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Fisica delle Vele

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Fisica delle Vele
h) Elementi di aerodinamica delle vele
L’effetto del vento su un piano
Poniamo un piano all’azione del vento come indicato nella figura 1. Esso si sposterà
sottovento muovendosi parallelamente a se stesso. La velocità di spostamento
dipenderà dalla forma, dalle dimensioni e dal peso del piano in considerazione.
figura 1
Ora pensiamo di inclinare il piano rispetto al vento oppure di modificare la direzione del
vento (figura 2). Il piano si muoverà secondo una forza m che è proporzionale
all’intensità del vento, alle dimensioni del piano e all’angolo che si forma tra direzione
del vento e il piano stesso. Se proviamo a continuare a ruotare il piano rispetto al vento,
aumentando l’angolo, ci accorgiamo che la forza m continua a crescere. La spinta
massima la otteniamo ben prima di raggiungere una inclinazione di 90°. Se
scomponiamo la forza m ne risultano due, F che è la componente utile e r che è
solamente una forza di attrito.
Il punto di applicazione della forza motrice è a circa 1/3 della lunghezza del piano,
partendo dalla direzione del vento (figura 3)
Vediamo di spiegare, con l’aiuto della figura 4, come si arriva a questo fenomeno. Le
molecole di aria che per prime arrivano a colpire il piano, vicino al bordo di entrata,
trovano un ambiente “pulito”, libero cioè delle particelle d’aria che rimbalzano via dal
piano dopo che il vento lo colpisce. Le molecole che trovano un ambiente pulito
applicano tutta la loro forza di spinta, mentre le molecole che colpiscono il piano verso
la sua meta o vicino al bordo di uscita, frenate dalle molecole di rimbalzo, applicano
molta meno forza di spinta. Nella figura sono blu le molecole d’aria in arrivo e rosse
le molecole di rimbalzo.
Prendiamo ora il piano che abbiamo considerato e poniamolo su una barca
al posto della vela, orientato come per navigare al traverso (figura 5).
Scomponiamo la componente utile F in due vettori dei quali uno sia orientato
nella direzione di avanzamento della barca. Le forze che si sviluppano dalla
pressione del vento sulla nostra vela piatta e rigida sono:
F
P
L
=
=
=
COMPONENTE UTILE
FORZA PROPULSIVA (ex r forza di attrito)
FORZA DI SPOSTAMENTO LATERALE (ex m forza motrice) o
SCARROCCIO
Abbiamo già visto come lavora il piano di deriva immerso nell’acqua. Il piano
di deriva che vince la forza L ci permette di sfruttare la forza P come forza
propulsiva della barca
A QUESTO PUNTO IL NOSTRO PIANO E’ DIVENTATO A TUTTI GLI
EFFETTI UNA VELA E COME TALE LO CONSIDEREREMO
Ora regoliamo la nostra
barca come per una
andatura di bolina larga.
L’angolo di incidenza del
vento rispetto alla barca
e al piano sarà minore.
Come possiamo vedere
confrontando le figure 5
e 6, la componente
utile F rimane invariata
mentre aumenta la forza
di spostamento laterale
L e diminuisce la forza
propulsiva P
Adesso cazziamo la vela
fino a portarla a
coincidere con l’asse
longitudinale della barca
e lasciamo invariato
l’angolo di incidenza del
vento rispetto alla nostra
direzione di
avanzamento:
La componente di
spostamento laterale L
(sempre perpendicolare
all’asse longitudinale
della barca) viene a
coincidere con la
componente utile F. F
quindi non si può
scomporre in due
vettori e non avremo
forza propulsiva. La
barca con questa vela
piatta e rigida così
regolata non avanzerà.
PRIMA CONCLUSIONE
Osservando attentamente tutti i passaggi fino a qui descritti ne ricaviamo
che minore è l’angolo di incidenza del vento rispetto all’asse della
barca maggiore è la forza di spostamento laterale, lo SCARROCCIO.
Nelle andature strette avremo bisogno di quanto più possibile piano di
deriva per contrastare lo scarroccio. Più la nostra andatura si
allargherà meno deriva dovremo tenere in acqua, fino a non averne
quasi bisogno in poppa.
