Madama durante il governo Prodi, il rischio di scioglimento anticipato delle Camere era molto
alto. Perfetto. Molti speravano di tirare avanti fino a mercoledì 29 ottobre 2008 per poter incassare il vitalizio. Peccato che le Camere fossero
sciolte il 28 aprile, 184 giorni prima del fatidico giorno.
Così 180 parlamentari, 120
deputati e 60 senatori, eletti
per la prima volta nel 2006 e
non ricandidati, o non rieletti, alle successive consultazioni, sono tornati a casa
senza aver maturato un cen-
tesimo di pensione. Tra questi, Gennaro Migliore, il capogruppo dei deputati di Rifondazione Comunista, per il
quale lo Stato ha risparmiato
circa tremila euro d’assegno
mensile, il deputato dell’Udc
Cosimo Mele, già protagonista di uno scandalo a luci rosse nell’estate del 2007, oppure
Paolo Gambescia, ex direttore del Messaggero, eletto nelle file dell’Ulivo, o Franca
Rame, senatrice dell’Italia dei
Valori. Almeno si sono potuti consolare con il rimborso
dei contributi versati nei 24
mesi da parlamentare (l’8,6
per cento dell’indennità lorda, 1.006,51 euro al mese),
con un esborso dello Stato di
circa 25 mila euro per deputato.
Ben altra sorte è toccata invece ai parlamentari non rieletti nella XVI legislatura, ma
con alle spalle almeno 20
anni di contributi. Effettivi?
Certo che no. Anche per
loro era sufficiente aver riscattato gli anni in cui non
avevano esercitato il mandato in caso di fine anticipata
della legislatura. Dal 1992 al
2006, su cinque legislature,
in tre occasioni (‘92, ‘94 e
2006), le Camere sono state
sciolte anzitempo. Così, ad
esempio, per Alfonso Pecoraro Scanio sono bastati 16
anni da parlamentare, dal
1992, per scucire dalle casse
dello Stato quasi 9 mila euro
lordi di assegno vitalizio
mensile. Oliviero Diliberto,
eletto per la prima volta nel
1994, ha occupato un seggio
a Montecitorio per 14 anni su
20, spalmati in quattro legislature, sufficienti in ogni
caso per ottenere una pensione di quasi ottomila euro
lordi al mese. Moltissimi
onorevoli che hanno beneficiato di questo trattamento
di favore non avevano compiuto i sessant’anni d’età:
tutta una vita davanti.
22 Gennaio 2010
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Mondo
Aiuti da tutto il mondo. Difficile il coordinamento a più di una settimana dal terremoto
L’Italia in prima linea ad Haiti
Raccolti 7,6 milioni di euro dalle ong italiane e 500 mila dal governo
Federica Ionta
Il salvataggio di una neonata di 15 giorni, otto dei quali trascorsi sotto le macerie. È
questa l’ultima straordinaria
immagine che ci racconta il
terremoto di Haiti, metà più
sfortunata di un paradiso terrestre che lotta tra le enormi
devastazioni e il tentativo di
sopravvivere. Alla distruzione
della natura si è aggiunta la disperazione delle vittime, che
si è fatta ferocia e ha creato
sull’isola un’atmosfera da
guerra civile. Difficilissimo
organizzare le azioni di soccorso.
“L’impraticabilità delle strade e del porto sta rallentando
le operazioni umanitarie, perché non si riesce a smaltire il
grande flusso di materiali arrivati da tutto il mondo e
bloccati in aeroporto”, spiega
Giulio Di Blasi di Agire onlus,
l’agenzia per la risposta alle
emergenze che raggruppa le
principali organizzazioni non
governative italiane. “Si stanno tentando soluzioni alternative a questo problema,
dando priorità alla ricostruzione delle strade mentre i soldati americani hanno cominciato a lanciare i pacchi con i
generi di prima necessità dagli aerei. Un’alternativa è quella di organizzare lo smista-
AIUTI Rapida la mobilitazione internazionale. Difficoltà nel coordinamento dei soccorsi
mento da Santo Domingo”.
Secondo i dati ufficiali la
scossa del 12 gennaio ha ucciso 75 mila persone; i feriti
sono 250 mila, oltre 370 mila
gli sfollati. “Abbiamo bisogno
di 269 milioni di dollari per
assistere circa 2 milioni di haitiani e provvedere alla logistica
degli aiuti”, dice Vichi De
Marchi, portavoce per il programma alimentare mondiale, l’agenzia dell’Onu contro la
fame nel mondo. “Finora abbiamo ricevuto 85 milioni di
dollari dai governi e sei milioni dai privati”.
Tempestivo il contributo
dell’Italia, che con il corpo dei
carabinieri coordinerà gli aiuti umanitari per conto dell’Europa. “L’Italia è stato uno
dei primi governi che ha fatto una donazione di mezzo
milione di dollari al Programma alimentare mondiale - continua De Marchi Dalla base di pronto intervento umanitario di Brindisi,
che gestisce il nostro inter-
vento per tutta la comunità internazionale, è partito un aereo con tende, kit sanitari, coperte e biscotti ad alto contenuto energetico. Altri 13 camion con nostro materiale
sono stati imbarcati sulla portaerei Cavour, in viaggio per
Haiti.”.
Più di sette milioni e mezzo di euro sono stati raccolti
da Agire nel corso della prima
settimana di emergenza. In
coordinamento con il ministero degli Esteri e i principali
operatori telefonici, l’associazione organizza la raccolta
fondi su tutto il territorio italiano via sms al costo di due
euro, ma si può donare anche
online, con carta di credito o
bonifico bancario. Sempre Di
Blasi aggiunge “In generale
noi rifiutiamo donazioni di
beni, sia per ragioni logistiche
che per motivi di qualità,
perché sarebbe necessario catalogare e spedire beni non
omogenei che andrebbero verificati in base a standard
qualitativi. La nostra preferenza va verso la raccolta di
fondi, che ci consente anche
di acquistare prodotti in loco
e quindi di aiutare l’economia
locale”. E, riguardo all’utilizzo delle somme, conclude
“Le raccolte fondi di Agire rispettano i massimi criteri di
trasparenza. Le spese sono
controllate attraverso un sistema di rendicontazione e i
progetti sul territorio vengono valutati da una commissione esterna. Tutta la documentazione è accessibile online.”.
