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Primo incontro con la vela
Primo incontro con la vela argomenti e disegni tratti da internet e assemblati a cura di Roberto Buongiorno edizione 2009 Piccolo dizionario Abbordare o accostare: affiancare con una barca un‟altra fino a toccarla. Esistono normative internazionali di precedenza in mare per evitare abbordi e collisioni. Abbrivio: il movimento di inerzia che ha la barca dopo aver cessato le azioni di propulsione. Albero: asta che si innalza verticalmente dalla barca per sostenere la velatura principale definita randa ed è fissato verticalmente nello scafo. L‟albero di una barca di classe Coppa America supera i 30 metri. Alette: appendici idrodinamiche sul bulbo di zavorra; aumentano la portanza e riducono i vortici. Amantiglio: cavo fissato all‟estremità libera del boma che passando per la testa dell‟ albero, ne sostiene il peso quando la randa non è issata. Una volta alzata la randa, l‟amantiglio viene allentato oppure per manovrare lo spinnaker o il gennaker viene sganciato dal boma e fissato al tangone. Ammainare: abbassare, far scendere o calare. Riferito principalmente alle vele. Andatura: la direzione del vento e l‟asse longitudinale della barca determinano un angolo che in funzione della sua ampiezza prende i nomi di bolina, bolina larga, traverso, lasco, giardinetto, poppa. Le andature portanti (poppa, lasco e gran lasco) sono quelle in cui il vento colpisce l‟imbarcazione con un angolo superiore ai 90°; con un angolo di 90° la barca è al traverso, con un angolo di meno di 90° si naviga di bolina. Arare: insufficiente tenuta di un‟ancora sul fondo. L‟ancora che striscia sul fondo si dice che “ara”. Avere scarso: momento sfavorevole causato da un salto o da un buco di vento. Babordo: termine di origine francese che indica il lato sinistro della barca. Carena: la parte immersa dell‟imbarcazione. E‟ detta anche opera viva. Balumina: il bordo del lato della vela dal quale esce il vento. Caricabasso: cavo fissato all‟estremità libera del tangone che insieme all‟amantiglio lo spostano in alto o in basso, per la regolazione dello spinnaker e del gennaker. Barra: asta montata sulla parte superiore dell‟asse del timone per poterlo manovrare manualmente. Base: lato inferiore della vela. Cazzare: tirare (termine da non usare in barca) per esempio una scotta per manovrare la vela. L‟opposto è lascare. Bastone: tipo di percorso di regata a due boe, poste lungo la direzione del vento Si parte risalendo il vento (bolina), si conclude con un lato di poppa. Challenger: sfidante. Beccheggio: movimento oscillatorio provocato dal moto ondoso sull‟asse longitudinale della barca. Coffee grinder: in italiano “macina caffè”, è un grosso winch (verricello) ovvero un demoltiplicatore di forza come lo è il cambio nella bicicletta e come questa, ha due pedali che vengono azionati a mano da uno o due marinai. Serve a cazzare le scotte. Bolina: è il primo lato della regata. La bolina stretta è quando tra la direzione del vento apparente e l‟asse della barca è fra 30 e 45 gradi; in bolina larga l‟angolo è tra i 45 e i 60 gradi. Boma: asta rigida perpendicolare all‟albero su cui è inserito il lato orizzontale e inferiore della randa. Bordeggiare: nell‟andatura di bolina procedimento a zig zag con una serie di virate di prua per risalire il vento. Bordo: il lato di dritta (destra) e di sinistra della barca. Un tratto di mare percorso sempre sullo stesso lato. Per il velista tirare due bordi è l‟equivalente del fare due passi. Brezza: vedi vento. Bugna: l‟angolo della vela dove viene passata e annodata la scotta. Bulbo: zavorra (peso) a forma di supposta fissata all‟estremità di quella lama (detta pinna) situata nella parte immersa dell‟imbarcazione. Il bulbo serve a bilanciare la spinta che il vento esercita sulle vele, senza il quale la barca a vela si troverebbe a facili scuffie (capovolgimenti). Cima: termine marinaresco genericamente una corda. per indicare Corpo morto: oggetto di appropriato peso poggiato sul fondo per ormeggiarvi una boa, un piccolo natante o altro. Crocette: aste che distanziando le dall‟albero riducono gli sforzi su questo. sartie Cyrcling: i cinque minuti prima della partenza sono di fondamentale importanza in un match race e spesso decidono l‟esito della regata. Le barche tentano di mettersi in difficoltà a vicenda, con manovre aggressive e al limite della penalità. Il circling è un‟ottima strategia per „ammazzare il tempo‟, misurandosi con la barca avversaria. Dare fondo: lasciar cadere l‟ancora in mare. Dislocamento: il peso del volume d‟acqua spostato dalla parte immersa della barca. Dritta: termine con cui in marina si indica la destra. Drizza: ognuna delle scotte che passando all‟interno arrivano in testa d‟albero e permettono di issare le vele. Buono: momento favorevole di un salto di vento. Caramella: forma che secondo la denominazione assume lo spinnaker quando si attorciglia su se stesso. È un inconveniente che può succedere quando viene issato o per un salto di vento. Fiocco: vela di prua a taglio triangolare, con un lato inferito nello strallo di prua. Genoa: vela simile al fiocco ma di maggiore superficie. Gennaker: prende il nome dal genoa e dallo spinnaker essendo una vela di dimensioni e funzioni intermedie, asimmetrica leggera di prua adatta alle andature con vento al lasco. In Coppa America, nel lato di poppa, si utilizzano vele asimmetriche con vento leggero (fino a 13-15 nodi) Giardinetto: vedi andatura. dunque non c‟è un lato che riceve prima il vento, procede con mure a dritta - e quindi con precedenza di rotta - chi ha il boma sulla sinistra rispetto all‟asse della barca. Nodo: vedi miglio. Opera morta: tutta la parte visibile non immersa dell‟imbarcazione. Gioco: con questo termine si intende il gioco di vele ovvero il numero di queste, che la barca tiene a disposizione. Nell „America‟s Cup ogni imbarcazione può averne fino a 60, naturalmente non tutte a bordo. Opera viva: la parte immersa dell‟imbarcazione. G.p.s.: Global Positioning System, è il sistema di rilevamento della propria posizione tramite una serie di satelliti che trasmettono ad una ricevente situata a bordo. Paterazzo: cavo di collegamento tra la testa d‟albero e la poppa. Insieme allo strallo e le sartie tiene l‟albero in piedi. Gybe Set: manovra che si effettua quando si vuole cominciare il lato di poppa su mure opposte rispetto a quelle dell‟arrivo in boa di bolina. L‟equipaggio deve preparare lo spi su quelle mura. L‟issata di spi sulle stesse mure viene invece chiamata “bear away”. Inferire: collegare un lato della vela allo strallo per il fiocco e il genoa all‟albero e al boma per la randa. Ingaggio: due barche sono ingaggiate quando la prua di una è allineata alla poppa dell‟altra ad una distanza non superiore di due volte la lunghezza della barca più grande. Orzare: timonare la barca in modo da portare la prua verso la direzione del vento. L‟opposto è poggiare. Penna: angolo della vela che viene portata in testa d‟albero tramite una drizza. Piede: misura inglese usata per indicare la lunghezza dello scafo. Un piede = 0,3048 m. Poggiare: allontanare la prua dalla direzione del vento. L‟opposto è orzare. Poppa: la parte posteriore dell‟imbarcazione. Si usa anche per definire l‟andatura con il vento in poppa. Pozzetto: spazio a poppa dove trovano posto il timoniere e tutti i membri dell‟equipaggio che non siano impegnati in manovre a prua. Issare: alzare. Prodiere: addetto alle manovre di prua. Lay Line: la linea ideale immaginaria da seguire in regata per raggiungere la boa nel minor tempo. Prua: la parte anteriore dell‟imbarcazione. Lascare: allentare una scotta o un cavo in trazione. Randa: la vela triangolare principale tra il boma e l‟albero. Lasco: vedi andatura. Rifiuti: turbolenze create dalle vele. Miglio: il miglio marino equivale a Km 1,852. In genere, in mare la velocità è espressa in nodi. Un nodo = un miglio. Sàrtie: disposte a dritta e a sinistra dell‟albero collegano quest‟ultimo alle fiancate. Mure: fianco della barca colpito dal vento. La barca con mure a dritta (destra) ha la precedenza su una barca con mure a sinistra. Mure a dritta: ricevere il vento sul lato destro dello scafo e avere per questo precedenza di rotta nei confronti di chi riceve il vento sul lato sinistro. Quando la barca procede con il vento in poppa, e Scarso: momento sfavorevole di una salto di vento. Scotta: cavo tessile che fissato alle vele ne permette la manovra. Sopravvento: lato della barca colpito dal vento. Essere sopravvento, rispetto ad un‟altra barca in una andatura di bolina significa avere un vantaggio in quanto la barca B che è sottovento difficilmente potrà superare A perchè B si troverà senza vento dietro le vele di A. scorrettezza e applicano all‟istante la punizione. Gli Umpire sono utilizzati sia nelle regate di flotta, sia nei match race dell‟America‟s Cup Sottovento: il contrario di sopravvento. Vang: un paranco nelle barche più piccole, o un pistone in