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LAICI CARISMA SPIRITUALITÀ “LA PREGHIERA DI SANT`ANGELA

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LAICI CARISMA SPIRITUALITÀ “LA PREGHIERA DI SANT`ANGELA
LAICI CARISMA SPIRITUALITÀ
“LA PREGHIERA DI SANT'ANGELA” Cap. V
Suor Paola Paganoni
La preghiera in Angela Merici,
come ogni preghiera cristiana, è espressione di amore, di lode e di
ringraziamento alla fedeltà di Dio:
perché Egli ci ama per primo, perché si è fatto a noi vicino in Gesù
Cristo. L’epifania di Dio in Gesù
Cristo non può che rendere gioiosa
la preghiera. Tuttavia, nello stesso
tempo, essa è la preghiera dei peccatori, mendicanti della misericordia di Dio, direbbe sant’Agostino.
É una preghiera che scaturisce
dall'identità di sant'Angela: vera
donna di Dio e sposa di Cristo; essa
è impregnata della sua spiritualità.
Angela non vuole insegnare il
meccanismo della preghiera, ma
l’esperienza della continuità della
preghiera nella vita che non è legata alle formule. Quello che conta
è che ognuno faccia “scendere la
preghiera dalla mente al cuore” davanti a Dio e lì vi si eserciti ogni
giorno; impari “a dire a Lui” nel
segreto del suo cuore…: la preghiera è sempre “rapporto” d’amore.
Posso utilizzare mezzi ricchi o
poveri di parole e di immagini; ciò
che importa è che mi metta davanti al Signore con semplicità.
Per cercar di entrare nella preghiera di sant' Angela, allora ci “mettiamo” davanti a Dio per
incontrarlo, invocando con forza lo Spirito Santo. Sarà un dialogo personalizzato se ci saremo
abituate a chiamare Dio lungo il giorno, magari solo per invocarlo, o per raccomandargli
qualche cosa, o per farci aiutare.
Parlargli lungo il giorno vuoi dire, a poco a poco, dapprima cercarlo, poi chiamarlo sempre
più frequentemente, poi rivolgerci a lui sempre più consapevolmente. È importante. Se non
lo chiamiamo per nome lungo il giorno, allora faremo fatica a incontrarlo a tu per tu nella
preghiera ufficiale.
Dunque: prima di tutto, lo sguardo ammirato (e se fosse il caso, lo sguardo deluso, o angosciato, o
addirittura disperato) che ricerca quella luce che illumina il nostro giorno o la nostra notte.
La preghiera non si insegna, la preghiera si prega. Maestro della preghiera è lo Spirito
Santo.
Ci mettiamo davanti alla Trinità con la quale da un certo numero di anni noi siamo in una
relazione particolarmente intima. Ci mettiamo davanti alla Trinità di cui siamo diventate dimora al
momento del nostro battesimo. Adorando il Padre che in un eterno presente genera il Figlio. E
questo mistero si compie dentro di noi, adorando il Figlio, Parola eterna del Padre, pronunciato
dal Padre da tutta l'eternità e per tutta l'eternità. E questo mistero si compie dentro di noi.
Adorando lo Spirito Santo, amore reciproco del Padre e del Figlio, da tutta l'eternità e per tutta
l'eternità e questo mistero si compie dentro di noi.
Questa verità dovrebbe introdurci in un profondo silenzio e prostrarci in profonda preghiera.
Ora preghiamo lentamente la sua preghiera, leggendola.
Come cerchi concentrici sempre più larghi, la sua richiesta iniziale di perdono è per sè (vv. 16-23)
poi dilaga in intercessione per la sua famiglia e i suoi amici (v. 24), quindi si fa supplica
apostolica per il mondo intero (vv. 25-34). Angela conclude la sua preghiera con l'offerta totale di
se stessa (vv. 35-44). Angela entra in preghiera con un atteggiamento umanissimo che la fede
trasfigura:
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“Signor mio, illumina le tenebre del mio cuore,
E dammi la grazia di morire piuttosto che offendere oggi stesso la tua divina Maestà.
e rendi sicuri i miei affetti e i miei sensi, così che non deviino né a destra né a sinistra,
né mi distolgano dal luminosissimo tuo volto, che fa contento ogni cuore afflitto”.
“Signor mio..... Abbiamo qui la stessa trasposizione del nome e dell'aggettivo che abbiamo
incontrato nell'espressione sorelle mie” del Prologo (vv. 7 e 15), sfumatura suggerita dall'amore;
parole di tenerezza rivolte alla persona amata, saluto spontaneo della contemplativa a Colui che è
sua “unica vita e speranza” (v. 35).
