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Malattia, congedi, ferie, permessi, aspettative, idoneità lavorativa

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Malattia, congedi, ferie, permessi, aspettative, idoneità lavorativa
2) Malattia, congedi, ferie, permessi, aspettative, idoneità lavorativa
Quesito 1 (n. 12/2011)
Si rivolgono i seguenti quesiti:
1- i tre giorni di permesso art.19 C.C.N.L.6/7/95 possono essere usufruiti a ore e se si c’è un limite
minimo o massimo?
2- Nel caso di un dipendente che ha un orario di lavoro fisso su sei giorni settimanali di 6,10 dal
lunedì al venerdì e di 5,10 il sabato, voglia recuperare nella giornata del sabato delle ore
straordinarie è giusto che l’Ente gli chieda il recupero di 6,00 anche se lo stesso al sabato ne
fa sempre 5,10 con la giustificazione che il programma di rilevazione automatica delle
presenze è impostato con 6,00 giornaliere dal lunedì al sabato?
3- è possibile usufruire dei permessi dell’art.104/1992 in caso di documentata situazione di
urgenza ( pronto soccorso, visita urgente….) comunicando solo telefonicamente all’ente
l’assenza della giornata e formalizzando dopo la domanda ?
Si precisa che l’ente non ha nessun regolamento o accordo interno approvato.
Risposta
1) Circa la ammissibilità della trasformazione in ore dei permessi ex art. 19, l’ARAN si è espressa sulla
questione escludendo tale possibilità, in quanto il CCNL non prevede il frazionamento ad ore. E’ solo
ammissibile la fruizione in modo frazionato e non continuativo, l’unità di misura è pertanto il giorno.
Sempre secondo l’ARAN il CCDI non può introdurre modalità di fruizione diverse da quelle previste dalla
normativa. Tale affermazione è confermata dall’art. 71, commi 4 e 6, D.L. 112/08 convertito nella Legge
133/08.
Non si può però ignorare che la prassi seguita da numerosi enti prevede la possibilità di fruizione di tali
permessi anche ad ore, a fronte della mancanza di un esplicito divieto in tal senso nel CCNL. Nel caso in cui
si volesse consentire, comunque, la fruibilità ad ore dei permessi in questione, si ritiene di suggerire di
considerare per ogni giorno l’orario teorico e quindi: 36 ore settimanali diviso i giorni lavorativi (ore 7,12 per
attività lavorativa distribuita su 5 giorni o ore 6 per prestazione lavorativa su 6 giorni)
2) Se l’orario di lavoro stabilito dall’ente nella giornata di sabato è di ore 5,10, il recupero delle ore
straordinarie per l’intero giorno sarà uguale a ore 5,10.
Si coglie l’occasione per segnalare che l’art. 8 del D.Lgs. 66/03 disciplina la pausa giornaliera stabilendo
che se l’orario di lavoro giornaliero supera le 6 ore, il lavoratore deve beneficiare di un intervallo stabilito
dalla contrattazione collettiva. In mancanza di disposizioni contrattuali la pausa, per legge, deve essere
di almeno 10 minuti da collocare in base alle esigenze lavorative.
3 Il preavviso al datore di lavoro non è formalmente disciplinato da alcuna normativa specifica.
Per prassi, comunque, si ritiene che i permessi debbano essere richiesti in tempo utile al datore di
lavoro, allo scopo di contemperare le esigenze del lavoratore con le esigenze di garantire la continuità di
un pubblico servizio, nell’ambito dei principi di correttezza e buona fede.
Rimane comunque fermo che improcrastinabili esigenze di assistenza e quindi di tutela del disabile,
come sembra quella da voi rappresentata, non possono che prevalere sulle esigenze dell’ufficio (Parere
del Ministero del Lavoro 6.7.2010 n. 31).
Quesito 2 (n. 35/2011)
Una dipendente che gode di indennità di posizione, madre di un bambino che compirà 8 anni nel
mese di maggio, con riferimento a quest'ultimo ha chiesto, nei termini previsti dalla legge ( preavviso
di 15 giorni), di poter fruire di un congedo parentale di giorni 9, frazionati, durante il mese di aprile .
Si precisa che la stessa dipendente ha già fruito per il medesimo figlio di giorni 47 di congedo
parentale negli anni precedenti.
Si chiede di sapere se la dipendente in questione, titolare di posizione organizzativa, durante il
tempo di fruizione del congedo parentale conservi o meno il godimento della relativa indennità. Si
chiede cioè di sapere se si deve continuare ad erogare l'indennità di posizione durante il congedo
parentale tenendo presente che la dipendente ha già goduto di 47 giorni di congedo.
Risposta
Il caso sottoposto alla nostra attenzione riguarda il godimento o meno della retribuzione di posizione durante
il congedo parentale, in riferimento al figlio di età compresa fra i 3 e gli 8 anni.
Tale situazione rientra nella fattispecie di cui agli artt.32 e 34, 3°comma del D.Lgs.151/2011.
Infatti, dalla lettura congiunta dei suddetti articoli si evince che nel caso di congedi richiesti dal genitore nel
periodo compreso tra il 3° e l’8°anno del figlio, a l genitore spetta un’indennità pari al 30% della retribuzione,
a condizione che il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento
minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria, per l’anno 2011 pari ad annui €.
15.221,31.
Conseguentemente, nell’ipotesi contraria in cui il genitore superi il limite reddituale suddetto il periodo di
congedo richiesto non è retribuito.
Pertanto, nel vostro caso, si ritiene che, essendo presumibilmente superato il limite reddituale di
€.15.221,31, il periodo di congedo richiesto dalla dipendente non sia retribuito e che, pertanto, non competa
nemmeno la retribuzione di posizione di cui la dipendente è titolare.
Quesito 3 (n. 69/2010)
Chiedo di sapere se questa amministrazione comunale (totale 13 dipendenti di cui 2 part time 18/36)
è obbligata a riconoscere permessi per diritto allo studio ad uno dei due dipendenti che ne ha fatto
richiesta e, se sì, a quale dei due:
DIPENDENTE 1: iscritto per l'anno accademico x al FUORI CORSO del TERZO ANNO del corso di
laurea in SCIENZE DELL'AMMINISTRAZIONE
DIPENDENTE 2: iscritto per l'anno accademico x al SECONDO ANNO del corso di laurea in SCIENZE
DEI SERVIZI GIURIDICI (la durata del corso è di 3 anni)
Per quest'ultimo dipendente si tratta della seconda laurea in quanto ha già conseguito la laurea in
architettura.
Si specifica che l'anno scorso il dipendente n. 1 ha già usufruito dei permessi per diritto allo studio
mentre il dipendente n. 2 non ne ha mai usufruito.
L'amministrazione chiede inoltre se, nel caso sia obbligata a concedere tali permessi, si possano
ripartire le 150 ore tra i due dipendenti che ne hanno fatto richiesta.
E nell'eventualità che nessuno dei due abbia superato tutti gli esami degli anni precedenti?
Risposta
In riferimento al quesito si fa presente che:
l’Amministrazione è obbligata a riconoscere i permessi per diritto allo studio ad uno dei due dipendenti che
ne hanno fatto richiesta.
Il dipendente 1) ha la priorità se il terzo anno cui è iscritto è l’ultimo di corso e se ha superato tutti gli esami
degli anni precedenti (primo e secondo) – vedi art. 15 comma 4 lett. a) del CCNL 14.9.2000 e parere ARAN
900-15A6.
Nel caso in cui ciò non fosse avvenuto avrebbe la precedenza il dipendente 2) in quanto frequenta il
penultimo anno del corso di laurea, purchè anch’egli abbia superato tutti gli esami previsti dai programmi
degli anni precedenti.
Inoltre si precisa che le 150 ore di permesso non possono essere ripartite fra i due dipendenti.
Nell'ultima eventualità da voi rappresentata infine nel quesito, avrebbe la precedenza il dipendente n. 2) in
quanto non ha mai usufruito dei permessi relativi al diritto allo studio per lo stesso corso.
Quesito 4 (n. 74/2010)
Con la presente siamo a chiedere gentilmente:
1) durante il congedo straordinario retribuito per assistenza a portatori di handicap spetta il salario
accessorio (produttività)?
2) quanti giorni di malattia può fare il personale dipendente prima di incorrere nel licenziamento?
Risposta
In riferimento al quesito, si comunica quanto segue:
1) Il D.L. 1.7.2009 n. 78, relativamente all’art. 71 del D.L. 112/08 (convertito nella legge133/08) ha
previsto, fra l’altro, l’abrogazione del 5° comma d el predetto art. 71 che prevedeva l’impossibilità di
considerare presente un lavoratore assente dal lavoro ai fini della distribuzione delle risorse
decentrate.
Atteso che nessuna norma specifica quali siano le assenze che incidono sull’erogazione del salario
accessorio, tale individuazione è rimessa ad ogni singola amministrazione.
La scrivente Provincia non ha mai equiparato, anche prima dell’entrata in vigore del D.L. 112/08,
l’assenza dal servizio per congedo straordinario retribuito per assistenza ai portatori di handicap, alla
presenza in servizio per quanto riguarda la distribuzione della produttività.
Quindi, nel nostro ente, il lavoratore assente per questo motivo non percepisce la produttività per tali
giorni di assenza.
2) Il dipendente non in prova, assente per malattia, ha diritto alla conservazione del posto per un
periodo di diciotto mesi. Ai fini della maturazione del predetto periodo, si sommano tutte le assenze
per malattia intervenute nei tre anni precedenti l'ultimo episodio morboso in corso.
Superato tale periodo al lavoratore che ne faccia richiesta può essere concesso di assentarsi per un
ulteriore periodo di 18 mesi in casi particolarmente gravi.
Prima di concedere l'ulteriore periodo di assenza l'amministrazione procede, su richiesta del
dipendente, all'accertamento delle sue condizioni di salute, per il tramite della unità sanitaria locale
competente, al fine di stabilire la sussistenza di eventuali cause di assoluta e permanente inidoneità
fisica a svolgere qualsiasi proficuo lavoro.
Superati i suddetti periodi di conservazione del posto, nel caso che il dipendente sia riconosciuto
idoneo a proficuo lavoro ma non allo svolgimento delle mansioni del proprio profilo professionale,
l'amministrazione, compatibilmente con la sua struttura organizzativa e con le disponibilità organiche,
può utilizzarlo in mansioni equivalenti a quelle del profilo rivestito, nell'ambito della stessa categoria
oppure, ove ciò non sia possibile e con il consenso dell'interessato, anche in mansioni proprie di profilo
professionale ascritto alla categoria inferiore.
Ove non sia possibile utilizzare il lavoratore come sopra descritto, oppure nel caso che il
dipendente sia dichiarato permanentemente inidoneo a svolgere qualsiasi proficuo lavoro, l'ente
può procedere alla risoluzione del rapporto, corrispondendo al dipendente l'indennità sostitutiva del
preavviso.
In caso di patologie gravi che richiedano terapie salvavita ed altre assimilabili, come ad esempio
l'emodialisi, la chemioterapia, il trattamento riabilitativo per soggetti affetti da AIDS, sono esclusi dal
computo dei giorni di assenza per malattia i relativi giorni di ricovero ospedaliero o di day-hospital
ed i giorni di assenza dovuti alle citate terapie, debitamente certificati dalla competente Azienda
sanitaria Locale o Struttura Convenzionata.
Quesito 5 (n. 75/2010)
Presso il nostro Comune lavora un dipendente a tempo indeterminato part-time a 18 ore suddivise su
4 giorni.
Si sposa a febbraio con rito civile e a giugno con rito religioso. Fermo restando che il congedo di 15
giorni consecutivi può essere goduto una sola volta,
1) può chiederlo indifferentemente o successivamente al rito civile o successivamente al rito
religioso?
2) i 15 giorni essendo consecutivi e non frazionabili iniziano dal lunedì e finiscono il lunedì compreso
di due settimane dopo, indipendentemente che il dipendente abbia un part-time su 4 giorni?
3) 'Di norma' il congedo viene concesso a decorrere dalla prima giornata lavorativa successiva alla
celebrazione del matrimonio. Potrebbe chiedere di usufruire del congedo anche tempo dopo?
Risposta
Preliminarmente riteniamo utile precisare che l'art.19 CCNL del 6/7/95 si è limitato a "contrattualizzare" la
precedente disciplina contenuta nell'art.37 comma 2 del T.U. n.3/1957 e nel RDL 24/6/1937, convertito in
legge 23/12/1937 n.2387, secondo cui in occasione del matrimonio al dipendente venivano riconosciuti 15
giorni di congedo straordinario.
L'attuale disciplina dell'art.19,comma 3 del CCNL del 6/7/95, riconosce espressamente il diritto dei lavoratori
a fruire di quindici giorni consecutivi di permesso retribuito "in occasione del matrimonio. L'espressione "in
occasione del matrimonio" stabilisce uno stretto collegamento tra l'evento matrimonio e la fruizione del
permesso; ne consegue che i due eventi devono realizzarsi in modo che il periodo di fruizione possa essere
giustificato dalla "occasione" del matrimonio. Tale collegamento, anche se non significa che la giornata del
matrimonio deve essere ricompresa nei quindici giorni di permesso, non può neanche comportare che la
relativa fruizione sia del tutto svincolata dall'evento giustificativo.
Come indirizzo pratico, ad esempio, il contratto integrativo della Provincia prevede che i 15 giorni di congedo
matrimoniale ricomprendano necessariamente la data del matrimonio; questa è comunque una scelta basata
sullo spazio di autonomia che il CCNL lascia in materia.
Un altro esempio che può essere utilmente seguito è quello del parere rilasciato dall'Aran, secondo il quale
in occasione di matrimonio celebrato nella giornata di sabato (non lavorativo), il permesso retribuito può
ragionevolmente decorrere dal lunedì successivo (prima giornata lavorativa) (Aran 795-19E2).
Sarebbe comunque opportuno che l’ente adottasse una linea di condotta univoca stabilendo con proprio atto
le modalità di utilizzo del congedo.
Il congedo per matrimonio, essendo non frazionabile e quindi necessariamente continuativo comprende
anche i giorni festivi e non lavorativi ricadenti all'interno dello stesso (parere ARAN 795-19E3). Non viene in
rilievo, data la natura del congedo, il fatto che il dipendente sia in part-time.
In caso di sdoppiamento temporale tra celebrazione religiosa e civile, non vi è duplicazione del congedo
(Pret.Milano 4.8.1986) e il diritto al congedo non sorge quando sia celebrato solo quello religioso, senza
trascrizione (Pretura Fermo 18.2.1991) . Pertanto il dipendente, nel caso specifico, può indifferentemente
chiedere il congedo per matrimonio in febbraio a seguito del rito civile, o a giugno a seguito del rito religioso
a valenza giuridica civile.
Quesito 6 (n. 5/2010)
Chiedo cortesemente chiarimenti in ordine all’art. 11 del CCNL siglato il 14 settembre 2000, in merito
alla concessione di aspettative per motivi personali. Questa richiesta è per confermare che
l’aspettativa per motivi personali (studio) sia di 12 mesi in un triennio.
Risposta
In riferimento alla richiesta si conferma che possono essere concessi al dipendente con rapporto di lavoro a
tempo indeterminato, che ne faccia formale e motivata richiesta, periodi di aspettativa per esigenze personali
(per studio) o di famiglia, senza retribuzione e senza decorrenza dell'anzianità, per una durata complessiva
di dodici mesi in un triennio da fruirsi al massimo in due periodi.
Si precisa che, ricorrendone le condizioni, potrebbe essere concesso un congedo non retribuito per la
formazione ai sensi dell’art. 16 del CCNL del 14/9/2000 che fa riferimento all’art. 5 della Legge 8/3/2000 n.
53 così sotto riportati:
CCNL 14/9/2000 – Art. 16 (Congedi per la formazione)
1. I congedi per la formazione dei dipendenti, disciplinati dall'art.5 della legge n.53/2000, sono concessi
2.
3.
4.
5.
6.
salvo comprovate esigenze di servizio.
Ai lavoratori, con anzianità di servizio di almeno cinque anni presso lo stesso ente, possono essere
concessi a richiesta congedi per la formazione nella misura percentuale annua complessiva del 10
% del personale delle diverse categorie in servizio, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, al
31 dicembre di ciascun anno.
Per la concessione dei congedi di cui al comma 1, i lavoratori interessati ed in possesso della
prescritta anzianità, devono presentare all'ente di appartenenza una specifica domanda, contenente
l'indicazione dell'attività formativa che intendono svolgere, della data di inizio e della durata prevista
della stessa. Tale domanda deve essere presentata almeno sessanta giorni prima dell'inizio delle
attività formative.
Le domande vengono accolte in ordine progressivo di presentazione, nei limiti di cui al comma 2 e
secondo la disciplina dei commi 5 e 6.
L'ente può non concedere i congedi formativi di cui al comma 1 quando ricorrono le seguenti
condizioni:
a) il periodo previsto di assenza superi la durata di 11 mesi consecutivi;
b) non sia oggettivamente possibile assicurare la regolarità e la funzionalità dei servizi.