Mancano acqua, luce, cibo
ma non la speranza. Si continua a scavare sotto le macerie e a salvare vite che non si
vogliono dare per perse, in
una corsa contro il tempo in
cui il principale nemico è la
paura di epidemie.
Una grave accusa scuote l’Europa mentre in Italia ci si interroga sull’accordo con la Novartis
Influenza suina, panico su commissione
Marco Maimeri
L’influenza A/H1N1 è una
bufala orchestrata dalle case
farmaceutiche tramite l’Organizzazione mondiale della
sanità per fare miliardi con
inutili e pericolosi vaccini.
L’accusa viene dal presidente
della commissione Sanità del
Consiglio d’Europa, Wolfang
Wodarg, che in questi giorni
ha fatto approvare una risoluzione per un’inchiesta internazionale sulla vicenda.
«Uno dei più grandi scandali sanitari del secolo», l’ha definita Wodarg. «Per promuovere i loro farmaci brevettati e i vaccini contro l’influenza - si legge nella risoluzione - le case farmaceutiche hanno influenzato scienziati e organismi ufficiali: li
hanno spinti a sperperare ristrette risorse finanziarie per
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22 Gennaio 2010
strategie di vaccinazione inef- verni a reagire immediata- dienti non sufficientemente
ficaci e hanno esposto inu- mente e a firmare contratti testati, altri addirittura, come
tilmente milioni di persone al milionari di approvvigiona- il vaccino della Novartis,
rischio di effetti collaterali mento vaccini con quelle creati in bireattori da cellule
sconosciuti per vaccini non stesse compagnie».
cancerogene: una tecnica fisufficientemente testati».
Una campagna di panico nora mai usata».
In che modo? Semplice. sostenuta, secondo il presiE proprio su un “accordo
Su indicazione di alcune dente della commissione Sa- privato urgente”, ovvero sengrandi compaza gara
gnie farmaceud’appalto,
Milioni di euro per milioni di dosi,
tiche, l’Oms ha
con la Noridefinito il convartis Vacla maggior parte inutilizzate.
cetto di pandecines, stimia abbassando
pulato dal
Farmindustria: convertiamo le scorte
i livelli di allargoverno
me. «Prima, una
Berlusconi
pandemia, per essere consi- nità, da una massiccia ope- il 21 agosto 2009, si concenderata tale, - ha spiegato Wo- razione di disinformazione tra la polemica in Italia. Si
darg – doveva essere non che ha procurato, oltre a tratta – come denunciato dalsolo estesa a tanti paesi ma enormi guadagni a chi l’ha la Corte dei conti lo scorso 10
anche produrre un numero di pianificata e cospicui sprechi settembre – di un contratto
decessi superiori alla media. di denaro pubblico, «elevati “fuori dai canoni” che sottoCon la cancellazione di que- rischi per la salute della po- scrive vincoli capestro vansto secondo criterio, è stato polazione causa la velocità taggiosi per la società farpossibile lanciare un falso con cui i vaccini sono stati maceutica, sconvenienti per
allarme, costringendo i go- prodotti: alcuni con ingre- i contribuenti e rischiosi per
la salute pubblica. Un “regalo” di circa 184 milioni di
euro per l’acquisto di quasi 24
milioni di dosi, la maggior
parte delle quali inutilizzate.
Sono stati somministrati infatti solo 850mila vaccini ma
le clausole del contratto non
prevedono né la restituzione
degli eccessi né eventuali
rimborsi. Cosa fare quindi?
Una proposta viene dal presidente di Farmindustria, Sergio Dompè, che ha invitato
Novartis e governo italiano a
convertire l’ordine dei vaccini nella consegna alternativa
di altri farmaci prodotti dall’azienda. Questo permetterebbe, secondo Dompè, di rispettare l’accordo alla stessa
cifra pattuita lo scorso agosto,
di ridurre la spesa per la
campagna antinfluenzale e
di smaltire tutte le dosi in eccesso.
LE ALTRE DONAZIONI
Al Bangladesh
andarono
850.000 euro
Nel novembre 2007 il ciclone Sidr si abbatte sul
Bangladesh con raffiche a
240 km/h. Le vittime sono
3.500 ma si parla di oltre cinque milioni di persone coinvolte. Agire Italia raccoglie
637 mila euro da privati e
210 mila dagli sponsor. Dei
progetti di ricostruzione beneficiano oltre 160 mila bengalesi.
Nel sud-est
asiatico,
ong e Agire
Un tifone e due scosse di
terremoto colpiscono rispettivamente le Filippine e l’isola indonesiana di Sumatra
nell’ottobre 2009. I morti
sono centinaia e gli sfollati
complessivi oltre 4 milioni. In
collaborazione con altre ong,
Agire lancia progetti di supporto alimentare, ricostruzione di alloggi e fornitura di
acqua potabile.
Un milione
di euro per
il Myanmar
Nel maggio 2009 il ciclone Nargis distrugge le coste
del Myanmar (ex Birmania).
Tra morti e dispersi sono
138.000 le vittime mentre i
danni materiali sono stimati
a 11 milioni di dollari. Grazie
alla generosità dei cittadini
italiani, Agire ha raccolto 1,1
milioni di euro e aiutato circa 700 mila persone.
Donati trenta
milioni
dall’Italia
Nel 2009 l’Italia ha donato
quasi 30 milioni di dollari al
Programma alimentare mondiale (la donazione per il
2008 era stata pari a 101 milioni). Fondamentale anche
la solidarietà dei privati, per
cui è sempre aperto un fondo raccolta online.