L’effetto del vento su una superficie concava
Se pieghiamo il nostro piano fino a ricavarne una superficie curva delle
stesse dimensioni ed esponiamo i due oggetti allo stesso vento osserviamo
che la componente utile F sulla superficie curva non è perpendicolare
alla corda ma è orientata verso il bordo di entrata (è più sopravento
rispetto al piano). Inoltre la forza che imprime alla superficie curva è
maggiore.
Quindi:
IL VENTO ESERCITA UNA FORZA MAGGIORE SU UNA SUPERFICIE
CURVA RISPETTO A UN PIANO DELLE STESSE DIMENSIONI
Con la figura 9 abbiamo trasformato la superficie concava in qualcosa di
molto simile a una vela. Con la sperimentazione aerodinamica generale –
quindi non solo applicata alla nautica- si è appurato che una superficie
concava raggiunge il massimo della sua spinta con un angolo d’ incidenza
maggiore rispetto alla direzione del vento. Ecco perché, in generale, noi
quando navighiamo di bolina cerchiamo di smagrire molto le vele mentre
nelle andature portanti le ingrassiamo.
Quando una vela viene esposta al vento lungo il suo lato sopravento si crea
una pressione e lungo il suo lato sottovento una depressione. La
depressione è tanto maggiore quanto minore è l’angolo di incidenza del
vento sulla vela
Effetto Venturi
Una massa d’aria immessa in un tubo, in fondo al quale c’è una strozzatura,
giunta nel punto della strozzatura dovrà assumere una velocità maggiore
per uscire dal tubo creando quindi in quella zona una pressione più bassa di
quella atmosferica circostante.
Una massa d’aria è formata di molecole. Ogni molecola ha una sua vicina e
vicino a quella deve sempre rimanere. Immaginiamo una massa d’aria come
una serie di molecole distinte da un colore e un numero: quando la massa
d’aria incontrerà il profilo alare (vedi figura 11) la molecola 1 viola dovrà
allontanarsi dalla molecola 1 rossa. Alla fine del profilo le due molecole si
dovranno ricongiungere (per creare uno scorrimento regolare e non
turbolento) ma quella sottovento dovrà percorrere più strada rispetto a
quella sopravento (una curva è “più corta” nella parte interna che in quella
esterna). Ecco uno dei motivi per cui nel lato sottovento di una vela si crea
più velocità che nel lato sopravento.
Da quanto analizzato fin d’ora possiamo trarre conclusioni che ci saranno
molto utili al fine della navigazione. Ricordiamoci infatti che una differenza di
pochi decimi di nodo su percorsi corti ci fa perdere pochi minuti, ma su
traversate oceaniche le differenze si contano in giornate.
Quindi controlliamo sempre la regolazione delle vele: se saranno troppo
cazzate, e quindi l’angolo di incidenza del vento con la vela sarà grande, si
creeranno delle turbolenze nello scorrimento delle molecole perché le
molecole non riusciranno più a deviare la loro traiettoria facilmente creando
fluidità di scorrimento. Esse si scontreranno con le molecole d’aria in arrivo
creando delle turbolenze che saranno tanto più accentuate quanto più
cazzeremo la vela. Le turbolenze daranno origine al distacco delle molecole e
il vento non imprimerà più la sua massima pressione diminuendo
considerevolmante la forza propulsiva in avanti. (figure 12 e 13)
CONCLUSIONI
• La spinta sulle vele aumenta con laumentare dell’angolo di esposizione al
vento: abbiamo maggior urto di molecole sopravento e maggior risucchio
sottovento
• Il massimo della forza di spinta si ha a un terzo dal bordo di attacco della
vela. La spinta diminuisce moltissimo verso il bordo di uscita (balumina)
• Le vele dovranno avere una superficie concava perché il vento possa
esercitare il massimo della spinta
• Le vele dovranno svilupparsi maggiormente in altezza piuttosto che in
larghezza
• La spinta varia con il variare della concavità della vela e l’angolo di
esposizione al vento
• Per ogni direzione e intensità di vento esiste una concavità più adatta che
darà il massimo della spinta. Queste differenti concavità si ottengono
lavorando continuamente la vela con le regolazioni che abbiamo a
disposizione
Vento reale e vento apparente
Quando noi navighiamo sentiamo il vento in faccia, ne vediamo la direzione sul
segnavento, ne leggiamo l’intensità sugli strumenti. Il vento che ci sferza il viso non è il
vento che realmente sta soffiando, ma il VENTO APPARENTE che risulta dalla somma del
VENTO REALE (che è quello che spira) e il VENTO DI AVANZAMENTO (quello prodotto
dalla velocità della nostra barca)
V = Vento d’avanzamento
R = Velocità d’avanzamento
VA = Vento apparente
W = Vento reale
Parallelogramma
delle forze
La velocità di
avanzamento
produce il vento di
avanzamento , il
quale, sommato al
vento reale produce
il vento apparente
che è il vento che
effettivamente
colpisce le nostre vele.