quelle più grandi, che fissato tra il piede dell‟albero e il boma abbassa quest‟ultimo. Spinnaker: spesso abbreviato SPI, è quella grande vela colorata che viene issata a prua nelle andature con vento a favore. Stazza: per le navi è il volume interno delle stesse espresso in tonnellate. Nelle regate, quale l‟America‟s Cup, la barca viene stazzata secondo le regole della Stazza Internazionale e viene espressa in metri. Strallo: cavo in acciaio teso tra la testa d‟albero e la prua. Strambare o virare di poppa: manovra fatta con il vento in poppa, consiste nel far passare il boma e quindi anche la randa dal lato sinistro a quello destro e viceversa. Tangone: asta che viene fissata da una parte all‟albero per mezzo di una campana e dall‟altra allo spinnaker. Tramite due cavi detti caricabasso e amantiglio vengono attuate le varie correzioni. Trappa del corpo morto: cima che arrivare al corpo morto. Traverso: vedi andatura. Umpire: gli Umpires sono come tutti gli altri “arbitri” sul campo, verificano un‟eventuale Vento: oltre al nome e alla direzione di provenienza è importante l‟intensità del vento che determina la scelta delle vele. Più grandi e leggere con vento leggero, più piccole ma di tessuto più pesante e resistente con venti tesi. L‟insieme di vele che vengono adoperate nelle varie situazioni si chiama “gioco di vele”. L‟intensità e quindi la velocità del vento è classificata secondo una scala detta Beaufort. Riportiamo qui di seguito questa scala ovvero i venti possibili nell‟America‟s Cup. Sopra o sotto questi valori la giornata di regata verrà rimandata. Verricello: posizionati generalmente intorno al pozzetto, di dimensioni diverse a seconda delle trazioni che devono sostenere sono detti anche winch e consistono in un cilindro che ruota su se stesso solo in senso orario. Per esempio sul winch viene girata per 3-4 volte la scotta. Virare: nelle rotte fatte a zig zag per risalire il vento, indica il cambio di direzione della prua. Volante: le volanti sono due sartie di sicurezza che vengono messe in forza alternativamente solo dalla parte sopravvento. Winch: vedi verricello. Regole di precedenza ROTTE PARALLELE Quando due unità hanno due rotte parallele o parallele ed opposte devono continuare la loro rotta senza effettuare alcuna manovra ROTTE OPPOSTE TRA DUE UNITA' A MOTORE Quando due unità a motore si vanno incontro con rotte opposte o quasi, ognuna deve accostare a dritta in moda da passare sulla sinistra dell'altra. ROTTE D'INCROCIO TRA DUE UNITA' A MOTORE Quando due unità a motore hanno rotte d'incrocio quella che rivela l'altra sulla dritta deve lasciare a questa la la rotta libera manovrando in modo deciso e tempestivo ROTTE D'INCROCIO TRA UNA UNITA' A MOTORE E UNA UNITA' A VELA Una barca che sta procedendo a vela ha sempre precedenza di rotta nei confronti di una barca a motore ad eccetto i seguenti casi: quando ha una rotta raggiungente quando incrocia una nave che non governa quando incrocia una nave vincolata da suo pescaggio quando incrocia una nave con manovrabilità limitata quando incrocia una nave impegnata in operazioni di pesca ROTTE D'INCROCIO TRA DUE UNITA' A VELA CHE PRENDONO IL VENTO DA DUE LATI DIVERSI Ciascuna delle due barche prende il vento da due lati diversi; quella che naviga con le mure a sinistra (barca A) deve lasciare libera la rotta a quella che naviga con mura a dritta (barca B) ROTTE D'INCROCIO TRA DUE UNITA' A VELA CHE PRENDONO IL VENTO DALLO STESSO LATO Quando ciascuna delle due imbarcazioni prende il vento dallo stesso lato, quella che è sopravento (barca B) deve lasciare libera la rotta a quella che è sotto vento (barca A) ROTTA RAGGIUNGENTE TRA BARCHE A MOTORE La barca raggiunta mantiene rotta e velocità, quella che ha una rotta raggiungente invece può transitare a dritta oo a sinistra della barca raggiunta, ma deve comunque lasciare libera la rotta. ROTTA RAGGIUNGENTE TRA BARCHE A VELA Una barca a vela che raggiunge un'altra barca a vela transita sul lato di sotto vento (regola di cortesia) Nozioni La vela costituisce uno dei più antichi sistemi di propulsione noti ed utilizzati dall'uomo (si hanno indicazioni di imbarcazioni a vela risalenti a circa 6000 a.C.). Della vela hanno fatto uso gli egizi nel 4000 a.C. per le loro imbarcazioni di canne di papiro. Greci, Fenici ed Arabi fecero uso di vele per dominare le rotte dei mari. Le imbarcazioni tradizionali a vela lungo le coste del Vietnam sono fondamentalmente quelle inventate dai cinesi nel 3000 a.C. Le imbarcazioni in uso fin dall'età antica sono quelle a vele quadre, montate su pennoni perpendicolari all'asse longitudinale della nave, incapaci di risalire il vento. Esse hanno dominato l'antico Mediterraneo (mentre erano state nel contempo inventate indipendentemente in Cina ed Ecuador) e si sono poi diffuse nel Nord Europa. Benché le vele triangolari erano già diffuse nelle più moderne imbarcazioni, le vele quadre hanno continuato ad armare le navi per tutto il periodo d'oro della navigazione a vela (1619esimo secolo) e fino ai nostri giorni. Le più moderne vele triangolari latine, sono apparse nel IX secolo per poi diffondersi in tutto il Mediterraneo (probabilmente d'ispirazione araba) ed, indipendentemente, nell'Oceano Indiano e nell'Oceano Pacifico (a partire dalle vele a V); esse continuano tutt'oggi ad essere usata in tutto il mondo. Tra il 16esimo ed il 19esimo secolo, altre vele con migliori capacità di risalire il vento sono state sviluppate in Europa, come la vela aurica, il fiocco, la vela di straglio e la randa. Nel 1870 i vapori circolanti superano i velieri per numero. Nel 1875 solo tre paesi, Canada, Norvegia, e Italia costruivano ancora navi a vela. Il colpo di grazia arrivò dall'apertura del canale di Suez, intransitabile alle navi a vela. Una vela è una superficie intesa a generare spinta quando su essa agisce il vento. Il principio di funzionamento è identico a quello di un'ala orientata verticalmente, che genera portanza tramite le forze aerodinamiche indotte dal vento che agiscono su di essa. La forza esercitata dal vento è detta spinta velica ed è sempre ortogonale al profilo della vela, quale che sia il suo angolo di incidenza con il vento. Ciò è dovuto ad un fenomeno fluidodinamico noto come principio di Bernoulli, e la spinta velica è la risultante della differenza di pressione del vento sul lato sopravento e sottovento della vela. Alla vela è conferita una forma concava, tale che sia minimo l'angolo iniziale di incidenza della vela col vento. La forza di spinta velica può decomporsi in due forze in due diverse direzioni: una in direzione del moto della barca e una ortogonale a tale moto. La prima componente è detta forza propulsiva e rappresenta la forza utile che spinge avanti l'imbarcazione. La seconda, detta forza di scarroccio, provoca lo spostamento laterale (lo scarroccio, appunto) dell'imbarcazione e lo sbandamento dello scafo. Nelle imbarcazioni a vela una chiglia o una deriva vengono usate per contrastare la componente laterale di questa spinta, al fine di sfruttarne solo la componente propulsiva atta a produrre il movimento in avanti della barca. In questo modo l'imbarcazione è in grado di raggiungere velocità pari anche a 2-3 volte quella del vento. La forma della vela influenza la spinta; variazione nella forma della vela possono essere ottenute agendo sulle manovre di un'imbarcazione e vengono indicate con gli aggettivi magro e grasso, indicando nell'ordine una vela con minore o maggiore portanza. Lo scarroccio (da distinguere dalla deriva dovuta invece alla corrente) provoca uno scostamento della prua dalla rotta, scostamento che comporta un angolo di incidenza positivo sulla superficie di deriva che produce a sua volta una forza opposta alla componente laterale della spinta delle vele. Le vele possono essere classificate dalla loro forma in: vele quadre, adatte alle andature portanti ma non idonee per risalire il vento, hanno una forma quadrata o a trapezio isoscele. Queste vele sono caratteristiche dei grandi velieri e prendono il nome dal pennone al quale sono issate. vele auriche hanno una forma trapezoidale e si stendono a poppa degli alberi, mantenute tese nella parte superiore da un pennone detto picco e nella parte inferiore da un'asta orizzontale, e quindi parallela al ponte, detta boma vele latine mantengono la forma triangolare dei velieri romani e sono mantenute tese da un'antenna che viene diagonalmente issata sull'albero. vele bermudiane hanno forma triangolare, mantenute tese dall'angolo superiore, inferite lungo un lato all'albero e fissate alla base al boma. Vela quadra Vela aurica Vela latina Vela bermudiana Altre vele triangolari sono: i fiocchi, che vengono issati a prua sul bompresso, sugli stragli e sulle draglie di prua. Su un veliero possono essere issati fino a quattro fiocchi di prua. le vele di straglio che vengono issate tra un albero e l'altro, scorrendo sugli stragli. L'attività velica contemporanea si basa quasi esclusivamente su vele di forma