Comments
Transcript
CONFERIMENTO E SUCCESSIVA CESSIONE DELLE
Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in Amministrazione, finanza e controllo Tesi di Laurea CONFERIMENTO E SUCCESSIVA CESSIONE DELLE PARTECIPAZIONI Profili normativi ed elusivi della “cessione indiretta” d’azienda Relatore Ch. Prof. Antonio Viotto Laureando Riccardo Carafoli Matricola 821165 Anno Accademico 2013 / 2014 “Alla mia famiglia per l’affetto e gli insegnamenti che mi hanno dato, agli amici tutti, in particolare Riccardo, Matteo, Gabriele ed Alberto, per essermi sempre stati vicini nel momento del bisogno, e ad Oksana, mia forza nei giorni più duri, mia gioia nella quotidianità. Grazie per accompagnarmi in questo appassionante viaggio chiamato vita” Riccardo 2 Indice Capitolo I - Introduzione all'operazione di conferimento e successiva cessione delle partecipazioni ..... 4 1. Conferimento e la cessione di partecipazione ...................................................................... 4 2. L'inquadramento della operazione di conferimento e successiva cessione di partecipazioni........................................................................................................................9 Capitolo II - Inquadramento storico normativo .................................................................................... 13 1. Dalla riforma del 1973 al TUIR del 1986 .............................................................................. 13 2. Le riforme fiscali del 2003 e del 2007.................................................................................. 19 3. La normativa comunitaria e i conferimenti transnazionali ................................................. 24 Capitolo III - La fiscalità dell'operazione ............................................................................................... 29 1. L’imposizione diretta ........................................................................................................... 29 1.1. La neutralità fiscale nell'operazione di conferimento .................................................. 29 1.2. La "Ratio Legis" del regime di neutralità fiscale nei conferimenti d'azienda............... 40 1.3. L'opzione per l'imposta sostitutiva in caso di conferimento in neutralità fiscale ........ 44 1.4. Il regime ordinario delle plusvalenze ........................................................................... 49 1.5. Il regime di esenzione delle plusvalenze ...................................................................... 53 1.6. Regime PEX nella successiva cessione delle partecipazioni e non sindacabilità ai sensi della disposizione elusiva ............................................................................................. 63 1.7. Aspetti fiscali nell'IRAP ................................................................................................. 67 2. L’imposizione indiretta ........................................................................................................ 70 2.1. Trattamento IVA .......................................................................................................... 70 2.2. L'imposta di registro, e le imposte catastali ed ipotecarie .......................................... 73 Capitolo IV - Confronto tra compravendita e conferimento con cessione delle partecipazioni. Considerazioni di sintesi. ..................................................................................................................... 77 Capitolo V - Contestazioni nell’ambito applicativo del regime Pex....................................................... 83 1. Il requisito del “Holding Period” .......................................................................................... 83 2. Il requisito della commercialità ........................................................................................... 87 Capitolo VI - La disciplina antielusiva e l'abuso di diritto...................................................................... 91 1. L'imposizione diretta e il principio generale di abuso del diritto ........................................ 91 2. Imposta di registro, ipotecaria e catastale. L'utilizzo antielusivo dell'art 20 del DPR n 131/1986 ........................................................................................................................... 101 Capitolo VII - Conclusioni ................................................................................................................... 107 BIBLIOGRAFIA…………………………………………………………………………………………………………………..………………….109 3 Capitolo I - Introduzione all'operazione di conferimento e successiva cessione delle partecipazioni 1. Conferimento e la cessione di partecipazione L’operazione di conferimento è indicata nella prassi aziendale con numerosi appellativi, come ad esempio, apporto, scorporo, concentrazione e scissione. Tale varietà di definizioni deriva essenzialmente dalla pluralità di finalità che possono sottostare all’operazione de quibus. Nonostante negli anni sia stato oggetto di numerose riforme, ultima delle quali, quella ad opera del D.lgs. n.6/031, il conferimento non trova una esplicita definizione. Possiamo tuttavia definirla in via generale, come l'operazione mediante la quale un soggetto trasferisce la titolarità di un bene o apporta un servizio ad una società ottenendo in cambio partecipazioni della stessa come corrispettivo2. Dal punto di vista civilistico, il conferimento, non è stato accorpato sotto un unico contesto normativo, come è stato fatto per le fusioni e per le scissioni, ma viene regolato da specifiche disposizioni, all’interno delle fattispecie societarie previste dal diritto societario. In particolare, dopo la riforma del diritto societario del 2003 (D.lgs. 6/2003) la disciplina dei conferimenti è contenuta nel codice civile agli articoli 2553, 2254 e 2255 per quanto riguarda le società di persone, 2342, 2343, 2440 per le società per azioni e 2464, 2465 e 2466 per le società a responsabilità limitata. Non trova al contrario esplicita trattazione la fattispecie del conferimento d'azienda che quindi assume ai fini civilistici la stessa veste normativa della fattispecie generale. Ai fini fiscali l’operazione di conferimento viene assimilata, a norma dell’art. 9, comma 5 del TUIR alle 1 Che ha introdotto specifiche previsioni che hanno reso più flessibile tale istituto. In merito BONFINI A. e DE ROSA B., La cessione e il conferimento di aziende - Aspetti civilistici e contrattuali, in AA. VV. Operazioni di finanza straordinaria, a cura di G. Cristofori, ed. Il Sole 24 Ore, Milano, 2010, pp. 237 2 circ. Agenzia delle Entrate 25.09.2008 n. 57/E. 4 cessioni a titolo oneroso3. Tuttavia tale assunto appare fuorviante. Invero sarebbe miope non ravvisare i molteplici scopi, e le numerose configurazioni operative che può assumere tale operazione nella prassi. Con particolare riferimento al conferimento d'azienda4, in via di semplificazione, si possono identificare due macro categorie di conferimenti. Quelli effettuati con finalità di realizzo dei maggior valori insiti nell’azienda o a scopo di disinvestimento, detti anche “conferimenti modello cessione” e quelli atti alla riconfigurazione organizzativa dell’azienda detti “conferimenti modello trasformazione”5. L’operazione di conferimento in effetti ben si presta ad interventi di aggregazione societaria. L’apporto di un complesso organico di beni in una società di nuova costituzione permette ad esempio, ad un ramo aziendale che ha raggiunto una propria dimensione produttiva, di assumere un assetto operativo e giuridico autonomo, e quindi più coerente con la sua struttura sia sul piano logistico che economico-fiscale. In aggiunta, l’ottenimento di partecipazioni da parte della conferente, ben si sposa con l’impostazione organizzativa del fenomeno assai diffuso delle “Holding”6. In aderenza a tali valutazioni il legislatore ha riservato diversi trattamenti ai conferimenti di azienda con finalità riorganizzative, e con il D.lgs. n. 358/1997 introduce per la prima volta il regime di "neutralità fiscale"7, novellato oggi dall'art. 176 del TUIR . Esso sottrae la fattispecie dei conferimenti d'azienda dalla realizzazione di plusvalenze o minusvalenze imponibili e prescrive al conferente ad "... assumere, quale valore delle partecipazioni ricevute, l'ultimo valore fiscalmente 3 Per i quali, secondo il comma 2 dello stesso articolo, così come riformato dal D.lgs. n. 344/2003, "si considera corrispettivo conseguito il valore normale dei beni e dei crediti conferiti" 4 Da precisare che, al fine di configurare tale operazione come conferimento d'azienda o di un ramo di essa l'oggetto del trasferimento non possono essere singoli beni aziendali, ma un universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridici in grado di consentire concretamente l'esercizio dell'attività di impresa. Vedi C.M. 19.12.97 n. 320/E. 5 ZANETTI E., Manuale delle operazioni straordinarie, Torino, 2013, pp. 50 e ss. 6 PERROTTA R. Il Conferimento d’azienda, Milano, 2005, pp. 3. 7 Assieme alla fattispecie non più configurabile del conferimento realizzativo comminata all'art. 4 del D. Lgs. N. 358/1997, e presente fino al 2013 nel testo dell’art. 175. 5 riconosciuto dell'azienda" e al soggetto conferitario di subentrare "... nella posizione di quello conferente in ordine agli elementi dell'attivo e del passivo dell'azienda stessa, facendo risultare da apposito prospetto di riconciliazione della dichiarazione dei redditi i dati esposti in bilancio e i valori fiscalmente riconosciuti". In altre parole, al fine di realizzare una vera e propria neutralità fiscale, il conferimento non genera alcun tipo di discontinuità sui valori fiscalmente riconosciuti, in quanto la società conferitaria subentra negli elementi attivi e passivi mantenendo invariato il loro valore fiscale8, e il soggetto conferente assume come valore fiscale della partecipazione il valore netto fiscalmente riconosciuto risultante dai libri della azienda conferita anche se esse vengono iscritte a bilancio ad un valore superiore. Il D.lgs. 344/2003 ha poi provveduto a riportare le novità introdotte dal D.lgs. n. 358/1997 nel TUIR rispettivamente agli art. 175 e 176, eliminando però la possibilità di assoggettare a imposta sostitutiva le plusvalenze derivanti da operazioni di conferimento "realizzative". Ulteriore innovazioni ha portato infine la legge 24 dicembre 2007 n. 244 che di fatto ha reso il regime di neutralità dei conferimenti prevista dall'art. 176 l'unica configurazione consentita per le operazioni di conferimento dell'azienda.9 In tale contesto normativo attraverso il conferimento dell'azienda o di un ramo di essa da parte del cedente in una “Newco”, e la successiva vendita delle quote di quest'ultima al cessionario è possibile dar luogo ad una cessione totale o parziale dell'azienda lungo uno schema (definito anche "cessione indiretta di azienda") che consente di avvalersi della quasi totale esenzione delle 8 Fatta salva la possibilità di affrancare i valori dell'attivo patrimoniale, iscritti tra le immobilizzazioni materiali ed immateriali, attraverso il regime opzionale di imposizione sostitutiva introdotto al comma 2-ter dalla legge finanziaria 2008, istituita allo scopo di consentire di riallineare valori fiscalmente rilevanti ai maggiori valori di bilancio dei cespiti ricevuti. 9 Tuttavia rimangono atti "realizzativi" i conferimenti di singoli beni aziendali, o i conferimenti d'azienda da parte di soggetti che non hanno i requisiti richiesti per l'applicazione dell'art 176 ad esempio conferimenti da parte di un soggetto residente di una azienda situata al di fuori del territorio dello stato a favore di soggetti non residenti. 6 plusvalenze ammessa dall'art. 87 del TUIR. Ciò alla luce anche alle notevoli innovazioni della disciplina fiscale riguardante i proventi derivanti dalla cessione delle partecipazioni sociali con la riforma del 2003. Invero la legge delega n. 80/2003, all'art. 4, comma 1, lettera c), in sostituzione al metodo del credito di imposta, introduce il metodo dell'esenzione, per affrontare il fenomeno della doppia imposizione sui dividendi10. Il legislatore infatti assume che le plusvalenze che si vengono a generare in seguito alla cessione di alcune partecipazioni, dipendono da riserve di utili già tassati presenti nel patrimonio netto della società o comunque da utili attesi futuri.11 Tuttavia al fine di non estendere tale agevolazione a cessioni che non configurano il caso di doppia imposizione, quali per esempio le cessioni di quote a fini speculativi12, sono richiesti determinati requisiti: la classificazione delle partecipazioni tra le immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio di chiusura durante il periodo di detenzione, un periodo minimo di possesso, la residenza fiscale della partecipata al di fuori di Stati o territori a regime fiscale privilegiato (i cosiddetti "paradisi fiscali") e l'esercizio da parte della società partecipata di un'attività commerciale. La classificazione tra le immobilizzazioni finanziarie, e quindi della loro iscrizione nella voce B, raggruppamento III, n.1, dello stato patrimoniale di esercizio, non dipende dalle caratteristiche oggettive della partecipazione, né dalla percentuale di capitale sociale rappresentato ma piuttosto dalla destinazione economica che la società che le detiene intende attribuirle. In particolare il legislatore richiede che tali partecipazioni siano detenute non al solo scopo speculativo, per evitare che, come già detto in precedenza, imprese teoricamente non soggette alla doppia imposizione possano usufruire della esenzione sulle plusvalenze derivanti dalla cessione di titoli. Il requisito del 10 Oltre, come ravvisabile nella relazione della Commissione Biasco, a perseguire l'obiettivo di circoscrivere il fenomeno del posizionamento delle "holding" all'estero. 11 SCHIAVOLIN R., L'imposta sul reddito delle società, in AA.VV Corso istituzionale di diritto Tributario, a cura di G. Falsitta, Milano, 2012, pp. 510-511. 12 BEGHIN M., Le modifiche alla "pex", in Corr. Trib., 46, 2007, pp. 3791. 7 periodo minimo di possesso, mira anch'esso a circoscrivere l'area applicativa del regime “pex”, ai soli investimenti sufficientemente duraturi e che denotano quindi un legame durevole tra partecipata e partecipante13. In particolare è richiesto un possesso ininterrotto dal primo giorno del dodicesimo mese precedente a quello dell'avvenuta cessione14. Evidenti infine le ragioni sottostanti agli ultimi due requisiti. Per quanto riguarda la residenza fiscale in paesi soggetti a fiscalità privilegiata infatti, considerata la ridotta tassazione degli utili in tali stati, di fatto non si verifica alcuna doppia imposizione sui redditi percepiti. Infine lo svolgimento dell'attività commerciale15 da parte della partecipata mira ad evitare la creazione di società partecipate al solo fine di godere del regime agevolato sulle plusvalenze16. L'ammontare dell'esenzione concesso dalla normativa è variato molto negli anni. Alla sua prima introduzione nel 2003 il regime "pex" consentiva la totale esenzione delle plusvalenze derivanti dalla cessione delle partecipazioni. Nel 2005 l'esenzione fu ridotta al 91%, con ulteriore diminuzione per l'anno fiscale 2007. La legge finanziaria 2008 ha poi elevato la soglia di esenzione al 95%, soglia che è rimasta immutata fino ad oggi. 13 SCHIAVOLIN R., L'imposta sul reddito delle società, in AA.VV Corso istituzionale di diritto Tributario, a cura di G. Falsitta, Milano, 2012, pp. 510-511 14 Prima della Legge 244/2007, il periodo di detenzione era di diciotto mesi. 15 La circolare n.7/E del 2013 chiarisce il requisito della commercialità, la quale deve ravvisarsi nello svolgimento da parte della società partecipata di un'attività commerciale prevalente. 16 Si veda la ris. Agenzia delle Entrate, 226/E, 2009. 8 2. L'inquadramento della operazione di conferimento e successiva cessione di partecipazioni Come precedentemente premesso, lo schema operativo in esame consente, in fase di trasferimento del complesso aziendale, di ottenere un risparmio fiscale sulla eventuale plusvalenza derivante dalla cessione. Il regime di neutralità tipico dei conferimenti, comminato dall'art. 176 del TUIR, rende la prima fase di conferimento ad una “Newco” esente dalla determinazione di plusvalenze imponibili ai fini dell'imposta sui redditi societari. La successiva cessione delle partecipazioni ottenute a seguito dello scorporo dell'azienda, gode invece del regime agevolato "pex", e le eventuali plusvalenze emergenti dal trasferimento delle partecipazioni vengono escluse dalla tassazione per il 95%, rendendo di fatto imponibile solamente il 5% del maggior valore tra il costo iscritto a bilancio delle partecipazioni e il corrispettivo ricevuto in cambio. La possibilità di sfruttare l'istituto delle plusvalenze esenti tuttavia dipende, come abbiamo visto, dalle caratteristiche delle partecipazioni. Particolare attenzione a tal proposito merita il requisito del periodo di possesso minimo previsto dall'art. 87 del TUIR. A norma del comma 4 dell'art. 176 del TUIR17 " Le aziende acquisite in dipendenza di conferimenti effettuati con il regime di cui al presente articolo si considerano possedute dal soggetto conferitario anche per il periodo di possesso del soggetto conferente. Le partecipazioni ricevute dai soggetti che hanno effettuato i conferimenti di cui al periodo precedente o le operazioni di cui all'articolo 178, in regime di neutralita' fiscale, si considerano iscritte come immobilizzazioni finanziarie nei bilanci in cui risultavano iscritti i beni dell'azienda conferita o in cui risultavano iscritte, come immobilizzazioni, le partecipazioni date in cambio". Il comma in esame trasferisce dunque l'anzianità del possesso dell'azienda dal soggetto conferente al soggetto 17 Introdotto dalla legge 342/2000 all'art. 6, comma 4 9 conferitario e la partecipazione ricevuta in cambio ottiene la stessa anzianità che aveva l'azienda conferita. Quindi se essa era detenuta da più di dodici mesi dal conferente, le partecipazioni, in sede di vendita, potranno godere del regime agevolato "pex". Inoltre l'art. 176 del TUIR prevede l'iscrizione delle partecipazioni ricevute in cambio tra le immobilizzazioni finanziarie, rispettando così anche il secondo requisito del regime di cui all'art. 87 del TUIR. Ad un primo esame dunque, l'operazione in oggetto sembrerebbe portatore di un effetto distorsivo, in quanto consente al conferente di realizzare, in esenzione, le plusvalenze latenti sull'azienda conferita, mentre, nel caso di vendita diretta si sarebbe applicata la tassazione ordinaria. Il che potrebbe indurre a pensare che essa possa avere una natura cosiddette "elusiva". Si definisce infatti "elusivo" quel comportamento del contribuente che attraverso l'utilizzo di un particolare percorso negoziale, (nel nostro caso quello della cessione indiretta d'azienda) ottiene un risparmio sulle imposte, rispetto ad un altro percorso (la cessione "diretta" d'azienda) altrimenti fiscalmente più impegnativo. La normativa antielusiva nel nostro ordinamento è contenuta all'interno del corpo del DPR n. 600/73 all'art. 37-bis e in particolare al comma 1 essa consente all'amministrazione finanziaria di rendere inopponibili i fatti, atti o negozi giuridici, privi di valide ragioni economiche (escluso ovviamente il risparmio fiscale) diretti ad aggirare gli obblighi delle disposizioni normative al fine di ottenere un vantaggio fiscale, e al comma 2 consente all'amministrazione finanziaria di disconoscere detti vantaggi, e di applicare le modalità di tassazione tenute nelle disposizioni eluse. Tuttavia con esplicita previsione, al comma 3 dell'art. 176 del TUIR, il legislatore espunge dal novero delle operazioni elusive il conferimento in regime di continuità di valori e la successiva cessione delle partecipazioni ricevute in cambio sfruttando il regime di cui all'art. 87 del TUIR e rende inapplicabili le norme contenute all'art. 37-bis del DPR 600/73. I motivi che hanno spinto il legislatore ad escludere tale 10 operazione dall'applicazione antielusiva saranno esposti in seguito, ma in via di anticipazione, sono ravvisabili nel bilanciamento che esiste tra il risparmio di imposta ottenuto e il regime di continuità dei valori dei conferimenti. In caso di cessione diretta infatti, il cedente sarebbe tassato sull'intera plusvalenza ma il cessionario avrebbe acquisito valori fiscalmente riconosciuti utilizzabili nella determinazione delle imposte sui redditi. Invero, in caso di cessione indiretta, cedente potrebbe godere dell'esenzione sulle plusvalenze ma di contro, in sede di conferimento, il cessionario non acquisisce valori fiscalmente recuperabili.18 Lo schema negoziale del conferimento con successiva cessione delle partecipazioni, oltre che a garantire un risparmio con riferimento alla tassazione indiretta, offre agevolazioni anche sul piano della tassazione indiretta. In particolare come precedentemente accennato l'atto di conferimento è soggetto a registrazione e quindi è sempre dovuta l' imposta di registro in misura fissa di 200,00 €19. In sede di cessione diretta d'azienda invece l'imposta di registro è dovuta solo nel caso siano ricompresi nel complesso aziendale beni immobili, ma anziché in forma fissa essa è debita in maniera proporzionale, con un'aliquota del 9%, calcolata sulla base del valore dei beni immobili al netto delle passività trasferite20. Di conseguenza in presenza di fabbricati o altri beni immobiliari attraverso l'operazione di cessione indiretta d'azienda si verifica un risparmio di imposta anche con riguardo all'imposta di registro. Fino al 1° gennaio 2014, l'operazione di conferimento e successiva cessione delle partecipazioni risultava vantaggiosa anche sotto il profilo delle imposte ipocatastali, dovute nella misura fissa di 200,00 € ciascuna nel conferimento, mentre, prima della recente riforma del 2013, dovute proporzionalmente al 3% 18 ANDREANI G. e FRANZESE C., Conferimenti in doppia sospensione d'imposta e cessione della partecipazione ricevuta, il Fisco, 9, 2005, pp. 1271. 19 L'importo dell'imposta fissa di registro, ipotecaria e catastale sono state riviste ed aumentate ad opera del D.L. 104/2013, art. 26 comma 2. 20 Le aliquote dell'imposta di registro sono state di recente riformate dal D.L. 23/2011. Le precedenti aliquote erano del 7% per i trasferimenti dei fabbricati, 8% per i terreni edificabili e del 15% per terreni agricoli acquistati da soggetti diversi da coltivatori diretti e imprenditori agricoli. 11 nel caso di cessione d'azienda con componente immobiliare. Con il D.Lgs. 23/2011 a partire dal 1° gennaio 2014 le imposte ipocatastali non si applicheranno più in maniera proporzionale ma nella nuova misura fissa di 100,00 € totali. Di conseguenza oggi, sotto il profilo delle imposte ipocatastali, risulta più economica la cessione diretta. 12 Capitolo II - Inquadramento storico normativo 1. Dalla riforma del 1973 al TUIR del 1986 Per lungo tempo la rilevanza reddituale dei conferimenti ha rappresentato un problema di dubbia soluzione poiché strettamente correlato al concetto di ricchezza mobile e legato alla volontà di agevolare da un punto di vista fiscale i processi di ristrutturazione aziendale. 21 Fino al 1956 il reddito era identificato come “una novella ricchezza acquisita dal contribuente come risultato di una compiuta operazione economica di produzione” 22. La sua imponibilità quindi era strettamente correlata a due fattori: il verificarsi di un incremento patrimoniale, e alla presenza di un cosiddetto animus speculandi da parte del soggetto che poneva in essere l’operazione economica. Di conseguenza i conferimenti, effettuati nell’esercizio dell’attività di impresa, erano ritenuti, dalla dottrina prevalente, idonei a produrre plusvalenze tassabili23. Bisogna attendere però il 1956 per giungere all’introduzione di una strutturata disciplina in materia di incrementi patrimoniali. Invero con la legge Tremelloni del 1956 all’art. 20 viene sancita l’imponibilità dei “maggiori valori delle attività delle imprese, in qualsiasi forma costituite” e viene attribuito al realizzo, la distribuzione o l’iscrizione in bilancio di tali valori il presupposto di imposta, senza citare la necessità che ci siano alla base dell’operazione finalità lucrative. Anche il Testo Unico introdotto pochi anni dopo, nel 1958, conferma agli artt. 100 e 106 l’imponibilità delle plusvalenze 24 e dei conferimenti 21 TURCHI A., Conferimenti ed apporti nel sistema delle imposte sui redditi, Torino, 2008, pp. 20. BERLIRI A., L’imposta di ricchezza mobile, incontri e scontri di dottrina e giurisprudenza, Milano, 1949, pp. 101. 23 TURCHI A., Conferimenti ed apporti nel sistema delle imposte sui redditi, Torino, 2008, pp. 24 24 Tuttavia la tassazione di tali plusvalenze cambiava molto a seconda del soggetto passivo e dal tipo di bene ceduto. In capo ai soggetti privati erano tassate le sole plusvalenze derivanti da attività speculative. Per gli imprenditori individuali solo quelle derivanti da cessioni di beni materiali ed immateriali di imprese. Per le altre società invece la tassazione era estesa a qualunque plusvalenza senza alcuna limitazione su beni o intenti speculativi. 22 13 societari25. Infatti sebbene all’art. 100 del Testo Unico del 1958, il concetto di realizzo, si ricollegasse al pagamento di un “prezzo”, inducendo dunque a pensare alla necessaria monetizzazione della plusvalenza, la dottrina prevalente rimase coerente con l’impostazione della tassazione delle plusvalenze latenti derivanti dall’iscrizione in bilancio dei beni conferiti, elaborata negli anni antecedenti l’introduzione del testo26. Dopo un intervento al quanto confusionario da parte del legislatore con la legge delega per la riforma tributaria del 1971, in cui non veniva espressamente decretata l’imponibilità delle operazioni di conferimento, alcuni interventi nel 1973 ricondussero la fattispecie dei conferimenti nell’esercizio di impresa tra le operazioni potenzialmente idonee a produrre plusvalenze imponibili. In particolare il DPR n. 597/1973 all’art. 54 dispose l’imponibilità delle operazioni di conferimento (assimilandole per altro alle cessioni onerose) con riferimento all’IRPEF e introdusse regole per il calcolo della base imponibile27, mentre gli artt. 5 e 12 del DPR n. 598/1973 estesero tale previsione anche nei riguardi dell’IRPEG. In tale contesto normativo si pone inoltre in evidenzia la netta diversità di trattamento tra il conferimento d’azienda e le altre operazioni di riorganizzazione aziendale, come ad esempio le fusioni, le quali per espressa previsione normativa28, non costituivano operazioni idonee a generare plusvalenze tassabili. Tale diversità di trattamento derivava essenzialmente da una valutazione sulle differenze dei profili giuridici esistenti tra le due fattispecie (in quanto nella fusione non si verifica alcun trasferimento di beni tra le due società) ma che trascurava di fatto le analogie funzionali tra i due istituti, 25 Si veda a riguardo Comm. Trib. Centr., 14 febbraio 1980, n.594; Cass., 21 dicembre 1984, n. 6657, e Cass., 12 maggio 1979, n. 2739. 26 ROMANI A., Contribuito allo studio delle plusvalenze come presupposti dell’imposta di ricchezza mobile, in Giur. Imp., 1960, pp. 706 ss. 27 Art. 54, comma 4, DPR n. 597/73 “Nel caso di conferimento in società la plusvalenza è determinata con riferimento al valore delle azioni o quote ricevute, assumendo come tale la media dei prezzi di compenso dell’ultimo trimestre se si tratta di azioni quotate in borsa e il valore normale dei beni conferiti in ogni altro caso” 28 Art. 16, comma 1, DPR 598/1973 14 entrambi idonei a determinare operazioni di riorganizzazione societaria29. La necessità di agevolare le operazioni di concentrazione aziendale, (sentita per altro già in precedenza e che avevano portato ad agevolazioni per i conferimenti con la promulgazione della L. n. 170/1965, resa poi inefficace dall’introduzione dei decreti del 1971 e del 1973), spinsero il legislatore a generare soluzioni normative al fine di limitare l’effetto disincentivante della normativa fiscale sui conferimenti d’azienda. Tali soluzioni si concretizzarono con l’emanazione della legge n. 576/1973 (Visentini-bis). In particolare tale provvedimento estese ai conferimenti di società o di singoli rami d’azienda, il regime tributario agevolato delle fusioni, ovvero l’inidoneità dell’operazione a generare plusvalenze imponibili. Per eliminare distorsioni sugli effetti normativi causati dall’esenzione, il conferente avrebbe iscritto la partecipazione allo stesso valore fiscalmente riconosciuto dei beni conferiti, mentre la società conferitaria avrebbe potuto iscrivere i nuovi beni ai maggiori valori di mercato, ed ottenerne il riconoscimento fiscale. L’idea del legislatore era semplicemente quella di posticipare, al momento della cessione, il realizzo delle plusvalenze sui beni conferiti. Tuttavia tale previsione più che favorire le operazioni di riorganizzazione aziendali, consentì, operazioni finalizzate alla riespressione dei cespiti aziendali a valori correnti in franchigia di imposta, al fine di ottenerne un vantaggio fiscale derivante dalla possibilità di dedurre i maggiori ammortamenti30, fino agli interventi del legislatore dell’80, che negarono il riconoscimento fiscale del maggior valore dei cespiti iscritti in capo alla conferitaria31. 29 TURCHI A., Conferimenti ed apporti nel sistema delle imposte sui redditi, Torino, 2008, pp. 25. Sul punto PERROTTA R. Il Conferimento d’azienda, Milano, 2005, pp. 283. In particolare dato l’elevato tasso di inflazione, “gli ammortamenti non risultavano coerenti con i ricavi espressi in moneta inflazionata” consentendo un consistente risparmio di imposta su termini reali. 