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Cold energy: il frigorifero con il turbo

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Cold energy: il frigorifero con il turbo
MADE IN ITALY
■ di Aurora De Nardo
Cold energy:
il frigorifero con il turbo
Il nesso logico tra l’auto
e il frigorifero non è né
semplice, né intuitivo.
Eppure un nuovo
brevetto “made in Italy”
permetterebbe di aumentare
l’efficienza degli impianti di
refrigerazione proprio grazie
ad un dispositivo preso in
prestito dal mondo delle
automobili
L’efficienza energetica è una delle
colonne portanti delle politiche
climatiche mondiali, laddove ci sono.
Anche la refrigerazione, come tutti i
settori della società, deve dare il suo
contributo. Tra le tante proposte per
rendere più efficienti gli impianti, ne
appare oggi una nuova, che prende
in prestito componenti dall’industria
automotiva. Ma andiamo con ordine
per raccontare di questo progetto
dal nome Cold Energy, terminato
ad aprile 2014 e portato avanti
da Angelantoni Industrie s.p.a in
cooperazione con il dipartimento
di macchine a fluido dell’Università
di Roma Tre e l’azienda di servizi
integrati Se.Te.L. s.r.l
Inefficienza costitutiva
«Dal punto di vista energetico
l’impianto frigorifero classico
presenta alcune inefficienze. Una
di esse è data dalla valvola di
laminazione che, portando il liquido
refrigerante da una pressione alta
ad una bassa senza utilizzarne l’
energia potenzialmente disponibile,
determina un punto di inefficienza.
La valvola è cioè un dispositivo
Maurizio Ascani, Innovation e Technology Manager della Angelantoni Industrie s.p.a e coordinatore del
progetto Cold Energy. «Riuscire a trasformare l’energia persa nella variazione di pressione in energia
utile per il ciclo frigorifero significa aumentare l’efficienza di tutto il processo»
sicuro, affidabile, economico ed
è per questo che si è mantenuta
nel tempo. Ma non è efficiente»,
afferma l’ing. Maurizio Ascani,
Innovation e Technology Manager
della Angelantoni Industrie s.p.a
e coordinatore del progetto Cold
Energy. «Riuscire a utilizzare tutta
l’energia presente nel refrigerante
significa aumentare l’efficienza
di tutto il processo». È da questo
passaggio logico, apparentemente
semplice, che ha preso vita il progetto
Cold Energy. E se si eliminasse la
valvola termostatica? «In passato
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sono stati fatti tentativi in questa
direzione ma nessuna soluzione si
è dimostrata altrettanto sicura e
affidabile», spiega Ascani. Un’altra
dunque doveva essere la strada
da percorrere, evitando, in ogni
caso, di creare componenti nuovi,
che avrebbero aumentato i costi e
allungato i tempi di sviluppo: «Tra gli
elementi presi in considerazione per
poter ovviare a questa inefficienza, il
turbo compressore del motore delle
auto ci è sembrato quello più idoneo.
In fondo, svolge una funzione molto
simile a quella che cercavamo noi».
Vista d’insieme del banco frigorifero funzionante
a R404A, con potenza frigorifera di 100kW su cui
è stato testato l’impianto pilota
Dall’auto al frigorifero
Il turbocompressore dei motori
per autotrazione, noto anche
come turbo o turbogruppo, deriva
dall’integrazione tra una turbina e
un compressore. La sua funzione è
sostanzialmente quella di aumentare
la prestazione del motore sfruttando
l’energia derivante dai gas di scarico
che muovono la turbina e azionano
il compressore. Il principio del
turbocompressore – dispositivo
peraltro fino ad oggi estraneo alla
refrigerazione – è che un’energia di
scarto (nel motore il gas di scarico)
trascina una turbina e muove un
compressore, ovvero che un’energia
di scarto viene trasformata in energia
utile per potenziare la funzione
principale. La trasduzione su una
macchina frigorifera potrebbe
risultare in un dispositivo che sfrutta
la pressione e la temperatura del
liquido uscente dal condensatore per
sostenere in qualche modo il lavoro
del compressore principale, senza
però utilizzare energia primaria e
Particolare dell’impianto pilota
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MADE IN ITALY
Il turbocompressore
frigorifero non ha,
tecnicamente parlando,
più nulla a che vedere
con l’originale preso in
prestito dal mondo delle
automobili. Solo il nome
rimane a ricordarne
l’origine
quindi aumentando l’efficienza
dell’impianto. E di fatto è proprio
così che succede con il dispositivo
sviluppato nel progetto Cold Energy.
Un bypass efficiente
In un impianto frigorifero
convenzionale il liquido all’uscita
del condensatore, a temperatura in
genere intorno ai 30-40°C e ad alta
pressione, viene mandato attraverso la
valvola di laminazione all’evaporatore
e quindi al compressore elettrico a cui
però arriva a bassa pressione. Questo
richiede un certo lavoro da parte del
compressore elettrico, il cui consumo
energetico è proporzionale non solo
alla quantità di gas da comprimere
ma anche al salto di pressione da
fargli fare.
Nel sistema Cold Energy uno
scambiatore di calore viene inserito
a valle del condensatore e prima
della valvola termostatica. Ad esso
viene dirottato una parte del liquido
refrigerante uscente dal condensatore
(il 30% circa), da cui si recupera
una parte del calore per produrre
gas tramite cui far funzionare la
turbina e quindi il turbocompressore.