Al fine di contemperare le esigenze organizzative degli uffici con l'interesse formativo del lavoratore,
qualora la concessione del congedo possa determinare un grave pregiudizio alla funzionalità del
7.
servizio, non risolvibile durante la fase di preavviso di cui al comma 2, l'ente può differire la fruizione
del congedo stesso fino ad un massimo di sei mesi.
Al lavoratore durante il periodo di congedo si applica l'art.5,comma 3, della legge n.53/2000. Nel
caso di infermità previsto dallo stesso articolo 5, relativamente al periodo di comporto, alla
determinazione del trattamento economico, alle modalità di comunicazione all'ente ed ai controlli, si
applicano le disposizioni contenute nell'art.21 e, ove si tratti di malattie dovute a causa di servizio,
nell'art.22 del CCNL del 6.7.1995.
Legge 8/3/2000 n. 53 – Art. 5 (Congedi per la formazione)
1. Ferme restando le vigenti disposizioni relative al diritto allo studio di cui all'articolo 10 della legge 20
maggio 1970, n. 300, i dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, che abbiano almeno cinque anni di
anzianità di servizio presso la stessa azienda o amministrazione, possono richiedere una sospensione del
rapporto di lavoro per congedi per la formazione per un periodo non superiore ad undici mesi, continuativo o
frazionato, nell'arco dell'intera vita lavorativa.
2. Per "congedo per la formazione" si intende quello finalizzato al completamento della scuola dell'obbligo, al
conseguimento del titolo di studio di secondo grado, del diploma universitario o di laurea, alla partecipazione
ad attività formative diverse da quelle poste in essere o finanziate dal datore di lavoro.
3. Durante il periodo di congedo per la formazione il dipendente conserva il posto di lavoro e non ha diritto
alla retribuzione. Tale periodo non è computabile nell'anzianità di servizio e non è cumulabile con le ferie,
con la malattia e con altri congedi. Una grave e documentata infermità, individuata sulla base dei criteri
stabiliti dal medesimo decreto di cui all'articolo 4, comma 4, intervenuta durante il periodo di congedo, di cui
sia data comunicazione scritta al datore di lavoro, dà luogo ad interruzione del congedo medesimo.
4. Il datore di lavoro può non accogliere la richiesta di congedo per la formazione ovvero può differirne
l'accoglimento nel caso di comprovate esigenze organizzative. I contratti collettivi prevedono le modalità di
fruizione del congedo stesso, individuano le percentuali massime dei lavoratori che possono avvalersene,
disciplinano le ipotesi di differimento o di diniego all'esercizio di tale facoltà e fissano i termini del preavviso,
che comunque non può essere inferiore a trenta giorni.
5. Il lavoratore può procedere al riscatto del periodo di cui al presente articolo, ovvero al versamento dei
relativi contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria.
Quesito 7 (n. 14/2010)
Un dipendente in ferie che viene chiamato per una donazione Avis ha diritto a recuperare il giorno di
ferie?
Risposta
Con riferimento alla vostra richiesta del 10.8 u.s. si fa presente che il CCNL 6.7.1995 prevede come sole
ipotesi di interruzione delle ferie in godimento da parte del dipendente esclusivamente
- una malattia di durata superiore a 3 giorni oppure che abbia comportato il ricovero ospedaliero (art. 18 c.
14), e
- sopravvenute esigenze di servizio (art. 18 comma 11).
Alle ipotesi previste dal contratto l’art. 47, comma 4 del D:Lgs. 151/01 ha previsto che anche la malattia del
figlio, che dia luogo a ricovero ospedaliero e per la quale il dipendente richiede il congedo previsto dal
predetto articolo, interrompa, a richiesta del genitore, il decorso delle ferie in godimento.
Alla luce di quanto sopra e visti anche i vari pareri espressi dall’ARAN in materia, in tutti gli altri casi, tra cui
quello da voi citato, le ferie continuano a decorrere regolarmente, senza alcuna interruzione.
Quesito 8 (n. 18/2011)
In caso di fruizione di congedo parentale usufruito a giorni, come si calcola il residuo disponibile? E
i giorni del mese sono quelli di calendario?
Risposta
Il congedo parentale può essere utilizzato in modo continuativo o frazionato, in mesi o giorni. In caso di
usufruizione in modo frazionato, come previsto dall’art. 17, comma 5, del CCNL 14.9.2000, il mese è
considerato di 30 gg. sommando tutti giorni di assenza richiesti.
Quesito 9 (n. 21/2011)
Se un lavoratore deve assistere due familiari disabili ha diritto a raddoppiare i permessi lavorativi?
Puo' godere di sei giorni di permesso mensile? La dipendente è figlia unica, non è convivente e non
ha altri familiari in grado di prestare assistenza ai genitori, entrambi disabili gravi.
Risposta
Sebbene l’INPDAP prevedesse la possibilità di cumulare i tre giorni di permesso ex L. 104/92 (circolare n. 34
del 10.7.2000 punto 5.1), il Parere Dipartimento Funzione Pubblica – Ufficio Personale Pubbliche
Amministrazioni – Servizio Trattamento del Personale del 18.2.2008 n. 13, stabilisce che i permessi possono
essere fruiti in riferimento ad un’unica persona disabile. Infatti “visto il mutato quadro normativo, che ha
allargato la titolarità della legittimazione considerando non più indispensabile la sussistenza delle
convivenza, si ritiene che l’interpretazione sopra prospettata sia più aderente alla ratio e allo spirito della
legge”. Afferma inoltre che “un’assistenza resa con continuità è logicamente prestata in favore di una sola
persona”.
Non sarebbe possibile, pertanto, secondo la Funzione Pubblica, assistere due persone con continuità.
Tuttavia la Funzione Pubblica ritiene che le amministrazioni, nell’ambito del quadro delineato e nell’esercizio
della propria discrezionalità datoriale, debbano individuare a seconda delle circostanze che si presentano i
presupposti per la concessione dei permessi
Quesito 10 (n. 24/2011)
Se un dipendente cat. C tempo indeterminato che ha diritto a 32 giorni di ferie perché lavora 5 giorni,
nel caso di collaborazione (per un periodo di sei mesi) con un altro comune per ulteriori 12 ore e
quindi lavorando anche al sabato ha diritto ad aumentare in proporzione le ferie? E nel caso inverso,
cioè se il dipendente lavora 6 giorni con diritto a 36 ferie con la collaborazione lavora nel comune
dove è dipendente 5 giorni, i giorni devono essere ridotti? E se il dipendente fosse un responsabile
di servizio?
Risposta
A nostro parere, i giorni di ferie devono comunque essere commisurati ai giorni lavorativi prestati dal
dipendente , come previsto dal contratto nazionale, per cui se il dipendente, in seguito alla convenzione ,
passa da un regime di settimana corta (5gg lavorativi) a uno di settimana lunga (6 gg lavorativi) ha diritto a
32 + 4 gg di ferie, e viceversa; se nel corso dell'anno, i due periodi si alternano ( per esempio, 6 mesi su 5
giorni e 6 mesi su 6 giorni) i giorni di ferie totali vanno calcolati in proporzione, come specificato anche
dall'Aran nel quesito sotto riportato: "795-18A1. Quanti giorni di ferie spettano ad un dipendente che sia
impiegato per due mesi all’anno in regime orario di settimana corta (5 gg.) e per i restanti mesi in regime di
settimana lunga (6 gg.) ? In generale come si calcolano le ferie in tutti i casi di passaggio da un regime
all’altro? Nei mesi in cui il dipendente è impiegato in regime orario di settimana corta matura n. 2,33 giorni di
ferie al mese, pari a 28/12. Nei mesi in cui è impiegato in regime orario di settimana lunga matura invece
2,66 giorni di ferie al mese, pari a 32/12. Quindi egli avrà diritto per i primi due mesi a 4,66 giorni di ferie e
per i restanti mesi a 26,6 giorni di ferie, pari a complessivi 31,26 giorni di ferie. Non essendo possibile
considerare la frazione come giorno intero, il dipendente, nel caso in esame, avrà diritto a 31 giorni di ferie."
Il fatto che i giorni di ferie vadano calcolati secondo il regime di settimana lunga o corta pare indirettamente
confermato anche dal parere del Consiglio di stato che , in merito all'utilizzo di lavoratori in convenzione, ha
affermato che "...le ferie vadano godute nello stesso periodo [presso i due enti datori di lavoro] per garantire
l'attuazione del diritto costituzionalmente garantito al riposo. "Inoltre, gli stessi lavoratori a part-time
orizzontale (quindi con prestazione su tutti i giorni lavorativi previsti) hanno diritto a pari numero di giorni di
ferie rispetto ai lavoratori a tempo pieno, indipendentemente dalle ore di lavoro prestate.
Si ritiene che non influisca sul calcolo delle ferie il fatto che il dipendente sia responsabile di servizio, ma
valga sempre il principio della settimana su 5 o 6 giorni con proporzione nell'anno.
Quesito 11 (n. 9/2010)
Nel conteggiare i permessi retribuiti per la malattia dei figli inferiori ai tre anni ho sempre il dubbio se
deve considerare 30 giorni per anno solare sino al compimento dei tre anni o 30 giorni per ogni anno
di vita del bambino facendo riferimento alla effettiva data di nascita.
Qual è l’interpretazione corretta?
Risposta
In riferimento al quesito, si precisa quanto segue:
Le assenze per congedo malattia del figlio, fino ai tre anni, sono riconosciute per 30 giorni all’anno
interamente retribuiti, computati complessivamente fra entrambi i genitori.
In ogni caso il limite annuale del congedo è riferito non all’anno solare ma ai singoli anni di vita del figlio,
quindi facendo riferimento alla data di nascita del bambino.
Quesito 12 (n. 15/2010 – prima parte)
L. 104/92 - il dipendente che ne usufruisce deve tutte le volte produrre documentazione ?
Risposta
Si riporta un prospetto con le indicazioni relative alla documentazione che il dipendente deve presentare al
datore di lavoro, per usufruire dei permessi di cui all'art. 33 della legge 104/92.
Documentazione da presentare per usufruire dei permessi di cui all’art. 33 legge 104/1992
1) Il dipendente in situazione di handicap grave deve produrre all’ufficio di appartenenza
- inizialmente:
- domanda con la quale richiede il beneficio previsto;
- certificazione dell’A.S.L. competente, dalla quale risulti che l’interessato si trova in situazione di gravità,
accertata ai sensi dell’art. 3, 3° comma, della L. 104/92;
- di volta in volta:
- apposita comunicazione con indicazione del periodo di assenza oppure delle ore di permesso.
2) I genitori di soggetto minorenne in situazione di handicap grave devono produrre all’ufficio di
appartenenza
- inizialmente:
- domanda con la quale si richiede il beneficio previsto;
- certificazione dell’A.S.L. competente, dalla quale risulti che il figlio si trova in situazione di gravità, accertata
ai sensi dell’art. 3, 3° comma, della L. 104/92;
- di volta in volta:
- comunicazione dei giorni di assenza ovvero delle ore di permesso;
- dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà attestante che il bambino non è ricoverato a tempo pieno
presso un istituto specializzato;
- dichiarazione in ordine al fatto che l’altro genitore fruisca o meno dei permessi richiesti.
3) I familiari di soggetti portatori di handicap grave devono far pervenire all’ufficio di appartenenza
- inizialmente:
- domanda con la quale si richiede il beneficio previsto;
- certificazione dell’A.S.L. competente, dalla quale risulti che il familiare assistito si trovi in situazione di
handicap grave, ai sensi dell’art. 3, 3° comma, del la L. 104/92;
- di volta in volta:
- comunicazione dei giorni di assenza o delle ore di permesso;
- dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà dalla quale risulti che il familiare disabile non è ricoverato a
tempo pieno;
- dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà dalla quale risulti che il lavoratore sia l’unico componente della
famiglia, che assiste con continuità ed in via esclusiva il familiare disabile;
- dichiarazione in ordine al fatto che altro familiare benefici o meno dei permessi per lo stesso soggetto
portatore di handicap.
°°°°°°
Validità della certificazione rilasciata dall’A.S.L.
Si segnala che alcune amministrazioni pubbliche, sulla scorta di indicazioni contenute in circolari INPS,
opportunamente richiedono ai fruitori dei permessi una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, da
rinnovare annualmente, attestante che da parte della A.S.L. non si è proceduto a rettifica e non è stato
modificato il giudizio sulla gravità dell’handicap.
Quesito 13 (n. 27/2010)
Al dipendente che avendo lavorato il sabato mattina come da suo orario settimanale di 6 giorni e
avendo poi prestato servizio elettorale (scrutatore) nel pomeriggio dello stesso giorno per le
consultazioni referendarie del 21 e 22 giugno 2009 spetta il riposo compensativo?
Risposta
I giorni dedicati alle operazioni elettorali sono considerati a tutti gli effetti giorni di attività lavorativa (art,119
T.U.361/57, modificato dalla L.53/90).
Da ciò consegue che
- il datore di lavoro ha l’obbligo di consentire l’assenza e di retribuirla.
- Il lavoratore ha diritto di assentarsi nonché ha diritto di godere dei riposi compensativi per i giorni festivi
o non lavorativi (sabato) compresi nel periodo di svolgimento delle operazioni elettorali.
Per regola generale, dunque, nel caso oggetto del presente parere, il dipendente non avrebbe dovuto
lavorare il sabato mattina bensì iniziare la sua attività di scrutatore il sabato pomeriggio. In base ad
un’interpretazione letterale delle norme, il dipendente non avrebbe avuto diritto al riposo compensativo,
essendo il sabato per il medesimo dipendente giornata lavorativa, ed essendo il riposo compensativo
previsto solo per le giornate festive o non lavorative.
A fronte di quanto accaduto in concreto, si deve cercare una soluzione che sia sostenibile ed il più possibile
coerente con i principi in materia prevalenti sopra riportati, ritenendosi non perseguibile la strada di non
considerare affatto l’attività svolta nel corso della mattinata.
Considerata, perciò, come principale la prestazione resa per l’attività elettorale, la prestazione svolta dal
dipendente nella mattinata potrebbe trovare collocazione nella categoria del lavoro straordinario e, perciò,
ricercare una risposta al quesito nelle regole e nei principi che governano questo istituto e che brevemente di
seguito si ricordano.
Lo straordinario svolto da un dipendente pubblico è retribuibile (ovvero oggetto di recupero compensativo) se
preventivamente autorizzato nei modi dovuti, secondo la pacifica giurisprudenza amministrativa ( da ultimo
consiglio di Stato n.3460/09).
In caso di mancata autorizzazione e di esperimento da parte del dipendente di una azione di indebito
arricchimento, si deve tener conto che la medesima differisce da quella ordinaria, come insegna la suprema
Corte di cassazione, in quanto presuppone non solo il fatto materiale della esecuzione di un’opera o di una
prestazione vantaggiosa per l’Amministrazione ma anche il riconoscimento, da parte di questa, dell’utilità
dell’opera o della prestazione. Tale riconoscimento può essere esplicito, cioè con un atto, ovvero in modo
implicito, da atti o comportamenti della p.a. dai quali si desuma inequivocabilmente un giudizio positivo circa
il vantaggio o l’utilità ricevuta.
Si segnala, infine, l’opportunità per il futuro, onde evitare il crearsi di situazioni di difficile gestione, di
richiamare l’attenzione dei soggetti interessati alle norme vigenti in quanto non da tutti adeguatamente
conosciute.
Quesito 14 (n. 37/2010)
Quale è il regime normativo/economico applicabile nel caso un dipendente richieda cure termali?
Risposta
La lettura coordinata delle disposizioni normative in materia nonché gli orientamenti espressi in materia
dall’ARAN e dalla Funzione Pubblica portano alla formulazione dei punti che seguono:
a) di norma le cure termali devono essere effettuate nell’ambito del periodo di ferie spettante a ciascun
lavoratore;
b) l’art. 16 L. 412/1991 (si veda sopra) ha previsto le condizioni tassative (in somma sintesi: richiesta del
medico di base – visita e prescrizione del medico specialista dell'unità sanitaria locale, con
attestazione della necessità di trattamento tempestivo) che, eccezionalmente, consentono al
lavoratore di assentarsi per fruire delle cure termali anche al di fuori del periodo di ferie. In questo
caso l’assenza dal servizio è da imputarsi a malattia e non può comunque superare i 15 gg. all’anno.
In aggiunta, tra il periodo di effettuazione delle cure e quello di fruizione delle ferie devono
intercorrere almeno 15 gg.;
c) i lavoratori invalidi di guerra, di servizio, di lavoro, ciechi, sordomuti o invalidi civili (con più dei 2/3 di
minorazione) possono usufruire, al di fuori del periodo di ferie e senza che ricorrano le condizioni
tassative, di cui al punto che precede, di cure elioterapiche, climatiche e psammoterapiche. In tal
caso l’assenza dovrà essere comunque imputata a malattia (da giustificarsi con il relativo certificato
medico). Vale anche in questo caso il limite massimo di assenza fissato in 15 gg. ed il principio per
cui, tra il periodo di effettuazione delle cure e quello di fruizione delle ferie, devono intercorrere
almeno 15 gg.;
d) la Funzione Pubblica ha espresso l’orientamento secondo cui il congedo straordinario (art. 37 DPR
3/1957) spetta, tuttora, ai mutilati o invalidi di guerra o per servizio, qualora le cure siano richieste
dallo stato di invalidità.