Reporter
nuovo
Mondo
Elezioni speciali per il Massachusetts, vinto dai repubblicani il seggio “storico” dei Kennedy
L’Elefante pesta il piede a Obama
Nuovo stop per la riforma sanitaria. Continuano a chiudere gli ospedali pubblici
Federica Ionta
Ha lasciato più che un
seggio vuoto, Edward “Ted”
Kennedy. A cinque mesi dalla sua scomparsa, avvenuta
nell’agosto 2009 a causa di un
tumore al cervello, gli stessi
americani che avevano pianto l’uomo politico e l’ultimo
rappresentante della sfortunata dinastia Kennedy hanno
eletto al suo posto un repubblicano. Scott Philip Brown,
classe 1959, festeggia una vittoria storica nelle elezioni
speciali per il rappresentante
del Massachusetts al Senato,
sconfiggendo la rivale democratica Martha Coakley con il
52 per cento delle preferenze
(contro il 47 per cento di
lei) proprio il giorno prima
dell’anniversario dell’insediamento di Barack Obama alla
Casa Bianca.
Un seggio che, per i democratici, rappresentava piuttosto un banco di prova prima delle elezioni di medio termine previste per il 2 novembre 2010. Un altro esame
non superato per la squadra
presidenziale, che ha perso la
maggioranza qualificata al Senato e soprattutto il prestigio
in uno stato, il Massachusetts,
storicamente democratico che
aveva eletto Ted Kennedy per
ben nove volte dal 1962. Non
è forse un caso che proprio
nella contea di Barnstable,
quella porzione della penisola di Cape Cod dove “il leone
del Senato” si è spento alla
fine dell’estate scorsa, Brown
abbia vinto con il 61,5 per
cento delle preferenze.
Non è bastato che Obama
stesso scendesse in piazza
domenica scorsa, per promuovere la candidata democratica. Gli elettori, ancora
preoccupati per l’alto tasso di
disoccupazione e diffidenti
verso l’aumento della spesa
pubblica per finanziare la sanità, hanno mandato un messaggio diverso rispetto a un
anno fa. La politica filo-populista dei democratici, che
vuole aiutare i ceti mediobassi colpendo Wall Street,
rappresenta forse una rivoluzione più grande di quella che
gli stessi americani avevano
auspicato con le elezioni del
2008 e oggi quel desiderio di
DOPPIA SCONFITTA La vittoria repubblicana minaccia la riforma sanitaria
cambiamento si è trasformato in insoddisfazione.
A fare le spese di questa ennesima crisi è, ancora una volta, la riforma sanitaria, emblema di un rapporto, quello
tra il presidente degli Stati
Uniti e il suo elettorato, ormai
deteriorato. Persa la maggioranza qualificata al Senato
Obama è ancora più vulnerabile nei confronti dei repubblicani che ora, con 41 senatori, sono in grado di blocca-
re il programma di riforme. Se
da un lato il Presidente potrebbe accontentarsi del testo
passato un mese fa, già ridotto rispetto alla proposta iniziale, dall’altro l’opposizione
alla Camera ha annunciato
che voterà contro.
I lavori sono fermi fino all’insediamento di Brown e la
salute degli americani rimane
sospesa tra le assicurazioni
private e le alternative pubbliche, come i programmi
Medicare e Medicaid che dagli anni Sessanta offrono copertura assicurativa e rimborsi alle categorie svantaggiate.
Protagonista della sanità
statunitense, pre e post riforma, rimane comunque la polizza. Quella che ai più sembra una rivoluzione, infatti, è
in realtà una piccola modifica dello status quo, finalizzata
ad aiutare le classi meno abbienti nell’acquisto di un ser-
vizio privato e ad allargare i
criteri di idoneità a Medicare
e Medicaid. Non si parla, nella riforma, di aumentare i finanziamenti agli ospedali
pubblici che, offrendo mediche gratuite, sono decimati
dalla bancarotta e si sono ridotti del 27 per cento tra il
1996 e il 2002.
È azzardato generalizzare
gli effetti della sconfitta in
Massachusetts, che alcuni
hanno definito un referendum
abrogativo nei confronti della politica di Obama. Ma il
“no” di uno degli stati più colti, benestanti e progressisti del
Paese rappresenta un preoccupante campanello di allarme.
La battaglia tra l’Asino e
l’Elefante, in una simbologia
ormai centenaria che associa
le due figure rispettivamente
ai democratici e ai repubblicani, ha lasciato come unico
supersite una “anatra zoppa”, cioè un presidente dalla
politica incerta e claudicante,
bloccato tra programmi di
difficile attuazione e l’ostruzionismo di un’opposizione
sempre più forte.
Con Fabrizio Dragosei del Corriere della Sera un’analisi del voto in Ucraina
Jacopo Matano
Kiev va al ballottaggio. A
sei anni dalla ‘rivoluzione
arancione’ l’ex repubblica sovietica guarda al secondo turno del 7 febbraio con poca fiducia nella classe politica. In
vantaggio nei sondaggi è Viktor Yanukovich, ‘delfino’ dell’ex oligarca Kucma e rappresentante dello schieramento
filorusso già battuto nel 2004
da Viktor Yushenko. Ma la
sensazione è che i veri vincitori delle elezioni saranno gli
interessi dei grandi gruppi
economici e della Russia. Ne
abbiamo parlato con Fabrizio
Dragosei, corrispondente da
Mosca del Corriere della Sera.
Bisogna aspettarsi il ritorno di Yanukovic?
“Non è detto. Lo scarto è di
10-11 punti ma la partita è ancora aperta. Viktor Yanukovic
ha un elettorato più ‘strutturato’, un bacino di elettori tradizionali che proviene dalle
regioni russofone: in Crimea
ha ottenuto il 66 per cento, a
Karkov addirittura il 70. Ha
già migliorato la sua prestazione rispetto alle scorse elezioni ma nel secondo turno
non potrà sfondare. Anche Ju-
Reporter
nuovo
Comunque vada vincerà Mosca
In vantaggio Yanukovich, già battuto da Yushenko nel 2004
lia Timoshenko ha preso più
voti del previsto, ma avrà
maggiori possibilità di raccogliere più voti caldeggiando il
mito della rivoluzione arancione e raccogliendo i voti
provenienti dagli altri candidati. Ricordiamoci che al primo turno molti cittadini hanno puntato su altri ‘cavalli’,
come Sergei Tigipko, che ha
preso il 13,05 per cento, e l’ex
presidente del Parlamento
Arseni Yatseniuk, arrivato
quarto”.