Pregare è guardare la bellezza di Dio, ripassare nella memoria i suoi attributi, inventarne di nuovi.
É l'incantamento dell'anima affascinata dalla grandezza e dallo splendore dell'amato. Angela si è
fatta un'abitudine di pensarlo bello e splendente.
Entrare in preghiera alla Sua Presenza: .... Ed è subito luce, splendore, calore che emanano dal
Suo luminosissimo Volto!
Angela si mette umilmente alla presenza di Dio; chiede anzitutto la coscienza della propria
colpevolezza: “illumina le tenebre del cuor mio...”. Angela sperimenta queste due pene opposte,
mentre passa in rassegna i suoi peccati: la vergogna di sé e il desiderio ardente di vedere la
bellezza del “luminosissimo volto” di Dio. Non può sfuggire né all'una né all'altro: più intenso è il
suo desiderio di contemplare la luce divina, tanto più grande è anche la coscienza delle proprie
“tenebre”.
Angela, anche al momento di entrare in contemplazione, manifesta il lato pratico della sua natura.
Chiede la grazia di non commettere nessuna offesa “oggi”. Questa parolina, omessa dal Turlino,
doveva essere piena di senso per Angela; sapeva bene, infatti, che la lotta spirituale contro il
peccato dev'essere combattuta sul campo di battaglia del quotidiano.
Il segno che la luce di Dio ha fatto luce nelle tenebre dell'uomo è questa umile cognizione della
propria miseria: questa verità sulla propria situazione, la consapevolezza che per natura noi siamo
peccato, ma anche la certezza che per grazia noi possiamo fissarci in Dio. Sono consapevolezze e
certezze che Angela non esplicita, eppure sono il tessuto della sua preghiera. Che nulla mi
distragga dalla contemplazione del tuo volto splendente, nel quale solo si placa qualsiasi
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afflizione.
É l'umile richiesta di protezione contro il fascino dei falsi desideri che si possono incontrare lungo
il cammino quotidiano. É l'umile confessione della sensibilità sempre viva… non si può rischiare
un “dirottamento interiore” lontano da quella “lucidissima faccia” che sola può fare la nostra
beatitudine.
Angela sa che anche le buone intenzioni e risoluzioni possono essere rapidamente minacciate da
una tentazione improvvisa, una debolezza fisica o mentale. Domanda, perciò, forza e dominio di
sé per i tempi di prova, per non deviare “né a destra né a sinistra”. Il cuore deve essere sempre
vigilante.
Anche qui il Turlino ha omesso le parole “né a destra né a sinistra”; ma esse devono essere pregne
di significato per Angela; fanno seguito all' avvertimento dato alle sue figlie nel Prologo:
“... bisogna essere accorte e prudenti ... poiché il diavolo ... come leone che rugge, guata e cerca in
qual modo possa divorare qualcuna di noi ... ” (vv. 18 e 21). L'attacco diabolico potrebbe venire
tanto da destra che da sinistra.
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Ahi! misera me che, entrando nel segreto del mio cuore, dalla vergogna non oso alzare gli
occhi al cielo;
merito, infatti, di essere divorata da viva nell'inferno, poiché vedo in me tanti errori, tante
bruttezze e tendenze riprovevoli, come spaventose fiere e figure mostruose.
Sono, dunque, costretta, giorno e notte, andando, stando, operando, pensando, a confessarmene ad alta voce e a gridare verso il cielo, chiedendo misericordia e il tempo per
fare penitenza.
Degnati, o benignissimo Signore, di perdonarmi tante offese, e ogni mio fallo che mai abbia commesso fino ad ora dal giorno del santo battesimo.
Le parole seguenti sono simili a quelle del pubblicano che, salito al Tempio per pregare, "non
osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me
peccatore” (Lc 18,13).
La consapevolezza della nostra fragilità comporta una confessione positiva, aperta, e soprattutto
onesta. La Madre ne dà l'esempio. Impietosa verso se stessa, non esita a denunciare le cattive
tendenze che avverte nel profondo del suo essere. E questa autoaccusa è di conforto: Angela è
pienamente umanissima anche in questo. Ascesi e preghiera, e persino l'intimità con Dio, non
avevano annientato in lei la natura con le sue tendenze, le sue passioni, le sue tentazioni.
Però di tutto questo lei aveva fatto un motivo per quel suo ininterrotto rivolgersi al cielo “giorno e
notte, andando, stando, operando, pensando” grido dell'anima fragile che si trasforma in un
incessante sospiro verso il Signore della grazia e della misericordia.