31 Si veda DL n. 853/1984, convertito in legge n.17/1985, soluzione poi ripresa nel Testo Unico del 1986 30 15 Con l’introduzione del Testo Unico del 1986 vennero introdotte importanti novità in riferimento alla disciplina tributaria dei conferimenti. Per la prima volta, infatti, venne sancita, con espressa previsione all’articolo 16 comma 4 del Testo Unico (poi trapiantato al comma 5 dell’art. 9 del TUIR), l’equiparazione tra i conferimenti e le cessioni onerose32, sciogliendo ogni dubbio sull’imponibilità, ai fini delle imposte dirette, delle plusvalenze realizzate tramite conferimenti (anche quelle conseguite al di fuori dell’attività di impresa o senza animus speculandi), con conseguente abrogazione della norma che disponeva l’imputabilità delle plusvalenze derivanti da operazioni di conferimento effettuate nel solo esercizio d’impresa. Tale previsione normativa tuttavia si dimostrò in parte incoerente con le disposizioni relative alle cessioni onerose, comminate dall’art. 9 del TUIR. C’era infatti una notevole incompatibilità tra i due istituti con riguardo alla modalità di determinazione della plusvalenza. Nel caso di cessioni onerose veniva assunto come base del calcolo il corrispettivo ricevuto in cambio del trasferimento, mentre per i conferimenti si faceva riferimento al valore di mercato delle quote ricevute in cambio, nel caso dei conferimenti in società quotate, o con riguardo alle società non quotate, al valore normale dei beni conferiti. Tali incongruenze, che rendevano di fatto irrealizzata l’opera di semplificazione della disciplina fiscale dei conferimenti, confermavano la difficile sovrapposizione tra la fattispecie della cessione e le operazioni di conferimento. Inoltre, nel tentativo di unificare e semplificare la normativa fiscale dei conferimenti, era stata trascurata l’idoneità di tale istituto a concretizzare operazioni di ristrutturazione aziendale, costringendo il legislatore al ricorso di norme integrative. In particolare, successivamente l’entrata in vigore del Testo unico, con la legge n. 218/1990 (legge Amato) furono introdotte delle agevolazioni per i conferimenti diretti alla ristrutturazione di aziende e istituti di 32 Anche se di fatto sorsero, soprattutto con riguardo alla determinazione della base imponibile, alcune incongruenze tra i due istituti. Sul punto TURCHI A., Conferimenti ed apporti nel sistema delle imposte sui redditi, Torino, 2008, pp. 48 e ss. 16 credito di diritto pubblico. All'art. 7 tale legge disponeva che i conferimenti effettuati al fine di consentire a tali enti di assumere la veste di società per azioni non generassero plusvalenza fiscalmente rilevante, e che la differenza risultante tra il valore delle azioni ottenute e il valore dei beni conferiti generasse un reddito imponibile solo al momento della cessione delle quote. La norma, più che introdurre un regime di sospensione di imposta per tali operazione, modificava il presupposto di realizzo della plusvalenza, posticipandolo al momento della monetizzazione. La legge prevedeva inoltre il regime di continuità dei valori fiscali, introdotto già dalla Visentini-ter e ancora contenuto nel vigente Testo Unico, al fine di porre un freno all'utilizzo improprio33 dell'istituto. Altre disposizioni poi nel corso degli anni estesero il regime agevolato delle Legge “Amato” ad altri settori (come imprese di autotrasporto) e i conferimenti da parte di Provincie e Comuni per la costituzione di nuove società34. In sintesi si può osservare come nella prima metà degli anni '90 la disciplina fiscale dei conferimenti prevedeva principalmente due regimi coesistenti. Quello generale, contenuto all'art. 9 del TUIR che equiparava i conferimenti alle cessioni onerose, e che quindi definiva l'immediata imponibilità delle plusvalenze, ed un altro contenuto nella legislazione speciale, che consentiva di posticipare, in un regime di continuità dei valori fiscali, la rilevanza tributaria della plusvalenza al momento della cessione delle partecipazioni ottenute in cambio del conferimento. In tale schema impositivo si denotava una logica simmetrica. La mancata imposizione della plusvalenza in fase di conferimento era controbilanciata dal mancato riconoscimento fiscale dei maggior valori iscritti in bilancio da parte della conferitaria. Al contrario, con il regime generale contenuto all'art.9 del TUIR, l'eventuale plusvalenza originata dal conferimento veniva tassata in capo al 33 34 Cioè con finalità elusive, così come spiegato precedentemente. L n. 68/1992 per gli autotrasportatori; L. n. 498/1992 per Provincie e Comuni 17 conferente, ma consentiva alla conferitaria di farsi riconoscere fiscalmente il valore dei beni così come iscritti a bilancio. Tuttavia l’assunto, delineato dal legislatore, che equiparava i conferimenti d’azienda alle cessioni onerose, era destinato, anche alla luce delle problematiche emerse nell’introduzione del testo unico del 1986, ad essere abbandonato. Un primo segnale di cambiamento, in tal senso, arrivò sul piano della normativa comunitaria, con il recepimento della direttiva n. 434/1990 ad opera del D.Lgs. n. 544/1992. Essa introduceva il regime di neutralità dei conferimenti d’azienda intracomunitari. In particolare prevedeva35 che le operazioni di conferimento tra soggetti residenti in paesi diversi della comunità europea, non costituissero realizzo di plusvalenze o minusvalenze, e che la partecipazione ricevuta dalla conferente assumesse lo stesso costo fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita. In tal modo la plusvalenza godeva di un regime di sospensione, e sarebbe divenuta imponibile solo in seguito alla sua realizzazione, o alla sua distribuzione ai soci. Anche se gran parte della dottrina dell’epoca rifiutò la rilevanza di tale disposizione all’interno dei confini nazionali, è difficile non definire in qualche modo anticipatore l’intervento del legislatore comunitario36. In tale direzione invero si mosse il legislatore pochi anni più tardi con l’introduzione del D.Lgs. n. 358/1997, nel tentativo di eliminare i vincoli tributari che influenzavano le scelte strutturali delle imprese37 e, non di meno, di porre fine ai continui interventi settoriali e temporanei che avevano caratterizzato l’attività legislativa negli anni precedenti38, giungendo finalmente ad una disciplina fiscale unificata in materia 35 Il regime era condizionato dal verificarsi di due condizioni. Una oggettiva, ovvero che i due soggetti siano residenti in due diversi stati della Comunità Europea, e una soggettiva, cioè che i due soggetti assumessero una natura giuridica tra quelle soggette all’IRPEG (ex art. 87 lett. A) e b) ). In merito A. Bompani in “Conferimento e scissione d’azienda” pp. 45 e ss. - 1993 36 Di tale avviso TURCHI A., Conferimenti ed apporti nel sistema delle imposte sui redditi, Torino, 2008, pp. 57 e ss. 37 Nella relazione al D.Lgs. 358/97 il legislatore riconosce che “il conferimento d’azienda si trova (…) in una posizione particolare rispetto agli atti dispositivi sui beni d’impresa” 38 CORASANITI G., Profili tributari dei conferimenti in natura e degli apporti in società, Milano, 2008, pp. 227 e ss. 18 di conferimenti. L’art. 3 del decreto de quibus, introduceva una deroga alla determinazione della plusvalenza imponibile nelle operazioni di conferimento di azienda o di partecipazioni di controllo o di collegamento. In particolare ai soggetti veniva data la possibilità di adottare o un regime a valori fiscalmente riconosciuti, secondo la logica della cessione d’azienda, rivalutando i beni iscritti in capo alla conferitaria attraverso il pagamento di un imposta sostitutiva 39, oppure40 di “equiparare il conferimento alla trasformazione di società con la conseguenza di una successione dei dati contabili tra conferente e conferitaria”41. In sintesi, come descritto dalla relazione al D.lgs. 358/97, i conferimenti dovevano considerarsi “produttivi di materia imponibile solo se, e nella misura in cui, la società conferitaria ottiene il riconoscimento di valori fiscali più elevati rispetto a quelli cui l’azienda era iscritta in capo alla conferente”42. Ai conferimenti di singoli beni43 tuttavia per esplicita previsione normativa, continuavano ad essere applicate le disposizioni previste all’art. 9 del TUIR44. 2. Le riforme fiscali del 2003 e del 2007 La fattispecie dei conferimenti nel 2003 subì rilevanti cambiamenti sotto diversi profili. Nel contesto civilistico fu quella tra le operazioni straordinarie maggiormente innovata dalla riforma del diritto societario ad opera del D.Lgs. n. 6/2003. Invero, anche se non era stato previsto lo stesso accorpamento in un 39 Introdotta all’art. 1 del D.Lgs. 358/97 pari al 19%. Limitatamente ai conferimenti d'azienda posseduta da almeno tra anni, effettuati nei confronti di società di capitali o enti pubblici. 41 CONFALONIERI M., Trasformazione, Fusione, Conferimento, Scissione e Liquidazione delle Società, Milano, 2011, pp. 368. 42 Relazione al D.Lgs. 358/97 – cit. 43 Escluse dalla previsioni del D.Lgs. 358/97. Erano per altro esclusi i conferimenti di partecipazioni e controllo effettuati al di fuori dell’esercizio di imprese commerciali, e i conferimenti previsti dall’art. 81 comma 1, lett. h) e h-bis) del TUIR 44 Vedi C.M. 19.12.97 n. 320/E. 40 19 unico corpus normativo attuato invece nei confronti delle operazioni di fusione, scissione e trasformazione, sono state promulgate specifiche previsioni, nei diversi contesti societari, che hanno reso tale istituto più flessibile, e più adatto a configurare operazioni di ristrutturazione aziendali45. Semplificazioni ad esempio sono state introdotte per le S.r.l. in relazione alla scelta dell’esperto incaricato alla valutazione dei beni conferiti, o alla libertà di decidere liberamente le tempistiche dell’operazione, definite espressamente dal terzo comma dell’art. 2343 c.c. invece per le S.p.A46. . Novità inoltre sono state apportate in merito al conferimento d'opera da parte del socio in materia di S.r.l. (Art. 2464), che precedentemente alla riforma era consentito esclusivamente al momento della costituzione della società. Sotto il profilo delle imposte dirette, tale previsione, evidenziava ancor più l'inadeguatezza dell'impostazione che vedeva il conferimento come una operazione assimilabile alle cessioni onerose. In siffatta prospettiva invero il conferente non monetizza nulla, e sotto il profilo delle imposte dei redditi l'emissione di quote in cambio di una prestazione d'opera si configura come un debito di fare in capo al socio e un credito per la società. Progressivamente con l'adempimento al proprio onere idealmente il conferente dovrebbe realizzare un reddito, rappresentato dalle quote ad esso cedute, e la società a sua volta potrebbe dedurre i costi della prestazione. Tuttavia il rapporto che si instaura tra conferente e conferitaria è estremamente aleatorio sia nella qualità che nelle quantità delle opere conferite e sarebbe inappropriato tassare all'origine tale scambio47. 45 merito BONFINI A. e DE ROSA B., La cessione e il conferimento di aziende - Aspetti civilistici e contrattuali, in AA. VV. Operazioni di finanza straordinaria, a cura di G. Cristofori, ed. Il Sole 24 Ore, Milano, 2010, pp. 237 e ss. 46 GAVELLI G. e LOTTI B., I conferimenti in società alla luce della riforma del diritto societario e delle conseguenze di ordine tributario, in Boll. Trib., 10, 2004, 736 ss. 47 Sul punto LUPI R., Spunti di riflessione sui possibili effetti Tributari dei conferimenti nelle S.r.l., in Corr. Trib., 2, 2003, pp. 101 e ss. 20 Numerose novità furono apportate anche sul piano normativo tributario con l'introduzione del D.Lgs. 12 Dicembre 2003, n. 344 che abrogò le disposizioni del D.Lgs. n. 358/1997 trapiantando per la prima volta il corpus normativo dei conferimenti all'interno del TUIR, agli artt. 175 e 17648. In fase di elaborazione della riforma fiscale nel 2003 (riforma Tremonti) il legislatore, attraverso la legge delega n. 80/2003 aveva individuato due elementi chiave: l'abolizione dell'imposta sostitutiva del 19% comminata all'art. 1 del D.Lgs. n. 358/1997 e la conservazione e l'ottimizzazione del regime di neutralità contenuta nel medesimo decreto. Con riferimento all'eliminazione dell'imposta sostitutiva, essa, innanzitutto, era volta a eliminare le distorsioni causate dalla fiscalità sulle decisioni organizzative aziendali, limitando gli arbitraggi praticati, soprattutto nell'ambito dei gruppi societari che sfruttavano le differenze tra le aliquote previste dall'imposizione sulle plusvalenze in capo al soggetto cedente e il risparmio derivante dagli ammortamenti fiscalmente rilevanti ai fini fiscali per l'impresa cessionaria49 50 . Inoltre era una "logica conseguenza dell'introduzione dell'esenzione per le plusvalenze su partecipazioni societarie realizzate da società di capitali"51. Infatti con il D.Lgs. n.344/2003, coerentemente con quanto previsto dall'art. 4, comma 1, lett. c) della Legge delega n. 80/2003, viene introdotto all'art. 87 del TUIR il principio della "Partecipation Exemption", che consentiva l'esenzione52 dall'imposizione diretta della plusvalenza derivante dalla cessione delle partecipazioni. La perdita del vantaggio ottenuto tramite l'affrancamento dei valori contabili ottenuto grazie all'imposta sostitutiva era controbilanciato dalla totale esenzione che veniva applicata alla successiva 48 LEO M., Le imposte sui redditi nel Testo Unico, Tomo II, Milano, 2014, pp. 2638 e ss. In merito ZIZZO G. Participation exemption e riorganizzazioni societarie, il Fisco, 1, 2002, pp. 4433 50 TURCHI A., Conferimenti ed apporti nel sistema delle imposte sui redditi, Torino, 2008, pp. 81 e ss. 51 Relazione governativa al D.Lgs. 344/2003. 52 Inizialmente totale, ridotta e modificata negli anni per giungere all'attuale 95% di esenzione. 49 21 cessione delle partecipazioni ottenute a seguito del conferimento 53. L'introduzione del regime di esenzione ha richiesto al legislatore un'azione di integrazione e coordinamento tra la fattispecie dei conferimenti e quella delle cessioni di partecipazioni. A tal proposito il legislatore, al fine di consentire alle operazioni di conferimento in regime di neutralità di maturare due dei requisiti necessari per l'esenzione ha disposto al comma 4 dell'art. 176 del TUIR, che le partecipazioni ricevute dal soggetto conferente acquisiscono la stessa anzianità dei beni conferiti e si considerano iscritte a bilancio alla voce delle immobilizzazioni finanziarie. Da tali disposizione emerge con chiarezza l'intento del legislatore di consentire al contribuente di effettuare la cessione dell'azienda secondo due modalità: una in regime realizzativo attraverso la cessione onerosa dell'impresa e una in regime di neutralità attraverso il conferimento e la successiva cessione delle partecipazioni. L'evidenza di tale volontà si evince dall'ulteriore previsione al comma 3 dello stesso articolo che dichiara la non elusività dell'operazione ai fini delle imposte dirette e la non applicabilità della norma antielusiva contenuta all'art. 37-bis del D.P.R. n.600/197354. Per quanto riguarda la conservazione e l'ottimizzazione del regime di neutralità, invece, il legislatore ripropose, rispettivamente agli articoli 175 e 176 del TUIR, i due regimi fiscali contenuti agli artt. 3 e 4 del D.Lgs. n. 358/1997 ovvero il regime cosiddetto "realizzativo" (o a valori fiscalmente riconosciuti) che trasferiva la plusvalenza del conferente direttamente nelle rilevazioni di contabilità con conseguente tassazione a norma dell'art. 54 del TUIR55, e quello "neutrale" senza l'emersione di alcuna plusvalenza ma con valori civili e fiscali diversi e conservò le disposizioni al comma 5 dell'art. 9 del TUIR che 53 IAVAGNILIO M. e TRUTALLI F. La «participation exemption» nelle operazioni di conferimento e permuta, in Corr. Trib. , 47, 2003, pp. 3873 e ss. 54 FACCHINI F. e AMPOLILLA M. il regime dei conferimenti di aziende e partecipazioni, in Corr. Trib., 18, 2004, pp. 1408 e ss. 55 Oppure quella separata prevista all'art. 17, comma 2 del TUIR. 22 disponevano l'equiparazione dei conferimenti alle cessioni onerose. Tuttavia numerose modifiche e novità sono state introdotte. Innanzitutto, al fine di evitare la trasformazione di operazioni imponibili in operazioni esenti tramite il nuovo regime previsto all'art. 87 del TUIR, viene inserito al comma 2 dell'art. 175 del TUIR una clausola "antiabuso" che dispone l'applicabilità del regime ordinario del valore normale in caso di conferimenti di partecipazione prive dei requisiti di cui all'art. 87 del TUIR "se le partecipazioni ricevute non sono anch'esse prive dei requisiti predetti"56. Viene rimosso il requisito soggettivo del possesso dell'azienda per più di 3 anni comminato all'art. 4 della legge 358/2003, per l'applicazione del regime di neutralità di cui all'art. 176 e la rimozione dell'esplicito richiamo ai "soggetti indicati nell'articolo 87, comma 1, lettere a) e b)"57 ha esteso l'applicabilità del regime neutrale anche alle società di persone. Viene poi novellato il comma 2 dell'art. 9 che, colmando una preesistente lacuna, individua nel valore normale dei beni e dei crediti conferiti, la base di calcolo ai fini delle imposte dirette per il valore della plusvalenza nel caso di conferimenti in società non quotate. Infine un terzo regime viene introdotto al comma 4 dell'art. 175 del TUIR, per l'imprenditore individuale conferente l'unica impresa, che consente il conferimento dell'unica azienda individuale senza oneri fiscali ai fini delle imposte dirette58. Per concludere il quadro storico normativo e giungere alla situazione giuridica attuale è necessario, infine, analizzare la Legge n.244 del 24 dicembre 2007. L'art 1, comma 46, lettera, c) n. 3, della legge in oggetto ha abrogato le disposizioni precedentemente contenute al comma 1 dell'art. 175 del TUIR, che prevedevano il regime cosiddetto realizzativo, riconosciuti, assegnando all'operazione 56 di ovvero a valori fiscalmente conferimento un unica Comma 2, Art. 175 del TUIR. Art. 4 del D.Lgs. 358/1997 58 CONFALONIERI M. Trasformazione, Fusione, Conferimento, Scissione e Liquidazione delle Società, Milano, 2011, pp. 370 e ss. 57 23 configurazione, oltre a quella ordinaria di realizzo 59: quella del regime di neutralità prevista dall'art. 176 del TUIR. Tale decisione è coerente con la reintroduzione dell'imposta sostitutiva per l'affrancamento dei valori. Invero all'art. 176 del TUIR viene introdotto il comma 2-ter che consente alla conferitaria di affrancare i valori dei beni conferiti, iscritti tra le immobilizzazioni materiali e immateriali, pagando un'imposta sostitutiva rilevante ai fini IRPEF, IRES e IRAP, proporzionale con aliquote progressive: per i maggior valori al di sotto dei 5 milioni di euro viene applicata l'aliquota del 12%, per la parte eccedente i 5 milioni ma inferiore i 10 milioni di euro passa al 14%, giungendo infine il 16% per i maggiori valori eccedenti i 10 milioni di euro. A seguito del reinserimento dell'imposta sostitutiva si è resa necessaria l'eliminazione del regime realizzativo previsto dall'art. 175, in quanto potenzialmente idoneo a configurare arbitraggi finalizzati al risparmio di imposta60. Le previsioni dell'art. 175 sono rimaste applicabili ai conferimenti di partecipazioni di controllo e collegamento, mentre le previsioni sul conferimento dell'unica impresa da parte dell'imprenditore individuale sono state riportate nel testo del novellato art. 176, al comma 2-bis. 3. La normativa comunitaria e i conferimenti transnazionali Come chiarito nel precedente capitolo, il conferimento di beni, ai fini delle imposte dirette, deve considerarsi assimilabile alle operazioni di cessione a titolo oneroso (art. 9, comma 5 del TUIR). Inoltre il D.Lgs. n.344/2003 ha modificato il comma 2 dell'art. 9 del TUIR definendo che il valore del 59 ai sensi del comma 2 dell'art. 9 del TUIR. Come si verificava in passato prima dell'abrogazione dell'imposta sostitutiva, resasi per altro necessaria proprio per questo motivo. Si veda a riguardo DOLCE R., Compravendita di azienda vs. conferimento e successiva cessione della partecipazione alla luce della recente giurisprudenza, in Il Fisco, 28, 2010, pp. 4262 e ss. 60 24 corrispettivo del conferimento in natura è il valore normale del bene conferito, il ché può far emergere difficoltà di determinazione della base imponibile. Nell'ambito dei conferimenti transnazionali, proprio alla luce di queste considerazioni, possono verificarsi fenomeni di spostamento della base imponibile tra paesi, con la conseguente perdita di imponibile da parte degli Stati61. Le necessità poi di dover presidiare il principio di libertà economica e il diritto alla libera circolazione dei capitali, hanno spinto la CEE a produrre una normativa al fine del coordinamento delle operazioni di conferimento d'azienda (ma non solo) tra stati comunitari. Un primo intervento della CEE sulla questione si ha con la direttiva del Consiglio delle Comunità Europee 90/434/Cee del 1990 (sostituita ora dalla direttiva 2009/133/Ce), attuata ad opera del D.Lgs. n.544/1992 e recepite agli artt. da 178 a 181 del TUIR attraverso il D.Lgs. n.344/2003. Tale direttiva interveniva in materia di "operazioni straordinarie" tra stati membri, ovvero effettuate tra: una società di capitali o un altro ente commerciale residente in Italia un soggetto residente in un altro stato europeo e che rientri in una della categorie indicate nella Tabella A allegata al TUIR, e che sia sottoposto a una delle imposte contenute nella Tabella B allegata al TUIR. 62 Per effetto degli artt. 178 e 179 introdotti dalla riforma fiscale del 2003, recependo la direttiva europee, le operazioni di conferimento tra società italiane e società comunitarie godono del regime di neutralità presente all'art. 176 del TUIR. La ratio di tale previsione è quella di contemperare due interessi contrapposti, ovvero da un lato le necessità organizzative dei gruppi internazionali, in ordine al principio di libertà di stabilimento all'interno della 61 GIOVANNINI P., Le imposte sui redditi, in AA.VV., Operazioni di finanza straordinaria a cura di G. Cristofori, Milano, 2010, pp.358 e ss. 62 ZANETTI E., Manuale delle operazioni straordinarie, Torino, 2013, pp.410 e ss. 25 comunità europea, e dall'altro la "ragion fiscale" dei singoli stati membri. Invero il conferimento transnazionale di impresa presenta caratteristiche peculiari. In primis, l'oggetto dell'operazione di conferimento è il mezzo per poter procedere alla tassazione al momento del realizzo. In secondo luogo il collegamento con l'oggetto della tassazione può essere rappresentato anche dai soggetti coinvolti dall'operazione nel caso in cui essi siano residenti nello stato. Quindi il regime di neutralità richiede che nel caso in cui il complesso aziendale venga conferito ad un soggetto non residente, lo stesso vede confluire in una stabile organizzazione all'interno dello stato. Nel caso ciò non avvenga, si scioglie il collegamento fra oggetto e stato, e quindi il trasferimento darà luogo ad una plusvalenza realizzata al valore normale dell'azienda. Parimenti se l'oggetto del conferimento è un'azienda sita in uno stato estero, ma è posseduta da un soggetto residente, l'eventuale conferimento ad un soggetto estero configurerebbe una operazione soggetta a tassazione.63 Proprio sulla base di tali considerazioni, importanti modifiche a tale schema sono state apportate dalle innovazioni introdotte dalla finanziaria 2008 (legge n. 244/2007). In particolare oltre all'esclusione del conferimento d'azienda dall'applicazione del regime cosiddetto a "realizzo controllato" previsto all'art. 175 del TUIR, è stato esteso il campo di applicazione del regime di neutralità di cui all'art. 176 del TUIR ai soggetti non residenti che non rientrano nell'ambito di applicazione degli artt. 178 e 179 del TUIR, a patto che uno tra conferente e conferitario sia residente in Italia. Tali modifiche hanno di fatto esteso l'applicazione del regime di neutralità a tutte le operazioni di conferimento ove l'Italia ha potere impositivo con unica esclusione dei conferimenti fatti da soggetti residenti nello Stato Italiano a soggetti non residenti nel qual caso l'oggetto del conferimento sia un complesso aziendale non situato nel territorio italiano. Invero Assonime, nella 63 GIOVANNINI P., Le imposte sui redditi, in AA.VV., Operazioni di finanza straordinaria a cura di G. Cristofori, Milano, 2010, pp.386 e ss 26 circolare n.51/2008 osserva che nel caso in cui l'azienda conferita sia situata in un territorio estero, a causa dei limiti di territorialità, il conferimento ad un soggetto non residente comporta la fuoriuscita del complesso aziendale dal circuito impositivo italiano, e di conseguenza è giustificata la tassazione a valore normale del bene64. In tal caso, se l'azienda è situata nel territorio di un altro Paese UE, e la società conferitaria estera rientra tra i soggetti previsti alla lett. a) del comma 1 dell'art. 178 del TUIR, verrà riconosciuto alla società conferente un cosiddetto "credito d'imposta virtuale"65. Quindi da un lato la società conferente sarà tassata sulla plusvalenza calcolata sul valore normale dell'azienda conferita, dall'altro gli sarà riconosciuta la possibilità di detrarre dall'imposta italiana il totale dell'imposta che lo stato dove è fiscalmente residente l'azienda conferita avrebbe prelevato se non vi fosse stata la normativa (credito di imposta virtuale o notonial tax credit). Tale previsione tuttavia non si applica nei casi in cui o il conferitario sia un soggetto residente in un paese extra-comunitario, o se il conferente è un'impresa residente in Italia ma organizzato in forma diversa dalle società di capitali o enti commerciali 66.La necessità di applicare un credito di imposta virtuale, e non effettivo, deriva dal fatto che, a norma della direttiva n. 90/434/Cee, non viene esercitato il prelievo fiscale sul conferimento nello Stato dove ha sede la stabile organizzazione dell'azienda conferita. Quindi data la neutralità dell'operazione in assenza del credito virtuale l'operazione risulterebbe tassata due volte. La prima volta in capo al conferente residente in quanto la fronte delle imposte pagate a seguito del conferimento non avrebbe alcun credito da compensare per le imposte pagate all'estero. E la seconda volta in capo al soggetto conferitario UE, il quale 64 circ. Assonime , n.51, 2008 pp. 19. Art. 179, comma 5, del TUIR. 66 PIAZZA M. Operazioni straordinarie internazionali - Conferimenti d'azienda, in Guida alla Contabilità & Bilancio, 2, 2011, pp. 46. 65 27 in sede di realizzo dei vedrebbe calcolata la plusvalenza ai fini fiscali sulla base degli stessi valori fiscali precedentemente riconosciuti in capo alla conferente.67 67 GIOVANNINI P., Le imposte sui redditi, in AA.VV., Operazioni di finanza straordinaria a cura di G. Cristofori, Milano, 2010, pp.411 e ss. 28 Capitolo III - La fiscalità dell'operazione 1. L’imposizione diretta 1.1. La neutralità fiscale nell'operazione di conferimento Nella corrente formulazione del comma 1 dell'art. 176 del TUIR è definito che i conferimenti di aziende "... effettuati tra soggetti residenti nel territorio dello Stato nell'esercizio di imprese commerciali, non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze" ma nondimeno "il soggetto conferente deve assumere, quale valore delle azioni ricevute, l'ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell'azienda conferita...", mentre il soggetto conferitario "... subentra nella posizione di quello conferente in ordine agli elementi dell'attivo e del passivo dell'azienda stessa...". La norma nella sua stesura individua dei requisiti oggettivi e soggettivi per l'applicazione del regime di neutralità. Il primo di essi prevede che il conferimento abbia per oggetto un'azienda. Su tale tema l'amministrazione finanziaria si è espressa nella circolare ministeriale n. 320/E del 19 dicembre 1997 nella quale afferma che il termine "azienda" è da intendersi nel suo senso più ampio, e si estende dunque anche al conferimento di singoli rami operativi. Inoltre la definisce, coerentemente con la definizione contenuta all'art. 2555 del codice civile, come un "universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico - economici suscettibili di consentire l'esercizio dell'attività di impresa"68. Tuttavia tale impostazione sembra accogliere la tesi secondo cui, una volta configuratosi un complesso aziendale in grado di espletare l'esercizio di una qualsivoglia attività di impresa, sono da includersi nell'eventuale trasferimento anche i beni o i rapporti giuridici che non sono necessari o attinenti a tale attività. In altri termini il conferimento di un 68 Circ. Ministero delle Finanze, n. 320, 1997. 29 complesso aziendale è idoneo ad attrarre al suo interno anche tutta una serie di attività patrimoniali puramente accessori rispetto all'azienda, in un unico contratto di trasferimento. Un altro aspetto che può suscitare perplessità è l'applicabilità del regime di neutralità anche nel caso in cui l'oggetto del trasferimento è rappresentato da una mera divisione interna dell'azienda, non operativa direttamente sul mercato, ma idonea allo svolgimento dell'attività di impresa: un esempio potrebbe essere lo scorporo e il successivo conferimento di una fase della produzione all'interno operante all'interno di una filiera. Anche in tal senso la risposta pare essere affermativa. Invero non sarebbe ne coerente ne agevole negare l'applicazione del regime di neutralità ad un operazione che ha tutte le fattezze dello scorporo. Rilevante, ai fini dell'identificazione di un complesso aziendale, è la presenza di elementi patrimoniali, caratterizzati dall'attitudine alla produzione o scambio di beni e servizi, e non è richiesta a tal fine, una linea di continuità con l'attività svolta in precedenza dal soggetto conferente69. Con riguardo ai requisiti soggettivi di applicazione del regime contenuto nell'art. 176 del TUIR, le modifiche effettuate dalle riforme del 2003 e dal 200770, ne hanno esteso l'applicabilità a tutti i conferimenti d'aziende ovunque situate, se attuate da soggetti residenti e a tutti i conferimenti d'aziende situate nel territorio italiano effettuati da soggetti non residenti in Italia. E' da ritenersi coerente la scelta del legislatore di estendere l'applicabilità del regime di neutralità, alle operazioni di conferimento tra soggetti non residenti nel solo caso in cui l'oggetto del trasferimento sia un'azienda situata nel territorio dello stato. Invero nel caso di conferimenti da parte di società residenti a favore di società non residenti, l'eventuale trasferimento di un'azienda situata all'estero, comporterebbe una fuoriuscita dal sistema impositivo italiano, e ciò dunque 69 70 LEO M., Le imposte sui redditi nel Testo Unico, Tomo II, Milano, 2014, pp. 2638 e ss. Si veda il capitolo 1 paragrafo 2. 