In questo modo si inserisce
nell’impianto di refrigerazione un
compressore che funziona senza
usare energia primaria. Questo
turbocompressore svolge una prima
compressione del refrigerante uscente
dall’evaporatore tradizionale che poi
viene convogliato, già parzialmente
compresso, al compressore elettrico,
diminuendone dunque il lavoro e
quindi il consumo energetico. Il
principio di Cold Energy consiste
dunque nell’introdurre nell’impianto
frigorifero un by-pass che svolge
del lavoro, ma non consuma energia
primaria.
L’impianto pilota
L’impianto test per verificare
la fattibilità pratica dell’idea e
verificarne l’efficacia è stato realizzato
su banchi frigoriferi commerciali
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classici funzionanti a R404A, con
potenza frigorifera di 100kW. Si sono
confrontati i consumi energetici nelle
stesse condizioni di funzionamento
con il sistema Cold Energy e senza
di esso. Il risultato è un risparmio
energetico che varia tra il 15 e il
20% nel banco con il sistema Cold
Energy. Il banco di test si avvale di un
software di controllo ed analisi dati
appositamente studiato per garantire
stabilità al sistema e minimizzare gli
errori nelle valutazioni energetiche.
L’impianto pilota è stato provato
solo con il refrigerante R404A,
ma dal punto di vista teorico è
possibile utilizzarlo con tutti i
refrigeranti sintetici, anche su
ammoniaca e idrocarburi. Il
compressore turbo utilizzato per
questi banchi è una modifica del
componente automobilistico. Di
tale turbocompressore è stata
selezionata la struttura interna,
l’albero, i cuscinetti ed il sistema di
lubrificazione. Modifiche radicali
Case study:
impianto di surgelazione,
temperatura -20°c
• Potenza frigorifera: 100kW
• Potenza elettrica compressore: 95kW
• Funzionamento annuo: 4000 ore
• Costo energia elettrica: 0,18€/kWh
• Consumo energia elettrica: 95x4000kWh/anno:
380.000kWh/anno
Applicando il sistema Cold Energy e ipotizzando
un risparmio del 20% di energia elettrica si
avrebbe un risparmio di 76.000kWh/anno e
dunque di 13.680€/anno. Ipotizzando invece
un’efficienza del 15%, si otterrebbe un risparmio
di 10.260€/anno.
Il turbocompressore (qui di profilo) è
nell’aspetto esteriore molto simile al turbocompressore automobilistico ma tecnicamente
parlando molto diverso
all’espansore (ugelli e rotore) e al
compressore (girante e diffusore) sono
state studiate, progettate e realizzate
per poter utilizzare un fluido
refrigerante, per una riduzione delle
dimensioni e per un adattamento
al banco frigorifero. Il prototipo è
nell’aspetto esteriore molto simile al
turbocompressore automobilistico ma
tecnicamente parlando molto diverso.
Futuro prossimo
I test condotti sull’impianto
pilota indicano dunque che, pur
con certe limitazioni, quanto
previsto teoricamente, si verifica
effettivamente anche nella pratica.
L’applicazione del sistema Cold
Energy permette un reale risparmio
energetico. Si tratta ora di portare
avanti due strade parallelamente:
continuare la sperimentazione per
affinare il sistema e testarlo su
diversi tipi di impianti e con diversi
refrigeranti;
trasformare il prototipo realizzato
fino ad ora in un prodotto che
sia vendibile sul mercato quindi
producibile su scala industriale,
facendo combaciare economicità e
utilità.
Secondo l’ing. Ascani il sistema è
applicabile teoricamente a tutte le
dimensioni di macchina frigorifera.
Il limite diventa ovviamente il
rapporto costo/beneficio. «Ad oggi
possiamo teorizzare che un sistema
simile costerà qualche migliaia di €.
Per impianti troppo piccoli non solo
non vi sarebbe un ritorno economico
interessante, ma diventerebbe anche
tecnicamente difficile realizzare un
compressore delle dimensioni adatte.
Teniamo presente che le dimensioni
del turbocompressore sono correlate
alla potenza dell’impianto e che
ad esempio il turbocompressore
utilizzato nei test - banchi con
compressore elettrico di 100cv – ha
una girante di 4cm. Se le dimensioni
si riducono troppo, il dispositivo
diventa irrealizzabile».
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Cui prodest?
Il mercato di riferimento a cui si
rivolge questa nuova tecnologia
varia dalle applicazioni di bassa
temperatura (-18°C) a impianti
di media temperatura (0°C) e di
condizionamento. Limitatamente al
mercato italiano e alle applicazioni
di bassa temperatura e potenze
superiori ai 50 kW, le analisi
condotte nel contesto del progetto
indicano consumi energetici di circa
2600 GWh/anno. Un risparmio
di energia elettrica del 20%
significherebbe un risparmio di
520 GWh/anno ovvero, calcolando
0,18€/kWh per l’energia elettrica, un
risparmio economico annuo di 94
milioni di €.
Nei casi analizzati i ritorni economici
del turbocompressore, calcolati in via
del tutto teorica, variano tra i pochi
mesi e i due anni (vedi BOX)
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