In aggiunta si rileva che:
- La certificazione medica, in possesso del lavoratore, e la richiesta di assentarsi dal lavoro devono essere
presentate al datore di lavoro con congruo anticipo. Al rientro in servizio, il dipendente è tenuto a presentare
al responsabile della struttura di assegnazione la dichiarazione di soggiorno, che può essere rilasciata dal
competente ufficiale sanitario.
- Si ritiene, sulla base di orientamenti ARAN, che il lavoratore che fruisce di cure termali, con assenza dal
lavoro imputata a malattia, è soggetto al controllo del datore di lavoro, che può inviare il lavoratore presso
l’Istituto di Medicina del Lavoro territorialmente competente nel luogo di cura. Il lavoratore non è però tenuto
all’osservanza delle fasce di reperibilità.
- La fruizione delle cure termali deve iniziare entro il termine massimo indicato dal medico specialista e,
comunque, non oltre 30 gg. dalla data della prescrizione medica.
Trattamento economico
I periodi di cure termali sono computati all’interno del periodo di comporto per malattia, anche al fine della
determinazione del trattamento economico da riconoscere al dipendente, ai sensi dell’art. 21, comma 7,
lettere a), b) e c) CCNL 6 luglio 1995.
°°°°°°°-°°°°°°°
Riferimenti normativi
Art. 37, comma 2, DPR 3/1957: “Il congedo straordinario compete di diritto quando l'impiegato debba
contrarre matrimonio o sostenere esami o, qualora trattasi di mutilato o invalido di guerra o per servizio,
debba attendere alle cure richieste dallo stato di invalidità…”.
Art. 13 L. 638/1983: “4. I congedi straordinari, le aspettative per infermità, i permessi per malattia comunque
denominati, concessi per fruire delle prestazioni di cui al comma precedente, non possono superare il
periodo di quindici giorni l'anno anche per i soggetti di cui all'art. 57, terzo comma, della legge 23 dicembre
1978, n. 833. 5. Tra i periodi concessi ai sensi dei commi precedenti e i congedi ordinari e ferie annuali deve
intercorrere un intervallo di almeno quindici giorni.
6. I congedi straordinari, le aspettative per infermità ed i permessi per malattia di cui ai commi precedenti
non possono essere concessi per cure elioterapiche, climatiche e psammoterapiche, ad eccezione di quelli
spettanti agli invalidi per causa di guerra, di servizio e del lavoro e ai ciechi, ai sordomuti e agli invalidi civili
con una percentuale superiore ai due terzi”.
Art. 16 L. 412/1991: “In attesa della disciplina organica della materia, le prestazioni idrotermali possono
essere fruite dai lavoratori dipendenti pubblici e privati, anche al di fuori dei congedi ordinari e delle ferie
annuali, esclusivamente per la terapia o la riabilitazione relative ad affezioni o stati patologici per la cui
risoluzione sia giudicato determinante, anche in associazione con altri mezzi di cura, un tempestivo
trattamento termale motivatamente prescritto da un medico specialista dell'unità sanitaria locale ovvero,
limitatamente ai lavoratori avviati alle cure dall'INAIL, motivatamente prescritto dai medici del predetto
Istituto. Le prescrizioni mediche di cui sopra vengono rilasciate con l'osservanza del decreto del Ministro
della sanità di cui al comma 4”.
Art. 22, comma 25, della L. 724/1994: “Salvo quanto previsto dal secondo comma dell'articolo 37 del testo
unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, sono abrogate tutte le
disposizioni, anche speciali, che prevedono la possibilità per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di
cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed
integrazioni, di essere collocati in congedo straordinario oppure in aspettativa per infermità per attendere
alle cure termali, elioterapiche, climatiche e psammoterapiche”.
Quesito 15 (n. 47/2010)
Come possono essere fruiti i permessi per congedo parentale ai sensi degli artt. 32 e 38 D.Lgs.
151/01 ed art. 17 comma 5 ccnl 14/09/00.
Risposta
I periodi di congedo parentale possono essere utilizzati in modo continuativo o frazionato (in mesi o giorni).
In caso di usufruizione in modo frazionato, come previsto dall’art. 17, comma 5, del CCNL 14.9.2000, si
computano anche gli eventuali giorni festivi o non lavorativi che ricadono al loro interno in quanto è
necessaria la ripresa effettiva del lavoro tra una frazione e l’altra. Ciò non significa che immediatamente
dopo un periodo di congedo non possano essere ammessi periodi di ferie, di fruizione di altri congedi o di
altri permessi.
Si ricorda anche il parere ARAN n. 900-17E16:
“E’ possibile che un dipendente fruisca delle ferie subito dopo un periodo di congedo parentale, senza aver
ripreso servizio?
Nessuna norma vieta la fruizione delle ferie dopo la fruizione del congedo parentale.”
Si esemplifica la prassi seguita presso il nostro ente, che riteniamo rispettosa anche dei pareri ARAN:
Ø se il dipendente chiede venerdì come congedo parentale e lunedì giorno di ferie, sabato (in caso di
settimana corta) e domenica sono conteggiati come giorni di congedo parentale.
Ø nel caso in cui il dipendente domanda martedì come giorno di congedo parentale e mercoledì ferie, tale
giorno non è da considerare congedo parentale.
Quesito 16 (n. 54/2010)
Qual'è la disciplina del riposo giornaliero retribuito del padre lavoratore con moglie casalinga ?
Risposta
In merito al quesito esposto si precisa quanto segue:
per periodi di riposo giornalieri si intendono i periodi di riposo cui la lavoratrice madre può fruire durante il
primo anno di vita del bambino per provvedere alle esigenze del bambino stesso.
Originariamente questa esigenza era strettamente correlata al parto e alle necessità proprie
dell’allattamento, successivamente, la Legge 30 dicembre 1971, n.1204 ha escluso ogni nesso fra riposo e
allattamento, tant’è che le ore dedicate per il riposo possono essere cumulate per assicurare alla madre la
possibilità di assolvere i compiti delicati e impegnativi legati alle esigenze del neonato nel primo anno di vita.
La disciplina dei riposi giornalieri è stabilita dal D.Lgs. n.151/2001 che all’art.39 prevede per il datore di
lavoro il dovere di consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di
riposo, anche cumulabili durante la giornata.
Il periodo di riposo è uno solo quando l’orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore.
La Legge 9 dicembre 1977 n.903, recepita dall’art. 40 del D.Lgs. n.151/2001 riconosce il diritto anche per il
padre lavoratore stabilendo la seguente casistica:
a) qualora i figli siano affidati al solo padre;
b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente;
d) in caso di morte o grave infermità della madre.
Il Consiglio di Stato, sezione VI, con Sentenza n.4293 del 9 settembre 2008 (conferma TAR Toscana n. 2737
del 25 novembre 2002) ha riconosciuto il diritto del padre lavoratore ai benefici previsti dalla legge
n.1204/1971, quali riduzione dell’orario giornaliero e relativo trattamento economico, in caso di madre
casalinga.
Secondo il Giudice Amministrativo, che ha sul punto richiamato una interessante ricostruzione fornita da
Cass. Sezione III, n. 20324/05; essendo noto che molti settori dell’ordinamento considerano la figura della
casalinga come lavoratrice, va individuata la ratio della norma , volta a far beneficiare al padre di permessi
per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente ma,
comunque, impegnata in attività casalinghe che la distolgano dalla cura del neonato
L’orientamento giurisprudenziale si allinea nel sostenere che nell’ipotesi di madre non lavoratrice dipendente
debba essere ricompresa anche la lavoratrice casalinga (vedasi Ministero del Lavoro, lettera circolare prot.
8894 del 12 maggio 2009).
Per quanto attiene l’articolazione dei permessi fruibili dal padre nell’arco della giornata lavorativa è richiesta,
così come già per la madre, la presentazione di specifica domanda con l’indicazione dell’orario al
Responsabile dell’unità di appartenenza.
Ciò perché l’articolazione dei riposi giornalieri deve essere concordata tra il lavoratore e il dirigente: in
mancanza di accordo, sarà determinata dalla Direzione Provinciale del lavoro, tenuto conto delle esigenze
del neonato e dell’attività lavorativa.
Le parti, nel ricercare un accordo, sono tenute ad osservare come è noto i consueti principi di correttezza e
buona fede.
Quesito 17 (n. 60/2010)
Un dipendente ha chiesto per determinati periodi un congedo non retribuito ai sensi dell'art. 4
comma 2 della legge n. 53/2000 e dell'art.2 comma 1 e 2 del D.M. 278/2000.
Ha fornito la documentazione comprovante lo stato di salute della madre, che rientra tra le patologie
previste dalle sopramenzionate leggi.
Tale congedo si deve sempre concedere per forza? sempre e comunque?
Come si effettua il calcolo delle ferie che non maturano?
Risposta
In riferimento al quesito si precisa che, ai sensi del D.M. n. 278 del 21.7.2000, fino a quando i CCNL non
definiranno diverse modalità operative, il congedo non retribuito per gravi e documentati motivi familiari può
essere concesso anche in modo parziale, o dilazionato nel tempo, oppure negato, specificandone però i
motivi; i motivi possono consistere nella mancanza delle condizioni di cui al D.M., oppure in ragioni
organizzative o produttive che non consentono la sostituzione del dipendente; è chiaramente necessario che
la motivazione sia particolarmente argomentata e non generica, considerata la delicatezza delle situazioni in
esame.
Il datore di lavoro è comunque sempre tenuto, entro dieci giorni dalla richiesta del congedo, ad esprimersi
sulla stessa e comunicarne l’esito al dipendente.
Il dipendente, in caso di diniego o concessione parziale, può chiedere, entro venti giorni, il riesame della
domanda.
Il datore di lavoro è tenuto ad assicurare l’uniformità delle decisioni nell’ambito dell’amministrazione; deve
sempre essere assicurato il contraddittorio tra il dipendente e il datore di lavoro ed il contemperamento delle
rispettive esigenze.
Il dipendente può anticipare il rientro nel posto di lavoro, dandone preventiva comunicazione al datore di
lavoro e qualora non si sia provveduto alla sua sostituzione. Qualora il datore di lavoro abbia provveduto alla
sostituzione, per il rientro anticipato è richiesto, compatibilmente con l’ampiezza del periodo di congedo in
corso di fruizione, un preavviso di almeno sette giorni. Il datore di lavoro può comunque consentire il rientro
anticipato anche in presenza di preventiva fissazione della durata minima del congedo o di preavviso
inferiore a sette giorni.
Durante il periodo di congedo il dipendente non ha diritto alla maturazione delle ferie; se il periodo richiesto è
superiore a 15 giorni e fino a 30 (che sia continuativo o dato dalla somma dei giorni) si decurtano dal calcolo
delle ferie i giorni maturati relativi al mese intero.
Quesito 18 (n. 80-c/2010)
E’ stata avviata a visita medica, in conformità del Decreto Leg.vo 81/2008, una dipendente per i soliti
controlli, la dottoressa ci ha inviato l’esito comunicando di non adibire la dipendente al sollevamento
di pesi superiori a 2,5 Kili, la stessa svolge il servizio di Operatore addetto all’assistenza domiciliare
anziani, vi chiedo, non avendo altri posti in organico dove collocare la dipendente, come dovrei
procedere?
Risposta
Nel caso specifico è opportuno verificare se, come pare, l’accertamento medico ha dato esito di giudizio di
idoneità parziale alla mansione con limitazione temporanea o permanente al sollevamento di pesi superiori a
2,5 kg. Si rimanda a quanto disposto dal d.lgs. 81/2008 ( come modificato dal d.lgs.106/2009) art. 41 comma
2 lett. b) e c) , comma 6 e comma 7
Articolo 41 - Sorveglianza sanitaria
2. La sorveglianza sanitaria comprende:
b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità
alla mansione specifica. La periodicità di tali accertamenti, qualora non prevista dalla relativa normativa,
viene stabilita, di norma, in una volta l’anno. Tale periodicità può assumere cadenza diversa, stabilita dal
medico competente in funzione della valutazione del rischio. L’organo di vigilanza, con provvedimento
motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria differenti rispetto a quelli indicati
dal medico competente;
c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi
professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa
svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica;
6. Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche di cui al comma 2, esprime uno dei
seguenti giudizi relativi alla mansione specifica:
a) idoneità;
b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni;
c) inidoneità temporanea;
d) inidoneità permanente.
7. Nel caso di espressione del giudizio di inidoneità temporanea vanno precisati i limiti temporali di validità.
In questo caso, l’accertamento medico presuppone che il dipendente in questione possa continuare a
svolgere le mansioni relative al profilo rivestito, con l’obbligo per il datore di lavoro di non richiedere al
dipendente prestazioni di attività lavorativa che comportino il sollevamento di pesi superiori a 2,5 kg.
Quindi il dipendente potrebbe restare in tale profilo svolgendo le funzioni che non richiedono di sollevare
pesi, se ciò è possibile. Se ciò non fosse possibile, sarebbe necessario che il medico dichiarasse l’inidoneità
alla mansione specifica quale presupposto a :
- a) cambio di profilo entro la categoria di appartenenza con mansioni equivalenti (con riferimento a
criteri quali esperienza – preparazione - titoli)
- b) adibire il dipendente a mansioni inferiori con modifica di categoria e profilo,garantendo il
trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza.
Si richiama quanto previsto dall’art.42 del d.lgs.81/2008 ( come modificato dal d.lgs.106/2009) :
Articolo 42 - Provvedimenti in caso di inidoneità alla mansione specifica
1. Il datore di lavoro, anche in considerazione di quanto disposto dalla legge 12 marzo 1999, n.68, in
relazione ai giudizi di cui all’articolo 41, comma 6, attua le misure indicate dal medico competente e qualora
le stesse prevedano un’inidoneità alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni
equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di
provenienza;
Quesito 19 (n. 82/2010)
Si chiedono chiarimenti in merito alle visite mediche obbligatorie che il datore di lavoro deve fare
effettuare ai dipendenti per la legge 626, più precisamente si chiede se tali visite debbano essere
effettuate durante l’orario di lavoro oppure se il dipendente è obbligato a sottoporsi a tali visite
anche se il medico riceve solo negli orari pomeridiani (e quindi al di fuori del normale orario di
lavoro)
Nel nostro ente la quasi totalità dei dipendenti ha effettuato le visite in orario pomeridiano (18.30 –
19.30) e non ha timbrato il cartellino prima di recarsi all’ambulatorio; tre dipendenti si rifiutano di
effettuare tali visite in orario extra lavorativo e pretendono che il medico trovi il tempo al mattino
(durante il loro orario di servizio)
Per parità di trattamento chiedo cosa prevede la normativa in materia (chiedo anche se è previsto il
rimborso spese di viaggio per i dipendenti che non risiedono nel luogo dell’ambulatorio).
Risposta
Quale mero esempio, il nostro ente provvede affinché le visite mediche relative alla Sorveglianza Sanitaria ai
sensi del d.lgs.81/08 e s.m., vengano svolte all’interno dell’orario di servizio dei dipendenti, rimborsando le
spese di trasferta a coloro la cui sede lavorativa è diversa dal luogo ove è ubicato l’ambulatorio del medico
competente incaricato.
Si richiama l’art. 41 - Sorveglianza sanitaria - del d.lgs.81/2008 e s.m., che pur non fornendo precise
indicazioni circa il luogo e la fascia oraria per l’effettuazione delle visite mediche, stabilisce al comma 4 che
le visite mediche sono a cura e spese del datore di lavoro:
Articolo 41 - Sorveglianza sanitaria
4. Le visite mediche di cui al comma 2, a cura e spese del datore di lavoro, comprendono gli esami clinici e
biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente. Nei casi ed alle
condizioni previste dall’ordinamento, le visite di cui al comma 2, lettere a), b), d), e-bis) e e-ter) sono altresì
finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e
stupefacenti.
Più precisamente , possiamo per analogia richiamare quanto previsto dall’art.37 comma 12 in merito alla
Formazione dei Lavoratori , in virtù di quanto previsto dall’art.18 - Obblighi del datore di lavoro e del
dirigente- comma 1 lett. g) , l) :
Articolo 37 – Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti
12. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli
organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro,
durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori.
Articolo 18 – Obblighi del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all’articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le
stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:
g) inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste dal programma di sorveglianza sanitaria e
richiedere al medico competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel presente decreto;
(Ammenda da 2.000 a 4.000 euro)
l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37;
m) astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di tutela della salute e sicurezza, dal
richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave
e immediato;
Non vanno comunque tralasciati i previsti obblighi dei lavatori dal presente decreto, e precisamente si
richiama l’ art.20 cc.1, 2 lett.a) b) i);
Articolo 20 – Obblighi dei lavoratori
1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone
presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua
formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. I lavoratori devono in particolare:
a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a
tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini
della protezione collettiva ed individuale;
(Arresto fino a un mese o con l’ammenda da 200 a 600 euro)
i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico
competente.