Anche se la sua immagine
di ‘rivoluzionaria’ sembra
un po’ sbiadita.
“La Timoshenko è poco
credibile visto che ha dimostrato di comportarsi come il
suo antagonista in termini di
dialogo con la Russia e di sostegno da parte dei ‘clan’ economici che governano la politica Ucraina. Credo comunque - a differenza degli analisti del Financial Times che
hanno già espresso il loro
endorsement nei confronti
RIVALI I candidati Viktor Yanukovich e Julia Timoshenko
di Yanukovic - che Timoshenko vincerà. Molti delusi
dalla rivoluzione arancione si
tureranno il naso e la voteranno, ma considerandola
come ‘il minore dei mali’”.
Che fine ha fatto Yushenko, il padre della rivoluzione
arancione del 2004? Alcuni
giornali parlano di un accordo tra lui e Yanukovic per
silurare l’ex pasionaria.
“Yushenko in questa campagna elettorale ha detto cose
terribili sia dell’uno che dell’altro candidato, non potrà
appoggiare Yanukovic. Secondo il presidente uscente
queste elezioni sono state già
vinte da Mosca, visto il cambio di atteggiamento della
Timoshenko nei confronti
dell’ingombrante vicino. Non
dimentichiamoci, però, che
entrambi - primo ministro e
presidente - sono cresciuti
politicamente durante l’epoca di Leonid Kucma: lo stesso Yushenko venne nominato primo ministro dall’ex oligarca nel 1999. Dall’altra parte Yanukovic, considerato il
delfino di Kucma, si presenta molto cambiato: parla di avvicinamento all’UE e di mantenimento della collaborazione con la Nato, si è affidato a degli strateghi elettorali
americani per cambiare immagine. Il risultato è uno
solo: la gente si è stancata di
questi personaggi politici. Ma
per trovare un nuovo leader
bisognerà aspettare le prossime presidenziali”.
Nel 2004 ci furono molte
ingerenze da parte dei paesi
occidentali e del vicino rus-
so. Quanto pesano le influenze straniere in questa
campagna elettorale?
“Durante la rivoluzione
arancione gli Stati Uniti inviarono i propri consulenti,
ma furono i russi a intervenire
in modo più pesante per cercare di orientare il voto. Oggi
queste influenze dirette sono
minime. Pensare però che
Kiev possa fare a meno dei
rapporti con il suo vicino mi
sembra follia. L’Ucraina è un
grandissimo consumatore di
energia perchè ha una struttura industriale antiquata,
non può fare a meno del gas
russo”.
Ed ecco Gazprom.
“I rapporti con questo colosso industriale pesano molto nella politica interna ucraina. Ad esempio, durante la
crisi economica il Paese ha
consumato meno rispetto agli
accordi previsti ed è incorso
in multe salate. Se chiedi alla
Russia il favore di non pagare, dopo non puoi ‘prenderla
a ceffoni’”
Insomma, la rivoluzione
arancione sì è sbiadita?
“Ha tradito le aspettative
degli ucraini, che si aspettavano maggiori cambiamenti”.
22 Gennaio 2010
5
Primo Piano
A bordo di una volante della polizia in pattugliamento nelle zone a rischio della capitale
“Qui zeronove, nottata tranquilla”
Gli interventi ora per ora: furti, liti e prostituzione il bottino finale
Si chiama ‘monitoraggio in aree di criticità’, è
il più recente servizio della Questura nell’ambito
del ‘Patto per Roma Sicura’, rimodulato dal sindaco
Alemanno “nell’ottica della massima concretezza
degli interventi”. In campo 50 vetture, con pattugliamenti pomeridiani e notturni nei quartieri
più a rischio, mirati al contrasto dei principali fattori di pericolo per la cittadinanza: prostituzione,
accattonaggio, vendita di merci contraffatte e abuso di superalcolici (in linea con le ordinanze sindacali ad hoc). Per il nuovo Patto sono stati stanziati 24 milioni di euro, undici dalla Regione, dieci dal Campidoglio e tre dalla Provincia di Roma.
Il bilancio dello scorso anno è positivo: sono 15.689
gli stranieri fermati per controlli e 622 i pregiudicati romeni rimpatriati per ragioni di pubblica
sicurezza, 113 le prostitute extracomunitarie e
2.176 quelle comunitarie accompagnate presso l’ufficio immigrazione, mentre i reati ‘predatori’
sono diminuiti, del 15 per cento i furti e del 30,4
per cento le rapine.
Per documentare come funziona questa ‘linea
dura’, abbiamo seguito un pattugliamento della polizia a bordo di una volante.
Alessio Liverziani
IN AZIONE
Una
prostituta
romena
fermata
dalla
volante
zeronove
sulla
Tiburtina
per un
controllo
È
appena passata l’una e
mezza di notte quando,
nella volante con il
cronista a bordo, il monotono
gracchiare della radio si fa
improvvisamente interessante. Una strana combinazione
di ‘bip’ anticipa la voce della
centrale operativa, una donna
è stata appena scippata in
zona Arco di Travertino. Si cerca un uomo con una tuta grigia e un giaccone nero, corporatura media, alto circa un
metro e settantacinque. Siamo
a Piazza Venezia, non molto
distanti, uno sguardo d’intesa:
torno a mezzanotte e mezza,
“Interveniamo!”.