30 motiverebbe la tassazione a valore nominale dell'azienda ceduta. Mentre nel caso in cui ne il conferente ne l'azienda trasferita fossero fiscalmente residenti in Italia, non ci sarebbero i presupposti territoriali per l'applicazione di un prelievo da parte dello Stato Italiano71. In merito alla requisito della commercialità , all'art. 176 del TUIR non si fa alcun richiamo alla definizione contenuta nell'art. 55 del TUIR. Ciò fa sorge il dubbio se, al fine dell'applicazione del regime di neutralità, sia più corretto fare riferimento alla definizione contenuta nel codice civile all'art. 2195. Aderendo a questa tesi resterebbero escluse dall'applicazione delle disposizioni previste all'art. 176 del TUIR: le attività in forma di impresa dirette allo svolgimento di attività non rientranti tra quelle comminate dall'art. 2195, le attività rientranti nella elencazione dell'art. 2195 ma non organizzate in forma di impresa e tutte le attività agricole che superano i limiti quantitativi per la determinazione del reddito agrario. Tali problematiche per altro si rilevano anche nel testo dell'art. 87 del TUIR, che richiama con la stessa terminologia, il requisito della commercialità del soggetto cedente, ai fini dell'applicazione del regime di esenzione sulle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni72. Proprio analizzando la previsione sul regime "pex" è possibile dare risposta a tale quesito. Invero, con la previsione all'art. 87 del TUIR, si è voluto evitare che i plusvalori originati dalla cessione delle partecipazioni di soggetti che non sono già sottoposti a tassazione (come ad esempio società immobiliari), possano usufruire dell'esenzione prevista per evitare la doppia imposizione dei redditi. In altre parole il requisito di commercialità si è reso necessario solo al fine di non estendere il regime agevolato a enti non soggetti al problema della doppia imposizione, ed è quindi inteso ad escludere dall'applicazione di tale regime 71 72 LEO M., Le imposte sui redditi nel Testo Unico, Tomo II, Milano, 2014, pp. 2638 e ss. L'argomento, con riferimento all'art. 87, verrà ripreso nel prossimo capitolo. 31 unicamente i soggetti non imprenditori73. Per analogia possiamo dunque estendere la stessa osservazione al medesimo termine utilizzato nel corpo normativo dell'art. 176 del TUIR74. Altro aspetto degno di approfondimento è la possibilità di adottare il regime in esame da parte dei soggetti sottoposti al regime di contabilità semplificata, in considerazione delle previsioni contenute ai commi 3 e 4 dell'art. 176 del TUIR, ovvero la non elusività dell'operazione di conferimento e successiva cessione delle partecipazioni in regime di esenzione parziale delle plusvalenze e il periodo di anzianità delle partecipazioni ottenute per effetto del conferimento dell'azienda. Il comma 3 dell'art. 176 del TUIR disciplina gli effetti della cessione delle partecipazioni ricevute a seguito del conferimento. Se la cessione viene effettuata da un impresa cosiddetta "minore" e sottoposto al regime contabile semplificato, essa non potrà godere del regime di esenzione "pex". Invero l'Agenzia delle entrate, con la circolare n. 36/E del 4 agosto 2004, specifica75 che tali soggetti " ...non essendo tenuti agli obblighi di redazione del bilancio previsti per i soggetti in contabilità ordinaria, non possono accedere al regime in esame, data l'impossibilità di riscontrare la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge ...", e di conseguenza l'eventuali plusvalenze emergenti dalla cessione delle partecipazioni saranno interamente tassabili. Paiono dunque estendibili tali conclusioni anche al regime di neutralità dei conferimenti, in considerazione anche del comma 4 dell'art 176 del TUIR,ove nel disporre il trasferimento dell'anzianità dai beni conferiti alle partecipazioni ricevute in cambio, fa esplicito richiamo alla data di iscrizione nel "bilancio della conferente". In assenza del bilancio verrebbe quindi meno uno dei requisiti previsti per il conferimento in regime di neutralità, e dunque se ne deduce la 73 Dello stesso avviso l'Agenzia delle Entrate nella circolare n. 36/e del 2004 ANDREANI G. e FRANZESE C. Conferimenti in doppia sospensione d'imposta e cessione della partecipazione ricevuta, in il Fisco, 9, 2005, pp. 1271. 75 Coerentemente con l'analoga conclusione prevenuta nella circolare n.320/E del 1997. 74 32 sua inapplicabilità ai soggetti in regime di contabilità semplificata. Tale conclusione sembra rafforzata se si considera che originalmente il legislatore, nell'introduzione del regime di neutralità ad opera del D.Lgs. 358/97, ne aveva consentito l'accesso alle sole società di capitali ed agli enti commerciali, le quali sono sottoposte unicamente al regime di contabilità ordinaria76. In merito agli effetti fiscali del regime di neutralità previsto all'art. 176 del TUIR, possiamo, ai fini riepilogativi, proporre una sintesi. In particolare, come già anticipato, la neutralità fiscale delle operazioni di conferimento implica, innanzitutto, che l'azienda viene acquisita dal conferitario sulla base degli stessi valori fiscali riconosciuti in capo al conferente. Tale effetto tuttavia non vincola la società conferitaria all'iscrizione ai fini civilistici degli stessi valori precedentemente contenuti nel bilancio della conferente. Si verifica per cui un disallineamento tra i valori fiscalmente rilevanti e quelli risultanti dal bilancio civilistico. Al fine di riconciliare i valori fiscalmente riconosciuti con quelli di bilancio, la conferitaria è tenuta, in sede di dichiarazione dei redditi, a compilare e consegnare il cosiddetto "prospetto di riconciliazione"77 . Va precisato però che l'erronea compilazione del prospetto non può in alcun modo invalidare la neutralità fiscale del conferimento d'azienda, in quanto il regime in oggetto è l'unico applicabile a tale fattispecie e verranno dunque, al massimo, erogate le relative sanzioni78. Un ulteriore puntualizzazione va fatta in merito al concetto di continuità dei valori fiscalmente riconosciuti. Invero l'art. 176 del TUIR al comma 1, dispone che "...il soggetto conferitario subentra nella posizione di quello conferente in ordine agli elementi dell'attivo e del passivo..." e ciò non va inteso con riferimento ai soli valori fiscalmente riconosciuti ma anche a tutte le pregresse situazioni fiscali. Per quanto riguarda per esempio i criteri fiscalmente 76 ANDREANI G. e FRANZESE C. Conferimenti in doppia sospensione d'imposta e cessione della partecipazione ricevuta, in il Fisco, 9, 2005, pp. 1271. 77 Contenuto nel quadro RV del modello di dichiarazione. 78 Vedi Circ. Assonime, n. 51, 2008. 33 rilevanti assunti per la valutazione del valutazione del magazzino la circolare n. 320/E del 1997, prevede "... la conservazione dell'eventuale stratificazione LIFO esistente presso la conferente...". Ancora, analogamente, in merito ai beni strumentali, la stessa circolare chiarisce che "... le residue quote di ammortamento dovranno essere computate assumendo il costo originario di tali beni...", e quindi l'ammortamento di tali beni, ai fini fiscali, continua secondo le stesse tempistiche e modalità adottate in principio dal soggetto conferente. Si evidenzia dunque l'irrilevanza fiscale delle procedure civilistiche di ammortamento. Invero, anche nel caso di iscrizione dei beni ammortizzabili, a valori contabili inferiori a quelli fiscali, è da ritenere che l'eccedenza dell'ammortamento fiscale, anche se non imputata in conto economico, sia da ammettersi comunque a deduzione79. Sempre in tema di deduzione dei costi, in ottemperanza al regime di continuità dei valori fiscali, si pone il problema dell'individuazione dell'ammontare dei valori fiscalmente riconosciuti, in caso di conferimenti nel corso dell'anno fiscale. A tal riguardo si è espressa ancora una volta l'amministrazione finanziaria nella già citata circolare 320/E, nella quale disponeva l'applicabilità delle norme sulle cessioni (per la conferente) ed acquisizioni (per la conferitaria) di beni in corso d'esercizio per la determinazione delle quote di ammortamento, di accantonamento, e delle spese di manutenzione. Più di recente, con la risoluzione n.41/E del 2002 l'agenzia è ritornata sull'argomento, confermando il precedente orientamento secondo cui "...le quote di ammortamento relative ai beni facenti parte dell'azienda conferita debbono essere calcolate ragguagliando la quota ordinaria ai giorni che intercorrono tra 79 Vedi Norma di comportamento AIDC di Milano n.178 del 10/2010. Tali conclusioni tuttavia non potranno essere estese al caso in cui le differenze tra l'ammortamento civilistico e quello fiscale sono dovute all'allungamento della vita utile del bene conferito in seguito modifiche del piano di ammortamento. In questo senso di veda PIAZZA M. Le novità in materia di operazioni straordinarie, in Il Fisco, 2, 2008, pp. 183 e ss. 34 l'inizio del periodo d'imposta e la data del conferimento" 80 precisando tuttavia che " il metodo, scelto in alternativa tra l'imputazione delle quote di ammortamento pro quota o la non imputazione delle stesse, dovrà essere applicato uniformemente per tutti i beni dismessi o alienati" 81. Infine, con riguardo al subentro del conferitario nelle posizioni del soggetto conferente, esso deve ritenersi, a differenza di quanto avviene per le operazioni di fusione e scissione, esclusivamente nei confronti degli elementi in attivi o in passivi con esclusione quindi delle poste del patrimonio netto. A tal proposito, l'Agenzia delle Entrate nella circolare 8/E del 2010, ha ritenuto che l'avviamento non rientri tra gli asset degli attivi conferibili ai sensi dell'art. 176 del TUIR, in quanto "il valore dell’ “asset” avviamento non è oggetto di trasferimento (ma viene stornato dalla contabilità del soggetto conferente in conseguenza della perdita di valore scaturente dalla “dismissione” del compendio aziendale di riferimento)", e "ciò anche nella ipotesi in cui, sotto il profilo contabile, il valore dell’avviamento sia incluso nel valore delle attività dismesse ai fini della quantificazione dell’utile o della perdita da conferimento"82. In altri termini l'avviamento non costituisce oggetto di trasferimento e quindi ai fini fiscali la sua cancellazione obbliga il conferente a procedere all'ammortamento secondo l'imposizione ordinaria. L'Agenzia delle Entrate motiva tale conclusione affermando innanzitutto che la determinazione dell'avviamento da stornare avrebbe origine da un processo valutativo simile a quello dell'impairment test, e in secondo luogo che lo storno contabile dell'avviamento, avendo natura fiscalmente neutrale, non può costituire un'ipotesi di realizzo di plusvalenze e dunque, in ossequio al principio di neutralità il soggetto conferente deve mantenere lo stesso regime fiscale di deduzione applicato prima del 80 Ris. Agenzia delle Entrate, n. 41/E, 2002. Vedi nota precedente. 82 Circ. Agenzia delle Entrate, n. 8/E, 2010. 81 35 conferimento. In senso contrario si esprime invece l'AIDC di Milano83 che, confermando l'inidoneità da parte del avviamento a circolare autonomamente in quanto giuridicamente è "non un bene a se stante bensì una qualità dell'azienda"84, lo ritiene parte inscindibile dal complesso aziendale e quindi necessariamente trasferibile con essa85. Per tali motivazioni il regime previsto all'art. 176 del TUIR si applicherebbe anche all'avviamento, e quindi il conferitario subentrerebbe nel valore fiscalmente riconosciuto in capo al soggetto conferente86. Di conseguenza, nel rispetto del regime di neutralità, il soggetto conferitario potrà dedurre fiscalmente l'ammortamento dell'avviamento87. In merito agli effetti fiscali in capo al soggetto conferente, il regime di neutralità dei conferimenti implica innanzitutto che non emerge dall’operazione alcuna plusvalenza o minusvalenza fiscalmente rilevante, anche se viene rilevata contabilmente una variazione in positivo e negativo nei valori dei beni conferiti. Ciò significa che qualora tali plusvalenze o minusvalenze vengano rilevate nel conto economico dal soggetto conferente, si dovrà provvedere rispettivamente ad una variazione in diminuzione o in aumento, in sede di determinazione del reddito imponibile. Inoltre, pare opportuno precisare che, come affermato dall’Amministrazione Finanziaria in occasione della R.M. n.82/E del 2000, sia nel caso di immediata costituzione, che nel caso di progressivo accantonamento, di un’apposita riserva di patrimonio netto, gli utili emergenti dall’operazione di conferimento, non costituiscono utili in sospensione di imposta, e sono esenti da ogni vincolo di natura fiscale, sia in sede di 83 Oltre che Assonime nella circolare n. 20 del 2010. In tal senso anche A. Cotto Sull’avviamento è necessario un passo indietro, in il Quotidiano del Commercialista, www.eutekne.info, del 09 novembre 2010. 84 GALGANO F., Dizionario Enciclopedico del Diritto, Vol . I, 1996, voce "Avviamento". 85 Di tale avviso anche GALGANO F., op. cit., "l'acquirente dell'azienda lo consegue automaticamente, per il solo fatto di avere acquistato l'azienda". 86 Ovviamente non rileverebbe fiscalmente l'eventuale iscrizione dell'avviamento ad un valore maggiore. 87 Norma di comportamento AIDC di Milano, n.181, 2011. 36 utilizzazione che in sede di distribuzione88. Altro aspetto, riguarda le caratteristiche che assume la partecipazione ricevuta in seguito al conferimento. Essa, in primo luogo, assume come costo fiscale “… l’ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita …”. Da ciò si deduce che nel caso di iscrizione della partecipazione ricevuta ad un valore contabile diverso da quello fiscale, si genera, come abbiamo visto per la conferitaria, un disallineamento tra i dati contabili e i valori fiscalmente rilevanti. In merito, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 342 del 2002, ha osservato che, anche se l’obbligo della redazione del prospetto di riconciliazione è previsto dall’art. 176 del TUIR per il solo soggetto conferitario89, in caso di disallineamento tra i valori contabili e fiscali in capo allo conferente, si rende necessaria comunque la sua compilazione90. Oltre ad assumere l’ultimo valore fiscalmente riconosciuto, la partecipazione ottiene anche la sua “anzianità” di possesso. Si verifica, in altri termini, agli effetti fiscali, la retrodatazione della partecipazione iscritta, alla medesima data di possesso dell’azienda conferita. Inoltre essa risulterà iscritta nel bilancio della conferente tra le immobilizzazioni finanziarie. Evidente, da tali disposizioni, la volontà del legislatore di coordinare la disciplina dei conferimenti con quella della partecipation exemption. Invero l'iscrizione alla voce delle immobilizzazioni finanziarie risponde al primo requisito contenuto all'art. 87 del TUIR, mentre il trasferimento dell'anzianità consente di ottenere il riconoscimento dell'holding period ai fini del regime di esenzione. Inoltre la mancanza dei requisiti di cui alle lett. c) e d) del comma 1 dell'art. 87 del TUIR, non precludono il computo degli anni di possesso per l'applicazione del frazionamento delle plusvalenze previsto al comma 4 dell'art. 88 Sul punto si veda MIELE L. Il trattamento fiscale della riserva da conferimento, Corr. Trib., 10, 2001, pp. 710. 89 Come per altro rileva Assonime nella circolare n. 42 del 1998. 90 In merito DEZZANI F. e DEZZANI L. Art. 109, comma 4, del TUIR: risoluzione n.382/E del 6 dicembre 2002, risoluzione n. 82/E del 6 giugno 2000. Il conferimento d’azienda a “valori rivalutati in sospensione di imposta”. Il “fondo imposte differite”, in Il Fisco, 23, 2005, pp. 3474 e ss. 37 86 del TUIR. In merito al trasferimento dell'anzianità alla partecipazione iscritta, emerge il problema della determinazione del dies a quo per il calcolo del periodo di possesso. Una parte della dottrina, escluso che tale termine possa coincidere con la data del conferimento, ha altresì scartato l'ipotesi di identificarlo con la data in cui il conferente ha ottenuto il possesso dei beni conferiti, ed ha individuato una soluzione intermedia nel "giorno di chiusura del primo bilancio in cui i beni conferiti risultavano in possesso della conferente" in quanto "per espressa presunzione legislativa, le partecipazioni ricevute dovevano ritenersi iscritte nelle immobilizzazioni finanziarie, il che lascerebbe intendere che debbano anche presumersi "possedute" quantomeno a quella data dal soggetto conferente"91. Tuttavia secondo la dottrina prevalente, dal quadro normativo, si desume la volontà del legislatore a garantire una "piena simmetria fra le posizioni delle parti interessate all'operazione"92, e quindi di trasferire totalmente l'anzianità del possesso dell'azienda conferita. Invero, se il legislatore avesse voluto assegnare alle partecipazioni un periodo "autonomo" di possesso da parte della conferente, sarebbe "poco comprensibile" l'espressa esclusione dell'operazione di conferimento e successiva cessione della partecipazione ricevuta dall'applicabilità della normativa antielusiva, in quanto non si configurerebbe alcuna operazione configurabile come elusiva93. Sembra dunque corretto, come d'altronde espresso più volte da Assonime nella circolare n. 38 del 2005, e così come riconosciuto dall'Amministrazione Finanziaria 94, considerare il periodo di possesso delle partecipazioni ricevute a partire dal momento della costituzione dell'azienda oggetto del trasferimento. Si ricorda infine che il computo dell'anzianità dell'azienda assume rilevanza anche sul piano degli ultimi due requisiti contenuti alle lett. c) e d) del comma 1 dell'art. 91 BARBONE L. Conferimento di azienda e periodo minimo di possesso delle partecipazioni ricevute ai fini della participation exemption, in Dialoghi dir. Trib., 4, 2004, pp. 605. 92 TURCHI A., Conferimenti ed apporti nel sistema delle imposte sui redditi, Torino, 2008, pp. 49 e ss. 93 Vedi precedente citazione. 94 Circ. Agenzia delle Entrate, n. 36/E, 2004. 38 87. Al comma 2 del medesimo articolo infatti, è previsto che tali requisiti 95 "... devono sussistere ininterrottamente, al momento del realizzo, almeno dall'inizio del terzo periodo d'imposta anteriore al realizzo stesso." . Merita infine un breve cenno il conferimento dell'unica azienda da parte dell'imprenditore individuale, comminata dal comma 2-bis dell'art. 176 del TUIR96, in sostituzione ad opera della finanziaria 2008, del precedente comma 6 del medesimo articolo. Il legislatore in merito alla fattispecie prospettata stabilisce che "la successiva cessione delle partecipazioni ricevute a seguito del conferimento è disciplinata dagli artt. 67, comma 1, lettera c), e 68, assumendo come costo delle stesse l'ultimo valore fiscale dell'azienda conferita". Innanzitutto la norma conferma l'applicabilità del regime di neutralità del conferimento, nonostante che, a seguito della cessione dell'unica azienda il soggetto conferente perde la qualifica di imprenditore. In secondo luogo, dal testo normativo emerge che, l'eventuale realizzazione della plusvalenza derivante dalla cessione delle quote ricevute in cambio sarà da considerarsi nell'ambito delle cessioni di quote "qualificate", al di là dell'eventuale entità della partecipazione. La ratio della norma è da ricercare alla sua origine, quando è stata introdotta per la prima volta ad opera dell'art. 3 del D.lgs. n. 358 del 1997. Ad opera di tale decreto era previsto che l'eventuale plusvalenza derivante dalla cessione di partecipazioni ottenute in cambio del conferimento dell'unica azienda, venisse attratta al regime di impresa, se ciò avveniva entro tre anni dall'operazione di conferimento. In caso contrario essa sarebbe stata soggetta alla tassazione secondo il regime del "capital gain" per le partecipazioni "qualificate". Il legislatore aveva quindi individuato un criterio temporale per determinare se il conferimento assumesse una veste cosiddetta modello 95 Ovvero il requisito di commercialità e quello della residenza in paesi non inclusi della Black List dei paesi a fiscalità privilegiata 96 Come rileva l'Agenzia delle Entrate nella circolare 57/E del 2007 "di contenuto analogo al vecchio comma 5 dell'art. 175 del TUIR" 39 "cessione"97 e quindi realizzativa, o se dovesse considerarsi modello detto "trasformazione" assumendo quindi una funzione riorganizzativa. Con il venir meno della fattispecie dei conferimenti d'azienda "realizzativi", il legislatore ha ritenuto opportuno riconfigurare tale operazione in conformità al nuovo indirizzo normativo assunto, estendendo a tutti i casi di conferimento dell'unica azienda l'applicazione dei regimi contenuti agli artt. 67 e 68 del TUIR. Le disposizioni contenute al comma 2-bis dell'art. 176 del TUIR si applicano anche nel caso in cui sia conferita e ceduta la cosiddetta "impresa familiare"98. 1.2. La "Ratio Legis" del regime di neutralità fiscale nei conferimenti d'azienda Nell'excursus normativo del precedente capitolo si è osservato come il legislatore abbia modificato la propria posizione nei confronti dell'operazione di conferimento. In particolare dall'analisi storica si può notare che il momento di svolta sotto il profilo interpretativo e normativo, che ha segnato la rielaborazione del paradigma dei conferimenti è stato sicuramente il D. Lgs. n. 358 del 1997. Con tale decreto il legislatore si allontana dal concetto che vede il conferimento d'azienda come un atto assimilabile alle cessioni (che aveva caratterizzato gli interventi normativi del 1973) e riconfigura la fattispecie avvicinandola agli atti di riorganizzazione aziendale, rendendola inidonea all'emersione di plusvalenze fiscalmente rilevanti. Questa presa di posizione deriva in parte dal forte aumento del fenomeno delle operazioni di aggregazione aziendale negli anni novanta99, ma soprattutto da valutazioni di carattere giuridico, originate sia dalle 97 In merito PORCARO G., Le ragioni della sistematica neutralità delle recenti norme sulle ristrutturazioni aziendali: dalla donazione, al conferimento alla fusione, in Rass. Trib., 6, 1997, pp. 1556 e ss. 98 ZANETTI E., Manuale delle operazioni straordinarie, Torino, 2013, pp. 418. 99 Rese necessarie dal contesto economico, e dall'accesso ai mercati internazionali da parte delle aziende. Si prese atto anche della necessità di non influire fiscalmente sulle scelte di ristrutturazione aziendale. 40 difficoltà di carattere applicativo che erano emerse dalla previgente normativa, che dalla contrapposizione della dottrina in merito alla scelta operata dal legislatore nell'equiparare le operazioni di conferimento agli atti di cessione onerosa, e di sottoporle dunque a tassazione100. In merito alle difficoltà applicative, esse erano emerse prevalentemente nei casi di conferimenti a favore di società non quotate. La normativa infatti prevedeva la tassazione della plusvalenza da conferimento determinata in ragguaglio al valore normale dei beni apportati, il che rendeva estremamente difficile determinare il corretto ammontare della plusvalenza. Oltre a ciò, tale sistema di determinazione dell'imponibile rendeva l'operazione estremamente onerosa, e per tali motivi era quasi scomparsa nella prassi101. Condivisibili, poi, sono le motivazioni che avevano spinto la dottrina maggioritaria ad esprimersi contrariamente sulla tassazione delle plusvalenze derivanti da operazioni di conferimento. Innanzitutto il prelievo fiscale effettuato in capo agli atti che realizzano plusvalenze privi di contropartita, quali ad esempio, l'autoconsumo, il trasferimento della sede all'estero, e le destinazioni estranee all'esercizio di impresa, è giustificato dalla chiusura del ciclo fiscale d'impresa dei beni ad oggetto, ovvero dalla loro fuoriuscita dal regime normale dei cespiti aziendali, se non addirittura dal circuito impositivo dello stato (nel caso del trasferimento della sede all'estero). Nel conferimento invece i beni vengono apportati nel medesimo regime, non concludendo alcun ciclo fiscale102, e per ciò vengono meno le ragioni d'imposizione appena presentate. All'opposto l' operazione di conferimento d'azienda mal si concilia con atti, come 100 In merito ZIZZO G., Le riorganizzazioni societarie nelle imposte sui redditi, Milano, 1996, pp. 13 e ss. TURCHI A., Conferimenti ed apporti nel sistema delle imposte sui redditi, Torino, 2008, pp. 49 e ss. 102 In senso contrario MICCINESI M. Le plusvalenze d'impresa - Inquadramento teorico e profili ricostruttivi, Milano, 1993, pp. 202 e ss. Ad opinione dell'autore "l'apporto in società recide il collegamento dei beni con l'impresa originaria e quindi esaurisce il loro ciclo impositivo presso la medesima, rendendo indefettibile la tassazione dei plusvalori". 101 41 quello della cessione103, dove il soggetto cedente ottiene una contropartita monetaria certa nell'ammontare e nel realizzo. Con il conferimento, invero, l'azienda conferente riceve in contropartita delle partecipazioni della società conferitaria e quindi non realizza direttamente, o nell'immediato un reddito. In poche parole nel conferimento il conferente non vende niente e la conferitaria non compera nulla, ma più correttamente si da atto ad un contratto associativo finalizzato all'apporto di beni per l'esercizio comune di un'attività di impresa. Infine la tassazione di tale operazione ab origine, comporterebbe un'uscita monetaria anticipata da parte dei soggetti, causando potenzialmente problemi di natura finanziaria in capo ad essi.104 Nonostante quindi, in considerazione di tali corrette osservazioni, il conferimento non si configuri, come un'operazione naturalmente idonea a generare plusvalenze, poteva ancora essere ravvisata una "ragione fiscale" legata al possibile "salto d'imposta" derivante dalla differenza tra i valori fiscalmente riconosciuti in capo alla conferente e quelli potenzialmente maggiori o minori in capo alla conferitaria. Invero il riconoscimento dei maggior valori dei beni aziendali conferiti in capo alla conferitaria comportava maggiori costi da portare in deduzione in conto economico (quali ad esempio maggiori ammortamenti), originando dunque un vantaggio fiscale in capo a quest'ultima. Al fine di porre rimedio a tale complicazione, il legislatore, ha proposto due diverse soluzioni. Innanzitutto con il D.Lgs. n. 358 del 1997 prima e il D.Lgs. n. 344/2003105 poi , viene rinviato il momento della tassazione al tempo della realizzazione della plusvalenza, lasciando la scelta di determinare ai soggetti in 103 Che il legislatore degli anni '70 aveva preso come modello per i conferimenti. LUPI R. Conferimenti d'azienda e fusioni nello schema di decreto delegato, in Rass. Trib., 3, 1997, pp. 531 e ss. 105 Il quale riporta rispettivamente agli artt. 175 e 176 del TUIR le previsioni contenute agli artt. 3 e 4 del D.Lgs. n. 358/1997. 104 42 capo a chi far emergere tale plusvalore106. In particolare la plusvalenza poteva affiorare o in capo al conferente (art. 175 del TUIR), al momento della cessione della partecipazione ricevuta in cambio, o in capo al conferitario al momento della cessione dei cespiti aziendali (art. 176 del TUIR)107. Nel primo caso si costituiva un regime detto di continuità di valori contabili, in cui il conferente iscriveva la partecipazione ottenuta in cambio ad un valore pari a quello derivante dalla somma dei valori di attivo e passivo conferiti 108, mentre la conferitaria avrebbe riportato in bilancio i beni ricevuti allo stesso valore con cui erano iscritti in capo alla conferente. Al momento della cessione della partecipazione ottenuta in cambio, da parte del soggetto conferente, sarebbe emersa una plusvalenza calcolata sulla differenza tra il valore di iscrizione della partecipazione e il valore fiscalmente riconosciuto dell'azienda (dato dalla somma aritmetica delle attività e delle passività). Secondo l'art. 176 del TUIR invece, i soggetti potevano usufruire del regime di continuità dei valori fiscali, altrimenti detto di neutralità, secondo cui il conferente avrebbe iscritto la partecipazione ad un valore pari a quello fiscalmente riconosciuto dell'azienda, mentre il soggetto conferitario sarebbe subentrato ai fini fiscali nella posizione del conferente in ordine degli elementi dell'attivo e del passivo dell'azienda 109. In tal modo l'emersione e la tassazione delle plusvalenze si sarebbe verificata nel momento della cessione degli asset aziendali da parte del conferitario 110. Con la finanziaria 2008, il regime di neutralità contenuto all'art. 176 del TUIR, viene consacrato come unico regime applicabile nelle operazioni di conferimento di azienda. La scelta operata dal legislatore di rimuovere 106 In assenza di esplicitazione del regime fiscale si applicava il regime contenuto all'art. 176. L'applicazione del regime di cui all'art. 175 invece richiedeva l'indicazione nell'atto di trasferimento. 107 L'art. 176 a differenza del 175 poteva essere applicato solo se il soggetto conferitario era una società di capitali. 108 In tal modo contabilmente non emergeva alcuna plusvalenza. 109 Al quale era richiesta la compilazione di un prospetto di riconciliazione dei valori fiscali con quelli contabili. 110 ZANETTI E., Cessione e conferimento d'azienda, Napoli, 2005, pp. 227 e ss. 43 l'applicazione dell'art. 175 del TUIR dai conferimenti d'azienda, sembra non dipendere da ragioni sistematiche, come ad esempio il fatto che il conferimento non permette di monetizzare i cespiti oggetto dall'operazione, ma più che altro da ragioni fiscali cautelari atte a ridurre l'attività di pianificazione aziendale. In particolare come si evince dalla relazione illustrativa n. 1817 del 2007, si è inteso dar fine al fenomeno del cosiddetto "refreshing" delle perdite. Al fine di non perdere la deducibilità delle perdite, a seguito della prescrizione, venivano effettuati conferimenti "realizzativi" intermedi 111 . In merito a ciò, alcuni autori hanno ritenuto spropositato l'intervento del legislatore in quanto il realizzo di plusvalenze al fine del recupero delle perdite pregresse non è una prerogativa dei conferimenti di azienda, ma sono frequenti anche per altri tipi di conferimenti di beni in natura quali ad esempio marchi e brevetti, e non si giustifica quindi un intervento con riferimento ai soli conferimenti d'azienda112. Oltretutto i conferimenti effettuati a norma dell'art. 175 del TUIR sarebbero potuti essere assoggettati, dalla norma antielusiva dell'art. 37-bis comma 3 lett. b) del DPR 600/73 rendendo inefficaci i vantaggi indebiti conseguiti con tali operazioni. 1.3. L'opzione per l'imposta sostitutiva in caso di conferimento in neutralità fiscale A seguito delle novità introdotte dall'art. 1 commi 46 ss. della legge Finanziaria del 2008, il soggetto conferitario, durante un'operazione di conferimento d'azienda, può scegliere di adottare il regime previsto dal comma 2-ter dell'art. 176 del TUIR, al fine di affrancare fiscalmente i maggiori valori contabili iscritti tra le immobilizzazioni nei bilanci, che altrimenti andrebbero 111 CIANI F. Conferimenti di azienda sempre più neutrali, in Boll. Trib., 3, 2009, pp. 1165 e ss. BEGHIN M., Saggi sulla riforma dell'IRES: dalla relazione Biasco alla Finanziaria 2008, Milano, 2008 pp. 214 e ss. 112 44 persi a seguito del regime di neutralità previsto dal medesimo articolo 113. Per esercitare tale facoltà è richiesto il versamento di una imposta sostitutiva, imperniata sull'applicazione di aliquote proporzionali e progressive (12%, 14% e 16%), divise per fasce di valori (rispettivamente da 0 a 5 milioni di euro; da 5 milioni a 10 milioni di euro e oltre i 10 milioni di euro), da applicare sui maggiori valori attribuiti in bilancio ai soli cespiti iscritti nella voce delle immobilizzazioni. Sulla base di quanto esposto è doveroso fare delle considerazioni. Innanzitutto l'espressione "imposta sostitutiva" è scorrettamente utilizzata dal legislatore in quanto come abbiamo visto dalle operazioni di conferimento d'azienda non emergono mai redditi imponibili, perché ne il conferente realizza alcuna plusvalenza, ne la conferitaria riceve alcun nuovo costo fiscalmente deducibile. In mancanza quindi di una tassazione ordinaria sembra assolutamente improprio definirla sostitutiva. Inoltre anche se il conferimento d'azienda, per ipotesi, fosse idoneo a generare plusvalenze, essere emergerebbero in capo al soggetto conferente e non certo in capo al soggetto conferitario, cioè colui che può avvalersi dell'imposta sostitutiva. Secondo alcuni autori sarebbe più consono farla piuttosto rientrare nel novero dei cosiddetti tributi "volontari"114, ovvero un'imposta attivata solo per volontà manifesta del contribuente, e finalizzata al solo scopo del riallineamento dei valori fiscali in una logica di pianificazione fiscale. Sulla base di tali considerazioni la dottrina maggioritaria ha osservato che l'applicazione di tale tributo rappresenta la "garanzia di un prelievo fiscale commisurato alla ricchezza reale prodotta"115. 