Pertanto , si rimanda alla buona prassi di adottare soluzioni organizzative aziendali coerenti con la normativa
vigente , finalizzate a promuovere e garantire la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro
Quesito 20 (n. 84/2010)
Avrei bisogno di un parere relativo al recupero del riposo per prestazione lavorativa prestata in
giorno festivo (nel concreto domenica prossima con le elezioni il personale autorizzato presterà
servizio per l’apertura degli uffici elettorali): le ore lavorate vanno recuperate come riposo
compensativo tante quante fatte? E in un’unica soluzione o anche frazionate in più giorni?
Risposta
In relazione al quesito posto si osserva che l’art. 16 CCNL 5 ottobre 2001, nell’integrare le disposizioni
dell’art. 39 CCNL 14 settembre 2000, stabilisce che il personale che, in occasione di consultazioni elettorali o
referendarie, è chiamato a prestare lavoro straordinario nel giorno del riposo settimanale, oltre al relativo
compenso (straordinario festivo ed eventualmente festivo notturno), ha diritto anche a fruire di un riposo
compensativo corrispondente alle ore prestate.
Il riposo compensativo spettante è tuttavia di una sola giornata lavorativa anche qualora le ore di lavoro
straordinario effettivamente rese siano quantitativamente maggiori di quelle corrispondenti alla
durata convenzionale della giornata lavorativa ordinaria.
Quindi, se la giornata lavorativa ordinaria è di 6 ore e lo straordinario elettorale è di 7, il lavoratore godrà di
un riposo compensativo pari a sole 6 ore (e al pagamento di 7 ore di straordinario festivo).
Se invece lo straordinario elettorale è pari a 4 ore, e la giornata ordinaria è pari a 6 ore, il lavoratore
recupererà le 4 ore (oltre al pagamento delle medesime quale straordinario festivo).
In merito, si ritiene che la durata massima del riposo compensativo debba essere al riguardo di 6 ore per i
dipendenti che articolano la propria settimana lavorativa su 6 giorni e di 7,12 ore per i lavoratori chiamati a
prestare la propria attività lavorativa cinque giorni alla settimana.
In tale particolare ipotesi non trova applicazione, per espressa disposizione, la disciplina ordinaria della
prestazione lavorativa effettuata nel giorno di riposo settimanale codificata dall’art. 24, co. 1 del medesimo
CCNL 5 ottobre 2001.
In relazione alle modalità di fruizione del riposo compensativo, l’ARAN, con parere n. 900-38A5, ha
evidenziato che “in assenza di una specifica disciplina contrattuale (non necessaria) i termini per la fruizione
del riposo compensativo possono essere correttamente concordati con il competente dirigente che deve
autorizzare la fruizione dei riposi compensativi in considerazione alle prioritarie esigenze di servizio.
Il riposo compensativo riduce il “debito orario settimanale” per cui se, ad esempio il lavoratore interessato
deve beneficiare di un riposo compensativo di 6 ore, nella settimana di fruizione dovrà espletare solo le
restanti 30 ore d’obbligo”, con modalità da concordarsi con il dirigente di riferimento, anche in modo
frazionato.
Quesito 21 (n. 92/2010)
In caso di effettuazione da parte dipendente di una attività che non comporta denuncia all'anagrafe
prestazioni, in quanto non soggetta ad autorizzazione, il dipendente deve comunque informare
l'ente?.
Risposta
Sì, il dipendente deve comunicare al proprio datore di lavoro le eventuali attività extra ufficio che intende
svolgere anche se queste, non sono retribuite oppure non sono soggette a preventiva autorizzazione. La
comunicazione è dovuta in quanto l’ente deve comunque verificare la compatibilità dell’esercizio di tali
attività rispetto ai doveri di ufficio del dipendente e l'assenza di conflitti di interesse.
Quesito 22 (n. 50/2011)
"Una dipendente è assente per malattia (non di tipo oncologico) dal febbraio 2011, la malattia si
protrarrà presumibilmente fino a fine anno.
Nel mese di ottobre l'ufficio personale applicherà la riduzione dello stipendio (per aver raggiunto
quota 9 mesi di assenza per malattia, intervenuta nei tre anni precedenti l'ultimo episodio morboso in
corso, CCNL del 6 luglio 1995).
La dipendente chiede, di poter interrompere la malattia e utilizzare le ferie, avendo la stessa ferie
pregresse per n. 82 giorni lavorativi.
L'Amministrazione potrebbe, qualora fosse legittima, accogliere la richiesta della suddetta?"
Risposta
In riferimento al suo quesito, è necessario premettere che in materia non esiste alcuna regolamentazione
espressa né di fonte legislativa né di fonte contrattuale. Pertanto, non può che farsi riferimento agli
orientamenti giurisprudenziali che si sono formati nel tempo e che sostanzialmente ammettono la possibilità
di mutamento del titolo dell’assenza da malattia a ferie, anche in mancanza di ripresa dell’attività lavorativa
da parte del dipendente (Cass.6.6.1991, n.6431; Cass. 11.3.1995, n.2847; Cass. 28.1.1997 n.873; Cass.
19.11.1998, n 11691).
A questo proposito, l’ARAN nel suo parere n. RAL 552, ricorda che, con la sentenza n.873/1997, la Corte di
Cassazione ha precisato che, in caso di assenza per malattia, è possibile che, su richiesta del lavoratore
interessato, un periodo di assenza venga imputato, al fine di sospendere l’ulteriore decorso del comporto,
alla fruizione delle ferie già maturate, anche se ciò implica la rinunzia al diritto di fruire delle suddette ferie
secondo la destinazione cui queste sono preordinate.
Tale richiesta deve recare l’indicazione del momento a decorrere dal quale si intende convertire l’assenza
per malattia in assenza per ferie, momento che deve precedere la scadenza del periodo di comporto atteso
che con la suddetta scadenza il datore di lavoro acquista il diritto di recedere ai sensi dell’art.2110 del codice
civile.
Tuttavia, in tali casi, secondo la Suprema Corte, non viene meno il potere spettante al datore di lavoro di
fissare il tempo delle ferie, ai sensi dell’art.2109 del codice civile, ma esso deve essere esercitato, così come
prescritto dal legislatore, tenendo conto non solo delle oggettive esigenze tecnico aziendali ma anche degli
interessi del prestatore di lavoro, con particolare riferimento a quello fondamentale connesso alla necessità
di evitare la perdita del posto di lavoro a seguito del superamento del periodo massimo di conservazione del
posto in caso di malattia.
Da ultimo, rilevando un numero particolarmente elevato di ferie maturate dal dipendente e non godute, si
richiama l’attenzione sul disposto contrattuale in base al quale le ferie devono essere ordinariamente godute
entro il 31.12 dell’anno di riferimento, fatte salve le possibilità di slittamento della data all’aprile o al giugno
per ragioni personali o di ufficio.
Quesito 23 (n. 51/2011)
Questa amministrazione in data 29/3/2010 ha irrogato ad un dipendente a tempo indeterminato la
sanzione disciplinare di cui all’art. 55 comma quater del D.Lgs 165/2001 così come modificato dal
D.Lgs. 150/2009: “licenziamento senza preavviso” .
il giudice del lavoro con sentenza del 05.04.2011 condannava questa amministrazione” al reintegro
del lavoratore, e a risarcire al lavoratore il danno sofferto per il licenziamento invalido mediante
corresponsione di un’indennità pari alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento
sino al giorno di effettiva reintegrazione, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali “
In data 28 maggio 2011 il lavoratore ha ripreso servizio reintegrato al posto di lavoro e liquidata
l’indennità.
Il lavoratore in questione ora chiede di poter usufruire del congedo ordinario maturato dal giorno del
licenziamento 29.03.10 al reintegro 28.05.2011.
Alla luce della sentenza si chiede se il lavoratore ha effettivamente maturato il diritto al conteggio dei
giorni per il congedo ordinario, oppure non sono dovuti in quanto il danno sofferto per il
licenziamento sono stati risarciti con l’indennità pari alla retribuzione globale di fatto dal giorno del
licenziamento sino al giorno di effettiva reintegrazione, oltre rivalutazione monetaria ed interessi
legali
Risposta
Il diritto alle ferie riconosciuto dall’art. 36 Costituzione è volto a soddisfare primarie esigenze del lavoratore in
ordine alla reintegrazione delle sue energie psico-fisiche anche mediante lo svolgimento di attività ricreative
e culturali (così anche Corte Cost. 19 dicembre 1990, n. 543)
Esso è esplicitamente dichiarato irrinunciabile dalla citata norma costituzionale.
Tuttavia, in caso di licenziamento dichiarato illegittimo, la reintegrazione disposta dal giudice ai sensi dell’art.
18 della L. 300/1970, c.d. Statuto dei lavoratori ripristina la continuità del rapporto di lavoro, interrotto di fatto
dal datore di lavoro, mediante l’attribuzione al lavoratore illegittimamente licenziato del risarcimento del
danno costituito dalle retribuzioni globali di fatto non percepite dalla data di intimazione del licenziamento
sino a quella della effettiva reintegrazione (art. 18 Statuto dei lavoratori)
Secondo la Cassazione, l’indennità versata al lavoratore ha natura risarcitoria e non retributiva: pertanto il
diritto alle retribuzioni, esigibile nei confronti del datore di lavoro, non comprende anche il diritto ad avere
attribuita, durante il periodo di sospensione verificatosi a seguito del licenziamento dichiarato illegittimo,
l’indennità sostitutiva delle ferie non godute.
(Cass. Civ. 20.11.1978, n. 4239; Cass. Civ., 5.5.2000, n. 5624; Cass. Civ., 5.4.2001, n. 5092; Cass. Sez.
Lavoro, 8.7.2008, n. 18707; Cass. Sez. Lavoro, 5.8.2011 n. 10341)
In particolare nell’ipotesi della avvenuta sospensione del rapporto di lavoro, sia pure per fatto imputabile al
datore di lavoro, è venuta meno l’offerta della prestazione lavorativa e, quindi, è venuta meno l’esigenza del
lavoratore di recuperare le energie psico-fisiche.
Pertanto la corresponsione delle retribuzioni a titolo risarcitorio per il periodo di sospensione illegittima del
rapporto di lavoro esaurisce, nello stesso periodo, anche il diritto del lavoratore alla corresponsione
dell’indennità sostitutiva delle ferie e rende irrilevante la illegittimità della iniziativa di sospensione operata dal
datore.
Quesito 24 (n. 52/2011)
Quale dicitura va riportata dal medico sul certificato di malattia conseguente ad un ricovero e/o
intervento chirurgico, per la non applicazione della decurtazione della retribuzione?
Risposta
Non verrà applicata la decurtazione di cui all’art.71, comma 1 L.133/2008 nella ipotesi di convalescenza
conseguente a ricovero ospedaliero, in presenza di certificazione rilasciata da struttura pubblica o da medico
convenzionato con il SSN, nella quale si evidenzi il nesso causale e la continuità tra il ricovero e la
successiva assenza (es. il certificato deve riportare che la malattia è conseguente ad un ricovero ospedaliero
oppure post-ricovero oppure intervento chirurgico)
Quesito 25 (n. 22/2011)
Nel caso in cui un dipendente venga dichiarato dal medico del lavoro assolutamente inidoneo a
svolgere le proprie funzioni è possibile per l'ente che non riesce a ricollocarlo nel proprio interno,
seguire la procedura prevista dall'art. 33 del D.leg.vo 165/2001 in merito all'eccedenza di personale e
alla messa in mobilità?
Risposta
L'art. 21 del CCNL 6.7.1995 prevede che "...superati i periodi di conservazione del posto ... nel caso che il
dipendente sia riconosciuto idoneo a proficuo lavoro ma non allo svolgimento delle mansioni del proprio
profilo professionale, l'amministrazione, compatibilmente con la sua struttura organizzativa e con le
disponibilità organiche, può utilizzarlo in mansioni equivalenti a quelle del profilo rivestito, nell'ambito della
stessa qualifica oppure, ove ciò non sia possibile e con il consenso dell'interessato, anche in mansioni
proprie di profilo professionale ascritto a qualifica inferiore. Dal momento del nuovo inquadramento, il
dipendente seguirà la dinamica retributiva della nuova qualifica senza nessun riassorbimento del trattamento
in godimento. Ove non sia possibile procedere in tal senso, oppure nel caso che il dipendente sia dichiarato
permanentemente inidoneo a svolgere qualsiasi proficuo lavoro, l'Amministrazione può procedere alla
risoluzione del rapporto corrispondendo al dipendente l'indennità sostitutiva del preavviso".
Va rilevato anche che l'art. 15 del DPR 461/01 stabilisce che "ai fini dell'accertamento delle condizioni di
idoneità al servizio, l'Amministrazione sottopone il dipendente a visita della Commissione territorialmente
competente, con invio di una relazione recante tutti gli elementi informativi disponibili... In conformità
all'accertamento sanitario di inidoneità assoluta a qualsiasi impiego e mansione, l'Amministrazione procede,
entro trenta giorni dalla ricezione del verbale della Commissione, alla risoluzione del rapporto di lavoro e
all'adozione degli atti necessari per la concessione di trattamenti pensionistici alle condizioni previste dalle
vigenti disposizioni in materia, fatto salvo quanto previsto per il personale delle Forze armate e delle Forze di
polizia, anche ad ordinamento civile".
Qualora l'inidoneità totale a svolgere qualsiasi mansione non derivi da causa di servizio, pare opportuno
analizzare la situazione anche sotto altri aspetti, in particolare quello previdenziale. Con riferimento all'art. 13
della L. 274/91 e all'art. 2, co. 12 della L. 335/95, dovrebbe essere valutata e verificata con ponderatezza la
situazione del dipendente in ordine alla sua anzianità contributiva, ai fini della percezione di congrua
pensione.
Valutata la situazione di un piccolo Comune, nel caso di inidoneità parziale del dipendente (inidoneità a
svolgere le mansioni affidate), si consiglia di valutare anche la possibilità di procedere secondo le
disposizioni previste dall'art. 33 del D.Lgs. 165/01 attivando l'istituto della disponibilità, previa idonea
informativa alle OO.SS.. A tale riguardo, la ricollocazione del dipendente in disponibilità potrebbe essere più
facilmente raggiunta, in enti di maggiore dimensione, se il lavoratore fosse iscritto negli appositi elenchi ai
sensi della L. 68/99.
Quesito 26 (n. 68/2011)
In caso di infortunio è prevista la visita fiscale al dipendente? stante che per infortunio sul lavoro è
prevista l’esclusione dell’obbligo di reperibilità?
Risposta
In riferimento al quesito sopra riportato si fa presente che in caso di infortunio sul lavoro non è prevista visita
fiscale e non vi è obbligo di reperibilità.
Si precisa che nel comma 5 lett. E) del Codice disciplinare CCNL 11.4.2008 la sanzione disciplinare dalla
sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di 10 giorni si applica,
graduando l’entità della sanzione in relazione ai criteri di cui al comma 1, in caso di svolgimento di attività
che ritardino il recupero psico-fisico durante lo stato di malattia o di infortunio.
Quesito 27 (n. 88/2010)
Legge 104/92 applicata negli enti locali
Relativamente alle tre giornate lavorative spettanti per ciascun mese:
1. sono remunerate come se fossero lavorate a tutti gli effetti?
2. competono i contributi di legge come per i giorni lavorati o si tratta di contributi figurativi?
3. maturano le ferie e la tredicesima?
4. quali documenti giustificativi dell'assenza deve presentare il lavoratore assente nei tre giorni
sopra descritti?
Risposta
n. 1.
I permessi ex.L.104/92 sono retribuiti e non danno quindi luogo a decurtazioni del trattamento economico.
n. 2.
I giorni sono remunerati come giornate lavorative pertanto vanno assoggettati a tutti i contributi di legge
(ex.CPDEL, F.C. e TFS/TFR) non trattandosi di fattispecie riferita a contribuzione figurativa;
n. 3.
Si, maturano le ferie e la tredicesima è intera;
n. 4.
Il lavoratore a cui è stato riconosciuto il diritto a fruire dei permessi ex L.104/92 in quanto portatore di
handicap grave o in quanto lavoratore che presta assistenza ad un famigliare portatore di handicap grave,
non è tenuto a giustificare la sua assenza, avendone preventivamente dato comunicazione al datore di
lavoro.
Il lavoratore comunque deve aver già presentato al proprio datore di lavoro specifica istanza di fruizione dei
permessi ex.L.104/92, corredata dalla certificazione medica dello stato di gravità dell’handicap, rilasciata
dall’ASL competente, e nel caso in cui il lavoratore sia soggetto che presta assistenza ad un famigliare
portatore di handicap grave, oltre alla istanza di fruizione dei permessi ex.L.104/92, corredata dalla
certificazione medica dello stato di gravità dell’handicap, rilasciata dall’ASL competente, dovrà allegare un’
autocertificazione attestante le condizioni previste dall’art. 33 della L.104/92, secondo cui il familiare da
assistere è un parente o affine entro il terzo grado al quale il lavoratore presta assistenza continuativa in via
esclusiva.