triangolare: la randa, derivata dalla randa bermudiana, e il fiocco costituiscono infatti i due principali e fondamentali tipi di vela utilizzati nello sport velico contemporaneo. Esistono però diversi altri tipi di vela, adatti a diverse condizioni di vento e di navigazione, tra i quali, alcuni dei principali sono: Genoa Spinnaker Gennaker MPS (Multi asimmetrico. Purpose Sail) a taglio La barca a vela è un tipo di imbarcazione la cui propulsione è affidata prioritariamente allo sfruttamento del vento e in cui il motore riveste solo un'azione di supporto specialmente nelle manovre in porto. La vecchia legislazione definiva imbarcazione a vela con motore ausiliario le unità da diporto munite di motore (entro o fuori bordo) con potenza espressa in cv. inferiore al 50% della superficie velica misurata in metri quadrati (Es. 2 superficie velica 80 m , potenza massima 40 cv.). Le unità con potenza maggiore sono definite motorsailer, questo tipo di imbarcazione affidano alle vele un ruolo secondario. Parti della vela Diagramma che mostra i nomi delle parti di una randa marconi (o randa bermudiana). In una vela triangolare, il bordo inferiore di una vela è chiamato base o piede della vela, mentre il vertice superiore è noto come angolo di penna o di drizza (la drizza è un cavo metallico o una cima che viene fissato alla penna e serve ad issare la vela). I due angoli inferiori della vela, alle estremità della base, vengono detti angolo di mura e angolo di scotta (la scotta è una cima che serve a regolare la tesatura della vela) o di bugna. L'angolo di mura è ancorato ad un punto fisso della barca, mentre l'angolo di scotta è mobile. Il lato della vela che va dall'angolo di penna all'angolo di mura viene chiamato inferitura o caduta prodiera, mentre il lato che va dall'angolo di penna all'angolo di scotta è chiamato balumina o caduta poppiera. La forma delle vele è raramente un triangolo perfetto; nella randa moderna i costruttori di vele aggiungono un arco (detto allunamento) che si estende oltre l'ipotetica linea retta della balumina, al fine di aumentare la superficie della vela in alto dove la pressione del vento è maggiore. Le barche a vela si possono distinguere in "derive", vale a dire piccole barche, normalmente sotto i 5-6 metri, non abitabili, senza motore, destinate ad un uso sportivo o a brevi escursioni e "barche a chiglia" ovvero barche dotate di una chiglia appesantita (o bulbo) ed in genere attrezzate per una permanenza più lunga (ad esempio con spazi per cucinare, dormire, bagni, ecc.) e navigazioni a più ampio raggio. Federazione Italiana Vela, (FIV) in Italia, da altri enti all'estero. Con il termine "Classe" è inteso uno specifico modello d'imbarcazione (Classe Optimist, Laser, 420 ecc.) che oltre ad avere il nome di progetto è dotato di simbolo di riconoscimento, normalmente stampato sulla randa, vicino l'angolo di penna (Es. Optimist= O con una I intersecata, Snipe= un beccaccino, Star= una stella e così via). Normalmente, subito sotto questo simbolo, sono ubicati i numeri velici (da considerarsi come la targa dell'imbarcazione), che consentono l'identificazione di una, tra molte dello uno stesso tipo. Andature: Una barca a vela per poter navigare ha bisogno della forza del vento sulle vele. Essa può posizionarsi a varie angolature rispetto alla direzione del vento, in base alla rotta che decide di tenere. Prima di illustrare le andature portanti, è consuetudine di un istruttore avvertire il proprio allievo dell'esistenza di un "cono d'ombra" che, per le barche, è di un centinaio di gradi e corrisponde appunto alla direzione del vento. Le barche da regata più performanti possono stringere di molto la direzione del vento senza perdere velocità (circa 70°). Le barche a vela possono essere monoscafo o multiscafo. Se a due scafi vengono definite catamarani, se a tre scafi trimarani. Derive: Le derive come già citato precedentemente sono delle piccole barche da diporto di una lunghezza variabile tra i 2 e i 6 metri. Queste si suddividono poi, in due grandi categorie quelle da regata o più semplicemente da diporto o passeggiata nautica (spesso semicabinati). Le prime vengono in seguito dichiarate classi olimpiche e non, dalla L'andatura schematizzata in teoria a 45° dal vento è la cosiddetta bolina stretta. Si raggiunge quando una barca è al limite del controvento; tuttavia il vento continua a fare pressione sulla superficie velica. A 60° dalla direzione di provenienza del vento, si passa alla bolina larga dove si "lascano" (lasciano) le scotte per gonfiare le vele. A 90° sulla perpendicolare del vento si ha il traverso. A 120° il lasco. A 150° il granlasco. A 180° l'andatura di poppa o fil di ruota. Durante l'andatura di bolina, le vele "portano" anche grazie ad un fenomeno chiamato vento apparente. Alfabeto e bandiere La rosa dei venti La rosa dei venti è la rappresentazione schematica dei punti cardinali: nord, sud, est e ovest e delle direzioni da questi determinate, diffusasi a partire dalla Repubblica di Amalfi, ai tempi delle Repubbliche Marinare. Per il Mediterraneo è centrata a Malta. Rosa dei venti a 4 punte Rosa dei venti a 8 punte Rosa dei venti a 16 punte La rosa dei venti più semplice è quella a 4 punte formata dai soli quattro punti cardinali: Nord (N 0°) anche detto settentrione o mezzanotte e dal quale spira il vento detto tramontana Sud (S 180°) anche detto meridione e dal quale spira il vento detto mezzogiorno oppure ostro Est (E 90°) anche detto oriente o levante e dal quale spira il vento detto levante Ovest (W 270°) anche detto occidente o ponente e dal quale spira il vento detto ponente Tra i quattro punti cardinali principali si possono fissare 4 punti intermedi: Nord-ovest (NW 315°), dal quale spira il vento di maestrale (carnasein); Nord-est (NE 45°), dal quale spira il vento di grecale; Sud-est (SE 135°), dal quale spira il vento di scirocco (garbino umido); Sud-ovest (SW 225°), dal quale spira il vento di libeccio (garbino secco). Elencando in senso orario gli otto venti principali si ha dunque: Punto cardinale Abbr. Direzione Vento Nord N 0° tramontana Nord-est NE 45° grecale Est E 90° levante Sud-est SE 135° scirocco Sud S 180° ostro Sud-ovest SW 225° libeccio Ovest W 270° ponente Nord-ovest NW 315° maestrale I nomi delle direzioni NE, SE, SO e NO derivano dal fatto che la rosa dei venti veniva raffigurata, nelle prime rappresentazioni cartografiche del Mediterraneo, al centro del Mar Ionio oppure vicino all'isola di Zante. In quella posizione, a NE, approssimativamente, c'è la Grecia, da cui il nome grecale per la direzione NE-SO; a SE vi è la Siria, da cui il nome scirocco per la direzione SENO; a SO vi è la Libia, da cui il nome libeccio per la direzione SO-NE. Infine per la direzione NO-SE il nome maestrale discende da magister, cioè la direzione da Roma o Venezia, la via "maestra" dal porto di origine. Questi quattro uniti ai quattro punti cardinali formano la rosa dei venti a 8 punte. Tra gli otto punti sopra individuati è possibile indicarne altri otto ottenendo così una rosa dei venti a 16 punte. I nuovi otto punti sono in senso orario: nord-nord-est, est-nord-est, est-sud-est, sud-sud-est, sud-sud-ovest, ovest-sud-ovest, ovest-nord-ovest e nord-nord-ovest. Nella sua estensione massima la rosa dei venti si suddivide in: quattro quadranti da 90°, che porta ad una suddivisione in 4 punti ogni quadrante si divide in due venti di 45°, arrivando così a 8 punti ogni vento si divide in due mezzi venti da 22°30' arrivando così a 16 punti ogni mezzo vento si divide in due quarte (o rombi) da 11°15', arrivando così a 32 punti ogni quarta si divide in due mezze quarte da 5°37'30", arrivando così a 64 punti ogni mezza quarta si divide in due quartine da 2°48'45", arrivando così a 128 punti Anticamente ogni bussola recava, sullo sfondo, l'immagine di una rosa dei venti a 32 punte. L'orizzonte veniva così suddiviso in trentadue parti, che prendevano il nome di quarte; esse servivano come unità di misura approssimativa nelle manovre di accostamento (es: accosta due quarte a dritta). Per la forma che si viene a formare nel disegnarle prendono anche il nome di rombi. Un tempo, in Italia, le rappresentazioni cartografiche comprendevano una rosa dei venti che indicava i punti cardinali. Oggi sì è solito indicare i quattro punti cardinali e le direzioni componenti con (in senso orario da Nord): N, NE, E, SE, S, SO o SW, O o W, NO o NW; allora con le diciture Tr (tramontana), G (greco), + (una croce indicava il levante), S (scirocco), O (ostro), L (libeccio), P (ponente), M (maestro). Grecale Il grecale o greco è un vento mediterraneo che soffia da nord-est. Tale direzione è indicata simbolicamente nella cosidetta rosa dei venti. Soffia con particolare frequenza soprattutto sulle regioni del Mediterraneo centrale e sulle regioni adriatiche. Il vento è così denominato perché dall'isola di Zante, punto di riferimento della rosa dei venti, soffia da nord-est in corrispondenza, appunto, della Grecia. Nella