Ad avere il comando du- partendo dalla Questura di
rante il pattugliamento nel Via di San Vitale. Dalla radio
freddo sabato notte capitolino nessuna segnalazione di riliec’è il dottor Antonino Giunta, vo, a parte qualche rumore
sulla mostrina dell’uniforme molesto in un appartamento di
due stellette e una coroncina Spinaceto, un parcheggiatore
dorata indicano il grado di vice abusivo “particolarmente miquestore aggiunto. Alla guida naccioso” a Piazza Marconi e
della Punto con i colori della un tentato furto di un motopolizia di stato c’è l’assistente rino in Via Cassia, tanto da poSurace, che va subito col pie- tersi concedere il lusso di un
de pesante sull’acceleratore e caffè al bar prima di iniziare il
imbocca Via dei Fori Imperiali. turno. Secondo il dottor GiunMentre le curve mi sballotta- ta dovrebbe essere una nottano a destra e sinistra i due ta tranquilla, “il buongiorno si
chiacchierano del più e del vede dal mattino, anche se in
questo lavoro
meno, capisco
è mai detta
subito
che
“Lo Stato fa leva non
l’ultima parola”.
quello che a me
Il silenzio
sembra la scena
sulla nostra
della centrale
di un poliziesco americano passione e ci chiede operativa che
per loro è uno di fare dei sacrifici” coordina le pantere dislocate
dei tanti intersul territorio
venti di routine. La luce blu del lampeg- rende profetiche le sue parogiante accende a intermitten- le. La sua lunga esperienza deza tutto l’abitacolo e colora i riva da 25 anni di servizio, i
palazzi che velocemente sfila- primi passati a Catania, nella
no lungo le fiancate, in meno sua terra d’origine. “Ancora ridi dieci minuti siamo sul po- cordo il mio primo intervensto. A prendere la deposizio- to”, racconta, una rapina in
ne della vittima, una donna ro- banca nella zona industriale di
mena ferita alla testa e visibil- Librino, quartiere periferico a
mente scioccata, ci sono già sud ovest del capoluogo sicidue agenti ai quali il dottor liano. Aveva appena ventidue
Giunta lascia il compito di pro- anni quando il suo superiore
seguire il pattugliamento alla gli disse “metti il colpo in
canna”. Fare il poliziotto in
ricerca del sospetto.
“Prevenzione 09”, questo il una grande città come Roma
nome della nostra volante, è molto diverso, lui che viene
può così riprendere il consueto dal Sud, dagli anni in cui la
giro di monitoraggio. C’era- Mafia faceva ancora la voce
vamo messi in macchina in- grossa, ne ha viste di cotte e di
6
22 Gennaio 2010
crude. “Una volta siamo stati
attirati dal forte odore che
proveniva da un’auto parcheggiata, nel bagagliaio c’era
un cadavere incaprettato”.
L’incaprettamento è il marchio di fabbrica dei killer mafiosi. “Un’altra hanno sparato
con un fucile a canne mozze
sulla facciata del commissariato”. Il giorno prima avevano arrestato quattro esponenti del clan locale. Oggi fortunatamente ricorda la sua Terra solo quando la moglie fa gli
arancini. “Roma è una città
tutto sommato tranquilla, la
criminalità è presente ma è un
fenomeno fisiologico”. Poi il
pensiero torna alla moglie, “è
una cuoca eccezionale”, dice
sorridendo.
Approfittando del clima
informale butto lì la classica
domanda sul mestiere del poliziotto: “Perché scegliete di rischiare la vita per poco più di
1200 euro al mese?”. Il dottor
Giunta ritorna prontamente
nel ruolo di alto funzionario e
risponde elogiando i lati positivi di una professione dinamica, sempre diversa, lasciando al collega l’occasione
per sbottonarsi un po’ di più:
“Diciamo che bisognerebbe
avere uno stipendio più adeguato, lo Stato fa leva sulla nostra passione e ci chiede di fare
dei sacrifici”. L’orologio segna le tre, il riscaldamento al
massimo secca la gola e la stanchezza comincia a farsi sentire. Non posso che dargli ragione.
Ma in questo mestiere non
ci si rilassa mai. È un attimo e
la radio comincia a friggere.
Un giovane viene aggredito e
rapinato a Piazza Re di Roma,
in Via Casilina un’auto con targa romena fugge dopo aver
provocato un incidente, mentre a Tor Pignattara viene segnalato un tentativo di truffa
con il classico espediente dello specchietto rotto. Naturalmente per l’incolumità del
cronista non gli è consentito
intervenire in prima battuta, e
comunque “la Punto non è
propriamente un’auto da pronto intervento – lamenta il dottor Giunta – con l’Alfa 159 saremmo arrivati in cinque minuti, ma lei sarebbe uscito
con le ginocchia rotte”. La
pantera della polizia non ha i
sedili posteriori ma una panchetta con un sottile rivestimento in gommapiuma che
serve solo per brevi trasferimenti.
Mezz’ora dopo le tre scoppia una lite all’uscita del Piper,
la celebre discoteca di Via Tagliamento. Trovandoci in Via
Salaria per un controllo antiprostituzione si decide di accorrere sul posto. Da lontano
si intravedono i lampeggianti di due volanti, gli agenti
stanno placando gli animi di
un paio di ragazzini che si
guardano in cagnesco. “La
classica lite per futili motivi –
dicono – questi bevono e poi
si prendono a schiaffi”.
Ci dirigiamo in Via Tiburtina per riprendere il pattu-
rimpatrio è scaduto. Oggi, oltre all’ammenda di 200 euro
prevista dall’ordinanza sindacale anti-prostituzione, nell’ambito del ‘Patto per Roma Sicura’ il Prefetto può emanare
un decreto di allontanamento
per motivi di ordine pubblico
contro le prostitute già segnalate all’ufficio immigrazione,
anche se comunitarie. Lei invece smentisce tutti e con risolutezza tira fuori dalla tasca
una serie di carte che attestano il ricorso vinto in tribunale. “Non sussistono i motivi di
ordine pubblico”, si legge,
“sembra un avvocato”, commenta il dottor Giunta. Spesgliamento che avevamo ini- so, mi spiega, le prostitute coziato sulla Salaria. Le piazzo- munitarie fanno ricorso al
le di sosta disabitate testimo- giudice ordinario dimostranniano la notevole diminuzio- do di avere un domicilio e che
ne delle passeggiatrici. “Prima l’attività di meretricio non è
facevamo circa 90 interventi a l’unica fonte di sostentamensera, oggi non arriviamo nem- to, con esito positivo. Non remeno a 20”. Ogni turno ven- sta che chiamare un’altra patgono pianificati con la Prefet- tuglia per contestare la santura controlli sistematici per ar- zione, che nella maggior parginare il fenomeno. Incon- te dei casi resta insoluta.