Quesito 28 (n. 93/2010)
In caso di due giorni seguenti di convalescenza conseguenti ad un intervento in day hospital vale la
regola di decurtazione dallo stipendio o no?
Risposta
La decurtazione di cui all'art. 71, comma 1, della L. 133/08 non viene applicata anche in caso di
convalescenza conseguente ad un day hospital (considerato come ricovero) purchè il certificato rilasciato da
una struttura pubblica o da un medico convenzionato con il SSN evidenzi il nesso causale e la continuità tra
il ricovero e la successiva assenza.
Quesito 29 (n. 100/2012)
Un dipendente che è stato nominato amministratore di sostegno può usufruire dei permessi L.104
per il disbrigo di pratiche relative al famigliare disabile anche qualora lo stesso sia ricoverato presso
un istituto specializzato?
Risposta
Il Ministero del Lavoro con parere n. 35 del 15/5/2009 e la Presidenza Consiglio dei Ministri-Dipartimento
Funzione Pubblica con nota n. 44700 del 23/10/2009 si sono pronunciati in merito alla figura
dell'amministratore di sostegno, evidenziando che l'art. 33, c. 3, della L. 104/92 indica con precisione la
platea di soggetti legittimati a fruire delle agevolazioni per prestare assistenza alle persone con handicap
grave.
Tra queste figure non compare l'amministratore di sostegno.
L'individuazione dei soggetti destinatari dei benefici di cui alla predetta legge non può prescindere dallo
stretto dettato normativo: per questo motivo, si ritiene che non possano godere dei benefici previsti gli
amministratori di sostegno in quanto tali.
Il dipendente usufruisce dei permessi in argomento in quanto figlio della persona con handicap grave e
rientra quindi, legittimamente, nei soggetti destinatari dei benefici della legge 104 (art. 33 comma 3): a nulla
rileva invece che sia stato nominato anche amministratore di sostegno.
Di conseguenza, nel caso in cui la persona da assistere sia ricoverata a tempo pieno, il beneficio del
permesso non può essere accordato per la mancanza di un presupposto oggettivo richiesto dalla legge
Quesito 30 (n. 104/2012)
Nel caso di un dipendente assunto a tempo pieno e indeterminato che ha diritto ad usufruire della
legge 104 (richiesta fatta in data 01.06) e la persona da assistere è stata dimessa a metà del mese di
riferimento, è necessario rapportare le 18 ore mensili di permesso al periodo di permanenza
dell'assistito presso l'abitazione o spettano comunque interamente le 18 ore?
Risposta
In riferimento al vostro quesito, si comunica che il permesso in oggetto relativo alla legge 104 non deve
essere proporzionato al periodo in cui l'assistito non era ricoverato, ma spetta comunque interamente.
Ovviamente i giorni di permesso dovranno essere usufruiti soltanto nel periodo in cui l'assistito non sia
ricoverato a tempo pieno.
Il ricovero a tempo pieno infatti, in base alla norma di legge, impedisce la fruizione del permesso in quei
giorni, ma non riduce proporzionalmente il diritto.
Lo stesso principio vale qualora la richiesta di usufruizione dei benefici venga fatta durante il mese e non
all'inizio del medesimo. anche in questo caso i tre giorni non vanno riproporzionati al momento in cui il
dipendente presenta la richiesta, ma, se sussistono i presupposti di legge, possono comunque essere fruiti
per intero nel mese di riferimento.
Quesito 31 (n. 111/2012)
1.La suocera di una dipendente del Comune si era sposata solo in Chiesa. Il marito, con il quale ha
sempre convissuto, è deceduto e la dipendente ha chiesto i tre giorni per lutto.
Ha diritto ad usufruire dell'assenza retribuita prevista dall'art. 19 del CCNL 6/7/1995?
2. La mamma di una dipendente è invalida al 100% ed è stata ricoverata in ospedale, non è
autosufficiente e non è in grado di mangiare da sola. La dipendente ha diritto ad usufruire di
permessi per assistere la madre durante i pasti, così come anche richiesto dalla struttura
ospedaliera?.
Risposta
1.Così come previsto dall'art. 19 CCNL 6/7/1995 e dall'art. 18 CCNL 4/9/2000, i dipendenti hanno diritto ad
un permesso retribuito di 3 giorni lavorativi , da fruirsi entro 7 giorni dall'evento luttuoso, in caso di
decesso del coniuge, di un parente entro il 2° grad o, del convivente o di affine entro il primo grado
(suoceri, nuore, generi).
Con riferimento alla situazione del suocero si precisa che quest'ultimo è tale in quanto padre di suo
marito.
Ne consegue che lei ha diritto ad usufruire dei giorni di permesso per lutto solo se il marito di sua suocera
è il padre di suo marito, a nulla rilevando in questo caso la situazione matrimoniale della suocera.
2. di seguito si elencano le possibilità che la normativa prevede per affrontare il caso rappresentato:
• ·utilizzo permessi ex art. 3, comma 3, L. 104/92. Se è stato riconosciuto alla dipendente il diritto ad
usufruire dei permessi per assistere la madre, si ricorda che la legge prevede, quale presupposto
oggettivo per il riconoscimento di tali permessi, che la persona in situazione di handicap grave non sia
ricoverata a tempo pieno. Fanno eccezione a tale presupposto le seguenti circostanze:
- interruzione del ricovero per necessità del disabile di recarsi fuori della struttura che lo ospita per
effettuare visite o terapie;
- ricovero a tempo pieno di un disabile in coma vigile e/o in situazione terminale.
La ricorrenza delle situazioni di cui sopra dovrà naturalmente risultare da idonea documentazione
medica.
Al di fuori dei permessi di cui alla L. 104/92:
• utilizzo dei 3 giorni di permesso per particolari motivi personali o familiari debitamente documentati,
previsti dall'art. 19, comma 2, CCNL 6/7/1995.
E' prassi seguita da numerosi enti prevedere la possibilità, a differenza di quanto espresso dall'ARAN,
di fruire di tali permessi anche a ore, a fronte della mancanza di un esplicito divieto in tal senso nel
CCNL.
• utilizzo dei 3 giorni di permesso di cui all'art. 4, c. 1, L. 53/2000 per documentata grave infermità del
coniuge o di un parente entro il 2° grado o del con vivente.
L'ARAN si è espressa nel senso di riconoscere la compatibilità delle due tipologie di permesso. In
allegato si riporta l'orientamento applicativo.
Si fa altresì presente che in luogo dei permessi giornalieri previsti dall'art. 4, c. 1, della L. 53/2000 il comma 4
dell'art. 1 del DPCM 278/2000, regolamento di attuazione dell'art. 4 L. 53/2000, prevede “la possibilità, nel
caso di grave infermità dei soggetti individuati, di concordare con in datore di lavoro diverse modalità di
espletamento dell'attività lavorativa, anche per periodi superiori a tre giorni. L'accordo è stipulato in forma
scritta sulla base della proposta della lavoratrice. Nell'accordo sono indicati i giorni di permesso che sono
sostituiti dalle diverse modalità di espletamento dell'attività lavorativa; dette modalità devono comportare una
riduzione dell'orario di lavoro complessivamente non inferiore ai giorni di permesso che vengono sostituiti;
nell'accordo stesso sono altresì indicati i criteri per le eventuali verifiche periodiche della permanenza della
grave infermità, ai sensi del successivo art. 3, comma 4. La riduzione dell'orario di lavoro conseguente alle
diverse modalità concordate deve avere inizio entro sette giorni dall'accertamento dell'insorgenza della grave
infermità o dalla necessità di provvedere agli interventi terapeutici”.
Quesito 32 (n. 122/2012)
In data 6.09.2012 per una dipendente del nostro Comune si è concluso il contratto a tempo
determinato (18 mesi). Nella stessa data la stessa dipendente ha fatto pervenire richiesta di
erogazione INDENNITA DI MATERNITA' (data presunta parto 9.11.2012).
Alla luce di quanto esposto si chiede:
1. Dopo aver verificato che l’indennità deve essere erogata non dall’INPS ma dall’Amministrazione
pubblica presso cui si è svolto l’ultimo rapporto di lavoro, spetta per un totale di cinque mesi (2+3)
ed è pari al 80% della retribuzione percepita nel mese immediatamente precedente dall’astensione
dal lavoro, tale indennità da erogarsi alla ex- dipendente è da assoggettare oltre a ritenute fiscali
anche a quelle previdenziali assistenziali?
Risposta
In riferimento al caso sottoposto alla nostra attenzione, riguardante l’erogazione dell’indennità di maternità
ad una dipendente a tempo determinato, cessata dal servizio, si precisa quanto segue.
L’art. 24 del D.Lgs.151/2001 prevede espressamente che, nel caso di contratto di lavoro a tempo
determinato, la lavoratrice ha diritto di usufruire per intero del periodo di astensione obbligatoria, anche dopo
la scadenza del rapporto di lavoro a termine. Durante il periodo dell’astensione obbligatoria, l’art. 17, comma
4 del CCNL 14/09/2000, stabilisce che la dipendente ha diritto alla percezione di un importo pari
all’ammontare “dell’intera retribuzione fissa mensile, delle quote di salario accessorio fisse e ricorrenti,
compresa la retribuzione di posizione, nonché del salario di produttività”
L’art. 23, comma 1 del D.Lgs.151/2001 indica che, per retribuzione, “s’intende la retribuzione media globale
giornaliera del periodo di paga quadrisettimanale o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello
nel corso del quale ha avuto inizio il congedo di maternità”.
Dalla lettura congiunta delle due norme sopra citate, si evince pertanto che, nel procedere alla
determinazione dell’importo dell’indennità di maternità spettante, occorre far riferimento sostanzialmente
all’ultima retribuzione percepita dalla lavoratrice, durante il rapporto di lavoro.
Tuttavia, pur trattandosi di un importo che, ai fini della sua quantificazione, fa riferimento alla retribuzione
fissa della dipendente al 100%, il compenso dovuto non ha natura retributiva, ma puramente indennitaria,
riguardando periodi di corresponsione successivi alla scadenza del rapporto di lavoro.
Pertanto, tale precisazione vale ad escludere che il periodo della dell’astensione obbligatoria e gli importi
erogati possano essere utilizzati ai fini di altri istituti.
Infatti, relativamente al periodo suddetto, non maturano le ferie e non sono dovuti né la tredicesima
mensilità, né il trattamento di fine rapporto, in quanto questi istituti possono essere valutati e considerati solo
all’interno della durata del rapporto di lavoro.
Dal punto di vista fiscale e contributivo, l’indennità di maternità è da assoggettare a contributi cpdel, fondo
credito, inps ds ed è imponibile ai fini irpef ed irap.
Data la natura indennitaria e non retributiva della voce, non è dovuta la contribuzione ai fini tfs/tfr.
Quesito 33 (n. 124/2012)
Si chiede un parere in merito alla concessione e al relativo trattamento economico di permesso
sindacale non retribuito.
Un nostro dipendente iscritto un'Organizzazione Sindacale è stato assente dal lavoro per impegni
sindacali. Chiede venga riconosciuto un giorno di permesso sindacale non retribuito. E' possibile
concederlo, trattandosi di sindacato non rappresentativo?
Se concediamo il permesso come deve essere creata la voce di trattenuta: devono essere creati
adeguamenti CPDEL e FPC ?
Risposta:
In riferimento al vostro quesito si fa presente che il dipendente ha diritto ai permessi sindacali non retribuiti,
previsti dall'art. 12 CCNQ 7/8/98, solo se è dirigente sindacale di una confederazione o organizzazione
sindacale rappresentativa ai sensi degli artt. 43 e 50 del D.Lgs. 165/01.
Pertanto tale qualifica deve risultare da comunicazione del sindacato stesso.
Si ricorda che il dirigente che intende esercitare il suddetto diritto deve darne comunicazione scritta al
proprio datore di lavoro di regola tre giorni prima per il tramite della propria organizzazione sindacale (art. 12,
3° comma, CCNQ 7/8/98).
Dal punto di vista contributivo, l’applicazione della trattenuta non incide sugli imponibili cpdel, fondo credito e
tfs.
Tali contributi sono dovuti dall’ente e dal dipendente, pro-quota, sulla retribuzione intera virtuale a cui il
dipendente avrebbe avuto diritto in assenza della trattenuta per il permesso.
Invece, nel caso di dipendente in regime tfr, i relativi contributi non vanno versati, in quanto l’inpdap, ha
disposto espressamente che i contributi al tfr non sono dovuti in tutti i casi in cui manchi la relativa
retribuzione.
Quesito 34 (n. 134/2012)
Un dipendente comunale ha fatto richiesta di congedo straordinario retribuito spettante al figlio di
persona in condizioni di handicap grave per il periodo 01.11.2012 - 15.12.2012.
Al 31.10.2012 le ferie residue del dipendente ammontano a 3 giorni, durante il congedo straordinario
non maturano n. 4,5 giorni di ferie.
Prevedendo anche una richiesta di proroga del congedo fino alla fine dell'anno le ferie totali che non
maturano saranno di n. 6 giorni.
Come regolarizzo i 3 giorni di ferie "a debito" del dipendente?
Si può regolarizzarle a gennaio decurtandole dal monte ferie anno 2013?
Risposta:
In riferimento al vostro quesito, si ricorda che l'art. 42, 5 comma, D.Lgs. 151/01 prevede che il dipendente ha
diritto ad usufruire del congedo straordinario retribuito di cui all'art. 4, comma 2, L. 53/22, entro 60 giorni
dalla richiesta.
Inoltre, l'art. 43 del suddetto decreto, che rappresenta una norma di chiusura dell'intero Capo VI del decreto,
espressamente stabilisce che, relativamente al trattamento normativo ed economico, ai permessi ed ai riposi
ivi previsti, e quindi anche a quelli dell'art. 42, si applicano le disposizioni dell'art. 34, comma 5, dello stesso
decreto.
In tal modo viene estesa anche alle altre forme di congedo e permessi di cui al capo VI la regola propria dei
congedi parentali, secondo la quale questi ultimi non producono effetti ai fini della maturazione delle ferie e
della 13^ mensilità.
Pertanto, alla luce di quanto sopra ed atteso che il decreto non contiene alcuna espressa indicazione, siamo
del parere che nella fattispecie da voi rappresentata l'unica possibilità sia quella di decurtare il monte giorni
ferie del 2013 dei giorni di ferie eventualmente goduti ma non maturati dal dipendente.
Quesito 35 (n. 137/2012)
Si chiedono informazioni circa il congedo di maternità e precisamente:
1) nel caso in cui la data del parto presunto è fissata al 01/02/2013 da quando decorrono i due mesi
precedenti al parto?
2) se il parto anzichè il 01/02/2013 fosse il 15/01/2013 i 3 mesi come devono essere calcolati?
3) nel caso di maternità a rischio dal 01/11/2012 come viene calcolato il congedo?
Risposta:
In riferimento ai quesiti posti si comunica quanto segue:
1) se la data presunta del parto è fissata all'1/2/2013 i due mesi precedenti al parto iniziano dal 2/12/2012;
2) se il parto fosse anticipato al 15/1/2013 il periodo di astensione post-partum (tre mesi) inizierebbe dal
2/2/2013. Nel caso in cui il parto avvenga oltre la data presunta, l'inizio dell'astensione post-partum fa
riferimento al giorno successivo del parto stesso (es. data parto 3/2/2013: inizio astensione obbligatoria
dal 4/2/2013 al 3/5/2013);
3) nel caso di interdizione anticipata dal lavoro dall'1/11/2012:
− sino all'1/12/2012 l'assenza va computata come congedo di maternità anticipato
− dal 2/12/2012 inizio astensione obbligatoria dal lavoro (congedo di maternità).
Quesito 36 (n. 142/2012)
Il segretario comunale ha richiesto di poter fruire dei permessi per la legge 104 per assistere la
moglie.
Ha presentato la documentazione necessaria con certificato in data 5.6.2012.
Successivamente il segretario ha richiesto i tre giorni di permesso ma ad una richiesta di
chiarimento circa uno sforamento (richiesto un giorno in più) lo stesso ha motivato che lui
considerava il mese dal 5 al 5 del mese successivo.
I nostri uffici ritengono invece che il mese sia da considerarsi nella sua interezza (es. mese di luglio
dal 1 al 31 ecc).
Vorrei sapere la vostra interpretazione al riguardo.
Risposta:
In riferimento al vostro quesito, si ricorda che l'art. 33, comma 3, della legge 104/92 stabilisce che “.... il
lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità......ha
diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito...”
Ai sensi dell'art. 19 del CCNL 6/7/95 i suddetti tre giorni possono essere usufruiti anche ad ore nel limite
massimo di 18 ore mensili.
I permessi di cui sopra vanno fruiti esclusivamente nel mese di maturazione e non possono, pertanto,
cumularsi con gli analoghi permessi spettanti il mese successivo.