stagione invernale, il vento assume spesso le caratteristiche di vento freddo e secco associato alla discesa di aria artica continentale, soffiando spesso con intensità moderata o forte. La sua azione si innesca in presenza di strutture di alta pressione centrate a nord delle Alpi, che convogliono l'aria verso una zona di bassa pressione che si approfondisce a latitudini più meridionali, generalmente tra l'Italia meridionale e il Mar Egeo. La sua entrata nel bacino centrale del Mediterraneo avviene attraverso una delle "porte" che si aprono lungo la catena montuosa dei Balcani in corrispondenza delle coste dell'Adriatico orientale, ove presenta caratteristiche di vento molto freddo e secco. Attraversato il Mar Adriatico, il vento impatta lungo il versante orientale della dorsale appenninica, ove si forma il muro dello stau, che porta tempo molto perturbato e freddo a est e clima asciutto e secco a ovest, pur con temperature basse. Durante la stagione estiva, il vento di grecale soffia come brezza di terra lungo le coste del Tirreno e come brezza di mare lungo il litorale adriatico. In presenza di una rimonta dell'anticiclone subtropicale africano con massimo pressorio al suolo situato a nord delle Alpi, la ventilazione al suolo risulta diffusamente nord-orientale tra il debole e il moderato e contribuisce ad innalzare notevolemente le temperature sulla Pianura padana e lungo le regioni centro-settentrionali tirreniche per effetto favonizzante dei rilievi montuosi. Il vento di grecale può essere associato a tempo perturbato anche lungo le regioni del versante tirrenico e sulla Pianura padana, quando si forma un minimo depressionario in quota sui mari a ovest della penisola italiana ed un minimo al suolo tra l'Adriatico e lo Ionio. In questo caso le correnti in quota possono essere occidentali o sud-occidentali, associate al passaggio dei sistemi perturbati, mentre i venti al suolo risultano soffiare da nord-est. Tale configurazione, se associata nella stagione invernale dalla discesa di aria artica marittima dalla porta del Rodano, può creare le condizioni adatte per le nevicate a quote bassissime e anche in pianura sulle regioni occidentali italiane. Levante Il Levante è un vento generalmente debole che spira da Est verso Ovest nel Mediterraneo occidentale. Tale direzione è indicata simbolicamente nella cosiddetta rosa dei venti. Il vento si origina nel centro del Mediterraneo al largo delle Isole Baleari e soffia verso Ovest per raggiungere la sua massima intensità attraverso lo Stretto di Gibilterra. La sua influenza è sentita fino in Italia sul Tirreno e sulla parte centro-meridionale dell'Adriatico. È un vento fresco e umido, portatore di nebbia e precipitazioni, riconosciuto come causa di particolari formazioni nuvolose sopra la Baia e la Rocca di Gibilterra, dove può provocare mare agitato e trombe marine. Il vento può manifestarsi in qualunque periodo dell'anno, ma ricorre comunemente fra luglio e ottobre. D'inverno, il Levante è spesso accompagnato da piogge forti. Il nome del vento deriva da levante inteso come Est, il punto cardinale da cui ha origine. Può essere chiamato anche Euro, vento che gli antichi confondevano con il Libeccio-Scirocco o Scirocco. Scirocco Lo scirocco (dall'arabo shurhùq, vento di mezzogiorno) è un vento caldo proveniente da Sud-Est che proviene dal Sahara e da altre regioni del nord Africa. Tale direzione è indicata simbolicamente nella cosiddetta rosa dei venti. Tradizionalmente si ritiene che lo Scirocco prenda il nome dalla Siria, la direzione da cui spira il vento, prendendo come punto di riferimento l'Isola di Zante nel Mar Ionio. Lo stesso vento assume il nome di jugo in Croazia e ghibli in Libia. Lo scirocco che giunge sulle coste francesi contiene più umidità ed assume il nome di marin. Questi venti soffiano più di frequente, con velocità fino a 100 km/h, in primavera ed autunno raggiungendo un massimo nei mesi di marzo e novembre Nasce da masse d'aria tropicali calde e secche trascinate verso nord da aree di bassa pressione in movimento verso est sopra il Mar Mediterraneo. L'aria calda e secca si mischia con quella umida del movimento ciclonico presente sul mare ed il movimento in senso orario spinge questa massa d'aria sulle coste delle regioni del sud Europa. Lo scirocco secca l'aria ed alza la polvere sulle coste del Nordafrica, provoca tempeste sul mediterraneo e tempo freddo ed umido sull'Europa. Il vento soffia per un tempo variabile da mezza giornata a molti giorni. Molte persone attribuiscono a questo vento effetti negativi sulla salute e sull'umore per via del caldo e della polvere portata dalle coste dell'Africa e della discesa della temperatura in Europa (cfr. ad esempio l'espressione popolare "sciroccato" e l'esclamazione "scirocco" diffusa in Veneto). La polvere può causare danni ai dispositivi meccanici e penetrare negli edifici. Ostro Ostro (dal latino Auster, vento australe) è il nome tradizionale di un vento che spira da Sud nel Mar Mediterraneo; è anche detto vento di Mezzogiorno. Tale direzione è indicata simbolicamente nella cosiddetta rosa dei venti. L'ostro, talvolta, viene identificato impropriamente con i più noti venti di libeccio e scirocco, che spirano anch'essi dai quadranti meridionali. È un vento caldo e umido portatore di piogge. Il vento è conosciuto anche col nome di Noto dall'omonimo personaggio della mitologia greca Noto (Astreo), figlio di Astreo e di Eos. I suoi effetti sul clima italiano determinano il richiamo di aria calda da sud. Il vento è generalmente secco se associata all'espansione dell'anticiclone subtropicale africano verso nord; in tal caso è apportatore di onde di calore che possono essere anche durature, i cui effetti maggiori si hanno ove tende a fohnizzarsi. Il vento può soffiare anche come vento prefrontale, prima del passaggio di un'area di bassa pressione. In questo caso la sensibile risalita delle temperature può considerarsi soltanto effimera e temporanea, pur potendo essere associata ad elevati tassi di umidità. Libeccio Maestrale Il libeccio è un vento di Mezzogiorno o Ponente (spira da Sud Ovest), anche detto Africo o Garbino. Tale direzione è indicata simbolicamente nella cosiddetta rosa dei venti. Il maestrale (o mistral dall'antico provenzale maestral) è il vento che spira da Nord-Ovest. Tale direzione è indicata simbolicamente nella cosiddetta rosa dei venti. Viene così denominato perché, lungo la direzione nord-occidentale rispetto all'isola di Zakynthos (Zante o Zacinto, in Grecia è il punto di riferimento della rosa dei venti, vi è Venezia, la via maestra dal porto di origine. Secondo una versione ugualmente accreditata, il nome deriva da "magister mundi" o da "magister gentis", ovvero dal modo in cui i navigatori identificavano Roma che all'epoca rappresentava appunto la città principale (maestra) del mondo conosciuto. Altri sostengono che derivi dall'antico provenzale "maestral" che però avvalora la tesi che si tratti di un vento proveniente da una direzione "maestra", principale, come quella della città eterna. Il maestrale è detto anche "Provenza" in quanto arriva al Mediterraneo passando principalmente per le coste provenzali. Vi sono più ipotesi sul nome: la più diffusa, è che derivi dal fatto che nell'isola di Zante, presa come punto di riferimento per la denominazione dei venti, il Libeccio spira dalla Libia (antico nome del continente africano). L'altra, accreditata presso i linguisti, è che derivi dall'arabo lebeg. Il nome Garbino è utilizzato nell'area orientale dell'Emilia-Romagna, nel nord delle Marche e in Abruzzo. In Friuli, nella Venezia Giulia, in altre aree delle Marche e in Dalmazia è chiamato Garbin. Nell'Italia meridionale è conosciuto molto bene per il calore che porta con sé, e i contadini sanno bene che cosa significa avere i raccolti e le piante distrutte dalle libecciate di fine estate. Durante la stagione estiva, il vento di libeccio soffia generalmente come brezza di mare lungo le coste occidentali della penisola italiana e come brezza di terra lungo quelle orientali, in condizioni di stabilità atmosferica. Nella stagione estiva e, in misura nettamente minore anche nelle altre stagioni, il vento può fohnizzarsi lungo il versante adriatico e sullo Jonio, oltre che sulle coste orientali della Sardegna e su quelle settentrionali della Sicilia. Le configurazioni che innescano tali situazioni presentano strutture di alta pressione a sud e a est della penisola italiana e centri di bassa pressione in approfondimento a nord-ovest della penisola, con la conseguente risalita di aria calda da sud-ovest verso nord-est dal bordo orientale della depressione verso quello occidentale e settentrionale delle aree anticicloniche. Di questo tipo fu la configurazione del 24 luglio 2007 con temperature record sul medio-basso Adriatico e sullo Jonio. Il vento di libeccio soffia anche durante il passaggio dei fronti perturbati atlantici in movimento da ovest verso est, assumendo in questo caso