113 ZANETTI E. Conferimento d'azienda e cessione della partecipazione ricevuta in cambio, in Il Fisco, 6, 2008, pp. 941 e ss. 114 LUPI R. Un'imposta sostitutiva "consapevole", anche se non logicamente necessitata, in Dial. dir. Trib., 9, 2007, pp. 1122 e ss. 115 STEVANATO D. L'impatto della PEX sul regime fiscale delle operazioni straordinarie e l'opportunità di un'imposizione sostitutiva nella cessione e nei conferimenti di azienda, in Dial. dir. Trib., 9, 2007, pp. 1115 e ss. 45 Un'altra considerazione può essere fatta in merito al principio di progressività introdotto nello schema dell'imposta de qua, il quale richiama il concetto contenuto all'art. 53 della Costituzione. Seppure è apprezzabile l'adozione di un sistema progressivo proporzionale, correlato alla misura dell'imponibile, rimangono tuttavia oscure le ragioni che hanno spinto il legislatore ad adottare uno schema a tre scaglioni. Tale scelta infatti pare non rispondere ad alcuna logica sistematica, e anzi, si allontana dallo schema ad unica aliquota proporzionale che era stato usato nella precedente adozione dell'imposta sostitutiva sui conferimenti ad opera del D.Lgs. n. 358/1997. In quel contesto l'adozione di un unica aliquota del 27% era giustificata dalla necessità di uniformare il prelievo sulle plusvalenze derivanti da operazioni straordinarie al fine di evitare arbitraggi tra le fattispecie. Siffatta aliquota invero ricomprendeva sia le operazioni di cessione d'azienda, che quelle di conferimento, oltre che essere adottata per l'affrancamento dei disavanzi da fusione e scissione, ed inserita nella disciplina delle plusvalenze da cessione di partecipazioni qualificate116. Tale uniformità di trattamento è venuta meno con l'introduzione della partecipation exemption, che ha limitato la fungibilità tra negozi giuridici finalizzati al trasferimento d'azienda. Invero a seguito della previsione del regime di esenzione pex, cessione e conferimenti hanno assunto un propria disciplina fiscale. In tale contesto dunque, l'imposta sostitutiva introdotta dal legislatore ad opera della legge finanziaria 2008, si presenta esclusivamente come alternativa rispetto al regime di neutralità previsto dall'art. 176 del TUIR, anche se come specifica la relazione illustrativa al disegno di legge, ciò non significa che è possibile "tramutare la natura dell'operazione in realizzativa"117. In tal senso, anche se viene pagata l'imposta per riallineare i valori fiscali e contabili, rimangono applicabili le previsioni di cui 116 117 BEGHIN M. Conferimenti d'azienda e nuove imposte "sostitutive", in Corr. Trib., 3, 2008, pp. 185 e ss. Atto parlamentare del senato n.1817 del 1997 46 all'art. 176 del TUIR in merito alla detassazione della plusvalenza e al trasferimento dell'anzianità di possesso dell'azienda dal conferente alla conferitaria. In merito ai beni soggetti all'applicazione dell'imposta sostitutiva, il legislatore specifica, nel corpo normativo del decreto attuativo, che possono essere riallineati solamente gli "elementi dell'attivo" classificati "dal soggetto conferitario tra le immobilizzazioni materiali e immateriali, incluso l'avviamento"118 e con riferimento esclusivo alle "differenze residue tra il valore di iscrizione in bilancio dei beni ricevuti (...) e l'ultimo valore fiscalmente riconosciuto dei beni stessi presso il soggetto conferente". Inoltre come fa notare l'amministrazione finanziaria nella circolare 57/E, lo specifico riferimento ai "beni", contenuto nel testo della norma esclude l'applicazione del regime di imposizione sostitutiva agli pluriennali. Con riguardo invece alle attività riconosciute e iscritte tra le immobilizzazioni immateriali secondo principi IAS/ IFRS, come le cosiddette "liste clienti", l'amministrazione finanziaria si è espressa favorevolmente all'estensione dell'applicazione della disciplina de qua, anche se esse di fatto si discostano dal concetto giuridico di bene 119. L'affrancamento dei valori contabili, a differenza da quanto previsto per l'imposta sostitutiva presente nell'ordinamento prima del 2003, può essere previsto solo per una parte dei beni conferiti, lasciando al contribuente la facoltà di decidere quali affrancare e sottoporre a tassazioni e quali invece escludere, a patto che il riallineamento operi senza distinzioni per tutti i cespiti rientranti nella stessa categoria. In particolare, a tal fine, identifica cinque categorie per i beni immobili120, categorie per anno e per coefficiente di ammortamento per i beni mobili, impianti e macchinari. Infine consente la libera determinazione dei beni 118 Art. 1 comma 1 del Decreto Attuativo Circ. Agenzia delle Entrate, 28/E, 2009. 120 Ovvero aree fabbricabili, aree non fabbricabili, fabbricati strumentali per natura, fabbricati strumentali per destinazione e fabbricati patrimoniali. 119 47 sottoposti al riallineamento e il conseguente pagamento dell'imposta sostitutiva per i beni immateriali, compreso l'avviamento. Sempre coerentemente al principio di elasticità adottato dal legislatore, è possibile inoltre applicare l'imposta sostitutiva e di conseguenza affrancare "in tutto o in parte" i maggiori valori di bilancio. Tuttavia nel caso in cui si decida di affrancare parzialmente tali valori, essi dovranno essere spalmati in modo proporzionale tra tutti i beni di una stessa categoria omogenea. E bene in ultima osservare che al fine di evitare usi elusivi dell'imposta sostitutiva il legislatore ha previsto un cosiddetto "periodo di sorveglianza" di tre anni, all'interno del quale l'eventuale cessione del bene sottoposto ad affrancamento fa decadere gli effetti dell'allineamento, e il conferitario sarà dunque tassato sulla plusvalenza con riferimento ai valori fiscalmente riconosciuti prima dell'esercizio del regime di imposizione sostitutiva con conseguente riconoscimento di un credito d'imposta pari all'imposta pagata. Con il D.L. n. 185 del 2008 è stata inserita un'altra imposta sostitutiva che si sovrappone a quella prevista al comma 2-ter dell'art. 176. Invero, come per altro indicato dall'Agenzia delle Entrate nella circolare 28/E del 2009, l'assenza di una specifica previsione in merito al presupposto soggettivo di applicazione, implica che esso sia il medesimo dell'imposta prevista all'art. 176. Dunque il nuovo tributo non è del tutto autonomo, tuttavia, presenta caratteristiche diverse. In primo luogo con il nuovo regime è possibile affrancare beni esclusi dalla disciplina generale sull'imposta sostitutiva mentre altri rimangono esclusi. In particolare è possibile affrancare oltre all'avviamento e ai marchi anche altri beni immateriali, compresi gli oneri pluriennali che erano esclusi dal regime dell'imposta sostitutiva introdotta nel 2007. Inoltre è possibile sottoporre a rivalutazione anche attività diverse da quelle previste dal comma 2ter dell'art. 176 del TUIR quali ad esempio, rimanenze di magazzino, titoli non 48 iscritti tra le immobilizzazioni, e anche i crediti. Nel corpo normativo della nuova imposta sostitutiva scompare anche la previsione che richiede l'estensione del regime a tutte le categorie omogenee, conferendo al conferitario piena elasticità nella determinazione dei beni oggetto di riallineamento e l'ammontare di imponibile da far emergere. Le aliquote previste nel nuovo regime sono diverse a seconda del bene e perdono il connotato della progressività che caratterizza l'imposta prevista all'art. 176. Per i beni immateriali come avviamento, marchi e beni immateriali l'aliquota è pari al 16%, mentre per i crediti l'imposta è dovuta nella misura del 20%. Infine per le attività diverse dai crediti, che rientrano nel novero del comma 11 dell'art. 15 del D.L. n. 185 del 2008, viene applicata l'aliquota ordinaria ai fini IRPEF, IRAP e IRES, in maniera separata dall'imponibile. 1.4. Il regime ordinario delle plusvalenze L'art. 86 del TUIR dispone che le eventuali plusvalenze derivante dalla cessione o da risarcimento per perdita o danneggiamento, o ancora la destinazione a fini estranei all'attività di impresa, di beni diversi da quelli che generano ricavi , concorrono alla formazione della base imponibile di impresa. I beni plusvalenti dunque vengono individuati dal legislatore in via residuale rispetto ai beni cosiddetti beni merce, e a seguito del verificarsi di un qualsiasi evento121 che ne determina un uscita dal regime d'impresa, sono idonei a far emergere una plusvalenza imponibile122. La determinazione della base imponibile emergente dalle operazioni delineate dal legislatore, è data dalla differenza positiva (o negativa nel caso delle minusvalenze), tra il corrispettivo 121 Con esclusione della donazione o dalla perdita del bene senza successivo risarcimento, e ovviamente nel caso dell'azienda delle operazioni di riorganizzazione effettuate in regime di neutralità. 122 STEVANATO D., Plusvalenze e minusvalenze nel diritto tributario, in Riv. Dir. Trib., 1, 1994, pp. 1089 e ss. 49 ricevuto in cambio del trasferimento o il risarcimento, (o in mancanza il suo valore normale) e il suo valore fiscalmente riconosciuto. Rientrano sotto tale regime anche le plusvalenze derivanti dalla cessione di un intero complesso aziendale le quali concorrono a formare reddito tenuto conto anche dell'eventuale avviamento. Tuttavia la cessione d'azienda presenta delle peculiarità che richiedono un doveroso approfondimento. Innanzitutto la cessione d'azienda o il risarcimento ottenuto per la perdita di essa comportano come per i singoli cespiti l'emersione di una plusvalenza o di una minusvalenza determinate sulla base delle previsioni contenute rispettivamente agli art. 86 e 101 del TUIR, ossia "dalla differenza fra corrispettivo o l'indennizzo conseguito al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e il costo non ammortizzato". Ancora "Concorrono alla formazione del reddito anche le plusvalenze delle aziende, compreso il valore di avviamento, realizzate unitariamente mediante cessione a titolo oneroso". Nel caso in cui un'azienda non sia obbligata alla redazione dello stato patrimoniale, in quanto rientrante nel regime di contabilità semplificata, tale plusvalenza va calcolata facendo riferimento ai valori iscritti nei libri dei cespiti ammortizzabili o dalle scritture IVA obbligatorie. L'agenzia delle entrate con la circolare n. 41/E del 2002 ha anche chiarito che nel caso di cessione dell'azienda in corso di esercizio, il calcolo del valore dei cespiti ceduti, va fatto tenendo conto degli ammortamenti fiscali computati sulla base della porzione di esercizio che precede il trasferimento. Sempre con riferimento alle operazioni previste all'art. 86 comma 2, aventi ad oggetto un complesso aziendale, il legislatore ha concesso diverse modalità di tassazione. Una ordinaria e una seconda opzionale in tassazione separata. Scegliendo la tassazione ordinaria il cedente può scegliere se far emergere la plusvalenza in un'unica soluzione nell'esercizio in cui si è conclusa l'operazione oppure in maniera rateizzata, in quote costanti fino ad un massimo di cinque 123. 123 Per l'imprenditore individuale la possibilità di rateizzare la plusvalenza è concessa al verificarsi 50 Per accedere a quest'ultima opzione tuttavia è richiesto che il soggetto possieda da più di tre anni l'azienda ceduta, avendo riguardo non del giorno dell'acquisizione dei singoli beni, ma del giorno in cui l'azienda è stata acquistata o costituita124. Un secondo regime per la tassazione delle plusvalenze da cessione d'azienda è previsto solamente per l'imprenditore individuale che abbia posseduto l'azienda almeno 5 anni. Tale regime prevede una tassazione separata ad un'aliquota corrispondente alla metà del reddito dichiarato nei due anni antecedenti alla cessione125. Si tratta di un regime opzionale al quale l'imprenditore individuale può accedere attraverso l'espressa indicazione nella dichiarazione dei redditi dell'anno in cui le plusvalenze in oggetto risultano imponibili. 126 Tra le operazioni che comportano la fuoriuscita dei beni dalla sfera d'impresa è opportuno approfondire anche il caso della permuta di uno o più beni ammortizzabili, per i quali è prevista una disciplina speciale. Infatti, nel caso in cui si riceva in cambio del trasferimento un altro bene ammortizzabile, ed esso viene iscritto allo stesso valore del bene ceduto, sarà considerata plusvalenza solamente l'eventuale conguaglio in denaro pagato al cedente. Attraverso tale previsione consente al cedente di trasferire sul nuovo bene il valore fiscalmente riconosciuto di quello vecchio, e così di rimandare la realizzazione ai fini fiscali della plusvalenza al momento della successiva cessione del nuovo bene. Con particolare riferimento alla permuta di azienda invece in passato la dottrina si era espressa a favore dell'idoneità dell'operazione a generare plusvalenze imponibili. In particolare tale interpretazione era giustificata dal fatto che la permuta, esattamente come per dell'ulteriore condizione che l'azienda l'attività di impresa dopo la cessione. 124 Così si è espressa l'Agenzia delle Entrate in merito, con la circolare n. 320/E del 1997 125 Nel caso nei due anni precedenti non si rilevasse alcun reddito imponibile si applicherebbe l'aliquota più bassa ai fini IRPEF. 126 GIOVANNINI P., Le imposte sui redditi, in AA.VV., Operazioni di finanza straordinaria a cura di G. Cristofori, Milano, 2010, pp. 338 e ss. 51 la cessione, è un contratto che prevede prestazioni corrispettive, con la sola differenza che una prevede una controprestazione monetaria, mentre l'altra, ovvero la permuta, prevede due prestazioni in natura. Di conseguenza la sola diversa natura delle prestazioni non può di per sé far venir meno l'imponibilità della operazione. Tale impostazione, adottata anche dal legislatore, sia nella riforma tributaria del 1971 che nel Testo Unico127, è tuttavia derogata al terzo periodo del comma 2 dell'art. 86 del TUIR. In particolare il testo dispone che "Se il corrispettivo della cessione è costituito esclusivamente da beni ammortizzabili, anche se costituenti un complesso o ramo d'aziendale, e questi vengono complessivamente iscritti nel bilancio allo steso valore al quale vi erano iscritti i beni ceduti, si considera plusvalenza soltanto il conguaglio economico in denaro eventualmente pattuito". In merito al motivo di tale previsione la dottrina non si è espressa in modo univoco. Alcuni autori rilevano esclusivamente una mera semplificazione del sistema128, altri invece sostengono che la stessa sia una disposizione incentivante atta al rafforzamento dell'apparato produttivo nazionale129. Invece con riferimento al testo normativo, la locuzione esclusivamente con riferimento ai beni ammortizzabili sembrerebbe affermare che l'azienda, per essere sottoposta al regime de qua, dovrebbe essere completamente composta da tali beni, escludendo tutte le operazioni aventi ad oggetto aziende composte anche da cespiti non ammortizzabili. Inoltre sempre, analizzando il contenuto letterale del testo di legge, la disposizione prevede che l'azienda deve essere iscritta al bilancio ad un valore contabile pari a quello "complessivamente" apportato dai beni ceduti in permuta può essere fonte di comportamenti distorsivi. Invero, in tal modo, il soggetto permutante potrebbe iscrivere i beni caratterizzati da un 127 Il comma 2 dell'art. 86 del TUIR invero prevede la rilevanza ai fini della determinazione dell'imponibile da parte delle plusvalenze realizzate a seguito della cessione, e quindi anche di permuta, d'azienda 128 Si veda in merito P. BORIA, Permuta nel diritto Tributario, Dig. Disc. Priv. sez. Comm. Torino, 1995. 129 BEGHIN M. La riorganizzazione delle attività produttive attraverso permute "neutrali", in Corr. Trib., 25, 2004, pp. 1944 e ss. 52 ammortamento fiscale più celere ad un valore più alto130. Tuttavia in merito a tali questioni autorevole dottrina sostiene che tali effetti non sono antitetici al regime previsto dall'art. 86 del TUIR, in quanto già scomputati in sede di elaborazione della legge131. 1.5. Il regime di esenzione delle plusvalenze La riforma del 2003, ad opera del D.Lgs. n.344/2003, ha modificato profondamente la disciplina dei redditi derivanti da partecipazioni societarie132 sia con riferimento agli utili e alle plusvalenze. Invero, come già accennato nel capitolo precedente, al fine di affrontare l'annoso problema dell'imposizione sui redditi societari il legislatore ha abbandonato il previgente metodo del credito di imposta ed ha adottato il metodo dell'esenzione, per altro già utilizzato da molti paesi della comunità europea. Il concetto che sta alla base è che le plusvalenze sulle partecipazioni semplicemente derivino o da utili già conseguiti ed accantonati dall'impresa133, e quindi già sottoposti a tassazione, o dalla prospettiva di utili futuri i quali saranno sottoposti a tassazione al momento della loro realizzazione in capo all'azionista134. Proprio alla luce di tali considerazioni la logica della partecipation exemption si fonda, come si evince dai documenti esplicativi di fonte governativa, su due principi fondamentali ovvero la 130 BEGHIN M., La riorganizzazione delle attività produttive attraverso permute "neutrali", in Corr. Trib. , 25, 2004, pp. 1944 e ss. 131 PEDROTTI F., Cessioni di aziende e di partecipazioni sociali nel reddito di impresa ai fini dell'IRES, Milano, 2010, pp. 138. 132 Si vuole precisare che, con riguardo al profilo oggettivo di applicazione dell'esenzione, rientrano nel regime di esenzione oltre che le cessioni di azioni e di quote di società anche il trasferimento di strumenti finanziari similari alle azioni e di contratti di associazione in partecipazione. In tal senso l'Agenzia delle entrate nella circ. n. 36/E del 2004. 133 E' stato tuttavia osservato che tale corollario non corrisponde sempre al vero, ma al contrario non sempre le plusvalenze dipendono esclusivamente dalla redditività dell'impresa, ma possono essere correlate ad altri fattori. 134 FALSITTA G., Manuale di diritto Tributario, Padova, 2005, pp. 298 53 tassazione solo in capo alla società e non ai soci, e l'esclusione della tassazione dei dividendi. Attraverso tale sistema la società cessa di essere un soggetto che anticipa la tassazione all'azionista, come avveniva per il sistema del credito di imposta, e diventa soggetto autonomo di imposta. La scelta del sistema di esenzione si basa inoltre sulla volontà, desumibile dalle relazioni esplicative, di tassare il reddito al momento della sua produzione e non al momento della sua distribuzione. Tassare entrambe le operazioni significherebbe duplicare il prelievo fiscale, prima in capo alla società e poi in capo all'azionista, sul medesimo reddito. Al fine di evitare la doppia tassazione si è ritenuto necessario quindi provvedere ad una equiparazione tra le plusvalenze generate dalla cessione di partecipazioni e i dividendi. La maggior evoluzione in tal senso è quella relativa alla tassazione delle plusvalenze comminata all'art. 87 del TUIR. Invero, se per i dividendi è stato previsto un' ammodernamento della previgente normativa consistente nell'abrogazione delle previsioni sul credito d'imposta contenute all'art. 89 del TUIR, per le plusvalenze invece è stata introdotto un regime completamente nuovo. Nel vecchio sistema difatti era in vigore un principio di sospensione dell'imposizione sulle plusvalenze che rinviava la tassazione al momento del realizzo; di conseguenza esse sarebbero state sottoposte al medesimo regime previsto all'art. 86 del TUIR135. Con le novità introdotte dal D.Lgs. 344/2003, invece le plusvalenze da cessione di partecipazioni concorrono solo in parte alla formazione del reddito imponibile. Dato il forte contenuto agevolativo del nuovo art. 87 il legislatore ha provveduto ad evitare un indebito utilizzo definendo dei limiti applicativi. Infatti mentre per quanto riguarda i dividendi, la loro esclusione richiede il solo requisito della residenza della società al di fuori di uno dei paesi a fiscalità privilegiata, per le plusvalenze invece sono richieste 135 GARBARINO C., Le plusvalenze esenti, in AA.VV., Istituzioni di diritto Tributario, a cura di F. Tesauro, Milano, 2011, pp. 179 e ss. 54 ben quattro condizioni, di cui due soggettive e due oggettive. Il primo requisito soggettivo contenuto alla lett. a) del 1° comma dell'art. 87 del TUIR è "l'ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese136 precedente quello dell'avvenuta cessione". Specifica poi la previsione che se la partecipazione è stata acquisita in più date, si considerano "cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente". Quindi nel caso in cui solo una parte delle partecipazioni abbia i requisiti previsti dalla lettera a) si dovrà procedere alla suddivisione della parte imponibile da quella esentata. Tale previsione è finalizzata a circoscrivere l'applicazione del regime di esenzione a partecipazioni che rappresentano un investimento duraturo per il soggetto cedente. Ciò perché vi è la presunzione che più è lungo il periodo di detenzione delle partecipazioni, più il plusvalore accumulato da esse è legato alla redditività dell'azienda che rappresentano. Vengono quindi escluse dal legislatore tutti gli investimenti effettuati nel breve termine, con la presunzione che essi derivino meramente da attività speculative sui titoli, e le cui plusvalenze quindi dipenderebbero più dagli andamenti del mercato mobiliare che dalla capacità reddituale delle imprese detenute. Nel secondo periodo della lettera a) del comma 1 dell'art. 87 del TUIR, il legislatore ha poi previsto un metodo per determinare il calcolo del "holding period" in presenza di partecipazioni acquistate in date diverse. In particolare c'è una presunzione di cessione per le partecipazioni per ultime acquistate. Tuttavia dalla relazione illustrativa al D.Lgs. n. 344/2003 specifica che "Tale presunzione di cessione opera relativamente alla sola ipotesi di acquisto di una medesima partecipazione effettuato in più tranche qualora uno o più di tali acquisti non soddisfano la condizione minima di possesso richiesta nella lett. a). Diversamente, qualora 136 Il D.L. n. 203/2005 aveva allungato il periodo di "holding period" a diciotto mesi. Tuttavia a causa di evidenti asimmetrie che si erano generate, in particolare con le previsioni relative alle minusvalenze, la finanziaria del 2008 ha provveduto a riportare il periodo minimo di possesso a dodici mesi come in origine. In merito si veda Lettera Circolare Assonime del 30 settembre 2005. 55 tutti gli acquisti dovessero soddisfare la condizione indicata sia nella citata lett. a), che nelle successive lettere da b) a d), l'impresa è libera di individuare il costo di acquisto della partecipazione da contrapporre al valore di realizzo, secondo il metodo di valutazione dei titoli prescelto, non essendo obbligata al rispetto del criterio Lifo previsto nella lett. a)" 137. In altre parole il criterio LIFO, previsto dal testo normativo va applicato esclusivamente nel caso in cui una parte delle partecipazioni non risponda ai requisiti di cui alla lett. a) e ai soli fini della determinazione del periodo di possesso138. Il contribuente, quindi, non è vincolato all'utilizzo di tale criterio per la determinazione del valore delle partecipazioni cedute139. Il requisito del "holding period" deve applicarsi indistintamente anche alle società neo costituite140, con l'unica eccezione per società nate a seguito di operazioni di riorganizzazione aziendale, come quelle di fusione o scissione totale. Tale esclusione dal requisito di possesso minimo deriva dal fatto che il patrimonio oggetto dell'operazione di scissione o fusione, anche se viene trasferito in un nuovo soggetto giuridico, non perde la sua identità, e quindi l'anzianità della partecipazione nella Newco sarà pari a quella della vecchia partecipazione iscritta. La trasmissione della caratteristiche della partecipazione da quella precedentemente iscritta a quella nuova opera anche nei confronti del secondo requisito soggettivo previsto per l'applicazione del regime di esenzione ovvero l'iscrizione delle azioni o delle quote tra le immobilizzazioni finanziarie "nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso"141. Con riferimento a quest'ultimo è evidente che la ratio del legislatore è la stessa che soggiace al requisito di possesso minimo, ovvero la 137 Atto parlamentare del senato n.1817 del 1997 FERRANTI G. Periodo minimo di possesso e iscrizione tra le immobilizzazioni per la "participation exemption", in Corr. Trib., 24, 2004, pp. 1867 e ss. In tal senso anche VIOTTO A., Il regime tributario delle plusvalenze da partecipazioni, Torino, 2013, pp. 268. 139 Così l'Agenzia delle entrate nella circ. n. 36/E, 2004. 140 Di questo avviso l'Agenzia delle entrate nella già citata circ. n.36/E, 2004 141 G. CRISTOFORI e PINI D., La cessione e il conferimento di partecipazioni sociali - Aspetti fiscali, in AA.VV., Operazioni di finanza straordinaria, a cura di G. Cristofori, Milano, 2010, pp. 137 e ss. 138 56 volontà di ricomprendere all'interno del regime di esenzione le sole partecipazioni detenute al fine di un investimento sufficientemente durevole, verificando in tal caso che ci sia un rapporto stabile tra la partecipata e la partecipante. La collocazione tra le immobilizzazione finanziarie delle partecipazioni non dipende da caratteristiche oggettive ma semplicemente dalla destinazione economica che gli viene attribuita dalla società che le detiene. Come disposto dall'art. 2424-bis del c.c. esse dovranno essere iscritte tra le immobilizzazioni se destinate ad essere utilizzate durevolmente"142143. Proseguendo poi nella lettura del testo normativo, il legislatore specifica che l'iscrizione dovrà avvenire "nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso". Innanzitutto si fa riferimento al bilancio "chiuso" e non a quello "approvato", e per cui per il rispetto del requisito de quibus non è richiesta l'approvazione del bilancio. Ciò sembra rispondere all'esigenza di semplificazione necessaria al fine di estendere il regime pex anche alle stabili organizzazioni di società non residenti, per le quali non esiste alcun obbligo di approvazione144. Ulteriori chiarimenti richiede poi il caso di riqualificazione delle partecipazioni. Non viene infatti specificato dal legislatore se le partecipazioni devono, al fine del rispetto del requisito di cui alla lettera b) dell'art. 87 del TUIR, rimanere iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie, oppure se sia sufficiente la loro previa iscrizione al primo bilancio di possesso, senza rilevare la sua successiva riclassificazione. Anche se la prima soluzione sembra più coerente 142 Per quanto riguarda le imprese "minori" esse devono ritenersi escluse dall'applicazione del regime di cui all'art. 87 del TUIR in quanto non essendo obbligate alla redazione dello stato patrimoniale, non rispettano il requisito dell'iscrizione della partecipazione tra le immobilizzazioni. In merito si veda FERRANTI G., Aspetti particolari della "participation exempion", in Corr. Trib., 47, 2004, pp. 3679 e ss. 143 Con riferimento alle azioni proprie invece, considerato che, se superano i limiti consentiti dalla legge devono essere cedute entro un anno dal loro acquisto non si ritiene che esse possano essere inserite tra gli investimenti durevoli. Oltretutto l'art. 82 del TUIR che dispone in merito, richiama ai fini della rateizzazione delle eventuali plusvalenze l'art. 86 del TUIR, suggerendo quindi l'applicazione del regime ordinario per le plusvalenze. In merito e FERRANTI G., Classificazione delle partecipazioni tra le immobilizzazioni nella "participation exemption", in Corr. Trib., 45, 2004, pp. 3519 e ss. 144 GARBARINO C., Le plusvalenze esenti, in AA.VV., Istituzioni di diritto Tributario, a cura di F. Tesauro, Milano, 2011, pp. 179 e ss. 57 con la logica che integra la norma, il Ministero si è espresso in senso contrario, e ha chiarito che ai fini del rispetto del requisito, è sufficiente esclusivamente la prima iscrizione nel primo bilancio, a nulla rilevando le successive riqualificazioni operate negli esercizi successivi145. Un ultima puntualizzazione è doverosa in merito all'iscrizione delle partecipazioni tra le immobilizzazioni finanziarie. Nonostante l'amministrazione non possa sindacare le scelte economiche della società146, l'eventuale iscrizione delle partecipazioni tra le immobilizzazioni finanziarie in mancanza di una valida ragione economica, e con il solo scopo rientrare tra i requisiti di esenzione e ottenere un risparmio di imposta, è configurabile, per espressa previsione normativa 147, come operazione elusiva a norma dell'art. 37 bis, dpr 600/1973, con conseguente disconoscimento dei vantaggi indebiti ottenuti148. Passando ai requisiti cosiddetti soggettivi, il primo di essi si trova alla lettera c) del comma 1 dell'art. 87 del TUIR, dove è previsto che, ai fini dell'esenzione la società ceduta deve essere fiscalmente residente in uno stato diverso da quelli ai fiscali privilegiata, salvo dimostrare tramite interpello, secondo le modalità del comma 5, lett. b) dell'art 167 che sin dall'inizio della detenzione delle partecipazioni, non si sia ottenuto l'effetto di localizzare i redditi in tali stati. Inoltre tale requisito deve sussistere in modo continuativo almeno dall'inizio del terzo periodo d'imposta anteriore al realizzo 149. Si 145 RUSSO V., I soggetti passivi dell'IRES e la determinazione dell'imponibile e FERRANTI G., Classificazione delle partecipazioni tra le immobilizzazioni nella "participation exemption", in Corr. Trib., 45, 2004, pp. 3519 e ss. 146 In tal senso si è espresso lo stesso Ministero delle finanze, nella circolare n. 73/E/1994. Tuttavia vi è una corrente dottrinale contraria a tale impostazione, che ritiene che l’Amministrazione finanziaria abbia il poter di contestare le scelte di bilancio, al fine di tutelare l’interesse giuridico protetto dal legislatore Tributario. In merito VIOTTO A., Il regime tributario delle plusvalenze da partecipazioni, Torino, 2013, pp. 296 e ss. 147 Comma 1, lett. e), art. 2, del D.Lgs. 344/2003 148 G. FERRANTI, Classificazione delle partecipazioni tra le immobilizzazioni nella "participation exemption", in Corr. Trib., 45, 2004, pp. 3519 e ss. 149 GARBARINO C., Le plusvalenze esenti, in AA.VV., Istituzioni di diritto Tributario, a cura di F. Tesauro, Milano, 2011, pp. 212 e ss. 58 denotano due logiche ragioni sottostanti a tale previsione. Una di carattere sistematico, in quanto la quasi totale mancanza di prelievo in capo alla società partecipata situata in uno stato a fiscalità privilegiata, comporta l'assenza del problema della doppia tassazione; anzi applicare il regime di esenzione all'eventuale plusvalenza da cessione, consentirebbe una doppia esclusione dei redditi. La seconda ragione è di tipo anti-elusivo. Infatti tale requisito mira anche ad evitare l'acquisto di società situate in paradisi fiscali al fine di ottenere delle plusvalenze completamente detassate. Anche per quanto riguarda la sussistenza ininterrotta da almeno tre esercizi del requisito della residenza, si può rilevare una logica anti-elusiva. Invero il principio di continuità serve ad evitare che si effettuino trasferimenti da paesi a fiscalità straordinaria a paesi a fiscalità ordinaria in prossimità della cessione delle partecipazioni150. Infine con riferimento alle società costituite da meno di tre anni151 l'agenzia delle entrate ha chiarito che bisogna tener conto, ai fini del computo del periodo rilevante, del tempo trascorso tra l'atto di costituzione della società e la data in cui avviene la cessione delle quote152. In merito al contenuto dell'interpello, richiesto nel caso di residenza fiscale della società partecipata in uno stato a fiscalità privilegiata, al fine di dimostrare che "dalle partecipazioni non sia stato conseguito, sin dall'inizio del periodo di possesso, l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori diversi da quelli individuati nel medesimo decreto di cui all'articolo 168bis"153, è richiesto di provare che più del 75% dei redditi della società 154 siano stati prodotti al di fuori del territorio fiscalmente "paradisiaco", e quindi sottoposti 150 GARBARINO C., Le plusvalenze esenti, in AA.VV., Istituzioni di diritto Tributario, a cura di F. Tesauro, Milano, 2011, pp. 216 e ss. 151 Nel caso in cui la partecipazione sia posseduta da un periodo inferiore ai 3 anni, sarà onere della società partecipante provvedere a risalire alle caratteristiche della partecipata per il periodo in cui non era detenuta. Così l'Agenzia delle entrate nella già più volte citata circolare n. 36/E del 2004. 