L'ARAN, con parere 795/19H12, ritiene che un lavoratore, che non abbia reso prestazione lavorativa per
gran parte del mese di cui si tratta, può fruire comunque di tutti i tre giorni di permesso previsti dalla L.
104/92 in quanto, ai fini dell'utilizzo dei medesimi, la normativa non richiede una durata predefinita della
prestazione lavorativa nel corso del mese.
Alla luce di quanto sopra, non essendo specificato dalla legge una diversa limitazione e secondo la prassi
consolidata, è nostro parere che il mese si debba intendere di calendario.
A conferma di ciò, si ricorda che tra i dati da comunicare al Dipartimento della Funzione Pubblica per il
monitoraggio annuale sui fruitori dei permessi è richiesto il numero complessivo di giorni o di ore fruiti da
ciascun lavoratore nel corso dell'anno precedente e per ciascun mese dello stesso (intendendo, per mese, i
mesi solari: gennaio, febbraio ecc.).
Quesito 37 (n. 146/2012)
Si chiede se la decorrenza della fruizione dei permessi ex L. 104/92, per assistere la moglie nel caso
specifico, è dalla data della domanda (19.5.2012) oppure dalla data della chiusura del verbale della
commissione sanitaria ASL (5.6.2012).
Dalla circolare INSP 45/1.3.2011 al paragrafo 3) si potrebbe dedurre che la decorrenza sia dalla data
della domanda.
Qualora la risposta sia positiva, chiedo se è possibile fruire ora i giorni non fruiti nel periodo dal
19.5.2012 al 31.5.2012.
Risposta:
In riferimento al quesito, si fa presente che il punto 3, comma 3, della circolare INPS n. 45/2011 prevede che
qualora siano trascorsi 15 giorni - in caso di patologie oncologiche – o 90 giorni - per tutte le altre patologie –
dalla data di inoltro della richiesta per il riconoscimento della disabilità grave e il dipendente non sia ancora
in possesso di tale certificazione, il dipendente medesimo può presentare domanda di fruizione dei permessi
allegando una certificazione provvisoria rilasciata dal medico in servizio presso una struttura pubblica o
privata equiparata alla pubblica, specialista nella patologia dalla quale è affetta la persona disabile. Se, come
appare dal quesito, tale procedura non è stata attuata, i primi tre giorni di permesso previsti dall'art. 33 della
legge 104/92 devono essere richiesti a partire dalla data del verbale della Commissione sanitaria ASL e cioè
dal 5/6/2012 e per il mese solare di giugno.
Si ricorda infine che i permessi della L. 104/92 vanno fruiti esclusivamente nel mese solare di maturazione e
non possono cumularsi con gli analoghi permessi spettanti il mese successivo.
Quesito 38 (n. 143/2012)
Si chiede come deve essere considerato un accesso per donazione AVIS non effettuato per motivi
sanitari.
La giornata di riposo spetta comunque?
Risposta:
In riferimento al vostro quesito, si fa presente che la legge 13/7/1967 n. 584 all'art. 1 stabilisce che i donatori
di sangue e di emocomponenti con rapporto di lavoro dipendente hanno diritto ad astenersi dal lavoro per
l'intera giornata in cui effettuano la donazione.
Dal tenore della norma, che lega il giorno di permesso alla effettiva donazione, si evince che, se per
qualsiasi motivo la donazione non può essere effettuata, il lavoratore non ha diritto alla giornata di riposo ed
è quindi tenuto a rientrare in servizio.
Nessuna decurtazione alla retribuzione potrà comunque essere effettuata limitatamente al tempo necessario
per il tentativo di donazione e per il ritorno al posto di lavoro, a fronte di idonea certificazione presentata dal
dipendente e rilasciata dalla struttura sanitaria presso la quale si è presentato, riportante l'indicazione
dell'ora di entrata e di uscita.
Quesito 39 (n. 148/2012)
Qualora un figlio/a non fruisca dei permessi per la legge 104/92, questi possono essere utilizzati, in
assenza di altri figli, dal genero o dalla nuora?
Risposta:
In riferimento al vostro quesito si fa presente che i titolari dei permessi previsti della Legge 104/92 e cioè i tre
giorni mensili (art. 33, c. 3, L. 104/92), fruibili anche ad ore fino ad un massimo di 18 ore (così come previsto
dall'art. 19, c. 6, CCNL 6/7/95) sono:
Il lavoratore coniuge, parente o affine entro il secondo grado
ovvero
entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge del “disabile” abbiano più di 65 anni o siano affetti da
patologie invalidanti o deceduti o mancanti.
Il riconoscimento del diritto è in capo ad un unico lavoratore dipendente per l'assistenza alla stessa persona;
fanno eccezione i genitori, per i quali la legge riconosce ad entrambi il diritto da usufruirsi alternativamente.
La legge non prevede un ordine prioritario e/o tassativo di scorrimento,e quindi nella fattispecie da voi
rappresentata il genero o la nuora (affini di primo grado rispetto alla persona da assistere), esistendone tutti i
presupporti, possono richiedere di fruire dei permessi di cui trattasi.
Una diversa impostazione, invece, opera per la concessione del congedo straordinario biennale retribuito
(artt. 42, c. 5, e 45, c. 2,D.Lgs. 151/01 – art. 4 D.Lgs. 119/11 – Circolare Dipartimento Funzione Pubblica
1/2012).
I titolari del suddetto congedo sono:
- coniuge convivente
- padre o madre (anche adottivi o affidatari)
- figli conviventi
- fratelli o sorelle conviventi
i quali hanno un ordine prioritario, tassativo e non derogabile neppure con la rinuncia da parte del titolare di
diritto.
Le condizioni che legittimano lo scorrimento è la mancanza, il decesso o la presenza di patologie invalidanti
nei soggetti che precedono nella scala dei soggetti legittimati. Non valgono eventuali rinunce. Il diritto è
subordinato al requisito della convivenza, ad esclusione dei genitori per i quali non è richiesta.
Rimane confermata la figura del referente unico. Non è pertanto possibile beneficiare del congedo per
assistere una persona disabile nell'ipotesi in cui un altro lavoratore risulti autorizzato a fruire dei permessi di
cui all'art. 33 della legge 104/92. Fanno eccezione i genitori che possono fruirne alternativamente.
Quesito 40 (n. 153/2013)
Si chiede informazioni circa il congedo di maternità e parentale relativamente ad una dipendente
assunta a tempo determinato art. 110 comma 1 D.Lgs. n. 267/2000, posizione organizzativa
responsabile del servizio tecnico, è in congedo di maternità dal 02/12/2012 (2 mesi precedenti al
parto, fissato per il 1° febbario 2013) ed ha parto rito in data 21/01/2013:
1) se il rientro dopo i tre mesi di congedo è il 2 maggio 2013
2) se nei 5 mesi di congedo di maternità oltre alla retribuzione al 100% ed all'indennità di posizione
gli spettano anche l'indennità di risultato e le ferie
3) se in caso di richiesta di congedo parentale dei 30 giorni, anche frazionati, quale retribuzione,
ferie, indennità di posizione e risultato ha diritto?
4) e nel caso di richiesta degli ulteriori 5 mesi, cosa ha diritto?
Risposta
In riferimento ai quesiti si comunica quanto segue:
1. si conferma che il rientro dal congedo di maternità nel caso da voi proposto è il 2 maggio 2013;
2. durante il congedo di maternità alla dipendente competono: il 100% della retribuzione base in godimento,
con esclusione delle indennità legate alla effettiva prestazione in servizio (ad es.: indennità di turno), ma
con l'erogazione anche della retribuzione accessoria fissa e ricorrente (es.: retribuzione di posizione). Le
ferie spettano per intero;
3/4 qualora la dipendente usufruisca del congedo parentale, anche frazionato, i primi 30 giorni di calendario
sono retribuiti al 100% come previsto per il congedo di maternità e le ferie maturano in modo analogo; i
successivi periodi di congedo, eventualmente richiesti, sono retribuiti al 30% (la retribuzione da
prendere in considerazione è la stessa del congedo di maternità) ed incidono sulle ferie: le ferie annuali
vanno quindi riproporzionate in base alla durata del periodo di congedo richiesto.
Per quanto attiene alla retribuzione di risultato, l’ARAN si è espressa con il seguente parere (RAL 858):
“La retribuzione di risultato di cui all’art. 10 del CCNL del 31.3.1999 non è direttamente collegata alla
presenza in servizio. Si tratta, infatti, di un emolumento da corrispondere “a seguito di valutazione annuale”
(art. 10, comma 3 CCNL del 31.3.1999) dopo aver verificato i risultati conseguiti in relazione agli obiettivi
assegnati.
Pertanto, non è corretto affermare che la dipendente in congedo parentale non ha diritto, per tale
periodo di assenza, a percepire la retribuzione di risultato: l’Ente deve comunque procedere alla valutazione
annuale dei risultati conseguiti ed è ragionevole presumere che i periodi di assenza incidano negativamente
su tale aspetto, determinando la conseguente riduzione del compenso da corrispondere (fino ad annullarlo,
quando i risultati conseguiti non siano apprezzabili).”
Lo stesso discorso vale ovviamente per il congedo di maternità. Quindi, l’ente dovrà corrispondere la
retribuzione di risultato dopo aver effettuato la valutazione dei risultati conseguiti dalla dipendente e nella
misura in cui tali risultati siano stati raggiunti, secondo il proprio sistema di valutazione.
Per quanto riguarda il problema di stabilire se la retribuzione di risultato debba essere calcolata con
riferimento alla retribuzione di posizione teoricamente spettante o a quella effettivamente corrisposta (che è
ridotta al 30% per il congedo parentale successivo ai primi 30 giorni), l’ARAN continua il proprio parere
affermando che “…il CCNL del 31.3.1999 (art. 10, comma 3) fa espresso riferimento alla retribuzione di
posizione attribuita espressione che, a nostro modo di vedere, sta ad indicare il valore economico (teorico)
della specifica posizione organizzativa.”
Quesito 41 (n. 155/2013)
quesito n. 1
Un dipendente comunale fruisce dei permessi L.104/92 sia per il padre che per la madre. Attualmente
è convivente con i genitori. Con riferimento di congedo straordinario retribuito spettante al figlio di
persona in condizioni di handicap grave di 2 anni, avendo entrambi i genitori da assistere il congedo
è cumulabile e pertanto può fruire di 2 anni +2 anni oppure indipendentemente dal numero di disabili
da assistere il dipendente può fruire solo di 2 anni di congedo?
quesito n. 2
Nel conteggio del periodo di comporto per le assenze per malattia, sia ai fini della conservazione del
posto, sia per la decurtazione della retribuzione, si devono tenere in considerazione anche i giorni di
ricovero e i giorni di convalescenza post ricovero?
Risposta
Risposta quesito n. 1
Il congedo in questione è della durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e
nell’arco della vita lavorativa tra i due genitori, anche adottivi o affidatari. Ciò significa che ciascuna persona
in situazione di handicap grave ha diritto a due anni di assistenza a titolo di congedo da parte dei famigliari
individuati dalla legge e, dall'altro lato, che il familiare lavoratore che provvede all'assistenza può fruire
di un periodo massimo di due anni per assistere i familiari disabili.
Quindi, nel vostro caso, il periodo massimo di cui il lavoratore può fruire ammonta comunque a due anni. Il
periodo di congedo fruito rientra inoltre nel limite massimo di 2 anni di congedo, anche non retribuito, fruito ai
sensi dell’art. 4 comma 2 della L. 53/2000.
Si ricorda che è possibile fruire nello stesso mese, ma non nello stesso giorno, del congedo in oggetto e dei
permessi di cui all'art. 33, commi 2 e 3, della legge 104/92. Il congedo è frazionabile a giorni ma non a ore;
nel computo si contano anche i giorni festivi e non lavorativi qualora non vi sia una ripresa effettiva del
lavoro. Pertanto, due differenti frazioni di congedo straordinario intervallate da un periodo di ferie o altro tipo
di congedo debbono comprendere ai fini del calcolo del numero di giorni riconoscibili come congedo
straordinario anche i giorni festivi ed i sabati (per l'articolazione su cinque giorni) cadenti subito prima o
subito dopo le ferie o altri congedi o permessi.
Il trattamento economico è costituito da una indennità corrispondente all'ultima retribuzione, con
riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento; il periodo medesimo è coperto da contribuzione
figurativa. L'indennità spetta fino ad un importo complessivo rivalutato annualmente a decorrere dall'anno
2011 sulla base della variazione dell'indice Istat dei prezzi al consumo (importo anno 2011: € 44.276,33).
Durante il periodo di congedo non maturano le ferie, la 13^ mensilità ed il trattamento di fine servizio. I
periodi di congedo sono validi ai fini pensionistici ma non ai fini della progressione economica.(nota prot.
2285 del 15/1/2013 della Presidenza Consiglio dei Ministri – Dipartimento F.P.).
Per quanto attiene alle modalità di richiesta e fruizione, la richiesta scritta deve essere corredata da:
- certificazione di riconoscimento di handicap grave del disabile rilasciata dalla apposita Commissione
medica dell'ASL
- autocertificazione attestante che la persona da assistere non è ricoverata a tempo pieno.
ll dipendente ha diritto a fruire del congedo entro 60 giorni dalla richiesta. E' soddisfatta la condizione della
convivenza anche in caso di residenza nello stesso comune, stesso indirizzo, stesso stabile ma interno
diverso. Si ricorda infine che il dipendente che fruisce del congedo per un periodo continuativo non superiore
a sei mesi, ha diritto ad usufruire di permessi non retribuiti (senza diritto a contribuzione figurativa) in
misura pari al numero dei giorni di ferie che avrebbe maturato nello stesso arco di tempo lavorativo.
Risposta quesito n. 2
Ai fini del superamento del periodo di comporto devono essere computai tutti i giorni di assenza per malattia,
quindi anche i giorni di ricovero ospedaliero, di day hospital e di convalescenza post ricovero.
In caso invece di patologie gravi che richiedano terapie salvavita ed altre assimilabili, come ad esempio
l'emodialisi, la chemioterapia e il trattamento riabilitativo per soggetti affetti da Aids (art. 10 CCNL
14.9.2000), sono esclusi dal computo i relativi giorni di ricovero, di day-hospital ed i giorni di assenza dovuti
alle terapie, debitamente certificai dall’azienda sanitaria locale o dalla struttura convenzionata. Il dipendente
ha inoltre diritto in questi giorni all’intera retribuzione
Per esempi di calcolo del periodo di comporto, si può consultare la tab. a) allegata al CCNL 13/5/1996.
Quesito 42 (n. 173/2013)
Nel caso di ricovero ospedaliero o day-hospital la trattenuta sui primi 10 giorni di malattia va
comunque applicata?
Il dubbio è sorto perché nel sistema di gestione paghe del ministero dell'economia (Noipa), a cui
questo Comune ha aderito, tale assenza è configurata per ridurre il trattamento economico
esattamente come la normale malattia (con corresponsione, cioè, del solo trattamento fondamentale
per i primi 10 giorni).
Risposta
Nei casi da voi citati (ricovero ospedaliero o day hospital) la trattenuta per i primi 10 giorni di malattia non va
applicata, in quanto l’art. 71 comma 1 del D.L. 112/08 che ha introdotto tale decurtazione, fa espressamente
salve tali e altre situazioni, qualora i contratti collettivi di lavoro prevedano trattamenti più favorevoli (quindi
l’erogazione anche dell’accessorio).
Nel caso degli enti locali, tali previsioni più favorevoli consistono
nell’art. 21 comma 7 lett. a) del CCNL 6.7.1995 per quanto riguarda ricovero e day hospital,
nell’art. 21 comma 7-bis CCNL 6.7.1995 (introdotto dall’art. 10 CCNL 14.9.2000) per le patologie gravi che
richiedano terapie salvavita, e
nell’art. 2 CCNL 6.7.1995 e art. 10 bis CCNL 14.9.2000 in caso di assenze per infortunio sul lavoro o per
malattie legate a causa di servizio.
Quesito 43 (n. 179/2013)
Una dipendente in servizio di ruolo part-time a 18 ore rientrata dal congedo di maternità obbligatorio
dei tre mesi, a quante ore per allattamento ha diritto?
Risposta
La madre lavoratrice, nel primo anno di vita del bambino, ha diritto a riposi orari per allattamento di due ore
se l’orario giornaliero della lavoratrice risulta pari o superiore a 6 ore al giorno, oppure permessi di un’ora in
caso di orario giornaliero di durata inferiore a 6 ore indipendentemente dalla percentuale di part-time.
La durata di fruizione dei permessi per allattamento è sino al giorno prima del compimento dell'anno di vita
del bambino.
Quesito 44 (n. 184/2013)
Un dipendente comunale, collocato in aspettativa senza assegni per il periodo di un anno, ha
chiesto, al termine di tale periodo, la fruizione dei 3 giorni mensili retribuiti previsti dalla L. 104/92 e
la possibilità di fruire del congedo straordinario retributivo di cui all'art. 42 D.Lgs. 151/01 in modo
continuativo o frazionato a seconda delle esigenze comunicate dallo scrivente.