caratteristiche di vento umido portatore di pioggia. Come si genera il Maestrale sul Mar Mediterraneo La genesi di questo vento si ha quando correnti di aria polare o artica irrompono nel Mediterraneo occidentale dalle coste della Provenza. In queste circostanze le masse d‟aria provenienti da Nord, scavalcano il Massiccio Centrale francese ed i Pirenei, incanalandosi poi lungo la valle del Rodano, dove vengono molto accelerate dalla rapida discesa sui versanti sottovento. Nella maggior parte dei casi, questa accelerazione consente ai venti di Mistral di giungere ancora irruenti fino alle coste di Corsica e Sardegna. Il maestrale può soffiare dopo il passaggio di una bassa pressione, determinando un miglioramento generale delle condizioni del tempo con una contenuta diminuzione delle temperature, soprattutto nei valori minimi, e dei tassi di umidità. In questo caso si tratta del cosiddetto maestrale postfrontale. Se associato alla discesa di aria artica marittima o aria polare fredda marittima, il vento assume le caratteristiche di vento freddo e umido, determinando un peggioramento delle condizioni del tempo con associata una progressiva e netta diminuzione delle temperature. In questo contesto, le regioni italiane maggiormente esposte al maltempo e al calo termico sono quelle del versante occidentale ove, nella stagione invernale, si possono avere nevicate associate fino a quote molto basse e, localmente anche in pianura. La diminuzione sensibile della temperatura avviene nel momento in cui si verificano le precipitazioni, quasi sempre sotto forma di rovescio o temporale, con probabili graupel in caso di neve. Nodi I nodi oggi come un tempo hanno varie funzioni e spesso ci sono utili anche nel quotidiano, nell'ambito del lavoro, come a casa o semplicemente nel tempo libero. Con questo mio breve articolo non ho certo la presunzione di "insegnare" a chi che sia l'arte del nodo, ma molto semplicemente mi prefiggo l'obbiettivo di portare l'attenzione sulle potenzialità che ci vengono offerte dalla capacità di saper fare un buon nodo, quando magari ci troveremo a manovrare una corda. Nella legatura si eseguono diversi tipi di nodi: d'avvolgimento, di giunzione, d'arresto, ecc.; per fare una legatura, però non è sufficiente eseguire una serie di nodi ma occorre conoscere la natura dei cavi e saperli trattare. Saper fare i nodi è soprattutto una delle nozioni fondamentali per la vita scout all'aria aperta e conseguentemente trova vaste applicazioni anche nell'ambito del Soft-Air. e quant'altro la natura può offrire al momento o costruire e mettere in sicurezza passaggi aerei su percorsi sdrucciolevoli e disagiati o sentieri scoscesi, come in determinate situazioni di emergenza o stabilità precaria. Un nodo fatto bene è un nodo che resiste a tutti gli sforzi e che è facile da sciogliere, mentre un nodo fatto male invece, si scioglie al minimo sforzo oppure rimane così stretto da non riuscire più a scioglierlo. Ma, oltre a ciò, i nodi andrebbero imparati bene perché sono importantissimi in tutte le operazioni di salvataggio. Una vita umana può dipendere da un nodo ben fatto, ad esempio per lanciare un cappio solido a chi guada un torrente o peggio, accidentalmente rischia di annegare, come per calare qualcuno dalla sommità di un dirupo o dalla finestra di una casa che va a fuoco, quindi occorre avere pratica per sapere fare il nodo giusto, quando occorre e magari in pochi e preziosi istanti. Imparare i nodi, esercitandosi con una fune o con una corda, ma non adoperare spago o lacci perché nel momento in cui si avrà veramente bisogno di quel nodo, dovremo saperlo fare con una corda vera e non solo con uno spago. Vi consiglio di provare e riprovare finche non diventi un gesto naturale, automatico e che si padroneggi in qualunque momento. In diversi casi esistono più nodi che svolgono una stessa funzione, pertanto la scelta di uno rispetto ad un altro è un fatto puramente soggettivo, e può dipendere molto dalla nostra capacità manuale. Non c'è lavoro di pionieristica e non c'è momento di vita all'aperto in cui essi non vengano richiesti: dal nodo per il tirante della tenda da campo a quello per issare, un carico come le attrezzature, gli zaini, o magari anche legare materiali sul portapacchi dell'auto o la bandiera sull'asta, ecc., dal nodo per allestire un bivacco con rami arbusti A prescindere comunque dalle preferenze personali, esistono tecniche e termini universali che è bene conoscere e ricordare, fra questi è importante sapere che il dormiente è il capo della corda che non prende attivamente parte alla realizzazione del nodo, mentre l'altro capo è definito corrente; il doppino è il ripiegamento della corda su se stessa a formare un occhiello, la legatura è un nodo che si realizza attorno ad un oggetto, mentre il nodo doppio è un nodo che si realizza su una porzione doppia della corda oppure su una coppia di corde. Nodi d'arresto I nodi d'arresto si eseguono all'estremità dei cavi, allo scopo d'impedire che essi si sfilino da fori o da bozzelli. L'applicazione più elementare dei nodi d'arresto è il nodo che serve a trattenere il filo nella cruna dell'ago. In marineria i nodi d'arresto vengono impiegati nelle manovre correnti (scotte, drizze, ecc.) e a scopo decorativo su cime particolarmente in vista. Alcuni di essi, come ad esempio il pugno di scimmia, possono essere impiegati come nodi d'appesantimento per le cime o sagole da lancio. I più importanti nodi d'arresto sono: il nodo semplice, il nodo Savoia, il nodo del cappuccino, il nodo del francescano, il pugno di scimmia. Nodo semplice o collo Mezzicolli Nodo Savoia Nodo Savoia ganciato Savoia in serie Nodo del Cappuccino Nodo del Francescano Pugno di scimmia eseguita mediante nodi semplici lungo un cavo. Anticamente il nodo era considerato uno strumento nemonico e un simbolo dotato di poteri magici. Nel folklore popolare, ancor oggi, al nodo si attribuisce il potere di legare lo spirito alla terra. Pregi e difetti Il nodo semplice, detto anche singolo, se fatto all'estremità del cavo è un nodo sicuro, ma ha il difetto di stringersi troppo danneggiando le fibre del cavo. Per tale motivo è difficile da sciogliere, particolarmente quando il cavo è bagnato. È un nodo raramente usato nella nautica. Applicazioni Il nodo semplice alla funzione d'arresto unisce quella di tenere legato un corpo, quando i due capi della fune siano in tensione però altrimenti il nodo si scioglierebbe con estrema facilità. La sua presenza sulle funi di salvataggio, a intervalli regolari, rende più agevole l'arrampicata. È infine l'elemento base per la realizzazione di nodi più complessi. Nodo semplice in serie Esecuzione del nodo Savoia Le origini Il nodo semplice è un nodo d'arresto. È l'esempio più comune di nodo in senso generale. Il nodo semplice ha origini remote, probabilmente preistoriche; si pensi ai quipu peruviani, che testimoniano l'esistenza di un tipo di scrittura Applicazioni Esecuzione del nodo Savoia (secondo metodo) Il nodo semplice alla funzione d'arresto unisce quella di tenere legato un corpo, quando i due capi della fune siano in tensione però altrimenti il nodo si scioglierebbe con estrema facilità. La sua presenza sulle funi di salvataggio, a intervalli regolari, rende più agevole l'arrampicata, come anche garantire una miglior presa se usiamo la corda per salire un albero, un muro o altro ostacolo. È infine l'elemento base per la realizzazione di nodi più complessi. NODI di GIUNZIONE Fanno parte dei nodi di giunzione quei nodi che l'uomo ha usato da sempre nelle più elementari occorrenze: per costruire capanne, unendo liane, trappole per animali, armi primitive, per tessere, per intrecciare. Ai nodi di giunzione si chiede facilità di essere sciolti dopo l'uso, e di poter unire le estremità, di due cavi senza danneggiarne la consistenza, sostituendo l'impiombatura. Esecuzione del nodo del Francescano Nodo semplice È la base di molti altri nodi più complessi. Nodi di Accorciamento, Nodo a otto, o nodo Savoia, o nodo alemanno Per accorciare di poco una corda o per impedire che essa si sfili da un anello o da una carrucola. Per fare una corda per arrampicate. Nodo del cappuccino Per appesantire l'estremità di una corda, o per evitare che essa fuoriesca da un anello o da una carrucola, o per fare una corda per arrampicata. Pregi e difetti Il nodo semplice, detto anche singolo, se fatto all'estremità del cavo è un nodo sicuro, ma ha il difetto di stringersi troppo danneggiando le fibre del cavo. Per tale motivo è difficile da sciogliere, particolarmente quando il cavo è bagnato. È un nodo raramente usato nella nautica. Tali nodi, pertanto, danno la possibilità di usare gli stessi cavi o cime più volte. Affinché i nodi di giunzione offrano una certa sicurezza occorre che i cavi usati abbiano lo stesso diametro e le stesse proprietà fa eccezione a questa regola il nodo bandiera che, pur unendo due cavi di diverso diametro e natura, risulta altrettanto sicuro. I più importanti nodi di