152 Circ. Agenzia delle Entrate, 36/E, 2004. 153 Comma 1, lett. c), art. 87 del TUIR. 154 Percentuale desumibile nel D.M. 21 novembre 2001, come confermato dall'Amministrazione finanziaria nella circolare 26/E del 2004 59 a tassazione ordinaria. Attraverso tale dimostrazione quindi è possibile sanare la carenza del requisito oggettivo di cui all'art. 87 del TUIR lett. c) del 1° comma 155 . Ultimo requisito per l'applicazione del regime di esenzione delle plusvalenze è contenuto alla lett. d) del 1° comma dell'art. 87 TUIR, ed attiene alla natura dell'attività svolta dall'azienda partecipata. Si richiede, in particolare, "l'esercizio da parte della società partecipata di un'impresa commerciale secondo la definizione di cui all'articolo 55"156. Innanzitutto è da notare come il legislatore nel D.Lgs. n.344/2003 non abbia adottato la stessa formulazione espressamente prevista nella legge delega n. 80/2003 che al comma 1, lett. c) faceva espresso richiamo ad una "effettiva" attività commerciale, senza per altro fare alcun richiamo all'art. 55 del TUIR, il quale contiene una nozione di commercialità molto più estesa rispetto a quella prevista all'art. 2195 del codice civile. Secondo tale impostazione dunque sono da ritenersi attività commerciali, oltre a quelle previste dal codice civile, anche: 1. "l'esercizio di attività organizzate in forma d'impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell'art. 2195 c.c.; 2. l'attività di sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne; 3. l'esercizio delle attività agricole di cui all'articolo 32, pur se nei limiti ivi stabiliti, ove spettino alle società in nome collettivo e in accomandita semplice nonché alle stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti esercenti attività di impresa."157 155 DODERO A., Residenza fiscale della società partecipata e rapporti tra interpelli, in Corr. Trib., 40, 2004, pp. 3131. 156 Comma 1, lett. d), art. 87 del TUIR. 157 Comma 2, lett. a), b), e c), Art. 55 del TUIR. 60 Tale impostazione sarebbe stata adottata al fine di utilizzare una definizione più precisa rispetto a quella del codice civile, lasciando quindi meno margini di discrezione, evitando quindi possibili dubbi interpretativi 158. Chiarimenti sono stati comunque necessari, tuttavia, in merito al caso della cessione di una società partecipata messa in liquidazione, in quanto in questa fase non può riscontrarsi l'ordinaria attività di impresa. Invero a tal proposito è intervenuta l'agenzia delle entrate con la circolare n.10/E del 2005, nella quale ha individuato le procedure da seguire, in caso di accertamento, per la verifica del requisito della commercialità. In particolare l'Agenzia delle Entrate ha stabilito che tale requisito deve sussistere nei tre anni antecedenti all'apertura della liquidazione, anziché dalla data di cessione della partecipazione. Per talune fattispecie poi, il legislatore ha individuato un principio di presunzione assoluta di non commercialità. In particolare non potranno mai ritenersi imprese commerciali (ai fini dell'art. 87 del TUIR), nemmeno fornendo prova contraria, le società il cui patrimonio sia prevalentemente159 costituito da beni immobili non strumentali160. La ratio della norma è stata evidenziata nella circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 152/E del 2004. In particolare, il fine è evitare che la cessione società composte unicamente da beni patrimonio "si ponga sullo stesso piano di teorica equivalenza rispetto alla cessione degli immobili" 161, e che attraverso la cessione delle partecipazioni si ottenga l'esenzione dei beni di primo grado in capo alla società, i quali sarebbero invece stati sottoposti al regime ordinario contenuto all'art. 86 del TUIR. Quindi l'applicazione dell'art. 87 del TUIR sarà ammessa solo nel qual caso l'impresa svolga come effettiva 158 MOSCAROLI R. e MOSCARIELLO M., La commercialità nel regime della "participation exemption". Rilievi critici sui recenti orientamenti restrittivi, in Boll. Trib., 13, 2010, pp. 1018 e ss. 159 Così come specificato nella relazione di accompagnamento al D.Lgs. n. 344/2003, la prevalenza va verificata prendendo in esame i valori correnti degli immobili e non i valori contabili. 160 MASTROBERTI A., Per la commercialità P.ex. spazi di manovra ristretti, Prat. fisc. e prof., 34, 2009, pp. 19 e ss. 161 Ris. Agenzia delle Entrate, n. 152/E, 2004. 61 attività la costruzione o la vendita degli immobili162 che in tal caso verrebbero classificati come beni merce o strumentali163. Con riferimento invece la concessione in locazione e godimento la circolare 36/E del 2004 ha escluso tale fattispecie dal novero delle attività commerciali e quindi le cessioni di partecipazioni di società che svolgono attività prevalentemente di gestione immobiliare quindi sono escluse dal regime di esenzione delle plusvalenze 164. Tuttavia va precisato che, nel caso in cui la società sia proprietaria di rami d'azienda ceduti in affitto, i fabbricati eventualmente inclusi sono da considerarsi utilizzati nell'esercizio di impresa, nel caso in cui oltre alla locazione siano connessi funzionalmente ad una serie di servizi 165. Invero, in risposta all'interrogazione n.5-03920 la commissione Finanze della Camera, ha affermato che "nel caso in cui la locazione degli immobili sia affiancata anche da servizi accessori di significativa entità, per cui il contratto non assume più sostanza di un contratto di locazione commerciale ovvero di affitto di azienda bensì di prestazione di servizi integrati, gli immobili possono essere classificati tra i fabbricati utilizzati direttamente nell'esercizio dell'impresa (...) e quindi esclusi dalla verifica della cosiddetta prevalenza"166. In altre parole per valutare correttamente se troverà o meno applicazione il regime della partecipation exemption bisognerà verificare se le caratteristiche e la gestione di beni immobili consentano la loro iscrizione tra le rimanenze di magazzino. In caso contrario, se la locazione perde la sua funzionalità con l'attività di vendita, i fabbricati dovranno essere iscritti tra le immobilizzazioni e in sede di cessione 162 Nella circolare 36/E del 2004 è stato chiarito che l'attività di compravendita degli immobili non si limita alla volontà di cederli. Quindi la mancanza di atti di vendita e la durata pluriennale dei contratti configurano un attività di locazione. 163 Associazioni Dottori Commercialisti Milano, norma di comportamento n.166 164 In questo senso l'Agenzia delle Entrate, circ. n. 7/E, 2013. 165 In tal senso si esprime anche l'Associazione Italiani Dottori Commercialisti con la norma di comportamento n. 166 166 CRISTOFORI G. e PINI D., La cessione e il conferimento di partecipazioni sociali - Aspetti fiscali, in AA.VV., Operazioni di finanza straordinaria, a cura di G. Cristofori, Milano, 2010, pp. 149 e ss. 62 delle partecipazioni della società non sarà possibile usufruire del regime di esenzione167. Coerentemente con quanto osservato fino ad ora, si è espressa l'Agenzia delle Entrate, anche nel caso di locazione dell'unica azienda. Con la risoluzione n.165/E del 2005, ove la società istante provvedeva esclusivamente alla percezione di un canone derivante dall'affitto dell'azienda, l'Amministrazione finanziaria ha ritenuto non applicabile, in sede di cessione delle quote, il regime di esenzione "pex" proprio per difetto del requisito di cui alla lettera d). 1.6. Regime PEX nella successiva cessione delle partecipazioni e non sindacabilità ai sensi della disposizione elusiva Dopo la doverosa introduzione effettuata nei precedenti capitoli, è ora più agevole spiegare come la partecipation exemption trova applicazione nella fattispecie del conferimento. Come anticipato, infatti, è possibile attraverso una consecutio di atti cartolarizzare l'azienda per poi cederne successivamente le partecipazioni, sfruttando il regime di esenzione contenuto all'art. 87 del TUIR. Chiaramente per usufruire dell'esenzione le partecipazioni cedute dovranno presentare congiuntamente le quattro caratteristiche richieste dalla disciplina, ovvero un periodo di detenzione o "holding period" superiore ai 12 mesi, l'iscrizione tra le immobilizzazioni finanziarie, la residenza fiscale della società partecipata al di fuori di paesi a fiscalità privilegiata e l'esercizio da parte della stessa di un'attività commerciale. Al fine del coordinamento delle due fattispecie il legislatore ha predisposto all'art. 176 del TUIR alcune previsioni che consentono alle partecipazioni ricevute in seguito al conferimento d'azienda di ottenere in modo agevole, in sede di realizzo, l'esenzione delle eventuali 167 In tal senso Assonime nella circ. n. 38, 2005. 63 plusvalenze emergenti ai fini delle imposte dirette. In primo luogo, le partecipazioni ereditano dall'azienda conferita sia l'anzianità, che le caratteristiche di commercialità, e di residenza, secondo un principio di continuità168. Inoltre per espressa previsione, le partecipazioni ottenute a seguito del conferimento vengono direttamente iscritte a bilancio tra le partecipazioni immobilizzate senza per altro alcuna possibilità di diversa opzione per la società conferente. Di conseguenza qualunque azienda che in sede di conferimento presenti le caratteristiche tipiche richieste dall'art. 87 del TUIR, sarà idonea a essere in seguito trasferita per mezzo delle sue partecipazioni in regime di esenzione. Un caso particolare è rappresentato dal conferimento di un’azienda, che presenta i quattro requisiti per l’esenzione delle plusvalenze, all’interno in una più vasta operazione di conferimento che comprende anche altri beni. In particolare è da chiarire se è possibile applicare due diversi regimi, ovvero quello di esenzione per un parte e quello naturale dall’altra, scindendo la plusvalenza in quote esenti e quote imponibili. In merito la dottrina si è espressa contraria alla scissione della plusvalenza in più quote, rilevando la sua unitarietà. Per tali motivi è da ritenere che dovrà essere applicato il regime conforme al conferimento principale. Inoltre l’eventuale separazione dell’operazione in due atti separati può comportare l’applicazione dell’art. 37-bis del DPR 600/73 con conseguente annullamento dei vantaggi fiscali attraverso la riqualificazione dell’atto come unica operazione di conferimento169. L’operazione di conferimento e successiva cessione della partecipazione, definita nella prassi anche cessione indiretta permette di 168 Anche se il principio di continuità è riscontrabile nell’art. 87 del TUIR al solo requisito dell’holding period, il legislatore con la circolare n. 36/E del 2004 ha chiarito che tale principio deve ritenersi un principio di carattere generale, estendibile anche al periodo triennale presente nei requisiti di cui alle lettere c) e d) del medesimo articolo. 169 PERROTTA R. Il Conferimento d’azienda, Milano, 2005, pp. 339 e ss. 64 ottenere un vantaggio fiscale diretto in capo al cedente, il quale riesce a trasferire il complesso aziendale facendo emergere una plusvalenza notevolmente ridotta rispetto a quella che emergerebbe attraverso la normale fattispecie della cessione onerosa. Il comma 3 dell'art. 176 del TUIR decreta la non elusività di tale operazione, e l'inapplicabilità della norma generale antielusiva contenuta all' art. 37-bis del DPR n.600/1973 . Anche se a prima vista, la duplice applicazione del regime di neutralità in sede di conferimento e del regime di esenzione delle plusvalenze in sede di cessione delle partecipazioni ottenute in cambio, sembra apportare effetti fiscali distorsivi 170, visto il vantaggio fiscale che genera in capo al conferente/cedente, bisogna tuttavia osservare che tale vantaggio viene controbilanciato dalla trasmissione in capo al cessionario di minori valori fiscalmente deducibili. Invero, come si è esposto nei precedenti capitoli, il regime di neutralità comporta in capo al soggetto conferitario il riconoscimento ai fini fiscali degli stessi valori riconosciuti in capo al soggetto conferente, in un regime di cosiddetta continuità di valori fiscali. Al contrario in sede di cessione dell'azienda il soggetto cessionario può far riconoscere fiscalmente il maggior costo dei cespiti acquistati, ottenendo a bilancio maggiori ammortamenti e oneri deducibili. Il motivo dunque di tante accondiscendenza da parte del legislatore deve ricondursi proprio a questo effetto di trasferimento tra soggetti dell'onere fiscale. Se il conferente otterrà un vantaggio fiscale derivante dall'esenzione delle plusvalenze in sede di cessione delle partecipazioni171 , dall'altra il conferitario si vedrà diminuire i costi del venduto, e gli ammortamenti da portare in deduzione, che avrebbe potuto farsi fiscalmente riconoscere in caso di cessione, ed aumentare i proventi tassabili a seguito di una successiva cessione dei cespiti conferiti. Nemmeno il pagamento dell'imposta sostitutiva reintrodotta ad opera della finanziaria 2008, pur 170 ANDREANI G. e FRANZESE C., Conferimenti in doppia sospensione d'imposta e cessione della partecipazione ricevuta, il Fisco, 9, 2005, pp. 1271. 171 Ammesso che esse abbiano tutti i requisiti richiesti dall'art. 87 del TUIR 65 intaccando la dicotomia che caratterizza la ratio normativa appena presentata, non costituisce fattispecie elusiva172. Perentorio infatti è il comma 3 dell'art. 176, così come modificato dal comma 46 dell'art. 1 della Legge n.244/2007, nel definire non rilevante ai fini della normativa antielusiva "il conferimento dell'azienda secondo i regimi di continuità dei valori fiscali riconosciuti o di imposizione sostitutiva di cui al presente articolo e la successiva cessione della partecipazione ricevuta per usufruire dell'esenzione di cui all'articolo 87". D'altronde la scelta di prevedere una triplice aliquota di imposta (12%, 14% e 16%) in un regime di progressività, e la fissazione di un periodo di possesso minimo per l'accesso all'imposizione sostitutiva, pare assecondare la tesi che il legislatore abbia voluto fornire completa libertà al contribuente di decidere per l'affrancamento o per la conservazione del disallineamenti dei valori. Resta da chiarire, nel silenzio del legislatore e dell'amministrazione finanziaria se la previsione del comma 3 dell'art. 176 si applica anche nel caso in cui i maggiori valori vengano affrancati per mezzo della nuova imposta sostitutiva introdotta dall'art. 15, comma 10 del D.L. n. 185/2008. Letteralmente la norma contenuta all'art. 176 del TUIR fa riferimento alla "imposta sostitutiva di cui al presente articolo", quindi la questione è legata alla autonomia del regime introdotto nel 2008. Con la circolare n. 28/E del 2009 l’Agenzia delle Entrate si è espressa in merito alla questione, e ha chiarito che l’imposta sostitutiva introdotta nel 2008 deve ritenersi non del tutto autonoma rispetto a quella contenuta all’art. 176 del TUIR173. Di conseguenza pare corretto ritenere che trovi applicazione anche la previsione di cui al comma 3 del medesimo articolo. 172 ZANETTI E. Conferimento d'azienda e cessione della partecipazione ricevuta in cambio, in Il Fisco, 6, 2008, pp. 941 e ss. 173 Circ. Agenzia delle Entrate, 28/E, 2009. 66 1.7. Aspetti fiscali nell'IRAP La normativa che regola l’IRAP ha subito notevoli modifiche in seguito alla Legge Finanziaria 2008 (L. n.244/2007). In particolare essa ha introdotto lo sganciamento dalla normativa IRES per la determinazione della base imponibile garantendo all'IRAP una propria regolamentazione indipendente. Tuttavia le novità apportate alla disciplina non hanno modificato l’inquadramento delle operazioni di conferimento con riferimento all'imposta sulle attività produttive. Prima della riforma l'amministrazione finanziaria aveva già chiarito, nello stesso anno dell'introduzione dell'imposta con la circolare ministeriale n. 141/E, l'esclusione dalla base imponibile delle plusvalenze derivanti da operazioni di conferimento aventi oggetto aziende o rami di esse. Tale scelta derivava dalla natura unicamente straordinaria delle plusvalenze che possono emergere da tali operazioni. Tale estromissione dalla base imponibile è stata poi riconfermata anche a seguito della riforma citata, con la circolare n.27/E del 2009, evidenziando nuovamente che le plusvalenze da conferimento non concorrono a formare base imponibile rilevante ai fini IRAP. Prima della riforma, inoltre, non si poneva nemmeno la questione degli effetti del conferimento in regime di neutralità in quanto i valori accolti per la determinazione della base imponibile dell'imposta regionale erano gli stessi riconosciuti ai fini IRES. A seguito dell'introduzione della Legge finanziaria 2008, come abbiamo avuto modo di anticipare, si è verificato uno sganciamento tra le regole di determinazione della base imponibile per le imposte sui redditi da quelle previste per l'IRAP. L'art. 1 comma 50 della Legge 244/2007, per effetto delle modifiche apportate al D.Lgs. 446/97174, ha decretato la determinazione della base imponibile IRAP per le società di capitali sulla base delle voci rilevate in conto economico, prevedendo in parte o in toto, l'irrilevanza delle variazioni 174 Ovvero l'abrogazione dell'art. 11-bis e la sostituzione dell'art. 5 con nuova previsione. 67 apportate a tali voci ai fini delle imposte sul reddito. Poi con l'introduzione dell'art. 5-bis ha confermato, per le società di persone, la sovrapposizione tra la base imponibile IRAP e quella IRES, lasciando però la facoltà ai soggetti di adottare la stessa disciplina prevista per le società di persone175. Da tali premesse non è ingiustificata l'idea che i maggiori valori contabili che vengono iscritti nel bilancio della conferitaria a seguito dell'operazione di conferimento dell'azienda, possano trovare pieno accoglimento nella determinazione della base imponibile IRAP, dato che l'effetto di continuità dei valori fiscali previsto dall'applicazione del regime contenuto all'art. 176 del TUIR, si applica alle imposte sul reddito176. Tuttavia l'Agenzia delle Entrate con la circolare n. 57 del 2008, si esprime in senso contrario, ritenendo che al fine di ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori, la conferita debba ricorrere all'istituto dell'imposta sostitutiva, valevole, come da littera legis, sia ai fini IRES che ai fini dell'IRAP. In coro con l'Amministrazione finanziaria si è espressa anche Assonime con la circolare n. 51 del 2008, per la quale i maggiori valori iscritti a bilancio "se non preceduti da una tassazione a monte" non possono "generare ammortamenti deducibili"177. Tali considerazioni, per altro non pienamente condivisibili, implicano inoltre che gli elementi costituenti il passivo dell'azienda iscritti nei bilanci della conferitaria non possono essere riconosciuti ai fini dell'IRAP, se non per quanto lo erano precedentemente in capo al conferente. Il caso tipico potrebbe essere rappresentato dal fondo costituito dalla conferitaria a seguito dell'emersione di un ammortamento negativo sull'azienda conferita. Sembrerebbe infatti più corretto che l'utilizzazione di tali fondi generassero delle variazioni in diminuzione sulla base imponibile IRAP, nel caso in cui tale utilizzo 175 In merito FORNERO L. Società di persone e imprenditori individuali: opzione per la determinazione dell'IRAP in base al bilancio, in Schede di aggiornamento Eutekne, 4, 2008, pp. 599 e ss. e sempre Fornero L. "Le novità in materia di IRAP", Quaderni di Schede di aggiornamento Eutekne n. 83 pp. 173 e ss. 176 In tal senso MENEGHETTI P., Spazio al riallineamento anche sul bene singolo, il Sole 24 Ore, 20 agosto 2008, pp. 20. 177 Circ. Assonime,n. 51, 2008. 68 fosse rilevato a credito di voci di Conto Economico riconosciute ai fini dell'imposta sulle attività produttive, esattamente come accade ai fini delle imposte sul reddito178. Per le medesime ragioni viste per le plusvalenze da conferimento d'azienda, anche le plusvalenze da cessione di partecipazioni, data la loro natura straordinaria, non concorrono alla formazione della base imponibile IRAP. Tuttavia per le società che svolgono l'attività prevalente di acquisto e cessione di società non operanti nel campo creditizio o finanziario, ovvero le cosiddette holding, tali plusvalenze, rientrando nella ordinaria attività dell'impresa, contribuiscono a norma dell'art. 6, comma 9, del D.lgs n. 446/97, come modificato dalla Legge n. 244/2007, alla determinazione della base imponibile179. 178 ZANETTI E., Manuale delle operazioni straordinarie, Torino, 2013, pp. 436 e ss. BONFINI A. e DE ROSA B., La cessione e il conferimento di aziende - Aspetti civilistici e contrattuali, in AA. VV. Operazioni di finanza straordinaria, a cura di G. Cristofori, ed. Il Sole 24 Ore, Milano, 2010, pp. 213 e ss. 179 69 2. L’imposizione indiretta 2.1. Trattamento IVA L'imposta sul valore aggiunto, mentre trova applicazione nei conferimenti di beni180, non si applica ai conferimenti in società o altri enti di aziende o rami di esse181. In virtù del fatto infatti che l'IVA è un'imposta sul consumo, l'esclusione dei conferimenti d'azienda, come anche della cessione d'azienda, trova la propria ratio nella natura di tali istituti, che è tipicamente quella della riorganizzazione aziendale. Va comunque evidenziato che il legislatore comunitario ha precisato che la mancata imposizione di tali operazioni deve essere corredata dall'intenzione da parte del cessionario o del conferitario di continuare l'attività produttiva dell'azienda, ovvero l'acquisto della proprietà del complesso aziendale non deve essere finalizzato alla sua immediata monetizzazione182. Tuttavia l'eventuale l'esercizio continuità dell'attività produttiva non si presenta come condizione necessaria ai fini dell'esclusione dell'IVA ma piuttosto è la normale conseguenza della mancata configurazione dell'operazione come atto di cessione. Nonostante l'esclusione dal novero delle operazioni imponibili ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, a seguito del conferimento si verificano alcuni effetti rilevanti anche ai fini IVA. Invero nell'operazione di conferimento opera un regime di subentro da parte del soggetto conferitario nelle posizioni fiscali della società conferente, sia con riferimento agli elementi attivi e passivi del complesso aziendale conferito, ma 180 Infatti come precedentemente esposto i conferimenti di beni sono assimilati alle cessioni onerose. L'esenzione è espressamente prevista dal legislatore comunitario nella direttiva CEE 77/388 181 Ai sensi dell'art. 2 comma 3 lett. b) del DPR 633/72. Nella normativa comunitaria in tal senso l'art. 19 della direttiva CE n. 112/2006 dispone che "In caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito o sotto forma di conferimento a una società di una universalità totale o parziale di beni, gli Stati membri possono considerare che non è avvenuta alcuna cessione di beni e che il beneficiario succede al cedente" 182 CGCE, sentenza del 22 febbraio 2001, causa C-408/01, Abbey National 70 anche con riguardo all'attività d'impresa. Nonostante la rilevanza di tale assunto, in Italia è stato recepito e integrato saltuariamente e in modo non organico nel corpo normativo. Invero l'unica norma che regola sistematicamente gli effetti delle operazioni di ristrutturazione ai fini IVA è l'art. 16 della legge 537/1993, la quale disciplinando le scissioni, al comma 11 dispone, in caso di scissioni che comportano il trasferimento di un'azienda o di un ramo aziendale, il trasferimento degli obblighi e dei diritti assunti dall'azienda in capo al beneficiario, nonché, nello svolgimento dell'attività imprenditoriale, la continuità di applicazione dei regimi IVA sugli acquisti e sulle vendite, vigenti precedentemente alla scissione. Tali disposizioni, come chiarito dall'Agenzia delle Entrate nella circolare n. 178/E del 2009 sono analogicamente applicabili a tutte le altre operazioni straordinarie, compresi i conferimenti183. In virtù del principio di continuità introdotto dalla norma la conferitaria quindi subentra al conferente nei diritti e obblighi tributari, come ad esempio l'adempimento ai versamenti per i debiti d'imposta già presenti in liquidazione o il riporto del credito IVA nel successivo periodo. In particolare con riferimento alle operazioni attive la società conferitaria deve applicare le disposizioni procedurali previste dal DPR n. 633/1972, al momento dalla data di efficacia del trasferimento184, salvo adempimenti relativi alla mancata emissione di fatture per prestazioni antecedenti a tale data185. Tali considerazioni sono estendibili anche nei confronti delle operazioni passive. Invero anche nel caso in cui le fatture siano intestate alla conferente, in ottemperanza 183 al principio di continuità, L'amministrazione finanziaria nella citata circolare rileva infatti che " nelle operazioni di scissione e in linea generale, nei casi di operazioni straordinarie o altre trasformazioni sostanziali soggettive, si verifica, ai fini IVA, una situazione di continuità tra i soggetti partecipanti alla trasformazione (fusione, scissione, conferimento, cessione o donazione di azienda, successione ereditaria, ecc.). In particolare, l'articolo 16, comma 11, lett. a), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, nel disciplinare la materia, stabilisce che “gli obblighi e i diritti derivanti dall'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, relativi alle operazioni realizzate tramite le aziende o i complessi aziendali trasferiti, sono assunti dalle società beneficiarie del trasferimento” cit. Agenzia delle Entrate, circolare n. 178/E del 09 luglio 2009. 184 Nell'art. 6 del DPR n. 633/1972 non è contenuta una modalità di determinazione di tale data. Si dovrà a tal fine ricorrere alle disposizioni contenute nel codice civile. 185 In tal senso l'Agenzia delle entrate nella circolare n. 183/E del 1995. 71 l'Amministrazione finanziaria ha ritenuto che la detrazione sarà detraibile dalla società beneficiaria, a nulla rilevando la diversa intestazione della fattura186. La trasmissione degli obblighi e dei diritti può estendersi fino ad ottemperare ad una vera e propria retrodatazione. Invero con riferimento alla dichiarazione annuale dell'IVA, nel caso in cui il conferimento dell'azienda comporta l'estinzione della società conferente, dovranno essere rilevate tutte le operazioni attive e passive rilevanti ai fini dell'imposta, comprese quelle antecedenti alla data dell'efficacia del trasferimento187. Inoltre in tal caso188 è stato precisato dall'Agenzia delle entrate che, dovrà essere trasferita in capo alla società beneficiaria l'eventuale eccedenza di IVA a credito risultante sia dalla dichiarazione annuale, con conseguente diritto al rimborso, che dal periodo precedente, con la possibilità di utilizzarla in compensazione 189. Infine per quanto riguarda i costi sostenuti dai soggetti per il trasferimento dell'azienda, l'art. 19, comma 3, lett. c) del DPR n. 633/1972, consente in deroga alle normali disposizioni, la possibilità di detrarre l'IVA assolta a monte. Se il trasferimento invece avviene attraverso l'operazione di conferimento e successiva cessione di partecipazioni, si applicherebbe il divieto di detrazione contenuto all'art. 19-bis del medesimo decreto. Invero la cessione di partecipazioni da parte di un soggetto che non esercita attività di intermediazione mobiliare si configura a norma dell'art. 2 lett. b) del DPR 633/1972 come operazione esente IVA, in quanto tale attività rileva come estranea all'attività di impresa190. 186 In tal senso l'Agenzia delle entrate nella circolare n. 183/E del 1995, con riferimento alla fattispecie della scissione; tuttavia tale principio è estendibile a qualsiasi "trasformazione sostanziale soggettiva". 187 IAVANIGLIO M., Le operazioni straordinarie nell'IVA, in AA.VV., La fiscalità delle operazioni straordinarie di impresa, a cura di R. Lupi e D. Stevanato, Milano, 2002, pp. 146 e ss. 188 Come esplicitamente previsto dalle istruzioni alla dichiarazione IVA del 2010, se specificato nell'atto di cessione o di conferimento tale previsione si applica anche se la società conferente non si estingue. 