triamo una sola ragazza lungo
Sono ormai le cinque del
la strada, minigonna e stivali mattino, una nebbiolina bascerca di combattere il freddo sa preannuncia l’inizio di una
pungente avvolta dentro un nuova giornata. È il cambio
piumino bianco. La volante si della guardia, tra la città che va
accosta per controllare i do- a dormire e l’altra che si è apcumenti e io ne
pena svegliata,
approfitto per
l’assi“Con la crisi gli mentre
farle qualche
stente Surace
domanda. Ga- italiani non hanno i riporta lentabriella, una romente la Punto
mena di appena soldi nemmeno per alla base: “Qui
vent’anni, belzeronove, notvenire con noi”
lissima, con i catata tranquilla.
pelli biondi e gli
Passo e chiuocchi azzurri tipici delle ra- do”. Il rapporto si chiude alle
gazze dell’est, dice di essere sul- sei e trenta, gli episodi più rila strada da quando aveva 17 levanti sono un furto d’auto,
anni. “Prima facevo la badan- un uomo denunciato a piede
te ma qui si guadagna meglio, libero dopo una lite, una donanche se con la crisi gli italia- na ubriaca arrestata per aver
ni non hanno i soldi nemme- aggredito due agenti e un rano per venire con noi”. Perché gazzo di 23 anni ferito al sonon cambi vita? Lei si giusti- pracciglio e derubato di 20
fica dicendo che in Romania euro. Troppo poco come botnon ha ricevuto la giusta edu- tino di una notte insonne alla
cazione, ma ho l’impressione ricerca di notizie che onorasche siano tutte frottole, para- sero il detto “bad news is good
dossalmente protegge qual- news”. Ma in fondo è un bene
cuno che la costringe a ven- che sia andata così. Come
dersi ogni notte. Non sembra aveva previsto il dottor Giunminimamente preoccupata ta, “è stata una notte tranquilla,
quando i poliziotti le dicono figlia del dopo festività, figlia
che il suo provvedimento di del freddo”.
Reporter
nuovo
Cronaca
Car sharing,
in aumento
gli utenti, le vetture,
i punti sosta
anche se
i parcheggi riservati
non vengono
sempre rispettati
dagli altri
automobilisti
L’ATTESA Auto in sosta nello stallo riservato, una macchina è sul cordolo, forse per aver trovato occupato. A destra: postazione bike sharing
Ora l’auto condivisa va forte
Il servizio sarà presto esteso a tutta la città. Atteso il bando
Ilaria Del Prete
I DATI IN ITALIA
Novità in vista sul versante car sharing. Il servizio di
auto in condivisione entrato in
funzione in via sperimentale
nel 2005 circoscritto al terzo
municipio e poi ampliato al
primo, secondo e XVII, sarà
prossimamente esteso all’intero comune di Roma. La notizia arriva dall’assessorato alla
mobilità e ai trasporti, che annuncia un imminente bando
per affidare la gestione del
progetto a un’azienda che potrebbe anche non essere l’Atac
Spa (dal 1 gennaio Agenzia
Roma servizi per la Mobilità),
già affidataria dell’appalto quinquennale in corso. Il problema
dell’assegnazione ha di fatto
bloccato l’implementazione
effettiva auspicata dall’amministrazione, anche se il fenomeno è in costante crescita dal
momento della sua introduzione. Dall’ingresso nel dicembre 2008 nel progetto mobilità sostenibile, il servizio di
car sharing ha moltiplicato i
suoi numeri, arrivando agli
attuali 61 parcheggi per un par-
Parcheggi: meglio Torino. Roma quinta per utenti
Città
Bologna
Firenze
Genova
Inizio
Ago. 2002
Apr. 2005
Lug. 2004
Savona
Milano
Modena
Palermo
Parma
Roma
Torino
Venezia
Giu. 2009
Sett. 2001
Apr. 2003
Mar. 2009
Feb. 2007
Mar. 2005
Nov. 2002
Ago. 2002
Totale
co auto che ha raggiunto le 114
vetture partendo da una base
di 39. Con l’aumento degli stalli per la sosta, in ascesa anche
le iscrizioni, cresciute del 35
per cento negli ultimi quattro
mesi del 2009, con un incremento delle ore di utilizzo del
60 per cento. Dall’Agenzia per
Auto
39
20
Utenti
1.085
932
Parcheggi
25
22
76
1.890
52
94
18
32
21
80
119
48
3.055
207
136
363
1.029
2.027
3.049
64
14
15
12
61
80
11
508
13.773
la Mobilità arrivano dati positivi anche sulla soddisfazione
degli utenti, che in termini numerici si traduce in un basso livello di disdette, 50 su più di
mille utenti, dovute per lo più
allo scarso utilizzo.
Eterogeneo il bacino d’utenza, dal pensionato allo stu-
319
dente, con un gran numero di
mamme che sfruttano l’auto
condivisa per accompagnare i
figli nelle attività quotidiane
ma anche di stranieri in soggiorno per qualche anno in città. Il car sharing conviene a tutte quelle persone che non vogliono sostenere i costi fissi di
una vettura poco utilizzata, ed
ha il vantaggio di poter circolare nelle zone a traffico limitato. Il rovescio della medaglia
restano i parcheggi, poiché
non di rado automobilisti indisciplinati occupano abusivamente gli stalli riservati, costringendo i clienti a cercare
parcheggio altrove. Le vetture
in sosta abusiva possono essere
rimosse, ma non sempre il
carro attrezzi è disponibile in
tempi compatibili con le esigenze del cliente.
Per chi si impegna a favore di una mobilità sostenibile
poi, in alcuni municipi – primo, terzo e XII – è attivo il servizio di bike sharing, con una
flotta di circa 150 biciclette perfette per brevi spostamenti per
lo più concentrati nel centro
storico. Gradita anche ai turisti poiché non è necessaria la
residenza per iscriversi, l’iniziativa è controllata da Atac
solo dal giugno 2009, ma in
questi sei mesi gli utenti sono
passati da 2875 a 5600, dati
confortanti in una città che sulle due ruote ci è sempre andata,
ma in moto!