Si chiede:
1. Può il dipendente chiedere contemporaneamente entrambi i permessi retribuiti?
2. Si può considerare l’anno di aspettativa non retribuita non sovrapponibile alla fruizione dei due
anni per la legge 104/199?
3. Tra due permessi deve trascorrere un lasso di tempo e il dipendente deve rientrare in servizio
prima di poter accedere al nuovo periodo di congedo?
Risposta
1) Il Dipartimento Funzione Pubblica con circolare n. 1/2012 ha stabilito che “il dipendente che assiste una
persona in situazione di handicap grave diversa dal figlio nell'ambito dello stesso mese può fruire del
congedo ex art. 42 Dlgs. 151/01 e dei permessi di cui all'art. 33, comma 3, della L. 104/92”. Pertanto il
dipendente può fruire nello stesso mese, ma non nello stesso giorno, del congedo in argomento e dei tre
giorni di permesso.
La circolare precisa inoltre che nel caso il dipendente a tempo pieno fruisca nello stesso mese del
congedo e di altre assenze (ferie, aspettative ecc.) e dei citati permessi ex art. 33 L. 104, questi ultimi
spettano sempre nella misura intera stabilita dalla legge e non è previsto un riproporzionamento.
Sempre con circolare n. 1/12 il Dipartimento chiarisce che nel computo dei giorni del congedo si contano
anche i giorni festivi e non lavorativi qualora non vi sia una ripresa effettiva del lavoro. Pertanto due
differenti frazioni di congedo straordinario intervallate da un periodo di ferie o altro tipo di congedo
debbono comprendere ai fini del calcolo del numero di giorni riconoscibili come congedo straordinario
anche i giorni festivi ed i sabati (per l'articolazione su cinque giorni) cadenti subito prima o subito dopo le
ferie o altri congedi o permessi.
2) L'art. 42, comma 5 bis, del D.Lgs. 151/01 stabilisce che il familiare lavoratore che provvede all'assistenza
può fruire di un periodo massimo di due anni di congedo per assistere i familiari disabili .
Il periodo massimo del congedo suddetto rientra nel “contatore” complessivo a disposizione di ciascun
dipendente previsto dall'art. 42, comma 2, L. 53/2000, che è comunque quello di due anni nell'arco
dell'intera attività lavorativa “per gravi e documentati motivi familiari”, a prescindere dalla causa specifica
per cui il congedo è fruito, e che sia retribuito o meno (per esempio: se il lavoratore nel tempo avesse
fruito di un anno e due mesi di permessi art. 4 l. 53/2000 il congedo di cui all'art. 42 comma 5, potrà essere
riconosciuto solo nel limite di dieci mesi).
In questo periodo complessivo di due anni non rientra, invece, l'istituto dell'aspettativa non retribuita
previsto dall'art. 11 del CCNL 14/9/2000.
3) L'ARAN, con parere RAL_1157, ha ritenuto che il congedo previsto dall'art. 42 D.lgs. 151/01 si differenzia
indubbiamente dall'aspettativa per motivi personali (e da altri istituti similari tipo i congedi per eventi
particolari art. 4 L. 53/2000) sia sotto il profilo della durata che del regime giuridico ed economico cui è
assoggettata. Infatti in presenza delle condizioni richieste dalla legge il suddetto congedo rappresenta un
preciso diritto per il lavoratore avente titolo, che l'amministrazione non può limitare o negare.
Conseguentemente esso non sembra neppure essere suscettibile di limitazioni come quella del divieto di
cumulo previsto dalla disciplina contrattuale, che quindi non si applica.
Infine si precisa che il Decreto Legislativo 119/2011 ha individuato in modo puntuale i soggetti legittimati alla
fruizione del congedo di cui all'art. 42 del Dlgs 151/01 indicando un ordine prioritario, tassativo e non
derogabile e cioè:
- coniuge convivente
- padre o madre (anche adottivi o affidatari)
- figli conviventi
- fratelli o sorelle conviventi
di familiare con handicap in situazione di gravità non ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati.
Le condizioni che legittimano lo scorrimento è la mancanza, il decesso o la presenza di patologie invalidanti
nei soggetti che precedono nella scala dei soggetti legittimati. Non valgono eventuali rinunce. Il diritto è
subordinato al requisito della convivenza, ad esclusione dei genitori per i quali non è richiesta. E' soddisfatta
la condizione della convivenza anche in caso di residenza nello stesso comune, stesso indirizzo, stesso
stabile ma interno diverso.
Rimane confermata la figura del referente unico. Non è pertanto possibile beneficiare del congedo per
assistere una persona disabile nell'ipotesi in cui un altro lavoratore risulti autorizzato a fruire dei permessi di
cui all'art. 33 della legge 104/92. Fanno eccezione i genitori che possono fruirne alternativamente.
Quesito 45 (n. 186/2013)
Un dipendente comunale fruisce dei permessi L.104/92 sia per il padre che per la madre con i quali
convive.
La normativa prevede un termine di preavviso per la presentazione della domanda di congedo
straordinario retribuito art. 42 D.Lgs. 151/01 e per i giorni di permesso mensili previsti dalla L.
104/92?
Risposta
Il preavviso al datore di lavoro per la fruizione dei giorni di permesso di cui all'art. 33 della l. 104/92 non è
formalmente disciplinato da alcuna normativa specifica.
Si ritiene comunque che, nell’ambito dei principi di correttezza e buona fede che devono regolare i rapporti
tra lavoratore e datore di lavoro, i permessi debbano essere richiesti in tempo utile a quest'ultimo allo scopo
di contemperare le esigenze del lavoratore con le esigenze di garantire la continuità di un pubblico servizio,
Rimane comunque fermo che improcrastinabili esigenze di assistenza e quindi di tutela del disabile non
possono che prevalere sulle esigenze dell’ufficio (Parere del Ministero del Lavoro 6.7.2010 n. 31), nell'ambito
di una concreta valutazione del caso che dovrà essere compiuta di volta in volta.
Per quanto concerne il congedo straordinario si fa presente che il comma 5bis dell'art. 42 Dlgs 151/01
recita:”.... ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell'articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53,
entro sessanta giorni dalla richiesta.......".
La circolare INPDAP 22 del 28 dicembre 2011 chiarisce che: "il congedo straordinario deve essere
concesso dal datore di lavoro entro 60 giorni dalla richiesta dell'interessato".
Pertanto, il congedo straordinario e le relative prestazioni decorrono dalla data indicata nella domanda, salvo
diversa indicazione del datore di lavoro, ma il lavoratore ha comunque diritto a fruirne entro 60 giorni dalla
richiesta. Si ritiene, infatti, che la norma tenda a dare certezza del diritto fissando anche tempi certi entro cui
usufruire del beneficio, sempre che sussistano le condizioni di diritto.
Non rintracciamo nella normativa o nelle circolari attuative ulteriori e più specifiche indicazioni,
probabilmente, si è ritenuto opportuno lasciare all'accordo tra le parti un margine di conciliabilità ed accordo
che la stessa normativa consente ampiamente.
Il congedo può essere naturalmente richiesto solo per periodi successivi alla presentazione della domanda.
Quesito 46 (n. 191/2013)
Genitore adottivo con ingresso del figlio nel nucleo familiare a 9 mesi.
Si chiede conferma in merito all'applicazione dell'art. 47 comma 1 e dell'art. 50 del D.Lvo 151/2001:
1) Il genitore adottivo è equiparato al genitore naturale nell'assenza per malattia del bambino di età
inferiore ad anni tre? I tre anni decorrono dalla nascita del figlio o dall'ingresso del minore nel
nucleo familiare;
2) La retribuzione (per 30 gg. annui) in questi tre anni è riconosciuta per intero?
3) Le ferie e la tredicesima mensilità sono escluse o incluse come prevede l'art. 17 comma 6 del
CCNL 14/9/2000;
4) Qual'è la norma a cui fare riferimento tenuto conto che l'art. 48 del suddetto decreto non entra nel
merito della retribuzione e il CCNL del 14/9/2000 è stato siglato prima della norma?
5) Il genitore adottivo ha diritto di prorogare le assenze per malattia fino ad anni 6, senza
retribuzione, e dai 6 agli 8 anni l'assenza si riduce a 5 gg. senza retribuzione? Al contrario il
genitore naturale può assentarsi dal lavoro dai 3 agli 8 anni per 5 gg. all'anno senza retribuzione?
6) Il genitore adottivo ha diritto al riconoscimento del congedo per malattia dall'ingresso del minore
nel nucleo familiare, qualora detto minore abbia un'età compresa tra i 6 e i 12 anni? Per detto
periodo, la retribuzione viene riconosciuta per intero con esclusione delle ferie e della tredicesima
mensilità?.
Risposta
In riferimento ai vostri quesiti in merito all'applicazione degli artt. 47 e 50 del D.Lgs. 151/01:
1) Il beneficio del riconoscimento di 30 giorni retribuiti all'anno per malattia del figlio, computati
complessivamente per entrambi i genitori, e spettanti fino ai 3 anni di vita del bambino, si applica anche ai
genitori adottivi o affidatari. (art. 17, c. 6, CCNL 14/9/2000 - parere ARAN -RAL 876);
2) Sì, la retribuzione è riconosciuta per intero;
3) Le ferie e la 13^ mensilità maturano durante questi periodi;
4) L'art. 1, comma 2, del D.Lgs. 151/01 prevede che “ sono fatte salve le condizioni di maggior favore
stabilite da leggi, regolamenti, contratti collettivi e da ogni altra disposizione”, e quindi le disposizioni
migliorative previste dal contratto collettivo 14/9/2000, anche se siglato prima della normativa, sono
applicabili.
5) I genitori adottivi o affidatari possono fruire, alternativamente, dei congedi per malattia del bambino:
1. fino a sei anni di vita del bambino: senza limiti temporali (dopo i primi 30 gg. sino ai 3 anni di vita del
bambino i successivi periodi sono senza retribuzione);
2. da sei a otto anni: 5 giorni l’anno, senza retribuzione, per ciascuno dei genitori o affidatari e per ciascun
figlio.
I genitori naturali possono fruire, alternativamente, del congedo per malattia del bambino dai 3 agli 8 anni
di vita del figlio per 5 giorni l'anno per ciascun genitore e per ciascun figlio. Tali giorni sono senza
retribuzione.
6) Se l'adozione o l'affidamento riguarda un bambino fra i 6 e i 12 anni (all'atto dell'adozione o
dell'affidamento) il congedo per malattia può essere fruito entro i primi 3 anni dall'ingresso in famiglia del
minore e per un periodo massimo di 5 giorni all'anno senza retribuzione per ciascun genitore e per
ciascun figlio (art. 50, comma 3, Dlgs. 151/01).
Quesito 47 (n. 194/2013)
Un dipendente comunale vuole chiedere il congedo straordinario di cui al decreto lgs. 151/2001 per
assistere la mamma disabile. La sua situazione famigliare è la seguente:
Vive con la mamma e il papa’; il papa’ è pensionato e non invalido. Il dipendente in questione è anche
amministratore di sostegno della mamma.
Puo’ essere concesso il congedo di cui sopra in presenza del coniuge non invalido ? In altri termini il
figlio puo’ ottenere il congedo solo nel caso manchi il coniuge? (criterio di precedenza del coniuge).
Nel caso in cui il coniuge fosse affetto da patologie invalidanti, qual è l’ente che deve certificare
questo stato?
Risposta
In riferimento ai vostri quesiti si precisa quanto segue:
1) Il Decreto Legislativo 119/2011 ha individuato in modo puntuale i soggetti legittimati alla fruizione del
congedo di cui all'art. 42 del Dlgs 151/01 indicando un ordine prioritario, tassativo e non derogabile e
prevedendo in particolare che esso spetta ai seguenti soggetti:
- coniuge convivente
- padre o madre (anche adottivi o affidatari)
- uno dei figli conviventi nel caso in cui il coniuge convivente ed entrambi i genitori del disabile siano
mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
- fratelli o sorelle conviventi
di familiare con handicap in situazione di gravità non ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati.
Poichè l'ordine dei soggetti possibile beneficiari è stato indicato direttamente ed espressamente dalla legge,
la quale ha pure stabilito le condizioni in cui si può “scorrere” in favore del legittimato in ordine successivo,
tale ordine non è derogabile.
Non è possibile accogliere anche l'eventuale dichiarazione di rinuncia alla fruizione al fine di far “scattare” la
legittimazione del soggetto successivo (circolare n. 1/2012 Presidenza Consiglio Ministri – Dipartimento
Funzione Pubblica).
Per quanto concerne il concetto di “patologie invalidanti” la P.C.M.-Dipartimento F.P. con circolare n. 13/2010
indica come riferimento per l'individuazione di tali patologie l'art. 2, comma 1, lett. d) del Decreto
interministeriale 21/7/2000 n. 278 (in allegato) che disciplina le ipotesi in cui è possibile accordare il congedo
per i gravi motivi di cui all'art. 4 della legge 53/2000. Tale decreto stabilisce all'art. 3 comma 1 la
documentazione sanitaria che deve essere presentata.
2) il Ministero del Lavoro con parere n. 35 del 15/5/2009 e la Presidenza Consiglio dei Ministri-Dipartimento
Funzione Pubblica con nota n. 44700 del 23/10/2009 si sono pronunciati in merito alla figura
dell'amministratore di sostegno, evidenziando che l'art. 33, c. 3, della L. 104/92 indica con precisione la
platea di soggetti legittimati a fruire delle agevolazioni per prestare assistenza alle persone con handicap
grave.
Tra queste figure non compare l'amministratore di sostegno.
L'individuazione dei soggetti destinatari dei benefici di cui alla predetta legge non può prescindere dallo
stretto dettato normativo: per questo motivo, si ritiene che non possano godere dei benefici previsti gli
amministratori di sostegno in quanto tali.
Quesito 48 (n. 195/2013)
Si chiede di conoscere la disciplina normativa e contrattuale relativa alla fruizione, da parte di
dipendenti pubblici di enti locali, delle tre giornate denominate "permessi brevi per motivi di salute".
In particolare, si chiede di sapere se le stesse competono anche frazionatamente ovvero debbano
essere fruite a giorno intero
Risposta
In riferimento al vostro quesito si precisa che:
L'art. 19, comma 2 del CCNL 6/7/1995 prevede tre giorni di permesso retribuito “per particolari motivi
personali o familiari”: Tale articolo non ha stabilito alcuna precisa casistica per la loro fruizione; secondo
l'Aran, l’Ente non è neppure chiamato né a disciplinare le possibili ipotesi giustificative del permesso (data la
genericità ed ampiezza della previsione contrattuale “per particolari motivi personali o familiari”) né a valutare
nel merito la giustificatezza o meno della ragione addotta, ma solo la sussistenza di ragioni organizzative od
operative che possano impedire la concessione del permesso stesso.
Visti anche i pareri dell'Aran, spetta al dirigente valutare, nella sua discrezionalità, le esigenze addotte dal
dipendente a sostegno della richiesta di assentarsi dal servizio in relazione alla eventuale sussistenza di
ragioni di servizio tali da impedire la concessione del permesso.
Si ricorda inoltre che il predetto art. 19 prevede che il dipendente produca adeguata documentazione a
giustificazione dell'assenza.
La trasformazione ad ore dei permessi ex art. 19 CCNL 6.7.1995 è una prassi diffusa presso alcuni enti, in
assenza di indicazioni contrarie nel suddetto Contratto.
Non si può ignorare tuttavia che il CCNL espressamente parla di “3 giorni”: l’ARAN si è espressa sulla
questione escludendo la possibilità di frazionamento ad ore in quanto il contratto non la prevede
espressamente e il CCDI non può introdurre modalità di fruizione diverse da quelle previste dalla normativa.
In alternativa all'art. 19 sopra citato, si ricorda che l'art. 20 del CCNL 6/7/1995 stabilisce che il dipendente
può assentarsi dal lavoro con “permessi brevi” di durata non superiore alla metà dell'orario di lavoro
giornaliero, purchè questo sia costituito da almeno quattro ore consecutive; tali permessi non possono
superare le 36 ore annue. Il dipendente è tenuto a recuperare le ore non lavorate entro il mese successivo a
quello della fruizione, secondo modalità individuate dal dirigente. Spetta inoltre al dirigente valutare le
motivazioni per la concessione del permesso
Quesito 49 (n. 202/2013)
Una dipendente comunale con contratto di lavoro part-time al 50% (18/36 ore) nell'anno 2013 ha
svolto la sua attività dal 01/01/2013 al 30/06/2013 come part-time verticale (18 ore su tre giorni
lavorativi) e dal 01/07/2013 al 31/12/2013 come part-time orizzontale. Come devono essere
determinate le ore di permesso per grave infermità e per motivi personali?