189 Ris. Agenzia delle Entrate, n.417/E, 2008. 190 FALSITTA G., Manuale di diritto Tributario, Padova, 2005, pp. 574 e ss. 72 2.2. L'imposta di registro, e le imposte catastali ed ipotecarie L'atto di conferimento dell'azienda è assoggettato alle imposte di registrazione, anche se il complesso aziendale non è composto da beni immobili191. Il presupposto di imposta infatti è variato negli anni, ed è passato dalla configurazione tipica della tassa, a quello dell'imposta. Inizialmente l'imposta di registro era versata dai privati in virtù della prestazione di un servizio da parte di un soggetto pubblico, ovvero la registrazione. Ai fini poi della necessità di maggior gettito192, l'applicazione dell'imposta si è lentamente estesa nei confronti di tutti gli atti giuridici 193 che assumono un rilievo di tipo economico. Tali atti ai fini dell'imposta di registro si dividono essenzialmente tra: atti soggetti a registrazione in termine fisso, con un imposta applicata o in misura proporzionale o in maniera fissa, che va versata entro venti giorni dopo la stipula dell'atto194; atti che sono soggetti alla registrazione in caso d'uso, ovvero imponibili se vengono depositati volontariamente presso uffici pubblici per essere acquisiti ai fini dell'emanazione di un provvedimento amministrativo, esclusi gli atti il cui deposito è obbligatorio per legge; infine atti cui non è richiesta la registrazione, ma volontariamente registrati da chiunque ne abbia interesse.195 191 Ciò anche in ottemperanza al principio di alternatività esistente tra l'IVA e l'imposta di registro. Invero in virtù dell'introduzione dell'IVA, si è reso necessario coordinare tale imposta con l'imposta di registro. Tale contrapposizione si è risolta riconoscendo all'art. 40 del TUR la prevalenza dell'IVA, e prevedendo in presenza di quest'ultima l'applicazione dell'imposta di registro in misura fissa. 192 Osserva infatti MOSCHETTI F. ne Il principio della capacità contribuiva, Padova, 1973, a pp. 232-233 che "Nella grande maggioranza dei casi, il singolo scritto, il singolo atto, il singolo negozio giuridico, il singolo trasferimento, che si vogliono tassare per mezzo di queste imposte, non sono nemmeno indirettamente e per presunzione uno specchio, una manifestazione parziale della capacità economica complessiva" 193 Il concetto di "atto" è inteso nell'accezione più ampia. Invero a differenza dell'imposta di bollo che va versata esclusivamente in presenza di documenti, l'imposta di registro viene applicata a tutte le operazioni e manifestazioni di volontà estrinsecate in forma diversa da quella scritta. Si veda FALSITTA G., Manuale di diritto Tributario, Padova, 2005, pp. 620 e ss. 194 Estesi a trenta giorni per quanto riguarda gli atti di locazione di immobili. 73 Tutti gli atti finalizzati alla riorganizzazione societaria elencati all'art. 4 del T.U. 131/1986 rientrano nella prima fattispecie. In particolare queste operazioni hanno subito numerose innovazioni alla fine del millennio, a seguito dell'adeguamento alla normativa comunitaria che prevedeva per le operazioni di aggregazione aziendale, e per gli aumenti del capitale sociale a seguito di conferimenti di qualsivoglia natura, l'esenzione dalla imposta di registrazione. In tal senso una prima innovazione si è avuta nel 1996 con il D.L. n. 323 del 20 giugno, che ha introdotto per le operazioni di fusione, scissione, o conferimenti di aziende o rami aziendali, l'applicazione dell'imposta fissa. Altro importante intervento normativo è stato effettuato qualche anno più tardi, ad opera della L. n. 488/1999 che ha esteso la previsione dell'imposta fissa anche a tutti i conferimenti di denaro e di beni mobili, con la sola eccezione per i conferimenti di beni immobili ai quali viene applicata l'imposta proporzionale196. Proprio con riferimento ai tali beni pare opportuno fare delle osservazioni. Se per conferimenti o le cessioni dei singoli beni immobili viene applicata l'imposta di registro proporzionale, per quanto riguarda i complessi aziendali composti anche da fabbricati viene applicata l'imposta in misura fissa di 200 euro. Tale impostazione configura una diversità sostanziale di trattamento e nel caso di trasferimento di immobili di valore consistente si verifica una disparità tra l'imposta pagata tramite il conferimento d'azienda e le operazioni di cessione o conferimento dei singoli beni immobiliari. Tale differenza di trattamento, può indurre il cedente o il conferente alla tentazione di riconfigurare l'atto di conferimento o di cessione dei beni, in altre operazioni come quella di conferimento dell'azienda e la successiva cessioni delle partecipazioni ricevute in cambio, al fine di ottenere un risparmio di imposta. Al fine di evitare 195 FALSITTA G., Manuale di diritto Tributario, Padova, 2005, pp. 584 e ss. DOLFIN N. Le imposte di registro, ipotecarie e catastali, in AA.VV., Manuale di diritto Tributario, a cura di G. Falsitta, Padova, 2005, pp. 613-615. 196 74 comportamenti elusivi da parte del contribuente197 all'art. 20 del T.U. n. 131/1986 è stata introdotta una disposizione che afferma l'irrilevanza del nomen iuris ai fini della determinazione della natura dell'atto. In altre parole ai fini dell'imposta di registro, non rileva la configurazione che viene assegnata all'operazione ma piuttosto la "intrinseca198 natura o gli effetti presentati degli atti presentati alla registrazione" oltre che anche elementi extratestuali199. A tale principio si ispira anche l'art. 21 del medesimo T.U., il quale dispone che in presenza di un atto formalmente unico, contenente però più effetti giuridici autonomi e distinti, a ciascuno di essi è soggetto all'imposta di registrazione. Il legislatore in particolare vuole evitare che, al fine di ottenere un risparmio sull'imposta di registro, vengano inseriti in unico atto più operazioni. Sempre nel caso di conferimenti o cessioni aventi ad oggetto immobili o complessi aziendali da essi composti, vanno applicate le cosiddette imposte ipocatastali. In particolare viene applicata l'imposta ipotecaria, la quale si ricollega alle formalità di annotazione e trascrizione nei pubblici registri immobiliari, e l'imposta catastale, collegata invece alle operazioni di volturazione effettuate presso gli uffici catastali. Come per l'imposta di registro, tali imposte, presentano delle differenze nell'imposizione tra i conferimenti e le cessioni di beni immobili, e i conferimenti d'azienda contenenti tali beni. In passato, l'imposta ipotecaria e quella catastale venivano applicate in misura proporzionale, rispettivamente al 2% e all'1% nel caso di cessioni o conferimenti 197 Discussa in giurisprudenza la natura di tali comportamenti. Alcune operazioni infatti risultano essere sul confine tra l'elusione fiscale, e una legittima pianificazione fiscale. Tale considerazioni verranno approfondite nei prossimi capitoli. 198 Tale aggettivo come osserva BEGHIN M. in L'imposta di registro e l'interpretazione degli atti incentrata sulla sostanza economica nell'abracadabra dell'abuso del diritto, GT Riv. di giur. Trib., 2, 2010, pp. 150, l'aggettivo "intrinseca" sta a significare il "contenuto" ovvero la sostanza, e non il "contenitore" ergo l'atto formale. 199 MELILLO C. L'art. 20 del T.U. dell'imposta di registro e gli strumenti di contrasto all'elusione: brevi spunti ricostruttivi a margine di due contrastanti pronunce della giurisprudenza in merito, in Dir. e prat. Trib., 3, 2010. In senso contrario TESAURO F., Istituzioni di diritto Tributario, Milano, 2011, pp. 307 e ss. L'autore sostiene che "in sede di interpretazione non valgono i criteri interpretativi "extratestuali", che invece devono essere tenuti in considerazione nell'interpretazione dei contratti secondo le regole civilistiche." 75 di singoli beni immobili, mentre erano previste in misura fissa, ovvero 168 euro per ciascuna, per i conferimenti di aziende aventi un patrimonio immobiliare. Per tale motivo, si estendevano anche alle imposte ipocatastali le medesime osservazioni fatte in occasione dell'analisi dell'imposta di registro, ovvero risultava anche sotto tale profilo più conveniente conferire aziende costituite da immobili piuttosto che i singoli beni separatamente200. Tuttavia il D.L. n.104/2013 ha riformato la tassazione dei trasferimenti immobiliari a titolo oneroso, e ha previsto, in caso di trasferimenti di immobili assoggettati all'imposta di registro in misura proporzionale, l'applicazione delle imposte ipocatastali in misura fissa di 50 euro ciascuna. Tale modifiche, sul piano dell'imposta catastale e dell'imposta ipotecaria, reso anacronistiche le osservazioni precedentemente riportate, in quanto ora, al contrario, le imposte fisse dovute per i conferimenti d'azienda sono maggiori delle imposte da versare in caso del singolo atto di cessione degli immobili201. Infine per quanto concerne la cessione delle partecipazioni ottenute a seguito del conferimento vi è l'obbligo di registrazione, nel solo caso di contratto che riveste la forma pubblica o in scrittura privata autenticata. Si deve considerare invece soggetta a registrazione in caso d'uso l'eventuale cessione di partecipazioni, mediante contratto in forma di scrittura privata non autenticata. In tali casi si applica l'imposta di registro in misura fissa di 200 euro. 200 DOLCE R. Compravendita di azienda vs. conferimento e successiva cessione della partecipazione alla luce della recente giurisprudenza, in il Fisco, 28, 2010, pp. 4426 e ss. e ZANETTI E., Conferimento d'azienda e cessione della partecipazione ricevuta in cambio, in il Fisco, 6, 2008, pp. 941 e ss. 201 Ad oggi infatti si applica un imposta fissa di 200 euro per ciascun tributo ipocatastale, nel caso di conferimento d'azienda, mentre in caso di cessione del bene immobile, la contribuzione ammonta a 50 euro per ciascuna imposta. 76 Capitolo IV Confronto tra compravendita e conferimento con cessione delle partecipazioni. Considerazioni di sintesi. Dopo aver esaminato nei precedenti capitoli le singole fattispecie del conferimento d'azienda e della cessione di partecipazioni, possiamo ora confrontare l'operazione di conferimento e successiva cessione delle partecipazioni, e la cessione diretta d'azienda, al fine di analizzare i costi e i benefici derivanti dall'adozione di una di tali configurazioni al fine di trasferire un complesso aziendale. Innanzitutto la cessione onerosa d'azienda, comporta sempre, ai fini delle imposte sui redditi, l'emersione di una plusvalenza soggetta a tassazione. Con riferimento alle cessioni effettuate da soggetti esercenti attività di impresa, essa concorre a formare la base imponibile dei redditi di impresa, a norma del comma 2 dell'art. 86 del TUIR. A seconda poi della natura del soggetto, sarà sottoposta a tassazione dell'unica aliquota del 27,5% prevista dall'IRES per le società di capitali, mentre verranno applicate le aliquote progressive previste per l'IRPEF, in caso di società di persone. La plusvalenza viene determinata dalla differenza tra il corrispettivo di vendita pattuito dalle parti202, e il costo fiscalmente riconosciuto dell'azienda. Tra i costi riconosciuti ai fini fiscali, trova anche collocazione l'eventuale avviamento, pagato dal cedente in sede di acquisto e non totalmente ammortizzato nel corso degli anni, prima della cessione203. Le plusvalenze, così determinate, a norma dell'art. 109, comma 2, 202 Tale previsione ha evidenziato perplessità sulla congruità della somma pattuita. La dottrina si è espressa contrariamente alla possibilità da parte dell'Amministrazione finanziaria di censurare l'eventuale accordo per la cessione per un prezzo inferiore a quello di mercato. In tal senso PORCARO G. e STEVANATO D. Cessioni di azienda e partecipazioni rilevanti, in AA.VV., La fiscalità delle operazioni straordinarie di impresa, a cura di R. Lupi e D. Stevanato, Milano, 2002, pp. 170. La giurisprudenza in merito si è espressa sia a favore (si veda la R.M. n. 9/1437 del 1980 e C.T. Regione Lazio n.83/2007) che contrariamente a tale impostazione (in tal senso si segnala la Cassazione n. 4117 nel 2002 e C.T. Provincia di Milano n. 86 del 1999, commentata da RAVACCI M. in GT Riv. di giur. Trib., 2, 2000, pp. 168). 203 In tal senso la Circolare Ministeriale n. 96/E del 2000. Invero appare illogico sia sul piano fiscale che su quello contabile, mantenere l'iscrizione dell'avviamento nei bilanci della società cedente di un avviamento che fa parte di un complesso aziendale ceduto. 77 lettera a) del TUIR, risultano conseguite ai fini delle imposte dirette, dal momento della stipula del contratto di compravendita, o se successivo dal momento del verificarsi dell'effetto traslativo. Come è stato presentato nei precedenti capitoli, la cessione indiretta, si compone di due atti consecutivi; il primo ovvero il conferimento dell'azienda che, in ottemperanza al regime di neutralità previsto dall'art. 176 del TUIR, non genera alcuna plusvalenza fiscalmente rilevante, e successivamente la cessione delle partecipazioni da parte del conferente, le quali se presentano i requisiti previsti per l'esenzione delle plusvalenze, prevista dall'art. 87 del TUIR, faranno emergere a seguito del trasferimento una plusvalenza204 imponibile esclusivamente al 5%. In sede di confronto tra le due fattispecie, si osserva quindi che attraverso l'atto ordinario di trasferimento il soggetto conferente verrà tassato ai fini IRES al 27,5% della plusvalenza, mentre a seguito del conferimento e successiva cessione delle partecipazioni la medesima plusvalenza verrebbe tassata ad un aliquota complessiva del 1,375%205. E' evidente che la convenienza dell'operazione dipende esclusivamente dalla possibilità di applicare il regime di esenzione previsto all'art. 87 del TUIR. Invero in caso di tassazione ordinaria, la plusvalenza da partecipazione concorrerebbe a formare per intero base imponibile, esattamente come avviene per la cessione d'azienda. Con riferimento poi al risparmio effettivo, è doveroso ricordare che, se è vero che il cedente/conferente ottiene un vantaggio fiscale in sede di conferimento a seguito della mancata emersione delle plusvalenze, di contro il conferitario riceverà dei valori fiscali minori rispetto a quelli contabili. A seguito di tali implicazioni, la società beneficiaria, con ogni probabilità, chiederà in sede di 204 Calcolata sulla differenza tra il valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione, e il corrispettivo ricevuto in cambio. Il valore fiscale della partecipazione, ad opera del regime di continuità dei valori fiscali previsti dall'art. 176 del TUIR, è pari a quello dell'azienda conferita. Per approfondimenti si rimanda al capitolo dedicato. 205 DOLCE R. Compravendita di azienda vs. conferimento e successiva cessione della partecipazione alla luce della recente giurisprudenza, in il Fisco, 28, 2010, pp. 4432. 78 contrattazione di ridurre il corrispettivo economico per un importo pari all'incirca all'attualizzazione della maggiore imposta che dovrà versare a seguito del mancato riconoscimento ai fini delle imposte sui redditi dei maggiori valori iscritti a bilancio, o in alternativa per un importo pari all'imposta sostitutiva, che esso dovrà assolvere al fine del riconoscimento di detti valori206. Alla luce di tali considerazioni è evidente che la cessione cosiddetta indiretta è tutt'altro che una "formula magica"207 per poter ridurre il carico fiscale. Proprio coerentemente con tali considerazioni, il legislatore ha escluso l'operazione di conferimento con successiva cessione delle partecipazioni, dall'applicazione della disciplina antielusiva contenuta all'art. 37-bis del DPR 600/1973, configurandola come una operazione di legittima pianificazione fiscale con riferimento alle imposte sui redditi. Le medesime considerazioni possono essere svolte anche su piano dell'IRAP, in quanto sia le operazioni di cessione, di conferimento, e di cessione di partecipazioni non generano alcuna plusvalenza rilevante208, in quanto componenti straordinarie del reddito di impresa209. Anche nella tassazione indiretta si evidenziano differenze di trattamento, sopratutto con riguardo all'imposta di registro, in quanto, per quanto riguarda l'imposta sul valore aggiunto sia la cessione che il conferimento d'azienda (oltre che la cessione delle partecipazioni) sono operazioni fuori campo IVA, per 206 Vedi nota precedente Così ZANETTI E. in Conferimento d'azienda e cessione della partecipazione ricevuta in cambio, in il Fisco, 6, 2008, pp. 942. 208 Fatto salve le cessioni di partecipazioni operate da imprese bancarie e finanziarie, per le quali costituiscono proventi tipici dell'attività di impresa, come desumibile dall'art. 6 del D.Lgs. n. 446/1997. 209 E' doveroso però osservare che anche il principio di neutralità opera anche nei confronti dell'IRAP. Di conseguenza, come affermato dall'Agenzia delle Entrate nella circolare n.57 del 2008, esattamente come avviene per le imposte dirette, non devono essere accolti nella base imponibile IRAP i maggiori valori eventualmente iscritti nel bilancio della società conferitaria a seguito del conferimento (in merito si veda anche Assonime, circolare m. 51 del 2008). Per le stesse osservazioni fatte in merito alle imposte sui redditi, questa minor deduzione in capo alla conferitaria potrebbe incidere sull'eventuale corrispettivo da essa erogata a seguito dell'operazione. Sotto questi termini, l'operazione di cessione indiretta risulterebbe più onerosa di quella diretta, in quanto in caso di mera cessione d'azienda i valori degli attivi e dei passivi troverebbero pieno accoglimento nel bilancio della conferitaria, mentre comunque non si rileverebbe alcuna plusvalenza tra i componenti positivi di reddito rilevanti ai fini IRAP. 207 79 mancanza del presupposto oggettivo, per effetto dell'art. 2, comma 3, lettera b) del DPR n.633/1972. L'atto di cessione di azienda è soggetto all'imposta di registro210, applicata sul valore "di mercato"211, determinata in maniera proporzionale. L'aliquota applicata varia a seconda della composizione del complesso aziendale. Per l'avviamento della azienda si applica, dal 1° gennaio 2014, un'aliquota del 3% per l'avviamento d'azienda, del 9% in presenza di Fabbricati non abitativi, e del 2% per Fabbricati abitativi non di lusso212. Nel caso il contribuente rilevi nell'atto la separata indicazione del corrispettivo pattuito per ogni tipologia di bene, verranno applicate le aliquote separatamente per ciascuna categoria. In mancanza di separata indicazione, l'art. 23 del TUR, prevede che all'intero valore dell'atto vada applicata l'aliquota più alta. In tali casi dunque, nel caso di cessione di azienda avente un patrimonio immobiliare composto da fabbricati non abitativi, verrà applicata un imposta proporzionale del 9%, sul totale del valore di mercato dell'azienda. In mancanza di beni immobili, verrà invece applicata un'aliquota del 3% sullo stesso ammontare. Anche l'atto di conferimento, come abbiamo evidenziato nel precedente capitolo, è soggetto obbligatoriamente a registrazione e quindi è soggetto all'imposta di registro. Tuttavia a differenza della cessione, il conferimento è soggetto all'imposta in misura fissa pari a 200 euro. La disparità di trattamento tra le due operazioni in esame, quindi, è molto più accentuata rispetto a quella emergente nell'imposizione diretta, in considerazione anche del fatto che le cessioni di partecipazioni sono soggette a registrazione solo in caso d'uso. Di conseguenza in caso di cessione d'azienda il cedente si troverà a versare 210 In quanto deve essere obbligatoriamente registrato. L'art. 51 del TUR assume come base per il calcola della plusvalenza il valore "venale in comune commercio". In merito alla determinazione di tale valore la dottrina economica ha elaborato numerosi metodi, i quali devono tener conto delle caratteristiche intrinseche dell'azienda soggetta a elaborazione. Tuttavia l'Amministrazione finanziaria, al fine di rilevare la base imponibile dell'imposta di registro, calcola tale valore considerando i valori degli attivi comprensivi dell'avviamento forfettariamente calcolato, al netto delle passività, risultanti dalle scritture contabili. 212 Nel caso in qui l'azienda ceduta possieda terreni agricoli, se l'acquirente non è un imprenditore agricolo professionale, viene applicata una aliquota più alta, pari al 12%. 211 80 migliaia di euro di imposte di registro, contro le poche centinaia richieste per il conferimento e successiva cessione della partecipazione, ottenendo per altro sostanzialmente i medesimi effetti traslativi. Tali sostanziali differenze hanno attratto negli anni l'attenzione dell'Amministrazione finanziaria, la quale ha spesso attribuito all'operazione di cessione indiretta una natura elusiva ai fini dell'imposta di registro, al di fuori della legittima pianificazione fiscale. Invero a differenza di quanto è previsto per le imposte dirette, non vi è nella disciplina delle imposte indirette alcuna esplicita esclusione dal novero delle operazioni elusive del conferimento con successiva cessione della partecipazioni. E per tali ragioni l'Amministrazione finanziaria, usufruendo dell'art. 20 del DPR 131/1986213 ha frequentemente provveduto ad applicare la maggiore imposta dovuta per l'atto della tipica fattispecie della cessione214. Un ultima considerazione va fatta con riguardo alle imposte ipocastali, da applicare in presenza di beni immobili nel patrimonio dell'azienda conferita. Prima della riforma sui trasferimenti immobiliari del 2013215, valevano le stesse considerazioni che si sono fatte in merito con riferimento alle imposte di registro. Invero in caso di cessione d'azienda, le imposte ipocatastali venivano applicate in misura proporzionale del 2%, per l'imposta ipotecaria, e del 1% per l'imposta catastale, mentre nel caso di conferimento, l'imposta veniva applicata nella misura fissa di 168 euro per ciascuna imposta. Di conseguenza, in presenza di un considerevole patrimonio immobiliare trasferito assieme all'azienda, le imposte pagate per la volturazione e per l'iscrizione degli atti sarebbero state maggiori nel caso di cessione216. A seguito della riforma 213 Il quale, nell'evoluzione giurisprudenziale ha assunto una vera e propria funzione antielusiva. In tal senso la CTP di Treviso, Sez. VII, n. 41 sottolinea che tale norma conferisce all'Agenzia delle Entrate il potere di analizzare e tassare gli atti non in base al loro nomen iuris, ma in base agli effetti giuridici che essi producono. Così BEGHIN M. L'abuso del diritto nella indefettibile prospettiva del "vantaggio fiscale", in Corr. Trib., 41, 2009, pp. 2325 e ss. 214 L'argomento verrà approfondito nei prossimi capitoli. 215 D.L. n. 104/2013 216 Ciò tuttavia con meno evidenza rispetto a quanto avviene nell'imposta di registro. 81 operata dal D.L. n. 104/2013 sulle operazioni di trasferimento di immobili, le imposte ipocatastali, per tutti gli atti soggetti a imposta di registro proporzionale vanno ora versate in misura fissa di 50 euro per ciascun tributo. Di conseguenza, ad oggi, con riferimento alle imposte di trascrizione e volturazione, risulta meno oneroso il trasferimento dell'impresa tramite l'ordinario atto di cessione di impresa. Alla luce di tali osservazioni, possiamo dunque concludere che l'effettivo risparmio fiscale, che può originarsi attraverso la riconfigurazione dell'operazione di cessione in una consecutio di atti, quali il conferimento e la successiva cessione di partecipazioni, è da imputarsi esclusivamente alle differenze di trattamento dei vari negozi giuridici in merito all'imposta di registro. Invero con riguardo alle imposte sui redditi, il vantaggio fiscale è controbilanciato da uno svantaggio in capo alla società conferitaria/cessionaria, dovuto al mancato riconoscimento ai fini dell'IRES e dell'IRPEF, dei maggiori valori iscritti in bilancio in sede di conferimento; mentre con riferimento alle imposte ipocatastali e all'IRAP, non si riscontrano significative disparità di trattamento. 82 Capitolo V - Contestazioni nell’ambito applicativo del regime Pex 1. Il requisito del “Holding Period” Come esposto nei precedenti capitoli, in seguito all'introduzione del regime di partecipation exemption ad opera del D.Lgs. n.344/2003, il legislatore ha introdotto all'art. 176 del TUIR delle disposizioni al fine di coordinare le operazioni di conferimento in regime neutrale e il nuovo regime sulle plusvalenze da cessione di partecipazione. In particolare l'art. 176 del TUIR al comma 4 proprio a tal fine dispone che "Le partecipazioni ricevute dai soggetti che hanno effettuato i conferimenti di cui al periodo precedente o le operazioni di cui all'articolo 178, in regime di neutralità fiscale , si considerano iscritte come immobilizzazioni finanziarie nei bilanci in cui risultavano iscritti i beni dell'azienda conferita o in cui risultavano iscritte, come immobilizzazioni, le partecipazioni date in cambio". Il regime di neutralità quindi prevede l'iscrizione della partecipazione ricevuta a seguito del conferimento, senza peraltro possibilità di diversa opzione, nel bilancio della società conferente nella voce delle immobilizzazioni finanziarie. Tale rilevanza oltretutto si dovrebbe estendere anche con riguardo al requisito a) per l'applicazione del regime di esenzione delle plusvalenze comminato all'art. 87 del TUIR 217, nel senso di poter considerare possedute le partecipazioni, dal momento in cui lo era l'azienda conferita218; ciò sulla base della considerazione che se un asset si assume come iscritto a bilancio, di conseguenza esso dovrebbe risultare anche posseduto219. Un importante spunto normativo in tal senso è offerto dal comma 4 dell'art. 176 del TUIR, il quale con riferimento alle aziende oggetto del 217 In tal senso CIANI F. Conferimenti "realizzativi" di aziende e partecipazioni "qualificate" e interrelazione con il regime della pex, 40, 2005, pp. 6289 e ss. 218 VIOTTO A., Il regime tributario delle plusvalenze da partecipazioni, Torino, 2013, pp.310 219 In tal senso CORASANITI V., Profili Tributari dei conferimenti in natura e degli apporti in società , Milano, 2008, pag. 261. 83 conferimento prevede che esse si "considerano possedute dal soggetto conferitario anche per il periodo di possesso del soggetto conferente". Infatti, il principio per cui l'azienda deve considerarsi posseduta da parte della conferitaria anche per il periodo di possesso maturato da parte del soggetto conferente, è perfettamente coerente con il criterio della neutralità fiscale dell'operazione.220 Tale assunto nondimeno è stato confermato dall'Amministrazione finanziaria nella circolare n. 36/E del 2004 e nella risoluzione n. 227/E del 2009, dove l'amministrazione riconosce che "i requisiti soggettivi di cui alle lettere a) e b) risulterebbero verificati, già alla data del conferimento, a condizione che il soggetto conferente disponesse dell’azienda conferita da almeno dodici mesi, in quanto le partecipazioni rivenienti dal conferimento vengono assunte con un’anzianità pari a quella attribuibile all’azienda conferita." D'altronde se la volontà del legislatore fosse stata quella di rendere necessario un periodo di possesso delle partecipazioni in capo al soggetto conferente, sarebbe poco logico, e di rilievo marginale, la scelta di escludere, per previsione esplicita, l'operazione di conferimento e cessione della partecipazione, dal novero degli atti potenzialmente elusivi. Infatti non si rileverebbe alcun rischio elusivo derivante dalla cessione immediata della partecipazione, in quanto per ricorrere al regime di esenzione delle plusvalenze sarebbe necessario un periodo minimo di possesso. Tali conclusioni tuttavia fanno emergere alcuni problemi in merito alla determinazione dell'istante da cui inizia il computo del periodo di possesso della partecipazione. In mancanza di un espressa previsione nella normativa, in dottrina, alcuni hanno sostenuto la tesi che il computo del holding period deve essere effettuato dal "giorno di chiusura del primo bilancio in cui i beni conferiti risultavano in possesso della 220 TURCHI A., Conferimenti ed apporti nel sistema delle imposte sui redditi, Torino, 2008, pp. 367. 84 conferente"221, in quanto in tale bilancio, per espressa previsione, le partecipazioni ricevute a seguito del conferimento, devono ritenersi iscritte nei bilanci della conferitaria tra le immobilizzazioni finanziarie. Ciò quindi "lascerebbe intendere che debbano anche presumersi "possedute" quantomeno a quella data dal soggetto conferente"222. Tuttavia il quadro normativo attuale sembra suggerire una soluzione più lineare, con pieno riconoscimento delle reciproche posizioni fiscali, dei due soggetti dell'operazione di conferimento. Invero come alla conferitaria viene trasferita l'anzianità dell'azienda maturata, pare equo estendere tale previsione anche in capo alla conferente, con riferimento alle quote ottenute. Infatti è probabile che la mancanza di una espressa previsione in merito derivi più da una svista del legislatore 223, che da una effettiva volontà di richiedere alle partecipazioni ottenute in seguito ad un conferimento, un periodo di possesso in capo al soggetto conferente ai fini dell’applicazione del regime di esenzione224. In particolare sembra più appropriato riconoscere il periodo di possesso dal momento in cui l'azienda è stata costituita o dal momento in cui i beni hanno assunto la connotazione tipica organizzata, finalizzata all'attività d'impresa225. Tale soluzione sembra inoltre più opportuna rispetto alla determinazione del dies a quo in base all'iscrizione dei beni nei bilanci dell'azienda. Invero, la formula "bilanci in cui risultavano iscritti i beni dell'azienda conferita" sembra suggerire che ai fini della determinazione del periodo di possesso della partecipazione sia opportuno dare rilevanza al momento in cui i beni sono stati iscritti nei bilanci aziendali. Tuttavia 221 BARBONE L. Conferimento di azienda e periodo minimo di possesso delle partecipazioni ricevute ai fini della participation exemption, in Dialoghi Trib., 4, 2004, pp. 601 e ss. 222 Vedi nota precedente. 223 Che riproducendo il precedente testo normativo dell'art. 6, comma 4, L. n. 342/2000, non ha posto attenzione alle modifiche che erano state introdotte dal D.Lgs. n. 344/2003 224 TURCHI A., Conferimenti ed apporti nel sistema delle imposte sui redditi, Torino, 2008, pp. 368-369. 225 VIOTTO A., Il regime tributario delle plusvalenze da partecipazioni, Torino, 2013, pp. 311 - 312, cit. e in tal senso anche Assonime, circolare n. 38 del 2005 nella quale osserva che "il possesso delle nuove azioni deve considerarsi risalente - per lo meno ai fini fiscali - all'epoca di costituzione dell'azienda oggetto dell'operazione di apporto". 