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Articolo pubblicato su Rivista di informazione sulle novità in materia

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Articolo pubblicato su Rivista di informazione sulle novità in materia
Articolo pubblicato su
Rivista di informazione sulle novità in materia di Servizi Demografici a cura di
A.N.U.S.C.A.
Capo redattore: Sauro Dal Fiume - Redazione: Cecilia Bortolotti, Primo Mingozzi, Catia
Cecchini, Silvia Zini.
Il dilemma costante: applicare o non applicare l’imposta di bollo?
Pervengono spesso all’Ufficiale d’anagrafe, da parte di studi professionali, richieste di certificati
anagrafici in esenzione dall’imposta di bollo per uso legale e, specialmente, per l’esercizio del
gratuito patrocinio o della difesa d’ufficio.
Premesso che l’indicazione “uso legale” è talmente generica da non giustificare l’esenzione
dall’imposta di bollo, occorre evidenziare il ruolo che il professionista assume quando svolge le
suddette funzioni, che sono assolte per garantire, in ogni processo, il diritto di difesa all’imputato,
quale diritto inviolabile dell'uomo sancito dall’art. 24 della Costituzione.
Il gratuito patrocinio, disciplinato dall’art. 80 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e dall’art. 98 c.p.p.,
consiste nell’assistenza legale, a carico dello Stato, in favore del soggetto che non è nelle
condizioni di sostenere le relative spese legali nell'ambito dei giudizi civili, amministrativi, contabili
o tributari.
Il soggetto interessato, per poter accedere a tale beneficio, deve disporre di un reddito annuo non
superiore all’importo di € 10.766,13 ed affidarsi ad uno dei legali, scelto dall'elenco degli Avvocati
abilitati alle difese per il patrocinio a spese dello Stato, predisposto a tal fine dai Consigli degli
Ordini del distretto della Corte d’appello competente.
L’ammissione al beneficio può essere richiesta dall’interessato in ogni stato e grado del processo
ed è valida per tutti i successivi gradi del giudizio. L’impugnativa, con spese a carico dello Stato,
non è consentita se l’interessato sia risultato già soccombente.
Invece, la difesa d’ufficio, prevista dall’art. 97 c.p.p. e dalla legge 6 marzo 2001, n. 60, è garantita a
ciascun imputato che non abbia provveduto a nominare un proprio difensore di fiducia o ne sia
rimasto privo, nei procedimenti penali e nei procedimenti civili davanti al Tribunale dei minorenni.
I Consigli dell'Ordine forense di ciascun distretto di Corte d'appello stabiliscono i criteri per
l’individuazione dei difensori “sulla base delle competenze specifiche, della prossimità alla sede del
procedimento e della reperibilità".
Il difensore d'ufficio, nominato dal giudice o dal pubblico ministero, ha l'obbligo di prestare il suo
patrocinio e può essere sostituito solo per giustificato motivo ovvero per la susseguente nomina di
un avvocato di fiducia.
Le spese della difesa d’ufficio sono a carico dell'imputato ma, se questi ha diritto al gratuito
patrocinio, competono allo Stato. Inoltre, a norma dell’art. 17 c.p.p. disp. att., al difensore d’ufficio è
corrisposto il compenso “nella misura e secondo le modalità previste dalla legge 30 luglio 1990, n.
217 quando dimostri di aver esperito inutilmente le procedure per il recupero dei crediti
professionali”.
Ne consegue che il difensore d’ufficio assolve la funzione di garantire il diritto tecnico di difesa
all’imputato che non ha ancora nominato un difensore di fiducia, mentre il gratuito patrocinatore è il
difensore, d’ufficio o anche di fiducia, di un soggetto che ha richiesto ed ottenuto il gratuito
patrocinio.
Per quanto attiene allo specifico rilascio di certificati, si rileva che l’art. 32 disp. att. c.p.p.,
modificato dall’art.17 della legge 6 marzo 2001, n. 60, ha disposto che “le procedure intraprese per
il recupero dei crediti professionali vantati da difensori d’ufficio nei confronti degli indagati, degli
imputati e dei condannati inadempienti sono esenti da bolli, imposte e spese”.