Bolina
Una barca naviga di bolina con un
vento reale di 45°. La direzione del
vento apparente sarà molto inferiore,
relativamente alla velocità. FIG. 1
FIG. 1
Con l’aumentare della velocità
la direzione del vento
apparente si sposta verso prua
e costringe il timoniere a
POGGIARE. FIG. 2
FIG. 3
FIG. 2
Al contrario, quando il vento reale
rinforza il vento apparente gira verso
poppa e il timoniere è in grado di
ORZARE. FIG. 3
A parità di intensità di vento reale la
velocità del vento apparente è
maggiore di bolina che nelle altre
andature
Traverso e Lasco
TRAVERSO
Nelle andature al traverso e al lasco
ill vento apparente si comporta
come di bolina:
! Con l’aumentare della velocità
il vento apparente si sposta
verso prua e si dovranno
CAZZARE LE VELE per non
perdere la velocità e
mantenere la rotta.
LA
SC
O
! Con l’aumentare del
vento reale il vento
apparente si sposta
verso poppa e si
dovranno LASCARE LE
VELE per non perdere
velocità e mantenere la
rotta.
Poppa
Quando navighiamo con il vento in poppa la direzione del
vento apparente è la stessa del vento reale. Se rinforza il
vento reale il vento apparente aumenta; se invece aumenta
la velocità della barca diminuisce l’intensità del vento
apparente
Quando navighiamo con il vento
in poppa a parità di vento reale
la velocità del vento apparente è
minore che in tutte le altre
andature.
I filetti segnavento sulle vele
Per controllare la corretta regolazione delle vele si usano dei “filetti segnavento” in tessuto
di nylon leggero o di lana, applicati sul genoa e sulla randa sui due lati della vela.
Sul GENOA:
sono i filetti che si usano di più. Vengono applicati con del tessuto adesivo a circa 10-15
cm. dall’inferitura. Se la vela è in tessuto pesante, e quindi poco trasparente, sulla vela si
applica una finestra trasparente. I filetti segnavento ci dicono se la vela è regolata
correttamente rispetto all’angolo di incidenza del vento rispetto all’asse longitudinale della
barca. Facendo riferimento alla figura qui sotto immaginiamo che il filetto rosso sia
applicato al lato sopravento della vela e quello verde sottovento. Stiamo navigando mure a
sinistra.
I filetti ci diranno sempre e solo se le vele sono regolate correttamente e non se stiamo
limonando correttamente. Infatti:
I filetti sono paralleli e sventolano regolarmente: l’angolo di incidenza del vento è
adeguato alla regolazione delle vele, ma è altresì possibile che noi non navighiamo sulla
corretta rotta. Solamente se dobbiamo bordeggiare cazziamo le vele e ci regoliamo con i
filetti per mantenere la massima bolina e velocità.
Il filetto sottovento sbatte: o il genoa è troppo cazzato per la rotta che dobbiamo tenere
oppure noi stiamo poggiando troppo.
Il filetto sopravento sbatte: o il genoa è troppo lasco, o stiamo stringendo troppo la
bolina o stiamo orzando troppo rispetto alla nostra rotta
Sulla RANDA:
sulla randa non mettiamo i filetti sopravento vicino all’inferitura per due motivi diversi:
1. le turbolenze create dal profilo dell’albero alterano sempre vicino all’inferitura lo
scorrimento dei filetti
2. il genoa con la balumina non ben regolata o un po’ “spanciata” rifiuta spesso sulla
randa e rende inutilizzabili i filetti
Sulla randa è fondamentale la regolazione della balumina, quindi i filetti segnavento
vengono cuciti in corrispondenza della parte posteriore delle stecche. Mentre il controllo
dei filetti del genoa è una cosa abbastanza facile, la regolazione della balumina è un po’
più complessa e ci si arriva con l’esperienza.
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