85 tale interpretazione creerebbe non poche perplessità sia in merito a quale, se il primo o l'ultimo bene iscritto rilevi al fine del calcolo, sia con riferimento ai cespiti non presenti nei bilanci dell'azienda conferita, come ad esempio i beni in leasing226, ma comunque facenti parte del complesso aziendale. Per tale motivo, è più corretto fare riferimento all'azienda nella sua universalità di beni e rapporti giuridici, piuttosto che alle singole operazioni di acquisto e cessione dei vari cespiti che la compongono227. D'altronde, l'Amministrazione finanziaria, più di una volta si è espressa in tal senso. Nella circolare ministeriale n. 320/E del 19 dicembre 1997, disegnando i confini dell'oggetto della fattispecie del conferimento d'azienda, si è affermato che il termine "azienda" è da intendersi, coerentemente con la definizione contenuta all'art. 2555 del codice civile, come un "universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico - economici suscettibili di consentire l'esercizio dell'attività di impresa". Più di recente con la circolare n. 6 del 2006, in merito alla possibilità di rilevare all’interno della medesima plusvalenza quote esenti e quote non esenti, a seconda della composizione del conferimento, l’Agenzia delle entrate ha rilevato che ”Il corrispettivo percepito per la cessione costituisce un valore riferito all’azienda intesa come unitario complesso di beni da cui origina una plusvalenza che non si può identificare con quella relativa alla cessione delle partecipazioni che ne fanno parte”. Proprio in conformità con tali corrette osservazioni dunque, sembra opportuno rilevare ai fini del computo del periodo di possesso 226 Si rileva oltretutto che non pare corretto sostenere che i beni in leasing non trovano iscrizione nel bilancio. Infatti l’art. 2427 prevede, per i beni in locazione finanziaria, la loro rilevazione nella nota integrativa. 227 Di tale avviso anche A., Conferimenti ed apporti nel sistema delle imposte sui redditi, Torino, 2008, pp. 368 e BARBONE L. Conferimento di azienda e periodo minimo di possesso delle partecipazioni ricevute ai fini della participation exemption, in Dialoghi Trib., 4, 2004, pp. 604-606. 86 dell'azienda il momento in cui si è costituita, ovvero da quando si sia configurata a seguito dell’organizzazione dei beni e dei mezzi che la compongono228. 2. Il requisito della commercialità A differenza di quanto è stato riportato per i requisiti cosiddetti oggettivi, nulla viene precisato nell’art. 176 del TUIR in merito ai requisiti c) e d) presenti all’art. 87 del TUIR, i quali peraltro devono sussistere ininterrottamente dall’inizio del periodo di imposta precedente a quello del realizzo. Il problema sussiste principalmente nel caso in cui la società conferitaria non abbia già da sé maturato il periodo triennale richiesto dalla norma in quanto, a titolo di esempio essa è neo-costituita, oppure ha modificato la propria residenza nel corso del periodo. In particolare ci si chiede se a seguito del conferimento di una azienda avente i requisiti richiesti per la partecipation exemption, si possa verificare un trasferimento alla conferitaria di tali caratteristiche, assieme al loro possesso maturato in passato in capo al cedente. Per le caratteristiche del regime di neutralità, ampiamente esposte nei precedenti capitoli, e in via analogica per quanto si verifica nel caso del primo requisito, parte della dottrina229 sostiene che il regime di neutralità contenuto all'art. 176 del TUIR, comporta il trasferimento del periodo triennale di possesso dei requisiti di commercialità e di residenza che in realtà erano maturati solo in capo alla conferente. Ciò in virtù del principio di continuità illustrato nella circolare dell'Agenzia delle entrate n.36/E del 2004, il quale può essere interpretato 228 La giurisprudenza si è espressa a favore del riconoscimento dell’unitarietà dell’azienda anche nei confronti dei beni immateriali. In tal senso la Comm. Trib. Di Forlì n.. 113/1984, la quale ha affermato che l’azienda non ha carattere pertinenziale. in quanto un complesso con tali caratteristiche si rilevano solo beni materiali, aventi inoltre collegamenti di dipendenza in cui una vi è una cosa principale e un'altra accessoria. L’azienda invece è un’organizzazione complessa di beni di diversa natura coordinati tra loro. 229 In tal senso FICARI V., I conferimenti in società a responsabilità limitata nella riforma tributaria, in Rass. Trib., 5, 2005, pp. 740 e ss., MIELE L. Qualche nodo da sciogliere sul conferimento di aziende e di partecipazioni, in Corr. Trib., 30, 2005, pp. 2359 e ss. e VIOTTO A., Il regime tributario delle plusvalenze da partecipazioni, Torino, 2013, pp. 369 e ss. 87 come principio generale che regola il conferimento d'azienda in regime di neutralità. Di conseguenza, tale principio dovrebbe consentire l'estensione anche dei requisiti di territorialità e di commercialità in quanto, con riferimento a quest'ultimo, se la conferitaria subentra al conferente per il periodo di possesso dell'azienda, di conseguenza è come se la società conferitaria abbia esercitato l'attività di impresa, in vece della conferente. In altre parole, se una società conferisce un'azienda con la quale ha esercitato per un periodo ininterrotto di tre anni un'attività commerciale230, la società beneficiaria, anche se neocostituita, subentra sia nel periodo di possesso, sia nel periodo di esercizio dell'azienda, soddisfacendo quindi il requisito della commercialità231. Tali conclusioni, poi, si estenderebbero anche nei confronti del requisito della territorialità. A conclusioni opposte giunge altra autorevole dottrina232, la quale osserva che il principio di piena fungibilità fra i beni di primo e secondo grado si limita al solo trasferimento del periodo di possesso dell'azienda, con limitata valenza quindi ai fini del requisito di cui al comma 1 lett. a) dell'art. 87 del TUIR. Ciò in quanto il regime di neutralità non consente al soggetto conferente di retrodatare il possesso di alcune condizioni completamente indipendenti dalle caratteristiche dell'azienda conferita, che si devono perfezionare autonomamente in capo alla società conferitaria. Invero ciò che rileva ai fini dell'applicazione del regime di esenzione delle plusvalenze, per quanto riguarda il profilo oggettivo, sono le caratteristiche dell'azienda partecipata, ovvero in tal caso la società conferitaria, cui la disciplina fiscale richiede appunto lo svolgimento di una attività commerciale, e la residenza al di fuori di territori a fiscalità privilegiata. Il conferimento in regime neutrale, può consentire la trasmissione del requisito di commercialità, ma non di certo la retrodatazione di 230 In merito alla definizione di attività commerciale si veda cap. III, par. 5 PERROTTA R. Il Conferimento d’azienda, Milano, 2005, pp. 343 e ss. 232 TURCHI A., Conferimenti ed apporti nel sistema delle imposte sui redditi, Torino, 2008, pp. 371 e ss. 231 88 esso. Elementi a sostegno di tale tesi possono essere rinvenuti nel testo del comma 1 dell'art. 176, il quale prevede che il subentro da parte del soggetto conferitario in capo alla situazione della conferente avviene "in ordine agli elementi dell'attivo e del passivo dell'azienda", e non nei confronti di altri elementi come quelli presi in esame. Di questo avviso inoltre, sembra essere anche l'Amministrazione finanziaria, la quale nella già citata circolare n.36/E del 2004, si esprime a favore della retrodatazione nelle operazioni di scissione e fusione dei requisiti di territorialità e di commercialità in capo all'ente emergente, senza però fare alcun riferimento o richiamo alle operazioni di conferimento. Il silenzio dunque dell'Agenzia delle entrate in tale occasione, in merito ai conferimenti, sarebbe la conferma del fatto che si deve escludere la possibilità di retrodatare il possesso dei requisiti oggettivi contenuti all'art. 87 del TUIR. Su tale questione è intervenuta di recente l'Amministrazione finanziaria233, la quale si è espressa a favore dell'estensione delle osservazioni fatte nella precedente circolare 36/E del 2004 in merito alle fusioni e alle scissioni ai conferimenti,consentendo così alle partecipazioni della conferitaria di ereditare i requisiti oggettivi maturati nell'azienda oggetto del conferimento. In particolare nella risoluzione n. 227/E del 2009, l'Agenzia delle entrate osserva che "coerentemente con la ratio che è alla base del disposto di cui al comma 4 dell'art. 176 del TUIR ... si ritiene che il principio di continuità possa essere esteso anche al requisito di commercialità di cui all'articolo 87, comma 1, lettera d), del TUIR" con la condizione però che l'attività commerciale "venga ininterrottamente svolta anche dalla conferitaria fino alla data di cessione della partecipazione e nel rispetto del requisito temporale ai sensi dell'art. 87, comma 2, del TUIR". Le medesime conclusioni infine vengono addotte anche con riferimento al requisito della territorialità la cui sussistenza "analogamente al requisito della commercialità, andrà verificata in capo alla società conferitaria 233 Ris. Agenzia delle entrate, n.227/E, 2009. 89 alla data di cessione della partecipazione e, per il periodo precedente, su proiezione triennale, fino a esaurimento dell'intervallo di osservazione richiesto dal comma 2 dell'articolo 87 del TUIR, anche in capo alla società conferente". In chiusura, coerentemente con le conclusioni prodotte dall'amministrazione finanziaria, si ritiene che sia per quanto riguarda il requisito della commercialità si per quello della territorialità, è possibile trasmettere tali caratteristiche con effetto di retrodatazione, dalla azienda conferita, alle partecipazioni della società conferitaria. Di conseguenza il conferimento in regime di neutralità di un'azienda avente tutte i requisiti richiesti per l'applicazione del regime "pex", consente, ad opera dell'art. 176 del TUIR, l'estensione di detti requisiti anche alla società conferitaria, permettendo quindi al conferente di poter accedere, a seguito della cessione delle partecipazioni ottenute in cambio, di accedere al regime di esenzione contenuto all'87 del TUIR. 90 Capitolo VI - La disciplina antielusiva e l'abuso di diritto 1. L'imposizione diretta e il principio generale di abuso del diritto Attraverso condotte cosiddette "evasive" il contribuente pone in essere dei comportamenti al fine di nascondere in tutto o in parte, la ricchezza da esso prodotta. Il soggetto "evasore" dunque sconta una tassazione inferiore a quella cui sarebbe sottoposto se non avesse tenuto occultato all'amministrazione finanziaria tutta una serie di fatti, atti e attività economiche, mediante la loro omissione in sede di dichiarazione. Il reddito evaso dunque è reale, e il patrimonio è tangibile, e il contribuente li nasconde o nella speranza che non vengano mai scoperti a causa delle inefficienze degli enti verificatori, oppure auspicando in un condono, al fine di scontare una tassazione minore. Sostanzialmente diversa invece è la situazione nel fenomeno dell'elusione fiscale. Infatti contrariamente a quanto avviene per l'evasione, il contribuente non pone in essere un atto o un fatto economico, che secondo l'amministrazione finanziaria, invece avrebbe dovuto concretizzarsi. L'elusione fiscale dunque si configura come un modello di "tassazione differenziale", attraverso il quale il contribuente "elude" un’operazione, adottando dei comportamenti formalmente diversi, ma affini sotto il profilo sostanziale 234, i quali sono sottoposti ad una tassazione ridotta. Tuttavia non tutti i comportamenti che consentono il risparmio di imposta possono essere catalogati come "elusivi". In effetti, ne il legislatore comunitario, ne quello nazionale, vietano al contribuente di scegliere il negozio giuridico più conveniente sul piano fiscale, ne lo vincolano a optare per la scelta più 234 Nella prospettiva della lotta all'evasione fiscale non si chiede una perfetta coincidenza tra due negozi giuridici ma è sufficiente un somiglianza, o un analogia in conformità con la struttura dell'imposta presa in considerazione. FALSITTA G., Manuale di diritto Tributario, Padova, 2005, pp. 223 e ss. 91 onerosa235. Invero, con esclusione di operazioni finalizzate a nascondere totalmente o parzialmente atti e fatti giuridicamente rilevanti e operazioni eccessivamente "funamboliche", in presenza di più regimi fiscali alternativi proposti dalla disciplina per una certa operazione, il contribuente è libero di scegliere per la soluzione fiscalmente meno onerosa, in attuazione di una legittima "pianificazione fiscale" 236. Nonostante vi sia una sovrapposizione tra le operazioni cosiddette elusive e le legittime scelte del contribuente tra più regimi è possibile delineare un confine che separa le due fattispecie 237. Invero, soluzioni eccessivamente "convenienti" da un punto di vista fiscale, saranno censurate dal legislatore nel momento in cui verranno considerate contrarie ai principi dell'ordinamento tributario. Per configurarsi elusiva quindi un'operazione, non solo deve generare un risparmio di imposta, a seguito della scelta tra più configurazioni e regimi, ma tale "vantaggio238" dovrà configurarsi come incompatibile con i principi generali della disciplina fiscale. Riassumendo, il termine "elusione" definisce "la minimizzazione del prelievo che il soggetto realizza abusando di forme tipizzate da effetti pienamente leciti e meritevoli di tutela da parte dell'ordinamento giuridico"239 mentre vi è legittimo risparmio fiscale quando "tra i vari comportamenti posti dal sistema fiscale su un piano di pari dignità, il contribuente adotta quello fiscalmente meno oneroso"240. Non è quindi la forma utilizzata che da origine al fenomeno, ma piuttosto l'uso che se 235 Nella sentenza C-196/04 Cadbury Schweppes infatti, viene elevato a principio generale il diritto della libertà di scelta nello svolgimento di un'attività economica, anche sulla base di scelte di carattere fiscale. In merito si veda BEGHIN M., La sentenza Cadbury Schweppes e il "malleabile" principio di libertà di stabilimento, Rass. Trib., 2007, 983 ss. 236 Oltre che accettati e proposti dal sistema, e privi di forzature o limitazioni. 237 Il confine tra l'elusione fiscale e il legittimo risparmio di imposta è riconosciuto anche dalla giurisprudenza di legittimità. In tal senso si segnala STANCATI G., il dogma comunitario dell'abuso della norma Tributaria, in Rass. Trib., 2008, pp. 776 e ss., in commento alla Cass. Sez. Trib. 4 aprile 2008, n. 8772. 238 Il vantaggio fiscale deve rilevarsi dal confronto sia giuridico che economico di due o più regimi, o configurazioni, in quanto le valutazioni economiche sono eccessivamente elastiche, imprecise, e poco "garantiste" dal punto di vista della certezza degli effetti giuridici. In tal senso BEGHIN M. L'elusione fiscale e il principio del divieto di abuso del diritto, Milano, 2013, pp. 8 e ss. 239 TABELLINI P. M., L'elusione fiscale, Milano, 1988, pp. 20 240 Relazione governativa al D.Lgs. n. 358 del 1997 92 ne viene fatto. Al fine di contrastare l'adozione da parte dei contribuenti di comportamenti elusivi, il legislatore ha introdotto l'art. 37-bis, comma 2, del DPR n.600/1973, il quale consente all'amministrazione finanziaria di disconoscere gli eventuali vantaggi fiscali, ottenuti mediante atti, fatti o negozi giuridici anche tra loro connessi, e che sono diretti ad aggirare obblighi o divieti presenti nella disciplina tributaria, al fine di conseguire riduzioni o rimborsi di imposta altrimenti indebiti e privi di valide ragioni economiche241. In particolare l'art. 37bis del DPR 600/73 fa riferimento esplicito a riduzioni o rimborsi di imposta "altrimenti indebiti", dove il termine "indebiti" deve interpretarsi come "non dovute sulla base delle indicazioni sistematiche". Quindi come osserva autorevole dottrina242 la normativa antielusiva mira a colpire "risparmi di imposta "patologici" lasciando altrimenti impregiudicata la scelta - da parte dei contribuenti - del comportamento fiscalmente meno oneroso"243. La stessa Amministrazione finanziaria, al fine di delineare un netto confine tra operazioni elusive e lecita pianificazione fiscale, ha individuato quattro distinte e tassative condizioni che devono contemporaneamente verificarsi per applicare la censura prevista dall'art. 37-bis del DPR 600/1973. In particolare devono verificarsi comportamenti: che comportano l'utilizzo di uno o più atti tra quelli elencati al comma 3 dell'art. 37-bis; privi di valide ragioni economiche; 241 In tal senso FALSITTA G., Manuale di diritto Tributario, Padova, 2005, pp. 224 e ss, STEVANATO D., Scissione proporzionale e "valorizzazione" del patrimonio immobiliare, Dir. prat. Trib. , 1, 2005, pp. 957 e ss. e BEGHIN M. La scissione parziale non proporzionale e l'elusione condizionata, Riv. dir. Trib., 2, 2007 pp. 386 e ss., e la relazione governativa al D.Lgs. n. 358 del 1997. 242 LUPI R., Elusione e legittimo risparmio d'imposta nella nuova normativa, Rass. Trib., 5, 1997, pp. 1100 e ss. 243 Osserva infatti il legislatore nella relazione governativa al D.Lgs. n. 358 del 1997 che la "norma antielusione non può vietare la scelta, tra una serie di possibili comportamenti cui il sistema fiscale attribuisce pari dignità, di quello fiscalmente meno oneroso. In tutti questi casi la scelta della via fiscalmente meno onerosa non è implicitamente vietata dal sistema, ma al contrario esplicitamente o implicitamente consentita, e non è configurabile alcun aggiramento di obblighi e divieti." 93 diretti ad eludere obblighi o divieti dell'ordinamento tributario244; tesi a perseguire un risparmio di imposta disapprovato dall'ordinamento245. Con riferimento alle "valide" ragioni economiche si fa riferimento a motivi che devono ricollegarsi in qualche maniera al programma imprenditoriale, sia direttamente ma anche indirettamente inerenti all'attività d’impresa. Come chiarito infatti dalla relazione governativa al D.Lgs. 358/1997, tale espressione non si riferisce a una validità di tipo giuridico ma piuttosto di carattere economiche e gestionali246 . Proprio alla luce di tali argomentazioni il legislatore, con specifica previsione al comma 3 dell'art. 176 del TUIR, ha deciso di escludere l'operazione di conferimento e successiva cessione della partecipazione dall'applicazione dell'art. 37-bis del DPR 600/73, affermando quindi la non elusività dell'operazione. Innanzitutto, come abbiamo potuto osservare nel precedente capitolo, attraverso la cessione di azienda "indiretta" non si ottiene sul piano dell'imposizione sui redditi alcun vantaggio fiscale rispetto alla cessione diretta d'azienda. Invero, la parziale tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione delle partecipazioni ottenute in seguito al conferimento, è controbilanciata dall'effetto di continuità dei valori fiscali caratteristico del regime di neutralità dei conferimenti. In particolare, il soggetto conferitario, non ottiene il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti eventualmente in bilancio, e di conseguenza, non potrà portare a deduzione i maggiori costi e i maggiori ammortamenti in sede di dichiarazione dei redditi. Vi 244 Per configurarsi un aggiramento degli obblighi o dei divieti previsti dall'ordinamento devono verificarsi una serie di atti, giuridicamente validi, ma con finalità atipiche in modo da realizzare un risultato economico sostanzialmente equivalente a quello assunto dalla norma a presupposto di imposizione. 245 Si sottolinea che non vi è aggiramento di obblighi e divieti e quindi non vi è elusione, quando il contribuente consegue un vantaggio fiscale adottando una delle vie alternative ammesse dal legislatore. In tal senso LUPI R., Manuale giuridico professionale di diritto tributario , Milano, 2011, pp. 295 e ss. 246 MELILLO C. Elusione e abuso del diritto: tra ipotesi di integrazione ed esigenze di una certezza normativa, Dir. e prat. Trib., 3, 2010, pp. 425 e ss. 94 è in sostanza uno spostamento dell'onere fiscale dal soggetto conferente al soggetto conferitario. In secondo luogo, la scelta del legislatore di escludere l'operazione di conferimento e successiva cessione delle partecipazioni, è legata alla natura dell'operazione. Infatti essa, a parere del legislatore, sarebbe idonea a porre in essere operazioni di ristrutturazione e riconfigurazione della struttura operativa di un’azienda. Di conseguenza l'operazione non presenterebbe i caratteri tipici delle operazioni elusive, in quanto ne si verifica alcun indebito vantaggio fiscale, ne in secondo luogo, in linea di principio, si rileverebbe come unico motivo dell'operazione l'ottenimento di una qualche forma di risparmio aziendale, in quanto si riconosce la natura di operazione di riorganizzazione aziendale247. L'art. 37-bis del DPR n. 600/73 non è l'unico strumento utilizzato nella giurisprudenza per il contrasto all'elusione fiscale, anche perché esso per espressa previsione al comma 3 si applica ad un ampio, ma pur sempre limitato numero di operazioni. Con l'evoluzione della disciplina tributaria, sono emersi fenomeni dall'evidente effetto distorsivo ma incensurabili da parte dell'Amministrazione finanziaria, per la loro esclusione dall'elencazione presente nell'articolo citato248. Al fine di reprimere tutti i comportamenti elusivi la giurisprudenza ha progressivamente elaborato un principio generale di "divieto dell'abuso di diritto"249. Il termine "abuso del diritto" viene coniato per la prima volta in occasione della nota sentenza Halifax250 emessa dalla Corte di giustizia 247 TASSANI T. I confini dell'abuso del diritto ed il caso del conferimento di azienda con successiva cessione delle partecipazioni, in Riv. Dir. Trib., 3, 2011, pp. 329 e ss. 248 Ad esempio il ben noto fenomeno di dividend washing ovvero l'acquisto la cessione e riacquisto di azioni, sfruttando lo stacco della cedola. In merito si veda BEGHIN M., Le ragioni economiche tra difetto di causa contrattuale ed elusività dell'operazione, in Corr. Trib., 2007 pp. 2699 e ss. 249 Tale principio a differenza di molti ordinamenti europei non trova espressione in una norma specifica. Nella nostra disciplina infatti sono rinvenibili solo norme specifiche a ratio antielusiva come l'art. 37-bis del DPR n. 600/73. TESAURO F. Elusione e abuso nel diritto Tributario italiano, in Dir. e prat. Trib., 4, 2012, pp. 694 e ss. Di particolare ispirazione, in merito, per la giurisprudenza è stato l'ordinamento tedesco. In merito VANZ G., L'elusione fiscale tra forma giuridica e sostanza economica, Rass. Trib., 5, 2006, pp. 1606 e ss. 250 In tale sentenza il giudice comunitario ha affermato che, in merito all'IVA, il soggetto passivo non detiene il diritto di detrarre l'IVA versata a monte quando la detrazione deriva da un comportamento abusivo. 95 delle comunità europee (CGCE) il 21 febbraio del 2006251. Con tale pronuncia la Corte ha disposto che l'interpretazione della normativa comunitaria non deve mai superare i limiti definiti dall'abuso di diritto, e che l'esercizio delle libertà concesse dal diritto comunitario non possono consentire l'aggiramento delle normative interne dei singoli Stati Membri. In particolare, la sentenza osserva che si verifica "abuso del diritto quando si invocano le disposizioni del diritto comunitario per evadere la normativa nazionale e per conseguire agevolazioni in modo che contrasta con gli scopi e con le finalità di quelle stesse disposizioni". La Cassazione, alla ricerca di un principio generale per contrastare le condotte abusive, ne ha determinato l'applicabilità nel diritto interno252. Con una serie di numerose sentenze253 tale clausola implicita è stata estesa dalle imposte armonizzate alle imposte dirette destando non poche perplessità alla dottrina maggioritaria254. Invero in tutte le sentenze che hanno avuto seguito dopo la sentenza della CGCE, il divieto di abuso del diritto è stato sempre definito in modo tutt’altro che preciso e risultava sostanzialmente diverso rispetto al principio espresso dalla corte comunitario. La Cassazione, nelle sentenze in commento, ha recepito solo in parte gli elementi costitutivi della clausola disegnata dal giudice comunitario, eliminandone completamente uno. Viene infatti affermato che una condotta deve giudicata dando rilievo al solo aspetto sostanziale, e deve considerarsi "abusiva" quando il suo fine ultimo è l'ottenimento di un vantaggio fiscale. Questo tuttavia risulta essere solo il secondo degli elementi fondanti del principio enucleato dalla corte comunitaria 251 Sentenza C-255/02 del 21 febbraio 2006. Sull'argomento PICCOLO C. Abuso del diritto ed Iva: tra interpretazione comunitaria ed applicazione nazionale, in Riv. dir. Trib., 3, 2006, pp. 1040 e ss. 252 Cass. n. 10352 del 5 maggio 2006, commentata da LA ROSA S. Sugli incerti confini tra l'evasione, l'elusione e l'assenza del presupposto soggettivo Iva, in Riv. dir. Trib., 2, 2006, pp. 619 e ss. 253 Si veda su tutte Cass. n. 21221 del 29 settembre 2006. 254 In tal senso BEGHIN M. L'inesistente confine tra pianificazione, elusione e "abuso del diritto", Corr. Trib., 22, 2008, pp. 1777 ss., ZIZZO G. L'abuso dell'abuso del diritto, GT Riv. di giur. Trib., 6, 2008; STANCATI G. Il dogma comunitario dell'abuso della norma tributaria, Rass. Trib., 3, 2008; CONTRINO A. Il divieto di abuso del diritto fiscale: profili evolutivi, asseriti fondamenti giuridici e connotati strutturali, Dir. e prat. Trib., 1, 2009. 96 nella sentenza del 2006. Il primo, completamente omesso nelle sentenze della Cassazione, riguarda il vantaggio fiscale eventualmente ottenuto, il quale deve porsi in contrapposizione con le finalità dell'imposta o delle imposte evase. Ulteriori perplessità si rilevano sulle sentenze emesse dalla Cassazione in riferimento all'applicabilità del principio di divieto di abuso del diritto all'ordinamento italiano. Infatti tale principio non fa parte dei principi generali presenti nel Trattato CE, e riguarda esclusivamente imposte armonizzate di carattere comunitario. Nella stessa sentenza Halifax, d'altronde, è affermato che "gli interessati non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente del diritto comunitario", e quindi le conclusioni espresse dal CGCE non possono che essere imputate esclusivamente a fattispecie direttamente o indirettamente regolate dalla normativa comunitaria255. Di conseguenza si è osservato che il principio elaborato dal giudice comunitario non può trovare applicazione nell'ordinamento nazionale, se non violando l'art. 11 e 23 della Costituzione, e quindi il principio di abuso del diritto, con riferimento alle norme interne, non può che avere origine che dalla medesima fonte256. A fronte di tali rilievi, vi ha posto rimedio la stessa Corte di Cassazione a sezioni unite, che con alcune sentenze nel 2008257, ha rideterminato la definizione di "abuso del diritto" ed ha individuato la sua origine nella Costituzione Italiana. Invero secondo la Corte, il divieto di abuso del diritto tributario, è un principio generale implicito nell'ordinamento italiano, che si origina dai principi costituzionali che definiscono il nostro sistema tributario. In particolare si fa riferimento al 255 CONTRINO A. Il divieto di abuso del diritto fiscale: profili evolutivi, (asseriti) fondamenti giuridici e connotati strutturali, Dir. e prat. Trib., 3, 2009, pp. 468 e ss. In tal senso anche MELILLO C. Elusione ed abuso del diritto: tra ipotesi di integrazione ed esigenze di certezza normativa, Dir. e prat. Trib., 3, 2010, pp. 413 e ss. e CARPENTIERI L. L'ordinamento Tributario tra abuso e incertezza del diritto, in Riv. dir. Trib., 1, 2008, pp. 1059 e ss. 256 Orientamento per altro confermato indirettamente dalla stessa corte di giustizia CE nella sentenza della causa C-321/05 Kofoed. Interessanti commenti in merito di ANDRIOLA A. Quale incidenza della clausola anti-abuso comunitario nella imposizione sui redditi in Italia?, Rass. Trib., 1, 2008, pag. 261. 257 Cass. n. 8772 del 4 aprile 2008, Cass. n. 10257 del 17 ottobre 2008, Cass. n. 23633 del 15 settembre 2008 e Cass. n. 25374 del 17 ottobre 2008. 97 "principio di capacità contributiva", contenuto al comma 1 dell'art. 53 della costituzione, e al "principio di progressività dell'imposizione", al comma 2 del medesimo articolo, che fungono da perno di tutta la disciplina tributaria, sia con riguardo alle norme impositive, che alle norme che determinano vantaggi fiscali. Di conseguenza, a parere della Corte di Cassazione, "non può non ritenersi insito nell'ordinamento, come diretta derivazione delle norme costituzionali". Tale impostazione è stata totalmente recepita nelle successive sentenze della Cassazione258, le quali oltretutto, hanno rafforzato la tesi sulla base costituzionale del "principio dell'abuso del diritto", integrando tra le motivazioni addotte, anche "il principio di utilità sociale" contenuto al comma 2 dell'art. 41 della Costituzione259. Infatti, nella sentenza n. 8487 del 2009 la Corte sostiene che "è evidente che una operazione economica realizzata al solo fine di ottenere un risparmio fiscale (a prescindere da connotazione di fraudolenza) è una operazione che contrasta con l'utilità sociale, sia nel senso che lede il principio di solidarietà, sia nel senso che determina una indebita riduzione del gettito fiscale"260. Come osservato da autorevole dottrina261, tuttavia, anche la nuova configurazione della clausola antiabuso del diritto, produce non pochi distortivi nell'ordinamento tributario. Invero stante la definizione di abuso del diritto e quella dell'elusività contenuta all'art. 37-bis, si verifica una netta sovrapposizione tra le due fattispecie. Nella sentenza n. 1465 del 2009 infatti la Suprema Corte, ai punti 4, 5 e 6 afferma che "L'abuso costituisce una modalità 258 Cass. n. 1465 - 8481 - 8487 del 2009 Cass. n. 8487 del 2009 260 Conclusioni per altro criticate dalla dottrina essenzialmente per due ordini di motivi. Innanzitutto perché l'obbligo tributario sorge solo per effetto di quanto stabilito nelle leggi ex. art. 23 Cost., e l'obbligo di rispettarle non si fonda sull'art. 53 Cost. . In secondo luogo l'art. 53 Cost. al secondo comma non pone limiti al contribuente, ma bensì al legislatore, al quale viene richiesto di legiferare sul diritto Tributario nel perseguimento dei fini solidaristici e della giustizia sociale. In tal senso BEGHIN M. L'abuso del diritto tra capacità contribuiva e certezza dei rapporti fisco-contribuente, Corr. Trib., 11, pp. 341 e ss. . A favore dell'interpretazione proposta dalla Corte si esprime invece FALSITTA G. in L'interpretazione antielusiva della norma Tributaria come clausola immanente al sistema, e direttamente ricavabile dai principi costituzionali in Corr. giur., 2009, pp. 298-299. 