giunzione sono: il nodo piano, il nodo di scotta o bandiera, il nodo vaccaio, il nodo inglese, il doppio nodo inglese le due gasse. Per alcuni nodi di giunzione esiste la possibilità del ganciamento, il quale consiste in un doppino che forma un occhio aggiunto al nodo stesso. I nodi ganciati più importanti sono: il nodo piano ganciato, detto nodo di terzarolo o di matafione e il nodo bandiera ganciato. Esistono altri nodi di giunzione, con caratteristiche diverse da quelli usati nell'arte marinaresca, i quali quando si stringono non possono più, sciogliere. I più noti sono il nodo del tessitore e il nodo di rete. Nodo piano o del Terzarolo Per unire due corde di uguale spessore. Non va usato per forti pesi. Nodo della rete, o nodo incrociato, o nodo di bandiera Per unire due corde, anche di spessore differente, adatto anche per forti pesi. Per fabbricare una rete (da cui prendere il nome). Nel caso di corde di spessore differente, è la corda più piccola che va incrociata perché la trazione la fa immobilizzare contro la corda grossa. Con due corde dello stesso spessore il nodo della rete è più sicuro del nodo piano. Nodo del pescatore, o nodo inglese Per unire due corde di uguale spessore, specialmente se umide. Si scioglie facilmente anche se le corde sono bagnate. I due nodi semplici devono incastrarsi uno nell'altro e non opporsi uno contro l'altro. Nodo del chirurgo Per unire due estremità di funi di uguale spessore, in particolare se sono sfrangiate. Utile per i lacci emostatici. Nodo di scotta o bandiera Nodo di scotta Nodo bandiera doppio Nodo bandiera ganciato Nodo di rosetta È un caso particolare di nodo piano. Si disfa facilmente tirando i capi liberi della corda. Nodo inglese doppio Nodo di Carrick Carrick in irlandese significa roccia e questo nodo, molto solido, serve per unire corde di almeno 20 mm di diametro, sottoposte a sforzi considerevoli. Il nodo di carrick va completato con due piccole legature a fascia. In caso contrario, sotto trazione il nodo si aggroviglia e non serve a nulla. Pregi e difetti Nodo piano Nodo piano ganciato Nodo inglese Nodo vaccaio Nodo inglese doppio (particolare) Due gasse I pregi dei nodi di scotta o nodi bandiera sono: poter unire due cavi di diverso diametro e natura, una rapida esecuzione, non scorrere, non stringersi e offrire una maggiore resistenza se sottoposto a forte tensione. Il maggiore pregio di questo nodo consiste senza dubbio nel poter unire due cavi di diverso diametro; ciò non toglie, però che esso non possa essere usato altrettanto proficuamente nell'unione di cavi di uguale diametro. Nodo di scotta o bandiera Applicazioni Pregi e difetti Questi nodi vengono usati in nautica sulle manovre correnti, per collegare gomene, sagole, sartie e stralli; in alpinismo per collegare due corde anche di differente diametro; infine in campeggio per mettere in tensione i tiranti, per appendere l'amaca, ecc. I pregi del nodo di scotta o nodo bandiera sono: poter unire due cavi di diverso diametro e natura, una rapida esecuzione, non scorrere, non stringersi e offrire una maggiore resistenza se sottoposto a forte tensione. Il maggiore pregio di questo nodo consiste senza dubbio nel poter unire due cavi di diverso diametro; ciò non toglie, però che esso non possa essere usato altrettanto proficuamente nell'unione di cavi di uguale diametro. Tale nodo deve il suo nome all'uso cui è destinato. Infatti è detto nodo di scotta perchè serve a collegare le scotte, cioè i cavi usati per orientare la velatura, con speciali occhielli situati alle estremità delle vele quadre; è, detto anche nodo bandiera perchè con due nodi bandiera vengono appunto collegate le estremità inferiore e superiore delle bandiere. Applicazioni Questo nodo viene usato in nautica sulle manovre correnti, per collegare gomene, sagole, sartie e stralli; in alpinismo per collegare due corde anche di differente diametro; infine in campeggio per mettere in tensione i tiranti, per appendere l'amaca, ecc. NODI di AVVOLGIMENTO I nodi d'avvolgimento, generalmente, si eseguono direttamente su di un oggetto, sia per assicurare qualcosa su di esso, sia per stringergli un cavo attorno. È buona regola mentre si eseguono le volte seguire il senso di torsione del cavo. Questi nodi sono anche usati frequentemente in caso di necessità per le operazioni di salvataggio in montagna, dagli operatori esperti e preposti a tali attività. I nodi d'avvolgimento sono divisi in due gruppi: al primo appartengono quei nodi che vengono eseguiti passando due o più volte il cavo attorno all'oggetto e inserendo corrente e dormiente sotto le volte; al secondo gruppo appartengono quei nodi che vengono eseguiti passando due o più volte attorno all'oggetto e annodando il corrente attorno al dormiente con dei mezzi colli. Fanno parte del primo gruppo: il parlato semplice, doppio e triplo (su asta o anello), il parlato ganciato, la bocca di lupo, il nodo di galloccia, il nodo di galloccia ganciato. Appartengono al secondo gruppo: i mezzi colli, il mezzo collo ganciato, il nodo di ancorotto, doppio e triplo, il nodo di bozza. Parlato semplice Parlato semplice su asta Nodo di bozza Parlato ganciato Parlato semplice su anello Parlato doppio Esecuzione del nodo di scotta o bandiera Nodo scorrevole. È utile per costruire una scala a pioli, per fare un pacchetto, per impedire al tappo di uscire del collo di una bottiglia. Nodo di ancorotto ganciato Mezzi colli Bocca di lupo Nodo di ancorotto Nodo di galloccia ganciato Parlato triplo Nodo parlato, o nodo del barcaiolo È il più semplice dei nodi di ancoraggio, è molto solido ed è facile e rapido da sciogliere. Serve per legare una fune a un palo o come nodo iniziale per le legature. Nodo a bocca di lupo Per sospendere un carico, per ancorare una corda a un punto. Molto utile soprattutto per preservare dall'umidità del terreno gli zaini o altro materiale, appendendoli in modo rapido ai rami. Nodo a mezza chiave Per fissare un tirante a un picchetto, utile soprattutto quando si ha l'esigenza di dover smantellare il bivacco in maniera rapida senza perdere tempo a districare nodi o per ancorare una corda a un'altra già tesa, oppure ad un palo. Nodo paletto, o nodo del muratore, o nodo a legno, o nodo d'anguilla Serve per ancorare un oggetto, per iniziare una legatura, per legare un carico da trascinare o da issare, ad esempio uno zaino, come pure delle attrezzature particolarmente ingombranti. Nodi di Ancoraggio e nodo galera Nodi di Salvataggio Nodo di bolina, o gassa d'amante, o cappio del bombardiere Forma un anello che non scorre. Per far salire o scendere una persona lungo una parete verticale, o per portare aiuto a qualcuno in pericolo in un posto difficilmente accessibile. Nodo di bolina doppio Ha gli stessi impieghi del bolina semplice, ma è molto più efficace perché ha due anelli che sostengono meglio una persona. Nodo di bolina triplo Si fa come la bolina semplice, ma la corda è messa doppia. Ha gli stessi impieghi del bolina semplice e di quello doppio, ma la sua efficacia è ancora maggiore, perché gli anelli per sostenere la persona sono tre. Nodo del tessitore Può servire come sedile, come nodo di ancoraggio, o per accorciare una corda. Utilissimo in caso di soccorso. Nodi a occhio I nodi a occhio, o gasse, sono delle asole, cappi o doppini chiusi e annodati quasi generalmente, all'estremità di un cavo. A differenza dei nodi d'avvolgimento, che vengono eseguiti direttamente sull'oggetto, questi nodi vengono quasi sempre fatti in mano e poi passati attorno a una bitta, un gancio o a un palo. Inoltre i nodi a occhio non si rovesciano n&eacuta; si guastano quando vengono sfilati dall'oggetto; e, dato che la loro forma non è determinata dall'oggetto attorno al quale sono avvolti, si possono usare più volte. I principali nodi a occhio sono: la gassa d'amante; la gassa d'amante doppia e tripla; la gassa d'amante con cima doppia; la gassa spagnola; la gassa d'amante ganciata; il cappio del pescatore. Nodo di Prusik È un nodo derivato da quello a bocca di lupo, ha gli stessi usi e serve anche come nodo di sicurezza per ancorarsi con una certa elasticità a un'altra corda. Nodo dell'evaso Gassa d'amante semplice Gassa d'amante ganciata Gassa d'amante doppia Gassa d'amante con cima doppia Gassa spagnola Cappio del pescatore Per scendere e per recuperare la corda subito dopo. Gassa tripla Gassa d'amante La gassa d'amante è conosciuta come la regina dei nodi perchè è il più importante nodo dell'arte marinaresca; non si è buoni marinai se non si sa fare la gassa d'amante rapidamente e, se occorre, al buio. Il nodo viene eseguito in modo diverso a seconda che esso sia rivolto verso chi lo esegue o nel senso inverso. Esecuzione della gassa d'amante (Metodo delle due dita) Pregi e difetti Il principale pregio di questo nodo è di non essere scorsoio e di non stringersi troppo; inoltre, pur essendo un nodo molto sicuro, la gassa d'amante può essere sciolta facilmente, anche quando la cima è bagnata. Tale nodo si può