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MERIGGIARE PALLIDO E ASSORTO

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MERIGGIARE PALLIDO E ASSORTO
1
Il testo come musica: l’aspetto fonico
Eugenio
Montale
Meriggiare pallido e assorto
Opera: Ossi di seppia
(1925)
Metro: versi liberi
Eugenio Montale (1896-1981), poeta, giornalista, critico musicale e letterario, premio Nobel per la letteratura
nel 1975, è stato uno degli interpreti più rappresentativi della poesia italiana del Novecento. Nei suoi versi è
espressa la difficoltà di trovare un senso alla vita e alle sofferenze dell’uomo e l’impossibilità di pervenire a
una verità.
Meriggiare pallido e assorto è la poesia più antica della prima raccolta di Montale, Ossi di seppia (1925).
Scritta nel 1916, quando il poeta aveva solo vent’anni, descrive il paesaggio ligure nella calura meridiana e ne
fa oggetto di meditazione sul destino dell’uomo.
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
5
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.
10
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
15
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
(E. Montale, Tutte le poesie, Mondadori,
Milano 1984)
1. Meriggiare: trascorrere il primo pomeriggio. Il verbo designa
in genere il riposo meridiano all’ombra e al fresco; qui Montale
lo svuota di ogni connotazione rasserenante accostandolo al
rovente muro d’orto. • pallido e assorto: i due aggettivi si riferiscono a un soggetto sofferente e immerso nei propri pensieri.
3. tra i pruni e gli sterpi: tra rovi spinosi e ramaglie secche.
4. schiocchi: i brevi versi metallici emessi dal merlo.
5. veccia: erba comune, usata per l’alimentazione degli animali.
8. a sommo di minuscole biche: sulla sommità dei piccoli mucchi di terra accumulati dalle formiche. Le biche sono propriamente mucchi di cereali mietuti.
9. tra frondi: tra le fronde degli alberi.
P. Biglia, A. Terrile © Pearson Italia S.p.A.
10. scaglie di mare: il riflettersi luccicante del sole sulle onde
del mare ne frammenta la superficie e la rende simile alle scaglie dei pesci.
11. tremuli scricchi: si riproduce qui il frinire aspro e disarmonico delle cicale.
12. calvi picchi: alture brulle, prive di vegetazione, a strapiombo sul mare.
14. sentire con triste meraviglia: percepire con dolorosa sorpresa.
15. travaglio: sofferenza, fatica.
16. seguitare: seguire, compiere un percorso accanto.
17. cocci aguzzi di bottiglia: pezzi di vetro conficcati sugli antichi muri per renderli inaccessibili.
2
il linguaggio
della poesia
ANALISI DEL TESTO
Il paesaggio riarso del meriggio estivo
La poesia si apre con un verbo singolare e raro:
meriggiare, ovvero “trascorrere il meriggio”, cioè
quell’ora immediatamente successiva al mezzogiorno in cui, d’estate, tutto sembra sospeso e immobile nella calura. È questa un’ora prediletta da
Montale negli Ossi di seppia, poiché la sospensione
delle attività quando il sole è più impietoso la rende propizia alla riflessione. In verità non sfugge a
chi sa osservare, e soprattutto ascoltare, una vita
minore, di piccole creature dell’aria e della terra.
In un paesaggio umile, sparso di erbacce e spine,
dominato da un muro rovente per il sole che delimita un orto, avvengono impercettibili movimenti, si
distinguono alcuni suoni: merli che lanciano il loro
verso secco e breve, serpenti che fanno frusciare la
vegetazione, formiche che procedono in fila senza
una comprensibile direzione. Sul terreno è possibile
vedere, come attraverso una lente, le crepe della
siccità, l’erba selvatica, i piccoli mucchi di terra, accumulati forse dalle formiche stesse. Poi lo sguardo
si estende dal basso verso l’alto, dal vicino al lontano, e spazia fino al mare, intravisto tra le vicine
fronde degli alberi: luminoso e mobile, palpitante,
quasi vivo. Intorno, alture brulle e pelate e, dominante su tutto, il verso stridente delle cicale.
Il disagio esistenziale
La vita ordinaria e indifferente dei piccoli animali
comuni, la vegetazione stentata, l’atmosfera afosa,
la luce eccessiva concorrono nell’insieme a rappresentare una situazione di disagio esistenziale. La
minuziosa descrizione dei particolari sembra inoltre preparare una rivelazione, come nelle sequenze
cinematografiche in cui l’insistenza sui dettagli di
una scena quotidiana anticipa l’avvento di qualcosa di straordinario. In un’atmosfera di malinconico
stupore, il poeta intuisce infatti il significato dell’esistenza, più attraverso i sensi che con la ragione
(sentire, v. 14). Sotto il sole accecante il muro non
è soltanto inospitale perché rovente, ma ha in cima
cocci aguzzi di bottiglia, è un limite invalicabile che
minaccia e respinge. Camminare lungo questa difesa muraglia diventa emblema della sofferenza esi-
P. Biglia, A. Terrile © Pearson Italia S.p.A.
stenziale, dell’esclusione da una vita cui il poeta sa
di non poter appartenere. Egli deve limitarsi a osservare la vita vegetale e animale, conscio del proprio isolamento rispetto a un’umanità della quale
non è possibile scorgere nel paesaggio alcun segno
visibile, se non quella precauzione sospettosa dei
frammenti di vetro.