Risposta
I permessi mensili retribuiti ai sensi della Legge 104/92 sono riproporzionati come segue:
1. per il dipendente con rapporto di lavoro a tempo parziale verticale articolato su tre giorni lavorativi
competono, di norma, 2 giorni al mese o 12 ore mensili,
2. per il dipendente con rapporto di lavoro a tempo parziale orizzontale si mantengono invariati i 3 giorni
mentre per i permessi a ore trova applicazione la regola del riproporzionamento delle assenze ad ore;
pertanto nel caso specifico al dipendente competono, per il periodo di part-time orizzontale svolto, n. 9 ore
mensili di permesso ai sensi L. 104/92 (50% delle 18 ore previste art. 19 CCNL 6/7/1995).
I permessi retribuiti ai sensi dell’art. 19 CCNL 6/7/1995 per motivi personali o familiari documentati,
compresa la nascita di figli sono in numero di 3 giorni all’anno per il part-time orizzontale, mentre vanno
riproporzionati per il part-time verticale rispetto alle giornate di servizio prestato, secondo la regola generale
di cui all’art. 6 comma 8 del CCNL 14.9.2000.
Per quanto riguarda il quesito sottoposto alla nostra attenzione, si ritiene utile richiamare il parere ARAN RAL
907 (sotto riportato) che tratta dei permessi ex art. 19 per un caso assimilabile al vostro.
Secondo la logica seguita dall’ARAN nel parere il calcolo va così impostato:
3 giorni all’anno di permesso corrispondono a 0,25 gg al mese
Il dipendente in p/t verticale che lavora 3 giorni su 5 matura i 3/5 di 0,25 al mese, cioè 0,15 giorni al mese
per 6 mesi, pari a 0,9 giorni, che sempre secondo il parere sono arrotondabili a 1 giorno.
Per il periodo in p/t orizzontale, il dipendente matura 0,25 gg. al mese per 6 mesi, pari a 1,5 giorni.
(arrotondabili aritmeticamente a 2 giorni, in quanto l’ultimo decimale è 5). In totale il dipendente può godere
quindi di tre giorni nell’anno.
“RAL907_Orientamenti Applicativi
In caso di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo parziale verticale a tempo pieno, i permessi ex art.
19 del CCNL del 6.7.1995 maturati nell’ambito del rapporto di lavoro part-time devono essere
riproporzionati ?
Riteniamo utile precisare quanto segue:
a) per ciò che attiene ai permessi ex art.19 del CCNL del 6.7.1995, riteniamo che debba essere rispettato il
principio di proporzionalità per tutto il periodo in cui il dipendente era titolare di un rapporto a tempo
parziale; pertanto, si può ipotizzare quanto segue:
PERMESSI PER ESAMI esempio:
· la disciplina contrattuale riconosce per tale ipotesi 8 giorni all’anno;
· conseguentemente il dipendente a tempo pieno normalmente matura 0,666 giorni al mese (8/12);
· il dipendente a tempo parziale di tipo verticale con articolazione su 4 giorni settimanali maturerà, (art. 6,
comma 8, del CCNL del 14.9.2000) nell’ambito di tale rapporto i 4/5 di 0,666 e cioè 0,533 giorni mensili,
tenendo conto dei 6 mesi di rapporto a tempo parziale, per tale periodo maturerà 3 giorni di permesso
(0,533x6; non si tiene conto del decimale in quanto inferiore a 5); per il restante periodo a tempo pieno
maturerà 4 giorni (pari a 0,666x6), con l’arrotondamento all’unità superiore;
b) tale principio vale anche per alcune delle altre ipotesi di permesso previste (permessi per motivi personali
o familiari) sempre che si tratta di fattispecie riconosciute su base annua;
c) la regola sopracitata non trova applicazione nel caso dei permessi per lutto in quanto è prevista una
misura unica (3 giorni) in relazione a ciascun evento luttuoso e viene, quindi, a mancare una
quantificazione complessiva annua unica, idonea a consentire il riproporzionamento;
d) ugualmente la regola non trova applicazione nel caso di permessi per matrimonio, stante la specifica
disciplina contenuta nell’art. 6, comma 8, sempre del CCNL del 14.9.2000.”
Quesito 50 (n. 206/2013)
Se una dipendente con part-time verticale chiede il congedo parentale a settimane alterne dal lunedì
al venerdì (tenuto conto che il sabato, normalmente lavorativo, in virtù del part-time verticale non
viene lavorato) come si deve considerare ai fini retributivi il sabato? Si considerano giorni di assenza
solo 5 giorni oppure, riprendendo servizio il lunedì, vanno conteggiati anche il sabato e la domenica
come giorni di assenza?
Risposta
L'art. 6, comma 8, CCNL 14/9/2000 stabilisce che, per la particolare fattispecie del rapporto a tempo parziale
di tipo verticale, trovi applicazione il principio generale del riproporzionamento sia per il numero dei giorni di
ferie, sia per tutte le altre tipologie di legittima assenza del lavoratore previste da fonte contrattuale o da
fonte legale tra le quale è espressamente richiamata l'astensione facoltativa per maternità (ora congedo
parentale). Per l'esatta applicazione del suddetto criterio si deve pertanto tener conto delle giornate di lavoro
previste come lavorative nei giorni della settimana (5 gg. su 6).
Alla luce di quanto sopra, nel caso da voi rappresentato i gg. di sabato e domenica non possono
considerarsi rientranti nel periodo di congedo parentale in quanto il sabato per la dipendente non è giorno
lavorativo ed il lunedì la lavoratrice riprende effettivo servizio e pertanto non ricorrono gli estremi per
l'applicabilità dell'art. 17 c. 7 del CCNL 14/9/2000.
Quesito 51 (n. 210/2013)
I permessi previsti dall’articolo 33 della legge 104 del 1992 e s.m.i. devono essere richiesti dal
dipendente con che anticipo? E’ possibile fissare il “congruo anticipo” in termini di giorni e con
riferimento all’intero mese? Ovvero tale possibilità è lasciata solo alla discrezione e correttezza del
dipendente che chiede il permesso?
Risposta
Il preavviso al datore di lavoro per l'utilizzo dei permessi ex L. 104/92 non è formalmente disciplinato da
alcuna normativa specifica.
In base ai principi civilistici, si ritiene comunque che i permessi debbano essere richiesti al datore di lavoro in
tempo utile, allo scopo di contemperare le esigenze del lavoratore con le esigenze di garantire la continuità
di un pubblico servizio, nell’ambito dei principi di correttezza e buona fede.
E' quindi possibile in base a tali principi chiedere al dipendente, per quanto possibile, una programmazione
ragionevolmente anticipata delle assenze per tale motivo .
Rimane comunque fermo che improcrastinabili esigenze di assistenza e quindi di tutela del disabile non
possono che prevalere sulle esigenze dell’ufficio. In questo senso è la posizione del Ministero del Lavoro
esplicitata nell'interpello del 6.7.2010 n. 3.
Quesito 52 (n. 237/2014)
Una dipendente comunale assunta a tempo determinato dal 01/09/2014 al 31/07/2014 ha presentato,
durante il periodo lavorativo, un certificato di gravidanza con data presunta del parto il 07/08/2014 e pertanto
l'Amministrazione deve pagare la dipendente sino alla fine del congedo di maternità e quindi sino al
06/11/2014.
Si chiede:
1) dal 07/08/2014 al 06/11/2014 matura le ferie?
2) dal 07/08/2014 al 06/11/2014 matura la tredicesima mensilità?
3) dal 31/07/2014 data di fine incarico al 06/11/2014 l'Ente deve pagare la dipendente al 100% con il
versamento dei contributi al 100% come se fosse in servizio? E lo stesso periodo è da considerarsi
periodo in servizio a tutti gli effetti?
4) la dipendente, adibita nel frattempo a mansioni diverse in quanto la sua precedente attività è a rischio,
chiede se può rimanere in servizio sino all'ottavo mese di gravidanza e fare quattro mesi di congedo dopo
il parto;
5) sul Portale SINTESI deve essere comunicata la cessazione al 31/07/2014 oppure fino alla data in cui
verrà retribuita?
6) il certificato di servizio sarà dal 01/09/2013 al 31/07/2014 oppure sino alla fine del congedo di maternità?
7) sull'indennità erogata dal 01/08/2014 sino al 07/06/11/2014 per la maternità obbligatoria la dipendente ha
diritto alle detrazioni per lavoro dipendente e per il figlio quando nascerà e di conseguenza anche al
bonus irpef previsto dal mese di maggio ai sensi dell'articolo 1 del decreto 66/2014.
Risposta
In riferimento ai quesiti si comunica quanto segue:
1) Il rapporto di lavoro risulta giuridicamente estinto il 31.7.2014, quindi le ferie maturano solo fino a tale data
(si veda la risposta al punto seguente, in cui si chiarisce che per il periodo successivo non esiste un rapporto
di lavoro ma soltanto un trattamento economico indennitario).
2) Nel caso in esame, sotto il profilo economico, si ritiene di dover procedere applicando congiuntamente la
normativa contenuta nell'art. 24, comma 1, del D.Lgs. n.151/2001 e nell'art. 17, comma 4, del CCNL del
14.9.2000.
In particolare, l’art. 24, comma 1, del D.Lgs. n.151/2001 prescrive la corresponsione alla lavoratrice del
trattamento economico stabilito per l’astensione obbligatoria, anche in seguito alla scadenza del contratto a
tempo determinato, mentre l’art. 17, comma 4, del CCNL del 14.9.2000 stabilisce in dettaglio le voci che
dovranno concorrere alla determinazione del trattamento economico spettante.
In virtù della lettura congiunta delle due norme sopra indicate, si evince pertanto che, per l'intero periodo di
astensione obbligatoria, anche se successivo alla scadenza del contratto a tempo determinato, alla
lavoratrice interessata deve essere riconosciuto il trattamento economico stabilito per l'astensione
obbligatoria di maternità, costituito dall'intera retribuzione fissa mensile, dalle quote di salario economico
fisse e ricorrenti, compresa l'eventuale retribuzione di posizione, nonché dal salario di produttività (per il
servizio effettivamente prestato).
Occorre tuttavia sottolineare che il trattamento economico riconosciuto alla lavoratrice per i periodi di
corresponsione successivi alla scadenza del termine stabilito per la durata del rapporto di lavoro, non ha
natura retributiva, ma puramente indennitaria, anche se corrisposto in misura piena.
Più precisamente, il rapporto di lavoro risulta giuridicamente estinto alla scadenza del termine previsto
(31/7/2014) e, il solo fatto che alla lavoratrice continui ad essere corrisposto il trattamento economico dovuto
per l'astensione obbligatoria anche dopo la scadenza del termine, costituisce un aspetto di natura puramente
economica e quindi non equivale al riconoscimento dell'ulteriore periodo di servizio al di fuori del rapporto di
lavoro sino al termine dell'astensione obbligatoria.
Pertanto, relativamente ai periodi al di fuori della scadenza naturale del contratto di lavoro a termine, non
sono dovuti né la 13^ mensilità né il trattamento di fine rapporto, né il compenso per ferie maturate e non
godute; questi istituti, infatti, possono essere valutati e considerati solo con riferimento all'effettiva durata del
contratto di lavoro. Si allegano 2 pareri dell'ARAN in merito.
3) Sotto il profilo contributivo, l'indennità spettante alla lavoratrice ai sensi dell'art. 17, comma 4, del CCNL
del 14.9.2000, deve essere assoggettata a contributi pensionistici cpdel e fondo credito, mentre non è
dovuta la contribuzione ai fini tfr.
4) E' facoltà della lavoratrice richiedere la flessibilità del periodo di maternità obbligatoria (con le attestazioni
sanitarie previste dalla legge), spostando il godimento del penultimo mese precedente il parto al periodo
successivo al parto stesso, e quindi ricevere l'indennità fino al 7.12.2014.
5) Trattandosi di contratto a tempo determinato la comunicazione al Portale Sintesi dovrebbe già essere
stata inserita in origine la data di cessazione (31 luglio); se comunque ciò non fosse stato fatto, il termine
giuridico del rapporto di servizio resta comunque il 31 luglio, per cui è questa la data da comunicare
6) Il certificato di servizio dovrà attestare il solo periodo di servizio contrattualmente previsto, quindi fino al
31.7.2014, in quanto per il periodo successivo non esiste un rapporto di lavoro, ma soltanto un trattamento
economico indennitario;
7) La dipendente in oggetto, durante il periodo di maternità obbligatoria, anche successivo alla scadenza del
contratto, si ritiene abbia diritto alle detrazioni per lavoro dipendente e alle detrazioni per il figlio a carico dal
momento della nascita. Riguardo al tema del bonus IRPEF di cui all’art. 1 del D.L.66/2014, si ritiene che
questo risulti spettante nel momento in cui siano rispettati i tre presupposti previsti dalla legge e ribaditi dalla
circolare 8/E dell’agenzia delle Entrate:
- erogazione di redditi da lavoro dipendente (art. 49 comma 1 TUIR)
- sussistenza di un’imposta a debito dopo l’applicazione delle detrazioni per lavoro dipendente
- importo del reddito complessivo annuo lodo non superiore a € 26.000,00
RAL884_Orientamenti Applicativi
Qual è l’entità e la natura del trattamento economico da corrispondere alla lavoratrice assunta a
termine ai sensi dell’art. 24, comma 1, D.Lgs.n.151/2001?
Nel merito del quesito formulato, riteniamo utile specificare quanto segue.
L’art. 24, comma 1, del D.Lgs.n.151/2001 prescrive la corresponsione del trattamento economico stabilito
per l’astensione obbligatoria anche dopo la scadenza del termine, nel caso in cui la lavoratrice sia stata
assunta con contratto di lavoro a tempo determinato.
Per definire l’entità di tale trattamento economico, occorre fare riferimento alla disciplina contenuta nell’art.
17, comma 4, del CCNL del 14.9.2000.
In virtù di tale regolamentazione contrattuale, alla lavoratrice, sia a tempo indeterminato che, alla luce di
quanto detto, a tempo determinato, deve essere corrisposto il trattamento economico di miglior favore
rappresentato dalle seguenti voci: intera retribuzione fissa mensile, le quote di salario economico fisse e
ricorrenti, comprese la retribuzione di posizione, nonché il salario di produttività. Tuttavia, pur trattandosi
sostanzialmente della retribuzione percepita dalla lavoratrice al 100%, essa ha comunque natura puramente
indennitaria per i periodi di corresponsione successivi alla scadenza del termine stabilito per la durata del
rapporto di lavoro. Tale precisazione vale ad escludere che detti periodi e i relativi emolumenti possano
essere utilizzati ai fini di altri istituti come maturazione ferie, tredicesima mensilità, etc..
RAL888_Orientamenti Applicativi
La corresponsione della retribuzione per l'intero periodo di astensione obbligatoria per maternità
anche successivo al decorso del termine di un rapporto a tempo determinato, comporta anche il
riconoscimento della relativa anzianità e della tredicesima mensilità?
Nel caso prospettato possiamo affermare che il rapporto di lavoro si è sicuramente estinto alla scadenza del
termine previsto e, pertanto, il solo fatto che alla lavoratrice continui ad essere corrisposto il trattamento
economico dovuto per l'astensione obbligatoria, in base alla legge n. 1204 del 1970, anche dopo la
scadenza del termine, non equivale al riconoscimento dell'ulteriore svolgimento del rapporto stesso per tutta
la durata dell'astensione obbligatoria.
Il trattamento economico riconosciuto alla lavoratrice non può che avere carattere puramente indennitario,
anche se corrisposto in misura piena, in base all'art. 17, comma 4, del CCNL del 14.9.2000.
Pertanto, relativamente al periodo suddetto, non sono dovuti né la 13^ mensilità né il trattamento di fine
rapporto, né il compenso per ferie maturate e non godute; questi istituti, infatti, possono essere valutati e
considerati solo con riferimento ad una effettiva durata del contratto a termine.
Quesito 53 (n. 241/2014)
Una dipendente assunta a tempo indeterminato è stata collocata in aspettativa non retribuita per
motivi famigliari per il periodo di un anno a decorrere dal giorno 15 del mese di aprile. Si chiede:
1) Quanti giorni di ferie matura la dipendente prima del periodo di aspettativa?
2) La dipendente durante tale periodo non deve più percepire lo stipendio o qualche voce è
comunque dovuta?e l'Amministrazione è comunque tenuta, durante tale periodo di assenza, a
pagare i contributi?
Risposta
1) La maturazione delle ferie alla dipendente deve esse calcolata per 3 mesi, in quanto l’ultimo giorno di
lavoro è il 14 di aprile; la frazione di mese si considera utile per la maturazione delle ferie qualora sia
superiore a 15 giorni (art. 18 comma 7 CCNL 6.7.1995).;
2) La dipendente non deve percepire nulla in caso di aspettativa non retribuita; neppure i contributi devono
essere versati, in quanto l’aspettativa è interruttiva dal punto di vista contributivo, assistenziale, previdenziale
e assicurativo. Allo stesso modo, non essendoci retribuzione, neppure l’IRAP è dovuta.
Si fa presente infine che la concessione dell’aspettativa, essendo atto di gestione del rapporto di lavoro,
deve essere disposta con atto gestionale del dirigente o responsabile del servizio preposti alla gestione del
personale
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