fare con tutti i tipi di cavo. Applicazioni Nella nautica viene impiegato per il recupero di uomo a mare, sulle scotte del fiocco, per l'ormeggio alla bitta, per formare un paranco, un caricabasso, per issare le vele, per congiungere grossi cavi da tonneggio, ecc. Nell'alpinismo la gassa d'amante è conosciuta come il nodo di Bulin e serve per legature semplici a vita. Da questo nodo derivano altri modi di legatura in cordata, essenziali in ascensioni impegnative, ad esempio il nodo di Bulin a doppia bretella che, in caso di caduta, ripartisce lo strappo su tutto il tronco dell'alpinista evitando gravi lesioni interne. NODI di ACCORCIAMENTO Esecuzione del cappio del pescatore Per nessuna ragione al mondo si deve tagliare una fune. Una fune tagliata, infatti, ha perso gran parte del suo valore e nessun nodo di giunzione può restituirle le primitive doti di sicurezza e utilizzabilità. Quando la lunghezza del cavo è abbondante rispetto a un particolare impiego si può, ricorrere ai nodi d'accorciamento, che, come dice il nome, servono ad accorciare i cavi senza ricorrere al loro taglio. Un particolare impiego di nodi d'accorciamento consiste nell'esclusione dall'utilizzo delle parti logore o danneggiate che il cavo dovesse presentare: quelle parti, infatti, essendo incluse nel nodo di accorciamento, rimangono inoperanti e di conseguenza escluse da ogni sforzo. Nodo margherita Nodo semplice a doppino con gassa Per accorciare o per tendere una corda sottoposta a tensione costante, senza tagliarla e senza staccarne le estremità. Per rinforzare un tirante logorato. Pregi e difetti I pregi dei nodi d'accorciamento derivano dagli impieghi più sopra descritti. NODI SCORSOI I nodi scorsoi figurano tra i nodi più antichi che l'uomo conosca: fin dalla preistoria, infatti, l'uomo li ha usati come trappole per la cattura degli animali. I principali nodi scorsoi sono: il nodo scorsoio semplice, la gassa d'amante scorsoia, e il nodo dell'impiccato. Questi nodi sono chiamati anche cappi o lacci. La loro caratteristica è quella di stringersi attorno agli oggetti sui quali sono fatti: quanto più forte è la trazione esercitata sul corrente tanto più forte il nodo scorsoio stringe l'oggetto attorno al quale è avvolto. Gassa d'amante scorsoia Nodo scorsoio semplice Nodo dell'impiccato Pregi e difetti Nodo Margherita Nodo Margherita (assuccato) Il fatto che la presa dei nodi scorsoi sia direttamente proporzionale alla tensione del cavo costituisce più un difetto che un pregio. Questa caratteristica, infatti, limita il loro impiego a quei casi in cui si è ben certi che la tensione del cavo è costante; all'inverso, l'allentarsi della tensione del cavo rende i nodi scorsoi estremamente insicuri. In conclusione, a parte impieghi ben definiti, è consigliabile evitare l'uso dei nodi scorsoi. Si preferiscano ad essi i più sicuri nodi a occhio dai quali in definitiva derivano. RIPORRE LA CORDA Anche riporre un cavo o la corda necessita di un nodo che permetta alla matassa o al rotolo, di restare unita per agevolarne il trasporto e soprattutto di poterla disciogliere ed impiegare rapidamente nel momento del bisogno. Arrotolare un cavo Si arrotola un cavo, quando si prevede di appenderlo per un lungo periodo, o comunque riporlo in un luogo fisso e stazionario. Matassa Il metodo della matassa generalmente si usa per sistemare la corda all'interno dello zaino o per fissarla alle apposite fettucce dello stesso in modo da agevolarne il trasporto. Stringere una legatura, un nodo; mettere in tensione una manovra o un cavo in bando. Bozzello Nel linguaggio marinaresco è sinonimo di carrucola. Il bozzello può essere semplice, doppio, triplo, ecc., in funzione del numero di pulegge che lo compongono. Il bozzello semplice è una leva di primo genere e serve a cambiare la direzione con cui si muovono i cavi. I bozzelli multipli, uniti ad altri bozzelli, formano i paranchi, cioè quei sistemi di funi che richiedono una minor applicazione di forza per vincere certe resistenze. Cavo Nel linguaggio marinaresco è sinonimo di corda o fune. Cima Termine marinaresco usato per indicare una fune di medio diametro. Collo Giro completo di un cavo attorno a un oggetto in modo che il corrente e il dormiente divarichino di 180°. Commettitura E' l'operazione di torsione dei legnuoli che così uniti formano il cavo. Corrente Il tratto terminale di cima che nella confezione di un nodo ha parte attiva. Il termine corrente viene usato in contrapposizione all'altro tratto di cima che, non prendendo parte attiva nella confezione del nodo, viene chiamato dormiente. Doppino Glossario dei termini in uso: Anima È la parte resistente delle corde trecciate costituita da fibre parallele o debolmente ritorte. Assuccare Ripiegamento di un cavo su se stesso. Il cavo ripiegato, dopo aver formato un occhiello, si dispone parallelamente a se stesso. Dormiente Tratto di cima che non prende parte nella confezione del nodo. Filaccia È il prodotto della filatura di una fibra vegetale o sintetica. Più propriamente viene chiamata filato o trefolo. Due o più filati ritorti insieme formano il legnuolo. Due o più legnuoli formano il cavo. Impalmatura Gomena Intugliatura Cavo di grosso diametro (circa 45 cm). Unione di due cavi mediante nodi di giunzione. Impiombatura Legnuolo Unione di due cavi ottenuta intrecciando fra loro i legnuoli. Due o più filati uniti per torcitura. Commettendo due o più legnuoli si ottiene un cavo. Legatura con spago effettuata alle estremità dei cavi affinché non si sfilaccino. Le nuvole Le nubi sono costituite da minuscole gocce d'acqua o da cristalli di ghiaccio della dimensione da 1 a 100 micron. Si formano per condensazione: quando l'acqua terrestre evapora, si trasforma in vapore acqueo che risale nell'atmosfera raffreddandosi, per condensarsi attorno a piccole impurità (cristalli di sale marino, particelle di polvere...) generando così goccioline d'acqua o cristalli di ghiaccio. Questi elementi rimangono sospesi nell'aria sostenuti in movimento verso l'alto, possono evaporare e riformarsi, la loro velocità di caduta è di millimetri al secondo, quindi impercettibile e la quantità d'acqua condensata non supera il grammo per metro cubo di vapore acqueo. Le quantità variano secondo l'estensione verticale ed orizzontale delle nuvole. Salvo casi di nubi con grande estensione verticale (i cumulonembi sviluppati), la nube non si svuota nel generare pioggia o neve, essendo continuamente alimentata da correnti di vapore acqueo. La grandine risulta, nei cumulonembi, un rimescolamento continuo di gocce d'acqua verso il basso poi verso l'alto, causato da violenti correnti verticali. Caricandosi continuamente di nuove particelle d'acqua, i chicchi di grandini possono assumere dimensioni considerevoli (sono stati osservati elementi da 1 chilogrammo) e cadere alla velocità di 8 metri al secondo. L'aspetto delle nubi L'aspetto delle nubi, cioè la forma, la densità e colori, dipendono dalla natura dei loro componenti e dalle condizioni atmosferiche: i contorni netti indicano in genere la presenza di grandi componenti, la trasparenza è indice di pochi elementi condensati, l'opacità caratterizza una nube molto spessa ed una struttura fibrosa e diafana è legata a cristalli finissimi. Un'atmosfera stabile determina solo movimenti orizzontali e le forme sono distese; l'instabilità causa movimenti verticali con formazioni globulari. La posizione del sole sull'orizzonte determina riflessi e colori, che non sono legati ai componenti della nube. Le nuvole hanno due forme caratteristiche, "stratificate" o "a sviluppo verticale": nel primo caso l'estensione si presenta maggiore sul piano orizzontale e minore su quello verticale: Nel caso di nubi cumuliformi l'estensione verticale della nube supera quella orizzontale: 10 generi di nubi Sebbene le nubi siamo in mutamento continuo, si identificano soltanto dieci principali generi di nuvole, classificati in base alla loro struttura, alla forma e all'altezza nella quale si formano, rispetto alla superficie terrestre: Cirro- è il prefisso per nubi alte (sebbene le altezze varino secondo la stagione e la latitudine) - comprendono cirri, cirrocumuli e cirrostrati, che non portano precipitazioni. Alto- è il prefisso per nubi che si formano ad altezza media, costituite da goccioline d'acqua e cristalli - comprendono altocumuli, altostrati e nembostrati Ad altezza inferiore si trovano stratocumuli e strati, che recano precipitazioni leggere. Due generi infine cumuli e cumulinembi, molto instabili e verticali, possono estendersi attraverso gli altri livelli [Il prefisso nimbo- e il suffisso -nembo indicano che la nube causerà precipitazioni.] Cirro (Ci) Si possono presentare a forma di ricciolo, di virgola o di piuma; il loro colore è generalmente bianco e la colorazione può essere più o meno brillante, se li osservate al sorgere o al tramonto del sole. I cirri (dal latino cirrus significa "ricciolo") sono nubi fini, a strisce o filamentose, che lasciano passare la luce: essi appaiono in lento movimento e tendono ad invadere il cielo. Si formano ad altitudini elevate e hanno l'aspetto di ciuffi soffici e delicati. Queste nubi sono costituite da cristalli di ghiaccio trasportati dai venti e rilevano la presenza di umidità ad altezze elevate; potrebbero quindi annunciare l'arrivo di una tempesta o di un periodo caldo (fronte ciclonico). L'altezza è compresa tra i 6 e i 12 km d'altitudine nella fascia temperata. E' necessario distinguere i cirri di bel tempo da quelli che preludono il cattivo tempo sia per il diverso aspetto, sia per la velocità di spostamento. I cirri di "bel tempo" sono alti nel cielo e si spostano lentamente; la loro forma è irregolare e l'estensione limitata. I cirri di "cattivo tempo" sono disposti parallelamente e coprono tutto il cielo; quando la depressione si avvicina, si muovono ad elevata velocità. Altocumulo (Ac) Gli altocumuli sono costituiti da nubi distinte molto vicine tra loro a costituire strati di aspetto solitamente ondulato e fibroso che assumono forme bizzarre di colore bianco o grigio. Sono in realtà formati da estese file di cumuli, collocati a quote medie e con la parte inferiore più scura, talvolta sono continue come una serie di grossi rotoli, che ricordano le onde dell'oceano, poiché, come le onde, anch'essi si muovono sull'orizzonte. Nella fascia temperata queste nubi sono comprese tra i 2,5 e i 5 km d'altitudine. Quando un altocumulo passa davanti al sole o alla luna può prodursi il fenomeno della 'corona', visibile più spesso di notte. Gli altocumuli lenticolari sono una specie particolare a forma di lenti allungate con contorni ben definiti, in genere si originano vicino a formazioni montuose. Se non sono associate ad altri generi di nubi, essi non provocano alcun fenomeno; se unite a nubi basse, possono provocare piogge. Stratocumulo (Sc) Si presentano come una distesa continua di masse cumuliformi (rotondeggianti) oscure, generalmente allungate, il cui aspetto somiglia a rotoli senza una forma precisa, connessi tra loro mediante nubi sottili, attraverso le quali è talvolta possibile scorgere l'azzurro del cielo. Inizialmente potrete scambiarli, avendo una forma abbastanza similare, con gli altocumuli. Alcuni possono avere aspetto minaccioso, anche se in genere non accompagnano precipitazioni. L'altezza è compresa tra i 6 e i 12 km d'altitudine nella fascia temperata. Si comportano come gli altocumuli: da soli non provocano alcun fenomeno, se associati a nubi medie possono generare piogge. Cirrocumulo (Cc) Si riconoscono facilmente dalla classica conformazione "a pecorelle". Possono però essere raggruppati a strisce, a banchi e con forme differenziate, lamelle, granuli, crespe, ecc.. I loro colori sono brillanti poiché costituiti interamente da cristalli di ghiaccio. L'altezza è compresa tra i 5 e i 7 km d'altitudine nella fascia temperata. Si formano in seguito ad un passaggio di uno strato di aria fredda sopra uno di aria calda: annunciano aria instabile e il probabile arrivo di una tempesta (cielo a pecorelle). Cumulonembo (Cb) Sono nubi ad elevato sviluppo verticale, che vi si presenteranno imponenti sul cielo, a forma di torri, montagne o cupole. La sommità è generalmente bianca e spesso assume una forma a incudine o a carciofo, la base invece è orizzontale e di colore scuro intenso. I cumulonembi sono formati da masse di cumuli scuri e si possono estendere per tutta l'altezza della troposfera, ossia quella parte dell'atmosfera in cui si determina il tempo atmosferico. Il nembo (dal latino nimbus, "tempesta") è una nube che porta pioggia: è un ammasso nuvoloso compatto e grigio scuro, che si forma all'inizio e durante le precipitazioni temporalesche. Il termine è spesso presente in parole composte che descrivono la forma e le dimensioni dei vari aspetti che questa nuvola può assumere: il cumulonembo, per esempio, è una grossa nuvola nera, che porta forti temporali, il nembostrato si forma a quote molto basse (1000 m) Sono nubi che accompagnano manifestazioni temporalesche, portano forti piogge, grandine o neve, oltre a fulmini e in alcune circostanze, tornado. Sicuramente le più pericolose per la navigazione: la loro presenza è causa scatenante di venti che generano quello che viene definito un "caotico moto ondoso". Il Cumulonembo calvo somiglia ad un cumulo congestus nel quale certamente si è formato: qui è visibile un grosso cumolonembo in formazione sopra la spiaggia di Bergeggi, con la tipica forma ad incudine causata da un fronte caldo proveniente da sud. Il Cumulonembo Capillatus, è l'ultimo stadio in piena maturità, che presenta sulla sommità una specie di 'capigliatura' disordinata. Genera tempeste di grandine e ventose e nelle nostre regioni può produrre da 30 a 100 mm di pioggia all'ora, con 30 - 100 litri d'acqua al metro quadro. I cumulinembi sono movimenti verticali d'aria molto violenti che possono propagarsi rapidamente per 10-12 km. L'altezza è compresa tra qualche centinaio di metri e i 2 km d'altitudine nella fascia temperata. Nimbostrato (Ns) Sono nubi definita. stratificate basse, generalmente grigio scure dalla base spesso non ben Il cielo si presenta buio e tetro e spesso per la loro presenza si devono accendere le luci. L'altezza è compresa tra qualche centinaio di metri d'altitudine nella fascia temperata. Sono nuvole di cattivo tempo e, in relazione alla temperatura presente in zona, possono generare piogge o neve. Altostrato (As) Tra le nubi stratiformi che si sviluppano a quote intermedie gli altostrati si presentano come una distesa nuvolosa più o meno densa di colore grigio o blu, liscia inferiormente. Poiché velano il Sole e la Luna, possono sembrare macchie luminose, ma, diversamente dai cirrostrati, non creano aloni. Queste nubi producono neve leggera o pioggia fine e fitta, ma di solito sono così alte che le loro precipitazioni evaporano prima di raggiungere il terreno. Sono nuvole che possono accompagnare tanto il tempo bello, quanto quello brutto. Nel primo caso saranno di colore più bianco, alte nel cielo e con la base ben definita; nel secondo saranno più scure, con la base indefinita. Se nel cielo arrivano per primi i cirrostrati, seguiti dagli altostrati, vuol dire che una perturbazione si sta avvicinando. Strato (St) Gli strati sono nubi basse, spesse e grigie, che si formano ad altitudini di 610 m circa: si possono vedere quindi a pochi metri dall'orizzonte con la basa estesa ed uniforme. Si possono presentare a banchi o coprire totalmente il cielo, spesso derivano dalla nebbia formatasi al suolo, come in questa immagine. Dato il loro limitato spessore, di norma non danno luogo ad alcun fenomeno, se non ad una riduzione di visibilità quando la loro base è molto bassa. Possono portare leggere piogge o neve, in tal caso vengono chiamati nembostrati. Cumulo (Cu) I cumuli sono una massa isolata di una nube bianca simile a "panna montata", che non lascia filtrare la luce solare: possono essere bianchi e soffici, con cime arrotondate e basi appiattite, che si formano a basse quote nei giorni caldi e soleggiati e indicano solitamente la persistenza del bel tempo, oppure scuri ed espansi con la sommità sagomata a cupola e protuberanze estese sopra, quando portano il brutto tempo. Sono costituiti da goccioline d'acqua in sospensione nell'aria. Si distinguono in tre tipi: il cumulus humilis è una nube poco spessa ed arrotondata, legata alla variazione diurna della temperatura, appare al mattino e scompare la sera; il cumulus mediocris simile al precedente ed il cumulus congestus o castellato può apparire anche scuro inferiormente, in genere ha la superficie inferiore appiattita mentre superiormente assume un aspetto definito "a cavolfiore". Al termine della sua evoluzione si trasforma in genere i cumulonembo. Se il cielo è azzurro intenso e sono bassi e piccoli a forma di batuffoli bianchi alla sommità e grigi alla base si ha tempo buono, se invece la loro estensione verticale determina grosse dimensioni recano forti precipitazioni a carattere temporalesco, soprattutto se si presenteranno grigi e neri. Cirrostrato (Cs) I cirrostrati sono nubi trasparenti situate ad alte quote. I loro cristalli di ghiaccio diffondono luce e creano un alone o un velo sottile attorno al Sole o alla Luna. Di solito queste nubi annunciano l'arrivo di una tempesta o di un periodo caldo. Sono costituiti da cristalli di ghiaccio e tendono a conferire al cielo un aspetto lattiginoso. La loro presenza determina come un velo invisibile e delicato, che consentirà di vedere perfettamente i contorni di quanto è presente. Possono presentarsi avendo già invaso tutto il cielo, o come un alone sull'orizzonte che tende a crescere. Molto spesso nella loro formazione seguono i cirri, per cui è frequente vedere nella parte inferiore del sistema nuvoloso i cirrostrati ed alla sommità i cirri. L'altezza è compresa tra i 5 e i 12 km d'altitudine nella fascia temperata. Indicano l'avvicinarsi di una perturbazione se si presentano dopo i cirri.