Il suo desiderio di purezza interiore non la lascia mai, né di giorno né di notte. “Purificami con
issopo e sarò puro, lavami e sarò più bianco della neve”. Queste parole del salmo 50, uno dei
salmi penitenziali che Angela recitava ogni giorno, mettono in evidenza l'ideale che aveva sempre
davanti agli occhi.
Ecco perché sant'Angela sente il bisogno di questa sorta di confessione generale: offese e colpe
dal giorno del battesimo in poi, lentezze ed esitazioni.... indugi... chissà.... forse timore di non aver
ben capito quel messaggio ricevuto in gioventù e di cui lei si sentiva indegna.
Confessione d'aver mancato di generosità….
24.
Degnati di perdonare i peccati, ahimè, anche di mio padre e di mia madre, e dei miei
parenti ed amici, e del mondo intero.
L'orizzonte della preghiera di Angela per ottenere il perdono si allarga ora per comprendere la sua
famiglia, i parenti e gli amici. Sicura che i suoi peccati, di cui si è debitamente pentita, saranno
perdonati, si rivolge al suo “benignissimo Signore” in favore di coloro che ama.
25.
Te ne prego per la tua sacratissima passione e per il tuo sangue prezioso sparso per amor
nostro;
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per il tuo santo nome: sia esso benedetto sopra la rena del mare, sopra le gocce delle
acque, sopra la moltitudine delle stelle.
Questa preghiera si estende ora al “mondo intero”, sviluppo di cui Angela forse non è del tutto
cosciente. Istintivamente si affida a Cristo, Salvatore universale, alla sua Passione, al suo Sangue
sparso per amore di tutti gli uomini, al suo Nome - che dovrebbe essere conosciuto da tutti ... Per
tutti gli uomini Cristo ha dato la vita. Per tutti loro Angela è pronta a dare la vita....
E implora pietà in nome di quella passione che Cristo ha sofferto per amore di tutti, lei compresa.
Per quel sangue che è prezzo del riscatto di tutti, lei compresa. Per quell'amore che ha reso
proprietà di Gesù tutti, lei compresa.
Avendo posto al centro di tutti i suoi pensieri il suo “benignissimo Signore”, Angela non può non
ricordare che il Suo amore s'è manifestato attraverso la sua “sacratissima Passione” ed il suo
“Sangue prezioso” sparso per la salvezza di tutti. Non c'è dubbio: Angela aveva una devozione
particolarissima alla Passione di Cristo dalla quale fu spinta ad intraprendere il rischioso
pellegrinaggio in Terra Santa nel 1524.
Nella Vita di Angela composta nel 1568 in seguito alle deposizioni di quattro testimoni giurati, il
Nazari scriveva:
“Ma quando giunse al luogo nel quale fu crocifisso il Redentore del mondo, allora ella pianse
lungamente prostrata in ginocchio, baciando più e più volte quella beatissima terra che fu fatta
degna di ricevere il preziosissimo sangue di Gesù, sparso per i miseri peccatori....”.
Angela può incantarsi in questa considerazione dell'amore di Cristo e dei frutti di redenzione
che ne sono derivati. Può perdersi per un momento nella dolcezza e nella grandezza del Nome
di lui, scritto nell'universo intero.
Angela si affida al Nome di Gesù, vede il Nome di Gesù benedetto dal mondo “sopra la rena del
mare, sopra le gocce delle acque, sopra la moltitudine delle stelle”. Per noi queste parole sono
preziose; ci danno un'idea degli spazi sconfinati in cui Angela poteva muoversi, perduta nella sua
preghiera. (Il Turlino ha dovuto sentirsi un po' imbarazzato da questa esplosione poetica, dato che
la sua versione è molto più prosaica).
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30.
Mi dolgo d'essere stata tanto lenta a incominciare a servire la tua divina Maestà
Ahimé! Finora non ho mai sparso neppure una piccola goccia di sangue per amor tuo,
e nemmeno sono stata obbediente ai tuoi divini precetti,
e ogni avversità mi è stata aspra per il mio poco amore per te.
In quell'attimo di contemplazione Angela valuta la distanza fra la prodigalità di Dio che si è dato
anche per lei e la sua risposta di creatura, la distanza fra le richieste della divina Maestà e la
pochezza del servizio reso dalla creatura: mi dolgo di aver aspettato tanto a mettermi all'opera.... e
quando poi l'ho fatto, non sono arrivata fino al sangue perché non ti ho amato abbastanza.... e
quando ho proprio dovuto affrontare le difficoltà, ne ho sentito tutto il peso, perché non ti ho
amato abbastanza....