L’impersonalità verbale e le asprezze foniche
Nel componimento la presenza del soggetto lirico è
confinata a una coppia di aggettivi (pallido e assorto, v. 1) che ne suggerisce un’immagine sofferente
e contemplativa. È il paesaggio a prendere presto il
sopravvento e l’io lirico si dissolve. In scena non c’è
un soggetto nella sua individualità, nella sua sofferenza particolare, ma un uomo che più in generale
riconosce il male universale della vita. Lo suggerisce
l’insistita successione di verbi all’infinito (meriggiare;
ascoltare; spiar; osservare; sentire; seguitare) che con
l’assenza di coniugazione personale generalizzano le
percezioni e ne rafforzano l’universalità.
Molto scoperta è inoltre nel testo la ricerca di effetti
fonici, con la predilezione per suoni aspri e per rime
non comuni e con la diffusione nell’intero testo dell’allitterazione in “r”, fino al singolare gioco di risonanze dell’ultima strofa: cinque parole a fine verso
con terminazioni quasi identiche e suoni “difficili”
(-aglia, -iglia, -aglio, anticipati da scaglie al verso 10)
che evidenziano, attraverso i suoni, l’importanza dell’ultima strofa sul piano del significato.
Il testo come musica: l’aspetto fonico
ESERCIZI
COMPRENSIONE E ANALISI
1. La metrica Completa la nota metrica della poesia inserendo negli spazi bianchi le parole mancanti.
La poesia è composta da tre
.................................
più una
strofa conclusiva di cinque versi. Sono presenti versi
..............................,
decasillabi e ........................... Nella prima
e nella terza strofa le rime sono
......................................,
nella seconda .................................. ; nell’ultima, l’alternanza delle rime è interrotta da un verso centrale, unito
fonicamente agli altri da una
schema rimico è: aabb
.......................................
...........................................
Lo
ghIGH.
La rima veccia : intrecciano, ai versi 5 e 7, si chiama
rima .......................................
2. La divisione in sillabe Conta il numero di sillabe
dei versi 7, 10, 12, 17 e scrivi a fianco il loro nome.
Quali regole hai applicato nel conteggio delle sillabe
dei versi 7 e 17?
3. Le rime Come hai potuto osservare eseguendo l’esercizio 1, la poesia ha una struttura piuttosto
regolare delle rime. Tuttavia la quarta strofa è diversa: ha un verso in più, che è legato agli altri dal
suono ma non è in rima. Ciò mette in evidenza la
parola conclusiva di questo verso. Quale? Ti pare
che essa abbia un particolare valore semantico, sia
cioè collegata al significato complessivo del testo?
Perché?
4. L’onomatopea Individua nel testo le parole che
hanno valore onomatopeico. Quale sensazione trasmettono?
P. Biglia, A. Terrile © Pearson Italia S.p.A.
5. Le allitterazioni Sottolinea nel testo con colori
diversi tutte le allitterazioni di suoni simili e verifica se
suggeriscono sensazioni analoghe a quelle evidenziate dalle altre figure di suono.
6. La paronomasia Trova nel testo esempi di paronomasia e spiega quale effetto produce la vistosa
insistenza sugli stessi suoni.
7. L’enjambement Nel testo è presente un forte
enjambement: dove? Quale effetto produce sul significato? Quale valore assume all’interno della poesia?
8. Le sensazioni uditive Individua e sottolinea nel testo tutte le parole che si riferiscono a sensazioni uditive.
SCRITTURA
9. Scrivi figure di suono e versi poetici: suoni che
trasmettono sensazioni Quali suoni ti sembra possano collegarsi all’idea di “freddo”?
– Elenca alcune parole che contengano quei suoni e
che abbiano inoltre tra loro legami fonici (puoi scegliere tra onomatopea, allitterazione, rima, consonanza, assonanza, paronomasia).
– Scrivi con alcune delle parole selezionate una breve
sequenza di versi.
Esempio: all’idea di “molle” potrebbero essere associati i suoni m e l.
Elenco di parole: mollica • mammella • morbido • ammorbidire • ammansire • flemma • mammola • ammollo •
malumore • molla • floscio • elastico • languido • lambire
• dolce • lenire • allentare • monello
Testo (versi decasillabi):
Monello
Ora ammansito come una mammola,
cammini con flemma e ti abbandoni
molle tra le braccia della mamma.
3
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