Lo sfogo di una coraggiosa ciclista. Troppe inutili difficoltà, niente incentivi
In sella, la vita non è tutta bella
Vito Miraglia
Per i ciclisti romani, la vita è davvero dura se anche chi dovrebbe essere
più solidale con loro li sopporta appena. “Gli stessi pedoni ci trattano
male, ci tollerano. Gli unici a rispettarci un po’ di più sono gli autisti dei
mezzi pubblici, forse perché ne sono
obbligati”. È molto duro il giudizio di
Maria Cenerini, una battagliera signora
romana che usa ogni giorno la bici per
muoversi in città. Lei abita in centro,
nei pressi del Palatino: “per girare nel
centro storico, mettersi ai pedali è l’unico sistema possibile. Come ciclisti non
abbiamo problemi di traffico né di parcheggio, possiamo lasciare la bici
Reporter
nuovo
dove ci pare, come faccio io muovendomi in diverse zone, da Monteverde all’Auditorium”. Quali le difficoltà? “Fuori del centro – risponde –
mi accorgo dei grandi ostacoli che incontriamo: il quartiere Prati, ad esempio, ci è quasi proibito”. Che fare quindi? “L’Assessorato alla mobilità dovrebbe pensare a una nuova politica
per noi ciclisti, che ci equipari almeno ai pedoni. Siamo maltrattati da tutti. Auto, motorini e taxi sfrecciano
come se non ci fossimo e non possiamo nemmeno salire sui marciapiedi:
i vigili ci lasciano passare, ma gli
sguardi contrariati dei pedoni sono evidenti”. Inoltre, per la coraggiosa ciclista, mancano gli incentivi all’uso del-
le biciclette. “La bici è considerata
come un mezzo per passeggiare, non
un mezzo di trasporto vero e proprio.
Le piste ciclabili sul lungotevere sono
inutili se poi abbiamo grosse difficoltà per attraversare i ponti e muoverci
nei quartieri, anche in quelli più pianeggianti come Trastevere”. Il bike sharing? “Un’iniziativa lodevole, ma il Comune non dà la possibilità di utilizzare
le biciclette in modo adeguato”: ancora
una volta, sotto accusa le piste ciclabili. Nonostante le difficoltà, la signora
non si perde d’animo: “lo sanno tutti
cosa è successo a via dei Fori imperiali,
ma se abbiamo paura, non usciamo
più di casa!”. Buona pedalata e buona fortuna.
COSÌ NEL MONDO
Bene negli Usa,
il Giappone
pensa all’aria
EUROPA
Nel 1987 a Zurigo il
primo car sharing al mondo, segue Berlino nel
1988. Ad oggi Svizzera e
Germania detengono la
più alta percentuale di
vetture in condivisione. Il
problema resta la sosta:
non garantita in Francia e
Spagna, con apposite aree
in Italia, Belgio, Austria e
Regno Unito.
ASIA
Inaugurato nei primi
anni ’90. Il Giappone è
stato il paese che ha sviluppato il maggior numero di strutture e utenti nell’ultimo ventennio.
Qui è possibile prenotare
la propria auto tramite
sms e guidare veicoli ibridi, mentre a Singapore si
punta sull’elettrico. La
pecca: non sono garantiti servizi di sosta gratuiti.
AUSTRALIA
Solo dal 2003 è possibile usare un’auto condivisa. Gli utenti provengono dai quartieri residenziali, è però difficile ottenere assicurazioni per
clienti giovani o stranieri.
Vantaggioso il parcheggio, gratuito ed in apposite
aree, funzionale il servizio,
totalmente automatizzato.
USA E CANADA
Nel Nord America il
più alto rapporto di utenti per veicolo, pari a 35 a
uno. Molti i clienti business, che affiancano quelli dei quartieri residenziali,
mentre la nuova frontiera
è costituita dagli studenti del college. Nei soli
Stati Uniti si contano 17
gestori, che uniti agli 11
del Canada servono quasi 120 mila persone.
I.D.P.
22 Gennaio 2010
7
Costume & Società
Non solo ragazzi nei centri di Warhammer. Un’alternativa alla playstation, incentiva la fantasia
Dipingi il tuo mostro e combatti
Ma tornano le figurine Panini come ai tempi del Feroce Saladino
Eloisa Moretti Clementi
Un ragazzino di dodici anni è intento a dipingere con un pennello sottile l’armatura argentata di un mostro
alto pochi centimetri. Intorno a lui, altri ragazzi ruotano attorno a un grande tavolo addobbato, curvandosi a lanciare dadi e spostare personaggi sul terreno di scontro di una battaglia che ha
tutta l’aria di essere campale. È l’atmosfera concentrata e allegra che si respira entrando in Games Workshop, rivenditore autorizzato di Warhammer, un war game tridimensionale da
tavolo che sta prendendo sempre
più piede in Italia, tra i ragazzi di 1214 anni e non solo. Come spiega il manager del negozio di via Nemorense,
Dario Giordano, il giocatore assembla
e dipinge a mano le miniature, personalizzandole secondo la propria
creatività. Le battaglie tra armate avversarie si possono svolgere a casa o
nelle ludoteche e rappresentano un’occasione di socializzazione.
Se un tempo c’erano gli scontri nei
fortini dei cow boy assediati dagli In-
CONCENTRATI Un gruppo di ragazzi impegnati nel gioco di strategia
diani, oggi si gioca alla guerra con miniature di pochi centimetri raffiguranti
cavalieri e creature magiche. Ce n’è per
tutti i gusti: si va dal Warhammer classico, che ha un’ambientazione fantasy-medievale, a Warhammer 40.000,
che segue la scia di Guerre stellari. C’è
infine Il Signore degli Anelli, per gli
amanti dell’omonima saga, le cui miniature riproducono fedelmente gli
eroi dei libri e dei film di culto. Giocare è semplice: bastano alcune miniature, i dadi, un misuratore e soprattutto una buona dose di fantasia.