Far nostre queste parole non vuol dire necessariamente che noi abbiamo commesso chissà quali
peccati, e nemmeno che abbiamo respinto chissà quale martirio o quale patire.
Quante situazioni dovremmo accettare silenziosamente come strumenti di purificazione,
situazioni da trasformare in attimi di preghiera e d'amore, mentre invece ce ne lamentiamo.
Di fronte al sacrificio di Cristo, oblazione che tutto abbraccia e tutto salva, Angela si chiede: “Che
cosa ho fatto? ” - Giunta alla fine della sua vita, ha l'onestà di comprendere che è solo all'inizio
per quanto riguarda l'attuazione della missione indicatale nella visione avuta circa cinquant'anni
prima. “Mi dolgo d'essere stata tanto lenta a incominciare a servire la tua divina Maestà”.
Ricordando forse anche lo spirito e gli sforzi missionari dei suoi fratelli francescani, è dolorosamente cosciente di non aver ancora “sparso neppure una piccola goccia di sangue” per amor
suo. È un po' come se rivolgesse a se stessa gli interrogativi d'un colloquio di S. Ignazio: “Che
cosa ho fatto per Cristo? Che cosa faccio per Cristo? Che cosa debbo fare per Cristo? ”.
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Angela ammette le sue esitazioni nel rispondere; riconosce di essere stata lenta nel compiere la
volontà di Dio.
In verità, le parole di Angela, dal versetto 27 al 30, sono forse tra le più umane che abbia
pronunciato. La sua stessa debolezza e la sua vergogna fanno sgorgare in noi un invito a fare
altrettanto; quando mettiamo a nudo la nostra anima davanti a Dio nella preghiera, e
riconosciamo le nostre debolezze quotidiane, i nostri continui insuccessi, facciamo eco al suo
pentimento.
Ed ecco accendersi nel cuore di Angela la fiamma missionaria:
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menti.
Signore, in luogo di quelle misere creature che non ti conoscono,
né si curano di essere partecipi ai meriti della tua sacratissima passione,
mi si spezza il cuore,
e volentieri (se lo potessi) darei io stessa il mio sangue per aprire la cecità delle loro
C'è una somiglianza fra lo zelo e lo spirito missionario di Angela, come sono espressi nella sua
preghiera, e quelli di Santa Maria dell' Incarnazione (Prima donna missionaria europea nel Nuovo
Mondo, anche lei Orsolina): “Per mezzo di questo Cuore divino, ti adoro per tutti quelli che non ti
adorano; .... Ti riconosco per tutti i ciechi volontari che, per disprezzo, non ti riconoscono ...
Facendo in spirito il giro del mondo, cerco tutte le anime riscattate dal preziosissimo Sangue del
mio Sposo divino. Le abbraccio per presentarle a te per mezzo di Lui e per Lui ti chiedo la loro
conversione..... ”.
Al versetto 33: “mi si spezza il cuore”, la Trivulziana usa il termine arcaico “crappare”, che
significa “spezzare in due”. Parallelamente, il Nuovo Testamento usa un verbo greco particolare
“splanchnizein”, per esprimere l'emozione viscerale che Cristo provava nei momenti di grande
compassione, per esempio, in Matteo 9,36: “Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano
stanche e sfinite, come pecore senza pastore”. É una compassione che spezza il cuore in due.
La dimensione apostolica della preghiera mericiana si dilata a dimensione missionaria;
abbraccia gli inconsapevoli, i lontani nello spazio e nel tempo…. Coinvolge la Madre
totalmente e definitivamente: ella vede con chiarezza che Cristo ha messo nell'affare della
redenzione del mondo un capitale immenso, e per questo soffre di vederlo sperperato inutilmente:
“me ne crepa il cuore ... darei la vita ... vorrei dare il mio sangue....”.
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perciò Signore mio, unica vita e speranza mia,
ti prego: degnati di ricevere questo mio cuore vilissimo ed impuro,
e di bruciare ogni suo affetto e ogni sua passione nell'ardente fornace del tuo divino
amore.
Ci avviciniamo alla vetta, tanto rivelatrice, della preghiera di Angela. Assistiamo, quasi
indiscretamente, alle parole d'intimità che rivolge al suo Diletto, sua “unica vita e speranza”,
riprendendo l'espressione piena di tenerezza con cui aveva iniziato: “Signor mio.....” É un
colloquio mistico da Sposa del Cantico dei Cantici.