Inoltre, l'articolo unico della legge 2 aprile 1958, n 319, come sostituito dall’art. 10 della legge 11
agosto 1973, n. 533, nel disporre circa la gratuità del giudizio e del patrocinio statale, prevede che
"Gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi alle cause per controversie individuali di lavoro o
concernenti rapporti di pubblico impiego, gli atti relativi ai provvedimenti di conciliazione dinanzi
agli uffici del lavoro e della massima occupazione o previsti da contratti o accordi collettivi di lavoro
nonché alle cause per controversie di previdenza e assistenza obbligatorie sono esenti, senza
limite di valore o di competenza, dall'imposta di bollo, di registro e da ogni spesa, tassa o diritto di
qualsiasi specie e natura.”
L’art. 12 della Tab. B allegata al DPR 642/72, tra l’altro, esenta dall’imposta di bollo gli atti,
documenti e provvedimenti dei procedimenti giurisdizionali ed amministrativi relativi a controversie
in
materia
di
assicurazioni
sociali
obbligatorie
ed
assegni
familiari.
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 70 del 14 agosto 2002, ha affermato che al fine
dell’esenzione dal pagamento dell’imposta di bollo deve ricorrere non solo il presupposto oggettivo
correlato alla tipologia degli atti processuali, “ma è necessario anche che il soggetto beneficiario
dell’esenzione rivesta la qualità di parte processuale (presupposto soggettivo)… i terzi, in genere,
scontano ordinariamente l’imposta di bollo sulle istanze, domande e copie degli atti e dei
provvedimenti dei procedimenti giurisdizionali perché non sono, a differenza delle parti, elementi
costitutivi del rapporto processuale.”
Come logica conseguenza, l’imposta di bollo si applica alle istanze e domande sotto qualsiasi
forma presentate da terzi, nonché agli atti non giurisdizionali compiuti dagli uffici, compreso il
rilascio di certificati, sempre che non siano antecedenti, necessari o funzionali ai processi.
Per quanto riguarda questi ultimi, tra i quali non rientra il certificato di residenza ad uso
notificazione atti, si rinvia alla citata circolare n. 70 e alla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 26
maggio 2004, n. 27442.
Qualora, invece, il certificato sia richiesto in esenzione ad uso recupero spese onorari del
difensore d’ufficio, invocando nello specifico il novellato art. 32 disp att. c.p.p., questi deve prima
tentare il recupero crediti nei confronti della persona assistita e, solo qualora non vi riesca, deve
rivolgersi al magistrato perché emani apposito decreto di liquidazione nella misura e con le
modalità previste dalla disciplina per il patrocinio a spese dello Stato.
Pertanto, occorre distinguere le due fasi precitate: nella prima, i certificati anagrafici richiesti sono
rilasciabili, esenti dall’imposta di bollo, a norma del citato art. 32, mentre nella seconda occorre che
sia il Tribunale, in questo caso investito di un’attività amministrativa e non certo giudiziaria, a dover
richiedere “informazioni” ovvero la conferma dei dati, a norma del novellato art. 43 del d.P.R.
445/2000.
Il legale, cui è conferito il gratuito patrocinio, può invocare l'esenzione dall’imposta di bollo sugli atti
del procedimento e sui certificati necessari, in virtù del riconoscimento (già avvenuto) dello stesso
patrocinio, ed a tal fine è opportuno indicare gli estremi del decreto di ammissione da parte del
Tribunale.
L’esenzione dal bollo prevista per alcuni procedimenti giudiziari è esclusa per quegli atti che, pur
espletati davanti ad un ufficio giudiziario, non sono correlati ad alcun procedimento e sono
destinati a realizzare esigenze e finalità estranee all’attività processuale, come avviene nel caso di
richiesta del certificato di residenza ad uso notifica.
Infatti, l’utilizzo del certificato ai fini della notifica degli atti, prodromico al procedimento giudiziario,
esula evidentemente dall’ambito esentativo, in quanto trova applicazione il combinato disposto
degli artt. 1 e 4 della Tariffa all. A.(cfr. Risol. Agenzia Entrate Piemonte 26 maggio 2004, n.
04/27442).
Nell’ipotesi in cui il legale aggiri l’ostacolo dell’applicazione dell’imposta, citando un utilizzo del
certificato per cui è prevista l’esenzione, l’Ufficiale d’anagrafe si vedrebbe costretto a prenderne
atto ed a riportare sullo stesso certificato la norma esentativa a scanso di eventuali responsabilità
che ricadrebbero, nel caso di un uso diverso da quello dichiarato, sullo stesso legale
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