I ragazzi si appassionano alla possibilità di volare con la fantasia, immaginandosi prodi cavalieri o mostri
a tre teste capaci di sbaragliare intere
armate grazie a un po’ di strategia e a
un lancio di dadi fortunato. Non
solo Playstation e videogiochi, dunque. Un altro classico di una volta, le
figurine, tiene il passo. Collezionarle è un’antica passione italiana, nata
negli anni Trenta con la raccolta lanciata da Buitoni-Perugina. I premi
messi in palio per chi riusciva a completare l’album scatenarono una cac-
cia alle cento figurine disegnate da Angelo Bioletto. L’immagine più introvabile era quella del “Feroce Saladino”, considerata rarissima.
Negli anni Sessanta la passione per
gli album si consolida, con le prime
raccolte dedicate da Panini ai calciatori della serie A. Dai tempi in cui le
figurine erano semplici foto in bianco e nero colorate a mano a oggi sono
cambiate molte cose ma la tradizione
resiste. Il “Calciatori Panini Tour
2010”, che lancerà la nuova collezione,
partirà il 16 gennaio da Lecce e Palermo, per poi andare a toccare le principali città della penisola. Tra gli
eventi previsti c’è anche l’“happy
hour dello scambio’’, in cui i collezionisti potranno scambiare fino a calciatori con gli addetti Panini. Le figurine costano poco, si rinnovano
ogni anno e permettono ai bambini di
confrontare i propri album al grido di
“ce l’ho, mi manca”. Una passione che
coinvolge grandi e piccoli, come ci
confermano alcuni edicolanti, per
cui le figurine rappresentano da sempre un business sicuro.
Avuto in regalo da Putin è una divisa in dotazione allo staff del Cremlino
Pro e contro il piumino di Silvio
“Scelta inopportuna”, “Bellissimo, farei carte false per averlo”
Jacopo Matano
Senza cerotti, ma con un vistoso piumino ‘targato’ Russia:
reduce dalla dolorosa disavventura milanese, il Presidente del Consiglio si è mostrato
così ai primi fotografi che cercavano uno scatto del suo ritorno alla vita politica dopo il
periodo di riposo ad Arcore. Le
immagini hanno fatto il giro del
mondo: il premier e la sua giacca, l’uomo di potere violato nella sua incolumità e il suo abbigliamento ‘protettivo’ e informale, già indossato durante una breve vacanza in Sardegna e nuovamente da esibire a telecamere e sostenitori.
Dal guardaroba di Palazzo
Grazioli agli armadi dei fan
modaioli il passo sarebbe stato breve, ma la giubba di Silvio
è irreperibile in Italia: si tratta
infatti di un accessorio in dotazione ai membri dello staff di
governo in Russia, regalo da
parte del premier russo Vladimir Putin all’omologo italiano
durante una fredda e ventosa
visita di Stato a San Pietroburgo: complici il clima e la generosità dell’ex Kgb - sempre
prodigo di doni nei confronti
8
22 Gennaio 2010
del collega - e tra il premier e
il piumino è scoccato subito
l’amore. Sul cappotto assurto
agli onori della cronaca campeggiano la vistosa scritta ‘Russia’ e l’araldo della presidenza
della Federazione, l’aquila bicefala di Pietro il Grande che
incornicia la raffigurazione
romana, infatti, l’82enne Lyudmila Alekseeva, anziana dissidente capo dell’organizzazione
umanitaria “Moscow Helskinki
Group”, veniva fermata a Mosca dalla polizia di Putin. “La
scelta del giaccone da parte di
Silvio Berlusconi – scrivono gli
attivisti di ‘Anna Viva’ - pare
Sul petto campeggiano la scritta
“Russia” e l’aquila bicefala di Pietro il Grande,
sulla manica “Wrestling Team”
della lotta tra San Giorgio e il
dragone, mentre la manica è segnata dalla scritta ‘Wrestling
Team’. “Avete visto cosa c’è
scritto? Cari ragazzi io non
mollo mai!”, aveva commentato il presidente del Consiglio
ai militanti del Pdl accorsi ad
accoglierlo al suo ritorno a
Palazzo Grazioli. Ma la divisa
non è piaciuta a tutti. ‘Anna
Viva’, l’associazione per i diritti
civili e la libertà di informazione ispirata alla giornalista
Anna Politovskaya uccisa nel
2006, ha protestato duramente. Nei giorni in cui il premier
tornava nella sua residenza
proprio inopportuna, a causa
di quanto successo poche ore
prima alla Alekseeva e ad altri
dieci oppositori, arrestati perché colpevoli di esprimere il
proprio parere”.
Se la tempistica dell’indossamento non è sembrata opportuna, è stata la stessa esigenza di esibire il simbolo di
una potenza straniera a suscitare dibattito e curiosità, e non
solo in Italia. “Molti russi trovano singolare il fatto che il
capo di un governo straniero
vada in giro con una giacca con
lo stemma della Russia”, ci dice
Fabrizio Dragosei, corrispon-
dente del Corriere della Sera da
Mosca. “Credo che se Putin si
muovesse in pubblico con un
capo d’abbigliamento con la
bandiera italiana o americana
desterebbe molto rumore”.
Gli italiani, invece, si sono
scatenati a cercare possibili
spiegazioni all’attaccamento
del premier all’abito, aprendo
un acceso dibattito sulla rete.
“Ci mettiamo anche a finanziare l’economia comunista?”
chiede in tono di sfida l’utente ‘Fedesiena’ sul forum di
una rivista sportiva. “Spesso è
segno di buona educazione
indossare gli abiti regalati dagli amici. Magari preferivi un
giubbotto milanese con lo
stemma del Duomo sopra?” risponde in tono altrettanto provocatorio ‘Epma’. E tra chi
nella piuma d’oca vede un’esigenza psicologica di ‘autoprotezione affettiva’ contro il gesto
d’odio subìto e chi ipotizza una
più probabile copertura per nascondere un giubbotto antiproiettile, il più significativo
sembra essere l’apprezzamento di ‘Josef’: “Bellissimo quel
giaccone, farei carte false per
averne uno”. Il Made in Italy riparte dal Made in Russia?
MADE IN RUSSIA Berlusconi con il giaccone regalato da Putin
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