Con questa nota di compassione, di desiderio bruciante, Angela termina raccogliendo insieme
tutti gli elementi: una pura contrizione, la certezza dell'amore infinitamente misericordioso del
Signore unico fondamento della sua preghiera e, infine, l’offerta a questo amore in un' oblazione
senza riserve.
“Signor mio, unica vita e speranza mia ...” prima di tutto consuma in me tutto ciò che non è
ancora te. Sradica ormai anche le buone erbe, se sono soltanto mie; prenditi anche le mie legittime
aspirazioni, i miei sentimenti casti, le mie buone attrattive; purifica e santifica tutto “nell'ardente
fornace del tuo divino amore”, fino a che io non mi sia rivestita di te ... Fino a che io non mi sia
lasciata trasformare in te ...
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Angela è pronta per essere “afferrata”, per essere totalmente immolata “nell' ardente fornace” del
divino amore. Ma il fuoco non può non propagarsi ed il Cozzano, nella Dichiarazione della Bolla,
ricorda in modo particolare; ... “ella era fra loro tutte come un sole che tutte le altre illuminava”.
Era come un luogo d'incendio d'amore che le infiammava.
E conclude, nell' offerta totale di se stessa:
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Ti prego, ricevi il mio libero arbitrio,
ogni atto della mia volontà, la quale da sé, infetto com'è dal peccato, non sa discernere il
bene dal male:
Ricevi ogni mio pensare, parlare ed operare,
insomma ogni cosa mia, tanto interiore quanto esteriore.
Tutto questo io offro ai piedi della tua divina Maestà.
E ti prego, degnati di riceverlo, benché io ne sia indegna.
Amen.
Ed ecco il “Suscipe” finale di Angela, il suo abbandono totale, tanto spesso paragonato all'ultima
preghiera di S. Ignazio negli Esercizi: “Prendi nelle tue mani, Signore, tutta la mia libertà; ricevi
la mia memoria, la mia intelligenza e tutta la mia volontà: Tutto ciò che ho, tutto ciò che possiedo,
tu me l'hai dato; io te lo rendo.....”.
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É un'offerta radicale dell'essere, dell'agire e dell'avere. (Verginità, Obbedienza, Povertà)
É il “Suscipe” mericiano, di una donna che aveva il massimo rispetto per la libertà della
persona umana, il massimo riconoscimento del libero arbitrio che fa la dignità dell'uomo. E
proprio perché sa che il libero arbitrio è ciò che l'uomo ha di più grande, ne fa un dono
d'amore, la materia di un sacrificio di lode offerto ai piedi dell'infinita maestà di Dio.
Offerto a Dio il proprio essere con tutte le sue facoltà, la creatura non ha più che le mani
vuote da tendere a Dio come sacrificio all'ora del tramonto.
É l'incenso che sale dal suo essersi fatta preghiera (cfr. S 140,2). Disposta ad annientarsi
come si è annientato lo Sposo, per arrivare finalmente a dire “non son più io che vivo, è lui
che vive in me” (Gal 2,20).
É solamente allora che la creatura ritrova se stessa, in quella realtà di grazia che, dopo averla
fatta sposa, ora la fa madre nello Spirito e per lo Spirito.
E così sia AMEN fino alla fine dei nostri giorni
Con questa sola parola, “Amen”, ci affidiamo totalmente a Colui che è l'“Amen” di amore infinito
e di perfetta fedeltà.
Nei secoli futuri le figlie di Angela cercheranno di seguirla su questa strada di dono totale, di
amore divorante. E come Angela, alla fine della loro vita, avranno certamente trovato consolazione nell'ultima parola: “Amen”. Gesù Cristo è l'“Amen” definitivo all'amore del Padre per
noi. (Cf. Ap 3,14 )
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Per la riflessione:
Questa preghiera di Angela come mi aiuta nella mia preghiera ?
Che cosa ho scoperto di importante per la mia vita?
BIBLIOGRAFIA
Mariani Luciana, Icona di un mistero, O.U.R.
Stone M. Ignatius, Commento agli scritti di Sant’Angela, O.U.R.
Barsotti Divo, La spiritualità di Sant’Angela Merici, Morcellliana
Castenetto Dora, Lettura teologico-spirituale degli scritti di Sant’Angela, O.S.C.
Paola Angeli, Las profezia di Angela Merici, Paoline,2005
Prodi, Zarri,Mezzadri, Castenetto, Angela Merici, Sciascia, 1998
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