261 BEGHIN M., L'abuso del diritto tra capacità contribuiva e certezza dei rapporti fisco-contribuente, Corr. Trib., 11, pp. 341 e ss. 259 98 di "aggiramento" della legge tributaria utilizzata per "scopi non propri" con forme e modelli ammessi dall'ordinamento giuridico". L'impressione da parte della dottrina è che l'espressione "scopi non propri" sia perfettamente sovrapponibile all’asistematicità prevista dall'art. 37-bis del DPR n. 600/73. Invero esattamente per quanto previsto per le operazioni elusive nella norma antielusiva generale, anche nell'abuso di diritto ciò che rileva non sono tanto gli strumenti giuridici utilizzati, ma il risultato conseguito a seguito dell'operazione. Altra analogia si rileva nel confronto tra fattispecie concretamente posta in essere e la fattispecie ipotetica, necessario sia per rilevare l'eventuale elusività di uno o più atti, che per individuare casi di "abuso del diritto"262. Al fine di rimuovere le perplessità legate all'esistenza contemporanea di una clausola generale anti-elusiva scritta e un principio analogo ovvero il divieto dell'abuso di diritto che non trova espressa previsione nella disciplina tributaria263, in qualità di Presidente della Commissione Parlamentare di Vigilanza sull'Anagrafe Tributaria264, Maurizio Leo presentò nel 2009 una proposta di modifica all'art. 37-bis del DPR n. 600/73265 al fine di integrare la fattispecie dell'abuso del diritto all'interno della disciplina, facendo perno su tre punti fondamentali: L'inapplicabilità di alcuna sanzione amministrativa penale; garanzie per il contribuente; impossibilità dell'applicazione d'ufficio da parte del giudice. 262 MARONGIU G. L'elusione nell'imposta di registro tra abuso del diritto e l'abuso del potere, Dir. e prat. Trib., 1, 2008, pp. 1083 e ss. 263 Rilevate dalla quasi totalità della dottrina. In tal senso si veda ZIZZO G. L'abuso dell'abuso del diritto, GT Riv. di giur. trib., 6, 2008, pp. 465 e ss., ARMELLA S. e UGOLINI L. Gli aspetti critici dell'abuso del diritto nell'imposizione indiretta, Corr. Trib, 3, 2012, pp. 218 e ss., LA ROCCA S., L'abuso del diritto dalle orgini storiche (nel diritto civile)alla evoluzione più attuale, come strumento di lotta ai fenomeni distorsivi, Boll. Trib. Info., 18, 2011. 264 Nella XVI Legislatura. 265 Proposta di legge n. 2521 del 18 giugno 2009, "modifica dell'art. 37-bis e l'integrazione del principio dell'abuso del diritto". In merito M. Leo "Abuso del diritto e interventi legislativi possibili" , il Fisco n. 18/2009 pp. 2839 e ss. 99 Secondo Leo tale "intervento normativo (era) teso innanzitutto a chiarire che la soluzione da considerare corretta, dal punto di vista fiscale, non può essere sempre e comunque quella più onerosa. Un risparmio d'imposta è illegittimo solo se il contribuente fa un uso distorto degli strumenti negoziali messi a disposizione".A prescindere dalla proposta di legge, che non ha trovato accoglimento266, sembra auspicabile che vi sia un intervento normativo che tracci chiaramente i confini dell'abuso del diritto, perché il richiamo ai principi costituzionali spesso effettuato nelle sentenze, rischia di avere gravi effetti incontrollabili in sede di contenzioso267. Invero la presenza di un principio implicito e non chiaramente delineato all’interno della disciplina tributaria mina fortemente la "certezza" del diritto268 ponendo problemi di coordinamento tra la normativa espressa e quella implicita della giurisprudenza. In particolare ammesso che è insito nel sistema tributario un principio non scritto contrario all'abuso del diritto, va chiarito innanzitutto se l'emersione di una condotta "abusiva" possa comportare l'erogazione si sanzioni amministrative o penali. In secondo luogo in mancanza di una previsione ben delineata, vi è il rischio concreto che possano verificarsi accertamenti privi delle tipiche tutele procedurali contenute nella normativa antielusiva. Sulla prima questione sembrerebbe prevalere la tesi della non applicabilità delle sanzioni in quanto sia nel caso Halifax, deciso dalla CGCE, sia nelle già citate sentenze n. 8487 e n. 12042 della Corte di Cassazione nel 2009, in quanto con riguardo ai fenomeni dell'abuso del diritto e dell'elusività già il recupero della tassazione di per sé è una sanzione. In merito alla seconda questione sia la CTP di Milano Sez. XLII 266 Come d'altronde una seconda proposta presentata dal Consiglio dei Ministri il 23 marzo 2012. BEGHIN M., L'abuso del diritto tra rilevanza del fatto economico e poteri del magistrato, Corr. Trib. , 40, 2009, pp. 3288 e ss. e Note critiche a proposito di un recente orientamento giurisprudenziale incentrato sulla diretta applicazione, in campo domestico, del divieto di abuso del diritto, Riv. dir. Trib., 2, 2008, pp. 465 e ss. e CONTRINO A., Il divieto di abuso del diritto fiscale: profili evolutivi, asseriti fondamenti giuridici e connotati strutturali, Dir. e prat. Trib., 1, 2009, pp. 463 e ss. 268 In tal senso M. BEGHIN L'abuso e l'elusione fiscale tra regole "scritte", giustizia Tributaria e certezza del diritto, Corr. Trib., 17, 2012, pp. 1298 e ss. 267 100 che quella di Genova Sez. I si sono espresse 269 a favore dell'applicabilità delle procedure introdotte all'art. 37-bis. La Corte ha osservato che: "Le garanzie procedimentali rafforzate introdotte dall'art. 37-bis devono applicarsi ad ogni caso di elusione fiscale, anche se contestata sulla base del principio generale dell'abuso del diritto.".270 2. Imposta di registro, ipotecaria e catastale. L'utilizzo antielusivo dell'art 20 del DPR n 131/1986 Nel capitolo dedicato al confronto tra cessione del complesso aziendale e conferimento e successivo trasferimento delle partecipazioni, si è evidenziato come, l'eventuale risparmio d’imposta derivante dalla cessione cosiddetta "indiretta", è generato principalmente dall'applicazione dell'imposta fissa di registro anziché di quella proporzionale prevista invece per l’ordinaria cessione d'azienda. Tale risparmio è di frequente contestato dall'amministrazione finanziaria attribuendo all'operazione una connotazione elusiva ai fini dell'imposta di registro, nonostante il legislatore, con espressa previsione all'art. 176 del TUIR ne abbia escluso la natura elusiva, sottraendola inoltre dall’applicazione della disciplina antielusiva contenuta all'art. 37-bis del DPR n. 600/73. L'amministrazione finanziaria, infatti, giustifica le proprie pretese facendo emergere in sede di contraddittorio l'inapplicabilità della previsione di cui all'art. 176 del TUIR, in quanto norma riferibile esclusivamente alle imposte sui redditi271. Malgrado risulti inconcepibile riconoscere la legittimità di un operazione con riferimento alle imposte dirette, e allo stesso tempo contrastarla 269 Rispettivamente sentenza 21/02/2011 n. 54 e sentenza 24/01/2011. CTP di Milano (Sez. XLII), sentenza 21/02/2011 n. 54 271 In tal senso DEZZANI F. e DEZZANI L., Conferimento di azienda e successiva cessione della partecipazione: operazione elusiva ai fini dell'imposta di registro, in il Fisco, 17, 2013, DEPIRRO R. e PALLADINI G., Conferimento di azienda e successiva cessione delle quote ed elusione, in il Fisco, 36, 2012. 270 101 con riguardo all'imposizione indiretta, in merito alla questione, vi sono ancora sentenze a favore dei rilievi effettuati dagli Uffici verificatori. A titolo di esempio, la CTR della Lombardia, con la sentenza n. 36 del 3 marzo 2011 ha respinto il ricorso di una società che si opponeva ad un avviso di liquidazione ai fini dell'imposta di registro. L'Amministrazione finanziaria, in sede di accertamento aveva riqualificato l'operazione di conferimento d'azienda e successiva cessione delle partecipazioni come cessione di ramo di azienda, fondando la propria pretesa sul fatto che il conferimento e la cessione delle partecipazioni sono avvenute nel medesimo giorno. La contestualità quindi sarebbe stata un aspetto indiziario della natura elusiva della complessa operazione. In particolare i giudici avrebbero sancito la riqualificazione della serie di atti posti in essere, in una unica operazione di cessione, attraverso l'applicazione dell'art. 20 del DPR n. 131/86. Tale articolo, che assume una posizione centrale nella disciplina dell'imposta di registro, definisce il principio generale d’interpretazione dell'atto ai fini dell'imposizione del tributo, tipico dell'ordinamento romanistico, per cui nelle convenzioni la realtà prevale sull'apparenza272. In specie, la norma prevede che al fine di determinare il regime impositivo si deve dare rilevanza, non alla conformazione giuridica formale decisa dalle parti, ma alla sua sostanza e ai suoi effetti giuridici. La disposizione è nata inizialmente con l'intento di colpire il negozio giuridico realmente dentro all'atto nei casi di discordanza tra scriptum e gestum ma presto ha cambiato direzione. D'altronde era chiara fin da subito la vasta portata della norma. Essa infatti è evidente prova della malcelata diffidenza nei contratti privati, da cui la necessità di soprasedere la forma e rilevare invece l'effetto economico e giuridico perseguito dalla parti273. Su tale linea interpretativa se n’è innestata un'altra che, come 272 "In conventionibus contrahentium voluntatem potius quam verba spectari placuit" ovvero "Nelle convenzioni si deve aver riguardo alla volontà dei contraenti piuttosto che alle loro parole" 273 CARINCI A., La rilevanza fiscale del contratto tra modelli impositivi, timori antielusivi e fraintendimenti interpretativi, Rass. Trib., 5, 2014, pp. 976 e ss. 102 logica evoluzione interpretativa, assegnava all'art. 20 del TUR una portata antielusiva274. Tale impostazione tuttavia viene fortemente criticata da parte della dottrina. Invero è importante precisare che la norma, si riferisce ad un imposta che grava su un atto e non sul negozio giuridico implicito, ed ha una funzione interpretativa dell'atto e non ha portata antielusiva. In altre parole, la norma non permette di riqualificare le operazioni poste in essere dal contribuente al fine di rilevarne l'elusività. La ratio normativa è quella di permettere all'Amministrazione finanziaria di applicare la corretta imposta facendo riferimento limitatamente all'atto in oggetto275. A titolo di esempio sarà possibile riqualificare un conferimento di azienda in un conferimento di immobili o viceversa, ma non snaturare il negozio giuridico adottato. Invero la norma fa esplicito riferimento agli effetti giuridici e a quelli economici dell'atto, e di conseguenza non potrà intervenire sull'aspetto civilistico di esso. Nonostante tali osservazioni, negli ultimi anni, numerose sentenze hanno comunque proteso a favore della natura antielusiva dell'art. 20 del TUR, fino al 2013 quando la Cassazione nella sentenza n. 15319 del 19 Giugno del 2013, crea un punto di rottura rispetto alle precedenti posizioni 276. La Corte, nel decidere la controversia, osserva che vi è la necessità di attribuire "preminenza al dato giuridico, dell'effettiva causa negoziale dell'atto sottoposto a registrazione rispetto al relativo assetto cartolare" concludendo che l'art. 20 del TUR "esprime la precisa scelta normativa di assumere, quale oggetto del rapporto giuridico tributario inerente a dette imposte, gli atti registrati, in considerazione non della loro consistenza documentale, ma degli effetti giuridici prodotti", confermando in 274 PURI P. Il fantasma dell'art. 20 del TUR sulle cessioni di partecipazioni di controllo (riclassificate come cessione di azienda, GT Riv. di giur. Trib., 1, 2015, pp. 71 e ss. 275 GALLIO F. Conferimento - cessione d'azienda e logica del Tributo di registro, Dialoghi Trib., 6, 2010, pp. 669 e ss. 276 RENDA A., L'evoluzione del divieto di abuso del diritto Tributario nell'orientamento della Corte di Cassazione (2011-2013), Rass. di giur., 5, 2013, pp. 907 e ss. 103 qualche modo le precedenti sentenze277. Tuttavia nel respingere il ricorso del contribuente, che aveva evidenziato il mancato rispetto delle procedure previste dall'art. 37-bis del DPR 600/73, e la mancata valutazione delle valide ragioni extrafiscali, la Cassazione afferma che "le censure che muovono, evidentemente, dal presupposto che la previsione del DPR n. 131/1986, art. 20, introduca una clausola antielusiva sono infondate" in quanto la norma "quand'anche ispirata pure a finalità genericamente antielusive, non configura disposizione antielusiva". In tale contesto si inseriscono due importanti decisioni che caratterizzano il contesto giurisprudenziale attuale. L'ordinanza n. 5877/2014 ancora a favore dell'antielusività dell'art. 20, e la sentenza 3481/2014, che prende origine dalla sentenza 15319/2013 appena richiamata, che assume la cosiddetta "teoria della identità degli effetti giuridici". Spostandoci dal piano generale, a quello particolare, in merito all'operazione oggetto della tesi, ovvero il conferimento d'azienda con successiva cessione della partecipazione, le due interpretazioni dell'art. 20 hanno conseguenze assai diverse. Restringendo l'analisi all'anno 2014, in alcune sentenze il giudice ha perseverato lungo l'interpretazione antielusiva della norma, considerando del tutto legittima la riqualificazione dell'operazione in cessione d'azienda ogniqualvolta il contribuente non sia stato in grado di fornire valide ragioni economiche, per giustificare la propria scelta. A titolo di esempio in tal senso la sentenza n. 5877 del 2014, nel quale il giudice di legittimità ha osservato che "il principio secondo cui, in forza del diritto comunitario, non sono opponibili all'Amministrazione finanziaria quegli atti posti in essere dal contribuente che costituiscano abuso del diritto, cioè che si traducano in operazioni compiute essenzialmente per il conseguimento di un vantaggio fiscale, deve estendersi a tutti i settori dell'ordinamento tributario e, 277 STANCATI G., Conferimento di azienda e cessione delle partecipazioni: autonomia degli atti ai fini del registro, Corr. Trib., 6, 2013, pp. 477 e ss. 104 dunque, anche all'ambito delle imposte indirette, prescindendosi dalla natura fittizia e fraudolenta della operazione stessa, essendo all'uopo sufficiente anche la mera prova presuntiva, come nella specie. Pertanto incombe sul contribuente la prova della esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti con carattere non meramente marginale o teorico, come nel caso in esame". Di conseguenza il contribuente potrà superare il vaglio di legittimità nel solo caso in cui riesca a fornire sufficienti ragioni extra-fiscali, come operazioni di carattere riorganizzativo e gestionale. Esse tuttavia sono soggette a procedimenti di carattere valutativo e quindi sottoposte a un sindacato casistico difficilmente circoscrivibile. Altre sentenze invece, in conformità con la tesi espressa dalla già citata Cass. n. 15319/2013, escludono la natura antielusiva dell'art. 20 del TUR, fornendo tuttavia rilevanza all'identità degli effetti giuridici. Da tale principio, con riferimento all'operazione di conferimento e successiva cessione delle partecipazioni, sarebbe dovuta discenderne, coerentemente con quanto esposto, la non operatività della riqualificazione prevista all'art. 20 del TUR. Invero l'acquisto di un'azienda o di partecipazioni presentano effetti giuridici assai diversi in capo al cessionario278, e di conseguenza, in mancanza del presupposto della convergenza delle identità degli effetti giuridici non dovrebbe essere applicato quanto previsto dall'articolo in commento 279. Tuttavia dopo la sentenza n. 15319 del 2013, la giurisprudenza a favore della tesi dell'identità degli effetti giuridici, ha assunto una serie di decisioni280 in netto contrasto con la ricostruzione appena esposta, miscelando una serie di principi 278 Si pensi alla responsabilità dell'acquirente per le passività connesse all'azienda, della "confusione" dei patrimoni, o ancora i valori attribuiti agli asset. 279 In tal senso oltre alla già citata Cass. n. 15319/2013, anche CTP di Milano del 17 luglio 2013 n. 233. Di rilievo MARONGIU G., L'abuso del diritto nella legge del registro tra principi veri e principi asseriti, Dir. e prat. trib., 3, pp. 361 e ss. 280 Sentenza n. 16345 del 28 giugno 2013, sentenza n. 28259 del 18 dicembre 2013 e infine sentenza n.3481/2014 105 incompatibili281, caratterizzate e assimilate solamente dal risultato, ovvero la "soccombenza" del contribuente. Di conseguenza ad oggi, non si può delineare un indirizzo unitario in merito all'elusività dell'operazione di cessione indiretta da parte della Corte di cassazione. Ciononostante in linea teorica è possibile tracciare uno schema riassuntivo: Se la Corte in sede di giudizio, dovesse rilevare la natura antielusiva dell'art. 20 del TUR, il contribuente potrà difendersi dimostrando la presenza di validi motivi economici "extrafiscali", e dovranno essere applicate le tutele procedurali previste all’art. 37-bis del DPR del 600/1973; Nel caso invece venga negata la natura antielusiva dell'art. 20 del TUR, di per sé l'operazione di conferimento e successiva cessione della partecipazione non sarebbe riqualificabile in un unico atto in carenza del presupposto di sovrapposizione tra le identità degli effetti giuridici. Malgrado ciò tale conclusione, come abbiamo visto, è macchiata nelle ultime sentenze da elementi spuri, e non compatibili con la teoria enunciata. E' quindi auspicabile che il giudice di legittimità giunga presto ad un'uniforme interpretazione, al fine di non incrinare ulteriormente la già fragile "certezza del diritto" che caratterizza l'ordinamento tributario italiano.282 281 Come ad esempio il principio dell'identità degli effetti giuridici, integrato dalla mancanza di ragioni extrafiscali, elemento tipico della tesi che rileva la natura antielusiva dell'art. 20 del TUR. 282 FANNI M., Riqualificazione "ex parte fisci" del conferimento d'azienda seguito da cessione di partecipazioni, GT Riv. di giur. trib., 6, 2014, pp. 494. 106 Capitolo VII - Conclusioni L'operazione di conferimento d'azienda e successiva cessione delle partecipazioni, altrimenti conosciuta come "cessione indiretta", si configura nella prassi come un’alternativa all'ordinario negozio giuridico della cessione. Il trasferimento del complesso aziendale avviene, in una prima fase in regime di neutralità, attraverso il conferimento in una "NewCo" o in una società preesistente, e in seguito, le partecipazioni ottenute della società conferitaria vengono cedute ad un terzo soggetto. Le plusvalenze risultanti dalla cessione, in presenza di determinati requisiti, sono sottoposte al regime di esenzione contenuto all'art. 87 del TUIR, e di conseguenza vengono assoggettate solo parzialmente alla tassazione sui redditi. Nel disciplinare tale complessa operazione tuttavia il legislatore ha espressamente previsto la sua esclusione dall'applicazione della norma anti-elusiva contenuta all'art. 37-bis del DPR 600/73. Ciò in virtù del fatto che, con riferimento all'imposizione diretta, la cessione indiretta d'azienda non produce alcun "vantaggio fiscale" netto. Il conferimento in regime di neutralità, infatti non consente il trasferimento dei valori fiscali in capo alla società conferitaria, e di conseguenza, essa otterrà minori ammortamenti e costi da dedurre dal proprio reddito. In sostanza si verifica una traslazione dell'onere fiscale, ovvero dalla tassazione delle plusvalenze in capo al cedente, alle minor deduzioni operabili da parte della società cessionaria. Diversa è la situazione che si configura con riguardo alle imposte indirette. La cessione diretta, infatti, prevede l'applicazione dell'imposta di registro con aliquota proporzionale, mentre, attraverso la cessione indiretta, il tributo trova applicazione in misura fissa. Spesso quindi, tra le due operazioni si crea una netta disparità di trattamento, che giustifica la predilezione da parte degli imprenditori per il negozio traslativo indiretto in fase di cessione dell'azienda. Tale disomogeneità d’imposizione non è passata inosservata agli 107 occhi dell'Amministrazione finanziaria, la quale, in più occasioni ha cercato di contrastare questa perdita di materia imponibile. In mancanza di una norma generale antielusiva, al fine di contrastare il fenomeno in oggetto, la giurisprudenza negli anni si è affidata alla possibilità di riqualificare, per effetto dell'art. 20 del TUR, la successione di atti che compone la cessione indiretta in un unico atto di vendita, ottenendo una conforme applicazione dell'imposta di registro. Oltre a sembrare del tutto illogico considerare legittima un'operazione ai fini delle imposte dirette, salvo poi attribuirle un connotato elusivo, la ricerca costante di aggredire l'imponibile sottratto tramite l'operazione di conferimento di azienda e successiva cessione delle partecipazioni, ha portato nel corso degli anni numerose sentenze che presentano argomentazioni spesso incongruenti o incompatibili, accumunate da un unico risultato, ovvero la soccombenza del contribuente. L'assenza di un'uniforme interpretazione da parte del giudice di legittimità, rende estremamente azzardata l'eventuale scelta del contribuente di avvalersi della fattispecie in esame, in quanto si espone ad accertamenti di dubbio esito da parte dell'Amministrazione finanziaria. Sembra quindi sempre più necessaria la definizione di una linea interpretativa unica da parte della giurisprudenza. Invero la doverosa difesa dei principi costituzionali della capacità contributiva e dell'utilità sociale, non possono prescindere dal requisito fondamentale della certezza del diritto. 108 BIBLIOGRAFIA 1. ANDREANI G. e FRANZESE C., Conferimenti in doppia sospensione d'imposta e cessione della partecipazione ricevuta, il Fisco, 9, 2005; 2. ARMELLA S. - UGOLINI L., Gli aspetti critici dell'abuso del diritto nell'imposizione indiretta, Corr. Trib , 3, 2012; 3. BARBONE L., Conferimento di azienda e periodo minimo di possesso delle partecipazioni ricevute ai fini della partecipation exemption, in Dialoghi Trib., 4, 2004; 4. BEGHIN M., Le modifiche alla "pex" , Corr. Trib., 46, 2007; 5. BEGHIN M., Conferimenti d'azienda e nuove imposte "sostitutive", Corr. Trib., 3, 2008; 6. BEGHIN M., La riorganizzazione delle attività produttive attraverso permute "neutrali", Corr. trib., 25, 2004; 7. BEGHIN M., La scissione parziale non proporzionale e l'elusione condizionata, Riv. dir. trib., 2, 2007; 8. BEGHIN M., L'abuso del diritto tra rilevanza del fatto economico e poteri del magistrato, Corr. Trib. , 40, 2009; 9. BEGHIN M., L'elusione fiscale e il principio di abuso del diritto, Milano, CEDAM ed., 2013; 10. BEGHIN M., L'imposta di registro e l'interpretazione degli atti incentrata sulla sostanza economica nell'abracadabra dell'abuso del diritto, GT Rivista di giurisprudenza tributaria, 2, 2010; 11. BEGHIN M., L'inesistente confine tra pianificazione, elusione e "abuso del diritto", Corr. Trib., 22, 2008; 12. BEGHIN M., Saggi sulla riforma dell'IRES: dalla relazione Biasco alla Finanziaria 2008, Milano, Giuffré, 2008; 13. BOMPANI A., Conferimento e scissione d’azienda, Milano, 1993, EBC; 14. CARINCI A., La rilevanza fiscale del contratto tra modelli impositivi, timori antielusivi e fraintendimenti interpretativi, Rass. Trib., 5, 2014; 15. CIANI F., Conferimenti "realizzativi" di aziende e partecipazioni "qualificate" ec interrelazione con il regime della pex, 40, 2005; 16. CIANI F., Conferimenti di azienda sempre più neutrali, Boll. Trib., 3, 2009; 17. CONFALONIERI M., Trasformazione, Fusione, Conferimento, Scissione e Liquidazione delle Società, Milano, Il Sole 24 Ore ed., 2011; 18. CONTRINO A. , Il divieto di abuso del diritto fiscale: profili evolutivi, asseriti fondamenti giuridici e connotati strutturali, Dir. e prat. trib., 1, 2009; 19. CORASANITI G., Profili tributari dei conferimenti in natura e degli apporti in società, Milano, CEDAM ed., 2008; 109 20. CRISTOFORI G., Operazioni di finanza straordinaria, Milano, Il Sole 24 Ore, 2010; 21. DEPIRRO R. - PALLADINI G., Conferimento di azienda e successiva cessione delle quote ed elusione, il Fisco, 36, 2012; 22. DEZZANI F. - DEZZANI L., Art. 109, comma 4, del TUIR: risoluzione n.382/E del 6 dicembre 2002, risoluzione n. 82/E del 6 giugno 2000. Il conferimento d’azienda a “valori rivalutati in sospensione di imposta”. Il “fondo imposte differite”, Il Fisco, 23, 2005; 23. DEZZANI F. - DEZZANI L., Conferimento di azienda e successiva cessione della partecipazione: operazione elusiva ai fini dell'imposta di registro, il Fisco, 17, 2013; 24. DODERO A., Residenza fiscale della società partecipata e rapporti tra interpelli, Corr. Trib., 40, 2004; 25. DOLCE R., Compravendita di azienda vs. conferimento e successiva cessione della partecipazione alla luce della recente giurisprudenza, Il Fisco, 28, 2010; 26. FACCHINI F. - AMPOLILLA M., Il regime dei conferimenti di aziende e partecipazioni, Corr. Trib., 18, 2004; 27. FANNI M., Riqualificazione "ex parte fisci" del conferimento d'azienda seguito da cessione di partecipazioni, GT - Rivista di giurisprudenza tributaria, 6, 2014; 28. FERRANTI G., "Periodo minimo di possesso e iscrizione tra le immobilizzazioni per la "partecipation exemption", Corr. Trib., 24, 2004; 29. FERRANTI G., Aspetti particolari della "partecipation exempion", Corr. Trib., 47, 2004; 30. FERRANTI G., Classificazione delle partecipazioni tra le immobilizzazioni nella "partecipation exemption", Corr. Trib., 45, 2004 ; 31. FICARI V., I conferimenti in società a responsabilità limitata nella riforma tributaria, Rass. Trib., 3, 2005; 32. FORNERO L., Società di persone e imprenditori individuali: opzione per la determinazione dell'IRAP in base al bilancio, Schede di aggiornamento Eutekne n. 4 del 2008; 33. GALGANO F., "Dizionario Enciclopedico del Diritto", Vol . I, Milano, CEDAM ed., 1996; 34. GALLIO F., Conferimento-cessione d'azienda e logica del tributo di registro, Dialoghi Trib., 6, 2010; 35. IAVAGNILIO M. - TRUTALLI F., La «partecipation exemption» nelle operazioni di conferimento e permuta", Corr. Trib., 47, 2003; 36. LA ROCCA S., L'abuso del diritto dalle orgini storiche (nel diritto civile)alla evoluzione più attuale, come strumento di lotta ai fenomeni distorsivi, Boll. 110 Trib. Info.,18 ,2011; 37. LEO M., Abuso del diritto e interventi legislativi possibili , il Fisco,18, 2009; 38. LEO M., Le imposte sui redditi nel testo unico, Tomo II, Milano, anno 2014, Giuffrè; 39. LUPI R. - STEVANATO D., La fiscalità delle operazioni straordinarie di impresa, Milano, Il Sole 24 Ore, 2002; 40. LUPI R., Un'imposta sostitutiva "consapevole", anche se non logicamente necessitata, Dialoghi dir. trib., 9, 2007; 41. LUPI R., Conferimenti d'azienda e fusioni nello schema di decreto delegato", Rass. Trib. , 3, 1997; 42. LUPI R., Spunti di riflessione sui possibili effetti tributari dei conferimenti nelle S.r.l." Corr. Trib., 2, 2003; 43. MARONGIU G., L'elusione nell'imposta di registro tra abuso del diritto e l'abuso del potere, Dir. e prat. trib., 1, 2008; 44. MASTROBERTI A., Per la commercialità P.ex. spazi di manovra ristretti, Pratica fiscale e professionale, 34, 2009; 45. MELILLO C. Elusione ed abuso del diritto: tra ipotesi di integrazione ed esigenze di certezza normativa, Dir. e prat. trib., 3, 2010; 46. MELILLO C. L'art. 20 del T.U. dell'imposta di registro e gli strumenti di contrasto all'elusione: brevi spunti ricostruttivi a margine di due contrastanti pronunce della giurisprudenza in merito, Dir. e prat. trib. n., 3, 2010; 47. MENEGHETTI P., Spazio al riallineamento anche sul bene singolo, il Sole 24 Ore - 20 Agosto 2008; 48. MIELE L., Il trattamento fiscale della riserva da conferimento, Corr. Trib., 10, 2001; 49. MIELE L., Qualche nodo da sciogliere sul conferimento di aziende e di partecipazioni, Corr. Trib., 28, 2005; 50. MOSCAROLI R. e MOSCARIELLO M., La commercialità nel regime della "partecipation exemption, Boll. Trib.,13, 2010; 51. PEDROTTI F., Cessioni di aziende e di partecipazioni sociali nel reddito di impresa ai fini dell'IRES, Milano, Giuffré, 2010; 52. PERROTTA R. Il Conferimento d’azienda, Milano, Giuffré, 2005; 53. PIAZZA M., Le novità in materia di operazioni straordinarie, Il Fisco, 2, 2008; 54. PIAZZA M., Operazioni straordinarie internazionali - Conferimenti d'azienda, Guida alla Contabilità & Bilancio n. 2, Milano, 2012; 55. PORCARO G., Le ragioni della sistematica neutralità delle recenti norme sulle ristrutturazioni aziendali: dalla donazione, al conferimento alla fusione, in Rass. Trib., 6, 1997; 56. PURI P., Il fantasma dell'art. 20 del TUR sulle cessioni di partecipazioni di 111 controllo (riclassificate come cessione di azienda, GT Rivista di giurisprudenza Tributaria, 1, 2015; 57. RENDA A. L'evoluzione del divieto di abuso del diritto Tributario nell'orientamento della Corte di Cassazione (2011-2013), Rass. di giur., 5, 2013; 58. STANCATI G., il dogma comunitario dell'abuso della norma tributaria, in Rass. trib., 3, 2008; 59. STEVANATO D., L'impatto della PEX sul regime fiscale delle operazioni straordinarie e l'opportuinità di un'imposizione sostitutiva nella cessione e nei conferimenti di azienda, Dialog. dir. trib., 9, 2007; 60. STEVANATO D., Scissione proporzionale e "valorizzazione" del patrimonio immobiliare, Dir. prat. trib., 1, 2005; 61. TASSANI T., I confini dell'abuso del diritto ed il caso del conferimento di azienda con successiva cessione delle partecipazioni, Riv. Dir. Trib.,3 , 2011; 62. TESAURO F., Elusione e abuso nel diritto Tributario italiano, Dir. e prat. trib., 4, 2012; 63. TESAURO F., Istituzioni di diritto tributario, II, parte speciale, Milano, Utet Giuridica, 2012; 64. TURCHI A., Conferimenti ed apporti nel sistema delle imposte sui redditi, Torino, Giapichelli ed., 2008; 65. VIOTTO A., Il regime tributario delle plusvalenze da partecipazioni, Torino, Giapichelli ed., 2013; 66. ZANETTI E., Conferimento d'azienda e cessione della partecipazione ricevuta in cambio, Il Fisco, 6, 2008; 67. ZANETTI E., Manuale delle operazioni straordinarie. Cessioni e conferimenti d'azienda. Fusioni e scissioni societarie, Milano, Eutekne ed., 2011; 68. ZIZZO G., L'abuso dell'abuso del diritto, GT - Rivista di giurisprudenza tributaria, 6, 2008; 69. ZIZZO G., Partecipation exemption e riorganizzazioni societarie, il Fisco, 1, 2002; 70. Circolare N. 10/E, Agenzia delle Entrate, 16 Marzo 2005; 71. Circolare N. 12/E, Agenzia delle Entrate, 01 Marzo 2007; 72. Circolare n. 13 Assonime – 21 Aprile 2006; 73. Circolare N. 36/E oggetto: “Il nuovo regime fiscale delle plusvalenze da realizzo delle partecipazioni”, Agenzia delle Entrate, 04 Agosto 2004; 74. Circolare N. 38 Assonime – 06 Luglio 2005 75. Circolare N. 46/E, Agenzia delle Entrate, 02 Novembre 2005; 76. Circolare N. 7/E, Agenzia delle Entrate, 29 Marzo 2013; 77. Risoluzione N.163/E del 25 Novembre 2005; 112 78. Associazione Italiana Dottori Commercialisti, Norma di comportamento N. 166, 2007; 113